Sei sulla pagina 1di 4

GIOVANNI VERGA

LA VITA

La vita di Verga si può dividere in tre fasi. La prima è la fase giovanile che va dalle prime prove letterarie alla
raccolta di Vita dei campi. Nella seconda, tra il 1880 e l’inizio degli anni 90, scrive i libri che lo renderanno
famoso. Questa è la fase verista. Dopo vent’anni passati a Milano Verga torna in Sicilia e si dedica al teatro,
all’educazione delle nipoti e alla cura della proprietà. Entra in una sorta di crisi creativa. Verga non inizia
come uno scrittore verista ma come autore di romanzi tardo romantici, poi si avvicina ad una narrativa
quasi "scapigliata", in particolar modo quando si trasferisce a Milano e scrive: eros, Eva, una peccatrice,
tigre reale, operette incentrate sull' ambiente borghese, e sugli scapigliati, che risultano essere dei falliti e
dei perdenti.

Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia benestante. Il suo precettore è Antonino Abate,
che aveva appoggiato la spedizione dei Mille. Egli gli trasmette i suoi ideali laici e risorgimentali e lo indirizza
alla lettura dei romanzi. Verga scrive il suo primo romanzo “amore e patria”, ambientato durante la guerra
di indipendenza americana.Finiti gli studi superiori Verga si iscrive a giurisprudenza, ma è attratto dalla
letteratura. Il Verga ventenne in questo periodo è uno dei tanti scrittori che riempiono le colonne dei
giornali con i racconti d’amore o di guerra.
Decide di andare a vivere a Firenze (1869) capitale d’Italia. Qui respira un’aria diversa e grazie a due
siciliani, Luigi Capuana e Mario Rapisardi, entra in contatto con la comunità intellettuale Fiorentina. Avvia
una relazione con Giselda Fojanesi e inizierà a conquistarsi un pubblico (Storia di una capinera: tratta della
storia di Maria,costretta a diventare suora (ricorda molto la monaca di monza). La giovane difatti soffre
tanto, ma trova conforto e pace nella famiglia del fattore che la ospita. Qui si sente più a suo agio. è
importante perché è la prima impressione di verga sulla vita dei contadini, semplice ma appagante)
Poco dopo il matrimonio di Giselda, Verga si trasferisce a Milano e qui frequenta gli intellettuali legati al
movimento della scapigliatura e collabora con alcune riviste.
Verga non riesce a sfondare con i suoi romanzi mondani: pensa di tornare in Sicilia fin quando nel 1874
(conversione verista) ottenne grande successo con il suo racconto intitolato Nedda. Il successo induce
Verga a mettere da parte le storie borghesi e a scrivere altri racconti ambientati in Sicilia (nella campagna
del sud). Pubblica Vita dei campi (1880).Nel 1881 escono i Malavoglia, il primo di una serie di romanzi che
avrebbero formato il ' ciclo dei vinti”. Il successo arriva dal palcoscenico, dove si inscena uno dei racconti di
“vita dei campi”. Finalmente Verga riesce a mantenersi e a viaggiare ed in Francia conosce Emile Zola.Dal
1893 si ristabilisce in Sicilia dedicandosi alla famiglia. Invecchiando tende a vivere sempre di più appartato
ed insofferente nei confronti delle mode (l'estetismo, D'Annunzio). Nonostante ciò non viene dimenticato e
fu nominato senatore del regno. Muore a Catania nel 1922.
In seguito alla sua morte Verga ha avuto un’importanza costante nel panorama letterario, soprattutto dopo
la seconda Guerra mondiale, e viene trattato da scrittori come Benedetto Croce, Italo Calvino (che lo vede
come precursore del neorealismo).

LE OPERE

Negli anni 80 Verga pubblica tutti suoi capolavori. In questi racconta la vita del popolo siciliano attraverso
nuove tecniche narrative. Il giovane Verga vuole essere un innovatore.

-Nedda: pubblicata nel 1874. È una novella abbastanza lunga che segna il passaggio da una narrativa
borghese al verismo. Nedda è una povera raccoglitrice di olive che cerca lavoro per aiutare la madre
malata. Il suo fidanzato, altrettanto malato, lavora nonostante la malaria fino a morire. Nedda, che ha perso
la madre, rimane sola, incinta del figlio (e continuerà a lavorare in gravidanza) che a sua volta nascerà
malato e morirà. Il racconto si chiude con un’invocazione alla Madonna. Questa storia è ambientata nella
campagna siciliana carica di effetti patetici. Nonostante ciò Nedda ha successo.
-I Malavoglia: pubblicato nel 1881 è il primo dei cinque romanzi,di cui solo i primi due completati, che
dovevano illustrare la vita delle varie classi sociali.

Il nome del ciclo immaginato da Verga è “Marea” che richiama un destino collettivo. Il nome del ciclo sarà
“il ciclo dei vinti” che richiama la comune sconfitta degli uomini dalla società e dal progresso (nomi:
Malavoglia, Mastro don Gesualdo, Duchessa di Leyra, Onorevole Scipioni, Uomo di lusso). [Verga non
continua il ciclo perché nel 1915 scoppia la prima guerra mondiale e lui si rende conto che non avrebbe
avuto più senso completare il ciclo, pubblica i Malavoglia e Mastro Don Gesualdo, e inizia solo a scrivere la
duchessa di Laura; un altro motivo per cui si ritiene che verga non abbia completato il ciclo è perché egli
avrebbe dovuto parlare di categorie sociali di cui faceva parte: non sarebbe stato obiettivo]
-Le novelle: nei primi anni 80 Verga pubblica due importanti volumi di racconti. Le novelle Rusticane
restano nell’ambito rusticale inaugurato da “vita dei campi” ma la prospettiva si amplia e Verga non
racconta più soltanto la vita dei contadini ma anche delle altre classi sociali. Il tono diventa più cupo e il
linguaggio più crudo: il pessimismo è ancora più evidente. Nella raccolta “per le Vie” Verga inizia a
rappresentare il proletariato urbano

-Mastro Don Gesualdo: Verga lo pubblica a puntate ed esce in volume l’anno successivo. Mastro Don
Gesualdo è la storia di un uomo che si è fatto da sé: Gesualdo, nato povero, sale i gradini della scala sociale,
ma alla fine capisce che è stato tutto vano e che la corsa al denaro gli ha creato un vuoto attorno, e muore
solo. È la seconda novella (ed ultima) del ciclo dei vinti.

-Don Candeloro e C.i : È l ’ultima raccolta di racconti. Le caratteristiche si allontanano dai racconti degli anni
80: alcune novelle si svolgono nel mondo del teatro mentre altre nel convento. L’elemento comune è la
natura falsa e ipocrita delle relazioni sociali. Gli esseri umani fingono fino al punto di convincere se stessi di
non star recitando. Verga ritiene che non esiste più una realtà oggettiva perché ha tante facce quanti sono
gli esseri umani. Il semplice metodo verista diventa inappropriato per raccontare un mondo così complesso.

I TEMI E LA TECNICA

Verga è importante perché ha saputo raccontare la vita del popolo meridionale con uno scrupolo di verità.
Tutti i suoi testi sono caratterizzati dal pessimismo e dalla sfiducia nel progresso, e trattano principalmente
3 motivi:
- il tema dell’esistenza, vista come una continua lotta per il denaro e il rispetto sociale (mastro), futuro della
famiglia (Malavoglia), sopravvivenza (rosso malpelo)
- Il tema della famiglia come legame sacro (Malavoglia religione della famiglia), ma anche luogo di ipocrisia
e inganno (mastro)
- Il tema del sacrificio di ogni valore umano per arricchirsi (accumulo della roba, La roba e mastro)

-Artificio della regressione

Il verga verista adotta il punto di vista dei suoi personaggi e così ci fa ascoltare in presa diretta la loro voce:
il narratore scompare quasi totalmente. In questo modo sembra che l’opera sia fatta da se.
Verga insiste molto sull’oggettività del suo racconto. Egli usa un linguaggio adatto ai suoi personaggi, i quali
essendo umili contadini adoperano un linguaggio semplice.
Inoltre, la storia ha uno sviluppo logico. Si perde così l’effetto “sorprendente”. la concatenazione logica
riduce lo spazio riservato all’autore fino quasi a farlo scomparire. In questo modo il racconto diventa un
documento umano : quest’espressione rievoca l’idea naturalista di un’arte scientifica (

-il discorso indiretto libero.

I personaggi per essere credibili devono essere radicati nel loro ambiente e quindi l’autore deve conoscere
perfettamente il luogo che andrà a descrivere ed immedesimarsi completamente in loro (Verga non parla
della Sicilia in generale, ma della campagna intorno a Catania). Infatti la letteratura è basata non solo
sull’immaginazione ma anche sull’osservazione, per cui l'autore deve usare il linguaggio semplice, schietto
dei personaggi. Conseguenza di questa decisione è che all’autore non resta spazio nella sua opera. Infatti,
sono i personaggi che vedono e descrivono ciò che li circonda attraverso il discorso indiretto libero.
Questo tipo di discorso è un tipo di discorso riportato, nel quale le parole altrui ci arrivano attraverso la
mediazione di un terzo (ci disse= discorso indiretto. Verga toglie la clausola citante, ma riporta direttamente
il pensiero dei personaggi)
Il discorso indiretto libero è usato nei Malavoglia per caratterizzare i personaggi e per dar voce al coro del
paese. In Mastro-Don-Gesualdo è usato in modo ancor più massiccio.
È una tecnica versatile, che aumenta l’oggettività mostrando il punto di vista dei soggetti, e permette
all’autore di inserire nel testo espressioni tipiche del parlato, anche scorrette dal punto di vista
grammaticale. Ciò sottolinea ancora di più la regressione dell’autore, che si dissocia praticamente dalla
storia.

VITA DEI CAMPI

Pubblicata nel 1880, la raccolta Vita dei campi è il primo libro Verghiano che appartiene alla stagione
verista. Tutte le novelle sono ambientate in Sicilia e hanno come protagonisti persone umili. Il libro si apre
con una Novella, Fantasticheria.
T2 pag 182 , T3 pag 188

I MALAVOGLIA

Il romanzo nasce dal bozzetto marinaresco intitolato Padron’Ntoni. Il bozzetto è diventato l’abbozzo di un
romanzo, e Verga ne cambia il titolo: i Malavoglia. In questo modo sposta l’attenzione dal singolo
personaggio al nucleo familiare. Il romanzo viene pubblicato nel 1881. Racconta la storia di una famiglia di
pescatori, i Toscano, che vive nella campagna di Aci Trezza, a Catania. La gente del paese li chiama i
Malavoglia per antifrasi ( dice su di loro il contrario della verità, perché sono gran lavoratori). Nella “casa
del nespolo” (così chiamata perché davanti a essa vi è un grande nespolo) vivono: il capo famiglia, padron
Ntoni, suo figlio Bastianazzo, la moglie Maruzza e i figli della coppia (Ntoni,Luca,Mena,Alessio e Rosalia). Il
romanzo si svolge tra il 1863 e il 75, Verga accenna ai principali eventi che hanno luogo in questo periodo
mostrando però solamente gli effetti che si producono sulla vita dei protagonisti e sul popolo (non dice che
è in atto la terza guerra d’indipendenza, ma fa morire Luca nella battaglia di Lissa). Questo modo di
introdurre gli avvenimenti produce due effetti: da un lato mostra come ad Aci Trezza la storia arrivi come
fonte di dolore, dall’altro il lettore può collocare nel tempo la storia senza che il narratore debba
intervenire rompendo l’illusione. Nei malavoglia è forte il contrasto tra la religione della famiglia e la vita
moderna che sta cambiando: i giovani protagonisti ritenevano la famiglia poco importante.

La trama

Nella prima parte (capitoli 1-4) I malavoglia sono presentati. Quando Ntoni parte per la leva obbligatoria la
famiglia perde un lavoratore, una fonte di reddito. Per far quadrare i conti, il nonno padron Ntoni, decide di
fare affari: comprerà dall’usuraio del paese, Zio Crocifisso, una partita di lupini per poi rivenderla. Dato che
non possiede altri beni offre come garanzia la casa del nespolo. Durante il viaggio la Provvidenza fa
naufragio e Bastianazzo muore.
Nella seconda parte (capitoli 5-10) i malavoglia si impoveriscono: lasciano la casa e vanno a lavorare a
giornata. Luca viene ucciso nella battaglia di Lissa; il figlio del ricco padron Cipolla rompe il fidanzamento
con Mena; Ntoni è rimasto affascinato dalla vita della città e quando la madre muore decide di andarsene
in cerca di fortuna. Le cose peggiorano e sono costretti a vendere la barca.
Nella terza parte (capitoli 11-15) il giovane Ntoni è tornato al paese e diventa un contrabbandiere e
l’amante dell’ostessa Santuzza. Nasce una rivalità con Don Michele, la guardia del paese. Durante una rissa
Ntoni accoltellaDon Michele e finisce in prigione. L’umiliazione è troppo forte per il nonno, che, ormai
troppo vecchio, viene rinchiuso in un ospizio. Qui vi morirà proprio quando Alessi va a riprenderlo per
portarlo alla casa del nespolo che lui ha riscattato. Uscito di prigione Ntoni passa a salutare il fratello Alessi,
il quale lo invita a restare. Rendendosi conto del danno che ha arrecato alla reputazione della famiglia se ne
va per sempre da Aci Trezza.
T8 L’addio di Ntoni.

LE NOVELLE RUSTICANE

Mentre Verga lavora a I malavoglia, pensa di aggiungere alla nuova edizione di “vita dei campi” alcune
novelle fin quando non sceglie di creare una nuova raccolta. In otto mesi scrive tutte le novelle rusticane,
così dette perché sono ambientate nel mondo del contadini siciliani (ad esempio La lupa, Che cosa è la
libertà , Fantasticherie , Rosso malpelo)
Rispetto alle novelle precedenti queste sono più reali e razionali. La “religione della roba”, cioè
dell’accumulo della ricchezza, prende il posto della “religione della famiglia”(malavoglia). Un’altra
differenza è che mentre in “Vita dei campi” erano ritratti singoli personaggi, al centro delle Novelle
rusticane sta una comunità (ai nomi di persone subentrano termini astratti).
T9 pag 214

MASTRO DON GESUALDO

La stesura di mastro don Gesualdo durerà 8 anni. Nel 1888 esce a puntate sulla rivista Nuova Antologia;
contemporaneamente Verga elabora il romanzo in vista della stampa a volume: il libro esce a fine anno
datato 1889. Ci sono molte differenze tra le due versioni dal punto di vista stilistico e strutturale: aggiunge
5 capitoli e articola il romanzo in 4 parti, ascesa-successo-declino e caduta. Inizialmente voleva raccontare
l’intera vita del protagonista ma poi cambia idea e fa cominciare il racconto quando Gesualdo ha già
bruciato i suoi anni migliori per “la roba” ,seguendo il suo lento declino.

Trama

prima parte: siamo a Vizzini. Scoppia un incendio nella casa dei Trao, una famiglia di aristocratici decaduti
composta da: Don Diego, Ferdinando e Bianca. Gesualdo Motta soccorre la famiglia per paura che
l’incendio coinvolga la sua proprietà. Gesualdo è un uomo attualmente benestante ma venuto dal nulla
(faceva il muratore), per questo la gente del paese lo chiama Don. I notabili invece aggiungono “mastro”
per distinguerlo dalle famiglie benestanti tradizionali.
Gesualdo viene convinto dal prete avido Lupi a sposare Bianca Trao. La manovra è stata pensata dalla
baronessa Rubiera in tal modo che il figlio, che ha avuto una relazione con Bianca, si potesse sposare con
un’altra ricca nobildonna. Gesualdo sceglie di sposare Bianca, pur non amandola, in modo da ottenere un
ruolo rilevante nell’alta società.
seconda parte: Gesualdo diventa uno dei più grandi proprietari terrieri. Intanto a Palermo scoppia una
rivolta: i moti carbonari del 1820. Il protagonista sceglie di unirsi ai ribelli per evitare che i suoi beni
vengano espropriati. Nella stessa notte il padre di Bianca muore e nasce sua figlia Isabella (probabilmente
figlia di Rubiera)
terza parte: Isabella va in collegio dalle monache. Durante l’epidemia di colera del 1837 Isabella torna a
casa e rimane sconvolta dallo squallore del suo paese. Si innamora di Corrado la Gurma e il padre Gesualdo
lo accetta in casa. I due giovani fuggono insieme ma Gesualdo fa arrestare Corrado e cerca qualcuno che sia
disposto a sposare la figlia per nascondere il disonore. Isabella sposa il duca di Leyra.
quarta parte: Gesualdo si trasforma in un vinto. La moglie si ammala di tubercolosi e la figlia lo detesta.
Durante i moti del 48 si tiene in disparte e i suoi nemici ne approfittano per mettergli contro il popolo che
distrugge i suoi beni. Gesualdo si trasferisce nel palazzo dei Leyra a Palermo e il genero ne approfitta per
spillargli denaro. Muore da solo, circondato da indifferenza.
T15 + sintesi finale

Potrebbero piacerti anche