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ALMEIDA, F.A. de: La Spinalba, ovvero Il vecchio matto 8.

660319-21
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Francisco António de Almeida (c.1702-c.1755)


La Spinalba ovvero Il vecchio matto

Dramma comico in Three Acts • Libretto by an unknown author

Arsenio, a merchant, Spinalbaʼs father . . . . . . . . . Luís Rodrigues, Bass


Dianora, Spinalbaʼs step-mother . . . . . . . Cátia Moreso, Mezzo-soprano
Spinalba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ana Quintans, Soprano
Ippolito, Spinalbaʼs faithless lover . . . . . . . Fernando Guimarães, Tenor
Elisa, Arsenioʼs niece . . . . . . . . . . . . . . . . Inês Madeira, Mezzo-soprano
Vespina, a servant . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Joana Seara, Soprano
Leandro, Elisaʼs lover . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mário Alves, Tenor
Togno, a servant . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . João Fernandes, Bass

CD I

Overtura
[1] I. Presto SPINALBA
[2] II. Andantino a mezza voce Ippolito
[3] III. Minuet
DIANORA
Atto Primo Sì, sì, già mi sovviene.
Strada di Roma nei pressi della casa di Arsenio. Ebben?

Scena prima SPINALBA


Spinalba vestita da uomo, che tenta di scappare da Dianora, che la (Ahi, rimembranza)
trattiene.
DIANORA
Recitativo Dove vai?
Se tu fuggi un’altra volta,
DIANORA questa t’arriverà.
[4] Ferma Spinalba.
SPINALBA
SPINALBA Non fuggo; ascolta.
Lasciami, se m’ami. Allor semplice il core
Amor non conosceva.
DIANORA
Che, lasciarti? DIANORA
Testarda, cervellina. Andiamo avanti.

SPINALBA SPINALBA
Deh, non mi strascinar. Al dolce tratto, alla gentil maniera,
all’onestà del nobil suo costume
DIANORA restai priva di me;
Vuoi, che davvero ti sgraffi il viso l’amai, s’avvide dell’amor mio,
in guisa tal, che alcuno mai più ti riconosca? mi corrispose, e prima di rivolgere il piede
Dove fosti quindici interi giorni? al patrio tetto, giurommi eterna fe’,
Queste vesti donde l’avesti tu? Parla. sincero affetto. Al fin partì l’ingrato:
Vè, come muta il colore. in qualche foglio di mentita costanza
Io voglio soffocarti con queste mani. i segni espresse, con cui mi consolai:
Se non sei mia figlia, come tal t’educai. ma nell’inganno poco rimasi;
Quando ritorna tuo padre, che dirà? già tre giri il sole compì,
Son’io, che devo renderne conto. da che tacendo l’infedele schernisce
i pianti miei, le mie querele.
SPINALBA
Per pietà sospendi l’ira un momento, DIANORA
che di mie sventure io nulla tacerò. (Già mi muove à pietà.)

DIANORA SPINALBA
Sentiam. Or, ch’il destino qui ci ha condotti,
io deggio, o cara madre, cercare il traditor;
SPINALBA le sue menzogne vo’ rinfacciarle,
Sovvienti dell’ospite romano, vo’ chiamarlo ingrato, spergiuro, ingannator.
che un lustro è già, Senza rossore, se m’ha cosi schernita,
nelle toscane mura trasse di belli arredi di mia costanza e di mia fe’ tradita.
Nobile e ricca merce?
DIANORA
DIANORA Non t’affliger così.
E in nostra casa Senti: che pensi ora di far?
più d’un anno albergò, che si chiamava...

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SPINALBA Sto qui per aspettarla.


Ho già pensato.
Il tempo che m’involai da te, ARSENIO
spesi con lui, stato e nome mentii, Dunque in casa non è?
finsi mendicità; di sua azienda vo’ registrando i lucri.
Non tralascio talor ne’ suoi deliri DIANORA
rammentarle Spinalba; ma che? Volle da Elisa accostarsi e trescar.
Come se mai sia stata alle pupille oggetto, Sono fanciulle.
non che al cor risponde: (oh pena)
che del suo nome or si ricorda appena. ARSENIO
Ma con chi la mandasti?
DIANORA
Dunque lascialo andar. DIANORA
Chi non ti vuole, di te degno non è. Andò sola, è così?

SPINALBA ARSENIO
Madre amorosa, solo per questo dì, Oh ben: poco ti manca per un secolo d’anni,
se pur non vuoi, sia l’ultimo per me, e a tuo parere van le ragazze sole?
lascia ch’io vada;
io vo’ svelarmi a lui. DIANORA
Subito agli strapazzi.
DIANORA Io non l’avrei mandata così sola,
E se mai torna Arsenio, che dirò? se sembrasse fanciulla.

SPINALBA ARSENIO
Tanto crudeli non saran meco i dei. E che ti sembra vecchia,
come sei tu?
DIANORA
Vanne; ma pensa, in che angoscia mi lasci. DIANORA
Non correr col furor che ti consiglia, Dico che sembra un uomo.
ricordati chi sei, e a chi sei figlia.
ARSENIO
SPINALBA Va con abiti d’uomo?
Oh cieli! E al mio malgrado or son costretta Oh Arsenio svergognato.
a tante offese mie cercar vendetta. Perché non è tua figlia tu la mandi così?
Aria Che ti consumi il fuoco, la saetta,
[5] Con quante lusinghe vecchiaccia, stregonaccia maledetta.
l’infido incostante
m’accrebbe i martiri, DIANORA
con quanti sospiri Elà non accostarti.
mi seppe ingannar. Scostumataccio, ingrato:
Perché mi costrinse diecimila fiorini, che t’ho portato in casa
fra queste catene t’han levato da cenci,
se in braccio alle pene, ed or questo mi rendi?
m’avea da lasciar. Eh, lo conosco, vuoi vedermi morir.
Scena seconda Non dubitare: le nostre liti presto finiranno,
e la mia morte ti trarrà d’affanno.
Arsenio e Dianora, verso la scena. Aria
Recitativo [7] Quando m’avrai perduta
allor mi piangerai,
ARSENIO e questo ch’or mi fai,
[6] Lode al ciel che pur giunsi, poi ti dispiacerà
Olà, rimanga tutto laggiù Verrà quel tempo, che sospirando
che poi nei luoghi destinati ognora dirai: o mia Dianora;
s’avrà di ripartir. ma non risponderà.

DIANORA Scena terza


(Oh me meschina, come l’ho da placar?) Arsenio, e poi Elisa e Vespina.

ARSENIO Recitativo
Dianora.
ARSENIO
DIANORA [8] Veramente m’avvedo, che son troppo focoso;
Addio. Ora è ben fatto, che vada a ripigliar quella zerbina.
Ma vien l’Elisa, avrò di lei novella.
ARSENIO
Cos’è? Tu sei turbata? ELISA
Come qui ti ritrovo? Del vostro lieto arrivo quanto godo, o signor.
Spinalba dove sta?
VESPINA
DIANORA Ed altrettanto me ne rallegro anch’io,
(Chi vuol sentirlo?) perché vi vedo sempre più sano e bello,

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come foste un ragazzo. VESPINA


Troppo furor.
ARSENIO
Di quanto, per tua fe’? ELISA
Soverchia smania è questa.
VESPINA
Di quindici anni: mal’occhio non ci possa. Aria
ARSENIO
ARSENIO [9] Eh, t’accheta, t’accheta: udir non voglio,
Oh, tanto giovinetto non sono. chi mi prega, o mi consiglia:
io son padre, ell’è mia figlia,
ELISA e cagion del mio rossor.
V’accresca sempre il Ciel giorni felici, Vo’ spogliarmi d’ogni pietà.
perché possiate con paterno amore, Soffrir deggio in questa età
meco le veci far del genitore. di tal vergogna, e disonor?

ARSENIO Scena quarta


Elisa, tu ben sai, che a questo fine Elisa e Vespina.
Firenze abbandonai.
Sei figlia al mio germano, Recitativo
avrò di te pensier, come tu fossi
la medesima Spinalba. ELISA
Ma dite, ella è rimasta sola colà? [10] Vespina, che ti par?

VESPINA VESPINA
Chi? Che vuol parermi?
Ei non si sdegna a torto.
ELISA
Dove? ELISA
Altro che amore tali scherzi non fa.
ARSENIO Credimi, anch’io provo per mio Florindo
Spinalba in vostra casa. tant’angoscia, tal’or, ch’appena soffro le sue dimore.
Ei viene ambasciator d’Ippolito,
ELISA e non vede, che Ippolito e Leandro
In mia casa non è, né mai la vidi. io non curo per lui.

ARSENIO VESPINA
(E sarà ver? Dianora così m’inganna? Ed a me sembra
Ma può star’ancora, ch’ella l’abbia ingannata. ch’egli non curi voi.
Ed a che fine? Dove voleva andar?)
Eh, voi scherzate, non mi tenete a bada. ELISA
Starà d’un’altra i disprezzi a soffir.
ELISA
Così poco credete ai detti miei? VESPINA
Per un ingrato l’altra si struggerà;
VESPINA son tutti infine mal contenti in amor.
Andate, andate che ve n’accerterete. Io, siate certa, che non voglio impazzar
con queste folie.
ARSENIO
Dunque è vero? ELISA
Oh sventurato me, oh sorte iniqua; Ma non sempre si può ciò che si vuole.
che s’aspetta dai figli!
Giuro che se la trovo, VESPINA
n’ho da far tale scempio, Ecco Ippolito appunto.
che ne rimanga in Roma un nuovo esempio.
ELISA
VESPINA Oh, che importuno, partiam.
No, caro il mio vecchietto.
Scena quinta
ARSENIO Ippolito e dette.
Eh, vanne via.
Recitativo
ELISA
Deh, non pensate al peggio, chissa... IPPOLITO
[11] Fermati Elisa.
ARSENIO E sarà ver, che ne per un momento
Ch’ho da pensar? mi puoi soffrir?
Penso che Roma tutta sconvolgerò, Tanti disprezzi alfine, e la mia fede,
fin che l’arrivo: penso, che mal’io vivo, e’l mio verace affetto,
se vivo senza onor, pur che la trovi dovriam qualche pietà destarti in petto.
vadan le robe, perdasi la testa. Rispondi.

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ELISA
Per Florindo non udisti i miei sensi? Scena settima

IPPOLITO Recitativo
De’ tuoi detti fu fido apportator.
Ma questa volta voglio udirli da te. IPPOLITO
[15] Non lo diss’io?
ELISA Son reso favola de’ fanciulli.
Dunque m’ascolta. Crudelissima Elisa, t’intendo sì;
(Aria) tu di novelle ardore accesa sei.
[12] Degn’è d’affetto la tua costanza, Ma delle tue follie, vigile osservator
sei vago oggetto di mille amori; quando men credi, il rival troverò.
ma ch’io t’adori non lo sperar. Tremi chiunque intorno a quelle mura
Per te non sento d’amor la face, incauto muove il pie’.
chi al cor non piace, non si può amar. Sugl’occhi tuoi io vo’ strapparle il core,
che un’oltraggiato amor, divien furore.
Scena sesta Aria
Ippolito e Vespina. [16] Lieve fiamma, che semplice e cheta
gode lieta del pascolo usato.
Recitativo Se vien scossa dagl’urti del vento irritato
l’altero elemento, forma incendi,
IPPOLITO diventa maggior.
[13] (Che barbaro rigor! Si vide mai più inumano costume? Tutto abbatte con fremito orrendo;
In qual Ircana selva, o Nemea rupe nacque mai costei? e stridendo sormonta le cime,
Qual tigre l’educò? finché opprime l’ingiusto offensor.
Ahimè, con tanti prieghi, sospiri e pianti,
solcai nell’onda e coltivai l’arena). Scena ottava
Sontuoso giardino della Villa di Elisa, con veduta del fiume.
VESPINA Leandro in una barca con due che vogano, e Togno che voga ancor,
Oh che soave amor, che dolce pena. cantando.

IPPOLITO Aria
E tu di cruda donna TOGNO
Ancella più spietata in questa guisa [17] Dicea la madre di me zelosa,
deridi i miei martir? tutta amorosa, non ti partir.
Meco il tuo padre, dolce visetto
VESPINA figlio diletto, vedrai morir, sì, sì.
Lo tolga il Cielo. Io ridermi di voi? Poscia la nonna, la vecchia accorta,
disse: son morta senza di te.
IPPOLITO La mia colonna, l’appoggio mio
Qualche conforto dunque mi porgi almeno. si parte, oh Dio, lungi da me.
Di’? Sarà sempre Elisa sorda alle mie preghiere?
Recitativo
VESPINA
Mi par... Mi par che sì. TOGNO
[18] Poi tutti uniti...
IPPOLITO
Non avrà mai pietà delle mie pene? LEANDRO
Olà Togno t’accheta.
VESPINA Già della vaga Elisa
Cred’io... Cred’io che no. Siamo presso al giardin.

IPPOLITO TOGNO
Morto mi brama? Smonta, padrone.
Ed io perché la barca non se ne vada a spasso,
VESPINA voglio legarla qui.
Or questo non lo so.
LEANDRO
IPPOLITO Pur ti riveggo albergo venturoso,
E tal sollievo rechi, crudele, al mio penar? che ascondi il mio bel sol,
fosse la sorte propizia al mio desir,
VESPINA ch’in quest’istante giungesse a consolarmi.
Ah, voi volete, che da quel duol, Togno!
che sì vi tiene oppresso,
con dolci detti io vi consoli? Adesso. TOGNO
Aria Son qui.
[14] Siete voi della signora
il pensier più dolce, e grato: LEANDRO
di quel core innamorato, Vanne da Elisa, e dille
siete l’unico piacer. che’l suo fedel Leandro
Ma se fede a me prestate, l’attende nel giardin.
v’ingannate, non è ver.

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TOGNO DIANORA
Non vuoi che anch’io, Non v’adirate: il vostro nome?
per giubilo che sento,
a queste piante faccia un complimento? TOGNO
Togno Guastaferri, ed ho molto che far.
LEANDRO
T’affretta. DIANORA
Eh compatite.
TOGNO Quanto temp’è, che siete in questo luogo?
Oh vaghe fronde, oh piante deliziose,
Oh frutta saporosa, superbissimo Tebro, TOGNO
Profondissima Roma... (Quante dimande.)
E ciò che importa a lei?
LEANDRO
Eh via, finisci. DIANORA
Ah, se sapessi... basta.
TOGNO Và dispersa per Roma
Non mi fate sbagliar: io vi saluto; una fanciulla travestita da uomo.
E tutto il mio valor v’offro in tributo. Or mi fu detto, che per questi giardini
Ora men vado. più volte s’è veduta...

LEANDRO TOGNO
Aspetta. (Fia meglio il differir.) E a saper questo chiedi s’io son Francese?
Mentre io mi porto a rassettar l’albergo Questa che vai cercando,
tu favella ad Elisa: non ho vista, né udita.
Dì, ch’io vengo a fermar qui le piante,
per vivere, e morire a lei costante. DIANORA
Aria (Dove la troverò? Io son spedita.)
[19] Dille che’l primo oggetto fu
degl’affetti miei: TOGNO
dille che pria vorrei Ci mancava costei a stordirmi di più.
l’alma spirar dal petto, Or via da capo.
che di lei privo il cor. Dille, che’l pri...
Rammentale l’affanno,
con cui l’abbandonai: Scena undicesima
dille che piansi assai, Arsenio, e detto.
che qui mi trasse amor.
Recitativo
Scena nona
Togno solo. ARSENIO
[22] Di grazia galantuomo,
Recitativo vedesti qui per sorte una donzella
in abito virile?
TOGNO
[20] Prima d’andar, vediam se mi sovviene TOGNO
questa bella imbasciata. (Oh questa è bella.)
Dille che’l primo oggetto Ah sì, una ragazza giusto adesso
con cui l’abbandonai... meco parlò.
no, non va bene. Corri per quel sentiero,
Dille, che piansi assai... che la raggiungerai.
Oh testa d’asino. L’alma spirar…
ARSENIO
Scena decima (Or sì, che di mia man non scapperai.)
Dianora, e detto.
TOGNO
Recitativo Ah, ah, ah, una ragazza di cent’anni,
quanti forse n’hai tu.
DIANORA Ma se m’han fatto uscir tutto di testa.
[21] Buon’uomo t’aiuti il Cielo.
Scena dodicesima
TOGNO Vespina, e detto.
Ed ancor lei, madama
in che l’ho da servir? Recitativo

DIANORA VESPINA
Siete Francese? [23] Chi sta là nel giardin?

TOGNO TOGNO
No: io son di Firenze, e son Romano, (Sarà mai questa?)
ed ho molto che far. O galantuomo aspetta.
Ei corre con tre pie’, come saetta.

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VESPINA ch’io t’auguro del Cielo ogni gioia e contento.


Ma tu chi stai chiamando vorrei sapere?
VESPINA
TOGNO Glielo dirò.
Un vecchio, che cerca una fanciulla. (Ma sarà sparso al vento.)

VESPINA TOGNO
Dunque son io? Quest’accorta ragazza farà ben
Non so chi mi trattiene... l’imbasciata. Or l’ora è tarda;
andiamo dal padrone
a torre un bocconcin di colazione.
TOGNO
Ah no: tanto rigor, mal ti conviene. Scena tredicesima
Ippolito, e detto indi Spinalba vestita da uomo.
VESPINA
Sappiam perché venisti. Recitativo

TOGNO IPPOLITO
Vedi quella barchetta? [24] Altolà traditor.
Non ti concedo né un momento a pensar.
VESPINA Dimmi, a qual fine giungesti qui?
Ebben?
TOGNO
TOGNO Signor non v’alterate.
Con quella, e con quel remo
attraversai per l’onda, IPPOLITO
e approdai con Leandro Di’ tosto.
in questa sponda.
TOGNO
VESPINA Ora aspettate: voi fareste sbalestrar un Catone.
Leandro! Egli vien forse a riveder Elisa?
IPPOLITO
TOGNO Eh, già m’accorgo ...
E come il sai?
TOGNO
VESPINA Pietà, pietà.
Son la sua cameriera, so tutto.
IPPOLITO
TOGNO Favella.
E se sai tutto, vè se sapessi ancor
ciò che m’impose, ch’io dicessi ad Elisa? TOGNO
Ma che maniera è questa?
VESPINA
(Oh, com’è goffo.) IPPOLITO
Egli avrà detto: dille... Già vuoi morir?

TOGNO TOGNO
Dille che’l primo oggetto... Pietà!
(Giunge Spinalba in vesti d’uomo, e col nome Florindo)
VESPINA
Che primo oggetto? SPINALBA
Signor, t’arresta.
TOGNO
Oh ti perdoni il Cielo: Recitativo e Aria
già mi tornava in mente. TOGNO
[25] E vuoi ammazzarmi, signor; e perché?
VESPINA Ti placa, t’accheta, mi lascia, ti ferma
(Che gusto.) non correr’all’armi, non tanto furor.
Egli avrà detto, ch’Elisa fu l’oggetto E quando son morto, che speri da me?
de’ primi affetti suoi. Pensando ch’a torto volesti svenarmi,
verrò com’un ombra per darti terror.
TOGNO
È ver. Scena quattordicesima
Spinalba ed Ippolito.
VESPINA
Che torna costante nel suo amor. Recitativo
Che pria vorrebbe morir, ch’abbandonarla.
SPINALBA
TOGNO [26] Ma, mi scusa signor, donde tant’ira?
Tutto è vero. Tante smanie perché?
Tu sai più che le Muse.
Or già ch’è questo, diglielo tu:

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IPPOLITO SPINALBA
Odi Florindo: i disprezzi d’Elisa Ma se pietà non hai,
son giunti a tal ch’infine io la credo infedele; Ah, dimmi ed in quel petto…
e sin che giunga a trovar quell’audace
ch’a rapirme l’aspira, io non ho pace. IPPOLITO e SPINALBA
Col mio sincero affetto
SPINALBA spero trovar pietà?
Nasceran quei disprezzi talor d’altra cagion.
CD 2
IPPOLITO
Qual sarà mai? Atto Secondo

SPINALBA Scena prima


Sarà noto ad Elisa quell’affetto, Salone in Villa di Elisa.
ch’un tempo a Spinalba portasti, Dianora, poi Elisa e Vespina.
saprà che le giurasti eterna fedeltà;
che l’abbandoni senza ragione; Recitativo
ond’il tuo amor per lei è oggetto di timor.
T’aborre e sprezza, che serbi un’alma, DIANORA
ai tradimenti avvezza. [1] Oh disperata me, oh me infelice,
come farò? Chi mi darà soccorso?
IPPOLITO Io son perduta affatto.
Che parlar è mai questo?
Onde in te nasce tal passion per Spinalba? VESPINA
Come tanto t’è noto? Cos’è?
Ti dico il ver, che al volto, al gesto, al moto
sembri Spinalba istessa. ELISA
Che avvenne?
SPINALBA
No, no, troppo lontana è Spinalba da te: DIANORA
ma i torti suoi tant’occulti non son, Il mio marito è matto.
che non li sappia e la Toscana e Roma.
Quindi è che’l tuo Florindo, e di quella ELISA
infelice, e di tue pene sente pietà. E sarà ver?

IPPOLITO DIANORA
Se così fido sei, e degl’affanni miei Così non fosse. Oh Cielo,
pietà ti muove, di ciò non mi parlar. oh mia nemica sorte: ben potevi,
Torna al mio bene, se dovevo restar priva d’aita,
d’ogni tema e sospetto pria di torle il cervel, tormi la vita.
tu le sgombra il pensier:
di’ ch’a Spinalba per amor suo mancai; VESPINA
che no’l detesti, se’l commissi per lei, E rimedio non ha?
si fatto errore: che mia colpa non fu, ma sol d’amore.
ELISA
Duetto Scorger fa d’uopo donde ciò vien.
SPINALBA
[27] Son questi i giuramenti? DIANORA
È questa la mercede, che prometesti un dì? La fuga di Spinalba l’ha levato di sesto.
Da che venne così stracco, e mal concio,
IPPOLITO ei non ha preso né riposo né cibo.
Crudel, che mi rammenti? Ora tentai con dolci, e confetture
Io voglio serbar fede a lei, che m’invaghì. indurlo a sostentarsi: ma l’involse
in un panno di lino, e fuggì via.
SPINALBA (Ah, che la colpa è mia.)
E sprezzi il caro bene. Se lo sentissi ti farebbe pietà.
Or piange, or ride, or si lagna,
IPPOLITO or minaccia, e va dicendo
E godi alle mie pene? cose del terzo Ciel, ch’io non l’intendo.
Cara Elisa, se mai per sorte giunge qui,
SPINALBA e IPPOLITO tu lo trattieni col tuo dolce parlar.
Dove si vide, quando s’intese, oh Dio, Di’ che Spinalba viene spesso da te;
più barbaro desio, più strana crudeltà! che tuo pensiero sarà di riportarla;
che pende dal tuo cenno;
SPINALBA forse così si rimettesse a senno.
E pur quella infelice Aria
per te si strugge ancor. [2] Tu’l consola, tu l’invola
del sentier di tanti affanni;
IPPOLITO son comuni i nostri danni,
Se brama esser felice, se s’affretta il suo morir.
dille che cangi amor. Cerca ancor che s’alimenti,
con gustar cibo opportuno:

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pria ch’i stenti, ed il digiuno IPPOLITO


lo riducano a languir. Ah, temerario.

Scena seconda LEANDRO


Elisa e Vespina. Ah, folle.

Recitativo IPPOLITO
Il tuo destin s’affretta.
ELISA
[3] Quanto mi fa pietà. LEANDRO
E che s’attende? All’armi.
VESPINA
Sento per lui un interno disgusto, IPPOLITO
che non lo so spiegar, Alla vendetta.
quanto era caro il povero vecchietto.
ELISA
ELISA Ippolito, t’arresta:
Odi Vespina: sia cura tua, Olà, Leandro ferma.
se’l vedi, portalo a me; Donde in voi nasce cotanto ardir?
lusingalo, l’accerta che meco è la sua figlia, Son io per cui pugnate?
talor lo crederà. E dell’arbitrio mio
tocca a me giudicare.
VESPINA È mia l’impresa di decidere ormai
Ma di quest’altra già non s’ode novella? sì gran contesa.
Forse avrà fatto anch’ella come il vostro Leandro, Aria
ch’abbandonò la Patria, e’l genitore, [5] Sia ver che si desti
per non abbandonar l’antico amore. fra voi tal cimento?
Tu mai mi piacesti,
ELISA te già non rammento,
E pur col mio Leandro? e gl’arbitri siete di mia libertà?
Io non lo bramo, anzi vorrei, Un’alma, che intende gli arcani d’amore,
che mi lasciasse in pace. giammai non contende sul genio d’un core,
che forza non soffre, che legge non ha.
VESPINA
Ma perché? Scena quarta
Leandro ed Ippolito.
ELISA
Per Leandro non sent’odio, né amor. Recitativo
Qual è quell’alma, che su de’ propri affetti
tenga sicuro il freno? LEANDRO
No’l posso amar. [6] (Che intesi!)

VESPINA IPPOLITO
Lo compatite almeno. (Che ascoltai!)

Scena terza LEANDRO


Leandro e Ippolito da diverse parte e dette. (Sogno o son desto!)

Recitativo IPPOLITO
(Sempre così crudel?)
LEANDRO
[4] Vaga Elisa. LEANDRO
(Così m’accoglia?)
IPPOLITO
Mio ben. IPPOLITO
(Che tirannia!)
LEANDRO
(Chi è mai costui?) LEANDRO
(Che tradimento è questo?)
IPPOLITO
(Sarà quest’il rival?) IPPOLITO
Leandro e per costei tu vuoi pugnar?
LEANDRO
Con qual’ardire chiami Elisa tuo ben? LEANDRO
Ippolito, e costei merta l’onor dell’ire nostre?
IPPOLITO
Chi ti condusse nelle stanze d’Elisa? IPPOLITO
Oh, quanto era diversa un dì.
LEANDRO
Le mie ragioni. LEANDRO
Ma dimmi, amico, ti corrispose mai
questa donna in amor?

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Recitativo
IPPOLITO
Se m’ingannava nol so; TOGNO
ma lungo tempo ascoltò i miei sospiri, [10] O cieli, o stelle, o numi,
mi compatì, m’accolse. e che funesta metamorfosi è questa?
Or compie appena la luna un picciol giro Se mai mi risolvevo di farmi
che mi sprezza, e mi fugge, un grande eroico romano,
ne so per chi l’infido cor si strugge. mai succedea caso sì acerbo e strano.
Aria Pazienza. Andiamo adesso
[7] Volle talor per gioco, ad apprestar la barca.
regnar sopra’l mio cor,
per bizarrìa talor volle piagarmi. ARSENIO
Ma l’amoroso foco, s’accrebbe, Ferma amico.
e senza fren non lascia
per quel sen di tormentarmi. TOGNO
Che vuoi?
Recitativo
ARSENIO
Scena quinta De’ tuoi favori quest’è’l tempo opportuno.
Leandro, e poi Togno. Ai Campi Elisi tu m’hai da trasportar.

LEANDRO TOGNO
[8] E sia ver, che l’ingrata Che Campi “Alisi”? Che dici?
con tanti tradimenti
manchi alle sue promesse, ARSENIO
ai giuramenti? Eh, non celarti, che ti conosco sì.
Recitativo accompagnato Tu già non sei Minos, né Radamanto;
Infelice Leandro! E perché mai ma nei regni del pianto
son trattato così? sei vassallo a Pluton.
Io non prezzai per lei stento, o fatica: Tu sei, che passi ai lieti campi
lasciai la Patria antica, in varie forme, e volti,
ove nacqui, ove crebbi: l’alme degl’insepolti.
il genitore abbandonai piangente
senza conforto, in quella età cadente. TOGNO
Ed ora il premio è questo della mia fedeltà? (Oimè, costui ha dato volta:
io glielo leggo in fronte.)
Recitativo E chi son io?

TOGNO ARSENIO
Signor... Di più? Tu sei Caronte.

LEANDRO TOGNO
Che rechi? Il battello ove stà? Ah, ah, ah, no’l diss’io?
Vanne l’appresta, ch’io m’accingo a partir.
ARSENIO
TOGNO Che? Vuoi negarlo?
Giungemmo adesso, e volete... Sì che ben’io ti vidi colla barchetta, e’l remo
cantar lieto e sicuro in mezzo all’onde,
LEANDRO e andar vogando, e ricercar le sponde.
Recitativo accompagnato
Non più, tosto si fugga questa terra crudel: TOGNO
si fugga un’alma ricetto d’empietà: Or via, già mi vedesti, ed Acheronte io sono;
che di se stessa non ha orror, né rimorso. un’altra volta discorrerem.
Delli suoi falli il corso, qual già l’incominciò,
prosiegua, e adempia, ARSENIO
un’infedele, una spergiura, un’empia. Ferma di grazia, ascolta:
Aria di cercar la mia figlia
[9] Detesto il momento, io non mi straccherò:
in cui la mirai, in qualche stanza degl’abissi più cupi
l’aborro, mi pento, sta nascosta talor; ma col suo mezzo
che fede serbai osserverò per tutto.
a un’alma spergiura, Sai donde vengo adesso?
a un perfido cor.
E dove s’intese TOGNO
più barbara sorte, Dall’ospedal.
più forte sventura,
d’un fido amator? ARSENIO
Dai vortici più alti delle sfere celesti.
Scena sesta (Togno ride e Arsenio siede in terra, e apre il fazzoletto e trae tutti cibi ivi
Togno, indi Arsenio che porta ai fianchi un fazzoletto pieno di dolci e una contenuti posti per lui da Diadora.)
caraffa di vino. Nol credi? A questi segni
ch’a dimostrar m’appresto, vedrai s’è vero.

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TOGNO
TOGNO Eh che sei matto.
Oh ben. Che segno è questo?
ARSENIO
ARSENIO Ferma: o di questa mia verga
Quest’è l’artico polo. proverai la virtù!

TOGNO TOGNO
È un segno buono, e cordiale. Bassa le mani.
E questa? (Che pazienza ho d’aver.)

ARSENIO ARSENIO
Ell’è una zampa dell’Orsetta Minor. Perchè Spinalba nell’inferno maggior
non mi ravvisi, io vado a travestirmi.
TOGNO Tu frattanto non ti partir di qua,
Non mi dispiace, è rinfrescante. se pur non vuoi
E questa? s’armin tutte le furie, a danni tuoi.
Aria
ARSENIO (mentre si canta il ritornello, Arsenio fa un cerchio intorno a Togno.)
La coda del Dragone. [11] Re di Cocito grave, e severo,
frena l’ardito folle Nocchiero,
TOGNO se da quel circolo tenta d’uscir.
Oh questa puole farci del mal, mettiamola qui. E voi dell’Erebo spietate furie,
fiera Tisifone, Aletto orribile
ARSENIO il sen squarciateli se vuol fuggir.
Che fai? Tu divorando vai
tutti i segni celesti? Recitativo

TOGNO Scena settima


Non dubitare: e questi? Togno, nel circolo, e poi Vespina.

ARSENIO TOGNO
I circoli del Cancro e Capricorno. [12] Grazie al Ciel, che partì;
ma m’è rimasto non so che di timor;
TOGNO chissa se posso dal circolo scappar?
Hanno cattivo nome; Eh sì. D’un matto non si temon gl’incanti.
non debbon comparir. E se per caso pria d’ammattir,
Ma dimmi questa? sapea qualche magia?
Eh che questa è follia. Proviam prima col braccio.
ARSENIO Fin qui va ben. Vediamo colla testa.
È l’anfora codesta della sinistra man del segno Acquario. Non vien nessuno.
Il punto sta ne’ piedi. Coraggio o Togno.
TOGNO Sì, ma non vorrei per esser troppo ardito,
Oh ti consoli il Ciel. che qui venisse Aletto, o il Re Cocito.
Vedi se trovi lo Scorpione, i Pesci, e’l Saggitario. Proviamoci pian pian che sarà mai?

ARSENIO VESPINA
Vo’ compiacerti or ora, del bianco e del vermiglio Chi è là?
dell’aurora ecco due pezzi:
della Lattea strada quest’è un sentier: TOGNO
son questi della Luna i due quarti mancanti. Ohimè.
Queste son stelle fisse, e queste erranti.
Ecco lo Scorpione. VESPINA
Ohimè, che fai? Oh ruina, o scompiglio, Che fai?
o terre inaridite, o campi desolati.
Ah, sconsigliato, un’anfora volasti, Aria e Recitativo
ed or non pensi, che almen per cento lustri TOGNO
la Terra non avrà pioggia, né umore. (cantando com paura, senza guardar Vespina)
[13] Va’ sprofonda nell’Averno
TOGNO fiero mostro, ombra d’Inferno,
E quando mai piove’ sì bel licore? lascia Togno in libertà.

ARSENIO VESPINA
Fuggiam, che per vendetta, (Costui che sta dicendo?)
non c’inghiotta la terra.
TOGNO
TOGNO Passa il fiume, e varca il mare,
E dove andrem? non volermi molestare,
parti tosto via di qua.
ARSENIO
Nol dissi? Ai Campi Elisi. VESPINA
(Questi sarà impazzito: io non l’intendo.)

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Togno che dici? Olà che se no ti direi... che tu...

TOGNO TOGNO
Ti commando, e ti scongiuro pe’l preterito, Sì...
e’l futuro, per il cocchio di Fetonte,
per la barca d’Acheronte, lascia Togno dove sta. VESPINA
Che tu sei... ah, mi vergogno.
Recitativo
TOGNO
VESPINA (Va che costei s’innamorò di Togno?)
(Che tremore! È adombrato.) E così, va dicendo.
Eh via, ti volta, non mi conosci ancora?
VESPINA
TOGNO Nol posso dir.
E tu chi sei?
TOGNO
VESPINA Eh parla, non mi tener sospeso.
Son Vespina.
VESPINA
TOGNO Ti vorrei dir,
E non sei né Aletto, né Cocito? che quando ti vidi nel giardin...
mi fai far rossa, non voglio dirlo più.
VESPINA
Eh che sei ammattito. TOGNO
Dillo o Vespina, non senti?
TOGNO O Vespa, o Spina, che mi trafiggi il cor.
Ecco mi volto.
VESPINA
VESPINA Vattene via: mi sta burlando ancor.
Vedi adesso chi son?
Guardami in volto. TOGNO
Dico da senno. Che credi?...
TOGNO
Respiro in verità. VESPINA
Dammi la mano. Or io non posso discorrer qui;
t’aspetto questa notte al giardin.
VESPINA
A che fare? TOGNO
Verrò.
TOGNO
M’aiuta a uscir da questo circolo. Scena ottava
Arsenio vestito da marinaio, e detti.
VESPINA
Ma dove è’l circolo costì? Recitativo
Chi ciò ti disse?
ARSENIO
TOGNO [14] A dispetto della terra, del mare,
Quel vecchio, che tutt’ha furor che’l cervello. e degl’abissi, l’ho da trovar.

VESPINA VESPINA
E tu t’induci a delirar con quello? Sarà mai quest’il vecchio?
Presto, vien fora.
(Guarda poverino come sta spaventato.) TOGNO
Oh eccolo di nuovo.
TOGNO Io vo’ partir.
Certo, da un brutto imbroglio io son scappato.
Lascia adesso che vada a preparar la barca ARSENIO
pe’l padrone. Dove t’en fuggi?
Pensa che confido in te solo;
VESPINA e pe’l cammino, per farmi a tutti ignoto,
Della partenza sua so la cagione. tu sarai’l passaggiere, ed io’l piloto.
Ma tu vorrai lasciarmi?
Ed avrai core d’abbandonarmi ingrato? VESPINA
Senti, prima che parti, (Quanto lo compatisco.)
l’interno del mio cor ho da svelarti. E dove mai volete andar?

TOGNO ARSENIO
E dillo su, ch’ho fretta. (Questa se non m’inganno, è una delle Muse.)
Di’, non sei tu Calliope,
VESPINA che ottieni il primo vanto in Elicona?
Io sto dubbiosa,
che qui non esca a tempo la padrona;

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VESPINA orzo, ceci, e fave insieme


Sì, quella io son. va schiacciando, e fischia, e freme,
(Venisse la padrona.) e se stesso strugge ancor.
Così l’uom, cui le candele
ARSENIO si smorzar della ragione
E sai, che per cercare la mia figlia crudel, senza seno e discrezione,
girai per tutto, per l’Austro, l’Aquilon, l’Orto, molto dice, e nulla intende;
e l’Occaso, e non pensai d’andar su nel Parnaso? e frattanto abbatte, e offende
Or pria che della Terra io scopra i nascondigli, la sua vita il sangue e’l cor.
tu guidami a quel Monte, e ti prometto
offrirti i don tutti gl’affetti miei. Scena decima
Strada di Roma
VESPINA Elisa, poi Spinalba vestita da uomo.
Fortunata in amor certo sarei.
Recitativo
TOGNO
Ma questo che vuol dir? ELISA
[18] L’antiche mie proteste, non vo’ più replicar:
VESPINA che di mia mente sei l’unico pensier,
Eh, stati cheto, ch’io l’inganno così. che non mi curo di più d’un,
che m’adora, vano s’arebbe
ARSENIO il replicarti ogn’ora.
Senti, de’ Numi non ti curar! Io degli affetti tuoi quasi dispero già:
Apollo è un menzongner: ma un sol desio m’appaga e nulla più.
Saturno è un vecchio impertinente;
Giove tira saette; SPINALBA
Mercurio è un traditor; Vulcano è zoppo; Se non è amore, dì pur.
Marte è cattiva pelle;
Nettuno è domator d’onde e procelle. ELISA
Non resta che Pluton; No, non temer.
vedi se questi è degno del tuo affetto? Saper vorrei
quel fortunato volto,
VESPINA per cui langue Florindo.
Sarai tu solo del mio amor l’oggetto.
Aria SPINALBA
[15] Tu sei’l desio di questo petto. Ah, taci Elisa, non rinovar, ti prego,
Tu sei’l diletto, sei l’ idol mio. di quest’alma i contrasti:
(Ma questo core serbo per me.) sappi ch’è un cor’ infido,
Per te sospiro; per te deliro. e ciò ti basti. Ma tu dimmi:
Ma questo amore certo non è. a Leandro più serbi qualche amor?

Scena nona ELISA


Arsenio, e Togno. Io già ti dissi, che più non lo rammento.

Recitativo SPINALBA
E pur creder non posso
ARSENIO ch’a tanta fedeltà mal corrispondi.
Ingrato in questa guisa
[16] Dunque restiam così: io dovrò figurarmi il cor d’Elisa?
pria per Parnaso darò una scorsa,
e poi t’attenderò sul Tebro, ELISA
per veder quei sentier, quali già vide la Sibilla, Ma per chi lo sprezzai?
ed Enea, Teseo ed Alcide. Perch’é’l destino mi costrinse ad amarti.

TOGNO SPINALBA
Non so come costui tante parole sa, A tanto affetto esser grato non posso.
tante novelle: i pianeti, le stelle,
la Sibilla d’Enea, Mercurio e Marte. ELISA
Talora in dotte carte s’allevò giovinetto; E chi te’l vieta?
ed or ch’è vecchio, e del senno,
e ragion perso n’ha’l sentiero, SPINALBA
tornan le specie antiche al suo pensiero. Anch’il destin.
N’ho compassione: infine, Son somiglianti troppo, credimi,
ha perduta una figlia. i nostri mali: e siamo noi,
A che riduce una grave afflizzion! più che non pensi, uguali.
Mesce, e confonde mille cose in un punto.
Io per me credo, ch’una mente gia stolta, ELISA
qual ruota di molin, s’aggira, e volta. Dunque?
Aria
[17] Come gira a gonfie vele SPINALBA
quel molin che spinge il vento, Mi lascia.
ch’or gran turco, ed or formento,

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ELISA VESPINA
Oh Ciel! Ch’io t’abbandoni? In casa: e procurai
con dolci parolette allettarlo;
SPINALBA anzi spero che riesca l’inganno.
Sì, ti dirò... saprai...
DIANORA
ELISA (Ciel perché mi serbasti a tanto affanno?)
Spiegati, che vuoi dir? E l’inganno qual è?

SPINALBA VESPINA
Pietà mi fai. Nulla disdissi di ciò ch’egli dicea
mostrai sino d’amarlo.
Aria Or in questo giardino
ELISA non sia van l’aspettarlo.
[19] Se tanto t’adoro, Ritiriamoci qui.
se peno, se moro,
mio bene per te; DIANORA
non ho per lasciarti Dove? M’appogia, che non ci veggo ben,
bastante valor. che notte bruna!
Se vuoi, che’l mio core
non senta l’ardore, Scena tredicesima
almen non mostrarti Togno, indi Arsenio vestito da marinaio, e dette in disparte.
si degno d’amor.
TOGNO
Scena undicesima Quest’è l’ora opportuna di parlar con Vespina.
Spinalba sola.
VESPINA
Recitativo (Ecco Togno che viene.)

SPINALBA DIANORA
[20] Ah, che quell’incostanza è causa del mio mal. Udir mi parve uno parlar; è lui?
Sprezzò Leandro per toglierm’il mio bene;
or lascia questi per seguirmi, VESPINA
senza sperar mercede a delle sue follie, Non è, t’acchetta.
e delle sue follie non si ravvede.
Aria ARSENIO
[21] Un cor, ch’ha per costume (Né stella, né pianeta risplende questa notte;
sprezzar d’amor il freno, come possibil sia?)
promette e poi vien meno,
né serba fedeltà. TOGNO
S’accende ad ogni lume, (Qual voce io sento?)
per l’altro il primo oblia,
d’affetto e simpatia ARSENIO
così cangiando và. (Sono eclissati tutti in un momento!)

Scena dodicesima DIANORA


Sontuoso giardino della Villa di Elisa, con veduta del fiume. È scesa la Ora son due: sarà quell’altro?
notte.
Vespina, indi Dianora. VESPINA
Io bene non lo discerno.
Recitativo
TOGNO
VESPINA (E verso me sen viene.)
[22] Il ciel già s’oscurò:
non dovria Togno molto tardar. ARSENIO
(Che roba è questa?)
DIANORA
Vespina, del mio vecchio TOGNO
non mi rechi novella? (Oimè)

VESPINA ARSENIO
Oh mia Dianora, sono le sue pazzie (Che odor di vino! Sarà Bacco costui?)
giunte all’ultimo segno;
già non conosce alcuno; TOGNO
e per non farsi egli ancor ravvisar, (Quest’è l’Chiappino.)
mutò le vesti.
ARSENIO
DIANORA (Ma donde quel tremor? Sarà uno spirto,
(Oh mia sventura!) che di vin gonfio ed ebro,
E dove lo vedesti? quì fù mandato a rinfrescarsi al Tebro.)

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DIANORA non lasciarti al tuo furor.


Vespina, egl’è senz’altro.
ARSENIO
VESPINA Va’ crudel,
Anch’ha me pare. va’ mostro ingrato,
falso amico, ingannator.
ARSENIO Fuggiti, fuggiti,
Chi sei?
Qual’ è’l tuo nome o spirto audace? TOGNO
Torna in te.
TOGNO
Vattene al luogo tuo, lasciam’in pace. ARSENIO
Fuggite, fuggite.
ARSENIO
Per la barba di Pluto, e per l’onde di Lete, VESPINA
io ti comando, che palesi il tuo nome. Oh sorte!
Ancor stai duro?
DIANORA
TOGNO Perché tardi o cruda morte,
(Questo mi sembra il vecchio allo scongiuro.) né m’involi al mio dolor.
Amico…
VESPINA
ARSENIO Deh ti muova il suo dolor.
Oh Ciel, che veggio!
Oh mio caro, carissimo Caronte, TOGNO
come ti trovo qui? Deh ti muova il suo dolor.

DIANORA ARSENIO
Arsenio mio, mia speranza, mio ben... Voi godete al mio dolor,

ARSENIO
Ti scosta. DIANORA
Oh che affano, oh che tormento.
DIANORA
Oh Dio, ne pur mi riconosce. VESPINA
Che pietà per ambi io sento.
VESPINA
Non ravvisi la tua Dianora? TOGNO
Non l’intendi?
TOGNO
Quest’è la tua moglie, vedila. ARSENIO
Ancor contendi?
ARSENIO
Eh siete matti; voi perdeste il cervello. TUTTI
Non sapete ch’andrasso sopra il mondo, Non ha fine un tanto error.
se un istante di più, costei qui resta?
Proserpina è codesta. CD 3
Salvatevi, salvatevi;
già parmi qui vedere a momenti, Atto Terzo
col trifauce, con draghi, e con serpenti
il geloso Plutone. Scena prima
Strada di Roma nei pressi della casa di Elisa.
DIANORA Spinalba in vestito da uomo, e Togno.
(Che pena!)
Recitativo
VESPINA
(Che pietà!) SPINALBA
[1] Ma qual sarà’l motivo,
TOGNO che l’induce a partir?
(Che compassione!)
TOGNO
Quartetto Io temo forte,
DIANORA ch’Elisa non l’accolse com’ei voleva.
[23] Non fuggirmi o sposo amato,
sola speme del mio cor. SPINALBA
Ed eri tu presente quando le favellò?
VESPINA
Come sei così spietato, TOGNO
né ti plachi a tanto amor? No, giunsi dopo, e’l’trovai sulle furie.

TOGNO SPINALBA
Apri gl’occhi o forsennato, E che mai disse?

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Non ti sovvien? TOGNO


A me?
TOGNO
Parmi d’udirlo adesso; DIANORA
fremeva come un toro, Sì, a te.
mutava di colore ogni momento,
e solo col guardar mettea spavento. TOGNO
Come mi ride: «Olà, non più, che rechi? (Che rabbia ha questa vecchia!)
Vanne, appresta il battel;
tosto si fugga, ELISA
una spergiura, un’empia; Ascolta:
questa terra crudel noi fidiamo un affar premuroso alla tua fede,
prosiegua, e adempia.» né sarà scarsa poi la tua mercede.

SPINALBA TOGNO
Già comprendo. Dite con libertà.
(A me giova, che Leandro non parta.)
a lui ritorna, dille che resti, ELISA
che del cor d’Elisa non disperi il possesso: Conosci il vecchio marito di Dianora?
che i medesimi disprezzi muovono la pietade,
e poi dalla pietà, germoglia l’amore. TOGNO
Quel che porta la coda del Dragone,
TOGNO con la zampa dell’Orso, e’l segno Acquario,
Signor, ritrova un altro ambasciatore. le stelle fisse e tutto il calendario?

SPINALBA DIANORA
Perché? Sì, sì, dattici spasso,
cera di malandrin, prendici gusto.
TOGNO
Voi che risponda; va’ via; TOGNO
mi stai a far da consigliero. Dico che lo conosco, come v’ho da parlar?

SPINALBA ELISA
Ai miei consigli cangerà pensiero. Senti: dobbiamo adoprarci a guarirlo.

TOGNO TOGNO
Ch’ei s’induca a restar? Né se lo vedi. Ed in che forma?

SPINALBA ELISA
Più facile sarà di quel che credi. I possenti licori efficaci a tal cura,
Aria son pronti già.
[2] Quello sdegno, ch’è figlio d’amore Sol manca chi l’induca a valersi di lor.
benchè vegga la colpa palese, Ti fingeremo un’insigne dottore;
vuol chi dica, che a torto s’accese, direm, che sai ridurre l’oro in bevanda;
e l’accusi di troppo crudel. e puoi con man perita,
Brama udir, che con cieco furore dar nuove forze, ed allungar la vita.
ei diffida d’un core innocente: Egli con quel desìo, che ne’ vecchi prevale,
creder vuole, che s’inganna, che mente, talor darà rimedio al suo gran male.
che sospetta d’un’alma fedel.
DIANORA
Scena seconda Non sia vano il pensier.
Togno, indi Elisa e Dianora. Ma credi forse che questo ignoranton
lo sappia fare?
Recitativo
TOGNO
TOGNO Nonna non dubitare.
[3] (Oh, che vada un po’ lui: Oh, quanti son dottori e san meno di me.
io non ardisco di vederlo sbuffar.) La medicina è una bell’arte:
gode in ogni loco privilegio
ELISA e guadagno: e costa poco.
Non son già pronti i cordiali, Aria
e i farmaci opportuni? [4] Basta porsi la goniglia,
ricettare un gargarismo,
DIANORA dir un testo, e un barbarismo,
Son pronti; ma chi puole far sì per chiamarsi il “Sior dottor”.
ch’egli l’adopri? Chi poi va per la cittade
su la mula, o in un calesso,
ELISA quello sì giunge all’accesso
Mi sovviene un partito. della scienza e del valor.
O galantuomo!
Scena terza
Dianora ed Elisa.

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e perciò teco lo chiamava infedel,


Recitativo che per capriccio l’abbandonò.

DIANORA ELISA
[5] Ah, cara Elisa, Che sento! E soffriva infelice,
io temo che se non vien la figlia, il suo tormento, parlandomi per lui.
la cura non sia vuota.
DIANORA
ELISA Eh mandalo in buon’ora:
E questa dovrà sempre esser’ignota? si ricordi ch’hà promesso a Spinalba,
Ch’ei ritorni al suo senno e l’hà giurato.
io non dispero già:
così vorrei poter sperar sollievo ai mali miei. ELISA
Non temer: giacchè il fatto,
DIANORA con più saldo legame
E che t’affligge mai? a Spinalba mi fà trovar unita,
il povero Leandro lasciar non vò,
ELISA non vo’ scordarmi quanto per me ha sofferto,
Per un ingrato sto languendo tutt’or, e sospirato e pianto.
che non mi cura, e si ride di me. Or altro non desio, che ad entrambi
mostrar l’affetto mio.
DIANORA Aria
E chi è costui? [6] Con innocente abbraccio
vo’ stringerla al mio petto,
ELISA e ritornar l’affetto
Per quanto io lo richiegga della sua condizion, a chi fedel m’amò,
Patria, e natali nulla mi scopre: che fu’l mio bene.
ei dice viver col suo sudore, e a spese altrui; Vedrassi in sì bel laccio,
ma nelli tratti suoi, sempre più mostra la simpatia del sangue.
un caratter diverso. E a lui, che per me langue,
Spesso di pianto asperso a me ritorna, ristoro al fin darò da tante pene.
e la cagion mi tace.
Chi turbi la sua pace dimando allor; Scena quarta
ma serenando il viso, Dianora, indi Ippolito e poi Leandro
un’infedel risponde, e affetta un riso.
Recitativo
DIANORA
(Sospetto un non so che.) DIANORA
Ma’l volto, il nome, il luogo ove dimora [7] Lodato il Ciel.
almen saprai. Temevo che Spinalba
non m’avesse ingannata.
ELISA Altro non bramo adesso,
Florindo e’l nome suo. che trovar il mio vecchio.
In molto fresca età,
di gioventude segni non mostra ancora. IPPOLITO
Ha biondo il crine, tonde le guance, Dianora, sgombra al fine
e tinte di natural vermiglio, quest’alma dai sospetti, svelami,
ha soave il parlar, vivace il ciglio. Elisa a chi donò gl’affetti?
A registrare i lucri
d’Ippolito d’Anselmo egli se n’vive. DIANORA
Or son quindici dì… (Quest’è Ippolito, sì, ben lo conosco.)

DIANORA IPPOLITO
Non più, mi basta. Non rispondi? Ch’è ciò?
Vieni, vieni al mio sen diletta Elisa;
di gioia si improvisa mi ricolmasti il cor, DIANORA
che appena il credo. Che vuoi ch’io sappia?

ELISA IPPOLITO
Ma donde tanta gioia? Non ti sdegnar.

DIANORA DIANORA
Or sì, che spero Arsenio mio guarito. Va lo dimanda a lei.
E sai per chi sospiri?
Sai Florindo chi sia? LEANDRO
Ell’è Spinalba, ell’è tua cugina. Dianora.

ELISA DIANORA
E sia ver? E tu chi sei?

DIANORA LEANDRO
La meschina è d’Ippolito amante, Leandro io sono.

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non esser tiranno,


DIANORA consolami amor,
Tu ancora saper brami se i dubbi pensieri
a chi Elisa donò gl’affetti suoi? mi privan di vita,
o porgimi aita,
LEANDRO o rendimi il cor.
È ver.
Scena sesta
DIANORA Salone in Villa di Elisa. Al centro una sedia.
Serba gl’affetti ad un di voi. Arsenio solo canta e balla vestito da marinaio.

IPPOLITO (Aria)
D’emtrambi non si cura. ARSENIO
[11] Luminose superbe procelle.
LEANDRO Tempestose splendenti facelle.
Ambi disaccia. Su venite, su fuggite, su fermate.
Larala, lalla, larala, lalla, starvala, lalla.
DIANORA Chiari monti, bellissime selve:
E ciò che importa a me? alti fonti, gratissime belve,
Che vuoi ch’io faccia? no partite, no sentite, no volate,
partite, sentite, volate.
IPPOLITO Larala, lalla, larala, lalla, starvala, lalla...
Toglimi a questa pena.
Recitativo
LEANDRO
M’invola a un tal tormento. ARSENIO
[12] Ah, ah, ah… Oh che diletto,
DIANORA oh che piacer perfetto,
Vel dissi, uno di voi due sarà contento. scorrer le selve, i monti e le campagne,
e le procelle, e i fonti. E ver…
LEANDRO Oimè, che miro!
Oh te felice, amico: or sì l’affetto antico S’è rivoltato il mondo!
m’è d’uopo cancellar dal mio pensiero; Tant’è, non c’è riparo:
ora sul cor d’Elisa, io più non spero. Ecco, qui sta’l soffitto; e lì’l solaro.
Addio. Io solo son rimasto con li piedi
al soffitto, e con la testa in giù.
IPPOLITO Ma... non mi reggo più…
Ferma Leandro, non ti smarrir, cader mi sento…
tu forse presti fede ai detti di costei? questo sito è per me troppo violento.
Quanto facile sei! Appoggiamoci un pò.
Non rammenti ch’Elisa ambedue rifiutò? Come si volge! Oh come gira!
Prova maggiore brami veder I lumi… già lo soffrono appena.
ch’ella ha cangiato amore? Già mi manca il valor... non ho... più lena.
Per celar le sue trame questa ci vuol rivali;
acciò viviamo l’un dell’altro geloso, Scena settima
ne alcun turbi frattanto il suo riposo. Dianora, Togno vestito da medico, e detto che dorme
Aria
[8] Veggio ben io, per mia sventura, TOGNO
che più non cura l’affetto mio,
che più non sente pietà per te. Recitativo
S’è tanto ardita, se un’altro adora,
tremi ad ogn’ora veder punita [13] «Ars longa, vita brevia, occasio prece»:
tanta incostanza, sì poca fè. disse il mio saggio Ippocrito nel suo primo afrodismo.

Scena quinta DIANORA


Leandro solo E questo che vuol dir?

Recitativo TOGNO
Sì, così presto tu pretendi arrivar?
LEANDRO
[9] Mi trovo sì confuso, che risolver non so: DIANORA
se vo’ pensando ai detti dell’amico, Ma me lo spiega?
sembran molto veraci.
Ma del tutto fallaci quei dell’altra non credo. TOGNO
E perché replicar ch’un di noi due sarà contento? Senti la costruzione:
Elisa talvolta si pentì, «Ars longa, occasio praeces: vita brevia».
ma chi m’accerta, che per l’altro non sia? E vuol dir: l’arte lunga è l’occasione d’abbreviarsi la vita.
E pur nell’alma mia non so qual speme io sento,
che mi va raddolcendo il mio tormento. DIANORA
Aria Adesso intendo. Oh vedete!
[10] M’accenni ch’io speri, e perciò nulla apprendesti tu,
mi scemi l’affanno: per questo timore.

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Oh, che sudore le gronda dalla fronte!


TOGNO Il polso è intramittente,
So quel che basta a comparir dottore. ed indica un malor troppo potente.
Ed or che mi scegliesti a così degna impresa, Qui farìa duopo ancora
io mi risolsi di non farlo «pro forma»; veder la lingua ed osservar l’orina.
ma volli prender norma, per instruirmi appieno Và prognostica poi povero professor.
da Ippocrito, Democrito e Galeno.
Il licore ove stà? DIANORA
Vuoi che lo chiami?
DIANORA
Eccolo! TOGNO
Lascialo star.
TOGNO
Oh questo all’odore, all’assaggio, DIANORA
parmi essenza di faggio. Ma come il licor prenderà.

DIANORA TOGNO
Non è... Dammelo: il male sta nella testa,
e vuoi medicar il ventricolo?
TOGNO
Non replicar... DIANORA
E poi le gioverà?
DIANORA
Ma se di certo faggio non è. TOGNO
Non c’è pericolo.
TOGNO (spruzza l'acqua in faccia ad Arsenio che si alza in piedi, e mena il
Ed io dico di certo ch’è faggio. bastone)
Non ti basta questa ragione?
Or te n’assegno un’altra. ARSENIO
Dimmi, nell’ospedale a guarir questo male Chi è là?
non s’adopra il baston? Fuggite mostri d’Averno.

DIANORA TOGNO
Sì. Scappa.

TOGNO DIANORA
Dunque il faggio tien questa sufficienza, Non dubitar.
o si prenda in bastone, o in quintessenza. Ti ferma!

DIANORA ARSENIO
È ver, non c’è che dire. Lasciami.
(Io credo fermo, ch’ei sa la medicina.) (Già lo dissi, che veniva Plutone.)
Ecco qui la tua moglie;
TOGNO (a Togno)
Ov’è l’infermo? alla sua fuga non ho colpa veruna;
Sarà colui che dorme? prendila pure.

DIANORA DIANORA
Egl’è, se in tante forme strapazzando si va, (Oh avversa mia fortuna.)
poi s’abbandona. Voglio seguirlo.

TOGNO Scena ottava


È la tragica quiete, e non è buona. Togno, indi Vespina

DIANORA Recitativo
Lo vogliamo svegliar?
TOGNO
TOGNO [14] Insomma mi muta a discrezione,
Lascia che dorma. Questi è matto, or mi chiama Caronte, ed or Plutone.
ed un legno tiene presso di sé;
sarìa difetto metter’ à rischio VESPINA
il dottor’al rispetto. Signor, che mai cercate?

DIANORA TOGNO
Dunque come faremo? Addio quella fanciulla.
(Adesso voglio sperimentar costei.)
TOGNO qual è’l tuo nome?
Ora l’osservo.
Quest’osso sta slogato. VESPINA
Il precordio, la milza, il polmone, Vespina a suoi comandi.
han mutato sistema. E voi siete dottore?
Il cor palpita, e trema.

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TOGNO Ah, signore, e vorreste abbassarvi così?


In ambedue le leggi, e in medicina; Mi perdonate, Vespina non vi merta
all’ordin di Vespina. e non lo crede.

VESPINA TOGNO
(Se non m’inganno...) (Fin qui son cerimonie.)
Eh, sarà poco tempo, che qui giungeste? Ecco la fede.
Te lo giuro, e prometto.
TOGNO
(Già non mi conosce.) VESPINA
È poco, e deggio in breve partir. (Or la soffra così.)
Ed io l’accetto.
VESPINA
(Togno è per certo.) TOGNO
E così presto Roma lasciar volete? (Ah, ingannatrice.)
Or dimmi: fin ora non avesti amor veruno?
TOGNO
Oh, non è questo. VESPINA
Altre volte qui fui: (Ne vuole ancor di più.)
fui per l’Europa, nelle città cospicue, Finor nessuno.
e principali, in Collegi, Accademie e Tribunali. Ad un solo mostravo scherzando
qualche amor, ma l’ingannavo.
VESPINA
(Come la sa far bene!) TOGNO
Ed ora? (Scellerata.)
E costui come si chiama?
TOGNO
Ed ora par che sia tempo ormai VESPINA
di riposarmi un po’: troppo girai. Si chiama Togno: è un vile, un scialacquato;
(Questa volta non giova esser’accorta.) non tien’arte; ne parte;
è un sciocco, un poltron, è un’uom da poco.
VESPINA
(Vuol far prova di me, ma le vien corta.) TOGNO
Scusate dell’ardir, siete ammogliato? (Non so chi mi trattien, che non l’affogo.)
Ma sarà bello almen?
TOGNO
(Qui la voglio.) VESPINA
Fin or non m’è passato Non vidi mai la più brutta figura:
tal pensier per la mente. è sconcio, corto e grasso,
e nel volto assomiglia a Satanasso.
VESPINA
Ma un’uom si letterato, ed eccellente, TOGNO
sua stirpe non lasciar, non è dovere. (getta il cappello e la perrucca)
Vedimi, a chi assomiglio?
TOGNO Ah, brutta strega, questo amore mi porti?
Su tal riflesso io vo’ cangiar parere. Così parli di me?

VESPINA VESPINA
Ah, felice colei, che un tal marito avrà. Ah, ah, no, Togno mio, io volli burlar teco:
ti conobbi subito, che ti vidi.
TOGNO
Senti: in tal caso, TOGNO
sol mi consiglierò col genio mio. Non mi guardar più in faccia.
Ricchezze non desio, le guadagnai;
onor, gloria acquistai; VESPINA
se titoli volessi, ancor l’avrei Ti giuro che scherzai.
onde servirò sol l’affetti miei.
E per dirtela in breve… TOGNO
Vanne ingrataccia.
VESPINA
(Ecco l’assalto.) Duetto
VESPINA
TOGNO [15] Perché cosi sdegnato,
Io non guardo tropp’alto. se l’amor mio tu sei?
Tu mi piaci, o Vespina,
al primo sguardo tu mi feristi il cor; TOGNO
della beltade tu mi sembri una stella, Son sciocco, e scialacquato,
né mi par d’aver vista altra più bella. fuggi, fuggi d’agl’occhi miei.
(Ora vedremo.)
VESPINA
VESPINA Oh mia crudel sventura.
(Or, or la sentirai.)

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TOGNO ARSENIO
Io son brutta figura. Proserpina tu sei, vanne a Plutone.

VESPINA DIANORA
Lo dissi sol per gioco. E sempre la medesima canzone.
Su Proserpina io sono,
TOGNO e tu chi sei? Né te stesso conosci?
Son vile e son dappoco. Che dici?
Su rispondi.
VESPINA Il tuo nome qual è?
Lo dissi sol per spasso. Come ti chiami?
Sta attento qua, di’, eh?
TOGNO Non sei tu forse
Son sconcio, e corto, e grasso. Arsenio Ghisilieri di Firenze?
Parla, sei quello?
VESPINA
Deh, mi perdona o caro: ARSENIO
ti muovan queste lagrime, È vero.
ti placa al mio dolor.
DIANORA
TOGNO Oh, lode al Ciel.
(Oh Ciel che pianto amaro! Ma dimmi non hai tu moglie?
Già’l cor diventa tenero
vedendo il suo dolor.) ARSENIO
Ho moglie.
VESPINA
(s’alza e finge di svenire) DIANORA
Che pena... e che tormento... E si chiama?
Oh Dio... morir mi sento.
ARSENIO
TOGNO Già ora non mi sovvien.
(Oimè, costei vien meno.)
Vespina, e là Vespina, e là, Vespina! DIANORA
Non sente e non ha fiato. Diano...
Oh, Togno sventurato, oh cara mia Vespina
mia vita ti perdono. ARSENIO
È ver, Dianora.
VESPINA
Cor mio già mi perdoni? DIANORA
E Spinalba ove sta?
TOGNO
Ti perdono col fegato e col cor. ARSENIO
(come tornasse in sé)
VESPINA e TOGNO Oh Dio, qual nome?
Or sì, contento io sono. Quest’era la mia figlia,
Altro non brama il cor. l’unica figlia mia;
quest’era il solo mio conforto,
Scena nona e consuolo in tutti i stenti miei.
Sontuoso giardino della Villa di Elisa, con veduta del fiume.
Arsenio, vestito da marinaio fuggendo da Dianora che lo segue DIANORA
Ed ora?
Recitativo
ARSENIO
DIANORA Non è più, già la perdei.
(lo trattiene)
[16] Ferma, t’ho giunto al fin. DIANORA
(Par che cominci bene.)
ARSENIO
(tenta scappare) ARSENIO
Da me che vuoi? Recitativo accompagnato
Ah, figlia, ove t’ascondi?
DIANORA A tante pene d’un padre sconsolato
Non strepitar: di forza tu non mi passi affè. come non pensi tu?
Perché volesti affligermi così?
ARSENIO Chi dal sen ti rapì d’un padre amante?
Ma che pretendi?
DIANORA
DIANORA (Oh Ciel! le porgi lume in quest’istante.)
Ch’apri gl’occhi, e l’orecchi e che m’intendi.
Conosci chi son io? ARSENIO
(con furia)
Ma che fò? Che ragiono?

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E cosi vile io sono VESPINA


che in luogo di seguir quella crudele, Solfarello.
consumo il tempo in pianti ed in querele?
TOGNO
DIANORA (Mal nome.)
(Già sbalestra di nuovo.) E verrà lui questa consegna
a far di propria mano?
ARSENIO
(in atto di partire) VESPINA
No, no, finché la trovo, non voglio fermar piede. No, lascia qui il tesoro, e va’ lontano.
E sin’a quando d’un padre ha da far scherno? Ora resta là, ch’io voglio
Ricercarla saprò sin nell’Inferno. principiar lo scongiuro.

Recitativo TOGNO
Eh non scordarti di scongiurarlo ancor...
DIANORA
(lo trattiene) VESPINA
Dove fuggi? T’accheta, o parti.
Tu brami la tua figlia trovar? Recitativo accompagnato
O tu che vegli, e guardi, nella caverna ombrosa,
ARSENIO la gran ricchezza ascosa, t’affretta,
Questo desio. olà, che tardi?
Più custode non sei di quel tesoro.
DIANORA Vieni, vieni, e porta con te l’argento e l’oro.
Dunque ti fida a me; Eccolo.
io di Spinalba tengo certe novelle; Di che temi? Accostati.
potrei dirti quanto fa, quanto pensa,
ove dimora, e finiscila ormai, TOGNO
credi a Dianora. Ma intanto non ti partir di qua.
Aria
[17] Io farò ch’ai piedi tuoi VESPINA
venga a chiederti perdono: Non dubitare.
ed allor de’ pianti suoi (Ora vedrai qual è questo tesoro.)
il tuo cor avrà pietà.
Non fuggir, t’arresta, ascolta, TOGNO
non temer, Dianora io sono: Aiutami Vespina: ahimè ch’io moro.
eh, t’inganni, questa volta
non mi scappi in verità, no, no… VESPINA
(Ah, ah, ah, questa è paura.)
Scena decima Vien qua. Togno, non senti?
Vespina, indi Togno, vestito con i propri abiti Sta freddo com’un ghiaccio:
ha persi i sentimenti.
Recitativo Oh, me meschina, com’ho da far?
Portassi almeno adosso un poco d’acqua
VESPINA per spruzzarle il viso.
[18] Tutto è disposto già: Eccola. Togno mio, io son qui, fatti cor.
voglio che Togno impari
a trattar meco in altra forma. TOGNO
Guardate! Per placarlo fu bisogno Vespi...
finger pianti, singhiozzi e svenimenti;
ma una burla farò che lo spaventi. VESPINA
Eccolo appunto. Che brami?

TOGNO TOGNO
Che facciam? Sol... sol... sol...

VESPINA VESPINA
Nol dissi? Il tesoro sta qui, (Che mai dice?)
fra le radici di questi due cipressi.
Dev’esser’uom ch’il prende, TOGNO
e’l guardiano un sol scongiuro attende. Solfa... solfa... solfa...

TOGNO VESPINA
Chi è questo guardiano? (Oh me infelice.)
Parla, di’, che vorresti anima mia?
VESPINA
È lo spirito d’un schiavo. TOGNO
Solfarè... Solfarello è andato via?
TOGNO
(Oh, sarà nero com’un carbon costui.) VESPINA
Saprai come si chiama? Qui non v’è alcun, mia vita;
né tesoro, né spiriti

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lo inventai per scherzar,


ne credevo che recar ti potesse SPINALBA
un tal timore. Non oso. Se a te padre amoroso,
tanti affanni recai;
TOGNO se in quella etade t’aggiunsi pene al cor;
Ma se scherzi così, Togno sì more. se ti lasciai desolato, ed afflitto,
veggio ch’è un grav’error, ch’è un gran delitto.
VESPINA
Con questi mezzi, ARSENIO
a innamorar per gioco (s’abbraccia con Spinalba)
ei s’andrà accostumando a poco, a poco. Figlia consola al fine l’afflitto padre tuo,
Aria vieni fra le mie braccia: oh, Ciel pietoso,
[19] Io bramo il cor contento del passato dolor
non amo per penar, quant’è maggior questa gioia che sento!
avvezzisi a scherzar,
se vuol piacermi. ELISA
Non vo’ sentir tormento, Piango per tenerezza.
ne sparger’un sospir;
m’accendo per gioir, DIANORA
non per dolermi Io per contento.

Scena undicesima ELISA


Sala in villa d’Elisa. Elisa e Spinalba vestita da uomo Ed a me negarai un’abbraccio innocente,
in ricompensa a tanti affetti miei?
Recitativo Più Florindo non sei.
Già sei Spinalba e mi sei sì congiunta
ELISA coi legami del sangue,
[20] Ma perché tanto tempo celarti a lui? che ben stringere ti posso a questo petto.

SPINALBA SPINALBA
Bramai veder se giunge a tanto, (abbraccia Elisa)
l’infedeltà d’un alma, Sia vincolo d’affetto,
la cecità d’un cor,
che non si curi della fè, del dover; ELISA
che non ravvisi un volto ch’adorò; (abbracia Spinalba)
lassa, e trovai più di quel che credevo: Sia legame di pace.
or son contenta.
Sol m’affanna, e tormenta Scena ultima
quella smania ed angoscia del genitor. Ippolito e Leandro, da diverse parti, indi Vespina e Togno e i suddetti
Povero padre mio,
delle mancanze altrui tu paghi il fio. Recitativo

ELISA IPPOLITO
Se altro mal non produsse (snudando la spada contro Spinalba)
il non fidarti a me, quest’è pur grande. T’ho colto traditor.
Ma lo vedrò calmato quando a lui tornerai.
LEANDRO
SPINALBA (sguaina la spada contro Spinalba)
Voglio a suoi piedi... T’ho giunte audace.

Scena dodicesima IPPOLITO


Dianora, Arsenio, con il proprio abito, e detti (a Spinalba)
Mori.
Recitativo
DIANORA
DIANORA (ad Ippolito)
(accenna Spinalba) Che fai?
Eccola, non la vedi?
ARSENIO
SPINALBA Che tenti Ippolito?
(s’inginocchia avanti)
Ah, padre amato: ELISA
lascia ch’a piedi tuoi con le lagrime mie Leandro mio ben, ferma.
io formi un rio.
ARSENIO
ARSENIO T’arresta.
Figlia, Spinalba mia.
M’inganno, oh Dio! VESPINA
E qual moto improviso io me sento nel core? Che rumore sta qui?
Ove son? Donde vengo?
Figlia, sostegno mio, sorgi, t’accosta, TOGNO
vieni al mio sen. Che scena è questa?

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SPINALBA e IPPOLITO
SPINALBA D’eterna fedeltà sia questo il segno.
Padre nol trattener;
l’opera illustre lasciale terminar. TOGNO
(ad Ippolito) Ed io, caro Signore,
Su, via, traffiggi nel petto di Florindo qui la parte farò di spettatore?
il core di Spinalba.
Tu impalidisci ingrato? LEANDRO
Puniscimi d’averti sì fedelmente amato, Togno, che vuoi?
d’aver ridotto un padre a un’estremo furor,
sol per seguirti. Di non aver schivato TOGNO
d’ubbidirti in quella infedeltà, La destra di Vespina.
con cui crudele me medesima offendevi
nel più vivo del cor. LEANDRO
Lo dica Elisa... Fatela dar.

IPPOLITO VESPINA
(ripone la spada) Eccola qui.
Non più, non Spinalba.
Non si trova nel mondo TOGNO
mostro d’infedeltà di me più orrendo L’accetto.
Veggo l’error, la colpa mia comprendo,
andrò senza consuolo a gemer fra le selve, ARSENIO
afflitto e solo. E sia segno fra noi
d’un vero affetto.
SPINALBA
Ah, no: ferma, ove vai? CORO (TUTTI)
[21] Fugga il duol, regni la pace,
ARSENIO e la gioia, ed il piacer.
Figlia, già vedo che ti muovi a pietà. Non si opponga età vorace,
de’ consenti al bel sentier.
DIANORA
Già s’è pentito. FINE

TOGNO
(Mi muovo anch’io alla dolente istoria.)

VESPINA
Signora, il perdonar sempre fu gloria.

ELISA
Mio Leandro, che pensi?
Agl’occhi tuoi già colpevole io sono.

LEANDRO
Torna all’affetto antico, io ti perdono.

ARSENIO
Non si pensi al passato;
non son già questi i primi,
negl’ultimi saranno mancamenti d’amor;
lo so ben’ io.

SPINALBA
Io di tutto mi scordo.

LEANDRO
Io tutto oblìo

VESPINA
E tu non vuoi scordarti?

TOGNO
Sempre in mente l’avrò:
t’accheta, o parti.

ARSENIO
Su datevi la mano.

ELISA e LEANDRO
Ecco d’amor il pegno.

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