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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI ROMA TRE

Dipartimento di Scienze della Formazione

Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione

TESI DI LAUREA

La Danza del Ventre nella Pedagogia


dell’Espressione: storia, mimesis ed
educazione

Relatore: Prof.re Gilberto Scaramuzzo

Candidata: Noemi Lavagnini

Anno Accademico 2017/2018


1
Indice

INTRODUZIONE........................................................................................................3

PRIMA PARTE...........................................................................................................6

Capitolo 1:................................................................................................................7

LA DANZA DEL VENTRE............................................................................................7

1.1 L’origine.........................................................................................................7

1.2 Modernità......................................................................................................9

1.3 Contemporaneità.........................................................................................11

SECONDA PARTE....................................................................................................13

Capitolo 2:..............................................................................................................14

MIMESIS DI UNA DONNA.......................................................................................14

2.1 La fertilità è il seme......................................................................................14

2.2 Danza mimesica...........................................................................................17

2.3 Erotismo o sensualità?.................................................................................25

Capitolo 3:..............................................................................................................30

CATARSI DELL’UMANO...........................................................................................30

3.1) Esperienza catartica....................................................................................30

3.2 Per noi uomini non più umani......................................................................34

3.3 Danza interculturale.....................................................................................38

CONCLUSIONI.........................................................................................................42

BIBLIOGRAFIA........................................................................................................44

SITOGRAFIA............................................................................................................47

RINGRAZIAMENTI...................................................................................................49

2
INTRODUZIONE

Alla base di questo studio vi è l’analisi della Danza del Ventre dei suoi
utilizzi nel campo dell’educazione all’interno del contesto multiculturale
italiano e del mondo. In particolare, si pone l’attenzione sui fini e sui
metodi condivisi dalle Scienze dell’Educazione in modo specifico secondo
la pedagogia dell’espressione ovvero quella scienza umana che studia
l’educazione all’espressività e alla comprensione umana in vista di uno
sviluppo armonico dell’umanità dell’essere umano.

Nel seguente lavoro di tesi si propone l’analisi delle potenzialità


catartiche e formative della Danza del Ventre al fine di scardinare la
percezione di questa danza nell’immaginario collettivo che la conosce
unicamente come danza erotica e d’intrattenimento. In questa analisi la
presento come strumento di educazione sentimentale in un percorso
formativo che tende all’espressione della coscienza dell’esistenza
indirizzato al femminile e al maschile. La corporeità, la psiche, la
spiritualità rappresentano caratteri fondanti dell’uomo e con l’espressione
corporea e l’introspezione si riempiono di significato. La danza diviene in
grado di facilitare la donna alla comprensione del proprio sé e alla
manifestazione della sua individualità, e di guidare l’uomo alla rivelazione
del femminile nella sua interiorità. In questo senso la donna riacquista la
fiducia in sé stessa e lavora per la propria elevazione sentimentale
mostrando alla collettività la sua natura e offrendo a quest’ultima
l’opportunità di ambire al perfezionamento del convivere.

Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno


una duplice natura. L’interesse è stato influenzato e sicuramente incentivato
dallo studio di questa danza che da molti anni pratico e che mi ha permesso
di riflettere su me stessa, osservarmi e percepire i miei sviluppi psico-fisici.
Dopo aver studiato argomenti sociali, filosofici e pedagogici durante il mio

3
percorso di studi universitario, e dopo essermi documentata sugli studi
condotti al riguardo, sono riuscita a comprendere anche teoricamente quei
meccanismi che la Danza del Ventre può attivare e a formulare una tesi che
accosta quest’ultima alle Scienze dell’Educazione.

Questa ricerca si rivolge a tutti coloro che desiderano colmare le loro


curiosità, a tutte le donne che cercano la loro femminilità, agli uomini
coraggiosi che vogliono scoprire i segreti della sensualità e alla società tutta
che si accinge al miglioramento delle pari opportunità e al mutamento della
qualità della convivenza tra sessi opposti. Propongo spunti di riflessione per
le danzatrici amatoriali e professionali, le quali, vivendo profondamente la
loro danza, andando oltre la sola tecnica, possano trovare la catarsi con
l’introspezione dei movimenti diretti verso la consapevolezza
dell’esistenza. Il mio augurio è che riescano a trasmettere questo metodo di
liberazione ed equilibrio dei sentimenti profondi dell’uomo nelle loro
lezioni ed esibizioni presentandosi come educatrici del femminile. Infine,
indirizzo la mia tesi alle educatrici ed educatori che lavorano in case
famiglia, centri antiviolenza e ospedali i quali potranno scoprire e
considerare la Danza del Ventre come danza vitalizzante e risanatrice.

La tesi è articolata in due parti: nella la prima parte che raccoglie il


primo capitolo viene fornito un excursus sull’origine del termine, sulla
storia e sugli ambienti tipici della Danza del Ventre. Viene presentata al
lettore questa danza nelle sue sfaccettature più sconosciute per una più
chiara comprensione del testo. La seconda parte che raccoglie il secondo e
il terzo capitolo è dedicata all’analisi profonda della pedagogia
dell’espressione messa in relazione a questa danza. In particolare, nel
secondo capitolo ci si occupa di presentare i caratteri utili per definirla
danza educativa intrisa di pathos e di mimesis. Verrà spiegato il significato
di quest’ultimo termine partendo dal pensiero aristotelico per poi proseguire
con la ricerca del Prof. Gilberto Scaramuzzo, relatore della seguente tesi,

4
incentrata sull’analisi delle profonde capacità dell’atto mimesico di
sviluppare apprendimento e comprensione dell’oggetto della mimesis. Il
terzo capitolo si concentra sul suo aspetto catartico capace di incitare
un’evoluzione dell’umano che tenda alla considerazione dei suoi sentimenti
e alla vicinanza e alla comprensione della diversità per una società che
segua un percorso educativo verso l’intercultura. Nella conclusione infine,
si considerano tutti i caratteri analizzati come elementi utili in una didattica
femminile.

5
PRIMA PARTE

6
Capitolo 1:

LA DANZA DEL VENTRE

Prima di entrare nel cuore di questa ricerca è opportuno presentare le


vicende, i luoghi e le vicissitudini che questa danza, nel corso del tempo, ha
attraversato; al fine di una migliore comprensione della questione e per
predisporre il lettore ad una maggiore conoscenza del tema. Iniziamo
pertanto dalla prima parola: “danza” che ci introduce all’analisi del centro
della donna: “il ventre” e ci fornisce i giusti indizi per la comprensione
della cultura che porta con sé la Danza del Ventre.

1.1 L’origine
La danza può essere definita, secondo le parole di Judith Lynne
Hanna, come un «comportamento umano composto da sequenze di
movimenti intenzionali, culturalmente strutturate e ritmicamente scandite,
aventi un valore estetico riconosciuto dal gruppo di appartenenza» 1. Questa
definizione si fonda sull’idea di “movimento” riconosciuta alla natura
dell’uomo e pertanto inserito radicalmente nelle culture più disparate.
L’arte della danza in effetti, è sparsa oggi in ogni luogo della terra grazie al
suo continuo sviluppo, rivestendo diversi stili caratteristici del territorio e
consacrando degli standard nazionali, alcuni riconosciuti patrimonio
dell’Umanità come il Flamenco2 e la Rumba3. La Danza del Ventre si
inserisce in questo discorso essendo perfettamente in linea con le
1 Loredana Mancini, «La rappresentazione della danza e del movimento ritmico
nell’arte Greca», Rhuthmos, http://rhuthmos.eu/spip.php?article152, 23 juillet 2010.
2Cfr. ONU, «Lista Patrimonio Culturale Immateriale», Danze, cibo e medicina
tradizionale aggiunte alla lista ONU del Patrimonio Culturale Immateriale,
http://www.unric.org/it/attualita/27149-onu-lisat-patrimonio-culturale-immateriale, 18
Dicembre 2017.
3 Cfr. Rep Tv, «Unesco: la rumba cubana diventa "Patrimonio dell’Umanità "»,
https://video.repubblica.it/mondo/unesco-la-rumba-cubana-diventa-patrimonio-dell-
umanita/261117/261441, 30 novembre 2016.

7
caratteristiche che appartengono alla definizione di danza, ma si
contraddistingue dalle altre danze per vari aspetti, uno di questi è la sua
storia misteriosa.

«Ci sono diverse e molteplici versioni sull’origine della danza


orientale, ma sicuramente la danza che oggi conosciamo non è quella
originale»4 inoltre «non vi sono documenti scritti sulla storia della danza
araba femminile […] e il testo più autorevole e completo è un trattato di
alcune pagine scritte da Al Mas’udi; […] dovranno passare parecchi secoli
prima che qualcun altro scriva sull’argomento5». Si ritiene che la Danza del
Ventre derivi dal culto della Dea Madre Ishtar, divinità sumerica della
seconda metà del terzo millennio6 che «esercitò la sua influenza anche sulla
cultura degli antichi arabi: essa era conosciuta presso di loro ed era
raffigurata come un grande albero […] dove appendevano le vesti e i
gioielli femminili, rimanendo in preghiera per due giorni consecutivi. […]
A lei era attribuito il potere di stimolare il sesso e l’amore fra gli esseri
umani» 7. Si nota come nel pensiero degli antichi arabi pre-islamici
esistesse una considerazione della donna importante per l’intera comunità
tanto da «godere di vasti poteri e di una importante posizione sociale» 8. È
con la nascita e la diffusione dell’Islam, nell’ottavo secolo d.C., che queste
comunità e le loro donne, subirono una sensibile frenatura alla loro cultura.
Con la venuta degli Abbasìdi in Iraq, diverse culture e diverse religioni

4Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006, p.
114.
5 Ibidem.
6 «Dea dell’amore e della guerra. La sua funzione è quella di discendere nel mondo degli
inferi attraverso il passaggio delle sette porte che simboleggiano i sette mondi terrestri,
spogliandosi, via via dei monili e delle vesti e oltrepassando le porte -riprendendo la sua
sostanza peculiare di dea, rientrando nell’ordine divino per rigenerare la vita.
Ripercorrendo tragitto a ritroso, la dea ridona agli esseri, uomini e animali, l’amore e la
fertilità». Kassim Bayatly, Il corpo svelato Tecnica, storia ed emozioni della danza del
ventre, Ananke, Torino, 2005, p.14.
7 Ivi, p.16.
8 Ibidem.

8
iniziarono ad entrare in contatto9 cosicché la Danza del Ventre si potesse
creare dal «connubio scaturito dalle tracce formalizzate dell’idea remota
della figura femminile, […] con la musica arabo islamica sviluppatasi nei
palazzi opulenti del periodo degli Abbasìdi»10. Esse ricevevano
un’istruzione artistica e non solo «danzavano, ma cantavano e suonavano il
tamburello»11.

A partire dal X secolo, il loro califfato però, si indebolì fino a spostarsi


verso l’Egitto e in Iraq si insediarono disparate potenze imponendo il loro
stile di vita pre-islamico. Le danzatrici, i musicisti e i cantanti dunque,
iniziarono a rispondere alle richieste bisognose dei ricchi mercanti che dopo
una dura giornata di lavoro desideravano divertirsi12.

1.2 Modernità
A partire dal XIX° secolo, «dai racconti dei viaggiatori, si può
desumere che esistessero due categorie principali di intrattenitrici
tradizionali: le awalim e le ghawazi»13. Le une erano «donne istruite, artiste
di ceto alto che godevano di grande notorietà, venivano pagate molto bene e
si recavano solo nelle case dei principi e dei dignitari; […] si esibivano
principalmente negli harem per le donne […] e cantavano, così anche gli
uomini potevano gioirne, senza vederle: nessuno tranne il signore
dell’harem. […] «La loro danza pertanto, era colta, cittadina e avveniva in
spazi chiusi»14. Cresce in questo contesto una danza elegante e sofisticata
nel rispetto della dignità e della religione, lontana dagli sguardi degli
uomini orientali e invisibile alla vista di quelli occidentali che iniziavano da

9 Cfr. Ivi, p.17.


10 Ivi, p.22.
11 Ivi, p.30.
12 Cfr. Ivi, p.32.
13 Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006,
p.115.
14 Ivi, p117.

9
viaggiatori a fare il loro ingresso in Oriente, terra “irrazionale” ed “erotica”
in contrapposizione al proprio Occidente progressista e colmo di tabù
sessuali15.

Le ghawazi o zingare dell’Alto Egitto, erano invece nomadi e si


accampavano ai margini della città. Si esibivano senza velo nelle strade, in
pubblico o in feste private, per cui erano le sole danzatrici raggiungibili per
gli stranieri. All’arrivo dei Francesi, in un Egitto ormai indebolito da alte
tasse e rivolte, le awalim
abbandonarono il Cairo
rifiutando di esibirsi in
pubblico e lasciando spazio
alle ghawazi di intrattenere i
nuovi arrivati fino a che,
con l’indipendenza
dell’impero Ottomano,
anch’esse furono costrette a awalim

fuggire a causa delle alte


tasse e dello strozzinaggio o a cercare reddito tra i soldati Ottomani 16. «Si
riteneva infatti che le loro esibizioni esponessero troppo le donne e, per un
certo periodo, a loro furono preferiti danzatori maschi»17. Una «danza
creata ad uso e consumo degli occidentali» 18 associata alla prostituzione
iniziò ad emergere e ad espandersi nel pensiero d’ Occidente e causò danni
tutt’ora radicati sulla figura della danzatrice professionista. Questa visione

15 Cfr. Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records,
2006, p.115.
16Cfr. Ivi, p.120.
17Matteo Liberti, Ombelichi al vento, per Focus Storia, n.18,
https://www.focus.it/cultura/storia/ombelichi-al-vento-le-origini-della-danza-del-ventre,
23 gennaio 2008.
18Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006,
p.122.

10
desacralizzata della danza orientale venne accentuata col suo arrivo negli
Stati Uniti.

Il termine “Danza del Ventre” nasce esattamente in questi anni, nei


quali europei ed americani sentirono il bisogno di definire «qualsiasi tipo di
danza araba che prevedeva i movimenti del bacino, senza distinzione di
stile o particolarità geografiche»19mettendo in risalto la parte del corpo che
più li ammaliava. La danza araba si aprì al mondo occidentale e alla sua
musica, e una parte delle awalim che danzavano per un ceto medio-basso,
negli anni del 1930, iniziarono a affermarsi in occidente dove si
arricchirono di elementi della danza classica. «Nasce un nuovo stile
originale ed elaborato: Raqs Sharqui, sinonimo dell’attuale Danza del
Ventre20.

Presto questa danza fece il suo ingresso nel cinema hollywoodiano e


in programmi televisivi e centinaia di ballerine iniziarono ad esibirsi in giro
per il Paese. In questo periodo anche il costume «si ridusse al classico “due
pezzi” e iniziò a essere adornato di
paillette e frange»21. A questo
punto si distinsero dalle danzatrici
tradizionali richieste da una classe
medio-bassa, le belly-dancer,
danzatrici professionali che si
esibivano in feste lussuose e che
facevano oro di elementi tipici
della danza classica22.

19 Ivi, p.123. Figura 2 Samia Gamal


20 Ivi, p.128.
21Matteo Liberti, “Ombelichi al vento”, per Focus Storia, n.18,
https://www.focus.it/cultura/storia/ombelichi-al-vento-le-origini-della-danza-del-ventre,
23 gennaio 2008.
22 Cfr. Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records,
2006, pp. 126-129.

11
1.3 Contemporaneità
Oggi la Danza del Ventre in Italia viene insegnata in palestre e centri danza
presenti su tutto il territorio nazionale da danzatrici italiane, ma anche di
altri Paesi. Si organizzano molto spesso masterclass e seminari tenuti da
grandi maestri e famose danzatrici di tutto il mondo che insegnano, ognuna
con il suo stile e le loro particolarità, questa danza. La Danza del Ventre si
definisce ancora come danza in continua evoluzione. Ha infatti accolto
preziosi movimenti da tantissime danze del mondo creando vere e proprie
fusioni con il Flamenco, la danza moderna e contemporanea, le danze
latino-americane, l’hip-hop, le danze indiane e molte altre. Oggi finalmente,
possiamo parlare di Balletto Orientale che si realizza su un palcoscenico
teatrale e che continua l’incessante processo di evoluzione che da sempre
caratterizza l’arte23.

23 Cfr. Ivi, pp.132-133.

12
SECONDA PARTE

13
Capitolo 2:

MIMESIS DI UNA DONNA

Entrando nello specifico cerchiamo ora di comprendere perché è


possibile parlare di Danza del Ventre attraverso uno sguardo pedagogico,
analizzando le capacità che essa porta con sé dalla sua nascita primordiale a
danza educativa a cui continuamente tende.

Essa può identificarsi, secondo la mia tesi, come danza educativa del
proprio sé, e alla luce del costante miglioramento degli individui, giungere
ad un cambiamento culturale significativo; non solo per quanto riguarda la
figura della donna, in un mondo fin’ ora prettamente maschilista, ma anche
nella qualità del dialogo e della comprensione dell’altro, componente
fondamentale per raggiungere una convivenza qualitativa. In particolare,
andrò a proporre in questo capitolo le argomentazioni riguardo la
percezione e sviluppo della propria identità, il riconoscimento sociale e la
comprensione dell’altro attraverso la Danza del Ventre.

2.1 La fertilità è il seme


Come esplicitato nel primo capitolo, nel corso del tempo, questa danza
è stata legata al simbolo della fertilità venerato nella Dea Madre, ma
successivamente inserito dalle ghawazi nelle piazze con significato per lo
più sessuale e portata nel mondo quasi sempre solo in contesti erotici. La
fertilità però, rimane il seme di questa danza che unisce la sacralità
dell’anima femminile della donna alla sessualità, carattere tabù nella società
occidentale. Essa la preserva con l’aiuto di una cintura che in un cerchio
racchiude e protegge la zona pelvica, luogo di potenzialità creatrice.

14
“Incinta” infatti deriva dal Latino: part. perf. di incingo, “cingere”; “in-
cinta” perciò significa “senza essere cinta” 24; durante l’Impero Romano
quando la donna saltava il suo ciclo, si recava al tempio della Dea Giunone
per consacrare la sua cintura, e la lasciava nel tempio, affinché la Dea la
proteggesse durante la Gravidanza25. Fenici, Babilonesi e Sumeri la
rappresentavano con le “Veneri della fertilità”: statuine con seni prosperosi
e ventre scoperto, riconoscendo al corpo, a
quei simboli del femminile, la dimensione
spirituale della maternità (Fig.3)26. I Greci
la idealizzarono poi nella figura di
Afrodite, Dea della Nascita e della
Gravidanza27. Le forme femminili
venivano rappresentate nella scultura senza
timori, adorate e poste come modelli nel
rispetto di un fisico in salute.

Oggi ci troviamo molto spesso di


fronte a disturbi legati al corpo della
donna: irregolarità del ciclo mestruale,
Figura 3 Dea sumera Inanna
sterilità, anoressia, aborti multipli,
gravidanze a tutti i costi. Sintomi che ci

24
25 Cfr. Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la
sensualità, la maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, Biblioteca del
benessere, 2005.
26 «Inanna è la più importante Dea sumera dell’antica civiltà mesopotamica.
Dea dell’amore, della fecondità e della bellezza, Inanna è regina dei cieli e della terra. È
anche Dea del grano, della guerra, e dell’amore sessuale. La mitologia la descrive anche
come guaritrice, donatrice di vita e compositrice di canzoni e poesie. Inanna offre
un’immagine di sé dalle tante sfaccettature simboliche che suggeriscono l’idea di un
femminile completo, che va al di là della funzione materna». Manuela Caregnato,
INANNA-ERESHKIGAL, per Galleria delle Dee. Incontrare le Dee attraverso storia, mito,
immagini e racconti, http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Dee_Inanna.htm.
27Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la sensualità, la
maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, Biblioteca del benessere, 2005,
p.82.

15
pongono davanti ad un’assenza di equilibrio tra il femminile e la maternità.
Troviamo il corpo femminile proposto come oggetto del desiderio e
allontanato dal suo carattere umano. La storia fu scritta da uomini e il
mondo femminile raccontato dagli stessi; la “history” si è fatta spazio nel
tempo e si impone attraverso cartelloni pubblicitari, pregiudizi e linguaggio,
ma è il momento di scrivere la “herstory”28, riconsiderando l’eredità
femminile che affiora anche con la Danza del Ventre la quale racconta a
corte, in piazza, su un palco, il punto di vista della propria essenza. Riuscire
ad introdurre nel linguaggio sostantivi femminili completando
l’interpretazione maschile della realtà perciò, potrebbe essere utile per
spiegarsi meglio e riuscire a farsi comprendere; è corretto in questa mia tesi
pertanto, parlare dell’Altra, intesa come essere vivente diversa da me, fonte
di ricchezza che vale la pena ascoltare e alla quale dar voce per
sensibilizzare la cultura attuale. Bisogna che si riconosca alla donna quella
parte umana che ha bisogno di esprimersi e di affermarsi, e di essere
accettata socialmente come parte della propria umanità, del proprio
“esserci” e averne consapevolezza.

Si potrebbe proporre inoltre, un’educazione che sia affettiva più che


sessuale partendo dal concetto di fertilità. Essa «aggiunge una dimensione
essenziale che stimola la capacità decisionale e rende i giovani consapevoli
del proprio comportamento sessuale e li accompagna nella scoperta dei
fattori che determinano la maturità sessuale come la stima di sé e l’identità
di genere»29.

La Danza del Ventre, in questi termini, dona alla donna aiuto,


protezione e libertà attraverso la conoscenza profonda del proprio corpo e
della propria identità, il riconoscimento delle sensazioni e dolori del corpo
dell’altra fino a poter raggiungere l’adultità mimesica ovvero «saper

28Cfr. Ivi, p.33.


29 TeenStar, Programma di educazione affettiva sessuale Teen STAR Istruzioni per i
Tutor, Salerno, Stampa Fusco, 2015, p.10.

16
padroneggiare un’intensificata capacità di rendere sé simile all’altro da sé,
fino al paradosso di vivere in noi, l’altro da noi»30.

2.2 Danza mimesica


«Il movimento, oltre a rappresentare un mezzo di comunicazione, è
anche un fondamentale strumento per estendere la conoscenza di sé e del
proprio ambiente»31. Attraverso la danza del ventre è possibile
immedesimarsi, e i movimenti fluidi e ritmici permettono di “diventare”
l’altra e comprenderla pienamente. Maria Strova, attrice e danzatrice
colombiana di fama internazionale, ci racconta nel suo libro “Il linguaggio
segreto della Danza del Ventre”:

«Questa danza oggi è utilizzata dalle donne dell’Arabia Saudita, che


si collocano in cerchio per accompagnare la partoriente con
movimenti del bacino e con la voce imitano i sui lamenti per
assecondare il difficile compito di dare la vita»32.

Troviamo qui un valido esempio di vicinanza emotiva, sviluppata


grazie all’espressione corporea capace «di dare un significato preciso
alla varietà dei rapporti fra i modi e le forme del corpo e un complesso
di sentimenti e passioni che riteniamo pertinenti nell’organizzazione
del nostro modo di essere e per la comprensione dei comportamenti
altrui»33.
Il corpo diviene mezzo per rendersi simile, ma «il termine “imitare”
appare riduttivo»34 in questo caso, dove non avviene una semplice
ripetizione dell’atto che verrebbe letto superficialmente, bensì si potrebbe
30Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica. Dalla Poetica di Aristotele alla poetica
dell’educare Roma, Anicia, 2013, p.36.
31 Zangrilli Quirino, Psiche e danza. Funzione del movimento espressivo, Psicanalisi e
scienza, https://www.psicoanalisi.it/psicosomatica/1228, pubblicato il 7 ottobre 2007.
32Strova, Maria. Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la sensualità, la
maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, 2005, p.83.
33 Pontremoli Alessandro, La danza Storia, teoria, estetica nel Novecento, Laterza, 2017.

17
parlare di una vera e propria mimesis ovvero una «radicale attitudine
umana a rendersi simile e a strutturare la propria interiorità attraverso un
processo di assimilazione che può essere anche inconsapevole nel soggetto
in cui si realizza35. Fare mimesis vuol dire produrre un movimento
espressivo verso l’altro e permette di comprenderlo riproducendo la sua
universalità. Ricreando i movimenti del parto con il bacino e con il seno,
ovvero producendo un “mimema”, queste donne entrano nella percezione
del mondo della partoriente e rendono sé stesse “come” lei. Producono un
atto mimesico capace di donare sacralità e aiuto emotivo alla donna che, a
sua volta, percepisce l’agire mimesico e lo interiorizza fino a sentire di non
essere sola, di sapere che c’è qualcuno che la comprende e che sa
perfettamente cosa sta provando fino ad alleviare gli stessi dolori e giungere
alla nascita. Negli Usa, «alcune sostenitrici del parto naturale hanno
recuperato il suo antico significato di rituale legato alla maternità. Pare che i
tipici movimenti rotatori e ondulatori della danza del ventre servano a
rilassare i muscoli e i legamenti della regione pelvica, attenuando il dolore
delle contrazioni e facilitando persino l’espulsione del nascituro» 36.

Già Aristotele riconosceva nell’uomo oltre che la capacità razionale,


una capacità mimesica innata: «L’uomo è l’animale mimesico per
eccellenza, e il suo proprio processo conoscitivo ha un legame
fondamentale con questa eccellenza»37. La conoscenza, in questa
affermazione, viene presentata come frutto di elementi importanti
nell’uomo; la mimesis, la capacità di rendersi simile all’altro, diviene
componente imprescindibile per la conoscenza della realtà poiché permette

34Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica Dalla Poetica di Aristotele alla poetica


dell’educare, presentazione di Stephen Halliwell, Roma, Anicia, 2013, p.28.
35Ivi, p.31.
36 Matteo Liberti, Ombelichi al vento, per Focus Storia, n.18,
https://www.focus.it/cultura/storia/ombelichi-al-vento-le-origini-della-danza-del-ventre,
23 gennaio 2008.
37Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica Dalla Poetica di Aristotele alla poetica
dell’educare, presentazione di Stephen Halliwell, Roma, Anicia, 2013, p.28.

18
all’uomo di assumere più punti di vista e di immergersi completamente in
essi.

I movimenti del ventre e del petto infatti, sono sia ondulatori e fluenti
che decisi e forti, sviluppano una melodia e un ritmo e fanno appello alla
respirazione per trovare l’armonia e generare la vita. Questi caratteri sono
propri sia dell’atto sessuale, sia del momento del parto, ma anche della
danza e della musica che cercano l’equilibrio tra queste due componenti.
Troviamo così, delle assonanze tra gli aspetti espressivi dell’arte e la
quotidianità dell’uomo che li crea.

Come accennato, per danzare utilizzando il ventre, è necessario non


solo percepire l’altra, ma ancor prima, percepire sé stessi. Con la Danza del
Ventre la donna scopre il centro del suo corpo e lo libera dalla rigidità, lo
rinforza e gli dona attenzioni. È la parte da cui tutti i movimenti nascono
per poi diffondersi, il luogo dove sono i muscoli più difficili da scoprire e
sviluppare e dai quali si genera la vita. Liberandosi riesce ad esprimersi e ad
affermarsi, a preservare la propria dignità e reclamare rispetto fino a
affascinare l’altro attraverso il suo mondo.

«Nell’epoca vittoriana, il ventre femminile era tenuto ben stretto nei


vestiti sotto i busti, non si poteva parlare di ventre, ma di stomaco, la zona
più lontana dai genitali, le donne erano sottoposte a clitoridectomie e
ovariectomie, come misura curativa per le “forme d’agitazione, “tentato
suicidio” e “tendenze esotiche”»38. Nello stesso periodo, è curioso, «si
iniziò a parlare di Danza del Ventre come arte in contrapposizione alla
cultura ufficiale del tempo. Ancora oggi la donna è chiamata a specchiarsi
in questi modelli avversi del corpo femminile, che le impediscono di vivere
partendo dal suo centro e ne minano la capacità di decidere sul suo
corpo»39. La cultura “impone” all’individuo un linguaggio del corpo che ha
38 Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la sensualità, la
maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, 2005, p.52.
39 Ivi, p.42.

19
il compito di trasmettere dei significati, con i quali vengono poi strutturate
le relazioni interpersonali e organizzata la realtà che ci circonda.

Attraverso la Danza del ventre la donna riesce ad accettare ogni parte


del proprio corpo, senza esigere standard fisici, distaccandosi dalla danza
estroversa come la danza classica e le danze africane 40 e andando incontro a
sé stessa, alla sua fisicità e la sua creatività che fa appello al riconoscimento
della sua unicità proponendo così una strada alternativa alla cultura
dominante e permettendo la messa in discussione di preconcetti interni.
Nell’unicità risiede la creatività e l’originalità, e ognuno di noi la «porta con
sé, come nocciolo del suo essere, una unicità produttiva; e, se diventa
consapevole di questa unicità, attorno a lui si diffonde uno splendore
inconsueto»41. Essa infatti, può essere riconosciuta come danza introversa,
propria delle civiltà di impronta matriarcale che mantengono «un contatto
stretto con la terra: i passi sono piccoli, strisciati, l’espansione motoria è
limitata e i movimenti tendono a ripiegarsi sul corpo»42.

L’ombelico rappresenta il punto centrale da cui tutti i movimenti


hanno inizio. Situato nel ventre, esso è l’origine dell’espressione, il fulcro
della fecondità, il centro del nostro corpo, un «punto fisso che armonizza i
movimenti che tendono verso l’alto e quelli che si concentrano vero la terra,
funge da perno per le diverse rotazioni del corpo e da punto di passaggio fra
i giri che si eseguono»43, tanto da venir messo in evidenza da disegni
circolari, gioielli e pietre. Rappresenta la completa essenza umana, luogo di
unione tra la terra, l’umanità e il cielo, Dio, l’elevazione catartica. Grazie a
questi elementi la Danza del Ventre riesce a produrre mimesis: con la
realizzazione di movimenti rivolti verso di sé «mirati ad aiutare a scoprire
40 Cfr. Gandra Maria Rita e Lorenzon Sonia, con la collaborazione di Glaucia
Castelluber, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006, pp. 13-15.
41 Nietzsche, Schopenhauer come educatore, Adelphi, Piccola biblioteca 184, 2017, p.27.
42Gandra Maria Rita e Lorenzon Sonia, con la collaborazione di Glaucia Castelluber,
Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006, p.14.
43 Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la sensualità, la
maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, 2005, p. 109.

20
la sensualità nascosta del corpo, non sembrando “sexy soltanto, ma
conoscendo le sue possibilità, centrandosi sui punti di forza, non sulle
debolezze»44e infine giungere all’altro/a caricandosi di pathos. Scavare
dentro di sé, scoprirsi perciò, diviene la chiave per comprendere l’altro/a.

Il seno rappresenta la parte complementare al ventre capace di


facilitare l’agire mimesico e di proiettare il corpo verso l’esterno. Grazie ai
movimenti delle spalle, braccia e mani, il seno acquista importanza,
sviluppa i suoi muscoli e favorisce l’allattamento. Fugge dalla rigidità e
chiusura di un petto femminile reputato scandaloso e raggiunge scioltezza,
libertà e capacità di adempiere alle sue funzioni biologiche e persino
sviluppare maggiore sensibilità da poter arricchire la vita sessuale di ogni
donna. Il corpo in tal modo, acquista sensualità e, allo stesso tempo, dona
nutrimento e piacere per il benessere psico-fisico di sé e del proprio partner.

Se ci soffermiamo sui termini “nutrire” e “piacere” noteremo che


sono strettamente collegati. “Nutrire” vuol dire sfamare qualcun altro o se
stessi ma anche rinvigorire, donare vita costantemente. “Allattare” è nutrire
e non solo con il cibo, ma anche donando tempo e sguardi al proprio bimbo
coltivando l’amore che lo unisce alla madre. Entrambi provano piacere nel
far crescere questa relazione. Il seno allattando, diviene più sensibile e nutre
in tal modo il rapporto con il proprio uomo. Entrambi provano piacere
nell’accrescimento dei loro momenti intimi. La Danza favorisce questi
momenti, li rende fluidi e ridona alla donna autostima del proprio corpo in
tutte le sue forme, la nutre e la porta a provare piacere partendo dalla
propria accettazione e acquisizione del proprio ruolo nell’attività sessuale.
È opportuno sottolineare quando la Danza del Ventre porti benefici
psicofisici anche alla donna in gravidanza preparandola nell’ascolto del

44Ibidem.

21
proprio corpo che si trasforma e stimolando dolcemente il grembo
favorendo l’elasticità e una sana postura45

Interessante è notare inoltre che ogni qualvolta una danzatrice del


ventre danza, non avviene esclusivamente una mimesis dell’umanità
femminile. Ella si immedesima persino nella natura, nelle abitudini
antropologiche della sua terra di origine e negli strumenti musicali tipici del
mondo arabo. La danzatrice del ventre nasce dall’osservazione di ciò che la
circonda. Nasce dal deserto nel quale immerge i propri piedi sviluppando il
“passo del deserto”; dal serpente che proteggeva il cammino del defunto
nell’aldilà e donava regalità al faraone rappresentato con un movimento
ondulatorio delle braccia e delle mani e il suo sibilo con lo “shimmy”: una
vibrazione incantatrice che parte dalle gambe e coinvolge tutto il corpo;
dalla luna che maestosa, illumina le notti d’ Oriente e si incarna nella
rotazione del bacino, del petto e dal “giro orientale” caratterizzato dallo
sguardo su un punto del corpo e il peso sul un piede perno in posizione
piatta; dal cammello che accompagna l’uomo nelle lunghe camminate che
si scopre nel movimento ondulatorio verticale di tutto il corpo
accompagnato da piccoli passi di riflesso; dal cavallo arabo il quale
conquistava con il suo passo deciso le terre d’occidente, lo guardiamo
attraverso l’esecuzione del “passo arabo”.

Secondo la mia tesi pertanto, presentare l’insegnamento della Danza


del Ventre attraverso il movimento espressivo della mimesis, permette di
impregnare i singoli movimenti di significato e consapevolezza fino al
momento in cui «quel suo muoversi in un certo qual modo, assuma lo stesso
nome dell’ente rappresentato, egli potrà chiamare “io” l’universale dell’ente
che sta attualmente esprimendo; potrà infatti dire: “io sono l’onda” mentre è
nell’atto di fare la mimesis dell’onda» 46. Le braccia, le mani acquisiscono
spontaneamente quei caratteri propri dell’onda; il corpo diviene mezzo di
45 Cfr. Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la
sensualità, la maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, 2005, pp.87-89.

22
espressione della propria profondità interiore che cerca in sé l’essere onda.
Con la concentrazione sul proprio mondo interiore, lasciando la libertà al
corpo di divenire qualcos’altro, si riesce ad attivare quel processo di
apprendimento/comprensione non solo del proprio corpo, ma anche di tutti
gli elementi propri delle terre d’oriente.

La danzatrice del ventre deve inoltre assolutamente dimostrare


capacità mimesica nei confronti degli strumenti musicali che
accompagnano la sua rappresentazione. Ella deve riuscire a riprodurre,
attraverso il suo corpo, il suono degli strumenti, e non solo la melodia,
molte volte contemporaneamente, anche il ritmo ovvero quella regolare
pulsazione che notiamo in un pezzo musicale. «I battiti del nostro cuore, il
nostro respiro, fanno capire che il ritmo è qualcosa di fortemente connesso
al movimento che si presenta regolarmente nel tempo» 47. È proprio il
respiro infatti che aiuta la danzatrice ad isolare i movimenti e in tal modo a
captare l’attenzione in quella parte del corpo che diviene strumento. Come
una vera cassa armonica, rispettando il ritmo e la melodia lei riesce ad
arrivare all’ orecchio dell’osservatore che percepisce il suono grazie
all’estrema sincronizzazione del movimento con la musica e
all’associazione di timbro tra il movimento di un luogo particolare del
corpo e un determinato strumento. Ella «trasformando il suo corpo in uno
strumento, capace di riprodurre le note nello spazio entra in simbiosi con la
musica “colorando” i suoni con il fascino dei arcani e misteriosi
movimenti»48. Ad esempio, possiamo notare come i movimenti fluttuanti,
delicati e sinuosi, come quelli del serpente o del cammello a cui ho fatto
riferimento in precedenza, vadano a rappresentare strumenti come i flauti e

46Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica Dalla Poetica di Aristotele alla poetica


dell’educare, presentazione di Stephen Halliwell, Roma, Teoria e storia dell’educazione
Anicia, 2013, p.60.
47 Kàrolyi Ottò, La grammatica della musica. La teoria, le forme e gli strumenti
musicali, a cura di Giorgio Pestelli, Torino, Einaudi, Piccola biblioteca Einaudi, p.38.
48 Gandra e Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006,
p.159.

23
il violino. I movimenti invece ritmici, come il passo del deserto o i colpi
d’anca, marchino con decisione le percussioni (tamburi come la tabla o il
riqq). Il Quanun (cetra trapezoide orizzontale), lo Ud (liuto), producono
invece suoni vibranti che suggeriscono lo shimmy. Al-Fārābī, filosofo del X
secolo, afferma: «Colui che danza si trasforma in uno strumento a
percussione capace di tradurre tutta una gamma di dinamismi ritmici. […] Il
gioco delle sopracciglia, delle spalle, della testa e delle altre parti del corpo
non sono in effetti che movimenti che suggeriscono l’illusione del suono» 49.
Pertanto, la danzatrice deve conoscere gli strumenti, il loro timbro e il loro
comportamento generale all’interno del brano musicale tanto da poter
intendere il musicista, comprendere le sue intenzioni. La danzatrice e il
musicista costruiscono una relazione e si conoscono durante il brano
musicale, vivendosi reciprocamente tanto da avvicinarsi e delle volte
persino toccarsi. «Il vivere è dato, dunque, dal relazionarsi; e in-tendere è il
movimento che possiamo fare per l’altro»50. Nasce così la mimesis dello
strumento nella quale «la danzatrice sa che muoversi vuol dire
commuoversi traducendo l’emozione dell’ascolto»51. Le relazioni sono
pertanto alla base di ogni esibizione: la relazione con il proprio sé, la
relazione con il musicista e non meno importante, la relazione con il
pubblico.

«Dance communicates through the sight of performers moving in time


and space; through the sounds of physical movement, breathing,
accompanying music and talk; the tactile sense of body parts touching the
ground, other body parts or props, and air about a dancer alone and a dancer
touching a spectator»52.

49 Kassim Bayatly, Il corpo svelato Tecnica, storia ed emozioni della danza del ventre,
Ananke, Torino, 2005, p.27.
50 Scaramuzzo Gilberto, Così è (se vi pare). Una lettura pedagogica, Roma, Anicia,
2013, p.54.
51 Gandra, Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006,
p.159.

24
Le mani che con la loro predisposizione alla scoperta del mondo e
degli altri guidano l’osservatore nella bella avventura nel cuore del
femminile, fanno da cornice all’opera incantevole che è la donna. La loro
muscolatura va sviluppata, le articolazioni sciolte così da poter simulare un
nastro che segna un percorso, che racconta una storia. Esse quindi sono
fondamentali per l’inizio dalla relazione con il pubblico.

2.3 Erotismo o sensualità?


La più difficoltosa relazione è proprio quest’ultima poiché richiede
una sensibilità, un’apertura mentale da parte del pubblico e una abilità ad
emozionare e all’ascolto della situazione da parte della danzatrice, che non
sempre sono convergenti. «Gli studi di fisiologia e psicologia della
percezione, a partire da quello classico di Rudolf Arnheim, hanno
dimostrato come la percezione del movimento sia in larga misura affidata al
“giudizio visivo” dello spettatore»53. L’ “in-tendersi” anche qui diviene
fondamentale non solo per una libera espressione del proprio sé e della
propria arte, ma anche per lo sviluppo stesso di questa danza come danza
catartica, che possiede un potenziale rigeneratore del e nell’attualità.

La Danza del Ventre ancora oggi ha difficoltà ad affermarsi come arte;


viene stigmatizzata erroneamente come danza erotica per via della «“danza
del ventre” nata all’inizio del ‘900, nel Cabaret come danza di
seduzione.»54. Possiamo affermare però, dopo l’analisi svolta, che essa è
impregnata di sensualità più che di erotismo poiché rispecchia l’essere
donna e non mira a stimolare il desiderio. «Definiremo erotico il pezzo
52 «La danza comunica attraverso il punto di vista degli artisti che si muovono nel tempo
e nello spazio; attraverso i suoni del movimento fisico, respirando, accompagnando la
musica e le parole; il senso tattile delle parti del corpo che toccano terra, altre parti del
corpo o oggetti di scena, e l'aria intorno alla danzatrice solista e alla danzatrice che tocca
uno spettatore».Frank Kouwenhoven e James Kippen, Music, Dance and the Art of
seduction, University of Chicago, Eburon, 2014, p. 204.
53 Loredana Mancini, «La rappresentazione della danza e del movimento ritmico
nell’arte Greca», Rhuthmos, 23 juillet 2010, http://rhuthmos.eu/spip.php?article152.
54 Gandra, Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006.

25
danzato che mira a risvegliare il desiderio nello spettatore, desiderio che
non può avere soddisfazione immediata, poiché l’ambito pubblico in cui si
svolge lo spettacolo non lo consente»55. Ella invece ci presenta la sua
sessualità, la sua anima, la sua mente e ciò le procura piacere nella sua
totalità. «La sensualità è una conseguenza naturale de suoi movimenti
caratteristici, un piacevole effetto collaterale, enfatizzarla eccessivamente
con il fine, non solo la impoverisce, ma la rende volgare»56.

Nell’atto sessuale vengono prodotti dal ventre della donna,


movimenti sia visibili, sia interni che la danza può evocare con i suoi
movimenti ondulatori e vibranti. «Feminine body parts are shimmed,
shaked, thrust and rotateding stylized and mimicking of sex act» 57. Evocare
la sessualità tuttavia non può essere definito evento volgare ma poetico se si
considera l’atto sessuale come momento intenso di sentimenti, di amore,
momento generatore di vita, di piacere e di elevazione del corpo a tempio
dell’anima. In quel tempo di dedizione la donna e l’uomo si ascoltano
utilizzando tutti i sensi, si scoprono facendo del loro corpo il tramite del
loro essere più compiuto. Il corpo diviene soggetto, si riempie di energia e
la libera attraverso movimenti verso l’altro/a. Andarsi incontro, cercarsi è il
primo passo per ritrovare la propria umanità. Sia la donna che l’uomo
sviluppano movimenti del ventre sia ritmici che sinuosi. La donna
attraverso la Danza del Ventre può allenare quei movimenti che le regalano
la capacità di aumentare il piacere, giungere più facilmente all’orgasmo e
intensificare quel movimento espressivo ed impressivo.

Due elementi importanti per lo sviluppo della sensualità oltre il ventre


e il petto, sono lo sguardo e i capelli. Lo sguardo risulta un importante

55 José Sasportes, Danza ed erotismo. Di chi? Per chi?, Danza e Ricerca. Laboratorio di
studi, scritture, visioni, anno VI, numero 5, 2014, p.13.
56 Gandra, Lorenzon, Danze Orientali, Reggio Emilia, Prandi Sound Records, 2006, p.
57 Frank Kouwenhoven e James Kippen, Music, Dance and the Art of seduction,
University of Chicago, Eburon, 2014, p. 211. «Le parti del corpo femminile vengono
scosse, spinte e ruotate e mimano l’atto sessuale»

26
strumento di gestione dell’interesse dello spettatore. Infatti nella danza, la
donna osserva la parte del corpo su cui vuole concentrare l’attenzione
dell’osservatore. Per gli Egizi la luna ed il sole erano gli occhi di Horus,
amante di Iside. Questi organi, e con loro la mimica facciale, possiedono un
grande potere di trasmissione delle emozioni e sono fondamentali per
stimolare la relazione con il pubblico. Importante è per questo, esercitarsi a
“guardare”; a non aver paura di chi ci ricambia; a comprendere le emozioni
dell’altro e confrontarsi con la sua l’anima. L’errore che molto spesso si
riscontra è quello di indirizzare lo sguardo verso un punto generico,
estraniandosi e ballando per “qualcuno”. La danzatrice che lascia danzare la
sua essenza ha invece il coraggio di guardare i visi e il coraggio di
presentare a ogni persona la sua anima. Lavorare sulla difficoltà di guardare
l’altro, dona la possibilità di sconfiggere la timidezza, aumentare la propria
sensualità e autostima. Condividere con l’altro diviene occasione di crescita
del proprio mondo interiore. Gli occhi rappresentano l’unico luogo del
corpo di una donna mediorientale che possiede libertà di espressione, dato
l’abbigliamento imposto dall’Islam. Essi pertanto sono diventati
«l’epicentro, il fulcro essenziale della seduzione»58.

I capelli «sono parti distaccabili che si tagliano e si rinnovano


all’infinito, rappresentano la forza vitale e sono in relazione costante con
l’essenza dell’essere umano»59. Elemento distintivo per eccellenza della
donna, la capigliatura rappresenta la femminilità, la sensualità e in alcune
epoche è stata rigidamente utilizzata come principio di giudizio: in
occidente se raccolti erano indice di aristocrazia, se sciolti marchio di donne
dissolute. «L’idea di provocazione sessuale legata alla capigliatura sciolta e
fluente è all’origine dell’imposizione di coprire la testa per entrare nei

58 Chabel Melek, Il libro delle seduzioni seguito da dieci aforismi sull’amore, Bollati
Bolinghieri, 2001.
59 Strova Maria, Il linguaggio segreto della Danza del Ventre, i simboli, la sensualità, la
maternità, le radici dimenticate, Roma, Macro Edizioni, 2005, p.145.

27
luoghi santi»60. Comprendere perciò che i capelli possono essere accarezzati
e messi al centro dell’attenzione nella danza, permette alla donna di
riempirli di valore e potenzialità anche nella quotidianità e nel rapporto con
il proprio uomo.

La sessualità dunque rappresenta un elemento costitutivo dell’uomo e


possedere un’«integrazione degli aspetti somatici, emozionali, intellettuali e
sociali dell’essere umano sessuato»61 indica essere in salute. Una donna,
quindi, capace di ascoltarsi ed esprimersi può definirsi una donna completa.
«La sessualità è inscritta in tutte le dimensioni dell’esperienza umana:
ragione, libertà, affettività. Educare alla sessualità è educare la totalità della
persona alla scoperta dell’amore, e nello stesso tempo, al riconoscimento e
al rispetto dell’alterità, fino a scoprire il valore e la dignità della propria
persona.»62. Scopriamo questo bisogno di espressione della propria
sessualità anche nei balli popolari che non limitano i movimenti ma li
assecondano, creano occasioni di condivisione tra generi, famiglie e
colmano bisogni diversi. Ad esempio, nel «tarantismo si rivela
l’incarnazione di un mito del Femminile per il Femminile, essendo
manifestazione di una forma di eros precluso e sfogo dai condizionamenti
di una società rigidamente patriarcale.»63. Persino nella storia del balletto
viene risaltata l’erotica che stigmatizza la figura della donna, incanalandola
in una dimensione di peccato e pericolo da cui salvaguardarsi. «Alle
ballerine furono attribuite arti di impadronirsi della volontà dei maschi e di
farli schiavi della loro voluttà. L’esempio immediato, e costantemente
impugnato da tutti i detrattori della danza, fu quello di Salomè. Il rifiuto
della seduzione fu uno degli elementi caratteristici della postmodern dance,

60 Ivi, p.144.
61 AA.VV., L'educazione sessuale, Brescia, La scuola, 1980.
62 TeenStar, Programma di educazione affettiva sessuale Teen STAR Istruzioni per i
Tutor, Salerno, Stampa Fusco, 2015.
63 Zazzaroni Annarita, Il ragno che danza. Il mito di Aracne nel tarantismo pugliese,
Amaltea. Revista de mitocrítica Vol. 2, 2010.

28
condizionata dalla teoria femminista che le ballerine non dovrebbero
consentire che la loro sensualità sia un’arma estetica.»64.

Nell’opera di Oscar Wild, Salomè danzava “la danza dei sette veli”,
nel vangelo di Matteo e in quello di Marco invece, non viene esplicitata la
tipologia della danza realizzata. La danza del velo da qui in poi venne
identificata come danza erotica e peccaminosa che fece decapitare S.
Giovanni Battista. Il velo in realtà è sempre stato un accessorio per
proteggere la regalità e sacralità, pensiamo agli altari ebraici, alle statue di
divinità, ai sacerdoti di comunità antiche o a una sposa. Velare vuol dire
proteggere la verità nella sua purezza, creare il mistero e la bellezza
dell’attesa. Come il velo di Maya per Schopenhauer, come il velo di Iside
per gli Egizi, sollevarlo richiede fatica, impegno, poiché svelare la realtà,
conoscerla profondamente e affermarla davanti all’altro porta
all’abbattimento delle certezze, del pensiero convenzionale, delle usanze. In
questo senso il velo offre l’occasione alla donna di scegliere quando e come
svelarsi, di essere padrona del proprio corpo e della propria anima.
Attivando questo meccanismo infonde piacere nell’osservatore che
riconosce l’enorme abilità della donna nel gestire le sue reazioni e evocare
le sue emozioni, ma allo stesso tempo dona sconcerto ad un pubblico non
pronto che piuttosto che riconoscere la sacralità di un essere capace di
scegliere per sé e dimostrare intelligenza, lo svuota, lo limita e lo minimizza
all’eros.

Capitolo 3:

CATARSI DELL’UMANO

«Si può essere occidentali, birmani, o qualsiasi altra cosa ma,


la consapevolezza del nostro corpo e della sua funzione

64José Sasportes, Danza ed erotismo. Di chi? Per chi?, Danza e Ricerca. Laboratorio di
studi, scritture, visioni, anno VI, numero 5, 2014, p.21.

29
emerge nella danza, e allora si diventa un danzatore,
non più solo un essere
umano»65.

Martha Graham

3.1) Esperienza catartica


Fare un’esperienza catartica vuol dire raggiungere l’equilibrio, la
purificazione di sentimenti profondi propri dell’umanità dell’uomo come la
paura e la pietà.66 La verità si scopre attraverso l’illuminazione, l’esperienza
del dolore, il confronto con l’altro e questo processo richiede coraggio e
sensibilità d’animo. L’uomo che giunge alla catarsi è colui che attua quel
processo di apprendimento/comprensione incessante e che possiede il
piacere per la vita. Aristotele, nella Poetica, relaziona la Katharsi con il
poeta tragico il quale attraverso le sue opere, riesce a realizzare un
perfezionamento nelle persone a cui si rivolge. 67 Come la poesia possiede
questo potere di elevazione umana, anche la danza e la musica, la pittura e
la scultura, essendo forme d’arte, contengono al loro interno questa
capacità. «L’unico modo di valutare autenticamente un’opera d’arte è
vedere se essa stimola davvero una revisione del nostro modo di essere nel
mondo».68

Kandinskij, pittore russo della prima metà del ‘900 afferma: «Il
colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è
un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle
mille corde»69 e così come nella pittura il colore agisce da strumento
“musicale” per compiere un movimento dell’anima ,essendoci

65 Alessandro Potremoli, La danza Storia, teoria, estetica nel Novecento, Laterza, 2017.
66 Cfr. Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica. Dalla Poetica di Aristotele alla poetica
dell’educare, Roma, Anicia, 2013, p.48.
67 Cfr. Ivi, p.47.
68 Gianni Vattimo, Opere complete I. Ermeneutica tomo 2, Roma, Meltemi, 2007, P.97.
69 Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte, Milano, SE, 2005.

30
«corrispondenza tra formazione di colori e relativi stati d’animo» 70 e
concependo il colore una «”vibrazione” come la musica»71, anche la danza
tende alla stimolazione di quel movimento diventando nell’interpretazione
musicale : vibrazione, colore, poesia, tipica realtà, essenza dell’uomo. Si
può affermare che la danza sia insita nel concetto stesso di poesia intesa
come liberazione dal corpo, estasi angelicata che può sublimare l’eros o
dare un valore di riscatto spirituale. Ma «perché un movimento intenzionale
e ordinato sia danza, è necessario che esso eserciti inoltre un’efficacia
comunicativa attraverso un codice non-verbale»72. Il movimento
intenzionale «è divenuto di volta in volta il portavoce di valori morali e
religiosi, di istanze rituali, di esigenze pratiche, oppure assurge a codice di
comportamento, elemento di distinzione sociale»73 fino a divenire
movimento catartico.

La Danza del Ventre in particolare, essendo danza introversa, è capace


di stimolare quei sentimenti tipici dell’uomo e della donna, di scavare in
essi ed elaborarli. I movimenti centrati sul proprio io, sull’ascolto del
proprio corpo, di ciò che esso “sente” e di ciò che esso vuole esprimere,
l’abbigliamento che aiuta la consapevolezza fisica attraverso un’esperienza
sensoriale, incoraggiano la realizzazione della catarsi e così alla
comprensione degli aspetti più profondi della realtà psicologica ed
esistenziale della danzatrice. La musica rilassante e per lo più mono-
strumentale, la melodia e il ritmo ripetitivo, incoraggiano la creatività e
l’attività dell’emisfero destro e accompagnano l’altro «in una dimensione
onirica, abbandonando le resistenze per aprirsi alla voce dell’inconscio» 74.

70Anna Cavallaro, Il cavaliere azzurro e l’orfismo, Milano, Fratelli Fabbri Editore,1976,


p.40.
71Ivi, p.42.
72 Loredana Mancini, «La rappresentazione della danza e del movimento ritmico
nell’arte Greca», Rhuthmos, http://rhuthmos.eu/spip.php?article152, 23 juillet 2010.
73 Pontremoli Alessandro, La danza Storia, teoria, estetica nel Novecento, Laterza, 2017.
74 Claudia Macaluso e Silvia Zerbeloni, La Danzaterapia, Xenia, 1999, p.61.

31
Si può introdurre ora l’esperienza del Tarab accostandolo a quella della
catarsi.

«Tarab è un aspetto caratteristico dell’ascolto della musica connesso


alla medesima cultura ed usanza degli arabi, alla stessa disposizione
mentale degli individui “nati e cresciuti nella stessa tradizione culturale”, i
quali non trovano alcuna inibizione nella forte partecipazione emotiva,
manifestandola con voci, gesti e movimenti particolari durante l’ascolto
della musica»75. Il Tarab può sviluppare catarsi in quanto incita
l’espressione dei sentimenti dell’uomo. Egli nel Tarab ha la possibilità di
esprimersi, di «risvegliare le associazioni emotive creando situazioni che
coinvolgono l‘itera sensibilità e sensazioni che si aprono alla coscienza
dell’io che viene assorbito dalla totalità dell’individuo» 76. L’uomo riesce a
percepire il suo intero, la sua completezza grazie alla relazione tra la sua
anima e il suo cuore, la sua parte emotiva, fino a commuoversi.
«“Commuovere” deriva dal latino commovēre: muovere profondamente
gli affetti, cagionare un vivo sentimento di pietà, dolore» 77 , questo verbo
diventa, in questa analisi, un movimento chiave per raggiungere il Tarab e
la catarsi nei quali l’anima, la musica strumentale ed il canto si fanno
«necessità di nutrimento dello spirito in quanto riescono a provocare una
tale emozione da superare ogni ragione, spingendo l’ascoltatore al più alto
stato di commozione, fino a portarlo quasi a una sorta di trance artistica» 78.

«A dancer sends messages of emotion through muscle


contraction and release, tension and relaxation, rhythmic variation,
proximity, bringing the patron within her kinesphere (the space

75 Bayatly Kassim, Il corpo svelato. Tecnica, storia ed emozioni della danza del ventre,
Torino, Ananke, 2005, p.52.
76 Ibidem.
77 Treccani la cultura italiana, http://www.treccani.it/vocabolario/commuovere/,
Vocabolario online, 25/112017.
78 Bayatly Kassim, Il corpo svelato. Tecnica, storia ed emozioni della danza del ventre,
Torino, Ananke, 2005, p.52.

32
defined by extending her limbs without changing her stance and
within which she bodily creates designs) and touch»79.

In particolar modo i movimenti dello “shimmy” (vibrazione del corpo)


e dell’“otto” (rotazione del bacino orizzontale o verticale) sollecitano
l’inconscio e possono accompagnare l’osservatore in questo stato di trance,
evento che l’uomo occidentale ha difficoltà a sperimentare.

Egli è bloccato dalle paure di giudizio dell’altro; dalla rigidità del


proprio corpo; dal terrore di apparire debole nell’esprimere ciò che prova, o
banale e noioso soffermandosi sulla propria emotività; dell’angoscia di fare
delle figuracce lasciandosi trasportare o di incontrarsi faccia a faccia con il
proprio sé e così “fare i conti” una volta per tutte. Una lunga lista di
barriere che non permettono all’uomo di fare esperienze di catarsi e così di
migliorarsi non solo emotivamente, ma anche intellettualmente. Sono i
bambini, con la loro semplicità, in questo caso, che ci insegnano qualcosa:
lo sviluppo dell’uomo, la sua completa crescita si attua attraverso
l’esperienza affettiva di tutto ciò che ci circonda che può essere colta grazie
ad una sensibilità già innata in noi che ha bisogno di essere coltivata e non
perduta.80

Si riconoscono nell’uomo infatti, due caratteri: la razionalità,


sviluppata dalle scienze e la mimesicità dalle arti come esplicitato
dall’analisi aristotelica contenuta nella Politica e nella Poetica81. Rispetto
alla parte razionale, la parte mimesica rappresenta la componente meno
sviluppata da parte della scuola e meno considerata fondamentale per

79 Frank Kouwenhoven e James Kippen, Music, Dance and the Art of seduction,
University of Chicago, Eburon, 2014, p.210. «Una danzatrice invia messaggi di emozione
attraverso la contrazione e il rilascio muscolare, tensione e rilassamento, variazione
ritmica, vicinanza, portando il patrono nella sua kinesfera (lo spazio definito estendendo
le sue membra senza cambiare la sua posizione e all'interno del quale crea disegni) fino a
toccarsi».
80 Cfr. Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica. Dalla Poetica di Aristotele alla
poetica dell’educare, Roma, Anicia, 2013, pp. 23-24.
81 Cfr. Ivi, pp. 14-15 e pp. 22-24.

33
l’uomo dalla società odierna. L’attività mimesica, in verità, risulta essere un
elemento di importanza cruciale per la formazione di un uomo completo
poiché va a integrare l’azione affidata alla ragione. L’uomo mimesico, oltre
che razionale, è capace di riconoscere il fine ultimo della propria vita e di
agire secondo la legge della verità, della giustizia e dell’amore. «Un uomo
mimesicamente e razionalmente adulto avrà l’habitus di usare la sua
razionalità per operare intenzionalmente per la felicità dell’atro,
perseguendo in questa felicità la propria felicità»82. Per giungere alla catarsi
quindi è necessario per l’uomo riscoprire la sua parte umana da accostare
con delicatezza alla sua abilità razionale. Per fare ciò c’è bisogno di fidarsi
di tutte le capacità dell’uomo, non escluderne nessuna così da poter
rivendicare la vera essenza dell’essere umano, di scegliere di scoprirsi e
poter credere negli «essere umani che hanno il coraggio di essere umani». 83

Con la riscoperta dei sentimenti profondi, ai fini di una catarsi


dell’umano, attraverso una forma d’arte che può essere quella dalla danza,
l’uomo si umanizza e conosce sé stesso, 84 e conoscendosi, si avvicina al
mondo dell’altro grazie alla possibilità e alla libertà che essa fornisce nel
creare tempi per la contemplazione, per la riflessione, per l’immaginazione
e per la mimesis e la fantasia.

3.2 Per noi uomini non più umani


Saper contemplare la finzione utilizzando la fantasia, sapersi
immedesimare in una realtà immaginata, saper fare mimesis, anche in
questa analisi, sono fondamentali: per allenarsi all’umanità, per scoprire
cosa c’è al di là dell’oggettività del mondo, per comprendere l’altro e
«concretare la riqualificazione del vivere e del con-vivere» 85. Intendo la
finzione con un’accezione positiva, come Leopardi la intende nel
82 Ivi, p.78.
83 Marco Mengoni, Essere umani, da Parole in circolo, RCA Records, 2015.
84 Riferimento all’esortazione greca dell’oracolo di Delfi.

34
“L’Infinito”: «io nel pensier mi fingo»86 cioè attraverso il pensiero,
immagino una realtà diversa da quella che vivo e mi proietto oltre quella
“siepe” che si presenta a prima vista come ostacolo, ma come stimolo
catartico in un momento di espressione riflessiva. Michele Caparezza,
cantautore, rapper e produttore discografico italiano, nel suo ultimo album
introspettivo descrive la finzione come la via donata dall’arte e dall’umanità
dell’uomo per la pace del mondo: «Solo accettando la finzione noi
ritroveremo l’umanità»87 a lasciar intuire l’importanza della
rappresentazione concettuale dell’arte, dei romanzi e favole per l’infanzia,
degli elementi della quotidianità come un sorriso o un saluto di cortesia per
mantenere quella giusta percentuale di finzione che all’uomo è utile al
mantenimento e sviluppo del suo carattere mimesico che si congiunge a
quello razionale. La completezza dell’uomo e pertanto la somma di tali
caratteri, gli permette di umanizzarsi ed esprimersi rendendo più fluido il
percorso verso la realizzazione del proprio sé in un contesto dove si riesce a
comprendere la natura umana dell’altro e dunque giungere ad un
perfezionamento del viver-si e del con-vivere.

Robert Baden-Powell, generale, educatore e scrittore britannico,


fondatore dello scoutismo, nel 1922 in un suo scritto afferma: «La libertà di
esprimersi è la strada migliore verso il successo» 88. Il successo viene inteso

85 Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica. Dalla Poetica di Aristotele alla poetica


dell’educare, Roma, Anicia, 2013, p.77.
86 «Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quìete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura.
[…]».
Giacomo Leopardi, L’infinito, in Canti, edizione critica, a cura di Alessandro Donati,
Bari, Laterza, 1917.
87 Caparezza, L’infinto, da Prisoner 709, Universal Music Group, 2017.
88 Robert Baden-Powell, Guida da te la tua canoa, pensieri per i giovani, Fiordaliso,
2013, p.40.

35
in termini di autorealizzazione e felicità. Un’ anticipazione alquanto
importante al tempo considerando che ancora oggi l’espressività
rappresenta uno degli ostacoli più complicati da superare per un adolescente
quanto per un uomo adulto nonostante le possibilità che si presentano di
poter esprimere sé stessi, i propri sentimenti, i propri pensieri in mondi
virtuali paralleli. Allora forse non sono i mezzi che ci mancano, ma la
riscoperta della nostra parte umana capace di accostarci ad un altro essere
umano e di renderci amorevoli, capaci di istaurare e coltivare una relazione
profonda. È in questa circostanza che le distanze fisiche si accorciano e i
mezzi di comunicazione, d’informazione divengono strumenti di crescita
per l’umanità e non sviluppano dipendenze o patologie che vanno ad
intaccare il benessere dell’uomo. La libertà d’esprimersi deve dunque
mettersi in relazione con la libertà d’espressione dell’altro e questo
movimento espressivo ed impressivo allo stesso tempo, pone le basi per un
meccanismo di apprendimento/comprensione che aiuta l’uomo e l’umanità
intera nella sua crescita89. Sviluppare un movimento espressivo nella Danza
del Ventre vuol dire, come già detto, istaurare un legame profondo con sé
stessi ma non solo. La Danza del Ventre non è solo una danza solista. Oggi
ad esempio, è comune esibirsi in gruppo di 3/10 danzatrici, di solito
un’insegnante con le sue allieve, in teatro o in occasione di eventi cittadini.
Nelle lezioni così come nelle esibizioni si innescano i dinamismi tipici del
gruppo come il senso di appartenenza «essenziale per strutturare la propria
identità che è allo stesso tempo individuale e sociale» 90, l’interdipendenza
soggetto/gruppo, la coesione, la socializzazione e la leadership
rappresentata dall’insegnante91. Questi elementi favoriscono la creazione di

89 Cfr. Scaramuzzo Gilberto, Educazione poetica. Dalla Poetica di Aristotele alla poetica
dell’educare, Roma, Anicia, 2013, p.42.
90 Barbara Bertani e Mara Manetti, Psicologia dei gruppi. Teoria, contesti e metodologie
d'intervento, Milano, Franco Angeli, 2007, p.67.
91Cfr. Dott. Adriano Cosi, Gruppi e dinamica di gruppo, Psicologia e Psicoterapia al
servizio del benessere,
http://www.psicologo-psicoterapeuta-firenze.net/Psicologo_Psicoterapeuta_Articoli/
Gruppi_%20dinamica_gruppo_Firenze.htm, 18/01/2018.

36
relazioni interpersonali nelle quali l’individuo investe le proprie energie per
donare qualcosa all’altro e accogliere allo stesso tempo il dono dell’altro.
Una comunità d’ apprendimento non solo cognitivo/espressivo, ma anche di
«norme collettive, modelli di condotta, esperienze che portano al
miglioramento della socializzazione»92. Essa infatti si basa sulla
collaborazione reciproca e sulla comprensione dei tempi e diversità di
ognuno e in grado di lasciare la libertà ad ogni suo membro di riconoscere il
proprio obiettivo e lavorare per raggiungerlo in un clima sereno e
accogliente. Nelle lezioni di Danza del Ventre è inoltre spesso utilizzato il
metodo del «circle time che ha l’obbiettivo di favorire la conoscenza
reciproca, la comunicazione e la cooperazione»93 tra i membri.

La Danza del Ventre pertanto potrebbe essere utilizzata nel campo


delle arti-terapie, ma ancor di più potrebbe essere insegnata attraverso lo
sguardo di una pedagogia dell’espressione che si occupa dello sviluppo
pieno dell’umanità dell’uomo che richiede la libertà di esprimersi nella
propria diversità. Si occupa di come si diventa umani in pienezza studiando
i dinamismi espressivi ponendosi l’obiettivo di ricercare le radici
dell’espressività e considerandole il punto di partenza del processo di
apprendimento94.

3.3 Danza interculturale


«La discapacidad surge del fracaso de un entorno social estructurado a
la hora de ajustarse a las necesidades y las aspiraciones de los

92 Barbara Bertani e Mara Manetti, Psicologia dei gruppi. Teoria, contesti e metodologie
d'intervento, Milano, Franco Angeli, 2007, p.281.
93 Ivi, p.283.
94 Cfr. Canale YouTube: PedagogiaEspressione, Pedagogia dell'Espressione e
Arteterapia, Intervista a Gilberto Scaramuzzo, https://www.youtube.com/watch?
v=1tkA5Pztqpc, Pubblicato il 22 ottobre 2015.

37
ciudadanos con carencias, más que la incapacidad de los individuos
discapacitados para adaptarse a las exigencias de la sociedad»95

Come sappiamo, la società, oggi come nel passato, molto spesso considera
la diversità una componente utile all’attivazione di meccanismi di
discriminazione ed esclusione sociale. Intendo la diversità in un’ottica
positiva, come quel carattere proprio di ogni individuo rispetto ad un altro e
complementare al carattere della somiglianza tra individui in aspetti
generali come il sesso, la razza, la cultura, ecc.. il quadro di riferimento
pertanto cambia e con esso muta la percezione di diversità e somiglianza.
Una persona ad esempio, può riconoscersi simile ad altri uomini
culturalmente, e allo stesso tempo percepire ed essere percepito diverso per
quello stesso elemento se posto difronte ad un'altra cultura. In quest’ultimo
caso, ciò in cui è facile cadere, è la considerazione della diversità come
estraneità e non come alterità96, né tantomeno si riesce facilmente a
riconoscere l’altro come “prossimo”, vicino, essere umano capace di
compassione, di donare e di ricevere al fine di uno scambio in grado di
accrescere la relazione istaurata»97. Riuscire a percepire la diversità sotto
questa accezione in un mondo multiculturale e colmo di differenze sempre
più tangibili, è complesso. Allenare lo sguardo alle differenze e valutarle
come stimoli per la crescita dell’individuo e il progresso della società in
ogni suo aspetto, concepirla come «il modo stesso di esprimersi della
realtà»98, risulta essere la strada per il perfezionamento della convivenza e
per il benessere sentimentale dell’uomo.

95 «La disabilità deriva dal fallimento di un ambiente sociale strutturato per adattarsi ai
bisogni e alle aspirazioni dei cittadini svantaggiati, piuttosto che all'incapacità delle
persone con disabilità di adattarsi alle esigenze della società». Hans, Public support for
rehabilitation programs: The analysis fo US Disability Policy, en Disability, handicaps
and society, 1986, Vol.6, nº1, pg.3-20.
96L’Altro: considerazione dell’altro come essere diverso da me che riesco a
comprendere, ma che non includo nella mia sfera esistenziale. Cfr. Ricci Sindoni, L'altro.
Parole allo specchio, Padova, Edizioni Messaggero, 2015.
97 Cfr. Ibidem.
98 Lucia Chiappetta Cajola, Didattica del gioco e integrazione. Progettare con l’ICF,
Urbino, 2012, p.12.

38
L’esercizio più efficace ed efficiente proposto dalle scienze
dell’educazione è la sollecitazione del pensiero sociale nella concezione
globale della Persona, delle sue esperienze e vissuti, dell’ambiente
famigliare e culturale, della biologia e dei sentimenti, delle attitudini e
abilità. La pedagogia dell’espressione si presenta come disciplina che studia
l’uomo nella sua completezza durante il suo intero ciclo di vita e riconosce
all’arte, allo sport e ai vasti mondi espressivi, la capacità di sensibilizzare
alla diversità e di partire da essa per la progettazione di un percorso
formativo che sia anche interculturale.

«Podemos hablar de la educación y en concreto de la educación por el


arte y la importante relación que tiene a nivel de integración y
sensibilización ante la diversidad y la capacidad de desarrollar las
diferentes capacidades de las personas»99.

(Vicenta Galiana Lloret)

L’integrazione dunque costituisce uno dei fini dell’educazione la


quale pone la giusta attenzione sulle differenze e sui punti di forza di ogni
individuo attraverso un approccio individualizzato, nei contesti più
disparati. È però importante chiarire il significato del termine
“integrazione” e sottolineare l’antinomia che si genera con il termine
“inclusione”. Nella dimensione dell’integrazione infatti, si richiede
implicitamente al soggetto un miglioramento e il raggiungimento di un
grado di autonomia utile a superare le difficoltà. In sostanza «il successo
dell’appartenenza viene misurato a partire dal grado di normalizzazione
raggiunto»100, mentre l’inclusione «fa riferimento essenzialmente a un

99 «Possiamo parlare di educazione e in particolare di educazione per l'arte e


dell'importante rapporto che ha al livello di integrazione e consapevolezza della diversità
e della capacità di sviluppare le diverse capacità delle persone». Vicenta Galiana Lloret,
Aplicaciones del Arte en la Integración Social: Arte, Terapia y Educación en la
Diversidad, Lcda en Bellas Artes, DEA en la Universidad Complutense de Madrid dentro
del programa de Doctorado, 05/05/09, p.81.
100 Dovigo Fabio, L’index per l’inclusione: una proposta per lo sviluppo inclusivo della
scuola, in Booth, Ainscow, 2002, p.12.

39
ambiente in grado di rimuovere in continuazione gli ostacoli che ne
limitano la partecipazione»101 e suggerisce un’azione di apertura alla
diversità e di coinvolgimento diretto con essa.102

La danza come disciplina artistica, forma di espressione e di


comunicazione, può essere osservata ed apprezzata anche per la sua
attitudine a incoraggiare il dialogo tra culture differenti. «Per la sua natura
di linguaggio universale, che comunica a livello della corporeità e del
sentire, la danza è ottimale nell’approccio tra culture diverse. Ciò che si
mette in comunicazione è ciò che accomuna gli uomini, non ciò che li
divide»103. Perché il linguaggio sia universale però, c’è bisogno che la
danzatrice o il danzatore siano perfettamente in sintonia con il mondo, con
le sue diversità e contraddizioni. Porsi con un atteggiamento di scoperta e
curiosità diviene la chiave per l’affinamento del linguaggio del corpo;
comprendere attraverso la mimesis i caratteri della cultura che porta con sé
ogni danza, permette ad essa di muovere alla catarsi dell’umano. «Per poter
evitare la meccanicità dell’imitazione, occorre un certo livello di
conoscenza della cultura»104, ma perché una danza possa definirsi
“educativa” c’è bisogno di introdurla in un percorso di crescita che non può
che non essere interculturale. Educare all’Intercultura vuol dire elaborare
un progetto educativo intenzionale che «si propone di modificare le

101 Lucia Chiappetta Cajola, Didattica del gioco e integrazione. Progettare con l’ICF,
Urbino, 2012, p.20.
102 Cfr. Ibidem.
103 Roberta Landuzzi, Interculturalità e mondo della scuola. Laboratorio di danze
etniche nell’educazione, all’interculturalità a scuola, Università di Ferrara,
http://www.unife.it/letterefilosofia/filo.edu/studiare/tirocinio-formativo/materiale-
seminari-teorici/a-a-2012_2013/danza-e-intercultura.pdf, 18/01/2018, p.1.

104 Kassim Bayatly, Il corpo svelato Tecnica, storia ed emozioni della danza del ventre,
Ananke, Torino, 2005, p.73.

40
percezioni e gli abiti cognitivi con cui generalmente si rappresentano sia gli
stranieri sia il nuovo mondo delle interdipendenze»105.

Propongo di seguito la Danza del Ventre come strumento educativo da


poter inserire all’interno di un percorso formativo, volto alla scoperta della
cultura araba e alla comprensione e inclusione della diversità, per lo
sviluppo di una identità globale sulle orme di Ettore Gelpi: italiano,
europeo, cittadino del mondo. L’abbandono di un punto di vista occidentale
e l’insorgere graduale di occhi che guardano questa danza con sentimento,
permettono di elevarla a danza educativa e in questa istanza, a danza
interculturale. Essa avvicina culture lontane, condivide con loro le proprie
somiglianze e differenze, si apre al mondo e alle sue influenze 106. La
condivisione disegna il sentiero inesplorato della convivenza e la donna
durante questo cammino, possiede dentro sé i termini adatti per elaborare
un linguaggio che sia tutto femminile. Ella così attraverso la Danza del
Ventre, delineando un linguaggio universale del femminile e del mondo.

CONCLUSIONI

Il presente lavoro di tesi ha cercato di analizzare le possibili


potenzialità educative della Danza del Ventre in contesti
prevalentemente rivolti alla donna con l’intento di rivalutare questa
primordiale danza e sensibilizzare il pensiero collettivo.

Si è delineato uno strumento in grado di muovere l’animo dell’uomo


in ambienti multiculturali presentandosi come ponte tra le diversità e
inserendosi in progetti interculturali basati sulla scoperta e
condivisione delle culture.

105Massimiliano Fiorucci, L’educazione interculturale: una proposta per tutti,


http://www.giuntiscuola.it/sesamo/cultura-e-societa/punti-di-vista/punti-di-vista-l-
educazione-interculturale-una-proposta-per-tutti/, 18 Gennaio 2015.
106 Esistono stili differenti della Danza del Ventre influenzati da culture diverse come la
Tribal fusion o la danza del velo.

41
Elementi tipici della Danza del Ventre sono stati riconosciuti come
frutti di un’elaborazione mimesica dell’uomo durante la storia, ed essi
sono stati presentati al lettore nella loro corposità poetica. Si è
raccontata la mimesis con le sue capacità di sollecitazione del processo
di apprendimento/comprensione.

Si è presentata la modalità proposta dalla Pedagogia dell’Espressione,


di creare legami inter-relazionali in un percorso incentrato
sull’umanizzazione dell’uomo tramite l’espressione del proprio sé,
indirizzato alla comprensione dell’Altro, simile e diverso da noi; alla
riscoperta dei sentimenti profondi ed il loro equilibrio ed il
conseguente raggiungimento della catarsi.

Per un’educazione sentimentale della donna, la Danza del Ventre si è


rivelata portatrice di benessere espressivo; abbiamo notato come essa
possa aumentare la consapevolezza della propria identità e del proprio
corpo e sia capace di presentarla al mondo maschile.

Si propone pertanto, l’inserimento della Danza del Ventre in progetti


contro la violenza sulle donne portati avanti da centri che si
impegnano a promuovere socialmente il femminile con l'intento di
contrastare ogni forma di violenza e promuovere un cambiamento
culturale che abbia come punto di partenza la parità di genere e la
valorizzazione delle differenze; in case famiglia con lo scopo di
tutelare la maternità mediante l’accoglienza di donne in difficoltà con
la possibilità di costruire un approccio sereno ed equilibrato sia con la
figura maschile nella prospettiva di un partner futuro e di un nucleo
familiare che con il proprio corpo attraverso un percorso di
accettazione e rivalutazione; in centri d’accoglienza per migranti con
lo scopo di favorire il dialogo e l’ospitalità tramite l’attivazione di
laboratori interculturali per le donne migranti e straniere.

42
Il mutamento in direzione della valutazione dell’essere uomini
consapevoli nel riconoscersi Persone si svela il viaggio verso la
Felicità.

«Happiness is real only when shared»

[Christopher MeCcandless, 1992]

43
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48
RINGRAZIAMENTI

Desidero anzitutto ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella


stesura di questa tesi. Il Professor Gilberto Scaramuzzo, relatore, per aver
creduto in me, per avermi ispirata ed incoraggiata e per avermi immerso nel
magico mondo della Mimesis. Mi ha dato l’occasione di riflettere e
commuovermi.

Ringrazio l’Università di Roma Tre con i docenti ed il personale che


hanno saputo offrirmi i giusti spunti perché potessi conoscere, imparare ed
appassionarmi agli argomenti trattati in questi tre anni di studio.

Inoltre, un grazie anche alle mie amiche universitarie: Enkeleda,


Andreea, Ana, Sara e Silvia che sono state per me un po' come caramelle,
mi hanno regalato istanti di gioia e di condivisione e hanno reso questi anni
indimenticabili. In particolar modo vorrei ringraziare Federica Celi,
un’amica romana che ha saputo travolgermi con la sua infinita bontà, è per
me come un fiocchetto sul pacchetto regalo.

Ringrazio la mia migliore amica Daniela Giangiacomo che nonostante


la distanza mi è stata affianco sostenendomi diventando un pilastro della
mia vita.

Un ringraziamento speciale va alle mie coinquiline Ersilia, Caterina,


Valery e Livia con le quali ho condiviso giornate di studio, di chiacchiere,
di follia, di amicizia e che hanno colorato la vita a Roma con sapori culinari
unici ed indimenticabili.

Un lavoro sulla Danza del Ventre non sarebbe stato possibile senza
l’aiuto della mia Maestra Jolina Vittoria Iavicoli che mi ha trasmesso il
fascino di questa danza.

49
Un pensiero anche al mio fidanzato Giuseppe il quale mi ha trasmesso
la grinta necessaria per affrontare gli esami e ha sempre creduto nelle mie
capacità e nei miei sogni per il futuro. Lo ringrazio a cuore aperto per essere
con me ogni giorno.

Come non potrei ringraziare la mia famiglia per avermi dato la


possibilità istruirmi, di crescere e vivere in una città come studentessa fuori
sede. Ringrazio perciò i miei genitori perché con gratuità hanno fatto
sacrifici enormi per donarmi questa felicità.

Vorrei ringraziare infine, con particolare affetto, la citta di Roma, a


cui questo lavoro è dedicato, che mi ha accolto ed io amato con la sua
bellezza, arte e maestosità. Mi ha donato infiniti momenti di meraviglia e di
contemplazione.

50

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