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La Prova di Northon
Nelle strade non c’era una candela accesa, tutto quanto sembrava
morto in attesa della dipartita del tifone. Nella piazza centrale l’acqua
scrosciava tra le pietre e nelle grondaie, parlando al futuro in una lingua
pura, come solo l’acqua può essere. Tuoni e rombi echeggiavano tra le
strade, rimbalzando da palazzo a palazzo. Nella città esisteva anche un
parco, un grande parco curato e geometrico con una fontana circolare al
centro con qualche sequoia attorno. La fontana stava straripando e
aveva formato un lago tutt’attorno: si poteva vedere il bordo della
fontana che si dissolveva ad ogni goccia, in attesa della prossima
facendo scendere dei piccoli torrenti dalla vasca verso l’esterno.
Le sequoie invece si rinfrescavano all'aria, facendo cadere alcuni
aghi tra la ghiaia e riempiendo le loro radici con pura acqua nutriente.
Muovendosi sinuosamente strusciando e sussurrando al vento.
Il vecchio si era bardato per poter uscire, stava passando verso il
parco, vestito con una pesante pelliccia di lupo e con il pugnale alla
mano. Di luce non ce n’era ma sembrava che attraverso quella lama
bagnata fluissero tutte le candele di Venora, in un incrocio di ferro e
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Sentiva il sapore del sangue sulle sue labbra, era ormai ad un dito di
distanza.
il piede cedette, scivolò violentemente con il piede destro sul granito
e cadde all’ indietro, facendo una mezza capriola per aria. Riuscì a
reggersi ad una fessura, aggrappandosi alla con tutta la sua forza,
facendo cadere il pugnale e tagliandosi il braccio con esso. L’ arma
cadde verso il mare e gemendo per il braccio che si era tagliato con la
roccia il vecchio pensò che fosse morto.
Era tornato indietro di una decina di metri, e stava perdendo sangue a
dirotto: ma questo non lo avrebbe fermato.
Tornato sui suoi passi, l’uragano si stava avvicinando.
Con una spallata il vecchio riuscì a sfondare la persiana della sala e
ad entrare, facendo un goffo tonfo sul pavimento.
Soltanto dopo essersi alzato si accorse che la luce si era spenta e che
tutta l’illuminazione della stanza dipendeva dalla finestra sfondata.
Una figura gli comparve davanti, non gli si vedeva ne il torso e
menché meno il volto, si vedevano solo le scarpe: verdi, smeraldine
come una gemma pura appena picconata.
-Vedo che sei venuto per uccidermi, non è vero? Vecchio?
-Temo proprio di esser arrivato sprovveduto, ma questo non mi
fermerà, sappilo!- il vecchio strinse i pugni rugosi.
L’uomo con le scarpe verdi riparlò: - Ma non ti vedi? Vecchio? Sei
debole come una foglia d’autunno, non potresti fare nulla contro di
me… vorrei solo ricordarti che… non sono io il tuo nemico…
-No!- il vecchio gli puntò il dito contro.
C’era tensione nell’aria.
-Tu sei un ladro! Un Bastardo senza onore! Non perderò contro di te!
Sono disposto a tutto per quello che mi hai fatto!
-Arrenditi
-Non hai capito allora… io ti ucciderò!
I due si ispezionarono a vicenda.
-Mi dispiace- disse l’uomo nascosto -eri come un padre per me…mi
hai insegnato tutto di questo mondo, mi mancherai- il vecchio lo
squadrò storto: era pronto ad attaccarlo.
-Addio, Northon Rothey
L’uomo nascosto tirò fuori una spada lunga, trafiggendo da parte a
parte il corpo del vecchio Northon.
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Capitolo I
Esilio
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-Quindi?
-Quindi cosa, Sam?
-Potevi dirmelo che volevi soltanto rivedermi, perché hai scritto tutto
in modo così affrettato nella lettera?
Hilda e Samrys erano entrambi sdraiati su uno scoglio liscio, al
bordo dell’acqua. Bagnavano i piedi nel sale dell’oceano, con gli occhi
puntati verso le stelle: -Sam… ti devo dire una cosa…
Sul faccino liscio della ragazza comparve un riso che mise in risalto i
suoi piccoli denti bianchi. Hilda si toccò il ventre.
-Sam, sono incinta…
Le espressioni del ragazzo sfumarono in una nube di pensieri: -Oh…
è… questo è bellissimo… come lo chiamerai il bambino?
-Pensavo di chiamarla o Maryanne o come suo padre, nel caso fosse
un maschietto…
Samrys si spaventò, se il bambino fosse stato suo i suoi genitori non
lo avrebbero mai accettato, non sarebbe mai uscito dal suo esilio.
Preferì non sapere di chi fosse.
-Che bello!- il ragazzo guardò l’amica con occhi dolci, poggiando
una mano su quella della Lady.
-Sono felice per te, Hilda. Magari potremmo crescerlo insieme…
-Magari… Sarebbe bellissimo.
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Samrys con una forte bracciata aprì la sua tenda, tornando a rovistare
nel solito baule pieno di vestiti. Facendo volare solo una dozzina
d’indumenti il ragazzo arrivò in fondo alla cassa, dove teneva una
bellissima armatura d’acciaio e i relativi guanti, pantaloni e cotta di
maglia. Una volta messi, con l’elmo ornato di piume sul capo, si
ricordò suo padre. Gli venne la nausea.
Prese la sua spada e l’infilò al fianco della cintura, con passo deciso
uscì dal tendone e si diresse verso quello del capitan Mamoor, l’uomo
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Capitolo II
Nella Tana dell’Orso
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Zara sedette sopra una masso che sporgeva come una mano amica da
una salita di foglie secche, sentiva l’aria che la chiamava. Sativa bene in
quel bosco. Provò a prendere la pagnotta dalla tasca, però un dolore
improvviso non le permise di mangiare: l’avambraccio era gravemente
ferito, quasi si vedeva l’osso. La bambina si chiedeva se ne era
veramente valsa la pena, di fare quella corsa, di ferirsi in quel modo,
solo per un pezzo di pane. Ma in fondo o si fa così o si muore… la crisi
era piombata ormai da qualche anno nei territori oltre la “Città
dell’Ombra”, Nosiris.
Zara ricordava delle persone che la attorniavano lungo le strade della
Grande Roccia; tutti morti o morenti che imploravano per dei fili d’erba
da mangiare.
Le madri scarne preferivano soffocare i loro figli che vederli
piangere con quelle facce: visi spigolosi, provati da una vita che non gli
aveva regalato nulla, le lacrime che scavavano le ossa. Tutti questi
poppanti dalle enormi scatole craniche e dalle ossute braccia, senza
vestiti e futuro, vivevano lungo i bordi delle case, tra feci e sporcizia, in
attesa che qualche misericordioso meno povero di loro facesse un
miracolo. Non era raro che ci fossero risse, molto spesso finite per
divenire letali.
Zara riuscì a fuggire, anche lei era una di quei bambini, come suo
fratello e sua madre… che fine avranno fatto loro per lei sarebbe
rimasto un mistero insormontabile.
-Mamma.-Il suo volto si irrigidì come un tronco di quercia: -Un
giorno vi troverò.
Zara si dimenticò del dolore al braccio, grondante di sangue,
strappando la pagnotta sporca del terriccio del combattimento.
La Grande Roccia fu la terra dello sbarco dei primi uomini sul
Nuovo Continente. Come poteva esser finita in quel modo, dopo tutto il
passato glorioso che ha ricevuto, dopo tutte le guerre che aveva
combattuto…
Poi Zara si ricordò.
Si ricordò che nella guerra ci deve sempre essere un perdente.
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Capitolo III
Il Ritorno a Casa
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