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A)GIOCASTA: Molti uomini prima d'ora si sono uniti in sogno con la madre ma facilmente sopporta la vita chi tutto

o ci considera nulla. Le tragedie di Edipo ed Amleto ci colpiscono e commuovono, perch fanno leva sul desiderio represso di unirci col nostro genitore di sesso opposto. Noi allontaniamo questa pulsione, a causa dell'educazione moralistica ricevuta, eppure la riconosciamo nei protagonisti, riconoscendo la tragigit delle storie prese in esame. Nel caso, meno indagato, dell'Amleto, spesso si parlato, soprattutto nel corso dell'Ottocento, di incapacit di agire del personaggio ma Freud, in realt, ha riscontrato che, in Amleto, non vi alcuna incapacit di agire, Amleto agisce e per ben due volte persino in modo drastico! Che cosa lo frena, allora, dall'uccidere lo zio? Per Freud, lo zio colui che ha eliminato il padre prendendone il posto, l'uomo che ha realizzato i desideri nascosti di Amleto, che, quindi, pu far tutto, fuorch compiere la vendetta. Mi sembra interessante indagare anche il p.d.v. Freudiano, perch mi piacerebbe pensare a Dura Madre, la Madre di tutti gli uomini, la Forza Generatrice per eccellenza, come ad una Madre cui segratamente e, forse, solo nei sogni, tutti i suoi figli, indistintamente, vorrebbero unirsi. Immagino l'uomo comtemporaneo che distorche questo bisogno antico. Immagino un uomo ai suoi ultimi sgoccioli di moralit, che, impacciato e violento, tenta di possedere una Terra ormai prosciugata, prossima alla fine.
B)1. Nel "Preambolo e Introduzione" al suo "Das Mutterrecht" (Il Matriarcato) (1861), Bachofen polemizza con gli storici che si interessano solo di fatti, personalita' ed istituzioni, trascurando la mitologia. Sostiene che bisogna invece considerare non solo la storia ma anche il mito, se si vuole comprendere l'antichita'. Il mito e' l'origine di ogni sviluppo.

La base di tutte le civilta' e' la religione. Lavorando sui miti e sui simboli come documenti, Bachofen fa emergere una chiara e coerente visione del matriarcato come stadio universale della storia dell'umanita'. Questo stadio dimenticato precedette l'attuale patriarcato e a sua volta segui' un'anteriore situazione di promiscuita' sessuale, l'eterismo, che aveva come simbolo la palude e come divinita' Afrodite. L'amazzonismo promosse il passaggio al matriarcato, che fondo' la famiglia con il diritto matrilineare e avvio' l'agricoltura. I valori erano dati dall'amore per la madre e per la sorella, la condanna senza appello per il matricidio, la liberta', l'uguaglianza, la pace. La divinita' era Demetra e tra i principali simboli c'erano la predilezione della notte, della luna, della terra, il culto dei morti, le sorelle preferite ai fratelli, l'ultimogenito preferito ai figli maggiori, la sinistra preferita alla destra. In seguito a lotte terribili, il patriarcato soppianto' il potere femminile e impose i suoi valori, che Bachofen riteneva superiori: indipendenza individuale, amore per il padre, diritto patrilineare, procreazione spirituale, di cui l'adozione era una esplicitazione. Cambiarono i simboli: prevalse il giorno sulla notte, il sole sulla luna, il cielo sulla terra, la destra sulla sinistra. La divinita' era Apollo, dio della luce e delle belle arti. Il mito dice che Demetra, Ceres per gli antichi romani, era figlia di Crono e di Rea e sorella di Zeus, che la rese madre di Kore o Persefone. Madre e figlia erano dee della fertilita' e della vita del mondo vegetale, che a ogni primavera rinasce e a ogni autunno muore. Creativa e protettiva, Demetra rappresentava il principio materno della natura che genera e nutre. Dea della produttivita', essa portava ricchezza e abbondanza, cibi e frutti vari in grande quantita' (Burkert, 1979). Come dea del frumento, Demetra insegnava l'agricoltura e la produzione dei beni materiali agli esseri umani e si prendeva cura del loro benessere fisico-sensuale e affettivo tutelando la stabilita' della famiglia. Nella ricostruzione di Bachofen, Demetra pone le norme del diritto agrario e le estende alla famiglia monogamica, diventando in tal modo la Dea della

procreazione legittima matrilineare e dell'ordine femminile. In quanto madre feconda e alimentatrice e origine di ogni bene fisico, la materia e' sacra. Questa sacralita' e' parte della visione intuitiva (Kerny & Jung, 1940-41) e misterica (Kerny, 1951; Eliade, 1975) a cui potevano accedere i fedeli di Demetra durante le celebrazioni dei misteri della fertilita' ad Eleusi. Qui venne eretto un tempio in onore della dea e dedicato al culto della fecondita' e fertilita', delle trasformazioni profonde della materia, dei suoi processi nascosti di vita perenne. Nel sentimento di una civilta' agricola il culto della generazione e della rinascita era un culto dell'immortalita' dell'anima. Questo "stadio cereale-coniugale della vita agraria" verra' infranto dall' "imperium" statale maschile.

2. La creativita' demetrica corrisponde a tratti della creativita' femminile indagabile attraverso la psicoanalisi. La donna e' piu' dell'uomo a contatto con i suoi sentimenti e piu' capace di assumersi la responsabilita' di un rapporto affettivo. L'esperienza del parto, dell'allattamento e del prendersi cura del bambino rende la donna capace di estendere il suo amore da se stessa e dai suoi figli agli altri esseri umani. La tenerezza e la pieta' materne promuovono pace e fratellanza. La teoria della societa' matriarcale di Bachofen presenta un grande valore psicologico, a prescindere dalle questioni relative alla sua attendibilita' sul piano storico. Il fatto che la madre ami i suoi figli incondizionatamente, cioe' solo perche' sono i suoi figli, e non per le loro qualita' e i loro meriti, pone il principio di uguaglianza tra gli esseri umani. Tutti siamo figli della natura, della Madre Terra, e tutti godiamo di un diritto naturale al nutrimento, alla vita e al benessere. Qui sta il fondamento emotivo dell'umanesimo, del giusnaturalismo, dell'illuminismo, dei grandi ideali delle moderne democrazie (Fromm, 1955). Secondo Fromm (1956), l'amore materno presenta due aspetti: quello di tutte le cure necessarie perche' il bambino viva e cresca e quello di infondergli l'amore per la vita, il senso che la vita e' bella, la gioia di vivere.

I due aspetti corrispondono rispettivamente ai biblici "latte" e "miele". Molte le madri che sono in grado di dare il "latte", poche quelle che oltre al "latte" sanno dare anche il "miele", perche' solo una donna felice puo' dare anche il "miele", cioe' contagiare il bambino colla sua felicita' e colla sua biofilia. Un fattore importante che sostiene l'amore materno e' il bisogno umano di trascendenza, cioe' di superamento della condizione passiva di creatura "gettata" nel mondo. L'essere umano puo' assumere un ruolo di creatore in vari modi, uno dei quali e' l'amore per i propri figli. La madre trascende se stessa nell'amore per il proprio bambino. Il compito materno piu' difficile sta nell'accettare e nel favorire che il figlio crescendo si separi e autonomamente viva la propria vita. La creativita' materna fa di una persona due persone, la madre da una si fa due, non solo in senso fisico ma anche psicologico. Una completa capacita' di dare comporta che la madre ami il figlio o la figlia anche mentre egli o ella si separa da lei, poiche' lei sopratutto desidera la felicita' della sua creatura. Desiderare la crescita del figlio o della figlia e' il tratto piu' specifico e creativo dell'amore materno in senso pieno e compiuto, che viene caratterizzato dall'assenza di possessivita' e dalla prevalenza del dare sul ricevere. L'esperienza di essere amato dalla madre e' un'esperienza di beatitudine e sicurezza dovuta al solo fatto di esistere. Non occorre fare nulla per meritare l'amore materno, che non e' una conquista ma un dono, una grazia (Fromm, 1956). Il piu' profondo bisogno dell'essere umano che viene alla luce e' questo di essere amato nella gioia che da' la sua crescita giorno dopo giorno. L'amore attiva interiormente sia chi ama sia chi e' amato. L'amore materno non possessivo e biofilo predispone i figli alla capacita' di amare. L'aspirazione a un amore materno incondizionato accompagna l'essere umano nel corso della sua vita e trova espressioni simboliche nella poesia e nell'arte, nella religione e negli ideali politici e sociali. L'attesa di una figura materna protettiva puo' essere piu' o meno intensa; puo' presentarsi come stato di

bisogno, richiesta passiva, attaccamento simbiotico. In questi casi non si sviluppa la capacita' di amare ma permane invece la fissazione alla madre, che riguarda uomini e donne, e' pregenitale, e la sua eventuale coloritura sessuale e' una conseguenza successiva e non una causa (Fromm, 1964). Avviene che non solo i bambini ma anche gli adulti, di fronte alla complessita' e alla difficolta' di vivere, aspirino a una figura che come Demetra produce, nutre e protegge e ad un tempo governa e stabilisce le norme secondo cui vivere. Gli individui in questa condizione desiderano essere accuditi e restare privi di responsabilita', rinunciando allo sviluppo pieno delle loro potenzialita' di esseri umani. Essi non sentono in se stessi la fonte dell'energia necessaria alla loro vita e pongono al loro esterno l'origine di ogni bene. Questo aspetto della fissazione alla madre pone una dipendenza "ricettiva" (Fromm, 1947), orale, affettiva e fisica, da una figura materna che, come Demetra, come l'ambiente naturale, come la materia vivente, genera, produce, procura, offre beni per il sostentamento dei figli. Il latte materno, prodotto dal corpo della madre, e' il prototipo di ogni bene prodotto dal corpo della terra.

3. A volte i sogni ci offrono un senso profondo ed anche inquietante della produttivita' fisica della donna. Un uomo di 34 anni riferisce questo sogno: "La donna con cui vivo ha fatto il letto. Lo ha fatto anche nel senso che lei ha fatto le lenzuola, le coperte, i materassi, il cotone, la lana, il legno...". Simbolo centrale del sogno e' la produttivita' fisica della donna. Qui la donna non e' solo accuditiva, non si limita a fare il letto, ma genera direttamente i materiali di cui e' composto il letto, come se lei fosse la terra che produce alberi e cotone, fosse l'animale che da' la lana, fosse un laboratorio vivente che tesse lenzuola e coperte, e che lavora il legno. C'e' una implicita ammirazione per la donna. La domanda che si impone e': perche' il sognatore le attribuisce tali sovrumane facolta'?

Rispondono altri suoi sogni a contenuto erotico, nei quali lei ad un certo punto si trasforma improvvisamente, pero' come se fosse del tutto naturale, in sua madre. Il paziente e' un ingegnere che si e' laureato con fatica e molto tardi perche' temeva inconsciamente la fine degli studi, con le responsabilita' professionali e gli impegni affettivi che ne conseguivano. Rimase orfano di padre a dodici anni. In casa con la madre viveva una zia nubile. La famiglia era benestante; il patrimonio veniva amministrato dalla madre, che era dotata di capacita' organizzative e di spirito d'iniziativa. La morte del padre non cambio' il modo di vivere della famiglia, che era deciso dalla madre, mentre la zia, che le obbediva, si limitava a svolgere in casa lavori femminili e domestici. Il paziente e' sempre stato coccolato e viziato dalle due donne, specialmente dalla zia che con lui era dolce e arrendevole. Anche la madre era affettuosa, lo accudiva con molta cura e gli risolveva i problemi pratici, pero' intrudeva nei suoi rapporti con i coetanei, rendendogli difficile coltivare amicizie. Egli apprese in casa ad essere seduttivo con le donne e cosi' gli fu facile collezionare brevi e superficiali vicende affettive con varie ragazze, che la madre permetteva purche' restassero non impegnative. Una volta che lui si innamoro' veramente, la madre intervenne con giudizi pesanti sulla ragazza, da cui poi fu lasciato. All'Universita' incontro' la sua attuale donna, una persona molto decisa e molto battagliera, e quindi per certi aspetti simile alla madre. Forse per questo se ne innamoro', proiettando poi via via sulla ragazza i suoi vissuti verso sua madre, cosi' da arrivare col tempo a provare lo stesso sentimento di fondo verso le due donne. La ragazza non si lascio' dissuadere dagli interventi distruttivi della madre del paziente, sopporto' le angoscie e i conflitti di lui, lo aiuto' dopo la laurea a trovare un lavoro in un'altra citta' e ando' a vivere con lui. Il paziente e' molto intelligente e creativo sul lavoro, pero' e' ansioso e sente il bisogno che qualcuno lo rassicuri e lo diriga; la sua fantasia, la sua affabilita' e la sua eleganza piacciono alle

donne e alla sua convivente, che lo vuole possedere approfittando della sua passivita' e della sua oralita' disarmata. Dall'inizio della convivenza lui non si sente piu' innamorato, ma non osa andarsene, perche' e' dipendente da lei, la teme e teme di andare a vivere da solo. L'unica opposizione che gli riesce e' quella di rimandare il matrimonio, pero' nemmeno cio' e' dovuto interamente alla sua energia perche' si sente appoggiato dalla madre. Inoltre, la sua incapacita' di amare gli fa nutrire riserve e dubbi sulla sua partner e lo porta a fantasticare su donne piu' belle e piu' giovani che in futuro potrebbe avere. Ora pero' non si azzarda a tradirla con altre, anche se ci pensa. La fissazione incestuosa del paziente gli impedisce di raggiungere uno stato adulto sul piano degli affetti, cosi' che egli sente il bisogno di essere amato ma non quello di amare. Il bisogno di ricevere e la mancanza di fede nelle proprie risorse interne lo rendono succubo della figura femminile, sentita quale dispensatrice di ogni bene e sicurezza. Come gia' nei confronti di sua madre, egli prova infantile ammirazione e timore per la sua donna e vive una inferiorita' fisica ed emotiva insieme, con rancori non espressi direttamente. Vorrebbe lasciarla, ma teme che sia lei a stancarsi di lui e ad andarsene. Cosi' non riesce ne' a staccarsi da lei ne' ad amarla. Bloccato in uno stato di sentimenti infantili, non sa assumersi le sue responsabilita'. Per lui, spezzare il legame simbiotico significa rinunciare all'avvolgimento caldo, all'abbraccio tenero che lo tengono prigioniero, mentre il suo processo di individuazione richiederebbe un passo di liberta' e di autonomia, con il pagare sul piano dei vantaggi materiali l'affrancamento e con l'affrontare la paura della solitudine e dell'abbandono.

4. Dopo quattro mesi di analisi, una donna di 23 anni porta questo sogno: "Mia madre sta facendo la pasta. La pasta le esce gia' fatta dalle mani, specialmente dalle dita". Qui il corpo materno produce cibo direttamente, come gia' un tempo produsse latte, ed e' la fonte del

cibo, senza mediazioni. Da quel che la paziente associa, sembra anche che il corpo della madre non si esaurisca o non si diminuisca in seguito a questa sua operazione, come fosse una matrice di alimento, un imperituro organismo funzionante. Perche' la sognatrice vede sua madre trasformarsi in pasta? Si sente in rapporto a lei negli stessi termini in cui si sentiva quando era ancora lattante, cioe' di totale dipendenza? Per certi aspetti, pare di si'. La paziente ha interrotto gli studi all'eta' di 17 anni e successivamente ha svolto diversi lavori occasionali alternati a periodi di disoccupazione. E' fidanzata da quattro anni con un ragazzo piu' giovane di lei di due anni. Prima dell'attuale fidanzato aveva avuto alcune altre esperienze sempre con ragazzi piu' giovani e sempre interrotte da lei. Mentre il fratello maggiore di sei anni si e' laureato in architettura e vive in un'altra citta', dove ha trovato un lavoro, la paziente vive in casa coi genitori. Il padre e' funzionario di banca, la madre casalinga. Entrambi sono colti e leggono molto. Lui trascorre il poco tempo libero leggendo libri, e' piuttosto freddo e distaccato anche quando si interessa dei figli, dei quali si e' sempre preoccupato in termini intellettuali e secondo principi educativi da lui ritenuti aperti e progressisti, riassunti nella frequente domanda posta ad ogni eta' ai suoi figli: "cosa ne pensi?". La paziente commentera': perche' non mi chiedeva mai cosa sentivo? Quel che la paziente sentiva era paura: paura del buio, paura di fare brutti sogni, paura degli insegnanti, altre paure indefinite, senza preciso oggetto, piu' o meno intense, talora improvvise e brevi, talaltra annunciate da un'aura di inquietudine e poi persistenti, vaghe e cangianti. Nell'adolescenza soffri' di ipocondrie e di dismorfofobie. Non si sentiva libera di fare o anche solo di pensare nulla senza riferirlo a sua madre, anche se questa era spesso brusca e spazientita con lei. La figlia pensava di avere un buon dialogo con la madre, ma il dialogo presuppone due persone distinte, mentre la figlia non era distinta dalla madre ma confluiva in lei. A 19 anni sogno' che sua madre, per aiutarla, le toglieva la verginita', non ricorda se col pene.

Uno dei primi sogni portati in analisi fu di una donna non piu' giovane che volava e aveva occhi azzurri e magnetici; lei si sentiva attratta come se non ci fosse piu' la forza di gravita' e tutto il suo corpo volesse sollevarsi da terra. Gli occhi della madre non sono azzurri, ma la paziente, dopo quasi tre anni di analisi, si sta rendendo conto che la incantano, anche se solo ora le appaiono spesso cattivi, con una luce maligna e ammaliante insieme. Lei e il suo fidanzato si dovrebbero sposare e le loro due famiglie hanno gia' comprato una casa a tale scopo, ma lei vive nell'angoscia del matrimonio e tormenta in mille modi il fidanzato. Quando si pensa nella nuova casa viene colta da un senso di nostalgia struggente, si rifugia nella sua stanza, si sdraia sul letto e guarda una ad una tutte le cose che sono li', mobili, soprammobili, quadri, libri, si aggrappa a loro con lo sguardo, disperatamente, piangendo. Sente che non puo' ancora vincere la forza che la lega alla sua famiglia, in particolare alla madre, della cui presenza fisica quotidiana ha bisogno. Dipende da sua madre tanto che certi giorni non riesce nemmeno a farsi il letto da sola. Piu' si lascia andare alla sua passivita' piu' resta ipnotizzata dalla voce di sua madre. La ode dalla sua stanza, anche con la porta chiusa. Ora pero', pur dentro al suo mondo assorto, e' come piu' vigile e nel suo ascolto a volte si attiva uno spirito di osservazione che si muove all'interno delle percezioni: la madre cammina, sbatte le porte, percuote stoviglie, trema la casa al suo passo; la paura e' corale, gli oggetti sentono quello che sente lei. Ancora scruta il volto materno e ne e' catturata per la mimica e per il gioco espressivo delle sottili rughe che accompagna il parlare, pero' un filo di consapevolezza percorre i suoi stati di fascinazione e li scopre vissuti dentro l'atmosfera magica che sa creare sua madre, seduttiva un po' con tutti. Quel modo di manifestarsi e di presentare le cose fatte da lei o i suoi pensieri sanno tenere l'attenzione delle persone e hanno il potere di soggiogare la figlia, che pero' ormai si puo' permettere di sognare apertamente, anche se nel terrore notturno, la madre come strega, o la madre che ricorre a streghe per fare o per togliere malocchi. Viene chiarendosi il significato della fuoriuscita di pasta dal corpo della madre: si tratta di una

produzione magica resa possibile sia da taluni tratti istrionici della madre sia sopratutto dalla passivita' e dalla dipendenza simbiotica della figlia.

5. Entrambi i pazienti sono molto fissati in senso preedipico alla figura materna. La loro e' una "incestuous symbiosis", che nella seconda paziente raggiunge un livello piu' grave che nel primo. "What is meant by 'symbiosis'? There are various degrees of symbiosis, but they all have in common one element: the symbiotically attachet person is part and parcel of the 'host' person to whom he is attached. He cannot live without that person, and if the relationship is threatened he feels extremely anxious and frightened" (Fromm, 1964, p. 231). L'attaccamento preedipico e' molto piu' intenso di quello edipico che Freud basava sul desiderio sessuale dei figli per il genitore di sesso opposto. La fissazione incestuosa simbiotica comporta il desiderio estremo di essere amato come un bambino piccolo, addirittura ancora lattante, o perfino, nei casi piu' gravi, di rientrare nel ventre della madre, portando il rifiuto di ogni indipendenza da lei fino all'indistinzione. In un tale legame la paura della madre, poiche' ci si trova completamente in sua merce', raggiunge livelli di terrore paralizzante la cui esperienza puo' essere resa solo dai sogni, dai miti, dalle opere d'arte e dai simboli che incontriamo nella storia delle religioni. Fromm (1964) nota che Freud aveva considerato anche la fase preedipica, pur pensando che questa era molto piu' importante per la donna che per l'uomo, e ne cita il seguente passo: "Our insight into this preOedipus phase in the little girl's development comes to us as a surprise, comparable in another field with the effect of the discovery of the Minoan-Mycenaean civilization behind that of Greece" (Freud, 1931, p. 226). Queste righe sono cosi' commentate da Fromm (1964, p. 225): "In this last sentence Freud recognized, more implicitly than explicitly, that the attachment to mother (...) can be compared with the matriarchal features of pre-Hellenic culture. But he did not follow up this thought". Dunque anche Freud sembra scorgere una sorta di

parallelo simbolico tra fase preedipica e matriarcato. In entrambe le situazioni il ruolo della madre e la dipendenza dei figli sono massimi, ma, mentre l'attaccamento del bambino piccolo alla madre appartiene ad un processo naturale di sviluppo, il potere matriarcale sui figli adulti e' un fatto di civilta', che va considerato nei suoi aspetti positivi e nei suoi aspetti negativi. Anche nel mito di Demetra noi troviamo simbolizzati questi aspetti. La Dea genera e produce, pervade la natura tutta nei suoi processi di permanente rinascita, pone un ordine creativo nei gruppi civili per il bene di tutti gli esseri umani, di tutti i figli. Il lato positivo del mito matriarcale di Demetra sta in un umanesimo elementare, di base, che non solo abbraccia, scalda e nutre ogni essere umano, ma anche pone norme di vita sociale fondate piu' sul rispetto che sul dominio. Ma quando Demetra, come canta Omero nel suo "Inno a Demetra", si addolora e si adira per il rapimento della figlia Persefone, prigioniera nell'Ade, e diventa "Demeter Erinys" (Kere'ny, 1951), su tutte le creature cala lo sgomento e lo sconforto. Demetra diventa furiosa e incurante dei buoni rapporti tra gli esseri umani, e si rifiuta di suscitare nella natura i suoi processi generativi, di infondere il verde nell'erba, nelle gemme e nelle foglie, di aprirsi nella fragranza dei fiori e di porgersi nei sapori dei frutti maturi. Allora uomini e dei si disorientano, non sanno piu' cosa fare, si disperano e supplicano la Dea Madre di tornare sia alle sue funzioni di vivificare, vitalizzare e approvvigionare, sia a quelle di provvedere all'ordine e all'armonia degli assetti umani. Se Demetra si ritira dal mondo, gli esseri umani a cui lei si dedica non sono in grado di fare da soli, non sono diventati adulti e autonomi, tali da prendere in mano la loro situazione e produrre con le proprie forze quel che la loro Grande Madre elargiva. Se l'amore materno e' un dono e una grazia, il potere femminile puo' portare alla dipendenza. Il limite del matriarcato e' la fissazione incestuosa dei figli, con la conseguenza di uno sviluppo incompleto e di una mancanza di individuazione.

6. Il naturalismo del mito di Demetra ha in se' una visione biofila delle trasformazioni di vita e morte. Kere'ny crede che madre e figlia siano una sola e medesima figura, la quale presenta un lato "nero"

nella relazione con l'oltretomba. Il tempo dell'anno durante il quale Persefone e' tenuta nell'Ade e' la stagione della natura improduttiva, dei semi che restano sottoterra e del dolore materno di Demetra che non da' frutti. Ma i processi vitali continuano sotto la terra. I misteri eleusini iniziavano i fedeli all' "abisso del seme" che deve morire per rinascere ed entrare nell'infinito della vita sovraindividuale (Kere'ny & Jung, 1940-41). Tutti i processi di passaggio vicendevole e di scambio tra materia organica e materia inorganica parlano alla fantasia umana e suscitano diverse passioni. La nascita e lo sviluppo della complessita' nella complessita', il palpito vitale, la pulsazione di energie che spingono all'espansione e alla moltiplicazione delle forme e delle manifestazioni destano stupore e meraviglia e ispirano visioni biofile; oppure, al contrario, possono incantare e ipnotizzare le innumeri vie che conducono alla morte: soffocamenti, putrefazioni, decomposizioni, lacerazioni, amputazioni, spezzettamenti, disintegrazioni. Biofilia e necrofilia si contrastano all'interno dell'individuo e contribuiscono a rafforzare rispettivamente i tratti produttivi e quelli non produttivi della sua struttura di carattere. La persona completamente biofila e quella completamente necrofila costituiscono ipotesi estreme (Fromm, 1964, 1973). Biofilia e necrofilia svolgono un ruolo importante nel determinare il tipo di fissazione incestuosa. Se prevalgono i sentimenti teneri e festosi dell'amore per la vita, la passione incestuosa e' calda ed affezionata e l'individuo puo' essere svegliato dalla forza della ragione propria al principio paterno. Il patriarcato infatti presenta gli aspetti positivi della razionalita', del senso della disciplina e dell'individualismo, insieme agli aspetti negativi del dominio, della gerarchia e dell'ineguaglianza (Bachofen, 1861, Fromm, 1935, 1955). D'altra parte, se prevalgono in modo deciso le passioni necrofile, si puo' giungere al caso estremo di un sentimento incestuoso freddo (Fromm, 1973), di una relazione maligna con la morte, che porta a patologie serie. Secondo Fromm, il ventre materno e' come la terra che sostiene e nutre ogni cosa, piante, animali, esseri umani, e a cui ogni cosa ritorna nella morte.

La Madre Terra si apre, partorisce e da' la vita, mentre allo stesso tempo si chiude nell'abbraccio finale della tomba. L'aspetto di morte della madre puo' sostenere una certa fascinazione ed attrazione "as iron is drawn to a magnet" (Fromm, 1973, p. 329), cioe' in termini freddi e necrofili. Il sogno della seconda paziente in cui lei si sente attratta, e sul punto di sollevarsi da terra, dagli occhi di una donna che sta volando sopra di lei (quale che sia la lettura del volo: volano sia le streghe che i pensieri e sentimenti liberi e creativi) propone un contenuto non molto lontano da questa ipotesi estrema di Fromm. Fortunatamente la freddezza dei genitori della paziente non e' propriamente metallica e la necrofilia materna e' contrastata da una certa vivacita' intellettuale e da una certa produttivita'. Queste qualita' della madre pero' la figlia non riesce a svilupparle, a causa della sua paura di vivere che la riempie di odio, le fa volgere le spalle al futuro e le fa sentire il fascino del passato e il richiamo sia del seno che del grembo materni.

7. Riportare dei casi clinici al mito di Demetra, come ad altri miti, puo' non essere solo un esercizio intellettuale. Molto dipende da come lasciamo che il mito ci parli nel linguaggio universale dei simboli e ci susciti una comprensione piu' figurata e piu' sfaccettata, con piu' immagini, della situazione di dipendenza e aspettativa in cui si trova l'analizzando. Trovare consonanze tra sogni e mito e' gia' un uso clinico del mito, che aiuta l'analista ad ascoltare la totalita' umana del paziente, l'essere umano universale che in lui e' rimosso per effetto dei "filtri" sociali (Fromm, 1960) che selezionano i contenuti psichici ammessi alla coscienza. La rimozione e' un meccanismo di difesa che puo' provocare reazioni creative dei contenuti resi inconsci, come quella di cercare la via dei simboli per parlare enigmaticamente alla coscienza. Il mito apre una finestra sull'inconscio, a patto che noi lo lasciamo parlare nella sua lingua specifica, senza volerlo catturare in una interpretazione. Il nostro ascolto dovrebbe essere come un "prendere e bere la pura acqua della sorgente" (Kere'ny & Jung, 1940-41). Kere'nyi prosegue affermando che "c'e' ancora molto che separa la bocca dall'orlo del calice". L'avvicinarsi dell'orlo del calice alla bocca e' un

fatto di ascolto, poiche' "il paragone piu' appropriato e' quello della musica". Ora, anche l'analisi di un paziente e' un fatto di ascolto, e come c'e' un "aspetto immaginificosignificativo- musicale" nella mitologia esso c'e' anche nel rapporto psicoanalitico. Anche i sogni aprono finestre sull'inconscio. La veduta dalla finestra del sogno puo' rimandare alla veduta dalla finestra del mito, con arricchimento reciproco, senza mai esaurire il dipinto vivente della totalita' umana. C)Fino al XVIII secolo le principali fonti scientifiche in ambito archeologico ed antropologico erano la Bibbia e la filosofia Aristotelica. In queste fonti era chiaramente espresso il concetto che la struttura sociale delle civilt e culture di ogni tempo fosse sempre stata di tipo patriarcale, mentre mai era esistita una di tipo matriarcale. Nel 1700 per i racconti di viaggio degli esploratori dell'allora sconosciuto nordamerica cominciarono a riferire di societ di nativi dove il potere era esercitato e tramandato da figure femminili attraverso una linea matriarcale. Poco dopo, durante i primi del 1800 il celebre giurista, storico ed antiquario svizzero Johann Jakob Bachofen (18151887), insieme all'antropologo americano contemporaneo Lewis Morgan (1818-1881), cominci a sostenere che probabilmente le societ patriarcali fossero ovunque state precedute da societ matriarcali, per periodi generalmente brevi e legati ad un processo di maturazione sociale che doveva essere comune a tutte le culture in formazione. Queste ipotesi, non comprovate, furono accolte da diversi grandi archeologi come Gordon Childe ed il pi celebre Jaques Cauvin, da studiosi del calibro di Sigmund Freud, e prese a supporto delle loro nascenti teorie sociopolitiche da personaggi come Marx ed Engels dando cos ad esse il massimo risalto e diffusione fino a tutto il XX secolo. Le prove scientifiche di queste ipotesi sembrarono concretizzarsi nei primi scavi del sito neolitico di Catalhoyuk, in Turchia, uno straordinario insediamento urbano risalente al 7000 a. C. ed abitato in maniera continuativa per quasi 12 secoli. Durante gli scavi tra il 1961 e il 1965 il responsabile J. Mellart dell' Universit di Londra, ben a conoscenza delle ipotesi sul matriarcato, vide immediatamente nelle piccole sculture in argilla che raffiguravano donne dalla pronunciata steatopigia

assise su troni e con le mani poggiate su teste di felini (leopardi probabilmente) la prova che in passato il potere fosse stato indubbiamente esercitato da donne. Le pubblicazioni delle conclusioni di Mellaart ebbero una grande eco presso il pubblico, soprattutto quello europeo che sar impegnato da l a poco a fronteggiare le rivendicazioni del nascente femminismo, ma fu soprattutto l'archeologa Marija Alseikaite Gimbutas (1921-1994) dell' Universit della California ad associare definitivamente il concetto di Dea Madre ai reperti femminili di Catalhoyuk, allargando questo principio anche alle realt arcaiche europee. Nel suo libro "Gods and Goddes of Old Europe" pubblicato per la prima volta nel 1990 ed edito ancora oggi (Paperback - ISBN: 0520046552) affermava con forza l'evidenza del collegamento tra matriarcato e i reperti archeologici di Catalhoyuk, sostenendo conseguentemente che in Europa il matriarcato si fosse instaurato in un periodo successivo a quello di Catalhoyuk in seguito all'espandersi dell'agricoltura, seguito poi dal patriarcato associato alla comparsa della metallurgia, del cavallo da sella e della guerra. L'evoluzione delle societ arcaiche appariva in questo modo perfettamente definita, sostenuta com'era dall'evidenza archeologica e dalla logica, ma l'antropologia culturale negli ultimi decenni ha vieppi rifiutato, costretta anche dai pi recenti studi, una visione dell'evoluzione sociale cos generalizzata. L'idea di societ arcaiche matriarcali o patriarcali sta ormai definitivamente tramontando, la realt diversa e, come al solito, pi appassionate. Proprio il sito neolitico di Catalhoyuk stato recentemente oggetto di studi approfonditi allo scopo di stabilire la reale struttura sociale della popolazione che lo abitava nei periodi pi antichi. Una equipe capitanata dal prof. Ian Hodder (autore di uno splendido articolo sull'argomento comparso recentemente su "Scentific American") ha eseguito una serie di comparazioni alla ricerca di evidenti differenze tra i reperti umani e i manufatti di entrambi i sessi, partendo dal presupposto che se vi fosse stata una separazione dei compiti o una differenza nelle posizioni e negli incarichi sociali sarebbero obbligatoriamente emerse da questo tipo di confronti. Ad esempio l'esame nucleare dei resti ossei di 62 scheletri di entrambi i sessi, appartenenti a diversi

nuclei familiari e provenienti dalla stessa area di scavo, finalizzato a rilevare evidenti differenze di alimentazione tra gruppi di strati sociali gerarchicamente separati non ha portato ad alcun risultato. Nessuna differenza di alimentazione tra uomini e donne stata riscontrata laddove se uno dei due gruppi si fosse trovato in posizione dominante ci si sarebbe dovuto attendere anche una differenza in termini alimentari, in quanto sarebbe stato privilegiato nel consumo di cibi in termini di qualit e quantit. Anche lo studio della dentizione non ha portato a risultati di alcun tipo. Il consumo di cibi privilegiati a causa della carica sociale avrebbe influito sull' usura dei denti, mentre bench nelle mascelle femminili sia stata riscontrato un maggior numero di alveoli vuoti l'usura da alimentazione non ha messo in evidenza alcuna differenza tra i due sessi. Quindi uomini e donne di Catalhoyuk mangiavano gli stessi cibi, senza differenze o privilegi di sorta. Forse, se a tavola uomini e donne godevano degli stessi diritti, probabilmente era nelle attivit lavorative e quotidiane che le gerarchie sociali diventavano evidenti e la struttura matriarcale avrebbe finalmente espresso tutto il suo potere. Invece lo studio degli scheletri e delle tracce di usura delle ossa anche in questo caso non hanno rivelato alcuna differenza sostanziale. Se evidente che le donne conducessero una vita pi sedentaria ed orientata all'agricoltura mentre gli uomini si dedicavano alla caccia, non esistono differenze tali da poter fare supporre che uno dei due gruppi fosse sottoposto a fatiche maggiori dell'altro, ne tanto meno che ne fosse schiavo o succube. A dimostrazione di tale condizione di parit la presenza sulla faccia interna delle costole degli scheletri di entrambi i sessi di uno strano residuo caliginoso. Tale residuo stato poi dimostrato essere in effetti fuliggine e cenere respirate durante le attivit domestiche dai soggetti mentre erano in vita e depositati sui lati interni delle costole dopo la morte, con la dissoluzione dei polmoni. La quantit di questo deposito presente in individui maschi e femmine era pressoch identica, a dimostrazione che anche il tempo passato tra le mura domestiche fosse lo stesso per entrambi i sessi.

Le uniche differenze riscontrate nello studio dei reperti scheletrici che gli uomini erano mediamente pi alti delle donne mentre queste erano un po' pi rotondette, il che ci riporta direttamente alla "signora del leopardi" dalle forme steatopigiche, riportandola ad una dimensione pi reale ed allontanandola dal concetto di Dea Madre. Si cercato di rilevare differenze di ruoli e quindi di gerarchie studiando gli usi mortuari del popolo di Catalhoyuk. Se per esempio nella disposizione dei corpi nelle tombe o nel corredo funebre rinvenuto fossero emerse differenze tra uomini e donne allora si sarebbe potuto a ragione parlare anche di differenze sociali, ma nulla di tutto questo emerso dalle ricerche. Nessuna differenza sistematica nella posizione dei corpi o nella disposizione all'interno dell'area di sepoltura (i morti erano seppelliti sotto il pavimento dell'abitazione principale), n nell'oggettistica del corredo funebre. Uomini e donne erano uguali anche di fronte alla morte. A Catalhouyk esisteva una usanza particolare ed assolutamente determinante per definirne il tipo di societ, matriarcale o patriarcale: s infatti riscontrato che le famiglie spesso conservavano la testa dei loro morti pi importanti, probabilmente capi famiglia o addirittura di dinastia, tagliandola dal corpo dopo un anno circa dalla sepoltura ed utilizzandola poi a scopi cerimoniali (il culto delle teste sar poi ereditato dai Celti in Europa). In questo caso se la discendenza fosse stata di tipo matriarcale o patriarcale sarebbe stato molto semplice stabilirlo. Le famiglie avrebbero conservato prevalentemente la testa di donne o uomini, mentre anche in questo caso gli scheletri senza testa erano tanto maschili che femminili, quindi entrambi i sessi erano soggetti allo stesso culto ed dovevano aver ricoperto identiche cariche famigliari o sociali. Anche lo studio della suddivisione del lavoro tra le mura domestiche, dove a causa dei rigidi inverni si passava molto tempo, non ha portato ad alcun tipo di risultato. Differenze di ruoli e gerarchiche si sarebbero riflesse nelle attivit domestiche, come la preparazione dei cibi o la realizzazione di utensili di pietra. Ma a quanto pare, cos come constatato anche presso altre culture, non vi erano particolari differenze tra la ripartizione di queste attivit. Schegge di pietra lavorata sono state trovate perfino tra la cenere del forno della cucina, non difficile immaginare un uomo o una donna, o forse entrambi, vicini, intenti a scheggiare ossidiana mentre tengono

d'occhio la cottura della carne... Le uniche differenze riscontrate tra maschile e femminile a Catalhoyuk si evidenziano nell'arte, prevalentemente raffigurativa ed incentrata su scene ritualistiche di caccia, evidente appannaggio maschile. Le figure femminili in queste rappresentazioni sono limitatissime, mentre sono decisamente pi numerose nei manufatti in argilla, dove spesso le figurine di donne steatopigiche sono associate all'agricoltura. In entrambi i casi comunque grande importanza era data agli elementi ritualistici di fertilit, sia maschile che femminile, rappresentata da sculture falliche e nicchie che all'interno delle statuette femminili, spesso ritrovate nei granai domestici, erano predisposte a contenere un seme. Il ci fa desumere una religiosit arcaica prevalentemente orientata agli aspetti della fertilit della terra, essendo donne e piante spesso raffigurate insieme, ma soprattutto delle prede animali, tipica di una civilt in cui la caccia rappresentava ancora l'aspetto pi importante per la sopravvivenza della comunit. Fu solo in tempi pi recenti, quando l'agricoltura prese il sopravvento sulla caccia, probabilmente grazie a nuove tecniche o utensili agricoli, che con la conseguente comparsa della propriet privata (lo si riscontra dai simboli incisi sul vasellame) la divisione tra i sessi divenne pi marcata ed ebbe inizio anche una evidente differenziazione tra i ruoli, dove l'agricoltura divenne una attivit spiccatamente femminile comportante anche una serie di rituali specifici. In conclusione possiamo affermare che presso questa ed altre civilt arcaiche non sia mai esistita una cultura fondamentalmente matriarcale o patriarcale, ma anzi una uguaglianza tra i sessi estesa ad ogni aspetto della vita e del quotidiano, nonch dell'oltretomba. Matriarcato e patriarcato risultano invece essere strutture sociali molto pi tarde legate ad un pi profondo inurbamento della civilt locale e ad un aumento delle necessit organizzative e di sostentamento della comunit. D)Dai uno sgurado a Serafino Massoni: La stirpe del serpente!

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