Sei sulla pagina 1di 13

DANTE

La vita
Tutte le informazioni che sappiamo su di lui ci sono pervenute dai suoi contemporanei, quelle che
non ci hanno detto non lo sapremo mai, sono quello che gli storici chiamano “fonti”.
Una fonte è qualunque cosa che sia stata trasmessa dall’epoca che vogliamo ricostruire.
Per ricostruire la vita di Dante le fonti più importanti sono quelle scritte e ce ne sono diversi tipi: ci
sono i documenti conservati negli archivi(uno chiama il notaio), oppure il verbale di un consiglio in
cui Dante si è alzato a parlare, poi le cronache( una persona dell’epoca si mette a scrivere per
tramandare ai suoi posteri gli eventi che ha vissuto), chi ha scritto libri su di lui. Anche Dante ha
scritto tante cose che a noi servono per ricostruire la sua vita. Non tutti sanno che Dante è un
diminutivo, una contrazione di Durante, era una moda nella Toscana di allora accorciare i nomi
propri. Alighieri deriva dal nome di battesimo del bisnonno. Nella Firenze di Dante la maggior
parte delle persone era conosciuta solo con il proprio nome di battesimo e quello del
padre(Giovanni di Bartolomeo), avere un cognome voleva dire appartenere ad una famiglia
influente che contava qualcosa e che quindi i concittadini distinguevano dalle altre. Non c’era un
anagrafe era solo un modo dei concittadini. Dante era orgoglioso di appartenere ad una famiglia
importante e conosciuta. Spesso poi è rilevante quello che Dante sceglie di non dirci: a proposito
della sua nascita e delle sue origini familiari, ci informa per esempio di essere nato a Firenze nel
1265, sotto il segno dei Gemelli(dunque tra maggio e giugno). Dei suoi genitori sappiamo poco,
Dante non ne parla mai in nessuna delle sue opere, può anche darsi che non li abbia nemmeno
conosciuti. Il padre aveva 40 anni e forse anche di più quando lui era nato ed era un modesto
cambiavalute, pratica considerata allora peccaminosa perché consisteva nel fornire cambi monetari
e anche prestiti a interesse. La madre di Dante si chiama Bella, Monnabella( il cognome non lo
conosciamo) è morta probabilmente quando Dante era molto piccolo perché il padre si era subito
risposato, può essere che Dante non abbia avuto nessun ricordo di lei. Dunque Dante non ha avuto
un rapporto molto stretto con i genitori, diciamo che ha ereditò i poderi che hanno fatto di lui un
cittadino agiato e che gli hanno permesso di dedicare la vita alle cose che gli piacevano, agli studi,
ha ereditato un nome e una posizione sociale.
Uno degli eventi più importanti della vita di Dante è stato l'incontro con Beatrice, la donna che ha
amato e che esaltato come simbolo della grazia divina.
La forte separazione tra i sessi che usava Firenze non valeva nell’infanzia, infatti a quella festa di
uomini, di padri era pieno di bambini e bambine che li avevano accompagnato e che a un certo
punto si sono alzati da tavola e Messi a giocare. È lì che Dante ha incontrato Beatrice per la prima
volta. Dante dice stava per compiere di nove anni, Beatrice aveva appena compiuto gli 8, siamo
quindi nella primavera del 1274. Lui si era innamorato pazzamente. Dopo quel primo incontro
infantile dante ha cercato in tutte le occasioni di rivedere Beatrice, non è mai riuscito neanche a
salutarla, per anni non l’ha proprio più rivista anche perché a Firenze all’epoca appena una
ragazzina di avvicinava alla pubertà i genitori non la lasciavano più uscire di casa. Passano nove
anni dopo quel primo incontro infantile prima che a Dante capiti di nuovo di incontrare Beatrice per
la strada, è il 1283 hanno 18 anni tutti e due. Dante è in giro da solo per le strade di Firenze, quando
all’improvviso si accorge che c’è lei che gli va incontro. Anche se erano coetanei la loro condizione
nella società era diventata molto diversa. Dante a 18 anni era ancora un adolescente pieno di
desideri repressi, Beatrice che era più piccola di lui era già una signora sposata e quindi usciva di
casa quando voleva anche se raramente da sola dato il rango di suo marito, il cavaliere Simone de
Bardi, grande azionista bancario. E quindi anche quel giorno, quando Dante se la vede venire
incontro, Beatrice non è da sola, ci sono due signore più anziane insieme a lei e lui va nel panico
come qualunque adolescente imbranato e cerca di non farsi vedere, ma Beatrice lo riconosce e lo
saluta e a lui sembra di toccare il cielo con un dito, era la prima volta che sentiva la sua voce. A
questo punto il 18 comincia a ripensare intensamente a quanto accaduto e viene colpito così tanto
dal sentimento dell’amore(forza straordinaria dominante)che incomincia a scrivere poesie nella
lingua di tutti i giorni e non in latino. Per quanto riguarda la prima parte della vita di Dante non si
hanno molte informazioni a proposito della sua formazione, anche se le sue opere rivelano una
grande erudizione. Sembra che intorno al 1287 abbia frequentato l'Università di Bologna.
Dante amava molto avere degli amici. Amava leggere, stava sveglio la notte, faticava sui libri, era
un vero e proprio pozzo di scienza. Ma non era più la scuola con l’usanza del frustini, Dante era
maggiorenne orfano di padre, capo famiglia, ricco e padrone di fare quello che voleva e quello che
voleva fare era studiare. E ha studiato con il maestro più prestigioso di Firenze, Brunetto Latini che
gli ha insegnato un’arte nuova, l’arte di scrivere lettere , ma non lettere private, le lettere politiche,
le lettere che si scrivono ai governi in cui discutono di grandi questioni e che era l’arte di fare
discorsi in pubblico e quindi di nuovo l’arte che era al centro della vita politica di Firenze dove per
fare carriera bisognava essere capaci di alzarsi in pieno consiglio e prendere la parola, di arringare il
popolo e convincere. Insomma Brunetto Latini a Dante ha insegnato l’arte di fare politica. Ad un
certo punto però, Dante ha dovuto distogliersi dallo studio per occuparsi di una sfida di ben altro
ordine, a Campaldino con i libri ci facevi poco. L’11 giugno 1289 Dante non è nel suo studio a
leggere i poeti classici, ma a cavallo in mezzo alla campagna. La battaglia di Campaldino sarà una
grande vittoria e che segnerà la disfatta dei ghibellini e l’egemonia di Firenze in Toscana. Dopo la
battaglia Dante ricomincia a studiare. All’inizio degli anni 90’ , Dante ha 25, è un uomo adulto,
ricco, padrone della propria vita che ha già fatto anche diverse esperienze, partecipato ad una
guerra, ma il nuovo decennio si apre con un avvenimento traumatico: 19 giungo 1290 muore
Beatrice. E’ per Dante è uno shock da cui non si riprenderà mai del tutto. Dal provare a reagire allo
shock della morte di Beatrice Dante provò a rifare l’unica cosa in grado di distrarlo, studiare.
Brunetto Latini gli aveva parlato di certi autori antichi che raccontavano di una cosa misteriosa, la
filosofia e Dante decise di leggerli, si procurò i loro libri cosa non facile e ci si mise seriamente, si
accorse subito che con il latino imparato a scuola faceva fatica ma lui si intestardiva davanti alle
difficoltà. Si innamorò della filosofia e cominciò a immaginarsela.
A 20 anni, nel 1290, sposa Gemma Donati, appartenente a un ramo secondario di una grande
famiglia nobile, in un matrimonio combinato e dalla quale avrà quattro figli, Jacopo, Pietro,
Giovanni e Antonia.
La questione politica
Dante è stato occupato dalla politica dal 1295 al 1302 quasi quanto dallo studio e dalla poesia.
Dante desiderava far parte della politica, ma non poté poiché essendo di nobile famiglia non poteva
occuparsene, questo secondo l’Ordinamento della Giustizia di Giano della Bella che escludeva i
magnati. I magnati erano coloro che non avevano niente a che spartire con il popolo perché non
lavoravano, andavano in giro a cavallo, vivevano di addobbamenti, feste, avevano tempo da perdere
e i cittadini non volevano persone del genere in politica. I magnati facevano paura, erano tanti e ben
armati e in caso di bisogno facevano venire in città dalla campagna i loro contadini armati per
intimidire il Governo di popolo ed è proprio durante un’occasione del genere che Dante si è alzato,
e ha fatto un intervento in consiglio. O almeno così parrebbe di capire da un verbale che è arrivato
fino a noi. In questo documento sta scritto che Dante è intervenuto quel giorno a favore della
proposta di Governo che poi è stata approvata. Ma quale era la proposta? Si temeva la guerra civile,
i magnati si erano messi in capo di pretendere la modifica alle leggi che li escludevano(ordinamento
della giustizia) dal governo e la pretendevano a modo loro, scesero in piazza armati.
Hanno promesso le modifiche e i magnati hanno accettato sgombrando le piazze.
La proposta che Dante ha accettato il giorno dopo è questa. Allentare le misure di sicurezza contro i
nobili, permettere anche a gente ricca che non lavora di accedere ai posti di Governo, purché
accettino di iscriversi alle Corporazioni, alle Arti(che venivano elette dai priori, ossia dai 6
magistrati supremi che restavano in carica per due mesi chiusi in una fortezza per difendersi dalla
violenza, dai nemici del popolo). Ed ecco che Dante che voleva fare politica, si iscrive all’Arte dei
Medici e Speziali.
La spaccatura della società Fiorentina era dovuta anche al conflitto tra guelfi, fedeli all'autorità
temporale dei papi, e ghibellini, difensori del primato politico degli imperatori, che divenne sempre
più una guerra tra nobili e borghesi simile alle guerre di supremazia tra città vicine o rivali. Alla
nascita di Dante, dopo la cacciata dei guelfi, la città era ormai da più di cinque anni nelle mani dei
ghibellini. Nel 1266, Firenze ritornò nelle mani dei guelfi e i ghibellini vennero espulsi a loro volta.
A questo punto, il partito dei guelfi, si divise in due fazioni: bianchi e neri.
I Guelfi bianchi, guidati dalla famiglia Cerchi, difendono l’indipendenza e l’autonomia del
Comune, i Guelfi neri, legati alla famiglia Donati, invece assecondano le mire espansionistiche del
Papato al capo del quale vi era Bonifacio VIII.
Dante si schiera con i Guelfi bianchi, nonostante abbia diverse volte sostenuto che non parteggiava
per nessuno, che gli interessava il bene della città e, negli anni successivi, ricopre cariche pubbliche
di importanza crescente. Nel 1300, dopo una missione diplomatica a San Gimignano, è stato
nominato priore. Ruolo che ha ricoperto con senso di giustizia e fermezza, tanto che, per mantenere
la pace in città, ha approvato la decisione di esiliare i capi delle due fazioni in lotta quasi quotidiana,
tra i quali l'amico Guido Cavalcanti che in esilio si era ammalato ed era morto quasi subito, non
deve essere stato facile per Dante sapendo in cuor suo che aveva causato la morte del suo migliore
amico. Sono questi gli anni in cui Papa Bonifacio VIII tenta di ristabilire il potere della Chiesa su
ogni altra autorità e interviene nelle questioni politiche dell’Italia.
Il Papa favoriva i guelfi Neri ai quali era legato anche di importanti interessi mercantili. Per questo
nel 1301, quando la città è nelle mani dei Bianchi, il Papa invia a Firenze un avventuriero francese,
Carlo di Valois, con 500 mercenari a sostegno dei neri.
Dante non è a Firenze quando i Guelfi Neri prendono il potere, cacciando e perseguitando i Bianchi,
era a Roma perché ebbe un altro incarico delicato, fare parte di un ambasciata mandata a Roma da
papà Bonifacio VIII. Questa pestilenza durò 5 giorni in città, con grande rovina di Firenze. E poi la
devastazione continuò in campagna rubando e bruciando case per giorni e giorni, anche le proprietà
di Dante vennero spogliate, devastate, gli entrarono in casa, rubarono ogni cosa e quello che non
riuscirono a portar via lo distrussero. Nel 1302 iniziano i processi politici contro gli avversari
politici: più di 600 persone sono condannate all’esilio, anche lo stesso Dante, che prima viene
accusato di corruzione, poi viene sospeso dai pubblici uffici e infine condannato al pagamento di
una pesante ammenda. Poiché Dante non si abbassa, al pari dei suoi amici, a presentarsi davanti ai
giudici, Dante viene condannato alla confisca dei beni e a morte qualora si fosse fatto trovare sul
territorio del Comune di Firenze. E' così costretto a lasciare la sua città con la coscienza di essere
stato beffato da Bonifacio VIII, che l'aveva trattenuto a Roma mentre i Neri prendevano il potere a
Firenze. È comprensibile perciò come Dante, che è il tipico intellettuale-cittadino, fiero del proprio
valore e geloso della propria autonomia, soffra dell’umiliante condizione di dover ricorrere alla
generosità altrui per vivere, cerca protezione e sostegno economico si potenti mecenati e di dover
assoggettare ad altri la propria attività intellettuale. Tra le tappe certe di questi primi anni di esilio si
annoverano quelle nella Verona dei Della Scala (dal 1303); nella Treviso di Gherardo da Camino 
(1305-06); nella Lunigiana di Moroello Malaspina (1306). Nel frattempo compone il Convivio e il
De vulgari eloquentia, il De monarchia mentre a partire dal 1304 inizia a comporre l’opera somma
alla quale lavorerà per tutta la restante vita, la Divina Commedia. Nel 1310 con l'arrivo in Italia di
Enrico VII di Lussemburgo, Imperatore romano, Dante Alighieri spera nella restaurazione del
potere imperiale, che gli permetterebbe di rientrare a Firenze, ma Enrico muore. Verso il 1315, gli
viene offerto di ritornare a Firenze. Il suo orgoglio e la sua dignità ritengono le condizioni troppo
umilianti: rifiuta. Nel 1319 Dante è invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della
città; due anni più tardi lo invia a Venezia come ambasciatore. Rientrando da Venezia Dante viene
colpito da un attacco di malaria: muore a 56 anni nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a
Ravenna, dove oggi si trova ancora la sua tomba.

La letteratura per Dante deve:


•essere uno strumento universale di indagine della realtà( quindi deve comprendere ogni ambito
dell’esperienza) e perciò:

-deve essere aperta anche ai laici e non solo al clero.


-può usare il volgare per esprimere qualsiasi contenuto che caratterizza la realtà che circonda
l’uomo, non solo la poesia ma anche la scienza, per ampliare la platea di lettori, ossia di coloro che
possono beneficiare di cultura e fare in modo che il banchetto non sia solo riservato ai chierici, cioè
intellettuali ecclesiastici
-è sempre voglioso di superare i modelli precedenti nonché i suoi modelli, sudando se stesso a
sperimentare continuamente una pluralità di forme(come la terzina), di generi( la lirica, il trattato e
il poema) e di stili (tragico, elegiaco, comico, ironico, sarcastico ma anche basso).
•esprimere una visione complessiva del mondo che si basa sull’Amore, forza universale e che
esercita sull’uomo una funzione elevante, capace di trasformare l’animo sia dell’io poetico(autore)
che del lettore( essendo coinvolto quindi un valore educativo: le leggi e i principi morali).

Vita Nuova
-Genere letterario
La Vita Nuova è una raccolta di poesie che Dante compose a Firenze. Si tratta di un prossimerei,
cioè un misto di prosa e di versi. Essi furono scritti in due momenti diversi. Inizialmente Dante
compose le poesie (sonetti e canzoni), poi decise di legarle insieme con un tessuto narrativo in prosa
e che precede la poesia per inserire la situazione narrativa. Segue la poesia per inserire un
commento dell’autore alla stessa. L’idea del prosimetro è una novità. Prima di Dante gli altri poeti
avevano composto dei “canzonieri” raccolte di poesie, ma non avevano inserito parti in prosa.

-Titolo
Il titolo dell’opera “Vita Nuova” ci fa capire che l’opera è una sorta di rappresentazione biografica
dell’autore, ma non una biografia come s’intende in genere, cioè un insieme di fatti esteriori, bensì
una biografia dell’anima, dei sentimenti, dei moti interiori. L’aggettivo “nuova” ci fa capire che
nella vita di Dante è accaduto qualcosa che l’ha rigenerato, che gli ha fatto vivere un rinnovamento
spirituale, che lo ha fatto sentire un uomo nuovo, diverso.
-Modelli
Nel comporre quest’opera, Dante prende come modello il “De consolatione philosophiae” di
Boezio. Tale filosofo nella sua opera immaginava di essere visitato da una donna, personificazione
della filosofia che lo confortava quando era in prigione. Nel riprendere Boezio, Dante vuole dare
alla sua opera un forte tessuto filosofico. Sicuramente oltre a Boezio, Dante è stato influenzato dalle
confessioni di Sant’Agostino, le quali sono anche una biografia interiore.
-Contenuti
L’opera si può dividere in 3 parti:
1. Gli effetti dell’amore sull’amante.
Dante racconta di aver incontrato Beatrice a 9 anni e che da quel momento l’amore ha preso
possesso del suo animo. Poi dice di averla incontrata 9 anni dopo, in quest’occasione Dante ha
ricevuto dalla donna il SALUTO, il quale come dice l’etimologia della parola “salus, salutis” =
“salvezza”, ha rappresentato l’inizio di una vita nuova. Secondo i canoni dell’amore cortese è
opportuno proteggere la donna dai malparlieri. Essendo Beatrice una donna sposata, Dante decide,
per proteggerla: di non rivelare il suo nome, quindi comincia a scrivere poesie per le “donne dello
schermo”. Con nomi fittizi, Dante vuole fornire una protezione (schermo) alla donna.
Nonostante le buone intenzioni, Beatrice resta male perché pensa che effettivamente Dante stia
scrivendo poesie per altre donne e gli leva il saluto. Il poeta soffre davvero molto. Nelle poesie di
questa fase, Dante esprime gli effetti dell’amore sull’amante (se stesso) secondo uno stile che
ricorda il poeta Cavalcanti che metteva in luce l’incapacità dell’uomo al cospetto della donna, ossia
“l’ineffabilità”, il suo sentirsi piccolo incapace di parlare. In questa fase vediamo che l’amore di
Dante è ancora un amore legato alla materialità, un amore che dipende dalla ricompensa, dalla
risposta della donna, dal suo saluto.
2. La lode della donna.
Dante piano piano capisce che non è giusto che la sua felicità dipenda da qualcosa di esterno
(saluto). Piuttosto la sua felicità deve essere indipendente dalla risposta della donna. Dev’essere un
amore che non chiede ricompensa, ma che si appaga della contemplazione e della lode dell’amore.
Le poesie di questa seconda fase si concentrano infatti sulla lode della donna.
3. Morte della gentilissima e lode di Dio.
Dante immagina di aver avuto un sogno, nel quale gli viene annunciata la prossima
morte(prematura) di Beatrice. Di lì a poco, ella muore sul serio. Inizialmente Dante trova
consolazione nella filosofia ( qui riprende Boezio che era stato visitata da una donna, allegoria della
filosofia). Poi gli appare in sogno nuovamente l’amata. Decise allora di scrivere per lei cose mai
scritte da nessuno. Beatrice diventa la donna che consente all’uomo di arrivare a Dio. La lode di
Beatrice è quindi una lode a Dio.( Dante amando Beatrice ama Dio). La naturale evoluzione di
quest’opera sarà la stesura della “Divina Commedia” in cui Beatrice funge da guida per arrivare a
Dio.
-Significati
L’opera non va letta in senso letterale, ma in senso allegorico. Il fatto stesso che Dante utilizzi nella
storia biografia interiore amorosa, multipli del numero 3 vuol dire che la sua vita va letta in chiave
religiosa, mistica. 9 infatti è il multiplo di 3; 3 è il simbolo della trinità. L’opera è un viaggio
virtuale dell’anima verso Dio che si struttura in 3 fasi:
-extra nos(fuori di noi)
La gioia di Dante deriva da qualcosa che è al di fuori di noi.
-intra nos(dentro di noi)
La gioia di Dante arriva da qualcosa che è dentro di lui ( la lode verso la donna)
-super nos (al di sopra di noi)
La gioia arriva dal ricongiungersi con Dio, quindi andare al di là del poeta e della donna amata,
aldilà del mondo terreno.

Se questo è il significato interiore dell’opera che si evince dall’analisi del contenuto, vi è anche un
altro significato che si evince dall’analisi della forma espressiva. Sul piano formale-stilistico,
l’opera è significativa perché ci fa vedere come Dante, partito da una scrittura di tipo siciliano-
toscano si sia sempre poi avvicinato al modo di scrivere tipico dei poeti del Dolce Stil Novo, di
Cavalcanti quando parla della sofferenza dell’uomo, di Guinizzelli quando parla della lode della
donna, fino ad arrivare ad un modus scribendi tutto suo, personale e diverso. Molti avevano
divinizzato le donne come creature scese dal cielo, ma nessuno aveva visto la donna come creatura
ascensionale, capace cioè di ricongiungere l’uomo a Dio. L’aggettivo “nuovo” dunque ha una
doppia valenza contenutistica (rinnovamento spirituale di Beatrice) e stilistica ( climax stilistico).

Il Convivio
Il Convivio nasce dall’esigenza di risolvere la frammentazione linguistica del Medioevo. In quel
periodo infatti non c’era una lingua unica.
•Nella scrittura si usava ancora perlopiù il latino che però era conosciuto solo dai forti e dagli
uomini di Chiesa.
•Nell’orale si usava il volgare (del popolo).
Esistevano però molteplici lingue volgari per cui in ogni luogo si parlava un volgare diverso e la
gente aveva problemi a capirsi. Per risolvere il problema linguistico, Dante scrisse 2 opere: “il
Convivio” e “il De Vulgari Eloquentia”.
Titolo
Il titolo “Convivio” indica il banchetto. “Convivi un” in latino vuol dire banchetto. Dante con
quest’opera vuole offrire un banchetto di sapere, di conoscenze a tutti. Dante sa che molte persone
in quanto ignoranti non potevano accedere alle conoscenze che erano espresse in testi in latino.
Perciò egli desidera fornire un banchetto in lingua volgare a cui possa accedere tutta la gente del
volgo (non dotti).
Struttura dell’opera
Dante voleva scrivere 15 trattati misti di prosa e versi( PROSIMETRO). Come già nella “Vita
Nuova” le parti in prosa servivano per commentare le parti in poesia. In realtà Dante riuscì a
scrivere solo 4 trattati, quindi l’opera resta incompiuta.
Data di composizione
L’opera fu scritta tra il 1304 e il 1307. Come mai Dante non portò a termine l’opera? Ci sono varie
ipotesi:
1)la morte dell’autore. Secondo quest’ipotesi l’autore non avrebbe concluso l’opera a causa della
morte. Si tratta di un’ipotesi ( quindi è solo accreditata) a cui pochi credono un quanto Dante morì
nel 1321, quindi avrebbe avuto tutto il tempo di completarla.
2) mette da parte il Convivio per dedicarsi alla Divina Commedia.
Secondo la seconda ipotesi Dante avrebbe preferito concentrarsi nella stesura di un’altra opera “la
Divina Commedia”. Trattandosi di un’opera molto impegnativa, Dante non avrebbe avuto il tempo
di completare il Convivio.
3) La “Divina Commedia” è continuazione pratica del Convivio.
Una variante della seconda ipotesi, prevede che Dante non abbia inteso la stesura della Divina
Commedia come un’interruzione della stesura del Convivio. Per lui essa era come una realizzazione
pratica dei principi che aveva espresso nel Convivio, la sua naturale continuazione (del Convivio).
Finalità
Dante con il Convivio si propone una finalità pedagogica, cioè insegnare le sue vaste conoscenze
enciclopediche ai non dotti. C’è anche una seconda finalità che è quella di difendere la lingua
volgare.
Contenuti
L’opera di divide in 4 trattati:
1. Nel primo che funge da PROEMIO (intro) Dante spiega la metafora del cibo e definisce il
pubblico al quale intende rivolgersi. Si tratta di un pubblico ampio che non per colpa propria, fino a
quel momento non ha potuto studiare ed è rimasto nell’ignoranza. La lingua volgare quindi è una
lingua democratica che consente a tutti pari opportunità.
2. Nel secondo trattato Dante introduce la canzone “voi che intendendo il terzo cielo movete”. Esso
è importante poiché in esso Dante definisce i vari sensi della scrittura. Ogni testo può essere
interpretato a vari livelli.
* il livello più basso è quello letterale, cioè lettera per lettera, parola per parola. Secondo questo
livello ogni parola indica esattamente quello che dice ( es. la selva in cui Dante si perde è un bosco).
* Il secondo livello è quello simbolico-allegorico. Livello di analisi più alto.
Ogni parola non indica espressamente ciò a cui allude, ma a ben vedere ogni parola ha un
significato simbolico (es. la selva non è solo un bosco, ma è il simbolo del peccato, il leone non è
solo un animale, ma con la sua cresta alta è il simbolo della superbia).
•• Ci sono poi gli altri livelli di lettura, quello morale e quello anagogico. Si tratta di livelli
superiori in cui i simboli nascosti hanno a che fare rispettivamente con la morale e con la vita dei
santi.
3. Nel terzo trattato Dante introduce la canzone “Amore che nulla mente mi ragione” e fa
un’esaltazione della filosofia. Sappiamo quanto essa fosse importante per Dante che già nella “Vita
Nuova” aveva preso come suo modello il filosofo Boezio.
-allegoria teologica: narrazioni Bibbia= vere in senso letterale e non.
-allegoria poetica: poesia umana= vera solo in senso allegorico.
4. Nel quarto trattato Dante introduce un’altra canzone “Le dolci rime d’amore…”. Questo trattato è
importante poiché Dante ci spiega il concetto di nobiltà. La vera nobiltà non è quella di nascita, ma
quella “d’animo” . Anche il volgo, anche se meno importante, se povero, non nobile di nascita è
però nobile di animo è giusto che egli possa avere l’opportunità di avvicinarsi al banchetto del
sapere( in quanto nobile d’animo), al Convivio.
De Vulgari Eloquentia
Dante non si limitò ad affrontare il problema della lingua solo con “il Convivio”, ma scrisse anche
un’altra opera: “De Vulgari Eloquentia”.
Titolo
Il titolo dell’opera “De Vulgari Eloquentia” costruito con un semplice complemento d’argomento
(de+ablativo). I fa capire che il contenuto è l’eloquenza in lingua volgare. Dal titolo però capiamo
anche che questa seconda trattazione sulla lingua volgare non è composta in lingua volgare, ma in
lingua latina, infatti il titolo è in latino.
Finalità
Con quest’opera Dante intende convincere il pubblico dotto di scrittori che erano soliti usare solo la
lingua latina dell’importanza del volgare. Costoro non avrebbero mai letto un’opera in volgare, per
cui per convincerli dell’importanza del volgare bisognava dirglielo in latino. Dante non solo non
ritiene il volgare una lingua da scartare, ma ritiene che il volgare si da utilizzò anche se nella
scrittura ed anche nelle poesie più elevate. Vuole cioè dimostrare agli amanti del latino che anche è
contenuti più alti si possano dimostrare in volgare.
Data
Il “De Evulgari Eloquentia” fu composta nel 1303-1304 cioè sullo stesso periodo in cui fu
composto il “Convivio” . Anche il “De Vulgari Eloquentia” restò incompleto.
I motivi sono gli stessi addatti per il mancato completamento del “Convivio”.
Struttura
L’opera prevedeva la scrittura di 4 libri, ma Dante ne solo 1 e una parte del secondo.
1°libro: Dante difende la nobiltà del volgare che non solo non è interiore al latino, ma addirittura è
superiore al latino in quanto il volgare è una lingua naturale che si apprende dalla nascita, mentre il
latino è una lingua artificiale che si apprende con lo studio. Dopo aver difeso la nobiltà del volgare
Dante si sforza di trovare un volgare unitario. Egli sa bene che non esiste solo un volgare, ma tanti
volgari, che la lingua è frammentata, ma sa altrettanto bene che è necessario trovare una lingua
unica da usare nella scrittura, una lingua che possa essere capita da tutti. Nella ricerca di un volgare
unico da usare nei testi scritti Dante segue due metodi: prima il metodo induttivo e poi quello
deduttivo.
-INDUTTIVO: Dante cerca induttivamente, cioè dal particolare al generale di trovare il volgare
unico di cui ha bisogno. Parte cioè dall’esperienza, dalla realtà, dalla pratica, da ciò che esiste.
Analizza tutte le lingue, tutti i volgari esistenti per verificare se qualcuno di essi può andare bene
per divenire la lingua unica da usare nella scrittura. Si rende conto della grande varietà linguistica
che esiste. Attribuisce l’origine di questa grande varietà linguistica a Dio che volle punire gli
uomini per la loro superbia e con la Torre di Babele diede vita a una molteplicità di dialetti. Dante
analizza la lingua d’oc e d’oli, cioè le due lingue OCCITALICA e OITALICA presenti in Francia,
poi analizza la lingua del “sì” presente in Italia e si rende conto che essa è ulteriormente divisa in 14
dialetti. Capisce che non esiste una lingua volgare unitaria, una lingua adattata allo scopo.
-DEDUTTIVO: non essendo riuscito con il metodo induttivo a trovare la soluzione linguistica
auscpicata, Dante procede attraverso il metodo deduttivo, cioè dalla teoria alla pratica. Teorizza
allora le caratteristiche che questa lingua dovrebbe avere.
La lingua volgare unitaria deve essere illustre, cardinale, curiale e aurica.
•ILLUSTRE: deve “dare lustro” luminosità, cioè chiarezza, forma a chi la usa. Il volgare quindi
anche se è la lingua del volgo, non dev’essere una lingua plebea, non curata, anzi deve essere una
lingua letteraria di alto livello curata anche se a pannaggio di tutti. Si tratta di un volgare alto, chi lo
usa deve sentirsi orgogliosi di operarla e attraverso il suo uso può raggiungere forma e
lustro(luminosità).
•CARDINALE: la lingua deve essere cardinale, cioè il cardine, il perno intorno a cui ruotano tutti
gli altri dialetti. Tutti i dialetti quindi devono in qualche modo riconoscersi in questa lingua
cardinale.Essa qui di deve contenere quel minimo comune denominatore che tiene in sè tutti gli altri
dialetti.
•CURIALE e AULICA: la curia e l’aula erano i luoghi del potere religioso e politico.
Curia(religioso)-aula(politico) Dicendo che la lingua deve essere curiale e aulica, Dante vuol dire
che deve essere la lingua parlata nei luoghi del potere. Ma “se non c’è un potere unitario non ci
potrà essere una lingua unitaria”. Dante ha un’intuizione geniale, capisce che sono due problemi e
vanno affrontati insieme e che se non si otterrà L’Unità politica, non si potrà mai avere L’Unità
linguistica. La storia ci conferma quanto l’intuizione di Dante sia stata veritiera.
La questione della lingua è stata poi affrontata in altri momenti dopo Dante, ma sempre in momenti
in cui la questione politica era molto sentita.
-Nel 1500 la penisola italica sentiva molto il problema della mancanza di unità politica in quanto gli
stranieri, i francesi e gli spagnoli, approfittando delle divisioni interne del nostro paese, avevano
affermato la loro dominazione in Italia. Contemporaneamente al problema politico insorse il
problema linguistico. I letterati proponevano diverse soluzioni.
1. Baldassarre Castiglione= lingua ibrida, la mescolanza di diversi dialetti.
2. Pietro Bemuso= fiorentino antico del 1300 dei grandi autori Dante, Petrarca, Boccaccio.
3. Machiavelli= fiorentino vivo, parlato contemporaneo. Prevalse la tesi di Bembo. Per molto
tempo si scrissero opere in fiorentino antico, ma questo creò un gap enorme tra lingua scritta e
orale. Si parlava in un modo, ma si scriveva come 200 anni prima. Soluzione Bembo: bocciata.
-Nel 1800 riemersero sia la questione politica che quella linguistica. L’Italia visse un periodo di
fervore politico: i moti liberali del 1821, del 1848 e infine, finalmente, L’Unità d’Italia del 1861. In
quel momento si sente viva anche la questione linguistica. Manzoni che con i suoi “Promessi Sposi”
voleva scrivere un’opera educativa, pedagogica, sentì il bisogno di trovare una lingua unitaria da
usare nella scrittura per farsi capire da più autori. Fece degli esperimenti. Scrisse l’opera 3 volte con
3 soluzioni diverse:
1)fiorentino antico,2) lingua ibrida che Castiglione aveva teorizzato, 3) fiorentino vivo. Le
prime due soluzioni furono fallimentari. Il fiorentino antico non lo capiva più nessuno. La lingua
ibrida di Castiglione era confusionaria. Perciò Manzoni “risciaquò i panni in Arno” cioè riscrisse
l’opera nella lingua che si parlava vicino al fiume Arno, Firenze. Questa era senz’altro la soluzione
migliore, ma era successo che il fiorentino vivo si diffondeva in Italia. Perciò Manzoni convinse il
ministero della pubblica istruzione ad adoperare nelle scuole il fiorentino vivo. Nel 1800 quindi si
trovò una soluzione sia al problema politico con L’Unità d’Italia sia al problema linguistico con il
fiorentino vivo.
-2000: oggi viene da chiedersi esiste L’Unità politica? Esiste L’Unità linguistica?
A parole si, a fatti no! Forse i due problemi sono entrambi risolti solo nella forma, ma non nella
sostanza. Se infatti politicamente si parla di Italia unita, nella quotidianità si parla di divisioni tra
Nord e Sud. Se la lingua è l’italiano di fatto molti ancora lo parlano male.
Neppure la Tv che ha fatto entrare la lingua italiana nelle cose è bastata a risolvere il problema. La
TV però comporta l’ascolto e non il parlato e non sempre ciò che si ascolta in TV si assimila in un
italiano sbagliato.
Nel 2° libro Dante definisce gli usi del volgare cioè in quali occasioni deve essere usato e da chi.
Deve essere usato da tutti coloro che sono nobili d’animo, che hanno voglia di apprendere.
Deve essere usato in componimenti alti, di stile tragico, che trattino tematiche importanti come
l’amore, la politica, la morale, in generi letterari alti come le canzoni.

De monarchia
Datazione
•Non sappiamo con precisione la data in cui fu composto il “De Monarchia”. Secondo alcuni fu
composto durante i primi anni di esilio quando era molto accesa la lotta tra papato e impero circa i
poteri da attribuire a ciascuno di essi.
•Un’altra ipotesi vuole che l’opera sia stata scritta quando Arrigo VII stava per scendere in Italia. In
tal modo il papa non avrebbe trovato un posto vocante e non si sarebbe appropriato indebitamente
del potere politico che non gli spettava.
•Secondo un terza ipotesi, l’opera sarebbe stata scritta negli anni successivi alla morte di Arrigo VII
quando si spense in Dante la speranza di vedere stabilito il potere in Italia.
In qualunque momento Dante abbia scritto quest’opera era sicuramente un momento in cui la
questione politica era molto accesa o perché il problema della lotta tra papato e impero era sotto gli
occhi di tutti, o perché s’introduceva una soluzione, o perché si era persa ogni speranza nella
soluzione.
Finalità
Dante scrisse quest’opera per affermare che sia il potere religioso che quello temporale dovevano
essere sullo stesso piano, poiché entrambi derivanti da Dio.
Definì questa teoria come “la Teoria dei 2 soli” poiché nessun potere doveva vivere di luce riflessa
( se ne parla nel canto XVII del Purgatorio), come invece si faceva con la teoria “del Sole e della
Luna”, dove il Sole è la Chiesa e la Luna invece l’impero.
Lingua
Il De Monarchia viene scritto in latino poiché era destinato all’imperatore di Germania Arrigo VII
che quindi conosceva la lingua internazionale; e poi perché doveva essere letto dalla Chiesa che era
contro il volgare.

La Divina Commedia
Titolo “Commedia”
Perché l’opera di Dante si chiama “Divina Commedia”?
Probabilmente Dante chiamò la sua opera solo “Commedia”.
-il termine “commedia” evoca pratiche medievali, in particolare la dottrina dei 3 stili di Aristotele
che aveva parlato di stile:
1)ALTO o TRAGICO, 2)BASSO o ELEGIACO e 3)DI MEZZO, cioè COMICO.
Secondo questa dottrina, l’opera di Dante è scritta in stile medio: capace cioè ora di elevarsi ad uno
stile alto, ora di abbassarsi ad uno stile elegiaco, Dante è cioè un PLURILINGUISTA, usa tutti gli
stili. Tende ad innalzare il linguaggio nel Paradiso(+alto), quando para di un mondo puro e
immateriale, tende ad abbassare lo sguardo soprattutto nell’Inferno(+basso), quando parla di un
mondo materiale, peccaminoso, terreno.
È possibile a dimostrazione di ciò notare come Dante per dire “vecchio” si serva di 3 cantiche, di 3
termini diversi:
-“vecchio” Inferno
-“vegliardo” Purgatorio
-“senex” Paradiso
Si nota quindi un climax crescente.
•la Commedia inoltre secondo gli stili medievali è un’opera che presente un inizio luttuoso e una
fine lieta. La “Divina Commedia” infatti comincia con Dante che si perde nella selva oscura( inizio
luttuoso) e si conclude con Dante che incontra Dio(fine lieta).
Il termine “Commedia” non ci deve trarre in inganno, non deve essere letto in chiave moderna, non
fa ridere( non commedia moderna). Fu Dante stesso che in una lettera a Congnante della Scala, un
grande signore che lo aveva ospitato durante l’esilio, definisce la sua opera “Commedia”.( Dante
definisce la sua opera Commedia).

Titolo “Divina”
Il titolo Divina invece fu integrato ad opera di Boccaccio. Inizialmente si chiamava solo Commedia.
Boccaccio, che aveva composto una sua Commedia, terrena, confrontando la sua opera con quella
di Dante, aveva definito la sua opera “Divina”(opposto di terrena) solo a partire dal 1355 fu
inglobato nella stampa il titolo “Divina” e fu pubblicato sempre come “Divina Commedia”.

Data
La data di composizione della Divina Commedia non è certa. Secondo alcuni l’opera sarebbe
iniziata prima dell’esilio, poi continuata durante il periodo dell’esilio stesso.
Secondo un … leggendario di Boccaccio mentre Dante si trovava in esilio, i familiari di Dante
avrebbero trovato a casa in un cassetto le carte relative alla scrittura della “Divina Commedia”. Le
avrebbero mandate a Dante pregandolo di continuare ciò che aveva iniziato.
* secondo un’altra interpretazione, Dante avrebbe completato l’opera prima dell’esilio, dopo aver
interrotto il “Convivio” e il “De Vulgari Eloquentia” dal momento che la Commedia era vista da lui
come un completamento delle opere precedenti.
* Ci sono studi più approfonditi che dicevano di ricostruire la cronologia esatta di ogni singolo
canto.Questi studi si basano su due metodi: estrinseco, intrinseco.
-ESTRINSECO: consiste nel raccogliere notizie sulle differenze di ogni singolo canto.
Se per esempio qualche persona del tempo di Dante parla di un determinato canto, vuol dire che
quel canto era stato scritto ed era ormai noto.
-INTRINSECO: consiste nel guardare i riferimenti interni al tutto, cioè i fatti di cronaca a cui
Dante stesso nel suo racconto fa riferimento. Se Dante nella sua Commedia racconta di un fatto di
cronaca, vuol dire che quel passo è stato scritto subito dopo che è accaduto.
Le incertezze circa la datazione dell’opera dipendono anche dal fatto che noi non abbiamo
l’autografo originale, ma diversi testi copiati a mano dai suoi contemporanei che presentavano
diverse varianti e sono quindi oggetto di studi filologici.
STRUTTURA A GENERE LETTERARIO:
La Divina Commedia è un poema didattico allegorico in schema di visione con intenzioni
profetiche.
-poema in quanto narrazione in versi, in terzine, in strofe di 3.
Questa non(?) si sviluppa in 3 cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Ogni cantica si compone di 33 canti.
Solo l’Inferno(33+1) ha un canto in più che funge da intro a tutte e 3 le cantiche(quindi 1
introduttivo+33=3A). In totale ci sono quindi 100 CANTI.
Ognuno dei 3 regni è diviso in 10 parti:
-l’Inferno presenta 9cerchi+Antinferno(+1)
-il Purgatorio presenta 7cornici+la spiaggia(+1)+ Antipurgatorio(+1) + accesso al Paradiso (+1).
-il Paradiso presenta 9cieli+Empireo(+1) dove si trovano i beati.
Come si vede nella “Divina Commedia” ricorrono sempre i numeri 1 e 3.
L’1 rappresenta Dio verso cui tutto il mondo del Medioevo tende.
Il 3 rappresenta la Trinità: padre, figlio e Spirito santo. In entrambi i casi la simbologia numerica
allude al divino. Sappiamo che nel Medioevo la cultura era fortemente religiosa, che Dio era la
misura di tutte le cose, che tutte le discipline erano ANCILLAE TEOLOGIAE.
Rappresenta quindi questi 3 mondi attraverso la simbologia dei numeri 1 e 3, sta a significare per
Dante che il cosmo è lo specchio del mondo divino e che tutto ciò che accade non accade per caso,
ma perché è Dio a volerlo.
Tutto è CAUSALISTICO, tutto è riconducibile a una causa, nulla CASUALISTICO.
Anche il viaggio di Dante nei 3 mondi non è casuale, ma voluto da Dio affinché Dante con questo
viaggio potesse liberare l’umanità del peccato.
La narrazione della Divina Commedia altro non è che il racconto(o viaggio) che Dante compie
nei 3 mondi per beneficio di tutta l’umanità. Dante personaggio e Dante autore non sono la stessa
cosa. Dante personaggio rappresenta l’uomo peccatore che vuole liberarsi dal peccato, è il simbolo
dell’uomo in genere. Prima di Dante solo Enea e San Paolo hanno avuto la possibilità di andare da
… nell’aldilà. Entrambi hanno avuto questo PRIVILEGIO perché dal loro viaggio doveva nascere
un grande beneficio per l’umanità.
•Enea infatti grazie al viaggio agli inferi venne a conoscere il suo destino di fondatore della stirpe di
Roma.
•il viaggio di San Paolo …. la differenza del Cristianesimo
•il viaggio di Dante quale beneficio porterà? Dante dovrà individuare la strada che dalla selva
oscura dell’Inferno possa condurlo attraverso la montagna del Purgatorio al Paradiso.
L’inferno=peccato, il Purgatorio= espiazione dei peccati, il Paradiso= luogo dei beati.
Dante dovrà trovare la strada e dovrà raccontarla agli altri uomini affinché essi possano purificarsi.
-DIDATTICO:
L’opera di Dante ha quindi lo scopo di insegnare. Cosa vuole insegnare Dante?
Sicuramente Dante possedeva un’ampia cultura enciclopedica, aveva conoscono e storiche,
politiche, linguistiche, cosmologiche. Sicuramente attraverso la Divina Commedia egli riesce a
trasmettere tutti questi insegnamenti, ma il più importante non è relativo alla conoscenza, bensì alla
morale. Dante vuole insegnare agli uomini la via della salvezza. Grazie al viaggio di Dante, tutti gli
altri uomini potranno evitare situazioni pericolose e prendere come modello le virtù opposte.
Non è un caso che le anime dell’Inferno e del Purgatorio siano punire attraverso la legge della
contrappasso, le pene quindi sono assegnate secondo un criterio simbolico di contrasto e di
somiglianza con la colpa comune. Un uomo che ha peccato di gola per esempio potrà ricevere come
punizione quella di trovarsi al cospetto di tanti cibo abbandonati e prelibati e senza poterlo afferrare.
-ALLEGORICO: tutto il viaggio di Dante ha un significato simbolico-allegorico.
Oltre a rappresentare un viaggio … attraverso 3 mondi, simbolicamente rappresenta l’espiazione dal
peccato. Nel testo ci sono diversi livelli di lettura:
-piano letterale; il viaggio è un viaggio.
-livello simbolico-allegorico; il viaggio è l’espiazione del peccato.
-Dante nel Convivio ci parla di altri 2 livelli MORALE e ANAGOGICO, livelli di lettura più alti
riservati agli uomini di Chiesa e agli esperti della vita dei santi.

Potrebbero piacerti anche