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E CONVEGNI
Convegno di studi
Pisa, Scuola Normale Superiore
10-12 aprile 2003
Storie inglesi
L’Inghilterra vista dall’Italia
tra storia e romanzo
(XVII sec.)
con l’edizione del Cappuccino scozzese
di Giovan Battista Rinuccini (1644)
e del Cromuele di Girolamo Graziani (1671)
a cura di
Clizia Carminati e Stefano Villani
© 2011 Scuola Normale Superiore Pisa
isbn 978-88-7642-413-7
Sommario
Premessa 7
Girolamo Graziani
Il Cromuele
Edizione a cura di Maurizio Fasce
con la collaborazione di Carlo Alberto Girotto 297
Introduzione 299
Nota al testo 305
Cronologia 329
Il Cromuele 331
[Frontespizio] 333
[Lettera dedicatoria] 334
Lo Stampatore a chi legge 337
Interlocutori 338
Atto primo 339
Atto secondo 362
Atto terzo 386
Atto quarto 410
Atto quinto 436
Si raccolgono qui gli atti del convegno svoltosi a Pisa nel 2003,
nell’ambito di un progetto ‘giovani ricercatori’ finanziato dalla Scuola
Normale Superiore. Questo incontro faceva seguito a un altro seminario
tenuto, sempre presso la Scuola, su Questioni di storia inglese tra
Cinque e Seicento: cultura, politica e religione nell’aprile 2002 (i cui atti,
a cura di Stefano Villani, Stefania Tutino, Chiara Franceschini, sono
usciti nel 2006). Proprio in quella prima occasione di confronto nacque
l’idea di riunire alcune persone che, da ambiti disciplinari diversi e con
differenti approcci metodologici, si erano occupate dei rapporti tra
Italia e Inghilterra nel XVII secolo. Storici e studiosi di testi letterari si
incontrarono così per dar vita a un contesto che esaminasse i legami
cinque-secenteschi tra la cultura inglese e quella italiana, attraverso
l’esame della storia politica, degli scambi culturali, delle traduzioni.
Oggetto dell’incontro fu lo studio delle trasfigurazioni letterarie
della storia inglese, a partire in primo luogo dalla straordinaria for-
tuna del personaggio di Maria Stuarda che durante il convegno fu
al centro di una splendida relazione di Franco Croce su Federico
Della Valle. Due altri testi vennero ampiamente discussi nelle gior-
nate di studio: il Cappuccino scozzese di Giovan Battista Rinuccini,
pubblicato nel 1644, e il Cromuele di Girolamo Graziani pubblicato
nel 1671. Alla prima di queste opere, una biografia romanzata del
nobile George Leslie che, nato in una famiglia protestante, dopo la
conversione al cattolicesimo in Francia entrò nell’Ordine cappuccino
e morì in Scozia nel 1637, erano dedicate le due relazioni di Martino
Capucci, che oltre a ricostruire la fortuna italiana di questo volume
più volte edito nel corso del Seicento ne dava una lettura originale e
affascinante, e di Davide Conrieri che ne indagava invece la fortuna
europea, le molteplici traduzioni e gli adattamenti apparsi in Spagna,
Portogallo e Francia. Al Cromuele, una tragedia in cui le vicende della
Rivoluzione inglese venivano narrate con ampia libertà rispetto alla
realtà degli avvenimenti di quegli anni, vennero invece dedicate le tre
relazioni di Maurizio Fasce, Grazia Distaso e Stefano Tomassini, che
8 Storie inglesi
per l’entusiasmo con cui seppe animare con i suoi fervidi interventi il
dibattito al termine di ogni sessione del convegno.
A Giovan Francesco Biondi, assente dal convegno ma figura fonda-
mentale per lo studio dei rapporti secenteschi tra Italia e Inghilterra,
si è ritenuto utile dedicare due contributi di carattere documentario, a
mostrare quanto ancora sia da reperire e da studiare entro la carriera
avventurosa di questo personaggio. La relazione di Stefano Villani
sulle corrispondenze diplomatiche, superata dall’avvenuta pubblica-
zione online delle corrispondenze medesime, è stata sostituita da un
saggio su Maria Stuart come personaggio letterario. L’intervento di
Clizia Carminati sulla Principessa d’Irlanda di Carlo della Lengueglia
risultava, in ultima analisi, meno attinente di altri al tema del con-
vegno: si è preferito lasciare spazio ad altri contributi, tanto più che
all’autrice è affidata la cura dell’edizione del Cappuccino scozzese.
Non sono stati consegnati, infine, i saggi di Anna Scattigno, Grazia
Distaso, Stefano Tomassini, Edward Chaney e Davide Conrieri,
quest’ultimo con nostro particolare rammarico perché pensato, con
quello di Martino Capucci, in accompagnamento all’edizione appena
ricordata. L’intervento di Maurizio Fasce è stato incluso come intro-
duzione nell’edizione del Cromuele, rivista e corredata di uno studio
bibliografico per le cure di Carlo Alberto Girotto, cui va il nostro più
sentito ringraziamento.
Clizia Carminati
Stefano Villani
Santi e libertini. Gli storici italiani del
Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
1
Vorrei ringraziare la mia amica Alessandra Abbrugiati per il suo prezioso aiuto
informatico. Cfr. P. Messina, La Rivoluzione inglese e la storiografia italiana del
Seicento, «Studi storici», 25, 1984, pp. 725-46.
116 Pietro Messina
2
R. Villari, Elogio della dissimulazione, Roma-Bari, Laterza 1987, p. 8; Id., Il
ribelle, in L’uomo barocco, Roma-Bari, Laterza 1991, pp. 109-37; Id., Considerazioni
sugli scrittori politici italiani dell’età barocca, in Storia, Filosofia e Letteratura, Scritti in
onore di G. Sasso, a cura di M. Herling e M. Reale, Napoli, Bibliopolis [1999], pp. 332-7.
3
B. Croce, Storia dell’età barocca in Italia, Bari, Laterza 1929, pp. 99 e 136.
4
G. Toso Rodinis, Galeazzo Gualdo Priorato. Un moralista veneto alla corte di
Luigi XIV, Firenze, Olschki 1968, p. 5.
117 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
5
Cfr. N. Recupero, Storia provvidenza utopia. Forme ideologiche nel Seicento
inglese, Catania, Giuseppe Maimone [1994], pp. 130-9.
6
A.C. Davila, Historia delle guerre civili di Francia, Venetia, Tomaso Baglioni
1630.
118 Pietro Messina
7
G.M. Barbuto, Religione e politica in Guicciardini, «Il Pensiero Politico»,
33, 2000, pp. 385-413, in part. per l’atteggiamento verso la Riforma pp. 410-3; G.
Miccoli, La storia religiosa, in Storia d’Italia, II.1, Torino, Einaudi 1974, p. 983;
D. Cantimori, Interpretazioni della Riforma Protestante, in Grande antologia
filosofica, VI: Il pensiero della Rinascenza e della Riforma, Milano, Marzorati
1964, p. 275; Croce, Storia dell’età barocca in Italia cit., p. 133. Ma per le teorie
sull’‘interesse’ si tenga presente: D. Taranto, Studi sulla protostoria sul concetto
di interesse. Da Commynes a Nicole (1524-1675), Napoli, Liguori 1992, in part. pp.
53-158.
8
Sull’ascendenza machiavelliana di queste teorie: T. Gregory, Apologeti
e Libertini, «Giornale critico della Filosofia italiana», 79, 2000, pp. 6-8. Id.,
Aristotelismo e libertinismo, ibid., 61, 1982, pp. 163-5; cfr. E. Cutinelli-Rendina,
Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa-Roma, IEPI 1998.
119 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
9
G. Ernst, Campanella ‘libertino’?, in Ricerche su letteratura libertina e
letteratura clandestina nel Seicento, Atti del convegno di studio di Genova (30
ottobre-1 novembre 1980), Firenze, La Nuova Italia 1981, pp. 231-41; G. Spini,
Ricerca dei libertini. La teoria dell’impostura delle religioni nel Seicento italiano,
Firenze, La Nuova Italia 1983, pp. 39-40, 83-99, 114-24; V. Angiuli, Ragione
moderna e verità del cristianesimo, Bari, Levante 2000, paragrafo ‘Campanella
libertino’? del cap. viii, pp. 236-41, di un libro peraltro sconcertante, che arruola
senza batter ciglio Campanella (e Charron) nella più pura ortodossia cattolica.
Particolarmente interessanti per il libertinismo erano proprio quei luoghi in cui
Campanella dava una lettura politica della religione sotto l’influsso machiavelliano,
nella Monarchia di Spagna, negli Antiveneti, nell’Atheismus Triumphatus, e in quel
Dialogo politico contra luterani, calvinisti e altri eretici, dove «è la certezza addirittura
che sotto le apparenze d’un’apologetica confessionale si celi una concezione del
tutto ‘politica’ e machiavelliana della religione» (Spini, Ricerca dei libertini cit.,
p. 40). Anche Boccalini offrì sempre un’interpretazione squisitamente politica
delle guerre religiose in Germania, Olanda e Francia. Sui rapporti tra Boccalini e
il machiavellismo: M. Sterpos, Boccalini tacitista di fronte al Machiavelli, «Studi
secenteschi», 12, 1971, pp. 255-83. Sui rapporti tra Campanella e il machiavellismo:
L. Addante, Campanella e Machiavelli: indagine su un caso di dissimulazione, «Studi
storici», 45, 2004, pp. 727-50; V. Frajese, Profezia e machiavellismo. Il giovane
Campanella, Roma, Carocci 2002; P. Caye, Campanella critique de Machiavel. La
politique: de la non-philosophie à la métaphysique, «Bruniana & Campanelliana», 8,
2002, pp. 333-51; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna,
Roma-Bari, Laterza 1995, pp. 71, 77, 140, 153, 160-8, 468; G. Ernst, La mauvaise
raison d’État: Campanella contre Machiavel et les politiques, in Raison et déraison
d’État. Théoriciens et théories de la raison d’État aux XVIe et XVIIe siècles, éd. par
Y.C. Zarka, Paris, Puf 1994, pp. 121-49; J.M. Headley, On the Rearming of Heaven:
120 Pietro Messina
Andavano li Bassi più sempre insinuando nel popolaccio, e ne’ villani concorsi
[…] per mezo de’ Predicanti quanto fosse convenevole e utile di abbassare
l’alterigia de’ Nobili piccioli tiranni del povero, sanguisughe delle sostanze
affaticate de i miseri, dilapidatori de i sudori più stentati de gli operarii al solo
fine di vivere fra le lautezze e dissolutezze più abbominevoli a Dio (sempre
Dio è lo scudo abusato da Calvino); che soppressa una volta questa turba di
gente otiosa e costretta a vivere nella purità Puritana (e che Purità!), sarebbe
in tutti abbondata la carità, e migliorata la conditione del povero.
13
G. Brusoni, Historie universali d’Europa, Venetia, per Francesco Storti 1657,
p. 696.
14
V. Siri, Mercurio veridico, t. II, Casale, per Christoforo della Casa 1647, I, p.
248.
15
Messina, La rivoluzione inglese cit., pp. 740-3.
122 Pietro Messina
16
A. Biondi, Aspetti della cultura cattolica post-tridentina, in Storia d’Italia,
Annali, IV, Torino, Einaudi 1981, pp. 293-4.
17
Scriveva nel secolo seguente F. Lafitteau: «Il Giansenismo è il Calvinismo
stesso raffinato, e in ciò solo da questo diversifica, che quello minava l’Altare, e
il Trono secretamente, e questo lo fa palesemente». (Istoria della Costituzione
Unigenitus Dei Filius, tradotta da Innocenzo Nuzzi, I, Roma, Giovanni Zampel
1794, pp. xxiv-xxv).
18
G. Benzoni, Intellettuali e Controriforma, in Storia della società italiana, XI:
La Controriforma e il Seicento, Milano, Teti 1989, pp. 135-6. Aveva scritto Spini
del libertinismo: «figlio magari illegittimo e scapestrato, ma pur sempre figlio
della grande mamma Controriforma» (Alcuni appunti sui libertini italiani, in, Il
libertinismo in Europa, a cura di S. Bertelli, Milano-Napoli, Ricciardi 1980, p. 120),
«una sorte di sottoprodotto eterodosso della Controriforma» (Ricerca dei libertini
cit., p. 42).
19
T. Gregory, Il libertinismo della prima metà del Seicento: stato attuale degli studi
e prospettive di ricerca, in Ricerche su letteratura libertina e letteratura clandestina
nel Seicento cit., pp. 3-47, in part. pp. 7, 40-1; Id., Aristotelismo e libertinismo cit.,
153-167; e si veda il bel saggio di C. Borghero, I ritmi del moderno. Discussioni
storiografiche su continuità e discontinuità nella storia del pensiero europeo tra
Cinquecento e Settecento, «Archivio Storico Italiano», 162, 2004, pp. 314-45, in part.
pp. 326-30; cfr. Id., Ragione classica e libertinismo, «Giornale critico della filosofia
123 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Gli stessi politici contro i quali noi scriviamo tengono per ferma questa verità.
Et il Machiavelli che è il maestro di tutti, dice che la Religione è necessaria per
conservare gli Stati […]. E G. Bodino dice che i medesimi ateisti […] confes-
sano non essere cosa più efficace e di maggior forza per conservar gli Stati e le
Repubbliche che la Religione; e che essa è il principal fondamento della potenza
dei Monarchi e Signorie, e della esecuzione delle leggi, della ubbidienza dei
sudditi, della riverenza e rispetto che ai Magistrati si deve […]. Ma la differenza
che resta fra i Politici e noi altri, è che essi vogliono che i Principi approvino
e tengan per buona la Religione dei loro sudditi, in qualunque modo si sia o
falsa o vera. Noi all’incontro vogliamo che conoscano che la religione catolica
è la sola vera e che essa sola favoriscano20.
italiana», 81, 2002, pp. 367-88; e cfr. L. Bianchi, Il libertinismo in Italia nel XVII
secolo, «Studi storici», 25, 1984, pp. 659-77.
20
P. Ribadeneyra, Tratado de la Religion y virtudes que deve tener el Principe
Christiano, para governar y conservar sus Estados. Contra lo que Nicolas Machiavelo
y los Politicos deste tiempo enseñan, Madrid, P. Madrigal 1595, tr. it. Trattato della
Religione e virtuti, che tener deve il Principe Christiano, per governare, e conservare i
suoi stati, traduzione di Scipione Metelli, Genova, Gioseffo Pavoni 1598, p. 272, cit.
da D’Addio, Il pensiero politico di Gaspare Scioppio cit., pp. 321-2.
124 Pietro Messina
21
Su interpretazione politica della religione e tradizione libertina: T. Gregory,
Theophrastus redivivus. Erudizione e ateismo nel Seicento, Napoli, Morano 1979,
pp. 109-17.
22
G. Gualdo Priorato, Historia del conte Galeazzo Gualdo Priorato. Parte secon-
da, Venetia, Bertani 1641, p. 39.
125 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Per cavare il frutto della Heresia, ch’è la rovina della Monarchia, bisogna prima
che la falsa dottrina sia predicata, dispersa e si radichi benissimo ne’ cuori de
gli huomini, onde si facia universale, e scacci la bona dottrina del Vangelo, et
all’hora il Calvinista assodato pratica la Repubblica popolare, che è l’ultima
sua maturità.
Sono politici, per lui, i fini dei calvinisti, e politici sono gli insegna-
menti da trarne: non corrompere la religione, e non «permettere già
mai la prima insolenza de popoli»24. Ed è fin troppo agevole mostrare
come al segretario degli Incogniti fosse estranea ogni intenzione di
23
Id., Dell’Historie del conte Galeazzo Gualdo Priorato. Parte quarta, Venetia,
per il Turrini 1651, pp. 61, 82.
24
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., pp. 2, 216, 215. Sul tema
cattolico della punizione divina per l’apostasia cfr.: R. Macgillivray, Restoration
Historians and the English Civil War, The Hague, Martuus Nijhoff 1974, pp. 229-30,
su quello analogo anglicano della Restaurazione come intervento provvidenziale
pp. 219-21, e bibliografia p. 220.
126 Pietro Messina
oltranzista paladino della fede contro gli eretici: Bisaccioni fu tra i più
grandi ammiratori di Gustavo Adolfo, in un libro che proprio per que-
sto finì all’Indice25; dedicò delle Considerazioni, rimaste manoscritte,
a un esame sereno e al confronto con le idee politiche di Henri de
Rohan, il capo degli ugonotti, per cui mostra grande interesse26, tant’è
che del Rohan tradusse anche il Parfait Capitaine27, dove domina un
rigoroso realismo politico. Egli, che fu ammiratore delle Province
Unite28, si scagliò contro i calvinisti di Inghilterra perché lì lo colpì il
connubio, e il ruolo motore che vi vide svolgere, con una sovversione
radicale ad ampia base sociale anche tra i ceti più umili, su un modulo
che non era quello dell’indipendenza dallo straniero.
Si confrontino le pagine dei nostri storici con quanto scriveva un
anonimo gesuita nel 1651:
Concludo che una tanta et così notabile Novità succeduta in quel Regno
sia stata determinata et permessa da Iddio per castigare [Re Carlo] e tutti li
suoi che discendevano da heretici; che in mille maniere hanno conculcata la
Religione Cattholica; et anche per punire tutta quella Gente che si è alienata
mattamente dal vero Culto che si dava a S. Divina Potestà […]; ciò è proceduto
per Giustissimo Giudicio di Dio, et perché essi Prencipi imparino di stare ben
costanti nell’osservanza della Legge Divina, acciocché in loro medesimi non
caschi uno stesso Flagello di Privatione di Stati et di Dominii29.
25
M. Bisaccioni, Commentario delle guerre successe in Alemagna dal tempo che
il Re Gustavo Adolfo di Svetia si levò di Norimberga, Venetia, A. Baba 1633; cfr.
Spini, Ricerca dei libertini cit., p. 153.
26
M. Miato, Henri de Rohan e Maiolino Bisaccioni sull’interesse dello Stato, «Il
Pensiero Politico», 24, 1991, pp. 143-64.
27
M. Bisaccioni, Sensi civili… sopra il Perfetto Capitano di H. D. R. e sopra la
tactica di Leone Imperadore, Venetia, T. Pavoni 1642.
28
Miato, Henri de Rohan cit., p. 164.
29
Biblioteca Nazionale Centrale Roma, Manoscritti Gesuitici, ms. 314, C38, f.
271.
127 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
30
V. Armanni, lettera all’abate Michele Giustiniani, in Lettere, vol. III, Macerata,
per Giuseppe Piccini 1674, p. 59; lo stesso Armanni aveva sull’argomento fatto con-
siderazioni più propriamente politiche nella Lettera di ragguaglio da me scritta in In-
ghilterra (Archivio di Stato di Gubbio, manoscritti di V. Armanni, II A12, f. 4), eviden-
temente sotto l’influenza del nunzio Rossetti di cui era segretario, e che diede sempre
una lettura essenzialmente politica delle vicende inglesi.
31
G. Lubrano, Scintille poetiche o poesie sacre, e morali di Paolo Brinaccio (Jacopo
Lubrani S. J.), Ode VII, La Fata Morgana, Venezia, presso Andrea Paoletti 1692, p.
189.
32
Ibid., Ode XVI, Il Zelo eloquente, p. 263.
33
J.B. Bossuet, Oraisons funèbres, éd. par B. Velat, Paris, Gallimard 1930, p. 86:
«c’etait le conseil de Dieu d’instruire les Rois à ne point quitter son Église».
34
Nelle sue prediche quaresimali, citato da A. Belloni, Il Seicento, in Storia
letteraria d’Italia, Milano, Vallardi 1929, p. 519.
35
L. Giuglaris, La scuola della verità aperta a’ principi, Venetia, per il Miloco
1668, pp. 178, 126 (1a ed. Torino, Gio. Battista Ferosino 1650 e Bologna, Taurini
1650, con moltissime riedizioni lungo tutto il secolo).
128 Pietro Messina
36
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 2.
37
T. Campanella, Aforismi politici, a cura di L. Firpo, Torino, Libreria
Scientifica G. Giappichelli 1941, aforisma 112, pp. 129-30.
38
G.M. Finlayson, Historians, Puritanism and English Revolution: the Religious
Factor in English Politics before and after the Interregnum, Toronto, University of
Toronto Press 1983, pp. 47-50; su Clarendon e la religione cfr. Macgillivray,
Restoration Historians cit., p. 221; B.H.G. Wormald, Clarendon, Politics, History
and Religion, 1640-1660, Cambridge, Cambridge University Press 1951.
39
Cit. da R. Richardson, The Debate on the English Revolution Revisited, London-
New York, Routledge 1988, p. 34.
129 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Se forse non vogliam dire, che gli stimoli della libertà e della Religione tiran-
neggiano di maniera gli animi de gli huomini che chiudono loro gli occhi a
qual si voglia consideratione d’interesse, di debito, e d’ubbidienza40; […] se
pure non vogliamo dire, che gli affetti della Religione e della libertà siano tanto
efficaci nella mente degli huomini, che non gli lascino discernere o ponderare
gli oggetti dell’utile, e del comodo, niuna cosa maggiormente stimolando gli
animi de’ popoli, niun’altra più animandoli, o che più presto chiude loro gli
occhi alla consideratione del rispetto, del debito, e dell’ubbidienza, non che
del profitto proprio, che la querela della salute delle loro anime, e delle forme
del servitio che fanno a Dio; ancorché non sia inverisimile il credere che li
communi interessi della libertà, e di fabricare con le rovine della Monarchia
lo Stato Democratico dall’uno e l’altro Regno ripieno di Calvinisti tanto
acclamato gli eccitassero a unione de fini e di consigli, postergati quelli del
comodo particolare41.
Ibid., p. 541.
41
131 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
col velame della pubblica libertà e della manutentione della Religione e de’
privilegii, affine d’affascinare con queste malie gli animi de più semplici; […]
troppo efficaci sono negli huomini di rozzo intendimento gli affetti della libertà
e della superstizione; e troppo facilmente agirabili da gli artificii di persone
sagaci e accreditate42; […] e di vero degno di riso e di compassione insieme era
il rimirare un Regno per innanzi sì florido, hora dilacerato in 1000 pezzi per
opera di pochi seditiosi e ignoranti Predicanti, che abusandosi della credulità
del popolaccio fondavano il loro credito su ’l ghiribizzo di nuove chimeriche
opinioni intorno alla Religione con nausea de gli huomini d’intendimento43.
42
Ibid., pp. 279, 283.
43
V. Siri, Il Mercurio, V, I, Casale, per Giorgio del Monte 1655, p. 202.
44
Id., Il Mercurio, IV, II, Casale, per Giorgio del Monte 1651, p. 814.
45
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., pp. 63, 65.
46
Gualdo Priorato, Historia cit., p. 70.
47
Id., Dell’Historie cit., p. 156.
48
Id., Historia cit., p. 246.
132 Pietro Messina
49
G. Naudé, Considérations politiques sur les Coups d’Estat, par G.N.P., A
Rome 1639, tr. it. Considerazioni politiche sui colpi di Stato, a cura di A. Piazzi,
Milano, Giuffré 1992, p. 235. Sui diretti contatti di Naudé: Bianchi, Rinascimento
e libertinismo cit., pp. 48-75, M. Miato, L’Accademia degli Incogniti di Giovan
Francesco Loredan. Venezia (1630-1661), Firenze, Olschki 1998, pp. 100-6, 239;
A.L. Schino, Incontri italiani di Gabriel Naudé, «Rivista di storia della filosofia»,
44, 1989, pp. 3-36.
50
Naudé, Considerazioni politiche cit., pp. 199-202, 232, 235-51, 178, 187.
51
Ibid., p. 236.
52
C. Hill, God’s Englishman. Oliver Cromwell and the English Revolution, New
York, The Dial Press 1970, tr. it. Vita di Cromwell, Roma-Bari, Laterza 1974, p. 53.
133 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
53
E. Hyde, conte di Clarendon, The History of the Rebellion and Civil Wars in
England, IV, Oxford, Oxford University Press 1849, p. 335; cfr. ibid., p. 333. Il brano
è riportato da F. Raab, The English Face of Machiavelli, London, Routledge & Kegan
Paul-Toronto, University of Toronto Press 1964, p. 152, e da Hill, Vita cit., p. 257.
Scrive Macgillivray: «Clarendon recognizes him as a master of hypocrisy and
deception» (Restoration Historians cit., p. 219); cfr. J.C. Davis, Oliver Cromwell,
London, Arnold 2001, p. 50.
54
T. Hobbes, The History of the Civil Wars of England, London 1679, tr. it.
Behemoth, a cura di O. Nicastro, Bari, Laterza 1979, p. 158.
55
Hill, Vita cit., p. 259; cfr. D.J. Trela, A History of Carlyle’s Oliver Cromwell’s
Letters and Speeches, New York, E. Mellen 1992.
134 Pietro Messina
56
Davis, Oliver Cromwell cit., cap VI: Man of God, pp. 112-37; non a caso Davis
apre il capitolo citando l’ambasciatore veneto Sagredo, che dava un’interpretazione
tutta politica della religiosità di Cromwell; su di essa anche: Id., Cromwell’s Religion,
in Cromwell and the English Revolution, ed. by J. Morrill, London, Longman 1990,
pp. 181-208; A. Fletcher, Oliver Cromwell and the Godly, ibid., pp. 209-33; la nota
bibliografica in Davis, Oliver Cromwell cit., p. 225.
57
Benzoni, Intellettuali e Controriforma cit., pp. 125, 136. Sull’antimachiavellismo
nella Controriforma: A.E. Baldini, Ragion di Stato, Tacitismo, Machiavellismo e An-
timachiavellismo in Italia e in Europa nell’età della Controriforma, in La Ragion di
Stato dopo Meinecke e Croce. Dibattito su recenti pubblicazioni, Atti del seminario in-
ternazionale di Torino (21-22 ottobre 1994), a cura dello stesso, Genova, Name 1999,
135 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Oliviero Cromueles, che il secolo presente ha veduto con la scorta d’un ese-
crabile parricidio stabilire un durevole fondamento a una portentosa tiranni-
de […]. Un sì famoso usurpatore assai più che Silla merita il celebre titolo di
“primogenito della fortuna”, e se il pernizioso politico fosse vissuto ai nostri
giorni, havrebbe assolutamente scelto questo Soggetto invece del Valentino
per idea del suo malvagio Principe58.
pp. 221-65; V.I. Comparato, Il Pensiero politico della Controriforma e della ragion
di Stato, in Storia delle idee politiche, II: Il pensiero politico. Idee dottrine teorie, a cura
di A. Andreatta, A.E. Baldini, C. Dolcini, G. Pasquino, Torino, UTET 1999, p. 128; P.
Paolini, Giovanni Botero contro Nicolò Machiavelli, «Giornale storico della letteratu-
ra italiana», 175, 1998, pp. 373-95; D. Taranto, L’Antimachiavellismo italiano nella
seconda metà del Seicento, «Il Pensiero Politico», 29, 1996, pp. 374-401; R. Bireley,
The Counter-Reformation Prince. Anti-machiavellianism or Catholic Statecraft in Early
Modern Europe, London, Chapel Hill 1990; J. Macek, Machiavelli e il machiavellismo,
Firenze, La Nuova Italia 1980, pp. 256-63.
58
A. Pajoli, Vite del Cardinale Giulio Mazzarini, e di Oliviero Cromuele, Venetia
e Bologna, per Giovanni Recaldini 1675, pp. 61-2.
59
Scrive Botero «nel capitolo De’ Consegli: “Primieramente deve egli [il principe]
fare professione non di astuto, ma di prudente, e la Prudenza è una virtù il cui
ufficio è cercare e ritrovare mezzi convenienti a conseguire il fine”, laddove l’astuzia
136 Pietro Messina
62
Ibid., pp. 158-9. Alla Biblioteca Angelica di Roma è custodita, manoscritta, una
Comparatio inter Claudium Thiberium, et Oliverum Protectorem Angliae, instituta
a Petro Negeschio, ms. 1771, ff. 245-65.
63
Di tali accuse e più in generale del rapporto tra machiavellismo e la figura di
Cromwell in Inghilterra parla Raab, The English Face of Machiavelli cit., pp. 130-54.
64
Ibid., p. 139.
65
Procacci, Machiavelli nella cultura europea cit., pp. 268-74.
66
Raab, The English Face of Machiavelli cit., p. 150.
139 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
67
Spini, Ricerca dei libertini cit., p. 172.
68
Alfieri pensò a una tragedia sullo Stuart, dedicò l’Agide «alla maestà di Carlo I
re d’Inghilterra» e in un suo viaggio volle seguire un «itinerario stuardo»: J. Lindon,
Reticenze alfieriane nella «Parte seconda» (1803) della Vita: il quarto viaggio in
Inghilterra e la formazione dell’Alfieri «misogallo», «Giornale storico della letteraura
italiana», 171, 1994, pp. 321-42, in part. 339-41.
140 Pietro Messina
69
Per il filoassolutismo dei libertini si veda la nota bibliografica in Bianchi,
Rinascimento e libertinismo cit., pp. 78-9.
70
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 93.
71
T. Hobbes, Elementorum Philosophiae sectio tertia de cive, Parisiis 1642, tr. it.
Elementi filosofici sul cittadino, a cura di N. Bobbio, Torino, UTET 1988, p. 351; in
particolare sui vescovi cfr. Hobbes, Behemoth cit., pp. 10-1; e più in generale Id.,
Leviathan, London, Andrew Crooke 1651, tr. it. Leviatano, a cura di M. Vinciguerra,
Bari, Laterza 1911, III, 62: Del potere ecclesiastico, pp. 112-91; Bisaccioni, Historia
delle guerre civili [1653] cit., p. 40; nelle sue Considerazioni sopra l’interesse di Stato
«riconosce che il vero interesse di un principe è quello di lasciare il clero […] ad
occuparsi nei conventi e nei monasteri della cura delle anime, che è l’ufficio a cui è
141 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
destinato» (Miato, Henri de Rohan cit., p. 153); ed è un attacco frontale alla politica
della Controriforma quando «lo Stato confessionale trionfava; e il concreto si era
l’intromissione della Chiesa nell’atto singolo di governo, per mezzo degli ordini
religiosi, dei confessori e dei consiglieri canonici dei principi» (F. Chabod, Scritti
sul Machiavelli, Torino, Einaudi 19805, p. 130).
72
S. Villani, Uomini, idee, notizie tra l’Inghilterra della Rivoluzione e l’Italia
della Controriforma. Tesi di perfezionamento in discipline storiche, Scuola
Normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia, 1999, p. 298. L’immagine
è pure vicina alla campanelliana bestia «varia e grossa» ma di grande potenza; e mi
sembra poi che il concetto sottinteso non sia estraneo alla critica libertina: Naudé
ha parole di fuoco contro l’«imbecillità», l’ignoranza, la credulità del popolo, che
lo fanno preda d’ogni sorta di impostori, ciarlatani e truffatori (Considerazioni cit.,
pp. 231-5), eppure conclude osservando la sua ineludibile potenza: «Ma dato che la
forza sta sempre dalla sua parte, ed è il popolo che dà il più grande impulso a ciò che
si fa di straordinario in uno Stato, occorre che i prìncipi o i loro ministri imparino
a maneggiarlo e persuaderlo» (ibid., p. 235).
73
M. Bisaccioni, Historia delle guerre civili di questi ultimi tempi, 4a ed., Venetia,
presso Francesco Storti 1655, p. 232; Hobbes, Elementi filosofici cit., p. 261.
142 Pietro Messina
74
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 233; Hobbes, Elementi
filosofici cit., p. 256.
75
Per Clarendon cfr. Macgillivray, Restoration Historians cit., p. 205 e
Finlayson, Historians cit., p. 49; per Hobbes si veda l’Introduzione di Nicastro
a Behemoth cit., pp. xxxviii-xli, e L. Nauta, Hobbes on Religion and the Church
Between The Elements of Law and Leviathan: A Dramatic Change of Direction?,
«Journal of the History of Ideas», 63, 2002, pp. 577-98.
76
Procacci, Machiavelli nella cultura europea cit., pp. 208-10, 212.
77
Miato, Henri de Rohan cit., pp. 156-8.
78
Sui rapporti tra Naudé e il machiavellismo: Bianchi, Rinascimento e libertinismo
cit., cap. III: Natura, storia e politica: le Considérations politiques, pp. 109-42; Procac-
ci, Machiavelli nella cultura europea cit., pp. 67, 140, 155-6, 159-60, 168, 211-2, 259,
266, 302, 308, 310; P.S. Donaldson, Machiavelli and Mistery of State, Cambridge,
Cambridge University Press 1988, cap. V: Gabriel Naudé: Magic and Machiavelli, pp.
141-85.
79
Scrive E. Taddeo: «Al centro, il problema del potere, del suo esercizio, della
sua legittimazione. L’interesse del principe prevale su ogni altra ragione o vincolo»
(M. Bisaccioni, Il Demetrio moscovita. Istoria tragica, a cura di E. Taddeo, Firenze,
Olschki 1992, p. xlviii). Non posso concordare col Taddeo però, quando scorge
«una specie d’orrore» dell’autore (p. il) di fronte alla disumanità della politica; forse,
con gusto barocco, si compiace dell’orrore che può suscitare in chi la scopre, ma lui,
e ben lo si vede nell’Historia, non ha né dubbi né tremori d’animo. Il Demetrio era
stato pubblicato nel 1639 (Venetia, Sarzina), nel 1643 (Roma, F. Moneta) e nel 1649
(Venetia, M. Viest).
143 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
80
Bisaccioni, Il Demetrio cit., pp. 80-1.
81
Ibid., pp. 102, 106.
82
Naudé, Considerazioni politiche cit., p. 203. Quasi le stesse parole aveva usato
Boccalini parlando dei «popoli che nascevano dalla libertà di una republica», dove
ogni minima minaccia alla «patria libera, faceva bisogno vendicar subito co’ fatti dei
capestri e delle mannaie, non con le cavillazioni delle parole […], che prima faceva
bisogno mandar il reo in un paio di forche, e poi, con osservar i termini tutti legali,
giuridicamente formarli contro il processo informativo» (T. Boccalini, Ragguagli di
Parnaso, I, a cura di G. Rua, Bari, Laterza 1910, XVIII, p. 58).
83
Bisaccioni, Il Demetrio cit., p. 114. Naudé, Considerazioni politiche cit., p.
185. Cfr. Bianchi, Rinascimento e libertinismo cit., p. 117.
84
Bisaccioni, Il Demetrio cit., pp. 103, 162.
85
Naudé, Considerazioni politiche cit., p. 131: «come dice Charron […] la
giustizia, la virtù e la probità del sovrano, procedono un po’ diversamente da
quella dei privati». Cfr. A. Pessina, Virtù e storia in Gabriel Naudé, in Ricerche su
letteratura libertina cit., pp. 290, 295; Id., Naudé interprete di Charron, «Rivista di
filosofia neo-scolastica», 71, 1979, pp. 508-42.
86
Bisaccioni, Il Demetrio cit., p. 137.
144 Pietro Messina
87
Naudé, Considerazioni politiche cit., p. 179. Cfr. Bianchi, Rinascimento e liber-
tinismo cit., p. 116; Pessina, Virtù e storia cit., p. 291.
88
Naudé, Considerazioni politiche cit., p. 245: «se un principe avesse una dozzina
di uomini di tale tempra [eloquenti], devoti al suo servizio, io credo che sarebbe più
forte e meglio obbedito nel suo regno che non se avesse due potenti eserciti».
89
Bisaccioni, Il Demetrio cit., p. 91. Tenendo presente che le Considérations
del Naudé uscirono all’inizio del 1639 in sole dodici copie, e assolutamente prive
dunque di una pubblica circolazione, il fatto che Bisaccioni nello stesso anno ne
fosse venuto a conoscenza e che le prendesse a riferimento induce a supporre
non trascurabili relazioni intellettuali fra loro, o più in generale fra il Naudé e
gli Incogniti, certamente più solide e proficue di quanto finora non sia apparso;
ciò porterebbe a correggere o per lo meno a integrare quanto detto in Miato,
L’Accademia degli Incogniti cit., pp. 100-6.
90
Campanella, Aforismi politici cit., aforismi 61-69, pp. 110-3.
91
Bisaccioni, Il Demetrio cit., pp. 139, 100.
145 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
92
Ibid., p. 141.
93
Id., Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 93.
94
Id., Historia delle guerre civili [4a ed.] cit., pp. 209-36. Questa edizione verrà
ristampata presso lo stesso tipografo nel 1664.
95
Campanella, Aforismi politici cit., aforismi 27, 28, 29, 103, pp. 98-9, 125; cfr.
anche il sonetto Non è re chi ha regno, ma chi sa reggere, in Le poesie, a cura di F.
Giancotti, Torino, Einaudi 1998, pp. 73-4.
96
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 234.
146 Pietro Messina
Ben è certo che non è materia fra le attioni humane, che l’ingegno non lo sap-
pia approvare o riprovare con apparenze di ragione, e a questa ne sussisteva
una apparentissima del troppo lungo Dominio di quel Parlamento facile a
convertirsi in una Oligarchia per non dire la tirannide di pochi101.
97
Ibid., p. 36.
98
Ibid., p. 216.
99
Ibid., p. 183.
100
Id., Historia delle guerre civili [4a ed.] cit., p. 211.
101
Ibid., p. 223.
102
Ibid.
103
Id., Il Demetrio cit., p. 129.
104
Id., Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 185; 4a ed., p. 223.
147 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Stimavasi il Protettore di essere protetto dal Cielo, o per lo meno dalla fortu-
na (s’altra fortuna però si può dare che il Cielo, ch’è lo stesso con la fortuna
humana, onde si accordano le due sentenze, che i Cieli si lasciano sforzare, e
l’altra che ciascheduno fabbrica a se medesimo la propria fortuna)108.
105
Id., Historia delle guerre civili [4a ed.] cit., p. 230.
106
Ibid.
107
Campanella, Aforismi politici cit., aforismi 57-58, p. 109; cfr. Ernst,
Tommaso Campanella cit., p. 86. Cfr. P. Tuscano, Utopia e realismo negli Aforismi
di Tommaso Campanella, «Esperienze letterarie», 21, 1996, p. 12.
108
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [4a ed.] cit., p. 232.
148 Pietro Messina
Non merita più il titolo di delitto, ma gloriosa lode colui che ardisce di uscire
109
T. Campanella, Antiveneti, a cura di L. Firpo, Firenze, Olschki 1945, pp.
125-6; e anche pp. 7-8, 110. Lo stesso concetto in Discorsi ai principi d’Italia, a cura
di L. Firpo, Torino, Chiantore 1945, p. 119.
110
G. Ernst, L’aurea età felice. Profezia, natura e politica in Tommaso Campanella,
in Tommaso Campanella e l’attesa del secolo aureo, Fondazione L. Firpo, Quaderno
3, Firenze, Olschki 1998, pp. 61-88; M. Fintoni, Impostura e profezia nelle poesie
filosofiche di Tommaso Campanella, «Bruniana & Campanelliana», 2, 1996, pp. 179-
93.
111
Bisaccioni, Historia delle guerre civili [1653] cit., p. 236.
149 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
dai confini della propria condizione per farsi grande. Il furto che si fa con la
publica spada e a cielo scoperto perde il nome di infame azione, e acquistasi
quello di vincitor generoso, esser viltà d’animo non secondare un genio grande
che porta ad un imperio112.
112
Id., Il Demetrio cit., p. 167; parole messe in bocca a un personaggio tutto
sommato positivo: impostore, ma alleato dell’eroina principale. Gli stessi crudi
concetti si trovano in Boccalini con un giudizio di segno opposto, derivato dalla
diversa ricezione della medesima lezione machiavelliana; tra gli Incogniti furono
Santacroce e Graziani i più vicini alla lettura di Boccalini, che così aveva scritto:
«A tanta cecità la scelerata ambizione di regnare ha condotti gli uomini potenti,
che rubare con ogni sorte di perfidia gli Stati altrui, non ribalderia esecranda come
veramente ella è, ma stimano mestiere nobilissimo e solo degno di re»; «il nome
vergognoso di ladro hanno convertito in quello di coraggioso soldato, quello di
scelerato ladrone in valoroso capitano» (Ragguagli cit., lxxvii, p. 275).
113
F. Meinecke, Die Idee der Staatsräson in der neueren Geschichte, München-
Berlin, Oldenburg 1924, tr. it. L’idea della ragion di Stato nella Storia moderna,
Firenze, Sansoni 19772, p. 37.
114
G. Gualdo Priorato, Historia delle Rivolutioni di Francia, Venetia,
Francesco Baba 1655; Venetia, Paolo Baglioni 1655; Colonia, per gl’eredi di Pietro
della Place 1670. Historia del Ministero del Cardinal Giulio Mazarino, Colonia, s. t.
1669; Bologna, Longhi 1677; Venetia, Iseppo Prodocimo 1678; Historia di Leopoldo
Cesare, I, Vienna, per G.B. Hacque 1670; Vite et azzioni di personaggi militari e
politici, Vienna, appresso Michele Thurnmayer 1674.
150 Pietro Messina
115
In L. Crasso, Elogij di capitani illustri, Venetia, Combi e La Nou 1683, p. 331.
116
G. Lubrano, L’Anfiteatro della Costanza Vittoriosa, in Le solennità lugubri e
liete in nome della fedelissima Sicilia nella felice e primaria città di Palermo, Palermo,
presso Andrea Colicchi 1666: «Secolo mal auguroso, non senza ragione creduto
foriero dell’Anticristo […] tirannico ne’ Cromvelli sottopose alle accette de’ patiboli
l’arbore de’ diademi stuardi» (pp. 6-7); cit. da C. Sensi, La retorica dell’apoteosi.
Arte e artificio nei panegirici del Lubrano, «Studi secenteschi», 24, 1983, p. 90; stesso
brano anche in C. Ivanovich, Minerva al tavolino, Venezia, Nicolò Pezzana 1681,
pp. 313-4.
117
G. Gualdo Priorato, Historia delle Rivolutioni di Francia, Venetia, Paolo
Baglioni 1655, pp. 161-2; cfr. Historia di Leopoldo Cesare cit., pp. 318-9.
151 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Sapeva ei, ch’il trionfo della vittoria fabbricato nell’eminenza della superbia
era troppo vicino al precipitio della propria lode, e al rischio della fortuna;
conoscendo quanto riesca odioso ad ogn’uno l’orgoglio della propria stima,
faceva tutto per far comprendere al Parlamento, e al popolo, che se in lui era
l’autorità, non teneva punto di pensiero d’imperare, né di servirsene che per il
beneficio pubblico. Come poi non è virtù minore il conservare, che l’acquisire
d’indi dietro si applicò a metter fondamenti stabili al nuovo governo, capitando
alle novità che stimò necessarie all’interesse e sicurezza propria119.
118
Principe, xviii: «e paia, ad udirlo e vederlo, tutto pietà, tutto fede, tutto
integrità, tutto umanità, tutto religione: e non è cosa più necessaria, a parere di
avere, che questa ultima qualità».
119
Gualdo Priorato, Historia delle Rivolutioni di Francia cit., pp. 174-5.
120
Id., Historia cit., p. 39.
121
Scrive Machiavelli: «E come la osservanza del culto divino è cagione della
grandezza delle republiche, così il dispregio di quella è cagione della rovina
d’esse» (Discorsi, I, 11), e così Campanella negli Aforismi: «Di più la divisione della
religione benché non pregiudichi contra lo stato rovina l’imperio come il Francese,
il Germano, il Polono» (aforisma 112, p. 129), e in molti altri luoghi Campanella
aveva ribadito l’importanza della religione per la stabilità dello Stato.
152 Pietro Messina
re gli vestiti delle loro azioni, che quella del Leone»122, laddove scrive
Machiavelli: «coloro che stanno semplicemente in su ’l lione non se ne
intendono […] e quello che ha saputo meglio usare la volpe, è meglio
capitato. Ma è necessario […] essere gran simulatore e dissimulatore»
(Principe, XVIII). E ancora, netta la figura di Machiavelli si profila
dietro le critiche mosse alla politica di Carlo I, che era «d’animo facile
e dolce, senza quella simulatione, che tanto è necessaria a’ Prencipi che
vogliono regnar sicuri»123; a lui mancano capacità, ardimento, risolu-
zione, ma soprattutto «quelle considerationi Politiche, che non mai
doverebbero esser abbandonate da Dominanti», giacché «si può dir
esser stata la sua vita un epilogo di Virtù morali più tosto che un’Idea
qual doverebbe essere il Prencipe di Politiche massime», cosicché egli
«per l’eccesso della sua bontà, per la facilità del suo animo, per il soave
de suoi pensieri, per il rispettoso della sua coscienza perdette prima
la stima, indebolì il rispetto, lasciosi usurpar l’auttorità, e finalmen-
te restò privo di quella vita»124, «perché», ricorda Machiavelli, «uno
uomo che voglia fare in tutte le parte professione di buono, conviene
che ruini infra tanti che non sono buoni» (Principe, XV).
Al contrario sarà proprio Cromwell a incarnare agli occhi di Gualdo
il «principe nuovo»: «Oltre il valore nell’Armi, teneva una soprafina
intelligenza de termini con i quali devono i Principi farsi temere e nel
tempo medesimo amare da soldati e da Popoli»125, e si confrontino i
passi del Machiavelli (Principe, XVII) sul principe che deve «essere
temuto et amato». È il pericolo dell’ingratitudine che spinge Cromwell
ad agire (cfr. Discorsi, I, 29; I, 30; I, 32):
S’avvide che a lui potrebbe succeder ciò che per ordinario è solito provarsi
nelle Repubbliche, dove chi più degnamente opera con credito e applauso, più
soggiace al pericolo di provar i fulmini della massima, che vuole abbassato chi
troppo sopra gl’altri s’innalza. Si invaghì all’hora di quell’autorità che prima
con sprezzo havea negletta e pensò a’ modi di stabilirsi nella dolcezza di quel
dominio che non richiede alcun’altra dipendenza. Per farlo gli conveniva
deprimer prima tutti coloro che potevan emular le sue fortune.
122
Gualdo Priorato, Historia cit., p. 215.
123
Id., Dell’Historie cit., p. 597.
124
Ibid., pp. 602-3.
125
Id., Historia delle Rivolutioni di Francia cit., p. 161.
153 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
che non fu già mai concesso agli stessi Regi […], pose fine a quell’Humiltà
della quale s’era servito per sollevarsi a maggior grandezza. E come per coprire
l’intera ambitione, e sostener il concetto d’huomo moderato e zelante solamen-
te della libertà della Patria, s’era sempre mostrato vuoto d’ogni pretensione,
e totalmente dipendente da gli ordini del Parlamento; così per mantenersi
nel nuovo posto, e nell’usurpato dominio, diede piglio a que’ stromenti che
giudicò opportuni a farsi obedire da chi prima egli serviva, e farsi temere da
chi lui per avanti temeva127.
126
Ibid., pp. 175-6.
127
Ibid., p. 177.
128
Ibid., p. 171.
154 Pietro Messina
assoluta della soldatesca, stette ne’ termini della moderatione, e governò con
altre forme, questo si comprese per non esser stata per anche la materia di-
sordinata dal tempo, e per esser troppo pericoloso l’intraprendere all’hora di
metter in servitù quelli che eran risoluti di viver liberi129.
Adequava i modi del suo procedere con questi, col variar la sua natura. All’hora
che stimò necessario l’operar con rispetto e cautione, non fu veduto huomo
con minor pretensione; quando fu di mestiere il proceder con empito e con
rigore, ruppe la patienza e 1’humiltà, col che s’avanzò alle glorie maggiori, e alle
grandezze sublimi. S’havesse continuata la via che tenne nel cominciamento,
il variarsi degli ordini del nuovo governo, e la stessa fortuna […] l’havrebbe
rimesso nello stesso posto da dove l’haveva inalzato130.
Perché chi è paruto buono un tempo e vuole a suo proposito diventar cattivo,
lo debbe fare per i debiti mezzi, ed il modo condurvisi con le occasioni, che
innanzi che la diversa natura ti tolga de’ favori vecchi, la te ne abbia dati tanti
de’ nuovi che tu non venga a diminuire la tua autorità; altrimenti, trovandoti
scoperto e sanza amici, rovini. (Discorsi, I, 61).
Ibid., p. 178.
129
Ibid.
130
155 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
E come sia precetto di chi nuovo entra nel dominio d’uno Stato, il far ogni
cosa di nuovo; subito s’applicò a comporre nuovi governi, inventar nuovi titoli,
nuove autorità, a metter huomini nuovi nella cariche, e officij del Regno, ad
impoverir i ricchi, arricchire i poveri; […] con i buoni si faceva conoscer tutto
buono, con li cattivi tutto cattivo131.
Eran – [i popoli] – da lui sostentati non con altro rigore, che quello richiedeva
necessariamente la ragione del buon governo, havendo egli per altro l’animo
generoso e ripieno d’humanità, ch’abbondantemente esercitava verso ognuno
che non fosse contumace, della Religione, e del nuovo governo di Stato133. […]
Studiava ei tutta l’arte, per farsi conoscer humano, affabile, e generoso, come di
non dar di sé esempio alcuno di crudele e di superbo, se non quanto l’occasione
lo violentasse a far altrimente, per imbrigliar la disobedienza di coloro che non
sapevano o non potevano accomodarsi l’animo a servire a chi prima haveva
commandato. Divideva i beni de delinquenti a più meritevoli, e così liberale si
mostrava nel rimunerare, come severo nel punire. E perché per rendersi ben
obedito bisogna intendersi del buon commandare, d’indi regolò i suoi ordini
a proportione delle qualità di quelli che dovevan esequirli134.
131
Ibid.
132
Campanella, Aforismi politici cit., aforisma 100, p. 124.
133
Gualdo Priorato, Historia delle Rivolutioni di Francia cit., p. 173.
134
Ibid., pp. 178-9.
135
Ibid., pp. 179-80.
136
Ibid., pp. 180-1.
156 Pietro Messina
Debbe adunque uno principe non avere altro obietto né altro pensiero, né
prendere cosa alcune per sua arte, fuora della guerra et ordini e disciplina di
essa; perché quella è sola arte che si espetta a chi comanda. Et è di tanta virtù,
che non solamente mantiene quelli che sono nati principi, ma molte volte fa
li uomini di privata fortuna salire a quel grado (Principe, XIV).
137
Id., Historia di Leopoldo Cesare cit., pp. 319-20.
138
Id., Historia delle Rivolutioni di Francia cit., p. 179.
139
Id., Dell’Historie cit., p. 603.
157 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Cromwell, fu usato anche in sua difesa. In molti casi, però, gli esti-
matori di Cromwell si limitano a ritorcere l’accusa di machiavellismo
contro gli accusatori, e a dimostrare che Cromwell non era affatto il
Principe di Machiavelli, ma bensì il Principe cristiano e «morale».
Rimane così integro il valore negativo del machiavellismo. Come dice
Raab a proposito di alcune di queste opere, «Oliver, in other words,
was directly associated with Machiavelli’s picture of the ‘de facto’
ruler, seen in an unfavourable light. The defence operated on the same
uncomplicated level, and consisted simply in denying that Cromwell
fitted these criteria in any way»140.
Ci sono anche i casi in cui, invece, raccogliendo la più autentica
lezione di Machiavelli, Cromwell risulta una figura che illustra appun-
to la «Virtù» machiavelliana. Raab, in questa direzione, ricorda soprat-
tutto la poesia di Andrew Marvell Horatian Ode upon Cromwel’s
Return from Ireland; anche se è poi discussa la conoscenza diretta di
Machiavelli da parte del poeta, si conferma tuttavia, sostanzialmente,
che in essa Cromwell è visto «as the epitome of Machiavelli’s rider,
brought by circumstances, Fortune and his own virtù to a position of
power»141. C’è poi James Harrington; Raab gli dedica un capitolo a sé ed
è opportuno ricordare quanto scrive Giuliano Procacci a proposito del
machiavellismo di Harrington, e Cromwell: «È certo che agli occhi di
140
Raab, The English Face of Machiavelli cit., pp. 136-7; sulla figura di Machiavelli
durante la rivoluzione inglese: ibid., pp. 118-84; V. Kahn, Machiavellian Rhetoric
from the Counter-Reformation to Milton, Princeton, Princeton University Press
1994, pp. 169-235; Macek, Machiavelli cit., pp. 227-46; J.G.A. Pocock, The
Machiavellian Moment. Florentine Political Thought and the Atlantic Republican
Tradition, Princeton, Princeton University Press 1975, tr. it. Il momento
machiavelliano. Il pensiero politico fiorentino e la tradizione anglossasone, Bologna,
Il Mulino 1975, in part. parte III, cap. XI: La repubblica anglicizzata: la costituzione
mista, il santo e il cittadino, pp. 625-86.
141
Raab, The English Face of Machiavelli cit., p. 144; cfr., su Marvell e Cromwell
rispetto al machiavellismo: B. Worden, Milton’s Republicanism and the Thyranny
of Heaven, in Machiavelli and Republicanism, ed. by G. Bock, Q. Skinner, M. Viro-
li, Cambridge, Cambridge Universy Press 1990, pp. 227-8, 230; Id., Andrew Marvell,
Oliver Cromwell and the Horatian Ode, in Politcs of Discourse, ed. by K. Sharpe, S.
Zwicker, Berkeley, Los Angeles, University of California Press 1987, pp. 147-80; Pro-
cacci, Machiavelli nella cultura europea cit., p. 247; Kahn, Machiavellian Rhetoric
cit., pp. 132-3, 220-2, 251; Macek, Machiavelli cit., p. 239. Pocock, Il momento ma-
chiavelliano cit., pp. 652-4.
158 Pietro Messina
142
Procacci, Machiavelli nella cultura europea cit., pp. 246-7, 263, 270; su
Harrington e Cromwell rispetto al machiavellismo vd. anche: Raab, The English
Face of Machiavelli cit., pp. 187-216; A. Cromartie, Harrington Virtue: Harrington,
Machiavelli and the Method of Moment, «The Historical Journal», 41, 1998, pp.
987-1009; E. Capozzi, Costituzione elezione aristocrazia. La repubblica ‘naturale’
di James Harrington, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1996, pp. 35, 53, 58, 59,
88, 102, 107, 116, 127, 221, 232; A. Strumia, L’immaginazione repubblicana. Sparta
e Israele nel dibattito filosofico-politico dell’età di Cromwell, Firenze, Le Lettere
1991, pp. 2, 7, 23, 37, 43, 50, 83, 85, 88, 101, 103-4, 117, 121, 123, 143, 166; Macek,
Machiavelli cit., p. 242; The Political Works of James Harrington, ed. by J.G.A.
Pocock, Cambridge, Cambridge Universy Press 1977, pp. 30-1; Id., Il momento
machiavelliano cit., pp. 654, 673, 680.
143
A. Possevino, Iudicium de Nuae militis Galli scriptis, quae ille Discursus
Politicos, et Militares inscriptis. De Ioannis Bodini Methodo historiae: Libris de Repub.
159 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
E se la fortuna appresso noi Christiani altro non è, che non seconda causa
mossa dalla volontà di Dio; è bene attribuire i nostri buoni avvenimenti più
alla volontà et bontà di Dio, che alla nostra virtù […]; Voglio dire, che non
avendo i Christiani altra fortuna che Dio, per conseguente confidiamo più in
Dio, che nella nostra virtù; per non essere da meno de Romani gentili, i quali
attribuirono più al valore della fortuna Dea loro, che a quel di se stessi […].
Tutte le cose essere avvenute felicemente a coloro i quali tengon conto di Dio,
infelicissime a coloro che lo disprezzano144.
146
Gregory, Il libertinismo della prima metà del Seicento cit., p. 12; Id.,
Aristotelismo e libertinismo cit., pp. 163-5; S. Bertelli, Presentazione, in Il
libertinismo in Europa cit., pp. 11 sgg.; Dal Machiavellismo al libertinismo. Studi
in memoria di Anna Maria Battista, «Il Pensiero Politico», 32, 1999, pp. 165-347;
C. Scarcella, Machiavelli, Tacito, Grozio: un nesso ‘ideale’ tra libertinismo e
previchismo, «Filosofia», 41, 1990, pp. 213-2; Procacci, Machiavelli nella cultura
europea cit., pp. 164-9; V. Frajese, Note su Machiavelli, editoria e cultura nell’Italia
del Rinascimento e della Controriforma, «Studi storici», 38, 1997, pp. 149-55.
147
G. Gualdo Priorato, Historia della Sacra Real Maestà di Christina
Alessandra Regina di Svetia, Roma, nella Stamperia della R.C. Apostolica 1656, e
Venetia, per il Baba 1656.
148
Sulle simpatie libertine di Cristina ci furono varie testimonianze dei
contemporanei, dal Condé al Leibniz; anche se è da considerare l’estremamente
volubile, eclettica versatilità della sovrana. S. Åkerman, Queen Christina of Sweden
and Her Circle. The Transformation of a Seventeenth – Century Philosophical
Libertine, Leiden, New York, Købnhavn, Köln, E. J. Brill 1991, pp. 28-43, 122.
Gregory, Il libertinismo della prima metà del Seicento cit., p. 13; Spini, Ricerca
dei libertini cit., pp. 10, 344. Su Cristina lettrice di Machiavelli ci riferisce Pasquale
Villari citato da Procacci, Machiavelli nella cultura europea cit., p. 259.
149
Ernst, Tommaso Campanella cit., p. 55.
150
H. Conring, Animadversiones politicae in Nicolai Machiavelli librum De
161 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
153
Toso Rodinis, Galeazzo Gualdo Priorato cit., p. 211.
154
Ibid., p. 151.
155
Ibid., p. 212.
163 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
156
C. Hill, Intellectual Origins of the English Revolution, Oxford, The Clarendon
Press 1965, tr. it. Le origini intellettuali della Rivoluzione inglese, Bologna, Il Mulino
1976, p. 400.
157
Id., Vita di Cromwell cit., p. 231.
158
Ibid., p. 228.
164 Pietro Messina
159
Ibid., p. 229. E si tenga presente anche Id., The World Turned Upside Down. Radi-
cal Ideas During the English Revolution, London, Maurice Temple Smith Ltd 1972, tr.
it. Il mondo alla rovescia, Torino, Einaudi 1981, pp. 141-74.
160
Meinecke, L’idea della ragion di Stato cit., p. 36.
161
Hill, Vita cit., p. 219.
162
Scrive a proposito di Vico N. Badaloni: «la provvidenza è perciò un istinto
umano, o come dice Vico un senso comune, così come esso era stato teorizzato
da Campanella, ed anche dalla tradizione inglese ed in particolare da Herbert di
Cherbury» (Introduzione a G.B. Vico, Milano, Feltrinelli 1961, p. 385). Vico aderì
«esplicitamente alla teoria di Herbert sulle facoltà» (ibid., 352); Herbert, precursore
del deismo inglese, conobbe e apprezzò Cremonini e Liceti, fu in contatto con
Domenico Molin, come il Liceti accademico Incognito, con Niccolò Contarini
e, sporadicamente, con Campanella. Sulla connessione tra Machiavelli e l’idea
vichiana di Provvidenza (dove alcune posizioni dei nostri libertini possono ben
165 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
così feroce e altera qual’è l’inglese, e rendersi presso alli maggiori Potentati
della Terra in maggior stima e più temuto di qual si voglia Monarca164.
164
Gualdo Priorato, Historia di Leopoldo Cesare cit., pp. 319-20. Riecheggia
il giudizio dato dall’ambasciatore veneto Giovanni Sagredo nella sua relazione,
molto probabilmente una sua fonte: «Certo che le istorie avranno a distendersi
lungamente nel racconto di ciò che io sono andato restringendo in compendio; e
che egli può chiamarsi uno sforzo parziale della fortuna. Negar non si può che non
abbia, collo ingegno e colla industria, cooperato alla propria grandezza. Ma come
egli abbonda di valore, di accortezza, e di prudenza naturale, tutte queste parti ad
ogni modo sarebbero riuscite inutili se gli fosse mancato la congiuntura di farsi
grande» (G. Sagredo, Relazione al Senato, 1656, in G. Berchet, Cromwell e la
Repubblica di Venezia, Venezia, Naratovich 1864, p. 85).
165
Toso Rodinis, Galeazzo Gualdo Priorato cit., p. 203.
166
Gualdo Priorato, Historia delle Rivolutioni di Francia cit., p. 176.
167
Campanella, Aforismi politici cit., aforisma 29, p. 99; di Boccalini, fra i tanti,
ricordiamo il discorso che fa fare a Pittaco, che vorrebbe che l’uomo «a conseguir
i premi onorati delle dignitadi supreme, debba incamminarsi col procaccio del
167 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
E sarà da notarsi con questo istraordinario esempio che non le nascite, non
le ricchezze, che per il più toccano a meno intendenti, qualificano le cariche e
gl’impieghi, come per ordinario sogliono farsi, ma ben sì l’occasione è quella
che come il fuoco rafina i più impuri metalli, così risveglia gli spiriti e gl’in-
gegni a cose grandi168.
merito e con la sicura scorta della virtù; e levate dal mondo tante scorciatoie, tante
strade traverse, tanti viottoli e tante smozzatoie che vi hanno saputo inventar gli
uomini ambiziosi e quei moderni ipocritoni […]. Ché certo quale scorno maggiore
può farsi alla virtù e al merito, che veder uno di questi tali posseder le dignitadi più
principali» (Ragguagli cit., lxxvii, p. 266).
168
Gualdo Priorato, Historia di Leopoldo Cesare cit., p. 370. È questo anche il
brano conclusivo del capitolo su Cromwell in Vite et azzioni di personaggi militari
e politici.
169
Id., Scena d’Homini illustri d’Italia, Venezia, per Andrea Giuliani 1659, avviso A
chi legge.
168 Pietro Messina
170
R. Villari, La rivolta antispagnola a Napoli, Roma-Bari, Laterza 19804, p. 185.
171
Ibid., pp. 186-7.
172
Campanella ad esempio nel sonetto Della nobiltà e suo’ segni veri e falsi scrive:
«In noi dal senno e dal valor riceve / esser la nobiltade / […] Il sangue è tal, che a
dirlo me n’incresce: / ignorante, falsario, inerte e greve» (Le poesie cit., p. 182); in
quello A Polonia: «Immortali intendendo che gli rende / virtù e gran gesti, non gran
sangue e carne» (p. 211); e ancora in quello Non è re chi ha regno, ma chi sa reggere,
«benché sia schiavo o figlio di bastaso» (p. 73). Quanto a Boccalini, è un maestro
della lotta ideale contro la nobiltà di nascita e le sue ideologie: strenuamente avversa
la guerra, i duelli, il bellicismo, contrapponendo loro l’operosità degli «artigiani»
e degli altri «cittadini fruttuosi», la mercatura, la pace; rigetta l’identificazione di
una nazione con la sua nobiltà, e in molti passi si accanisce contro la vacuità e la
stupidità delle pretese di un’aristocrazia basata sulla nascita e il sangue (mi limito
a citare: Boccalini, Ragguagli cit., xxxi, xxxxix, l; Ragguagli, II, a cura di L.
Firpo, Bari, Laterza 1948, vii, p. 38: «vedendosi provato che le ossa, i nervi, la carne
e le budelle delle persone, tutte erano fatte ad un modo, chiaramente mostrava che
la vera nobiltà degli uomini stava posta nel cervello non nelle vene»; e il frammento
su La vera nobiltà: «Disputa della nobiltà. Prima genitura non si seppe trovare.
Trovi gli uomini nudi ora tutti fatti ad un modo. Molti hanno le brache di tela e
il cervello di velluto», in T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso e scritti minori, III, a
cura di L. Firpo, Bari, Laterza 1948, p. 287).
173
A. Loredano, Primi studi, Venetia, appresso li Guerigli 1656, p. 116.
174
Id., Freddure estive, Venetia, appresso li Guerigli 1664, p. 159.
169 Gli storici italiani del Seicento e la ‘rivoluzione puritana’
Pietro Messina
175
B. Morando, La Rosalinda, Venetia, presso Antonio Tivani 1693, p. 32 (1a ed.
Piacenza, Bazachi 1650).
176
G. Brusoni, Nuova scelta di Sentenze, Motti, e Burle d’Huomini illustri, Venetia,
per Francesco Garbizza 1657, p. 9.
177
Gualdo Priorato, Scena di Huomini illustri cit., avviso A chi legge.
Finito di stampare nel mese di settembre 2011
in Pisa dalle
Edizioni ETS
Piazza Carrara, 16-19, I-56126 Pisa
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www.edizioniets.com