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La progettazione meccanica in
presenza di carichi affaticanti

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(Prima Parte)

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Argomenti

• In questa lezione verrà introdotto il fenomeno della fatica


de

e verrà descritto l’insieme dei fenomeni fisici che lo


generano.
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Obiettivi

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Gli obiettivi della lezione sono:

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• Comprendere i fenomeni fisici che generano la fatica dei
materiali.
• Analizzare le modalità di generazione e di espansione

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delle cricche.
• Introdurre i principali concetti legati alla trattazione
ingegneristica del fenomeno della fatica.

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La progettazione meccanica in presenza di


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carichi affaticanti – Prima Parte


de

• Nel corso della storia sono avvenute rotture improvvise e


inaspettate in elementi poco sollecitati rispetto ai limiti
“statici” dei materiali, al di sotto del limite elastico, ma
soggetti a sforzi variabili nel tempo.
à

• Questo fenomeno si chiama Fatica dei materiali e si


riferisce a modifiche delle proprietà dei materiali che si
sit

hanno per effetto dell’applicazione ripetuta di sforzi o


deformazioni.
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• In particolare, il termine si applica a quelle modifiche che


causano il nascere di una microfrattura (cricca) che,
propagandosi, porta al cedimento del componente.
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• Le rotture per fatica hanno origine dai difetti microscopici presenti

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sulla superficie o subito sotto la superficie dei pezzi, quando il
carico variabile genera sollecitazioni di trazione.
• Se il difetto si trova in una zona abbastanza sollecitata, si genera

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una fessura che avanza ad ogni applicazione del carico, fino a
quando l’indebolimento è tale da provocare all’improvviso la
rottura.
• E’ caratteristica del fenomeno della fatica una notevole
dispersione dei risultati, in termini di cicli a rottura di pezzi

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apparentemente uguali e soggetti alle stesse condizioni di carico.
• In molti casi sollecitazioni affaticanti non trascurabili sono
prodotte dalle vibrazioni.

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A. Tensione portamozzo di autovettura;
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B. pressione in un reattore;

C. tensione ruota di vettura;


à

D. Mt albero laminatoio;
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E. Mf fuso a snodo;
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F. accelerazione aereo militare;

G. pressione oleodotto;
iv

H. accelerazione aereo civile.


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• OSS.1: Le prove di trazione danno un idea del

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comportamento macroscopico del materiale e non del
comportamento microscopico e puntuale del materiale.

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• OSS.2: Il materiale è considerato ideale senza difetti. Nei
materiali reali, invece, sono sempre presenti difetti di
varia natura: inclusioni, intagli da lavorazioni meccaniche,
cricche da saldatura, cricche da trattamento termico, ecc.
• OSS.3: Per effetto di una qualsiasi irregolarità (differente

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orientazione dei cristalli, dislocazioni, ecc.) non tutti i
cristalli raggiungono il limite elastico nello stesso istante
sotto l’effetto di forze esterne. Le deformazioni plastiche

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di alcuni cristalli, di conseguenza, saranno accompagnate
da deformazioni elastiche di altri cristalli.

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• Possiamo dividere il materiale in differenti regioni di carico:


– Fase I - tutti i cristalli risultano stressati elasticamente.
– Fase II – la maggior parte dei cristalli si deforma in
modo elastico (alcune parti deformazioni plastiche
à

accoppiate a quelle elastiche in modo che ancora allo


scarico del provino il materiale riprende la forma
sit

iniziale). Considerato in modo macroscopico il provino


si comporta ancora come perfettamente elastico.
– Fase III - Preponderanza di deformazioni plastiche
(alcune sono ancora elastiche). In tali condizioni è
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rilevabile un cambiamento nella forma del provino


(comparsa di deformazioni permanenti).
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– Fase IV - Il carico ha raggiunto valori per cui la


Carico
crescente
deformazione plastica è tale che la maggior parte dei
cristalli risulta deformata plasticamente.
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• Nella Fase I - tutti i cristalli risultano stressati
elasticamente (è una fase che esiste solo per carichi

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bassissimi, perché la struttura microscopica dei materiali
non è regolare, nella realtà).

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• Nella Fase II - si può generare
la rottura di giunzioni atomiche
che ciclo dopo ciclo si
incrementano creando

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discontinuità nella struttura
passando dallo stato di
microcricca e poi via via

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fino ad arrivare alla rottura
per fatica.

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• La rottura per fatica può avvenire in due modi:
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– per nucleazione di una cricca o fessura in una zona ad


elevata sollecitazione (intagli, ecc.) e che ciclo dopo ciclo
arriva ad interessare tutta la sezione che poi cede “di
schianto” quando è indebolita;
à

– a partire da un difetto del materiale (inclusione, ecc.) non


sit

necessariamente nella zona di massima sollecitazione.

OSS.: Il difetto costituisce un invito alla rottura, in quanto altera lo


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stato di sollecitazione locale (picchi di sollecitazioni) determinando


lo “strappo” del materiale. Le successive applicazioni del carico
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portano alla propagazione della fessura.


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1. Nucleazione della cricca (in
superficie o in corrispondenza

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di difetti).
2. Propagazione.

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3. Rottura di schianto.

• Nella Fase 1 la propagazione


delle microcricche è molto

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sensibile alla microstruttura
(solitamente si propagano
nella direzione del massimo

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sforzo di taglio, a circa 45°
rispetto all’asse delle
tensioni).

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• All’aumentare delle dimensioni della microcricca la propagazione
de

diviene perpendicolare allo direzione dello sforzo applicato (Fase


2), fino al cedimento improvviso.
• La rottura si produce senza apprezzabili deformazioni permanenti,
anche con i materiali duttili.
à
sit

OSS.: Range usuale di


velocità di propagazione
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delle fessure è compreso


tra 10-2 e 10-6 mm/ciclo.
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• Nelle zone prossime agli intagli (fori, cave, filettature,
de

ecc.) è più probabile la formazione di cricche per la


sovrapposizione dell’ effetto di intaglio microscopico
(dovuti ai “difetti”) e intaglio macroscopico dovuto alla
forma dei pezzi.
à
sit

• N.B.: I difetti da cui hanno inizio le microcricche non


sono rilevabili a occhio nudo, ma solo con analisi
specifiche.
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• La propagazione avviene ciclo
dopo ciclo, ed ogni ciclo fa

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avanzare la cricca di una
piccola quantità che può

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essere a volte rilevata sulla
superficie della frattura.

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• Lo studio della nucleazione e della propagazione delle
de

fessure viene affrontato dalla meccanica della frattura


• Non esistono al momento metodi generali facilmente
utilizzabili per la previsione della resistenza alla fatica
delle strutture.
à

• Si valuta la resistenza a fatica di provini e dei pezzi


sit

meccanici complessi semplicemente mettendo in


relazione il carico applicato con il numero di cicli a
rottura.
er

• Risulta spesso necessaria anche se onerosa una


sperimentazione caso per caso (materiale, forma del
iv

pezzo, trattamenti termici e lavorazioni subite, modalità


di applicazione dei carichi).
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Definizioni
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• Vita a fatica = numero di cicli per il quale si ha il cedimento.


• Resistenza a fatica = ampiezza dello sforzo per il quale si ha
rottura dopo N cicli di carico.
à

• Limite di fatica = sforzo per il quale non si ha rottura per un


numero di cicli molto elevato.
sit

• HCF = High-Cycle Fatigue, rottura oltre i 1000 – 10000 cicli.


• LCF = Low-Cycle Fatigue o fatica oligociclica, rottura prima
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dei 1000 cicli.

N.B.: Da un punto di vista ingegneristico, materiali che


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resistono ad un certo livello di sforzo per almeno 10 cicli, sono


considerati come materiali a vita infinita.
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• Ai fini di una valutazione quantitativa degli effetti indotti dal
fenomeno, il ciclo di fatica può essere schematizzato definendo:

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– ;

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(ampiezza dello sforzo

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alternato) ;

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(tensione media ).

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– Il rapporto di ciclo
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– Il rapporto di ampiezza
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Prove di laboratorio
(carichi alternati)
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Esempi di valori di R – Rapporto di Ciclo


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• Curve S-N (Wöhler), con S sforzo alternato e N cicli a rottura.

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Carico a rottura

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Resistenza a
fatica

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• Le curve S-N possono servire sia nel caso in cui sia assegnata la
durata, sia nel caso in cui sia assegnato lo sforzo di esercizio.
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Conclusioni

In questa lezione si sono analizzati:


de

• I fenomeni fisici che generano la fatica dei materiali.


• Le modalità di generazione e di accrescimento delle
cricche.
à

• La terminologia da utilizzare quando si parla della fatica


dei materiali.
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Copyright

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