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Lipa
© 1996 Lipa Srl, Roma
prima edizione: aprile 1996
seconda edizione: novembre 1996
ottava ristampa: novembre 2014
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
✆ 06 4747770
fax 06 485876
e-mail: info.lipa@lipaonline.org
http://www.lipaonline.org
In copertina:
particolare di Il profeta Giona III,
dipinto di Marko Ivan Rupnik
Premessa................................................................................................ 5
M. I. RUPNIK
La spiritualità dell’amore coniugale.................................. 11
I termini del discorso............................................................................. 12
Conclusione.......................................................................................... 56
S. S. AVERINCEV
Note sul concetto cristiano di famiglia ............................. 59
Che cos’è per la coscienza senza fede la realtà del matrimonio?............. 61
«La perfezione della vita cristiana viene misurata col metro del-
la carità.» (p. 309)
Il significato del femminile e del maschile nella creazione
«L'uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della
solitudine, quanto nel momento della comunione. Egli, infatti, è fin
“da principio” non soltanto immagine in cui si rispecchia la solitudine
di una Persona che regge il mondo, ma anche, ed essenzialmente,
immagine di una imperscrutabile divina comunione di Persone.
In questo modo, il secondo racconto [della creazione dell'uomo]
potrebbe anche preparare a comprendere il concetto trinitario
dell'“immagine di Dio”, anche se questa appare solamente nel primo
racconto. Ciò, ovviamente, non è senza significato anche per la teo-
logia del corpo, anzi forse costituisce perfino l'aspetto teologico più
profondo di tutto ciò che si può dire circa l'uomo. Nel mistero della
creazione - in base alla originaria e costitutiva “solitudine” del suo
essere - l'uomo è stato dotato di una profonda unità tra ciò che in lui
umanamente e mediante il corpo è maschile, e ciò che in lui altret-
tanto umanamente e mediante il corpo è femminile. ... Alla luce
della precedente analisi di tutti i “corpi”, con i quali l'uomo è venuto
a contatto, e che egli ha concettualmente definito dando loro il nome
(“animalia”), l'espressione “carne della mia carne” acquista pro-
prio questo significato: il corpo rivela l'uomo. Questa formula con-
cisa contiene già tutto ciò che sulla struttura del corpo come organi-
smo, sulla sua vitalità, sulla sua particolare fisiologia sessuale, ecc.,
potrà mai dire la scienza umana. In questa prima espressione del-
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loro forza (cioè grazia) del mistero della redenzione. Non sente for-
se l'uomo insieme alla concupiscenza, un profondo bisogno di conser-
vare la dignità dei rapporti reciproci, che trovano la loro espressione
nel corpo, grazie alla sua mascolinità e femminilità? Non sente forse il
bisogno di impregnarli di tutto ciò che è nobile e bello? Non sente forse
il bisogno di conferire loro il supremo valore che è l'amore? ... È im-
portante che egli, proprio nel suo “cuore”, non si senta soltanto irrevo-
cabilmente accusato e dato in preda alla concupiscenza della carne,
ma che nello stesso cuore si senta chiamato con energia. Chiamato ap-
punto a quel supremo valore che è l'amore. Chiamato come persona
nella verità della sua umanità, dunque anche nella verità della sua
mascolinità e femminilità, nella verità del suo corpo.» (p. 193)
«Occorre ritrovare continuamente in ciò che è “erotico” il si-
gnificato sponsale del corpo e l'autentica dignità del dono. Questo è
il compito dello spirito umano, compito di natura etica. Se non si
assume tale compito, la stessa attrazione dei sensi e la passione del
corpo possono fermarsi alla pura concupiscenza priva di valore eti-
co, e l'uomo, maschio e femmina, non sperimenta quella pienezza
dell'“eros” che significa lo slancio dello spirito umano verso ciò che
è vero, buono e bello, per cui anche ciò che è “erotico” diventa ve-
ro, buono e bello. È indispensabile dunque che l'ethos diventi la
forma costitutiva dell'eros.» (p. 198)
«Tuttavia il significato originario e fondamentale di essere
corpo, come anche di essere, in quanto corpo, maschio e femmina
- cioè appunto quel significato “sponsale” - è unito al fatto che
l'uomo viene creato come persona e chiamato alla vita “in
communione personarum”.» (p. 274)
L’amore per la risurrezione dei corpi
«Siccome si parla della risurrezione del corpo, cioè dell'uomo
nella sua autentica corporeità, di conseguenza il “corpo spirituale”
dovrebbe significare appunto la perfetta sensibilità dei sensi, la
loro perfetta armonizzazione con l'attività dello spirito, spirito
umano nella verità e nella libertà.» (p. 285)
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(p. 391)
«Quell'originaria e stabile forma del matrimonio si rinnova quan-
do gli sposi lo ricevono come sacramento della Chiesa, attingendo alla
nuova profondità della gratificazione dell'uomo da parte di Dio, che si
è svelata e aperta col mistero della redenzione, quando “Cristo ha
amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa...” (Ef
5,25-26). Si rinnova quella originaria e stabile immagine del matri-
monio come sacramento, quando i coniugi cristiani - consapevoli del-
l'autentica profondità della “redenzione del corpo” - si uniscono “nel
timore di Cristo” (Ef 5,21). ... Mediante il matrimonio come sacra-
mento ambedue queste dimensioni dell'amore, quella sponsale e
quella redentrice, insieme con la grazia del sacramento, penetrano
nella vita dei coniugi. Il significato sponsale del corpo nella sua masco-
linità e femminilità, che si è manifestato per la prima volta nel mistero
della creazione sullo sfondo dell'innocenza originaria dell'uomo, viene
collegato nell'immagine della Lettera agli Efesini col significato reden-
tore, e in tal modo confermato e in un certo senso “nuovamente crea-
to”.» (p. 394)
L’amore coniugale come liturgia
«[I due] in quel momento in cui sposati l'uno con l'altro, come
marito e moglie, debbono essere “una sola carne”, s'impegnano co-
munemente a rileggere il “linguaggio del corpo” proprio del loro sta-
to, nella sua sorgente divina. In tal modo, il “linguaggio del corpo”
diventa linguaggio della liturgia: viene fissato il più profondamente
possibile, collocato cioè nel mistero del “principio”. ... Si può dire
che attraverso l'uno e l'altro il “linguaggio del corpo”, riletto sia
nella dimensione soggettiva della verità dei cuori umani, sia nella
dimensione “oggettiva” della verità di vivere nella comunione, di-
viene la lingua della liturgia.» (pp. 440-441)
«Tutti e due, come uomo e donna, essendo ministri del sacra-
mento nel momento di contrarre il matrimonio, costituiscono in pari
tempo il pieno e reale segno visibile del sacramento stesso.» (p.
398).
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MARKO IVAN RUPNIK
L
a missione pastorale mi ha portato a dedicarmi ai giova-
ni, soprattutto nell’accompagnamento verso il matrimo-
nio. Oggi osservo queste coppie e, se penso alla serietà
con cui si sono preparate al matrimonio, a come oggi vi-
vono, ai loro bambini, alla responsabilità e generosità verso
la generazione e, soprattutto, se guardo al fatto che sono tan-
te, nel contesto attuale mi sembra quasi inverosimile. Quan-
do ho spiegato il percorso che hanno fatto, che fanno tutto-
ra, ho constatato che molti pensavano che questo apparte-
nesse ad un mondo favoloso, irreale, se non ci fosse la vita di
queste famiglie che parla da sola.
Oggi che mi occupo di teologia e di evangelizzazione nel
mondo contemporaneo, sento la necessità davanti agli stu-
denti di cominciare ad elaborare per scritto ciò che insieme a
tanti giovani che si preparavano al matrimonio e a tante
coppie, delle quali ho avuto la grazia di essere il padre spiri-
tuale, ho potuto imparare e capire. Ritengo molto importan-
te aprire dovunque si può i nessi di comunicazione tra vita,
vita spirituale e teologia. Mi sono sentito incoraggiato a co-
minciare questa riflessione anche perché ho trovato nelle ca-
techesi del Papa una luce teologico-spirituale alle considera-
zioni che stavo facendo su tale esperienza vissuta. È dal suo
insegnamento che si argomentano i passaggi fondamentali di
questa riflessione che venivo sviluppando con il pensiero
teologico orientale.
Sono sempre stato conscio che la questione dell’amore
coniugale è un punto difficile, problematico e sofferto, ma
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TIPICAMENTE UMANO
È TROVARE IL SIGNIFICATO DELLE COSE
Una realtà tipicamente umana è quella di cercare il si-
gnificato delle cose. Non dare il significato, ma cercarlo. Non
possiamo essere noi ad attribuire i significati alle realtà uma-
ne, dato che esse sono create da Dio. Il nostro compito è
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IL PECCATO ORIGINALE
COME DISTRUZIONE DELLA RELAZIONALITÀ
Ora, noi sappiamo che il peccato originale è la distruzio-
ne della relazionalità. È dunque la morte dell'uomo, proprio
perché distrugge la caratteristica del suo nucleo costitutivo.
Il pensiero dell'Oriente cristiano dice che, dopo il peccato
originale, l'immagine di Dio rimane nell'uomo, solo che è
inefficace. Dato che l'uomo non collabora con Dio, che non
c'è sinergia con la grazia divina, l'uomo non può diventare
simile a Dio. Ma l'immagine di Dio nell'uomo non si può
cancellare, perché altrimenti l'uomo non sarebbe. Tuttavia
manca la somiglianza, cioè questo rispondere dell'uomo al-
l'amore di Dio versato in lui e che lo rende simile a Dio nel
pensare con amore, nell'agire con amore, ecc. Questa somi-
glianza non riesce a realizzarsi nel vissuto appunto perché
non si ama, non si esce fuori da se stessi. Il peccato originale
rinchiude l'uomo nella solitudine e lo conduce ad una paura
della morte tale che lo porta ad aggredire l'altro per salvare
se stesso. L'uomo impossibilitato ad uscire da se stesso proiet-
ta sull'orizzonte dell'ego tutto ciò che ha perduto. Costruisce
castelli immaginari per convincersi di vivere in relazione
con le cose, ma in realtà non esce da se stesso e dalle sue fan-
tasie. Ora, un uomo così, rinchiuso in se stesso, che ha perso
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la relazionalità con tutto, con Dio, con gli altri, con sé, con il
mondo, cioè con la creazione, non ha più un rapporto nean-
che con il proprio corpo. Dopo il peccato originale, l'uomo
cambia la relazione verso il suo corpo e lo considera materia,
semplice carne sensibile, preda delle passioni e della concu-
piscenza che impediscono di entrare nel regno dei cieli. In-
vece il corpo è chiamato a diventare pneumatico, spirituale
(cf 1Cor 15,35-53). La carne è la materia inanimata, inerte,
nella quale si aggira la passionalità. Quando l’uomo rompe il
rapporto con il proprio corpo diventato per lui solo materia,
carne, questo atteggiamento contagia anche la mente, che si
rivolge alla carne, cercandovi la propria affermazione. Il cor-
po è invece portatore dell’amore personale, assunto integral-
mente nell’identità che lo Spirito orienta ad una relazione
verso Dio. Il corpo è la materia vivificata dallo Spirito al ser-
vizio dell’amore. Perciò diventa la rivelazione dello Spirito
Santo e la comunicazione dell’amore, e questa è la bellezza.
La bellezza è infatti l’amore incarnato. Questo si vede nell'e-
sperienza dei santi che hanno acquisito la grazia, in virtù del-
lo Spirito, di percepire fin nel loro corpo, con tutti gli organi
sensoriali, la gioia spirituale e che sono stati conformati a ciò
che hanno contemplato.
L'asceta non combatte il corpo, ma la carne. Per salvare
il corpo, deve sradicare da esso l’egoismo che vi si annida.
Perciò la lotta spirituale e l’ascesi portano alla bellezza, ren-
dono le persone belle, perché permettono di vivere sempre
più il proprio corpo come corpo pneumatico, spirituale, luo-
go dell’amore. Il peccato colpisce nel modo più intimo pro-
prio il rapporto maschile e femminile, appunto perché è la
struttura della relazione voluta dal Creatore stesso. Dopo il
peccato, nell'uomo il sesso si risveglia non solo come realtà
non sottomessa allo spirito, ma che lo sottomette, come ele-
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