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CLORIDANO E MEDORO

[…]

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A quelle preghiere la Luna aprì la scura nube che la nascondeva
(fosse stato un puro caso o altrimenti la tanta fede mostrata da Medoro),e si mostrò bella come lo fu
quando offrì sé stessa,
e si abbandonò nuda tra le braccia di Endimione.
A quella luce Parigì venne scoperta, resa visibile,insieme
ad entrambi gli accampamenti; furono visibili il monte e la pianura:
si videro i due colli lontanti,
Montmartre sulla destra e Montlhery sulla sinistra.

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Lo splendore della Luna fu più vivo
laddove giaceva morto il corpo di Dardinello, figlio di Almonte.
Medoro andò, piangendo, nei pressi del suo caro signore:
del quale riconobbe l’insegna a riquadri bianchi e rossi:
e gli bagnò tutto il viso con le lacrime del suo doloroso
pianto, che gli rigava il viso, come un fiume, sotto entrambi gli occhi,
con così dolci gesta, con così dolci lamenti,
che ad ascoltarlo avrebbe potuto fermare i venti per la compassione

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Ma si lamenta con una voce bassa ed a malapena udibile;
non perché si guardi bene dall’essere udito,
avendo preoccupazione per la salvezza della sua propria vita,
al contrario, infatti, la odia e vorrebbe abbandonarla:
lo fa per la paura che gli possa essere impedito il compimento
di quella opera pia che la ha fatto andare fino a quel luogo.
Il corpo morto del loro re fu sollevato sulle spalle
di entrambi, così da dividere il peso tra di loro.

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Procedono quindi affrettando quanto possono i loro passi,
sotto il caro peso che li ostruisce.
Già sopraggiungeva il sole, signore della luce,
a togliere le stelle dal cielo, e l’ombra dalla terra;
quando Zerbino, al quale libera il petto dal sonno,
nel momento del bisogno, la suprema virtù che possiede,
avendo dato la caccia tutta la notte ai nemici,
ritorna, con le prim luci del giorno, all’accampamento.

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E con sé aveva al seguito un buon numero di cavalieri,
che da lontano videro subito i due compagni, Medoro  Cloridano.
Ognuno dei cavalieri si dirigeva da quella parte, verso di loro,
sperando di poter trovare un bottino ed un guadagno.
Disse Cloridano: “Fratello, bisogna
gettare il peso che portiamo e darsi alla fuga;
sarebbe al contrario una idea non troppo astuta
perdere due persone vive per salvarne una morta.”
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E gettò quindi il carico, pensando
che il suo caro Medoro dovesse fare altrettanto:
ma quel meschino, che amava il suo signore più di sé stesso,
tenne invece tutto il peso sopra le proprie spalle.
Cloridano di tutta fretta si mise in fuga,
come se avesse avuto l’amico o al fianco od almeno dietro di sé:
se si fosse reso conto di averlo abbandonato a quella sorta,
avrebbe atteso senza alcuna cura non una morte, ma mille.

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Quei cavalieri, con l’animo risoluto
che i due si debbano arrendere o altrimenti morire,
chi da una parte e chi dall’altra, si sparpagliano, e subito
bloccano ogni possibile via di fuga.
Poco lontano da loro, il loro capitano
si lancia all’inseguimento anche più velocemente degli altri;
poiché vedendoli così agire spinti dalla paura,
è certo che entrambi appartengano all’esercito nemico.

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C’era a quel tempo lì vicino una antica selva,
fitta di piante ombrose e di giovani arbusti,
che, alla pari di un labirinto, al suo interno si avvolge
su stretti sentieri frequentati solo da bestie.
I due pagani sperano possa essere tanto loro amica
da riuscire a tenerli nascosti tra i suoi rami intricati.
Ma chi trova piacere dal mio raccontare, e vuole saperne di più,
dovrà aspettare ancora prima di poterlo nuovamente ascoltare.

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