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TRE GRANDI TRASFORMAZIONI NELLA STORIA DELL'UMANITA'

Nella storia del nostro pianeta ci sono state tre principali trasformazioni economiche:
1. RIVOLUZIONE AGRARIA ( O PRIMA RIVOLUZIONE AGRICOLA): avvenuta circa
10.000 anni fa in alcune aree della terra, collocate sostanzialmente nel Medio Oriente; in
alcune parti del mondo non ha ancora avuto inizio.
2. RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ( O PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE) : ha avuto
luogo in Inghilterra nella seconda metà del 1700, ed è stata caratterizzata dalla nascita
dell'industria moderna.
Dopo, l'industria moderna nata in Inghilterra si è diffusa anche in altre parti del mondo.
3. SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ( ‐‐> ci sono anche degli studiosi che
battezzano questa vicenda come la terza rivoluzione industriale): ha avuto inizio durante la
seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e perdura ancora oggi.
Punto 1. LA RIVOLUZIONE AGRARIA
La rivoluzione agraria è quella trasformazione economica che è stata caratterizzata dal passaggio da
un'economia di prelievo ad un'economia di produzione ‐‐> la rivoluzione agraria è stata
caratterizzata dalla nascita dell'agricoltura e dell'allevamento.
Prima l'uomo si limitava a raccogliere i frutti che la natura spontaneamente offriva, quindi era
un'economia basata sulla caccia, sulla pesca, sulla raccolta dei frutti spontanei ( legna, bacche,
castagne).
Ora, con la rivoluzione agraria, l'uomo impara anche a trasformare l'ambiente che lo circonda per
sfruttare le sue risorse e per accrescere le proprie disponibilità di beni: quindi l'uomo, che prima era
cacciatore e pescatore, diventa contadino e allevatore.
Infatti adesso l'uomo inizia a trasformare l'ambiente che lo circonda in maniera controllata per
ottenere una produzione più elevata.
Quindi la nascita dell'agricoltura e dell'allevamento rappresentano la pre‐condizione per la nascita
delle grandi civiltà dell'antichità classica ( egizia, sumerica, mesopotamica, greca, romana).
Punto 2. PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Per alcuni la prima rivoluzione industriale è più importante della rivoluzione agraria: essa ha infatti
avuto un impatto, delle conseguenze sulle condizioni di vita dell'umanità molto maggiori rispetto
alla rivoluzione agraria.
Innanzi tutto quali sono i tratti di fondo della rivoluzione industriale?
La rivoluzione industriale è caratterizzata principalmente da una trasformazione nella modalità di
svolgimento della produzione manifatturiera ‐‐> la rivoluzione industriale è caratterizzata
dall'invenzione e dall'introduzione delle macchine nel processo produttivo manifatturiero.
Queste macchine sono capaci di svolgere un gran numero di operazioni che fino a quel momento
erano di esclusiva pertinenza della mano dell'uomo ‐‐> quindi le macchine sostituiscono il lavoro
dell'uomo.
Come conseguenza di ciò i lavoratori si spostano dall'agricoltura all'industria.
Gli uomini passano sempre di più dallo status di contadini allo status di operai.
L'utilizzo delle macchine consente di aumentare enormemente la quantità di beni prodotti per unità
di tempo lavorata: questo aumento della produzione viene chiamato aumento della produttività ( = è
il volume della produzione, la quantità di beni e servizi prodotti per unità di tempo lavorata).
Quindi l'avvento delle macchine nei processi produttivi permette di aumentare enormemente la
produttività totale dell'economia; questo aumento dell'attività consente al sistema economico di
incominciare a crescere a ritmi più elevati di quanto accadesse in precedenza.
Gli studiosi ritengono che la rivoluzione industriale permetta la nascita della crescita economica
modera, molto più veloce e sostenuta di quella prima della rivoluzione industriale.
La rivoluzione industriale ha un impatto molto maggiore rispetto a quello della rivoluzione agraria.

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Un'altra conseguenza si ha sulla popolazione: dall'avvio della rivoluzione agraria all'inizio della
rivoluzione industriale, la popolazione mondiale cresce ma a ritmi lentissimi se paragonati a tassi di
crescita che si sono verificati dopo la rivoluzione industriale ‐‐> dal 1700 vi è una brusca impennata
verso l'alto.
• Nell'8000 a.C sulla Terra vivono 10 milioni di persone
• nel 3000 a.C circa 150 milioni
• nel 1000 d.C circa 280 milioni
• nel 1750 d.C circa 730 milioni
• nel 1900 d.C circa 1.670 milioni • nel 1950 d.C circa 2500 milioni
• nel 2010 d.C circa 6.900 milioni
La diffusione dell'industrializzazione è stata molto più rapida di quella della rivoluzione agraria.
L'agricoltura e l'allevamento hanno impiegato migliaia di anni per diffondersi per esempio dal
Medio Oriente a gran parte dell'Europa.
Ancora oggi vi sono delle zone nel mondo ( es. Amazzonia) in cui la rivoluzione agraria non è
ancora arrivata, ma basano la loro economia sulla caccia e sulla pesca.
Invece la diffusione dell'industrializzazione è stata molto più rapida.
A metà '800 l'industrializzazione, che ebbe inizio in Gran Bretagna, era già penetrata in Belgio,
Francia, Svizzera, Germania e USA.
All'inizio del 1900 l'industrializzazione si è diffusa anche in Scandinavia, Russia, Italia e Giappone.
Dopo la seconda guerra mondiale anche altre aree del mondo conoscono un importante processo
di sviluppo industriale: le quattro tigri asiatiche ( Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong,
Singapore), la Cina, l'India, il Sudafrica e alcuni paesi dell'America Latina. Punto 3. SECONDA
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La seconda rivoluzione industriale è basata sull'avvento del computer, dell'elettronica e
dell'informatica ‐‐> più in generale sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
L'avvento delle tecnologie basate sul computer consente di parlare di un'autentica rivoluzione
industriale ‐‐> ciò ha innescato una trasformazione economica per la quale si può utilizzare il
termine " rivoluzione industriale", perché vi è comunque un'analogia. Può essere tracciata
un'analogia tra la conseguenza dell'avvento delle macchine della prima rivoluzione industriale e
le conseguenze dell'avvento della tecnologia:
quest'analogia è il trasferimento dall'uomo alla macchina di tutto un complesso di funzioni e di
operazioni che in precedenza erano svolte esclusivamente dall'uomo ( es. Azionare un utensile).
Invece, con la prima rivoluzione industriale, questi utensili facevano parte di congegni meccanici e
azionati direttamente dalla macchina stessa.
I computer attuali, invece, hanno la proprietà di svolgere tutto un complesso di operazioni che fino a
quel momento erano di esclusiva pertinenza del cervello dell'uomo (es. Calcoli matematici,
immagazzinare e trasmettere informazioni).
PRIMA RIVOLUZIONE AGRARIA (PRIMA RIVOLUZIONE AGRICOLA)
Si tratta della trasformazione economica con cui, a partire da circa 10.000 anni fa, l'agricoltura e
l'allevamento sostituirono la caccia, la pesca e la raccolta come fonti fondamentali per il
procacciamento dell'alimentazione umana.
Questo cambiamento segnò il passaggio decisivo da un'economia di " prelievo" dalla natura ad
un'economia di produzione, ossia un'economia basata sul controllo da parte dell'uomo dei processi
naturali: l'uomo interviene a modificare la natura per ottenere una maggiore disponibilità di beni da
utilizzare.
Anche la civiltà odierna è caratterizzata da un'economia di produzione, anche se l'agricoltura e
l'allevamento non sono più le attività economiche principali.
Come nacquero l'agricoltura e l'allevamento?

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In che modo potè avere luogo questa trasformazione?
Era accaduto che nel corso del tempo (in migliaia di anni) alcuni gruppi umani avevano imparato a
riconoscere le piante più utili per l'alimentazione umana (es. I cereali erano più utili delle ortiche
per l'alimentazione umana).
Queste comunità umane avevano imparato anche a raccogliere le piante più utili (es. Cereali) senza
distruggere i campi dove queste piante crescevano spontaneamente. Impararono poi a conservare i
chicchi dei cereali dentro sili foderati di argilla, in modo da poter disporre di queste riserve anche
per le stagioni lontane dalla maturazione di queste piante.
Inoltre impararono anche a macinare i cereali, a impastare le farine così ottenute con l'acqua e a
cuocere questi impasti, ottenendo le prime "pappe", i primi cibi cotti. Nel corso del tempo
queste comunità umane impararono anche ad " addomesticare" queste vegetazioni spontanee ‐‐
> significa che impararono a riprodurre anche in altri terreni, ossia impararono a coltivare
queste piante in un ambiente per quanto possibile controllato dall'uomo.
Quindi queste comunità furono in grado di individuare loro stessi i terreni sui quali seminare queste
piante.
Allora le piante non crescevano spontaneamente per dono della natura, ma venivano seminate su
terreni scelti da queste comunità umane.
Gli uomini ripulivano i terreni sui quali avevano deciso di seminare i cereali dalle erbe infestanti,
dai sassi...da oggetti che avrebbero ostacolato la crescita dei cereali. ‐‐> impararono a difendere
questi terreni dagli attacchi degli animali.
Incominciarono ad utilizzare i primi attrezzi agricoli: il primo fu un rudimentale falcetto primitivo:
era un attrezzo che veniva usato per mietere i cereali laddove essi crescevano ancora
spontaneamente.
Il falcetto messorio era costituito da una lama attaccata ad un manico di legno o di osso; questa
lama era formata o da una scaglia di pietra o da denti di animali defunti.
In seguito comparve il primo attrezzo che veniva utilizzato per la lavorazione del terreno, la zappa:
era ottenuta attaccando una lama di pietra ad un manico di legno.
Con le zappe si scaldavano anche i primi canali che servivano per convogliare l'acqua dentro ad
apposite cisterne, dalle quali l'acqua veniva poi distribuita in campi coltivati durante la stagione
arida.
Fu possibile anche scavare i primi condotti di scolo che consentivano una migliore evacuazione
delle acque durante le grandi inondazioni.
CRONOLOGIA DEL PROCESSO DI ADDOMESTICAMENTO DELLE PRINCIPALI
PIANTE ALIMENTARI
L'addomesticamento delle principali piante alimentari è avvenuto nel territorio della Mezzaluna
Fertile:
(1) grano e orzo ‐‐> addomesticati nel 9000 a.C
(2) legumi ‐‐> 7500 a.C
(3) ulivo e vite ‐‐> 7000 a.C
(4) miglio ‐‐> 6000 a.C
(5) riso e lino ‐‐> 5000 a.C
Contemporaneamente a questo processo di addomesticamento delle principali piante, si avviò un
processo di addomesticamento di alcuni animali, che erano particolarmente utili nella fornitura di
cibo e di altri beni apprezzati dalle comunità dell'epoca.
Con l'addomesticamento di questi animali nacque anche l'allevamento.
La combinazione tra la nascita dell'agricoltura e la nascita dell'allevamento costituirono la prima
rivoluzione agraria.

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CRONOLOGIA DEL PROCESSO DI ADDOMESTICAMENTO DEGLI ANIMALI
1) Il primo animale utile all'alimentazione umana, quindi anche il primo ad essere
addomesticato, fu la pecora, cioè l'animale che si contraddistingue per la propria mitezza.
La pecora fu addomesticata circa dal 9000 a.C.
In questo modo le comunità umane poterono disporre di una certa quantità di carne senza
dover andare a caccia, ma macellando le pecore che venivano allevate.
Inoltre fu possibile di disporre di latte animale ( = latte di pecora).
2) Successivamente fu addomesticata la capra, dal 7500 a.C
3) il maiale, dal 7000 a.C
4) i bovini, dal 5500 a.C ‐‐> questa data si connette con l'invenzione dell'aratro, che fu
inventato solo in seguito all'addomesticamento dei bovini
5) cavallo e asino, dal 3000 a.C
6) gallina, dal 2000 a.C
L'ARATRO
Un importante progresso per l'agricoltura fu rappresentato dall'invenzione dell'aratro.
L'aratro fu inventato intorno al 4000 a.C dalla popolazione dei Sumeri ( vivevano nella
Mesopotamia).
I Sumeri costruirono i primi aratri, costruendo un'enorme zappa e la munirono di un manubrio il
quale viene attaccato ad una coppia di animali da tiro ( solitamente bovini : buoi o vacche).
Questa coppie di animali aveva la funzione di trainare l'aratro lungo il campo. Al contadino
rimane comunque un compito che è molto pesante: sollevare la lama dell'aratro, di modo che la
lama potesse tagliare il terreno secondo l'angolatura voluta.
Il passaggio dalla zappa all'aratro rappresentò un significativo progresso nell'agricoltura. L'aratro
serviva a scavare dei solchi nel terreno, nei quali veniva poi gettata la semente delle piante che si
volevano coltivare.
I primi aratri erano in grado soltanto di scavare dei solchi nel terreno, ma non erano in grado di
rivoltare la zolla scavato.
Tuttavia, già dal 4000 a.C, utilizzando l'aratro si notò che era possibile coltivare, impiegando lo
stesso tempo di chi lavorava con una zappa, un campo di quattro volte più grande; quindi cresceva
di quattro volte la produzione ottenuta.
LA NASCITA DELLA METALLURGIA
Un altro importante cambiamento che ebbe luogo nell'età della rivoluzione agraria e che riguardò
l'attività manifatturiera, fu la nascita della metallurgia, ossia le comunità impararono a fondere i
metalli e a produrre una serie di manufatti in metallo.
Si distinguono tre età:
1. età del rame ‐‐> 6000 a.C in Medio Oriente; 4000 a.C in Europa
2. età del bronzo ‐‐> 3000 a.C
3. età del ferro ‐‐> 1000 a.C
ETA' DEL RAME
Il primo metallo che gli uomini impararono a fondere fu il rame.
La fusione del rame è data a partire dal 6000 a.C in Medio Oriente e a partire dal 4000 a.C in
Europa, e quindi fu possibile costruire manufatti di rame.
Si utilizzano per la prima volta parti in metallo per la costruzione degli attrezzi agricoli.
Si costruiscono le prime falci e i primi falcetti muniti di lama in metallo, e non più di pietra o di
denti di animali defunti.
Fu inoltre possibile usare il metallo per costruire il vomere degli aratri ( il vomere è quella parte
dell'aratro che si utilizza per tendere il terreno).
I metalli vennero utilizzati anche per costruire le armi ‐‐> progresso della tecnologia bellica.

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ETA' DEL BRONZO
Il bronzo è una lega di rame e stagno.
L'età del bronzo parte dal 3000 a.C.
ETA' DEL FERRO
Ad un certo punto l'uomo imparò anche a fondere il minerale di ferro. L'età del
ferro parte dal 1000 a.C.
Ora è possibile costruire arati con componenti in ferro ( aratro romano ‐‐> si nota un ulteriore
progresso poiché esso è formato da due componenti in ferro, il vomere e il coltro che è un coltello
che taglia il terreno dall'alto verso il basso; il vomere invece lo taglia dal basso verso l'alto. Così si
ottiene una profonda aratura).
L'avvento della rivoluzione agraria porta con sé due importanti trasformazioni:
• RAPPORTO UOMO‐AMBIENTE: ora le comunità umane iniziano a modificare l'ambiente
nel quale vivono ( es. Disboscamenti per conquistare nuovi terreni per la coltivazione;
sradicano erbe inutili; puliscono i terreni da impurità; erigono dighe per impedire ai fimi di
allagare i terreni coltivati; scavano canali per irrigare i terreni durante le stagioni secche;
costruiscono strade e si sviluppano i commerci ‐‐> azioni dell'uomo che modificano
l'ambiente per sfruttare le risorse).
• VITA SOCIALE: ORGANIZZAZIONE DELLE COMUNITA' UMANE: si tratta di un
cambiamento radicale.
Le comunità umane dell'età precedente alla rivoluzione agraria vivevano in quella che può
essere definita un'economia comunistica, in cui le poche risorse disponibili erano
considerate proprietà delle comunità ( erano comunità molto piccole). Queste risorse ( es.
Carni essiccate, pesci...) venivano distribuite a ciascun membro della tribù secondo i propri
bisogni ( dai capi delle tribù).
L'avvento dell'agricoltura e dell'allevamento portano con sè la distribuzione di questa
economia comunistica.
Questo avvento consente ad un numero crescente di famiglie di diventare delle unità
economiche autosufficienti, quindi non sentono più il bisogno di condividere tutte le
ricchezze con l'intera comunità: nasce così la proprietà privata.
Si passa quindi da un'economia comunistica ad un'economia in cui si afferma la proprietà privata;
questo passaggio fa aumentare la disuguaglianza: succede che all'inizio la terra viene divisa in
appezzamenti uguali alle varie famiglie ma poi succede che alcune famiglie riescono ad
accumulare più scorte di altre, e quindi a diventare più ricche di altre. Alcuni coltivatori poterono
accumulare delle eccedenze di prodotti agricoli che poterono scambiare con utensili più
perfezionati ( es. Armi), i quali permisero loro di aumentare la produzione.
Il risultato di questi processi fu che la rivoluzione agraria finì per trasformare le comunità
egualitarie dell'epoca precedente in società gerarchiche.
Se un contadino semina grano sullo stesso terreno tutti gli anni, nel corso del tempo il raccolto
di grano aumenta, resta uguale o diminuisce?
Diminuisce perché il territorio perde fertilità.
Di questo fatto si accorsero anche le comunità umane, che trovarono una soluzione: la rotazione.
L'avvento della rivoluzione agraria portò con sè anche l'invenzione delle rotazioni agrarie.
LE ROTAZIONI AGRARIE DELLE COLTURE
Nell'antica Grecia e nella Roma antica la rotazione agraria più diffusa era la rotazione biennale,
caratterizzata dall'alternarsi su uno stesso terreno di un anno di coltivazione a grano e di un anno a
maggese ( = riposo periodico).
La rotazione biennale funzionava così: i terreni disponibili venivano suddivisi in due parti di una
uguale estensione.

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Il primo anno una metà del terreno veniva seminata a grano, e l'altra metà era lasciata a maggese
affinché recuperasse fertilità.
L'anno successivo le due destinazioni si invertivano: quella metà del terreno che l'anno precedente
era stata coltivata a grano, ora viene lasciata a maggese, mentre la seconda metà del terreno che il
primo anno era stata lasciata a maggese, viene ora coltivata a grano.
Questo sistema dava un vantaggio ma anche qualche svantaggio:
• vantaggio: consentiva comunque di avere ogni anno un raccolto di grano e di preservare la
fertilità dei terreni disponibili.
• Svantaggi:
1) le rese del grano erano molto basse perché era bassa produzione foraggera; quindi
c'era poco bestiame, il che significava che c'erano pochi concimi da distribuire sulla parte di
terreno coltivata a grano.
2) ogni anno, per garantire la sostenibilità a lungo periodo di questo sistema, la metà
delle terre disponibili era lasciata a maggese, quindi su di esse non cresceva nessun raccolto.
A partire dal Basso Medioevo ( 1000 a.C alla peste di metà '300) in alcuni territori dell'Europa
centro‐settentrionale ( es. Fiandre, Francia, Germania, Inghilterra : territori con frequenti piogge) si
ha il passaggio dalla rotazione biennale ad un nuovo tipo di rotazione = rotazione triennale).
Con la rotazione triennale i territori disponibili vengono divisi in tre parti:
1. primo anno: un terzo del terreno viene coltivato seminando un cereale invernale ( frumento
e segale); nella seconda parte si semina o un cereale primaverile ( orzo, avena) oppure dei
legumi ( fave, ceci, fagioli, piselli); la terza parte è lasciata a maggese.
2. Secondo anno: la parte del terreno che l'anno prima era coltivata a cereale invernale ora
viene coltivata a cereale primaverile o a legumi; la seconda parte lasciata a maggese; la terza
coltivata a cereale invernale
3. terzo anno: la prima parte viene lasciata a maggese; la seconda coltivata a cereale invernale,
e la terza a cereale primaverile o a legumi.
Questo sistema dà alcuni vantaggi:
● solo un terzo dei terreni è lasciato a maggese, quindi si riescono a coltivare i due terzi dei
terreni disponibili ‐‐> si ottiene un prodotto maggiore.
● Ogni contadino ogni anno può contare su due raccolti anziché su uno.
Se uno dei due raccolti dovesse essere compromesso da un evento calamitoso, il contadino
potrebbe puntare sull'altro raccolto ( invece con la precedente rotazione biennale il
contadino poteva contare solo su una parte e, se essa veniva danneggiata da calamità
naturali, il contadino perdeva la propria produzione).
LE CORPORAZIONI ARTIGIANE
I primi produttori specializzati di beni manufatti erano artigiani che lavoravano come ambulanti: si
muovevano la un posto ad un altro.
Mano a mano la domanda di questi beni aumentò e di fronte a ciò non fu più necessario per questi
ambulanti muoversi da un posto all'altro, ma poterono stabilirsi in città dove aprirono le loro
botteghe, nelle quali producevano e commercializzavano i beni da loro prodotti.
Poi, con il passare del tempo, accadde che mano a mano che cresceva il numero degli artigiani
specializzati in uno stesso mestiere, si stabilissero e si riunissero in uno stesso quartiere della città,
questo per la comodità sia dei clienti sia dei fornitori degli artigiani. Questa riunione degli artigiani
dediti ad uno stesso mestiere e stabiliti in uno stesso quartiere, portò già nell'antichità classica ad
un'importante innovazione: la nascita della CORPORAZIONE‐‐> gli artigiani che svolgevano lo
stesso mestiere si riunivano in un'apposita corporazione.
In quell'epoca le corporazioni svolgevano due attività principali:

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● FUNZIONE DI CARATTERE RELIGIOSO: la religione prevalente in Europa e i medio
oriente era il Paganesimo ( = religione politeista), e ogni corporazione aveva il proprio dio e
la propria dea da venerare.
Quindi la corporazione si dedicava alla funzione dell'esercizio del culto della propria
divinità.
Ad occupare le cariche religiose erano gli stessi membri della corporazione.
● FUNZIONE DI MUTUA ASSISTENZA fra gli artigiani associati: poteva capitare che un
artigiano si ammalasse e quindi se per un certo periodo non era in grado di esercitare il
proprio mestiere, la corporazione poteva erogargli un piccolo sussidio che gli permettesse di
sussistere nel periodo di malattia.
Oppure capitava che quando un artigiano moriva, la corporazione erogava alla vedova e/o ai
figli un piccolo sussidio.
Poi dopo la caduta dell'impero romano ci fu un periodo di decadimento economico in Europa
contrassegnato anche dal declino delle corporazioni ‐‐> declino dell'attività manifatturiera.
LE CORPORAZIONI NEL MEDIOEVO
Accadde poi che gli anni del Basso Medioevo ( dal 1000 alla peste del 1300) furono una fase di
espansione dell'economia europea.
Le attività manifatturiere aumentarono di nuovo in molte città e con la loro ripresa ci fu una fase di
nuova fioritura delle corporazioni artigiane.
Quindi in questo periodo le corporazioni divennero anche molto più specializzate rispetto a quelle
dell'età classica.
Se prima in città vi era un'unica corporazione che riuniva tutti gli artigiani che lavoravano il legno,
ora tendono a formarsi corporazioni più specializzate ( es. Corporazione dei soli carpentieri che si
distingueva dalla corporazione dei falegnami) ‐‐> poi dalla corporazione dei falegnami si
costituirono specializzate, ad esempio per gli intagliatori, che svolgevano un lavoro che richiedeva
una maggiore precisione. Si formarono anche corporazioni per i decoratori dei prodotti in vetro.
Dunque la crescita del mercato costituì una maggiore specializzazione dei vari artigiani e gli
artigiani specializzati tendevano a riunirsi in corporazioni specializzate.
Nel Medioevo cambiarono anche le funzioni delle corporazioni: da un lato venne a meno la
funzione di carattere religioso ( ‐‐> il Paganesimo era stato soppiantato dalla nuove religione
Cristiana) e quindi le corporazioni non avevano più la propria divinità da venerare.
Infatti l'organizzazione del culto spettava alla Chiesa Cattolica e non più alle corporazioni.
Tuttavia le corporazioni si arricchiscono di nuove funzioni:
● FUNZIONE DI CARATTERE ASSISTENZIALE nei confronti dei loro membri, come già
in passato
● FUNZIONE DI PROTEGGERE IL MESTIERE ARTIGIANO nel suo complesso attraverso
una rigida regolamentazione della produzione, ossia ogni corporazione si dava un proprio
statuto nel quale si stabiliva in che modo gli artigiani potevano organizzare la produzione
nelle loro botteghe: stabilivano gli strumenti di produzione da poter utilizzare.
Un artigiano non poteva fare nulla senza il consenso della corporazione.
Lo scopo della regolamentazione della produzione era da un lato quella di garantire la
qualità della produzione, ma dall'altro era di evitare una possibile concorrenza tra gli
artigiani di una stessa corporazione.
Quest'ultimo obiettivo era anche l'obiettivo principale di altre due ulteriori funzioni. ●
REGOLAMENTAZIONE DEL COMMERCIO, esercitato dagli artigiani.
Un artigiano produceva vari beni rispettando la regolamentazione della produzione.
L'artigiano quindi produceva questi beni per venderli.

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Lo scopo della corporazione era di evitare che un artigiano diventasse ricchissimo rispetto
ad altri; quindi un altro scopo della corporazione era anche regolamentare in che modo
l'artigiano poteva svolgere l'attività di vendita dei beni.
Era stabilito che un artigiano potesse vendere i propri prodotti solo all'interno della propria
bottega ‐‐> non poteva andare in giro a vendere.
● FISSAZIONE DEI PREZZI E DEI SALARI: allo stesso modo gli artigiani non potevano
stabilire i prezzi dei loro prodotti; i prezzi venivano stabiliti dalla corporazione. Allora la
corporazione stabiliva anche l'orario di lavoro: l'orario notturno era vietato ( anche per
mancanza di luminosità, quindi si rischiava di fare male il lavoro). Inoltre anche
l'organizzazione del lavoro era gestito dalle corporazioni, le quali stabilivano quanti addetti
potesse avere un artigiano nella propria bottega.
L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Solitamente i membri delle corporazioni erano suddivisi in tre figure:
1. maestri artigiani: erano i titolari delle botteghe ma il numero dei maestri era regolamentata
dalla corporazione stessa.
Ciascun maestro poteva impiegare quanti figli/ fratelli/ nipoti desiderasse. Tuttavia era
fissato un limite severo sul numero di non‐familiari che potevano lavorare nella bottega.
Il maestro poteva anche assumere un certo numero di apprendisti.
Tuttavia gli statuti corporativi erano molto rigidi nel limitare il numero massimo di
apprendisti che ogni maestro potesse assumere ( uno o due per ogni maestro)
2. apprendisti: erano dei giovani che entravano nella bottega in età molto giovane
( adolescenti), ragazzi ai quali il maestro insegnava il mestiere tipico della corporazione.
Gli apprendisti iniziavano con i compiti più semplici, poi mano a mano svolgevano
mansioni sempre più complesse.
Terminato l'apprendistato ( che poteva durare anche 10‐12 anni), l'apprendista poteva a sua
volta diventare maestro.
Per diventarlo doveva adempiere ad alcune obbligazioni; doveva:
a) pagare una tassa al Re per ottenere la licenza per aprire la propria bottega
b) dimostrare alla corporazione di avere un capitale sufficiente per mettersi in proprio
c) sostenere un esame ( davanti ai dirigenti della corporazione) nel quale dovevano
dimostrare alla corporazione la loro abilità nell'esercizio del mestiere attraverso la
produzione di un " capolavoro".
In aggiunta venne introdotta la figura del valletto
3. v: alletto era solitamente un operaio adulto, al quale il maestro non era tenuto ad insegnare il
mestiere, ma il valletto era un lavoratore che svolgeva mansioni di manovalanza, ma non poteva
ambire a diventare maestro.
Le retribuzioni non erano lasciate alla contrattazione individuale, ma i salati erano stabiliti dalle
corporazioni con propri statuti e regolamentazioni.
PUTTING‐OUT SYSTEM
Gli artigiani più intraprendenti, però, volevano sviluppare e ampliare la loro attività, pur in presenza
di una legislazione corporativa che impediva loro di farlo.
Le corporazioni proibivano anche agli artigiani di subappaltare lavorazioni tipiche del mestiere ai
contadini che vivevano nelle campagne.
Tuttavia questa proibizione fu il primo divieto a non essere più rispettato, a partire dal 1200.
Capitò ad un certo punto che gli artigiani più intraprendenti ricorressero al subappalto di una serie
di lavorazioni al di fuori della città, e la corporazione non fu più in grado di punire gli artigiani che
violavano il divieto.
Quindi la corporazione divenne poi complice di alcune violazioni da parte di artigiani.

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La maniera più intraprendente che alcuni artigiani trovarono per sviluppare la propria attività fu
un ricorso al lavoro a domicilio nelle campagne ( = putting‐out system). Il putting‐out system
ebbe un importante sviluppo nella produzione di panni di lana delle Fiandre.
In quell'epoca le Fiandre erano la più importante regione manifatturiera d'Europa. La
produzione più importante di quest'area era appunto quella dei panni di lana, che iniziarono
ad essere il principale prodotto del commercio a lunga distanza.
‐‐> i panni di lana erano beni che pesavano poco e valevano molto, e non facilmente deperibili.
Questo sistema di commercio internazionale di panni di lana aveva come centro le Fiandre.
DA MAESTRO ARTIGIANO A MERCANTE‐IMPRENDITORE
Ora la nuova figura dell'artigiano mercante, che gestisce la produzione di panni di lana, opera non
più principalmente per il mercato locale ma per il mercato internazionale.
Il putting‐out system consisteva in due successivi momenti di vendita:
1) l'artigiano mercante comperava lana grezza che vendeva poi al lavorante a domicilio che
viveva in campagna
2) il lavorante a domicilio fabbricava il panno di lana e poi dopo lo rivendeva al mercante
imprenditore.
Il mercante imprenditore aveva una posizione di grande vantaggio rispetto al lavorante a domicilio
perché, anche se il lavorante a domicilio fosse stato proprietario dei propri mezzi di produzione, il
mercante imprenditore non aveva alcun obbligo di ricomprare il panno di lana che il contadino
aveva prodotto.
Pertanto i lavoranti a domicilio si trovavano in una condizione di forte dipendenza dai mercanti
imprenditori.
Già nel Basso Medioevo si creò una prima divisione del lavoro che coinvolgeva tutte le principali
aree d'Europa e del Bacino del Mediterraneo.
Al commercio dei panni di lana a lunga distanza partecipavano un po' tutte le principali aree
dell'Europa e del Bacino del Mediterraneo.
LA DIVISIONE DEL LAVORO NEL MEDIOEVO
Il ciclo produttivo partiva dalla lana grezza fornita dall'Inghilterra che era un'area economicamente
arretrata.
Le corporazioni in Inghilterra nel '200 e nel '300 erano deboli.
L'attività economica principale in Inghilterra era l'allevamento delle pecore, e si produceva lana
greggia.
La maggior parte della lana greggia prodotta dall'Inghilterra veniva acquistata dai mercanti –
imprenditori fiamminghi, che le distribuivano ai lavoranti a domicilio i quali vivevano nelle
campagne fiamminghe e producevano i panni grezzi.
Poi il mercante‐imprenditore ricomprava questo panno e lo sottoponeva ad un ulteriore trattamento,
la follatura = è un'operazione che comprende la pulitura del tessuto e un trattamento volto a rendere
il tessuto più compatto. La follatura avveniva immergendo il panno in una vasca, nella quale era
stata versata una miscela di acqua, di argilla assorbente e di altre sostanze minerali.
Nel Basso Medioevo i mercanti fiamminghi costruirono una macchina, la gualchiera: essa veniva
azionata da una ruota idraulica che metteva in movimento un albero a canne, le quali sollevavano e
poi lasciavano cadere due martelli enormi di legno.
I martelli cadono nella vasca dove sono sistemati il panno e la miscela, così la gualchiera svolge con
maggior efficacia la stessa operazione che prima veniva svolta dalle gambe degli operatori.
La gualchiera ovviamente non poteva stare nelle case dei contadini, quindi i mercanti fiamminghi,
dopo aver ricomprato i panni di lana, li portavano nelle loro botteghe dove avevano installato le
gualchiere.
A questo punto, effettuata la follatura, i mercanti potevano procedere ad effettuare in proprio anche
la tintura e la rifinitura dei panni.

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A questo punto i panni potevano essere inviati, a livello marittimo, agli acquirenti in varie parti
dell'Europa.
Però non tutti i panni venivano anche sottoposti a tintura e rifinitura: una grande parte veniva
indirizzata come panni grezzi verso le fiere che si svolgevano nella regione francese della
Champagne.
Nelle fiere i mercanti fiamminghi incontravano i mercanti italiani, i quali acquistavano i panni
grezzi e li portavano verso i maggiori centri manifatturieri italiani ( Milano e Firenze). Qui questi
panni venivano tinti e rifiniti, poi erano inviati presso i maggiori empori commerciali italiani
( Genova e Venezia) dove i mercanti italiani erano in contatto con le città bizantine e musulmane
dell'area del Mediterraneo dove i panni venivano esportati.
RIVOLUZIONE AGRONOMICA ( O SECONDA RIV OLUZIONE AGRICOLA )
Si tratta di una profonda trasformazione, di un profondo cambiamento che ha interessato
l'agricoltura inglese che ha preceduto ed accompagnato la prima rivoluzione industriale. La
rivoluzione agronomica inizia circa un secolo prima della prima rivoluzione industriale e dopo,
quando ad essa si affianca anche la rivoluzione industriale, la rivoluzione agronomica si svolge
parallelamente alla prima rivoluzione industriale.
Si tratta di un profondo cambiamento che ha interessato l'agricoltura inglese tra il 1650 e la prima
metà del XIX secolo.
La rivoluzione
eliminazione del maggese, sostituito dalla rotazione continua delle colture. agronomica
introduzione di nuove colture nelle rotazioni colturali consiste
nell'introduzione di cinque novità in agricoltura:
1. 2.

miglioramento degli attrezzi agricoli tradizionali e introduzione di nuovi attrezzi agricoli


selezione delle sementi e delle razze degli animali che venivano allevati
le recinzioni dei terreni
Queste due prime novità sono, dal punto di vista tecnico, le due più importanti.
3.
4.
5.
Le prime 4 novità sono di carattere tecnico, mentre l'ultima è di carattere istituzionale ( riassetto
della proprietà dei terreni).
Tra queste novità non vi è l'invenzione dei concimi chimici, che vengono inventati intorno alla metà
dell'800 (vicenda successiva alla seconda rivoluzione agronomica).
Punto numero 1. SOPPRESSIONE DEL MAGGESE E AVVENTO D ELLA ROTAZIONE
CONTINUA DELLE COLTURE
Si è visto che nella maggior parte dell'Europa si erano diffusi due principali sistemi colturali:
rotazione biennale e rotazione triennale.
Entrambi erano basati sul ricorso al riposo periodico del terreno, che avveniva un anno ogni due
nella rotazione biennale e un anno ogni tre nella rotazione triennale. Si trattava di sistemi basati sul
ricorso periodico all'anno di maggese per evitare che la coltura di cereali portasse ad una perdita di
fertilità dei fondi; però questo fatto era uno svantaggio perché il ricorso al maggese condannava a
lasciare incolti ogni anno la metà o un terzo dei terreni disponibili. Si scoprì ad un certo punto che
vi erano piante che avevano la capacità di ripristinare la fertilità dei terreni meglio di quanto
riusciva a fare l'anno di maggese. Questa scoperta avvenne prima in Olanda e in Belgio ma poi si
diffuse anche in Inghilterra.

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Vi erano le colture foraggere ( prati di trifoglio, di erba medica, di lupinella) che avevano la
capacità di reintegrare il terreno delle proprie sostanze nutritive che venivano ad esso asportate dai
cereali meglio di quanto riuscisse a fare l'anno di maggese.
Ciò accadeva grazie al fatto che le radici di queste piante da foraggio avevano la capacità di
reimmettere nel terreno l'azoto ( principale sostanza che i cereali assorbono dal terreno).
Le loro foglie hanno la capacità di assorbire l'azoto dall'atmosfera, e allo stesso tempo le radici di
queste piante riescono ad immettere nel terreno l'azoto che queste piante riescono ad esportare
dall'atmosfera.
Pertanto si vide che queste piante davano un duplice vantaggio:
1. reintegrare nel terreno l'azoto atmosferico meglio di come faceva l'anno di maggese.
2.produrre molto più foraggio per il bestiame di quanto non riuscisse a fare il pascolo sui campi
lasciati a maggese.
Quindi divenne naturale sostituire il maggese con la coltivazione dei prati artificiali, che entrarono
in una regolare rotazione con i cereali.
Ad un certo punto il maggese finì per essere completamente abbandonato e fu sostituito da sistemi
colturali basati sulla rotazione continua delle colture: ciò significa che tutta la terra disponibile ogni
anno viene sottoposta a sfruttamento e non vi è più l'anno buco lasciato a maggese.
In questo modo si riesce a trovare un sistema per coltivare tutti gli anni tutta la terra disponibile ed
evitare che i terreni perdano fertilità.
Era dunque possibile accrescere la fertilità dei terreni perché da un lato le radici delle piante
foraggere reintegravano l'azoto nel terreno meglio di quanto facesse l'anno a maggese, ma anche per
il fatto che l'introduzione delle colture foraggere nelle rotazioni
consentiva di aumentare il numero di capi di bestiame nell'attività agricola. Più
bestiame consentiva di ottenere una maggior parte di concimi naturali che
consistevano nel letame prodotto dal bestiame allevato nelle aziende agricole.
Punto numero 2. INTRODUZIONE DI NUOVE COLTURE
Ci fu l'introduzione di nuove colture che sino a quel momento erano poco coltivate e che, anche se
lo erano, venivano coltivate su piccole estensioni di terreno e non entravano in una regolare
rotazione con i cereali e con le piante leguminose presenti nella rotazione triennale.
Le nuove rotazioni continue, nelle quali il maggese era stato eliminato, divennero piu sofisticate:
ovvero nelle nuove rotazioni colturali praticate entrarono in una regolare rotazione con i cereali non
solo i prati artificiali ma anche altre piante, in particolare le radici sarchiabili ( rape, patate,
barbabietole: a quell'epoca queste tre piante erano usate come foraggio per gli animali, ma non per
l'alimentazione umana).
Queste radici entrarono in un sistema di rotazione continua con i cereali invernali, primaverili e le
colture foraggere.
Quali proprietà avevano le radici sarchiabili?
Esse, a differenza dei prati da foraggio, non contribuivano a reintegrare la fertilità del suolo, però
davano altri vantaggi:
1. esse venivano piantate in piccoli filari e richiedevano una lavorazione profonda del terreno
prima di essere seminate.
Il terreno doveva essere arato quando veniva preparato per la semina delle radici sarchiabili; ciò
significava che era possibile portare in superficie degli strati di terreno situati più in profondità.
Queste profonde arature consentivano una migliore pulizia del terreno.
2. d'altro lato queste radici venivano seminate in piccoli filari e ciò implicava che esse
richiedessero delle accurate sarchiature, ossia richiedevano una cura particolare nel tenere il terreno
pulito dalle erbe infestanti.
3.vi era un ulteriore vantaggio rispetto al maggese: queste radici fornivano una quantità di foraggio
anche essa superiore a quella fornita dal pascolo sul terreno lasciato a maggese e quindi anche le

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radici consentivano di allevare un maggior numero di capi di bestiame rispetto a quanto avveniva
quando si ricorreva al maggese.
Come conseguenza di queste innovazioni,si diffusero dei nuovi sistemi di rotazione continua che
potevano avere una durata dai 4 ai 12 anni. Il più noto e anche il più semplice di questi sistemi fu il
sistema di NORFOLK ( che prende il nome della contea d'Inghilterra sud orientale).
Con questa rotazione continua il terreno è suddiviso in quattro parti ( rotazione quadriennale): il
primo anno il terreno viene coltivato a frumento ( cereale invernale), il secondo anno su questo
terreno si semina una radice sarchiabile ( solitamente rape), il terzo anno si semina un cereale
primaverile ( solitamente l'orzo), il quarto anno sul terreno veniva seminato il prato artificiale di
trifoglio, il quinto anno il ciclo ricominciava. Qui il maggese è scomparso. Ogni anno tutto il
terreno disponibile viene sottoposto a coltivazione e su questo terreno si alternano secondo una
successione regolare cereali invernali, radici sarchiabili, cereali primaverili e prati artificiali.
Quali sono i vantaggi che derivano dall'abbandono del maggese e dall'avvento di rotazioni
continue?
1. ogni anno viene sfruttato tutto il terreno disponibile
2. la rivoluzione agronomica consente di aumentare di molto l'integrazione tra agricoltura e
allevamento ( prima con la rotazione biennale e triennale l'agricoltura e l'allevamento erano
abbastanza slegate tra loro; prima lo spazio della superficie coltivata andava a discapito
dell'allevamento).
L'introduzione delle rape e dei prati artificiali trifoglio in una regolare rotazione con i cereali,
consente di realizzare un' integrazione tra agricoltura e allevamento, che ora riescono a svilupparsi
insieme.
In particolare la coltivazione delle rape e dei prati artificiali consente di produrre del fieno che può
essere conservato anche nella stagione invernale, quindi è possibile aumentare l'affollamento delle
stalle e il numero dei capi di bestiame allevati per unità di superficie coltivata.
Questa circostanza consente di aumentare la disponibilità di concimi naturali che accrescono
ulteriormente la fertilità dei terreni e permettono quindi di avere dei raccolti maggiori per unità di
superficie coltivata.
RESE DEL FRUMENTO IN INGHILTERRA DALLA META' DEL '400 ALLA META' DELL'
'800 Si può notare che ancora all'inizio della rivoluzione agronomica le rese del grano in
Inghilterra erano piuttosto basse; a metà '600 erano 8 quintali per ettaro, ma ancora su livelli
bassi; nel 1800 ( ormai in una fase progredita della rivoluzione agronomica) le rese del grano
sono raddoppiate, 16 quintali per ettaro;nel 1850 circa 21 quintali per ettaro. La possibilità di
allevare più bestiame significa anche avere ora più latte, più burro, più formaggio e più carne: la
rivoluzione agronomica consente un aumento della produzione agricola e anche una varietà
maggiore della produzione agricola e dell'allevamento. Di conseguenza, ora, le campagne
riescono a nutrire la popolazione inglese molto di più che in passato e a nutrirla anche molto
meglio.
Infatti la varietà di produzione delle campagne si è notevolmente allargata.
C'è un altro cambiamento importante: prima che avesse inizio la rivoluzione agronomica, le
campagne erano in grado di produrre solamente poco di più di quello che ai contadini serviva per la
loro sussistenza: i contadini riuscivano a produrre solo piccole eccedenze di derrate alimentari.
Da ciò conseguiva che le quantità di prodotti che i contadini riuscivano a portare sul mercato erano
relativamente limitate: prima della rivoluzione agronomica la maggior parte della produzione delle
fattorie era rivolta all'autoconsumo dei contadini stessi e solo una parte minoritaria della produzione
agricola era destinata alla vendita sul mercato. Ora invece l'aumento della produttività
dell'agricoltura consente ai contadini di produrre molto di più di quanto a loro serve per
sopravvivere. Vi sono tre conseguenze:

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1. le campagne riescono a mantenere una popolazione extra‐agricola crescente, e questa è una
precondizione per la rivoluzione industriale perché le campagne sono in grado di mantenere il
nascente proletariato di fabbrica.
2. ora una quota crescente della produzione viene destinata al mercato. Quindi cambia ed
aumenta il ruolo del mercato nell'orientare le scelte colturali dei contadini che prima della
rivoluzione agronomica decidevano che cosa coltivare guardando primariamente ai bisogni
sussistenziali delle loro famiglie. Ora invece la quota dell'autoconsumo diminuisce e aumenta la
propensione dei contadini a guardare ai segnali che giungono dal mercato nel momento in cui
decidono cosa coltivare sui loro terreni.
La produzione agricola diventa sempre più una produzione per il mercato e sempre meno una
produzione per l'autoconsumo dei contadini stessi.
3. migliora l'alimentazione della popolazione britannica. I Britannici sono meglio nutriti e
quindi diventano anche più robusti, aumenta la loro resistenza alla fatica e la loro salute. Si riduce
cosi la mortalità, la popolazione invecchia di più e aumentano la durata della vita media e la
consistenza stessa della popolazione britannica.
Punto numero 3. MIGLIORAMENTO DEGLI ATTREZZI AGRICOLI E INTRODUZIONE DI
NUOVI Questa è una vicenda che contribuisce al progresso dell'agricoltura inglese.
Principali novità che si verificano in questo ambito: si hanno dei progressi nella costruzione degli
aratri; qui i progressi si verificano su due fronti:
1.da un lato viene migliorata la forma degli aratri in modo da consentire un più perfetto
rovesciamento della zolla sollevata e da ridurre la fatica degli uomini e degli animali impegnati nei
lavori di aratura.
2. impiego sempre più ampio del ferro al posto del legno nella costruzione degli aratri, che
diventano più robusti e sono in grado di effettuare arature più profonde rispetto a prima.
I due aratri più noti furono gli aratri di Rotherham e di Hornsby.
Inoltre si ha anche l'introduzione di alcuni nuovi attrezzi agricoli: i più importanti furono la
seminatrice meccanica e la trebbiatrice meccanica.
La seminatrice meccanica fu inventata in Inghilterra a inizio 1700 e sostituì la semina a mano
consentendo di economizzare le sementi perché adesso ogni chicco di grano viene sistemato ad una
distanza regolare l'uno dall’altro, impedendo il sovraffollamento di sementi.
Queste seminatrici erano solitamente trainate da cavalli.
Seguì a fine 1700 l'invenzione della trebbiatrice meccanica. La trebbiatura è l'operazione con la
quale il grano viene separato dalla spiga e dalla paglia degli steli.
Sino all'invenzione della trebbiatrice meccanica, la trebbiatura veniva effettuata a mano
percuotendo il grano con il correggiato: esso era formato da due bastoni uniti tra loro da una
cinghia di cuoio. Il contadino impugnava uno dei due bastoni e, agitando il bastone attraverso la
cinghia, azionava l'altro bastone che percuoteva il grano che doveva essere trebbiato. Si trattava di
un'operazione lenta e faticosa che richiedeva una grande fatica fisica da parte dei contadini.
Alla fine del 1700 iniziarono a essere costruite le prime trebbiatrici meccaniche che meccanizzarono
questa operazione; erano macchine che potevano essere azionate dal vapore, dai cavalli o anche da
una ruota idraulica.
L'introduzione della trebbiatrice meccanica consentì un considerevole aumento della produttività
della trebbiatura del grano. Infatti prima, quando si utilizzava il correggiato, occorrevano 12 giorni
per trebbiare il grano prodotto da un ettaro di terreno. Ora invece con una trebbiatrice meccanica
azionata da una macchina a vapore,la stessa quantità di grano poteva essere trebbiata in due giorni.
Punto numero 4. SELEZIONE DEI RIPRODUTTORI ANIMALI
La selezione del bestiame fu ottenuta perseguendo sia un miglioramento delle razze locali ( bovini,
equini, suini), sia incrociando le razze locali con le razze straniere.

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L'obiettivo di questo processo di selezione era di ottenere dei capi di bestiame che dessero più
carne, più latte e anche più lana.
Il risultato fu che tra il 1710 e il 1795 il peso medio del bestiame sul mercato di Londra all'incirca
doppiò: passò da 170kg a 360 kg per i buoi, e da 17kg a 36 kg per i montoni.
Punto numero 5. LE RECINZIONI
Possiamo osservare che il terreno disponibile in Inghilterra (per quanto riguarda l'agricoltura inglese
prima che avesse inizio la seconda rivoluzione agricola) si caratterizzava per:
• i “common fields” → terreni comuni (comuni in quanto accessibili ai contadini del
villaggio). Sono i terreni situati più lontano rispetto al villaggio( i terreni esterni). Questi
terreni comuni sono di proprietà del signore del villaggio (aristocratico di campagna, che ha
un suo castello altrove però pur sempre nelle vicinanze delle terre). Queste terre comuni
non vengono coltivate, sono occupate da boschi, foreste, pascoli, paludi, acquitrini; quindi
sono terreni non coltivati, ai quali però i contadini possono accedere per far pascolare i loro
animali oppure possono raccogliere la legna, i frutti di bosco, more, fascine (le fascine sono
uno strumento importante usato per la costruzione di case/combustibili per il
riscaldamento), possono praticare la pesca in quanto ci sono paludi e acquitrini.
Quindi le “terre comuni”, anche se non coltivate, sono comunque fornitrici di importanti
risorse per i contadini.
• gli “open fields” → campi aper . Essi sono più vicini al villaggio rispe o alle terre
comuni. Queste terre vengono sottoposte a regolare coltivazione. Le terre coltivate erano
chiamate “open fields” e venivano coltivate in base al sistema dei campi aperti.
I terreni coltivati erano distribuiti tra i contadini in una maniera molto diversa rispetto ad oggi (la
struttura della proprietà rurale era molto diversa rispetto ad oggi).
I terreni coltivati erano suddivisi in tante “parcelle di terreno” ( cioè delle striscioline di terreno),
che erano molto lunghe e molto strette.
Le strisce erano distribuite in maniera discontinua, magari il contadino A, può avere 3‐4 terreni ma
distanti fra di loro. Quindi la proprietà fondiaria di ogni singolo contadino era costituita da tante
piccole particelle di terreno di forma stretta ed allungata situata il più delle volte a notevole distanze
le une rispetto alle altre (distanze considerevoli).
Queste strisce di terreno non erano recintate, non c'erano barrire fisiche che delimitassero il confine
tra una parcella di terreno e l'altra.
Per questo motivo questi terreni vengono chiamati open fields (campi aperti), perchè le parcelle di
terreno di proprietà di contadini diversi non sono separate tra di loro da barrire di carattere fisico.
Questo perchè il tipo di sfruttamento a cui questi terreni erano sottoposti non rendeva conveniente
mettere delle barriere che separassero i confini delle varie parcelle di terreno. Un punto importante,
è che in questo sistema agricolo vigeva un misto di:
 agricoltura individualistica
 agricoltura comunitaria
Il singolo contadino non era libero di decidere lui che cosa
coltivare su ciascuna delle strisce di terreno.
Accadeva che tutto questo immenso numero di parcelle di terreno venisse raggruppato in due o tre
grandi fette di terreno. Erano raggruppate in:
1) due fe e di terreno →e rotazione biennal
2) tre fe e di terreno → rotazione triennale
(noi per comodità facciamo finta che nel nostro villaggio si adoperasse la
rotazione biennale).
A questo punto, nella rotazione biennale il terreno veniva diviso in due grandi fette di terreno:

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 la prima fetta: cioè tutte le terre collocate a nord. La comunità del villaggio decideva che
tutte queste terre venissero coltivate a grano. Erano tutti obbligati a coltivare grano, non
potevano coltivare qualcos'altro.
 la seconda fetta: cioè tutte le terre collocate a sud. La comunità del villaggio decideva che
tutte queste terre venivano lasciate a maggese.
L'anno successivo si invertiva il tutto, le terre coltivate venivano lasciate a maggese, e le terre che
prima erano a maggese ora venivano coltivate a grano.
Dopo che era stato deciso che cosa si coltivava (cioè il grano), il contadino doveva arrangiarsi
autonomamente per quanto riguardava le operazioni di: aratura, coltivazione, seminatura; il
contadino doveva anche erpicare, doveva togliere le erbacce dalle sue parcelle di terreno.
Quando il grano maturava, doveva individualmente procedere alla mietitura di tutte le sue terre.
Dopo che il grano era stato mietuto, accadeva che si tornava ad un agricoltura comunitaria, tutto il
bestiame e gli animali dei contadini venivano riuniti in un'unica mandria, guidata da un mandriano,
e gli animali venivano portati a pascolare nelle stoppie del grano appena mietuto, mangiando
stoppie e concimandolo.
Allo stesso modo i terreni lasciati a maggese (essi non aveva barriere che delimitassero i loro
confini) potevano essere usati per portare gli animali a pascolare.
Ad un certo punto si realizzò che questo sistema agrario (common fields e open fields) era di
ostacolo all'innovazione e al progresso agricolo.
Perchè questo sistema disincentivava l'innovazione e il progresso agricolo?
Il contadino non era libero di decidere lui quali piante seminare sulle sue parcelle di terreno, quindi
se ci fosse stato qualche contadino molto innovatore che avesse voluto introdurre lui nuove colture
non lo poteva fare a meno che non riuscisse a convincere la maggioranza degli abitanti del
villaggio.
Ma nessuno avrebbe mai avuto questa idea, perchè le parcelle non erano separate da barriere, quindi
se un contadino avesse piantato piante nuove, queste sarebbero state mangiate dal bestiame (perchè
i campi non erano recintati).
Era difficile anche perchè i contadini si trovavano in un ambiente conservatore, dove si usavano le
stesse tecniche da anni e anni che erano state tramandate da secoli e secoli.
Le decisioni riguardo a cosa coltivare ogni anno venivano prese in maniera “non democratica”.
Inoltre un ulteriore elemento che fungeva da forte disincentivo all'innovazione era il fatto di non
avere le recinzioni e quindi che le terre fossero aperte al pascolo comune degli abitan → a questo
problema si rispose a uando una massiccia redistribuzione della proprietà terriera e delle modalità
di utilizzo/sfruttamento dei terreni disponibili. Questo processo di redistribuzione delle terre prese
il nome di “recinzioni”.
LE RECINZIONI
Furono un processo di redistribuzione e riaccoppiamento dei terreni precedentemente suddivisi in
open fields e common fields, in modo da creare dei fondi agricoli compatti, delimitati da siepi, fossi
e recinti.
Cosa bisogna fare per ottenere la recinzioni?
Per ottenere la recinzioni bisogna presentare una petizione al Parlamento inglese
( Enclosure Act), e questa approvazione doveva partire dai contadini.
La petizione per essere approvata doveva essere firmata da un numero di proprietari terreni, che
mettendo insieme le loro terre raggiungessero almeno i 4/5 della superficie agraria interessata.
(A volte quindi bastava che firmassero coloro che avevano un'estensione della terre molto grande).
Una volta che il Parlamento aveva votato la petizione, il Parlamento stesso nominava un gruppo di
commissari (4‐5 persone) che avrebbero dovuto dirigere tutte le operazioni necessarie per
procedere alla recinzione delle terre in oggetto.

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Quindi occorreva ad esempio, che questi commissari si occupassero dalla misurazione delle terre
del villaggio, che valutassero il reddito delle terre, i diritti vantati dalle persone sulle terre comuni,
(cioè controllavano che le terre fossero realmente di chi dicevano di essere), discutessero i reclami
che qualcuno delle abitanti del villaggio avesse presentato (ecc..). Dopo tutte queste operazioni, i
commissari preparavano il piano delle recinzioni. In questo piano, quelle terre che prima erano
divise in common e open fields venivano riorganizzate in modo da dare vita a tanti fondi agricoli,
ciascuno dei quali doveva essere circondato da recinzioni.
In questo modo però il proprietario ha la piena disponibilità del fondo recintato. Ora il
proprietario ha la possibilità di insediarsi nel fondo che gli viene assegnato. Lui è libero di
chiudersi nella sua nuova proprietà che poteva demarcare dalla proprietà altrui con un recinto.
Il proprietario, una volta insidiato nel suo fondo, è libero di fare quello che vuole: è libero di
introdurre nuove colture e nuove rotazioni.
Il fatto che il fondo fosse recintato impediva l'accesso al bestiame del vicino e degli altri abitanti del
villaggio, quindi questo costituisce una sicurezza maggiore per il contadino e per le sue terre.
C'è un intreccio molto forte tra:
• recinzioni dei terreni
• diffusione delle altre innovazioni della rivoluzione agronomica
Quello che cambiava era che, una volta recintate le terre, cambiava la natura del tipo di agricoltura
praticata.
PRIMA DOPO:
‐ Agricoltura comunitaria ‐ Solo agricoltura individualis ca → perchè ci
sono le recinzioni
‐ Agricoltura individualistica ‐ Il contadino può fare quello che vuole nel
suo terreno
EFFETTI SOCIALI DELLE RECINZIONI
1. Le recinzioni sconvolgono l'assetto sociale delle campagne inglesi → ebbero effe devastanti
sulle campagne inglesi. A chiedere le recinzioni furono i grandi proprietari dei villaggi. Le
recinzioni furono un processo che fu subito dai piccoli contadini/contadini piccolissimi.
2. Scompare il piccolo contadino → egli finì per essere cacciato dai villaggi:
• non riesce a far valere le sue ragioni e i suoi diritti davanti ai commissari governativi
• anche se otteneva un minuscolo appezzamento di terreno, il piccolo contadino non aveva i
capitali per recintarlo
• si trova pertanto costretto a vendere il suo piccolo fondo ai proprietari terreni maggiori
• di conseguenza crescono i mendicanti e i miserabili
• i contadini scacciati dalle campagne vanno ad aumentare il nuovo proletario di fabbrica →
tu o ciò portò ad un flusso migratorio verso le ci à
INTERRELAZIONI TRA RIVOLUZIONE AGRONOMICA E RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
● la diffusione dei nuovi attrezzi agricoli comporta un sensibile aumento della domanda di
ferro
● l'accresciuta ricchezza degli agricoltori diede loro la possibilità di disporre di risorse
supplementari per l'acquisto di prodotti manufatti, si allarga il mercato per i beni manufatti
● gli agricoltori sono ora in grado di produrre più di quanto serve loro per mangiare. Di
conseguenza le campagne riescono a mantenere un numero crescente di
lavoratori (ex‐agricoli che andavano a lavorare nelle fabbriche)

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● l'accresciuta ricchezza degli agricoltori consente loro di accumulare dei capitali che vengano
reinvestiti non sono in agricoltura ma anche nella nascente industria.
LA RIVOLUZIONE DEMOGRAFICA
La rivoluzione industriale fu accompagnata da una crescita senza precedenti della popolazione.
Come abbiamo anticipato sino alla prima metà del 1700, la popolazione mondiale era cresciuta in
maniera molto lenta, quasi impercettibile.
Il problema prima della rivoluzione industriale era che gli aumenti non erano accompagnati da
aumenti di pari entità della produzione, cioè quando la popolazione iniziava a crescere, questa
crescita della popolazione non era accompagnata da un aumento di pari entità delle risorse
disponibili.
Il risultato era che la disponibilità di risorse alimentari (in generale) per abitante diminuiva, e questo
fatto avrebbe avuto l'effetto di provocare una crisi demografica (perché la popolazione mangiava
poco e male, diventava meno resistente ad eventi come epidemie, catastrofi naturali) con il risultato
che ad un certo punto si presentava una punta di mortalità catastrofica che provocava una forte
diminuzione della popolazione la cui entità tornava più o meno sui livelli precedenti all'avvio della
fase di crescita demografica.
La rivoluzione industriale fu accompagnata da una rivoluzione demografica. Le società agricole
dell'età preindustriale sono caratterizzate dalla contemporanea presenza di elevati tassi di natalità
(rapporto tra il numero di bambini che nascono in un anno e la popolazione residente in un
territorio) e di elevati tassi di mortalità (rapporto tra il numero di bambini che muoiono in un anno
e la popolazione residente in un territorio). Il tasso di natalità era di solito pari al 35/40 per 1000
(ogni anno nascevano 3‐4 bambini per abitante residente nel territorio), mentre il tasso di mortalità
era pari al 30‐35 per 1000.
Il regime demografico delle società agricole preindustriali è quello che corrisponde alla prima fase.
La rivoluzione demografica si articola in quattro fasi:
• il tasso di natalità è più alto del tasso di mortalità. Tutti e due i tassi sono su livelli molto
alti, e soprattutto un altro aspetto è che vi sono delle oscillazioni molto forti da un anno
all'altro dei tassi. Questo voleva dire che l'andamento della natalità e mortalità era molto
influenzato da cambiamenti, anche molto piccoli, nell'ambiente in cui la popolazione viveva
(es. Raccolto inferiore alla norma, la popolazione era peggio nutrita, ed essendo peggio
nutrita, diventata meno fertile, meno potente quindi la natalità diminuiva oppure un raccolto
inferiore rendeva la popolazione più debole alle malattie, alle epidemie e questo faceva
aumentare il tasso di mortalità). Si vede che, al di là di queste oscillazioni, il tasso di
natalità e sempre più alto del tasso di mortalità.
Ci sono alcuni momenti in cui il tasso di mortalità raggiunge delle punte molto elevate ( la
prima punta è nel 1745 ma il tasso di mortalità più elevato si ha nel 1775 → superiore al 50
per 1000). Nel regime demografico si verificano di tanto in tanto le “ punte di mortalità
catastrofica”: in corrispondenza di esse, il tasso di mortalità è sensibilmente più alto del
tasso di natalità. Il risultato è quello di provocare un repentina diminuzione della
popolazione.
Inoltre queste punte di mortalità catastrofica hanno anche come altro effetto il fatto che dopo
esse la popolazione torna a crescere nel lungo periodo a ritmo molto lenti, lentissimi.
• Dalla prima alla seconda fase si ha un cambiamento nella dinamica della popolazione, la
quale comincia a crescere enormemente, infatti la natalità rimane elevata, ma in questo
secondo momento il tasso di mortalità incomincia a diminuire e soprattutto scompaiono le
punte di mortalità catastrofica. La linea della mortalità si colloca su valori molto alti, questo
vuol dire che la popolazione inizia a crescere in maniera stabile e duratura nel tempo. Più o
meno questa fase si colloca in corrispondenza con il verificarsi della rivoluzione industriale

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e della rivoluzione agronomica. Qui nella seconda fase, la popolazione aumenta molto e in
maniera stabile e sostenuta nel tempo, in virtù del fatto che si ha una diminuzione della
mortalità e scompaiono le punte di mortalità catastrofica.
Perché la mortalità inizia a diminuire?
La diminuzione della mortalità è dovuta a tre cause:
• miglioramento delle condizione di vita reso possibile dalla rivoluzione agronomica. Con la
rivoluzione agronomica si ha un aumento dei raccolti e con esso un aumento delle
disponibilità alimentari e le campagne sono in grado di mantenere una popolazione molto
più elevata rispe o a prima → la gente mangia di più, diventa più resistente ad epidemie
e alle condizioni climatiche.
• riduzione delle epidemie, in particolare la scomparsa della peste e anche di altre malattie
come il colera.
La peste colpì pesantemente l'Europa nel VI secolo d.C., e dopo essa in Europa scomparve
per circa otto secoli. Poi vi fu una nuova ondata di peste intorno alla metà del 300 per
quattro anni ( il XIV secolo, ambiente in cui si svolge il
Decamerone) e provocò la morte di circa ¼ della popolazione di allora. Poi a partire dalla
pestilenza del Boccaccio, la peste rimase una presenza endemica (varie epidemie, ma
nessuna ebbe gli effetti dell'epidemia nel 300) nei successivi tre secoli e mezzo (350 anni) in
Europa. A partire dal 600 la peste inizia a scomparire in Europa.
Le cause della scomparse delle peste sono diverse:
a) Sostituzione progressiva della case in legno con le case in pietra. Le case in pietre
creavano un ambiente meno favorevole per i topi. Il topo che stava nelle case inglese nel
600, era il xenopsylla cheopis → era una pulce che era portatrice del batterio della peste.
Questa pulce quando pungeva l'uomo lo infettava con il batterio della peste. Questa pulce
viveva sul pelo di un roditore chiamato “mus rattus”. Le case in legno creavano un ambiente
favorevole per questo roditore che ospitava la pulce. Quindi la sostituzione delle case in
legno con la case in pietra creò un ambiente meno favorevole per questo roditore e ridusse i
contatti con la specie umana e quindi indirettamente ridusse il contatto tra la pulce e l'uomo.
b) Lotta ecologica fra i roditori: dalla Scandinavia all’Inghilterra vi fu un'invasione di
mus norvegicus, cioè topi di razza diversa dal topo di mus rattus. L’Inghilterra venne invasa
da colonie di topi di mus norvegicus, che erano più grossi e più forti del mus rattus, infatti
nella lotta tra di loro uscì vincitore il mus norvegicus. A differenza del mus rattus, il mus
norvegicus non era portatore della pulce che infettava l'uomo con il batterio della peste, e
questa circostanza ridusse la possibilità che potesse venire a contatto con il batterio della
peste.
c)Aumento dei bovini: la pulce non potendo più vivere sul pelo del mus rattus, andò a vivere
sul pelo dei bovini, il numero stava aumentando in virtù della rivoluzione agronomica. Ma i
bovini avevano gli anticorpi necessari per combattere il batterio della peste, quindi anche se
venivano punti non succedeva nulla.
• progresso dell'igiene e scienza medica (aspetto meno importante perché allora i progressi
nella medica furono di scarsa entità). La pratica delle vaccinazioni contro le epidemie erano
poco diffuse, la chirurgia era poco arretrata.
Nel campo dell'igiene vi furono dei progressi, infatti diminuiscono le morte per parto,
migliorò la capacità di isolare i focolai delle epidemie quando si verificavano.
• c'è un momento tra la seconda e terza fase, in cui la popolazione cresce ma in presenza di
una ulteriore diminuzione del tasso di mortalità e di una diminuzione del tasso di natalità
( → diminuisce stabilmente). In questa terza fase il tasso di natalità rimane sempre più
elevato del tasso di mortalità, ma entrambi diminuiscono. Il tasso di mortalità continua una

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diminuzione che era già iniziata prima, mentre il tasso di natalità incomincia a diminuire
per la prima volta, ma comunque la popolazione continua a crescere.
Ma perché il tasso di natalità incomincia a diminuire?
Questo accade perché:
1) nella prima fase, il tasso di natalità è così elevato perché si facevano molto bambini
anche per assicurarsi contro la mortalità infantile (perché di solito dei 5 bambini che faceva,
2 non raggiungevano i 5 anni). Ora essendosi diminuita nella seconda e terza fase la
mortalità infantile, venne meno la necessità di fare così tanto bambini contro la mortalità
infantile.
2) Mantenere un bambino diventa più costoso rispetto a prima. Prima nella società
agricola non c'era l'obbligo di mantenere i bambini a scuola (maggior parte analfabeti), i
bambini di 3‐4 anni venivano impiegati in attività lavorative.
Ora questo non si può più fare perché vennero introdotte leggi che imponevano l'obbligo scolastico
dei bambini a scuola (almeno 2 anni di istruzione obbligatoria) e nel 1802 venne introdotto con una
legge il divieto di impiegare la manodopera infantile nelle fabbriche(sino a 9 anni e poi 12 anni). →
forte disincen vo nel mantenere un alto tasso di natalità.
• i tempi nostri. Il tasso di natalità e mortalità tornano ad attestarsi a valori più o meno simili,
sono stazionari ma su livelli molto più elevati rispetto a prima dell'inizio della rivoluzione
demografica.
RIVOLUZIONE NEI TRASPORTI TRA L'INGHILTERRA E IL RESTO DEL MONDO
Vi fu un grande avvenimento che riguardò i trasporti e fece seguito alla scoperta dell’America nel
1492. Dopo la scoperta dell’America, si instaurò uno scambio commerciale fra Europa, Africa ed
America → grande cambiamento, perché prima di questo triangolo commerciale, questi tre
continenti erano indipendenti da un punto di vista economico l'uno rispetto l'altro.
Dopo la scoperta dell’America si crea questo triangolo commerciale che rende questi tre continenti
molto più interdipendenti; ora l'economia di ciascuno di questi tre continenti per funzionare ha
bisogno di interagire con l'economia degli altri due continenti. Quindi il mondo diventa molto più
interdipendente, prende vita questa rete di scambi commerciali chiamato “triangolo commerciale”
che si forma in funzione delle esigenze dei Paesi europei.
Si trattava di traffici marittimi.
Come funziona?
● Esso prendeva il via in Europa, dai porti europei situati sull'Atlantico, dove le navi europee
venivano caricate di beni manufatti (tessili, bevande, bigiotteria).
Le navi europee salpavano verso sud e si dirigevano verso l'Africa Equatoriale, più o meno
arrivavano al golfo di Guinea. Qui scaricavano una parte dei manufatti che avevano
imbarcato e le cedevano ai capi tribù africani in cambio di una merce (cioè gli schiavi neri
che poi caricavano).
• Dopo le navi ripartivano dai porti dall’Africa equatoriale e si dirigevano verso l’America, in
particolare verso le isole delle Antille e verso i territori corrispondenti agli attuali Stati del
sud degli USA.
Giunte in America, queste navi scaricavano la parte restante dei beni manufatti che avevano
caricato in Europa e scaricavano anche gli schiavi neri sopravvissuti alla traversata in mare (
più o meno gli schiavi africani deportati erano 20000000, la metà dei quali morì durante la
traversata e l'altra metà giunse a destinazione). Giunti in America, le navi venivano svuotate
del loro contenuto che andava a rifornire i mercati coloniali.
• Gli schiavi neri andavano a lavorare nelle piantagioni che gli Europei avevano creato in
America. In un primo momento gli europei avevano cercato di sottomettere le popolazioni
indigene senza riuscirci, preferivano morire piuttosto che lavorare nelle piantagioni. Gli

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europei allora insidiarono un'economia di produzione di materie prime e beni primari da
essere venduti sul mercato europeo, quindi nel 500/600/700 l’America importava beni
manufatti in Europa e schiavi neri, ed esportava beni primari prodotti nelle piantagioni
(cotone grezzo , canna da zucchero, tabacco) in Europa (con esso pagavo i beni europei e gli
schiavi).
• Poi le navi europee, una volta scaricati i beni manufatti europei e gli schiavi neri, venivano
caricate dei beni prodotti dalle piantagioni americane, e con questo nuovo carico
riattraversavano l'Atlantico e tornavano in Europa, dove una volta arrivati scaricavano le
merci e le immettevano sui mercati europei così da poter essere vendute.
RIVOLUZIONE DEI TRASPORTI ALL'INTERNO DELL'INGHILTERRA
All'inizio del 700 l’Inghilterra aveva una delle rete stradali peggiori d'Europa.
A quell'epoca la manutenzione e la costruzione delle strade erano affidate a coloro che erano gli en
locali dell'epoca → le parrocchie.
Le parrocchie per fare ciò utilizzavano il lavoro coatto dei propri abitanti (ogni abitante era
obbligato prestarsi 4‐5 giorni all'anno per la manutenzione delle strade).
Ovviamente gli abitanti delle parrocchie cercavano di evitare questi lavori obbligatori, con il
risultato che i lavori per la manutenzione erano insufficienti e le strade erano mal messe, inoltre la
costruzione delle nuove strade non seguiva una pianificazione complessiva dello sviluppo dei
commerci (cioè la parrocchia quando rifaceva una strada, la rifaceva pensando agli interessi locali e
non agli interessi generali, cioè interessi più grandi degli interessi locali).
Il risultato era che i trasporti erano molto lenti, non vi erano collegamenti diretti tra le più grandi
città.
Intorno alla metà del 1700 accadde che il Parlamento inglese approvò una legge che autorizzava
la costituzione di società private per la costruzione di strade a pedaggio. In tal modo queste
società, che potevano ora costruire le strade a pedaggio, avevano ora un forte incentivo a
costruire le nuove strade laddove era maggiore il bisogno dei commerci, quindi strade trafficate
(più viaggiatori usavano quella strada, più soldi entravano con i pedaggi).
Quindi si creò una forte convenienza di strade che intercettassero i bisogni dei circuiti commerciali,
quindi che collegassero tra loro i maggiori centri industriali e commerciali. Inoltre ora era possibile
per la manutenzione delle strade utilizzare i ricavi che derivavano dal pagamento dei pedaggi → la
manutenzione non era più trascurata come prima e le società poteva retribuire i lavoratori che
lavoravano per la costruzione delle strade (non più gratis).
Il risultato fu un sensibile ammodernamento della rete stradale dell’Inghilterra, si costruì un nuovo
sistema di strade a pedaggio che collegavano i maggior centri industriali e commerciali in maniera
diretta e che riducevano sensibilmente sia i tempi di percorrenza sia i costi di trasporto( es. nel 1740
Londra‐Birmingham diminuì da 48 ore a 19 ore).
In questo modo era possibile trasportare su lunghe distanze anche merci deperibili (ortaggi, latte,
verdure ecc.) che così potevano dalle campagne più lontane dell’Inghilterra raggiungere i principali
centri di consumo.
Quindi diminuendo i tempi di trasporto si diminuivano anche i costi d trasporto (si riduceva il
numero di cavalli da usare durante il percorso, e così si svilupparono le interdipendenze
commerciali tra le varie parti dell’Inghilterra, quindi esso fu importante per promuovere la
creazione di un solo mercato nazionale in Inghilterra.
I CANALI
Allo stesso scopo servì la costruzione dei canali.
La prima rivoluzione industriale fu contrassegnata da un'ondata di costruzione di nuovi canali in
Inghilterra.
Tra il 1760 e il 1800 su iniziativa di società private furono costruiti oltre 1000 kilometri di canali e
in tal modo si creò una rete via acqua che metteva rapidamente in comunicazione i principali porti

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dell’Inghilterra (Londra, Bristol, Liverpool e Hull) con le nascenti città industriali (Manchester,
Leeds e Birmingham).
È importante la vicenda dei canali perché a quell'epoca il trasporto via acqua era molto più
conveniente (meno costoso) del trasporto via terra: in particolare il trasporto via acqua era molto più
conveniente per quanto riguardava le merci pesanti (ferro ..) di basso valore per unità di peso,
perché era molto maggiore il carico che un cavallo poteva trainare, tirando una “chiatta”(barca per
trasportare merci, non persone) che non un carico che il cavallo poteva trainare trascinando la
carrozza.
La differenza fra i due carichi era enorme, basti pensare che un cavallo su strada poteva trainare
all'incirca 1/8 di tonnellate di peso, mentre lo stesso cavallo trascinando una chiatta dall'argine di un
canale poteva tirare sino a 50 tonnellate di peso, ossia circa 400 volte di più.
Quindi per lo sviluppo dei trasporti delle merci pensanti di basse valore, lo sviluppo delle rete dei
canali fu molto più importante dello sviluppo delle rete stradale.

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LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La rivoluzione industriale ebbe luogo in Inghilterra nel 1700.
Ci sono varie interpretazioni su quello che fu il tratto saliente della rivoluzione industriale:
un'interpretazione ritiene che il tratto saliente fu una nuova modalità di svolgimento del processo
produttivo manifatturiero.
Prima invece il processo produttivo si svolgeva utilizzando un'attrezzatura costituita da utensili,
invece ora il settore produttivo si svolge utilizzando macchine utensili.
‐‐> si passa dall'utensile alla macchina utensile; questo passaggio comporta un notevole incremento
della produttività.
Qual è la differenza tra utensile e macchina utensile?
‐Utensile= strumento di produzione azionato direttamente dall'uomo con le sue mani ( es.
Scalpello).
‐ macchina utensile= strumento di produzione molto più complesso, costituito da tre parti
1. motrice
2. trasmissione
3. utensile
La motrice è la parte che sfrutta una fonte energetica e la trasforma in un movimento che viene
applicato ad un sistema di trasmissione, il quale trasmette questo moto alla parte utensile.
L'ultima parte, cioè l'utensile, agisce per modificare la materia al fine di darle la forma e le
dimensioni volute.
Prima l'utensile era azionato direttamente dal lavoratore, ora invece esso viene inserito in un
meccanismo, quindi diventa parte di una macchina, di un congegno meccanico. Quindi questo
meccanismo sostituisce tutta una serie di compiti che in precedenza venivano svolti dall'uomo.
Questa circostanza consente di aumentare sensibilmente la produttività del settore manifatturiero.
Con l'avvento della macchina utensile si ha un cambiamento del lavoro umano: prima il lavoro
dell'uomo consisteva nell'azionare con i propri organi corporei gli utensili, i quali ora sono invece
azionati dalla macchina.
Adesso, quindi, l'uomo controlla il corretto funzionamento delle macchine.
‐‐> il controllo delle macchine significava, nell'industria tessile, controllare che i fili di cotone non
si spezzassero.
I primi operai di fabbrica erano donne e bambini: venivano assunti i bambini perchè avevano mani
molto piccole e questo era adatto poichè, quando un filo di cotone si rompeva, bisognava introdursi
nell'ambiente della macchina ( ambiente insalubre) e reinserirlo.
Quindi il bimbo doveva intrufolarsi all'interno degli ingranaggi e riavvolgere i fili di cotone.
KING COTTON
La rivoluzione industriale prese avvio nell'industria del cotone ( King Cotton).
L'industria cotoniera era un'industria nuova per l'Europa di quel periodo, ed è paragonabile a quella
che oggi è la New Economy.
L'industria del cotone era di piccole dimensioni ma in rapida crescita.
All'epoca di Dante e Petrarca, l'Inghilterra era un'isola che si dedicava all'allevamento di pecore‐‐>
vendeva lana greggia.
Dal 1400 l'Inghilterra riuscì a sviluppare una propria industria laniera, quindi di industrializzò.
Questa manifattura era organizzata sul putting‐out system ( sistema a domicilio): i mercanti inglesi
acquistavano la lana greggia dagli allevatori di pecore e la vendevano a domicilio.
Alla fine del 1600, l'Inghilterra era diventata la principale regione manifatturiera d'Europa e il
settore principale era l'industria della lana.
La fine del 1600 e il 1700 sono i secoli della penetrazione commerciale e della vera e propria
colonizzazione dell'India; alla fine del '600 il Parlamento inglese approvò la Compagnia delle Indie

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a cui venne conferito il monopolio dei commerci tra Inghilterra e India, la quale aveva telerie di
cotone.
Inizia così il commercio delle telerie di cotone dall'India all'Inghilterra; a fine '600 queste telerie
riscossero un grande successo sul mercato inglese.
Questo rapido successo allarmò la corporazione dei mercanti‐imprenditori che producevano e
vendevano i panni di lana.
Il Parlamento inglese allora fece una legge che proibiva l'importazione dei tessuti di cotone
dall'India, ma non proibiva la produzione di tessuti di cotone all'interno della stessa Inghilterra.
All'inizio del'700, i consumatori inglesi domandano i tessuti di cotone ma a loro non è più possibile
importarli dall'India, allora alcuni imprenditori iniziarono loro stessi a produrre tessuti di cotone
all'interno dell'Inghilterra.
Così nasce una sorta di industria domestica inglese che aveva un mercato in forte espansione.
Iniziano a svilupparsi delle innovazioni a carattere tecnologico, che permisero di aumentare la
produzione e di ridurne i costi.
Nascono le prime macchine utensili:
1. 1733‐ navetta volante‐ di John Kay.
Questa navetta volante era una macchina in grado di far passare da un lato all'altro del telaio la
navetta che conteneva il filo della trama.
Prima invece la navetta era azionata dall'operaio e ciò faceva sì che i tessuti prodotti non potessero
essere più larghi dell'ampiezza delle braccia del lavoratore: questo limitava la produzione. Così
Kay, nel 1733, costruisce una navetta con alcune rotelline sistemata su un piccolo binario, alle cui
estremità vengono sistemate delle racchette ( una a destra e una a sinistra) comandate da un filo
azionato dall'operaio. Il movimento impresso dalle due racchette consentiva alla spoletta di
intrecciare l'ordito molto più velocemente, e soprattutto la distanza a cui erano poste le due
racchette poteva essere superiore all'ampiezza delle braccia del lavoratore.
Però questa invenzione creò uno squilibrio già esistente: la filatura era molto più lenta della
tessitura.
Ora occorrono 10‐12 filatoi per alimentare un telaio provvisto di navetta volante, prima ne
servivano 5‐6 per un telaio sprovvisto di navetta.
Dunque si sente la necessità di nuove macchine per velocizzare il tutto.
2. 1733‐ filatoio meccanico‐ di Lewis Paul e John Wyatt. Questo filatoio non ebbe però successo.
3. 1764‐ giannetta filatrice ( jenny)‐ di James Hargreaves.
Questa macchina ebbe successo. Essa aveva la proprietà di filare più fili alla volta, anche se era
sempre utilizzata dall'uomo.
Il primo modello aveva otto fusi e, col passare del tempo, si costruirono dei modelli di jenny in
grado di produrre anche ottanta fili contemporaneamente. La navetta volante e la jenny erano
compatibili con il sistema a domicilio.
Tuttavia la jenny aveva un limite: essa produceva un filato che era troppo sottile e troppo debole per
essere utilizzato come filo per l'ordito, quindi era usato solo come filo per la trama.
Si sentì la necessità di avere un filo forte per l'ordito.
4. 1769‐ filatoio ad acqua ( water‐frame)‐ di Richard Arkwright.
Questa macchina non poteva essere azionata dall'uomo ma solo da una ruota idraulica. Si
doveva azionare il water‐frame in luoghi vicini a corsi d'acqua, quindi occorreva costruire
vicino ad essi dei luoghi specializzati dove costruire questi macchinari.
Hanno così la loro prima comparsa le fabbriche= luoghi specializzati nell'esclusivo
svolgimento di un'attività di produzione manifatturiera, avvalendosi di un'attrezzatura
produttiva costituita da macchine utensili e di una manodopera, formata da lavoratori
salariati.

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5. 1779‐ mule‐ di Samuel Crompton.
Questa macchina era più efficiente dei filatoi precedenti; combinava i principi della jenny e del
water‐frame.
Inoltre permettiva di produrre filati di tipo diverso, più o meno sottili o resistenti, quindi filati
adatti alla trama e altri adatti all'ordito.
Come risultato dell'invenzione e della diffusione della jenny, del water‐ frame e della mule,
verso la fine del 1700 lo squilibrio iniziale tra tessitura e filatura del cotone si era rovesciato: la
filatura infatti era diventata molto più veloce della tessitura.
Quindi ora l'incentivo divenne quello di produrre un nuovo tipo di telaio, direttamente azionato
dall'energia meccanica.
6. 1785‐ telaio meccanico‐ di Edmund Cartwright.
Questo macchinario necessitò di molto tempo per diffondersi in Inghilterra, si diffuse in modo
significativo dagli anni '20 del 1800.
Dal 1764 agli inizi degli anni '20 del 1800, sia il sistema di fabbrica che il sistema del lavoro a
domicilio conobbero una rapida espansione.
Il sistema di fabbrica si diffuse nella filatura, il sistema a domicilio si riduce per la produzione di
filati ma si espande per la produzione di tessuti.
Negli anni '20 del 1800, con la diffusione del telaio meccanico, il sistema di fabbrica si allarga
anche alla tessitura e si ha il declino del sistema di lavoro a domicilio ( sostituito dalla produzione
nelle fabbriche).
Cotone= fibra vegetale lana=
fibra animale
Il cotone è più resistente rispetto alla lana, quindi sopporta meglio le sollecitazioni che venivano
impresse dalle prime macchine dell'epoca‐‐> la fibra della lana si spezzava con maggiore frequenza.
Era più facile aumentare la produzione di cotone greggio, piuttosto che di lana greggia. I mercati
dell'impero coloniale inglese domandavano più manufatti di cotone che di lana. Il mercato
indiano fu conquistato dalle telerie di cotone.
LA MACCHINA A VAPORE
Ci furono anche altre innovazioni che ebbero luogo durante la prima rivoluzione industriale, una
importante invenzione fu la macchina a vapore ( inventata da James Watt nel 1781) che permise di
utilizzare una nuova fonte di energia: serviva per azionare le pompe che venivano utilizzate per
drenare l'acqua dalle miniere ( industrie minerarie). Agli inizi degli anni 80 del '700, Watt riuscì a
costruire una macchina a vapore che poteva essere utilizzata come generatrice di forza motrice.
Con la macchina a vapore si può utilizzare una nuova fonte di energia.
Così molte fabbriche sfruttavano una macchina a vapore come generatrice di una forza motrice, che
serviva per azionare le macchine utensili.
Questa circostanza ebbe varie conseguenze:
1. localizzazione delle fabbriche. Prima, quando le fabbriche erano azionate da una ruota
idraulica, dovevano essere costruite vicino ai corsi d'acqua.
Ora invece che è possibile usare la macchina a vapore ( che utilizza il carbon fossile) si
costruiscono le nuove fabbriche vicino a giacimenti di carbone.
Manchester godeva di tutti questi vantaggi ( prima della rivoluzione industriale era un
villaggio) ed era anche vicina al porto di Liverpool oltre che ad un giacimento carbonifero.
Inoltre il motore a vapore generava una potenza maggiore della ruota idraulica, ed in questo
modo le macchine utensili possono funzionare più velocemente rispetto a prima e nasce un
incremento della produzione‐‐> progresso nella progettazione delle macchine utensili
( erano in legno).
La macchina a vapore sottopone le macchine utensili a sollecitazioni maggiori e dunque
esse, essendo in legno, si rompono più facilmente; per evitare ciò si devono costruire

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macchine utensili con un numero maggiore di componenti in ferro. Queste nuove macchine
sono più produttive, più veloci e più forti‐‐> il risultato fu in ulteriore incremento della
produttività.
2. Il secondo settore trainante della rivoluzione industriale sono le aziende siderurgiche
( metalli).
Nascono nuovi attrezzi agricoli con componenti in ferro.
La macchina a vapore induce a progettare macchine utensili con molte componenti in ferro,
e grazie a questa circostanza aumenta la domanda di prodotti in ferro.
Questo porta ad una trasformazione anche della siderurgia inglese. Ci furono varie
trasformazioni: verso la fine del 1600 il materiale che veniva utilizzato come combustibile
per la fusione del ferro era il carbone di legna. Questo però rappresentava un vincolo
all'espansione della siderurgia inglese perchè l'Inghilterra era povera di foreste, infatti agli
inizi del 1700 importava grandi quantità di ferro dalla Svezia ( paese molto più ricco di
foreste).
D'altro canto l'Inghilterra era un paese ricco di carbon fossile.
Il problema che si poneva era quello di riuscire ad usare il carbon fossile invece che il
carbone di legna come combustibile per la fusione del minerale di ferro. Succedeva però che
durante la fusione, il carbon fossile rilasciava delle scorie che andavano a contaminare le
barriere di ferro, quindi il ferro prodotto era di bassa qualità.
Vengono allora fatti degli esperimenti per poter utilizzare il carbon fossile senza che
emettesse scorie: nel 1709 Abraham Darby fece un processo di fusione che utilizzava come
combustibile il coke ( = carbone abbrustolito).
Il carbon fossile veniva sottoposto ad un forte riscaldamento e poi lasciato raffreddare, e
durante questo processo rilasciava molte scorie.
Nasce così il coke, cioè il carbon fossile privo di impurità.
Questo procedimento venne perfezionato nel corso degli anni e pian piano i forni a coke
iniziarono a diffondersi. Nel 1709 nasce il primo forno a coke.
Nel 1760 i forni a coke erano aumentati ( ve ne erano diciassette); nel 1791 crescono a
ottantuno e rappresentano l'80% di tutti gli altri forni inglesi; da questi ottantuno forni, nel
1790 usciva il 90% della ghisa prodotta dall'Inghilterra.
Era aumentata anche la produzione di ghisa, ma molto lentamente.
Infine la crescita della produzione di ghisa determinò un nuovo vincolo da superare: sino ad
ora si riusciva ad utilizzare il coke come combustibile della prima fusione del ferro e la
ghisa così ottenuta doveva essere sottoposta ad una nuova fusione per poter ottenere il ferro
lavorabile. Il combustibile per la seconda lavorazione cominciava ad essere il carbone di
legna. Però bisognava trovare un sistema che che consentisse di usare il coke anche come
combustibile per la seconda fusione del metallo.
Nel 1784 Henry Cort inventò un sistema che permise di usare il coke come combustibile
anche per la seconda fusione: il risultato fu la definitiva estromissione del carbone di legna
dalla siderurgia inglese e un accorciamento dei tempi di produzione.
Con il forno di Cort era possibile lavorare quindici tonnellate di ferro nello stesso tempo in
cui nel sistema precedente se ne lavorava uno solo.
TEORIE (INTERPRETAZIONI) DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
• Maurice Dobb sosteneva che il tratto saliente della rivoluzione industriale è una profonda
trasformazione delle modalità di svolgimento del processo produttivo nel settore
manifatturiero, caratterizzato dall'avvento della macchina utensile ( prima invece gli utensili
erano azionati dall'uomo mentre ora la macchina utensile diventa parte di un congegno
meccanico).

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Quindi secondo Dobb la rivoluzione industriale è caratterizzata dall'avvento delle macchine,
le quali incorporano tutta una serie di funzioni e di attività che fino a quel momento
appartenevano al lavoro dell'uomo.
Dunque le macchine sostituiscono delle operazioni che prima erano svolte dall'uomo e ciò
porta ad un incremento della produttività.
• David Landes, Nathan Rosenberg ( e anche Ennio de Simone) sostengono che l'elemento
caratterizzante della rivoluzione industriale sia stata l'esplosione di innovazioni
tecnologiche.
Landes dice che la rivoluzione industriale fu un complesso di progressi tecnologici: la
sostituzione delle macchine all'abilità della forza dell'uomo; lo sviluppo di fonti di energia;
l'invenzione, la produzione e l'utilizzo di nuovi materiali.
Quindi ritiene che l'avvento delle macchine sia importante ma non l'unico. Essi pensano che
le rivoluzioni industriali furono tre e non due: ritengono che ci siano stati tre momenti in
cui sono avvenute ondate significative di innovazioni tecnologiche ( una nei trenta‐
quarant'anni che precedono la prima guerra mondiale e le due rivoluzioni industriali).
• I cliometrici ( la cliometria è l'econometria applicata alla storia, quindi è lo studio della
storia effettuando tecniche quantitative; la parola " cliometria" deriva dal greco
clio+metrix‐‐> Clio è la musa della storia nella mitologia greca) sostengono che il tratto
caratterizzante della rivoluzione industriale è rappresentato nè dall'avvento di macchine nè
da ondate tecnologiche.
Essi studiano le variabili relative al sistema economico industriale e hanno fornito delle
stime dell'andamento del reddito nazionale inglese e della produzione industriale negli anni
della rivoluzione industriale: se le loro stime indicano che c'è stato un tassodi incremento
nella seconda metà del 1700 nella produzione e nel reddito inglese, allora questo significa
che c'è stata una rivoluzione, altrimenti no. Le loro stime più recenti dimostrano che la
produzione industriale e il reddito nazionale nella seconda metà del 1700 erano cresciute più
lentamente, non vi fu un'accelerazione particolare; quindi secondo i cliometrici non vi è
stata una vera rivoluzione.
Essi pensano che la storia non faccia salti, non ci sono stati cambiamenti radicali nella storia
dell'economia.
• Joel Mokyr, tuttavia, ha sostenuto che non vi è incompatibilità tra il verificarsi di un grande
cambiamento nella struttura dell'economia e l'assenza di accelerazioni nei tassi di crescita
delle variabili macroeconomiche.
Egli ha presentato un modello bisettoriale, cioè un modello dell'economia secondo cui in
tutta l'economia ci sono due grandi settori:
1. settore tradizionale: nell'anno iniziale è pari al 90% di tutta l'economia ma cresce
all'1% all'anno
2. settore moderno: è il settore in cui ha luogo la rivoluzione industriale e l'anno
iniziale rappresenta il 10% di tutta l'economia ma cresce di un 4% all'anno. L'anno iniziale
della rivoluzione industriale ha come tasso di crescita aggregato l'1,3% ( cioè la media
ponderata dei tassi di crescita del settore moderno e di quello tradizionale); dopo dieci anni
il tasso di crescita aggregato di tutta l'economia raggiunge l'1,39%.
Per raggiungere un tasso di crescita aggregato del 2,5% sono necessari 75 anni, e solo dopo
75 anni il tasso di crescita complessivo di tutta l'economia ha raggiunto il 50%.
Solo dopo 75 anni il peso del settore moderno è salito al 50%: dunque occorrono 75 anni al
settore moderno per passare dal 10% alla metà dell'economia.
Questo modello bisettoriale mostra come un cambiamento improvviso nel tasso di crescita
aggregato dell'economia è una impossibilità aritmetica: anche in presenza di una

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discontinuità molto forte, come l'avvio della rivoluzione industriale, ed in presenza di un
elevatissimo tasso di crescita del settore moderno, la piccola dimensione di partenza del
settore moderno stesso limita l'impatto del cambiamento nella struttura dell'economia sul
tasso di crescita aggregato; questo anche perchè un grande cambiamento strutturale, come la
rivoluzione industriale, comporta la nascita di un settore moderno, la cui crescita però fa
anche declinare attività che prima erano svolte in maniera tradizionale.
La diffusione della rivoluzione industriale porta anche al declino del lavoro a domicilio, il
quale è colpito dalla concorrenza del settore moderno.
LA ( PRESUNTA) SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
La seconda rivoluzione industriale è avvenuta tra il 1880 e la prima guerra mondiale. In quel
periodo ci fu un'ulteriore avanzata dell'intero settore industriale, che scaturì da tutta una serie
di invenzioni e di innovazioni.
Ci furono cinque importanti novità:
1. la fine del monopolio inglese delle innovazioni
2. instaurazione di un nuovo rapporto tra scienza e tecnica
3. nascita e sviluppo di nuovi settori industriali che finirono per svolgere una funzione
trainante per l'intera economia
4. avvento di una nuova modalità di organizzazione del lavoro nell'industria manifatturiera
( Taylor‐Fordismo)
5. nascita della grande impresa moderna.
Punto 1. LA FINE DEL MONOPOLIO INGLESE DELLE INNOVAZIONI
La prima rivoluzione industriale ebbe luogo in un posto preciso: la Gran Bretagna, e tutte le
innovazioni furono opera di inventori britannici.
Ora invece molte delle innovazioni hanno avuto luogo al di fuori dell'Inghilterra ( es. Stati Uniti,
Germania, Francia).
Dunque nella seconda rivoluzione industriale l'Inghilterra perde la leadership tecnologica nel
mondo: altri paesi riescono a superare l'Inghilterra, diventano più avanzati.
Punto 2. NUOVO RAPPORTO TRA SCIENZA E TECNICA
Quale fu il ruolo della scienza nella prima rivoluzione industriale? Quasi nessuno: si è infatti
osservato che il legame tra scienza e tecnica fu quasi inesistente.
Infatti, fino a metà '800, la ricerca scientifica era svolta da scienziati accademici che non
conducevano le loro ricerche per giungere a delle scoperte per avere un lucro, ma essi costituivano
una comunità scientifica le cui iterazioni con il mondo delle imprese erano quasi inesistenti.
Da metà '800 cambiano le cose: molte imprese crearono laboratori di ricerca‐‐> la ricerca scientifica
diventa così una ricerca industriale.
L'obiettivo degli scienziati industriali era di ottenere prodotti nuovi ( o processi produttivi nuovi o
migliorati) grazie all'applicazione delle scoperte scientifiche.
Pertanto gli indirizzi di ricerca degli scienziati industriali erano guidati dal possibile valore
economico dei risultati della ricerca.
Perche si ha questo cambiamento?
Perchè, a partire da metà '800, cambiò la frontiera della tecnologia, cioè la tecnologia industriale.
La tecnologia, fino a metà '800, era incentrata ancora sul mondo dei fenomeni visibili, i cui rapporti
di causa‐effetto potevano essere osservati ad occhio nudo; quindi meccanici ed artigiani
osservavano questi fenomeni, però non erano dei veri scienziati.
Nella seconda metà del 1800 accadde che la frontiera della tecnologia si spostò vero il mondo dei
fenomeni invisibili ad occhio nudo ( atomi, molecole, virus, batteri...).
Questo mondo poteva essere compreso solo da scienziati professionisti.

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A questo punto le spiegazioni scientifiche non potevano essere ignorate dalle imprese industriali,
che avrebbero corso il rischio di essere fuori mercato dalle imprese concorrenti.
Punto 3. NASCITA E SVILUPPO DI NUOVI SETTORI INDUSTRIALI
Questo nuovo legame tra scienza e tecnica generò un insieme di innovazioni tecnologiche, che portò
alla nascita di nuovi settori industriali, i quali giunsero a svolgere una funzione trainante per l'intera
economia.
In questo periodo, quindi, cambiano i settori trainanti dell'economia.
All'epoca della prima rivoluzione industriale, i settori trainanti furono l'industria del cotone e
l'industria della metallurgia del ferro, ora invece i settori trainanti hanno uno sviluppo basato su
questo nuovo legame tra scienza e industria.
Questi nuovi settori sono:
• siderurgia dell'acciaio
• chimica organica
• elettricità
• industria automobilistica
Siderurgia dell'acciaio
Cos'è l'acciaio? L'acciaio è una lega di ferro e carbonio; è un materiale che mantiene i pregi ma non
più i difetti della ghisa ( ha una percentuale di carbonio più alta dell'acciaio; è molto dura ma anche
molto fragile) e del ferro malleabile( è molto più malleabile della ghisa ma si deforma molto più
facilmente).
L'acciaio è molto più duro del ferro ma più resistente della ghisa; era un materiale già prodotto
prima di questo periodo ma aveva una controindicazione, ossia: per ricavare l'acciaio dalla ghisa
occorreva sottoporla ad un processo di fusione per togliere il carbonio in eccesso.
Il problema era che fino a metà '800 i procedimenti conosciuti per la decarburazione della ghisa
erano molto lenti, quindi l'acciaio era un bene molto costoso.
Il costo elevato dell'acciaio ne limitava la diffusione per l'impiego; l'acciaio si utilizzava per
costruire armi bianche, rasoi ecc.
La grande novità fu che nella seconda metà dell'800 ci furono innovazioni che permisero di
produrre acciaio in grandi quantità e a basso costo.
Queste innovazioni furono:
a) 1856 ‐‐> Bressemer brevettò un sistema di fabbricazione dell'acciaio che riduceva da 75 a
150 volte il tempo necessario per la dichiarazione della ghisa.
Però questo processo non consentiva di eliminare le scorie di fosforo nella ghisa, quindi ai poteva
usare solo per materiali di ghisa non fosforosi.
b) 1864 ‐‐> Martin e Siemens costruiscono un forno in grado di produrre acciaio anche dai
minerali ferrosi ricchi di fosforo.
Questo forno è molto più lento del Bressemer.
c) 1878‐1879 ‐‐> Thomas e Gilchrist brevettarono un sistema che consentiva di ottenere
acciaio di buona qualità anche nel forno Bressemer pure in presenza di minerali di ferro fosforosi.
Come risultato di queste innovazioni, la produzione d'acciaio in Europa crebbe: tra il 1850 e il 1913
la produzione d'acciaio in Europa crebbe di 568 volte e si diffuse la gamma degli impieghi
dell'acciaio ( es. nella cantieristica per produrre gli scafi delle navi da guerra; per costruire nuove
macchine utensili e a vapore; nella meccanica ferroviaria: le prime ferrovie avevano le rotaie in
ferro, le quali, nella seconda metà del 1800, vennero sostituite dalle rotaie in acciaio che erano di
sette volte più resistenti di quelle in ferro, dunque potevano sostenere carichi di merci molto
maggiori).
Chimica industriale

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La chimica industriale era un'industria chimica che aveva come materia prima il carbone. I prodotti
più importanti sono i coloranti industriali: nel 1856 Perkins riuscì ad ottenere una tintura color lilla
dalla anilina ( = un derivato del catrame minerale), che a sua volta era un sottoprodotto della
fabbricazione del coke.
L'industria dei coloranti artificiali si sviluppò in Germania, in Svizzera e negli USA. Nella
seconda metà del 1800 nacquero anche altri comparti della chimica industriale ( es. Industria
farmaceutica, industria delle fibre artificiali, industria degli esplosivi).
Elettricità
Questo periodo è caratterizzato anche dall'avvento di una nuova fonte di energia: l'elettricità.
• Nel 1821 ci fu l'invenzione da parte di Michael Faraday del motore elettrico, poi la dinamo.
• Nel 1839 Samuel Mors inventa il telegrafo il settore dell'industria elettrica all'inizio aveva
un problema che ne ostacolava l'impiego: era infatti molto difficile trasmettere e distribuire
l'energia elettrica prodotta lontano dal luogo in cui si voleva trasmetterla, perchè l'energia
prodotta nel tragitto andava perduta.
• Nel 1869 Thomas Edison inventa la lampada elettrica ad incandescenza ( = lampadina).
• Nel 1876 Alexander Bell inventa il telefono
• a partire dagli anni '80 del 1800 si riesce a risolvere il problema della trasmissione
dell'energia elettrica e ciò consente di avviare una rapida fase di sviluppo dell'industria
elettrica.
Nascono anche le centrali elettriche ( idroelettriche e termoelettriche).
L'impiego dell'energia elettrica si diffuse per vari usi:
a) illuminazione pubblica ( prima si usavano lampade a petrolio o a gas)
b) illuminazione privata
c) forza motrice per la tradizione di tram e treni
d) forza motrice per gli impianti industriali ( macchine utensili, forni di fusione..)
Industria automobilistica
Nel 1892 ci fu l'invenzione del motore a scoppio di Gottlieb Daimler.
La prima automobile fu una carrozza per cavalli munita di motore a scoppio e di un manubrio.
Punto 5. NASCITA DELLA GRANDE IMPRESA MODERNA
Le imprese operanti in questi nuovi settori trainanti, per essere efficienti, dovevano effettuare
investimenti molto grossi.
In questi nuovi settori le imprese, per essere efficienti sul mercato, dovevano essere grandi.
Per sfruttare a pieno le potenzialità delle nuove tecnologie della seconda rivoluzione industriale, le
imprese devono attuare tre tipi di investimenti fra loro correlati:
• costruire impianti di grandi dimensioni che consentissero di sfruttare le economie di scala
( = sono rappresentate dalla riduzione dei costi di produzione per unità di prodotto
all'aumentare dei volumi della produzione).
Per ottenere i costi di produzione per unità di prodotto più bassi consentiti dalla tecnologia,
occorreva produrre su volumi molto grandi, e ciò richiedeva investimenti di capitale molto
alti.
• Costruzione di una rete di distribuzione e marketing di livello nazionale e internazionale.
Ora il volume, enormemente accresciuto, della produzione rende necessario alle imprese
controllare direttamente anche i canali distributivi della propria distribuzione.
In questo modo queste imprese si arricchiscono di nuove funzioni, quindi diventano delle
organizzazioni più complesse.
• Le imprese devono ora investire nel management.

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Gestire un'impresa complessa richiede competenze maggiori rispetto a prima. Quindi le
imprese devono investire nei dirigenti aziendali professionisti ( manager) che devono:
1. gestire un'organizzazione che è divenuta più complessa
2. pianificare lo sviluppo dell'impresa nel futuro ( allocazione delle risorse)
PERCHE' LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE NON FU UNA VERA
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE?
Ci sono delle analogie e delle differenze tra la prima e la seconda rivoluzione industriale.
Analogie:
• grande creatività tecnologica
• vengono creati molti nuovi prodotti
• si utilizza una nuova fonte di energia
Tuttavia non cambia il rapporto tra l'uomo e la macchina: non si ha il passaggio di alcuna funzione
dall'uomo alla macchina.
Punto 4. DIREZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO ( Taylor‐ Fordismo)
Verso la fine del 1800 le officine meccaniche erano piene di operai maschi adulti.
Questi operai qualificati usavano un'attrezzatura produttiva costituita da macchine utensili
generiche, che potevano essere facilmente e velocemente riattrezzate per produrre una gamma
molto vasta di prezzi diversi: questo perchè in quell'epoca non esisteva la produzione in serie.
Negli anni 90 del 1800, quando l'industria automobilistica era appena nata, non era possibile
costruire due automobili identiche neanche se si fosse lavorato sullo stesso disegno.
Infatti non si disponeva ancora di pezzi intercambiabili.
Questo accadeva perchè gli utensili dell'epoca non riuscivano a lavorare l'acciaio pretemprato.
La tempra è un trattamento in cui il metallo viene riscaldato e in seguito vi è un brusco
raffreddamento a cui l'acciaio è sottoposto, subendo però qualche deformazione.
Si producevano i pezzi delle automobili usando le macchine utensili dell'epoca.
Poi i pezzi venivano temprati e si deformavano, poi, per poterli far compattare, questi pezzi
venivano sottoposti a lunghe operazioni di rettifica, usando delle lime.
Nella meccanica di fine '800 accadeva che il controllo del processo produttivo fosse nelle mani di
questi operai molto specializzati, che erano in grado di attrezzare la macchina per ottenere
l'immagine raffigurata del disegno.
Quindi da questa vasta gamma di decisioni che venivano prese dall'operaio dipendevano sia la
quantità che la qualità della produzione.
Gli operai qualificati prendevano decisioni attingendo ad un loro bagaglio di conoscenze, di
professionalità che avevano maturato e sviluppato negli anni, osservando i lavoratori più esperti.
Questo bagaglio di conoscenze era in gran parte ignorato dalla direzione aziendale ‐‐> a controllare
il ritmo del lavoro non era la direzione, magli operai.
Per modificare questo fatto ci fu la proposta dell'organizzazione di Winslow Taylor. Taylor aveva
l'obiettivo di trasferire il controllo del processo lavorativo dagli operai alla direzione aziendale.
Quindi l'innovazione proposta da Taylor era un'innovazione di tipo organizzativo, non tecnologico.
A Taylor non interessava il progresso tecnologico ma l'organizzazione del lavoro. Taylor,
allora, mise appunto un sistema organizzativo che consentisse alla direzione di sottrarre il
controllo del lavoro agli operai.
Cosa avrebbero dunque dovuto fare gli imprenditori per sottrarre l'organizzazione del lavoro
agli operai?
Gli imprenditori avrebbero dovuto arricchire la loro azienda di un ulteriore funzione che fino a
quel momento non esisteva in nessuna azienda: UFFICIO TEMPI E METODI. Questa impresa
avrebbe dovuto promuovere una nuova figura: l'analista del lavoro (= un tecnico del lavoro).

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Questi tecnici del lavoro avrebbero dovuto analizzare tutte le mansioni lavorative svolte dagli
operai.
L'analista del lavoro doveva scomporre le mansioni lavorative nei loro singoli movimenti
elementari; poi doveva individuare quali fossero la maniera ottimale e il tempo ottimale in cui
ciascun microgesto poteva essere eseguito.
La squadra degli analisti sommava e metteva insieme i risultati di tutte queste innovazioni. Alla fine
l'ufficio tempi e metodi giungeva a definire delle istruzioni dettagliatissime su come ogni operaio
doveva eseguire il proprio lavoro.
A questo punto agli operai si chiese di lavorare attenendosi alle istruzioni impartite dall'ufficio
tempi e metodi.
In questo modo si ottenevano tre vantaggi secondo Taylor:
1. il lavoro viene uniformato: ora ciascun operaio lavora nella stessa maniera, prima invece
ogni operaio lavorava alla propria maniera
2. la produzione aumenta perchè ora tutti gli operai lavorano in maniera ottimale: aumenta
anche la produttività, quindi conviene anche agli operai lavorare attenendosi alle nuove
istruzioni impartite dalla direzione aziendale che potrà distribuire agli operai salari più alti
3. organizzando il lavoro in base al nuovo sistema si attua una separazione tra l'ideazione della
cosa da realizzare e l'esecuzione di questa cosa.
Il compito di ideare il prodotto spetta solo alla direzione; agli operai spettano solo compiti di
carattere esecutivo.
Lo studio e l'ideazione dei processi lavorativi vanno riservati alla direzione aziendale e
vanno tenuti ben lontano dai lavoratori.
Ai lavoratori i risultati di questi studi vengono resi noti solo nella forma di mansioni
semplificate prescritte da istituzioni semplificate.
Compito degli operai è di eseguire queste istruzioni senza pensare e senza bisogno di
comprendere il ragionamento tecnico che sta alla base di esse.
Ci sono due implicazioni:
a) all'azienda non serve l'intelligenza degli operai
b) è nell'interesse stesso degli operai lavorare in questo modo perchè ottengono salari più
alti
‐‐> visione economicista dell'agire umano (il lucro)
Questa proposta di Taylor non sarebbe riuscita da sola a rivoluzionare l'organizzazione del lavoro se
Henry Ford non fosse riuscito ad imporre per via meccanica agli operai di lavorare secondo quei
gesti semplificati e quei tempi uniformi di lavorazione che Taylor avrebbe voluto fossero insegnati.
Il ruolo di Ford fu importante perchè introdusse/ attuò un'innovazione tecnologica che rese possibile
imporre l'attuazione dell'innovazione di carattere organizzativo.
Ford promosse due innovazioni:
• riuscì per primo nell'industria automobilistica a produrre prezzi intercambiabili ‐‐>
precondizione per l'avvio della produzione di serie.
Effettuò ricerche su acciai, utilizzati per la costruzione degli utensili e alla fine riuscì a
costruire utensili capaci di lavorare l'acciaio pre‐temprato.
Questo fatto porta Ford a riprogettare le macchine utensili, non più universali ma in grado di
eseguire un'unica operazione.
Queste nuove macchine utensili sono velocissime; esse non esercitano più alcuna
regolamentazione tra un prezzo ed un altro, ma possono produrre una serie di pezzi uguali
tra loro.

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A questo punto non era più necessario avere degli operai specializzati per condurre
queste macchine utensili; per condurre queste macchine utensili infatti bastavano operai non
qualificati, i quali dovevano solo spingere un pulsante e la macchina funzionava da sola.
Ford non ha più bisogno di operai qualificati al reparto macchine utensili, ed essi non
esercitavano più quel controllo sul processo produttivo che prima era una prerogativa.
• Poi Ford organizzò il lavoro al reparto montaggio: prima le automobili che dovevano essere
assemblate venivano collocate su banchi di montaggio, il quale veniva poi affidato ad una
coppia di operai montatori.
Ciascuna coppia eseguiva il montaggio di un'intera automobile. Di fatto occorrevano circa
otto/nove ore di lavoro per assemblare un'automobile.
Ford decise così di organizzare il lavoro al reparto montaggio: innanzi tutto specializzò i
montatori e li fece spostare da un banco di montaggio ad un altro. Questa prima ri‐
oganizzazione è resa possibile dal fatto che la perfetta intercambiabilità dei pezzi rende
non più necessaria quella rettificata dei pezzi da assemblare, che rappresentava una delle
mansioni svolte dai montatori. Ciò permette un guadagno di produttività.
A questo punto, invece che far spostare gli operai, Ford decise di far spostare le auto da
un lavoratore ad un altro ‐‐> CATENA DI MONTAGGIO.
All'inizio la catena di montaggio viene introdotta come principio organizzativo, non come
artefatto tecnologico.
Ancora non vi è il nastro convogliatore, ma le automobili da assemblare sono poste su due
rotaie e ai lati di esse vi sono una serie di postazioni di lavoro, assegnate a ciascun operaio.
Poi l'operaio invia l'auto alla postazione di lavoro successiva. Ford tenta così di evitare il
problema della perdita di tempo precedente, ma il ritmo del lavoro è ancora dettato dagli
operai.
La situazione cambia quando viene introdotto il NASTRO CONVOGLIATORE: la catena
viene introdotta al reparto montaggio anche come artefatto tecnologico. Gli operai sono
così costretti a svolgere le loro mansioni attenendosi alla velocità, ai tempi imposti dalla
velocità del nastro convogliatore; questo congegno ottiene finalmente il risultato di imporre
l'uniformazione dei gesti e dei tempi di lavoro.
In questo modo la direzione aziendale, determinando lei la velocità del nastro, riesce ad
affermare il proprio pieno controllo sull'esecuzione dei ritmi di fabbrica.
LA GRANDE DEPRESSIONE ( 1929‐1933)
La grande depressione fu una grandissima crisi economica.
La storia del capitalismo è caratterizzata da cicli economici ricorrenti ( fasi di crescita intervallate a
momenti di crisi e recessione) ‐‐> la produzione diminuì.
La storia del capitalismo è caratterizzata da una serie di crisi economiche. Tutte queste
crisi hanno un carattere che le accomuna e le differenzia dalle crisi dell'economia pre‐
industriale.
Tuttavia la crisi nell'economia pre‐industriale ha una natura diversa dalla crisi economica dell'età
industriale.
Nell'economia pre‐industriale la crisi economica è una crisi di scarsità, dovuta ad una carenza
improvvisa di mezzi di sussistenza ( es. Carestie, cattivi raccolti, calamità naturali, guerre che
interrompono i commerci).
Invece nell'età industriale la crisi è una crisi di sovrapproduzione: il sistema produttivo genera
una produzione eccessiva rispetto a quanto il mercato è in grado di assorbire. Il sistema tende
a generare un eccesso di capacità produttiva; gli operatori economici fanno investimenti che si
rivelano eccessivi rispetto alla capacità di assorbimento del mercato.

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Prende così l'avvio una crisi economica dalla quale il sistema esce, di solito, attraverso un profondo
rimodellamento del sistema produttivo.
La grande depressione del 1929‐1933 ( che in realtà si è protratta per tutti gli anni '30) è la più grave
crisi economica attraversata dal capitalismo in tempo di pace.
Ad essa, per profondità della sua gravità, si può associare la crisi economica attuale che ha avuto
inizio nel 2008 e dura ancora oggi, e prende il nome di "grande recessione".
L'inizio della storia della grande depressione: andamento dell'indice delle quotazioni delle azioni
sul mercato della borsa di New York. In questo periodo si possono cogliere due fasi:
1. dall'1 Febbraio del 1927 all'1 Febbraio del 1929, l'andamento delle azioni registra una
crescita fortissima ( Roaring 20s).
Questa crescita creò un clima di euforia intorno agli investimenti in borsa. Un numero
crescente di famiglie e di risparmiatori iniziarono ad investire i propri risparmi in borsa.
Questi investimenti si estesero sempre di più anche ai cittadini comuni, convinti che in
breve tempo il valore delle azioni sarebbe cresciuto sempre di più.
Accadde anche che molti soggetti si indebitassero per investire in borsa ‐‐> prendevano
soldi in prestito alle banche per usarli per comprare azioni in borsa.
2. Accadde l'inevitabile: le quotazioni dei titoli azionari non possono crescere all'infinito,
dunque, verso la fine dell'Ottobre del 1929 ci furono due fortissime cadute dell'indice dei
titoli azionari.
Ci fu una forte caduta dell'indice azionario di New York il 24 Ottobre del 1929, data che
divenne nota come il " giovedì nero".
Alcuni giorni dopo ci fu una seconda caduta il 29 Ottobre del 1929, il " martedì nero" ‐‐> l'indice
scese da un valore di 380 a poco più di 200.
L'evento fu senza precedenti.
La natura di questo evento può essere espressa da un colonnello dell'Ohio che disse: " Mai nella
storia dell'umanità così tanta gente ha perso così tanti soldi in così poco tempo".
Questi avvenimenti scatenarono la corsa alle vendite di azioni.
Molti operai iniziarono a vendere le azioni precedentemente acquistate nella speranza di venderle ad
un prezzo più alto di quello che avevano utilizzato per acquistarle.
Nacque la paura che il valore delle azioni sul mercato scendessero ad un tasso zero. Questa corsa
alla liquidazione degli investimenti causò due problemi:
a) diminuzione della ricchezza finanziaria delle famiglie ( a cui si ridussero di molto i risparmi).
Infatti, anche se vendevano le loro azioni, le vendevano ad un prezzo molto più basso di quello a
cui le avevano acquistate.
b) molti avevano chiesto soldi in prestito alle banche.
Queste persone non furono più in grado di restituire le somme che avevano preso in prestito ‐‐> non
riuscirono a saldare il debito.
Queste persone dovettero vendere le azioni ad un prezzo più basso di quanto avevano pagato per
comprarle.
Quindi i crediti, maturati dalle banche nei confronti degli investitori in borsa, divennero inesigibili.
Accadde che le banche iniziarono a temere che i risparmiatori incominciassero ad avere paura che le
banche stessero iniziando a fallire ‐‐> corsa agli sportelli da parte dei depositanti.
Nel timore di ciò, le banche, per recuperare liquidità e per rassicurare i loro depositanti, iniziarono a
richiedere i crediti agli altri settori dell'economia (es. Imprese), e a chiedere alle imprese di
restituire loro i crediti.
Le banche iniziarono a ridurre i prestiti al consumo, cioè i prestiti per i mutui, per l'acquisto delle
case.
Le banche allora smisero di prestare soldi alle imprese e di finanziarle.

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Questa decisione delle banche fu il principale canale di trasmissione della crisi dal settore
finanziario ( Borsa) all'economia reale.
Così, alla caduta dei titoli azionari seguì una caduta della produzione e ciò portò alla
disoccupazione.
Ci fu anche la diminuzione della domanda e delle ricchezze delle famiglie, dunque diminuì la
domanda delle case e di beni di consumo durevole, e ciò indusse le imprese ad adeguare i volumi
della loro produzione al diminuito livello della domanda.
‐‐> le fabbriche vennero chiuse per un tempo ridotto e altre chiuse per sempre. Molte persone
persero il lavoro e altre lavorarono di meno, dunque diminuì la massa salariale.
Così finì per diminuire ulteriormente la domanda dei beni di consumo che i lavoratori potevano
esprimere sul mercato.
Questa circostanza provocò un' ulteriore diminuzione della domanda di beni prodotti dalle imprese,
le quali furono costrette a produrre sempre meno ‐‐> circolo vizioso senza precedenti.
TASSO DI DISOCCUPAZIONE= è un rapporto che al numeratore mette il numero dei disoccupati
( che cercavano anche un lavoro), al denominatore c'è la somma dei numeri degli occupati e il
numero dei disoccupati che cercano un lavoro.

LE INTERPRETAZIONI DELLA GRANDE CRISI


Ci furono alcune interpretazioni sul perchè la grande crisi fu così grave:
1. Milton Friedman sostiene che le cause della crisi sono interne agli Stati Uniti e che la crisi fu così
grave a causa degli errori di politica monetaria degli USA ( la banca centrale attuò una politica
monetaria sbagliata).
Era successo che ad un certo punto la banca centrale americana aveva ridotto la sua offerta di
moneta alle banche, cioè diminuì drasticamente la propria disponibilità a rifinanziare le banche
commerciali, prestando ad esse moneta (questo per frenare la speculazione sui titoli azionari).
Una volta che decise di non rifinanziare più le banche commerciali, la banca centrale si attenne a
questa decisione anche negli anni successivi: anche dopo la caduta della borsa, continuò a rifiutarsi
di prestare denaro alle banche commerciali.
Questa decisione fu, secondo Friedman, l'errore principale che portò le banche a chiudere i rubinetti
del credito alle imprese.
Questa interpretazione di Friedman è una critica che ha avuto una forte influenza anche per la crisi
economica attuale: infatti, di fronte al verificarsi di una crisi economica attuale, le due banche
centrali ( americana ed europea) hanno deciso di rifinanziare le banche commerciali.
2. Charles Kindleberger sostiene che la crisi fu così grave a causa dell'assenza nel mondo di
un paese guida che fungesse da prestatore di ultima istanza, cioè che si facesse carico dei bisogni
della crescita economica dell'intero sistema economico.
Kindleberger osserva che un tale paese guida c'era stato sia prima della prima guerra mondiale che
dopo la seconda guerra mondiale: prima della prima guerra mondiale il paese guida era stata
l'Inghilterra, dopo la seconda guerra erano stati gli USA.
In mezzo alle due guerre non vi fu nessun paese guida: l'Inghilterra voleva fare da paese guida
anche in mezzo alle due guerre, ma non aveva più le risorse per farlo; invece gli Stati Uniti non
hanno ancora l'idea di politica per farlo, perchè hanno una politica isolazionista, anche se avrebbero
i mezzi per farlo.
Secondo Kindleberger un buon paese guida deve fare tre cose:
• mantenere il proprio mercato nazionale aperto alle esportazioni degli altri paesi, in modo da
aiutarli a crescere.
• Fornire prestiti a lungo termine agli altri paesi per sostenerne lo sviluppo.
• In caso di crisi economica, deve fornire agli altri paesi prestiti anticiclici.

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3. Heinz Arndt sottolinea il ruolo centrale delle contraddizioni nell'economia reale. Per lui
la crisi fu così grave a causa di uno squilibrio reale tra la domanda e l'eccesso di capacità
produttiva.
Questo squilibrio era presente sia nel mondo nel suo complesso che all'interno degli USA.
Era successo che durante la prima guerra mondiale, l'Europa aveva aumentato i propri
approvvigionamenti di beni primari ( soprattutto cereali) nei paesi di oltremare, perchè la capacità
produttiva dell'Europa era diminuita a causa delle vicende belliche. Terminata la guerra l'Europa
cercò di ricostruire la propria capacità produttiva nell'agricoltura ma, al contempo, i paesi di
oltremare avevano allargato la loro capacità produttiva.
Il risultato era che nel mondo la capacità produttiva nella produzione dei beni primari era divenuta
eccessiva: l'Europa aveva così molto meno bisogno di importare beni primari dagli altri continenti.
Ci fu un calo del prezzo delle esportazioni dei beni primari dai paesi d'oltremare. La conseguenza
fu una diminuzione dei guadagni espressi in valute internazionali quindi, incamerando meno
dollari e sterline, i Paesi d'oltremare potevano importare beni primari dai paesi più sviluppati.
Questo fu per Arndt la causa della crisi ‐‐> ci fu un legame tra la diminuita capacità di esportazione
dei paesi avanzati verso i paesi di oltremare e il crollo della borsa.
NEW DEAL
Un secondo squilibrio ci fu all'interno degli USA.
Negli anni '20 ci fu un'ondata di investimenti in alcuni settori in forte crescita ( automobile,
elettrodomestici, beni di consumo durevoli) che finirono per portare alla creazione di una capacità
produttiva superiore rispetto alle reali possibilità di assorbimento del mercato.
Quando ciò fu evidente, esplose la crisi.
Se ne uscì attraverso un drastico cambiamento della politica economica: politica del New Deal di
Roosevelt.
Roosevelt cambiò la politica economica degli USA e fu fautore di una nuova politica basata su un
maggior intervento dello Stato nell'economia.
Prima del New Deal la cultura economica dominante riteneva che il mercato, se lasciato libero di
funzionare, senza ostacoli, avrebbe portato l'economia alla piena occupazione.
La politica finanziaria dello Stato prima doveva essere ispirata al perseguimento dell'obiettivo del
pareggio del bilancio ( = lo Stato è come un padre di famiglia: non può spendere più di quello che
ha).
Invece Roosevelt adottò una politica economica che si ispirava alle idee dell'economista inglese
John Maynard Keynes, il quale sosteneva che non è detto che il mercato, lasciato libero di operare
senza vincoli, conduca sempre alla piena occupazione; egli sosteneva che ci possono essere invece
delle situazioni in cui il mercato conduce a quelli che egli definì degli equilibri di sottoccupazione.
Ossia si potevano verificare delle situazioni in cui il mercato non era in grado di porre dei
meccanismi di autocorrezione.
Secondo Keynes un equilibrio di sottoccupazione poteva verificarsi in presenza di una carenza di
domanda effettiva: si hanno risorse sottoutilizzate in assenza dell'attivazione di meccanismi
spontanei di autocorrezione da parte del mercato, quando la domanda effettiva è insufficiente per
mettere al lavoro tutte le risorse.
Per Keynes la crisi degli anni '30 era un esempio classico del verificarsi di un equilibrio di
sottoccupazione.
Dunque, se la situazione da combattere per rilanciare la ripresa era un equilibrio di
sottoccupazione, occorreva che lo Stato ponesse in essere delle politiche che rilanciassero la
domanda aggregata ( = domanda totale che si esprimeva nell'economia). Lo strumento a
disposizione dello Stato era la spesa pubblica in disavanzo.
Il New Deal attuò tutta una serie di programmi di opere pubbliche ispirati al principio del bilancio
pubblico in disavanzo: si trattava di programmi per la costruzione di centrali elettriche, ponti, strade

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che crearono immediatamente milioni di posti di lavoro, e quindi consentirono di aumentare il
monte salari dei lavoratori.
L'ECONOMIA SOVIETICA TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
Tra il 1917 e il 1918 in Russia ci fu la RIVOLUZIONE D'OTTOBRE, che portò al potere il primo
governo comunista della storia.
Il governo comunista fu chiamato governo sovietico ( consigli di operai, soldati, contadini). Quindi
il governo ebbe un impatto sull'organizzazione dell'agricoltura ‐‐> decreto sulla terra, il quale
stabilì la confisca da parte dello Stato delle terre di proprietà dei nobili, della chiesa, e vennero
confiscate anche le terre della ex famiglia imperiale.
Queste terre divennero di proprietà dello Stato, che le mise in usufrutto al popolo lavoratore.
Lo Stato diede l'incarico ai soviet locali di distribuire queste terre in usufrutto ai contadini poveri,
che ne avessero fatto richiesta.
I contadini poveri erano braccianti ( = senza terre), o contadini che avevano appezzamenti di terreno
molto piccoli.
Quindi ci fi una redistribuzione dei terreni.
Queste tenute furono redistribuite in tanti appezzamenti, ciascuno dei quali assegnato ad una
famiglia; ogni famiglia assegnataria si vide assegnati due ettari di terreno.
I contadini a cui vennero assegnati gli appezzamenti non potevano venderli o affittarli ad altri e non
potevano assumere lavoratori salariati.
Questi contadini non potevano passare l'appezzamento ai loro eredi, ma gli appezzamenti tornavano
in mano allo Stato.
Nei mesi successivi alla rivoluzione d'ottobre, il governo sovietico adottò altre misure che
riorganizzarono tutti gli altri settori dell'economia: per l'industria venne decisa l'introduzione del
controllo operaio nelle fabbriche ‐‐> accadde che dal Novembre del 1917 al Giugno del 1918, i
comunisti non nazionalizzano l'industria, la quale resta proprietà dei vecchi proprietari.
Viene istituito il controllo operaio, che consisteva nel fatto che in ogni fabbrica furono costituiti dei
comitati di fabbrica eletti dai lavoratori; gli azionisti così furono esclusi dal controllo della fabbrica.
In realtà chi controllava le elezioni erano i sindacati e gli stessi soviet.
Poi, tra la fine del 1917 e l'inizio del 1918 furono nazionalizzate tutte le banche russe, il commercio
estero e quello interno.
Nel Giugno del 1918 vennero nazionalizzate anche le imprese nazionali.
In questa situazione, tra la fine del 1917 e la metà del 1918, l'industria cadde in una situazione di
profonda disorganizzazione.
La Russia fu afflitta da una carenza di dirigenti, che nell'industria coincidevano con gli ex
proprietari privati delle aziende: gli ex proprietari erano considerati infatti nemici del governo
comunista.
Ciò portò a gestire le imprese industriali persone non preparate.
In questa situazione le fabbriche lavorano sotto ritmi molto pù bassi rispetto al periodo precedente
la rivoluzione d'ottobre, quindi c'è poco lavoro per gli operai russi, i quali erano dei contadini
inurbati che avevano la famiglia in campagna: molti contadini tornarono nelle campagne per
partecipare alla redistribuzione delle terre.
Gli scambi commerciali tra città e campagna diventano sempre più difficoltosi; ne consegue che le
fabbriche non sono più in grado di produrre quei beni manufatti che vengono richiesti dai contadini.
Di fronte a questo, i contadini rifiutano di vendere i loro prodotti alle città.
Questo porta così ad una paralisi dei rapporti tra città e campagna e il governo fa fatica ad
approvvigionare le città dei beni richiesti.
IL COMUNISMO DI GUERRA
Nella metà del 1918 in Russia scoppia la guerra civile tra il governo sovietico ed una serie di armate
anti‐ rivoluzionarie, capeggiate da generali zaristi.

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In questa situazione il governo deve approvvigionare il proprio esercito; così il governo decide
l'introduzione di un severo razionamento alimentare e di un sistema centralizzato di distribuzione
delle risorse, chiamato comunismo di guerra,e gestito direttamente dallo Stato.
Il comunismo di guerra è basato sullo scambio diretto ( cioè senza l'uso della moneta).
CARATTERI DEL COMUNISMO DI GUERRA
• I lavoratori delle fabbriche erano militarizzati.
Il lavoro industriale era organizzato in base al principio della coscrizione obbligatoria ‐‐>
gli operai non potevano scegliere in quale fabbrica lavorare, erano remunerati in natura
( cioè a loro venivano consegnati buoni acquisto da utilizzare per l'assegnazione di
determinate quantità di beni di prima necessità fortemente razionati) .
• I servizi pubblici erano erogati gratuitamente dallo Stato per un ammontare minimo per ogni
cittadino in quantità molto limitate.
• Problema dell'assicurazione dell'approvvigionamento della città e dell'esercito: per rifornire
le città e l'esercito i contadini erano costretti a versare all'ammasso statale tutti i prodotti
agricoli che eccedevano un minimo sussistenziale stabilito dallo Stato stesso.
Lo Stato mandava squadre di soldati in ogni villaggio rurale a requisire quei cereali di grano
che i contadini cercavano di nascondere per sottrarsi all'ammasso.
IL FALLIMENTO DEL COMUNISMO DI GUERRA
Ci fu un crollo della produzione di proporzioni drammatiche: la produzione agricola scese al 60% e
l'industria al 20%.
All'inizio del 1921 vi erano proteste contro le requisizioni forzate, la militarizzazione.
LA NEP
Di fronte alle difficoltà economiche e al crescere delle proteste, nel 1921 il governo decise
un cambiamento della propria politica abbandonando il comunismo di guerra e introducendo la NEP
( = NUOVA POLITICA ECONOMICA).
Con il varo della NEP furono introdotte nuove riforme che riorganizzarono ampi settori
dell'economia:
1. fu introdotta una nuova moneta e fu liberalizzato il commercio interno. Nel 1921 si decise la
prima privatizzazione di tutti gli esercizi commerciali fino a venti addetti.
Questa fu una misura importante perchè le imprese sino a venti addetti annoveravano il 90%
di tutti gli addetti al commercio.
Inoltre Lenin consentì che sul mercato interno i prezzi potessero essere fissati dall'azione
delle forze di mercato
2. misura che interessa le campagne: furono abolite le requisizioni forzate dei cereali prodotti
dai contadini.
Le requisizioni forzate furono sostituite da un'imposta fissa e questo ha due implicazioni:
a) l'imposta fissa è fissa, cioè il suo ammontare è certo e predeterminato
b) questo dà un vantaggio al contadino: una volta pagata l'imposta fissa ( proporzionale alle
superficie coltivata) allo Stato, il contadinobpuò disporre liberamente delle eccedenze e
può anche venderle sul mercato, e ciò rappresenta un forte incentivo per i contadini ad
aumentare la produzione ( sistema di incentivi economici)
3. i contadini divennero così pieni proprietari delle terre a loro assegnate con la redistribuzione
in seguito alla rivoluzione d'ottobre, e possono trasmettere la proprietà dei loro
appezzamenti agli eredi, e dal 1925 fu consentito loro di dare in affitto la terra e di assumere
braccianti
4. la NEP decretò la privatizzazione della piccola industria: furono privatizzate tutte le piccole
imprese industriali con meno di ventuno operai

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Ciò porta a privatizzare un numero di imprese industriali che occupano solo il 12%
dell'industria, le grandi imprese industriali restano invece proprietà statale. Tuttavia il
governo concede alle grandi imprese una maggiore autonomia gestionale rispetto a prima:
ora possono firmare contratti autonomamente e devono attenersi a principi di efficienza
economica nella loro gestione ( ‐‐> hanno il compito di conseguire un profitto d'impresa).
L'organizzazione del lavoro nelle industrie statali viene smilitarizzata e si riconosce ai
sindacati il diritto di tutelare gli interessi dei lavoratori
5. misura volta ad attirare i capitali stranieri: legge che consente la connessione ad imprese
straniere di speciali licenze per lo sfruttamento delle risorse naturali della Russia ( es.
Petrolio).
Nonostante le condizioni offerte da questa legge, le imprese straniere temevano di essere
espropriate dal governo, infatti temevano che con loro potesse fare come nel 1917 riguardo
al debito estero ‐‐> la Russia aveva un grosso debito estero contratto da investitori stranieri.
Il governo sovietico decise di disconoscere il debito estero contratto dalla Russia zarista, e
questi debiti divennero carta straccia.
I RISULTATI DELLA NEP
Le banche rimasero proprietà dello Stato.
La NEP rappresentava una sorta di economia mista nel quale accanto ad un importante settore
statale dell'economia fu dato un certo spazio all'iniziativa privata e allo sviluppo del mercato
interno, inoltre furono tenuti dallo Stato quei settori dell'economia considerati strategici, che quindi
rimasero di proprietà statale.
Sia l'agricoltura che l'industria avevano superato la crisi del comunismo di guerra e avevano
conosciuto una ripresa significativa.
Nel 1927‐1928 sia la produzione agricola che la produzione industriale avevano superato i livelli
dell'anteguerra.
Tuttavia la NEP rappresentava dei problemi e delle contraddizioni.
La Nep consentì una buona ripresa dell'economia della Russia in seguito all guerra civile e al
comunismo di guerra.
Intorno al 1927‐1928 l'economia russa aveva superato i livelli produttivi dell'anteguerra.
LA CRISI DELLA NEP
Tuttavia c'erano problemi irrisolti e che nel giro di pochi anni portarono ad una crisi di questa
politica e al suo abbandono, e alla sua sostituzione con una politica economica del tutto differente.
Il problema era che negli anni '20, nonostante il successo della ricostruzione dell'economia russa e,
nonostante la buona ripresa, il ritardo tecnologico dell'unione sovietica sui paesi occidentali era
aumentato rispetto al 1913; ossia la ripresa produttiva degli anni '20 aveva interessato soprattutto
l'agricoltura, l'industria leggera, l'elettricità ma in Russia i settori della industria pesante ( acciaio,
chimica ecc ), emersi come nuove settori trainanti, erano cresciuti meno che nei paesi occidentali.
Questo divario tecnologico era aumentato nonostante il buon successo della NEP. Quindi sviluppare
questi settori della seconda rivoluzione industriale divenne sempre di più la preoccupazione del
governo sovietico. Questi settori trainanti erano settori ad elevata intensità di capitale, cioè settori il
cui sviluppo richiedeva ingenti investimenti di capitali che potevano avere luogo soltanto
comprimendo i consumi dei contadini per un periodo sufficientemente lungo.
Per ridurre il ritardo tecnologico occorreva che in Russia i nuovi settori crescessero a tassi
significativamente più rapidi dei tassi corrispondenti che si verificavano in Occidente. Si
dovevano ridurre i consumi dei contadini e questo era un grosso problema da risolvere perchè
c'era il pericolo che i contadini potessero rivoltarsi contro il governo.
Un altro problema era che, dopo la rivoluzione d'ottobre, la quantità di cereali che veniva portata
sul mercato in Russia era molto inferiore rispetto al periodo dell'anteguerra e ciò era una
conseguenza principalmente della redistribuzione della proprietà terriera che aveva avuto luogo

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dopo la rivoluzione d'ottobre. Basti pensare che prima della prima guerra mondiale la Russia era
uno dei maggiori esportatori di cereali al mondo. Ora invece la Russia non solo non esportava piu
neanche un chicco di grano,ma vedeva ogni anno l'approvvigionamento delle città, messo in
pericolo da una classe contadina che era restia a vendere il proprio grano. Questa ritrosia della
classe contadina a vendere il proprio grano era dovuta a due motivi:
1. il primo era una conseguenza diretta della redistribuzione terriera: dopo la rivoluzione
d'ottobre le grandi aziende agricole vennero confiscate dallo Stato e redistribuite ai contadini.
Questa redistribuzione portò alla scomparsa totale della grande azienda agricola in Russia.
Questa circostanza portò alla formazione di milioni di nuove piccole aziende gestite da famiglie di
contadini.
Queste nuove piccole aziende contadine, che furono create in seguito alla redistribuzione delle terre,
avevano una superficie di 2 ettari ed erano condotte da famiglie contadine povere di capitali.
Queste piccole aziende presero il posto delle grandi tenute che erano state confiscate, ed erano
fortemente orientate all'autoconsumo: esse puntavano ad essere autosufficienti e questo le rendeva
intrinsecamente inclini a trattenere i raccolti dei cereali.
2. nonostante la ripresa economica avuta durante la NEP, la Russia aveva ancora un'industria
arretrata: l'industria soffriva di una forte carenza di capacità produttiva, ossia non era in grado di
produrre una quantità sufficiente di beni industriali per soddisfare i bisogni dei contadini.
A causa di questa carenza di capacità produttiva nell'industria i prodotti industriali erano scarsi e
costavano molto; al contrario i prezzi che lo Stato offriva ai contadini per i loro cereali erano molto
bassi.
LA "CRISI DELLE FORBICI"
Lo Stato aveva però il problema di assicurare l'approvvigionamento: organizzava l'ammasso dei
cereali, che era divenuto volontario (non più obbligatorio come nel comunismo di guerra): il
contadino era libero di decidere se vendere o no il grano che produceva all'ammasso statale e quindi
era importante il prezzo che lo Stato offriva ai contadini per il conferimento del grano.
L'obiettivo dello Stato era quello di promuovere un rapido sviluppo dei settori dell'industria
pesante: quando veniva lanciata la campagna degli ammassi volontari in autunno, lo Stato offriva
ai contadini, per il conferimento dei cerali, prezzi bassi. Cosi si creò una "forbice" tra gli altri
prezzi dei beni industriali e quelli bassi dei prodotti agricoli (soprattutto cereali) e questo in
seguito causò la "crisi delle forbici": i contadini in autunno si rifiutavano di vendere il loro grano
allo Stato perchè non c'era nulla che li obbligasse a farlo e, per ricavare il contante che serviva
loro per pagare l'imposta fissa, preferirono vendere altri prodotti, come latte, formaggio, carne,
alcuni capi di bestiame e barbabietole, che erano più convenienti per loro stessi e allo stesso
tempo trattenevano i loro cereali nei granai delle loro aziende.
Ogni anno c'era cosi il problema per lo Stato di rifornire ogni anno le città e di accumulare capitali
essenziali per finanziare investimenti nell'industria pesante.
Accadeva che i contadini aspettassero per vendere il grano la primavera successiva ad un prezzo
molto più alto.
Questa strategia consentiva ai contadini di aumentare i loro redditi ma finiva per vanificare i
tentativi dello Stato di attuare una politica di investimenti che desse la priorità allo sviluppo
dell'industria pesante.
La NEP per funzionare bene aveva bisogno di alti prezzi agricoli e di puntare su un modello di
industrializzazione che desse la priorità allo sviluppo dell'industria leggera. Se si fosse seguita per
molti anni questa politica, la conseguenza sarebbe stata che la Russia non sarebbe mai riuscita a
sviluppare una moderna industria pesante e che il divario tra la Russia e i paesi occidentali si
sarebbe accresciuto perchè i paesi occidentali avevano una moderna industria pesante che negli
anni '20 era cresciuta molto di più di quella Russia. Il timore era dunque che la NEP avrebbe
accentuato l'arretratezza relativa della Russia rispetto ai paesi occidentali.

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L'ECONOMIA PIANIFICATA DI COMANDO
Tra il 1928‐29 Stalin decise un drastico cambiamento di politica economica: decise l'abbandono
totale della NEP e instaurò un sistema economico del tutto differente ( sistema di economia
pianificata di comando).
Questo sistema dell'economia pianificata fu instaurato in Russia a partire dalla fine degli anni 20 ed
è durato sino al crollo dell'Unione Sovietica ( 1991).
Furono prese alcune misure: innanzi tutto ci fu la collettivizzazione dell'agricoltura: lo Stato
espropriò i contadini dei piccoli appezzamenti di terreno coltivati fino ad ora, e questi appezzamenti
furono conferiti a grandi fattorie collettive.
Queste aziende collettive erano di due tipi: da un lato vi erano i Kolchoz ( aziende agricole
cooperative), dall'altro i Sovchoz ( grandi aziende agricole di proprietà statale).
I contadini persero quindi la proprietà degli appezzamenti di terreno che avevano coltivato sino a
quel momento e furono costretti ad andare a lavorare o come braccianti ( cioè dipendenti pubblici)
oppure come soci dei Kolchoz.
Ma in ogni caso entrambe queste aziende erano controllate direttamente dallo Stato, che era
direttamente proprietario di queste aziende.
Questa vicenda della collettivizzazione dell'agricoltura rappresentò un dramma sociale di
dimensioni senza precedenti: accadde che i contadini non volevano essere espropriati dei loro
appezzamenti di terreno e si opposero, brucando i loro raccolti, macellando in massa il loro
bestiame piuttosto che conferirli allo Stato.
I contadini che si opponevano alla collettivizzazione furono arrestati, altri deportati in Siberia
( questo fu il destino dei kulaki), altri eliminati fisicamente con le armi.
La collettivizzazione per Stalin era l'unico strumento ormai rimasto allo stato per assumere il
controllo della produzione agricola e quindi l'unico strumento per assicurare i rifornimenti
alimentari alle città su base regolare e l'unico strumento rimasto per indirizzare le eccedenze
cerealicole all'esportazione.
A partire dai primi anni '30 la Russia torna ad esportare grano verso il resto del mondo: l'Unione
Sovietica ora riesce ad esportare grano pur producendone meno di prima: lo scopo era quello di
accumulare, attraverso le esportazioni di grano, la valuta pregiata ( dollari e sterline) da utilizzare
per finanziare l'importazione dei macchinari necessari per servire gli interessi dell'agricoltura per
realizzare un'industrializzazione accelerata del paese.
Infatti la collettivizzazione dell'agricoltura si accompagnò ad una ri‐nazionalizzazione totale
dell'industria e del commercio interno, quindi quelle piccole imprese industriali che erano state
privatizzate durante la NEP, furono ora rinazionalizzate.
Ora tutta l'industria e tutto il commercio divennero di proprietà statale.
Successivamente Stalin fece una pianificazione centralizzata di tutta l'economia sovietica. Fu
istituito un nuovo organismo statale: il GOSPLAN (comitato per la pianificazione di stato). Esso
si vide assegnato il compito di redigere dei piani di sviluppo della economia nazionale di durata
quinquennale e di controllare l'attuazione di questi piani. Tra il 1929 e il 1941 furono redatti in
Unione Sovietica tre piani quinquennali:
1. il primo dal 1929 al 1933, durò solo quattro anni perchè Stalin sosteneva che gli obiettivi fossero
già stati raggiunti 2. il secondo dal 1933 al 1937
3.il terzo dal 1938 al 1941: la realizzazione del terzo fu sospesa a metà del '41 a causa dell'attacco
della Germania alla Russia.
Questi piani quinquennali stabilivano per l'economia nazionale nel suo complesso, per ciascun
settore e per ciascuna fabbrica gli obiettivi di produzione da realizzare ( che cosa e quanto produrre)
e stabilivano inoltre le quantità di materie prime e di semilavorati occorrenti al processo produttivo .
L'impresa sovietica non aveva alcuna autonomia, era semplicemente un esecutore di ordini che
arrivavano dallo Stato.

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Il piano quinquennale stabiliva anche i prezzi dei prodotti delle materie prime e dei semilavorati:
cioè, col passaggio dalla NEP all'economia pianificata, fu abolito il sistema dell'economia di
mercato e il mercato, come meccanicismo che orientava le scelte delle imprese.
I prezzi di mercato furono aboliti e sostituiti da prezzi politici, fissati in via amministrativa dallo
Stato. Per tanto da quel momento i prezzi in Unione Sovietica persero ogni legame con i costi di
produzione e con la scarsità o l'abbondanza dei prodotti rispetto alla domanda. La domanda dei
consumatori non esercitava alcun ruolo nell'orientare le scelte produttive delle imprese, infatti basti
pensare che in tutta la Russia dovesse esserci una sola fabbrica di aranciate per servire tutto il
territorio dell'unione sovietica, e si produceva un unico tipo di aranciata: non si teneva conto delle
domande dei consumatori.
Quali furono gli obiettivi dei piani quinquennali?
L'obiettivo principale fu lo sviluppo accelerato dell'industria pesante.
Si è calcolato che tra il 1929 e la fine degli anni '30, la produzione industriale in Russia sia
aumentata di circa tre volte (la produzione di macchine utensili aumentò di diciassette volte, la
produzione dell'acciaio di quattro volte e quella chimica di dieci volte), mentre investimenti assai
minori furono destinati all'industria leggera.
RISULTATI DELL'ECONOMIA PIANIFICATA
Quella dell'Unione Sovietica era una industrializzazione squilibrata: nei settori dell'industria
pesante e dell'industria produttrice di beni capitali, l'Unione Sovietica ha ottenuto risultati molto
buoni rispetto agli Stati Uniti ( in alcuni settori come l'acciaio e la produzione di elettricità i
risultati ottenuti dalla Russia appaiono più che lusinghieri). La produzione di acciaio per
abitante,nel 1928, era pari al 7% della produzione degli USA; nel 1958 la produzione di acciaio
era salita a quasi la metà della produzione di acciaio per abitante negli Stati Uniti. Questo è un
risultato importante se si pensa che tra il 1928 e il
1958 l'industria americana era cresciuta a sua volta.
Allo stesso modo la produzione di elettricità per abitante nel 1928 era pari al 12% del livello degli
Stati Uniti, e nel 1958 era salita al 27%.
Si noti invece come siano molto più bassi i risultati dell'industria leggera: nei settori dell'industria
leggera ( automobili, televisori) i risultati non furono eccelsi.
Nel 1928 la Russia non disponeva di una propria industria automobilistica; nel 1958 la produzione d
automobili per abitante era pari al 2% del livello degli USA.
La produzione industriale in Russia negli anni '30 è cresciuta continuativamente.
Inoltre l'URSS è l'unico paese al mondo non colpito dalla grande depressione del 19291933. Quindi
fu l'unico paese al mondo la cui economia continuò a crescere durante gli anni della grande
depressione e questa circostanza ebbe un forte impatto sull'immagine della Russia a quell'epoca.
Molti osservatori internazionali si fecero un'immagine positiva della Russia e della sua economia a
causa del fatto che quel paese era riuscito a non essere toccato dalla grande depressione.
A molti osservatori sembrò addirittura che l'economia pianificata fosse un sistema superiore del
sistema di economia di mercato in occidente, perchè la storia economica del capitalismo è
contrassegnata dal verificarsi di crisi economiche.
Molti, negli anni '30 e '40, pensavano che l'economia pianificata fosse un sistema superiore in
quanto era un sistema capace di sottrarsi al rischio delle crisi economiche e dunque riusciva ad
assicurarsi una crescita economica ininterrotta e senza crisi.
IL SISTEMA MONETARIO INTERNAZIONALE
Nella seconda metà del 1600 le monete in circolazione erano tutte monete metalliche. Vi erano
tre tipi di monete:
1. monete d'oro
2. monete d'argento, utilizzate per i pagamenti più consistenti 3. monete di rame, per
i pagamenti di piccoli importi.

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Il valore di queste monete era dato dal valore della quantità di metallo prezioso in esse contenuto.
Il sistema che vigeva era quello di una moneta merce, il cui valore era dato dal valore della merce
utilizzata per coniare la moneta stessa.
Alla fine del '600 e nella prima metà del '700, in Europa vigevano tre sistemi monetari: a. vi
erano alcuni Stati europei che adottavano il monometallismo argenteo
b. altri paesi adottavano il monometallismo aureo
c. un terzo gruppo di paesi adottava un sistema ancora differente che era chiamato bimetallismo.
Qual era la differenza tra i tre sistemi monetari?
Il monometallismo argenteo aveva come base l'argento, il monometallismo aureo aveva come base
l'oro, mentre il bimetallismo era un sistema che si basava sia sull'oro che sull'argento.
Es. monometallismo argenteo: in questo caso dire che questo sistema aveva come propria base
l'argento non significava che tutte le monete in circolazione in quel paese fossero d'argento ma ciò
implicava che, nei paesi che lo adottavano, solo l'argento godeva di due proprietà:
1. libero conio = era la possibilità che venia concessa ai cittadini di quello stato di consegnare
alla zecca ( officina che produce monete) l'argento in loro possesso e ottenere in cambio
l'equivalente in moneta.
2. potere liberatorio illimitato=è una qualità che ha anche la moneta dei giorni d'oggi. È la
possibilità concessa alla moneta, assunta a base del sistema, di essere utilizzata in qualsiasi
momento come mezzo di pagamento senza poter essere rifiutata dal venditore. Queste due facoltà
non erano concesse agli altri Stati.
LA MONETA CARTACEA
Accadde che a partire dalla seconda metà del 1600, quando questa circostanza si accrebbe, le
monete metalliche incominciarono a rivelarsi insufficienti per finanziare le necessità dei commerci
e dei traffici economici.
Iniziò ad accadere che alcune banche si trovassero a fronteggiare delle richieste di prestiti che
eccedevano la quantità di monete metalliche che erano state depositate
presso di esse. banche di emissione),
Di fronte a ciò queste banche ( non disponendo di una quantità
sufficiente di monete metalliche da prestare, cominciarono a consegnare a ci chiedeva loro delle
somme in prestito non le monete metalliche ma delle proprie banconote, propri biglietti, con la
promessa di cambiarli in monete metalliche ad ogni richiesta dei loro possessori.
A queste persone venne data in prestito quella che finì per diventare un nuovo tipo di moneta.
Ma non capitava mai che tutti i possessori di queste banconote si presentassero
contemporaneamente a chiedere di cambiarle in monete metalliche.
Accadde che queste banche potessero emettere una quantità di biglietti di carta per un importo
complessivo superiore all'importo delle monete metalliche che avevano in deposito.
Tuttavia una riserva di moneta metallica, pari all'incirca al 40% del valore dei biglietti emessi, era
sufficiente a garantire la conversione di quei biglietti per i quali veniva normalmente chiesto in
cambio.
All'inizio queste banconote circolavano a costo fiduciario (cioè nessuno era obbligato ad accettarle
come mezzo di pagamento e se le accettava era solo perchè nutriva fiducia nella promessa della
banca emittente di cambiarli in moneta metallica) ma successivamente, mano a mano che il loro
utilizzo si diffondeva, ottennero dalla legge anche esse il potere liberatorio illimitato e quindi
iniziarono a circolare come una moneta che aveva un corso legale.
VICENDE DEL SISTEMA MONETARIO DELL'INGHILTERRA
Alla fine del 1600 e i primi del 1700, l'Inghilterra adottava il bimetallismo. Accadde che
in Brasile vennero scoperti importanti miniere d'oro.

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A quell'epoca il Brasile era una colonia del Portogallo e quindi l'oro estratto in Brasile era trasferito
in Portogallo.
Nel 1703 fu firmato un trattato commerciale tra l'Inghilterra e il Portogallo: questo trattato diminuì
le tariffe doganali per le esportazioni di vini doganali in Inghilterra e allo stesso tempo diminuirono
le tariffe doganali per le esportazioni di manufatti inglesi in Portogallo. Si vide ben presto che il
valore delle esportazioni inglesi in Portogallo era di molto superiore al valore delle esportazioni
portoghesi in Inghilterra.
Come saldava il Portogallo questa differenza? Il Portogallo aveva un deficit strutturale negli scambi
commerciali con l'Inghilterra e decise di pagare la differenza trasferendo in Inghilterra una parte
dell'oro che veniva estratto in Brasile.
Allora nel 1700 iniziò a prendere piede un forte afflusso dell'oro in Inghilterra e si diffuse la
coniazione di monete d'oro.
Allo stesso tempo l'Inghilterra aveva un disavanzo commerciale con la Cina: l'Inghilterra non era in
grado di offrire nessun prodotto che fosse di interesse per i Cinesi.
La Cina adottava il monometallismo argenteo.
L'Inghilterra, pertanto, voleva saldare il proprio disavanzo commerciale con la Cina trasferendo
argento in Cina.
In Inghilterra affluivano grandi quantità di oro dal Portogallo e l'Inghilterra vedeva diminuire la
quantità di argento che circolava.
Il risultato fu che in Inghilterra si ridusse l'uso di monete d'oro e monete d'argento; ci fu una legge
del 1774 che limitò l'uso delle monete d'argento ai pagamenti di importo sino a 25 sterline.
Durante le guerre napoleoniche in Inghilterra venne decisa l'inconvertibilità della sterlina di carta.
Morto Napoleone si pose il problema per l'Inghilterra di ripristinare l'inconvertibilità della carta e
nel 1821 il governo inglese decise di abolire il bimetallismo e di adottare il monometallismo aureo.
IL GOLD STANDARD
A partire dagli anni '80 dell'800 tutte le principali economie del mondo passano al Gold Standard.
• Il primo paese a farlo è la Germania nel 1873
• nel 1878 la Francia e il Belgio‐‐> nel 1870 ‐1871 nasce l''impero tedesco, che prima era
formato da tanti piccoli Stati, nessuno dei quali aveva come moneta il monometallismo
aureo. Quindi l'unificazione della Germania è accompagnata anche con l'adozione della
stessa moneta.
• 1883 Italia
• 1892 Austria‐ Ungheria
• 1897 Russia e Giappone
• 1900 USA
Qual era il vantaggio del Gold Standard?
Era possibile dare vita ad un sistema monetario internazionale basato su cambi fissi delle varie
valute.
Il valore di ogni valuta è legato alla quantità di oro contenuto in ciascuna di esse.
Pertanto le varie valute si scambiavano sulla base di tassi di cambio fissi determinati dalla quantità
di oro contenuto in ciascuna valuta.
Il vantaggio è che un tale sistema di cambi fissi agevola il commercio internazionale e le
esportazioni di capitali in quanto elimina il rischio di cambio, e ciò significa che gli operatori
economici possono fare i loro calcoli di convenienza secondo cambi stabili nel tempo tra le monete.
Esempio: un investitore francese investe 1,9 milioni di franchi in Germania che, al cambio
dell'epoca, corrispondevano a 1 milione di marchi. Si suppone che l'investimento vada bene e che
questo Francese guadagni 100.000 marchi e in questo modo il suo capitale aumenta a 1,1 milioni di
marchi. Se c'è la certezza di cambio fisso questo Francese può riportare questa somma avendo la

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certezza di mantenere il guadagno conseguito anche quando il marco viene cambiato in franco. Se
non fosse così l'investitore avrebbe dei rischi da considerare, come ad esempio se il valore del
marco diminuisce rispetto al franco, quando il Francese decide di riportare in Francia 1,1 milioni di
marchi potrebbe ottenere un equivalente in franchi inferiore rispetto alla somma inizialmente
trasferita in Germania.
IL GOLD EXCHANGE STANDARD
Il Gold Standard resta in vigore fino alla scoppio della prima guerra mondiale.
Tutti i paesi belligeranti finanziano la guerra tramite massicce emissioni di carta moneta e ben
presto le riserve auree disponibili in tutti i paesi si rivelano non più sufficienti ad assicurare la
convertibilità di questa accresciuta massa di biglietti di banca.
Pertanto con lo scoppio della guerra, tutti i pesi sia belligeranti che neutrali, dichiarano la
convertibilità dei biglietti di banca in oro e questo significò la scomparsa del Gold Standard.
Terminato il conflitto si pose il problema di formare un nuovo sistema monetario internazionale.
Tutti i paesi erano consapevoli dei vantaggi arrecati da un sistema di cambi fissi. La quantità dei
biglietti di banca in circolazione si era enormemente accresciuta rispetto all'anteguerra e quasi
nessun paese disponeva di riserve auree sufficienti ad assicurare la convertibilità in oro delle
banconote in circolazione nel paese stesso.
Il problema del creare un nuovo sistema monetario internazionale fu affrontato durante una
conferenza monetatia internazionale a Genova nel 1922, che decise di dare vita ad un nuovo sistema
monetario internazionale che prese il nome di GOLD EXCHANGE
STANDARD: è un sistema di cambi fissi che però non si basa più sulla convertibilità diretta di tutte
le valute aderenti in oro.
È un sistema ancora legato e basato sull'oro.
Presenta una differenza rispetto al Gold Standard: questa differenza è data dall'adozione del
principio della convertibilità a due stadi da parte del Gold Exchange Standard. Si stabilisce ora
che ad essere convertibili in oro non sono più tutte le valute aderenti ma soltanto un sottoinsieme
di esse.
Ad essere convertibili in oro è solo un piccolo gruppo di divise, chiamate DIVISE CHIAVE.
Furono convertiti in oro solo dollaro e sterlina, tutte le altre divise sono convertibili nelle divise
chiave ma non direttamente in oro, ossia gli altri paesi possono utilizzare come riserva per le
emissioni della moneta nazionale non più l'oro ma le divise chiave. A garanzia della convertibilità
vengono poste non solo le riserve auree, che sono limitate, ma questi paesi ( che non sono
l'America e l'Inghilterra) possono porre anche le proprie riserve di divise chiave.
La lira diventa convertibile su un rapporto di cambio fisso e a sua volta quelle divise chiave sono
convertibili in oro secondo una parità fissa.
Prima la lira era direttamente convertibile in oro con il Gold Standard, ora invece è convertibile in
divise chiave, a loro volta convertibili in oro.
Questo consente di aumentare la quantità di lire in circolazione conservando al tempo stesso una
parità fissa tra la lira e l'oro.
Alla base di questo sistema c'è la capacità degli altri paesi di garantire la convertibilità delle loro
divise nazionali nelle divise chiave sulla base della parità concordata.
Questo sistema del Gold Exchange standard ha una vita veramente sfortunata: il tentativo di
costituirlo ha inizio degli anni '20 e inizia a funzionare nel 1925. Tuttavia muore agli inizi degli
anni '30.
Nel 1931 l'Inghilterra sospende la convertibilità della sterlina in oro.
Nel 1933 segue la sospensione della convertibilità del dollaro in oro.
IL SISTEMA MONETARIO DI BRETTON WOODS
Dopo la seconda guerra mondiale torna a porsi il problema di creare un sistema monetario
internazionale.

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Ci fu conferenza monetaria internaz ionale che si svolse a Bretton Woods nel 1944 una ,
alla quale
partecipano quarantacinque paesi, inclusa l'URSS che però si limitò al ruolo di paese osservatore e
rifiutò di entrare nel nuovo sistema.
La conferenza decise la costituzione di un nuovo sistema monetario internazionale basato su cinque
principi, alcuni dei quali riprendevano i principi del Gold Exchange Standard:
1. Fu mantenuto il principio della convertibilità a due stadi: le valute si dovevano dividere tra
divise chiave e altre divise. Solo quelle chiave sarebbero state convertite in oro, e le altre
solo convertibili nelle divise chiave. Inizialmente si pensava che ci sarebbero state due
divise chiave, dollaro e sterline.
2. Tuttavia nel 1947 fallì definitivamente il tentativo di ripristinare la convertibilità in oro della
sterlina. Allora dal 1947 il dollaro rimase l'unica moneta convertibile in oro. Questo sistema
monetario internazionale divenne il GOLD DOLLAR STANDARD, basato sul ruolo
centrale svolto dal dollaro che diventa l'unica divisa utilizzata per finanziare il commercio
internazionale. Tutte le altre monete, tra cui ora anche la sterlina, hanno una parità ufficiale
in oro ma non sono convertibili in oro ma in dollari sulla base di un tasso di cambio fisso,
che è stato concordato tra i vari paesi aderenti.
3. Le banche centrali di questi paesi difendevano la parità centrale. Era ammessa una banda di
oscillazione dell’1% in più o in meno rispetto alla parità centrale. Se la lira si valutava però
ad una percentuale superiore all'1% ,la banca d'Italia interveniva sui mercati valutari per
riportare il corso della lira all'interno della banda di oscillazione concordata. Cosa doveva
fare la banca d'Italia per fare ciò? Doveva vendere i propri dollari sul mercato valutario e
comprare lire. Era possibile che questo intervento consentisse di riportare il corso della lira
all'interno della fascia di oscillazione concordata, ma era anche possibile che questo non
accadesse.
4. A questo punto venne deliberata la creazione di un istituzione nazionale che è il FONDO
MONETARIO INTERNAZIONALE. Nel caso in cui, ad esempio, di fronte ad una
svalutazione della lira la banca d'Italia, intervenendo sui mercati valutari, non fosse riuscita
a riportare il corso della lira all'interno della banda di oscillazione concordata, poteva
chiedere un prestito in dollari all' FMI.
È importante garantire un sistema di cambi fissi e quindi di fronte a questa situazione,
piuttosto che consentire una svalutazione della lira, si crea questo fondo in base al quale
l'Italia può chiedere l'aiuto di questo fondo.
Un paese, per essere ammesso al fondo monetario, doveva fare alcune cose:
a) fissare una parità centrale della propria valuta rispetto al dollaro
b) occorreva pagare, sottoscriver una quota di iscrizione da versare al fondo stesso. Questa
quota era per un quarto in oro e per tre quarti in valuta nazionale. Come si determinava
l'ammontare di questa quota di iscrizione? Non tutti i paesi pagavano, ovviamente, la
stessa quota. Il criterio era che l'ammontare della quota era proporzionato alla potenza
finanziaria e commerciale di ogni paese, ossia la quota era legata all'ammontare del PIL
del paese in oggetto ed era proporzionata anche al peso che il paese in oggetto aveva sul
commercio internazionale ( più elevato era il PIL, più elevata era la quota del paese in
oggetto sulle esportazioni mondiali, tanto più alta era la quota di iscrizione al FMI).
Il fatto che i paesi avessero quote diverse da pagare era importante ai fini della distribuzione
dei diritti di voti, i quali allora sono proporzionali all'ammontare della quota di iscrizione
versata. Così all'inizio, quando l'FMI fu costituito, gli USA avevano il 35% dei voti
esprimibili all'assemblea dei paesi membri del fondo stesso. Nel corso del tempo i diritti di
voto sono stati redistribuiti tra i vari paesi per tenere conto dei cambiamenti intervenuti nella

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potenza finanziaria e commerciale di ciascun paese, però ancora oggi ciò che caratterizza il
FMI è che i diritti di voto sono concentrati prevalentemente nelle mani di un ristretto
numero di paesi ricchi ( gli USA e un ristretto numero di paesi ad essi alleati controllano la
maggioranza di voti all'assemblea dell'FMI).
Poteva anche succedere che, nonostante il prestito ricevuto dall'FMI, il paese in oggetto
non riuscisse a riportare il corso della propria divisa all'interno della banda di oscillazione
del più o meno 1%, quindi venne introdotta una procedura nuova rispetto a quanto era
accaduta negli anni '30: è prevista la possibilità che il paese possa riaggiustare la propria
parità, ovvero possa svalutare la propria moneta. Tuttavia l'eventualità di una svalutazione
doveva seguire una procedura precisa: fu vietata la possibilità di svalutazioni decise in
maniera unilaterale dai singoli paesi ( questa era una grande novità rispetto agli anni '30).
Queste svalutazioni avevano contribuito ad aggravare la caduta del commercio
internazionale. Gli architetti vogliono evitare il ripetersi delle svalutazioni degli anni '30.
Un'eventuale svalutazione deve essere concordata dal paese in oggetto con l'FMI, il quale
rappresenta la comunità delle nazioni: ogni singolo paese non può decidere nulla senza
l'autorizzazione dell'FMI.
5. La banca mondiale: si occupava di fornire dei prestiti a lungo termine e a basso tasso di
interesse ai paesi in via di sviluppo.
LA FINE DEL SISTEMA MONETARIO DI BRETTON WOODS (
1971) Il sistema di Bretton Woods vige fino all'Agosto del 1971.
Il 15 Agosto del 1971 il presidente Nixon dichiara la sospensione della convertibilità del dollaro in
oro: da questo momento il dollaro non fu più convertibile in oro e venne meno anche l'ultimo
residuo legame della moneta con l'oro ( non c'è più nessuna divisa al mondo che abbia un qualche
legame con l'oro, quindi termina il valore della moneta merce). Il valore della moneta è ora
esclusivamente determinato da un atto legale del paese che la emette ( = moneta segno).
Un'altra importante novità è che da quel momento si passa da un sistema monetario di cambi fissi
ad un sistema di cambi flessibili ( dal 1971 si ha nel mondo un sistema monetario in cui i cambi
delle valute variano, anche da un giorno all'altro, a seconda di come esse vengono quotate sul
mercato valutario).
Perchè il sistema monetario internazionale di Bretton Woods collassò?
A partire dagli anni '60 era aumentata la quantità di dollari in circolazione al di fuori degli USA.
A partire dalla fine degli anni '50 gli USA accumularono dei crescenti disavanzi commerciali con il
resto del mondo ‐‐> tenevano aperto il loro mercato alle merci degli altri paesi. Però gli USA
importavano di più di quello che esportavano: saldavano questa differenza pagando in dollari.
Il disavanzo commerciale degli USA si accrebbe negli anni '60 in seguito alla guerra nel Vietnam
( gli Stati Uniti persero questa guerra e l'aumento delle spese militari per finanziare la guerra in
Vietnam portò con sè un aumento ulteriore del disavanzo commerciale); una parte
dell'equipaggiamento venne importato da altri paesi e fu pagato in dollari dagli Stati Uniti.
Alla fine degli anni '60 si era accresciuta la differenza tra il volume dei dollari in circolazione al di
fuori degli Stati Uniti e il valore delle riserve auree degli USA.
Risulta evidente che ad un certo punto le riserve auree degli USA non sono più sufficienti a
garantire la convertibilità in oro di questa accresciuta massa di dollari in circolazione al di fuori
degli USA.
Accadde che ad un certo punto qualcuno iniziasse a chiedere di convertire in oro i dollari in proprio
possesso ‐‐> verso la fine degli anni '60 la Francia chiese la conversione in oro dei dollari in
possesso della banca di Francia. Di fronte a questo comportamento, il presidente americano Nixon
dichiara l'inconvertibilità del dollaro in oro per evitare un depauperamento delle riserve auree degli
Stati Uniti: da quel momento il Gold Dollar Standard era così scomparso.

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IL DOLLAR STANDARD
Nel 1971 nacque il DOLLAR STANDARD: il dollaro, anche se non più convertibile in oro, ha
continuato ad essere la valuta utilizzata per il finanziamento del commercio internazionale e la
principale moneta di riserva delle banche centrali di tutti i paesi ( quindi non è venuto meno il ruolo
centrale del dollaro nel sistema monetario internazionale).
IL GATT ( GENERAL AGREEMENT ON TARIFFS AND TRADE)
Il GATT è un' istituzione che fu fondata nel 1947 e ha lo scopo di promuovere il commercio
internazionale, è la storia di Rounds negoziali che hanno avuto per oggetto la riduzione delle
barriere e degli ostacoli al commercio internazionale.
Il GATT si basa sul principio di non‐ discriminazione tra le nazioni aderenti e questo principio
trovava la sua applicazione nell' adozione, da parte dei paesi aderenti a questa organizzazione, della
clausola della nazione più favorita ( i paesi firmatari si impegnavano ad adottare questa clausola
che stabilisce che se un paese A riduce le tariffe di importazione sui prodotti del paese B, tutti gli
altri paesi che esportano verso il paese A possono chiedere lo stesso trattamento favorevole che A
ha concesso a B).
IL WTO ( WORLS TRADE
ORGANIZATION) Nel 1995 il GATT fu
sostituito dal WTO.
Questo cambiamento è importante perchè, a differenza del GATT, il WTO non si limita ad essere
un luogo nel quale si svolgono delle trattative per promuovere lo sviluppo del commercio
internazionale, ma funge anche da tribunale arbitrale internazionale per dirimere le vertenze
commerciali tra i paesi aderenti ( es. Possono succedere controversie tra paesi anti‐firmatari di uno
stesso accordo sull'interpretazione di qualche clausola stabilita nell'accordo stesso).
Dal 1995 i paesi aderenti hanno accettato di conferire al WTO la funzione di tribunale
internazionale per redimere le controversie tra i vari paesi.
È la prima volta in cui gli USA hanno accettato di cedere ad un'organizzazione sovranazionale un
pezzo della propria sovranità nazionale ‐‐> gli Stati Uniti riconoscono al WTO la funzione di
tribunale arbitrale internazionale.
L'ETA DELL'ORO ( 1949‐ 1973)
La Golden Age è il periodo della durata di circa un quarto di secolo, caratterizzato da una crescita
economica senza precedenti un po’ in tutto il mondo, soprattutto nei paesi industrializzati
dell'Occidente, dove il PIL procapite è cresciuto ad un tasso medio del 3,6% all'anno ‐‐> ossia nei
venticinque anni considerati, il PIL dei paesi industrializzati dell'Occidente è aumentato di 2,5
volte.
Prima della seconda guerra mondiale erano occorsi ottant'anni per vedere il PIL procapite crescere
di 2,5 volte.
È stata una crescita economica senza precedenti.
Questo fu anche un periodo di crescita economica non solo senza precedenti per la sua entità, ma
anche di crescita economica ininterrotta ‐‐> cioè non c'è mai stata neanche una recessione in questi
venticinque anni, la produzione non è mai diminuita rispetto all'anno precedente.
Sembrava che il capitalismo avesse trovato il modo di sconfiggere il problema delle crisi
economiche.
Che cosa rese possibile questa fase di crescita economica della Golden Age?
1) Trasferimento del sistema taylor‐ fordista della produzione di massa al di fuori degli USA.
I vent'anni dopo la seconda guerra mondiale sono gli anni in cui questo sistema tayolor‐ fordista si
diffuse anche in Europa. Il volume dei beni prodotti per unità di tempo lavorato cresce per la prima
volta enormemente anche in Europa.
Negli USA il sistema taylor‐fordista viene applicato a sempre nuovi tipi di produzione ( si diffonde
anche nell'edilizia, nei servizi come il McDonald's).

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Ciò è dovuto anche ad un processo di integrazione del mercato europeo: prima della prima guerra
mondiale la diffusione del sistema taylor‐fordista era dovuto alle piccole dimensioni del sistema
economico europeo, poichè può essere utilizzato solamente su sistemi produttivi e mercato di
grandi dimensioni.
Sino alla seconda guerra mondiale il mercato dei paesi europei era troppo piccolo per garantire alle
imprese europee il sistema taylor‐fordista.
Negli anni '50 ci fu il processo di integrazione del mercato europeo che portò all'abolizione dei dazi
sul commercio tra i vari paesi europei‐‐ > per le imprese europee il mercato iniziò a diventare
sempre di più il mercato europeo ( cioè il mercato dei paesi aderenti all'Unione Europea e non più il
singolo mercato nazionale).
Questa circostanza rese conveniente l'adozione da parte delle imprese europee del sistema taylor‐
fordista.
Questo fu un cambiamento di importanza epocale perchè l'avvento della produzione di massa in
Europa portò ad un'autentica rivoluzione degli stili di vita delle nazioni europee. 2) La società di
consumi di massa.
L'età della Golden Age è anche l'età della diffusione dei consumi di massa: tutta una serie di nuovi
beni di consumo durevole ( l'automobile, il televisore, gli elettrodomestici), che fino a quel
momento erano considerati beni di lusso e troppo costosi per essere accessibili alla maggioranza
delle famiglie, diventano sempre più accessibili alla maggioranza e a tutte le famiglie europee.
Cambia la condizione di vita della donna dal diffondersi dell'uso degli elettrodomestici ‐‐> da
lavandaia passa ad alimentatrice.
3) Sistema di economia mista: le classi dirigenti europee dell'epoca erano ben consapevoli del
fatto che la grande depressione degli anni '30 era stata causata dal fallimento di un libero mercato
che era stato lasciato libero di agire senza freni.
Ora, nell'età della Golden Age, in quasi tutti i paesi dell'Europa Occidentale, vengono applicate le
teorie economiche Keynesiane adottando lo strumento della spesa pubblica in disavanzo per evitare
il ritorno di una crisi economica come quella degli anni '30. Si diffonde l'idea che lo Stato debba
intervenire per correggere il funzionamento dei mercati e il principale strumento di cui lo Stato
dispone è la spesa pubblica.
Non deve avere problemi ad aumentare la spesa pubblica in disavanzo quando l'economia rallenta
ed eventualmente può ridurre il disavanzo della spesa pubblica quando l'economia magari è vicina
alla piena occupazione e vi è il rischio che possa prendere corpo una dinamica inflazionistica, ossia
che visto il sistema è vicino alla piena occupazione i prezzi possano crescere vertiginosamente.
4) La politica dei redditi: in quasi tutti i paesi dell'Occidente si affermano pratiche di
concertazione tra gli attori sociali principali, chiamate " politiche dei redditi".
Essa è fondamentalmente un accordo fra tre principali attori: governo, imprenditori e sindacati.
A quell'epoca i sindacati in Occidente sono forti poichè hanno un forte potere contrattuale, a
contrario di oggi che sono deboli.
L'accordo prevede sostanzialmente uno scambio politico tra questi attori: i sandacati ( paesi
scandinavi, USA) sono forti ma accettano di non usare la loro forza per avanzare delle
rivendicazioni salariali eccessive incompatibili con le possibilità di autofinanziamento delle
imprese. Accettano quindi di legare gli aumenti salariali agli aumenti della produttività.
Gli aumenti dei salari devono essere proporzionali agli aumenti della produttività, consentendo alle
imprese buoni profitti e buoni margini di autofinanziamento: le imprese devono dare ai sindacati
qualcosa in cambio, quindi si impegnano ad utilizzare i loro profitti per fare massicci programmi di
investimento ( sostenendo la crescita economica e aumentando l'occupazione).
Il governo è contento che il sindacato avanzi delle richieste di aumento salariali moderate e che le
imprese investono molto, e inoltre si impegnano ad investire una parte delle entrate in Welfare
( servizi sociali) realizzato dallo Stato, a beneficio di lavoratori e famiglie.

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L’ECONOMIA INTERNAZIONALE 1973‐2008
Il 1973 è l’anno in cui convenzionalmente si fa risalire la fine della Golden Age, e il 2008 è l’anno
in cui comincia la crisi economica attuale.
Il punto di partenza è che la Golden Age, lunga fase di crescita senza precedenti dell’economia dei
Paesi più industrializzati dell’occidente, termina nel 1973. Dopo il 1973 comincia una nuova fase
per l’economia internazionale, caratterizzata da importanti e significativi eventi.
Le novità:
1. rallentamento nei tassi medi di crescita dell’economia negli anni successivi al
1973: in alcuni casi diminuiscono anche sensibilmente rispetto al periodo della Golden Age.
Dal 1995 al 2008, i tassi di crescita, con l’eccezione del Giappone, rimangono più o meno
stazionari sui livelli dell’intervallo precedente. In questi due intervalli, i tassi di crescita si
attestano su livello notevolmente più bassi di quelli della Golden Age. I tassi di crescita di
questi intervalli, sono più alti dei tassi osservati prima della Golden Age. Questa fase è
chiamata “ETA’ DELL’ARGENTO” e i risultati ottenuti sono piuttosto soddisfacenti
2.non solo i tassi di crescita sono più bassi ma tornano a comparire le recessioni: durante i
25 anni di crescita dell’economia mondiale non ci sono mai state recessioni. A partire dal
’73 invece, le crisi economiche tornano a fare la loro comparsa. Prima della crisi attuale del
2008 vi sono state tra la metà degli anni ’70 e il 2008, altre 4 recessioni:
•la prima si ebbe nel 1974/75
•la seconda si ebbe tra il 1981/82 ma si ebbe una ripresa fino agli anni ’90 •la terza si
ebbe tra il 1992/93 ma si ebbe una ripresa dal ’94 al 2001 (sino allo scoppio della
bolla speculativa dei titoli quotati in borsa)
•la quarta si ebbe nel 2008
L’unica area nel mondo in cui, nell’età dell’argento, l’economia cresce più velocemente di quanto
crescesse nell’età dell’oro, è l’Asia.
La fine della Golden Age, negli anni ’70, è caratterizzata dal verificarsi di una spirale
inflazionistica. Il tasso di inflazione è una variabile che misura l’aumento dei prezzi. Si può
osservare che la lunga fase di crescita della Golden Age era stata caratterizzata da una bassa
inflazione, cioè era una età in cui l’economia cresceva molto, mentre i prezzi rimanevano
sostanzialmente stabili. Questo fatto è eccezionale perché di solito quando l’economia cresce molto,
anche i prezzi tendono ad aumentare. Durante la Golden Age, i prezzi rimasero fondamentalmente
stabili per alcuni motivi:
1. politica dei redditi:durante la Golden Age, in molti paesi, si erano diffuse pratiche di
concertazione;
2. la lunga fase di crescita avvenne in un periodo caratterizzato da un basso prezzo
delle materie prime: in particolare da un basso prezzo del petrolio;
3.Alla bassa inflazione dell’età dell’oro contribuì anche l’esistenza del sistema monetario di
Bretton Woods
Tutte queste condizioni vengono meno negli anni ’70 e per questo motivo si spiega il brusco rialzo
dell’inflazione in questo periodo.
All’inizio degli anni ’70 era successo che quella condizione favorevole rappresentata dal basso
prezzo delle materie prime viene meno, avendo un forte aumento nel prezzo del petrolio. Si hanno
cosi i due shock petroliferi—‐> il prezzo del petrolio aumenta di molto. Il primo shock petrolifero
ha luogo nel 1973: nel giro di pochi mesi, il prezzo del petrolio aumenta di 4 volte, passando da 3$
a 12$—‐> i principali paesi esportatori di petrolio sono i paesi Arabi e nel 73 c’era stata la guerra
Arabo‐Israeliana: era accaduto che di fronte a questa guerra, i paesi esportatori di petrolio avessero
deciso di aumentare il prezzo del petrolio per punire i paesi occidentali che avevano sostenuto
Israele. Il risultato è che essendo fortemente importatici di petrolio, le imprese fanno aumentare i
prezzi per recuperare il divario per l’acquisto del petrolio.

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•nel 1979 si ha secondo shock petrolifero: questo shock è dovuto alla rivoluzione iraniana
poiché viene esclusa al mercato internazionale del petrolio;
•L’aumento del prezzo delle materie prime è una delle cause degli shock petroliferi e la
politica dei redditi fallisce: la fine degli anni ’60 sono gli anni delle rivolte studentesche e che nei
paesi si uniscono anche nuove e più accese lotte sindacali (lotte operaie); inoltre queste lotte
sindacali portano ad aumenti salariali, molto più alti dell’aumento della produttività e le imprese di
conseguenza aumentano i prezzi. Il collasso del sistema di Bretton Woods e il passaggio da un
sistema di scambio ad un sistema flessibile, porta ad una svalutazione la quale diventa una forte
inflazione. La dinamica della moneta avvenuta negli anni 70 è che il dollaro si era svalutato invece
del marco tedesco mentre la lira si era svalutata sia rispetto al marco che rispetto al dollaro. I costi
delle imprese italiane erano fissate in lire per tanto anche se il prezzo del petrolio espresso in dollari
rimaneva stabile, vi era una svalutazione della lira rispetto al dollaro.
LA RICOMPARSA DELLA DISOCCUPAZIONE
La disoccupazione si attesta su livelli sensibilmente più alti rispetto alla Golden Age. In molti paesi,
nella Golden Age, era stata quasi raggiunta la piena occupazione ossia i tassi di disoccupazione
erano scesi a livelli molto bassi; a partire dagli anni ’70 i tassi di disoccupazione aumentano.
Anche qui c’è una novità significativa rispetto a prima: si ha negli anni ’70/’80 che i tassi di
disoccupazione aumentano in maniera sensibilmente nei periodi di recessione (crisi economiche)
ma al contempo la disoccupazione non diminuisce o diminuisce assai poco durante le fasi di
crescita dell’economia. La disoccupazione diventa un fenomeno strutturale, quasi permanente
nell’economia.
Le città si abituano a vivere con una disoccupazione elevata anche durante le fasi di crescita
dell’economia.
Perché si ha la comparsa della disoccupazione strutturale?
1. a partire dagli anni ’70 aumenta di molto il numero delle persone che vogliono
lavorare e inoltre a partire dagli anni ’70 aumenta sensibilmente il numero delle donne che
vogliono lavorare;
2. fenomeno della disoccupazione tecnologica: a partire dagli anni 70 si avvia un
processo di ristrutturazione delle imprese caratterizzato dalla introduzione della
automazione, ossia dall’introduzione di macchine automatiche che eliminano tutta una serie
di lavori autonomi e dequalificati svolti in particolare da operai maschi adulti non qualificati
e con un basso livello di scolarizzazione —‐> per l’economia diventa difficile riqualificare
le figure lavoratrici anche in presenza di una fase di ripresa dell’economia.
Il 1968 è caratterizzato inoltre dall’emergere in molti paesi occidentali dei movimenti femministi:
alla fine dagli anni ’60 diventa nelle società occidentali, molto più forte a prima, l’attività alla
emancipazione delle donne e questa spinta alla emancipazione si manifesta in vari campi e vari
modi tra cui la RICERCA DI UNA MAGGIORE INDIPENDENZA ECONOMICA.
La donna tende maggiormente ad uscire dalla casa per presentarsi sul mercato del lavoro alla ricerca
di un impiego. Diventa più difficile per l’economia, offrire un posto di lavoro a tutte le persone che
lo cercano, tra le quali le donne che sono molto più numero di prima.
LA RICOMPARSA DELLA DISOCCUPAZIONE STRUTTURALE
Gli anni '70 sono gli anni in cui emerge un fenomeno nuovo nell’economia: la
STAGFLAZIONE—> l’economia tende ad essere stagnante e con una velocità più bassa —‐> la
compresenza della stagnazione dell’economia e dell’inflazione.
Durante la Golden Age e anche prima era stata verificata la presenza di una relazione inversa tra
inflazione e disoccupazione: il mondo antecedente gli anni ’70 era stato caratterizzato dal verificarsi
un po’ ovunque di una relazione inversa tra il tasso di disoccupazione e il tasso di inflazione. Per
relazione inversa si intende che all’aumentare dell’inflazione diminuiva la disoccupazione—‐> esso
rappresentava un punto di riferimento per la politica economica poiché i governi potevano utilizzare

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il sistema della spesa pubblica in disavanzo per scegliere la combinazione ritenuta ottimale tra
queste due variabili.
Negli anni ’70 la relazione inversa non è più evidente per via della stagflazione, periodo in cui
l’inflazione e la disoccupazione aumentano contemporaneamente. Gli economisti sono impreparati
di fronte a questo fenomeno e non riescono a suggerire interventi e strumenti di politica economica
per eliminare la stagflazione.
CRISI DEI BILANCI STATALI
Un’altra novità negli anni ’70 è che la diminuzione della crescita economica e il ritorno delle
recessioni, comportavano un aumento crescente dei disavanzi dei bilanci statali. Da un lato le
dinamiche delle entrate fiscali rallenta e dall’altro lato gli stati devono far funzionare la rete del
WELFARE (scuole, asili, ospedali, trasporti pubblici). Quindi nel 1975, aumentano di disavanzi dei
bilanci statali a causa del rallentamento della crescita economica e dell’aumento delle spese per i
programmi sociali. L’aumento dei disavanzi portano con sé un aumento del debito pubblico, poiché
ogni Stato deve ricorrere a dei prestiti
DAL KEYNESISMO AL NEO‐LIBERISMO
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 si ha un cambiamento del paradigma economico
dominante con un cambiamento della teoria economica.
Dagli anni ’30 agli anni ’70 la teoria economica fu quella Keynesiana con politiche economiche dei
governi ispirate alla economia keynesiana. A partire dalla fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, la
situazione cambia: questo periodo viene chiamato NEOLIBERISMO.
Keynesiani: I keynesiani sostengono il fallimento del mercato e ritengono che il mercato lasciato
libero di funzionare senza problemi porta a crisi economiche come quella degli anni ’30. Per evitare
i cosiddetti “fallimenti del mercato”, lo Stato deve intervenire direttamente nell’economia per
correggere il funzionamento del mercato. Il compito di questa politica economica è di intervenire
sulle variabili che influenzano il funzionamento dell’economia dal lato della domanda,
sostenendola. Sostengono che è la domanda a determinare l’offerta e che la causa delle crisi
economiche era una carenza di domanda. Quindi il compito principale della politica economica è
generare nuova presenza di domanda quando questa è troppo bassa per assicurare il pieno impiego
delle risorse. A questo scopo lo strumento utilizzato dallo Stato è la SPESA PUBBLICA IN
DISAVANZO. Per i keynesiani anche il Welfare serve a sostenere la domanda e in più generale ad
aumentare la sicurezza sociale e la produzione delle categorie sociali più deboli.
Neoliberisti: hanno una visione opposta → so olineano i fallimen dello Stato. Per i neoliberisti,
è l’offerta a determinare la domanda. Se ai mercati è consentito di funzionare in maniera efficiente
senza ostacoli, portano sempre alla piena occupazione delle risorse. I problemi degli anni ’70 per i
neo‐liberisti erano stati provocati proprio da un intervento eccessivo e sbagliato dello Stato
nell’economia: l’idea dei neoliberisti è che le politiche keynesiane finiscono per portare la spesa
pubblica fuori controllo e che la stagflazione degli anni ’70 era un esempio classico di fallimento
dello Stato. Per i neo‐liberisti la domanda non è un problema perché l’offerta genera sempre una
domanda in grado di assorbirla. Lo stato deve agire per eliminare gli ostacoli che impediscono ai
mercati di essere efficienti, attuando riforme che introducano maggiore concorrenza tra i mercati
stessi.
Le variabili sono:
1.concorrenza: più i mercati sono concorrenti, più l’offerta aumenta: il primo compito della
politica economica è di eliminare gli ostacoli che limitano la concorrenza nei mercati
(mercato dei prodotti e mercato del lavoro); l’intervento dello Stato nell’economia deve
liberalizzare il mercato in modo da ridurre l’intervento diretto. Essi raccomandano una
riduzione della pressione fiscale: cosi facendo gli individui saranno più incentivati ad
investire; inoltre raccomandano una riduzione della spesa pubblica. Politiche di questo tipo,
negli anni ’70, cominciano ad essere adottati in tutti i principali paesi.

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2.i neoliberisti raccomandano inoltre dei massicci programmi di privatizzazione delle
imprese pubbliche: modo per ridurre l’intervento dello Stato nell’economia e per ottenere
delle nuove entrate per i bilanci dello Stato.
LA GLOBALIZZAZIONE
L'economia globale e quella mondiale sono la stessa realtà o presentano differenze? Vi sono
delle differenze.
Un'economia mondiale è un'economia nella quale il commercio organizzato su base transnazionale,
cioè i paesi e i continenti commerciano tra loro e il fatto di essere legati da una rete di scambi
commerciali li rende interdipendenti tra loro.
Tuttavia c'è un'importante novità che caratterizza la globalizzazione attuale e la differenzia
dall'economia mondiale che si è formata circa mezzo millennio fa: questo elemento di novità è che
ora è possibile organizzare su base trans‐nazionale non solo il commercio ma anche la produzione
( questo elemento fa la sua comparsa negli anni '70 ed è un tratto che si è poi ulteriormente
sviluppato sino ad oggi).
Che cosa è un'impresa multinazionale?
Un' impresa multinazionale è un'impresa che dispone di proprie unità produttive in almeno due Stati
diversi.
Queste imprese esistono dalla seconda metà dell' '800.
Tuttavia a partire dagli anni '70 sono intervenuti importanti cambiamenti nel modo in cui le imprese
organizzano la produzione: nel passato la Ford agli inizi degli anni '20 creò una propria filiale
produttiva in Inghilterra. Però a quell'epoca un'impresa come la Ford che avesse voluto avviare la
produzione di auto in un paese diverso doveva impiantare nel nuovo paese l'intero ciclo produttivo
del prodotto prescelto, quindi la Ford doveva produrre in Inghilterra tutti i componenti
dell'automobile.
Con la globalizzazione una delle reazioni delle imprese alle difficoltà economiche degli anni
'70 è stata quella di avviare un processo di ristrutturazione caratterizzato dal perseguimento di
strategie, chiamato STRATEGIA DI FRAMMENTAZIONE DELLA CATENA DEL VALORE.
Cioè oggi è possibile per un'attività automobilistica decentrare le varie produzioni e far convergere
tutti i componenti in un impianto di assemblaggio situtato in un paese ancora diverso da tutti i paesi
menzionati prima.
Ossia prima, fino agli anni '70, quando un impresa voleva diventare multinazionale era comunque
vincolata ad organizzare la produzione del prodotto in oggetto all'interno dei confini di un singolo
paese. Ora questo vincolo non esiste più e per un'impresa è possibile localizzare la produzione dei
singoli componenti di un determinato prodotto nel posto in cui questa impresa lo reputa più
conveniente.
Naturalmente il perseguimento di queste strategie di frammentazione della catena del valore non
sarebbe stato possibile se non fossero migliorati i sistemi di comunicazione.
Ci sono degli elementi fondamentali che hanno reso possibile la frammentazione: 1) avvento
delle nuove tipologie della informazione e della comunicazione ( avvento cioè delle nuove
tecnologie basate sul computer).
L'avvento delle tecnologie basate sul computer ha reso possibile controllare dal quartier generale di
una multinazionale in tempo reale l'andamento del processo produttivo in tanti stabilimenti situati in
tanti paesi diversi (e anche in continenti diversi).
L'economia globale è un processo di crescente integrazione dei mercati mondiali caratterizzato
dall'organizzazione su scala trans‐nazionale non solo del commercio ma anche della produzione.
2) avvento di una nuovaera tecnologica che consente di coordinare su scala planetaria il
funzionamento di tanti stabilimenti in tanti paesi diversi

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3) politiche economiche: adozione da parte di quasi tutti i paesi del mondo di politiche
economiche favorevoli all'integrazione del proprio paese nel più ampio mercato mondiale. Questo
aspetto (cioè il ruolo della politica) diventa decisivo a partire dalla caduta dell'URSS.
L'integrazione dei mercati dei paesi capitalisti aveva già preso piede dagli anni '70. Tuttavia il
grande cambiamento si ha dopo il crollo dell'URSS (su quei paesi non esisteva l'economia di
mercato, le relazioni commerciali tra i paesi capitalisti e i paesi socialisti erano limitatissime).
Quindi questi paesi, dopo la caduta dell'URSS, adottano politiche di integrazione in un unico
mercato globale.
La maggioranza dei paesi in via di sviluppo è stata abbastanza recalcitrante ad adottare queste
politiche di integrazione nel mercato mondiale.
Il meccanismo di entrare nel mercato globale è dovuto alla pressione esercitata su di essi dai
governi dei paesi più sviluppati e dalle istituzioni economiche internazionali da essi controllate ( es.
Banca mondiale, FMI. La banca mondiale si occupava di fornire dei prestiti a lungo termine e a
basso tasso di interesse ai paesi in via di sviluppo).
IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI ECONOMICHE INTERNAZIONALI
I paesi in via di sviluppo erano bisognosi di aiuto.
I paesi sviluppati pensavano che potesse esistere un pacchetto di politiche economiche di validità
universale, un pacchetto la cui adozione potesse essere fatta propria da tutti i paesi, e politiche la cui
adozione avrebbe consentito l'integrazione del paese in oggetto nel nuovo mercato globale.
Questo pacchetto di politiche che i paesi sviluppati raccomandavano ai paesi in via di sviluppo si
chiama Washington Consensus.
L'idea era che i paesi bisognosi degli aiuti avrebbero dovuto prima adottare le politiche
raccomandate dal Washington Consensus e solo dopo che queste politiche erano state adottate
sarebbero arrivati gli aiuti dei paesi ricchi.
Questo pacchetto viene chiamato così perchè la maggior parte dei soggetti che raccomandavano
queste politiche aveva sede a Washington.
Questi paesi dovevano innanzi tutto attuare la privatizzazione delle loro imprese statali, che
potevano ora essere acquisiste dagli investitori dei paesi ricchi.
Poi questo pacchetto includeva misure riguardo:
• la liberalizzazione/abolizione dei prezzi politici che riguardavano anche beni di prima
necessità
• abolizione dei dazi doganali
• aprire il mercato alle merci provenienti dai paesi più avanzati
• liberalizzare i movimenti di capitale sia a lungo termine che a breve termine.
Inoltre il Washington Consensus adottò politiche di scala dette "ortodosse", cioè che dovevano
puntare al pareggio del bilancio.
Infine questi paesi dovevano deregolamentare i loro mercati interni: liberare i vincoli alla
concorrenza.
Solo dopo aver attuato queste riforme sarebbero arrivati gli aiuti economici dei paesi ricchi.
L'obiettivo del Washington Consensus era quello di integrare le varie economie internazionali in un
unico grande mercato mondiale e questa integrazione doveva avvenire intorno ad un insieme
omogeneo di regole del gioco di modo che i capitali, i beni e i servizi potessero affluire o defluire in
ciascun paese secondo quanto dettato dal giudizio dei mercati.
STORIA DEL COMPUTER
Il primo computer elettronico fu costruito negli USA da John Atanasoff.
Egli tra il 1937 e il 1942 insieme al suo studente Clifford Berry costruì l'ABC computer (Atanasoff‐
Berry Computer) che fu il primo calcolatore dotato di circuiti elettronici:era in grado di risolvere
sistemi di 29 equazioni in 29 incognite.

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Erano stati lanciati in Inghilterra e negli USA dei grandi progetti finanziati con fondi statali per la
realizzazione di computer.
Atanassoff non fu finanziato dal governo federale, quindi lavorò in maniera isolata rispetto ai grupi
di ricerca che lavoravano intorno ai progetti finanziati.
Nel 1940 in Inghilterra un gruppo di lavoro coordinato dal matematico Alan Turing costruì un
proprio calcolatore elettronico, chiamato COLOSSUS: era una macchina dotata di 1500 valvole e
aveva un utilizzo di carattere militare, infatti serviva a decifrare i codici utilizzati dai Nazisti nelle
loro comunicazioni.
L'ENIAC
Il governo degli Stati Uniti aveva lanciato un suo grande progetto per la costruzione di un grande
calcolatore elettronico.
Questo progetto, finanziato dal governo americano, era il progetto ENIAC e fu lanciato durante la
seconda guerra mondiale.
Tuttavia la costruzione del computer Eniac fu terminata dopo la fine della seconda guerra mondiale,
nel 1946.
Questo computer era una macchina gigantesca: aveva 17.000 valvole ecc.
Era in grado di effettuare 300 moltiplicazioni e 5000 addizioni in un secondo.
Lo scopo era di carattere militare: serviva per calcolare le traiettorie balistiche dei proiettili della
contraerea.
Si vide che questo computer presentava alcuni difetti:
1. aveva una capacità di memoria limitatissima: poteva avere in memoria solo 20 numeri
2. aveva tantissime valvole che però si bruciavano spesso e dovevano essere sostituite: il
risultato era che ogni volta che dovevano essere sostituite la macchina restava spenta
3. l'ENIAC non aveva un programma modificabile: era un computer che non aveva il
Software ( ancora non esisteva). Non avendo il software, ogni volta che cambiava
l'operazione da svolgere occorreva spegnere il computer e resettarlo completamente.
Questo problema divenne evidente ancora prima che la costruzione dell'ENIAC venisse completata
e di fronte a ciò il governo degli USA decise di completare il progetto, ma allo stesso tempo decise
di lanciare un progetto parallelo.
L'EDVAC
Tra il 1944 e il 1945 il governo degli Stati Uniti lanciò un nuovo progetto per la costruzione di un
nuovo computer che non presentasse più i problemi, soprattutto il terzo, dell'ENIAC. Fu trovata una
soluzione al terzo problema con l'invenzione del Software a cui si lavorò nel progetto chiamato
EDVAC; per coordinare il progetto fu chiamato un matematico, Johnny von Neumann.
Il punto chiave era di inventare un programma che il computer potesse memorizzare o dimenticare
in qualsiasi momento. Bisognava fare in modo che i circuiti del computer non dovessero essere
smontati e rimontati ogni volta che cambiavano le operazioni da svolgere.
Il computer doveva essere in grado, grazie al software, di modificare le proprie azioni da sè senza
dover cambiare la propria configurazione quando cambiavano le azioni che il computer effettuava.
Il computer doveva essere in grado di farlo attraverso delle variabili, come i risultati di calcoli
precedenti o i dati immessi nel computer stesso dall'utilizzatore.
Neumann presentò nel 1945 un rapporto ad un seminario dei principali scienziati coinvolti nel
progetto Edvac.
Questo rapporto definì la misura del nuovo computer che divenne poi l'architettura di tutti i
computer moderni.
Questo rapporto fu presentato nella forma di un dattiloscritto che fu distribuito a coloro che
parteciparono alla riunione.

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Nel giro di pochi mesi il rapporto di Neumann si diffonde a tutti i maggiori centri di ricerca sui
computer di tutto il mondo e ciò rende impossibile brevettare questa architettura, in base alla quale
il computer deve essere composto da tre elementi separati:
• memoria elettronica = contiene sia i dati su cui lavorare che il programma, ossia le istruzioni
su cosa fare con questi dati.
• = unità di controll o interpreta le istruzioni del programma e attiva la unità di calcolo onde
farne effettuare le azioni volute dal programma.
• unità di calcolo = prende i dati dalla memoria ed esegue le operazioni volute dal programma.
I COMPUTER FUORI DAI LABORATORI
Tuttavia il computer EDVAC fu completato solo nel 1952.
Prima che l'EDVAC fosse completato furono costruiti alcuni altri computer basati anche essi sulla
architettura di Neumann.
Di questi altri computer due furono costruiti in Inghilterra nel 1949 mentre un terzo fu costruito nel
1951 dalla ditta americana Remington Rand e serviva per elaborare i dati del censimento americano
di quell'anno.
Fino al 1951‐1952 i pochi computer costruiti nel mondo servivano al calcolo scientifico e a scopi
militari, non servivano per l'uso civile, non erano costruiti per essere venduti sul mercato.
La situazione cambia a partire dal 1952: è un anno importante poichè segna l'ingresso in questo
settore di una ditta che ne avrebbe segnato la storia per almeno 50 anni ‐‐> la IBM entra nella storia
del computer.
Essa esisteva già da tempo, infatti fu fondata nel 1925, produceva le macchine per ufficio
( macchine da scrivere e calcolatrici elettriche).
Nel 1952 decise di costruire computer destinati ad essere venduti sul mercato, quindi per essere
comprati dalle aziende per la loro gestione amministrativa.
Il primo computer della IBM fu presentato nel 1952 ed è il modello 701 ( costava 800.000 dollari)
ma dal punto di vista commerciale fu un fallimento.
Nel 1953 la IBM presentò un suo secondo modello, il 650: era un modello più piccolo e meno
costoso del 701 ( costava 200.000 dollari ma ne furono venduti 2.000).
E' interessante osservare che alla base del successo del 650 vi fu una lungimirante politica
commerciale che consentì alle università americane di comprare un 650 con degli sconti molto alti
sul prezzo di listino, ma in cambio di questi sconti doveva organizzare dei corsi di computer nei
quali si usasse il 650 e gli studenti imparassero ad usare il computer ‐‐> le università dovevano
organizzare corsi per programmatori di computer.
Una volta laureati, questi studenti avrebbero consigliato alle aziende di appartenenza di acquistare il
computer della IBM e non il computer di qualche altra azienda.
Questo consentì all'IBM di affermarsi come impresa leader a danno di alcune imprese che avevano
iniziato a costruire computer prima ancora che l'IBM entrasse in questo settore.
L'IBM nel 1961 presentò il 7090/94, un nuovo modello di computer che introdusse una nuova
modalità di accesso al calcolatore che ne allargò molto l'ambito di utilizzo. Il nuovo modello
introdusse il cosiddetto Compatible Time Sharing System (cioè l'accesso al calcolatore attraverso
video terminale).
L'elemento di novità presente in questa modalità era che ora, a differenza che in precedenza, sulla
scrivania di ogni impiegato di un'azienda, ma anche di una pubblica amministrazione, era sistemato
un video terminale ‐‐> è costituito da uno schermo e da una tastiera.
A differenza delle postazioni di lavoro degli impiegati di oggi, l'accesso al calcolatore attraverso
video terminale significava che ciascun impiegato non disponeva di una capacità di calcolo
autonomo, ossia il singolo impiegato era sul suo tavolo di lavoro dotato solo di tastiera e di uno
schermo, non c'era un piccolo computer piazzato presso ogni postazione di lavoro come accade oggi

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( oggi l'impiegato ha anche un piccolo computer da tavolo dotato di una propria capacità di calcolo,
elaborazione e immagazzinamento di dati). Negli anni '60 questa cosa che c'è oggi non era
possibile, ma era possibile l'accesso a un grande calcolatore centrale tramite video terminale.
Oggi nell'azienda ci sono tanti computer, mentre a quell'epoca, col sistema dell'accesso attraverso
video terminale, vi era nell'azienda un unico grande calcolatore centrale che era chiamato
MAINFRAME = era un computer molto costoso che veniva sistemato in una
stanza apposita gestita e sorvegliata da specialisti dei computer.
Solo che, a differenza che in passato, non erano soltanto questi specialisti dei computer ad avere la
possibilità di accedere alla capacità di calcolo ( programmi, memorie dei computer) , ma potevano
accedere anche i singoli impiegati i quali però, a differenza dei programmatori, non potevano
entrare nella stanza in cui il computer era stato sistemato, ma potevano accedere alla capacità di
calcolo del computer attraverso il video terminale collocato sulle loro scrivanie.
Questa serie di utenti non specialisti di informatica avevano la possibilità di avere a che fare nel loro
lavoro col computer.
LE TAPPE SUCCESSIVE
La storia del computer è contrassegnata da progressi impressionanti nelle tecniche di
miniaturizzazione dei componenti dei computer che hanno reso possibile la rapida diffusione
dell'utilizzo del computer a tutta una serie di nuovi ambiti di attività. Questi progressi hanno
consentito in breve tempo di costruire dei computer che fossero più piccoli dei primissimi
computer degli anni '40, molto più veloci, capaci di migliori prestazioni, con più memoria e
anche meno costosi.
La combinata presenza di questi progressi ha reso possibile la rapida diffusione dell'utilizzo dei
calcolatori elettronici.
I circuiti dei primissimi computer elettronici erano costruiti ancora utilizzando le vecchie valvole
termoioniche.
Nel 1947 si ha un progresso: William Shockley, che lavorava presso i laboratori della AT&T ( la
maggiore impresa americana di telecomunicazioni), inventa il transistor ‐‐> componente più
piccolo, più economico ed affidabile della valvola.
Nel 1956 la UNIVAC emette sul mercato il primo calcolatore elettronico che è dotato di circuiti a
transistor.
La tappa successiva si ha nel 1958‐59: vi erano due ricercatori lavoravano indipendentemente l'uno
rispetto all'altro; le loro aziende stavano conducendo parallelamente delle ricerche finanziate dal
governo americano finalizzate alla invenzione del circuito integrato (chip) che ha consentito di
semplificare enormemente i problemi dei circuiti che collegano i transistor.
Con il circuito integrato è stato possibile incidere su una sola piastrina di materiale semiconduttore
un gran numero di transistor, resistenze e tutti gli altri componenti di un circuito elettronico
miniaturizzati, di modo che su una piastrina di silicio di pochi centimetri quadrati di superficie fu
possibile incidere migliaia di circuiti e di componenti miniaturizzati.
Gli inventori del chip furono Jack Kilby della Texas Instruments e Robert Noyce della Firchild
Semiconductor.
I primissimi chip contenevano all'incirca 1000 componenti per cm^2.
Nel 1973 si realizzarono chip che avevano incisi anche 10.000 componenti per cm^2.
Poi si è arrivati a costruire chip con milioni di transistor e componenti per cm^2.
L'invenzione del chip di silicio ha consentito di ridurre enormemente e in pochissimo tempo il
prezzo dei componenti dei computer ( cioè il prezzo dei semiconduttori). Tra il 1959 e il 1962 i
prezzi dei semiconduttori diminuirono dell'85% in tre anni, e la loro produzione aumentò di circa
venti volte.

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Facendo un paragone si può osservare che all'epoca della prima rivoluzione industriale furono
necessari non tre ma settant'anni ( 1780‐1850) affinchè il prezzo dei tessuti di cotone scendesse
dell'85%.
La successiva tappa fondamentale si ebbe nel 1971, quando un ingegnere di una ditta molto nota
anche oggi, Ted Hoff della Intel, inventò il microprocessore.
Il microprocessore è un chip di silicio nel quale sono incisi tutti i registri di base e le funzioni di
controllo di un minuscolo computer, ossia è una sorta di minuscolo computer realizzato su un solo
chip. Fu un'innovazione di grandissima importanza nell'evoluzione della storia del computer perchè
segnò il passaggio dall'elettronica alla microelettronica ( prima del 1971 si parla di elettronica, non
di microelettronica).
L'invenzione del microprocessore ha consentito di allargare enormemente la gamma delle
applicazioni dell'elettronica e ha consentito di installare i microprocessori praticamente ovunque.
I microprocessori sono progettati per un'infinità di applicazioni diverse (vengono applicati su
elettrodomestici, automobili ecc...).
Quindi l'elettronica esce ora dai laboratori per essere installata praticamente ovuque ( uffici,
case, oggetti di uso comune).
Legge di Moore
C'è stato un progresso universale nelle tecniche di costruzione dei microprocessori. Passa poco
tempo dalla presentazione di un nuovo microprocessore e la presentazione da parte di qualcun
altro di un nuovo e più performante microprocessore.
Il progresso ha seguito la legge di Moore ‐‐> ogni anno e mezzo i microprocessori raddoppiano la
loro potenza e diminuiscono il prezzo.
STORIA DEL PERSONAL COMPUTER (PC)
Una delle più importanti conseguenze dell'invenzione del microprocessore fu l'invenzione di un
nuovo tipo di computer molto più piccolo e meno costoso dei grandi calcolatori mainframe di cui si
è trattato.
Nel 1975 un ingegnere americano, Ed Roberts, costruì il primo computer da tavolo (PC) che fu
chiamato ALTAIR.
Nel 1976 fanno la loro comparsa altri PC: due giovani che avevano abbandonato gli studi, STEVE
WOZNIAK e STEVE JOBS, costruirono l'Apple 1 e l'Apple 2.
L'Apple 2 fu il primo pc ad avere un successo commerciale e fu appunto costruito dai due nel loro
garage di casa.
Seguirono sempre nel 1976 il TRS 80, prodotto da Latandi, e il PET 2001 da cui sarebbe nato il
Commodor.
Negli anni successivi sorsero altre aziende che producevano personal computer: nel giro di pochi
anni nascono alcune decine di aziende che producono i pc.
Nel 1980 le vendite di pc nel mondo raggiungono il milione di unità. Questi pc sono prodotti da
una miriade di aziende di piccola e piccolissima dimensione il più delle volte fondate da
pochissimi anni proprio con lo scopo di produrre pc. Queste imprese erano a quell'epoca quasi
tutte americane.
Si vede che l'origine del pc è diversa da quella dei grandi computer. Ossia si è visto che i primi
calcolatori degli anni '40 erano macchine molto grosse, la cui costruzione fu resa possibile solo
dall'esistenza di grandi progetti e programmi finanziati generosamente dal Governo americano e
inglese.
Ora invece l'origine del pc è diversa: la ricerca che portò la INTEL ad inventare il microprocessore
nel 1971 era stata finanziata dallo Stato, tuttavia questa specifica applicazione del microprocessore
non beneficiò all'inizio di alcun significativo finanziamento pubblico ‐‐> l'invenzione del pc fu il
prodotto della creatività di giovani tecnici in possesso di una visione e di buone competenze
nell'elettronica.

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I primi produttori di pc lavoravano nei garage di casa, inventarono un prodotto ex novo e
costruirono aziende per sfruttare commercialmente questa innovazione.
Il pc quindi fu un'innovazione che nacque dal basso nella società.
I primi pc erano delle macchine molto diverse dai pc che usiamo oggi.
I primissimi pc avevano una memoria di lavoro volatile, cioè non disponevano di disco rigido; ciò
significava che i programmi e i dati sui quali l'utente lavorava venivano immagazzinati su delle
cassette simili alle audiocassette.
Queste cassette erano molto lente e avevano una capacità di memoria molto limitata. Un primo
progresso si ebbe nel 1978 con l'invenzione del floppy disk ( disco flessibile) per pc che consente
una più elevata capacità di memoria e una maggiore velocità nell'utilizzo del pc.
Poi nel 1983 viene costruito anche il disco rigido per pc e con questa innovazione la memoria
del pc cessa di essere volatile; il disco rigido ha una capacità di memoria molto maggiore dei
vecchi floppy disk e consente di costruire dei pc più performanti e più veloci.
La pen drive fu inventata nel 1989 ‐‐> il suo utilizzo si diffonde dal 2005 quando l'utente medio
inizia a soppiantare i vecchi floppy disk.
MODALITA' DELL'INGRESSO DELLA IBM DEL SETTORE DEI PC
Nel 1980 l'impresa leader al mondo nel settore dei grandi calcolatori mainframe, l'IBM, decide
di entrare anche nel mercato dei pc. Presenta il pc che comparirà sul mercato nel 1981.
La modalità di ingresso dell'IBM nel mercato dei pc contrassegnò in maniera decisa l'evoluzione di
questo settore.
I due componenti chiave del pc sono il microprocessore (per quanto riguarda l'hardware) e il
sistema operativo (per quanto riguarda il software).
Nel 1980 l'IBM voleva introdurre velocemente il proprio pc sul mercato e per fare ciò decise di non
sviluppare al proprio interno questi due componenti chiave del proprio pc . Quindi la IBM appaltò a
due fornitori esterni la fornitura del microprocessore e del sistema operativo destinati ad essere
montati sul pc IBM : il microprocessore venne appaltato all'Intel, il sistema operativo fu appaltato a
Bill Gates ( microsoft)
La IBM non si riservò il diritto di esclusiva sul microprocessore INTEL e sul sistema operativo
Microsoft.
L'accordo consentiva a queste due società di fornire l'utilizzo del microprocessore e del sistema
operativo ad altri produttori.
L'accordo con Bill Gates stabiliva che su ogni pc IBM sarebbe stata istallata una copia del sistema
operativo, chiamato Dos, con il nome di PC‐ DOS.
Tuttavia Gates ottenne di concedere la licenza d'uso dello stesso sistema operativo DOS anche ad
altri produttori di pc.
Quali furono le conseguenze di questa decisione?
All'inizio vi erano decine di produttori di pc, quindi non c'era uno standard tecnico comunemente
accettato per la costruzione dei pc.
Ne conseguiva che i pc prodotti da costruttori diversi non erano compatibili tra loro e questo ne
ostacolava la diffusione ‐‐> infatti era impossibile mettere lo stesso file su due macchine diverse.
L'IBM quando entra sul mercato promuove su una rete di vendita il suo pc e nel 1984 il 50% dei pc
venduti in tutto il mondo sono pc IBM.
Tuttavia il fatto che la ibm non si sia riservata l'esclusiva sul microprocessore Intel e sul sistema
operativo Microsoft ebbe come conseguenza la possibilità di formarsi di imprese concorrenti che
presentavano sul mercato pc cloni di quelli dell'IBM, quindi erano compatibili col pc IBM.
I nuovi concorrenti hanno il vantaggio di rivolgersi ad un mercato che già utilizza lo standard IBM,
quindi sono in grado di fornire pc del tutto simili come prestazioni tecniche all'IBM, quindi
riescono a fare una concorrenza molto più diretta a questo pc.
Infatti nel 1982 la Compaq presenta il primo computer clone del pc IBM.

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Questi produttori di pc cloni di quello IBM non hanno dovuto sostenere gli investimenti per lo
sviluppo del pc IBM e quindi riescono a presentare sul mercato dei pc meno costosi di quello in
questione, e in breve tempo conseguono due circostanze:
● perdita della supremazia commerciale della IBM sul mercato dei pc.
Infatti nel 1984 la IBM aveva il 50% del mercato mondiale dei pc, nel 1990 la quota di
mercato dell'IBM scende all'8%. Questa perdita di quota di mercato va a vantaggio dei
produttori di pc cloni.
● L'IMB, se da un lato perde il primato commerciale, dall'altro lato determina la creazione di
uno sandard tecnico comune in questo settore, lo standard IBM compatibile.
La crescita più consistente nelle vendite la realizzano i pc IBM compatibili, che ottengono il
90% del mercato mondiale dei pc.
Questa supremazia commerciale dei pc IBM compatibili viene raggiunta nonostante
l'inferiorità tecnica di questi computer rispetto alle successive evoluzioni del computer della
Apple.
Perchè la IBM non si è riservata l'esclusiva sull'utilizzo del microprocessore e del sistema
operativo?
L'IBM non era consapevole della legge di Moore, sottovalutò i margini di progresso dei pc. I primi
pc avevano un campo di applicazioni molto limitato e l'IBM era convinta che il cuore del settore dei
computer sarebbe continuato ad essere quello dei mainframe computer. Quindi l'IBM dedicò solo
risorse marginali ai pc e si dedicò soprattutto ai grandi calcolatori mainframe.
Però in questo la IBM sottovalutò quella che sarebbe stata la velocità esponenziale nel progresso
delle prestazioni dei pc.
Ossia a partire dagli anni '80 l'incremento esponenziale delle prestazioni dei pc ha reso possibile
l'avvento di una nuova modalità di utilizzo del pc: ad un certo punto si sono costruiti pc
sufficientemente potenti e veloci da rendere possibile la sostituzione negli ambienti di lavoro del
vecchio compatible time sharing system con delle reti di computer chiamate reti CLIENT‐
SERVER.
Infatti prima dell'avvento di questi nuovi pc particolarmente performanti, la capacità di calcolo nelle
aziende era concentrata in unico calcolatore mainfrain.
Questo sistema aveva degli inconvenienti: se un dipendente doveva utilizzare un programma del
mainframe sul quale stava lavorando un altro dipendente, questo secondo dipendente non lo poteva
fare, infatti doveva aspettare che il collega terminasse di utilizzare il programma.
Ora nascono le reti cliet server: adesso sulla propria scrivania non c'è solo un video terminale con
monitor e tastiera, ma anche un proprio pc ; quindi ora ogni dipendente ha un pc dotato di una
propria autonoma capacità di calcolo.
Dunque ora ogni dipendente ha schermo, tastiera e pc, nel quale ha i propri programmi, files e tutto
il materiale che gli serve per il suo lavoro.
Il server funge da un lato da banca dati alla quale i clients possono rivolgersi per chiedere
informazioni e soprattutto i server gestiscono il collegamento tra i vari computer clients dei vari
dipendenti; questi sistemi consentono il collegamento in una rete aziendale dei vari clients tra di
loro.
Un'evoluzione successiva è stata quella di connettere le varie reti client server con reti client server
similari di altre aziende: il server gestisce da un lato i collegamenti dei clients tra di loro e dall'altro
lato gestisce i collegamenti dei clients con i computer di soggetti esterni all'azienda o
all'amministrazione.
IL PC USER‐FRIENDLY
L'ultimo punto da toccare in questa vicenda è la nascita del pc “user‐friendly” (cioè amichevole per
l’utente) che nasce nel 1984, quando la Apple presenta il computer “Macintosh”.

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L'avvento di questo computer segna una rivoluzione nella modalità di utilizzo del pc, in quanto è il
primo computer ad utilizzare il sistema delle icone/finestre grafiche e del puntamento con il mouse.
In cosa consiste il cambiamento?
Il cambiamento consiste nel fatto che per avvicinare all'utilizzo del pc l'utente non esperto di
informatica, i dati e le operazioni da svolgere sul computer vengono rappresentati da icone
gradevoli e di facile comprensione per l'utente.
Quindi ora l'utente per utilizzare il computer utilizza il mouse per puntare l'icona che rappresenta il
programma o l'operazione da effettuare; questa è una modalità di utilizzo molto più semplice
rispetto a quella precedente.
In precedenza le operazioni da svolgere al pc erano rappresentate da “stringhe di caratteri
alfanumerici”→ cioè erano rappresentate da sequenze di leere e di cifre, e ovviamente era più
complicato interagire con il computer quando l'interfaccia con esso era rappresentata da sequenze
complesse di lettere e di cifre.
Ora con il Macintosh l’interfaccia tra l’utente e il computer è rappresentata da una serie di figure, di
icone di immediata e facile comprensione.
In questo modo l'utente viene protetto da qualsiasi informazione tecnica, a lui difficilmente
comprensibile, sul funzionamento del computer stesso. Naturalmente il Macintosh aveva il
problema di non essere IBM compatibile. In realtà questo sistema di utilizzo del pc, basato
sulle icone grafiche e sul sistema di puntamento con il mouse, si diffuse quando anche la
Microsoft presentò un sistema di
questo tipo che questa volta funzionava in ambiente IBM compatibile:
questo sistema di interfaccia con sistema Windows il computer è il .
Nel 1985 la Microsoft presenta il proprio sistema di utilizzo del computer
con icone grafiche, finestre grafiche e con il mouse: si tratta della prima versione di Windows.
La prima versione di Windows è l’1.0, ma essa è una versione che non ebbe successo poiché
era inaffidabile.
Si susseguono altre versioni di Windows e la prima ad avere un buon successo commerciale è la
Windows 3 del 1990.
Negli anni successivi ci furono ulteriori e più perfezionate versioni di Windows (es. nel 2001 la
Windows XP, ecc).
Oggi siamo arrivati alla versione di Windows 10.
L'AUTOMAZIONE
La meccanizzazione e l'automazione sono la stessa cosa? No, non
sono la stessa cosa:
MECCANIZZAZIONE: è una modalità di svolgimento del processo produttivo caratterizzato
dall'utilizzo di macchine che sono formate da tre parti, cioè: la motrice, la trasmissione e la parte
utensile (la quale nasce con la prima rivoluzione industriale).
La grande differenza rispetto a prima è che ora la parte utensile, che è quella parte che direttamente
interviene a modificare la materia e quindi a dare all'oggetto la forma voluta, ora diventa parte di un
congegno meccanico e non è più azionata direttamente dall'uomo con le sue mani.
In questa realtà della meccanizzazione il compito del lavoro umano consiste nell'effettuare il
controllo del funzionamento delle macchine
AUTOMAZIONE: attività di svolgimento del processo produttivo diversa dalla meccanizzazione,
perchè nell’automazione si usano delle macchine che sono formate non più da tre ma ora da quattro
parti fondamentali.
Di queste quattro parti, le prime tre (motrice, trasmissione e parte utensile) sono le stesse che
c'erano nell'età della meccanizzazione, tuttavia le macchine automatiche svolgono una quarta
funzione che è il controllo, cioè sono in grado di controllare da sole il proprio funzionamento.

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Quindi cambia in questo modo la natura del lavoro umano: ora il controllo viene incorporato nella
macchina stessa/viene svolto dalla macchina stessa.
Compito del lavoro umano è quello di fungere da “controllore del controllo”, cioè deve fornire alla
macchina le istruzioni su come il controllo deve essere svolto e deve controllare che la macchina
effettui correttamente il controllo del proprio funzionamento.
Tuttavia le primissime forme di automazione non usavano il computer, ma usavano tecnologie
differenti.
Dunque è vero che oggi la maggior parte delle macchine automatiche è controllata da sistemi gestiti
dal calcolatore; e questo dato è molto importante perchè dal momento in cui il computer controlla il
funzionamento della macchina, il computer genera anche tutta una serie di informazioni sul
funzionamento della macchina durante lo svolgimento del suo lavoro.
Quindi le macchine automatiche hanno anche la qualità di generare informazioni sul loro stesso
funzionamento, infatti esse mentre lavorano non si limitano a fabbricare dei beni ma nel frattempo
generano anche tutta una serie di informazioni sul loro stesso funzionamento durante lo svolgimento
del processo produttivo. Queste informazioni che le macchine automatiche generano possono essere
a loro volta elaborate dalla macchina stessa oppure da un lavoratore: ossia le informazioni che le
macchine automatiche generano durante il loro funzionamento possono essere usate per apportare
tutta una serie di miglioramenti, di perfezionamenti nello svolgimento del processo produttivo.
TAPPE PRINCIPALI DELLA STORIA DELL'AUTOMAZIONE
È opportuno distinguere tra due tipi di produzione/settori industriali:
• “produzione per processo” → essa include tu quei se ori (come quello chimico,
cartario, siderurgico, o energetico) nei quali il processo produttivo interviene sulla
composizione del materiale trattato ma non sulla sua forma
• “produzione per parti” → il processo produ vo interviene sulla forma, sulla
dimensione del materiale trattato (es. la meccanica e l'industria tessile).
Le prime forme di automazione compaiono nella produzione per processo negli anni ‘20 del 1900.
Cosa cambia con questo tipo di produzione?
Prima degli anni ‘20, il controllo della produzione era svolto dagli operai addetti alla macchine, i
quali dovevano prestare una costante attenzione a tutta una serie di strumenti che erano applica alle
macchine stesse (es. termometri, manometri → strumen che misurano la pressione dei liquidi,
amperometri → ossia strumen che misurano l'intensità della corrente elettrica ).
Gli operai dovevano controllare: qual era la temperatura dei materiali che trattavano e se risultava
una temperatura anomala, troppo alta o troppo bassa, dovevano intervenire aprendo o chiudendo
qualche valvola.
Negli anni ‘20 fu possibile introdurre le prime forme di automazione che si avvalevano di
“tecnologie pneumatiche”, cioè dispositivi azionati dalla pressione dell'aria; essi erano strumenti
molto semplici che consistevano nel collegare questi strumenti posti a bordo vasca con altri
dispositivi che consentissero alle macchine di auto‐correggere il proprio funzionamento.
Punto 1. PRODUZIONE PER PROCESSO
L'elettronica compare nella produzione per processo negli anni ‘50, quindi gli stabilimenti chimici,
siderurgici, le cartiere ecc.. si dotano di grandi sale di controllo.
Cosa cambiava rispetto a prima?
• Cambiava che gli strumenti posti a bordo macchina (termometri, manometri) venivano
collegati direttamente al computer della sala di controllo dello stabilimento.
Questo grande computer elaborava tutte le informazioni che gli venivano trasmesse dagli
strumenti posti a bordo macchina e, se il computer nel corso dell'elaborazione delle
informazioni riscontrava delle anomalie, attivava quei dispositivi che consen vano alla
macchina di auto‐correggere il proprio funzionamento → questo cambiamento vide l'uso di

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strumenti analogici (non elettronici; es. termometri a mercurio) e tecnologie pneumatiche
per l'autocorrezione del funzionamento del processo produttivo .
• Un'altra evoluzione si ha nel 1971 dove si passa dall'elettronica alla microelettronica. Nel
1971 viene inventato il microprocessore.
Questa invenzione consente di sostituire gli “strumenti analogici tradizionali posti a bordo
macchina: ad esempio i vecchi termometri a mercurio con dei sensori elettronici in grado di
rilevare essi stessi la temperatura e l'umidità dell'ambiente. Pertanto ora il controllo della
produzione nei settori della produzione per processo, vede l'uso di dispositivi elettronici già
nella fase di rilevazione dei parametri e dei valori di funzionamento delle macchine.
Questi sensori vengono collegati con il grande computer nella sala di controllo. Questo
computer è in grado di elaborare le informazioni che gli vengono trasmesse dall'apparato di
rilevazione elettronico poste a bordo macchina , elabora le informazione che gli vengono
trasmesse e, se gli vengono trasmesse delle anomalie, attiva i dispositivi che consentono alle
macchine di auto‐correggersi.
Punto 2. IL CONTROLLO NELLA “PRODUZIONE PER PARTI”
La prima forma di automazione fu il controllo numerico/macchina utensile a controllo numerico CN
→ venne cos tuita negli anni ‘50 negli USA, quindi la costruzione della macchina utensile
rappresentò il risultato di una ricerca che mirava a costruire una macchina utensile il cui utensile
fosse in grado di muoversi su diversi assi in maniera simultaneamente coordinata.
Questo fatto serviva per risolvere un problema che si era posto nella costruzione degli aerei da
guerra degli Stati Uniti: per costruire degli aerei da guerra particolarmente veloci occorreva che le
loro ali avessero un determinato profilo che non si riusciva ad ottenere con le macchine utensili
tradizionali. Quindi venne lanciato da parte del Governo americano un progetto per la costruzione di
una macchina utensile di tipo nuovo che riuscisse a risolvere questo problema (cioè produrre le ali
degli aerei da guerra con il profilo richiesto).
Questa macchina utensile era la macchina utensile a controllo numerico → con questo sistema i
movimenti che l'utensile doveva effettuare per eseguire la lavorazione voluta venivano espressi
attraverso tutta una serie di istruzioni in forma matematica: queste istruzioni venivano immesse in
un apposito calcolatore il quale elabora tali informazioni e,una volta che il computer ha finito, fissa
i risultati delle sue elaborazioni su un nastro magnetico.
I risultati delle elaborazioni del computer, una volta fissati sul nastro magnetico, diventano il
programma /le istruzioni da impartire all'utensile.
Quindi ora queste operazioni, ossia l'immissione delle informazioni espresse in forma matematica
nel computer che poi deve generare il programma per la macchina utensile, vengono effettuate
lontano dall'officina.
Questo computer, collocato in una sala di calcolo, elabora il programma contente le istruzioni da
impartire alla macchina utensile, e lo fissa su uno nastro magnetico. A questo punto un tecnico
preleva il nastro magnetico dal computer, lo porta in officina e lo immette in un lettore apposito, di
cui è dotata la macchina utensile che poi dovrà eseguire la lavorazione.
Il punto è che il programma, una volta che è fissato sul nastro magnetico, diventa infinitamente
ripetibile (tutte le volte che viene usato permette di ottenere un prodotto uguale a quello
precedente).
Queste macchine a controllo numerico sono molto costose e il loro impiego rimase limitato ai
settori dell'aeronautica e al settore aerospaziale.
Inoltre queste macchine erano molto difficili da utilizzare, solo programmatori e tecnici specialisti
le utilizzavano ma non erano utilizzabili dalla piccole/medie imprese.
Negli anni ‘70 si sviluppò una nuova automazione, ovvero il controllo numerico computerizzato
(CNC) → conseguenza delle microele ronica.
Questa macchina è dotata di un piccolo computer posto a bordo macchina.

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Questo computer può essere usato per predisporre i programmi contenenti le istruzioni sulle
operazioni che la macchina deve svolgere ed è in grado di effettuare esso stesso il controllo del
funzionamento della macchina.
Ora il CNC è una forma di automazione maggiormente alla portata delle piccole/medie imprese in
quanto costa meno di quelle CN e presenta un ulteriore vantaggio per le imprese: ovvero il CNC,
più facilmente del CN,consente un coinvolgimento attivo degli operai di officina nella
programmazione delle macchine o nell'effettuazione del controllo di come le macchine controllino
il loro stesso funzionamento.
Una volta che il computer di controllo è posto direttamente a bordo macchina in officina diventa più
facile assegnare una parte dei compiti da svolgere su questo computer allo stesso operatore di
officina (es. l'operatore può essere formato per interpretare le informazioni più di base che la
macchina genera durante il suo stesso funzionamento, quindi può essere istruito anche per apportare
dei correttivi in base alle informazioni che vengono mostrate su questo monitor) → quindi c'è una
possibilità di avere un coinvolgimento più attivo dell'operai nei programmi che vengono utilizzati.
Uno sviluppo ulteriore della automazione è il “computer aided design” CAD→ progettazione
assistita del calcolatore.
Sono stati sviluppati dei programmi che consentono di utilizzare il computer non solo nel controllo
dei processi produttivi ma anche nella progettazione e nel disegno dei prodotti. Con l'utilizzo del
CAD il computer non si limita a definire la forma dell'oggetto progettato ma può effettuare anche
una sua analisi ingegneristica, ossia può simulare il comportamento dell'oggetto progettato nelle
diverse condizioni di utilizzo.
In tal modo il CAD consente una qualità della progettazione sconosciuta (molto più elevata che in
precedenza).
Un'ulteriore forma di automazione è costituita dai ROBOT
I robot consistono di una unità di elaborazione al quale INDUSTRIALI. è collegato uno o più
organismi di movimento ( → bracci) .
A seconda delle loro applicazioni vi sono robot di vario tipo:
1. robot di manipolazione → ossia i robot che servono per prelevare un pezzo/
componente/semilavorato in un posto e sposarlo in un altro posto.
Questa operazione in precedenza veniva effettuata manualmente da un umano, ora invece ci
sono dei robot che svolgono quest’operazione.
2. robot di saldatura → servono a saldare le scocche delle automobili; essi infa intervengono
direttamente sulle scocche.
Prima questo veniva fatto dagli operai di saldatura che operavano in un ambiente non
salubre.
3. robot di verniciatura → altra lavorazione nociva che eme e solven dannosi/nocivi. La
costruzione di questi robot ha consentito di sostituire queste mansioni che prima venivano
svolte dagli operai.
4. robot di montaggio → u lizza per lo svolgimento di par di montaggio.
L'avvento della robotica è importante perchè ha consentito di eliminare tutta una serie di
lavorazione pensati, e anche nocive, che in precedenza venivano svolte dagli uomini/operai.
L'impatto dell'avvento dell'automazione sulla professionalità dei lavoratori è molto diverso a
seconda del tipo di tecnica di automazione che viene utilizzato per programmare una macchina
automatica.
Esistono due tecniche di automazione, il cui impatto sulla professionalità degli operai è molto
diverso:
• da un lato ci sono delle macchine che vengono programmate utilizzando un sistema che
viene chiamato “punto a punto”(point to point).

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In base a questo sistema, la programmazione della macchina viene effettuata da dei tecnici
in camice bianco/tecnici specializzati, i quali scrivono a tavolino un programma che
individuano attraverso una serie di istruzioni espresse in forma matematica, i movimenti che
l'utensile dovrà svolgere durante la lavorazione. Nelle macchine programmate con questo
sistema, la programmazione viene fatta da programmatori specializzati, e il più delle volte
gli operai non vengono coinvolti.
• Ci sono però delle macchine automatiche di tipo differente che vengono programmate
seguendo la tecnica di programmazione “per autoapprendimento” → molto diverso dal
sistema punto a punto.
Nel caso delle macchine che si programmano per autoapprendimento la programmazione
viene effettuata dallo stesso operatore di officina, il quale guida il braccio della macchina in
modo da fare compiere all'utensile tutte le operazioni necessarie ad eseguire la lavorazione
voluta.
Tutte queste operazioni che l'utente effettua vengono memorizzate dal computer posto a
bordo macchina e, dopo essere stati memorizzati dal computer, diventano un programma
che la macchina può richiamare e ripetere in qualsiasi momento.
LE FORME PIU’ COMPLESSE DI AUTOMAZIONE
La forma più complessa di automazione è costruita dal “SISTEMA FMS” ( Flexible
Manufacturing Systems) → sistemi di automazione flessibile.
Questi sistemi sono delle linee flessibili di produzione nelle quali viene ridotto ad un'unica
procedura gestita dal calcolatore tutto un sistema complesso di operazioni. Il sistema inizia quando
un robot di manipolazione preleva il pezzo che deve essere lavorato e lo posiziona su un altro
nastro convogliatore, il quale trasporta il pezzo ad una prima macchina utensile a CNC e lo
sottopone a lavorazione.
Terminata la lavorazione, il pezzo viene scaricato e posizionato sul nastro convogliatore, il quale
trasporta il pezzo in oggetto in corrispondenza di una seconda macchina utensile a CNC che lo
sottopone ad una ulteriore lavorazione, e così via fino a giungere all'ultima delle macchine utensili
piazzate sulle linee.
Quindi l'ultima macchina a CNC lavora il pezzo e, terminata la lavorazione, lo posiziona sul nastro
convogliatore e lo trasporta definitivamente fuori dal sistema dove vi è un robot che lo prende e lo
posiziona su un cartone.
Qui c'è un unico computer che controlla in tutte le sue fasi l'intero processo.
STORIA DI INTERNET
Questa vicenda inizia nel 1957 quando il governo degli USA creò una propria agenzia statale,
chiamata Arpa ( Advanced Research Projects Agency), che dipendeva dal Ministero della Difesa e
aveva il compito di condurre e di promuovere dei progetti finalizzati a mantenere la leadership degli
USA nel campo della scienza e della tecnologia militare. Non è un caso che questa agenzia venga
fondata nel 1957: esso è infatti l'anno in cui l'URSS lanciò nello spazio il primo satellite artificiale;
questa vicenda aveva creato una forte apprensione negli USA, ossia a quell'epoca nei circoli
dirigenti degli Stati Uniti si era diffusa la preoccupazione che l'URSS potesse sopravanzare gli USA
nel settore aerospaziale e delle tecnologie militari.
Una delle risposte degli Stati Uniti a questo pericolo fu rappresentata dalla creazione dell'Arpa, che
promuoveva ricerche finalizzate a riaffermare la leadership degli USA nel settore militare.
L'Arpa fu fondata nel 1957; dodici anni dopo ( 1969) l'Arpa dà vita alla prima rete di computer, che
venne chiamata Arpanet: inizialmente Arpanet collegava i quattro grandi computer di altrettante
università dell'ovest degli USA.
Nel corso degli anni '70 si uniscono ad Arpanet molte altre università americane, molti centri di
ricerca, la Nasa ( agenzia spaziale americana) e anche le maggiori imprese produttrici di computer
degli USA.

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Arpanet voleva essere una rete di comunicazione tra i soggetti ad essa aderenti che potesse
funzionare anche se i centri di comando del sistema delle comunicazioni degli USA fossero stati
distrutti da un attacco nucleare dell'URSS.
A quell'epoca Arpanet era utilizzata da esperti di computer, da tecnici e da scienziati e veniva
utilizzata per scopi scientifici e militari.
Sucessivamente alla creazione di Arpanet nacquero anche delle altre reti di computer, sviluppate da
istituzioni che non avevano accesso ad Arpanet.
Tra queste vi erano la rete MFE‐Net, creata dal ministero dell'energia degli USA ed era riservata ai
ricercatori nel campo dell'energia della fusione magnetica, la HEP‐Net riservata agli specialisti della
fisica dell'alta energia e la Span, fondata dalla Nasa.
Queste reti di computer furono tutte finanziate dal governo degli USA ma non erano interconnesse
tra loro.
INGRESSO DELLA NSF
Una tappa importante si ebbe nel 1981 con la NSF ( National Science Foundation), che è un ente
pubblico equiparabile al nostro CNR ( Consiglio Nazionale delle Ricerche) e ha lo scopo di
promuovere la ricerca scientifica.
Nel 1981 la NSF promosse la propria rete di computer, CS‐Net, e al tempo stesso promosse anche la
creazione di una rete per i cultori delle discipline non scientifiche, Bit‐Net. Nel 1983 da Arpanet
viene scorporata la rete Milnet: essa divenne una rete dedicata solo agli scopi militari mentre da
quel momento Arpanet divenne una rete scientifica. La dorsale di Arpanet non riusciva a gestire il
traffico veicolato sia dall'uso scientifico che dall'uso militare.
Nei primi anni'80 nascono anche le prime reti europee di computer, Eunet e Earn.
IL PROTOCOLLO TCP/IP
Tutte queste reti non erano interconnesse tra di loro.
Per costruire una rete globale che connettesse i computer di tutto il mondo, come fosse la loro rete
originaria di appartenenza, occorrevano due cose che ancora negli anni '70 non esistevano:
• occorreva da un lato aumentare la capacità di trasmissione di quelle linee, cioè le dorsali
delle reti: bisognava costruirne delle nuove in grado di veicolare un volume di informazioni
superiore rispetto a quello delle dorsali delle varie reti che erano state realizzate sino a quel
momento
• occorreva anche sviluppare un protocollo di comunicazione che potesse essere utilizzato da
tutti i tipi di reti.
Su quest'ultimo punto si lavorò in un progetto che ebbe inizio nel 1973 e che fu terminato soltanto
nel 1982: si trattò di un progetto coordinato da due scienziati americani che, in questo modo,
progettarono e realizzarono l'architettura essenziale di Internet ‐‐> questo gruppo di lavoro,
coordinato da Vintor Cerf e Robert Kahn, progettò il protocollo TCP/IP, cioè il protocollo che
costituì l'architettura di Internet.
Esso è diviso in due parti:
1. la prima parte è da HOST TO HOST (chiamata anche TCP = Transmission Control
Protocol), ossia è la parte non standardizzata che consente a due computer della stessa rete di
comunicare tra loro mantenendo il loro sistema operativo che non necessariamente è condiviso
anche dalle altre reti.
2. la seconda parte è chiamata IP ( Internet Protocol ): questa è la parte standard che, nel
momento in cui viene adottata da tutte le reti, consente ai computer di ciascuna delle reti aderenti di
comunicare con un qualsiasi altro computer di qualsiasi altra rete.
La messa appunto di questo protocollo è completata nel 1982 e dal primo gennaio del 1983 il
protocollo viene adottato da Arpanet ‐‐>questa circostanza crea la precondizione affinchè possa
prendere vita una rete globale tra i computer di tutto il mondo.

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NSF‐NET
La tappa succter che divennero il nucleo centrale della nuova rete della stessa NSF.
Questa nuova rete venne chiamata NSF‐Net: essa aveva una capacità di gestire un volume di
traffico molto più elevato delle reti precedenti ( era infatti la rete più moderna, quindi utilizzava le
nuove tecnologie degli anni '80).
Alla NSF‐Net ebbero accesso tutte le università degli USA, mentre ad Arpanet era connessa
solamente una metà delle università degli USA.
Sostanzialmente la realizzazione di questa rete permette di aumentare notevolmente il numero dei
computer connessi a questa rete.
Si connetterono anche tutte le altre reti scientifiche precedenti compresa l'Arpanet.
NASCITA DI INTERNET
Nel 1989 Arpanet venne definitivamente chiusa e viene incorporata nella nuova rete NSFNet.
Questa nuova rete viene chiamata INTERNET.
Tuttavia questa rete Internet era una rete molto diversa dall'Internet che conosciamo oggi; una prima
osservazione è che con l'incorporazione di Arpanet nella NSF‐Net cambia il soggetto gestore della
rete: ora questa nuova rete Internet taglia ogni legame col Ministero della Difesa, ed è gestita dalla
NSF‐Net.
Tuttavia Internet è molto diverso da Internet attuale poichè in quell'epoca era una rete gestita da un
ente pubblico e finanziata dallo Stato americano ed è vincolata ad un utilizzo non commerciale ( è
ancora una rete dedicata ad un utilizzo nel campo della ricerca scientifica, istruzione, cultura) ma
era una rete che non veniva utilizzata per scopi di carattere commerciale.
Ovviamente questa circostanza rappresentava un ostacolo all'espansione delle reti di computer:
nell'economia delle città cresceva la domanda per la creazione di reti di computer che avessero un
uso di carattere commerciale.
Pertanto accadde che a fianco di internet iniziarono nella seconda metà degli anni '80 le prime reti
commerciali: erano reti private, create da imprese private start‐up, che nascono per gestire reti di
computer da utilizzare per finalità commerciali ( Compuservice, Prodigy, America Online).
LA FUSIONE DELLE RETI COMMERCIALI IN INTERNET
Questa connessione tra le reti commerciali e internet, per essere realizzata, necessitava di una serie
di progressi che riguardavano sia l'HARDWARE che il SOFTWARE.
Per l'hardware occorreva disporre di apparecchiature che fornissero commutazioni ad elevata
velocità da una rete all'altra.
Questo problema fu risolto con l'invenzione del ROUTER.
Nel campo del software la prima innovazione si ebbe nel 1990 con l'invenzione di un nuovo
formato per l'individuazione di un sito web ( invenzione del WWW, world wide web). Il www è
l'unica innovazione importante per lo sviluppo di internet ad essere stata realizzata al di fuori degli
USA.
Infatti tra tutte le innovazioni il WWW è una realizzazione di un gruppo di ricerca coordinato da
uno scienziato inglese di nome Tim Berners Lee che coordinava un gruppo di ricerca presso il
laboratorio Cerna di Ginevra.
Il www consente di catalogare i siti Internet non più per posizione ma per informazione: questo
consente un più facile utilizzo di Internet per l'utente non esperto.
Il punto è che originariamente, quando nacque Arpanet, i soggetti connessi a queste reti erano pochi
e anche i siti internet erano pochi, e a quell'epoca a ciascun sito internet veniva assegnato un
indirizzo per distinguere ciascun sito dagli altri. Questo indirizzo assegnato era costituito da una
stringa di caratteri numerici ( cioè un elenco di numeri) diversa per ognuno.
Questa sequenza di numeri non forniva alcuna informazione sul contenuto di questo sito. Quindi,
fino a quando l'utilizzo di queste reti era limitato a scopi scientifici e a figure di specialisti, questa
circostanza era una difficoltà che gli specialisti riuscivano a gestire. Chi però si vuole connettere a

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internet pur non essendo uno specialista, deve disporre di una modalità più facile di accesso ai siti
internet.
Il www è una nuova modalità di catalogazione dei siti internet che consente di organizzare un sito
web in base al contenuto del sito stesso ‐‐> inserendo in un motore di ricerca una o più parole
chiave contenenti i contenuti che l'utente sta cercando sulla rete, questa modalità di catalogazione
individua tutti i siti web il cui contenuto corrisponde alle parole chiave che l'utente ha digitato.
IL BROSWER
Un altro punto da tener presente è che sin ora non era possibile accedere a internet attraverso il pc, e
ciò fu reso possibile dall'invenzione del primo broswer.
L'invenzione del broswer grafico, in grado di operare in un ambiente nel quale l'interfaccia tra il
computer e l'utente è data dal sistema delle icone grafiche e delle finestre grafiche, si ha nel 1993 ad
opera di Marc Andreessen che era un giovane scienziato che lavorava in un importante laboratorio
di ricerca della NSF.
Nel 1994 Marc decise di sfruttare questa innovazione, quindi lascia il centro di ricerche sui
computer e fonda una propria società insieme ad un imprenditore e finanziatore della
Silicon Valley, Jim Clark, e insieme fondano una nuova società che venne chiamata la Netscape
Corporation, la quale nel 1994 presentò sul mercato il primo broswer affidabile per pc, che fu
chiamato Netscape Navigator.
LA PRIVATIZZAZIONE DI INTERNET
Accadde che nel 1991 la NSF lanciò un progetto per la realizzazione di una nuova rete avanzata che
sostituisse Internet di prima, un progetto che si doveva completare entro il 1994.
Realizzata fisicamente questa nuova dorsale, nel 1994 la NSF stipulò un contratto con quattro
imprese private alle quali fu affidata la gestione della nuova rete, che in questo modo venne
privatizzata.
Nel 1995 la vecchia dorsale della NSF‐Net venne chiusa per essere sostituita
definitivamente da MER IT, che assunse a sua volta il nome INTERNET.
Ora, questa nuova rete internet consentiva di connettere tra loro tutte le reti pubbliche e
private in una unica rete globale di computer, la quale era disponibile per tutte le finalità sia di
carattere commerciale che non commerciale.
Da quel momento il numero di computer connessi alla rete internet è aumentato esponenzialmente.
LE IMPRESE OPERANTI SU INTERNET
Il fatto che la nuova rete internet fosse stata privatizzata e che essa fosse aperta anche ad utilizzi di
carattere commerciale ha reso possibile una autentica proliferazione delle imprese che operano su
internet.
Le imprese che operano su internet sono riconducibili a quattro tipi principali:
1. imprese che forniscono l'infrastruttura di internet: cioè le imprese che producono l'hardware
2. imprese che forniscono le applicazioni per l'infrastruttura di internet, in particolare sono le
imprese che costruiscono i siti web e ne curano la manutenzione
3. imprese che forniscono servizi gratuiti su internet e ricavano le loro entrate dalla pubblicità
(fornitori di contenuti e le imprese che gestiscono i portali come Google e Yahoo)
4. imprese che realizzano transazioni economiche su internet, in particolare il commercio
elettronico: una delle prime imprese fu Amazon

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LA "PRODUZIONE SNELLA" (O MODELLO GIAPPONESE DI ORGANIZZAZIONE
DEL LAVORO)
Questa vicenda inizia nel 1950 quando l'ingegnere giapponese Eiji Toyoda, il quale era proprietario
della fabbrica di automobili Toyota, insieme al suo ingegnere capo Taiichi Ohno visitarono lo
stabilimento di River Rouge della Ford, allora considerato la fabbrica di automobili più moderna del
mondo.
Perchè l'impresa automobilista della famiglia Toyoda si chiama Toyota e non Toyoda? In
Giapponese il termine Toyoda sigifica "risaia fertile", quindi non sarebbe stato particolarmente
conveniente dare un nome del genere ad un marchio di automobili, che dovrebbero essere al passo
con la modernità e l'avanguardia tecnologica. Infatti una risaia fertile dà l'immagine opposta alla
sofisticazione tecnologica.
Dunque non volendola chiamare così, la famiglia Toyoda ha cambiato leggermente il nome.
Durante questa visita effettuata negli USA i due Giapponesi ebbero una visione molto negativa del
lavoro della fabbrica automobilistica della Ford: a loro sembrò che ci fosse un enorme spreco di
fatica, di tempo di materiali.
Così quando Taiichi Ohno rientrò in Giappone iniziò ad organizzare la propria fabbrica in maniera
diversa da come aveva visto negli USA nella fabbrica della Ford; egli iniziò innanzitutto a
raggruppare gli operai del reparto montaggio in squadre di lavoro e disse loro che essi avrebbero
dovuto collaborare tra loro per trovare insieme la maniera migliore per eseguire la fase del
montaggio delle automobili che era stata loro assegnata.
Già qui introdusse delle differenza fondamentali rispetto ad una fabbrica occidentale:
● Dunque Ohno stabilì che alla Toyota non ci sarebbe stato l'ufficio tempi e metodi, ossia che
quella funzione di analisi del lavoro che nella fabbrica taylor‐fordista la direzione aziendale
riservava a sè nella fabbrica giapponese non ci sarebbe stata; alla Toyota non ci sarebbe
stato un ufficio tempi e metodi che avrebbe studiato tutte le mansioni lavorative per trovare
la maniera ottimale in cui esse dovevano essere svolte ed imponendo di conseguenza agli
operai di attenersi nel loro lavoro a questa maniera ottimale, e quindi alle istruzioni loro
impartite dalla direzione aziendale stessa ‐‐> nella fabbrica giapponese erano dunque gli
operai che dovevano trovare la maniera migliore per svolgere il montaggio dell'automobile,
basandosi sulla loro professionalità ed intelligenza e mettendole al servizio dell'azienda ( al
contrario nel Taylor‐ Fordismo l'intelligenza dei lavoratori non serve all'azienda; gli operai
svolgono mansioni esclusivamente esecutive, sono pagati per eseguire e non per pensare).
Invece Ohno dice una cosa molto diversa: dice che l'intelligenza degli operai è una risorsa
preziosa per l'azienda, la quale deve escogitare delle soluzioni organizzative che incentivino
gli operai a mettere la loro intelligenza al servizio dell'impresa.
● Fatto questo Ohno incominciò ad arricchire le squadre di operai ulteriormente di funzioni:
affidò loro anche il compito di pulire l'area di lavoro e di effettuare le riparazioni degli
utensili impiegati durante le lavorazioni ( nelle fabbriche taylorfordiste queste mansioni
spettavano ad addetti particolari).
● Ohno affronta poi il problema della effettuazione del controllo della qualità del lavoro
eseguito.
Come e dove avveniva il controllo della qualità della produzione nella fabbrica taylor‐
fordista? Ad esempio, nella fabbrica della Ford, chi e dove effettuava il controllo della
qualità delle automobili prodotte?
L'impresa Taylor‐ Fordista non si fida dei propri operai, quindi non affida a loro il controllo
della qualità della produzione, il quale viene invece effettuato in un reparto apposito dello
stabilimento.

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Il controllo viene effettuato dopo che il montaggio dell'automobile è stato completato;
l'automobile viene in seguito mandata in questo reparto, che prende il nome di ZONA DI
RITOCCO, dove le automobili sono sottoposte al controllo della qualità.
Questa circostanza, cioè il fatto che il controllo non si effettui nel luogo in cui i difetti
possono presentarsi ma avviene molto dopo, ha due implicazioni:
1. in questo modo la linea di assemblaggio è sempre in movimento; non è importante
che l'operaio monti dei pezzi validi o difettosi, ma se anche si accorge che gli vengono
consegnati ingranaggi difettosi, non deve faro presente ma deve comunque montarli per non
avere della perdita di produzione.
Inoltre l'azienda non si fida che l'operaio sia sincero nel dire queste difettosità. La linea di
montaggio deve essere sempre in movimento, e non bisogna perdere la produzione, la
quale si potrebbe recuperare facendo degli straordinari che per l'azienda sono
costosissimi.
2. inoltre può trascorrere molto tempo tra quando una difettosità si verifica lungo la
linea di montaggio e quando essa viene individuata nella zona di ritocco; pertanto il difetto
in oggetto può essere scoperta anche dopo che è stato assemblato un numero molto alto di
veicoli difettosi.
Invece per i Giapponesi questa pratica della fabbrica taylor‐fordista rappresenta uno spreco
intollerabile ed un costo insopportabile per l'azienda.
Quindi Ohno decide di organizzare il controllo della qualità della Toyota in maniera molto
diversa: decide di affidare agli operai che lavorano alla catena di montaggio anche il
controllo ‐‐> ogni squadra operaia, dunque, si vede affidare dall'azienda anche il compito di
effettuare il controllo della qualità.
Ogni squadra alla fine certifica la qualità delle proprie lavorazioni alla squadra operaia che
prenderà in consegna l'automobile per l'effettuazione della fase successiva del montaggio.
Come viene organizzato il controllo della qualità?
Ohno fa sistemare accando alla postazione lavorativa di ogni operaio un SEGNALATORE
LUMINOSO, più o meno simile ad un semaforo, chiamato Andon.
L'Andon può avere accesa una delle tre luci seguenti: o verde, o gialla o rossa. Se l'operaio
nota che nella sua postazione il montaggio si svolge regolarmente senza che si verifichino
delle difettosità, allora accende la luce verde.
Se invece l'operaio riscontra una difettosità che egli pensa però che non sia così grave da
necessitare di una fermata della linea, allora accende la luce gialla e chiama in soccorso il
caposquadra o qualcuno degli operai delle postazioni vicine. Se invece nota una difettosità
così grave da rendere necessaria la fermata della linea per consentire la sua risoluzione,
allora accende la luce rossa e così decreta la fermata della linea.
Ohno allora concede ai suoi operai anche una facoltà in più, un potere importantissimo in
più che sarebbe stato inconcepibile nella fabbrica taylor‐fordista, dove nessun operaio può
mai fermare la linea se non il direttore dello stabilimento.
Se tutti gli operai hanno accesa la luce verde, dunque segnalano che non vi è alcuna
difettosità, questo è un bene o è un male? Se tutti gli operai accendono la luce verde,
Ohno ne deduce che va tutto bene e nello svolgimento del processo produttivo non si
verifica neanche un difetto, o ne deduce che vi sono degli sprechi nascosti che
l'organizzazione aziendale non riesce a notare?
Il problema è che se tutte le luci sono verdi significa che non c'è progresso, non c'è
miglioramento tecnologico.
L'idea di Ohno è che se tutte le luci sono verdi, solo apparentemente va tutto bene ma in
realtà significa che l'azienda non progredisce e ciò non va bene.

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Quindi Ohno può aumentare la velocità della linea ( ad esempio costringe gli operai a fare in
89 minuti quello che prima facevano in 90 minuti).
Andando avanti con questo " gioco" della ricerca degli sprechi nascosti, dopo qualche
giorno egli potrà aumentare ulteriormente la velocità della linea e imporre agli operai di
effettuare il loro lavoro in 88 minuti; ad un certo punto capiterà che qualcuno accenderà la
luce gialla perchè, aumentando la velocità della linea, prima o poi qualcuno segnalerà una
difettosità e dopo aver risolto il problema, accenderà di nuovo la luce verde.
Con questo metodo Ohno vuole rendere espliciti problemi che vi erano anche prima ma non
erano ben visibili.
Pertanto la soluzione ideale è naturalmente che non ci siano delle luci rosse ( risultato che
fu raggiunto dopo 15/20 anni dalla Toyota), ma al tempo stesso neanche che tutte le luci
siano sempre verdi, quindi ogni tanto anche qualche luce gialla.
Anche quando il controllo della qualità cominciò a funzionare in maniera regolare, Ohno
chiese alle squadre operaie un contributo aggiuntivo: chiese di fermarsi del tempo in più
dopo la fine del loro orario di lavoro per proporre dei suggerimenti collettivi su come
migliorare il prodotto o la attrezzatura produttiva.
Queste riunioni periodiche delle squadre di lavoro divennero note in occidente come
CIRCOLI DI QUALITA', che avrebbero agito in collaborazione con i tecnici e gli ingegneri
della Toyota che avrebbero valutato i suggerimenti collettivi e che avrebbero anche discusso
con gli operai i loro suggerimenti.
I QUATTRO PRINCIPI DELLA PRODUZIONE SNELLA
Tutti gli esperimenti organizzativi condotti da Ohno portarono alla fine a definire un modello
organizzativo compiuto che è divenuto noto in Occidente con il nome di PRODUZIONE SNELLA.
Questo modello organizzativo della produzione snella si struttura su quattro principi fondamentali:
1) eliminazione dello spreco.
Per Ohno ci sono varie forme di spreco: sprechi immediatamente visibili (come ad esempio
gli scarti di produzione), ma ci sono anche degli sprechi più nascosti ( come i tempi morti di
attesa, i trasporti inutili o le produzioni non subito richieste dal mercato e che obbligano
l'azienda ad allestire dei magazzini superflui con un immobilizzo di capitali, di spazio e di
manodopera che viene distolta da attività più direttamente produttive).
Sono uno spreco anche le manutenzioni inutili effettuate in base alla presunzione
probabilistica di un guasto e non in base alla reale conoscenza della necessità dei
macchinari: Ohno dice che in realtà non è detto che una macchina abbia per forza bisogno di
una manutenzione dopo 10.000 ore indicate dal costruttore, ma può essere che, se viene
accudita nel corso del tempo, la macchina necessiti di manutenzione dopo 11.000 ore.
Se in realtà la macchina ha bisogno di manutenzione dopo 11.000 ore anzichè dopo 10.000,
se si fa la manutenzione dopo 10.000 questo è uno spreco.
Occorre quindi istruire gli operai che usano questa macchina ad effettuare loro un primo
monitoraggio del funzionamento di questa macchina.
Ohno sostiene che è molto difficile che una macchina smetta di fermarsi all'improvviso
senza mandare segnali premonitori (come ad esempio vibrazioni strane, odori non a norma
ecc), detti segnali deboli; per Ohno è quindi uno spreco intervenire a fare la manutenzione
su una macchina sulla base di quella che il costruttore indica come la presunzione
probabilistica di un guasto.
Allora Ohno istruisce i suoi operai a capire i segnali deboli e quando un operaio capta alcuni
segnali, allora significa che quello è il momento per intervenire nella macchina ‐‐> così egli
organizza la manutenzione in base alle reali necessità dei macchinari che riesce a
riconoscere attraverso la diagnostica dei segnali deboli fatta dagli operai.

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Di norma uno spreco compare solo quando un altro spreco è stato eliminato, non compaiono
mai tutti contemporaneamente.
Dunque il progresso in azienda avviene tramite un processo di miglioramento continuo che
lega l'eliminazione degli sprechi alla riduzione dei tempi morti e delle scorte: le scorte non
necessarie di componenti finiti sono anch'esse uno spreco da ridurre ed eliminare.
Tuttavia per eliminare gli sprechi occorre produrre in tempo reale quello che il mercato
richiede e questo rende necessari dei riattrezzaggi rapidi e frequenti delle macchine per
spostarsi da una produzione all'altra in base alle richieste espresse in tempo reale dal
mercato.
L'eliminazione dello spreco viene perseguito attraverso il miglioramento continuo; le
condizioni ottimali affinchè si verifichi il miglioramento continuo sono date da un carattere
della tecnologia impiegata nella fabbrica che Ohno chiama TECNOLOGIA FRUGALE,
ossia per arrivare al perseguimento di un miglioramento continuo la tecnologia impiegata
nella fabbrica deve essere ispirata a principi di frugalità ( = una tecnologia frugale non è una
tecnologia arretrata, ma si intendono degli impianti produttivi il più possibile conoscibili dal
personale che li utilizza e che meglio di chiunque altro può suggerire i continui e piccoli
miglioramenti necessari all'eliminazione degli sprechi).
Quindi l'azienda valorizza l'intelligenza e la professionalità dei propri operai, la cui
intelligenza deve essere messa a disposizione dell'azienda tramite strumenti che permettano
a loro ciò.
Questa circostanza ha avuto una conseguenza importante sul tipo di automazione che la
Toyota e le fabbriche giapponesi hanno introdotto.
La fabbrica taylor‐fordista occidentale non si fida dei suoi operai e quindi quando introduce
l'automazione, cioè quando introduce delle macchine automatiche, tenderà a privilegiare
quelle macchine che si programmano con il sistema punto a punto.
Al contrario la fabbrica giapponese punta ad avere una tecnologia frugale e per tanto quando
introduce l'automazione tende ad introdurre quelle macchine automatiche che si
programmano per autoapprendimento, cioè macchine che possano essere programmate
direttamente dagli operatori di officina.
Il perseguimento dell'eliminazione dello spreco ha portato la Toyota all'introduzione del
SISTEMA "KANBAN", ossia ha portato la Toyota ad adottare un sistema di
programmazione della produzione molto diverso dal sistema che vigeva nelle fabbriche
taylor‐fordiste occidentale, dove la programmazione della produzione viene effettuata dalla
direzione dello stabilimento.
La fabbrica taylor‐fordista utilizza degli impianti molto rigidi e molto costosi, specializzati o
nella produzione di un unico pezzo o di un unico modello di automobile, ma che non
possono essere riattrezzati per produrre componenti diversi; quindi la cosa importante è
programmare la produzione, anche con molto tempo in anticipo rispetto alla richiesta sul
mercato, così da assicurare il più elevato livello possibile di utilizzo di una capacità
produttiva che al tempo stesso è molto rigida e costosa (‐‐> per l'azienda è molto costoso
tenere fermi questi impianti per i quali ha speso tanto).
La conseguenza di ciò è che la fabbrica taylor‐fordista in realtà produce per il magazzino
prima ancora che per il mercato.
Invece per i giapponesi questo sistema di programmazione della produzione rappresenta uno
spreco intollerabile; l'obiettivo della Toyota è di ridurre gli sprechi, i quali non possono
essere eliminati se l'azienda non riesce ad abolire i magazzini. Quindi Ohno alla fine ha
provato a definire un sistema di programmazione della produzione che comportasse
l'abolizione di tutti i magazzini, la cosiddetta produzione Just‐ in ‐Time ( = produzione zero
scorte): si produce l'automobile nel momento in cui il mercato lo richiede.

71
Bisogna cambiare il luogo nel quale viene definito il programma di produzione: il che cosa e
quanto produrre alla Toyota non è più stabilito dalla direzione, ma dalla parte dell'azienda a
diretto contatto con il mercato.
Si raccolgono gli ordini dall'ufficio commerciale che li trasmette al reparto montaggio, ed
è sulla base degli ordinativi ricevuti dall'ufficio commerciale che il reparto montaggio
definisce la programmazione della produzione. Quindi bisogna attivare, a partire dal
reparto montaggio, tutto il sistema di produzione per soddisfare queste richieste giunte dal
mercato, e dunque il reparto montaggio deve comunicare a tutti i reparti dello stabilimento
di quanti e di quali pezzi ha bisogno entro breve.
Nasce dunque un sistema di cartellini, chiamati " kanban", che fungono al tempo stesso da
notifiche di ordini e da moduli di consegna: il reparto montaggio si presenta al reparto
situato a monte presentandogli il kanban con il quale gli comunica di quali e quanti pezzi ha
bisogno nelle prossime due ore; il reparto situato a monte, nel momento in cui consegna
questi pezzi al reparto di montaggio, gli consegna anche un altro cartellino, in questo caso
un kanban di consegna. Attraverso questo sistema di cartellini viene attivato un sistema di
programmazione della produzione che consente di produrre in tempo reale ciò che viene
richiesto dal mercato, abolendo al tempo stesso le scorte ed i magazzini.
2) Tra i vari accorgimenti individuati dalla Toyota vi è un tipo di layout dei macchinari adottato
solitamente nella fabbrica fordista, dove si tende solitamente ad utilizzare un layout dei
macchinari che è noto come " layout lineare" ( = prende questo nome perchè i macchinari
vengono disposti in modo da formare una linea retta); intorno a questo schema di layout
lineare le postazioni lavorative vengono ricavate in maniera tale in modo da rendere
impossibile ogni forma di collaborazione tra gli operai.
Quindi questo schema serve per disegnare delle mansioni lavorative che ciascun operaio è
tenuto a svolgere individualmente, senza presupporre una qualsiasi forma di interazione o di
collaborazione con gli altri operai.
Al contrario la Toyota rigetta il layout lineare e preferisce una forma diversa di layout, che è
il layout ad " U": i macchinari sono disposti in modo da formare un insieme di tante U tra
loro concatenate; qui le postazioni lavorative degli operai sono ricavate all'interno
dell'ideale lettera U.
Nel layout ad U le mansioni degli operai sono disegnate in maniera tale da ricavare anche un
area, chiamata AREA DI SOCCORSO RECIPROCO, disegnata in modo da predisporre una
collaborazione esplicita tra gli operai interessati; questo layout è fatto per promuovere la
collaborazione degli operai.
Le mansioni di questi operai non sono mansioni che essi devono svolgere solo in maniera
individuale, ma alcune anche di collaborazione.
Nella produzione snella la grande impresa automobilistica giapponese organizza le proprie relazioni
con i fornitori in maniera diversa da come faceva tradizionalmente la fabbrica taylor‐fordista.
Come faceva una grande impresa a selezionare i fornitori?
Innanzitutto si guardava il prezzo e soprattutto si organizzava una gara d’appalto sulla singola
commessa. La grande fabbrica taylor‐fordista si definisce autosufficiente per quanto riguarda la
produzione dell’automobile e dei suoi componenti. Si contattava ciascuno dei potenziali fornitori
mostrando loro il disegno del componente che si voleva comprare e vinceva la gara d’appalto colui
che offriva un prezzo minore.
Nella relazione tra impresa e fornitori, la variabile è il prezzo e per una successiva fornitura di
componenti si organizzava una asta analoga. Il rapporto tra la Fiat e i fornitori si basava su una
singola commessa ed era basato anche su una profonda fiducia tra le due parti: ciò era possibile
perché se per esempio un fornitore avesse trovato un sistema per diminuire i suoi costi di
produzione del componente in oggetto o avesse avuto una qualche idea su come migliorare il

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componente che forniva alla Fiat, egli non aveva alcun interesse a condividere con la Fiat queste
informazioni.
Nella produzione snella invece, il rapporto tra la grande impresa e i suoi fornitori è diverso: la
Toyota quando seleziona i propri fornitori non guarda al costo di una singola commessa ma guarda
alla capacità del fornitore prescelto di sviluppare con l’impresa stessa una relazione di lungo
periodo che comprenda tutti i vari aspetti della produzione snella. La Toyota non guarda alla
capacità del singolo fornitore di esaurire al costo più basso di una commessa ma innanzitutto il
rapporto è caratterizzato dal fatto che la grande impresa automobilistica non si definisce più
autosufficiente riguardo la produzione delle autovetture. La Toyota quindi, grande impresa
automobilistica, effettua una selezione dei fornitori poiché tratta con un numero di fornitori molto
minore rispetto alla fabbrica fordista. Essa vuole avere a che fare soltanto con un numero ristretto di
fornitori che chiama FORNITORI DI PRIMO LIVELLO, i quali siano in grado di fornire un
componente complesso, in grado di gestire una propria rete secondaria di sub‐fornitori e di
effettuare il sotto assemblaggio del componente complesso e in grado di collaborare con la grande
impresa nella progettazione del componente.
E’ previsto che il fornitore fornisca dei suggerimenti su come migliorare il componente che debba
fornire, su come ridurre gli sprechi nella produzione del componente.
La Toyota prevede che i guadagni derivanti dall’opera di miglioramento continuo relativo al
componente che il fornitore deve fornire vengano distribuiti e ripartiti in maniera concordata tra la
Toyota e il fornitore stesso.
In questo caso il fornitore a differenza che nel taylor‐fordismo, ha tutto l’interesse a condividere con
la Toyota le sue idee innovative che portano alla riduzione degli sprechi e al miglioramento
produttivo. Il fornitore deve attrezzarsi per lavorare in base al principio del just‐ in time e con il
sistema dei Kanban, essendo in grado di fornire il componente richiesto nel momento in cui la
Toyota lo richieda e cosi eliminando tempi morti e le possibili scorte di magazzino (eliminazione
del magazzino).
Infine i fornitori esterni, similmente alle squadre operaie interne alla Toyota, sono responsabili della
qualità della loro produzione e devono perseguire l’obiettivo della qualità totale.
Il rapporto tra l’impresa committente e i fornitori è un rapporto di medio‐lungo periodo legato alla
capacità del fornitore di impegnarsi nel perseguimento di tutti gli obiettivi della produzione.
Il modello della produzione snella è stato messo a punto in Giappone e questo sistema di
produzione ha cominciato ad essere studiato in Occidente negli anni ‘70/’80 del 1900. Era successo
che negli anni ’70, dopo la fine dell’età dell’oro, le case automobilistiche giapponesi aumentarono
notevolmente le loro quote di mercato negli Stati Uniti. Questa circostanza effettua una grossa
preoccupazione nell’Occidente e ci si cominciò a chiedere come i giapponesi potevano produrre
automobili di qualità nettamente superiore a quelle dei grandi produttori americani.
Quando il modello giapponese e la produzione snella hanno cominciato ad essere conosciuti in
Occidente, si aprì un dibattito intorno alla questione se si trattasse di un tipo di organizzazione della
produzione basato sulla partecipazione attiva dei lavoratori che potesse funzionare soltanto in
Giappone oppure se si trattava di un modello organizzativo che potesse essere trasferito al di fuori
del Giappone, e se quindi la produzione snella potesse essere un modello organizzativo di tipo
universale.
Si vide che a partire dagli anni ’80, molte imprese occidentali cominciarono ad adottare se non il
modello della produzione snella nella sua interezza, solamente alcuni aspetti del modello.
Accadde che negli anni ’80 molte imprese giapponesi costruirono delle proprie filiali negli Stati
Uniti e le organizzarono attraverso il sistema della produzione snella. Si vide che queste fabbriche
giapponesi negli USA, erano molto più efficienti della gran parte delle fabbriche americane (Ford) e
ciò era la base per pensare che questo modello potesse funzionare anche al di fuori del Giappone.
In che modo la produzione snella è stata introdotta nella maggiore impresa Italiana (Fiat)?

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L’adozione della produzione snella nella Fiat è stata decisa nel 1989 quando l’amministratore
delegato della Fiat, Cesare Romiti, lanciò la parola d’ordine della fabbrica integrata.
Questo modello di “fabbrica integrata” era un nuovo modello organizzativo che avrebbe
dovuto sostituire la tradizionale organizzazione taylor‐fordista della Fiat. Il
modello presentava due novità rispetto alla precedente organizzazione taylor‐fordista:
1. rappresenta il passaggio da una organizzazione basata sulla centralità delle funzioni ad una
organizzazione basata sulla centralità dei processi:
‐L’organizzazione basata sulla centralità delle funzioni intendeva il fatto che la precedente
organizzazione della Fiat era basata su dipartimenti articolati per funzioni aziendali. Nell’azienda
vennero costituiti dei dipartimenti con il risultato che le decisioni interfunzionali, cioè che le
decisioni che necessitavano del contributo di persone assegnate a più di un dipartimento, potevano
essere prese solamente al vertice dello stabilimento. ‐Con l’organizzazione basata sulla centralità
dei processi, l’obiettivo era quello di decentrare, di trasferire verso il basso della scala gerarchica
(all’interno dell’officina), quelle decisioni interfunzionali che prima erano prese dalla direzione
dello stabilimento. L’obiettivo era quello di dare più autonomia e più responsabilità ai quadri
inferiori della gerarchia aziendale e a più diretto contatto con la produzione e ottenere dei tempi di
reazione e di risposta più rapidi rispetto ai problemi che si verificavano nella produzione.
2. creazione di una nuova cellula organizzativa di base della fabbrica Fiat: questa nuova cellula
è caratterizzato dalle “UTE → unità tecnologiche elementari, le quali sostituiscono le vecchie
squadre operaie.
C’è una differenza molto forte tra le UTE e le vecchie squadre operaie: le squadre operaie
avevano delle mansioni e dei compiti di carattere esecutivo in quanto ricevevano un programma
di produzione dalla direzione e dovevano eseguirlo. Esse non avevano alcun potere decisionale.
Alle UTE è assegnato il compito di governare e di gestire una fase compiuta del sistema produttivo:
una UTE può essere responsabile della produzione di un motore, un’altra può essere responsabile di
altri componenti. Esse hanno un potere decisionale focalizzato su tutto il segmento del processo
produttivo che le è affidato. A capo delle UTE c'è una figura che viene chiamata CAPO UTE, molto
più qualificato rispetto al capo delle squadre operaie. Alle UTE vengono affidate tutte le risorse
umane e tecniche affinchè in caso di anomalie o criticità, il capo UTE possa prendere decisioni
tempestive ed appropriate per ripristinare al più presto il normale funzionamento del processo
produttivo.
Queste risorse di cui si avvale il capo UTE sono costituite dal team tecnologico: esso è formato
oltre che dal capo UTE anche da figure di tecnici specializzati, chiamati tecnologi. Possono esserci
vari tipi di tecnologi:
1.in TECNOLOGO DI: è grado di intervenire sui problemi operativi immediati.
2.: LINEA si occupa di problemi più complessi ed è formato per
TECNOLOGO intervenire su quei problemi che per essere risolti richiedono degli
SPECIALISTA interventi di carattere progettuale.
La UTE pertanto non deve soltanto garantire il normale svolgimento
del processo produttivo ma è anche responsabile della qualità della propria produzione. Essa deve
perseguire anche il miglioramento continuo del segmento produttivo che le è affidato: nel
perseguimento del miglioramento continuo, essa, si avvale da un lato del supporto del team
tecnologico e dall’altro lato si avvale di una partecipazione attiva degli operai. Ora, a differenza
dell’assetto organizzativo precedente, si richiede che gli operai vengano informati dal capo UTE
dei risultati produttivi raggiunti dalla UTE stessa e delle difettosità riscontrate nella produzione; si
chiede inoltre agli operai a differenza di prima, di dare alla propria UTE dei suggerimenti per
migliorare i vari aspetti della produzione. E’ previsto anche che all’interno della UTE, gli operai si
scambino periodicamente le loro mansioni in modo da favorire lo svolgimento da un lato di un
lavoro meno monotono, e dall’altro lato in modo da favorire un arricchimento delle mansioni e

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delle professionalità degli operai che possa aiutarli a partecipare in maniera più attiva alla vita
della UTE.
Ci sono importanti differenze rispetto alla produzione snella così come esse era stata realizzata in
Giappone:
‐ Alla Fiat, il singolo operaio qualora riscontri una difettosità grave, non ha il compito di
fermare la linea. Il massimo che può fare è segnalare il fatto al capo UTE.
‐ Alla Fiat, nella fabbrica integrata, gli operai sono esclusi dal team tecnologico. Se in
Giappone gli operai sono membri a pieno titolo dei circoli di attività che forniscono dei
suggerimenti collettivi su come migliorare il processo produttivo, alla Fiat gli operai sono lasciati
fuori da questo “team tecnologico”.
Il modello organizzativo della fabbrica integrato, successivamente è stato adottato da altri.
Nel 1993, la Fiat, ha inaugurato uno stabilimento modernissimo per la produzione di automobili
nella località Lucana di Melfi. Si è trattato di uno stabilimento nuovo per consentire la più piena
realizzazione del modello della fabbrica integrata, siccome è un luogo avanzato per quanto riguarda
la sperimentazione della fabbrica integrata. Melfi è uno stabilimento che si articola su quattro
grandi reparti. Nei primi 3 di questi reparti, vengono installati degli impianti produttivi
modernissimi, automatizzati gestiti dal computer e in questi reparti gli operai addetti sono pochi; il
quarto reparto è il montaggio, nel quale le automobili vengono assemblate ed è il regno del luogo
vivo, popolato da tantissimi operai e che utilizza ancora delle tecnologie di produzione ad elevata
intensità di lavoro.
Come è entrato in funzione questo stabilimento?
La Fiat subordinò l’entrata in funzione dello stabilimento di Melfi alla stipulazione di un accordo
con i sindacati che prevedeva delle condizioni di lavoro del tutto particolari all’interno del gruppo
Fiat.
(Il contratto a quell’epoca venne firmato da tutte e tre le parti sindacali). In
pratica, era stabilito che:
‐ il turno notturno si sarebbe ripetuto per due settimane di seguito
‐ gli impianti avrebbero lavorato su 3 turni anziché 2, quindi lavorando a ciclo continuo ‐
ciascun operaio si vede affidato il turno notturno per due settimane di seguito.
‐ i salari sarebbero stati inferiori del 20% rispetto agli altri stabilimenti Fiat.
Ne conseguiva che a fronte di una decurtazione del salario rispetto agli altri stabilimenti, gli operai
di Melfi sarebbero stati gravati da carichi di lavoro più elevati e questa intensificazione dei carichi
di lavoro era ottenuta in due modi:
1. Il primo modo riguardava le modalità di recupero della produzione persa per eventuali
fermate della linea: se per un qualche motivo (difettosità) la linea viene fermata, non è possibile
recuperare la produzione con gli straordinari ma la si recupera attraverso un aumento della velocità
della linea che può raggiungere punte sino al 18%.
2. Il secondo modo riguarda l’introduzione di una nuova metrica del lavoro: è un fatto che
distingue profondamente la Fiat dall’esperienza della Toyota e dei produttori giapponesi. Si
pensava che, con l’avvento della fabbrica integrata e con il peso che la partecipazione attiva dei
lavoratori sembrava dovesse assumere, l’importanza dell’analisi del lavoro e quindi della adozione
di una metrica del lavoro che definisse rigidamente i tempi e le modalità di esecuzione dei gesti del
lavoro, diminuisse. Invece, quando la Fiat si presentò al tavolo dei sindacati per stipulare questo
accordo, una delle condizioni che pose con energia, fu l’adozione di una nuova metrica del lavoro.
Essa è rappresentata da una serie di criteri standardizzati che le imprese utilizzano per stabilire
come e in quanto tempo un lavoro operaio deve essere eseguito.
Sino agli anni ’90, alla Fiat veniva utilizzata una metrica del lavoro che era chiamata “TMC →
tempi dei movimen controlla ”: questa metrica rappresentava una sorta di traduzione semplificata di
una metrica molto più complessa che era stata definita negli Stati Uniti alla fine degli anni ’40.

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Quando si presentò al tavolo dei sindacati per la stipulazione dell’accordo, la Fiat chiede ai
sindacati di sostituire la vecchia metrica TMC con una nuova metrica chiamata “TMC 2”, definita
dalla Fiat stessa. Secondo l’azienda, essa rappresentava una traduzione più accurata della metrica
americana. Con il passaggio dal TMC al TMC 2 si ebbe una riduzione media dei tempi di lavoro,
ossia un aumento medio della capacità lavorativa di ciascun operaio, del 3/4%.
In realtà si pensa che la fabbrica integrata rappresenti un trasferimento solo parziale del sistema
della produzione snella alla Fiat e che in realtà la fabbrica integrata rappresenti una sorta di ibrido
tra la produzione snella e il vecchio sistema del Taylor‐fordismo. Con la fabbrica integrata la Fiat
ha introdotto alcuni importanti aspetti della produzione snella, come per esempio l’attenzione alla
qualità totale, la creazione di figure intermedie (tecnici) con un ruolo maggiore rispetto a prima e
infine un decentramento del potere decisionale, il quale è andato a beneficio soprattutto della
gerarchia intermedia, cioè dei capi UTE e dei tecnologi. Ora, essi, contano molto di più rispetto a
quanto contavano i capi reparto nella Fiat fordista.
Invece, la condizione degli operai non è cambiata mantenendo quindi le pratiche del modello taylor‐
fordista tradizionale, ribadendo quindi il peso centrale della metrica del lavoro e del coinvolgimento
attivo degli operai.
La Fiat ha assunto un numero di operai molto maggiore a quanto ipotizzato e l’investimento nella
formazione di questi operai comuni assunti per lavorare al reparto produzione è stato limitato e
pertanto i tentativi di coinvolgere attivamente questi operai poco qualificati, sono stati considerati
una perdita di tempo.
LA CINA
La Cina rappresenta una delle economie più importanti ed avanzate del mondo: è stata per alcuni
millenni il paese più avanzato del mondo dal punto di vista economico e tecnologico sino all'inizio
della prima rivoluzione industriale.
La Cina ha mantenuto questo suo primato fino alle fine del 1600, ma poi è successo che la
rivoluzione industriale si è verificata in Europa e non in Cina; in seguito a questo evento la Cina ha
perso il suo primato.
La storia economica della Cina nel lungo periodo per certi aspetti è stata caratterizzata da una serie
di oscillazioni in un certo senso "pendolari", cioè la storia economica della Cina è stata
caratterizzata dall'alternarsi di fasi di apertura al resto del mondo e fasi di chiusura. Ci sono stati
momenti in cui la Cina si è aperta alle relazione economiche col resto del mondo e poi sono seguiti
momenti di segno opposto, in cui la Cina si è chiusa al proprio interno e ha ridotto le proprie
relazioni economiche con il resto del mondo.
Il periodo del Medioevo europeo, soprattutto il periodo del Basso Medioevo che va dal
1000 d.C alla scoperta dell'America, fu una fase di progresso economico e di apertura della Cina
verso il resto del mondo.
In corrispondenza del Medioevo europeo la Cina ampliò le proprie relazioni economiche con
l'estero: accolse molti mercanti stranieri, i quali furono autorizzati a risiedere e a mercatare in
numerose città cinesi. È in questo contesto che si inserisce, ad esempio, la vicenda di Marco Polo e
del suo viaggio in Cina, del suo lungo soggiorno in quel paese e di tutte le vicissitudini che egli potè
vivere in quel paese, compresi i rapporti con l'Imperatore cinese dell'epoca.
In quel periodo in corrispondenza del Medioevo europeo anche la Cina inviò proprie delegazioni
commerciali all'estero e partecipò in misura crescente alle relazioni economiche internazionali.
Gli anni finali del '400 segnarono una brusca inversione di rotta nella politica economica cinese.
Esattamente nel 1490 la Cina decretò la chiusura del commercio con l'estero.
Questa misura segnò l'inizio di una lunga fase di chiusura della Cina rispetto al resto del mondo, che
terminò solo nel 1842 con il Trattato di Nanchino, imposto alla Cina dall'Inghilterra dopo la prima
guerra dell'oppio.

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Non si sa con certezza perchè la Cina nel 1490 abbia deciso la chiusura del commercio con l'estero,
ma ci sono varie ipotesi:
• la fase di sviluppo mercantile dei secoli precedenti ha portato ad un rafforzamento della
classe dei mercanti all'interno della società cinese che ad un certo punto potrebbe essere
stato visto come un pericolo, una minaccia per gli assetti di potere consolidati di quella
società.
Quindi: un'ipotesi è che il ceto mercantile sia stato visto come un pericolo per il potere
assoluto dell'imperatore e per il ruolo centrale che in quella società svolgeva la classe dei
funzionari dell'amministrazione imperiale.
• Ad un certo punto la Cina ha deciso di concentrare le proprie risorse sul problema della
difesa interna.
Sembra che in quel periodo fossero aumentate le incursioni, le aggressioni da parte dei
Mongoli, e che la Cina abbia deciso di fronte a questo pericolo di concentrare le risorse
disponibili nella difesa del proprio territorio dalle minacce provenienti dalle tribù mongole.
A partire da quel periodo le relazioni economiche tra la Cina e l'Europa divennero molto
limitate. Un decreto dell'imperatore cinese stabilì che i mercanti europei potevano
commerciare con la Cina solo nella città marittima meridionale di Canton e solo attraverso
funzionari dell'amministrazione statale cinese.
A partire dal '700 incominciarono a maturare delle novità: questo è il secolo della colonizzazione
inglese dell'India; l'Inghilterra progressivamente occupa il subcontinente Indiano: in questo contesto
la Compagnia delle Indie Orientali si vede assegnare il monopolio degli scambi commerciali tra
l'Inghilterra e l'India.
A quell'epoca nel '700 l'Inghilterra aveva un disavanzo commerciale con la Cina: pur in presenza
della decisione della Cina di limitare i propri scambi commerciali con l'Europa, c'erano dei prodotti
cinesi che venivano apprezzati e che erano domandati dai consumatori europei ( es. Porcellane, thè,
prodotti di seta).
Solo che l'Europa non produceva praticamente nulla che fosse di interesse per i consumatori cinesi e
l'Inghilterra saldava questa differenza in argento.
A partire dal 1700 l'Inghilterra e la Compagnia delle Indie Orientali incominciarono a cercare un
qualche bene che potesse essere venduto in Cina e ad un certo punto questo prodotto venne trovato:
la droga, l'OPPIO.
La coltivazione dei papaveri dai quali si otteneva l'oppio veniva praticata nel subcontinente indiano,
cioè in quella parte dell'Asia colonizzata dall'Inghilterra.
Da molti secoli l'oppio era usato sia in Cina che in Europa come sostanza medicinale. A partire
dalla metà del 1600 prese l'avvio in Cina l'abitudine di bruciare piccole dosi di oppio sulla
fiamma di una candela per inalarne i fumi e usarlo così come droga. Questa nuova moda, cioè
utilizzare l'oppio come droga la cui inalazione dava delle sensazioni molto forti anche se
condannava ad uno stravaccamento totale, provocava una forte dipendenza dalla droga e si
diffuse progressivamente nel '700.
Quindi in Cina si diffusero le fumerie di oppio.
Il Governo cinese fu preoccupato da questa diffusione della tossicodipendenza da oppio e nel
1729 proibì l'importazione in Cina dell'oppio, che proveniva in gran parte dall'India Britannica
controllata dalla Compagnia delle Indie Orientali.
Ormai però nel 1729 il commercio dell'oppio era divenuto un'attività importante e redditizia alla
quale, chi la praticava, non voleva rinunciare; soprattutto l'oppio era ormai divenuto il principale
prodotto che la Compagnia delle Indie Orientali vendeva in Cina in cambio dei prodotti cinesi.
Oltretutto l'esportazione dell'oppio non era illegale per la legislazione inglese, ma per quella cinese
sì. Invece la legge inglese considerava l'oppio una merce come tutte le altre, e dunque era legale che
la Compagnia esportasse l'oppio in Cina.

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L'APERTURA FORZATA ALL'OCCIDENTE
Così accadde che dopo che il governo cinese nel 1729 aveva proibito l'importazione di oppio in
Cina, la Compagnia delle Indie incominciasse a vendere di contrabbando questa droga in Cina.
Dopo il 1800 le quantità di oppio contrabbandate dalla compagnia delle indie orientali in Cina
incominciarono a crescere rapidamente e fu soprattutto negli anni '30 del 1800 che ci fu una crescita
esponenziale delle vendite clandestine di oppio in Cina. Questa circostanza suscitò la reazione del
governo cinese, il quale nel 1839 ordinò il sequestro di tutta la droga detenuta illegalmente sulle
navi inglesi ormeggiate nel porto di Canton.
Questa misura del governo cinese suscitò la reazione del governo inglese; per l'Inghilterra la
decisione della Cina di sequestrare la droga rappresentò una grave violazione della libertà di
commercio, in quanto per l'Inghilterra la droga era una merce come tutte le altre. Quindi invocando
il principio della libertà di commercio, l'Inghilterra decise di intervenire militarmente,
intraprendendo un'azione militare contro la Cina: mandò una squadra navale a cannoneggiare i
principali porti della Cina. Fu questa la PRIMA GUERRA DELL'OPPIO, che si concluse nel 1842
con la firma del Trattato di Nanchino, tra l'Inghilterra e la Cina.
Questo trattato contemplava 5 clausole assai pesanti per la Cina:
1. l'obbligo della Cina di aprire altri quattro porti in aggiunta a quello di Canton al commercio
con l'Inghilterra
2. riduzione delle tariffe doganali sulle merci inglesi importate in Cina; tariffe doganali che
non avrebbero potuto superare il 5% del valore delle merci importate
3. libertà di commercio per i mercanti inglesi in Cina: non erano più vincolati a commerciare
in cina solo tramite i funzionari del governo imperiale cinese
4. passaggio della isola di Hong Kong, che costituiva l'accesso al porto di Canton, sotto la
sovranità britannica ( sino al 1997, quando ci fu il ritorno di Hong Kong sotto la sovranità
cinese)
5. diritto di extraterritorialità per i cittadini britannici in Cina ‐‐> significa che i cittadini
britannici accusati di delitti commessi in territorio cinese non sarebbero stati processati dal
tribunale cinese, ma solo dai tribunali britannici.
Nel complesso, l'obiettivo di queste clausole era di aprire il mercato cinese agli scambi con
l'Inghilterra, soprattutto ti aprire il mercato cinese alle importazioni di merci provenienti
dall'Inghilterra e dall'impero britannico.
Quindi con l'imposizione da parte dell’Inghilterra alla Cina del trattato di Nanchino, ebbe termine
quella lunga fase di chiusura della Cina alle relazioni economiche con l'estero che era iniziata nel
1490.
Ora si apre una uova fase di apertura della Cina alle relazioni con l'estero: a differenza del
medioevo fu un'apertura agli scambi con l'estero, un'apertura alle relazioni economiche con l'estero
che la Cina non scelse spontaneamente di fare, ma fu un'apertura che le fu imposta da un avversario
che all'epoca era più potente di lei, ossia l'Inghilterra che voleva ampliare i mercati per i beni che
era in grado di produrre grazie alla seconda rivoluzione industriale.
Sta di fatto che il Trattato di Nanchino segnò l'inizio di una nuova fase di apertura della Cina alle
relazioni economica con l'estero, e aprì la strada a trattati analoghi della Cina con altri paesi
occidentali che al pari dell'Inghilterra erano interessati all'apertura del mercato cinese alle merci da
essi prodotte.
Quindi a distanza di alcuni anni dal trattato di nanchino, la cina firmò dei trattati analoghi con gli
USA, Francia e Portogallo.
Nonostante la firma del trattato di Nanchino, la vendita dell'oppio in Cina continuò ad essere
ostacolata dai funzionari statali cinesi. Infatti secondo la Cina l'oppio non era un prodotto come gli
altri e non poteva rientrare nel regime previsto dal trattato di Nanchino per le merci importate in

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Cina, quindi nacque una controversia tra la Cina e l'Inghilterra sull'interpretazione dello status
dell'oppio previsto dal trattato di Nanchino. Invece l'Inghilterra considerava l'oppio come un
normale prodotto commerciale e che dunque aveva tutto il diritto di trasportare in Cina.
Questa controversia portò nel giro di alcuni anni ad una SECONDA GUERRA DELL'OPPIO, che
si svolse nel 1858: essa fu una spedizione militare congiunta franco‐britannica contro la Cina e il
pretesto fu l'assassinio di un missionario francese in Cina. Il malandato esercito cinese fu facilmente
sconfitto dalle truppe nemiche e questa seconda sconfitta portò alla firma di un nuovo trattato tra la
Cina, la Francia e l'Inghilterra.
In base a questo trattato vennero aperti al commercio con i mercanti europei altri 11 porti cinesi.
Si riconobbe agli europei il diritto di insediarsi e di commerciare anche all'interno della Cina.
Per garantire il rispetto di questo diritto al commercio all'interno della Cina, gli occidentali
ottennero la libera navigazione delle loro navi da guerra nelle acque interne della Cina: le navi da
guerra dei paesi europei potevano spostarsi liberamente all'interno delle acque dei maggiori fiumi
cinesi.
Da qui nasce l'espressione POLITICA DELLE CANNONIERE: le cannoniere dei paesi europei
potevano muoversi liberamente all'interno delle acque cinesi.
Inoltre l'oppio fu considerato in maniera inequivoca alla pari di un qualsiasi altro prodotto e da quel
momento le importazioni di oppio in Cina aumentarono vertiginosamente, tanto che all'inizio del
1900 più di 1/4 dei maschi cinesi fosse tossicodipendente.
Inoltre la stipulazione di questo trattato del 1858 aprì la strada non solo alle esportazioni europee in
Cina, ma anche all'assunzione da parte dei principali paesi europei del controllo della maggior parte
dei settori strategici dell'economia cinese.
Basti pensare che dopo la seconda guerra dell'oppio si avviò una fase di modernizzazione
dell'economia cinese: ad esempio nella seconda metà dell'800 in Cina iniziarono ad essere costruite
le ferrovie che prima non c'erano, ma alla fine dell' '800 il 40% delle ferrovie cinesi erano possedute
da investitori occidentali.
Inoltre gli inglesi avano il monopolio delle dogane cinesi: ossia gestivano le dogane dello stato
cinese e riscuoteva i dazi doganali per conto del governo cinese. Se l'Inghilterra gestiva le dogane
cinesi, la Francia gestiva il servizio postale cinese.
Questi porti franchi, aperti in Cina dopo le due guerre dell'oppio, nel corso del tempo diventarono
importanti poli di sviluppo economico, diventarono i centri nei quali si concentravano gli scambi
commerciali cella Cina, e in essi iniziarono a nascere delle industrie.
Incominciarono a sostituire le importazioni che arrivavano in Cina dall'Europa con la produzione
direttamente in Cina dei beni che venivano domandati dai consumatori di quel paese.
Quindi i porti aperti al commercio con l'Europa divennero anche i centri industriali più moderni
della Cina, la cui industria era però posseduta in gran parte da investitori europei. Accanto ai
mercanti e agli investitori europei, in queste città portuali cinesi incominciarono ad arrivare anche le
banche europee che aprirono proprie filiali, che servivano per finanziare il commercio tra Europa e
Cina e per dare prestiti alle imprese possedute dagli europei, i quali le avevano create in queste città
cinesi.
LA CADUTA DELL'IMPERO
Tuttavia la crescente dipendenza dell'economia cinese dagli stranieri suscitò nella seconda metà
dell' '800 proteste in Cina: ci furono molte sollevazioni popolari contro gli europei e contro la
subordinazione della Cina agli europei.
Queste sommosse vennero represse dalle truppe europee in Cina e questa circostanza comportò
un'ulteriore erosione dell'autorità del governo imperiale in Cina.
Quindi verso la fine dell'800 in Cina iniziarono a prendere corpo spinte e orientamenti di carattere
nazionalista.
Nel 1900 in Cina viene fondato il Partito Nazionalista del Kuomintang ( KMT).

79
Il partito nazionalista cinese viene fondato da un importante intellettuale cinese, Sun YatSen.
Il partito nazionalista è favorevole alla modernizzazione della Cina e alla emancipazione della Cina
dalla dipendenza rispetto agli europei.
Nel 1911 il partito del KMT attua una rivoluzione che porta alla caduta dell'imperatore e alla
proclamazione della Repubblica. Cade così il plurimillionario celeste impero in Cina.
Sun Yat‐Sen diventa il Presidente della Repubblica.
Tuttavia dopo pochi mesi Sun viene a sua volta rovesciato da un colpo di stato militare organizzato
da un gruppo di generali dell'ex esercito imperiale, e questi generali erano chiamati " signori della
guerra".
Di fronte al colpo di stato, Sun scappa da Pekino e si rifugia del sud della Cina. A questo punto il
colpo di stato contro Sun e il KMT provoca l'inizio di una lunga guerra civile che sarebbe durata
con alterne vicende sino al 1949.
All'inizio i contendenti di questa guerra civile sono il governo militare dei signori della guerra, che
occupa il nord della Cina e che controlla la capitale Pekino.
Adesso a questo governo dei signori della guerra si oppone il governo del KMT, che controlla
invece il sud della Cina.
Durante la prima guerra mondiale la Cina si dichiara neutrali, poi però nel 1917 dichiara guerra alla
Germania, schierandosi a fianco degli USA e del Giappone.
Quindi nella prima guerra mondiale la Cina entra in guerra a fianco di quelle che sarebbero risultate
le potenze vincitrici.
Questo fatto le fu di aiuto nel corso delle trattative di pace che si svolsero dopo la fine del conflitto.
Il riassetto dell'area del Pacifico dopo la prima guerra mondiale fu deciso dalla conferenza di
Washington che si svolse tra il 1921 e il 1922.
a questa conferenza partecipò anche una delegazione cinese, di cui facevano parte sia esponenti del
governo dei signori della guerra, sia del KMT.
Alla fine il trattato che fu firmato consentì alla Cina di ottenere un alleggerimento della
dipendenza dai paesi occidentali che le era stata imposta dai trattati del 1842 e 1858. così alla
conferenza di Washington la Cina ottenne il riconoscimento della propria piena sovranità
nazionale.
La Cina torna quindi in possesso delle proprie dogane, la Cina si vede ripristinata la propria
autonomia doganale e torna così ad essere libera di applicare autonomamente i dazi alle merci
straniere: la Cina può così decidere autonomamente le tariffe doganali da applicare alle merci
straniere.
Dunque la Cina riesce anche a rientrare in possesso dei servizi che fino a quel momento erano
gestiti dagli stranieri: le poste cinesi, dopo la conferenza di Washington, non furono più gestite dai
francesi ma tornarono ad essere gestite dallo Stato cinese.
Inoltre ottenne il ritiro delle forze armate straniere dal proprio territorio e a partire dal
1939 furono aboliti anche i diritti di extraterritorialità di cui i cittadini di vari paesi godevano.
Poi venne avviato riguardo all'oppio un vasto programma di disintossicazione della popolazione
cinese dalla dipendenza dall'oppio.

LA NASCITA DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE ( 1949)


Intanto sul fronte della guerra civile si ebbero degli ulteriori sviluppi: nel 1925 ci fu la morte di Sun
Yat‐ Sen, che a quell'epoca era il leader del KMT.
Il suo successore fu il generale Chiang Kai‐Shek, il quale riorganizzò l'esercito del KMT e nel 1928
lanciò una grande campagna contro il governo dei signori della guerra.
Nel 1928 sbaraglia l'esercito dei signori e occupa Pekino.
Nel giro di qualche anno anche nelle province più remote della Cina i residui dell'esercito dei
signori della guerra vengono liquidati.

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Nel frattempo però era successo che nel 1921 era stato fondato il partito comunista cinese.
All'inizio, nei primi anni di vita, il partito comunista cinese era alleato del KMT. Tuttavia nel 1927
questa alleanza tra il PCC e il KMT si rompe, dunque si apre un secondo fronte della guerra civile
che vede come antagonisti il PCC e il KMT.
Dopo aver sconfitto i signori della guerra, Chiang lancia alcune campagne militari con l'obiettivo di
sconfiggere i comunisti.
Queste offensive però non hanno successo: il PCC giova dell'appoggio dei contadini e grazie a
questo appoggio l'esercito del PCC riesce ad evitare l'accerchiamento da parte dell'esercito del
KMT.
Nel 1937 il Giappone invade la Cina. Di fronte a ciò, il KMT e il PCC strinsero un patto per fare
fronte comune contro l'invasore.
Il Giappone si arrende alla fine della seconda guerra mondiale nel 1945 agli USA: viene
definitivamente sconfitto.
A questo punto riprende la guerra civile in Cina tra il PCC e il KMT: questa guerra civile dura altri
4 anni e termina nel 1949 con la vittoria del PCC.
Infatti nell'ottobre del 1949 il leader del Partito Comunista, Mao Tse‐ Tung, entra a Pekino e
proclama la nascita della Repubblica Popolare cinese.
Nel frattempo il capo del KMT, Chiang, fugge nell'isola di Taiwan, protetto dalla flotta degli USA.
Con l'avvento al potere di Mao l'economia cinese vine riorganizzata sul modello sovietico: la grande
e la media industria vengono nazionalizzate, il commercio con l'estero pure, e nelle campagne fu
attuata una grande riforma agraria.
Le grandi proprietà dei latifondisti furono confiscate e le loro terre furono distribuite in proprietà
alle famiglie contadine che le lavoravano.
Tuttavia, visto che i poderi derivati da questa redistribuzione della terra erano molto piccoli, i
contadini furono incoraggiati dal governo a raggrupparsi per dare vita a delle cooperative agricole.
LA POLITICA ECONOMICA DI MAO
Nel 1949 i comunisti vincono la guerra civile in Cina: Mao entra a Pekino e fonda la Repubblica
Popolare Cinese.
L'avvento al potere di Mao segna l'avvio di una nuova fase di chiusura della Cina in se stessa
rispetto alle relazioni economiche con l'estero, soprattutto verso l'Occidente. Nel 1953 Mao lancia
un piano quinquennale di sviluppo economico: si trattava di un piano che era ispirato ai piani
quinquennali dell'URSS.
Gli assi di fondo del piano quinquennale erano:
• il perseguimento della massima autarchia possibile del paese ( dunque il primo importante
obiettivo era di fare in modo che la Cina diventasse il più autonoma e indipendente
possibile dall'estero): l'idea era che la Cina, per essere un paese veramente autonomo e
indipendente, doveva essere il più autosufficiente possibile rispetto all'estero.
• Lo sviluppo dell'industria pesante: l'obiettivo era di concentrare le risorse disponibili per
promuovere un rapido sviluppo dell'industria pesante (ovvero di settori come la
metallurgia, la chimica e il settore minerario). L'idea era che la Cina dovesse perseguire un
modello di sviluppo economico sostanzialmente simile a quello dell'URSS.
I risultati di questo piano quinquennale non furono particolarmente soddisfacenti agli occhi di Mao.
Era infatti successo che l'industria pesante era cresciuta ma la sua crescita e, più in generale,
l'espansione della base industriale della Cina erano state limitate dall'arretratezza e dalla bassa
produttività della agricoltura.
L'agricoltura cinese era talmente povera che da essa, per quanto ci si fosse sforzati, era possibile
drenare una quantità molto limitata di risorse per sostenere lo sviluppo industriale.
Allora, per superare questi vincoli, nel 1958 Mao lanciò la politica del cosiddetto " grande balzo in
avanti": si trattava di una iniziativa il cui scopo era di mobilitare le masse popolari e, più in

81
generale, tutte le risorse disponibili nel paese per la realizzazione di un duplice ed ambizioso
obiettivo.
Da un lato la Cina mirava a triplicare in quindici anni la propria produzione industriale: in questo
modo la Cina avrebbe raggiunto il livello industriale del Regno Unito, che a quell'epoca era il
secondo paese più industrializzato del mondo dopo gli USA.
Il secondo obiettivo era di superare l'URSS nella realizzazione del progetto comunista: ossia
l'obiettivo era di costruire in Cina una società realmente comunista, una società che fosse ancora più
comunista di quella dell'URSS.
LA COMUNE
La misura più importante che fu adottata per realizzare gli obiettivi del grande balzo era di
raggruppare tutti i contadini cinesi in grandi comuni popolari, le quali dovevano diventare le cellule
fondamentali della società comunista cinese.
Quindi in brevissimo tempo tutti i contadini cinesi furono raggruppati in circa 26.000
comuni popolari, ciascuna comune riuniva in media 5.000 famiglie. Le comuni erano una
forma molto spinta di collettivizzazione.
Che cosa erano esattamente le comuni?
Le comuni erano da un lato delle grandi fattorie cooperative (dove i contadini coltivavano la terra in
forma cooperativa), dall'altro lato avevano anche il compito di organizzare e gestire i servizi sociali:
dunque la comune si occupava di gestire la pubblica amministrazione, la sanità, la scuola, la polizia
e, più in generale, tutti i servizi pubblici e sociali.
In particolare la comune era organizzata in modo da incoraggiare al suo interno il più possibile la
vita in comune tra i propri membri; era dunque organizzata in modo tale da spingere all'estremo le
occasioni e i momenti di vita in comune tra i contadini che vi aderivano.
Così, per esempio, le famiglie non potevano detenere nelle loro case le stoviglie: ciascuna famiglia,
dal momento in cui aderiva alla comune, doveva consegnarle tutte le sue stoviglie; le famiglie non
mangiavano a casa ma presso grandi mense comuni.
Allo stesso modo i bambini non venivano educati presso le loro famiglie, ma erano accuditi da
appositi asili ( quindi per i bambini andare all'asilo era obbligatorio).
Gli anziani erano indirizzati a soggiornare presso appositi centri di cura e di accoglienza.
Quindi, oltre che ad organizzare in forma cooperativa l'esercizio dell'agricoltura e a gestire i servizi
pubblici, la comune aveva anche il compito di gestire attività industriali. In particolare ogni
villaggio della comune era obbligato ad allestire dei piccoli altoforni, chiamati altoforni tascabili.
L'industria rurale, che veniva gestita dalle comuni, doveva svolgere nei piani di Mao un ruolo
essenziale per il conseguimento degli obiettivi di produzione del grande balzo. Ossia l'obiettivo di
triplicare in quindici anni la produzione industriale cinese poteva essere raggiunto solo grazie al
contributo dell'industria rurale gestita dalle comuni.
Questa soluzione di creare una industria rurale diffusa sul territorio e gestita dalle comuni era una
maniera per promuovere l'industrializzazione accelerata di un paese come la Cina dell'epoca che era
povera di capitali, poverissima di tecnologia ma molto ricca di braccia.
In realtà l'esperimento del grande balzo non funzionò, fu un grande fallimento. Innanzitutto
l'esperimento delle comuni risultò fallimentare: le comuni erano troppo grandi per riuscire a
coordinare ed organizzare razionalmente la produzione agricola. Un altro limite è che Mao non
specializzò le varie comuni: l'idea era infatti che ciascuna comune dovesse essere uguale alle
altre. Ogni comune era concepita come una unità autarchica, ossia doveva funzionare al suo
interno come se fosse stata una piccola Cina ( ogni comune doveva mirare ad ottenere il
massimo livello di autosufficienza possibile rispetto alle altre).
Ogni comune doveva dunque produrre al suo interno praticamente di tutto, con la conseguenza che
non fu possibile realizzare i vantaggi che sarebbero potuti derivare dallo specializzare ciascuna
comune nella produzione di quei beni per i quali avrebbe avuto una maggiore vocazione.

82
L'effetto fu che la produzione agricola tra il 1958 e il 1960 ebbe un crollo verticale: la produzione di
cereali diminuì da 250 milioni di tonnellate nel 1958 a 160 milioni del 1960. Il risultato fu una
carestia catastrofica che provocò un numero di morti che non è noto, ma che si stima sia compreso
tra 10 e 30 milioni di persone.
A questa carestia si cercò di porre rimedio con massicce importazioni di cereali dall'estero.
Quali furono le cause di questa carestia?
Da un lato concorsero le avverse condizioni climatiche: ci furono grandissime alluvioni.
Ma dall'altro lato la causa principale fu il fallimento degli obiettivi di crescita industriale, in
particolare l'esperimento degli altoforni tascabili si rivelò ben presto un fallimento totale ‐‐>
accadde che l'acciaio prodotto dagli altoforni era di qualità così scadente da essere il più delle volte
del tutto inutilizzabile e ciò ebbe una conseguenza drammatica perchè i contadini avevano
consegnato i loro attrezzi metallici alla comune, la quale aveva deciso di fonderli negli altoforni in
modo da produrre dell'acciaio da utilizzare per produrre attrezzi agricoli più moderni; in realtà
l'acciaio ottenuto poteva servire solo come scarto, ma non era utilizzabile per produrre alcunchè.
Questo finì per portare ad un drammatico depauperamento della base tecnica dell'agricoltura cinese.
I contadini si privarono dei loro attrezzi metallici e perciò non erano più in grado di assicurare alla
terra le lavorazioni necessarie per mantenere i livelli produttivi precedenti.
Alla fine del 1960 il progetto del grande balzo fu definitivamente abbandonato. Il fallimento
del grande balzo indusse il Governo cinese a ripristinare l'economia di tipo sovietico che
vigeva nel paese prima del lancio di questo obiettivo. Si andò avanti così sino alla morte di
Mao, che avvenne nel 1976.
LE RIFORME ECONOMICHE DI TENG HSIAO‐PING ( DENG XIAOPING)
Dopo la morte di Mao salì al potere in Cina un nuovo leader del PCC, Teng Hsiao‐ping, che guidò
il paese sino alla fine del ventesimo secolo e attuò una politica di riforme economiche, le quali
segnarono un forte cambiamento rispetto alla politica di Mao e segnarono l'inizio di una nuova fase
di apertura della Cina alle relazioni economiche con l'estero ( fase che perdura anche oggi).
Teng attuò una serie di riforme economiche tra loro collegate:
1. decollettivizzazione dell'agricoltura: le comuni popolari furono definitivamente soppresse, e
le terre furono frazionate e date in conduzione a famiglie coltivatrici. Al posto delle fattorie
collettive che esistevano prima furono create tante piccole aziende agricole a conduzione
familiare: la terra rimase formalmente di proprietà dello Stato, ma ciascuna famiglia
contadina coltivava il podere di terreno che le era stato assegnato in base ad un contratto di
affitto a lungo termine.
Teng stabilì che i contadini dovevano vendere una parte della loro produzione allo Stato,
mentre potevano disporre liberamente di tutta la parte eccedente: ossia una volta detratta la
parte della produzione da vendere allo Stato, i contadini erano liberi di fare ciò che volevano
della parte rimanente ( potevano consumarla direttamente loro, conservarla presso i loro
granai, oppure potevano venderla liberamente sul mercato a prezzi di mercato).
Questa riforma dell'agricoltura si rivelò un immediato successo, infatti nei quindici anni
successivi alla sua introduzione, la produzione agricola in Cina aumentò del 50% ‐‐> nel
1978 ( cioè il primo anno in cui questa riforma fu attuata) solo l'8% della produzione
agricola cinese era stata venduta sul mercato; nel 1990 questa quota era salita all'80%.
L'effetto di questa riforma dell'agricoltura fu da un lato un aumento della
produzione agricola e dall'altro lato un aumento della quota della produzione agricola
venduta sul mercato.
2. apertura agli investimenti stranieri: Teng era consapevole che la Cina era un paese arretrato
e dunque doveva modernizzarsi; per modernizzarsi doveva importare tecnologia dall'estero.
Per modernizzarsi, la Cina doveva incentivare le imprese straniere ad investire in Cina.

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Pertanto nel 1979 la Cina approvò una legge sulle imprese miste a capitale cinese e
straniero, le cui norme sono molto favorevoli agli investitori stranieri: questa legge trovò
applicazione in particolare nelle zone economiche speciali ‐‐> parallelamente
all'approvazione delle legge, Teng decise la creazione di quattro zone economiche speciali,
localizzate lungo la costa della Cina Meridionale ( queste sono: Shenzhen, Zhulhai,
Shantou, Xiamen). Queste zone furono realizzate una vicina ad Hong Kong ( che allora era
un possedimento inglese), una vicina a Macao ( che era un possedimento portoghese) e le
due rimanenti vicine a Taiwan.
Qual era la ragione di questa scelta? Perchè le zone economiche speciali furono
realizzate in questi posti?
Teng realizzò queste zone in luoghi molto vicini a territori ad economia capitalista, abitati
da Cinesi etnici che nei vent'anni precedenti avevano conosciuto un rapido sviluppo
economico.
L'idea di Teng era che proprio queste imprese possedute da Cinesi etnici sarebbero state le
prime ad avere un incentivo nell'investire in qualcuna delle quattro zone economiche
speciali, perchè vi erano delle affinità culturali tra i Cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan
ed i Cinesi dei luoghi nei quali furono create le zone economiche speciali. Queste affinità
erano innanzitutto la lingua ( in tutti questi posti si parlava il Cinese Mandarino), inoltre
tutti i Cinesi avevano dei loro parenti in quei luoghi della Cina comunista nella quale Teng
creò le zone economiche speciali.
L'idea era che gli investitori stranieri creassero delle imprese miste con un socio Cinese che
si insediassero in qualcuna delle zone speciali.
Per incentivare le imprese straniere ad investire nelle zone economiche speciali furono
concesse agli investitori stranieri delle condizioni molto vantaggiose: ad esempio fu loro
offerta una disponibilità di aree sulle quali costruire le fabbriche e i capannoni a prezzi
molto bassi; le procedure burocratiche per la costruzione delle fabbriche furono rese molto
rapide; l'imposta sugli utili delle società fu dimezzata rispetto al resto della Cina ‐‐> dunque
vi furono degli incentivi fiscali molto forti per gli investitori stranieri che avessero investito
nelle zone speciali.
Le zone economiche speciali beneficiavano inoltre dello status di portofranco, ossia le merci
potevano essere importate e riesportate da queste zone senza dover pagare dazi doganali.
L'idea di Teng era che gli investitori stranieri sarebbero accorsi ad investire nelle zone
economiche speciali per fare di queste una sorta di piattaforma produttiva, dalla quale poi
produrre beni da esportare nel resto del mondo.
Dunque l'idea era che gli investitori stranieri che avessero investito nelle zone speciali
sarebbero stati interessati non tanto a vendere i loro prodotti sul mercato cinese, ma ad
utilizzare le condizioni particolarmente favorevoli offerte dalle zone speciali per esportare la
produzione fabbricata in Cina al di fuori.
L'ultimo grande vantaggio che avevano gli investitori stranieri era la possibilità di
accedere alla vastissima riserva di manodopera a buon mercato che vi era in Cina. I
risultati di queste quattro zone economiche speciali furono molto soddisfacenti: esse
furono create nel 1979. Il bilancio della loro attività fu così soddisfacente che cinque anni
dopo, ossia nel 1984, furono create altre quattordici zone analoghe, chiamate zone di
sviluppo economico.
Queste nuove zone furono create anche esse lungo altrettante città del litorale. Tra queste
figurò anche la città di Shangai che da quel momento divenne il più dinamico centro
industriale della Cina.
3. Formazione di un'impresa privata cinese.

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Durante il governo di Mao l'impresa privata in Cina non era permessa, poi con l'ascesa al
potere di Teng e con l'avvio delle riforme economiche da lui disegnate incominciarono a
formarsi le prime imprese private, le quali nascono alla fine degli anni '70.
Dapprima si trattava di imprese piccolissime che operavano al di fuori di ogni quadro legale;
poi la Costituzione cinese del 1982 riconosce le imprese individuali con meno di otto
addetti.
Nel 1988 viene varato un codice del diritto societario, che definisce gli statuti legali delle
imprese private e quindi viene riconosciuta la possibilità di dare vita ad imprese private
sotto la forma non solo di imprese individuali ma anche di società di persone e di capitali.
Si nota che, ad esempio, nel 1980 tutta l'occupazione urbana in Cina era concentrata in
imprese pubbliche. Gli addetti alle imprese private sono solo un milione su 105 milioni di
addetti, quindi meno dell 1% dell'occupazione urbana è costituito da persone che lavorano
presso le imprese private.
Si vede che nel corso del tempo piano piano diminuisce il numero e la quota degli addetti
alle imprese pubbliche, mentre progressivamente crescono il numero e la quota degli addetti
alle varie categorie di imprese private ‐‐>carattere peculiare dell'integrazione della Cina
nella globalizzazione.
Ossia il processo di formazione dell'impresa privata ha seguito un percorso diverso da
quello raccomandato dalle istituzioni economiche internazionali.
In base al Washington Consensus un paese per integrarsi nell'economia globale dovrebbe
privatizzare repentinamente le proprie imprese pubbliche e alienarne la proprietà ai privati,
invece in Cina non ci sono state massicce privatizzazioni: alcune imprese pubbliche sono
state chiuse, altre ristrutturate ma la preoccupazione di Teng non è stata quella di
smantellare rapidamente il settore delle imprese pubbliche, infatti la Cina conserva un
ampio settore di attività statale. Infatti l'obiettivo della Cina fu quello di promuovere la
nascita di un solido settore dell'impresa privata che si affiancasse all'impresa pubblica, non
che la sostituisse.
4. Progressiva liberalizzazione dei prezzi.
All'epoca di Mao in Cina il mercato di fatto non esisteva, quindi i prezzi dei beni e dei
servizi erano prezzi politici.
Dopo l'avvento al potere di Teng la Cina attua una politica di progressiva ma lenta
liberalizzazione dei prezzi.
Nel 1978 tutti i prezzi sono ancora fissati dallo Stato, e poi pian pian aumenta la quota delle
transazioni effettuate a prezzo di mercato e parallelamente si riduce la quota delle
transazioni effettuate a prezzi politici.
La Cina ha proceduto ad attuare la propria politica di liberalizzazione dei pressi per quanto
raccomandato dal Washington Consensus: esso infatti raccomanda che un paese proceda ad
una repentina liberalizzazione di tutti i prezzi; però questo presenta un forte inconveniente
rappresentato dal fatto che un brusco passaggio da prezzi politici a prezzi di mercato possa
provocare un forte aumento dei prezzi. Dunque la liberalizzazione dei prezzi attuata troppo
velocemente rischia di innescare una spirale inflazionistica , la quale può provocare
l'impoverimento di ampi strati della popolazione.
Teng da un lato naturalmente si rendeva conto che la Cina doveva passare da un sistema di
prezzi politici ad un sistema di prezzi di mercato, ma allo stesso tepo voleva evitare che
questa transizione provocasse un'inflazione troppo alta che avrebbe impoverito strati molto
ampi della popolazione.
Pertanto il passaggio da un sistema all'altro fu attuato in modo graduale e per essere
completato ha richiesto circa 25 anni.

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5. Integrazione della Cina nelle istituzioni economiche internazionali. Nel 1980
la Cina entra nel Fondo Monetario Internazionale.
Nel 2001 la Cina è entrata anche nel WTO e ciò ha avuto conseguenze molto importanti
perchè ha comportato una riduzione delle tariffe doganali e delle limitazioni sulle
importazioni di prodotti Cinesi da parte di tutti gli altri paesi aderenti al WTO.
Allo stesso modo anche la Cina ha ridotto le proprie tariffe doganali sui beni importati dal
resto del mondo: l'effetto è stato un aumento dell'interscambio commerciale tra la Cina e il
resto del mondo; infatti la Cina è un paese che esporta ed importa molto.
Con l'ingresso della Cina nel WTO nel 2001, la Cina ha abolito gran parte delle restrizioni che essa
aveva imposto agli investimenti stranieri sul proprio territorio.
Adesso la legislazione cinese consente la costituzione in Cina di imprese partecipate solamente da
azionisti stranieri, senza il socio Cinese.
Alle imprese straniere viene concesso il diritto di esportare e di vendere direttamente sul mercato
cinese, creando così fabbriche e succursali in Cina dove produrre beni destinati direttamente al
mercato cinese.

STORIA ECONOMICA
1) L’industrializzazione europea: first comers, second comers e late comers
2) L’economia statunitense dalla fine del settecento alla prima guerra mondiale
3) L’economia francese dalla fine del settecento alla prima guerra mondiale
4) L’economia tedesca dall’inizio dell’ottocento alla prima guerra mondiale
5) L’economia russa dall’inizio dell’ottocento alla prima guerra mondiale

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6) L’economia britannica dalla metà dell’ottocento alla prima guerra mondiale
7) L’economia italiana dall’unità nazionale alla prima guerra mondiale
8) L’economia giapponese nell’ottocento
9) I modelli bancari in Europa nell’ottocento: modello anglosassone (banca pura) e modello
continentale o tedesco (banca mista)
10)Le conseguenze economiche della prima guerra mondiale: dirette, indirette e strutturali
11)Le politiche contro la Grande Depressione degli anni trenta: deficit spending,
svalutazioni competitive, il New Deal
12)Il Piano Marshall
13)L’economia statunitense dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine del novecento
14)Il Mercato Comune Europeo e l’Unione Europea
15)L’economia britannica dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine del novecento
16)L’economia tedesca dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine del novecento
17)La ricostruzione post‐bellica e il “miracolo economico” italiano
18)Piccole imprese e distretti industriali in Italia
19)L’economia indiana dalla fine della seconda guerra mondiale alla fine del novecento
20)La crisi economica del 2008‐09 e la crisi europea del 2012‐13

1. L’INDUSTRIALIZZAZIONE EUROPEA: FIRST COMERS, SECOND COMERS E LATE


COMERS
Secondo una convinzione comune, diffusa nell’800 e condivisa da Karl Marx, i Paesi
industrializzati mostravano a quelli rimasti indietro l’immagine del loro futuro.
L’Inghilterra, che era il paese da imitare per vari motivi (il numero degli operati di fabbrica e degli
artigiani superava di gran lunga quello dei contadini; il commercio interno dava lavoro a moltissime
persone), aveva dato uno sviluppo lento, spontaneo e graduale.
Questi fattori consentirono un progressivo assorbimento delle innovazioni, che iniziarono a
trasformare il modo di lavorare e di vivere.
A questo sviluppo avevano contribuito principalmente gli imprenditori innovativi e le banche, con
rari interventi da parte dello Stato.
Possiamo quindi dire che l’Inghilterra è il First Comer, ovvero il paese decollato per primo:
 vantaggi: assenza di concorrenza ai suoi manufatti, prodotti a prezzi sempre più bassi
 svantaggi: essendo il primo paese industrializzato, commise alcuni errori, conobbe insuccessi
e dovette affrontare alcuni problemi.
I paesi che decollarono più tardi (Second e Late Comers) poterono godere dei cosiddetti ‘vantaggi
dell’arretratezza’ → Alexander Gerschenkron storico, ossia potevano utilizzare le innovazioni e i
processi tecnologici utilizzati dall’Inghilterra.
Tuttavia erano presenti anche svantaggi, come ad esempio il fatto di dover lavorare molto di più per
raggiungere il paese leader. Secondo Gerschenkron, se in Gran Bretagna esistevano alcuni
prerequisiti dello sviluppo, i paesi che ne erano privi dovevano ricorrere ai fattori sostitutivi, capaci
di svolgere la stessa funzione. I principali fattori sostitutivi erano le banche e lo Stato.
All’inizio del ‘700 l’Inghilterra non era il paese più sviluppato d’Europa: il PIL del Belgio era
superiore del 50%. L’Olanda, invece, poteva contare su una forte tradizione nel settore tessile e
navale, raffinerie di zucchero di canna e un vasto impero coloniale. Tuttavia non fu in grado di
resistere all’ascesa inglese, la quale portò al decadimento la maggior parte dei settori, sconfiggendo.
Con la decadenza dell'Olanda, l’Inghilterra non ebbe più rivali e il suo modello di sviluppo fu
imitato dagli altri paesi europei.

2. L’ECONOMIA STATUNITENSE DALLA FINE DEL ‘700 ALLA PRIMA GUERRA


MONDIALE

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Lo sviluppo economico degli Stati Uniti fu diverso sia da quello inglese sia da quello francese. Il
decollo degli Stati Uniti è avvenuto fra il 1840 è il 1860, anno in cui essi erano il secondo paese più
industrializzato del mondo. Gli Stati Uniti si presentavano con un è un paese libero e nuovo.
La Guerra d’Indipendenza (1775‐1783) scaturì da un moto di libertà: le tredici colonie inglesi si
ribellarono alla politica mercantilistica della madrepatria, la quale imponeva una serie di vincoli
all’espansione dell’attività economica.
Si fece strada la coscienza di una maggior libertà economica, e successivamente con la dichiarazione
di indipendenza nacquero gli Stati Uniti d’America.
Nacque quindi un paese nuovo che bisognava popolare, colonizzare e industrializzare. Il
popolamento fu molto rapido.

L’industrializzazione fu caratterizzata da un mercato in continua espansione, dall’introduzione di


nuove macchine e dalla produzione di massa.
Tuttavia il mercato interno era limitato e disperso, principalmente per colpa dei trasporti interni: le
strade non garantivano un efficace collegamento fra la costa atlantica e il centro del Paese.
L’innovazione più decisiva fu l’introduzione nel 1811 del battello a vapore, che aprì ai traffici vaste
aree del Sud. Determinante fu anche la costruzione di un’ampia rete ferroviaria, prima nell’Est e poi
nel Midwest.
Per quanto riguarda l’industria, essa fece ricorso alle macchine, perché il costo della
manodopera diventava sempre più elevato.
Le innovazioni più importanti (cioè la standardizzazione dei prodotti e la catena di
montaggio) iniziarono a ridurre il costo dei manufatti, risparmiando sulla manodopera.
Il sistema dei pezzi interscambiabili permise di costruire armi con pezzi intercambiabili, mentre la
catena di montaggio permetteva di ottenere oggetti composti da singoli pezzi, in modo tale che se si
fosse rotto un pezzo, esso poteva essere sostituito.
Questo modo di produrre prese il nome di “sistema americano”.
Le industrie in cui si sviluppò maggiormente la capacità manifatturiera americana furono quelle
tessili, delle calzature, della siderurgia e dei macchinari.
Si determinò la divisione del lavoro con la formazione di tre aree distinte: Est industriale, Ovest
agricolo e Sud produttore di cotone.

Intorno al 1900 gli USA detenevano più di 1/3 della produzione mondiale e la popolazione era
cresciuta notevolmente.
I fattori principali che determinano questo imponente sviluppo economico furono:
• un aumento della popolazione
• il compimento della colonizzazione
• la formazione della grande impresa (corporation)
• la formazione del mercato interno
• creazione di un efficiente sistema di trasporti
La popolazione aumentò sia per incremento naturale, sia per l’immigrazione: fra il 1860 e il 1914 gli
USA accolsero 27 milioni di immigrati, il cui inserimento però non fu facile a causa delle diversità
di cultura, religione e colore della pelle.
La colonizzazione finì prima della fine del secolo.
Lo sviluppo economico fu abbastanza equilibrato: interessò sia l’industria, sia l’agricoltura.
Non ci fu però una depressione come in Europa e le condizioni degli agricoltori migliorarono.
Lo sviluppo industriale fu eccezionale: le industrie più importanti furono quelle che trasformarono i
prodotti dell’agricoltura, delle foreste e dell’allevamento. Continuarono comunque a svilupparsi
anche i settori di filatura e tessitura del cotone.
Più consistenti furono i progressi realizzati dall’industria siderurgica e meccanica.
Le industrie che producevano grandi quantità di beni si organizzarono sotto forma di

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grandi società per azioni → si formarono potentissimi gruppi riunì attorno a poche famiglie.
Gli USA furono anche la patria del Fordismo, che fu un grande fattore di sviluppo (Ford riuscì a
dimezzare il costo di produzione del modello T utilizzando la catena di montaggio).
Un ulteriore fattore di sviluppo fu un vastissimo mercato nazionale, di oltre 90 milioni di
consumatori, grazie ad un efficiente sistema di trasporti che con il tempo si era
modernizzato: accanto alle ferrovie furono costruiti sempre più canali.
Tuttavia il commercio esterno rappresentava una quota limitata dell’intero movimento
commerciale, ma era in continua crescita.
Il sistema bancario americano era considerato un punto debole per la nazione, siccome non era
adeguato al grande sviluppo del paese.
Vi erano due tipi di banche (statali e nazionali) e perciò si parlava di dual system:
1) banche nazionali: erano le banche sottoposte alla nuova legge federale e avevano il compito di
emettere biglietti secondo rigidi criteri
2) banche statali: erano state create secondo leggi più permissive dei singoli Stati e
vennero scoraggiate nell’emettere i propri biglietti.
Queste banche avevano un’unica sede centrale, chiamata “unit banking system”, e non potevano
costruire filiali al di fuori dell’area in cui operavano. Si voleva limitare la nascita di banche di grandi
dimensioni. Il principale difetto di questo sistema era l’assenza di un istituto centrale di emissione
che, in caso di necessità, potesse svolgere la funzione di prestatore di ultima istanza.
Così, nel 1913 venne fondato il sistema della Riserva Federale, guidato da un consiglio con sede a
Washington, ed era composto da dodici banche federali, che emettono banconote e fissavano il tasso
ufficiale di sconto.

3. L’ECONOMIA FRANCESE DALLA FINE DEL ‘700 ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L’industrializzazione francese fu molto meno evidente di quella inglese: si parlò anche di un
modello francese di industrializzazione, caratterizzato da un ritmo di crescita lento, dalla
permanenza dell’agricoltura e da una forte presenza dello Stato.
Le ragione per cui la Francia rimase indietro sono diverse:
 lungo periodo di guerra: nel periodo che va dal 1792 al 1815 la Francia rivoluzionaria si
trovò a combattere contro le potenze europee, e ciò ebbe un’influenza negativa per la crescita
economica
 modesta crescita demografica: la popolazione passò da 20 a 36 milioni fra metà ‘600
e metà ‘800. Tuttavia il tasso di natalità diminuì molto più rapidamente che negli altri paesi,
e ciò frena la crescita demografica
 limitate risorse naturali: la Francia aveva una forte carenza, soprattutto di carbone e minerali
di ferro, e fu costretta ad affidarsi principalmente all’energia idraulica
Lo sviluppo economico francese ebbe anche alcuni fattori favorevoli:
1. la Rivoluzione Francese: la Rivoluzione Francese, se per un verso rallentò lo sviluppo, per
altri versi lo favorì. Essa spazzò via in breve tempo l’ancien régime soprattutto mediante: la
liquidazione della feudalità, la fine del sistema delle corporazioni di mestiere e
l’affermazione della piena proprietà della terra. Furono soppressi i dazi interni e fu
consentito a merci, uomini e capitali di spostarsi liberamente su tutto il territorio nazionale,
dando vita ad un mercato più libero e omogeneo. Probabilmente questi risultati si sarebbero
ottenuti lo stesso anche senza la Rivoluzione e senza i sacrifici che essa impose alla
popolazione, poiché molte riforme erano già state avviate in precedenza. La Rivoluzione
ebbe il compito di chiudere definitivamente con il passato e di farlo in un tempo abbastanza
breve.
2. l’insegnamento e la ricerca: la Rivoluzione Francese e l’Impero ebbero anche il merito di
riformare l’insegnamento e la ricerca, puntando sullo studio della matematica e della fisica.

89
La Francia fu il primo paese a fondare una scuola d’ingegneria e per molto tempo gli
ingegneri francesi furono richiesti per realizzare grandi opere all’estero.
3. l’opera dei sansimoniani: un ruolo importante lo ebbero i sansimoniani, “apostoli
dell’industrialismo”, i quali assegnarono una funzione trainante a scienziati e
industriali, ed esaltano il progresso scientifico, ritenuto capace di assicurare la
felicità all’umanità e a loro si devono la costruzione del canale di Suez, la creazione
di numerose banche e la costruzione delle prime linee ferroviarie.

Lo sviluppo che la Francia riuscì a sviluppare nel periodo della Prima Rivoluzione Industriale
fu tuttavia modesto, anche perché non si era ancora formata la grande proprietà.
Solo poco prima della metà del XIX secolo, l’agricoltura francese cominciò a progredire.

Per quanto riguarda l’industria, essa fu caratterizzata dalla presenza delle piccole imprese,
specialmente in campo siderurgico e tessile: entrambi i settori furono caratterizzati da
tecniche, importate dalla Gran Bretagna e furono sostenuti dallo Stato.
Un’importanza rilevante per l’industrializzazione e per lo sviluppo economico fu dato da:
1.  sistema dei trasporti, basato principalmente sulla rete stradale, fino all'avvento delle
ferrovie. Venne adottato come in Gran Bretagna il sistema delle strade a pedaggio
2.  fondazione della Banca di Francia nel 1800, favorita da Napoleone. Era una società privata,
promossa da un gruppo di banchieri che fu autorizzata ad emettere banconote, e nel 1948
divenne l’unico istituto di emissione.

Fra la metà dell’800 e la Prima Guerra Mondiale, l’economia francese continuò la sua lenta,
ma costante crescita.
L’industria conobbe una lenta evoluzione; i centri industriali erano pochi e nel resto del paese vi
erano microimprese e molte piccole e medie imprese concentrate nelle tradizionali attività
artigianali. Esse avevano il vantaggio di costituire una struttura produttiva flessibile, capace di
fronteggiare le crisi economiche meglio di quanto potesse farlo una struttura fondata su grandi
complessi industriali. Queste imprese svolgono attività molto diversificate,infatti un’eventuale crisi
ne avrebbe colpite solo alcune, senza creare grossi problemi all’economia nazionale.
Durante il Secondo Impero (1852‐70), lo sviluppo economico conobbe un’accelerazione →
Napoleone III rivolse la sua attenzione all’economia: venne costruita una rete ferroviaria di 22.000
km e fu avviato un vasto programma di lavori pubblici.
Per sostenere lo sviluppo industriale nacquero alcune banche, sotto forma di società anonime,
costituite da grandi banchieri che finanziarono le imprese statali.
Sotto il Secondo Impero, la Francia abolì il protezionismo e passò al libero scambio.
La sconfitta della guerra Franco‐Prussiana portò alla fine del Secondo Impero francese
(1870‐71) e fu instaurata la Terza Repubblica e il paese dovette cedere l’Alsazia e la Lorena
alla Germania e versarle una grossa indennità di guerra. La Francia si riprese rapidamente
dalla disfatta e conobbe un nuovo periodo di espansione (fino al 1881).
In seguito anche la Francia risente della crisi agraria europea, aggravata dalle malattie delle
piante, che causarono danni ad alcune industrie. Le forze contrarie alla politica di libero scambio
ripresero vigore e la Francia ritornò al protezionismo con l’applicazione di tariffe che provocarono
contrasti e rotture commerciali soprattutto con Svizzera e Italia, così il commercio francese rimase
stazionario per molto tempo. Una forte ripresa si ebbe verso la fine dell’800 con la Belle époque, un
periodo di prosperità materiale e fioritura culturale.
Il turismo si sviluppò molto e la Francia divenne il paese più visitato.

4. L’ECONOMIA TEDESCA DALL’INIZIO DELL’800 ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE


La Germania era un paese molto frazionato, diviso in 360 Stati ma nel 1815 il Congresso di

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Vienna diede vita alla Confederazione germanica riducendo il numero degli stati a 39, due
dei quali più grandi degli altri: la Prussia e l'Austria.
L’economia tedesca era ancora poco sviluppata. L’agricoltura era l’attività prevalente, ma
le condizioni dei contadini erano molto diverse fra la parte Occidentale e quella Orientale
del paese:
‐ nella Germania Occidentale vi erano più liberi
‐ nella Germania Orientale invece i contadini erano alle dipendenze dei Junker, i grandi signori
feudali.
L’industria, agli inizi dell’800, era ancora più arretrata dell’agricoltura ed era quasi assente. Il
sistema di fabbrica si affermò in Germania con molto ritardo e si dovettero utilizzare macchine
importate dall’Inghilterra che si diffusero con molta lentezza.

Nella prima metà dell’Ottocento ci furono importanti riforme: una di queste fu l’emancipazione dei
servi (ottenuta attraverso due editti → 1807 e 1811), che fece terminare la servitù e diede origine
alla ripartizione delle terre tra signori e contadini. Nacque dunque il mercato delle terre liberamente
commerciabili.
L’altra grande novità fu la creazione di una sorta di “mercato comune” fra gli Stati tedeschi,
che diede un forte impulso al successivo decollo economico. Il commercio era intralciato da molte
barriere, non solo fra i 39 Stati, ma anche all’interno di ciascuno di essi.
Il primo importante passo verso la creazione di una vasta zona di libero scambio fu compiuto nel
1818 dalla Prussia, che soppresse le barriere doganali interne e creò una unica linea doganale al
confine dello Stato, basata su dazi specifici non molto elevati.
Per eliminare queste incongruenze e dare vita a un mercato più ampio, furono necessarie
lunghe lotte politiche ed economiche che portarono, nel 1828, alla costituzione di tre leghe: al Nord
quella Prussiana, al Sud una Lega fra la Baviera e il Wurttemberg e al Centro una Lega favorita
dall’Austria.
A poco a poco, la lega centrale si disgregò e molti Stati aderirono a quella Prussiana per
dare vita all’Unione Doganale (Zollverein), costituita nel 1833.
Il miglioramento dei mezzi di trasporto amplifica gli effetti dello Zollverein ed ebbe una funzione
propulsiva dell'economia tedesca che si giovò dei progressi tecnici realizzati dai
paesi più sviluppati; furono migliorate le strade e si costruirono le prime ferrovie.
La nascita dello Zollverein inoltre agevolare gli scambi fra le diverse parti della Germania e le
difficoltà dei pagamenti, derivante dall’esistenza di numerose monete, fu parzialmente risolta con
accordi fra i singoli stati: quelli del Sud adottarono una moneta comune, il fiorino, e il Nord adottò
come moneta unica il tallero. Furono anche create le prime banche di emissione più importante delle
quali fu la Banca di Prussia dove i biglietti di banca però erano quasi sconosciuti.

Nel 1871 si realizzò l’unificazione tedesca: si era formato l’Impero (Reich), composto da 25 Stati
con una notevole forza economica, a capo della quale fu posto il re di Prussia Guglielmo I, con il
titolo di Imperatore (Kaiser). La Germania era ancora un paese prevalentemente agricolo,ma in
pochi decenni divenne una grande potenza industriale, tanto che si parlò di “miracolo tedesco”. Si
formò il più vasto mercato dell’Europa occidentale, avvantaggiandosi della sua posizione nel cuore
dell’Europa e aiutato da un’efficiente rete ferroviaria; tra la fine del XIX secolo e la Prima guerra
mondiale, lo sviluppo si fece così travolgente che la Germania diventò la principale potenza
economica continentale.
Nel settore industriale si formarono imponenti complessi e vennero costituite migliaia di
Società per Azioni.
La siderurgia giovò di un forte incremento della produzione di carbone (bacino della Ruhr,

91
il più grande bacino carbonifero e industriale tedesco) e aumento anche la produzione dei materiali
ferrosi grazie all’annessione della Lorena. Accanto alle industrie estrattive, metallurgiche e
meccaniche, si svilupparono le nuove industrie chimiche ed elettriche,
utilizzando la tecnologia più moderna e sfruttando il vantaggio di essere una “last commer”.
Lo sviluppo fu agevolato da numerosi fattori, fra i quali vi furono: l’unificazione e l’annessione
dell’Alsazia e della Lorena, le banche, i trasporti, le grandi imprese e il ruolo dello Stato.
 IL SISTEMA BANCARIO.
Il sistema bancario ebbe un compito di primo piano nel sostenere la crescita economica, svolgendo
in pieno quella funzione di fattore sostitutivo dei prerequisiti dello sviluppo. Al vertice del sistema
bancario fu posta la Reichsbank (Banca dell’Impero), con il compito di regolare l’emissione
cartacea della nuova moneta, il marco, che fu definito in oro e consentì alla Germania di adottare il
gold standard. Le banche tedesche erano banche miste, e favorirono la creazione di società
industriali, con le quali stabilirono rapporti molto stretti, acquistando parte dei pacchetti azionari e
facendo entrare loro rappresentanti nei consigli di
amministrazione delle nuove società.
 IL RUOLO DEI TRASPORTI.
Il ruolo dei trasporti nello sviluppo economico fu importantissimo perché contribuì alla formazione
di un grande mercato nazionale e permise la partecipazione della Germania al commercio
internazionale. Le ferrovie e la navigazione interna furono potenziate, e si creò una potente flotta
mercantile.
 I CARTELLI.
Un altro fattore di sviluppo furono i cartelli, con lo scopo di regolare la concorrenza e di evitare la
sovrapproduzione.
 IL DUMPING.
Molte imprese e gli stessi cartelli praticano il dumping (politica di vendita con la quale si intende far
conoscere il proprio prodotto all’estero grazie a prezzi bassi per poi alzarmi quando i prodotti si
sono affermati).
 IL RUOLO DELLO STATO.
Un importante fattore di sviluppo fu il ruolo dello Stato, che sostenne lo sviluppo economico,
svolgendo anch’esso la funzione di fattore sostitutivo dei prerequisiti dello sviluppo. Lo Stato fece
numerosi interventi nell’economia: favorì i cartelli e il dumping, adottò un’efficace politica
protezionistica, gestì la rete ferroviaria, indirizzò gli investimenti esteri verso paesi amici con i quali
vi erano rapporti commerciali e finanziari e si sforzò di sostenere le esportazioni.
Particolare cura fu riservata alla diffusione dell’istruzione tecnica e scientifica e alla costruzione di
numerose scuole tecniche e professionali. Va infine ricordato che, alla fine degli anni ’80, la
Germania dotò dell’assicurazione obbligatoria i lavoratori facendone il primo paese a disporre di
una previdenza sociale.

5. L’ECONOMIA RUSSA DALL’INIZIO DELL’800 ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE


La Russia a metà ‘800 era ancora un paese con una struttura feudale e con un ritardo nei
confronti delle altre nazioni.
La Russia necessita di profonde trasformazioni che le potessero permettere di allinearsi
con le principali potenze economiche, e in questo lo Stato fu determinante.
Per quanto riguarda la popolazione, essa passò da 40 milioni nel 1800 ad oltre 160 milioni
alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.
Tuttavia il problema principale della Russia era la permanenza della servitù della gleba: i 2/3 della
popolazione erano costituiti da servi, divisi in varie categorie: quelli che appartenevano ai
proprietari terrieri, quelli che dipendevano dallo Stato, quelli che servivano come domestici e quelli
che lavoravano nelle fabbriche.

92
In seguito ad alcune ribellioni, nel 1861 lo zar decretò l’emancipazione dei servi delle prime due
categorie.
I servi ottennero quindi la libertà personale ma non la proprietà della terra, come desideravano;
potevano tuttavia riscattarla e diventare proprietari terrieri, pagando una
tassa al signore (i soldi venivano anticipati dallo Stato).
Le terre furono assegnate alla comunità di villaggio (MIR), l'organo a cui spettavano la
riscossione delle tasse, la ripartizione dei salari e infine il reclutamento delle forze armate.
La rivoluzione russa del 1905 portò il primo ministro a varare una riforma agraria, con lo scopo di
formare una classe di piccoli proprietari terrieri.
Questa riforma prevedeva la possibilità per i contadini di uscire dalla comunità e di ottenere un
appezzamento di terra e una casa di proprietà. Purtroppo non ebbe molto successo perché molti
contadini vollero restare dentro alla comunità piuttosto che mettersi in proprio.
L’industrializzazione russa avvenne tra il 1890 e 1900 con tasso di crescita della produzione
industriale dell’8% all’anno. Nonostante ciò l’economia del paese non si avvicinò a quella
dei paesi più progrediti sia perché le industrie non si svilupparono particolarmente, sia per
la mancata crescita in campo agricolo.
I fattori dello sviluppo furono vari → il ruolo dello stato fu fondamentale per lo sviluppo: fu
proprio esso a favorire la costruzione delle ferrovie.
Lo Stato e le banche contribuirono ad attirare gli investimenti esteri, importanti per un paese con
scarsi capitali.
Gli investimenti arrivarono dalla Francia, dalla Gran Bretagna, dalla Germania, dal Belgio e
dagli Stati Uniti.
Sorse nel 1860 la Banca di Stato, diventata istituto di emissione del 1897, ma gli investitori stranieri
affidavano i fondi da investire alle altre banche russe invece che alle società private così si sentivano
più garantiti perché confidavano nel fatto che lo Stato sarebbe venuto in aiuto delle banche se si
fossero trovate in difficoltà.

6. L’ECONOMIA BRITANNICA DALLA META’ DELL’800 ALLA PRIMA GUERRA


MONDIALE
Fra il 1870 e il 1913 la Gran Bretagna ebbe un rallentamento della sua crescita, a causa
delle precedenti difficoltà incontrate.
Nel 1870 gli USA e la Germania si erano avvicinati alla Gran Bretagna, mentre tutti gli altri
paesi avevano visto aumentare il loro svantaggio perché in quel periodo la Gran Bretagna
si era sviluppato. Dopo il 1870 però la Gran Bretagna iniziò a rallentare il suo sviluppo, mentre
crescevano gli altri paesi.
Quindi alla vigilia della Prima Guerra Mondiale gli USA avevano superato il paese leader,
divenendo la prima potenza mondiale.
Nella seconda metà dell’Ottocento, la Gran Bretagna visse uno dei periodi più prosperi
della sua storia; l’età vittoriana però, si chiuse con un rallentamento della crescita ma
nonostante ciò rimase la principale potenza economica europea. Vi fu una sorta di offuscamento del
suo primato dovuto al fatto che i paesi inseguitori riuscirono a sviluppare
un maggiore dinamismo e ormai la raggiungevano, o la superavano (soprattutto gli Stati
Uniti e la Germania che erano riuscite addirittura a sorpassarla in alcuni rami
dell’economia). L’economia d’oltremanica mostrava evidenti segni di debolezza, ma
tuttavia le sue basi restavano solide.
Un elemento di forza era costituito dalla crescita della popolazione, che continuò ad aumentare
nonostante l’emigrazione.
L’industria conservava un posto di primissimo piano, essendo la Gran Bretagna ancora la prima
nazione manifatturiera del mondo. Anche se però alla vigilia della Prima Guerra Mondiale la sua
quota si era molto ridotta.

93
L’impiego del vapore si diffuse rapidamente, così, la produzione del carbone registrò un
fortissimo incremento e la Gran Bretagna fu in grado di controllare quasi la metà delle esportazioni
mondiali di questo combustibile. Le industrie traenti della prima rivoluzione industriale (tessile e
siderurgica) persero terreno rispetto ai concorrenti; l’industria
siderurgica venne superata prima da quella americana poi da quella tedesca, mentre
l’industria tessile continuò ad essere la prima del paese e riuscì ad alimentare un
consistente flusso di esportazioni.
La Gran Bretagna conservava il primato nel commercio estero. Il Paese doveva importare la
maggior parte dei generi alimentari e molte materie prime, che pagava con l’esportazione
dei propri manufatti.
Il disavanzo della bilancia commerciale veniva colmato con i proventi derivanti dai servizi
resi agli stranieri dalle banche, dalle compagnie di assicurazione e dalla marina mercantile,
oltre che con i rendimenti degli investimenti esteri; per conseguenza la bilancia commerciale dei
pagamenti britannica presentava un avanzo.
Al contrario, l’agricoltura entrò in crisi, perché i prezzi dei prodotti agricoli ebbero un crollo
dovuto all’arrivò di prodotti a buon mercato da paesi lontani.
Molti agricoltori decisero quindi di abbandonare le fattorie per cercare lavoro in altri settori → le
campagne si spopolarono, anche perché la manodopera stava per essere sostituita dalla
meccanizzazione.Ci sono alcune cause del declino dell’economia britannica:
1.  Lo svantaggio del first comers.
L’Inghilterra fu il primo paese industrializzato, quindi verso la fine del XIX secolo aveva un
apparato industriale ormai vecchio. Infatti molti manufatti inglesi non erano tecnologicamente
evoluti e furono sorpassati da quelli dei paesi neo‐industrializzati.
Tuttavia essi trovarono un facile sbocco nelle colonie, dove si vendevano bene perché
soddisfacevano i modesti bisogni degli abitanti. Però alcuni studiosi pensano che la possibilità di
esportare prodotti nelle colonie abbia contribuito a ritardare l’ammodernamento tecnologico del
Paese, in quanto non aveva l’esigenza di trovare altri sbocchi dell’industria in cui operare.
2. La dipendenza dall’estero.
Lo stato di dipendenza dall’estero non era affatto nuovo, ma ora si fece più forte. L’incremento della
produzione industriale, la crescita della popolazione e il miglioramento del tenore di vita
costringevano l’Inghilterra ad importare fino al 75% dei generi alimentari di cui avevano bisogno.
3. Il sistema d’istruzione.
Esso si rivelò inadeguato di fronte alle nuove esigenze dello sviluppo industriale. Le università
inglesi prestavano scarsa attenzione alla preparazione scientifica degli studenti e perfino gli stessi
imprenditori erano molto più interessati alla finanza e al commercio internazionale più che agli
aspetti puramente tecnici della produzione.
4. Il ruolo dello Stato.
Lo Stato ebbe una funzione meno propulsiva per lo sviluppo, rispetto a quella svolta negli altri
paesi. Esso infatti si basava sul principio liberale secondo cui lo Stato non doveva intervenire
nell’economia del Paese.
Il declino relativo dell’economia britannica, iniziato dopo il 1870, continuò anche successivamente
alla Prima guerra mondiale. La Gran Bretagna non fu più in grado di riconquistare la prima
posizione nell’economia mondiale infatti, dopo la Seconda guerra
mondiale, fu sorpassata anche da altri paesi.

7.L’ECONOMIA ITALIANA DELL’UNITA’ NAZIONALE ALLA PRIMA GUERRA


MONDIALE
Al momento dell’Unificazione, nel 1861, fu subito chiaro che l’Italia aveva un ritardo rispetto alle
nazioni più sviluppate dell’Europa e dei gravi problemi al suo interno.

94
Ci si rese conto inoltre che esisteva un grande divario regionale che col tempo iniziò ad aumentare,
in particolar modo l’arretratezza del Mezzogiorno.
L’agricoltura era l’attività prevalente: al nord si produceva una consistente quantità di seta destinata
all’esportazione, mentre al sud non c’era una grande presenza di aziende agrarie.
Nel settore industriale, invece, le industrie nelle regioni settentrionali erano basate sull’artigianato e
sul lavoro a domicilio, con pochi nuclei industriali moderni.
Le regioni del Nord e del Sud erano inoltre complementari dal punto di vista economico,
poiché erano entrambe dedite a un’agricoltura che dava gli stessi prodotti.
Un ulteriore problema che riguardava l’Italia era l’istruzione, scarsamente diffusa → il 70%
della popolazione era analfabeta.
Una volta realizzata l’unificazione politica, fu necessario unificare le strutture economiche
del Paese: innanzituƩo si doveƩe dotare il nuovo regno di una moneta propria → la lira
piemontese divenne la moneta ufficiale e prese il nome di LIRA ITALIANA, introdotta
ufficialmente nel 1862.
Tuttavia la moneta cartacea era ancora poco diffusa e il compito di metterla in circolazione
fu affidato alla Banca Nazionale Sarda, alla Banca Nazionale Toscana e alla Banca Toscana
di Credito.
Successivamente anche alla Banca di Napoli, della Sicilia e di Roma. Un altro importante
provvedimento fu l’unificazione del debito pubblico: il nuovo Stato assunse su di sé tutti i debiti
degli Stati precedenti.
Anche l’unificazione doganale fu attuata rapidamente, poiché c’era esigenza di un vasto
mercato nazionale.

La storia dell’Italia unita può essere sostanzialmente divisa in tre periodi:


1.  ventennio successivo all’Unificazione, 1861-1880.
Questi anni furono caratterizzati dalla scelta del libero scambio e dall’intervento dello Stato per
dotare il paese delle infrastrutture necessarie.
L’unificazione nazionale non significò solamente l’abbattimento delle barriere fra gli ex Stati, ma
anche l’apertura del mercato internazionale ai prodotti dei Paesi europei più sviluppati.
Inoltre bisognava decidere se l’Italia dovesse puntare sull’industrializzazione o entrare nel mercato
internazionale come Paese produttore ed esportatore di prodotti agricoli.
Prevalse l’idea che l’Italia non potesse essere una nazione manifatturiera poiché non poteva
competere con le nazioni industrializzate, non disponendo di materie prime e di capitali. Questa
scelta diede i suoi frutti: tra il 1861 e il 1880 il valore delle esportazioni raddoppiò, risultando
maggiore del valore delle importazioni → il disavanzo della bilancia commerciale si ridusse.
L’agricoltura e le coltivazioni furono ampliate, mentre l’industria continuava ad avere un peso
inferiore.
Lo Stato inoltre fece grossi sforzi nel tentativo di modernizzare il Paese e fece grandi investimenti in
opere pubbliche. Per sostenere queste spese fece ricorso a diverse fonti di finanziamento
(indebitamento pubblico, vendita di beni, prestiti).
Le principali entrate derivavano da dazi di consumo, pagati ai comuni per l’emissione nel loro
territorio di determinate merci. Tuttavia le entrate non risultarono sufficienti a coprire le spese e lo
Stato dovette ricorrere all’indebitamento pubblico.
Un’ulteriore fonte di finanziamento fu la vendita dei beni demaniali, costituiti da terreni e fabbricati
appartenenti allo Stato. Fu un’operazione che fruttò centinaia di milioni di lire, ma le vendite si
svolsero in maniera affrettata e poco corretta, andando ad aumentare le grandi proprietà già esistenti.
2. Crisi agraria e scelta a favore dell’industrializzazione, 1880‐1896.
Il modello di sviluppo incentrato sulle esportazioni agricole smise di funzionare bene quando
l’Europa fu colpita da una crisi agraria.
Le conseguenze furono: una riduzione della produzione e una riduzione della superficie coltivata.

95
L’attività industriale conobbe invece un notevole impulso per la maggior disponibilità di capitali: la
riduzione dei prezzi agricoli spinse i proprietari terrieri a rivolgere i capitali disponibili verso
investimenti industriali.
La crisi agraria e la crescita industriale portarono i proprietari terrieri e gli industriali a coalizzarsi,
per chiedere il ritorno del protezionismo.
La tariffa del 1887 (fortemente protezionistica nei confronti dei prodotti agricoli e industriali)
significa per l’Italia una chiara scelta a favore dell’industrializzazione.
Tuttavia gli inizi non furono facili, perché l’adozione della nuova tariffa protezionistica portò alla
rottura commerciale con la Francia. Ad aggravare la situazione fu una crisi economica (1888‐1894).
Buona parte dei capitali affluiti dall’estero vennero usati per speculazioni edilizie.
Nacquero anche diverse società, desiderose di partecipare all’affare edilizio, sostenute dalle banche.
Ma quando il boom edilizio terminò, molte società si trovarono in difficoltà e trascinarono con loro
le Banche.
Lo Stato fu costretto ad intervenire, e ridusse a tre gli istituti di emissione: Banca d’Italia, Banca di
Napoli e Banca di Sicilia.
3. Sviluppo economico, 1896‐1914.
Dopo il 1896, l’economia italiana riprese a crescere rapidamente. Furono gli anni di maggior
sviluppo: fu completata la rete ferroviaria, il sistema bancario venne risanato e la moneta era stabile.
Ci furono buoni progressi in campo agricolo, ma questo periodo fu caratterizzato
principalmente dallo sviluppo industriale, che si concentrò principalmente in Liguria,
Piemonte e Lombardia (triangolo industriale). Ci furono ottimi progressi in campo tessile:
l’industria cotoniera divenne la maggior industria della seta, che continuò le esportazioni.
I comparti più rilevanti però furono:
‐ industria siderurgica
‐ industria meccanica
‐ industria chimica
‐ industria elettrica.
Lo sviluppo economico dell'Italia fu la conseguenza di numerosi fattori, fra cui: il ruolo dello Stato e
delle banche, il protezionismo e gli investimenti esteri.
Ciò nonostante, le condizioni generali della popolazione continuavano ad essere difficili →
basti pensare all’immigrazione di circa 9 milioni di persone nei primi 14 anni del 1900,
principalmente in USA e Sud America.
Un altro punto oscuro dell’economica era costituito dalla questione Meridionale, ovvero il divario
sempre più grande tra Nord e Sud.

8. L’ECONOMIA GIAPPONESE NELL’800


A metà ‘800 il Giappone era un paese feudale e chiuso ai rapporti con l’estero.
L’intervento dello Stato fu indispensabile per abbattere il regime feudale e aprire il paese
al mondo esterno. Era infatti vietato commerciare con i paesi occidentali (esclusa l’Olanda).
Tuttavia il Giappone non era un paese arretrato: la produzione agricola era abbondante e
l’istruzione era diffusa.
La struttura sociale del Giappone era: al vertice c'era l’imperatore, il quale da circa sette secoli non
aveva nessuno potere tranne quello militare, sotto di loro che, il popolo (contadini, pescatori,
artigiani e mercanti). era proibito cambiare mestiere. L’istruzione era molto diffusa, con tassi di
scolarizzazione superiori a quelli dei paesi europei. 
Il problema del nuovo governo era quello di trovare le risorse finanziarie per avviare il
processo di rinnovamento del Paese.
L’unica possibilità era quella di ricorrere alla tassazione della terra, ma prima bisognava
abbattere il regime feudale.
→ Dal 1869 al 1873 furono varate importanti riforme, tra cui:

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• l’eliminazione delle distinzioni sociali (ognuno può svolgere il lavoro che desidera)
• ritorno alle terre feudali (e la loro ridistribuzione,affidata principalmente ai grandi proprietari)
• indennizzi (sorta di pensione per i samurai).
Venne anche introdotta un’imposta del 3% sul valore del terreno → questa imposta si
rivelò efficace per costringere i contadini ad accrescere la produttività delle terre per
poterla pagare e garantire entrate regolari allo Stato.Un altro effetto positivo delle riforme fu il fatto
che molti Samurai liquidati con titoli di stato poterono facilmente venderli sul mercato e dedicarsi
agli affari.

L’agricoltura fu chiamata a sostenere il peso della crescita industriale, conobbe però un


notevole miglioramento e di conseguenza la produttività crebbe. La coltivazione più diffusa
era quella del riso. Tuttavia il principale obiettivo del governo era l’industrializzazione, che voleva
acquisire forza economica e potenza militare. 
Nei primi anni fu proprio il governo a prendere l’iniziativa economica ed a finanziare la costituzione
di imprese.
Le ragioni dell’intervento statale risiedono principalmente nel fatto che in Giappone
mancava una classe di imprenditori, così che lo Stato ebbe una funzione sostitutiva.
Dagli anni ‘80 il Governo iniziò a cedere parte delle imprese che aveva costituito ai nuovi
imprenditori, vendendo a prezzi relativamente bassi per attirare compratori.
Si venne quindi a formare un’oligarchia di uomini d’affari, che diede vita a grandi
concentrazioni industriali: gli Zaibatsu.
Il Giappone si dotò di un sistema bancario di tipo occidentale: vennero fondate banche
commerciali di tipo misto, principalmente da mercanti, proprietari terrieri e finanzieri.
Nel 1882 venne costituita la Banca del Giappone, alla quale fu affidato il monopolio
dell’emissione dello Yen.
In definitiva, i fattori che contribuirono allo sviluppo del paese furono:
‐ la disponibilità di manodopera
‐ la disponibilità di capitali
‐ la disponibilità di una moderna tecnologia
‐ livello di istruzione abbastanza elevato
‐ la presenza dello Stato

9. I MODELLI BANCARI IN EUROPA NELL’800: MODELLO ANGLOSASSONE (BANCA


PURA) E MODELLO CONTINENTALE O TEDESCO (BANCA MISTA)
Durante la seconda rivoluzione industriale, l’industrializzazione divento più costosa. Ormai
l’impianto richiede grandi capitali che venivano forniti dalle banche e venivano impiegate nel
finanziamento industriale e delle borse.
In Europa si possono distinguere due modelli bancari:
 modello anglosassone (Banca pura): caratterizzato dalla specializzazione bancaria e dalla
prevalenza della banca pura. Questo tipo di banca si affermò in Inghilterra: il lento sviluppo
economico della prima rivoluzione industriale non richiede grossi investimenti. 
Questo tipo di banca raccoglie depositi a vista, e concede impieghi a breve termine alle
imprese. La Francia adottò un sistema simile a questo distinguendo chiaramente tra banche
di deposito (si occupava di operazioni a breve termine) e banche d’affari (rivolte agli
investimenti industriali).
 modello continentale o tedesco (Banca mista): insisteva nella prevalenza della
Banca mista, ossia una banca che raccoglie depositi a vista e li impiega a breve,
medio e lungo termine.
Questo era un modo di operare molto più rischioso perché si impiegavano con
scadenza medio‐ lunga fondi raccolti a vista.

97
Si avranno quindi dei debiti verso depositanti, e crediti verso clienti a cui erano stati
concessi dei prestiti.
È tuttavia un modello bancario con un grave pericolo per l’equilibrio finanziario ( →
se si concedono molti prestiti a lunga scadenza, non si poteva far fronte ad
un’eventuale richiesta di rimborso da parte dei depositanti).
Questo modello si mostrò adatto a quei paesi con ritardo all’industrializzazione
(dalla Germania all’Italia, Russia, Giappone).
Le banche stabilivano stretti rapporti con le imprese perché acquistavano le loro azioni.

10. LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE: DIRETTE,


INDIRETTE E STRUTTURALI
Dopo la Grande Guerra, il mondo non era più come prima: il conflitto diede inizio ad una nuova
fase d’intenso travaglio che durò fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Le principali conseguenze della Prima Guerra Mondiale possono essere raggruppate in tre
gruppi:
 conseguenze dirette: furono quelle immediatamente riconducibili al conflitto, come
ad esempio le vittime (si contano circa 9 milioni di morti, più diversi altri milioni di decessi in
seguito alle carestie ed epidemie provocate dal conflitto).
Altre conseguenze furono i danni materiali, che riguardavano i territori su cui si era combattuto
(Francia Settentrionale, Belgio, Veneto, Polonia).
Terza conseguenza diretta fu la sostituzione del lavoro maschile con quello femminile: presenza
delle donne che si fece più numerosa, sia in agricoltura, sia nelle fabbriche e negli uffici. Ripresero
anche i movimenti femministi (suffragette inglesi). 
La guerra determinò anche un pesante intervento dello Stato nell’economia, provocò la fine del
Gold Standard e ridusse il commercio internazionale.
Si diffusero sempre di più i processi produttivi che consentivano di risparmiare manodopera, come
la catena di montaggio o la standardizzazione dei prodotti.  
Inoltre fu stimolata anche la ricerca scientifica per la produzione di nuove armi o per il
perfezionamento delle macchine da guerra.
 conseguenze indirette: furono più durature e incisero per molto tempo sulla società e
sull’economia.
Uno degli effetti indiretti fu la crisi del ‘20‐’21: i paesi che avevano preso parte al conflitto
dovettero provvedere alla ricostruzione delle zone devastate e procedere alla riconversione
dell’economia di guerra in economia di pace.
Le industrie iniziarono a ridurre le loro attività; molte furono costrette a chiudere oppure a
ristrutturarsi (coinvolgendo le Banche che le avevano finanziate in precedenza).
Inoltre durante il conflitto si iniziarono ad accumulare i risparmi e, finita la guerra, esplose la
domanda di beni → aumentano i prezzi e venne stimolata l'attività produttiva.
Ripresero anche gli scambi internazionali. Tuttavia,esaurita la domanda insoddisfatta in tempo di
guerra proprio mentre la capacità produttiva si accresceva, si determinò una crisi di
sovrapproduzione, che provocò una consistente riduzione dei prezzi, l’accumulo delle merci
invendute e la chiusura di numerose fabbriche → disoccupazione.
Una delle conseguenze che incide maggiormente sulla vita delle persone fu l’inflazione, causata
dall’innalzamento dei costi di produzione, dalla diminuzione dell’offerta di beni e dal forte
incremento dei biglietti di Banca e di Stato, messi in circolazione.
Per quando riguarda i costi di produzione, essi furono provocati dalla crescita dei
salari e dall’aumento del prezzo delle materie prime.
D’altra parte diminuì l’offerta dei manufatti poiché le industrie erano impiegate nella produzione di
materiale bellico. Infine influì sui prezzi la grande quantità di biglietti di Banca e di Stato, emessi
per consentire il pagamento delle spese militari.

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Le popolazioni devono quindi abituarsi sempre di più a questi biglietti ed a dimenticare le monete
d’oro. Tutto questo oro era dovuto ad un’emissione sfrenata di moneta cartacea iniziata durante la
guerra, e proseguita nel post guerra per finanziare le industrie. Questa inflazione si trasforma quindi
in iper-inflazione, dalla quale si poteva uscire solamente ritirando la moneta in circolazione e
sostituendola con una nuova (in Germania il Franco viene sostituito con il Rentenmark).
L’inflazione inoltre provocò anche una violenta ridistribuzione della ricchezza a vantaggio delle
categorie sociali più forti.
La conferenza monetaria di Genova del ‘22 propose inoltre l’adozione del Gold Exchange Standard,
con l’unica differenza nel fatto che le riserve potevano essere costituite da banconote straniere
convertibili in oro. I biglietti non si potevano cambiare in monete d’oro ma solo in lingotti dal peso
di circa 12 kg e solo presso la sede centrale → convertibilità limitata.
A poco a poco i principali paesi ripristinano la convertibilità delle loro monete, definendole il
rapporto con oro, e aderirono al gold exchange standard.
Un altro problema fu quello delle riparazioni: i debiti stipulati tra i paesi alleati durante la guerra
videro la Gran Bretagna e gli USA creditori, gli altri paesi debitori.
Keynes propose di annullare questi debiti, ma gli Americani pretesero il contrario.
Gli Europei alla fine accettarono di pagare, anche perché contavano di poterlo fare grazie alle
riparazioni di guerra imposte alla Germania.
A guerra finita gli Alleati fissarono il pagamento di un’indennità a carico della Germania,
considerata responsabile del conflitto e perciò tenuta al pagamento.
Il totale fu di 33 miliardi di dollari. Con il tempo però, la Germania rallentò i pagamenti e in seguito
alla crisi del ‘29, il Presidente degli USA dichiarò la temporanea sospensione dei pagamenti.
Come aveva previsto Keynes, solo una parte delle riparazioni riuscì ad essere saldata.
L’ultima conseguenza indiretta fu l’aggravarsi della questione sociale: le condizioni di vita non
migliorarono e alcune promesse fatte ai soldati durante il conflitto non furono mantenute.
 conseguenze strutturali: furono gravi e durature.
Un primo cambiamento derivò dall’intervento dello Stato nell’economia. Durante il conflitto lo
Stato aveva assicurato l’approvvigionamento e la distribuzione delle materie prime e dei generi
alimentari.
A guerra terminata si pensava che si dovesse porre fine a questo intervento, ma la cosa non fu
semplice, addirittura aumentò, in particolare durante la depressione degli anni ‘30 quando lo Stato
dovette intervenire per salvare le banche e le imprese in difficoltà ed evitare danni maggiori
all’economia.
Un’altra conseguenza strutturale fu la perdita dell’egemonia politica ed economica dell’Europa: i
paesi europei non riuscirono più a riacquistare il ruolo che avevano rivestito precedentemente. Al
contrario, USA e Giappone seppero conquistare una posizione di rilievo sullo scenario economico e
politico mondiale.
Gli USA effettuarono molti investimenti in diverse parti del mondo, e il Giappone conquistò uno
spazio sui mercati orientali, abbandonati sempre di più dai paesi europei.
L’Europa era quindi in difficoltà e di certo non giovò il suo accresciuto frazionamento economico: i
trattati di pace sembravano i vecchi imperi e crearono Stati indipendenti. I mercati quindi si
frammentano, non erano sufficientemente grandi per assorbire i prodotti standardizzati delle
industrie moderne. Si sviluppò quindi un neomercantilismo.
Divenne sempre più difficile per diversi paesi pagare con le proprie esportazioni le materie prime e i
generi alimentari di cui avevano bisogno e che dovevano acquistare all’estero.
Per tentare di limitare gli effetti negativi, si diffuse il mercantilismo dei rapporti bilaterali, ossia
accordi diretti fra due paesi, che fissavano i quantitativi di merci da
scambiare.

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11. LE POLITICHE CONTRO LA GRANDE DEPRESSIONE DEGLI ANNI ‘30: DEFICIT
SPENDING, SVALUTAZIONI COMPETITIVE, IL NEW DEAL
Per uscire dalla depressione, i Paesi che erano stati colpiti adottarono quasi tutti le stesse
politiche, basate su un maggior intervento dello Stato, ma non subito.
Si tardò ad intervenire perché si era legati alle concezioni economiche liberali, secondo le
quali un’influenza dello Stato in economia è ritenuta dannosa e avrebbe aggravato la crisi.
Gli economisti erano convinti che il mercato sarebbe riuscito da solo a riassorbire la crisi e
ristabilire l’equilibrio economico. Lo Stato avrebbe dovuto assicurare una moneta sana e
un bilancio statale nel pareggio.
Tuttavia, per contrastare le diminuzioni dei prezzi si cercano di ostacolare le importazioni
di merci estere → gli USA aumentano i dazi d’importazione, la Gran Bretagna aumentò le
tariffe doganali ma firmò degli accordi che favorirono gli scambi reciproci: si venne a creare
uno spazio commerciale comune, in cui le merci potevano circolare più facilmente.
La Gran Bretagna si legò maggiormente alle sue colonie ed ex colonie. Anche la Francia e il
Giappone aumentano gli scambi commerciali con i loro possedimenti → si riducono gli
scambi commerciali con l’Europa. Le imprese cercarono di ridurre i costi di produzione, ma alla
fine furono costrette a ridurre la produzione. 
I Governi si convinsero, quindi, che una crisi di sovrapproduzione e la forte disoccupazione si
potessero contrastare con politiche restrittive: era necessario sostenere la domanda globale dei
prodotti, sia interna che internazionale. Solo così le merci invendute potevano trovare un acquirente
e la produzione sarebbe stata in grado di ripartire.
La domanda interna fu sostenuta dai governi in vario modo, particolarmente con la politica del
Deficit Spending(spesa in disavanzo): lo Stato doveva abbandonare l’idea dell’economia classica e
veniva stimolato a spendere comunque, anche senza entrate sufficienti.
Furono quindi avviati lavori pubblici che producevano cose utili e non vendibili sul mercato, che
assicurarono un salario ai lavoratori → chi lavorava poteva disporre di denaro da spendere per
sostenere i consumi.Così per chi lavorava poteva sostenere i consumi. I governi di vari paesi
introdussero gli assegni familiari.  

Il sostegno alla domanda globale interna poteva non bastare, perciò era necessario cercare
uno sbocco fuori dal proprio paese, stimolando la domanda estera. Essa però poteva
essere sostenuta in un solo modo: tramite le svalutazioni competitive → uno Stato, per
vendere i propri prodotti in altri paesi, doveva ribassare i prezzi espressi in valuta estera,
ovvero svalutare la propria moneta. La prima nazione a farlo fu la Gran Bretagna: la
sterlina era stata sottoposta a pressioni perché in molti paesi si era deciso di cambiare l’oro
in sterline. La Banca inglese vide quindi diminuire le proprie riserve auree e non era più in grado di
garantire i biglietti in circolazione.
Nel 1931 il governo dichiarò quindi l’inconvertibilità della sterlina. Con questo provvedimento la
Gran Bretagna usciva dal Gold Exchange Standard.
La domanda della sterlina, quindi, diminuì e la moneta inglese perse il 30% del proprio
valore. La svalutazione della moneta, però, assicurò un vantaggio: ora le merci si vendevano
all’estero con una riduzione del 30%. Il dollaro fu svalutato invece del 41% nel ‘34 e la nuova parità
con l’oro fu fissata a 35 dollari l’oncia, e la moneta statunitense fu dichiarata inconvertibile → le
merci americane hanno una riduzione del prezzo → ripresa delle esportazioni.
Di fronte alle decisioni della Gran Bretagna e degli USA, ora, molti paesi (Italia, Francia,
Belgio..) decisero di svalutare il valore della moneta per recuperare competitività delle
merci internazionali. La Germania, che aveva da poco risanato il marco, decise di non svalutare. 
Queste svalutazioni non furono in grado di dare un consistente impulso agli scambi internazionali,
che rimasero depressi per gli anni ‘30. Da ora non esistevano più monete convertibili in oro.

100
Negli USA venne adottato il New Deal dal presidente Roosevelt → era un insieme di misure
in diversi campi che rafforzarono l’intervento dello Stato federale in materia economica e sociale.
Nel settore industriale fu approvata una legge per rilanciare l’attività produttiva e per
evitare la sovrapproduzione, obbligando le imprese ad accettare alcune regole. Si favorì la
concentrazione delle imprese in modo da consentire la riduzione dei costi di produzione
dei manufatti.
Nel settore agricolo il governo ritirò le eccedenze del mercato e concesse sussidi a chi riduceva le
terre coltivate.
In campo bancario una legge pose fine alle banche miste e stabilì una netta distinzione fra
banche commerciali (devono occuparsi del credito a breve termine) e banche d’investimento
(incaricate del credito mobiliare alle imprese).
Fece parte del New Deal anche un vasto piano di lavori pubblici: 122.000 edifici, un milione
di km di strade, 77.000 ponti, quasi 300 aeroporti → lavoro a quasi 4 milioni di disoccupati.

12. IL PIANO MARSHALL


Gli ultimi anni di guerra e i primi del dopoguerra furono difficili: il PIL aumentò fino al 1943‐
1944 per poi crollare drasticamente.
I paesi sconfitti (Italia, Germania e Giappone) persero circa metà del PIL, mentre i paesi vincitori
(Gran Bretagna e USA) il 10%.
La Francia vide dimezzare il pil pro capitale, in seguito all’occupazione tedesca e riprese a crescere
con anticipo rispetto agli altri paesi.
Il dopoguerra fu duro per la popolazione europea, vennero soccorse dagli alleati(unrra, con lo scopo
di fornire aiuti agli paesi devastati dalla guerra. Unrra era sostenuto finanziariamente dagli Stati
Uniti.
Durante la guerra, gli USA avevano fornito i loro alleati di materiale bellico e beni di prima
necessità. Alla fine della guerra erano quindi creditori di circa 40 miliardi (aumentano
poiché continuarono a vendere beni per la ricostruzione).
Consapevoli che l’Europa non sarebbe riuscita a ripagare i suoi debiti entro breve tempo, in
America maturò la convinzione che sarebbe stato nel loro interesse favorire la
ricostruzione.
Nel 1947, George Marshall propose un piano di aiuti ai Paesi europei che ne avessero fatto
richiesta. Il piano fu approvato l’anno successivo e affidato all’Eca (Governo americano).
I paesi europei si associarono nell’Oece sede a Parigi (Organizzazione Europea Cooperazione
Economica).
Tramite questa organizzazione, i governi dei paesi aderenti potevano formulare richieste e
piani di intervento, inoltrati successivamente all’Eca.
Gli USA misero a disposizione fino al 1952 circa 13 miliardi di dollari. Gli aiuti Americani furono
erogati il 90% in natura e solo il 10% in contanti.
Il piano Marshall riuscì quindi ad aiutare l’Europa nella sua ricostruzione e a far diminuire
la disoccupazione in quasi tutti i paesi europei.
I paesi appartenenti all’Oece costituirono nel 1950 l’Uep (Unione Europea Pagamenti),
un’organizzazione molto efficace per consentire lo sviluppo del commercio internazionale. Gli
scambi fra i paesi aderenti all’Uep non venivano pagati in contanti, ma davano luogo a registrazioni
contabili.
Oece si trasformò in Ocse, con la partecipazione di USA, Canada, Giappone e Australia. Con lo
scopo di favorire l’espansione economica degli stati membri e lo sviluppo del commercio estero.

13. L’ECONOMIA STATUNITENSE DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA


MONDIALE ALLA FINE DEL ‘900

101
Gli USA uscirono rafforzati dalla Seconda Guerra Mondiale. Durante il conflitto essi sfruttarono la
loro capacità produttiva e incrementarono sia la produzione industriale che
quella agricola.
La tecnologia americana e i processi produttivi basati sulla catena di montaggio vennero
esporta ovunque → in Europa si assiste ad un’americanizzazione.
Gli USA erano dunque diventati la maggior potenza politica, militare ed economica nel
Mondo.
Il dollaro americano venne posto alla base del Sistema Monetario Internazionale, e veniva
usato per i pagamenti internazionali.
La crescita degli USA riguardò tutti i settori: commercio interno ed estero, banche, turismo,
industria ed agricoltura. Quest’ultima fece registrare un incremento della produttività e della
produzione, ma il reddito delle famiglie rimase comunque basso.
Le Corporations divennero sempre più numerose e, oltre che nei tradizionali rami di attività, si
diffusero nel settore dell’informatica e dell’elettronica. Molte di esse diedero vita ad un gran numero
di conglomerate, ovvero di imprese che operavano contemporaneamente in diversi rami produttivi.
Gli USA realizzarono buoni risultati anche dopo il 1973, senza accusare il forte rallentamento del
ritmo di crescita, registrato in Europa e in Giappone.
Tuttavia conobbero negli anni ‘70 una fase di stagnazione e di un aumento dell’inflazione,
che portarono alla politica economica neo‐liberista: la reaganomics.
Con questa politica aumentarono però le disuguaglianze sociali.
Si cercò inoltre di incentivare la domanda con la diminuzione delle imposte e si sostenne
l’offerta attraverso misure di deregolamentazione, per dare maggior libertà alle imprese:
questo riguardò principalmente il sistema bancario.
Le banche si orientarono verso il tipo di banca universale, e si formeranno gruppi creditizi
di notevole dimensione.
Fu anche abolita la distinzione tra banche commerciali e banche d’investimento. Venne
permesso alle banche di operare su tutto il territorio nazionale e non più soltanto nello
Stato di appartenenza.
A partire dalla fine degli anni ‘80, gli USA divennero debitori verso l’estero (dopo essere
stati creditori per molti anni).
Nonostante queste difficoltà e nonostante la crisi borsistica dell’87, l’economia americana
continuò a crescere.
Nella seconda metà degli anni ‘90, gli USA conobbero un lungo ciclo espansivo che fece
sparire il disavanzo del bilancio statale e ridurre il debito pubblico.

14. IL MERCATO COMUNE EUROPEO E L’UNIONE EUROPEA


Nel secondo dopoguerra venne avviato un processo d’integrazione economica che
successivamente portò alla nascita dell’UE.
I paesi aderenti furono così costretti a cedere una parte della loro sovranità a organismi
sopranazionali.
All’inizio gli sforzi principali furono concentrati sull’ampliamento dei mercati, ritenuti troppo
limitati e non in grado di garantire una conveniente collocazione di massa.
Tuttavia la rivalità fra i paesi aderenti all’Oece (Organizzazione per la cooperazione economica
europea), non consentì di ottenere buoni risultati.
Il primo passo verso l’integrazione europea fu compiuto da tre piccoli stati: Belgio,
Lussemburgo e Paesi Bassi, i quali diedero vita nel 1948 al Benelux, un’unione doganale
che decise la libera circolazione delle merci al suo interno.
Nel 1951 fu fondata la Ceca (comunità economica del carbone e dell’acciaio), alla quale
parteciparono Francia, Italia, Germania Occidentale e i tre paesi del Benelux.
Questa comunità era un’unione doganale per il minerale ferroso, il carbone, il coke e

102
l’acciaio ed esercitava il controllo sulla produzione e sulla vendita di quei beni (in otto anni
la riduzione di carbone aumenta di circa 20 milioni di tonnellate).
Il passo più importante fu però compiuto tra i paesi aderenti alla Ceca con i trattati di Roma del
1957, quando nacquero il Mercato Comune Europeo e la Comunità Europea per
l’Energia Atomica.
Quest’ultima si proponeva di promuovere lo sviluppo delle ricerche e la diffusione delle conoscenze
in materia nucleare, mentre il MCE si prefiggeva la libera circolazione delle
merci, dei lavoratori, dei capitali e dei servizi. Si dovevano abolire i dazi doganali e le
restrizioni agli scambi, bisognava fissare una tariffa doganale comune e garantire la libera
concorrenza.
I risultati furono superiori alle attese ed entro il 1968 i dazi doganali tra gli Stati membri furono
aboliti.
La crescita economica di questi sei paesi fu molto imponente: aumenta il PIL, l’agricoltura
ebbe una forte espansione, il commercio estero aumentò di più di due volte in soli 10 anni.
La Gran Bretagna decise però di non aderire, perché non voleva rinunciare ad una parte
della propria sovranità. Promosse quindi (insieme alla Svizzera, all’Austria e al Portogallo)
l’Associazione Europea di Libero Scambio, che entrò in vigore nel 1960.
Qualche anno dopo, però, chiese di essere ammessa al MCE. Questo ingresso avvenne nel
1973 insieme all’Irlanda e alla Danimarca, seguite negli anni ‘80 da Grecia, Spagna e
Portogallo.
La crisi petrolifera (anni ‘70) e il crollo del sistema dei cambi colpirono principalmente l’Europa
Occidentale → produƫvità e lavoro iniziarono a diminuire.
Rallentò anche la crescita demografica ed aumentò l’immigrazione in Europa.
I principali problemi dell’economia sono due:
1. Disoccupazione: raggiunse livelli altissimi (circa 11%, tra il ‘94 e il ‘98). fu supportata
solo grazie al sistema di sicurezza sociale (pensioni, assistenza, indennità di
disoccupazione). Tutto questo fece però crescere l’indebitamento pubblico.
2. Inflazione: indusse i Governi a tralasciare una politica di lotta alla disoccupazione
per puntare alla stabilità dei prezzi. Si adottarono politiche restrittive del credito,
che non favorirono gli investimenti e quindi la creazione di nuovi posti di lavoro.
La necessità di combattere l’inflazione aveva come scopo anche quello di realizzare
l’unione monetaria (argomento affrontato nel 1970 ma accantonato in seguito alla fine del
sistema di Bretton Woods).
Nel frattempo i paesi dell’Europa Occidentale tentarono di limitare l’oscillazione dei cambi
di monete tramite accordi, come il Sistema Monetario Europeo (che entrò in vigore nel ‘79
e prevedeva la fissazione di una parità tra le monete aderenti e la possibilità di oscillazioni
del 2,25%).
Il Sistema Monetario portò modesti risultati, fino al 1992, anno in cui entrò in crisi.
In questo stesso anno viene stipulato il Trattato di Maastricht, con il quale la Comunità
Economica Europea si sarebbe trasformata in Unione Europea, con lo scopo di perseguire
l’unione politica, economica e monetaria.
Fu decisa l’introduzione di una moneta unica, l’Euro, in sostituzione a quelle dei singoli
stati.
L’emissione dell’Euro fu affidata alla BCE, la quale ha il compito di definire e attuare la
politica monetaria nell’Eurozona.
L’Euro fu introdotto nel 1999 come moneta di conto (pagamenti non in contanti) e nel
2002 come moneta effettiva. L’Euro fu adottato da 112 paesi, con l’eccezione della Gran
Bretagna.

103
15. L’ECONOMIA BRITANNICA DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
ALLA FINE DEL ‘900
La Gran Bretagna uscì vincitrice dal secondo conflitto mondiale, ma si trovò comunque in
gravi difficoltà e perse la leadership economica e politica mondiale (che passò agli USA).
Inoltre durante la guerra aveva accumulato un forte debito e fu costretta a chiedere prestiti a USA e
Canada.
Il nuovo governo attuò una serie di nazionalizzazioni (tra cui la Banca d’Inghilterra, i
trasporti..) che non mutarono i caratteri dell’economia di mercato. Tuttavia l’80% delle
industrie rimase nelle mani dei privati.
Di grande importanza furono anche i provvedimenti per realizzare il Welfare State (Stato
Assistenziale per i cittadini): fu istituito il servizio sanitario nazionale che garantiva assistenza
medica a tutti i cittadini della Gran Bretagna, si varò un vasto programma di edilizia per ricostruire
gli immobili distrutti, introdusse forme di assistenza per i lavoratori e per i cittadini.
Superati i difficili momenti del dopoguerra, l’economia riprese a crescere e i cittadini entrarono
nell’era dei consumi di massa. Fu però una crescita lenta.
Gli Inglesi però non si impegnarono in modo particolare nella modernizzazione dell’economia e
trascurarono campi come ‘ricerca e sviluppo’, incremento della produttività, innovazione
tecnologica. Particolarmente dura fu la crisi petrolifera, che coincise con uno sciopero dei minatori
che nel 1974 bloccò l’economia britannica.
Negli anni ‘80 la politica neo‐liberista portò alla privatizzazione di molte industrie statali,
alla riduzione della spesa pubblica e ad un processo di ristrutturazione industriale, che
portò alla chiusura delle fabbriche inefficienti e ad un aumento della disoccupazione. Si
svilupparono anche nuovi settori (quello elettronico in particolare).
Dal ‘75 si iniziò a sfruttare i giacimenti di petrolio scoperti nel Mare del Nord.
Infine, negli ultimi anni del ‘900, l’economia conobbe una fase di crescita accelerata: il PIL
aumentò in media del 2,6% all’anno.
Londra divenne nel frattempo diventata un importantissimo centro finanziario mondiale.
In campo agricolo, invece, si fecero ottimi progressi: si fece ricorso alle nuove tecnologie
per sfruttare le terre più fertili.
La Gran Bretagna che però non aderì all’Euro, evitando così di cedere all’UE la propria
sovranità monetaria.

16. L’ECONOMIA TEDESCA DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE ALLA
FINE DEL ‘900
La Germania rimase priva di un proprio governo fino al 1949. Gli occupanti cominciarono
subito a smantellare l’industria degli armamenti e altre industrie pesanti.
Lo scopo degli alleati era quello di impedire alla Germania di ricostruire un apparato
produttivo e una concentrazione del potere economico che le avevano consentito di
sostenere il peso di due guerre in breve tempo.
Vennero quindi smembrate le grandi imprese e le grandi banche, e al loro posto sorsero
società minori. Fu anche introdotto il Deutsche Mark, che sostituiva la moneta precedente.
Questo provvedimento aggravò i contrasti fra le potenze occupanti e portò alla definitiva
divisione della Germania:
 Germania Occidentale (Repubblica Federale Tedesca, ovest): essa era divisa in 10
Stati federali (lander) e conta 50 milioni di persone; era la parte più industrializzata.
Gli Americani ne vollero favorire la ricostruzione e venne quindi inserita nel programma di aiuti del
Piano Marshall. Da allora ebbe inizio un periodo di ricrescita, chiamato Miracolo Economico
Tedesco.
La Germania si ispirò all’economia sociale di mercato: una forma di economia mista che si basa sul
libero mercato, ma prevede un’incisiva azione pubblica.

104
Questo modello fu completato con la congestione, ovvero con la partecipazione dei lavoratori
(attraverso rappresentanti eletti) alla conduzione delle aziende.
La crescita economica era basata principalmente sulle esportazioni, che aumentavano mano a mano
che il paese si inseriva nel commercio internazionale. Venivano esportati soprattutto macchinari,
automobili, televisori.
Questa economia diventò la più solida d’Europa e assunse una funzione trainante
per lo sviluppo dell’intera comunità europea.
 Germania Orientale (Repubblica Democratica Tedesca, est): essa nacque come uno
Stato accentrato ed attuò l’economia pianificata. Nonostante rappresentasse la parte meno sviluppata
della Germania, la sua crescita fu poco più lenta rispetto a quella della Germania dell’Ovest.
La pianificazione puntò sull’industria pesante, a scapito dei beni di consumo.
La riunificazione fu realizzata nel 1990: avvenne pacificamente per annessione.
Tutti i territori orientali chiesero di entrare a far parte della Repubblica Federale.
Il costo di questa operazione fu molto elevato: il Governo affrontò spese ingenti per la
modernizzazione delle infrastrutture e il risanamento dell’apparato industriale orientale.
Le imprese furono privaƟzzate e quelle poco produƫve furono smantellate → disoccupazione →
economia che rallentò la crescita.

17. LA RICOSTRUZIONE POST BELLICA E IL MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO


Le condizioni dell’Italia alla fine del secondo conflitto mondiale erano disastrose.
La guerra aveva provocato enormi danni al sistema di trasporti, alle abitazioni, le linee
ferroviarie erano distrutte e le strade impraticabili.
Il 1945 e il 1946 furono anni duri per la popolazione, soccorsa dagli aiuti dell’Unrra (fondo
di aiuti per i paesi devastati dalla guerra) tramite la spedizione di viveri, medicinali, vestiti.
Nessuno avrebbe però immaginato che sarebbero bastati cinque anni per ritornare al
livello precedente la guerra, né che lo sviluppo sarebbe stato eccezionale. Si parla dunque
di ‘miracolo economico’.
La ricostruzione dell’apparato produttivo e dei trasporti fu rapida e si beneficiò degli aiuti
americani, arrivati con l’Unrra e il Piano Marshall.
I 2/3 dei prestiti andarono alle tre regioni del triangolo industriale (Torino, Milano,
Genova), e circa un 10% al Sud.
L’inflazione invece, che era stata contenuta fino al 1943, esplose dopo l’armistizio dell’8
Settembre, causata da diversi fattori: beni agricoli e manufatti scarseggiavano e non
riuscivano a soddisfare la domanda; erano inoltre state emesse grandi quantità di biglietti
di banca e di Stato, con i quali si erano coperte sia le spese di guerra, sia quelle della
ricostruzione.
L’inflazione accelerò quando vennero messe in circolazione le "am lire", moneta con un
valore elevato rispetto alla lira.
L’inflazione fu combattuta con la “linea Einaudi”, ovvero una serie di misure che miravano
alla riduzione della circolazione monetaria. Si elevò il tasso di sconto, rendendo i prestiti
più cari e si aumentarono le riserve obbligatorie delle banche.
Furono presi dei provvedimenti che portarono ad una temporanea riduzione degli
investimenti e ad un aumento della disoccupazione, ma riuscirono a fermare l’inflazione e
diedero fiducia agli investitori stranieri.
La scelta fondamentale del Governo fu di optare per un’economia aperta, fondata sul
libero mercato, che doveva inserire l’Italia negli scambi internazionali (economia aperta
inevitabile per un paese costretto ad acquistare all’estero le materie prime).
Durante la ricostruzione non ci furono nazionalismi: l’Iri controllava diverse imprese che
operavano nel settore industriale, l’Agip era in ‘mano pubblica’, così come l’Eni (Ente
Nazionale Idrocarburi), che assicurava al paese il rifornimento delle fonti di energia.

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Venne poi istituito il Ministero delle partecipazioni statali (1956‐1993), con il compito di
gestire le società appartenenti allo Stato.
Nel 1950 furono varati due importanti provvedimenti che favorirono lo sviluppo
successivo:
1.  riforma agraria: espropriazione di 800.000 ettari di terre ai grandi proprietari e assegna a
famiglie di braccianti agricoli → aumentò la piccola proprietà
2. cassa per il Mezzogiorno, che doveva finanziare opere straordinarie di pubblico interesse
nelle regioni meridionali, in Sicilia e in Sardegna.
Si impegnò nella creazione di infrastrutture e nel sostegno dell’agricoltura.
A partire dal 1950 la crescita economica fu eccezionale. Essa fu accompagnata da profondi
mutamenti strutturali che cambiarono il volto dell’Italia.
Crollarono i lavoratori agricoli ed aumentarono gli addetti all’industria e al settore terziario.
Migliorò anche l’istruzione → riduzione degli analfabeto e aumento dei diplomato.
Si modernizzò l’agricoltura anche grazie all’aiuto dello Stato (rapida meccanizzazione e
distribuzione dei concimi chimici).
Le principali industrie che caratterizzarono il miracolo economico italiano riguardarono la
produzione di automobili, elettrodomestici, meccanica di precisione, petrolchimica.
Anche in Italia si affermò la grande impresa, organizzata secondo i criteri della fabbrica
fordista.
L’Italia era diventata quindi una nazione industrializzata, in cui si diffondevano i consumi di
massa e si registrava un forte esodo alle campagne, mentre le città del triangolo industriale
si riempivano di operai, molti dei quali provenienti dal Sud.
Le principali ragioni del miracolo economico italiano furono:
• aiuti americani, che consentirono la ripresa dell’economia nel dopoguerra
• scelta di un’economia aperta, orientata alle esportazioni
• disponibilità di manodopera a basso costo
• lungo periodo di bassi prezzi internazionali delle materie prime e delle fonti energetiche (da
importare)
• ruolo dello Stato, che finanziò lo sviluppo di determinati settori, in particolare l’agricoltura,
l’edilizia e i trasporti, e fu presente in numerosi rami economici con le imprese pubbliche
• solido sistema bancario capace di fornire i finanziamenti necessari, destinati a finanziamenti
industriali a medio‐lungo termine

18. PICCOLE IMPRESE E DISTRETTI INDUSTRIALI IN ITALIA


Dopo la crisi degli anni ‘70, le grandi imprese procedettero ad una ristrutturazione
produttiva. Per risparmiare sul costo della manodopera bisognava ricorrere sempre di più
all’automazione dei processi produttivi, sostituendo i lavoratori con macchine utensili e
computer.
Iniziò quindi ad aumentare la disoccupazione, ma molte grandi imprese riuscirono a
recuperare produttività e competitività, e riuscirono a lanciarsi di nuovo alla conquista dei
mercati esteri.
Tuttavia alcuni settori, come quelli chimico ed elettronico, non riuscirono a ristrutturarsi e
rimasero indietro.
I rami più competitivi rimasero quello meccanico e quello del ‘made in Italy’. Quest’ultimo
era costituito da una serie di imprese di medie dimensioni, che operano nel settore
tessile‐abbigliamento‐calzature (Benetton, Armani, Versace, Tod’s) e nel settore
dell’arredamento.
Mentre il peso della grande impresa diminuiva, al contrario aumenta quello delle Piccole
e Medie Imprese (PMI), le quali avevano sempre avuto un ruolo importante nell’economia
nazionale, ma ora assunsero caratteristiche particolari ed ebbero il compito di trainare

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l’economia del paese.
La loro esistenza pose fine al dominio del triangolo industriale e fece emergere la ‘Terza
Italia’ (Centro e Nord‐Est).
Le Piccole e Medie Imprese erano presenti soprattutto nei settori leggeri ed erano presenti
con una buona capacità competitiva sui settori internazionali. Riuscirono a resistere alla
crisi degli anni ‘70 e offrirono lavoro a moltissime persone.
La caratteristica di queste imprese è che spesso si concentrano in aree geografiche
limitate (distretti industriali). A partire dagli anni ‘70 si vennero a creare molti distretti
industriali, tra cui i più importanti furono Prato e Carpi (tessili), Sassuolo (ceramiche) e
Vicenza (oreficeria).
Nel momento in cui, le grandi imprese si trovavano in difficoltà, le piccole imprese non riuscivano a
crescere, furono le medie imprese ad ottenere grandi successi. Queste imprese, si affermano negli
anni ottanta, divennero le nuove protagoniste del sistema industriale Italiano. 

19. L’ECONOMIA INDIANA DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE ALLA
FINE DEL ‘900
Il subcontinente Indiano conquistò l’indipendenza nel 1947, al termine di lunghe lotte
condotte dal Partito del Congresso e Gandhi; nacquero l’India e il Pakistan.
L’India diede vita ad una repubblica federale, formata da 28 Stati e adottò una strategia di
industrializzazione fondata su tre elementi:
1. sostituzione delle importazioni: questo portò all’abbandono del sistema coloniale
2. protezionismo: importazioni sottoposte a forti dazi
3. intervento dello Stato nell’economia: controllo statale delle attività economiche.
Il nuovo Governo adottò da subito una serie di misure per giungere ai piani quinquennali, i
quali puntarono sulla presenza e sul ruolo dell’impresa pubblica.
Le imprese e l’attività industriale risultarono divise in tre gruppi:
a. imprese pubbliche: si devono occupare dell’industria pesante e della trasformazione delle
risorse naturali
b. imprese a partecipazione pubblica: la presenza privata si sarebbe dovuta ridurre
c. imprese private: destinate alla produzione di beni di consumo.
Verso la fine degli anni ‘70 una nuova accelerazione dell’intervento statale portò alla
nazionalizzazione delle Banche. Qualche anno dopo furono nazionalizzati anche gli impianti
di estrazione del carbone e le compagnie di assicurazione. L’agricoltura rimase affidata al
settore privato ma fu sostenuta dallo Stato.
Dopo la crisi petrolifera si cominciò a pensare a delle riforme economiche. Furono introdotte anche
in India le prime forme di liberalizzazione, e fu realizzata la riforma del settore pubblico.
Solo nel 1991 fu attuata una vera e propria liberalizzazione dell’economia e si procedette allo
smantellamento del sistema dei controlli per dare vita ad un’economia competitiva internazionale.
La privatizzazione delle imprese pubbliche fu consistente e il loro numero si ridusse fortemente; lo
Stato però conservò la proprietà di diverse quote del loro capitale sociale.
A partire dagli anni ‘80 e ‘90, l’India conobbe una crescita eccezionale. Aumentarono anche
gli investimenti esteri e la partecipazione al mercato internazionale.
Tuttavia, il 75% della popolazione vive con meno di 2$ al giorno. Ciò nonostante, è considerato uno
dei paesi emergenti più importanti.

20. LA CRISI ECONOMICA DEL 2008‐2009 E LA CRISI EUROPEA DEL 2012‐2013


Durante gli anni ‘90 gli USA avevano attirato capitali da altri paesi, e agli inizi del nuovo
secolo la Borsa conobbe una forte espansione. Il valore dei titoli aumentò del 10% ogni tre mesi tra
il 2002 e il 2004.
Anche le famiglie erano sostenute nei loro consumi da prestiti facili o da mutui subprime

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(concessi per l’acquisto delle case a soggetti non in grado di addossarsi grandi impegni
finanziari, concedono prestiti anche a soggetti che non disponevano di un reddito certo e duraturo). I
mutui erano garantiti da un'ipoteca sulla casa.
Tuttavia nel 2007 la domanda di case cominciò a diminuire e molte famiglie non riuscivano
più a pagare le rate del mutuo, e persero la casa. Le banche si trovarono in difficoltà a vendere le
case dei debitori, in cui il valore di mercato era crollato.
Questo fenomeno non riguardò soltanto gli USA: anche in altri paesi (Gran Bretagna,
Irlanda, Spagna) parecchie banche si erano immobilizzate con i mutui ipotecari.
Nell’autunno del 2008 ci fu il crollo delle quotazioni di Borsa di tutto il mondo, e il panico si
diffuse tra i risparmiatori. Le banche iniziarono a ridurre i loro finanziamenti a imprenditori
e consumatori → rallenta il commercio internazionale (il prezzo del petrolio cala da 150 e
40 dollari). Le industrie automobilistiche fecero fatica a vedere i loro prodotti e dovettero essere
sostenuti con incentivi statali.
La crisi interessò tutte le economie del mondo: vi furono fallimento bancari in Gran
Bretagna, Germania, Olanda e Belgio.
Lo Stato dovette intervenire per salvare molte banche e imprese in difficoltà. Queste forme di
sostegno furono effettuate mediante il ricorso all'indebitamento, con un aumento del debito pubblico
dei principali paesi industrializzati.
Il fallimento della Lehman Brothers nel 2008, dovuto ad un’eccessiva immobilizzazione dei
titoli ad alto rischio, fu il più grave della storia americana.
I governi dei principali paesi cercarono di operare congiuntamente per adottare rimedi,
volti a combattere la crisi.
Questa crisi è considerata la più grave dal 1929. Iniziata negli USA si manifestò con una crisi
finanziaria e borsistica, e una crisi nell’economia reale.
Nel corso del 2009 il PIL dei maggiori paesi sviluppati subì un crollo del 2,3%. Esso riprese a
crescere solamente nel 2010, ma rimase sotto l’1%.
La crisi però non sembra arrestarsi e assume nuove forme. Nel 2011 furono colpite principalmente
alcune nazioni europee, come Spagna, Portogallo, Italia e Grecia.
La crisi partì proprio dalla Grecia, quando si venne a conoscenza del fatto che il debito
pubblico arrivava al 142% del PIL e il deficit statale era vicino al 13%: le entrate erano
molto inferiori alle spese.
Il nuovo governo dovette intervenire più volte con drastici provvedimenti, come
licenziamenti e aumento di tributi. Si decise anche di non rimborsare per intero il debito
pubblico ai risparmiatori privati, che persero più della metà dei loro crediti.
Contemporaneamente la crisi si estese all’Irlanda, Spagna e Portogallo, che stavano
vivendo momenti difficili in seguito alla crisi del 2008‐2009.
I governi dovettero assumere duri provvedimenti per salvarsi dal rischio di insolvenza. I più
sacrificati furono i giovani, per i quali trovare un lavoro diventerà sempre più difficile.
Nell’estate del 2011 maturò anche la crisi italiana, il cui debito pubblico complessivo era
giunto quasi al 120% del PIL.
L’UE chiese all’Italia di adottare misure di risanamento, ma quelle prese dal governo in
carica non furono sufficienti. Venne formato un governo di ‘tecnici’, ovvero di persone non
appartenenti a partiti politici.
Il governo dovette prendere decisioni molto pesanti per risanare i conti pubblici, con un
aumento della pressione fiscale e un duro taglio alle spese, con lo scopo di ridurre il debito.
Le politiche di risanamento dei conti pubblici furono criticate dagli USA e da alcuni
economisti, che ritengono necessario adottare politiche di soste della domanda (come
negli anni ‘30).

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