L'impresa è un organismo che si evolve nel tempo e che quindi può essere studiato in un
certo momento storico, in un certo luogo geografico.
Essendo un sistema, significa che l'impresa è molto di più che la somma delle sue
componenti, perché l'interazione consente di creare un valore ulteriore.
Il concetto di sistema è un concetto complesso da studiare e da gestire.
Infatti, se andiamo a specificare meglio questo sistema possiamo considerare un'impresa
da tre punti di vista:
1. l'impresa è un sistema cognitivo: essa apprende, deve imparare ad apprendere e
deve saper apprendere. È un sistema che si basa sulla conoscenza ed è volto ad
arricchire la conoscenza, che non è solo una conoscenza interna in quanto essa è
influenzata anche dall'ambiente
2. l'impresa è un sistema complesso: non è una semplice sommatoria di componenti,
ma è una combinazione che è molto di più delle singole parti
1
3. l'impresa è un sistema gerarchico: si basa su relazioni di tipo gerarchico. È fatta da
sottoinsiemi legati tra loro da un rapporto di subordinazione che si creano all'interno
dell'organizzazione.
Il sistema impresa è fortemente composto da due elementi che bisogna tenere in
considerazione perché sono strettamente interrelati tra di loro.
Il sistema impresa è fatto da:
1. PATRIMONIO GENETICO: è come il DNA dell'impresa; è l'insieme di
imprenditorialità, risorse e relazioni con cui si può avviare l'attività dell'impresa.
Bisogna gestire le relazioni interne ed esterne per poter avviare l'attività.
Esso si evolve nel tempo, non è statico proprio perché l'impresa si modifica e si sviluppa.
Esso ha un suo ciclo, ma ci sono una serie di fattori che lo possono modificare.
Il patrimonio genetico è una base sui cui definire il progetto strategico che l'imprenditore
vuole perseguire.
2. PROGETTO STRATEGICO: la strategia ci permette di dare una continuità nel tempo e
ci dà le possibilità per svolgere le attività d'impresa.
Dobbiamo mettere in atto la visione (vision) e la missione (mission), le quali devono essere
messe in pratica attuando una certa strategia competitiva. C'è anche una terza
componente, ovvero il modello di generazione, sviluppo e utilizzazione delle risorse che ho
a disposizione.
ILLYCAFFE'
2
COCA- COLA
Parole chiave:
• dissetare
• unione
• calore
• dipendenza --> aspetto negativo
• bevanda
E' il leader indiscusso nell'ambito di questo tipo di bevanda.
È una multinazionale con brand globale.
Mission: refresh the world, ottimismo e felicità; creare valore e fare la differenza --> la
missione definisce lo scopo di un'azienda in quanto tale.
Vision: è il quadro di riferimento della tabella di marcia di ogni azienda.
Persone, portfolio, partner, pianeta, profitto, produttività --> tutti questi concetti iniziano
per P: vi è un approccio al marketing; ci danno un insieme di lettere iniziali per darci un
acronimo.
Persone: essere un luogo di lavoro ideale, dove le persone sono ispirate a dare il
meglio
Portfolio: offrire bevande di qualità, che anticipano e soddisfano i desideri e le
esigenze delle persone
Partner: alimentare una rete vincente di clienti e fornitori e creare insieme valore
reciproco e duraturo
Pianeta: essere un cittadino responsabile che fa la differenza aiutando a costruire e a
supportare comunità sostenibili
Profitto: massimizzare il rendimento a lungo termine per gli azionisti nella
consapevolezza delle nostre responsabilità globali
Produttività: essere un'organizzazione efficace, snella e dinamica
Mission, vision e valori sono la bussola che deve aiutare tutta l'organizzazione per
raggiungere gli obiettivi dell'azienda.
Il patrimonio genetico influenza il modo in cui definiamo il progetto strategico dell'impresa,
ma può avvenire anche il contrario, in quanto si vuole crescere.
3
L'impresa ha questa commistione molto forte tra il modo in cui utilizza le risorse in
relazione con gli attori.
Gli obiettivi di chi governa l'impresa sono diversi dai soggetti portatori d'interesse
(stakeholders), i quali possono essere interni ed esterni.
L'imprenditore ha il compito di conciliare gli obiettivi dell'impresa con chi lavora all'interno
e chi porta interessi nei confronti di essa.
L'impresa non coincide con l'imprenditore. L'impresa è un sistema che ha una propria
identità.
4
L'ambiente in cui l'impresa è collocata è l'insieme di attori e condizioni, che danno vita ad
una serie di minacce ed opportunità.
Nell'ambiente ci sono tanti attori che operano - non solo l'impresa- che possono essere
concorrenti diretti/indiretti, ovvero soggetti che possono influenzare l'attività.
L'imprenditore deve essere bravo nel cercare di capire le condizioni che si vengono a creare
nell'ambiente e che possono influenzare le sue scelte e il suo progetto strategico.
TELEFONI CELLULARI
Guardando la situazione delle imprese di cellulari che avevano la leadership fino a pochi
anni fa, la Nokia era l'azienda leader.
Samsung, che oggi è il leader, tempo fa era molto distante dalla Nokia.
Dal 2010 la situazione inizia a cambiare: Nokia inizia a calare, mentre Samsung aumenta in
quegli anni.
Se guardiamo la situazione dei sistemi operativi possiamo capire il perché c'è stato questo
cambiamento nell'ambito dei telefoni cellulari.
Oggi la sfida è legata al sistema operativo che si utilizza.
Nel 2008 Android aveva una quota bassissima. Era tutto legato al sistema operativo della
Nokia.
5
Dal 2008 al 2010 c'è stato un calo di alcuni sistemi operativi (come quello della Nokia),
mentre crescono Android e altri sistemi.
Nel momento in cui la tecnologia cambia e si hanno gli smartphone, questo diventa
un'opportunità per alcuni ed una minaccia per altri.
Il leader è Samsung sia a livello di numero di smartphone venduti, sia a livello di quote sul
mercato, a partire dal 2012. Però notiamo che esso sta calando.
Nella quota dell'anno 2016 dell'ultimo semestre la Apple ha superato Samsung.
Alcuni Samsung hanno avuto una serie di problemi che hanno inciso sul mercato.
6
La tecnologia è cambiata e ciò ha portato ad un cambiamento radicale.
Questi tre livelli hanno interazioni l'uno con l'altro, poiché sono interdipendenti l'uno
dall'altro.
L'azienda ha spinte competitive provenienti da altri business.
Basti pensare all'influenza che lo Stato ha sul mercato. Esso può creare occasioni di
opportunità e minaccia ad un'azienda, le quali vanno ad influenzare l'attività di impresa.
7
Nell'ambiente esteso possiamo individuare otto tipologie di attori:
1) concorrenti: sono una grande forza estremamente importante da monitorare,
comprendere, analizzare e di cui vanno tenute in considerazione le azioni e le
invenzioni. Anche perché il concetto di player concorrenti è un concetto di
concorrenti diretti e indiretti.
Una grande impresa fortemente affermata sul mercato affronta la concorrenza in un altro
modo rispetto alla microimpresa
2) clienti finali (acquirenti): non sono solo i consumatori in senso stretto e gli shopper.
Essi sono coloro a cui l'impresa rivolge la sua offerta. Possono essere clienti attuali, ma
l'impresa si deve porre in un'ottica evolutiva quindi non deve solo pensare a mantenere la
clientela attuale ma deve anche proporsi di incrementare i clienti.
I clienti possono anche essere clienti intermedi: ad esempio un produttore di semilavorati,
un distributore, un grossista.
L'aggregato dei clienti finali può essere molto vario (clienti diretti e indiretti, e bisogna
tener presenti anche i clienti potenziali)
3) fornitori: sono coloro da cui l'azienda acquista gli input(che possono essere primari
o secondari). Anche essi sono soggetti fondamentali, perché il loro modo di evolversi
può cambiare le condizioni alla base del vantaggio competitivo e per la creazione di
valore
4) distributori: anche essi possono essere diretti o indiretti
--> questi quattro gruppi di attori servono per capire meglio l'ambiente competitivo. Essi
sono soggetti con cui vi è un'interazione più stretta e formano l'ambiente competitivo di
riferimento. Vi sono anche altre tipologie di attori nell'ambiente esteso; con essi
l'interazione è meno forte:
5) investitori: sono gli azionisti, gli Istituti Finanziari ; sono soggetti a cui l'impresa
chiede risorse. Essi sono soggetti che l'impresa può influenzare poco, ma essi
possono influenzare molto le scelte dell'impresa. Hanno dunque grandi poteri. Gli
istituti finanziari forniscono all'impresa molte risorse economiche
6) autorità pubbliche: organi internazionali, UE, Governi nazionali, Governi locali, Enti
di vigilanza. Essi possono essere a diversi livelli. Le autorità pubbliche sono un
gruppo variegato di attori sia per ambiti geografici che per identità, i quali possono
influenzare l'impresa
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7) forze sociali: partiti politici, gruppi di opinione. Sono un gruppo di attori che oggi le
imprese devono tenere in forte considerazione
8) altri organismi rilevanti: università, organi di comunicazione ecc. Sono soggetti che
fanno ricerca, e le loro ricerche sono strumenti che possono incidere sull'attività
dell'azienda.
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IL CASO CADILLAC
Cadillac è una marca di grande
tradizione nel passato.
La Cadillac venne prodotta già nei primi
anni del 1900 e ha iniziato ad essere
negli anni '60 una marca di grande
importanza per gli Americani.
Vi era questo modo di dire: "Quando
muoio non voglio andare in paradiso.
Voglio andare in una Cadillac.
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L'impresa deve tenere conto di come crescere in base all'ambiente competitivo e alle
energie acquisibili, in modo da rendersi adeguata alla risposta alle minacce piuttosto che
alle opportunità all'interno dell'ambiente.
Un elemento fondamentale da questo punto di vista è che l'impresa è un sistema cognitivo,
e dunque è un sistema che sa apprendere. Oltre ad essere un sistema cognitivo, l'azienda
deve non solo saper apprendere, ma anche imparare ad apprendere e come aumentare il
proprio bagaglio di conoscenze siccome essa è posta in un ambiente dinamico.
L'AMBIENTE COMPETITIVO
L'ambiente competitivo rispetto all'ambiente esteso ha la caratteristica di consentire
all'impresa di avere relazioni che non sono solo di tipo passivo, ma anche di tipo attivo.
L'impresa non solo subisce gli stimoli, opportunità e minacce, ma ha la capacità di poter
interagire con questi e di sfruttarli a proprio vantaggio.
L'ambiente competitivo è l'insieme degli attori con cui l'impresa stabilisce le relazioni in
modo sia attivo che passivo.
L'ambiente competitivo bisogna valutarlo in base al grado di ripetitività di queste
interazioni (cioè se sono spot, oppure se sono interazioni che invece si ripetono nel tempo.
Ad esempio parleremo di rapporti di lungo periodo, di mantenimento della relazione con la
clientela. Questo tipo di interazione è volta alla ripetitività nel tempo).
Bisogna considerare l'ambiente anche in base al grado di conflittualità presente all'interno
di un certo contesto. Il grado di conflittualità è il tipo di relazioni che si possono avere con
gli attori presenti nell'ambiente competitivo, e possono essere relazioni conflittuali ma
anche di tipo cooperativo. Questo è un aspetto recente e molto attuale: il termine
coopetition nasce per mettere insieme questi due aspetti --> collaborazione e competizione
al tempo stesso. Spesso in un certo ambiente si vengono a creare dei comportamenti di
coopetizione tra le due parti.
L'intensità delle interazioni possono cambiare nel tempo e dunque possono portare a
cambiare la configurazione dell'ambiente competitivo e a farlo evolvere in forme e
contenuti diversi rispetto a quelli che possono essere attualmente.
DEFINIZIONE DI SETTORE
Quando si parla di ambiente competitivo bisogna ripescare le logiche relative al settore.
Il modello delle cinque forze competitive è pensato all'interno di analisi settoriale.
Per capire l'ambiente competitivo è bene approfondire le forze competitive in esso
presenti.
Un settore può essere definito come l'insieme di imprese caratterizzate da alcune
caratteristiche di omogeneità che condividono. Esse hanno elementi comuni e le possiamo
assimilare perché:
• si dedicano alla produzione di beni e servizi che hanno l'obiettivo di soddisfare lo
stesso bisogno --> dunque esse fanno parte di uno stesso settore perché questo tipo
di imprese sono percepite dai possibili acquirenti come imprese sostituibili tra di
loro (es. Bisogno di alimentarsi --> settore alimentare; bisogno di relax e tempo
libero --> settore di entertainment). Un primo modo di definire un settore è di capire
se le imprese che vi operano vengono percepite come sostituiti da parte degli
acquirenti --> rispondono ad uno stesso tipo di bisogno
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• sostituibilità dal lato dell'offerta; imprese che producono beni e servizi attraverso la
stessa tecnologia e input (es. Il settore dei filati condivide alcune tecnologie
specificatamente dedicate al tessile; tecnologie laser --> bisogno di ascoltare musica,
chirurgie di precisione)
E' importante di capire il settore perché noi lo andiamo ad analizzare.
Π=p–c
LA CREAZIONE DI VALORE
La creazione di valore si ha quando c'è una differenza positiva tra il beneficio netto che trae
il consumatore, meno il costo totale sostenuto dall'impresa per la produzione di quel bene
o servizio: Bn – CT
Il beneficio netto è la differenza tra il beneficio percepito meno i costi del consumatore che
ha sostenuto per quel bene.
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Il costo totale per l'impresa è il costo dei vari materiali e servizi acquistati dai fornitori più i
costi che sostiene internamente per svolgere l'attività produttiva.
Maggiore è la distanza tra il beneficio netto e i costi totali, maggiore è il valore creato.
In tutto ciò gioca un ruolo anche il prezzo, in base a dove esso viene fissato si sposta di più
verso l'impresa o verso il consumatore.
Il prezzo è utilizzato per sostenere quanto va al consumatore e quanto all'impresa.
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IL MODELLO DELLE 5 FORZE COMPETITIVE (RISPETTO AL SETTORE)
1. concorrenza presente all'interno del settore --> intensità della concorrenza.
CONCORRENZA è diverso da COMPETITIVITA'. Se un'impresa è competitiva significa che è
capace di reggere bene la concorrenza, perché è brava a competere nel settore
2. potenziali entranti: soggetti che minacciano lo status quo e le condizioni di
redditività potenziali del settore
3. prodotti sostituti : se il mio prodotto può essere sostituito è una minaccia e quindi
devo tener conto dei prodotti sostituti
4. potere contrattuale acquirenti
5. potere contrattuale fornitori
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Ci sono elementi che determinano l'intensità della concorrenza:
grado di concentrazione del settore: è un elemento fondamentale. Lo si calcola in
base al fatturato in termini di valore o di volumi per singola impresa del settore.
Esso può essere misurato da due punti di vista:
- la quota di mercato assoluta: per calcolarla bisogna conoscere le vendite fatturato delle
imprese presenti nel settore, e mettere a rapporto le vendite fatturato dell'azienda che ci
interessa rispetto al totale.
- la quota di mercato relativa: ci calcola non rispetto all'accumulato dell'intero settore, ma
rispetto alla media delle imprese del settore.
L'indice di Hirschman-Herfindal è un indicatore che serve a calcolare la quota di
concentrazione relativa, ed è sostanzialmente il quadrato delle quote di mercato delle
imprese che fanno parte di un certo settore.
Se ho un settore molto
frammentato ho una piccola
quota delle tantissime
imprese che fanno parte del
settore.
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Un altro ostacolo che può impedire all'impresa di uscire dal settore è se vi sono
interrelazioni tra più business: se ci sono interrelazioni tra più business diventa difficile
uscire perché poi si hanno delle ripercussioni anche sugli altri business.
Ci può essere l'intervento di attori istituzionali, che, con i loro interventi pongono delle
barriere all'uscita dal settore.
Ci possono anche essere fattori di resistenza interni all'impresa per evitarne l'uscita.
Struttura dei costi presenti nel settore (soprattutto il rapporto tra costi fissi e
variabili): se i CF sono particolarmente pesanti (e quindi vincolano molto le
imprese), questo può generare delle barriere all'uscita. Anche questo può essere un
ostacolo all'uscita dal settore.
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È influente anche il modo potenziale con cui questi entranti possono entrare.
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In ogni settore ci sono un insieme di fattori che costituiscono una barriera all'entrata nei
confronti dei possibili nuovi entranti.
Il grado si sostituibilità del prodotto è legata all'elasticità incrociata della domanda dei due
beni: significa che all'aumentare del prezzo di un bene, la domanda dell'altro bene
diminuisce, dunque si spostano fette di clientela verso un altro prodotto.
Il grado di sostenibilità dipende dal livello dei prezzi di prodotti sostituti e anche dalla
percezione degli individui di questo effetto (dunque dalla propensione degli acquirenti nei
confronti di questa domanda).
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PRODOTTI SOSTITUTI: STRATEGIE DI RIDUZIONE DELLA PRESSIONE COMPETITIVA
Quando ho prodotti sostituti ho strategie di riduzione della pressione competitiva:
✔ miglioramento del rapporto tra prezzo e valore del prodotto/servizio che erogo
✔ strategie di riposizionamento del prodotto (posso, ad esempio, cercare di far
percepire il prodotto ad un livello upmarket)
✔ differenziazione del prodotto per ridurre l'elasticità incrociata alla domanda (se
rendo il mio prodotto unico, il grado di sostituibilità si abbassa)
✔ rafforzamento della comunicazione delle qualità della categoria di prodotto
✔ avvicinamento all'utente finale e rafforzamento del sistema distributivo
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Per tanto dobbiamo considerare anche questo aspetto nel momento in cui andiamo a
verificare il livello di competizione presente/potenzialmente presente all'interno di un
settore.
RAGGRUPPAMENTI STRATEGICI
Quando si fa un'analisi del settore solitamente si guardano anche i raggruppamenti
strategici.
I raggruppamenti strategici sono gruppi di imprese che all'interno di uno stesso settore
competono con strategie simili ed hanno un profilo di risorse simile.
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Basti guardare anche il settore automobilistico:
--> all'interno del settore ci sono imprese che hanno comportamenti molto simili e
competono con fattori molto simili.
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CAPITOLO 3. LA GESTIONE STRATEGICA:
STRATEGIA E VANTAGGIO COMPETITIVO
Il vantaggio competitivo è la capacità dell'impresa di creare un valore superiore rispetto
alla media dei concorrenti, tenendo conto dei costi sostenuti. In questo è importate
riconoscere il ruolo dei driver, che chiameremo fattori critici di successo.
IL CONCETTO DI STRATEGIA
La strategia è un percorso evolutivo che un'impresa va a selezionare per gestire le
interdipendenze con altri soggetti, cercando di rispondere in modo efficace alle dinamicità
del contesto in cui l'impresa si trova ad operare. Bisogna tener conto degli obiettivi che il
direttore vuole perseguire, cercando di sfruttare nel miglior modo possibile i fattori di
potere a propria disposizione. Ogni impresa ha dei fattori su cui lavorare per mettere in
atto la strategia. Questi fattori di potere possono essere più o meno forti rispetto agli
elementi a disposizione. Non è qualcosa di statico, ma è molto dinamica. È vista appunto
come una strada che decidiamo di percorrere.
Un'impresa deve tener conto di tre condizioni per agire in modo strategico:
• deve essere consapevole di muoversi in un ambiente in cui vi è incertezza
• inoltre deve essere consapevole che non è avulsa dal contesto in cui opera, ma è
strettamente interdipendente da esso (interdipendenza interna ma anche esterna)
• deve tener conto di un'altra condizione importante, cioè il cercare di capire fino a
che punto può tener conto del fattore di potere --> il potere è concreto ma
comunque limitato.
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Ci interessa capire come possiamo andare a mettere appunto una strategia che sia capace
di darci una qualche forma di impatto su quell'ambiente: si parla di elaborazione della
strategia, che ha una natura di processo creativo.
Un sistema aziendale è capace di dare una strategia che abbia successo se è in grado di
elaborarla in modo creativo.
La strategia è vista come un aspetto di processo --> ottica processuale.
Il pensiero e l'azione devono essere collegati in un processo dinamico (sperimento e
acquisisco maggiori capacità che mi consentono di mettere a punto meglio la strategia e mi
pongo sul mercato). Nel momento in cui vediamo la strategia su un processo, quello che io
faccio è cercare di coniugare insieme due domande a cui l'imprenditore cerca di rispondere
(che strada intraprendere e come farlo).
L'obiettivo è creare valore: questa capacità della strategia è data dal fatto di riuscire a
guidare l'impresa, di creare quel percorso che ci permette poi di creare valore.
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Per riuscire ad avere un'idea chiara di quale percorso si sta intraprendendo e di come
metterlo appunto, è bene esplicitarlo in un documento che deve essere condiviso con tutti
i membri dell'impresa. Nella maggior parte dei casi la strategia è formalizzata all'interno di
un processo strategico.
Un'altra cosa da considerare è che è importante che ci sia anche una certa logica nel modo
in cui metto appunto la strategia. La logica strategica è data da due fattori:
● coerenza
● integrità: la formulazione della strategia deve essere chiara e completa -->
completezza nel modo in cui vado a formulare i contenuti della strategia.
La logica strategica ci permette di misurare il potenziale successo della strategia.
Si parla di strategic fit: esso ci dice la qualità della connessione logica e sostanziale tra le
attività implementate dall'impresa tra attività e offerta --> coerenza tra ciò che ho deciso di
fare e come l'ho fatto.
Molto dipende anche dalla nostra capacità di riuscire ad individuare un modello
organizzativo che riesca a supportarci.
Dobbiamo anche dotarci dell'architettura, delle routine, della cultura, di un modello
organizzativo che ci permetta un'efficace messa a punto della strategia: si parla di
organizational fit (si parla di modelli di organizzazione dell'impresa che ne determinano la
struttura). Se non agisco sul modello organizzativo difficilmente riesco ad elaborare una
strategia ed implementarla in modo corretto.
Il cambiamento strategico è intrinseco e assolutamente presente nelle radici stesse del
concetto di strategia.
Quindi il modo in cui andiamo a fare l'implementazione della strategia ci permette di
ottenere un certo risultato, che è portato a creare valore.
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Essi sono quei fattori che determinano la capacità dell'impresa non solo di sopravvivere,
ma di prosperare. Dunque sono delle variabili su cui il mercato si crea il giudizio
sull'impresa.
Quello che dobbiamo cercare di fare è capire alcune cose per il successo dell'azienda.
Dobbiamo capire cosa ci chiedono i clienti (domanda e offerta) e cosa dobbiamo fare
rispetto ai concorrenti: allora riusciamo ad identificare molto bene quali sono i fattori critici
di successo.
Bisogna capire chi sono i clienti e capire i criteri con cui selezionano i fornitori di un
prodotto.
Al tempo stesso l'impresa deve fare un'analisi dei concorrenti con cui ha a che fare.
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Nell'analisi strategica l'obiettivo dell'impresa è di cercare di ottenere un tasso medio di
redditività superiore rispetto a quello dei concorrenti.
IL VANTAGGIO COMPETITIVO
Esso è il risultato di una strategia che porta l'impresa ad occupare e mantenere una
superiorità o una posizione favorevole nel mercato in cui opera, rispetto ai competitors, e
che porta ad una redditività stabilmente maggiore a quella media dei concorrenti.
Esso si manifesta nella capacità dell’impresa di creare un valore per il mercato superiore a
quello sviluppato da questi ultimi e al costo sostenuto per crearlo.
LA CREAZIONE DI VALORE
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La strategia cerca di rispondere a due domande:
• in quali settori/aree di business operare?
• in che modo competere in questi settori/aree di business? In che modo raggiungere
il vantaggio competitivo in questi settori/aree di business?
Ghemawat individua tre fonti poco imitabili, che rendono la posizione di vantaggio
relativamente duratura:
● la dimensione: ci vogliono risorse e capacità per poter gestire un certo tipo di
dimensione
● l’accesso preferenziale alle risorse critiche o al mercato: questo non si crea dall'oggi
al domani
● i limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti: questo è importante perché i
concorrenti possono trovarsi bloccati in un certo percorso evolutivo, e noi possiamo
sfruttarlo a nostro vantaggio.
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DIFESA DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
- bisogna operare in modo che il vantaggio non sia così chiaro ai concorrenti: non mettere
troppo in evidenza la nostra capacità di avere un reddito superiore
- mettere in atto comportamenti di minaccia che scoraggino i rivali a raggiungere la
posizione che ha l'impresa
- in caso di settori iper-competitivi bisogna innovare continuamente le fonti del proprio
vantaggio competitivo, dunque bisogna 'stare sul pezzo'.
LIMITI AL CAMBIAMENTO
I limiti al cambiamento sono di tre tipi:
1. vischiosità degli investimenti: quando la loro utilizzazione in contesti diversi da
quello originario comporta una forte perdita del loro valore economico
- Lock-in (path-dependence): quando l'impresa è bloccata in un settore
- Lock-out: la decisione di non avviare una strategia e gli investimenti deriva dalla
vischiosità degli investimenti
2. inerzia: fattori organizzativi, percorso evolutivo storicamente seguito dall’impresa,
sistema dei valori --> la strategia non si evolve
3. ritardo temporale degli effetti del cambiamento
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Cerchiamo di capire in che modo le risorse e competenze sono un elemento cruciale per la
costruzione di un vantaggio competitivo, che mi consente di ottenere una superiorità sul
mercato rispetto a quelli che sono nell'ambiente competitivo.
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Si è iniziato a considerare che molto dipendesse dalla singola co-impresa.
Ecco perché si parla di RVB (Resource Based – View).
È una multinazionale
molto importante
perché dalla
produzione di abrasivi
nel tempo è cresciuta
moltissimo, anche per
la produzione di Post -
It.
Ha vari prodotti che le
permettono di
operare in vari settori.
Sono le mie risorse che mi permettono di spendere queste risorse in altri contesti.
Ecco perché negli anni '90 ad un certo punto si inizia a cambiare tenore e l'analisi strategica
va ad interessarsi delle risorse come base del vantaggio competitivo.
Le risorse sono la fonte primaria di redditività d’impresa, essendo anche alla base
dell’attrattività di settore.
In questa prospettiva l’impresa è un insieme eterogeneo di risorse e competenze che
rappresentano le determinanti principali della sua strategia e della sua performance e
quindi la base fondamentale per conseguire, mantenere, innovare un vantaggio
competitivo.
Bisogna far evolvere il patrimonio di risorse e competenza, anche esse infatti devono
diventare dinamiche così come l'impresa in cui si inseriscono.
Si parla dunque di DC (Dynamic Capabilities) --> pongono l'accento sulle capacità della
dinamicità dell'impresa.
LE RISORSE E LE COMPETENZE
Le risorse sono beni produttivi posseduti dall'impresa. Il concetto di risorsa è dunque un
"bene".
Le competenze sono quello che l'impresa sa fare.
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Un altro aspetto da tenere presente è che: non è che le risorse, solo per il fatto di averle, mi
diano un vantaggio competitivo, ma bisogna pensare a come combinarle --> è come io
combino le risorse che mi dà un vantaggio competitivo.
Le singole risorse in sé non consentono di ottenere un vantaggio competitivo: devono
essere integrate tra loro per creare le competenze organizzative e consentire di ottenere
performance superiori alla media.
L'unione delle risorse genera il saper fare dell'impresa.
Questo schema ci spiega quali sono le risorse. Le risorse sono di tre tipi:
1. risorse tangibili:
- fisiche
- finanziarie
2. risorse intangibili (non le possiamo toccare, ad esempio il marchio), sono un vario
aggregato di elementi necessari per la competizione; esse sono le cosiddette
'intangibles'
- tecnologiche
- reputazione, verso i soggetti esterni
- cultura, capacità dell'impresa di rendere efficaci le sue basi culturali e di metterle a frutto
anche dal punto di vista strategico
3. risorse umane, cioè quelle che ancora difficilmente si riescono a sostituire con delle
macchine; sono date dal capitale umano a disposizione dell'azienda. Tutti questi
soggetti danno il loro contributo
- capitale umano: tutti i soggetti danno il loro contributo e ciascun lavoratore può fare la
differenza, e le imprese che sanno meglio motivare e meglio riuscire ad ottenere idee e
spunti sono coloro che riescono ad ottenere un vantaggio
- conoscenza (knowledge): spesso di parla di economia della conoscenza e di gestione della
conoscenza (knowledge management). Ognuno ha il proprio bagaglio ci conoscenze e di
capacità, ma non sempre l'impresa è in grado di metterle a frutto.
Ad esempio nel settore automobilistico la conoscenza e la motivazione sono fondamentali
per apportare a nuove idee.
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Il patrimonio individuale non riesce a diventare collettivo e dunque l'organizzazione è
fondamentale.
RISORSE TANGIBILI
In esse abbiamo risorse fisiche e risorse finanziarie:
• risorse fisiche: condizionano le possibilità di produzione dell’impresa e influenzano la sua
struttura di costi (es.materie prime, impianti e macchinari, terreni e fabbricati)
• risorse finanziarie: capacità di indebitamento dell’impresa e generazione interna di fondi.
Nel momento in cui si tiene conto delle risorse tangibili e vogliamo usarle in modo
strategico dobbiamo porci delle domande:
1. Quali opportunità sussistono per realizzare economie nel loro
impiego? Riusciamo ad utilizzarle in modo più efficace ed efficiente?
2. Quali sono le possibilità per un migliore impiego delle risorse
esistenti? Riusciamo ad utilizzarle al meglio? Riusciamo ad utilizzarle in modo più
economico?
Le decisioni che prendiamo sulle risorse tangibili hanno molto a che fare con le risposte a
queste due domande precedenti.
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Google stra incrementando
sempre d più. Anche Amazon nel
tempo sta incrementando sempre
di più il suo valore.
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Interbrand- Best global brands valuta il valore del brand tenendo conto del mercato, non di
una prospettiva economico-finanziaria:
Qui ci sono alcuni brand globali diversi da quelli di prima (es.Coca Cola).
Un potenziale investitore deve tenere in considerazione elementi economico- finanziari ma
anche a livello di reputazione del mercato.
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Lego ha avuto grosse difficoltà: negli ultimi anni ha
fatto importanti cambiamenti. Lego è il terzo top
growing brand perché si tratta di un gruppo che sta
lavorando molto bene e propone prodotti che sono
indirizzati a specifici segmenti del mercato (ad
esempio: prodotti per bambini di 7 anni, prodotti
per bambine, prodotti per bambini di 12-13 anni).
REPUTAZIONE D'IMPRESA
La reputazione d'impresa è la rappresentazione percettiva, fatta dagli stakeholders, delle
azioni passate di un’impresa e delle sue prospettive future d’azione che descrivono la
capacità complessiva dell’impresa di creare valore meglio dei concorrenti.
Ha varie caratteristiche:
è’ fondamentale quando i clienti non hanno un’esperienza precedente dell’impresa
o non possono avere un’esperienza immediata del suo prodotto
la reputazione di un’impresa si forma nel tempo (la reputazione in negativo la si crea
in breve tempo)
si genera e si consolida in una rete complessa e difficilmente influenzabile di
relazioni tra stakeholders e tra questi e l’organizzazione
è’ collegabile sia all’impresa che ai suoi marchi
RISORSE UMANE
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Le risorse umane sono servizi produttivi che il personale rende all’impresa in forma di
competenze, conoscenze, capacità di analisi e di decisione.
Esse riguardano sia abilità tecniche ma anche atteggiamenti psicologici e nel modo di
relazionarsi.
È chiaro che il livello d'istruzione è importante e anche il background che ciascuno porta
con sé, la lealtà verso l'organizzazione, l'esperienza, la capacità di teamwork e di
leadership, l'impegno ecc.
Si possono utilizzare mappe per cercare di capire come crescere rispetto al potenziale e alle
prestazioni da richiedere al personale e su cui investire.
CULTURA D'IMPRESA
La cultura d'impresa è l'insieme di valori, tradizioni e regole sociali di un’organizzazione
imprenditoriale.
Il modo in cui il personale cerca di avvicinarsi alla cultura d'impresa, e viceversa, crea
vantaggio competitivo.
La capacità dei lavoratori di armonizzare il proprio impegno e di integrare le competenze
individuali può anche dipendere dal contesto organizzativo.
Esse includono:
• conoscenza specialistica dei bisogni del mercato
• orientamento al servizio
• capacità di progettazione di un nuovo prodotto di successo
• relazioni in ambito commerciale
• abilità nell'utilizzo di tecnologie rilevanti
• capacità di risposte rapide e flessibili
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VANTAGGIO COMPETITIVO DI DELL (SETTORE PC)
Lo schema indica i fattori critici di successo e le risorse importanti per operare in quel certo
settore di Dell.
Dell ha cercato di lavorare sull'efficienza delle risorse tangibili.
Dal punto di vista intangibile e umano Dell ha investito delle risorse da combinare in modo
da essere bravo nel gestire il canale, e ha cercato di accedere in modo diretto al mercato.
Dell ha messo a punto una strategia basata su alcuni fattori critici di successo, come
economie di scala, politica dei prezzi bassi e rapporti con fornitori e sistemi di distribuzione.
Il vantaggio competitivo sta nella capacità di utilizzare risorse e capacità in modo distintivo
dai competitors.
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1) selezione di una strategia che trae vantaggio dalle principali risorse di un'impresa e
sia coerente col sistema di valori dell’impresa
2) pieno utilizzo delle risorse e gestione efficiente
3) sviluppo delle risorse (riproduzione, accumulo e incremento continuo di risorse)
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Analisi SWOT: Strenghts, Weaknesses, Opportunities and Threatens --> è un supporto che
serve all'impresa nel prendere decisioni. Questa analisi ci dà un aiuto nel cercare di arrivare
ad individuare i segnali che ci portano ad utilizzare un tipo di strategia rispetto ad un'altra.
Una volta che abbiamo recuperato questo pezzo di supporto ci manca un altro aspetto che
ci dà tutti gli strumenti per capire che strategia usare: questo pezzettino è la catena del
valore di Porter. Porter non è a caso uno dei più grandi studiosi di modelli strategici.
Dalla catena del valore diciamo che siamo consapevoli che le imprese non sono isole ma
sono inserite in un contesto e hanno una relazione con gli altri soggetti a monte e a valle.
Dunque parliamo anche del concetto di sistema di valore.
Anche questi supporti ci aiutano meglio a mappare le nostre risorse rispetto all'ambiente in
cui siamo inseriti.
Una volta messi questi supporti nella strumentazione di analisi strategica siamo pronti ad
osservare le strategie. Le strategie competitive di base sono:
la strategia di Leadership di Costo
la strategia di Differenziazione
la strategia di Focalizzazione: l'impresa si focalizza su un segmento del mercato, su
una nicchia di consumatori ma non fa altro che perseguire o una leadership di costo
o una strategia di differenziazione in un contesto di mercato più ristretto (dunque
essa non è una terza strategia).
ANALISI SWOT
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L'analisi SWOT ci permette di mettere insieme questi due pezzi (competenze distintive
dell'impresa e ambiente).
L'analisi SWOT è uno strumento di pianificazione molto utile.
Per eseguire al meglio l'analisi SWOT bisogna essere in grado di rispondere alle seguenti
domande di base:
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L'ANALISI DELLE ATTIVITA' E DELLE RELAZIONI DA CUI DERIVA IL VANTAGGIO
COMPETITIVO
Le attività che creano valore possono essere studiate da due punti di vista:
● Catena del valore (Porter): strumento di analisi delle attività che l’impresa organizza
per creare valore per il mercato e raggiungere il vantaggio competitivo.
È uno strumento che ci serve per scomporre le attività dell'impresa in quelle che sono le
generatrici del mercato, ovvero ci aiuta ad individuare in quali aree di attività l'impresa crea
valore e dunque può raggiungere il vantaggio competitivo.
● Catena delle relazioni: strumento di analisi delle relazioni con cui l’impresa crea
valore per il mercato e raggiunge il vantaggio competitivo.
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Porter ha cercato di dare un modello per cercare di individuare le attività che danno valore
all'impresa:
1. attività primarie (in verticale): attività fondamentali che svolge l'impresa
2. attività di supporto (in orizzontale): sono trasversali all'attività dell'impresa, e
l'aiutano nella creazione di valore tramite le attività primarie
In questo modello il valore sta nella somma di queste varie attività.
La catena del valore varia da impresa ad impresa, e può riferirsi ad una singola impresa nel
suo complesso o ad uno specifico business dell'impresa.
ATTIVITA' PRIMARIE
Le attività primarie sono cinque:
● Logistica in entrata: attività legate al ricevimento, immagazzinamento e
distribuzione dei fattori produttivi. Ne fanno parte la gestione dei materiali, la
gestione del magazzino, il controllo delle scorte, la programmazione dei vettori, i resi
a fornitori;
● Produzione: è la fase di trasformazione delle materie prime nel prodotto finale,
raggruppa attività quali la lavorazione, il montaggio, il confezionamento, la
manutenzione dei macchinari, il collaudo e la gestione degli impianti;
● Logistica in uscita: riguarda la raccolta, lo stoccaggio, il magazzinaggio dei prodotti
finiti, la gestione dei vettori di consegna, elaborazione degli ordini e la
programmazione delle spedizioni;
● Marketing e vendite: attività legate allo studio dei comportamenti d’acquisto della
clientela, alla determinazione dell’offerta, alla determinazione degli attributi del
prodotto, alla determinazione dei prezzi, alla scelta dei canali di vendita, alla
gestione dei canali di vendita, alla gestione della relazione con la clientela, alla
pubblicità e comunicazione e alla determinazione di offerte promozionali.
● Servizi al cliente: attività legate al durante e post vendita, volte a migliorare la
percezione di valore del prodotto acquistato, al customer care, all’installazione, alla
fornitura di ricambi, alle riparazioni, al modo di trattare il cliente, ecc.
ATTIVITA' DI SUPPORTO
Le attività di supporto sono quattro:
● Approvvigionamento: è la funzione di acquisto dei fattori produttivi utilizzati nella
catena del valore. Che siano materie prime, semilavorati, macchinari, servizi,
trasferte, cancelleria, computers, sistemi software gestionali, ogni funzione
aziendale, dalla logistica alla produzione al marketing a ciascuna delle attività di
supporto stesse, consuma ed acquista input.
● Sviluppo delle tecnologie: si tratta di ogni tipo di tecnologia, di know how, di
procedure che forniscono apparecchiature di processo.
● Gestione delle risorse umane: è l’insieme delle attività che hanno a che fare con la
ricerca, l’assunzione, lo sviluppo, l’addestramento e la mobilità di tutti i tipi di
personale, dall’operaio al quadro ai dirigenti.
● Attività infrastrutturali: l’infrastruttura di un’azienda si compone di attività fra cui la
direzione generale, l’amministrazione, la finanza, il legale, i rapporti con gli enti
pubblici e la gestione della qualità.
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Esempio: La catena del valore in un’impresa del settore moda
Esempio:
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Siamo un'impresa i cui business principali sono la produzione di strumenti musicali, ma
essa ha altri business in cui opera (ha un'impresa che opera nel settore dei legnami e ha
anche una catena di punti di vendita) --> si è legata a monte e a valle:
LE STRATEGIE COMPETITIVE
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Quali sono le scelte strategiche fondamentali e le strategie competitive?
Dobbiamo ricordarci che possiamo creare vantaggio competitivo (ovvero essere superiori ai
concorrenti) in due modi principali:
1. leadership di costo: proviamo a cercare di vendere i nostri prodotti o servizi a prezzi
più competitivi degli altri competitors sui mercati (efficienza e bassi costi).
Riconosciamo di avere un prodotto o servizio omogeneo a quello dei concorrenti,
ma siamo bravi a produrre a costi molto bassi, quindi riusciamo a dare un prezzo
competitivo al nostro prodotto sul mercato.
2. differenziazione: mi rendo conto che ho la capacità di commercializzare un prodotto
con caratteristiche distintive rispetto a quelle dei miei concorrenti --> unicità.
Cerchiamo un vantaggio in cui il cliente riconosce questa diversità e dunque è
propenso a riconoscermi un premium price, ovvero è disposto a pagare un prezzo
superiore.
Leadership di costo e differenziazione sono le due strategie competitive di base.
In realtà vi è una fattispecie di terza strada che è la focalizzazione: è diverso l'ambito
competitivo in cui vado ad applicare questa strategia competitiva. Quando si parla di
leadership di costi e differenziazione si parla di vantaggio strategico rispetto all'intero
mercato; quando vado a cercare queste strategie in un certo segmento di mercato parlo di
focalizzazione. La focalizzazione può essere perseguita tramite una strategia di leadership di
costo o tramite una strategia di differenziazione. Essa non è dunque una terza strategia, ma
è l'applicazione di una delle due principali in un mercato più ristretto.
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IKEA è riuscita a rendere complementari la leadership di costo e la
differenziazione/distinzione rispetto ai concorrenti operando con la massima efficienza.
LA LEADERSHIP DI COSTO
Ci focalizziamo sulla ricerca dell'efficienza operativa. Il controllo dei costi è uno degli
elementi fondamentali dell'approccio di un'azienda. In che modo l'impresa può andare a
gestire questi elementi?
controllo della leva competitiva del prezzo.
L’impresa può abbassare il prezzo di vendita della propria offerta a un livello che, pur
rimanendo al di sopra del proprio costo medio, risulta inferiore a quello dei concorrenti:
- aumento della domanda
- maggiore sfruttamento delle economie di scala e accumulo di esperienza. Avendo prezzi
competitivi si potranno attirare più clienti, e tramite il fatto di essere efficiente si ottengono
più economie. In questo caso l'azienda sfrutta le economie di scala, di scopo e di
esperienza. Il leader di costo è un soggetto che opera, gestendo la leva del prezzo e
tenendo sotto controllo i costi, sfruttando i volumi.
in condizioni teoriche di mercato perfetto, il processo di acquisizione di quote di
mercato in conseguenza di un abbassamento del prezzo accade in maniera molto
rapida; nella realtà, diversi fattori lo rallentano:
- informazione
- capacità produttiva e distribuzione
- inerzia e costi cambiamento acquirenti
Anche l'informazione non è perfetta: ha dei tempi di diffusione sul mercato. Ci sono anche
dei tempi con cui la struttura stessa può rispondere a logiche di aumento della propria
capacità produttiva. Anche la struttura distributiva dell'impresa non si adatta
immediatamente a nuovi livelli produttivi. Vi sono dunque problematiche dal punto di vista
della nostra capacità produttiva. Inoltre non tutti i consumatori non sensibili alla leva
competitiva del prezzo. Alcuni sono fortemente legati ai propri fornitori di servizi, e questo
porta la domanda a spostarsi.
ll vantaggio della leadership di costo non si manifesta solo nella riduzione del prezzo.
Se il leader di costo mantiene il prezzo ai livelli medi dei concorrenti, avrà un margine di
redditività più alto --> maggiore redditività --> maggiori investimenti.
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Tanti sono coloro che investono nella leadership di costo. Il più grande distributore al
mondo è WAL MART, che è anche la più grossa impresa al mondo per fatturato.
Essa è un'impresa di distribuzione statunitense.
Wal Mart addirittura fa dei fatturati che le consentirebbero, se fosse un paese, di essere la
ventitresima economia al mondo.
Wal Mart non è un'impresa di produzione, bensì essa compra prodotti finiti da vendere al
consumatore.
Le fonti di basso costo di Wal Mart sono dovuti a:
• approvvigionamento globale di alcuni prodotti e la centralizzazione degli acquisti per
tutti i punti vendita
• rotazione dei prodotti, e ciò contribuisce ad essere più competitivo
• investimenti per automatizzare i punti vendita
• costruzione dei punti vendita in zone periferiche a basso costo
• contrattazioni di tassi di leasing e canoni di affitto privilegiati
• gestione e retribuzione della forza di vendita
• azzeramento del tasso di sindacalizzazione (è per questo motivo che molti lo
odiano).
Tutte le varie aree di costo sono di questa impresa sempre alla ricerca di continue
economie.
Ecco perché Wal Mart è l'esempio classico di leader di costo, che lo ha sempre
contraddistinto.
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● tecnologia di processo
● ri-progettazione del prodotto / del processo organizzativo
● localizzazione delle attività produttive
● modalità di approvvigionamento e distribuzione
● fattori generici di efficienza interna
LE ECONOMIE DI SCALA
“Le economie di scala determinano la riduzione dei costi medi per unità di produzione in
una determinata unità di tempo” (Porter)
“Le economie di scala … si hanno quando un aumento delle risorse impiegate nel processo
produttivo provoca un aumento più che proporzionale dei risultati" (Grant).
La massimizzazione
delle economie di scala si
ha con il
raggiungimento del
DOM.
• non si raggiungono in tempi brevi perché sono date dalle curve di costo di breve
periodo valutate in un ottica di lungo periodo.
• deve avere impianti che possono essere utilizzati per aumentare la capacità
produttiva nel caso in cui le interessi farlo
• massimizzo le economie di scala raggiungendo quel livello di produzione/attività
(DOM) in cui si minimizzano i costi della curva di pianificazione di lungo periodo.
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I limiti all’utilizzo di economie di scala sono:
➢ Eccessiva standardizzazione del prodotto
➢ Minor flessibilità
➢ Difficoltà di gestione
LE ECONOMIE DI SCOPO
Le economie di scopo sono la riduzione di costi medi dovuta all'aumentare dell'estensione
dell'attività dell'impresa.
Riescono infatti ad assorbire costi di carattere generale.
Esse ci consentano di avere dei risparmi che aumentano meno che proporzionalmente
all’aumentare del numero di business in cui l’impresa è impegnata.
Questo va valutato tenendo conto del rapporto tra CF e CV (costi fissi e costi variabili).
Possono dunque scaturire delle economie che mi fanno evitare di avere costi di eccessiva
utilizzazione degli impianti produttivi.
Dobbiamo poi cercare i distinguere:
a) eccessi di capacità ciclici
b) eccessi di capacità strutturali
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Altri fattori di costo sono:
1. tecnologie di processo: produrre beni o servizi sostanzialmente simili a costi diversi
(costi di produzione diversi tra le varie imprese)
2. riprogettazione del processo/prodotto: ri-progettazioni di prodotto che
economizzano sui costi di materie prime / input (es.Pro-printer IBM, che eliminò gli
elementi non necessari all'interno della stampante e capì che gli elementi necessari
erano 50 e non 150/200 come quelli utilizzati dai competitors. Introdusse poi
elementi in plastica meno costosi).
Vendor Managed
Inventory è l’inventario
gestito dal venditore: è
una tecnica applicata in
un contesto di catena di
distribuzione che vede il
controllo, la
pianificazione e la
gestione del magazzino
da parte del fornitore.
EFFICIENZA COMPLESSIVA
L'efficienza complessiva è il modo in cui l’impresa realizza l’insieme delle attività della
catena del valore.
Gli X-inefficiency sono fattori di inefficienza che si possono eliminare senza effetti
significativi di tipo negativo sull’efficienza e efficacia con cui sono svolte le attività
gestionali.
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La Ryanair è la compagnia aerea low
cost con prezzi più bassi.
Come si può notare, Ryanair ha costi
notevolmente inferiori poiché nel
tempo ha acquisito talmente tanta
visibilità sulla domanda che porta i
passeggeri e turismo, dunque gli
aeroporti e le città sono interessati ad
avere questo tipo di vettore (in
Puglia, ad esempio, la regione ha
dato un contributo per far sì che i
velivoli Ryanair atterrassero in quegli
aeroporti).
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- riduzione sistematica x-inefficiencies (questa è stata una strada utilizzata da molte
imprese, che hanno cercato di razionalizzare tutta la loro attività e cercando di individuare
le x-inefficiencies per eliminarle)
2. tramite la riconfigurazione della propria catena del valore (bisogna capire se si
possono delegare ad altri fasi di strategia stessa):
- esternalizzazione di determinate fasi della catena del valore (outsourcing)
- reingegnerizzazione dei processi produttivi
- razionalizzazione dell’insieme di unità produttive (può diventare downsizing) (es.
Electrolux)
- modificazione della posizione che l’impresa copre nella filiera produttiva, attraverso
l’integrazione orizzontale o quella verticale a monte o a valle (l’impresa non è un’isola, ma
è interconnessa con la propria produzione tramite fasi di produzione che coinvolgono
l’intero sistema di produzione).
Ci si può integrare sia con soggetti che sono in una fare orizzontale, oppure con fornitori e
clienti se guardiamo l’integrazione in maniera verticale.
LA STRATEGIA DI DIFFERENZIAZIONE
La strategia di differenziazione cerca di dare qualcosa di unico e distintivo al cliente.
Essa è la capacità di offrire un prodotto o un servizio con determinate caratteristiche che lo
distinguono da quelli dei rivali e a cui il cliente riconosce un valore, in virtù del quale è
disposto a pagare un prezzo superiore (se a parità di prezzo, crescerà la soddisfazione, il
rapporto valore/prezzo e quindi anche la domanda).
Posso anche vendere un prodotto con un premium price rispetto alla concorrenza, perché il
mio prodotto è unico rispetto a quello dei competitors. È proprio per questo motivo che il
cliente è disposto a pagare un prezzo superiore, il quale potrà avere dei grandi vantaggi per
l’impresa poiché se essa riesce a mantenere il prezzo sulla soglia dei rivali, il cliente
percepirà un rapporto qualità prezzo migliore rispetto a quello dei rivali e dunque
aumenterà la domanda.
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• efficacia: gestire in modo più flessibile la leva del prezzo. L’impresa può quindi
fissare un prezzo superiore a quello dei competitors, ottenendo un margine/ una
redditività più importante, senza avere una riduzione della domanda. Infatti la
differenziazione aumenta la disponibilità a pagare da parte del cliente.
• Se questo prezzo è superiore al costo unitario sostenuto per la differenziazione,
l’impresa realizza un margine economico superiore, a parità di altre condizioni, a
quello degli avversari; dispone, quindi, di una maggiore capacità di accaparrarsi di
una quota maggiore del valore creato
• L’incremento del prezzo consentito dal maggior valore che l’offerta differenziata dà a
vantaggio del cliente deve comunque essere gestito con attenzione, perché non
deve andare a scapito della domanda.
MINI
La MINI è percepita dalla
sua clientela come un prodotto molto
differenziato da quello dei
concorrenti sia come forma,
estetica, essenzialità. Essa
si distingue molto dalle altre.
Oggi sono moltiplicati i
modelli ed è possibile avere
colori con forti personalizzazioni
che possono essere apportate.
La personalizzazione rende distintivo il prodotto e anche coloro che guidano questo tipo di
automobile.
Il pubblico di riferimento la riconosce come un prodotto distintivo rispetto agli altri.
Personalità unica, carattere e innovazione, pura eleganza.
L’aspetto della personalizzazione è una delle leve su cui si basa la strategia di
differenziazione.
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d’impresa (fattori sociali, psicologici, emotivi comportamento acquisto clienti) e
anche le qualità delle risorse umane impiegate nel processo d’offerta. Sono dei
fattori che agiscono sulle scelte che facciamo
3. componenti aggiuntive e relazionali: sono legate alle condizione dell’acquisto.
Sono le condizioni di acquisto (facilità) e le caratteristiche del luogo d’acquisto (esperienza),
i segnali di differenziazione al cliente (segnali di mercato: garanzie, pubblicità, investimenti
R&D, sedi prestigiose, prezzo elevato…) e prodotti/servizi complementari che facilitano
condizioni di utilizzo (servizi pre- vendita e post-vendita, manutenzione, velocità di
consegna, …).
Anche il prezzo è un segnale di differenziazione: se il prezzo è molto basso non riteniamo
che quel prodotto sia qualitativamente eccellente. Se invece il prezzo di un prodotto è
molto alto, capiamo già che quel determinato prodotto è qualitativamente molto buono.
Quindi anche il prezzo è un segnale di differenziazione al cliente.
Un altro elemento da tenere in considerazione è che dobbiamo stare attenti che questi
fattori, che abbiamo visto come accessori rispetto al prodotto core, non vadano a minare
l’integrità del prodotto stesso.
ILLYCAFFE’
IllyCaffè è riuscito a
diventare un brand molto
riconosciuto in un settore
che ha elementi di
standardizzazione in sé.
IllyCaffè è considerato uno
dei caffè migliori. Come ha
fatto? Ha lavorato molto
sulle proprie caratteristiche
tangibili e intangibili.
IllyCaffè si è costruito la
reputazione di leader
dell’innovazione.
Illy ha un packaging
assolutamente diverso da
quello di tutti gli altri: il barattolo lo distingue subito. La confezione è molto prestigiosa e
dunque più costosa.
Illy è anche diventato distintivo per aver fatto gli Illy Shop: sono dei punti vendita
unicamente dediti a far percepire al cliente l’esperienza con il brand Illy. Ha sei punti
vendita in Italia.
Illy cerca dal punto di vista con l’approccio al cliente una serie di occasioni per dimostrare la
sua unicità.
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✗ Servizio superiore – FedEx
✗ Disponibilità ricambi in 24 h – Caterpillar
✗ Prestigio – Rolex
✗ Leadership Tecnologica -- 3M Corporation
LA STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE
Essa non è una terza strategia, bensì è l’utilizzo della differenziazione o della leadership dei
costi in un mercato più ristretto.
La strategia di focalizzazione consiste nella ricerca di una posizione di vantaggio assoluto
nei costi di differenziazione in un’area molto circoscritta (una nicchia) del mercato.
Essa può essere considerata una terza strategia competitiva di base, anche se, in effetti,
consiste nell’attuazione di una delle due precedenti in un’area relativamente piccola del
mercato.
Chi fa una strategia di focalizzazione? Di certo non le multinazionali e le grandi imprese.
In linea di massima è sempre stata vista per imprese di piccole dimensioni che hanno
necessità e convenienza a lavorare in nicchie di mercato (sono infatti richieste meno risorse
per operare).
Per nicchia di mercato non si intende una piccola area in senso geografico, ma un certo
target a cui l’impresa, tramite la strategia di focalizzazione, si rivolge.
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2) favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze da parte dell’impresa e
quindi la migliore capacità di raggiungere una posizione di vantaggio competitivo
nella propria area di business
3) riduce la pressione competitiva proveniente dalle grandi imprese che (in condizioni
normali di mercato) tendono ad avere minore attenzione verso le aree di business di
piccola dimensione
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culturali e regolamentari molto diversi da quello di partenza, e ha insiste in se
particolarità e minacce.
IL CONCETTO DI FILIERA
La filiera è l’insieme di lavorazioni e attività conseguenti effettuate per poter trasformare
un insieme di materie prime in un prodotto finito e collocarlo sul mercato.
È un concetto che va dalla produzione/trasformazione fino al mercato (quindi i grossisti
sono soggetti che fanno parte della filiera).
La filiera può comportare il coinvolgimento di molti soggetti o di uno solo che ha deciso di
svolgere tante fasi di quell’attività. Un pezzo di attività, che prima era svolta da un altro
soggetto, va aggiunta a monte.
Maggiore è il numero di fasi di attività svolte all’interno di una stessa impresa, maggiore è il
grado di integrazione verticale di quella impresa.
STRATEGIE DI CRESCITA
LA STRATEGIA DI INTEGRAZIONE
VERTICALE
“L’integrazione verticale è l’internalizzazione di una serie di attività verticalmente correlate
ai fini della produzione di un determinato output” → valore aggiunto.
Queste attività sono delle fasi una legata all’altra con l’obiettivo di arrivare ad un certo
output da collocare sul mercato.
Quindi queste attività sono svolte all’interno di un’impresa, la quale contribuisce ad un
certo valore aggiunto di un output.
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● definizione del modo in cui sono articolati e sviluppati i legami con i soggetti che
svolgono attività a monte e a valle di quelle realizzate dall’impresa (fornitori diretti e
indiretti; distributori diretti e indiretti). I grossisti sono ad esempio distributori
diretti.
● esplicitazione dei criteri per modificare i confini verticali dell’impresa, ovvero il suo
grado di integrazione verticale.
L’integrazione verticale può essere ascendente quando vado ad integrare fasi a monte,
(precedentemente svolte da fornitori), oppure discendente, quindi vado ad integrare fasi a
valle del mio processo.
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Dal momento in cui l’impresa internalizza la produzione di semilavorati, inizia a fare
l’integrazione a monte.
La stessa cosa specularmente la si può vedere a valle: l’impresa decide di non vendere ad
un grossista i prodotti interni, ma decide di fare una vendita al dettaglio, decide di integrare
la vendita all’ingrosso e dunque decide di fare un’integrazione a valle.
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I costi di transazione tendono ad aumentare quando c’è il rischio di comportamenti
opportunistici. Aumentano, ad esempio, in queste situazioni:
• poche informazioni sull’altro contraente
• alta incertezza temporale (condizioni svolgimento nel tempo della transazione)
• elevate difficoltà di controllo
Quindi bisogna aggiungere al costo dell’input anche i costi di transazione, che dovrò
valutare io stesso. Devo considerare anche costi di produzione e costi di struttura.
Zara è un’impresa completamente integrata, in cui le fasi a monte e a valle sono tutte
gestite dall’impresa stessa, dal processo logistico e dalla commercializzazione sul mercato.
In questo modo è riuscita a creare più valore rispetto ai concorrenti.
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L’integrazione verticale ha però anche degli svantaggi:
1. costi eccessivi di amministrazione e coordinamento (es. problemi di lay out
produttivo e di eccesso di scorte; costi di influenza)
2. differenze nella scala di efficienza minima delle varie fasi della produzione
3. aumentano i CF → aumenta CF/CV → siccome aumentano i costi fissi vi è una
minore flessibilità nell’adattarsi alle variazioni quantitative e qualitative del mercato
4. gestione e coordinamento di attività strategicamente diverse (es. business della
produzione e business del retail). Non possiamo solo valutare in base al costo di
produrre all’interno piuttosto che andare ad acquistare all’interno, ma bisogna farsi
delle domanda su cosa possa succedere all’interno della struttura se integro attività
a monte e a valle. Bisogna infatti avere delle competenze ottime per internalizzare
tutta la produzione.
5. l’integrazione verticale rallenta lo sviluppo di competenze distintive (perdita di
specializzazione)
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annullano).
Es. adeguamento dovuto a aumento inatteso prezzo input del fornitore. Soluzioni fixed-
price (beni standardizzati con tecnologia matura o con costi di produzione stabili) e cost-
plus (produzioni complesse e innovative)
Il franchising: sulla base del contratto di franchising, un soggetto (franchisor)
garantisce la fornitura dei propri prodotti o servizi a un altro (franchisee o affiliato)
che si impegna a distribuirli in esclusiva.
Fix prices → legati a beni standardizzati. Se invece ho produzioni complesse e innovative
che cambiano nel tempo, è meglio fissare una logica post plus.
Esempio: quasi integrazione verticale
• Fiat e fornitori di componentistica. Il concessionario è indipendente dal punto di vista
legale, ma dal punto di vista operativo è legato alla casa automobilistica
• Case automobilistiche e concessionari (indipendenti sul piano societario, ma
interdipendenti dal punto di vista economico e delle politiche di marketing)
- tempi di pagamento
- periodi di durata delle promozioni
- spostamento del finanziamento dello stock della filiera verso le fasi a valle → incentivo ad
aumentare sforzi di vendita
• Benetton e rete di punti vendita (tutti i suoi punti vendita sono in franchising)
LA DIVERSIFICAZIONE D’IMPRESA
LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE
La diversificazione si propone di sviluppare la presenza dell’impresa in una molteplicità di
tanti settori, che non devono per forza essere correlati con l’attività che svolgo. Spesso lo
sono. Diversificarsi comporta una serie di implicazioni per l’organizzazione dell’impresa.
Questa scelta va opportunamente valutata.
Davanti all’impresa, nel momento in cui pensa di usare la strategia della diversificazione, si
hanno molti modi con cui attuare questa diversificazione.
Ci sono tre modalità di attuare la diversificazione:
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1. crescita interna (es. Apple, che è nata nell’ambito di PC, entra nella telefonia
cellulare).
2. accordi e in particolare joint venture e licensing (es. Ferrari auto e i prodotti non
core). L’impresa può anche decidere di fare accordi consistenti
3. fusioni o acquisizioni di imprese collocate nel settore verso cui si diversifica (es. P&G
e Gillette). l’impresa si può fondere con un’altra impresa del settore in cui vuole
entrare, oppure acquisisce un’impresa che opera in un altro business in cui vuole
diversificare la propria attività.
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La correlazione tra due settori si manifesta nella:
- utilizzazione di stesse risorse tangibili o intangibili
- condivisione di competenze organizzative (se ad esempio un’impresa ha una grande
capacità di avere un grande potere contrattuale, la può applicare in un altro settore)
- condivisione di approccio strategico (ad esempio nel mercato del lusso, LVMH → si è
integrata nella distribuzione e diversificata in vari settori in cui opera). La natura
merceologica è importante nella correlazione, ma non così tanto perché vi sono altre
logiche che spingono alla diversificazione.
- condivisione di attività e di procedure operative
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produzione/distribuzione di n prodotti, e se questi input sono economicamente
disponibili solo in lotti di una certa dimensione minima (superiore al fabbisogno
richiesto per un solo business), un’impresa che produce tutti questi n prodotti
(multibusiness) consegue economie di scopo
e) sviluppo di un mercato “interno” (capitale da settori mono / oligo-polistici a settori
concorrenziali; risorse umane di alto valore).
f) riduzione del rischio. Ci possono anche essere delle ragioni legate al fatto che la
diversificazione è una strategia legata al ridurre i rischi.
Una diversificazione pura riduce il rischio → riduce la variabilità totale dei rendimenti →
aumenta il valore complessivo dell’impresa. Però dipende dal livello assoluto dei rischi dei
business in portafoglio e dalla posizione competitiva in ciascun settore
g) aumento del potere di mercato dell’impresa: Dumping e Politiche predatorie di
prezzo; Bundling (estendere il monopolio da mercato core a mercato correlato). Ad
esempio: Microsoft → sistemi operativi per PC → pacchetti applicativi → browser.
Si possono creare situazione in cui l’impresa utilizza gli alti margini economici
ricavati da un settore per fare una politica più aggressiva nei settori più competitivi.
La diversificazione può anche essere un modo per ingenerare queste logiche.
h) diversificazione come strategia di riconversione industriale (turnround). In un
momento di crisi l’imprenditore vuole sostituire il settore in cui opera da tempo con
il settore in cui entra.
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STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Essa è una sorta di diversificazione in altri mercati geografici.
STRATEGIA DI INTERNALIZZAZIONE
L’impresa internazionale è caratterizzata dal fatto di gestire in modo permanente attività di
natura economica (commerciale e/o produttiva) in due o più Paesi; l’internazionalizzazione
è quindi riferita alla dimensione reale dell’impresa e non a quella finanziaria.
Essa necessita di un preciso orientamento strategico, della formalizzazione di un piano e di
investimento di risorse, dell’impatto sulla struttura organizzativa (ampiezza e coerenza)
e del coinvolgimento dell’impresa in maniera stabile e significativa in una rete di relazioni
con altri soggetti presenti nelle varie aree geografiche.
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(4) Reazione competitiva nei confronti di un rivale
- band-wagon effect (effetto trascinamento) → un concorrente di trasferisce all’estero, e
dunque ho un effetto trascinante
- exchange of threat → un concorrente si trasferisce all’estero, dunque io posso andare ad
operare nel settore in cui lui vi era prima.
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modelli (modello funzionale che riguarda le varie funzioni che sono parte di imprese non
complesse; modello divisionale, dove si hanno divisioni con varie logiche e si occupano di
imprese più complesse; modelli organizzativi a forma matriciale che vanno adattate a
strutture complesse; ecc).
Vedremo anche aspetti nel modo in cui vado a progettare l’organizzazione → l’aspetto con
cui diamo sostanza strutturale alla forma della strategia.
In fine tocchiamo il tema del capitale umano: i sistemi organizzativi sono formati da
persone.
Le organizzazioni sono infatti entità sociali poiché sono formate da persone.
ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
L’organizzazione aziendale è una forma strumentale che serve per coordinare attività,
compiti, azioni che devono essere svolti in modo da raggiungere un certo obiettivo
aziendale.
L’impresa inizia la sua attività di mercato con l’idea di produrre beni o servizi per soddisfare
certe esigenze, ma bisogna pensare come questa attività core vada svolta → si ha bisogno
di un contesto organizzativo che stabilisca i ruoli, le gerarchie, i compiti e chi coordina lo
svolgimento di questi compiti.
È stato provato che se si lascia ognuno a sé stesso, l’impresa perde valore ma crea valore
nel momento in cui riesce a coordinare il lavoro dei soggetti.
Le imprese sono ovviamente volte alla crescita e man mano che le organizzazioni crescono
hanno anche un maggior numero di persone, i mercati serviti possono aumentare e
dunque si ha un’impresa che cresce e nel momento in cui cresce ci deve essere una
naturale divisione del lavoro e un suo coordinamento.
Ecco perché l’attività di impresa presuppone una struttura organizzativa che sia alla base
per ottenere un buon coordinamento dei ruoli svolti dai componenti dell’organizzazione.
Più la struttura diventa complessa, più lo sforzo organizzativo deve essere importante → la
differenziazione del lavoro si incrementa e va gestita.
70
Il sistema organizzativo è esso stesso un modo per creare vantaggio competitivo. È il
contesto in cui si rinnovano le routine organizzative collettive e dove le strategie si
sostanziano.
È composto dall’interazione dinamica di questi cinque elementi.
Ovviamente non si cambia spesso la struttura organizzativa perché non sarebbe funzionale
all’attività dell’impresa → l’organizzazione deve essere coerente. Nel momento in cui ci
sono cambiamenti sostanziali dal punto di vista strategico, anche l’organizzazione di
conseguenza deve essere rivista.
Dunque mettiamo
insieme ambiente interno ed esterno, e possiamo dire che il sistema organizzativo è fonte
stessa di vantaggio competitivo.
71
• a livello verticale: vuol dire che ci sono rapporti di dipendenza gerarchica (c’è un
capo a cui ci si deve riferire) e c’è una distribuzione dell’autorità che viene
formalizzata (anche tra unità organizzative)
• a livello orizzontale: si assegnano i vari compiti: a ognuno vanno assegnati compiti in
base alle loro capacità e competenze.
C’è anche il problema del coordinamento tra le varie unità organizzative in senso
orizzontale.
Questo schema fa capire che il marketing non è una funzione fondamentale, perché
dipende dalla direzione commerciale → l’organizzazione deve rispecchiare l’orientamento
di fondo e di come l’impresa si vuole muovere sul mercato.
In qualsiasi organigramma vi sono organi di:
- Line → organi che svolgono attività tipiche dell’impresa
- Staff → organi di supporto all’organizzazione, di servizio, che svolgono attività trasversali
per l’organizzazione (es.il personale)
Line + Staff esprimono rapporti di dipendenza formale.
72
Ci sono tre blocchi fondamentali:
1) ruolo: è l’insieme dei compiti operativi che vengono assegnati o richiesti ad una
certa persona che è in una posizione specifica
2) funzione: è una sotto unità composta da un gruppo di persone che lavorano insieme
(dunque ci sono anche logiche di collaborazioni) che hanno competenze, strumenti,
tecniche similari
3) divisione: sotto unità composta da un’insieme di funzioni o dipartimenti che
condividono la responsabilità di arrivare ad un certo output.
Questi tre blocchi sono inglobati l’uno dentro l’altro: divisioni, organizzate in funzioni e
funzioni, organizzate in ruoli
73
LA VALUTAZIONE DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
L’adeguatezza della struttura organizzativa deve essere valutata facendo riferimento ad
alcune variabili critiche:
efficienza: è data dal cercare di valutare che la struttura identificata consenta di
avere l’utilizzo meno dispendioso di risorse (max rapporto input-output)
elasticità operativa: capacità di rispondere ad incrementi quantitativi della
produzione
elasticità strategica: capacità di modificare le caratteristiche qualitative dei prodotti.
Bisogna cercare di adattarsi ai cambiamenti del mercato → l’organizzazione deve
anche consentire di aver un minimo di “ cuscinetto”per rispondere ai cambiamenti
che avvengono sul mercato.
elasticità strutturale: capacità di adeguare la struttura aziendale alle variazioni
ambientali.
Oggi più che in passato sono molto importanti le logiche che consentono di dare elasticità
all’organizzazione che si vuole strutturare e gestire.
I due elementi fondamentali sono dunque efficienza ed elasticità (come flessibilità nei
confronti di cambiamenti strategici, strutturali e operativi).
Oltre a questi tre modelli principali ne abbiamo altri, che sono forme di ibridazione dei
precedenti:
1) modelli a matrice
2) modelli reticolari
Queste forme vanno adattare alla capacità e competenze che si vengono a creare.
MODELLO FUNZIONALE
Il modello funzionale (che è il modello più semplice e si adatta di più ad imprese di piccole
e medie dimensioni → in Italia lo troviamo spesso) privilegia l’efficienza rispetto
all’elasticità.
Solitamente è utilizzato per imprese piccole che devono valorizzare meglio economie
legate all’esperienza.
Il modello funzionale ripartisce le responsabilità organizzative di primo livello basate sulle
funzioni aziendali.
Esso è un modello tendenzialmente rigido.
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● elevata specializzazione funzionale (le unità organizzative sono create sulla base di
compiti comuni in base all’input e alla natura delle attività → vantaggi di scala e di
apprendimento)
● elevata rigidità strutturale (poca elasticità strutturale e strategica) → questa è una
debolezza
● elevata efficacia ed efficienza in caso di:
- imprese di modeste dimensioni aziendali (altrimenti si accresce troppo il carico di
lavoro di «integrazione» tra funzioni della direzione)
- bassa differenziazione di prodotto e a ciclo di vita lungo
- tecnologia e ambiente stabile
● metodi di attenuazione della rigidità funzionale
MODELLO MULTI-DIVISIONALE
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Il modello multi-divisionale ripartisce le responsabilità organizzative di primo livello basate
sulle unità di business (prodotti/categorie di clienti/mercati geografici).
Questo modello si organizza per tipologie di prodotti e tipologie di clienti.
Quando parliamo di modelli basati sulla logica divisionale, spesso bisogna tenere in
considerazione che ci si può trovare di fronte a modelli la cui suddivisione in divisioni può
avvenire su due livelli:
1) direzioni centrali a livello corporate per le attività di supporto a tutta l’impresa.
Queste direzioni svolgono:
- attività di supporto (catena del valore) creatrici di valore
- snellimento delle divisioni che favorisce la loro focalizzazione sul business
- elevata complessità nelle attività condivise a livello corporate (possibile
disallineamento degli obiettivi della direzione centrale con quelli delle altre divisioni)
e elevati costi di coordinamento. Maggiore è l’autonomia delle direzioni, più ci
possono essere degli scostamenti dagli obiettivi generali → questo è sempre il
problema di quando si affidano gradi di autonomia.
2) divisione autonoma (di servizio) che “serve” le altre divisioni dell’impresa (business
captive)
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Il modello multi-divisionale è stato adottato da Wal Mart:
LA FORMA HOLDING
Vi è una suddivisione più forte e una maggiore autonomia delle divisioni.
In questo modello vi è un’autonomia giuridica delle divisioni (legami deboli con
Capogruppo).
Vi sono due categorie di forme a holding, in funzione del ruolo svolto dalla Capogruppo:
● HOLDING FINANZIARIA: finanziaria di gestione (interdipendenze intangibili) →
gestisce delle forme d interdipendenza con le altre società del gruppo
- coordinamento dell’attività finanziaria
● HOLDING OPERATIVA: Caposettore- Capogruppo (interdipendenze operative) → non
hanno legami di tipo finanziario ma di tipo operativo. In questo caso i business sono
molto interconnessi tra loro e l’integrazione tra le varie attività di filiela è forte come
77
quella a monte o a valle. La Capogruppo ha un ruolo di forte corrdinamento
- elevata integrazione dei business (verticalmente ed orizzontalmente)
- attività di coordinamento della capogruppo
- articolazione delle divisioni basata su: unità di business (a loro volta strutturate per
funzioni), progetti (nella struttura per progetti)
LA STRUTTURA A MATRICE
La struttura a matrice tiene in considerazione due modalità con cui viene suddivisa
l’organizzazione. Le responsabilità organizzative sono definite adottando due (o più) criteri
di specializzazione; ad ogni criterio corrisponde una linea di autorità.
In questo caso la
divisione per prodotto si
va ad intersecare nella
divisione per mercato.
È una matrice 4x4.
Agire con una struttura a matrice significa trovare delle soluzioni che sono particolarmente
efficaci quando si hanno alcune condizioni di mercato particolari:
• dimensioni medio – grandi → questo modello non va bene per organizzazioni troppo
estese in quanto sarebbe difficile da gestire
• prodotti a breve ciclo di vita, ovvero prodotti che nascono e trovano il declino in
breve tempo (nel giro di qualche anno)
• necessità di svolgere attività interne di sviluppo tecnologico
• strategie di segmentazione e forte differenziazione
Il modello a matrice è ritenuto l’evoluzione della struttura divisionale o a holding.
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Questa è l’evoluzione del
modello adottato da Wal
Mart dove i prodotti si
intersecano con le aree
presenti
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I modelli puri nella realtà sono difficili da trovare in quanto spesso vengono integrati con
degli integratori
IL CAPITALE UMANO
L’organizzazione è fatta di persone, di ruoli e compiti svolti da persone.
Esso è strettamente connesso a logiche organizzative e rientra nel capitale intangibile
dell’impresa. L’organizzazione deve anche porsi l’obiettivo di sviluppare il capitale umano, e
dunque si parla di modi con cui fidelizzare il personale e farlo crescere.
Il capitale umano rientra nel capitale intangibile dell’impresa: capitale umano vs capitale
organizzativo.
Si possono fare degli interventi per sviluppare il capitale umano
• fedeltà del personale: fidelizzare il personale
• cultura organizzativa: modo con cui l’organizzazione trasferisce i propri valori ai
dipendenti
• ricambio generazionale
• valutazione: il personale deve essere valutato
• retribuzione e incentivazione
STRUMENTI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE
formazione
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percorsi di carriera
- lineare
- da esperto
- a spirale
allineamento strategico del sistema di compensation: riguarda i sistemi di
retribuzione. Non solo lo stipendio incentiva il personale.
Ma, ad esempio, essere il migliore comporta un premio a livello economico oppure un
regalo materiale sprona il lavoratore.
L’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO
La conoscenza si trasferisce tra individui e tra questi e l’organizzazione → meccanismo
circolare di creazione di nuova conoscenza
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Nel tempo questo concetto si è evoluto ed è cambiato. Il fatto che il termine si sia evoluto,
non significa che tutte le imprese hanno utilizzato il termine marketing con gli stessi
contenuti.
Oggi ci sono ancora delle imprese che hanno un orientamento al prodotto, più che alla
creazione di valore.
Il marketing concept si è orientato all’impresa: produzione → prodotto, vendite, mercato.
Oggi si parla di co-creazione di valore.
COS’E’ IL MARKETING?
Il marketing inizia a svilupparsi negli USA negli anni ‘50.
In Italia questo concetto ci ha messo parecchio tempo ad entrare.
È una modalità di gestione con cui si dà sostanza alla strategia d’impresa.
Il termine è di derivazione anglosassone e ha una matrice che deriva dal termine ‘market’
(mercato) e ‘to market’ (operare).
Il concetto di mercato è fondamentale nel marketing → modalità di svolgimento per il
mercato sul mercato.
Vi sono due principali definizioni di marketing:
1) Una prima definizione vede il marketing come la modalità di gestione con cui si
opera sui mercati per realizzare gli scambi (lo scambio è il concetto base dell’attività
di mercato), in base ai quali il singolo e i gruppi ottengono quanto necessario per
soddisfare i bisogni e i desideri umani.
2) Una seconda definizione vede il marketing come un processo con cui le imprese
creano valore per i clienti ed instaurano con loro solide relazioni al fine di ottenere
in cambio ulteriore valore e/o successo di mercato.
In questa seconda definizione abbiamo un “processo”, che non si esaurisce con uno
scambio. Qui è messo in evidenza la creazione di valore, mentre nella prima definizione il
marketing serve alle persone come soddisfacimento.
Le relazioni sono di lungo periodo, non sono spot.
Il concetto di
marketing lo si vede all’interno di organigrammi aziendali con una “funzione marketing”.
82
Marketing è una modalità analogica da applicare in molti contesti e non solo al mondo di
imprese in senso stretto.
Anche comuni, città, imprese no profit fanno marketing.
Il marketing in realtà è estremamente pervasivo ed è un’attività che si può trovare in tutte
le attività pubbliche e private.
È il modo in cui si fa marketing che può essere diverso.
Tutte le imprese e le istituzioni “fanno marketing”:
- anche le imprese/istituzioni più piccole
- anche quelle che dichiarano di non avere risorse per fare marketing
Non tutte le imprese/istituzioni però sono “orientate al marketing”
Il marketing nel tempo si è andato specializzando ed evolvendo.
83
Questo tipo di orientamento si sviluppò all’inizio del secolo scorso. Ford sosteneva che si
potesse avere una qualsiasi auto purché fosse una Ford T e fosse nera. Questo non era
orientamento al mercato. In questo tipo di mercato l’importante era solo produrre per far
fronte ad una domanda che continuava a chiedere un determinato prodotto.
Ford capì questo aspetto e sfruttò l’accesso di domanda, offrendo un bene standardizzata
che soddisfava i bisogni di base.
Bisognava stare attenti all’efficienza del costo perché a quell’epoca si cercava di rendere di
massa un bene che fino a quel momento non lo era.
ORIENTAMENTO AL PRODOTTO
84
Negli anni ‘80 vi è un indebolimento della domanda → cambiano quindi le condizioni del
mercato.
Non basta fare prodotti eccellenti, ma bisogna spingerli sul mercato.
Si iniziò qui a parlare di marketing, anche se visto come forma promozionale per vendere il
prodotto sul mercato.
Si parla tantissimo di vendita, quindi ci si concentra sulla transazione e non sulla relazione.
La transazione è un concetto spot, mentre la relazione è un concetto di lungo periodo (il
cliente è fidelizzato all’offerta).
Tutta l’attività di marketing è ridotta ad una logica di ‘hard selling’: l’importante è vendere;
anche se il prodotto non soddisfava al meglio il cliente, non importava poiché ciò che era
importante era la vendita (vi era una vendita ma si perdeva un cliente).
L’importante era vendere il proprio prodotto, tanto che a volte le logiche di vendita erano
molto aggressive.
ORIENTAMENTO AL MARKETING
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Nell’orientamento alle vendite il driver principale è ancora la produzione. Il focus è sui
prodotti esistenti da collocare sul mercato.
Mentre nell’orientamento al mercato è il mercato che guida. Si parte dal capire i bisogni dei
clienti sul mercato.
Le leve su cui si fa presa nell’orientamento alle vendita sono le vendite aggressive e la
promozione; nell’orientamento al mercato si fa leva sul marketing integrato.
Gli obiettivi nell’orientamento alle vendite sono quelli di creare profitti, generati dai volumi
di vendita; nell’orientamento al mercato invece i profitti sono generati dalla soddisfazione
del cliente.
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Il marketing è un concetto che
mette al centro il cliente
utilizzatore.
Intorno ci sono le leve operative.
Prodotto, prezzo, distribuzione e
promotion servono all’impresa per
dare sostanza alla messa al centro
del cliente tendendo conto che
essa stessa fa parte di un ambiente
esteso.
Tutte le componenti che si trovano
sulla fascia più esterna fanno parte
dell’ambiente esteso.
IL MARKETING MANAGEMENT
Quando si parla di marketing come processo di parla dell’attività di gestione del marketing,
dunque si parla di marketing management.
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Association, 1985 → questa prima definizione vede il marketing come un insieme di leve
operative con cui si dà luogo allo scambio
“Consiste nella creazione, mantenimento, gestione e sviluppo delle relazioni coi clienti, così
da raggiungere gli obiettivi delle due parti. Questo scambio si ottiene attraverso lo scambio
reciproco e la realizzazione delle promesse”- Gronroos, 1990 → è una prospettiva di
marketing relazionale.
IL PROCESSO DI MARKETING
Nell’ottica del marketing management il marketing è un processo.
Il processo di marketing si può definire come un insieme di attività che permettono
all’impresa di:
• interagire con il cliente per capirne i bisogni
• identificare, progettare, consegnare valore per il cliente, ridisegnando e
riconfigurando la catena del valore
Solo dopo aver capito cosa vogliono i miei clienti (fase analitica), vado a definire una
strategia di marketing.
Dopo aver definito la strategia, posso implementare il programma di marketing utilizzando
le leve che ho a disposizione in modo da creare un valore superiore.
Solo dopo posso instaurare relazioni con il cliente per garantire la massima soddisfazione.
Se sono riuscito a fare bene tutto ciò, ci sarà il ritorno di valore dal cliente.
La fase di identificazione del valore è quella in cui vado a capire il mercato e le sue esigenze
→ si parla di segmentazione del mercato (suddividere il mercato in segmenti poiché non
tutti i clienti sono uguali e non hanno tutti la stessa necessità).
Dopo posso capire se mi interessa agire su tutti i target del mercato → si parla di selezione
del mercato.
Poi definisco il mio posizionamento sul mercato.
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Dopo questo, utilizzo la strategia di marketing per dare sostanza a quel posizionamento e
vado a lavorare sulla mia offerta per creare valore → sviluppo del prodotto/servizio.
Poi bisogna anche riuscire a consegnare questo valore al cliente utilizzatore mettendo in
atto le attività di marketing operativo.
IL MARKETING STRATEGICO
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Si va a spiegare cos’è il piano di marketing all’interno delle logiche più complessive
dell’impresa e ci si occupa di alcuni aspetti fondamentali del marketing strategico:
- segmentazione: segmentare il mercato
- targeting: scegliere uno o più target di quel mercato
- posizionamento: implementare una strategia che mi permetta di arrivare a quei target
Il marketing diventa l’aspetto strategico che ci permette di prendere delle decisioni, e
bisogna dunque capire l’orientamento al mercato (di cosa hanno bisogno i clienti).
90
Mentre in passato era spesso la produzione che dava le regole, oggi è il marketing analitico
che spinge a prendere le decisioni corrette e ad informare tutte le attività aziendali e
strategiche.
IL MARKETING STRATEGICO
Ora andiamo a specificare cosa significa fare marketing strategico.
l’attività di pianificazione e di marketing ha dei livelli:
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● fase analitica → marketing strategico
● fase operativa → marketing operativo
Il marketing strategico serve a porre e definire le strategie di mercato che sono la base per
operare.
Le scelte fondamentali del marketing strategico sono da dividere due due livelli:
1. macro- segmentazione: è l’ambito competitivo in cui andare a collocarsi
2. micro- segmentazione: si suddivide in segmentazione e targeting.
Una volta definito il business bisogna capire quali sono i clienti a cui rivolgere
l’offerta. Ovviamente i clienti non sono tutti uguali, ed ecco che bisogna segmentare
il mercato che si ha difronte. In quel mercato bisogna capire se vi è un gruppo di
clienti che può essere considerato diverso dagli altri, poiché se è diverso si può
decidere di servirlo con politiche di marketing differenziate in quanto sono diversi i
bisogni, i desideri di quel target. Non è detto che l’impresa sia interessata a tutti
questi gruppi. In seguito si decide su quanti segmenti si va ad operare. Dopo di che
ci si va a posizionare sul mercato → strategia di differenziazione.
MACRO-SEGMENTAZIONE
La macro-segmentazione, in termini di segmentazione con il mercato, bisogna cercare di
rispondere ad alcune domande:
• quali sono i diversi gruppi di clienti potenzialmente interessati al prodotto (chi?)
• quali sono i bisogni da soddisfare o le soluzioni da trovare (che cosa?)
• quali sono le tecnologie esistenti e le attività in grado di fornire tali funzioni (come)?
Queste dimensioni possono essere rappresentati con uno schema tridimensionale.
92
La DIVERSITA’ dei bisogni dei clienti è la motivazione principale per la segmentazione del
mercato.
I segmenti devono essere omogenei al loro interno e, al contempo, diversi tra loro, tali da
giustificare politiche di marketing diverse.
Una volta che ha segmentato, all’impresa interessa riuscire a capire quali sono i segmenti
più attrattivi che essa può servire con efficacia e/o efficienza.
Quando si parla di segmentazione del mercato, bisogna tener conto che non ci sono solo
dei consumatori ma spesso ci si trova ad operare anche nei mercati dei beni industriali:
a) mercati di consumo (B2C)
b) mercati industriali (B2B)
VARIABILI GEOGRAFICHE
• ragione o nazione: le variabili geografiche possono essere legate alla residenza in un
certo luogo. Ci sono differenza tra paesi, in quanto può essere diverso il clima, la
cultura e la storia
• dimensione aree urbane
• densità della popolazione: ci possono essere delimitazioni anche su dimensioni di
aree urbane, suburbane o rurali.
• clima
VARIABILI DEMOGRAFICHE
• età: la variabile età è molto utilizzata ed è significativa nelle preferenze tra le varie
classi di età
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• sesso: inoltre basti pensare a quanto siano diverse le preferenze tra maschi e
femmine
• livello di istruzione: anche il livello di istruzione si ripercuote sulle scelte d’acquisto
che si fanno
• professione
• dimensione del gruppo familiare e lo stadio del ciclo di vita familiare
VARIABILI SOCIO-PSICOGRAFICHE
Sono quelle che riguardano le caratteristiche personali del consumatore.
Gli stili di vita determinano un certo comportamento del consumatore → stile di vita
(tradizionalista, sofisticato, alla moda…); personalità (mite, amichevole, aggressiva,
distaccata…).
Eurisko ha fatto un’analisi sugli stili alimentari degli Italiani e ha trovato che ci sono sette
classi:
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VARIABILI COMPORTAMENTALI
• consumatori vs non consumatori
• consumatori vs acquirenti → comportamento di consumo (consumatore) vs
comportamento di acquisto (acquirente). Non sempre consumatore e acquirente
coincidono. I comportamenti d’acquisto e i comportamenti di consumo sono diversi
• fedeli vs non fedeli. Ho un comportamento fedele se ho un preferenze nei confronti
di un determinato brand. Oggi la fedeltà della clientela è un po’ in calo, ma ciò non
significa che la fidelizzazione non sia un obiettivo che le imprese non ricercano, in
quanto le preferenze portano più entrate sicure all’interno dell’impresa. Inoltre chi è
fedele è meno attento alla leva del prezzo.
I principali motivi per cui la fidelizzazione è importante dal punto di vista
dell’impresa sono:
1) vendite continuative
2) vi è una minore attenzione al prezzo e ciò consente di avere migliori margini
3) i clienti fedeli sono meno costosi da gestire → all’impresa costa meno avere un
cliente fedele piuttosto che andarne a cercare altri
SEGMENTAZIONE COMPORTAMENTALE
La segmentazione comportamentale tiene conto del rapporto con il prodotto/servizio
prima, durante e dopo il consumo
• conoscenza del prodotto
• atteggiamento
• occasione d’uso (uso regolare; contesti speciali di utilizzo)
• status di utilizzatore (non utilizzatore, ex, potenziale, nuovo, regolare)
• benefici ricercati (qualità, servizio, rapidità, risparmio…)
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Il rischio può essere:
a) economico → il prodotto costa di più rispetto alla media
b) funzionale → prodotti non in linea con le aspettative
c) sociale → a volte non si fanno determinate scelte d’acquisto perché si pensa di poter
incorrere ad una sanzione da parte di amici e conoscenti se non è allineato ai gusti
della società.
Solitamente il rischio viene misurato in: alto, medio e basso.
Quando ci interessa molto un prodotto, si parla di grado di coinvolgimento il quale, anche
esso, viene suddiviso in alto, medio e basso.
L’occasione di utilizzo può portare all’acquisto di brand diversi.
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In base alla segmentazione derivano le decisioni di marketing operativo che verranno
prese.
IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO
Bisogna cercare di capire le motivazioni che spingono a fare un certo acquisto, il processo
d’acquisto, chi è il responsabili degli acquisti, dove si va ad acquistare (ciò non solo è
importante per i consumatori ma anche per i distributori), momento dell’acquisto e quanto
si acquista.
Nel momento in cui si parla di comportamento d’acquisto bisogna fare attenzione perché
esso è anche soggetto agli stimoli che si ricevono nei momenti in cui si pensano e si fanno
gli acquisti → bisogna tenere in mente elementi cognitivi sia aspetti
emozionali/emotivi/affettivi che entrano in gioco nel momento in cui si valuta un
prodotto/servizio e si fa una scelta.
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IL POSIZIONAMENTO
Il posizionamento è la collocazione ideale che il prodotto deve avere nella mente del
cliente. È il modo in cui il cliente ha in mente un certo brand, un certo prodotto, un certo
servizio.
Il posizionamento consente di formulare una proposizione di valore: l’offerta occupa una
posizione precisa nella mente, corrisponde ad una specifica motivazione → l’offerta tende
ad assumere una posizione ben connotata nella mente del cliente.
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È stata creata una mappa in cui si posizionano, rispetto a questi due parametri, i brand di
Aspirina.
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Questa era la pubblicità di Ferrarelle poco
tempo fa.
Avevano cercato di posizionare per
attributo, giocando sull’effervescenza
naturale
100
LA MARCA
La marca ha tre componenti:
1) componente identificativa
2) componente percettiva
3) componente fiduciaria
Queste componenti consentono di definire la brand equity, cioè il valore della marca →
valore differenziale del valore riconosciuto dal consumatore, risultato di come la marca è
gestita nel tempo
101
IL MARKETING OPERATIVO
102
Il posizionamento deve essere trasmesso in quelle che sono le leve di marketing con cui
l’impresa può operare e dunque vedremo le leve del marketing mix, cioè le leve delle
quattro P:
1. prodotto
2. prezzo
3. comunicazione
4. distribuzione
Il marketing mix deve tener conto del target di mercato dell’impresa e va valutato in base
ad esso.
Ecco allora che la prima leva (prodotto) viene connotato in alcuni elementi:
• qualità: il livello qualitativo del prodotto può avere aspetti variegati a seconda del
livello del soggetto a cui la qualità è riferita. Quello che il target market considera è
la qualità percepita: ognuno di noi ha una percezione del livello di qualità del
prodotto che può differire → tutto ciò che è percepito è individuale. Vi è una qualità
oggettiva legata a standard qualitativi, ma al target market interessa la qualità
percepita e l’impresa può avere dei margini per andare ad operare
• varietà: l’ampiezza e la varietà della gamma offerta dell’impresa. Anche la varietà è
un requisito legato al prodotto
• design
• packaging: è un modo con cui il prodotto comunica il suo valore. È un elemento che
riveste il prodotto, di cui ci dà informazioni
• brand
• service: componenti di servizio che ci permettono di rendere un certo prodotto più
attrattivo, funzionale. Anche il servizio rientra nell’ambito delle decisioni delle
politiche di prodotto del marketing mix
• garanzia: soprattutto per i beni durevoli la garanzia è un elemento fondamentale →
ha spesso portato i governi ad uniformare il periodo di garanzia che vengono
venduti all’interno di una determinata area geografica.
La garanzia è un attributo di servizio.
103
La fissazione del prezzo è un altro elemento del marketing mix particolarmente importante
perché esprime un’azione sul valore di ciò che si va ad acquistare sul mercato.
Esso è dunque un elemento che spesso è stato utilizzato, e lo è tutt’ora, come un annesso
della qualità, un’informazione che di dice il livello produttivo di un prodotto.
Il prezzo viene fissato dalle imprese tramite certe logiche, esso infatti ci dice anche tanto di
quelli che sono i costi dell’impresa.
Ci sono modelli di fissazione di prezzo che prendono in considerazione: costi, domanda e
concorrenza. Gli elementi a cui fa riferimento il prezzo sono:
• livello: il prezzo va valutato secondo un certo livello e facendo riferimento ai varie
target di marketing
• sconti: servono a rendere più attrattiva l’offerta che vanno però ad impattare la
redditività dell’impresa
• discriminazione: si può agire applicando prezzi diversi per diversi target market
• pagamenti
104
• Web & Social marketing: Oggi è importante riuscire ad attivare e a guidare le spinte
che provengono dai social.
Prendiamo come esempio un’impresa che decide un obiettivo strategico che è quello di far
variare nel corso dell’anno i profitti di un 5%.
Questa impresa ha deciso che vuole aumentare i profitti, aumentando la penetrazione
tramite i punti vendita in cui è già presente → ad esempio si va ad aumentare il numero di
prodotti rispetto a quello di altre imprese. Ci sono n possibilità che si possono avere.
Ora si entra nella parte operativa: come si può portare a casa l’obiettivo tramite le strategie
del marketing mix?
Si può agire sul prezzo (aumentandolo) ottenendo un effetto di differenziazione, oppure lo
si può diminuire sperando di avere un maggior numero di clienti (si ha un effetto di
elasticità).
Bisogna valutare quale decisione intraprendere.
Se si va ad incrementare il livello di prezzo, questo avrà delle ripercussioni su tutte le altre
leve.
Si può anche agire sulla comunicazione: invece che utilizzare la leva del prezzo si riesce ad
ottenere una leva dei profitti comunicando al meglio al mercato la leva del mio prodotto →
si può fare una campagna pubblicitaria che mi incrementi le vendite. Bisogna poi capire
quanto agire su queste leva, e bisogna fare delle simulazioni.
Normalmente non è solo agendo con una leva che si ottiene un obiettivo, ma lo si può
ottenere tramite la combinazione delle varie leve.
1) LA POLITICA DI PRODOTTO
105
La politica di prodotto ha un obiettivo specifico perché il prodotto deve rispondere a delle
esigenze: deve cercare di soddisfare i benefici ricercati dalla domanda.
Il prodotto soddisfa delle funzioni d’uso e va anche ad interpretare, stimolare e
rappresentare qualcosa che è simbolico.
La politica di prodotto, oltre a soddisfare elementi funzionali e di tipo simbolico, deve
rendere possibili delle esperienze, entrando a far parte del vissuto delle persone.
Quindi il prodotto deve essere:
1) funzionale
2) simbolico
3) esperienziale
107
I LIVELLI DEL PRODOTTO
Dal punto di vista del marketing si possono individuare tanti livelli del prodotto.
Il prodotto può essere definito come paniere di attributi (vantaggi ricercati da clienti):
vantaggio essenziale (core benefit): funzione di trasporto (viaggiare seduti, senza
camminare)
prodotto generico (versione base): auto, bicicletta, moto, aereo
prodotto atteso (insieme di attributi attesi): automobile a 5 posti, riscaldata.…
prodotto ampliato (insieme di attributi che distinguono dalla concorrenza): servizi
aggiuntivi rispetto alla configurazione standard (airbag, navigatore, video…)
prodotto potenziale (insieme di attributi futuri): espansioni ulteriori possibili (a
idrogeno non inquinante, radar…)
1. core
2. beni o servizi di
agevolazione
3. beni o servizi di
supporto
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Il portafoglio prodotti va contraddistinto in:
● ampiezza e profondità di gamma
● coerenza di linea
● gestione del ciclo di vita (CDV)
● sviluppo di nuovi prodotti
● eventuale revisione del portafoglio esistente
109
Il singolo prodotto va monitorato. all’interno del portafoglio prodotti si hanno tante linee e
tanti prodotti.
Le decisioni da prendere saranno suddivise su questi tre livelli:
• singolo prodotto: devo monitorate e gestire alcuni aspetti (se introdurre un
determinato prodotto, aggiornare il prodotto o anche eliminarlo dalla linea di
prodotti)
• decisioni sulla linea di prodotto
• portafoglio di prodotti
Le valutazioni sui prodotti vengono fatte tenendo conto di cosa fanno i concorrenti e se la
domanda è soddisfatta rispetto al prodotto che l’impresa offre.
Queste decisioni vengono prese sulla base di indicatori di mercato:
• dati su prestazioni
• valutazioni dei consumatori
110
● estensione ampiezza: andare a lavorare sulle linee di prodotto, e quindi andare a
coprire linee di prodotto in nuovi mercati o mercati in cui l’impresa può far risaltare
meglio le proprie capacità, ampliando le proprie linee
● estensione profondità
● coerenza di linea: è fondamentale ed inevitabile. Bisogna tenere una coerenza
interna alla linea ma anche alle altre linee di prodotto.
● riduzione di portafoglio: è un aspetto eventuale in quanto bisogna tenere in
osservazione tutti i dati di mercato che indicano l’andamento del prodotto sul
mercato
111
A seconda delle fasi in cui il
prodotto è, sono diverse le
politiche che si possono fare
a supporto.
Nella fase dell’introduzione si
devono sostenere più costi
che profitti, in quanto anche
se le vendite iniziano ad
aumentare non sono
sufficienti per coprire i costi
di produzione e di lancio del
prodotto.
Nella fase dello sviluppo si
inizia ad avere profittabilità, per cui si riesce non solo a coprire i costi ma anche ad avere un
certo margine.
In maturità c’è un rallentamento delle vendite, le quali si stabilizzano.
L’impresa deve sapere in che stadio di vita si trova, poiché, a seconda dello stadio,
cambiano anche le politiche di marketing.
112
Su moltissimi prodotti che vengono lanciati, a sei mesi dal lancio pochissimi di questi
prodotti rimangono sul mercato e i motivi possono essere vari (posizionamento del prezzo
rispetto ai concorrenti ecc).
2) LA POLITICA DI PREZZO
Qual è il prezzo a cui si vanno a vendere i singoli modelli di prodotto sul mercato? Si parla
di politica di prezzo. Spesso il prezzo è legato al livello qualitative del prodotto, ma non è
sempre così. Il prezzo è un’informazione immediata sul prodotto e sull’impresa stessa, ma è
anche una leva molto flessibile per rispondere a cambiamenti immediati o ad azioni dei
concorrenti che si hanno sul mercato. Però non si può cambiare il prezzo troppo spesso:
infatti si potrebbe confondere la domanda. Il prezzo è una leva flessibile ma anche
estremamente potente.
Il prezzo è l’espressione più immediata del posizionamento e la più flessibile tra le leve di
marketing. Obiettivo della sua gestione è cercare il miglior equilibrio fra tipologia di
prodotto offerta e sua percezione da parte della clientela, obiettivi di profitto dell’azienda,
posizionamento e situazione competitiva del mercato.
Inoltre esiste un sistema di prezzi.
113
- concorrenza (numero, dimensione, caratteristiche, ecc.)
- eventuali vincoli normativi o regolamentali
PRICING: COERENZA
Il prezzo va fissato con coerenza.
Coerenza con:
target di clientela (discriminazione dei prezzi) e posizionamento del prodotto
ciclo vita del prodotto ed effetti sul resto dell’offerta
altre leve del marketing mix
qualità del prodotto
114
- elasticità della domanda al prezzo: sensibilità della quantità domandata di un certo
prodotto/servizio al variare del suo prezzo
115
Si può notare che la comunicazione è un processo circolare, in cui rientrano vari elementi:
innanzi tutto vi è la fonte emittente: chi comunica. Essa deve fare passare un certo
messaggio attraverso il canale di comunicazione. Il messaggio, per riuscire ad arrivare nella
sfera del ricevente, ha bisogno di una codifica → l’emittente deve cercare di rendere il
contenuto del messaggio comprensibile. Il soggetto a cui viene emesso (destinatario) deve
fare un processo di decodifica per comprendere il messaggio che gli viene inviato. Il
messaggio è filtrato tramite il campo di esperienza.
Nella comunicazione, essendo un processo circolare, il destinatario dà agli input ricevuti
una certa risposta. Le risposte possono essere molteplici e ci può essere una forma di
feedback da parte del destinatario. Questi feedback sono molto importanti, vanno
analizzati e vanno a chiudere il processo che si può poi riavviare.
Durante il processo ci possono essere elementi di disturbo e quindi la comunicazione non è
un processo in cui tutto va come è stato pianificato → questi elementi di disturbo possono
andare ad interferire in questo processo.
Più l’elemento è competitivo, più gli elementi di rumore possono essere presenti.
116
comunicazione di marketing, insieme degli strumenti di comunicazione usati nelle
relazioni col mercato dei clienti finali e intermedi: basata su prodotti e servizi.
COMMUNICATION MIX
Quali sono le leve di comunicazione?
117
P/q =
prezzo/qualità
118
STRUMENTI DI COMUNICAZIONE: PROMOZIONE DELLE VENDITE
119
STRUMENTI DI COMUNICAZIONE: PUBBLICHE RELAZIONI
120
STRUMENTI DI COMUNICAZIONE: LA FORZA DI VENDITA
121
Una volta eseguiti tutti gli step della comunicazione, vi è la misurazione dei risultati. Vi
sono vari indicatori che mi permettono di fare un monitoraggio dei risultati:
● numero contatti lordi: numero di soggetti esposti a un certo messaggio
● numero di contatti netti: numero di individui colpiti almeno una volta dal messaggio
● copertura netta: rapporto tra numero contatti netti e numero appartenenti al
segmento target
● frequenza media: rapporto tra numero contatti lori e numero contatti netti in un
certo lasso temporale
4) LE POLITICHE DI DISTRIBUZIONE
123
1) canale distributivo diretto: il produttore va direttamente alla domanda, vendendo al
consumatore
2) canale distributivo indiretto, il quale può essere di due tipi:
• canale distributivo indiretto corto: vi è un solo intermediario tra la produzione e il
consumo
• canale distributivo indiretto lungo: vi sono più intermediari che operano a cascata.
Nei canali distributivi indiretti vi sono degli altri soggetti (agenti) che possono agire: sono
intermediari diversi dai grossisti e dai dettaglianti perché non acquisiscono la proprietà
della merce.
Esempio
124
INTERMEDIARI DI MARKETING
Un intermediario commerciale è un’azienda indipendente che opera come raccordo tra
sistema della produzione e mercato finale della domanda (consumatori o utilizzatori finali).
Vi sono due forme di intermediari:
● i grossisti e i dettaglianti sono operatori che acquistano in conto proprio i beni, ne
acquisiscono la proprietà e assumono i rischi di mercato
● gli agenti/rappresentanti mediatori (import-export, traders, broker) sono operatori
che effettuano attività di rappresentanza e promozione e vendita per conto di terzi,
senza acquisire la proprietà dei prodotti e senza assumere rischio.
Una volta deciso il tipo di canale, bisogna decidere se utilizzare un solo canale o più canali.
125
Si è molto esteso il
canale di
intermediari. Ciò
significa andare verso
una logica molto
spinta di
multicanalità.
126
CAPITOLO 15. I SERVIZI (Dispensa)
Il settore terziario nel tempo ha creato un settore molto importante nelle economie
avanzate, pertanto bisogna cercare di capire cosa siano i servizi e sottolineare le loro
peculiarità.
I servizi sono molti diversi dai beni tangibili.
Osserveremo le peculiarità che il marketing assume nel capo del settore dei servizi.
Molte imprese manifatturiere utilizzano dei servizi con un’accezione diversa, in un ottica di
service-dominant logic.
È interessante
osservare qual è il
numero di imprese
nei settori
industriali rispetto
ai servizi.
Vi sono anche
moltissime piccole
imprese,
microimprese.
127
Esempi: Imprese di servizi
QUALI SERVIZI?
Quando si parla di servizi bisogna ricordarsi la seguente bipartizione:
a) servizio come prodotto (sono immateriali, intangibili, di norma non
trasportabili, non immagazzinabili e istantaneamente deperibili.
Es. assicurazioni, servizi bancari, svaghi, divertimenti, trasporti, ecc.
b) servizio come integrazione al prodotto (attività svolte dai venditori o altri soggetti in
abbinamento alla vendita di un bene materiale, a supporto di transazioni o per
facilitare l’acquisto di un prodotto).
Es. servizi di imballaggio dei beni, servizi di finanziamento per acquisto auto,
ecc.
In sostanza esistono solo in quanto strettamente legati alla vendita di un prodotto o
servizio.
128
Il servizio è definito come attività o vantaggio che un attore (persona/ organizzazione) può
scambiare, la cui natura è essenzialmente intangibile e la cui produzione può essere legata
o meno al prodotto fisico.
129
All’opposto la maggioranza dei beni li valutiamo con proprietà di ricerca.
130
Il costo della capacità
inutilizzata andrà a pesare
molto a seconda del tipo
di attività.
Non tutte le attività dei
servizi si comportano allo
stesso modo.
131
l marketing delle imprese dei servizi fa riferimento a tre elementi:
marketing esterno: attività classiche di preparazione, valutazione dei prezzi,
distribuzione e promozione del servizio al clienti.
Vi sono due tipi di marketing che dipendono dal fatto che vi sia il personale:
marketing interattivo: capacità del personale di soddisfare i clienti. Il cliente non
giudica solo la qualità tecnica (intrinseca) del servizio, ma anche la qualità funzionale
del personale di contatto. La valutazione si basa sulla sperimentazione del servizio
(attributi valutabili dopo la sperimentazione) e sulla fiducia (attributi difficili da
valutare anche ex-post). Bisogna stare attenti a come il personale interagisce con i
clienti perché quando si richiede una dose di servizio non si giudica solo l’aspetto
tecnico, ma anche la prestazione
marketing interno: lavoro di addestramento e motivazione dei dipendenti a servire i
clienti nel modo migliore. I dipendenti vengono considerati alla stregua di clienti
“interni”.
132
OBIETTIVI DI MARKETING PER IMPRESE DI SERVIZI: QUALITA’ DEI SERVIZI
Ne conseguono criticità molto elevate che impongono un focus molto più accentuato sulla
customer satisfaction e sul personale:
1) monitoraggio customer satisfaction: valutare e monitorare costantemente la customer
satisfaction
2) risoluzione reclami clienti: bisogna fare attenzione per cercare di andare a risolvere
eventuali problemi. I clienti che sporgono reclamo sono circa il 5% di quelli insoddisfatti
3) soddisfazione dipendenti → soddisfazione clienti: se rendo soddisfatti i dipendenti,
probabilmente avrò dei clienti molto più soddisfatti
133
Gestire trade-off produttività – qualità del servizio
134
CAPITOLO 5. PROGETTAZIONE E GESTIONE DEL
PROCESSO PRODUTTIVO (Dispensa- Volpato)
La funzione di produzione è molto importante nelle imprese manifatturiere.
Il concetto di produzione si adatta anche ad altre imprese, agricole e di servizi dove vi è una
sorta di processo produttivo.
I temi da discutere si riferiscono alle imprese manifatturiere.
Innanzi tutto guardiamo alcuni concetti di base che riguardano la produzione industriale e
come si sono evoluti i processi produttivi.
Dopo studieremo la progettazione e come si gestisce il processo produttivo:
• dimensionamento della capacità produttiva
• layout di impianti produttivi. Ogni macchinario ha un proprio grado di elasticità e di
flessibilità: più è flessibile ed elastico, più si può rispondere meglio ai cambiamenti
sul mercato
• definizione mansioni
La produzione non avviene in modo casuale ma è pianificata: la pianificazione ci porta a
redigere dei piani che possono essere di lungo, breve e medio termine.
Vedremo delle logiche pull vs logiche push.
Studieremo poi la gestione delle scorte.
135
Questi sono tutti temi che non hanno solo una fattispecie tecnica, ma vanno ad impattare
l’organizzazione stessa e richiedono capacità e discipline manageriali.
Come il processo di produzione va ad impattare sui modelli produttivi che in quel momento
vanno ad essere influenti sul mercato?
Questi modelli produttivi (chiamati anche paradigmi) sono degli archetipi, che le imprese
vanno ad applicare sulla realtà.
Questi modelli produttivi nascono dalla trasformazione industriali delle logiche di impresa.
C’è bisogno di un modo diverso di produrre → si ha bisogno di avere dei prodotti in tempi
brevi.
La tecnologia in questo dà un grande aiuto.
136
Lo sviluppo della produzione industriale è reso possibile da una complessa interazione di
fattori tecnici, economici e sociali. I principali sono:
• sviluppo della tecnologia e delle conoscenze scientifiche e manageriali
• evoluzione della domanda e dei comportamenti di consumo
• evoluzione del mercato delle risorse sia materiali che immateriali
• evoluzione dei sistemi finanziari e delle forme di accesso al credito
Diverse manifestazioni di queste variabili danno vita a diverse modalità di organizzazione
della produzione industriale e di coordinamento tra la produzione e la domanda → modelli
produttivi.
Tra questi due modelli vi è un altra specie di modello: la produzione snella mette insieme
alcuni elementi della produzione di massa e della produzione flessibile.
Infatti il Lean Production non è un modello a sé, ma è l’insieme dei due modelli di
riferimento precedenti.
Bisogna pensare che l’impresa non è avulsa dal contesto, e anche lo logiche produttive
sono molto legate agli input che provengono dall’ambiente.
Questo tipo di modello è inquadrato in un contesto in cui vi è una tecnologia meccanica,
basata sul macchinario.
La domanda tira tanto e non richiede particolari specificità: è una domanda indifferenziata
e sensibile al prezzo.
Per capire anche il tipo di modello di produzione da adottare e da adattare bisogna capire
le condizioni del contesto macro-economico.
Le materie prime esplodono: sono in crescita.
In questo modello vi era anche tanta manodopera de-specializzata a basso costo.
137
In quel periodo vi era grande accessibilità al credito.
Affinché questo modello sia efficace bisogna cercare di ottenere dei risparmi in economie
dimensionali e da integrazione. Risparmi contenuti vanno ad incidere sui costi e anche una
variazione piccola del prezzo porta ad una variazione della domanda, la quale è molto
elastica → la domanda reagisce molto bene alle variazioni del prezzo.
Questo modello ha anche dei limiti: il più grosso limite è che non riesce ad adattarsi alle
condizioni del mercato → è un mercato particolarmente rigido.
MODELLO FLESSIBILE
Non si va a lavorare sulle economie di scala, ma su prodotti e processi per innovarli
fortemente grazie al fatto di avere una domanda stabile e che richiede personalizzazione e
differenziazione. Sono prodotti sui cui si lavora dal punto stesso della ricerca-sviluppo →
prodotti migliori e differenziati. Ciò permette di rendere più stabile la domanda e di avere
margini più alti perché il prodotto differenziato è diverso dagli altri prodotti sul mercato.
Se il prodotto è migliore e differenziato è chiaro che parte della domanda può esse più
portata ad essere più disponibile per pagare dei premium price per avere un prodotto che
non è uguale a tutti gli altri, ma diverso per vari elementi (funzioni, packaging). Questa
possibilità porta l’impresa ad avere maggiori risorse, utilizzate per alimentare il circuito di
innovazione del prodotto sul processo.
Anche qui vi è un circolo virtuoso, ma su basi completamente diverse rispetto al modello di
massa.
La produzione flessibile è efficace quando c’è una quota rilevante di domanda più elastica
rispetto alla differenziazione e della qualità percepita che non rispetto al prezzo e quando
vi è una continuità dell’impresa nello sviluppo.
Quando si progetta il sistema produttivo bisogna legare questi vincoli agli obiettivi
dell’impresa.
Nella progettazione del sistema operativo bisogna capire:
1) dimensionamento degli impianti
2) grado di elasticità e flessibilità degli impianti
3) progettazione dei layout produttivi, ovvero la disposizione planimetrica degli
impianti e l’organizzazione dei flussi
139
4) analisi e definizione delle mansioni: cosa devono fare gli addetti agli stabilimenti
produttivi?
Ci possono anche essere dei tempi di set-up: se un impianto passa ad un altro tipo di
produzioni, vi saranno dei tempi per risistemarlo → tempi di riattrezzaggio.
Vi sono anche dei fermi macchina programmati e ci può essere un insieme di tempi in cui
l’impianto deve stare fermo a causa di guasti inattesi o per interventi di ripristino.
141
4. organizzare le mansioni dei vari soggetti della forza lavoro
L’efficienza del processo dipende anche dal layout, il quale va ad impattare su alcuni
elementi:
• efficienza nella movimentazione
• flessibilità → più lavorazioni per postazioni
• saturazione → diverse postazioni per la stessa lavorazione
• ergonomia, sviluppo e apprendimento da parte del personale
2) layout per reparto: si suddividono per reparti le fasi di lavorazione. Il reparto è una unità
in cui si svolgono lavorazioni omogenee tra loro. Le postazioni sono miste ed è un tio di
layout che risponde meno a soluzioni di efficienza, però la flessibilità è elevata, e il lavoro
diventa meno ordinario perché le mansioni sono più articolate
142
PROGETTAZIONE DELLE MANSIONI
• che tipo di mansioni devono essere svolte
• contenuto del lavoro
• quali sono le conoscenze richieste al soggetto che deve svolgere le mansioni
• pensare a logiche di sviluppo per i soggetti che svolgono quelle determinate
mansioni
Il job design ha come obiettivo il modo in cui si svolgono le attività più efficienti e
funzionali, lavorando molto sulla motivazione in quanto il personale va motivato a fare
bene il proprio lavoro, e a migliorare continuamente.
Il personale si motiva tramite tre logiche:
job enlargement/enrichment: arricchimento del tipo di lavoro svolto. Se il lavoro
svolto è sempre lo stesso, il lavoratore non è motivato. Occorre prestare attenzione
all’arricchimento delle mansioni
job rotation: rotazioni del dipendente in vari reparti in modo da diversificare le
mansioni
groupwork: lavorare in gruppo stimola l’innovazione.
I fattori che lavorano sulla motivazione sono delle modalità in cui si va a far comprendere
bene anche al singolo addetto quello che è il contributo che lui dà al processo produttivo,
cercando di dare autonomia in quanto responsabilizza il soggetto.
143
Bisogna mettere a punto piani che sono differenziati tra loro. Questo tipo di pianificazione
cerca sempre di essere più automatizzato, cercando di utilizzare mezzi di programmazione
automatizzati in modo da tener conto delle esigenze del mercato e della domanda.
Questi sono sistemi ERP, ovvero sistemi con cui si gestiscono le risorse dell’impresa.
Questi sistemi cercano di coinvolgere varie funzioni integrate tra loro. Essi vengono
integrati con altre fonti di informazione a livello aziendale. Utilizzare dei sistemi ERP vuol
dire andare a creare un magazzino di informazione ed avere delle logiche di flusso delle
informazioni, ed utilizzare procedure informatizzate.
Davanti ad una domanda che non è lineare ma si muove in modo molto controllato
dall’impresa, l’impresa ha delle logiche che vorrebbero una domanda lineare.
L’impresa per questo deve programmare e coordinare la produzione, dati i vincoli del
processo produttivo.
Da questo punto di vista si hanno due logiche di coordinamento tra produzione e
domanda:
logica push: è una logica in cui si va a lavorare per il magazzino, quindi si cerca di
svincolarsi dalle logiche di richiesta del mercato. Le scorte verranno messe sul
mercato quando verranno richieste.
Una volta fatto il programma di produzione, si svolge il processo produttivo che
porterà ad avere una serie di prodotti messi nelle scorte, che dovranno essere spinti
sul mercato cercando di farle assorbire.
In questo caso la produzione non è legata alla domanda poiché si cerca di imporre
alla domanda le logiche dell’impresa.
Si risponde ad un’efficienza interna che non dipende da quando arrivano gli ordini
logica pull: in questa logica si produce quanto viene ordinato. Questa logica parte da
un ordina che attiva la programmazione della produzione e a quel punto il
magazzino non è fondamentale in quanto la merce deve essere immediatamente
portata al cliente.
La decisione deve essere presa tenendo conto di tra aspetti e vi possono anche essere delle
versioni intermedie:
144
a) struttura dei costi di produzione: la produzione spinge dei costi variabili e la
struttura ha dei costi fissi. Se si produce sempre, i costi sono meglio suddivisi e la
logica push consente di suddividere meglio i costi. Ci sono anche dei costi di
attrezzaggio
b) caratteristiche della domanda
c) caratteristiche del prodotto: aspetti tecnici
Una volta ricevuto l’ordine si inviano tutti gli elementi che servono per poter sviluppare i
prodotti ordinati.
L’indistinta base fa sì che che si attivi un controllo delle giacenze, ovvero i prodotti che
servono per poter eseguire l’ordine che è stato fatto.
Se così non è, occorre ordinare i vari componenti.
La gestione delle scorte non è banale. Oltre a progettare la produzione, bisogna gestire le
scorte. Le scorte generano dei costi e consentono di non fermare la produzione.
I costi di approvvigionamento sono dati dal costo delle materie prime, ovvero dal prezzo
della fornitura. Se l’impresa è brava riesce a tenere bassi i costi.
Ci sono i costi amministrativi legati all’emissione e gestione dell’ordine, gestiti dalla parte di
amministrazione. Ci sono poi i costi opportunità di immobilizzo del capitale.
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Se si è un’impresa alimentare si ha a che fare con prodotti deperibili, e mantenerli e
conservarli è un costo (costo di mantenimento).
Dall’altra parte il fermo della produzione fa sì che vi siano tutti i costi maggiori e penali, o
perdite di ricavi da mancata consegna. Bisogna bilanciare esigenze diverse da questo punto
di vista.
METODO KANBAN
• comunicazione con sistema a vista (Kanban) del sorgere di un fabbisogno
• predisposizione di una procedura per la raccolta dei Kanban e l’avvio dello stesso
alle fasi a monte (Kanban come ordine di produzione)
• esecuzione dell’ordine di re-invio alla linea del fabbisogno richiesto (Kanban come
ordine di trasferimento)
• quantità di riordino pre-calcolate in base ai consumi e al lead-time del fornitore
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