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PER UN’IDEA DI CITTÀ RACCOGLIE GLI STUDI SULL’ANALISI URBANA E LA CITTÀ SVILUPPATI A VENEZIA DAL Gianugo Polesello

GRUPPO ARCHITETTURA. Note per una architettura tematica


A Cavallo degli anni 70 alcuni docenti dell’istituto universitario di Architettura di Venezia hanno dato vita a ricercheparallele sul tema Come ci scrive nel 1927 Ludwig Hilberseimer e ci identifica Philip Johnson come International Style, si sono poste alcune questioni
dell’analisi urbana. Con tale esperienza è nato il “Gruppo Architettura”, che ha sviluppato alcune delle questioni già indagate da come necessarie e centrali legate alla storia presente delle grandi città. Questa indicazione secondo Polesello ha il significato della
Giuseppe Samonà sull’ “unità architettura-urbanistica”. urgenza di una de-ideologizzazione dell’architettura.
I saggi qui raccontati rappresentano alcuni punti fondamentali di quella ricerca. L’analisi urbana come strumento di studio dei La città è stata assunta come luogo di origine e di ritorno per l’esperienza di progettazione architettonica e Hilberseimer elenca i
“fenomeni urbani”, dell’architettura e di due casi-studio: le città di Edimburgo e Londra (Aymonino), il “ruolo” che l’architettura problemi del suo <funzionamento> nella sua dimensione metropolitana, ossia mostrando la materialità dei fatti interni. Da questa
svolge nella città (Dardi), uno studio di analisi urbana applicato alla città di Vienna (Fabbri), l’esperienza “operativa” realizzata a premessa da cui il Gruppo Architettura ha fatto molto riferimento si sviluppa un’elencazione di “temi” per l’architettura che
Pesaro (Panella), la ricerca progettuale sull’area veneta e la ricerca teorica e la sperimentazione concreta (Semerani). acquisiscono il valore di “dominanti” nelle strategie di governo della città. Il termine “dominante” in architettura è stato utilizzato
Tre saggi introduttivi di Dardi, Polesello e Semerani rileggono criticamente l’esperienza del “Gruppo” alla luce degli attuali sviluppi anche da Le Corbusier negli anni 30 ma in una logica completamente astratta dove è imponente la riconnessione tra ricerche
sugli studi urbani, e delineano la necessità di nuovi impulsi di ricerca. Il libro è un fondamentale contributo alla comprensione di quel sull’architettura come apparato linguistico-tecnico e ragioni, motivazioni in funzione urbana, in funzione delle operazioni di
vasto fenomeno di esperienze che hanno dato origine alla cosidetta “Scuola di Venezia”. trasformazione della città.
In questa collana si affronta il dibattito teorico in architettura attraverso l’esame di importanti questioni, temi o idee finora poco L’errore della separazione del Centro Storico delle nostre città dalla città costruita, la funzione delle aree urbane centrali, l’esperienza
documentati o emersi recentemente all’attenzione di architetti e studiosi. La convinzione è che ci sia ancora ampio spazio da esplorare della ricostruzione europea, la coscienza dei “valori” dell’architettura di antica formazione, la logica che presiedeva a
per la cultura architettonica, sia all’interno del proprio specifico disciplinare, sia nel rapporto con quanto sta avvenendo nell’analisi quell’architettura, la necessità di operare sempre attraverso l’analisi e di costruire talai teorici come strumenti di riferimento per la
sociale, nelle discipline filosofiche e nella critica. progettazione, l’esame dei valori della città e della sua architettura anche in aree esterne ad essa, la possibilità di compiere “traduzioni”
Senza perdere di vista la <necessità del disegno> e la <verifica della costruzione> come coordinate indispensabili per ogni discorso in architettura di questioni interne ad altri domini scientifici, tutto questo è stato l’insegnamento di Giuseppe Samonà, E soprattutto, la
sull’architettura, si sente tuttavia l’esigenza di non escludere quella parte importante dell’esperienza disciplinare che è il dibattito sua indisponibilità a chiudere entro schemi a-priori la grande questione della città europea e italiana e dei Centri Storici.
teorico, così si affrontano temi significativi anche carenti di documentazioni e analisi. Temi di studio e di progettazione, dunque, sono stati quelli indicati da Hilberseimer e Le Corbusier, dentro una elaborazione compiuta
nella Scuola di Venezia come Giuseppe Samonà. In particolare, rispetto a due questioni:
Costantino Dardi a) una generale, relativa al rapporto tra le discipline che assumono la città come proprio oggetto: l’Architettura e l’Urbanistica;
All’ombra della Main Ouverte b) l’opportunità/necessità, davanti alla complessità delle questioni di ragione gnoseologica e di ragione operativa di procedere
Costantino Dardi, come Semerani e Polesello, con la partecipazione anche di Guido Canella, che anni prima aveva fatto la spola con attraverso una disgiunzione degli elementi che compongono il sistema urbano, ossia di procedere ad una verifica, ad un
Gae Aulenti, tra Milano e Venezia (fu suo assistente), hanno partecipato ai corsi di Samonà che rappresentano l’esperienza culturale riconoscimento degli “invarianti”, degli “intraducibili”, dei “fatti”, il che significa proporre una disuguaglianza tra tutti gli
più stimolante e didatticamente più fertile della Scuola di Venezia. Il gruppo Architettura non praticò o propugnò messaggi politico- elementi del quadro e proporre una griglia generale di riferimento fatta di “vie principali e vie secondarie”; significa anche
ideologici, piuttosto era ancora operante la lezione del seminario olivettiano di Arezzo ove Aldo Rossi e Paolo Ceccarelli, giovani compiere un’operazione gnoseologica come riconoscimento sul quale fondare le trasformazioni urbane attraverso operazioni
assistenti ai corsi, avevano animato una robusta fronda contro una concezione tradizionale dell’impegno politico, impersonata da una di progetto,
parte del gruppo docente (Detti e De Carlo) e da un’area romana di gravitazione socialista (Tafuri e Teodori). Al pari di qualsiasi altro Sulla prima questione Samonà scrive molto e si sofferma sulla questione del “Piano” in quanto questione strategica sulla quale non
tecnico, il lavoro dell’architetto non è valido o meno in relazione all’orientamento politico praticato, ma in base alla sua qualità compaiono solo variabili morfologiche, tipologiche, localizzative, ma anche variabili temporali legate alle ragioni tecniche ed
culturale e al suo rigore scientifico. economiche attraverso un linguaggio funzionale alle ragioni generali e specifiche del “Piano” stesso.
Il Gruppo Architettura praticava invece sistematicamente l’analisi, scomponendo la città nei suoi elementi costituitivi, studiandone gli Non esiste un’autonomia totale di ognuna, si tratta di una compresenza di linguaggi disponibili che trascinano non solo segni e
elementi, istituendone le leggi e ipotizzando una trasformazione, svelano così, i loro caratteri primari di invarianza e stabilità, notazioni che sono di un linguaggio e restano di un linguaggio; ma che immersi in un “discorso” diventano significanti diversamente o
permanenza e variabilità. In sintesi, il progetto, era un obiettivo continuamente riproposto, ma irraggiungibile, all’orizzonte. aggiuntivamente.
È assai scarno il contributo del Movimento Moderno alla formulazione di un’ordinata trattatistica in materia di composizione urbana. Il riferimento al progetto di Padova di Samonà serve, più di altre considerazioni e osservazioni, a spiegare una parte del lavoro del
Dopo il libretto di Camille Sitte e il suo sforzo accurato di disegnare i luoghi della città antica e di trascriverli entro la città moderna, Gruppo di Architettura, ovvero lavoro come progettazione agente sull’universo urbano, a partire dalla conoscenza analitica di
solo il Le Corbusier di Urbanisme affronta questo tema. Nonostante il forte coinvolgimento urbano che emerge dalle analisi e dalle tesi quell’universo, ma con la necessità cosciente di utilizzazione delle tecniche più <economiche>, di <minimo lavoro>, di conoscenza e
elaborate dal Gruppo Architettura, nessun principio teorico, nessuna elaborazione trattatistica, nessun contributo specifico in materia di di intervento.
trasformazione e costruzione della città è stato prodotto. È indiscutibile però che non rinunciano a discutere dell’immagine
dell’architettura. Luciano Semerani
Lo strumento compositivo utilizzato è la geometria, ovvero il mezzo che si siamo creati per percepire le cose intorno a noi e per Dieci anni dopo
esprimerci. La geometria è il nostro principio fondamentale. Dà anche forma ai simboli che rappresentano la perfezione, il divino. E Secondo Semerani il Gruppo Architettura ha assolto sicuramente almeno uno dei compiti che si era proposto, ovvero coniugare con la
ci procura le sottili soddisfazioni della matematica. (…) La retta è ladirettrice ideale del traffico; è il toccasana, diciamo, di una città vita delle Istituzioni (l’Università, l’Ente Locale) alcune idee sull’architettura delle città proprie ad un gruppo ristretto e minoritario di
dinamica e animata. La curva è faticosa, pericolosa, funesta, ha un vero effetto paralizzante. La retta figura in tutta la storia intellettuali di sinistra, in un impegno di pensiero, lavoro teorico e pratico interpersonale.
dell’umanità. Figura in ogni progetto, in ogni realizzazione dell’uomo. Tortuosa è la strada dell’asino, diritta quella dell’uomo. Dopo il 68, nella scuola di Venezia avviene una rifondazione (non solo gestionale) della Facoltà, ed è anche certo che con l’11 ottobre
Nel suo scritto Architettura come fenomeno urbano Carlo Aymonino è cosciente che l’apparato gnoseologico e lo sforzo metodologico 1974, con la consegna del Comune di Pesaro del Piano Particolareggiato per il suo Centro Storico si chiude il ciclo di un’esperienza
impostato con le tesi va verificato con il metro della qualità architettonica: <il giudizio finale o il risultato conclusivo spettano sempre collettiva costituito da Aymonino, Fabbri, Panella e Polesello. Mauro Lena ha però di fatto sostituito nel gruppo Nino Dardi, che
ai progetti e alle realizzazioni di architettura, che possono confermare o negare le ipotesi iniziali> Anzi egli afferma, con un ulteriore inizialmente ne faceva parte.
colpo d’acceleratore impresso al ragionamento, che il mutare del rapporto di differenziazione delle varie parti costituenti una città L’ottica del Gruppo finirà all’estero per l’essere confusa nel più vasto e abominevole panorama italiano dei cultori del recupero urbano
determina <l’individuazione di una città dall’altra e la sua possibile assunzione a <opera d’arte>. e anche Tafuri e Dal Co trascurano di precisare le differenze di fondo che contrappongono al Piano per Bologna il Piano per Pesaro in
Ad assumere notevole influenza è la cultura appartenente alla città dell’Ottocento che ha consacrato un ruolo e un rapporto tra le sue quanto è poco chiaro l’uso che noi facciamo del termine complesso “centro-città” al posto del consueto “centro storico”.
parti, concentrando emergenza formale e rappresentazioni istituzionale sugli edifici progettati per accogliere le grandi attrezzature Giuseppe Samonà negli anni 66-67-68 esplicita l’esigenza di riflettere sull’essenza dei procedimenti formali e figurativi e insieme ai
urbane e infrastrutture sociali. Un numero disceto di tali edifici, strategicamente dislocato ed economicamente distribuito sulla grande suoi allievi (Dardi, Polesello, Semerani), affrontano il tema contrapponendosi alle idee di Aymonino e Rossi. Da alcune letture
scacchiera della crescita quantitativa, concorre, a un tempo, a condensare, ospitandoli, interi cicli di attività umane, a caratterizzare le Kantiane ed Hegeliane, Samonà ricava che l’essenza delle cose e l’intenzionalità delle immagini è prodotta da una scelta deliberata,
singole parti della città e, differenziandole, a renderle riconoscibili. La semplicissima struttura funzionale della città ottocentesca, la l’idea, un giudizio. L’incontro con l’essenza delle cose non è il ricavo di una sommatoria delle forme oggettive. L’idea può essere
sua unidimensionalità sono prodotto e frutto di un’analiticità scientista di stampo positivista intrecciata ad una componente civile di espressa anche con sole parole.
derivazione illuminista. La città è un sistema di relazioni elementari e compito primario dell’architettura è quello di operare una È chiaro dunque che la posizione di Samonà è fortemente influenzata dalla sua piena adesione ai procedimenti compositivi del
sovraesposizione di valori denotativi entro la griglia semplice dell’impianto globale (direttrici isotrope dello spazio urbano). Movimento Moderno: “nel linguaggio contemporaneo l’elemento di un’architettura assume una individualità esistenziale, ha un suo
Samonà osservava che L’Architettura come fenomeno urbano è filosoficamente proposizione fragile, poiché non è ammissibile che principio esistenziale solo nel contesto dell’edificio, nella forma globale. La forma dell’edificio nella sua totalità deriva da un principio
una struttura venga presentata come un fenomeno. Ma ciò implica un dissolvere, in senso lato, l’impianto, un immergere la struttura di esistenza che riguarda l’intera opera, la sua funzione, la sua tipologia e quindi aderenza tra materiale da involucrare ed involucro in
formale in un tessuto di relazioni contestuali ove l’oggetto viene a posarsi. Aymonino scriveva appunto che uno dei caratteri essensiali sé. L’edificio è sempre più oggetto e respinge ogni promiscuità, ogni integrazione con i distinti dell’ambiente. (…) l’architettura ha
dell’architettura come fenomeno urbano è quello di porsi di volta in volta in rapporto a (ad altre architetture esistenti, ad un una sua strutturalità che le impedisce di diventare evanescente. La tipologia è una larva che deve caricarsi di motivazioni
determinato paesaggio, a un sistema di infrastrutture, ecc.). circostanziate. Anche l’urbanista si carica di segni a monte della tipologia. È necessario superare la tipologia con le forme“
Carlo Aymonino I due rapporti sono riscontrabili sotto l’aspetto spaziale e sotto quello interpretativo:
Architettura come fenomeno urbano o Aspetto spaziale: le forme architettoniche (elementi oggettivi) sono riscontrabili e catalogabili secondo giudizi di valore.
Il giudizio finale o il risultato conclusivo spettano sempre ai progetti e alle realizzazioni di architettura, che possono confermare o o Aspetto interpretativo: le immagini urbane (elementi soggettivi) sono descrivibili e catalogabili, ma sotto forma di
negare le ipotesi iniziali, ma queste restano necessarie come “delimitazioni del campo” o come assunti per l’operare. reinvenzione di nuova progettazione.
Per approfondire i condizionamenti e i possibili riflessi della progettazione occorre riesaminare i seguenti argomenti: Una città sarà tanto più caratterizzata (o avrà significato) quanto più elementi spaziali e quelli interpretativi tenderanno a sovrapporsi
 Individuare gli elementi costituitivi (i caratteri) della città moderna e contemporanea (sviluppi vari a seconda della città dal fino a divenire indispensabili gli uni agli altri.
XVIII al XX secolo, nello specifico XIX secolo vi è tuttovia un processo tendente alla omogeneità dei caratteri stessi.)
 Individuare le variazioni ( permanenze e trasformazioni) e in che misura queste siano determinate da una diversa struttura UNA CITTA’ COME TUTTA ARCHITETTURA
economica-sociale (rapporto capitale-proprietà fondiaria ecc.) e quali strumenti tecnico-legislativi e operativi siano messi a Se il rapporto “monumento intorno” non è costante, ma anzi entra in crisi con lo sviluppo delle forze produttive moderne e
punto nel campo specifico. contemporanee è possibile formulare l’ipotesi che la città può, nella sua struttura significante, essere risolta interamente con gli
 Rintracciare un mutamento nel rapporto tipologia edilizia-morfologia urbana e in che misura sia stato riflesso strumenti della progettazione architettonica.
nell’architettura. Il principio fondamentale che governava la composizione era quello dell’indipendenza… l’epoca individualistica.
1. La prima ipotesi: esaminare se il rapporto monumento-intorno può essere assunto come costante, intendendo tale rapporto L’individualità, e quindi la riconoscibilità di ogni elemento si compone entro un insieme che ha la sua ragion d’essere proprio nella
come parametro architettonico non solo di giudizio sul passato ma di indicazione operativa per il presente, ossia in che misura coerenza delle parti con il tutto. Questo procedimento assume nel proprio processo costitutivo uno dei “caratteri” essenziali
l’architettura risponda oggi a certe esigenze quantitative e qualitative e sia quindi necessaria rispetto a una “domanda di dell’architettura come fenomeno urbano, che è quello di porsi di volta in volta in “rapporto a” (ad altre architetture esistenti, a un
architettura”. determinato paesaggio, ad un sistema di infrastrutture, ecc.), di essere parte compiuta di un processo continuamente in divenire, ma
2. La seconda ipotesi: considerare la città come prodotto architettonico, assumendo anche per i fenomeni urbani un processo di tanto più rilevabile nel suo mutare quanto più le “parti” sono architettonicamente risolte e composte tra loro.
formalizzazione – indicato sommariamente come processo di necessario al superfluo – che può essere assimilato a quello Il progetto che più corrisponde ad una totale identità tra edificio e “pezzo di città” è certamente il concorso per il palazzo dei Soviet a
architettonico (manufatti). Mosca di Le Corbusier: scompare in esso la giustapposizione tipologica semplificata ed elementare e tutto diviene invenzione
3. La terza ipotesi: stabilire l’esistenza di una crisi della tipologia, come strumento ordinatore e semplificatore dei fatti urbani. architettonica. Il concorso è del 1931: i tre anni più tardi Le Corbusier scorge dal treno passando per Pisa e afferma di ritrovare
4. La quarta ipotesi: verificare la costruzione della città per “pezzi formalmente compiuti” rivendicando alla “dimensione un’analogia con il concorso di Mosca: “unità del dettaglio (a scala umana) e tumulto dell’insieme”.
architettonica” una possibilità di intervento non solo esemplificativa o dimostrativa ma risolutiva (pur accettando il fatto che
nessun sistema linguistico può progettare un’intera città). CRISI DELLA TIPOLOGIA
Per rispondere all’interrogativo di quale architettura può darsi l’ambizioso obiettivo di affrontare e risolvere i problemi della città
MONUMENTO E INTORNO contemporanea nel suo complesso e quindi realizzare l’ipotesi della città come “tutta architettura” è necessario analizzare se lo
Aldo Rossi intende la città <come una architettura di cui rileviamo componenti diverse; esse sono principalmente la residenza e gli strumento tipologico messo a punto nel corso degli ultimi due secoli, è ancora valido o no.
elementi primari… tra gli elementi primari giocano un ruolo particolare i monumenti > e assegna a questi ultimi il ruolo di I numerosi contributi ad una definizione della tipologia possono essere raggruppati secondo due classificazioni aventi finalità diverse:
“permanenze” che, in quanto tali, vengono a costituire di fatto la struttura urbana, identificabile proprio attraverso la durata a. quella per tipi formali – o tipologia “indipendente” – con intenti classificatori ai fini di unmetodo critico per l’analisi e la
temporale di alcuni fatti formali. comparazione di fenomeni d’arte
Monumento e intorno, emergenza e tessuto: è necessario capire se l’assumere il rapporto monumento-intorno (o emergenze- b. e quella per tipi funzionali – o tipologia “applicata” – con intenti conoscitivi ai fini di un analisi dei fenomeni costituitivi di
tessuto) come fattore costante dei modi di realizzarsi della struttura urbana non ignori il fatto che il rapporto stesso è il risultato di un insieme, indipendenti quindi da un giudizio di valore di tipo estetico.
un processo storico e non una categoria valida in sé. Non vi è dubbio infatti che il rapporto di differenziazione delle varie parti E se per il primo caso è valida l’osservazione di Argan che <il raggruppamento tipologico non ha finalità nella valutazione artistica né
costituenti una città, rispetto a una loro definizione architettonica, abbia costituito e costituisca ancora l’elemento dialettico nella definizione storica (in quanto) opere di altissimo livello e comuni manufatti di qualsiasi tempo e luogo, possono rientrare in una
fondamentale dello sviluppo di una città sotto l’aspetto dell’architettura. Infatti, il mutare del rapporto, sia come sostituzione che medesima classe di tipologia> nel secondo caso ne è valida solo la prima parte (l’indifferenza rispetto alla valutazione artistica) in
come sovrapposizione di più epoche determina l’individuazione di una città dall’altra e la sua possibile assunzione a “opera quanto il tempo e il luogo non sono qualsiasi ma determinanti in funzione appunto della tipologia ”applicata” che si intende utilizzare.
d’arte”. Tre esempi in cui non è riscontrabile l’esistenza del rapporto monumento e intorno: In che misura la tipologia “indipendente” e quella “applicata” tendono a coincidere o a scomparire, se adotto la definizione di Guido
 Amsterdam agli inizi del ‘600 (progetto delle infrastrutture: canali artificiali navigabili dove la forma di proprietà-risultato Canella di “invariante” della morfologia?
edilizio, già stata sperimentata e messa a punto nella città medioevale, comporta la scomparsa di ogni fattore “monumentale”
come punto di riferimento dello sviluppo stesso. LA CITTA’ PER PARTI FORMALMENTE COMPIUTE
 Pietroburgo nel ‘700. Mentre in Amsterdam la somma degli apporti parziali, le singole case, si presenta nell’insieme come un Il rapporto tra tipologia edilizia e morfologia urbana cambia sostanzialmente in epoca contemporanea.
fatto monumentale, nel caso in considerazione abbiamo un processo inverso: è la somma dei vari interventi parziali tutti Lo studio dei fenomeni urbani rivela come gli strumenti economici, politici e tecnici messi in essere nell’espansione della città
progettati e risolti architettonicamente in sé e soprattutto in stretta relazione urbana fra loro, che annulli l’altro terminem il contemporanea annullino di fatto l’esigenza di una sua rappresentazione e confinino le nuove architetture a episodi isolati in un
“tessuto”, e realizza gran parte della città come “monumento”. contesto che non ha nulla a che fare con esse.
 Ad Edimburgo, alla metà del 700, viene realizzata una “nuova città” interamente residenziale per classi ricche con riferimenti In questo senso la città contemporanea di tipo capitalistico non è una contraddizione all’interno di un sistema che, se controllato o
culturali diversi: le Places Royales e Bath (Francia e Inghilterra). In questo caso i “monumenti” sono ridotti al minimo, due “ordinato”. è in grado di risolverne i problemi. L’analisi della struttura urbana mette in luce, infatti, che il sistema ha una legge di
chiese, mentre altre destinazioni pubbliche o sociali, come il Teatro e la sede del Consiglio dei medici sono assorbite entro la sviluppo ferrea ove la contraddizione è rappresentata dalla continua “socializzazione” reale della città e dal contemporaneo
struttura residenziale. Non vi è qui quella compattezza, seppur organizzata con strumenti diversi, di edifici privati accentramento privato delle scelte e delle decisioni. Il che significa rilevare nei modi di crescita della città la permanenza, sempre più
riscontrabile ad Amsterdam né quella quantità di monumenti realizzata in Pietroburgo: tuttavia anche la “nuova città” è accentuata, di un centro come luogo unico della “esistenza” di una città.
“emergenza” proprio per la sua unità architettonica che pone inoltre il problema dei rapporti tra le varie parti di una città e la In conclusione, possiamo supporre che la città per parti formalmente compiute può realizzarsi in termini architettonici solo se,
sua forma generale. riesaminando il rapporto emergenze-tessuto, si pone in crisi il concetto di tipologia e si affida all’architettura tutta la dimensione
Per valutare quindi l’architettura come fenomeno urbano non basta analizzare il rapporto “residenza-fatti primari” ma, proprio per urbana.
il peso quantitativo che la residenza è venuta sempre più assumendo, occorre valutare la possibilità che all’interno di tale rapporto
mutevole, la residenza venga o possa coincidere con uno dei fatti primari stessi. Carlo Aymonino
La città è dunque un luogo artificiale di storia in cui ogni società giunta a diversificarsi da quelle precedenti tenta l’impossibile: Rapporti urbani e modi d’uso dell’architettura
segnare cioè quel tempo determinato, al di là delle necessità e dei motivi contingenti per cui gli edifici furono costruiti.
Una sorta di eredità, diretta a testimoniare le aspirazioni personali e collettive attraverso strumenti durevoli: i monumenti in pietra, ANALISI URBANA E COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA
marmo, in ferro ecc. Il rapporto tra tipologia-edilizia e morfologia urbana è usato come metro di confronto, come parametro unificante i fatti passati e quelli
E la bellezza di una città è data proprio dalla contraddizione esistente fra l’assunto iniziale (il motivo per cui sorse il monumento) presenti. Oggi infatti può essere formulata, tra le tante, anche l’ipotesi che la città del futuro si presenterà come unico, gigantesco
e la realtà continuamente mutevole dell’uso di tale eredità. edificio, con la conseguenza che il tipo edilizio coinciderà di fatto con la forma urbana, facendo scomparire la possibilità di rilevare
La testimonianza dei monumenti resta cioè valida proprio in virtù delle continue trasformazioni o adattamenti avvenute nel tempo ancora un rapporto tra i due termini, è evidente che finché tale ipotesi non diviene reale sotto forma di progetto o di manufatto, non
riconfermando il loro carattere di validità temporale. può essere analizzata con gli strumenti relativi agli studi urbani.
Possiamo allora osservare che nel caso in cui una città “possieda un significato” ossia è morfologicamente riscontrabile una Gli elementi teorici ricavati dalle analisi urbane, una volta precisati e compiutamente dimostrati, vanno intesi come dati e quindi
omogeneità di rappresentazione, si viene a stabilire un rapporto preciso e quindi riscontrabile, tra la forma urbana e la “scala” applicabili a verifiche di progettazione nella realtà urbana a noi contemporanea. Dati evidentemente diversi da quelli iniziali in quanto
degli edifici, in particolare dei monumenti. più ricchi di implicazioni operative. In questo senso gli studi sulle strutture urbane possono influenzare la prassi architettonica e
La scala non è a sua volta solo una grandezza, ma anche una tecnica, una collocazione, un’interpretazione, è anch’essa un costruire anzi la matrice culturale di una tendenza dell’architettura contemporanea, senza tuttavia identificarsi necessariamente con
rapporto che investe sia ciò che esiste, sia ciò che dovrà esistere, è un intervento parziale che presuppone però un’idea generale.
essa. L’analisi urbana si pone quindi il problema di stabilire i rapporti positivi e negativi che si creano tra gli elementi costituitivi di eccetera. In questa combinazione, oltre che nel deviare da determinati modelli e repertori stilistici, possono essere interpretate
una città, evitando la meccanica consequenzialità tra necessità, modi d’uso e architettura. complementari articolazioni per contesti, fasi (Manierismo), anomalie (Antirinascimento).
Nella contrapposizione tra reale e virtuale, espressione dell’eccezionale primato assunto dall’universo simbolico figurativo, si
NECESSITA’, MODI D’USO E ARCHITETTURA innestano soprattutto tensioni direttamente suscitate dai contesti. Senza la decisiva influenza del contesto milanese, ad esempio, non si
Se si assumono dei parametri puramente antropologici o sociologici – prescindendo quindi da una profondità storica – si può giungere spiegano la maturazione o la rigenerazione di personalità come Filarete, Leonardo e perfino Bramante. Solo così possiamo
alla conclusione che l’architettura, nel suo essere rappresentazione, anche sociale, di determinate istanze, non è strettamente comprendere appieno l’appuntito espressionismo filaretiano, denso di persistenze gotiche, di metafore e cosmografie tipologiche; la
“necessaria” alle attività dell’uomo. Secondo Carlo Aymonino non è possibile stabilire un rapporto meccanico di causa ed effetto tra speculazione leonardesca sulla natura e sulla centralità introversa, comunque astratte dalla coesa scena urbana rinascimentale; i
necessità (o bisogni), modi d’uso (o destinazioni) e soluzione architettonica; e anche se vi sono le eccezioni, in cui una determinata meccanismi illusionistici bramanteschi, non egualmente ribaditi nel periodo romano. Ciò serve a indicare come, di fatto, ad una
architettura ha corrisposto immediatamente a bisogni e destinazioni, non è generalmente riscontrabile una immediata “relazione” tra trattatistica “regolare”, con presunzione e responsabilità di codificazione oggettiva e sistematica, venga a contrapporsi una trattatistica
necessità e architettura. più “irregolare”, soggettiva e sperimentale, insomma una sorta di “antitrattatistica”, indotta all’architettura scritta direttamente da
L.B. Alberti osserva che le arti sarebbero nate dal caso e dall’osservazione, avrebbero avuto come alimento la pratica e l’esperienza, e quella disegnata.
si sarebbero sviluppate mediante la conoscenza e il raziocinio. In questo l’architettura fa parte integrante delle arti. L’opera architettonica diviene autonoma, dacché ritiene di prescindere dalla collocazione particolare nella città, per farsi programma,
Si può quindi definire l’architettura come fenomeno urbano che non corrisponde in modo immediato alle “necessità” che pur si città essa stessa, in analogia artificiale con la natura e in diretta coerenza all’ideologia della produzione.
manifestano nei luoghi urbani stessi, ma capace di interpretare – attraverso le diverse formule di “mediazione” determinate dai modi La scabra, spesso contradditoria, continuità di un’area problematica della progettazione, che pone i propri inizi nel Manierismo e che
d’uso – la volontà collettiva, privata e pubblica, di “rappresentare” taluni modi d’uso, ritenuti più durevoli e importanti di altri. (Quindi si prolunga fino ai nostri giorni, può trovare attendibilità quando la si consideri per il regime di indefinizione che regola il rapporto di
con una sua propria storia, tecnica e formale, che quanto più diviene complessa tanto più viene a costituirsi come ulteriore necessità, competenza tra progetto e contesto.
non immediata ma mediata, sovrastrutturale). La trattatistica e la storiografia (con il Vasari) tenderanno a stigmatizzare le deviazioni da una presunta canonicità classica e con esse si
Nella città contemporanea i grandi monumenti, come luoghi di riferimento e di sintesi di significati molteplici – e quindi complicherà, in forma più o meno premeditata, il problema di definire e di perseguire il compito della progettazione verso orizzonti
necessariamente “predominanti”, centrali – sono stati sostituiti da un sistema di percorsi, come modo di rappresentazione totale conoscitivi variabili, disomogenei, spesso contradditori.
dell’impianto urbano e del suo uso molteplice. Ciò ha accentuato il carattere “artificiale” degli elementi in gioco, per cui il carattere Accade così che, consumatosi il connubio tra arti e scienze in epoca barocca, sulla teoria e sulla pratica del progettare architettura si
urbano delle cose, anche dell’architettura, tende sempre più ad essere l’unico carattere rilevabile, fruibile. venga progressivamente a rafforzare il regime ideologico di autonomia dalla cultura della città. Regime che, volta a volta, restringe la
Riuscire ad esprimere in “forma compiuta” questo passaggio, necessario ma non sufficiente, dal centrale al totale è la sfida di pertinenza conoscitiva alla funzionalità interna opera per opera e alle regole grammaticali e sintattiche di interdipendenza delle parti
Aymonino e conclude affermando che il processo di definizione e di formalizzazione può, in assenza ma in previsione di potere nuovo, dall’insieme, o la estende al di là di quel rapporto opera-contesto.
recuperare, dandogli sostanza reale, quel complesso intreccio tra necessità, modo d’uso e rappresentazione che costituisca la validità di Le diverse interlocuzioni al conflitto teorico che segna l’inizio dell’architettura dell’Illuminismo costituiscono aspetti di una
ogni architettura. determinazione ormai unitaria e irreversibile. Tra quella linea radicale, che sviluppandosi nel tempo connette idealmente il Gallaccini
al Cordemoy, al Lodoli (e a Memmo), quella fantastica e già precocemente eclettica, che unisce Charles e Claude Perrault al Piranesi,
Guido Canella e quella conservatrice, impersonificata dal Blondel, il conflitto finisce col comporsi, secondo una predisposizione al compromesso, già
Un ruolo per l’architettura presente nei Lugier, Algarotti, stabilizzandosi, coi Milizia e Briseux, in quel concetto di architettura neoclassica, dove le ragioni della
Ad un concetto di tipologia con significato di una disgiunzione in corso tra pratica e teoria è spesso connessa la trattatistica materia, della tecnica, della disposizione, della logica, della natura, della dignità trovano alterna ma sempre misurata fortuna,
architettonica. Non è un caso se l’archetipo dei trattati giunti integri fino a noi, il De Architectura di Vitruvio, probabilmente del 27 circoscritte alla pura fabbrica architettonica. Non a caso il tradizionale trinomio firmitas, venustas, si adatta in ordine, distribuzione,
a.C., si trovi nell’area di influenza di quella concezione austera di città-stato, ecumenica, patrocinatrice, paternalistica, dove bellezza (Cordemoy), si addomestica in solidità, comodità, bellezza (Laugier, Milizia) e, semmai, si riduce nella scelta della materia
l’architettura interpreta in compiti civili e stabili e in simboli espliciti e permanenti il pragmatismo politico di quella che è stata definita che la riguarda (Lodoli, Memmo).
la “rivoluzione romana”. In questo periodo (che comprende gli avvenimenti che determinarono l’ascesa del potere di Augusto e la Anche la componente più radicale interna al Neoclassicismo, promossa dai cosiddetti architetti rivoluzionari (Boullèe e Ledoux
fondazione del suo regime, e che abbracciano gli anni dal 44 al 23 a.C.) si verificò un violento trapasso dei poteri e delle proprietà e avanti a tutti), va soggetta ad alcune capziose interpretazioni.
conseguentemente il principato di Augusto dovrebbe esser considerato come la stabilizzazione di un processo rivoluzionario. Risulta distorcente ricavare dalla datazione delle opere e dalle singole biografie un presunto atteggiamento conservatore o comunque
Non certo riferibile all’intero corso dell’Architettura romana, il trattato vitruviano interpreta un compito “istituzionale” di congiuntura. agnostico e soltanto tardivamente adattato ai principi della Rivoluzione Francese; così come circoscriverne le poetiche dentro una sorta
L’impianto urbano dell’alto-medioevo presenta caratteri di profonda diversità, se confrontato a quello della Romanità. Si tratta di una di eccentricità dell’immagine architettonica, investita da un perentorio ordine purista (più espressionista in Ledoux, più classicista in
vera e propria inversione di tendenza insediativa, accompagnata dalla radicale trasformazione o, addirittura, dall’abbandono dei centri Boullèe), preparatorio dello stile Impero. Talché l’interpretazione di questo particolare fermento dell’architettura è di essersi
preesistenti e dalla fondazione di nuovi. Ciò che però occorre sfatare è il carattere di spontaneità, di ritirata, di regressione istintiva da premeditatamente estraniato dal contesto reale della città, per esplorare dimostrativamente i confini dell’astrazione simbolica assoluta,
un comportamento civico sedimentato, alla ricerca di occasioni di pura sopravvivenza di fronte ai flagelli materiali e di rifugio condannandosi necessariamente alla dimensione del progetto disegnato.
nell’isolamento, nell’involuzione e nell’escatologia speculativa; e, invece, rimarcare il valore decisivo che un diverso assetto sociale, Se è vero che gli architetti rivoluzionari sembrano aggirare il problema del rapporto architettura-città, circondando ogni opera di un
risultante nell’innesto su comunità stanziali di provenienze estranee, anche da lunga distanza, viene ad assumere nella riconfigurazione vuoto significativo, + anche vero che, essi rifuggono dall’operazione ormai convenzionale che intende l’immagine della città come
dell’insediamento sul territorio. Alle risorse della terra e della conquista si aggiunge l’apporto risolutivo di una nuova cultura di massa, decoro urbano e l’immagine dell’architettura stilizzata e funzionalizzata sul comportamento urbano corrente, instaurando nuovi
il Cristianesimo, che incrementa la mobilità, lo scambio di beni e di conoscenze (costruzioni di chiese e abbazie). La pianta di San termini, come quelli di integrazione e di segregazione nei confronti della natura e della città. Ne risulta, allora, che quella di Ledoux e
Gallo dell’830 circa, attribuita ad Eginardo, scopriamo invece che pochi insediamenti possiedono più intensi e finalizzati caratteri di Boullèe è una concezione rivoluzionaria del rapporto città-campagna, coerente a una sorta di “disurbanismo” postulato da Liberali e
urbanizzazione. Caratteri determinati da un’ideologia unitaria e collettivistica di membri di una confraternita che si propongono Fisiocratici, avverso all’egemonia dei ceti urbani, favorevole all’industrializzazione diffusa sul territorio a sostegno dell’agricoltura e
finalità e pratiche comuni. alla rarefazione della città, relegata al ruolo di acropoli rappresentativa (no concezione utopica ma concretamentepropositiva).
A lungo è durata la controversia poleogenetica, se cioè nella ricostituzione della città in epoca medievale abbia prevalso la continuità Così come rivoluzionaria va considerata la cultura nella quale si trovano unitamente ad operare gli architetti del Greek Revival
istituzionale, nel passaggio dal potere regio-imperiale a quello vescovile, oppure la dualità topografica tra nucleo fortificato e borgo americano e del Costruttivismo sovietico. E ciò in dipendenza della volontà e della fatalità di trovarsi ad intuire e delineare
extramurano. progettualmente un nuovo rapporto di supposta organicità tra cultura e città. È da trovarsi proprio negli ambiti eccezionali di questa
La trattatistica del Rinascimento svolge un ruolo fondamentale nell’instaurazione di un ordine strutturale, tendendo a riprodurre nella cultura il tratto ricorrente che stabilisce rinalità comuni a tutte le classi sociali coinvolte nel processo rivoluzionario e che, per
enunciazione e nell’interpretazione del proprio compito un’armonia simile a quella presupposta nella natura. Teatro di questa affrettarlo e rappresentarlo, offre occasioni e strumenti propri a ogni categoria professionale.
conoscenza è naturalmente il contesto della città. Non necessariamente, quindi, la città ideale, ma anche e soprattutto la città reale, Va tenuto presente, tuttavia che la storia dell’architettura successiva al Rinascimento non può essere considerata come uno sviluppo
dove la progettazione, attraverso una nuova gerarchia di valori e un codice prospettico di lettura del presente e del passato, vuole naturale e lineare, da cui emergono fortuitamente questo (dell’Illuminismo) o quel momento (del Greek Revival americano o del
imprimere il proprio originale programma civile, contrapponendo all’indefinita e irregolare organicità medievale la compiutezza e la Costruttivismo). Si tratta, infatti, di un corso fortemente eterogeneo, accidentato e dialettico al suo interno, dove ogni personalità e, al
regolarità classiche. Se, allora, l’architettura e in generale la cultura del Basso Medioevo non deviano dal concetto e dalla limite, ogni opera può pretendere e ottenere autonomia di significato.
raffigurazione della città avvolta dall’impianto della quale si incrementa funzionalmente verso nuovi rapporti di produzione. In parte analogo alla eccezione degli architetti rivoluzionari francesi, si può segnalare il caso milanese di epoca napoleonica. Sulla
Sia l’impianto basilicale brunelleschiano, sia l’impianto centrale albertiano presentano l’intento di ricavare più spazio intorno planimetria della città eseguita nel 1801 dal geografo Pinchetti, dove si trova già inserito il progetto del Foro Bonaparte di
all’edificio attraverso la designazione a priori di un coevo e coerente inviluppo di forme; è il tentativo di controllare l’inserimento Giannantonio Antolini, la Commissione di Ornato nel 1807 traccia il rettifilo di congiunzione tra il Castello di Porta Giovia e
nell’ambiente circostante, per progressive e simmetriche soluzioni di continuità, come distinzione dell’Architettura gotica (somma di l’Ospedale maggiore. Questa compresenza fa comunemente ritenere le due proposte come parti integranti di una concezione
parti in uno schema gerarchico ma indefinito) e dall’ambiente medievale (risultato per addizioni assorbite nella tessitura continua di urbanistica organica e unitaria. Ma, anche in questo caso si tratta di progetti da assumere in alternativa. Con il rettifilo si conferma la
cortina. visione accentratrice della città in espansione, già delineata dal Piermarini in epoca austriaca. Mentre nel Foro antoliniano è da vedere
D’altra parte, per la comprensione della complessa e pure unitaria cultura architettonica del Rinascimento, va tenuto presente che, un’acropoli di condensazione delle funzioni pubbliche, capace di irradiare a distanza gli effetti benefici della città e perciò, di
attorno allo sviluppo assiale impostato sulla ricerca d’impianto spaziale di Brunelleschi, Alberti, Bramante, si avvita la spirale di arrestarne lo sviluppo a favore della campagna, e di fungere da cerniera tra le aste di traffico convergenti su Milano, via terra e via
apporti da Filarete, Francesco Di Giorgio, Serlio, più coinvolta su temi funzionali, come l’ospedale, l’ingegneria militare, il teatro, acqua, dall’Adriaticoe dalle Alpi. Rispetto all’ispirazione purista e radicale degli architetti rivoluzionari francesi, nella concezione del
Foro milanese si può già rilevare una sorta di involuzione dirigistica, non tanto diversa da quella del Palazzo dell’Industria di Stato
realizzato a Charkov dagli architetti Serafinov, Kravets e Fleger nel 1929, alla fine della sperimentazione d’avanguardia concessa dalla Nel secondo atteggiamento vanno inclusi quei Maestri del Movimento Moderno che nel Dopoguerra sanno rigenerare la divisa di
Nuova Politica Economica tra il ’21 e il ’28 e all’inizio del Primo Piano Quinquennale. tendenza secondo una più articolata e personale accentuazione figurativa.
Risulta evidente che il deviare del compito della progettazione da un insieme organico di convergenze ideali, positive, figurative, verso Il terzo atteggiamento consiste soprattutto nel contributo teorico fornito da alcune personalità dell’architettura italiana, che segue e in
un campo di conoscenze indefinite e di connessi problemi di mediazione e di rappresentazione coerente, ha richiesto l’introduzione di parte si trova connesso ad una spregiudicata sperimentazione tipologica e formale, teso a darsi coscienza del mutamento sociale
sistematiche, variabili nel tempo e nelle circostanze, tese a garantire l’operatività del progettare. intervenuto con la guerra.
Il termine “rivoluzionaria”, in riferimento all’architettura, definisce il carattere del progetto celebrativo di una società che, almeno in Il campo di sperimentazione dei nuovi presupposti teorici viene offerto da taluni importanti concorsi che chiamano la pratica
linea di principio, garantisce l’indipendenza, la ragione, la giustizia, l’eguaglianza, il progresso nei rapporti e nei mezzi di produzione. progettuale a cimentarsi su estese e nevralgiche parti di città italiane: Barese di San Giuliano presso Mestre, Centro Direzionale di
La dimensione più consona al progetto e all’intervento è quella di una vera e propria edilizia di stato, che privilegia gli interessi non di Torino, Nuovi Uffici per la Camera dei Deputati a Roma, dove gli stessi Razionalisti si trovano a cimentarsi con alcuni membri delle
una classe determinata, ma della intera collettività, proponendosi così (almeno virtualmente) di far giustizia dei conflitti di proprietà, generazioni più giovani, in un “confronto nel confronto” che sembra porsi come tema il recupero dell’idea di città attraverso
tra città e campagna, tra centro e periferia, fisiologicamente connessi e tanto prevalenti nella città borghese e nella città coloniale. l’architettura.
Dalla copia si passa alla emancipazione del modello archetipico, fino a rimuoverlo; progressione testimoniata dal sublimarsi degli Val la pena di accennare ad alcune di queste tesi: quella di Ludovico Quaroni <di focalizzare di fronte alla Venezia insulare, un
impianti e dei sintagmi linguistici tradizionali, fino a quasi restituirli, elemento per elemento, alla matrice geometrica. In questa complesso di “emergenze” costituite da volumi cilindrici aperti, concepiti come fabbricati monumento da affidare ad artisti diversi ma
operazione svolge ruolo decisivo l’impiego della simmetria e della gerarchia: si confrontino il progetto della Maison d’Education di tutti di primo piano, e di contrapporlo ad un “tessuto” residenziale basso suscettibile d’essere affidato alla prefabbricazione,
Ledoux per la Ville sociale di Chaux (1775-1779), il Campus dell’University of Virginia a Charlottesville di Jefferson (1817-1826). E all’industrializzazione d’una organizzazione anche anonima>; quella di Aldo Rossi che perviene ad un concetto simile (gli elementi
il progetto dell’Atelier Nikolski per una Scuola-tipo per 1000 allievi a Leningrado (1927); ma soprattutto l’affermazione di figure primari cui sarebbe affidata la sopravvivenza figurativa della città), partendo da dati analitici che recuperano e attualizzano le tesi degli
architettonicamente canoniche, come la sfera, il cono, la piramide, la spirale. studiosi di geografia urbana e monumentale della città antica; quella ricompositiva per parti di città formalmente compiute di Carlo
Conseguentemente, “rivoluzionaria” definisce la condizione (reale o presunta) di superamento di un atteggiamento critico e Aymonino, Gianugo Polesello, Luciano Semerani e in generale della cosiddetta Scuola di Venezia.
necessariamente soggettivo sui compiti della progettazione, che interrompe una problematica incerta e contraddittoria insorta dalla Le contrapposizioni emergenza-tessuto, elemento primario-intorno, monumento-connettivo risultano propositive per un primo grado di
rottura del rapporto tra cultura e città. All’origine di ogni rivoluzione si presenta puntuale l’imperativo di abolire ogni contraddizione lettura morfologica e interpretazione contestuale dei fatti urbani, è anche vero che quei termini raggiungono una tipicità significativa
tra città e campagna, tra centro e periferia, così che la progettazione si trova a far parte integrante della politica delle scelte, in cui si soltanto in alcuni periodi: quelli dove permane ancora organico il rapporto cultura-città.
riserva di svolgere il programma in tipologia coerente. Possiamo porci condizioni nuove per la progettazione, per esempio: il superamento del liberistico processo di crescita della città per
Ma “rivoluzionaria” definisce anche una concezione non-utopica, anzi anti-utopica. Se per utopia si possa intendere quella entità funzionali autonome, pervenuto a uno stato patologico dove ormai si trova contraddetto lo stesso ordine industriale, capace di
progettazione indotta a sottendere ideologicamente, dall’interno di propri convincimenti e autarchiche risorse, una strategia politica, rinvenire una logica di aggregazione del tutto nuova tra attività, istituzioni, produzione e uso, dominio pubblico e privato.
economica, sociale, destinata a realizzare dimostrativamente condizioni di vita ottimali negli insediamenti.
Ma è indubbio che importanti antecedenti si trovano nell’urbanistica tardobarocca, già orientata, attraverso operazioni finanziarie
della corona e dell’aristocrazia, da investimenti immobiliari di edilizia residenziale compatta, ma anche intesa a mantenere una
geografia sociale ben discriminata. E sono proprio l’intento di operare per parti, per veri e propri recinti esclusivi – dal momento che la
composizione della città risulta sempre più alterata da nuove stratificazioni sociali e la preoccupazione di adattare il decoro urbano
secondo termini differenziati che inducono alla pratica dell’architettura neoclassica un prodursi sempre più complesso e risentito tra
compiti aulici e operazioni di speculazione, tra vocazione al monumento e funzionalizzazione del tessuto minuto, insomma tra ideali di
progresso e provvedimenti di conservazione.
Più che sulla universalità e popolarità del Barocco, è allora sul disegno urbano neoclassico, ritenuto il primo a misurarsi
compiutamente con la dinamica e la frammentarietà del territorio, che fonda il laboratorio di tipizzazione dell’urbanistica moderna.
Si è soliti collocare nella raggiunta consapevolezza degli effetti provocati dalla Rivoluzione industriale, e in particolare dei massicci
trasferimenti insediativi, la nascita dell’urbanistica moderna. È indubbio che in Inghilterra, dove l’industria si è maggiormente
potenziata, si rende precocemente disponibile una documentazione letteraria, economica, amministrativa fonte della denuncia
sociologica delle condizioni di vita della classe operaia e premessa alla radicale contrapposizione politica, cui si è accennato a
proposito degli Utopisti.
In alcune nazioni inoltre le istanze autonomistiche, liberistiche e perfino corporative vengono ad assumere valore progressivo a fronte
di stagnazioni e incombenze parassitarie. La stessa contrapposizione città-campagna si articola con diverso significato nei contesti
policentrici, dove da tempo vige una convivenza tra manifattura protoindustriale e agricoltura promiscua.
La concomitanza di tipi insediativi ed edilizi tanto diversi (cottage, colonia industriale, città giardino, cintura verde, caserma operaia,
villaggio periferico, quartiere suburbano e nel caso milanese, la contaminazione d’impianto tra cascine e prime case operaie), se
sottratta da un’ottica evoluzionistica, può trovare specifici valori di congruità contesto per contesto.
Il Tardo-classicismo e Neomedievalismo si preannuncia dalla metà del Settecento in Inghilterra e scorre in tutt’Europa per quasi un
secolo, fino all’ascesa delle Avanguardie intorno alla Prima Guerra Mondiale. Su questa dualità si combina una pratica d’intervento sul
territorio che, tra ideologia politica, prospezione economica, legislazione e gestione amministrativa, cerca una identità disciplinare
nell’urbanistica moderna.
La linea progettuale del Riformismo, destinata a soccorrere con una nuova tipologia d’intervento la città abbruttita dallo sviluppo
industriale, impostando l’insediamento su assi di simmetria, rivalutando il sistema strada-piazza nella continuità del mattone a vista e
della decorazione di facciata, avvalendosi di vere e proprie scuole locali di architettura orientate ai principi di Sitte. Sorgono così i
quartieri operai, concepiti come vere e proprie parti di città.
Anche la progettazione razionalista, perlopiù costretta ad applicare una logica costruttivista e formale opera per opera, viene coinvolta
e addirittura sospinge il generale disegno riformista. Ciò si rende possibile quando la generazione nata intorno al 1900 produce una
città del funzionalismo realizzato, che costituisce il potenziale più probante della sua eredità.
Tuttavia, sempre a proposito del rapporto tra architettura pensata e architettura disegnata, va rimarcato come in generale gli architetti
del Razionalismo (anche nei casi di maggiore impegno politico) abbiano teorizzato la loro poetica scontando una sorta di
“totalitarismo” industriale e, quindi, puntando sull’egemonia della città sulla campagna, sulla concezione insediativa, sulla
motorizzazione diffusa, eccetera.
Con l’ultimo dopoguerra si apre dunque una fase nuova dell’architettura moderna. Se in essa si può trovare un comune orientamento
per contrassegnarne l’identità di fenomeno generale, esso deve cercarsi nella volontà di ottenere maggiore autorità per assicurare un
più esteso dominio alla sua cultura; cioè passare dal circolo chiuso dell’avanguardia iniziata a un’interlocuzione con la società da
posizioni istituzionali. Dentro questo intento generale occorre però distinguere alcuni atteggiamenti abbastanza netti.
Il primo è quello che sostituisce, al precedente debito ideologico con la cultura industriale, l’adeguamento ai termini imprenditoriali
dello sviluppo urbano e del mercato edilizio.

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