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Rivista di antichità - Volume speciale 2012

Direttore responsabile: Mario Torelli


Comitato scientifico (referees)
M. Crawford (London); B. Frier (Ann Arbor); C. Gonzales (Granada);
P. Gros (Aix-en-Provence); W.V. Harris (New York); H. von Hesberg (Roma);
T. Hölscher (Heidelberg); J. Mangas (Madrid); J.-P. Mo­­rel (Aix-en-Provence);
J. Pedley (Ann Arbor); D. Placido (Madrid); A. Ruiz (Jaen); J. Scheid (Paris);
A. Schnapp (Paris); H.A. Shapiro (Baltimore); J. Uroz (Alicante); T.P. Wiseman (Exeter); P. Zanker (Pisa)
Redazione: A. Bottini, G. Camodeca, P.G. Guzzo, D. Loscalzo, C. Masseria, M. Osanna,
V. Scarano Ussani, L. Todisco, M. Torelli
Segreteria: L. Fiorini, S. Querzoli
Autorizzazione del Tribunale di Napoli n. 4321 del 30/10/1992
Registro degli Operatori di Comunicazione (R.O.C.) n. 6039 del 10/12/2001

Sommario
I tomo di un culto lungo la via Castrimeniense negli scavi in lo-
calità Marcandreola, Ciampino (RM) 195
Mario Torelli, Prefazione 3
Maria Sapelli, Introduzione 5
Fidenae

Santuari, culti e storia. Francesco di Gennaro, Letizia Ceccarelli, Fidenae. San-


Dall’alto arcaismo all’età tardo-repubblicana tuari urbani e del territorio 211

Mario Torelli, Per una storia comparata dei culti del Lazio 9
Gabii
Fausto Zevi, Roma e la Sicilia nel V secolo a.C.: qualche nota 27
Eugenio La Rocca, La pietrificazione della memoria: i tem- Marco Fabbri, Stefano Musco, Massimo Osanna, Nuove
pli a Roma in età medio-repubblicana 35 indagini al santuario orientale di Gabii 229
Gabriel Zuchtriegel, Riflessioni a margine dei vecchi scavi
Le città albane al Santuario Orientale di Gabii: nuovi dati sulla fase ini-
ziale del culto 243
Pino Chiarucci, Luoghi di culto nel territorio di Albano 89
Angelo Bottini, L’àugure di Gabii 247
Julio Nuñez Marcen, Los espacios sagrados en Tusculum 109
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono, Il santuario di Dia-
na a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi 119 Tibur
Fausto Zevi, Il santuario demetriaco di Valle Ariccia 139 Zaccaria Mari, Il santuario di Ercole Vincitore a Tivoli: con-
Giuseppina Ghini, Il tempio delle SS. Stimmate a Velletri siderazioni sulle fasi tardo-repubblicana e augustea 255
(Roma): nuovi dati dai recenti scavi 2005-2006 159 Maria Grazia Fiore, Il santuario di Ercole Vincitore a Tivo-
Fausto Zevi, Luca Attenni, Fabrizio Santi, Nuove acqui- li (Roma): risultati delle ultime indagini archeologiche 271
sizioni nel santuario di Iuno Sospita a Lanuvio (campa- Benedetta Adembri, Il santuario dell’Acquoria a Tivoli 281
gne 2006 e 2008) 175 Zaccaria Mari, Il santuario rurale della Bona Dea a San Gre-
Alessandro Betori, Agnese Livia Fischetti, Testimonianze gorio da Sassola (RM) 295

LOFFREDO EDITORE NAPOLI


IL SANTUARIO DI DIANA A NEMI:
RECENTI ACQUISIZIONI DAI NUOVI SCAVI
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

“Nel recinto del santuario di Nemi cresceva un albe-


ro da cui non era lecito spezzare alcun ramo. Il culto della dea, qui venerata nel suo triplice aspetto
Soltanto uno schiavo fuggitivo, se ci fosse riuscito, di cacciatrice (Diana), protettrice delle nascite (Lucina),
poteva spezzarne uno. In questo caso egli aveva il di-
ritto di battersi col sacerdote e, se l’uccideva, regnava
divinità ctonia (Ecate), risale all’età arcaica, come risul-
in sua vece col titolo di re del bosco, rex nemorensis. ta dall’elenco delle città latine facenti parte della lega
Secondo l’opinione degli antichi, questo ramo fatale che aveva sede nel santuario riportato da Catone nelle
s’identificava con quel ramo d’oro che Enea colse per Origines (fr. 58, in Prisciano, Grammatici, IV. P. 129). Gli
invito della Sibilla (cumana) prima di accingersi al scavi condotti di recente sulla terrazza superiore del
suo periglioso viaggio nel regno dei morti”. Santuario rendono sicuro un culto protostorico, risalen-
(James G. Frazer, Il ramo d’oro, te alla media e tarda età del bronzo, già testimoniato da
ed. Boringhieri, Torino 1973) un ripostiglio di asce della media età del bronzo (XV
sec. a.C.), rinvenuto nel bosco al di sopra del Santua-
rio [5].
Inquadramento storico Accanto a Diana erano venerate anche altre divinità:
Virbio, la ninfa Egeria, cui era dedicata una fonte situa-
Il Santuario di Diana, situato sulla riva settentrionale ta sotto Nemi, tuttora attiva, e, in età imperiale, Iside e
del Lago di Nemi, in un contesto ambientale e paesisti- Bubastide, divinità egiziane assimilate a Diana, il cui
co estremamente suggestivo, è uno dei luoghi di culto culto è attestato dal rinvenimento di un’iscrizione, oltre
dei Latini più studiati e citati. che da oggetti di culto [6].
Ciò nonostante non è ancora completamente nota la In età arcaica il luogo di culto era un lucus, ossia un
sua pianta, che fino a pochi anni fa si riteneva di poter bosco sacro, in cui la dea era venerata, con un’immagi-
limitare ad una terrazza rettangolare, delimitata a mon- ne tricorpore di cui abbiamo il ricordo in alcune monete
te (lati N ed E) da una serie di nicchioni semicircolari bronzee di età cesariana. Nella rappresentazione mone-
(fig. 1, B), verso il lago da sostruzioni triangolari (fig. 1, tale la statua tricorpore ha sullo sfondo un bosco di ci-
C) e ad O da una serie di edifici annessi: un teatro (fig. pressi, gli alberi sacri alla dea e al fratello Apollo [7].
1, S), la sede dei sacerdoti (fig. 1, F) e un impianto ter- In questo periodo il Santuario nemorense aveva an-
male (fig. 1, T).
All’interno di questa superficie, indagata superficial-
mente e parzialmente verso la fine del XIX secolo [1] non
[1]
 Si tratta degli scavi condotti tra il 1885 e il 1891 prima da Lord Sa-
vile Lumley, successivamente da Eliseo Borghi e Luigi Boccanera.
erano note tutte le strutture presenti, a causa di una do- (vedi Ghini 1993, 277-278, nota 6).
cumentazione estremamente frettolosa e parziale redat- [2]
 L’unica pianta fornita da Lord Savile è quella pubblicata da Wallis
ta nel corso delle indagini [2]. in O. Rossbach, in BullInst 1885, 149-157.
Per tale motivo la Soprintendenza per i Beni Archeo-
[3]
 P. Rosa, Relazione dei ruderi esistenti in prossimità del lago di Nemi, in
AnnInst, 5-8, 1856, tav. II.
logici del Lazio dal 1989 ha avviato campagne di scavo [4]
 ACS, Coll. Disegni e Piante. Coll. 1, cart. 47, f 19 (1870).
e restauro, finalizzate ad una migliore conoscenza del [5]
 G.L. Carancini, L’età del bronzo in Italia nei secoli dal XVI al XIV a.C.,
complesso sacro. in Rassegna di Archeologia X, 1991-92, 239-241; Bruni-Calderoni
Tuttavia già nel XIX secolo Pietro Rosa, in un disegno 2009.
con pianta e prospetto (fig. 2) ipotizzava la presenza di
[6]
 G. Ghini, Dedica a Iside e Bubasti dal santuario di Diana Nemorense, in
E.A. Arslan (ed.), Iside. Il mito il mistero la magia, Milano 1997, 335-337;
una terrazza superiore, che veniva così a raddoppiare Moltesen 1997, 211-220; Moltesen 2009, 364.
la superficie del complesso [3]. [7]
 A. Alföldi, Diana Nemorensis, in AJA, 1960, 137-144, tavv. 31-34;
Tale ipotesi ricostruttiva veniva confermata dall’evi- P.J. Riis, The cult image of Diana Nemorensis, in AArch 1966, 68-75. La
denza in superficie di tracce di murature inserite o rappresentazione monetale è stata a lungo collegata ad una testina
bronzea di produzione etrusca appartenente alla collezione del Car-
reimpiegate nelle moderne macere e dalla rappresenta- dinale Despuig (cfr. nota 17), che tuttavia di recente F. Coarelli ha ri-
zione di strutture in un documento conservato presso conosciuto, sulla base di documenti di archivio, proveniente da Fano
l’Archivio Centrale di Stato [4]. (cfr. nota 15).

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Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Fig. 1. Pianta generale del santuario di Nemi (2011). A:


terrazza inferiore; B: Muro di sostruzione a nicchie se-
micircolari; C: Muro di sostruzione inferiore a nicchie
triangolari; F: c.d. “abitazioni dei sacerdoti”; K: tempio
di Diana; M: c.d. “celle donarie”; a: stanza con pavi-
mento a mosaico di Servilio Quarto; b: stanza in cui si
rinvenne la testa dell’acrolito maschile; c: stanza con
terrecotte architettoniche; d: stanza con fregio in terra-
cotta; e: stanza con iscrizioni; f: stanza in cui si rinven-
ne l’acrolito di Diana; g: aula absidata con ritratti della
dinastia giulio-claudia; Q: Muro in opera incerta; R:
colonnato in opera incerta e mista; S: teatro; T: c.d. am-
bienti termali; U: via d’accesso al santuario; V: ninfeo
ad esedra nella terrazza superiore; Z: colonnato dorico
in peperino

che valenza politica, essendo il centro federale delle cit- cupera quella di luogo di cura per ammalati e donne
tà latine che si riunivano presso il Lucus Ferentinae, iden- sterili.
tificato a Monte Savello, nel Comune di Albano Lazia- Alla fine del II sec. a.C. il Santuario venne ricostruito
le [8]; tale funzione politica, già indebolita dopo la batta- con un aspetto monumentale e scenografico, analoga-
glia del Lago Regillo (499 o 496 a.C.), finì definitivamen- mente a quanto avvenne in altri santuari laziali coevi o
te dopo lo scioglimento della Lega Latina nel 338 a.C. di poco posteriori: quelli di Giunone a Gabii, di Ercole
Alcuni modellini fittili rinvenuti nel XIX secolo Vincitore a Tibur, di Fortuna Primigenia a Praeneste, di
nell’area sacra ed ora conservati a Roma, al Museo Ar-
cheologico Nazionale di Villa Giulia e a Nottingham, al
Castle Museum rappresentano un edificio templare te- [8]
 C. Ampolo, Ricerche sulla lega latina, in PP XXXVI, 1981, 219-233; C.
trastilo, aerostilo, con ampia cella ad ali laterali e fron- Ampolo, Ricerche sulla lega latina, in PP XXXVIII, 1983, 321-326; G.
Colonna, Il Lucus Ferentinae ritrovato?, in QuadAEI XI, VII, Roma
tone aperto, finora ritenuto il tempio del IV sec. a.C. I 1985, 40-43.
recenti scavi, iniziati nel 2009 e tuttora in corso, hanno [9]
 A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1918, 229-232 Mysteries
permesso di ricostruire per questa fase una pianta di- 1983, 43-45; F. Melis, F.R. Serra Ridgway, Mysteries of Diana. Sulla nuo-
versa, molto allungata, con podio in peperino e decora- va esposizione dei materiali nemorensi nel Castle Museum of Nottinghsm,
in QuadAEI XIV, VIII, Roma 1987, 218-226; T.F.C. Blagg, The votive
zione architettonica in terracotta [9]. model. Etrusco-Italic temples from Nemi, in Nemi-Status Quo 2000, 83-
In questo periodo il Santuario, persa ormai la sua 90. R. Känel, Das Dianaheiligtum in Nemi: Die Bandekoration aus terra-
funzione politica di sede religiosa della Lega Latina, re- cotta, in Nemi-Status Quo 2000, 131-139.

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Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

con funzione di ninfeo, verosimilmente dedicato alla


ninfa Egeria, ed una serie di ambienti paralleli, proba-
bilmente collegati alla vasca del ninfeo.
Tuttavia recenti scavi condotti in corrispondenza del
Tempio K permettono di identificare quest’ultimo con
quello di Diana.
Nel I sec. a.C. vennero addossati al muro di fondo
della terrazza inferiore del Santuario una serie di am-
bienti chiusi (M), tra cui un’esedra semicircolare, che,
per la ricchezza e la quantità dei reperti che conteneva-
no, vennero definiti “celle donarie”; nello stesso perio-
do vennero realizzati, all’esterno del Santuario, bagni
idroterapici (T) e un piccolo teatro (S).
Restauri e abbellimenti vennero apportati dagli im-
peratori giulio-claudi e da Adriano, a cui risale il rifaci-
Fig. 2. Pianta e prospetto del Santuario di P. Rosa (1856). mento dell’ala settentrionale del portico interno al re-
cinto a nicchioni.
Il Santuario venne frequentato verosimilmente fino
Giunone Sospita a Lanuvium, di Feronia (già attribuito a al IV sec. d.C., anche se il suo declino dovette iniziare
Giove Anxur) a Terracina [10]. poco dopo il II sec. d.C.
A questa fase appartiene l’impianto attualmente visi- Con l’avvento del Cristianesimo, analogamente a
bile, costituito da due terrazze, di cui quella inferiore quanto avvenne negli altri luoghi di culto pagani a se-
consistente in una piattaforma di m. 200 x 175, sostenuta guito dell’editto di Teodosio (381 d.C.), venne abbando-
a valle da sostruzioni triangolari (C) e a monte, su due nato, spogliato di marmi e decorazioni, lasciato all’in-
lati, da nicchioni semicircolari (B); all’interno vi erano curia e praticamente dimenticato.
due portici dorici: uno con colonne in muratura intona-
cate in rosso e trabeazione in peperino (R) ed un secon-
do, di minori dimensioni, con colonne in peperino (Z). Gli scavi dei secoli scorsi
La tecnica impiegata era il conglomerato cementizio,
rivestito in opera incerta di peperino e basalto e, per i Il primo rinvenimento nell’area del Santuario risale
restauri adrianei, in opera mista di reticolata e laterizio. al 1550 ed è relativo a una dedica a Diana-Vesta, ora ai
Sulla terrazza erano dislocati ambienti per i sacerdoti Musei Capitolini a Roma [11].
e i fedeli (F), sacelli e tempietti, tra cui l’edificio K, iden- Risalgono a questo periodo due disegni ricostruttivi
tificato con il Tempio di Diana. di fantasia di Pirro Logorio, conservati presso la Pier-
Il Santuario era raggiungibile dalla Via Appia tramite point Library di New York, che mostrano la successione
un diverticolo basolato che, staccatosi dalla strada cruenta del Rex Nemorensis davanti al Santuario [12].
all’altezza di Genzano, costeggiava il lago (se ne vedo- I primi scavi ebbero luogo nel secolo successivo e
no ancora tratti nel giardino comunale, lungo la via vennero commissionati dai marchesi Mario e Pompeo
provinciale che conduce al lago e all’interno del Museo Frangipane, proprietari dei terreni attorno al lago di
delle Navi Romane di Nemi) per entrare all’interno del Nemi dopo i Colonna e prima degli Orsini; in quell’oc-
recinto sacro dal lato occidentale (U).
Alcuni studiosi (Rosa, Coarelli) ritenevano che il [10]
 Coarelli 1987.
tempio si trovasse sulla terrazza superiore, dove effetti- [11]
 CIL XIV, 2213.
vamente recenti sondaggi hanno portato alla luce alcu- [12]
 Pierpoint Morgan Library, New York - Manoscritto 542 Pirro Lo-
ne strutture murarie, tra cui un’esedra semicircolare gorio, f. 18.

121
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

casione si rinvennero materiali votivi e vennero par- pianta delle strutture piuttosto schematica, con la localiz-
zialmente riportati alla luce i nicchioni semicircolari del zazione delle trincee effettuate redatta dal Rossbach [20].
recinto sacro [13]. Le indagini, interrotte bruscamente dopo pochi mesi,
È della fine del XVII secolo un disegno stilizzato del vennero proseguite da Luigi Boccanera nel 1887: i mate-
lato nord-orientale del Santuario, con la serie di nic- riali rinvenuti finirono in parte al Museum of Fine Arts
chioni semicircolari, conservato presso la Biblioteca di Boston [21], in parte vennero esposti nel Museo Archeo­
Apostolica Vaticana [14]. logico Nazionale di Villa Giulia a Roma; altri ancora si
Nel 1791-98 il Cardinale Antonio Despuig eseguì sca- trovano all’University of Pennsylvania Museum di Phi-
vi nell’area nemorense e in un punto imprecisato di Val- ladelphia [22].
lericcia, dove rinvenne un rilievo marmoreo con l’ucci- Ulteriori scavi vennero intrapresi nel 1895 dall’anti-
sione di Egisto da parte di Oreste e, secondo la lettera- quario Eliseo Borghi, contemporaneamente ai tentativi
tura archeologica, una testina arcaica in bronzo di Dia- di recupero delle navi di Caligola che lui stesso andava
na, portati inizialmente, insieme al resto dei materiali conducendo [23].
scavati, nella sua proprietà di Raxa a Palma de Mallorca Nel 1924 lo Stato Italiano avviò scavi al teatro e agli
e successivamente acquistati dalla Ny Carlsberg Glyp- edifici termali, successivamente reinterrati [24].
totek di Copenhagen, dove sono tuttora esposti [15]. Il
rilievo marmoreo, già datato all’età arcaica, è stato suc- [13]
 Holstenius, Annotationes in Italiam antiquam Cluverii, Roma 1666,
cessivamente riconosciuto di stile arcaizzante e riferito 923, l.50; J.C. Graevius, Thesaurus Antiquitatum Romanarum, Venezia
all’età augustea [16], mentre per la testina bronzea, arcai- 1732-37, 752-757.
ca, è stata proposta una produzione etrusca, e in parti-
[14]
 Codice Barberino Latino 1871, f. 215; L. Crescenzi, Il Santuario di Dia-
na Nemorense, in Documenta Albana IV, 1977, 37.
colare da Caere [17]. [15]
 J.M. Bover y Rosello, Noticia historico-artistica de los Museos del Emi-
Gli altri reperti vennero venduti nel 1925 al Comune nentissimo Senor Cardenal Despuig exsistentes en Mallorca, Palma de
di Palma de Mallorca, ma non esiste un loro elenco si- Maiorca 1845; M. Moltesen, Cardinal Despuig’s Excavations at Valleric-
stematico, per cui tutt’oggi non è possibile distinguere cia, in J. Beltràn Fortes, B. Cicciotti, X. Duprè Raventos, P. Venetucci
(eds.), Illuminismo e Ilustraciòn, Roma 1997, 243-254. F. Coarelli, sulla
questo nucleo di materiali dagli altri conservati presso
scorta di un documento dell’Archivio Oliveriano di Pesaro del XVIII
il locale Museo. secolo, quindi dello stesso periodo degli scavi Despuig, di prossima
Nell’estate 1885 Lord Savile Lumley, ambasciatore pubblicazione, ritiene tuttavia sicura una provenienza del reperto
inglese in Italia, condusse scavi frettolosi al Santuario, dalle Marche, forse da Fano, e non da Ariccia.
bruscamente interrotti per dissapori con i proprietari
[16]
 M. Moltesen, M. Nielsen, Catalogue Etruria and Central Italy 450-30
b.C., Copenhagen 1996, 218-220.
dei terreni, i Principi Orsini. [17]
 M. Cristofani, in La grande Roma dei Tarquini (Catalogo Mostra Ro-
I materiali rinvenuti in quell’occasione, consistenti in ma 1990), Roma 1990, 144, tav. XIV, 6.9.
statue, erme e vasi marmorei recuperati nelle cosidette [18]
 J. Savile Lumley, in Journal of the British and American Archaeo-
celle donarie, ex-voto delle favisse, decorazioni archi- logical Society of Rome I, 2, 1885-86, 60-74; W. Helbig, in BullInst
1885, 225-242; G.H. Wallis, Catalogue of Classical Antiquities from the
tettoniche, in parte furono portati nel Castle Museum site of the Temple of Diana, Nemi, Italy, Nottingham 1891; Moltesen
di Nottingham, città natale di Lord Savile Lumley, in 2009.
parte rimasero a Nemi, nel Castello degli Orsini, suc- [19]
 F. Poulsen, Catalogue of Ancient Sculptures in the Ny Carlsberg Glyp-
cessivamente passato ai Principi Ruspoli [18]. totek, Copenhagen 1951; Diana 1997.
Di questi una certa quantità venne poi acquistata da
[20]
 O. Rossbach, in BullInst 1885, 149-157; Wallis 1891.
[21]
 E. Robinson, Description of twenty-three objects found on the site of
Jacobsen per la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenha- Artemisium of Nemi “Nemus Dianae” during the excavations of Sig. Lu-
gen, che divenne così la raccolta più ricca di materiali igi Boccanera in the Spring of 1887 and now in the Museum of Fine Arts in
del santuario nemorense [19]; la rimanente parte è stata Boston, Boston 1889.
di recente acquistata dallo Stato Italiano ed è conserva-
[22]
 P. Guldager Bilde, Marbles from a Roman Sanctuary in the University
of Pennsylvania Museum, in Expedition XL, nr.3, 1998, 36-46.
ta nel Museo delle Navi Romane di Nemi. [23]
 Per gli scavi condotti da E. Borghi: NSA 1895, 421-436; NSA, 106-
Degli scavi condotti da Lord Savile Lumley venne pub- 108; 206, 232, 324, 424-431, 461-468.
blicata esclusivamente una sommaria descrizione e una [24]
 Per gli scavi al teatro: NSA 1931, 237-305.

122
Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

struiti contro terra, anch’essi con cortina in opera incer-


ta di peperino, leucitite, pozzolana. Se ne conservano 13
sul lato E e altrettanti su quello N; attualmente sono in-
terrati per circa m. 4,50, ma originariamente raggiunge-
vano l’altezza di oltre m. 9 (fig. 4). Essi non erano tutta-
via visibili, in quanto venivano nascosti da un portico
dorico (R) con capitelli e trabeazione a metope lisce e
triglifi in peperino, riportato alla luce nel corso degli
scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeo-
logici del Lazio a partire dal 1989, che si sono concen-
trati nell’angolo nord-orientale della terrazza interna al
recinto a nicchioni B, in corrispondenza delle celle do-
narie, presso il Tempio K e sulla terrazza superiore [26].
Sulla terrazza inferiore si è riportato alla luce un re-
Fig. 3. Foto satellitare dell’area del Santuario (da Google - anno 2006). cinto (Q) interno a quello a nicchioni, conservato per
un’altezza massima di m. 3,80 e una lunghezza di m. 80
nel lato NE e di m. 85 in quello SE; anch’esso è realizza-
to nella tecnica dell’opera incerta come le altre strutture
del Santuario (fig. 5).
Il muro, dello spessore di 2 piedi (m. 0,60), presenta
aperture ad arco larghe 4 piedi (m. 1,20) e alte 10 piedi
(m. 3), poste alla distanza regolare di 27 piedi (m. 8,10);
alcune delle aperture vennero successivamente chiuse
con tamponature in opera reticolata di leucitite [27].
Alla distanza di 19 piedi (m. 5,70) dal muro Q si è
rinvenuto l’angolo di un portico (R), di cui si conserva-

Fig. 4. La terrazza inferiore del Santuario.

Gli scavi recenti

La terrazza inferiore
Fino ai recenti scavi condotti a partire dal 2003 sulla
terrazza superiore e se si fa eccezione per una pianta Fig. 5. Pianta dei colonnati R e Z e del muro Q (disegno e rilievo di S. Sgalambro
della metà del XIX di Pietro Rosa, si riteneva che l’area e M. Marchetti).
del Santuario nemorense fosse limitata alla terrazza in-
feriore (fig. 3), sostruita a valle, verso il lago, da muri [25]
 Si tratta delle antirides citate da Vitruvio (de arch., VI, 8, 6-7).
con cortina in opera incerta, disposti a triangoli o a [26]
 Ghini 1993.
“denti di lupo” (C) [25] e chiusa sui lati settentrionale e d [27]
 Le aperture con tamponature sul lato settentrionale sono sei, men-
orientale da due serie di nicchioni semicircolari (B), co- tre sul lato orientale se ne sono individuate finora due.

123
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Fig. 6. Il colonnato R.
Fig. 7. Sezione ricostruttiva dell’angolo nord-orientale con i colonnati R e Z e il
muro Q (disegno S. Sgalambro).
no quattro colonne, due in opera incerta, due in opera
mista di reticolato e laterizio.
Sono tutte rivestite da intonaco rosso e presentano
una trabeazione dorica in peperino originariamente
stuccata in bianco e azzurro [28].
L’altezza totale del colonnato superava i 30 piedi
(m.9) e pertanto nascondeva completamente alla vista i
retrostanti nicchioni B.
Dietro il muro Q, alla distanza di 8 piedi e ½ (m. 2,50),
si è rinvenuto un secondo colonnato dorico (Z) in pepe-
rino, dalle misure pari alla metà di quelle del colonnato
R; questo secondo portico, come le colonne in opera in-
certa del portico R, appartiene alla fase della fine del II
sec. a.C., mentre le colonne in opera mista e le tampona-
ture in reticolato del muro Q sono attribuibili a restauri Fig. 8. Particolare della pittura a pilastri prospettici del muro Q.
adrianei, resi necessari probabilmente a seguito di un
terremoto [29] (figg. 6-7). A questo periodo appartengono giungevano l’altezza di 30 piedi (m.9), nascondendo
anche il rifacimento del tetto del portico, di cui si sono completamente i retrostanti nicchioni, che avevano una
rinvenute numerose tegole bollate e la decorazione pit- funzione esclusivamente statica e sostruttiva.
torica del muro Q, che ricopre anche le tamponature in
opera reticolata, con pilastri prospettici di colore avorio
su uno sfondo rosso [30] (fig. 8). [28]
 Nel corso degli scavi se ne sono recuperati numerosi frammenti
nello strato di crollo.
Del colonnato si è rinvenuta la trabeazione in peperi- [29]
 All’interno delle murature delle colonne si sono rinvenuti i bolli
no di tipo dorico a metope lisce e triglifi con capitello delle officine di Lucanus e Tullus (CIL XV, 994) e di quelle di Papirius
ad echino schiacciato, alta 6 piedi (m. 1,80), costituita (CIL XV, 1356).
da quattro elementi, due relativi all’epistilio, uno alla [30]
 Lo stile della pittura parietale del muro Q rimanda al secondo
cornice, l’ultimo alla gronda, recante superiormente la stile pompeiano, e in particolare ad esempi dell’area vesuviana qua-
li la Villa di Poppea ad Oplontis (Cerulli Irelli, 1990, tav. 153), di Fan-
canaletta e i gocciolatoi per lo scolo dell’acqua pio­ nio Sinistore a Boscoreale (Cerulli Irelli 1990, fig. 143), la Villa dei
vana. Misteri (Cerulli Irelli 1990, figg. 108-109) e la Casa del Menandro a
Complessivamente il colonnato e la trabeazione rag- Pompei (Cerulli Irelli 1990, fig. 20).

124
Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

Sulla trabeazione poggiava un tetto ad una falda [31], po Campana, alcune con motivi vegetali, altre con im-
di cui si è rinvenuto il crollo tra il muro Q e il colonnato magine della Potnia theron (la signora degli animali) in-
R di tegole, molte delle quali con bolli di età adrianea e sieme ad antefisse triangolari con testa di Diana [41]; nella
antonina, tra cui spiccano quelli delle officine Caninia- cella d era contenuto un fregio in terracotta; nell’am-
ne [32], di Mercurio Felice [33], le Sulpiciane [34], quelle di biente e vi erano alcune iscrizioni, mentre nella f si rin-
Tetellus Donatus [35], di Sabina [36] e di Statilio Massimo Se- vennero otto vasi marmorei, dono di un fedele dal no-
vero Adriano [37]; più scarsi quelli delle officine imperia- me Chio [42], e la testa colossale della statua di culto di
li di L. Vero [38] e delle Oceanae Maiores [39] che attestano Diana [43]. Infine, nell’aula absidata g furono rinvenuti
restauri dell’epoca di Marco Aurelio. statue e ritratti della famiglia imperiale giulio-claudia:
All’angolo orientale del muro Q si addossa una base la statua di Tiberio, il ritratto di Germanico, una base in
in conglomerato cementizio, rivestito con lastre mar- basalto con dedica di Marco Giulio e Marco Accoleio,
moree e con cornici modanate in alto e zoccolo in basso; un’erma bifronte con divinità marine [44].
è probabile che sostenesse un oggetto o una statua e la Molti dei materiali furono portati da Lord Savile Lum­
faccia anteriore doveva recare una decorazione, succes- ley al Museo della città di Nottingham, altri rimasti al
sivamente asportata. principe Orsini furono venduti da lui alla Ny Carlsberg
Glyptotek di Copenhagen e al Museo di Villa Giulia a
Le “celle donarie” Roma; altri ancora furono acquistati dal Museum of Fi-
ne Arts di Boston e dall’University of Pennsylvania
Mentre il colonnato R forse proseguiva lungo tutto il Museum di Philadelphia.
lato settentrionale, quello Z doveva terminare in corri- Le celle sono state nuovamente oggetto di intervento
spondenza dell’ultimo nicchione B. di scavo e restauro da parte della Soprintendenza per i
Tra questo e la prima “cella donaria” da E (f) uno spa- Beni Archeologici del Lazio nel 1999 e nel 2000, che ha
zio di circa m.4 in cui si conserva l’accenno di una volta interessato i vani 1,2, a e b, mentre è tuttora in corso lo
a botte ribassata è molto probabilmente attribuibile alla scavo degli ambienti c-f [45].
parte inferiore di una scala o rampa che metteva in co-
municazione la terrazza inferiore con quella superiore;
dell’arco d’ingresso alla rampa/scala si è rinvenuto il [31]
 Del tetto si è rinvenuta anche parte della carpenteria: chiodi in
crollo del pilone sinistro in blocchi di peperino. ferro e frammenti di travi in abete, un legno apprezzato nell’antichi-
La parte nord-occidentale del recinto sacro del San- tà per la sua resistenza, anche se facilmente incendiabile e tendente
ad essere attaccato dagli xilofagi (Vitr., de arch., II, 9,6).
tuario venne realizzata con un muro continuo in opera [32]
 CIL XV, 134.
incerta, a cui successivamente si addossarono muri di- [33]
 CIL XV, 333.
visori in opera reticolata, che determinarono una serie [34]
 CIL XV, 595 a.
di ambienti paralleli.
[35]
 CIL XV, 713.
[36]
 CIL XV, 354.
Questi vennero scavati tra il 1885 e il 1895, prima da [37]
 CIL XV, 287.
Lord Savile Lumley, ambasciatore inglese a Roma, e [38]
 CIL XV, 737.
successivamente da Luigi Boccanera. Il rinvenimento di [39]
 CIL XV, 367.
statue, erme, vasi marmorei e di numeroso altro mate- [40]
 Guldager Bilde 1995, 206-213.
riale meritò agli ambienti la definizione di “celle dona-
[41]
 Mysteries 1983, 27-30; Pensabene-Sanzi Di Mino 1983, tipi 54-55.
[42]
 P. Guldager Bilde, Chio d (onum) d (edit): Eight Marble Vases from
rie”. the Sanctuary of Diana Nemorensis, in ARID XXIV, 1997, 53-81.
La cella a si rivelò la più ricca per la decorazione mu- [43]
 Guldager Bilde 1995, 196-198.
siva del pavimento e per i materiali che conteneva; nel- [44]
 P. Guldager Bilde, The sculptures from the sanctuary of Diana Nemo-
la cella b si rinvenne un busto marmoreo di Asclepio [40], rensis, types and contextualisation: an overvieuw, in Nemi-Status Quo
2000, 93-109.
che si riteneva non ultimato, per cui la cella venne chia- [45]
 Si è mantenuta l’indicazione in lettere di Lord Savile, mentre per i
mata “l’officina dello scultore”; nella cella c furono tro- vani di cui lo scavatore non fa menzione, pur avendoli perlomeno
vate terrecotte architettoniche costituite da lastre del ti- “svuotati”, si è data una numerazione araba. Gli scavi del 1999-2000

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Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Fig. 9. Ricostruzione delle celle donarie M (disegno S. Sgalambro).

Le celle hanno tutte la stessa profondità, di m. 6 (20


piedi), mentre la larghezza varia da m. 4,20 a m. 5,60.
Si sono potute individuare 3 fasi costruttive (fig. 9):
– una 1° databile alla seconda metà del II sec. a.C.,
con muro di fondo in opera incerta e contrafforti
Fig. 10. La cella 1.
in blocchetti di peperino, posti alla distanza rego-
lare di m. 7 (21 piedi romani), ai quali corrispon-
dono pilastri realizzati nella stessa tecnica, situati
vengono realizzate coperture con volta a botte, tranne
a m.6 (18 piedi) l’uno dall’altro;
che nella cella a, dove si mantiene il tetto con tegole.
– una 2°, della metà I sec. a.C., in cui vengono rea-
La cella e in un periodo ancora da definire, forse
lizzati muri in opera reticolata di basalto ortogo-
ascrivibile alla terza fase, è stata separata a metà nel
nali al muro di fondo e tra loro paralleli;
senso della lunghezza con un tramezzo, per ricavare
– una 3°, della prima metà II sec. d.C., in cui tutti i
una vasca internamente rivestita con intonaco idraulico
muri in opera reticolata vengono foderati in opera
(fig. 11).
mista di reticolato e laterizio; solo nella cella a i
Tra le cosiddette “celle donarie”, la più ricca di statue
muri in opera reticolata vengono tagliati e sostitui­
ed erme è quella denominata a nelle relazioni di scavo
ti con quelli in opera mista per non tagliare il mo-
di Lord Savile Lumley, che la scavò frettolosamente in
saico con l’iscrizione di Servilius (fig. 10).
soli tre giorni nell’agosto 1885, interrompendo subito
Mentre nelle prime due fasi la copertura è da ipotiz-
zarsi con un tetto ligneo ad uno spiovente, decorato,
nella seconda fase, con le antefisse triangolari con testa sono stati seguiti con la collaborazione dei Dott.ri E. Nicosia e P.C.
di Diana e con le lastre tipo Campana, nella terza fase Innico, quelli in corso sono seguiti dalla Dott.ssa A. Palladino.

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Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

Fig. 11. Pianta delle celle donarie (disegno e rilievo di M. Marchetti).

dopo i lavori (successivamente ripresi da Luigi Bocca-


nera nel 1887), forse per dissidi con il principe Orsini,
proprietario dei terreni.
Nel 2000 la cella è stata nuovamente scavata e i muri
e il pavimento a mosaico restaurati.
Questo è decorato con un tappeto centrale costituito
da file regolari di rombi bianchi su fondo nero, circon-
dato da un bordo costituito da girali neri fuoriuscenti
da crateri e anfore su fondo bianco [46]
Vicino all’ingresso, inquadrato da due colonne lateri-
zie ricoperte da intonaco rosso scanalato, un cartiglio
rettangolare reca l’iscrizione dedicatoria del liberto M.
Servilio Quarto, che eseguì abbellimenti alla cella: M.
Servilius Quartus alam expolit et …/ et quae intus posita
sunt Dia[nae].
Il pavimento, realizzato verso la metà del I sec. a.C.,
secondo la datazione più diffusa, venne grossolanamen­ Fig. 12. Il pavimento a mosaico della cella a (disegno e rilievo di S. Sgalambro).
te restaurato in età antica, inserendo un’integrazione a
tessere bianche poco accurata [47 (fig. 12).
All’interno della cella si trovarono statue ed erme,
databili al periodo giulio-claudio, forse ammucchiate
nell’ambiente per preservarle; si tratta di personaggi di [46]
 Per il tappeto musivo a quadretti bianchi su fondo nero i confron-
varia estrazione sociale che in qualche modo si adope- ti sono numerosi, con esemplari laziali (Ostia, domus a peristilio, An-
rarono per abbellire il Santuario. zio, villa repubblicana del Faro, Roma, Casa di Livia sul Palatino) e
pompeiani (Casa di Cecilio Giocondo, Casa con portico di tufo), tutti
In particolare si rinvennero un’erma e una statua di databili fra la metà del I sec. a.C. e la metà del I sec. d.C., mentre per
una donna di rango elevato, Fundilia Rufa, un’erma di il motivo dei girali con foglie d’edera, che rientra nel II stile dei mo-
C.Aninius Rufus, questore di Aricia, una statua di Fundi- saici pompeiani, i confronti più significativi sono ancora con la Casa
lius Doctus, che si definisce parasitus di Apollo, un’erma di Cecilio Giocondo (anche per i kantharoi) e, sempre a Pompei, con
la Casa degli amorini dorati, di Trittolemo e del marinaio, di età tar-
del retore Q. Hostius Capito e una della giovane liberta
do-repubblicana, in cui però sono assenti sia kantharoi che anfore (S.
Staia Quinta. Succi, tesi di laurea sul corpus dei mosaici del Lazio, inedita).
Nella stessa aula si rinvennero un ritratto femminile [47]
 NSA 1885, 317-321.
giovanile, uno di donna anziana e un ritratto di giovane [48]
 F. Poulsen, Nemi Studies, in Acta Archaeologica, 1941; F. Poulsen,
uomo con corona; provengono forse da questo stesso Catalogue of Ancient Sculptures in the Ny Carlsberg Glyptotek, 1951;
M.G. Granino Cecere, Nemi: l’Erma di C. Norbanus Sorex, in Rend
ambiente le erme marmoree di Norbanus Sorex, M. Bola- Pont Acc., LXI, 1988-89 (1990), 131-151; H.S. Roberts, Le status social
nus Canuleius e L.Faenius Faustus [48]. des acteus à Rome au temps de Tibère, in Cahiers du Gita, 9, 1996, 169-
Le pareti dell’ala erano decorate con una pittura a 186. P. Gulgager Bilde-M. Moltesen, in Diana 1997, 141-146.

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Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

finte architetture, costituita da esili colonne bianche su zio, alto 8,40 piedi (m. 2,52) con modanatura inferiore a
sfondo rosso che incorniciano piccoli quadretti [49]. cyma reversa e, al di sopra, cortina in opera reticolata,
Le indagini condotte hanno riportato alla luce anche conservata sul lato settentrionale per un’altezza di circa
altri due vani, scavati da Lord Savile Lumley ma non 6 metri.
menzionati nella sua pubblicazione, indicati come am- Si è inoltre rinvenuto un capitello d’anta in stile co-
bienti 1 e 2, per distinguerli da quelli pubblicati, in cui rinzio, databile al I sec. a.C. [53]
si sono rinvenuti numerosi materiali archeologici fram- Un altro sondaggio è stato condotto nel 1996, ripor-
mentari e pertanto lasciati sul posto dagli scavatori, tra tando alla luce il lato settentrionale del podio, già sca-
cui antefisse triangolari con testa di Diana [50], lastre fitti- vato da Lord Savile [54] costituito da una gradinata in
li con racemi e Diana che sorregge tralci [51], un piccolo blocchi squadrati di peperino e all’interno dell’edificio,
“tesoretto” costituito da alcuni assi della serie della pro- rinvenendo una piccola porzione di pavimento in coc-
ra, nonché frammenti di ceramica databile alla prima ciopesto, probabilmente attribuibile alla fase di età im-
età imperiale. periale.
Alcuni frammenti di lastre fittili sono stati rinvenuti Gli scavi condotti in passato hanno riportato alla luce
reimpiegati come riempimento al di sotto della soglia capitelli dorici e rocchi di colonne [55]; è stato possibile
d’ingresso pertinente alla terza fase (quella di età adria- recuperarne solo uno, scanalato con rivestimento in
nea); il che indica che in questo periodo la decorazione stucco bianco, del diam. di m. 0,84, alto m. 0,90 (fig. 13).
fittile di I sec. a.C., quindi pertinente alla seconda fase, Sondaggi parziali e tuttora da proseguire, avviati
era stata dismessa. nell’autunno 2009, hanno permesso di verificare che la
pianta riportata da Lord Savile Lumley in Wallis [56], no-
Il Tempio K nostante il carattere sommario, corrisponde sostanzial-
mente alla prima fase repubblicana del tempio, in cui
Sulla terrazza inferiore, in posizione piuttosto decen- l’edificio è di tipo molto allungato, misurando m. 37 cir-
trata, un casale moderno ingloba due muri in opera re- ca di lunghezza x 15 di larghezza. In questa fase il tem-
ticolata di peperino appartenenti ad un edificio templa- pio presenta un podio a cyma riversa molto schiacciata
re, già convenzionalmente attribuito a Diana, per il confrontabile con quella del Tempio C (o di Feronia) a
quale è possibile confermare l’appartenenza alla divini- Largo Argentina a Roma. In una seconda fase, all’edifi-
tà, sulla scorta degli scavi più recenti (2009-2010). cio venne cambiato l’orientamento, spostando l’ingres-
Su tale identificazione si nutrivano perplessità per il so sul lato orientale e addossandovi un podio di m. 8,40,
posizionamento decentrato rispetto al complesso sacro
e per la pianta diversa da quella descritta da Vitruvio [52],
secondo il quale il tempio avrebbe dovuto avere cella [49]
 Le pareti non sono ancora state restaurate e, per quanto è possibi-
trasversale, ossia più larga che lunga, e pronao spor- le vedere attualmente, sembra che le pitture possano attribuirsi al
terzo stile.
gente. Le recenti indagini hanno evidenziato un edificio [50]
 Si tratta dei tipi conservati presso il Museo Nazionale di Roma
che ha avuto tre fasi costruttive, databili tra la fine del (Pensabene-Sanzi Di Mino 1983).
IV - inizi III sec. a.C. e la fine del I sec. a.C. Gli scavi [51]
 Mysteries 1983, 33-35.
condotti nel 1992 hanno riportato in luce quella che si è [52]
 “Rispettando le stesse proporzioni ma con delle varianti si costruiscono
rivelata essere l’ultima fase, in cui il tempio era costrui- anche altri tipi di templi, come quello di Castore nel Circo Flaminio e quello
di Veiove tra i due boschi sacri, o quello di Diana Nemorense che presenta
to da un edificio di tipo canonico, di m. 35 (lunghezza un’aggiunta di colonne a destra e a sinistra del pronao…Le loro proporzioni
conservata) x 28,80 (larghezza) con alto podio rivestito sono le stesse. Le celle infatti hanno una lunghezza doppia della larghezza;
in opera quadrata, pareti in opera reticolata, colonne in le parti che solitamente stanno sulla fronte sono trasferite lateralmente”. (de
peperino rivestite di intonaco bianco, capitelli di ordine arch., 8, IV, trad. L. Mingotto, Pordenone 1990).
[53]
 Ghini 1993, 287-288, fig. 14.
dorico e corinzio in corrispondenza delle ante della cel- [54]
 P. Guldager Bilde, in Diana 1997, 23-25, fig. 11.
la con un podio in opera quadrata di peperino con dia- [55]
 Morpurgo 1903, 310.
toni e ortostati che rivestono il conglomerato cementi- [56]
 Wallis 1891.

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Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

schere, statuine di offerenti, animali, monete, ceramica


a vernice nera, balsamari, lucerne, frecce in bronzo.
I materiali rinvenuti in quelle occasioni si trovano in
gran parte al Castle Museum di Nottingham e, in misu-
ra minore, al Museo di Villa Giulia a Roma [58].
Una quantità limitata, forse proveniente da scavi
successivi, si trova al Museo delle Navi Romane di Ne-
mi; si tratta di statue ammantate, mezze statue, piedi,
mani, animali, statuine.
Sia le mezze statue, dalla fattura piuttosto rozza, con
impasto bruno, sia gli altri ex-voto rientrano nella diffu-
sa datazione delle stipi repubblicane di IV-II sec. a.C.
Limitate indagini condotte dalla Soprintendenza per
i Beni Archeologici del Lazio a circa m. 40 ad E del Tem-
pio K hanno riportato alla luce un muro a blocchi squa-
drati di peperino e materiale votivo frammentario, pro-
Fig. 13. L’area del tempio di Diana durante la campagna di scavo 2011.
babilmente quanto rimaneva di una delle stipi votive
scavate nel XIX secolo, costituito da balsamari, cerami-
profondo m. 2,60 (misura verificabile allo stato attuale), ca a vernice nera, anatomici e animali.
per realizzare il quale vennero riutilizzati i blocchi Dalla terrazza centrale provengono altri oggetti mi-
squadrati di peperino a bugnato rustico del precedente niaturistici di epoca arcaica, costituiti da tazzette, roc-
edificio. Si tratta del tempio a cella trasversale descritto chetti, fuseruole e piccoli oggetti esacuspidati (trottole,
da Vitruvio. rocchetti?) attestati nel nord-Italia [59].
In una terza fase il tempio venne allargato, raggiun-
gendo la larghezza di m. 28,80 e la lunghezza (conser-
vata) di m. 35, cambiando nuovamente l’orientamento La terrazza superiore
e realizzando l’elevato in buona opera reticolata di pe-
perino attualmente inglobato nel successivo casale. Si Indagini condotte a partire dal 2003 sulla terrazza su-
tratta dei resti rinvenuti nei sondaggi 1992-1996. Sia periore, a seguito di prospezioni geomagnetiche [60],
hanno confermato l’ipotesi avanzata fin dal XIX secolo
nella prima che nella seconda fase il tempio presentava
che il Santuario si estendesse anche a quest’area; i re-
frontoni con una decorazione architettonica fittile.
centi scavi hanno riportato alla luce una struttura absi-
Alla luce delle indagini tuttora in corso è possibile
data con funzione di ninfeo, della lunghezza di m. 25,
sin d’ora formulare una rilettura dell’edificio, di cui si
esporranno i risultati in una prossima pubblicazione. [57]
 NSA 1885, 159, 192, 254.
[58]
 Mysteries 1983, 46-67.
[59]
 I primi oggetti trovano confronti con quelli pubblicati da P.G. Gie-
Le stipi votive row, The iron age Culture of Latium.II.Excavations and finds, Lund 1964,
363, provenienti da un’area non esattamente identificabile del ver-
sante settentrionale della conca del lago; per gli oggetti a sei punte il
Gli scavi condotti da Lord Savile Lumley nel 1885 sia confronto più pertinente è con analoghi materiali (con foro passante
davanti al Tempio K, sia in trincee sparse nella terrazza e quindi sicuramente con funzione di fuseruola) conservati presso il
centrale del Santuario, come anche quelli condotti suc- Museo Archeologico di Este e provenienti da una necropoli estense
datata tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI sec. a.C.
cessivamente dal Boccanera [57] portarono alla luce una
(NSA 1922, 30); si veda anche C. Metzner-Nebelsick, Tenerne Stecker
quantità notevole di ex-voto in terracotta e bronzo costi- - “magiche” Gegenstande?, in Xrònos, 1997, 577-599.
tuiti da teste, mezze teste, mani, piedi, visceri, uteri, ma- [60]
 Piro 2006.

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Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

con raggio di m. 12,50, sovrapposta ad una precedente be appartenere ad un altro terrazzamento, finora non
vasca circolare e una serie di ambienti in opera reticola- ancora indagato.
ta, disposti su vari livelli [61] (fig. 14). Ad E di queste strutture si è rinvenuta un’area priva
Il ninfeo, i cui muri si sono conservati per un’altezza di costruzioni, caratterizzata dalla presenza di un ter-
di poco più di 1 m., doveva avere una decorazione in- razzamento costituito da massi non lavorati, con anda-
terna a lastre marmoree, di cui si è rinvenuta solo l’im- mento N-S, al quale si addossa uno strato contenente
pronta, mentre i cinque ambienti rinvenuti su un ter- materiali ceramici inquadrabili nell’età del bronzo finale
razzamento intermedio dovevano avere pavimenti a e materiale vegetale carbonizzato, che rimanda allo stes-
mosaico (se ne sono rinvenute solo le tessere sparse), so arco cronologico [62]; anche se i materiali ceramici non
pareti intonacate con finte concrezioni e probabilmente sono di natura votiva [63], la loro posizione, insieme alla
ingressi colonnati. presenza di resti di piante carbonizzate, fa pensare ad
Questi ambienti sono conservati per un’altezza mas- un’area rispettata e volutamente non costruita per man-
sima di circa 3 metri. tenere la memoria di un luogo sacro, forse il lucus citato
Tra questi e la terrazza inferiore si trova un muro con da Catone [64]. L’ipotesi sembra avvalorata dalla presen-
una canaletta di scolo per le acque e quella che appare za, immediatamente a S di quest’area, di una struttura
come la copertura a volta di una rampa, la cui posizione quadrata delimitata da bassi muretti, internamente pa-
corrisponde allo spazio intermedio tra il primo dei nic- vimentata in tasselli di laterizio, con foro di scolo, che
chioni B e l’ultima delle celle donarie M; dovremmo potrebbe identificarsi con l’alloggiamento dell’albero
quindi trovarci di fronte alla rampa/scala di comunica- “sacro”, da cui l’aspirante rex nemorensis doveva stacca-
zione tra la terrazza inferiore e quella superiore. In que- re il ramo di vischio (il “ramo d’oro”) [65] (fig. 16).
sto punto la rampa doveva piegare verso O e passare al
di sotto di un arco, del quale si sono rinvenuti i piloni in
opera cementizia (m. 1,80 di lato) (fig. 15), per condurre
verso l’area centrale della terrazza; qui, ad una quota
leggermente superiore, si conserva una struttura in
opera cementizia, rivestita in opera incerta, che potreb-

Fig. 15. Terrazza superiore: i due pilastri.

[61]
 Ghini 2006; Diosono 2006.
[62]
 Bruni-Calderoni 2009.
[63]
 Si tratta di ciotole, scodelle, catini, olle, boccali, un bollitoio.
[64]
 Cato, Origines, fr. 58.
[65]
 È nota la problematica religiosa legata alla successione cruenta del
Fig. 14. Veduta aerea delle terrazze durante lo scavo 2007 (elaborazione F. Dio- rex nemorensis, ampiamente trattata in J. Frazer, Il ramo d’oro, Roma
sono). 1970; anche a Gabii, al Santuario di Giunone nell’area del lucus esiste

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Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

te la planimetria e l’interpretazione del santuario; di


esse è stata finora edita una breve sintesi [67], mentre è
attualmente in corso lo studio delle strutture emerse e
dei materiali rinvenuti, in vista della prevista realizza-
zione di una monografia sul sito che contenga tutti i
nuovi dati a disposizione [68].
Le fasi edilizie finora emerse appartengono tutte al
periodo compreso tra la monumentalizzazione del san-
tuario, già datata nel corso del II secolo a.C., e l’età an-
tonina; i materiali, invece, testimoniano uno spettro
cronologico più ampio, che inizia (oltre alle testimo-
nianze databili tra Neolitico e Bronzo Finale) con spora-
dici materiali di età arcaica per interessare per la mag-
gior parte il periodo tra la media e soprattutto la tarda
Fig. 16. Terrazza superiore: alloggiamento per albero sacro (?). Nel riquadro a
destra, particolare dell’opera quasi reticolata all’interno, in quello di sinistra
età repubblicana e la prima età imperiale, con un suc-
particolare del rivestimento del fondo. cessivo picco in età antonina per poi ridursi di nuovo
ad attestazioni di quantità modesta per l’epoca tardo-
antica. Proprio in questo periodo, l’area è stata proba-
Le strutture della terrazza superiore sono databili, bilmente oggetto di uno spoglio sistematico dei mate-
come le altre, tra la fine del II sec. a.C. e il II d.C. riali architettonici e di pregio, testimoniato anche dalla
Questi ritrovamenti, tuttora in corso di studio, con- presenza di una calcara a fossa terragna in una delle
fermano che il Santuario di Diana aveva un’estensione terrazze superiori; le frane di grandi massi basaltici
molto superiore a quella finora nota, stimata in circa 4 staccatisi dalla costa a NE del santuario hanno ancor
ettari, che occorre per lo meno raddoppiare, alla luce più deteriorato nei secoli successivi strutture già com-
degli ultimi rinvenimenti. promesse. Un probabile ulteriore spolio del sito è collo-
cabile tra il XII e il XIII secolo [69]; ad esso seguirono il
Giuseppina Ghini completo abbandono e la riconversione di tutta l’area
alla coltivazione agricola, che la contraddistingue in
gran parte ancora oggi.
Gli scavi 2003-2008 La struttura più rilevante venuta alla luce nel corso
degli scavi 2003-2008 è senz’altro il ninfeo (fig. 17) posto
Gli anni 2003-2008 hanno visto, per la realizzazione a NE rispetto alla terrazza inferiore del santuario e co-
di attività di scavo e ricerca nell’area del santuario di
Diana Nemorense, la collaborazione tra l’Università di un alloggiamento più grande degli altri, riservato all’albero sacro
Perugia e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del (Coarelli 1987). L’identificazione proposta della struttura muraria
Lazio, con cinque campagne svoltesi sotto la direzione con l’alloggiamento dell’albero sacro, sarebbe avvalorata da un rin-
scientifica di Filippo Coarelli e Giuseppina Ghini ed il venimento analogo a Roma sul Celio sotto la Basilica Hilariana, rife-
rito da Carlo Pavolini all’albero sacro di Attis (C. Pavolini, Archeolo-
coordinamento di chi scrive. Le operazioni hanno inte-
gia e topografia della Regione II (Celio). Un aggiornamento sessant’anni
ressato una vasta area di terrazzamenti antichi a NE ed dopo Colini, in LTUR, suppl. III, Roma 2006, 77-80).
a quota assai più alta rispetto a quanto finora noto per [66]
 Piro 2006.
le strutture del santuario, prendendo le mosse dagli esi- [67]
 Ghini 2006; Diosono 2006.
ti di un’indagine geofisica svoltasi nella terrazza supe-
[68]
 Nel 2009 le ricerche si sono spostate nella terrazza inferiore ed
hanno interessato il tempio; i risultati, che comprendono le fasi più
riore [66]. Tali indagini, pur parziali dato che motivi tec- antiche del tempio ed una dedica a Diana, sono in fase di studio e
nici e logistici impediscono lo scavo in estensione di saranno inseriti in un secondo volume monografico.
tutto il complesso, hanno portato a rivedere interamen- [69]
 Ghini 1993, 285.

131
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Le tecniche edilizie utilizzate ed i materiali ceramici


ad esse associati portano a fissare per questa prima fase
una cronologia nell’ambito della seconda metà del II se-
colo a.C. La vasca circolare presenta una profondità di
circa 2 m ed era realizzata in opera cementizia contro
terra. L’ipotesi di considerare tale bacino come a cielo
aperto si deve alla presenza di malta idraulica non solo
sulle pareti interne ma anche sulla cresta del muro stes-
so. P. Braconi ha recentemente presentato [70] questa va-
sca circolare come esempio di opus signinum nell’acce-
zione più corretta della definizione vitruviana di tale
opera edilizia, per il suo essere realizzata interamente
in cementizio con un cordolo in cocciopesto che corre
lungo tutta la parte inferiore della parete nel punto in
cui essa si raccorda col fondo. In tale cordolo è inserita
anche una fistula di piombo, ancora in situ, per svuotare
la struttura dall’acqua scaricandola a valle (fig. 18).
L’alimentazione di questo bacino poteva avvenire at-
traverso una fonte, ora probabilmente prosciugata (al-
tre sono note nei pressi), ma anche con le acque meteo-
riche, essendo appunto esso a cielo aperto. Infine, sulla
base delle indagini geomagnetiche è stata individuata
sul fondo della vasca, in posizione centrale rispetto
all’asse NE-SO della circonferenza ma avanzata verso il
settore O, una struttura quadrangolare leggermente ri-
Fig. 17. Rilievo generale del ninfeo (elaborazione in autocad di M. Marchetti).
levata rispetto al piano, portata parzialmente alla luce
attraverso l’asportazione concordata di una piccola
stituito, nella sua fase imperiale, da tre terrazzamenti di porzione del fondo dell’esedra alto-imperiale sovra-
cui il centrale aveva funzione di raccordo tra gli altri stante. È stato ipotizzato che tale struttura, rasata per la
due ben più monumentali. costruzione del successivo ninfeo, potesse servire come
Tale struttura nella sua parte superiore presenta due base (forse per una statua), a confermare la valenza sa-
fasi edilizie assai diverse fra loro ma accomunate dalla cra oltre che idraulica che tale vasca doveva rivestire
posizione e dal persistere della funzione idraulica. Del- all’interno del santuario.
la prima fase resta un bacino circolare a cielo aperto, di Il bacino circolare è stato sostituito, in età giulio-clau-
cui è stata riportata alla luce solo parte della metà occi- dia, da una grande esedra con sviluppati prolungamen-
dentale, un muro di terrazzamento in opera quasi reti- ti laterali; la sua costruzione, basata sullo studio dei
colata prospiciente al bacino e noto attualmente per materiali ceramici contenuti nei livelli sottostanti, è sta-
un’estensione di 28 m, oltre ad un secondo muro, assai ta ipotizzata come avvenuta nell’arco cronologico tra il
mal conservato, realizzato nella stessa tecnica ed inseri- principato di Tiberio e quello di Nerone [71]. L’esedra co-
to nelle posteriori strutture della terrazza inferiore del stituisce la parte terminale, posta a quota più alta, di un
successivo ninfeo. Va sottolineato che il muro di terraz- monumentale ninfeo a terrazze, che ha visto succedersi
zamento mostra un andamento ruotato a NE rispetto
alle strutture successive, dato che ha fatto ipotizzare che
tale prima fase presentasse un orientamento diverso ri-  Braconi 2009, 373 e 380, figg. 1 e 2.
[70]

spetto alla seconda ed ai successivi rifacimenti di essa.  Ghini 2006, 190; Diosono 2006, 192-193.
[71]

132
Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

Davanti all’esedra si trova un grande ambiente ret-


tangolare che per motivi logistici finora non è stato pos-
sibile indagare e del quale, dunque, si conosce il peri-
metro ma non la funzione all’interno del complesso.
Ad ovest di esso si trova un settore rettangolare più
stretto suddiviso in tre ambienti, di cui il centrale è sta-
to identificato come una scala o una rampa che condu-
ceva allo stretto terrazzamento sottostante per il rinve-
nimento di quattro strati sovrapposti di preparazione
addossati al muro e con una accentuata pendenza verso
il basso. Tale scala subì, inoltre, un rifacimento in epoca
adrianea, che comportò il suo innalzamento di livello.
Questo settore va poi, in concomitanza alla costruzione
dell’esedra del ninfeo, ad obliterare il muro di terrazza-
mento in fase con il bacino tardorepubblicano, mentre
un nuovo muro di terrazzamento in opera reticolata è
realizzato poco più a valle, in asse con tutto il resto del
ninfeo (fig. 19).
Tale muro fa da fondo alla terrazza intermedia del
ninfeo, la più danneggiata dai lavori agricoli che si sono
succeduti nell’area. Essa era costituita inizialmente da
tre ambienti analoghi ed in asse rispetto a quelli sopra-
stanti, i quali furono, in momenti successivi, ulterior-
mente suddivisi fino a costituire una batteria di 7 picco-
li vani. La funzione di questi ambienti, i cui muri sono
tutti regolarmente perpendicolari rispetto al muro di
terrazzamento e stretti tanto da non far ritenere che so-
Fig. 18. La parete interna del bacino, con tracce del rivestimento in malta idrau-
lica, cordolo di cocciopesto sul fondo e fistula plumbea.

numerosi interventi edilizi, parallelamente al resto del-


le strutture note nel santuario, i quali non ne hanno mai,
però, modificata la natura originaria legata all’acqua.
L’esedra è stata completamente costruita in opera ce-
mentizia contro terra e, data l’assenza di cordolo idrau-
lico, si ritiene che fosse rivestita al suo interno con lastre
di marmo. All’estremità del braccio settentrionale si
trova un pozzetto per svuotare la struttura dall’acqua,
con pareti in opera reticolata, in cui sono inseriti coppi
a fare da pedaliere, e copertura voltata di mattoncini;
sul fondo si trova ancora la fistula di piombo. Il lungo
muro NE-SO che costituisce la fronte dell’esedra è stato
in seguito rinforzato al suo esterno da una controscarpa Fig. 19. La terrazza intermedia del ninfeo costruita addossata al muro di terraz-
sotterranea di grandi massi basaltici. zamento repubblicano.

133
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Gli ambienti 1 e 5 nella loro ultima fase edilizia appaio­


no speculari e simmetrici; entrambi presentano sul lato
esterno un muro in opera cementizia privo di rivesti-
mento con all’interno tre alte nicchie, alcune delle quali
conservano ancora i tubuli in ceramica da cui fuoriusci-
va acqua (fig. 20). Il crollo di uno di tali muri ha restitui­
to frammenti di terrecotte architettoniche tardorepub-
blicane che erano state impastate insieme alla calce.
L’apertura di tali due ambienti verso valle era probabil-
mente scandita da colonne in laterizio, di cui sono stati
rinvenuti numerosi elementi.
Il muro divisorio tra gli ambienti 1 e 2 (fig. 21) era
inizialmente costituito da un basso zoccolo in reticolato
sormontato da tre pilastri di diversa grandezza in bloc-
chetti; in seguito lo spazio tra tali pilastri viene tampo-
nato con murature che presentano blocchetti verso
Fig. 20. I Tubuli per l’acqua all’interno della nicchia dell’ambiente 5.
l’ambiente 2 ed una facciata grezza in cementizio verso
l’ambiente 1.
stenessero volumi notevoli, è tuttora ignota, anche se Gli ambienti 2 e 3 sono entrambi caratterizzati, nella
pare probabile che almeno uno di essi fungesse da scala seconda fase, da quattro semipilastri quadrangolari ad-
di raccordo con la terrazza sottostante. dossati a coppie in maniera simmetrica su ogni lato lun-
Più a valle, un secondo e più imponente muro di ter- go; dell’ambiente 3 si conserva ancora parte della volta
razzamento, caratterizzato anch’esso da almeno due in crollo. Essi dovevano probabilmente presentare un
fasi (di cui una con opera reticolata a vista), fa da sfon- pavimento in mosaico caratterizzato da tessere bianche
do alla terrazza inferiore del ninfeo, costituita da 5 am- e nere. La decorazione parietale degli ambienti, rico-
bienti di dimensioni diverse tra di loro, conservati per struibile parzialmente in relazione al rifacimento di età
un alzato massimo di circa 3 m. Tali ambienti conosco- adrianea che caratterizza l’ambiente 3, prevedeva l’in-
no almeno quattro fasi edilizie successive alla loro rea-
lizzazione; purtroppo esse sono individuabili solo sulla
base delle tecniche murarie ed ai rapporti che intercor-
rono tra di loro e non sono invece analizzabili dal punto
di vista stratigrafico, in quanto l’area è stata del tutto
sconvolta dai lavori agricoli, dagli scavi ottocenteschi e
dal successivo abbandono, la cui conseguenza è stata la
perdita di tutta la decorazione parietale e pavimentale
(di cui restano solo frammenti) ed il parziale crollo del-
le stesse murature. Tutti questi interventi sono comun-
que attribuibili al periodo che va dall’età tardo-repub-
blicana a quella adrianea, con scarse tracce risalenti ad
epoche successive. Resta, dunque, incerta l’architettura
della terrazza inferiore del ninfeo nelle sue prime fasi
edilizie, mentre è chiaro che nell’ultima fase essa dove-
va apparire costituita dai tre vani centrali, probabil-
mente chiusi in epoca posteriore sul davanti, mentre
nei due laterali sono individuabili dei grandi fontanili. Fig. 21. Il muro che separa gli ambienti 1 e 2 della terrazza inferiore del ninfeo.

134
Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

serimento nelle pareti, dipinte a colori vivaci, di conchi- no riportato alla luce uno stretto ambiente voltato, in-
glie marine, decorazione particolarmente utilizzata nei terpretabile come una scala di raccordo con il settore
ninfei [72]. sottostante. A monte di questo corre un muro di terraz-
L’ambiente 4, infine, il più danneggiato in epoca re- zamento in opera reticolata non parallelo alle strutture
cente, è stato prima al suo interno rivestito da una se- inferiori ma maggiormente orientato a NE, al quale a S
conda muratura in reticolato, che ne ha diminuito l’am- è perpendicolare un altro muro analogo che presenta
piezza, e poi chiuso verso l’esterno in epoca adrianea. all’esterno un’ampia canalizzazione in lastre di peperi-
Nel complesso, il monumentale ninfeo nella sua fase no dall’accentuata pendenza, forse di riutilizzo rispetto
iniziale rimanda al tipo ad esedra semicircolare di pri- ad una fase precedente. A N della scala sono invece ve-
ma età imperiale [73], con una successiva monumentaliz- nuti alla luce due ampi e massicci pilastri quadrangola-
zazione di tipo scenografico a terrazze di età imperiale
avanzata, con i cinque ambienti sottostanti risistemati a
formare la facciata monumentale del ninfeo sul suo li-
vello inferiore [74].
Il ninfeo, pur trovandosi del tutto inserito nel comples-
so del santuario, doveva, per il suo diverso orientamento
rispetto a tutta l’area sottostante, di fatto rappresentare
un settore a parte rispetto ad esso sia dal punto di vista
architettonico-topografico che, forse, anche religioso. Ciò
è suggerito anche dal fatto che il ninfeo si trovi orientato
molto più a NE rispetto all’asse centrale su cui è imposta-
to il santuario a partire dalla sua monumentalizzazione
tardorepubblicana; inoltre, allo stato attuale non è stato
possibile individuare alcun percorso di collegamento
materialmente evidente che collegasse l’area del ninfeo
con quella delle sottostanti terrazze del santuario.
Queste considerazioni hanno condotto ad attribuire
al ninfeo un culto secondario connesso all’acqua e dedi-
cato ad una divinità diversa da Diana, ma comunque
legata a questa nell’ambito del mito del santuario stes-
so, verosimilmente da identificarsi con la ninfa Egeria,
il cui culto a Nemi è citato in varie fonti letterarie [75].

L’unica struttura antica finora individuata nell’inter-


vallo di spazio tra il ninfeo e l’area sottostante è rappre-
sentata da un grosso muro di terrazzamento in cemen-
tizio, totalmente spostato ad O rispetto all’asse del nin-
feo e sul quale insiste attualmente un annesso agricolo
moderno (fig. 22). Lo scavo alle spalle di tale muro ha Fig. 22. Il muro di terrazzamento a E della terrazza centrale.
restituito materiali inquadrabili tra II e I secolo a.C. È
probabile che esso sia da mettere in riferimento con [72]
 Neuerburg 1965, 91-97; Lavagne 1990, 131-132.
strutture del santuario non ancora individuate.
[73]
 Sul tale tipo vedi Neuerburg 1965, 54-56; Gros 1996, 225-226.
[74]
 Neuerburg 1965, 74-76; Lavagne 1990, 137.
[75]
 Su tale attribuzione si veda de Minicis 2009, 130-135, nonché, del-
Gli scavi nella terrazza mediana, quella immediata- la stessa autrice, il contributo nella pubblicazione in corso di realiz-
mente al di sopra della terrazza inferiore (fig. 23), han- zazione sul santuario di Nemi.

135
Giuseppina Ghini, Francesca Diosono

Fig. 24. Sul davanti la struttura quadrangolare; alle spalle, gli strati relativi alla
fase dell’Età del Bronzo (scavo 2007).
Fig. 23. Pianta generale dell’area della terrazza centrale del santuario, scavo
2007 (elaborazione in autocad di M. Marchetti).
del Neolitico e, soprattutto, dell’Età del Bronzo Medio e
Recente, forse volutamente risparmiati dalle successive
ri costruiti contro terra e destinati a sorreggere una strutture romane, rispetto alle quali si trovano sulla
struttura finora non individuata. Tra l’area dei pilastri stessa quota. Dello scavo di quest’area sono state recen-
ed il lato settentrionale della scala è stata scavata una temente resi noti i risultati relativi alla campagna del
grande e profonda fossa riempita di materiali edilizi e 2007 [77], mentre i risultati relativi alle campagne succes-
ceramici probabilmente riconducibili ad uno scarico re- sive sono ancora in corso di studio.
alizzato in seguito al terremoto di età adrianea [76]. Al di
sotto della fossa è individuabile un muro che conserva Francesca Diosono
ancora tracce di intonaco rosso e che segue un asse SE-
NO totalmente diverso rispetto alle strutture che lo cir-
condano; in esso è stata riconosciuta una struttura pre- Bibliografia
cedente al terremoto, interrata per la conseguente rico-
struzione dell’area. Braconi 2009 = P. Braconi, Ostracus, astrico e lastrico: i pavimen-
ti in cocciopesto degli antichi e l’opus signinum dei moderni, in
Nella terrazza mediana le strutture si trovano tutte Atti del XIV Colloquio dell’Associazione Italiana per lo
Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM) (Atti
disassate rispetto alla terrazza sottostante; l’unico ele- Convegno Spoleto 2008), Tivoli 2009, 371-383.
mento posto su questo livello e collocato esattamente Brandt, Touati, Zahle 2000 = R. Brandt, M.L. Touati, J. Zahle
sull’asse centrale del santuario è una piccola struttura (edd.), Nemi Status Quo, Roma 2000.
quadrata costruita contro terra e che mostra all’interno Bruni, Calderoni 2009 = N. Bruni, G. Calderoni, Testimonianze
un minimo alzato in opera quasi reticolata. Il fondo è protostoriche al santuario di Diana a Nemi, in G. Ghini (ed.),
rivestito da piccole mattonelle quadrate e tra il fondo e Lazio e Sabina. Scoperte, scavi e ricerche, 5. Quinto Incontro di
Studi sul Lazio e la Sabina (Atti Convegno Roma 2007),
le pareti corre un cordolo in cocciopesto. Le caratteristi-
Roma 2009, 305-310.
che di tale struttura e la sua posizione enfatizzata ri- Cerulli Irelli 1990 = G.Cerulli Irelli (ed.), Pompejanische
spetto al complesso santuariale hanno condotto ad Wandmalerei, Stuttgart / Zürich 1990.
identificarlo come un elemento essenziale nell’ambito Coarelli 1987 = F. Coarelli, I santuari del Lazio in età repubblica-
del culto nemorense, le cui caratteristiche sono, però, na, Roma 1987, 165-185.
ancora in corso di studio (fig. 24).
Importante sottolineare il rinvenimento, proprio alle  Su tale terremoto vedi infra, n. 29.
[76]

spalle di questa piccola struttura, di strati con materiali  Bruni-Calderoni 2009.


[77]

136
Il santuario di Diana a Nemi: recenti acquisizioni dai nuovi scavi

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