Ascolta bene, o giovane sciocco, perché questa è la storia di come una grande ambizione ha portato prima
alla grandezza e poi alla caduta.
Ascolta bene, o giovane sciocco, poiché questa storia più antica dei padri di tuo poiché questa storia ed era antica quando le sabbie dell’Uther erano ancora colonne nell’Impero. Vi era tra le masse di tagliagole case di pulci e di tagliaborse che spendevano più di quanto avessero realmente nei bordelli e nei vini, uno che non aveva desiderio nel furto se non l’impresa stessa. Questi era Arhak Kataj Mordall. Colui che aveva rubato i rubini dal templio della Madre Tiamat, scappandone l’ira e soffio della sua progenie, solo per ridere in faccia al compromesso divino con la Regina dei Draghi e gettare le gemme nel sacro fiume Hunthari, dove nemmeno gli artigli dei draghi potevano riprenderle. Colui che riuscì a penetrare la Cittadella di Bronzo fino alle torri più alte del palazzo reale, rubando alle quaranta figlie di Marrake al-Sidan al-Hariq ben Lazan, il sultano degli efreeti, la loro verginità per poi fuggire mai punito dalle ire dei Signori di Fuoco. Colui che mai fu catturato e mai ucciso, ma mai troverà riposo… Avvenne quando Arhak aveva accumulato un tesoro immenso, tale che anche la progenie di Moradin o il sangue di Corellon non potranno mai replicare né in quantità né in maestosità e lo teneva ben nascosto, ove solo la sua Chiave poteva portarlo. Ma nonostante ciò vi era un ultimo furto che gli avrebbe permesso di entrare di diritto tra le divinità, segnando nella storia passata e che mai sarebbe stata scritta nelle pagine del tempo un momento unico. Devi sapere, o giovane sciocco, che la sua Chiave stessa era capace di portarlo tra lo spazio e il tempo, potere però assai limitato dal suo mero potere di mortale e aveva bisogno di qualcosa di più per permettergli di averne totale controllo: il Destino. All’epoca, Anzu, un potente semidio capace di portare la tempesta incarnata nelle terre mortali si era ribellato contro Enlil, Dio dei Cieli, e aveva sottratto al tempio che doveva proteggere le tavole del Destino, incapace però di poter accedere al suo potere, misura saggia di Anu, suo padre e creatore di tutte le cose; così Anzu aveva tragufato comunque le tavole e nascosta nella sua montagna ove l’eterna tempesta avrebbe creato un muro insuperabile per qualunque mortale e per molti immortali. Ma Arhak era in possesso di qualcosa per superare quel muro, per poter accedere alla montagna e volendo alle tavole del Destino. Ma scese di superare solo le barriere dell’umano, come scelse sempre da quando aveva ottenuto la chiave: un mezzo per accedere alla sfida stessa, mai per evitarla. E così iniziò la scalata, sotto la pioggia verso un essere tremendo per poter conquistare il Destino stesso. Quella che seguì fu una battaglia sanguinosa tra ombre e fulmini , dove Arhak fu costretto a portare il suo corpo e il potere che poteva esercitare sulla Chiave per fuggire alla furia di Anzu e della sua tempesta. Arhak riuscì a trionfare, estraendo la sua lama dal cuore della bestia. Ma la vittoria aveva il suo costo: il ladro era ai suoi ultimi respiri e nemmeno lui, con tutto il suo ingegno e agilità avrebbe potuto fuggire la morte stessa. Dovette agire in fretta, portando il suo corpo martoriato alle tavole del Destino, per poterle toccare e avere il suo momento finale di gloria e ascendere. Ma il fato può essere crudele ed il suo fu il più crudele di tutti: quando le sue dita si unirono alle tavolette, la Chiave reagì e gli diede ciò che ogni ladro potrebbe desiderare ma che presto si rese conto nessun uomo meriterebbe di ricevere. Le tavolette lo sciolsero dalle catene del Destino, scacciandolo per sempre dalla ruota del Fato, liberandolo dalla volontà degli dei. La chiave gli diede pienamente il suo potere, liberandolo dal tempo e dallo spazio, capace di essere ovunque in qualsiasi momento. Proprio ciò però fu la sua condanna, come l’acqua si libera da una borraccia solo per perdersi per sempre nella sabbia del deserto, così la sua anima stessa si perse per sempre nella trama della realtà, frammentata negli angoli del mondo e divisa in ogni istante di ogni minuto di ogni ora come granelli di sabbia di una clessidra infranta. La sua carne scomparve come se nessuna donna mai l’avesse partorito, così vesti, metallo e oro. Tutto scomparve di lui, tutto tranne il suo amuleto, l’Occhio di Arhak e la Chiave dispersa negli angoli di Toril. Perciò ascolta, o giovane sciocco, ascolta bene la morale della la storia della vita del più grande ladro tra i mortali vuole darti: nessuno è caduto tanto in profondità quanto Arhak che libero da ogni catena della realtà è stato libero solamente di cadere nell’abisso nella non esistenza tanto che era consumato dall’ambizione di superare il mortale e divino.