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sotto il tiglio 1.

Marko Ivan Rupnik


Sergej Sergeevic̆ Averincev

Adamo e il suo costato

Spiritualità dell’amore coniugale

“È il tempo quando fiorisce il tiglio”

Lipa
© 1996 Lipa Srl, Roma
prima edizione: aprile 1996
seconda edizione: novembre 1996
ottava ristampa: novembre 2014

Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
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fax 06 485876
e-mail: info.lipa@lipaonline.org
http://www.lipaonline.org

In copertina:
particolare di Il profeta Giona III,
dipinto di Marko Ivan Rupnik

Stampato a Roma nel novembre 2014 da Abilgraph s.r.l.,


via Ottoboni, 11

Proprietà letteraria riservata Printed in Italy


codice ISBN 88-86517-21-1
INDICE

Premessa................................................................................................ 5

M. I. RUPNIK
La spiritualità dell’amore coniugale.................................. 11
I termini del discorso............................................................................. 12

Tipicamente umano è trovare il significato delle cose............................ 13

Il significato della sessualità nell’ambito della verità antropologica ....... 15

Una breve sintesi antropologica............................................................ 16

Tutto ciò che è umano trova il suo giusto significato


nell’ambito dell’amore........................................................................... 20

Il peccato originale come distruzione della relazionalità........................ 21

Il mistero del costato di Adamo............................................................. 23

Un significato della sessualità................................................................ 25

La sessualità come via per il superamento dell’egoismo ......................... 27

L’amore come profezia, sacrificio, risurrezione........................................ 29

L’amore, via della salvezza...................................................................... 32

L’amore unità realizzata ......................................................................... 33


Il ruolo della sessualità culmina nella verginità ..................................... 36

L’amore coniugale si esprime nella fecondità della famiglia ................... 37

La sessualità simbolo della morte per l’altro........................................... 38

L’amore coniugale innalzato da Cristo a sacramento.............................. 41

Il significato spirituale evita l’idealizzazione della sessualità................... 43

Le tappe della maturazione dell’amore in vista del sacramento.............. 45

Conclusione.......................................................................................... 56

S. S. AVERINCEV
Note sul concetto cristiano di famiglia ............................. 59
Che cos’è per la coscienza senza fede la realtà del matrimonio?............. 61

L’assoluta diversità dell’altro.................................................................. 62

Famiglia e genere umano....................................................................... 68

L’espiazione, la correzione, la giustificazione come concetti chiave


del cristianesimo.................................................................................... 70
R
iportiamo una brevissima antologia dell’insegnamento di Giovan-
ni Paolo II sull’amore umano impartito nelle catechesi del merco-
ledì. Da questi brani, nonostante la loro brevità, emerge tuttavia
l’estrema profondità teologico-antropologica e pastorale. È in que-
sta luce che i due autori impostano la loro riflessione. I testi sono tratti
dalla raccolta pubblicata da Città Nuova / Libreria Editrice Vaticana
dal titolo Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Roma
19923.

«La perfezione della vita cristiana viene misurata col metro del-
la carità.» (p. 309)
Il significato del femminile e del maschile nella creazione
«L'uomo diventa immagine di Dio non tanto nel momento della
solitudine, quanto nel momento della comunione. Egli, infatti, è fin
“da principio” non soltanto immagine in cui si rispecchia la solitudine
di una Persona che regge il mondo, ma anche, ed essenzialmente,
immagine di una imperscrutabile divina comunione di Persone.
In questo modo, il secondo racconto [della creazione dell'uomo]
potrebbe anche preparare a comprendere il concetto trinitario
dell'“immagine di Dio”, anche se questa appare solamente nel primo
racconto. Ciò, ovviamente, non è senza significato anche per la teo-
logia del corpo, anzi forse costituisce perfino l'aspetto teologico più
profondo di tutto ciò che si può dire circa l'uomo. Nel mistero della
creazione - in base alla originaria e costitutiva “solitudine” del suo
essere - l'uomo è stato dotato di una profonda unità tra ciò che in lui
umanamente e mediante il corpo è maschile, e ciò che in lui altret-
tanto umanamente e mediante il corpo è femminile. ... Alla luce
della precedente analisi di tutti i “corpi”, con i quali l'uomo è venuto
a contatto, e che egli ha concettualmente definito dando loro il nome
(“animalia”), l'espressione “carne della mia carne” acquista pro-
prio questo significato: il corpo rivela l'uomo. Questa formula con-
cisa contiene già tutto ciò che sulla struttura del corpo come organi-
smo, sulla sua vitalità, sulla sua particolare fisiologia sessuale, ecc.,
potrà mai dire la scienza umana. In questa prima espressione del-

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

l'uomo-maschio “carne della mia carne”, vi è anche racchiuso un ri-


ferimento a ciò per cui quel corpo è autenticamente umano, e quin-
di a ciò che determina l'uomo come persona, cioè come essere che
anche in tutta la sua corporeità è “simile” a Dio.» (pp. 59-60)
«... ecco un corpo che esprime la “persona”! ... Proprio at-
traverso la profondità di quella solitudine originaria, l'uomo emerge
ora nella dimensione del dono reciproco, la cui espressione - che per-
ciò stesso è espressione della sua esistenza come persona - è il corpo
umano in tutta la verità originaria della sua mascolinità e femmini-
lità. Il corpo, che esprime la femminilità “per” la mascolinità e vice-
versa, manifesta la reciprocità e la comunione delle persone. La
esprime attraverso il dono, caratteristica fondamentale dell'esistenza
personale. Questo è il corpo: testimone della creazione come di un
dono fondamentale, quindi testimone dell'Amore come sorgente,
da cui è nato questo stesso donare. La mascolinità-femminilità è
il segno originario di una donazione creatrice di una presa di coscien-
za da parte dell'uomo, maschio-femmina, di un dono vissuto per co-
sì dire in modo originario. Tale è il significato con cui il sesso entra
nella teologia del corpo.» (p. 75)
«L'uomo appare nel mondo visibile come la più alta espressio-
ne del dono divino, perché porta in sé l'interiore dimensione del do-
no. E con essa porta nel mondo la sua particolare somiglianza con
Dio, con la quale egli trascende e domina anche la sua “visibilità”
nel mondo, la sua corporeità, la sua mascolinità o femminilità, la
sua nudità. Un riflesso di questa somiglianza è anche la consapevo-
lezza primordiale del significato sponsale del corpo, pervaso dal mi-
stero dell'innocenza originaria. Così in questa dimensione si costi-
tuisce il primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmet-
te efficacemente nel mondo visibile il mistero invisibile na-
scosto in Dio dall'eternità. E questo è il mistero della Verità e
dell'Amore, il mistero della vita divina, alla quale l'uomo partecipa
realmente. ... L'innocenza originaria, collegata all'esperienza del
significato sponsale del corpo è la stessa santità che permette all'uo-
mo di esprimersi profondamente col proprio corpo, e ciò, appunto,

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

mediante il “dono sincero” di se stesso. La coscienza del dono con-


diziona, in questo caso, “il sacramento del corpo”: l'uomo si sente,
nel suo corpo di maschio o di femmina soggetto di santità.» (p. 91)
Conseguenze del peccato
«Le parole “ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono na-
scosto” testimoniano un radicale cambiamento del rapporto. L'uo-
mo perde, in qualche modo, la certezza originaria dell'“immagine di
Dio”, espressa nel suo corpo. ... “Ho avuto paura, perché sono nu-
do, e mi sono nascosto” confermano il crollo dell'originaria accetta-
zione del corpo come segno della persona nel mondo visibile. Insie-
me, sembra anche vacillare l'accettazione del mondo materiale in
rapporto all'uomo.» (p. 127)
«La concupiscenza in generale - e la concupiscenza del corpo in
particolare - colpisce appunto questo “dono sincero”: sottrae all'uo-
mo, si potrebbe dire, la dignità del dono, che viene espressa dal
suo corpo mediante la femminilità e la mascolinità, e in certo
senso “depersonalizza” l'uomo facendolo oggetto “per l'altro”.» (p.
143)
«Si deforma così quel reciproco “per”, che perde il suo ca-
rattere di comunione delle persone a favore della funzione uti-
litaristica.» (p. 180)
Chiamata alla salvezza
«L'uomo deve sentirsi chiamato a riscoprire, anzi, a realizzare
il significato sponsale del corpo e ad esprimere in tal modo la libertà in-
teriore del dono, cioè di quello stato e di quella forza spirituali che deri-
vano dal dominio della concupiscenza della carne.» (p. 192)
«Se le forze della concupiscenza tentano di staccare il “lin-
guaggio del corpo” dalla verità, tentano cioè di falsificarlo, la forza
dell’amore invece lo corrobora sempre di nuovo in quella verità, af-
finché il mistero della redenzione del corpo possa fruttificare in essa.»
(p. 478)
«Le parole di Cristo testimoniano che la forza originaria (quindi
anche la grazia) del mistero della creazione diventa per ognuno di

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loro forza (cioè grazia) del mistero della redenzione. Non sente for-
se l'uomo insieme alla concupiscenza, un profondo bisogno di conser-
vare la dignità dei rapporti reciproci, che trovano la loro espressione
nel corpo, grazie alla sua mascolinità e femminilità? Non sente forse il
bisogno di impregnarli di tutto ciò che è nobile e bello? Non sente forse
il bisogno di conferire loro il supremo valore che è l'amore? ... È im-
portante che egli, proprio nel suo “cuore”, non si senta soltanto irrevo-
cabilmente accusato e dato in preda alla concupiscenza della carne,
ma che nello stesso cuore si senta chiamato con energia. Chiamato ap-
punto a quel supremo valore che è l'amore. Chiamato come persona
nella verità della sua umanità, dunque anche nella verità della sua
mascolinità e femminilità, nella verità del suo corpo.» (p. 193)
«Occorre ritrovare continuamente in ciò che è “erotico” il si-
gnificato sponsale del corpo e l'autentica dignità del dono. Questo è
il compito dello spirito umano, compito di natura etica. Se non si
assume tale compito, la stessa attrazione dei sensi e la passione del
corpo possono fermarsi alla pura concupiscenza priva di valore eti-
co, e l'uomo, maschio e femmina, non sperimenta quella pienezza
dell'“eros” che significa lo slancio dello spirito umano verso ciò che
è vero, buono e bello, per cui anche ciò che è “erotico” diventa ve-
ro, buono e bello. È indispensabile dunque che l'ethos diventi la
forma costitutiva dell'eros.» (p. 198)
«Tuttavia il significato originario e fondamentale di essere
corpo, come anche di essere, in quanto corpo, maschio e femmina
- cioè appunto quel significato “sponsale” - è unito al fatto che
l'uomo viene creato come persona e chiamato alla vita “in
communione personarum”.» (p. 274)
L’amore per la risurrezione dei corpi
«Siccome si parla della risurrezione del corpo, cioè dell'uomo
nella sua autentica corporeità, di conseguenza il “corpo spirituale”
dovrebbe significare appunto la perfetta sensibilità dei sensi, la
loro perfetta armonizzazione con l'attività dello spirito, spirito
umano nella verità e nella libertà.» (p. 285)

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

«La glorificazione del corpo, quale frutto escatologico della


sua spiritualizzazione divinizzante, rivelerà il valore definitivo di ciò
che dal principio doveva essere un segno distintivo della persona
creata nel mondo visibile, come pure un mezzo del reciproco comu-
nicarsi tra le persone e un'autentica espressione della verità e dell'a-
more, per cui si costruisce la communio personarum. Quel peren-
ne significato del corpo umano, a cui l'esistenza di ogni uomo, gra-
vato dall'eredità della concupiscenza, ha necessariamente arrecato
una serie di limitazioni, lotte e sofferenze, allora si svelerà di nuovo
in tale semplicità e splendore che ogni partecipante dell'“altro
mondo” ritroverà nel suo corpo glorificato la fonte della libertà del
dono.» (p. 275)
«Il “linguaggio del corpo” riletto nella verità va di pari passo con
la scoperta dell'interiore inviolabilità della persona. Nello stesso
tempo, appunto questa scoperta esprime l'autentica profondità della
reciproca appartenenza degli sposi: la nascente e crescente coscienza
di appartenere a se stessi, di essere destinati l'uno all'altro.» (p.
422)
«La verità dell'amore si esprime nella coscienza del reciproco
appartenersi, che è frutto dell'aspirazione e della ricerca reciproca,
e contemporaneamente questa verità dell'amore si esprime nella
necessità dell'aspirazione e della ricerca che nasce dall'esperienza
del reciproco appartenersi. L'amore esige da entrambi di sorpassa-
re, direi, continuamente la scala di tale appartenenza, cercandone
sempre una forma nuova e più matura.» (p. 431)
L’amore come sacramento
«Cristo afferma che il matrimonio - sacramento dell'origine
dell'uomo nel mondo visibile temporaneo - non appartiene alla
realtà escatologica del “mondo futuro”. Tuttavia l'uomo, chiama-
to a partecipare a questo avvenire escatologico mediante la risurre-
zione del corpo, è il medesimo uomo, maschio e femmina, la cui
origine nel mondo visibile temporaneo è collegata col matrimonio
quale sacramento primordiale del mistero stesso della creazione.»

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

(p. 391)
«Quell'originaria e stabile forma del matrimonio si rinnova quan-
do gli sposi lo ricevono come sacramento della Chiesa, attingendo alla
nuova profondità della gratificazione dell'uomo da parte di Dio, che si
è svelata e aperta col mistero della redenzione, quando “Cristo ha
amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa...” (Ef
5,25-26). Si rinnova quella originaria e stabile immagine del matri-
monio come sacramento, quando i coniugi cristiani - consapevoli del-
l'autentica profondità della “redenzione del corpo” - si uniscono “nel
timore di Cristo” (Ef 5,21). ... Mediante il matrimonio come sacra-
mento ambedue queste dimensioni dell'amore, quella sponsale e
quella redentrice, insieme con la grazia del sacramento, penetrano
nella vita dei coniugi. Il significato sponsale del corpo nella sua masco-
linità e femminilità, che si è manifestato per la prima volta nel mistero
della creazione sullo sfondo dell'innocenza originaria dell'uomo, viene
collegato nell'immagine della Lettera agli Efesini col significato reden-
tore, e in tal modo confermato e in un certo senso “nuovamente crea-
to”.» (p. 394)
L’amore coniugale come liturgia
«[I due] in quel momento in cui sposati l'uno con l'altro, come
marito e moglie, debbono essere “una sola carne”, s'impegnano co-
munemente a rileggere il “linguaggio del corpo” proprio del loro sta-
to, nella sua sorgente divina. In tal modo, il “linguaggio del corpo”
diventa linguaggio della liturgia: viene fissato il più profondamente
possibile, collocato cioè nel mistero del “principio”. ... Si può dire
che attraverso l'uno e l'altro il “linguaggio del corpo”, riletto sia
nella dimensione soggettiva della verità dei cuori umani, sia nella
dimensione “oggettiva” della verità di vivere nella comunione, di-
viene la lingua della liturgia.» (pp. 440-441)
«Tutti e due, come uomo e donna, essendo ministri del sacra-
mento nel momento di contrarre il matrimonio, costituiscono in pari
tempo il pieno e reale segno visibile del sacramento stesso.» (p.
398).

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MARKO IVAN RUPNIK

La spiritualità dell'amore coniugale

L
a missione pastorale mi ha portato a dedicarmi ai giova-
ni, soprattutto nell’accompagnamento verso il matrimo-
nio. Oggi osservo queste coppie e, se penso alla serietà
con cui si sono preparate al matrimonio, a come oggi vi-
vono, ai loro bambini, alla responsabilità e generosità verso
la generazione e, soprattutto, se guardo al fatto che sono tan-
te, nel contesto attuale mi sembra quasi inverosimile. Quan-
do ho spiegato il percorso che hanno fatto, che fanno tutto-
ra, ho constatato che molti pensavano che questo apparte-
nesse ad un mondo favoloso, irreale, se non ci fosse la vita di
queste famiglie che parla da sola.
Oggi che mi occupo di teologia e di evangelizzazione nel
mondo contemporaneo, sento la necessità davanti agli stu-
denti di cominciare ad elaborare per scritto ciò che insieme a
tanti giovani che si preparavano al matrimonio e a tante
coppie, delle quali ho avuto la grazia di essere il padre spiri-
tuale, ho potuto imparare e capire. Ritengo molto importan-
te aprire dovunque si può i nessi di comunicazione tra vita,
vita spirituale e teologia. Mi sono sentito incoraggiato a co-
minciare questa riflessione anche perché ho trovato nelle ca-
techesi del Papa una luce teologico-spirituale alle considera-
zioni che stavo facendo su tale esperienza vissuta. È dal suo
insegnamento che si argomentano i passaggi fondamentali di
questa riflessione che venivo sviluppando con il pensiero
teologico orientale.
Sono sempre stato conscio che la questione dell’amore
coniugale è un punto difficile, problematico e sofferto, ma

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

ho anche sempre sentito che la via di uscita dal tunnel “mo-


ralista” non consiste nel cambiamento delle linee fonda-
mentali dell’insegnamento consolidato dalla Chiesa lungo i
secoli. Perciò ho continuamente cercato nuovi approfondi-
menti, nuovi scorci nella sapienza della vita vera che la
Chiesa possiede e custodisce attraverso la sua storia, convin-
to che lo Spirito Santo dona alla Chiesa la grazia necessaria
per essere in ogni tempo iniziati a quella sapienza che illumi-
na i fedeli nel cammino di santificazione della loro vita.
Vanno quindi riscoperti significati “nuovi”, freschi, che
stanno a monte dell’insegnamento della Chiesa, ma rispetto
ai quali, purtroppo, spesso ci si ferma alla lettera, senza anda-
re a scoprirne la profondità e le motivazioni spirituali.
Questo breve scritto vuole essere solamente l’imposta-
zione teologico-antropologica della questione, per cogliere
il significato della sessualità e dell’amore coniugale nell’or-
dine della salvezza dell’uomo. Rimarrò ancorato all’espe-
rienza sperimentata nella vita delle persone, perciò, a mo-
menti, la riflessione indicherà anche degli spunti pastorali
concreti, senza tuttavia esaurire le diverse problematiche le-
gate al tema, che richiederebbero molto più spazio.

I TERMINI DEL DISCORSO


Questa impostazione ha come suo fondamento la vita
spirituale. Lo scopo è dare una visione globale dalla quale
emergano i nessi tra le diverse realtà trattate, affinché l’argo-
mento rimanga sempre radicato nella vita, unito alla perso-
na, ma allo stesso tempo possa essere oggetto di studio. La
persona è un organismo vivo, perciò ogni sua dimensione va
studiata in questo contesto organico. L’organismo è natural-
mente legato alla vita, la quale viene garantita dallo Spirito
Santo che è datore della vita. Per lo Spirito è tipico racco-

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M. I. RUPNIK

gliere e mantenere nella comunione diverse realtà. Se si af-


fronta la questione dell’uomo in maniera concettuale invece
che a partire da una Persona vivificante - lo Spirito Santo -
che tutto unisce, si finisce per sentire sull’uomo discorsi iso-
lati, sradicati dalla persona stessa, dunque dalla vita.
Nell’affrontare questo argomento, è importante anzitut-
to la terminologia. Oggi, il termine “amore erotico” è così
compromesso che è meglio forse non usarlo. Anche “amore
sessuale” è compreso prevalentemente a livello genitale, bio-
logico. Se invece si parla di “amore coniugale”, una gran par-
te delle persone non è coinvolta, perché o semplicemente
convive, o non ha alcuna intenzione di sposarsi.
Un primo termine qui usato è quello di “sessualità”. Con
questo voglio intendere quella realtà per cui ogni particella
fisica, psicologica e spirituale della persona umana è sessuata.
L'insieme dell'organismo umano e ciascuna delle sue cellule
portano la natura del sesso. Non si può dire cioè che essere
uomo o donna riguarda solo l'aspetto fisico, cosa che si può
constatare direttamente. La sessualità è una sorta di “ontolo-
gia” da cui l'uomo viene marcato.
Tutte le espressioni impiegate in questo articolo, come
“amore coniugale”, “amore erotico”, “amore sessuale”, non
saranno usate nel senso oggi comunemente assunto. Spero
tuttavia che, man mano che saranno impiegate, anche il let-
tore potrà seguire gli approfondimenti del loro significato.

TIPICAMENTE UMANO
È TROVARE IL SIGNIFICATO DELLE COSE
Una realtà tipicamente umana è quella di cercare il si-
gnificato delle cose. Non dare il significato, ma cercarlo. Non
possiamo essere noi ad attribuire i significati alle realtà uma-
ne, dato che esse sono create da Dio. Il nostro compito è

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

quello di scoprirne il significato. Tra l’altro, avviene inevita-


bilmente che i significati dati siano ad un certo punto riget-
tati dagli altri, proprio perché si tratta di espressioni soggetti-
ve. È molto facile sottomettere la realtà alle idee, alle ideolo-
gie, ed è anche molto appagante; il rischio è che si vada
completamente fuori strada. Si tratta invece di cercare, di
trovare il significato. Vjaãeslav Ivanov, un grande poeta e
teologo russo, dice che dobbiamo essere come l'ostetrica,
che aiuta la vita a venir fuori con le sue mani. Occorre esse-
re in grado di dischiudere la realtà, affinché emerga la sua
verità interiore. Anche nell'accostarsi all’uomo nella missio-
ne dell’evangelizzazione, è estremamente importante consi-
derare l'uomo stesso come un simbolo in cui è celato un
profondo significato teologico, divino. Il simbolo è dunque
una realtà di cui il vero significato, quello eterno, si comuni-
ca attraverso una dimensione temporale storica concreta
che è parte integrante della realtà stessa. In questo ambito
dell’uomo come simbolo, cioè come realtà che unisce una
dimensione eterna con una dimensione concreta corporal-
mente definita, va compresa anche la sessualità. Anch’essa è
una realtà simbolica. Il simbolo è infatti come un mantello
cosmico, storico che, in virtù del suo nesso indissolubile con
il mondo eterno, divino, dischiude o comunica il contenuto
vero di una realtà. La sessualità è una dimensione inscindibi-
le dell’uomo; il suo significato va cercato dunque nello stesso
ambito dell’uomo. L’uomo ha un corpo, degli organi. Nasce
allora la domanda su che cosa essi significhino.
O si va fino in fondo a cercare il significato, o si deve
riconoscere che si è accettato quello che altri hanno dato.
Credo, ad esempio, che nel contesto culturale attuale si
possano trovare almeno quattro principali significati dati
alla sessualità. Brevemente:

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M. I. RUPNIK

- uno dei tanti modi per esprimere la relazione, alla


stregua di tanti altri gesti;
- il souvenir di qualche incontro: il ricordo di una va-
canza al mare, di una gita, di un capodanno;
- la sessualità come campo di competizione tra uomo e
donna, dove si misurano le forze tra i sessi;
- un significato consolatorio, di piacere, di godimento
come compensazione di tante scontentezze; un significato
nevrotico di sfogo allo stress, a tante solitudini.
Questi sono i principali significati dati alla sessualità.
Se si accende la televisione, se si leggono i giornali, è diffi-
cile che ne venga fuori una visione diversa, e spesso tali
clichés finiscono per insinuarsi come elementi di turba-
mento in chi vorrebbe scoprire e vivere la sessualità nella
sua verità antropologica.

IL SIGNIFICATO DELLA SESSUALITÀ


NELL'AMBITO DELLA VERITÀ ANTROPOLOGICA
Una volta, in un’intervista, hanno chiesto a Tarkovskij
che cosa fosse per lui l'arte. Ha obiettato che, prima di ri-
spondere alla domanda, si sarebbero dovuti mettere d'accor-
do su chi è l'uomo e su quale sia il senso della sua vita. Den-
tro a questo grande senso si può allora vedere quale sia il po-
sto dell'arte. È proprio così. Non ha senso parlare di sessua-
lità se non si sa chi è l'uomo, dove va e qual è la mèta della
sua maturità. Nella nostra epoca di atomismo, di specializza-
zioni settoriali, dove ognuna di esse afferma la sua verità sen-
za guardare al tutto, occorre di nuovo acquisire uno sguardo
globale capace di “insiemità”. In una visione globale, anche i
risultati delle analisi e i dettagli stessi acquistano il loro giu-
sto posto, il loro senso e il vero peso nell’armonia dell’insie-
me.

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

Pastoralmente è necessario essere molto attenti a non


cadere nel cliché della cultura maggioritaria, quello cioè di
trattare le cose isolatamente, a settori, perché la vita non è
una realtà settoriale, e tanto meno la persona umana. E an-
che se, per una maggior comprensione, isoliamo per un mo-
mento una questione, dobbiamo sempre tener conto dei suoi
nessi con l’insieme. Così si possono aiutare meglio le perso-
ne nell’arte del vivere, dato che nella vita le questioni non si
presentano mai isolate. Talvolta, di questa impostazione par-
cellizzata, ne risentono proprio i corsi di preparazione al ma-
trimonio. Si considera il matrimonio sotto l’ottica sociologi-
ca, psicologica, biologica del sesso, infine sotto quella spiri-
tuale, ma non si aiuta a vedere il nesso di tutto, l'insieme.
Occorre vedere che cosa sia l'uomo e che cosa sia la sessua-
lità dentro a questa ampia visione antropologica. Anche tut-
te le deviazioni sessuali non sono in fondo che una deviazio-
ne antropologica, cioè un considerare la sessualità non nella
sua verità.

UNA BREVE SINTESI ANTROPOLOGICA


Considerando la persona come un organismo vivo,
conviene, anche in questa breve sintesi antropologica,
partire da qualche constatazione legata alla vita della per-
sona per poi comprenderla in un approccio sapienziale,
cogliendone il significato teologico-spirituale.
Da una semplice osservazione dell’uomo, come anche
della storia dell’umanità, possiamo ricavare alcune carat-
teristiche costanti della persona. Ne prendiamo tre: la co-
municabilità, la relazionalità e la creatività, intesa come per-
sonalizzazione, o, come dicevano i Padri, “ipostatizzazione”.
L’uomo non può fare a meno di comunicare. Nell’uomo
c’è una forza intrinseca che lo spinge verso l’altro, verso tut-

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M. I. RUPNIK

to l’esistente, per comunicare con esso. Anzi, nella misura in


cui manca nell’uomo questa attitudine, si constata in lui una
sorta di patologia. La comunicazione è uno dei contenuti più
profondi dell’essere umano. Secondo l’antropologia biblico-
patristica, l’uomo fu creato per mezzo della Parola, quella pa-
rola che Giovanni pone all’inizio di tutto: «In principio era
il Verbo» (Gv 1,1). Come spiega l’esegesi moderna, si tratta
di un Dio che parla, che dialoga, che comunica. Proprio per-
ché è un Dio della Parola, anzi, proprio perché il Verbo stes-
so è Dio, alcuni Padri vedevano la creazione dell’uomo come
la parola che Dio rivolge all’uomo. L’uomo diviene, sta di-
ventando, perché Dio gli ha rivolto la parola. Quando dicia-
mo “uomo”, non possiamo intendere solo l’uomo, ma l’uo-
mo e Colui che gli sta rivolgendo la parola, Colui che lo fa
diventare. Vedere l’uomo significa vedere due, lui e Dio.
L’uomo indica una realtà divino-umana. È, nella sua sostan-
za, segnato dal dialogo.
Nella vita della persona la relazionalità è la dimensione
sine qua non. L’uomo vive la sua relazionalità attraverso un’in-
finità di relazioni; anche le sue più terribili sofferenze le speri-
menta proprio nelle relazioni, sia con sé che con il mondo, gli
altri, e anche con Dio. Con la creazione dell’uomo per mezzo
della Parola, Dio rende partecipe l’uomo della sua realtà più
personale, cioè l’amore. Il nostro Dio sono tre Persone libere,
ma perfettamente unite: Padre, Figlio e Spirito Santo, un so-
lo Dio Trino. Perciò Gregorio di Nissa afferma che la natura
del nostro Dio è l’amore. E se l’uomo è stato creato a immagi-
ne di Dio per mezzo della Parola, è stato creato a immagine
dell’amore. La dimensione dialogica, relazionale, non è qual-
cosa di secondario nell’uomo, ma è incisa nella sua più profon-
da realtà costitutiva. L’amore che ci viene partecipato nella
creazione stessa e che lo Spirito Santo rende attivo nel cuore

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

del battezzato è proprio l’amore di Dio Padre, che è principio


di unità e di libertà. Quando pensiamo all’amore infatti, pen-
siamo ad una realtà dinamica e relazionale, come un abbrac-
cio universale che unisce tutto ciò che esiste. L’amore è l’esi-
stente per eccellenza. Non esclude niente, include tutto. Al-
lo stesso tempo, tuttavia, l’amore si rende fragile, umile, come
se fosse assente. Abbraccia senza legare, unisce senza costrin-
gere. L’amore ama, ma l’amato può farne a meno e tuttavia
l’indifferenza non distrugge l’amore. L’amore include intrinse-
camente la libertà. L’amore è un riconoscimento dell’altro
così radicale che lascia l’altro libero anche nel suo rifiuto del-
l’amore. L’amore è il nucleo costitutivo dell’uomo. Tra Dio e
l’uomo esiste infatti un nesso reale, forte, incancellabile, e al-
lo stesso tempo del tutto libero. Tra l’uomo e Dio c’è l’amore
di Dio stesso. Tra Dio è l’uomo c’è un reale nesso, ma anche
una reale libertà. Anche il principio della relazionalità del-
l’uomo, sia verso tutto ciò che lui è, che verso il mondo ester-
no, è proprio questo principio agapico, il principio d’amore.
L’uomo riesce a percepire se stesso nel suo insieme, come
totalità, proprio grazie all’amore che abbraccia tutto, ma non
lo rende un blocco monolitico, perché in tale abbraccio crea
sempre lo spazio della libertà, cioè dell’affermazione della di-
versità. Ed è l’amore che fa nascere lo slancio di abbracciare
nella stessa relazione il mondo e gli altri. Anche il credere in
Dio è un frutto dell’amore che sta nell’uomo, perché, solo
grazie all’amore con cui è amato dal suo Creatore, l’uomo
può distogliere lo sguardo da sé ed orientarsi consapevol-
mente verso Dio, verso l’altro.
Tutta la creatività dell’uomo è dunque una sorta di ema-
nazione di questo nucleo d’amore che sta in lui, nucleo che,
come principio agapico attivo, cerca di abbracciare, assume-
re e personificare tutto: la natura umana, la creazione, gli al-

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M. I. RUPNIK

tri... La perfezione dell’uomo e la sua maturazione sono quin-


di una progressiva penetrazione dell’amore in tutto ciò che
egli è. Si tratta di penetrare con l’amore la mente, i senti-
menti, la volontà, il corpo con tutti i suoi gesti, il movimen-
to, il lavoro... Il principio d’amore è quello che ci rende da
individui persone. L’“individuo”, categoria quantitativa, pas-
sa alla “persona”, categoria qualitativa. La persona ha cioè
quella dimensione irripetibile, inconfondibile, insostituibile
tipica dell’amore. Tutto può essere sostituito tranne l’amore.
La natura umana è una sola. L’individuo partecipa ad essa,
ma il principio d’amore la personalizza in una persona unica,
irripetibile, dato che l’amore dà l’impronta della relazione a
tutto ciò che la persona fa ed è. Si personalizzano la vita, le
cose e il lavoro attraverso la luce che si materializza nelle re-
lazioni. Il principio agapico agisce nell’uomo come una luce
particolare che illumina tutto ciò che la persona include nel-
la sua relazione. Le cose possono essere le stesse, ma la luce
relazionale che una persona irradia su queste realtà imprime
loro un colore irripetibile, unico. L’amore è quell’energia che
si instaura tra la persona e il suo altro, che può essere tutto
ciò che esiste e che la persona crea. Ogni lavoro può essere
continuato da un’altra persona. Ma quella luce e quell’ener-
gia relazionale che ha avuto la persona nel fare questo lavo-
ro, quell’impronta personale che gli ha dato è invece del tut-
to irrimpiazzabile. L'amore è infatti l'unica realtà personaliz-
zante. Tutto ciò che viene assorbito nell’amore, tramite lo
stesso principio d’amore, viene “nascosto” nell’eternità, per-
ché l’amore è eterno. È proprio questo principio che permet-
te una comprensione del dogma della resurrezione dei corpi
a proposito dei coniugi. Tramite l’amore coniugale, nella for-
za del sacramento, la persona fa assumere il suo corpo nell’a-
more, morendo all’egoismo e al peccato, così che il corpo si

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

trasforma nel “corpo spirituale”. E tramite questa spiritualiz-


zazione del corpo, si spiritualizzano anche tutte le cose e le
attività che i corpi fanno “in funzione” dell’amore, a servizio
della carità.
L’uomo è unità di spirito, anima e corpo, creata e soste-
nuta dall’amore di Dio. Separare o diminuire l’importanza di
una di tali dimensioni implica delle conseguenze devianti
per l’uomo stesso. Perciò in ogni dimensione dell’uomo si
trova il significato dell’uomo intero, cioè l’amore, la capacità
di dialogare, di relazionarsi e di pensare nell’insieme. Dare
un significato ad una qualsiasi dimensione dell’uomo che
prescinda dall’amore e dall’integralità significa misconoscere
la sua verità. In ogni sua parte, si cela il significato di tutto
l’uomo e si dischiude il nesso tra le sue diverse dimensioni,
unite come le vene in un organismo vivo.

TUTTO CIÒ CHE È UMANO TROVA IL SUO


SIGNIFICATO NELL'AMBITO DELL'AMORE
In alcuni commentari biblici si spiega il testo di Gen 5,2
in questo modo: quando Dio creò l'uomo, lo fece a sua somi-
glianza, maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò
Adam, cioè uomo (nelle nostre traduzioni comuni di solito
c'è scritto: «li chiamò uomini»). Non si può definire l'uomo
quindi se non all'interno della relazionalità: nel senso di Dio
che pronuncia la parola creatrice e dell'uomo che sta venen-
do fuori dal nulla, ma anche nel senso che la creatura che sta
uscendo dal nulla non può essere immagine di Dio se non ha
nel suo nucleo costitutivo la relazionalità. Eva è parte di
Adamo. Questo vuol dire che l’uomo è essenzialmente crea-
to come essere per amare e per essere amato. Su tale sfondo si
comprende molto bene l’affermazione di Basilio il Grande
secondo la quale l’uomo è un essere sociale. Ed anche si

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M. I. RUPNIK

comprende che l’uomo non può fare niente di valido pre-


scindendo da questa sua costituzione relazionale. L’Apostolo
(1Cor 13) è assolutamente esplicito: senza amore, nessuna
opera umana serve a niente, nemmeno i sacrifici più eroici.
Tutto ciò che l’uomo realizza dovrebbe dunque essere basato
su questo fondamento di rapporti posto al nucleo della sua
creazione: «maschio e femmina li creò, li benedisse e li
chiamò uomo». L’uomo quindi non è solitario.

IL PECCATO ORIGINALE
COME DISTRUZIONE DELLA RELAZIONALITÀ
Ora, noi sappiamo che il peccato originale è la distruzio-
ne della relazionalità. È dunque la morte dell'uomo, proprio
perché distrugge la caratteristica del suo nucleo costitutivo.
Il pensiero dell'Oriente cristiano dice che, dopo il peccato
originale, l'immagine di Dio rimane nell'uomo, solo che è
inefficace. Dato che l'uomo non collabora con Dio, che non
c'è sinergia con la grazia divina, l'uomo non può diventare
simile a Dio. Ma l'immagine di Dio nell'uomo non si può
cancellare, perché altrimenti l'uomo non sarebbe. Tuttavia
manca la somiglianza, cioè questo rispondere dell'uomo al-
l'amore di Dio versato in lui e che lo rende simile a Dio nel
pensare con amore, nell'agire con amore, ecc. Questa somi-
glianza non riesce a realizzarsi nel vissuto appunto perché
non si ama, non si esce fuori da se stessi. Il peccato originale
rinchiude l'uomo nella solitudine e lo conduce ad una paura
della morte tale che lo porta ad aggredire l'altro per salvare
se stesso. L'uomo impossibilitato ad uscire da se stesso proiet-
ta sull'orizzonte dell'ego tutto ciò che ha perduto. Costruisce
castelli immaginari per convincersi di vivere in relazione
con le cose, ma in realtà non esce da se stesso e dalle sue fan-
tasie. Ora, un uomo così, rinchiuso in se stesso, che ha perso

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A DA M O E I L S U O C O S TATO

la relazionalità con tutto, con Dio, con gli altri, con sé, con il
mondo, cioè con la creazione, non ha più un rapporto nean-
che con il proprio corpo. Dopo il peccato originale, l'uomo
cambia la relazione verso il suo corpo e lo considera materia,
semplice carne sensibile, preda delle passioni e della concu-
piscenza che impediscono di entrare nel regno dei cieli. In-
vece il corpo è chiamato a diventare pneumatico, spirituale
(cf 1Cor 15,35-53). La carne è la materia inanimata, inerte,
nella quale si aggira la passionalità. Quando l’uomo rompe il
rapporto con il proprio corpo diventato per lui solo materia,
carne, questo atteggiamento contagia anche la mente, che si
rivolge alla carne, cercandovi la propria affermazione. Il cor-
po è invece portatore dell’amore personale, assunto integral-
mente nell’identità che lo Spirito orienta ad una relazione
verso Dio. Il corpo è la materia vivificata dallo Spirito al ser-
vizio dell’amore. Perciò diventa la rivelazione dello Spirito
Santo e la comunicazione dell’amore, e questa è la bellezza.
La bellezza è infatti l’amore incarnato. Questo si vede nell'e-
sperienza dei santi che hanno acquisito la grazia, in virtù del-
lo Spirito, di percepire fin nel loro corpo, con tutti gli organi
sensoriali, la gioia spirituale e che sono stati conformati a ciò
che hanno contemplato.
L'asceta non combatte il corpo, ma la carne. Per salvare
il corpo, deve sradicare da esso l’egoismo che vi si annida.
Perciò la lotta spirituale e l’ascesi portano alla bellezza, ren-
dono le persone belle, perché permettono di vivere sempre
più il proprio corpo come corpo pneumatico, spirituale, luo-
go dell’amore. Il peccato colpisce nel modo più intimo pro-
prio il rapporto maschile e femminile, appunto perché è la
struttura della relazione voluta dal Creatore stesso. Dopo il
peccato, nell'uomo il sesso si risveglia non solo come realtà
non sottomessa allo spirito, ma che lo sottomette, come ele-

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M. I. RUPNIK

mento autonomo, come passione incontrollata (cf Rm 1,24ss).


La vita del sesso perde l'armonia che aveva all'inizio e assu-
me un carattere tragico. Dato che il peccato ha offuscato il
cuore umano e ha reso impossibile la relazionalità, e dato
che gli organi sessuali sono organi della relazione, la carne
può, tramite il sesso, soggiogare lo spirito, illudendolo di es-
sere in relazione. Ma, se il corpo è ridotto a materia passio-
nale, il sesso viene isolato nella carne e perciò non raggiunge
mai la mèta propria della persona, cioè l’amore. In questo
modo, il sesso può diventare la tragica soddisfazione dello
scisma della persona. Tragica soddisfazione di un corpo che
non riesce a far parte di una persona che ama, tragica soddi-
sfazione di una psiche che non sa integrarsi in un’identità
personale, convinta che per salvarsi occorra sacrificare il
proprio egoismo. Il sesso, dopo la caduta, può diventare
l’ambito di un rapporto deviante verso se stessi, perché usa il
corpo come soddisfazione della carne; verso il mondo, perché,
invece di umanizzare il cosmo e la materia, vi trasferisce lo
stesso rapporto egoistico che ha con il corpo - cioè un rap-
porto di consumo sulla base della quantità; verso gli altri, per-
ché il sesso diventa anche l’ambito della negazione della re-
lazione uomo-donna, in quanto diviene impedimento a
guardare l’altro come integrità personale, riducendolo a stru-
mento della propria soddisfazione. Si guarda il corpo dell’al-
tro allo stesso modo egoistico del proprio. L’uomo e la donna
non sono più l’uno per l’altro aiuto a vivere l’amore, poiché
tutta la scala delle relazioni si è pervertita. Il sesso è così un
prisma in cui si rifrange la struttura del peccato umano in ge-
nerale.

IL MISTERO DEL COSTATO DI ADAMO


Se il peccato originale può avere ripercussioni così gravi

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