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L’OTTOCENTO

L’età della rivoluzione scientifica fu determinante per spostare


definitivamente la fondazione della scienza armonica dalla matematica
boeziana al contesto della nascente fisica sperimentale. Lo studio della
risonanza, l’analisi delle consonanze come fenomeno vibratorio e il grande
peso attribuito al dato percettivo (con tutto ciò che comportò anche
nell’attenzione all’evoluzione del gusto musicale) portarono, con l’aprirsi del
Settecento, alla formulazione della teoria del basso fondamentale (1722) ad
opera del compositore e teorico Jean-Philippe Rameau, principio cardine del
sistema tonale, e alla conseguente teoria per cui le leggi dell’armonia
sarebbero fondate sui principi naturali che regolano la successione dei suoni
armonici (suono). L’accordo perfetto maggiore (si veda tonalità) rappresenta
per Rameau la razionalizzazione del fenomeno naturale degli armonici: nella
vibrazione di un suono, ad esempio un Do, si trovano infatti contenute le
‘risonanze’ (cioè le frequenze) del Mi e del Sol, che corrispondono al terzo e
al quinto armonico di Do. Gli accordi dissonanti si considerano allora come
risultanti della condotta delle voci, che convergono alla consonanza
dell’accordo perfetto. Gli enciclopedisti, e soprattutto Rousseau, al quale si
deve la voce “Harmonie" dell’Enciclopedia e che pure fu in aperta polemica
con Rameau in numerose querelle musicali (fra le quali il ‘primato’ della
melodia sull’armonia), sottolinea come le strutture armoniche esplicitino la
relazione logico-compositiva nella musica perché “in musica ci vuole un
senso, un legame, come nel linguaggio”: le relazioni di dissonanza e
consonanza sono dunque il nesso logico del processo compositivo.
Un concetto fondamentale di tali regole è che gli accordi consonanti
sono le triadi maggiori e minori ed i loro rivolti (cioè gli accordi formati con le
stesse note, poste in un diverso ordine). L’impiego di tutti gli altri aggregati
sonori, cioè le dissonanze, implica perciò una serie di regole di risoluzione,
ovvero di riconduzione alla consonanza. Il principale processo di risoluzione
nell’armonia classica e principio cardine della tonalità è la cadenza, nella
quale la tensione armonica introdotta dall’accordo di dominante si risolve
attraverso un ritorno sull’accordo di tonica. Altra tecnica tipica dell’armonia
tonale è la modulazione, cioè il passaggio da una tonalità all’altra nel
contesto di una stessa composizione (si veda ancora alla voce tonalità); e nel
corso del ‘700, con la messa a punto del sistema del temperamento equabile
divenne estremamente agile per gli strumenti a tastiera consentire
modulazioni a partire da qualsiasi suono della gamma musicale, tanto che
divennero i principali strumenti d’accompagnamento della voce.
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La struttura armonico-tonale, come già era accaduto nella teorizzazione
della modalità, assumeva su di sé le qualità espressive della musica.
Gioseffo Zarlino (che fu il teorico rinascimentale di riferimento per tutto il ‘700)
affermava che la successione di una terza maggiore e una terza minore (che
in simultanea formano un accordo di tonica in tonalità maggiore, come do-mi-
sol) “molto diletta all’udito”, mentre al contrario una successione terza minore
- terza maggiore (come nell’accordo di tonica della tonalità minore, ad
esempio la-do-mi) fa percepire “un non so che di mesto e languido, che rende
tutta la cantilena molle”. Queste definizioni rendono palpabile la distinzione
espressiva ed emotiva che ancora oggi accompagna la differenziazione fra i
due modi maggiore e minore nella musica tonale: mentre il modo maggiore
è impiegato per sonorità piene e ‘positive’, il minore imprime un carattere
espressivo malinconico e dolente. Dal punto di vista dell’espressività
musicale, i due modi maggiore e minore sostituirono dunque i ‘caratteri’
emotivi che contraddistinguevano le varie modalità. In tal modo, il linguaggio
armonico stesso era in grado di arricchire la ‘tavolozza’ creativa della musica,
attraverso: 1. la tridimensionalità delle sonorità accordali; 2. la sensibilità
verso la cadenza, intesa dapprima come passaggio da un accordo imperfetto
a uno perfetto, poi come ‘risoluzione’ sull’accordo di tonica; 3. la variazione
emotiva determinata dalla modalità maggiore-minore e dalla possibilità di
modulazione.

Se nel corso del Settecento l’elaborazione della teoria degli affetti


(affektenlehre) da parte del teorico Johann Mattheson fu estesa al sistema
tonale in modo sistematico, divenendo così un basilare fondamento del
linguaggio compositivo, ma con la chiusura dell’età barocca e del suo
sviluppo settecentesco (rococò), il principio generatore del discorso musicale
non sembrò più individuabile nell’imitazione e negli affetti. Il nuovo stile
‘classico’ fece della stessa struttura armonico-tonale il fulcro del processo di
composizione e della sua logica. Come sottolinea Charles Rosen nel suo The
Classical Style (Lo stile classico, 1971), il linguaggio armonico tonale
controllava nel Classicismo tanto la ‘grande forma’ (la forma sonata, in
special modo) quanto la frase musicale (v. motivo, frase, periodo*), cioè la più
piccola unità di senso musicale; ma il dibattito musicologico su tale giudizio è
tuttora aperto.
composizione musicale, ossia trattato completo e ragionati
Con l’Ottocento e l’aprirsi della stagione del Romanticismo, la struttura
armonica delle composizioni si fece più aperta e inquieta. La modulazione
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verso tonalità lontane, l’uso sempre più massiccio di cromatismi, di
progressioni modulanti, di ‘fughe’ dalla staticità armonica contribuirono a far
percepire le enormi potenzialità espressive che si intravedevano ‘al di là’ della
cornice tonale. Il cromatismo di Wagner, in cui le progressioni armoniche
prevedono una tonica perennemente evitata e subito trasformata in nuova
dominante, rese l’armonia “un oceano”, come il compositore stesso
affermava, senza più confini, senza cioè strutture di delimitazione e di
orientamento tonale. Insieme ad esperienze di ritorno alla modalità, o di
scoperta di sistemi musicali nuovi e inesplorati (come quelli delle musiche di
tradizione popolare, o delle culture orientali) i compositori del tardo Ottocento
diressero la loro inventiva anche al potenziamento delle qualità timbriche dei
suoni.

Figura di rilievo nel corso dell’Ottocento, oltre che come compositore, è


Antonìn Reicha, che scrisse due trattati che sono stati fondamentali per gli
allievi di composizione tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, frutto

Idella sua lunga esperienza didattica: il Trattato di Armonia (titolo originale:


“Corso di Composizione Musicale, ossia Trattato completo e ragionato di
Armonia pratica”) ed il Trattato di Melodia (titolo originale: “Trattato di
Melodia, astrazione fatta dei suoi rapporti con l’Armonia; seguito da un
Supplemento sull’arte d’accompagnare la Melodia per mezzo dell’Armonia
quando la prima deve predominare”), tradotti in italiano il primo da Luigi
Felice Rossi all’inizio del Novecento, e il secondo nel 2016 da Lorenzo M. A.
Giorgi.

Il Trattato di Melodia fu pubblicato a Parigi nel 1814, e fu di grande


influenza per la formazione dei grandi musicisti dell’Ottocento. Si tratta in
questo libro degli elementi strutturali della Melodia: il Settecento era stato
infatti il secolo di vivaci discussioni fra intellettuali in 3ambito musicale, su
argomenti quali i ruoli relativi dell'Armonia e della Melodia, e le definizioni
delle stesse. Il Reicha, che notoriamente era compositore assai originale
nelle idee (basti pensare ai suoi Quintetti per fiati), propose per la prima volta
una solida Teoria Melodica, fondata sull'analisi della Musica drammatica (e
non solo) dell'epoca, fatto assai innovativo per un ambiente di intellettuali
abituati a discutere di Musica senza metter mano agli spartiti (come
testimonia lo stesso Reicha nel frontespizio e nella Prefazione del Trattato di
Melodia). L'autore programma inoltre nel testo un vero e proprio corso di
Melodia per i conservatori, che non esisteva, soffocato dalla preminenza
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dell'Armonia. Fu pubblicato con un Supplemento, dedicato alla coniugazione
della Melodia e dell’Armonia. Ebbe molto successo nei due secoli successivi
alla pubblicazione, grazie alla traduzione in tedesco del maestro Czerny.

Il Trattato di Armonia fu pubblicato nel 1818 e qui di seguito propongo


la prefazione scritta dal Rossi alla sua traduzione in italiano del trattato:

“Paragonando la musica moderna colle composizioni che hanno preceduto il


diciottesimo secolo, vi si trova una differenza notevolissima. Queste ultime paiono
essere fondate unicamente su combinazioni complicate ed artificiali dell'armonia. Le
produzioni musicali di quei tempi erano piuttosto una scienza astratta che una
bell'arte destinata a commuovere L’anima ed a toccare il cuore. Perciò I'arido
insegnamento di tale composizione era poco favorevole al gusto, all'imma-
ginazione, al sentimento, al genio; e sopra di esso fondavasi la maggior parte de'
trattati sulla composizione musicale pubblicati sinora. Risulta da ciò che le opere si
trovano incompiute e ben spesso in contraddizione con la musica moderna , la quale
dev' essere scevra di freddi calcoli, anzi non deve ammettere nelle sue creazioni
altro che idee, gusto, effetto, melodia, varietà , verità , ecc.
Egli e vero che alcuni a' giorni nostri, appassionati per quest' arte, hanno pubblicato
opere concepite altrimenti da quelle de' loro predecessori: ma, nonostante il buono
ch'esse contengono, mancano ancora dello svolgimento necessario. Per esempio,
nelle opere sull'armonia si desidererebbero dilucidazioni soddisfacenti intorno ai
seguenti punti:

1. La cagione principale che rende il Basso scorretto;

2. Una teorica istruttiva e compiuta delle modulazioni;

3. Le leggi che la natura prescrive per concatenare i differenti accordi tra loro;

4. Una teorica più estesa delle note accidentali, cioe di quelle che non fanno parte
dell’armonia;

5. II mezzo di creare progressioni armoniche;

6. II principio secondo il quale si possono arpeggiare correttamente gli accordi;

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7. I vari accompagnamenti di cui è suscettibile una scala;

8. La possibilita di raddoppiare, triplicare e quadruplicare I'armonia a due, a tre ed


a quattro parti;

9. Le condizioni da osservare nella concatenazione degli accordi per eccezione;


10. L'arte di rendere I'armonia coll'orchestra.
In conseguenza, io mi sono applicato a dare in questo Corso, per quanto almeno ho
potuto col mio debole ingegno, gli schiarimenti desiderati; e non solamente intorno
agli articoli su accennati, ma ancora sopra altre materie concernenti I'armonia
pratica. Alio scopo di rendere quest' opera più generalmente utile, ho creduto dover
istabilire delle regole per correttamente scrivere la musica libera, e fondere insieme,
per cosi dire, i principi della musica antica e moderna.
In un'opera di questa natura, non potendo il testo presentare I'evidenza se non per
quanto esso viene soccorso dagli esempi , io gli ho moltiplicati. Attesa lìmpossibilità
di trovare tutti quelli che m'abbisognavano ad ogni istante, ho pensato che, creati da
me stesso, s' identiflcherebbero meglio col testo.
Mi e sembrato altresì più vantaggioso per gli allievi il non mettere, senza necessità,
gli esempi a più di uno o due righi, ed il non moltiplicare le chiavi oltre il bisogno.”

Detto questo, non possiamo non parlare di un’altra caratteristica sviluppatasi nel
corso dell’Ottocento: l’uso degli accordi di sesta eccedente, ancora per altro
quasi sconosciuti nel secolo precedente. L’armonia diviene piano piano più
cromatica, alla ricerca di nuove sensazioni ed effetti, ed alla fine del secolo
l’armonia, intesa come disciplina teorica, si trovò nel massimo del suo sviluppo,
fino a raggiungere un punto di non ritorno. Alle teorie sopra accennate vanno
comunque aggiunte quelle di Hugo Rieman, basate sul’idea di logica musicale
(teoria funzionale), mentre continuavano ad esercitare forte influenza a Vienna
l’insegnamento di Simon Sechter e a Parigi e in italia gli scritti di Charles
Simon Catel e del su citato Antonìn Reicha.

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Vari tipi di sesta eccedente

Accordo di sesta aumentata italiana, francese e tedesca in DO maggiore.

• La sesta eccedente tedesca è un accordo di settima di dominante


utilizzato solitamente come dominante secondaria che risolve sul V
grado (es. lab do mib fa#)
• La sesta eccedente svizzera è essenzialmente uguale alla sesta
tedesca con l'unica differenza che la 7ª dell'accordo è
enarmonicamente differente (es. re# al posto di mib): quindi deriva
dall'accordo di settima diminuita costruito sul II grado innalzato, con
l'abbassamento della 5ª
• La sesta eccedente italiana è una triade costruita sul IV grado alterato
con la 3ª abbassata, solitamente utilizzata come dominante secondaria
che risolve sul V grado. (es. fa# lab do)
• La sesta eccedente francese è un accordo di settima di dominante
con la 5ª abbassata, utilizzato solitamente come dominante secondaria
che risolve sul V grado (es. re fa# lab do).

Modi d’applicazione

Non trovandosi mai allo stato fondamentale, ma allo stato di I o II rivolto


(ad eccezione della sesta eccedente italiana, che può essere usata anche
allo stato fondamentale), essa poggia sempre sul VI grado minore o
abbassato che scende o al I o al V grado (in quarta e sesta) della scala a
seconda dei casi. Ecco alcune delucidazioni sull'uso delle seste:
- La sesta eccedente italiana si usa solitamente nel modo minore, ma può
essere usata anche nel modo maggiore (attraverso la scala maggiore
armonica) e si trova allo stato di I rivolto. Essendo un primo rivolto di triade,
esso si avvarrà della numerica 3-6 partendo dal basso apparente. La
fondamentale sarà nuovamente il VI grado minore, poi la terza maggiore e
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la sesta eccedente. Esempio: nella tonalità di Do minore, Lab è il
fondamentale; do la 3ºM, fa # la 6ºecc. In alcuni viene usato anche allo
stato fondamentale.
- La sesta eccedente francese si usa solo sul modo minore, e si trova allo
stato di II rivolto. Essendo un secondo rivolto di settima, esso si avvarrà
della numerica 3-4-6, pertanto al basso la fondamentale sarà il VI grado
minore e i rispettivi intervalli di terza maggiore, quarta eccedente e sesta
eccedente in relazione al basso. Esempio: nella tonalità di Do minore, lab è
il VI grado minore che poniamo al basso; la 3ºM sarà do, la 4ºecc. sarà re,
la 6ecc. sarà fa #. Può risolvere sia sulla dominante sia sulla tonica in
quarta e sesta.
- La sesta eccedente tedesca si usa in ambo i modi e si trova allo stato di I
rivolto. Essendo un primo rivolto di settima, esso si avvarrà della numerica
3-5-6, pertanto al basso la fondamentale sarà il VI grado minore e i
rispettivi intervalli di terza maggiore, quinta giusta e sesta eccedente in
relazione al basso. Esempio: nella tonalità di Do minore, lab è il VI grado
minore che poniamo al basso; la 3ºM sarà do, la 5ºG mib, la 6ecc. fa #.
Può risolvere sulla dominante, ma in questo caso si avranno le cosiddette
"quinte di Mozart" (lab - mib → sol - re, accettate tranne nel caso in cui si
trovino fra basso e soprano). Se invece risolve sulla tonica in quarta e
sesta è definita sesta eccedente inglese, tale sistema prima di quarta e
sesta e poi terza e quinta va a formare la cadenza composta consonante.
- La sesta eccedente svizzera si usa solo nel modo maggiore, e si trova allo
stato di II rivolto. Essendo un rivolto di settima, esso si avvarrà della
numerica 3-4-6, pertanto al basso la fondamentale sarà il VI grado minore
e i rispettivi intervalli di terza maggiore, quarta più che eccedente, sesta
eccedente in relazione al basso. la risoluzione deve avvenire sul I grado
armonico in quarta e sesta. Esempio: in do maggiore, lab è la sesta
abbassata che poniamo al basso; do è la terza maggiore, re # è la quarta
più che eccedente, fa# è la sesta eccedente.

 
Precisazioni sugli accordi di sesta
Sesta napoletana

L’accordo di sesta napoletana è una triade perfetta maggiore,


presentata sempre in primo rivolto (da cui il nome “sesta”), costruita sul
secondo grado abbassato del modo minore (ma usata raramente anche nel
modo maggiore) che, in fase cadenzale, sostituisce il IV grado nella cadenza

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mista o composta! La terza dell"accordo, nota al basso, è raddoppiata; il
suono alterato (nell"esempio sib) è posto di norma alla voce più acuta.

Esempio di Sesta napoletana

Esempio di Sesta eccedente

Sesta eccedente

La sesta eccedente così genericamente definita è una triade minore (sul II del
modo maggiore o sul IV del modo minore) con fondamentale alterata in
senso ascendente, usata in primo rivolto (da cui il nome “sesta”) che, in fase
cadenzale, sostituisce il IV grado nella cadenza mista o composta.
In fase di realizzazione, nella sesta eccedente come nella sesta napoletana,
è opportuno raddoppiare la terza dell’accordo (anche suono del basso).
La sesta eccedente può facilmente essere intesa, in senso enarmonico,
come una settima di prima specie. In tal caso si propone la possibilità di uno
slittamento tonale ad una tonalità lontana. Nell’esempio, potremmo leggere il
re# come mib e pensare che l"accordo fa, la, mib sia la V7 incompleta di sib
maggiore.

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Accordi alterati
Sono genericamente definiti accordi alterati quegli accordi la cui
fondamentale o la cui quinta è alterata in senso ascendente o discendente.
L’alterazione nasce per motivi coloristici o per motivi di andamento melodico.
Tale alterazione può implicare un gioco di tipo enarmonico ma si sviluppa
sempre come movimento melodico di uno dei suoni costitutivi dell’accordo.

Sesta tedesca, francese, italiana e svizzera

Questo gruppo di accordi ha ampio impiego nella letteratura


ottocentesca. La grande potenzialità di questi deriva dal fatto che essi sono
riconducibili, nonostante la complessa apparenza, a semplici settime di
dominante e perciò molto propensi a spostamenti modulanti. Sono accordi
denominati di“sesta” poiché contengono la sesta eccedente come intervallo
caratterizzante.
Si collocano sul VI grado abbassato del modo maggiore e sul VI grado
armonico del modo minore oppure sul II grado abbassato del modo maggiore
e minore. Quelli sul VI abbassato (indicato con il VI barrato) risolvono sul
primo in quarta e sesta per poi fare cadenza perfetta in tonica. Raramente si
collocano anche sul II grado abbassato del modo maggiore o minore. In tal
caso la risoluzione avviene direttamente in tonica con la produzione di quinte
consecutive inevitabili e perciò tollerate.

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La sesta tedesca

La sesta tedesca è una nona minore di dominante della dominante, con


quinta abbassata, fondamentale omessa, usata in secondo rivolto.

Si parte cioè dal V grado con settima, a cui si aggiunge la nona minore,
a cui si abbassa la quinta (è un accordo alterato) e che, infine, si presenta
senza la fondamentale, rivoltato con la quinta (lab) al basso. Trova
applicazione in un movimento cadenzale che prevede una dominante lunga
scomposta in:
I grado con quattro sei - V con sette - I. (vedi es. precedente). Più
facilmente è possibile pensare alla costruzione di tale accordo in questo
modo: si costruisce una settima di prima specie sul sesto grado abbassato e
si cambia enarmonicamente nome alla settima dell’accordo. L’accordo in
parola - enarmonicamente - può dunque essere letto come la semplice
settima di dominante di una tonalità lontana e precisamente la dominante di
una tonalità maggiore o minore posta ad un semitono ascendente di distanza
dalla tonalità di origine. Da notare che, in molti casi, i compositori d’Ottocento
- data la salita non ortodossa di quella nona minore (nell’esempio mib)
davano nome enarmonicamente diverso per dare maggior coerenza al
movimento melodico. Quando l"accordo d"esempio veniva riportato con il re#
anziché il mib veniva definito accordo di “sesta svizzera”.

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Sesta
tedesca su
un
secondo
grado

abbassato

Esempio
di sesta
svizzera
su di un
Valzer di
Schuman

Sesta
francese
sul II
grado
abbassato
 

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La sesta italiana
La sesta italiana è una settima di dominante della dominante, con quinta
abbassata, fondamentale omessa, usata in secondo rivolto. Sul VI
abbassato; in questo caso c’è un raddoppio particolare del suono che in
origine è la settima:

o sul secondo abbassato, intesa come settima di dominante con quinta


abbassata, fondamentale omessa, in secondo rivolto.

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