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Fotografia Digitale Reflex

Guida alla composizione fotografica


Di Paolo Gallo
www.fotoguadagnare.com
Fotografia Digitale Reflex. Guida alla composizione fotografica.
Copyright 2015 di Paolo Gallo. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di
questo libro può essere riprodotta in qualsiasi forma senza il permesso
scritto dell’autore. Le recensioni di questo libro possono citare brevi
passaggi.
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massima cura possibile. Nessuna responsabilità derivante del loro utilizzo
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migliorare come fotografo e a trasformare la tua passione in un secondo
stipendio.
E’ un piccolo modo per ringraziarti della tua fiducia.
Paolo
Qualche informazione sull’autore
Paolo Gallo è blogger sul sito www.fotoguadagnare.com, dove aiuta i
fotografi come lui che vogliono trasformare la propria passione
fotografica in un secondo stipendio.
Ha un lavoro full-time come dipendente in una multinazionale, una
splendida famiglia e vive in mezzo alla campagna. Ma è anche fotografo
microstock dal 2007. Ha studiato all’Accademia Fotografica John
Kaverdash di Milano e nel giro di qualche anno è arrivato a contribuire a
tutte le principali agenzie fotografiche online.
Ha scritto i libri:
- Fotografia Digitale Reflex. 7 segreti per il fotografo che vuole
migliorare, stupire e guadagnare (2015), che per qualche misterioso
motivo diventa il libro di fotografia più venduto su Amazon Italia e
rimane in testa alla classifica per diverse settimane.
- Guadagnare con le foto online (2014)
- Viaggiare, fotografare, guadagnare (2013)
Nel suo tempo libero gioca a scacchi, coltiva l'orto e prova a migliorare il
mondo con piccoli gesti. Odia mangiare velocemente, i fondamentalisti
della vita per obiettivi e i rumori forti che spaventano Lorenzo, il suo
bimbo di pochi mesi.
E a volte parla di sé in terza persona.
Introduzione
Impariamo a vedere
I 4 principi della composizione fotografica
I 7 strumenti della composizione fotografica
Come costruire una fotografia bilanciata
Mi sono sempre chiesto…
Conclusioni
Contatti
Introduzione
Questo libro non include tutto quello che è stato scritto e detto sulla
composizione fotografica. Questo libro ti racconta quello che nel corso
degli ultimi dieci anni mi è stato più utile tra tutto quello che ho letto,
ascoltato e fotografato. E’ una selezione di cosa veramente mi è servito,
un personale taccuino degli appunti, una scelta di quello che mi ha dato
risultati concreti per migliorare le mie fotografie. Si tratta del riassunto di
quello che ho imparato, in modo da poterti aiutare in modo facile e veloce
a fotografare meglio.
Quante volte sei tornato a casa pensando di avere scattato delle
immagini grandiose e, solo in un secondo momento, ti sei accorto che in
verità le tue fotografie non funzionavano come avrebbero dovuto? E
magari le immagini che avevi scattato non erano neanche lontanamente
vicine alla bellezza del soggetto: avresti potuto fare molto di più ma... non
ci sei riuscito.
A volte il motivo è di tipo tecnico, l’immagine può essere mossa
oppure possono esserci elementi estranei che distraggono l’osservatore.
Ma la maggior parte delle volte, quello che fa la differenza tra
un’immagine così così e una indimenticabile è la composizione.
Non si tratta di avere l’attrezzatura migliore, non si tratta di avere
fortuna. Quello che separa il buon fotografo da quello mediocre è proprio
la capacità di creare una buona composizione fotografica.
In questo libro analizzeremo in profondità gli elementi fondanti
dell’arte della composizione. Vedremo quali suggerimenti compositivi
applicare a prescindere dal genere fotografico, cercando quegli elementi
universali che rappresentano una via sicura per un’immagine di successo.
Analizzeremo assieme il processo del vedere, ma parleremo anche degli
strumenti pratici e delle capacità fotografiche che ti saranno utili quando
realizzerai i tuoi servizi fotografici.
Soprattutto avremo un approccio concreto al tema, valutando cosa
dobbiamo fare quando siamo sul campo per riuscire ad avere i risultati più
convincenti e per migliorare le tue possibilità di tornare indietro con
quello scatto eccezionale.
Per quanto gli argomenti contenuti in questo libro siano estesi, questa
non può essere considerata una guida definitiva alla composizione
fotografica, ma una raccolta dei concetti più utili che personalmente ho
testato nel corso degli anni. Inoltre, penso che la guida definitiva alla
composizione fotografica non potrà mai essere scritta. L’arte della
composizione fotografica è un processo in continuo divenire e questa
capacità cresce con la crescita del fotografo stesso. Tuttavia, questo libro
ti potrà aiutare ad accorciare il percorso tra dove ti trovi ora e quelle che
sono le tue piene potenzialità di fotografo.
Preparandomi a scrivere questo testo ho avuto modo di leggere
moltissimo materiale relativo alla composizione fotografica. La maggior
parte di questo materiale insegnava a guardare un’immagine e a
descriverla con un vocabolario adatto a farne una critica fotografica.
Questo è un ottimo modo per imparare ad approfondire il senso di una
fotografia: guardarla e saperla descrivere a parole è veramente una
capacità utile per il fotografo che vuole migliorare.
Tuttavia, sapere leggere un’immagine non vuole dire sapere cosa fare
quando si è sul campo con una macchina fotografica in mano. In questo
caso, infatti, conta molto di più sapere sentire la possibilità di creare una
buona immagine. Il trucco è quello di imparare a sentire la composizione e
lo si impara attraverso la pratica.
Dobbiamo arrivare a un punto in cui la pratica sia stata ripetuta così
tanto e interiorizzata così profondamente che il fotografo non si ritroverà
più a pensare alle regole, ma le applicherà spontaneamente e la
composizione fotografica vincente emergerà senza neanche pensarci.
Anzi, in certe situazioni più si pensa ai tecnicismi, peggio è per quella
capacità di saper sentire l’immagine che è tanto preziosa.
Impareremo le regole della composizione fotografica per poi
interiorizzarle e dimenticarle. Il senso degli esercizi che troverai in questo
libro è proprio quello di costruire queste fondamenta su cui posare la tua
consapevolezza di fotografo.
Anche perché per ogni regola esistono eccezioni. Avrai spesso sentito
parlare di regole di composizione come quella dei terzi, oppure di
fotografare i bambini mettendoti al livello dei loro occhi… la verità è che
per ognuna di queste regole esistono talmente tante eccezioni da rendere
evidente che le regole ci sono ma hanno senso solo se si considerano come
indicazioni utili da cui partire a ragionare sulla propria fotografia. Il
nostro viaggio sarà quello di imparare le regole ma di utilizzarle ognuno
con il proprio stile. In questo modo eviteremo di fare fotografie tutte
uguali tra loro e anche uguali a quelle di altri mille fotografi.
Voglio subito toglierti un dubbio, quello legato alla qualità
dell’attrezzatura. Non importa se stai utilizzando una macchina
fotografica digitale oppure a pellicola, non importa neanche se stai
utilizzando il tuo telefonino per fotografare o magari una vecchia
macchina Polaroid: parliamo di composizione e quindi del tuo occhio. Con
cosa fotografi, non è un problema. E’ la tua capacità che conta.
Più in generale, possiamo dividere le capacità di un fotografo in due
grandi categorie. La prima è quella tecnica: sapere cos’è l’esposizione,
conoscere le impostazioni della tua macchina, conoscere come utilizzare
gli ISO e soprattutto conoscere le conseguenze delle tue scelte tecniche.
La seconda categoria di abilità fotografiche è quella delle abilità
artistiche. In questa categoria rientra la tua capacità di vedere e,
soprattutto, la tua capacità di disporre il soggetto all’interno del
fotogramma. Insomma: la tua abilità di composizione fotografica. Questo
libro sceglie di approfondire questo seconda categoria di abilità.
C’è moltissimo di materiale di cui parlare, e tantissime idee da
esplorare… benvenuto a questa Guida alla composizione fotografica.
Impariamo a vedere

Solo perché un panorama è bello, non significa che saremo capaci di


catturarlo con la nostra macchina fotografica e farne una buona immagine.
Questa è una delle sensazioni più frustranti per un fotografo. Avere un
panorama mozzafiato davanti e non riuscire a portarlo all’interno della
nostra immagine è terribile.
I motivi sono diversi, a partire da quelli psicologici. Non solo noi
vediamo un panorama, ma ci siamo immersi dentro nel momento in cui
scattiamo. Ne sentiamo l’emozione, così come sentiamo l’odore del prato
innanzi a noi o il freddo del vento sulla pelle. Magari è stata una splendida
giornata di vacanza e questo contribuisce a rendere quel momento
stupendo. Ma… tutto questo è veramente molto difficile da inserire dentro
una fotografia. Chi guarderà la tua immagine lo farà non avendo tutte
queste informazioni a disposizione, osserverà quello che c’è dentro il
rettangolo della tua immagine e basta.
La composizione non è semplicemente scegliere cosa inserire dentro
quel rettangolo. La composizione fotografica è il processo di selezione
delle forme e dei toni al fine di guidare l’occhio del tuo pubblico verso il
soggetto dell’immagine.
In una buona composizione il tuo occhio capisce subito qual è il
soggetto. Con una cattiva composizione, il tuo occhio gira all’interno della
fotografia senza capire dove posarsi.
Una buona composizione non solo rende più piacevole guardare
un’immagine, ma è in grado di svelare all’osservatore cose che altrimenti
non avrebbe notato. Con una buona composizione anche le situazioni più
quotidiane diventano speciali.
Se stai leggendo questo libro probabilmente ti sei già accorto di
quanto una composizione sbagliata possa rovinare un’immagine. Ma
prima di analizzare i fondamenti della composizione, cosa che faremo nel
prossimo capitolo, ti chiedo qualche minuto di pazienza per approfondire
un punto veramente importante.
Qual è lo strumento più utile in fotografia? Se hai risposto la
macchina fotografica è una risposta sbagliata. Lo strumento più utile in
fotografia è il tuo occhio e il cervello connesso con lui mediante il nervo
ottico.
Il tuo occhio ha una struttura fisica in fondo simile alla tua macchina
fotografica. Ha un sistema di regolazione luce mediante apertura di un
diaframma (pupilla), ha una lente con dispositivo di messa a fuoco
automatico, ha perfino un sensore su cui vanno a essere proiettate e
catturate le immagini (retina). Quindi potremmo dire che tecnicamente tra
il tuo occhio e una macchina fotografica non c’è poi una grande
differenza, almeno i termini di componenti. Il vero punto critico, quello
che fa la differenza, arriva subito dopo il tuo occhio.
Il tuo occhio non lavora mai da solo, ma sempre abbinato al tuo
cervello che costantemente analizza, elabora e da significato alle
immagini che gli arrivano. Per quanto una macchina fotografica oggi
possa essere dotata di un’intelligenza contenuta nel suo microchip, questa
non è assolutamente paragonabile al ruolo del cervello nell’elaborare
un’immagine e, soprattutto, nel darne un significato.
La verità è che tu non vedi mai oggettivamente. La tua fotocamera
invece sì. Questo è un punto importantissimo da capire prima di parlare di
composizione fotografica. Per quanto ti possa sforzare di essere obiettivo,
il tuo occhio selezionerà sempre degli elementi all’interno del campo di
visuale sulla base delle indicazioni del tuo cervello. La tua fotocamera,
diversamente, riprenderà tutti gli elementi presenti nel suo campo di
visione, senza alcuna selezione.
In fondo, questo è alla base del grande gioco delle illusioni ottiche.

Nulla di più veloce di un esempio. L’immagine che vedi qui sopra non
ha al suo interno alcun triangolo, eppure il tuo cervello ne percepisce un
paio per il semplice fatto che analizza elementi e li mette in correlazione,
a prescindere da ciò che realmente è davanti ai tuoi occhi. Questo
elemento di correlazione e attribuzione di un significato all’immagine è
del tutto estraneo alla tua macchina fotografica, che si limita
semplicemente a mettere su un sensore cosa c’è davanti alla lente. La
lezione che impariamo è che il cervello reinterpreta e corregge sempre in
modo automatico, mentre con la tua macchina fotografica dovrai essere
così bravo da sopperire a questi meccanismi correttivi del tuo cervello. La
tua macchina fotografica è più crudele dei tuoi occhi, perché ti mette di
fronte solo la cruda realtà in modo oggettivo.
Non solo. Il cervello entra in gioco in un altro importantissimo
processo: quello della selezione. Da qui deriva la differenza tra guardare e
vedere. Complicato? No, assolutamente. Pensa a quando stai uscendo di
casa di fretta perché sei in ritardo, guardi sul tavolo e prendi quello che ti
serve per andare in ufficio. Arrivi alla tua auto e incominci a cercare le
chiavi, ma non le trovi. Cerchi in tutte le tasche e non ci sono. Ritorni in
casa e… sono rimaste sul tavolo.
Perché questo è successo? Perché quando sei uscito hai guardato il
tavolo, ma non lo hai visto. Il tuo cervello ha messo in funzione una serie
di automatismi per velocizzare la tua uscita di casa che hanno escluso
segnali importanti, incluso la visione delle chiavi. Si stima che circa
l’80% del processo visivo sia in carico al cervello e il rimanente 20%
all’occhio.
Per quanto il tuo cervello sia la più grande differenza tra il tuo occhio
e la tua macchina fotografica, questa non è l’unica. Un’altra grande
differenza tra una macchina fotografica e il tuo occhio è l’ampiezza del
range dinamico. Con questo termine s’intende la misura tra l’oggetto più
chiaro e quello più scuro all’interno di un’immagine. Il tuo occhio ha un
range dinamico quasi doppio rispetto a una fotocamera dell’ultima
generazione. Il tuo occhio è meglio di qualsiasi sensore o di qualsiasi
stampante.
La conseguenza è che quando fotografi una scena con alto range
dinamico, ad esempio un tramonto, la tua immagine avrà o una parte
sovraesposta (il cielo), oppure una sottoesposta (il panorama), ma non
riuscirà ad avere una corretta esposizione di entrambe le aree come invece
riesce a fare il tuo occhio.
Per riuscire a rimediare a questo limite delle fotocamere esistono
diverse tecniche, inclusa quella di combinare molteplici immagini
correttamente esposte in un’unica immagine, ma si tratta di un argomento
che esce dal tema di questo libro. La cosa importante è ricordarti che in
scene ad ampio range dinamico la tua fotocamera vale la metà del tuo
occhio.
Esercizi per disattivare il cervello
Non sto parlando di mettersi davanti alla televisione tutto il weekend.
Sto parlando di esercizi che ti permettano di disattivare gli automatismi
correttivi del cervello e ti permettano di smettere di guardare
superficialmente e di incominciare a vedere. Si tratta di esercizi
propedeutici al trattamento della composizione fotografica e te ne
suggerisco due.
Il primo si chiama cerca le lettere. La prima volta che ne ho sentito
parlare era a un corso di fotografia e l’insegnante ci diede un esercizio che
tutti noi studenti pensavamo fosse una stupidaggine, ma che cambiò la mia
percezione visiva. L’esercizio consiste semplicemente in questo: scegli
una coppia di lettere a caso. Anzi, le scelgo io per te: PS. A questo punto
prendi qualcosa che possa fotografare, basta anche il tuo telefonino, ed
esci in strada. Incomincia a fotografare queste due lettere ovunque le trovi
messe in sequenza. All’inizio non ne troverai. Poi passeranno minuti,
magari ore, e ti accorgerai che quella sequenza di due lettere si
manifesterà sempre più frequentemente. La troverai nelle pubblicità, sui
citofoni, scritta sui muri o nei titoli dei libri… e contemporaneamente
succederà un piccolo miracolo. La percezione di quello che hai attorno
diventerà molto più profonda e vedrai tantissimi dettagli del mondo che ti
circonda che prima ti erano invisibili. Smetterai di vedere
superficialmente e incomincerai a osservare con maggiore profondità,
quella profondità utile al fotografo che vuole crescere.
Il secondo esercizio è sbaglia nome. Probabilmente ti sentirai sciocco
nel farlo, ma fai un tentativo. Entra in una stanza di casa tua e, indicando
con il dito un oggetto, nominalo ad alta voce con un nome sbagliato. Ad
esempio, indica una matita a esclama ad alta voce pentola. Ripeti
quest’azione con diversi oggetti nella stanza, dicendo ad alta voce un
nome sbagliato. Dopodichè lascia la stanza e riprendi le tue normali
attività. Dopo una mezzora, rientra nella stanza e osserva gli oggetti che
prima hai nominato in modo sbagliato. Anche in questo caso, ti accorgerai
che la tua percezione visiva sarà molto più profonda. Io non ho idea del
perché questo fenomeno avvenga, ma l’importante è il risultato: riuscire a
staccare gli automatismi del cervello e incominciare a guardare in modo
oggettivo i dettagli di ciò che ci circonda.
I 4 principi della composizione fotografica

Le regole di composizione fotografica sono tantissime e, soprattutto,


nessuna di queste è verità assoluta. Per ogni regola esistono così tante
eccezioni che spesso sono più quest’ultime che i casi in cui si può
applicare la regola vera e propria. E’ per questo che più che di regole ha
senso parlare di principi compositivi e in questo capitolo analizzeremo
assieme i quattro principi fondamentali della composizione fotografica.
Dimentica la regola dei terzi, dimentica le linee prospettiche… questi
sono utili strumenti e ne parleremo nel capitolo seguente. Qui invece
vogliamo andare alla radice di una buona immagine: indaghiamo cosa crea
una fotografia che funziona.
I quattro principi della composizione fotografica sono:
- Soggetto e sfondo ben definito
- Immagine bilanciata
- Punto di vista interessante
- Semplicità
Soggetto e sfondo ben definito
Si tratta del principio compositivo più importante, oltre a essere
l’errore più diffuso tra i fotografi principianti. Guarda l’immagine che
segue.

Questo è un panorama della città di Granada. Chissà quante milioni di


volte è stata scattata questa cartolina dai turisti, me incluso. Purtroppo, è
un’immagine che in termini di composizione non funziona. Il perché è
semplice: non si capisce il soggetto. Non c’è un punto di attenzione e
l’occhio dell’osservatore vaga per la fotografia. Per dirla con le parole di
un mio professore di fotografia, c’è troppa roba. Rimane una fotografia da
cartolina carina, ma destinata a essere dimenticata appena si distoglie lo
sguardo.
La regola semplice ma spesso dimenticata (quando non sconosciuta)
è che non ci deve essere competizione tra soggetto e sfondo. Le tue
decisioni in merito alla composizione dell’immagine devono contribuire a
definire in modo chiaro chi è il soggetto e a staccarlo dallo sfondo. Un
esempio? Eccolo.
In questa fotografia l’occhio dell’osservatore è subito guidato verso la
statua romana e lo sfondo risulta ben distanziato dal soggetto. Lo sfondo
contestualizza il soggetto ma l’occhio dell’osservatore lo raggiunge solo
in un secondo momento. In estrema sintesi l’obiettivo di questo principio,
come del resto tutte le regole di composizione, è quello di mirare
semplicemente a guidare l’occhio dell’osservatore nel migliore modo
possibile.
Immagine bilanciata
Il concetto di bilanciamento di un’immagine è meno concreto del
precedente, perché spesso c’è un elemento di soggettività nel giudicare
quando un’immagine è bilanciata o meno. Possiamo dirla in questo modo:
ogni elemento della fotografia ha un peso grafico. Se questo peso si
concentra tutto su un’unica parte dell’immagine questa risulta meno
armonica, meno piacevole… meno bilanciata.
Facciamo qualche esempio concreto.
Questa immagine è bilanciata. Ci troviamo al Bryce Canyon, negli
Stati Uniti, e il vero soggetto della fotografia è il panorama sulla destra. E’
su questo che l’occhio dell’osservatore indaga e cerca dettagli. Tuttavia, in
questo caso per avere un’immagine bilanciata è necessario inserire anche
un elemento di interesse sul lato sinistro dell’immagine, che altrimenti
risulterebbe vuoto e porterebbe a una fotografia molto meno convincente.
L’inserimento nell’inquadratura dell’albero proteso nel vuoto permette di
creare questo equilibrio compositivo che rende l’immagine gradevole. In
questo caso il bilanciamento è tra il lato destro e quello sinistro
dell’immagine, ma potrebbe essere anche tra la parte alta e quella bassa
della fotografia, oppure lungo la sua diagonale. Non ultimo, l’immagine è
bilanciata se il soggetto è in posizione centrale alla fotografia.
Questo dettaglio di un muro dell’Alcazar di Siviglia è bilanciato
proprio per la sua posizione centrale. Un suggerimento: tra tutti i
bilanciamenti, quello centrale è il più statico. Se vuoi dare una sensazione
di immobilità del soggetto, porlo al centro della fotografia è la scelta
migliore. Si tratta di una scelta stilistica che puoi utilizzare a tuo
vantaggio se questa è l’emozione che vuoi trasmettere. Se, diversamente,
vuoi dare dinamicità al soggetto allora porlo decentrato e più vicino al
bordo della fotografia permette all’occhio dell’osservatore di spaziare in
modo più ampio nell’immagine.
Un altro interessante strumento nella tua cassetta degli attrezzi per
cercare il giusto bilanciamento di un’immagine è lo spazio negativo.
In questa veduta di Firenze utilizziamo proprio questo concetto. Lo
spazio negativo (detto anche spazio bianco) è un concetto usato in pittura,
in architettura e nell’arte in generale da centinaia di anni. Questo concetto
permette di trasformare anche fotografie banali in piccoli capolavori.
Nella fotografia che vedi sopra lo spazio positivo è costituito dal soggetto,
ovvero il Duomo di Firenze in basso, e quello negativo dall’ampia area
priva di contenuti formata dal cielo sovrastante il Duomo.
In estrema sintesi, lo spazio negativo ti permette di sottolineare e
valorizzare il soggetto principale della fotografia attirando l’occhio
dell’osservatore in modo magnetico verso di esso. Inoltre, aiuta a dare
respiro allo sguardo dell’osservatore in una zona dove il suo occhio può
riposarsi e vagare, per poi attrarlo nuovamente verso il soggetto principale
permettendogli di concentrarsi meglio e rendendo l’immagine più
interessante.
Ne approfitto per ricordarti che il bilanciamento può essere
orizzontale, come nelle precedenti immagini del Brice Canyon e del
dettaglio del muro dell’Alcazar, sia verticale come nel caso del panorama
di Firenze. Così come un albero sulla sinistra dell’immagine può
bilanciare il panorama del Canyon sulla destra, allo stesso modo il Duomo
sulla parte bassa dell’immagine è bilanciato dall’ampio spazio negativo
nella parte alta dell’immagine.
Punto di vista interessante
Viviamo in una società fortemente visiva. Il nostro occhio è ormai
saturo di stimolazioni visive e la pubblicità lo sa bene, tanto che è
obbligata a spingere sempre di più sulle esagerazioni per riuscire a
catturare la tua attenzione.
In questo contesto dove tutto è già visto e rivisto, diventa veramente
difficile riuscire a proporre qualcosa di nuovo. Tuttavia, sapere stupire
rimane una delle doti essenziali del fotografo che vuole suscitare un
interesse per le sue immagini. Sapere riprendere un soggetto fotografico
magari strafotografato e strafamoso con angoli e interpretazioni
compositive originali è uno strumento veramente utile nella tua cassetta
degli attrezzi fotografica.
Questo è proprio quello che intendo con punto di vista interessante:
sapere suscitare un interesse da parte del lettore dell’immagine
proponendogli un punto di vista inconsueto. Come fotografi, abbiamo il
dovere di trovare il modo di uscire dalla noia delle immagini.
Per farlo possiamo ricorrere a diversi tipi di inquadratura. Riprendere
un soggetto con un punto di vista esageratamente basso permette di
attribuirgli una sensazione emotiva di importanza. All’opposto, un
soggetto ripreso dall’alto tende a sminuirne lo status. E’ proprio per
questo che una delle regole pratiche della composizione è quella di
mettere la macchina fotografica al livello degli occhi della persona che
stiamo fotografando oppure più in basso. Hai mai notato quanto sono
antipatiche le fotografie di bambini scattate dall’alto? Semplicemente non
funzionano a causa del messaggio emotivo che danno. Se invece ti abbassi
al livello dei loro occhi, oppure addirittura ti sdrai a terra e scatti dal
basso… Beh, ti si apre il loro mondo perché incominci a vedere come loro
e capisci come vedono gli adulti, avvicinandoti maggiormente alle loro
emozioni.
In fondo si tratta proprio di questo. La scelta della posizione della tua
fotocamera al momento dello scatto non solo permette di combattere la
noia del già visto, ma è un fantastico strumento per veicolare un
messaggio emotivo.
Due piccoli consigli per utilizzare inquadrature insolite. Il primo è
quello di usare un grandangolo. Questa lente è forse quella che ti permette
di drammatizzare di più il tuo punto di vista, essendo lo strumento più
interessante per esagerare prospettive e distanze. E poi, è veramente
divertente giocare con un grandangolo!
Il secondo consiglio è quello di provare a scattare senza guardare nel
mirino. Questo è un importante consiglio che ho ricevuto da un Grande
Insegnante di fotografia durante un corso di alcuni anni fa. Scattare senza
guardare nel mirino (e neanche nel display) permette di saltare tutti quei
passaggi di realizzazione della composizione che altrimenti il tuo cervello
metterebbe in azione in modo automatico. Ti sei mai chiesto perché se dai
una macchina fotografica in mano a un bambino spesso ne escono delle
fotografie stupefacenti? Perché, non conoscendo le regole della
composizione e magari neanche guardando attraverso l’obiettivo, riesce a
portare nello scatto un punto di vista diverso, non noioso. Non sto dicendo
che non dobbiamo conoscere le regole della composizione (altrimenti
entrambi staremmo a perdendo il nostro tempo, io a scrivere questo libro e
tu a leggerlo). Dico che dobbiamo usare le regole di composizione
fotografica quando ci servono e non esserne schiavi. Ogni tanto, scattare
alla cieca permette di portare a casa dei risultato sorprendenti.
Semplicità
La fotografia di qualche pagina addietro del Duomo di Firenze ha
anche un’altra caratteristica importante: è semplice. E’ stato tolto il
superfluo e la presenza di spazio negativo non è sprecato ma serve a
sottolineare ancora di più il soggetto.
Uno dei peccati più frequenti tra i fotografi non professionisti è
proprio quello di mettere troppo all’interno della fotografia. Una delle
differenze tra il professionista e l’amatore è questa: il fotografo
professionista toglie il superfluo da una fotografia e così facendo valorizza
il soggetto.
Ma come fare a resistere alla tentazione di mettere troppo all’interno
dell’immagine? Avvicinarsi fisicamente è quasi sempre la soluzione.
Siamo ormai abituati alla comodità delle lenti zoom e questo ci rende a
volte un po’ pigri. Un ottimo antidoto è utilizzare un’ottica fissa e
avvicinarsi al soggetto con il migliore zoom del mondo: i tuoi piedi.
Avvicinati di più al tuo soggetto e quando pensi di essere abbastanza
vicino avvicinati ancora un po’ di più. Togli cose, non aggiungere.
Un altro strumento per semplificare un’immagine portando
l’attenzione sul soggetto è la profondità di campo. Una ridotta profondità
di campo permette di semplificare l’immagine eliminando gli elementi di
disturbo sullo sfondo rispetto al soggetto in primo piano. Anche l’utilizzo
sapiente della profondità di campo è un elemento che distingue il
fotografo professionista da quello della domenica. Se ci fai caso, il mare
di immagini scattate con i telefonini circolanti su Internet hanno tutte la
caratteristica di essere a fuoco dal soggetto in primo piano fino agli
elementi in distanza. Questo non permette di staccare l’elemento in primo
piano, confondendo l’occhio dell’osservatore e facendolo perdere
all’intenro della fotografia.
In fondo in fondo il fotografo fa un processo opposto al pittore. Questi
parte da una tela bianca e inizia a riempire. Il fotografo parte dalla realtà
che ha di fronte e deve sottrarre selezionando pochi elementi su cui
concentrare l’attenzione dell’osservatore e per farlo deve togliere gli
elementi di distrazione, avvicinandosi (quando possibile) al soggetto.
Come abbiamo anticipato nel capitolo precedente, infatti, la tua
fotocamera inquadra tutto quello che è davanti a te, mentre i tuoi occhi
guardano tutto ma vedono solo la parte su cui il tuo cervello concentra la
sua attenzione. Per ristabilire questo equilibrio e scattare delle immagini
che rendano veramente giustizia al soggetto che hai di fronte evitandoti di
dire dal vivo mi sembrava meglio, devi semplificare togliendo il superfluo
dalla tua fotografia.
Esercizi sui 4 principi della composizione fotografica
La pratica non rende perfetti. E’ la pratica perfetta che rende perfetti.
O, almeno, la pratica di chi si impegna veramente a migliorare. Questo
vuole dire che non serve passare molte ore a fotografare male: è molto
meglio fare sessioni più brevi ma focalizzate a una specifica area di
miglioramento e rimboccarsi le maniche.
Un ottimo modo di procedere è quello di darsi un incarico fotografico
da soli, un po’ come se una grande rivista ci avesse incaricato di portare a
casa un servizio fotografico su un tema. Darsi un incarico permette di
ridurre la confusione perché semplifica la strada nel mare di opportunità
fotografiche possibili. E non deve essere un incarico fotografico
complicato. Ecco come fare.
Scegli un oggetto o un colore attorno a te. Questo è il tuo incarico
fotografico. Se hai scelto la sedia su cui sei seduto, appena puoi esci di
casa con la tua macchina fotografica e fotografa tutte le sedie interessanti
che troverai nel prossimo paio di ore. Se hai scelto il colore giallo, puoi
dedicare parte del prossimo weekend a un’uscita fotografica alla ricerca
del giallo nella tua città. Lasciati sorprendere. L’importante è utilizzare,
avendone consapevolezza, i quattro pilastri della composizione che hai
conosciuto in questo capitolo. Non è necessario utilizzarli tutti assieme:
basta sceglierne anche solo uno, ma iniziare la tua sessione fotografica
avendo chiaro in mente quello che è il principio che andrai ad applicare in
quella particolare sessione fotografica.
Buon divertimento!
I 7 strumenti della composizione fotografica
Nel capitolo precedente abbiamo esaminato assieme i quattro principi
della composizione fotografica: soggetto e sfondo ben definito, immagine
bilanciata, punto di vista interessante e semplicità dell’immagine.
In questo capitolo passeremo dal parlare dei principi generali di
composizione ad analizzare gli strumenti utili nel comporre l’immagine:
le linee, le forme, le ripetizioni, la regola dei terzi, la regola dei tre, la
prospettiva e la simmetria. Pensa a una cassetta degli attrezzi. Quando si
parla di composizione fotografica, questi sono i tuoi attrezzi da lavoro. Te
li presento.
Linee
Le linee all’interno di un’immagine sono tra i più forti elementi
compositivi a tua disposizione.
Nel panorama autunnale che puoi vedere qui sopra, in una splendida
Torino, le linee dei binari del tram sono state utilizzate per trasformare
una fotografia banale in una interessante. Le linee che entrano dal margine
inferiore della fotografia permettono di proiettare l’osservatore all’interno
dell’immagine, guidando il suo occhio che solo in un secondo momento si
ferma sugli alberi autunnali sullo sfondo. E’ come se avessimo bisogno di
riconoscere un elemento di ordine per poterci godere appieno
un’immagine e le linee permettono proprio di guidare la lettura della
fotografia introducendo una guida che ci accompagna all’interno della
stessa.
Proprio perché le linee hanno un così forte impatto sulla capacità di
guidare l’occhio dentro una fotografia, queste possono materializzarsi
nelle forme più diverse. Possono essere nelle strutture portanti di
un’architettura, ma anche nelle ombre che questa stessa architettura
proietta a terra. Anzi: le linee delle ombre spesso rappresentano un tema
compositivo molto potente e poco sfruttato. Ma le linee possono
materializzarsi anche nei temi ripetitivi che sono presenti in una struttura
architettonica: pensa ad esempio al susseguirsi di una serie di bulloni che
fissano un trave, oppure al susseguirsi di mattonelle o temi decorativi.
Ricordati quindi che le linee le possiamo trovare sia quando osserviamo
una grande struttura, sia cercando nei piccoli dettagli.
In generale, ti suggerisco di lavorare sull’elemento compositivo delle
linee in due modi. Il primo è quello di cercare un soggetto interessante e,
al suo interno, trovare linee che possano valorizzarlo ancora di più creando
una composizione che convinca. Il secondo modo, a mio parere più
divertente perché più sfidante, è quello trovare un soggetto non
interessante e sforzarti di trovare delle linee e ripetizioni di temi al suo
interno che possano valorizzarlo.
Uno dei trucchi pratici che ho imparato in un corso di fotografia
qualche tempo fa è quello di scegliere quali linee valorizzare. Spesso,
infatti, ci troviamo davanti a un soggetto che presenta molteplici
possibilità di interpretazione e scegliere tra le tante alternative quali linee
utilizzare e come disporle all’interno della nostra composizione
fotografica è cosa tutt’altro che ovvia. Il segreto è semplice: scegli una
linea forte e disponila parallela a uno dei bordi della fotografia.
In questa immagine la linea forte, quella predominante e che permette
di mettere ordine nella composizione, è data dal bordo dello spigolo della
casa, posizionato circa a metà dell’immagine. Tra le decine e decine di
modi possibili di fotografare la targa riportante la scritta Piazza Roma
questa funziona in quanto la composizione ha un suo ordine: lo spigolo
della casa è perpendicolare, parallelo ai bordi destro e sinistro della
fotografia. L’inclinazione della targa sarebbe andata comunque bene in
quanto, pur essendo il soggetto principale dell’immagine, non ha il
compito di dare ordine nella composizione, compito demandato alla linea
forte parallela al bordo.
Lo stesso accade per questa immagine delle colonne della Basilica di
Superga, nei pressi di Torino. Una linea forte, data dalla prima colonna a
sinistra, collocata verticalmente e quindi parallela ai bordi della fotografia
permette di scegliere una composizione che funziona tra le decine e decine
di possibilità interpretative. Naturalmente, lo stesso discorso vale per una
linea orizzontale.
Non abbiamo fino a ora parlato della fotografia in bianco e nero. In
questo tipo di fotografia, la potenza delle linee viene enormemente
ampliata. Il bianco e nero ha la caratteristica di essere molto più diretto
per tutto ciò che riguarda la composizione poiché, togliendo un elemento
così importante come il colore, obbliga l’osservatore a concentrarsi su
linee, forme e composizione. La scelta di fotografare, anche solo
saltuariamente, avendo in mente di produrre fotografie in bianco e nero ti
permette di ragionare in modo diverso, esaltando le forme e addirittura
dandoti la possibilità di trasformare un soggetto fiacco in uno interessante.
Le linee in fotografia sono uno strumento che puoi applicare in due
modi. Puoi utilizzare le linee come soggetto dell’immagine oppure puoi
utilizzarle per portare l’occhio dell’osservatore verso il soggetto
interessante in modo da focalizzare l’attenzione valorizzandolo.
Un’ultimo pensiero sull’utilizzo di questo importante strumento: le
linee nella composizione fotografica all’interno della tua immagine, come
sicuramente ti sarai già accorto, possono cambiare completamente
spostandoti di un passo. Ci vuole pazienza, bisogna scattare lentamente,
meglio ancora con un treppiede che ti obbliga a rallentare e pensare. Ma è
spesso quel passo di lato, o in avanti, oppure il fatto che ti sei abbassato o
alzato, a fare la differenza tra una fotografia banale e una interessante.
Forme
Le forme in fotografia sono un altro utile strumento da tenere nella tua
cassetta degli attrezzi per comporre al meglio. Le forme ci permetto di
fare ordine, richiamando nella mente del lettore schemi mentali che lui ha
già imparato fin dall’infanzia, che spesso sono automatici e rendendogli
più gradevole guardare la tua fotografia. Quadrati, cerchi, triangoli,
spirali… sono tutte forme che l’occhio dell’osservatore legge anche in
modo inconscio. Spesso lui stesso non sa spiegare il perché, ma quella
fotografia (con forma precisa al suo interno) la preferisce a un’altra che
invece trova più… disordinata.
L’importante per il fotografo è focalizzarsi su forme semplici. Cerca
un qualcosa di elementare come tre soggetti che formano un triangolo,
oppure una finestra che crea una cornice quadrata. La semplicità paga
sempre in fotografia.
Le possibilità date dall’utilizzo delle forme in fotografia è infinita, ma
ce ne sono alcune che funzionano meglio di altre. Ritengo che una delle
forme che funzioni meglio sia quella circolare. In particolare, questa
forma è efficace se abbinata a un taglio dell’immagine quadrato come in
questo esempio.
Proprio perché l’occhio tende a identificare e apprezzare forme che
conosce all’interno di una fotografia, è importante non solo semplificare
al massimo l’immagine ma evitare di impastare. Cosa intendo con questo
termine? Mi riferisco al fatto di evitare di avere una forma definita il cui
profilo è disturbato da un elemento estraneo. Un esempio pratico: il
ritratto di una persona con un albero (un palo, un traliccio del telefono…)
che spunta da dietro la testa. Cerca di fare in modo che la forma in primo
piano non sia disturbata dallo sfondo e se sei in una situazione che ti crea
difficoltà utilizza una profondità di campo ridotta, in modo da diminuire
la nitidezza dello sfondo e quindi la capacità di questo di distrarre
l’osservatore.
Un piccolo trucco che personalmente utilizzo per evitare di avere
forme tagliate oppure impastamenti è questo: quando scatto inquadro il
soggetto e poi rapidamente faccio scorrere la mia attenzione sui bordi
dell’inquadratura fino a completare il giro perimetrale della cornice. Ci
impiegherai un secondo in più, ma la composizione delle tue immagini ne
guadagnerà enormemente.
Ripetizioni
Le ripetizioni sono uno degli strumenti più semplici da utilizzare in
composizione poiché per loro natura portano ordine all’interno della
fotografia. La ripetizione da ritmo di lettura, da un senso all’immagine e
spesso implica una linea che guida l’occhio dell’osservatore. Infatti, anche
se la linea non c’è o non è completa, la ripetizione la suggerisce in modo
non manifesto all’interno dell’immagine. La ripetizione è semplice e
funziona: usala ogni volta che puoi.
La regola dei terzi
E come poteva mancare? Ogni libro di fotografia che si rispetti ha un
capitolo dedicato alla regola dei terzi. In questo libro non dedicheremo un
capitolo ma solo un paragrafo, perché il concetto è piuttosto semplice e
soprattutto ci interessano le implicazioni pratiche.
La regola dei terzi consiste nel dividere mentalmente la tua fotografia
utilizzando due linee verticali e due orizzontali, come nell’immagine che
vedi qui sotto.

Per avere una composizione armonica basta posizionare il tuo


soggetto in un punto di intersezione delle linee (pallini rossi).
Abbiamo quindi trovato la formula magica della composizione in
fotografia? Non proprio.
L’idea alla base di questa regola è buona: il soggetto posizionato non
al centro dell’immagine rende la fotografia più dinamica, lascia dello
spazio negativo sul lato opposto che invita alla creatività e spesso questo
spazio negativo può essere utilizzato per inserire un testo se la fotografia
sarà destinata a un progetto editoriale.

Ecco un esempio di applicazione. Il festone di Natale è posizionato sul


terzo inferiore dell’immagine e la pallina sul punto di intersezione in
basso a destra. La composizione è sicuramente bilanciata e piacevole.
Il difetto della regola dei terzi è che è una buona regola, talmente
buona da creare stereotipi di immagini un po’ tutte uguali. Applicando la
regola dei terzi è difficile sbagliare ed è difficile proporre qualcosa di
nuovo. Il consiglio è quello di utilizzarla, farne un tuo strumento e poi
dimenticarla.
La regola dei tre
Che non è la regola dei terzi, ma una cosa differente.
Quando vediamo una fotografia il nostro cervello riconosce forme e
attribuisce significati anche a livello inconscio, come fin dall’inizio di
questo libro abbiamo visto. Sulla base di questi significati il lettore
dell’immagine giudica gradevole o meno la fotografia.
Un caso particolarmente efficace di significato attribuito dallo
spettatore e che il fotografo può utilizzare a suo vantaggio è la presenza di
tre soggetti simili nell’immagine. La presenza di tre elementi tende a
creare composizioni armoniche quasi autonomamente e
indipendentemente dalla volontà del fotografo. In generale, tutti i numeri
dispari di soggetti funzionano bene all’interno di una fotografia. Un solo
soggetto concentra tutta l’attenzione su di lui, tre soggetti simili sono
facili da trovare e funzionano bene in quanto creano una composizione
armonica richiamando forme triangolari, cinque (o più) soggetti simili
sono più difficili da trovare ma funzionano comunque bene.
Tre soggetti creano un percorso che il nostro cervello riconosce.
Quando vedi tre oggetti raggruppati fai scattare il tuo campanello
d’allarme fotografico: è ora di tirare fuori la tua macchina!
Prospettiva
La prospettiva in fotografia è facile e utile perché bilancia
immediatamente la composizione di un’immagine.
L’utilizzo della prospettiva pone, almeno in parte, rimedio a uno dei
grandi limiti della fotografia: rendere tridimensionale un oggetto
bidimensionale. L’utilizzo della prospettiva nella composizione
fotografica parte da una scelta, vale a dire il tipo di lente che andrai a
utilizzare per realizzare l’immagine.
L’utilizzo di un teleobiettivo ti porterà ad avere immagini in cui i
diversi piani prospettici risulteranno più vicini e daranno una sensazione
visiva di essere schiacciati tra loro. Inoltre, ti permetterà di sfocare lo
sfondo se questo disturba il soggetto principale della fotografia.
Per realizzare l’immagine del lemure che vedi sopra ho utilizzato un
teleobiettivo non per riuscire ad avvicinarmi: avrei potuto farlo con i miei
piedi, visto che mi trovavo in un parco faunistico e i lemuri sono abituati a
turisti curiosi che si avvicinano. Ho utilizzato lo zoom del teleobiettivo
soprattutto perché avevo uno sfondo pieno di distrazioni e in questo modo
sono riuscito a sfocarlo rendendolo omogeneo e valorizzando il soggetto.
Con l’utilizzo di un grandangolo si va nella direzione opposta e si
distanziano i diversi piani prospettici creando un’immagine dove tutto
risulta essere messo a fuoco, dall’oggetto in primo piano a quello sullo
sfondo.
Questa immagine del Chiostro di Santa Chiara a Napoli è stata
realizzata con un grandangolo e tutte le colonne in prospettiva sono a
fuoco. Nota tuttavia come tendono a convergere leggermente verso
l’interno, quasi a dare l’effetto di cadere verso il centro dell’immagine.
Questo effetto deriva dalla distorsione che è propria dell’utilizzo di una
lente grandangolare.
La distorsione del grandangolo può essere utilizzata volutamente per
esasperare effetti prospettici architetturali, ma se invece non lo desideri
bisogna cercare di mantenere il sensore della fotocamera parallelo al
soggetto in modo da ridurre la distorsione della lente al minimo.
Un’ulteriore opzione è quella di realizzare l’immagine per poi correggerla
in postproduzione con software dedicati. Personalmente suggerisco
l’utilizzo di Adobe Lightroom: lo strumento Lens Corrections di
Lightroom da ottimi risultati, ma esistono molti altri software (e molti di
questi sono gratuiti) in grado di lavorare bene un’immagine e correggerne
le distorsioni delle lenti.
Quale scelta è la migliore tra teleobiettivo e grandangolo? Entrambe
sono scelte che funzionano e ti permettono di servirti degli effetti
prospettici a tuo vantaggio. La differenza la fai tu con il tuo modo di
interpretare il soggetto. Il suggerimento è quello di non limitarti all’ovvio
ma di utilizzare al 100% le lenti che hai a disposizione. Con un
teleobiettivo non limitarti ad avvicinarti al soggetto, ma gioca a
controllare la profondità di campo includendo o meno lo sfondo. Stessa
considerazione vale per il grandangolo: includere molto all’interno
dell’immagine diventa una tentazione forte quando utilizzi questo tipo di
lente, ma le sue vere potenzialità le apprezzi quando puoi permetterti di
avere un soggetto in primo piano ingrandito (distorsione prospettica di
questo tipo di lente) e uno sfondo completamente a fuoco, esaltando il
senso di profondità dell’immagine.
In sintesi:
- Teleobiettivo: l’amatore lo utilizza per avvicinarsi, l’esperto per
sfocare lo sfondo.
- Grandangolo: l’amatore lo utilizza per mettere nell’immagine tanta
roba, l’esperto per esaltare il senso di profondità dell’immagine ponendo
un soggetto in primo piano.
Simmetria
Anche la simmetria rappresenta una delle vie più facili e veloci per
essere sicuri di avere un’immagine bilanciata. La simmetria crea una
situazione di agio per l’occhio dell’osservatore, che sa immediatamente
dove indirizzarsi. Caso opposto è quello dell’asimmetria, utile a creare
tensione e dinamismo in un’immagine. La regola dei terzi va in questa
seconda direzione.
Se vuoi dare una sensazione di immagine statica, semplice, diretta…
la scelta della simmetria è quella giusta.
Esercizi per utilizzare la tua cassetta degli attrezzi compositiva
In questo capitolo hai trovato sette attrezzi da mettere nella tua
cassetta mentale di fotografo. I sette strumenti compositivi sono le linee,
le forme, le ripetizioni, la regola dei terzi, la regola dei tre, la prospettiva e
la simmetria.
Nella tua prossima uscita fotografica scegline uno da portarti dietro e
utilizzalo. Non serve andare lontano: uscire di casa è utile perché ti fa
guardare il mondo con occhi più curiosi, ma se fuori piove puoi fare
questo esercizio anche tra le mura domestiche. Lascia il tablet o il pc o
qualsiasi giocattolino elettronico sul quale stai leggendo questo libro e
prendi la tua macchina fotografica. Scegli il tuo strumento compositivo
(simmetria? Regola dei terzi?) e inizia a scattare. Il consiglio è quello di
non esaminare le tue immagini subito ma di dormirci sopra qualche notte.
Questo ti permetterò di distanziarti emotivamente dal momento in cui le
hai realizzate e di essere maggiormente oggettivo sui risultati.
Il secondo esercizio è più difficile e prevede di realizzare la tua
missione fotografica scegliendo due strumenti casuali tra quelli esposti e
di abbinarli. Le prime volte che lo facevo, su suggerimento di uno dei più
validi insegnanti di fotografia che ho incontrato nel mio percorso,
utilizzavo sette bigliettini su cui erano riportati gli strumenti e ne estraevo
a caso due. A volte gli abbinamenti risultavano veramente difficili. Come
si fa ad abbinare simmetria e regola dei terzi? Qui sta il bello: bisogna
sviluppare inventiva e quel sapere pensare e sapere fare che sono le
qualità del fotografo che ha voglia di crescere.
Come costruire una fotografia bilanciata
Che cos’è il bilanciamento in fotografia? E’ un qualcosa di difficile da
definire perché non ha caratteristiche precise: lo si vede e lo si sente. E’ la
tua sensazione che il peso grafico dei soggetti sia distribuito in modo
corretto su tutta la superficie dell’immagine, ma puoi anche sentirlo nella
scelta del fotografo di costruire volutamente un’immagine sbilanciata per
creare tensione nell’osservatore. E’ la sensazione di equilibrio quando si
guarda un’immagine, oppure la tensione che ne deriva se il bilanciamento
non c’è. Il bilanciamento contribuisce alla piacevolezza della fotografia
che ci è davanti, ma sapere identificare il perché un’immagine è bilanciata
spesso è una questione soggettiva. Si sente e basta. Un soggetto
posizionato in modo forte al centro dell’immagine crea una sensazione di
bilanciamento, perfino di staticità, mentre lo stesso identico soggetto
posizionato a lato della fotografia crea un’immagine sbilanciata. Basta
spostarsi con l’obiettivo di un centimetro a destra o sinistra per fare una
scelta compositiva completamente diversa.
L’uso consapevole del bilanciamento è il fine ultimo della
composizione. Il bilanciamento, o la sua assenza, permette alla tua
immagine di apparire più o meno serena. La distribuzione dei pesi grafici
di cosa c’è nella tua fotografia determina se la tua immagine è bilanciata o
meno. In un’immagine bilanciata la sensazione è di quiete e tranquillità,
mentre in una sbilanciata (volutamente) c’è più dinamismo che attira
l’attenzione da una parte o dall’altra dell’inquadratura. Scegliere di creare
un’immagine bilanciata o meno è una scelta interpretativa: per molte
persone un’immagine sbilanciata, che esprime tensione, comunica una
storia in modo più efficace ed è quindi preferibile rispetto a una bilanciata.
Tutto dipende dall’emozione che tu fotografo vuoi creare. Ma come
facciamo concretamente a creare un’immagine bilanciata o meno? Questo
è l’argomento del capitolo.
La regola dei terzi e il bilanciamento dell’immagine
Come abbiamo visto in precedenza, uno dei sette strumenti
compositivi è la regola dei terzi. La regola dei terzi è molto utilizzata per
un motivo: funziona. Ha però il difetto di creare immagini tutte uguali,
poiché tutti coloro che praticano fotografia dovrebbero (più o meno)
conoscerla. La regola dei terzi tende a creare immagini bilanciate in modo
automatico: il peso di un soggetto posizionato sul terzo dell’immagine è
bilanciato dallo spazio negativo lasciato sul lato opposto, ricreando un
equilibrio. Questa regola funziona con tutte le fotografie a taglio
rettangolare mentre, come vedremo più avanti in questo capitolo, per le
immagini a taglio quadrato ci sono considerazioni diverse da fare.
Quello che però non tutti sanno è che la regola dei terzi è un punto di
partenza e non di arrivo. La regola dei terzi funziona anche se il soggetto
non è precisamente posizionato su una delle intersezioni delle due linee
verticali e orizzontali. La regola dei terzi ti aiuta a posizionare il soggetto
in un punto corretto per incominciare a studiare la tua composizione
fotografica, ma non è scritto sulla pietra che il soggetto debba stare
esattamente sulla verticale tra il primo e secondo terzo, o tra il secondo e
il terzo.

Come vedi in questa immagine, la Statua della Libertà non è


posizionata esattamente sulla linea verticale tra il primo e secondo terzo a
sinistra, eppure posso assicurare che funziona. La mia scelta di inquadrare
più cielo libero è stata dettata dall’esigenza di lasciare spazio per un
eventuale testo, qualora questa immagine fosse stata scelta per un progetto
editoriale come poi in effetti accadde. Le vendite hanno confermato la
buona scelta compositiva.
La possibilità di avere la griglia dei terzi all’interno del monitor della
tua macchina fotografica è quindi un buon strumento se non ne diventi
schiavo. La regola dei terzi è un’idea: a volte funziona molto bene, a volte
un po’ meno, ma è sempre un buon punto di partenza su cui iniziare a
lavorare.
La regola dei terzi, se la usi senza avere un approccio fondamentalista,
è un’ottima soluzione per creare immagini bilanciate.
I toni e il bilanciamento
Un’altra interessante possibilità per creare bilanciamento non è legata
al peso grafico degli elementi, bensì al loro tono nell’immagine. Questo è
particolarmente vero nella fotografia in bianco e nero, dove aree chiare
dell’immagine possono essere bilanciate da aree scure. Giocare con le
ombre è spesso un ottimo modo per applicare questo tipo di
bilanciamento, poco utilizzato perché meno ovvio della regola dei terzi.
In questa immagine non ho rispettato la regola dei terzi e ho
semplificato al massimo la composizione utilizzando pochi elementi
distintivi necessari per fare capire al lettore che si tratta del dettaglio di
una gru. Quello che fa di questa immagine una fotografia bilanciata sono i
toni. Se immaginiamo una linea diagonale dall’angolo inferiore sinistro a
quello superiore destro, tutti gli elementi scuri sono nel triangolo
dell’immagine sinistro superiore, mentre quello inferiore destro è bianco
puro. Il peso del soggetto scuro è bilanciato dal lato chiaro dell’immagine.
L’elemento umano e il bilanciamento
Inserire una figura umana all’interno della fotografia, per quanto
piccola possa essere, è uno degli strumenti per costruire un’immagine
bilanciata. Il peso grafico dell’elemento umano è veramente elevato e
spesso anche una piccola silouette di persona può reggere il confronto con
un elemento imponente collocato sul lato opposto della fotografia. Guarda
questo esempio.

Qui siamo davanti a un a piccola alchimia fotografica. Siamo nella


Monument Valley, negli Stati uniti. E’ una delle aree geografiche più
fotografate al mondo per i suoi panorami spettacolari e a buona ragione: se
ti capiterà nella vita di visitarla portati dietro le migliori lenti che hai
perché non potrai che innamorarti di questo paesaggio. In questi panorami
tutto è immenso: le formazioni rocciose, il cielo, la profondità dei
colori… tutto è talmente spettacolare da fare perdere le proporzioni delle
cose. La fotografia che vedi sopra è bilanciata grazie al piccolo soggetto,
un uomo a cavallo davanti a un panorama immenso. Nota come un
soggetto piccolissimo, quasi un puntino, riesce a dare senso alla fotografia
e regge il confronto del peso grafico del cielo sopra di lui e dello spazio
panoramico davanti a lui.
Questa è un’idea da tenere a mente e riporre pronta all’uso nella tua
cassetta degli attrezzi. L’elemento umano pesa moltissimo
fotograficamente e psicologicamente.
Bilanciare un’immagine a taglio quadrato
Non siamo molto abituati a vedere fotografie a taglio quadrato.
Normalmente il rapporto tra i margini delle nostre immagini è 3:2 (tipico
formato delle SLR), oppure 4:3 come quello di molte fotocamere compatte
e dei televisori, oppure 16:9 sempre per i televisori. Un’immagine
quadrata è più inusuale, ma proprio per questo rappresenta un soluzione
che spesso riesce a farsi notare perché esce dal già visto.
Nelle immagini quadrate la regola dei terzi non funziona. In questo
tipo di immagini è molto meglio sfruttare gli angoli della fotografia
oppure porre il soggetto esattamente al centro. Il taglio quadrato, inoltre,
funziona particolarmente bene se al suo interno è inserito un soggetto
circolare: se devi fotografare il quadrante rotondo di un orologio, ad
esempio, un taglio quadrato è la scelta compositiva spesso migliore.
In estrema sintesi: una fotografia a taglio quadrato è diversa dal solito
e forse proprio per questo più interessante. La regola dei terzi non
funziona: lavora mettendo il soggetto al centro oppure in prossimità degli
angoli.
Come realizzare un ritratto con una buona composizione
La cosa bella della composizione è che si applica a qualsiasi genere
fotografico, dal ritratto alla fotografia panoramica. Questo libro non è
dedicato alla fotografia ritrattistica, e non ha l’ambizione di trattarla con
la dovuta profondità in qualche riga, tuttavia se ci sono un paio di consigli
utili di composizione che possiamo imparare e applicare anche in questo
genere fotografico… perché non parlarne? Ecco qualche breve spunto.
L’errore compositivo più comune quando si fotografa una persona è
quello di non avvicinarsi abbastanza. Il secondo errore più comune è
quello di lasciare troppo spazio sopra la testa del soggetto. Questo errore è
quello che generalmente accompagna quasi tutte le fotografie dell’ultimo
viaggio di famiglia quando le rivediamo sul nostro computer a settembre.
Che ci fa tutto quello spazio buttato sulla testa delle persone? Togliamolo!
Ma da che parte deve guardare il soggetto all’interno della fotografia?
Questo è un altro interessante spunto di riflessione. Il soggetto può
guardare verso la fotocamera, e questo va benissimo, oppure può guardare
verso il centro dell’immagine, cosa che va altrettanto bene. Quello che non
funziona è quando il soggetto fotografato guarda, oppure fisicamente si
dirige, cammina, va in bicicletta… verso l’esterno della fotografia.
Apro una piccola parentesi. Il principio del soggetto che guarda
oppure si muove verso il centro dell’immagine vale anche nella fotografia
di animali.

Le giraffe guardano verso la fotocamera e quella in primo piano verso


il centro dell’immagine. Molto bene.
Le giraffe escono dall’immagine. Molto male. In questo caso
l’immagine funziona decisamente meno perché il soggetto ci comunica la
sensazione psicologica volere scappare, di essere sfuggente, ci coinvolge
molto meno...
Ritornando alla fotografia ritrattistica, come è meglio inquadrare il
soggetto e, soprattutto, tagliarlo nell’inquadratura? Il consiglio è quello di
tagliare sempre con i bordi della fotografia il soggetto all’altezza degli arti
e mai sulle articolazioni. Ecco uno schema semplificativo.
Le linee verdi sono i tagli suggeriti e che in fotografia risulteranno più
armoniosi, mentre le linee rosse rappresentano ciò che dovresti evitare.
Come vedi in un ritratto molto ravvicinato è sconsigliabile tagliare le
orecchie (sconsigliabile? Non farlo mai! E’ bruttissimo!), mentre è una
buona scelta tagliare la fronte del soggetto. Questo ci permette di
concentrarci maggiormente sugli occhi della persona, dando una
sensazione di intimità e connessione tra soggetto e osservatore.
Un ultimo consiglio sulla lente giusta per la fotografia ritrattistica:
mai grandangoli perché deformano i tratti del viso più vicino al fotografo,
con la conseguenza di creare immagini di persone con nasi enormi! Molto
meglio un teleobiettivo con una lunghezza focale moderata.
Personalmente mi trovo molto bene a utilizzare un teleobiettivo macro da
100mm.
Come realizzare una fotografia paesaggistica con una buona
composizione
Anche in questo caso il tema della fotografia paesaggistica
meriterebbe un libro a parte, ma forse ti posso dare qualche consiglio utile
e veloce da portare con te durante la tua prossima uscita fotografica.
Nella fotografia paesaggistica si torna alle basi e i quattro principi
della composizione che abbiamo visto assieme nel secondo capitolo
diventano ancora più importanti. Di questi quattro principi, quello della
semplificazione è quello fondamentale quando si parla di questo genere
fotografico.
Il motivo di questa importanza deriva dalla difficoltà più grande della
fotografia di paesaggio, vale a dire riuscire a eliminare il superfluo. In
particolare, spesso non siamo in grado di eliminare alcuni dettagli che,
nostro malgrado, risulteranno nella nostra immagine, come ad esempio un
traliccio dell’elettricità, un’auto, un cartellone pubblicitario non voluto.
La fotografia paesaggistica, inoltre, ci pone una grande tentazione
soprattutto quando abbinata a quel bel grandangolo che abbiamo
recentemente acquistato e di cui siamo entusiasti: includere troppa roba.
In verità una fotografia paesaggistica ha comunque sempre bisogno di un
punto (che sia all’orizzonte o meno) su cui ancorare lo sguardo
dell’osservatore. Includere troppo panorama ha il risultato di fare
diventare i dettagli molto piccoli, dando all’osservatore la sensazione di
non sapere dove guardare all’interno dell’immagine. Il consiglio pratico è
quello di utilizzare il grandangolo con moderazione limitando cosa
includere nell’inquadratura, avendo cura di identificare un chiaro punto di
focalizzazione e ancoraggio all’interno dell’immagine.
La grande differenza della fotografia paesaggistica rispetto ad altri
generi fotografici è la difficile scelta di dove collocare la linea
dell’orizzonte. Dove la mettiamo? A seconda di quanto in alto o in basso
scegliamo di posizionarla, daremo più importanza all’elemento terra
oppure all’elemento cielo. Una regola scritta sulla pietra non esiste e
pertanto la differenza la fa l’impatto psicologico che tu vorrai dare
all’osservatore, nonché la tua scelta di come bilanciare l’immagine. Un
cielo spettacolare richiama in linea generale una linea dell’orizzonte
collocata in basso, mentre un cielo inespressivo ci invita a renderlo poco
importante alzando la linea dell’orizzonte, meglio ancora se riusciamo a
togliere del tutto una porzione di cielo che non aggiunge qualcosa
all’immagine. Ricordati sempre che includere una grande porzione di cielo
nella tua fotografia può comportare un forte impatto sull’esposizione, con
il rischio di ritrovarti con una fotografia che presenta un’ampiezza tonale
così grande da non essere fotografabile con un singolo scatto (una parte
dell’immagine rimarrà sotto o sovra esposta).
In sintesi, la fotografia paesaggistica pone due sfide: saper
semplificare e collocare la linea dell’orizzonte. Essere consapevole di
questi due punti ti permette di partire con il giusto approccio.
Mi sono sempre chiesto…
Dove posso trovare buoni soggetti fotografici?
Ovunque. Risposta un po’ banale, ma è così. Non servono location
esotiche, non serve neanche alzarti dalla sedia. Probabilmente in questo
momento, se avessi la tua macchina fotografica a portata di mano, potresti
fare scatti interessanti di quello che ti sta attorno senza muoverti dalla
posizione in cui sei. Il problema è che ci vogliono gli occhi aperti più
ancora che il posto interessante. E purtroppo, essendo noi esseri umani e
quindi abituandoci al quotidiano, spesso non vediamo più quello che ci sta
attorno. Viaggiare in luoghi remoti ci rende fotografi migliori non
solamente perché il posto è interessante, ma perché lo guardiamo con
occhi stupiti. E lo fotografiamo.
Qual è il giusto approccio quando voglio fotografare un luogo, una
città, una regione?
Puoi fare due cose. O attraversi l’area con la tua auto, ogni tanto
scendi e scatti qualche immagine nella speranza di ottenere un buono
scatto, oppure fai come fanno i professionisti. I fotografi professionisti
spendono molto tempo in un luogo a relazionarsi con le persone prima di
scattare. La capacità di creare relazioni umane crea contemporaneamente
opportunità di trovare uno spunto che si presti a diventare una grande
immagine.
Lo so che spesso fotografiamo in viaggio magari durante una vacanza
e non sempre abbiamo tutto il tempo che vorremmo da dedicare a una
località, ma questo non vuole dire che non si possano cercare dei
ragionevoli compromessi. La prossima volta che visiti una località, in
hotel la tua macchina fotografica per un paio di ore. Usa quelle due ore per
fare una passeggiata, trovare un ufficio del turismo, parlare con l’addetto
all’accoglienza turistica oppure parlare con il servizio di reception del tuo
albergo. Meglio ancora, se sei in un Bed & Breakfast chiedi consigli ai
tuoi padroni di casa: spiegagli semplicemente che sei un fotografo e che
stai cercando dei posti interessanti da fotografare. Vedrai che
l’investimento di queste due ore avrà un ritorno sulla qualità della tua
fotografia enorme.
Magari potresti approfittarne per andare a mangiare qualcosa in una
tavola calda del luogo e anche qui chiedere informazioni: se dimostri un
interesse genuino per conoscere il posto, specie nelle piccole città, le porte
ti vengono aperte direttamente dagli abitanti del luogo. E ricordati di fare
un salto al negozio di cartoline all’angolo, per dare una sbirciata a quelli
che sono i panorami più tipici e le bellezze architettoniche del luogo.
Insomma: per fotografare meglio, lascia per qualche ora la tua
fotocamera a riposo.
Come iniziare a lavorare un soggetto?
Lo scatto va lavorato, così come si lavora un dipinto o una scultura.
Prende forma piano piano e solo avvicinandoti al soggetto riesci a capirlo
meglio. Ecco il primo consiglio: avvicinati. Con questa semplice azione,
avvicinandoti con i tuoi piedi e non con il tuo zoom, otterrai un grande
risultato: semplificare il soggetto. L’azione di avvicinamento ti permetterà
inoltre di scoprire opportunità, allineamenti, forme che dal tuo punto di
partenza non saresti riuscito a immaginare. E’ una piccola metafora della
vita: devi buttarti e le opportunità arrivano da sole.
Una volta che ti sei avvicinato utilizza i sette strumenti della tua
cassetta degli attrezzi fotografica e cerca di riconoscerli in ciò che hai
davanti a te. Quando non avrai più ispirazione perché ti sembrerà di avere
estratto tutti il possibile dal tuo soggetto, cambia le lenti oppure utilizza il
tuo zoom passando a una lunghezza focale del tutto diversa. E ricomincia
a spostarti all’interno del tuo soggetto se è un luogo, oppure attorno al tuo
soggetto se è un qualcosa di più piccolo e definito. Spostarsi permette di
ordinare il mondo e in fondo proprio questa è la composizione: un mondo
ordinato secondo come tu lo scegli. Ricordati che per un centesimo di
secondo, il momento del tuo scatto, hai il completo controllo del mondo.
E se non ho tempo di lavorare un soggetto?
Se non hai il tempo di esaminare approfonditamente un soggetto e
viverlo, magari perché la tabella di marcia del tuo viaggio non te lo
permette oppure perché devi ritornare a casa per aiutare tuo figlio a fare i
compiti, utilizza due strumenti che hai già conosciuto: regola dei terzi e
prospettiva. Poni il soggetto rispettando la regola dei terzi e giocando con
la profondità di campo. E’ il modo più veloce per ottenere risultati
apprezzabili in pochi secondi.
La composizione fotografica è più tecnica o più istinto?
Si parte dalla tecnica, non ci sono scorciatoie. I quattro principi della
composizione fotografica e i sette strumenti che trovi in questo libro sono
gli stessi che, ordinati in modo diverso e con diversi nomi, trovi in decine
di altri libri di fotografia. Solo che, in questo caso, sono stati riassunti e
semplificati per renderti più agevole e veloce la consultazione.
Però… è anche vero che, dopo la tecnica, arriva l’istinto. In verità
l’istinto è un qualcosa di estremamente razionale e deriva dalla ripetizione
di pratiche che ormai sono diventate così abituali da affondare nel tuo
subconscio. Quando vedi una situazione che ti fa accendere la lampadina
del fotografo ispirato, infatti, questa non è la conseguenza di un colpo di
genio, ma del ripetersi di una situazione che hai già visto, o che hai già
studiato. Il tuo cervello sa cosa deve fare e te lo sta dicendo: lascialo
lavorare. Questo è uno dei motivi per i quali spesso le idee interessanti in
fotografia arrivano in momenti inaspettati, magari dormendo, oppure
mentre ti stai facendo la doccia: il tuo cervello ha elaborato in modo
silenzioso delle immagini, le ha correlate e ti ha proposto una soluzione da
utilizzare durante il tuo prossimo servizio fotografico. Quello che è istinto
in verità è duro e silenzioso lavoro della tua mente.
Una pratica che ho trovato molto utile prima di iniziare a fotografare è
riscaldarsi così come fanno gli atleti. Fortunatamente se scatti senza
esserti riscaldato prima non corri il rischio di prenderti uno stiramento, ma
se inizi una sessione fotografica riscaldandoti vedrai che l’istinto e
l’ispirazione si presenteranno molto più facilmente. Ogni fotografo si
riscalda in modo diverso: personalmente ho una cartella sul PC di
immagini che mi ispirano particolarmente, trovate su Internet mentre
navigavo in precedenza, e che visiono prima delle mie sessioni
fotografiche. Come seconda scelta utilizzo una serie di riviste (indovina
indovina? National Geographyc) che sfoglio alcuni minuti prima di
prendere in mano la macchina fotografica. Spesso basta rivedere uno stile
o un’idea per entrare nella mentalità giusta e iniziare con il passo corretto
il proprio lavoro come fotografo.
Perché ho scattato 1000 immagini e quasi tutte sono da buttare?
Ce ne saranno forse un paio decenti!
E’ normale, non sei speciale, particolarmente sfortunato o un cattivo
fotografo. Personalmente sono il primo a cercare l’effetto “WOW!” in
ogni singolo scatto che realizzo, ma ci riesco un paio di volte ogni 50
immagini (quando è una buona giornata). Tieni conto che anche i fotografi
del National Geographyc pubblicano solo i loro lavori migliori: il tuo
metro di paragone non possono essere i loro lavori pubblicati sulle riviste.
Quelli servono per ispirarti, ma per ogni scatto pubblicato non riusciamo
nemmeno a immaginare quanti ne siano stati scartati. Quindi, se la cosa
può essere di consolazione, sappi che non sei solo e tutti, proprio tutti,
hanno un numero di immagini grandiose minimo rispetto a quelle scattate.
Ok, ho capito, ma perché non riesco ad ottenere neanche
un’immagine come quelle dei grandi fotografi del National
Geographyc?
Per tanti motivi ma provo a sceglierne uno. Il segreto è muovere i
piedi. Invece di utilizzare lo zoom sulla tua lente prova a usare uno zoom
più efficiente: avvicinati tu al tuo soggetto. Ti accorgerai che nuovi spunti
di inquadratura ti verranno in mente automaticamente: le opportunità
arriveranno da sole.
La pratica rende perfetti, non è vero?
No, non è vero. La pratica perfetta rende perfetti, che è una cosa
diversa. E’ molto meglio dedicare alla fotografia tre sessioni alla
settimana di un’ora, o anche meno, e fermarsi quando ci si rende conto che
non si riesce più a scattare bene e con motivazione. Dedicare alla
fotografia l’intero weekend ma controvoglia non paga. Tratta ogni tua
sessione fotografica di esercizio come se fosse un incarico ricevuto da
un’importante rivista, con un obiettivo preciso e un approccio
professionale: questo tipo di pratica, rende perfetti.
Imitare le fotografie dei Grandi Fotografi fa bene?
Sì, è un esercizio utilissimo. Intanto perché ti costringe a informarti su
quello che un Grande Fotografo ha realizzato e fa entrare idee nuove nel
tuo archivio di memoria fotografica, ma soprattutto perché se scegli di
imitare i Grandi Fotografi magari scattando in situazioni simili o con
soggetti simili ti potrai rendere conto della possibili alternative e ti farai
delle domande sul perché sia stata scelta per la pubblicazione proprio
quell’immagine anziché un’altra. Non c’è solo la grande fotografia
pubblicata che tu vedi, c’è anche tutto l’invisibile processo di pensiero e
selezione a monte che è ancora più importante e che puoi imparare
mettendoti nei panni del Grande Fotografo.
Ci ho provato veramente, ma non sono riuscito a fotografare quel
soggetto come volevo.
Può capitare. L’importante è che non capiti sempre. Può capitare
semplicemente perché è una giornata no, perché sei troppo basso, perché
c’era quel cartellone pubblicitario bruttissimo sullo sfondo, perché ci sono
altre mille ragioni… l’importante è che queste ragioni non diventino una
scusa per non uscire la prossima volta con la tua macchina fotografica
addosso.
A volte ci sono delle situazioni dove, semplicemente, si deve posare la
fotocamera e godersi il momento.
Vorrei comprarmi un grandangolo. Secondo te faccio bene?
Assolutamente sì. Poi bisogna imparare a usarlo, che è tutta un’altra
storia e ci vuole tempo. In linea di massima il grandangolo, che è una lente
con una lunghezza focale ridotta (sotto i 50mm), serve anche a fare bei
panorami, ma ha degli utilizzi molto più interessanti che non
semplicemente riuscire a includere tutto quello che c’è in una fotografia.
Si tratta della lente che consente una grande profondità di campo e
pertanto ti permette di mettere a fuoco sia un soggetto in primo piano, sia
un panorama sullo sfondo dell’immagine, dando una sensazione di
tridimensionalità che altre lenti non hanno.
Per quanto riguarda l’architettura d’interni è una delle lenti
maggiormente utilizzate proprio per la sua capacità di riuscire a includere
una stanza intera nonostante il fotografo abbia poca possibilità di
movimento e spazi ristretti. Per l’architettura di esterni rimane un’ottima
scelta per la possibilità di giocare con l’effetto distorsivo tipico di questa
lente, che consente di avere linee cadenti verso l’interno quando si alza la
fotocamera verso l’alto, permettendo di esasperare la prospettiva.
Attenzione però: a meno che questo non sia un effetto cercato da te, di
norma è molto meglio avere linee verticali parallele nella fotografia di
architettura (quindi macchina tenuta parallela alla facciata dell’edificio
che stai fotografando).
Ho cambiato idea. Voglio comprarmi uno teleobiettivo zoom.
Faccio bene?
Assolutamente sì, anche in questo caso. Il teleobiettivo zoom è una
figata: ti permette di risparmiare spazio e di evitare di girare tutto il
giorno con chili di ottiche sulle spalle. Ti libera dal peso, ti rende più
agevoli i movimenti e gli spostamenti… peccato che sia anche uno degli
impedimenti più grandi per crescere come fotografo. Questo perché non
solo i teleobiettivi, ma le ottiche zoom in generale, ci rendono pigri. Sono
talmente comode da non costringerci più a usare i nostri piedi e a
esplorare i nostri soggetti, quando è proprio durante quest’esplorazioni che
si possono scoprire possibilità inattese e nuove relazione tra oggetti che
possono creare una buona composizione della fotografia.
Le ottiche zoom sono un’invenzione straordinaria e bisogna usarle,
non esserne usati diventando noi pigri. Un ottimo esercizio è quello di
uscire con un’ottica zoom e utilizzare una lunghezza focale fissa: un
giorno 50mm, un giorno 100mm… così, tanto per dimostrare che siamo
noi a comandare e non la nostra ottica.
E’ più “figo” scattare in bianco e nero?
Il bianco e nero, come il colore, è una tua scelta e non un obbligo
dettato da qualche guru della fotografia. E’ semplicemente uno strumento
espressivo a tua disposizione. La fotografia in bianco e nero ha il
vantaggio di ridurre le informazioni nell’immagine e quindi di
semplificare, rendendo la composizione un po’ (ma solo un po’) più
semplice rispetto a una fotografia a colori che invece potrebbe avere
elementi cromatici di distrazione. La fotografia in bianco e nero va
direttamente al fondamento della composizione togliendo il superfluo.
Allo stesso tempo, ti proietta in un mondo non reale: noi non vediamo in
bianco e nero e pertanto ci porta in una dimensione che non esiste, è in
qualche modo inventata… con le fantastiche opportunità espressive che
questo vuole dire. Ma ricorda: è uno strumento espressivo, non un obbligo
per sentirsi fotografi alla moda.
Secondo te qual è il modo più veloce per migliorare come
fotografo?
Penso che la scuola della fotografia microstock sia gratis e ottima per
migliorare. Anzi: ti pagano perfino. La agenzie di fotografia microstock
sono agenzie fotografiche online con archivi di immagini immensi che si
occupano della distribuzione, del marketing e della vendita delle tue
immagini. A te è riconosciuta una parte del guadagno, che può variare da
25 centesimi a 250 euro (questo è stato il mio top). Mi sono avvicinato nel
2007 al mondo della fotografia microstock principalmente per migliorare
come fotografo in quanto gli ispettori delle agenzie, con i loro rifiuti delle
mie immagini, mi hanno insegnato moltissimo su cosa vuole dire
presentare una fotografia tecnicamente buona e sul perché una fotografia
può essere rifiutata da un’agenzia. E’ una scuola dura, sicuramente valida
e ti da la possibilità di toglierti qualche sfizio con i guadagni, come
l’acquisto di nuove lenti. Perché lasciare immagini sul tuo hard disk
quando puoi venderle? Ne parliamo estesamente sul blog
www.fotoguadagnare.com. Se mi chiedi da quali agenzie iniziare ti
suggerisco queste quattro in ordine di importanza.
Shutterstock
Fotolia
123rf.com
iStock
Queste quattro agenzie sono quelle con cui storicamente mi sono
trovato meglio sia per la serietà del team di lavoro, sia in termini di
guadagni. Si tratta di quattro link referral: se vorrai utilizzarli e te non
cambia nulla, ma io riceverò una piccola percentuale che mi permetterà di
sostenere i costi del blog Fotoguadagnare e continuare a dare informazioni
gratuite alla comunità dei lettori. Grazie!
Mi dai un consiglio finale?
La composizione è geometria. Ma ricorda che noi scattiamo per
emozionare.
Conclusioni
Finendo la lettura di questo libro hai la possibilità di portare con te un
bagaglio prezioso: una raccolta di idee che molti fotografi non hanno
modo di conoscere nel corso della loro intera carriera fotografica.
Portando con te queste idee avrai una bussola che ti indicherà la strada da
seguire in modo chiaro quando ti troverai a comporre la tua prossima
immagine. E ricordati: la composizione, assieme all’utilizzo sapiente della
luce, è la capacità fotografica che più di ogni altra fa la differenza per le
tue immagini. Più di qualsiasi nuovo e costoso gadget fotografico appena
uscito sul mercato.
Se devi scegliere cosa ricordare alla fine di questo libro ti consiglio di
segnare su un foglio questa lista.
I 4 principi della composizione fotografica
- Soggetto e sfondo ben definito
- Immagine bilanciata
- Un punto di vista interessante
- La semplicità
I tuoi 7 strumenti compositivi
- Le linee
- Le forme
- Le ripetizioni
- La regola dei terzi
- La regola dei tre
- La prospettiva
- La simmetria
Prima di uscire per la tua prossima missione fotografica, fermati
qualche minuto a fare un po’ di riscaldamento, esattamente come fanno gli
atleti o i musicisti. Parti dai quattro principi della composizione
fotografica: sono tutti ben chiari? Vuoi ritornare a ripassare il capitolo?
Vuoi rivedere velocemente le immagini del tuo fotografo preferito per
ricordarti come applica i principi e prendere ispirazione?
Fatta questa prima analisi scegli uno, al massimo due, strumenti
compositivi dalla tua cassetta degli attrezzi fotografica che vorrai
utilizzare. Spesso l’eccesso di libertà fotografica ci porta alla confusone e
alla paralisi per l’abbondanza di opzioni possibili. Sapere di uscire a
fotografare un soggetto avendo in mente di sfruttare un paio di strumenti
compositivi precisi ci permette di limitare il campo delle opzioni possibili
e di focalizzarci in modo preciso anziché girare in tondo nella confusione.
Quando ritornerai a casa scarica pure il tuo bottino di immagini sul
tuo pc, ma lascia passare qualche giorno. Dai tempo alle immagini di
depositare nella tua mente. Io spesso lascio passare anche diverse
settimane. Questo processo di deposito ti permetterà di essere più
obiettivo nel momento in cui le esaminerai e selezionerai. Spesso, quando
scattiamo, mettiamo molto del nostro momento psicologico in quello
scatto. La stessa immagine, che nell’immediato ci entusiasmava, vista a
giorni di distanza potrebbe deluderci. Questo non è negativo ma
semplicemente ti permetterà di essere più obiettivo: è giusto che tu sia il
primo critico delle tue immagini.
Se hai voglia di fare un passo ulteriore e metterti in gioco, la sfida
delle agenzie microstock è un’ottima scuola per migliorare la tua tecnica
fotografica. Un buon punto di partenza per raccogliere informazioni è il
blog Fotoguadagnare, mentre Shutterstock e Fotolia sono le agenzie da cui
ti suggerisco di partire.
Nessun percorso di crescita può fermarsi alla lettura di un libro. Ed è
per questo che adesso è ora di posare questo testo, prendere la tua
macchina fotografica e iniziare a scattare.
Buona luce!
Paolo
Contatti
Grazie per avere acquistato questo libro. Riassume una buona parte
della mia esperienza maturata negli anni e apprezzo veramente che tu mi
abbia dato tempo e fiducia. Se hai bisogno di contattarmi, avere
un’opinione o vuoi dare dei suggerimenti puoi farlo mediante
info@fotoguadagnare.com oppure con la pagina Facebook.
Sul blog www.fotoguadagnare.com potrai trovare molti articoli
interessanti e gratuiti sul mondo della fotografia, dal microstock alle
tecniche di scatto meno conosciute.
Ricordati che se vuoi potrai approfondire il tuo bagaglio di
conoscenza fotografica con gli altri libri della serie Fotografia Digitale
Reflex.
Se vorrai trovare un minuto per lasciare una recensione del libro
online lo apprezzo veramente. Mi permetterà di migliorare e proporre
nuovi libri sempre più vicini alle tue esigenze.
Grazie e a presto.
Paolo
Bonus. Il primo capitolo di:
Fotografia Digitale Reflex: 7 segreti per il fotografo
che vuole migliorare, stupire e guadagnare

Questo libro non insegna a fare belle fotografie. Questo libro insegna
a fare fotografie che funzionano.
Dopo avere passato 8 anni a creare immagini, fare postproduzione e
inviarle a tutte le principali agenzie fotografiche online, dopo avere
collezionato la mia bella dose di insuccessi e imparato diverse lezioni a
mie spese, mi sono fatto un’idea piuttosto chiara di cosa crea
un’immagine che funziona. Oggi metto quello che ho imparato in questi
anni a tua disposizione.
In questo libro troverai 7 fotografie. Ti racconterò 7 immagini
spiegandoti come nasce un’idea, i dati di scatto, quanto ha venduto e dove.
Poi andremo alla ricerca di quello che veramente è il cuore: perché una
particolare immagine colpisce, riesce a vendere, fa passare un messaggio?
Qual è il suo segreto? Ma anche, perché un’immagine simile, magari dello
stesso soggetto, non ha successo? E dove sono utilizzate le immagini che
hanno successo?
Troveremo assieme le risposte a queste domande. Metterò a tua
disposizione la mia esperienza e in questo modo potrai procedere più
velocemente nel tuo percorso di fotografo. Molti errori li ho già fatti io:
perché dovresti ripeterli tu?
Parleremo oltre che di fotografia anche di canali di vendita online per
le tue immagini. Tratteremo di agenzie fotografiche microstock, di siti
Fine Art e di siti di vendita di oggettistica personalizzabile con le tue
immagini. Queste strade, impensabili fino a 15 anni fa, rappresentano oggi
una delle vie principali per trasformare la propria passione fotografica in
una fonte di reddito. Ma attenzione: questo non vuole dire che si tratti di
un percorso semplice, anzi. Per avere successo nel mondo della fotografia
commerciale online bisogna avere altrettanta serietà e voglia di lavorare di
altre attività imprenditoriali più tradizionali.
Vuoi diventare ricco velocemente, lavorando 5 minuti al giorno
quando ne hai voglia? Forse questo non è il libro giusto. Ma se hai
intenzione di rimboccarti le maniche e trattare in modo serio la fotografia
online come una vera attività imprenditoriale, allora questo libro ti può
accorciare la strada e di molto. E’ importante leggerlo oggi che il mercato
fotografico online è in fase espansiva e molte nicchie fotografiche non
sono ancora sature. Posizionare dei bei prodotti fotografici oggi vuole dire
potere vivere di rendita domani.
Seppure l’aspetto commerciale sia uno dei fili conduttori di quanto ti
appresti a leggere, non è l’unico. I meccanismi che stupiscono e
colpiscono il grande pubblico disposto a pagare per una tua immagine
sono gli stessi che colpiscono i tuoi amici o la tua famiglia quando vedono
una tua immagine. Per questo troverai diversi riferimenti specifici alla
composizione fotografica, ai dati di scatto ma anche a come nasce l’idea
giusta. In questo modo potrai migliorare la tecnica utile al tuo prossimo
viaggio fotografico e portarti a casa delle immagini che facciano dire ai
tuoi amici questa fotografia è veramente bella!
Questo libro è molto diverso da altri.
1. E’ scritto da un fotografo che dal 2007 vende fotografie online:
contiene esperienza diretta e guadagnata sul campo, non voci di corridoio.
2. Ti da la massima trasparenza. Presenta immagini che hanno avuto
successo commerciale online indicando i guadagni delle singole
fotografie.
3. Illustra le immagini sbagliate e ti spiega il perché. Questo è altrettanto
importante che sapere identificare una fotografia che funziona.
4. Ti indica esempi di come possono essere utilizzate le tue immagini per
capire meglio il tuo pubblico.
5. Ti indica le strade più veloci per iniziare a vendere le tue fotografie
online.
6. Prima che essere un libro di fotografia è un libro di idee che hanno
dimostrato sul campo di funzionare. Si parla anche di tecnica fotografica,
di composizione, di attrezzatura… ma prima di tutto si parla di idee in
fotografia.
Bene. Iniziamo il nostro viaggio!
Capitolo 1 – Usa il bianco e nero senza essere usato

Il diavolo sta nei dettagli. In questo caso nel dettaglio di un antico


portone di Firenze.
Sto tranquillamente passeggiando dall’hotel al centro della città,
preparandomi mentalmente alla coda che per oltre un’ora mi ingabbierà
prima di entrare agli Uffizi. Sono attrezzato con bottiglietta d’acqua,
zainetto fotografico e libro da leggere quando il livello della noia
diventerà eccessivo. Quando ad un certo punto… chi ti vedo? Guarda
guarda questo dettaglio di portone! Una testa di diavolo sull’ingresso di un
palazzo che potrebbe avere duecento anni, a occhio e croce. Questa
fotografia potrebbe funzionare in molti contesti, ma in particolare la
immagino sulla copertina di un libro a tema giallo/investigativo. E poi
sono belli i graffi sul portone in legno: in genere una conversione in
bianco e nero con contrasto accentuato premia questo tipo di immagine.
Insomma: tiro fuori la macchina fotografica e… click!
Vediamo i dati di scatto. Per riempire bene l’inquadratura è stato
necessario zoomare sul dettaglio. Inoltre, il portone era in penombra.
Queste due situazioni sono l’anticamera delle fotografie mosse: l’utilizzo
dello zoom amplifica ogni tuo movimento involontario della fotocamera, a
cui si aggiunge il tempo di esposizione lungo (la luminosità dell’area non
è buona) che contribuisce a una fotografia mossa. Per uscire da queste
situazioni dobbiamo aumentare gli ISO. E’ una soluzione che raramente
suggerisco (quando possibile è sempre meglio fotografare a ISO 100), ma
se l’alternativa è quella di avere una fotografia inutilizzabile tanto vale
spingersi fino a ISO 400, come in questo caso. Ho scattato con una
macchina full frame, Canon 5D Mark II.
I dati di vendita hanno premiato l’idea: l’immagine ha fruttato 220 $
(tutte le cifre in questo libro sono in dollari americani), venduta
principalmente presso agenzie microstock come Shutterstock e Fotolia. I
download sono stati quasi 600 e l’immagine è stata messa online nel 2012.
Come vedi la fotografia è stata acquistata molte volte ma l’acquirente
medio l’ha pagata poco. Questo vuole dire che l’immagine ha intercettato
principalmente le necessità di un cliente che ha bisogno di questa
fotografia a bassa risoluzione poiché i siti microstock vendono a costi
inferiori immagini con risoluzione minore.
Perché questa immagine funziona? Per diversi motivi.
1. La scelta del bianco e nero su questo tipo di soggetto è vincente.
L’elemento fondamentale nella valorizzazione di una fotografia in bianco
e nero è il contrasto e in questo caso mi sembra ben riuscito. La porta in
legno vecchia e graffiata sullo sfondo crea una bella texture e non esistono
zone dell’immagine sovraesposte o sottoesposte.
2. La composizione quadrata con un elemento centrale e simmetrico
premia. Quando hai un unico elemento o soggetto su cui vuoi attrarre
l’attenzione, ancora meglio se di forma circolare, ricordati sempre il
formato quadrato. Inoltre, il taglio dell’immagine non è troppo stretto sul
soggetto e lascia un po’ di aria verso i bordi della fotografia per il grafico
che dovendo impaginarla volesse tagliarne parte dei bordi.
3. Si tratta di un soggetto che si presta a molteplici usi, dal sito web
sull’esoterismo alla pubblicazione di un libro giallo. E, perché no, a
stampe per arredamento interni.
Vediamo le alternative.
Ecco la stessa immagine che vedi in apertura di capitolo. I questo caso
la presenza del colore non aggiunge, ma toglie qualcosa alla fotografia.
Nella versione in bianco e nero dell’immagine l’atmosfera è decisamente
più dark, quasi onirica, e porta a possibilità di interpretazioni fantastiche
che la versione a colori non ha. La fotografia che vedi qui sopra ha perso
gran parte della magia e rappresenta semplicemente il dettaglio di una
porta.
Ma perché il grafico che acquista l’immagine non lo fa con quella a
colori e poi la converte in bianco e nero ma sceglie quella in bianco e
nero? La prima opzione non permetterebbe una flessibilità maggiore
nell’elaborazione di un progetto?
In effetti è così. Nella maggioranza dei casi sconsiglio di vendere
immagini in bianco e nero proprio perché danno meno flessibilità
all’acquirente. Ma questo è un caso speciale. Oggettivamente la scelta del
bianco e nero su questo tipo di soggetto, dove vai in cerca di un’atmosfera
gotica, è una scelta quasi automatica quando si sviluppa un occhio
fotografico. La versione a colori non da valore aggiunto ma
semplicemente aumenta il lavoro del grafico. Si tratta tuttavia di
un’eccezione alla regola del preferire la proposta di fotografie a colori.

Questa fotografia funziona ancora meno della precedente perché:


1. E’ a colori su un tema che richiama la scelta del bianco e nero
2. Le linee verticali convergono dando un brutto effetto di prospettiva
3. C’è troppa roba. Meglio un solo soggetto identificato e chiaro al lettore
dell’immagine.
Il peccato peggiore è stato quello di inserire troppe cose in una
fotografia. La sensazione che ho guardando questo scatto è: il fotografo (in
questo caso io) aveva le idee confuse e non sapeva cosa fotografare. Il
colpo di grazia lo danno quelle brutte linee verticali convergenti che sono
veramente un errore di composizione. Nella fotografia architettonica le
linee verticali dovrebbero essere sempre parallele.
Gli esempi di utilizzo della fotografia in apertura capitolo sono tra
quelli più curiosi che mi è capitato di trovare.

Ecco uno screenshot in cui vedi in basso a destra la fotografia che


stiamo analizzando. Devo dire che ho impiegato un bel po’ prima di capire
di che cosa si trattava. In un primo momento ho pensato a una società di
studiosi dell’occulto che aveva utilizzato l’immagine per il loro sito
internet. Poi ho capito che si trattava di un gioco di ruolo dal vivo dove
persone reali si travestono da investigatori dell’occulto con ambientazione
negli anni venti del novecento. Poi ho capito che in verità molti dei
partecipanti credono di essere veramente degli investigatori dell’occulto
e… a quel punto ho smesso di approfondire. Hanno acquistato la
fotografia e tanto mi basta: grazie. Ecco il link al sito: https://miskatonic-
society.obsidianportal.com/

Anche questo secondo utilizzo della fotografia è interessante. Un


acquirente ha utilizzato l’immagine per realizzare una serie di gadget, in
questo caso un orologio da parete, e rivenderli. Il sito in oggetto è:
http://www.cafepress.co.uk/+door-knob+clocks
Ti segnalo che questo sito è un buon punto di partenza qualora
decidessi di realizzare dei gadget e venderli online. Il vero problema di
questo tipo di siti è la concorrenza esasperata tra i venditori.
Ma finalmente arriviamo alle cose serie…
Immagine utilizzata per la copertina di un disco dance-techno-un
po’sfigato dove un’improbabile voce di diavolo ti ricorda che ti attende
all’inferno. Non mi aspettavo che questa immagine fosse utilizzata così.
Se vuoi ascoltare il pezzo, ecco il link:
https://soundcloud.com/josespinnin/d-devils-6th-gate-dance-with-the-devil-jose-spinnin-cortes-
white-label-radio-mix

Ma il meglio deve arrivare…

Il vincitore dell’utilizzo più strano dell’immagine del portone di


Firenze è il film Mastema. Film horror francese molto di nicchia (penso
non lo abbia visto neanche il suo regista) dove due studenti di psicologia
decidono di fare una serie di esorcismi a dei pazienti schizofrenici nei
sotterranei di un ospedale. La trama è abbastanza delirante, ma è un film
sui matti e ci può anche stare.
Conclusioni
1. Regola di composizione: soggetti che richiamano forme circolari sono
bene incorniciati da un taglio dell’immagine quadrato.
2. Per quanto ti sforzi, non riuscirai mai a prevedere tutte le casistiche di
utilizzo della tua immagine. Nel dubbio, scatta a soggetti che possano
essere utilizzati in molteplici situazioni.
Segreto n° 1
Usa il bianco e nero senza essere usato dal bianco e nero. La scelta
del bianco e nero deve essere motivata da esigenze dell’immagine, non
applicata sempre e magari fuori luogo per “fare l’artista”. Di norma, una
fotografia a colori permette un utilizzo più flessibile dell’immagine ai
grafici che eventualmente l’acquisteranno. Tuttavia, quando un tema di
presta a essere interpretato in chiave gotica, l’utilizzo del bianco e nero
premia.
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Reflex: 7 segreti per il fotografo che vuole migliorare, stupire e
guadagnare

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