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Sintassi

Gli ordini sintattici: L’italiano ha un ordine delle parole piuttosto rigido, ‘’SVO’’ (soggetto - verbo - compl.
oggetto) es. ‘’Marco mangia la pasta’’ (tipo non marcato o di ‘’default’’, più frequente), oppure ‘’La pasta la
mangia Marco’’ (esempio di costrutto marcato, deviante dall’ordine di base e meno frequente in una lingua).
La marcatezza di una frase dipende dalla sua frequenza. Lasciando la frase transitiva (ovvero senza renderla
passiva), vi sono altri ordini sintattici possibili in italiano oltre ad ‘’ SVO’’ (partendo da ‘’Tu fai il caffè’’): 1) ‘’Il
caffè fallo tu’’ (viene portato in prima posizione l’oggetto paziente che viene enfatizzato, questa posizione è la
cosiddetta ‘’periferia sinistra’’ dell’enunciato). In quest’ultima frase, il pronome clitico ‘’lo’’ di ‘’fallo’’ ha una
funzione anaforica (serve per recuperare all’interno della frase l’elemento messo nella periferia). Se ‘’il caffè’’
non fosse fuori dalla frase non ci sarebbe bisogno del clitico, il quale ci dice da un punto di vista sintattico che
quella parola è stata messa fuori dalla cornice della frase, in una parte che si chiama periferia (in questo caso la
periferia sinistra). Lo si fa per dare un certo rilievo o enfasi ad una determinata parola (in questo caso ‘’il caffè).
Nella frase ‘’Il caffè fallo tu, i piatti li faccio io’’, ‘’il caffè’’ si mette in contrasto con altri elementi presenti nel
discorso (come ‘’i piatti’’ in questo caso), se il primo si lasciasse in situ (nella sua posizione canonica) questo
valore di sottolineatura non glielo si potrebbe dare, per cui la sintassi offre un mezzo per marcarlo. Vi sono vari
modi per enfatizzare: uno di questi è quest’ultimo tipo di costrutto definito dislocazione. La dislocazione
consiste nell’estrapolazione di un elemento al di fuori della frase e può avvenire a sinistra ‘’Il caffè fallo tu’’ o a
destra, es. ‘’Fallo tu il caffè’’. Le spie per riconoscere la dislocazione sono: 1) il clitico (o ‘’pronome/timbro di
ripresa’’) con funzione anaforica (come ‘’lo’’ in ‘’Il caffè fallo tu’’, ‘’li’’ in ‘’I piatti li lavo io’’, ‘’l’ho’’ in ‘’Maria l’ho
incontrata’’, ‘’gli’’ in ‘’A Paolo glielo dico io’’) ecc..), il clitico con funzione ‘’anaforica’’ riprende un
elemento/informazione già enunciato/menzionato. Nella frase ‘’Li lavo io i piatti’’ o ‘’Fallo tu il caffè’’, il clitico
anticipa una funzione che viene dopo ed è quindi ‘’cataforico’’. Quando il clitico ha funzione cataforica, non è
detto che recuperi un solo argomento, ma può anticipare un intero pezzo di frase, es. ‘’Lo vedi che così a largo
non tocchi’’, dove ‘’lo’’ anticipa tutta la frase che viene dopo ‘’che così a largo non tocchi’’ che ha funzione di
compl. oggetto; si può quindi dislocare un’intera frase. In italiano standard questi costrutti (dislocazioni) sono
molto frequenti nel parlato (soprattutto quelle a destra, es. ‘’glielo dico io a Paolo’’ dove si ripete il compl. di
termine ‘’a Paolo’’, per maggiore chiarezza); 2) La pausa intonativa (tra ‘’Fallo tu’’ ed ‘’il caffè’’); 3) La frase scissa
(un altro caso di costrutto marcato) ha uno schema piuttosto fisso ‘’è x che’’, es. ‘’E’ una camicia che sta
cucendo la sarta, non i pantaloni’’, dove si corregge un’informazione mettendo un elemento marcato in
contrasto con altri elementi virtualmente presenti nel contesto, es. alla domanda ‘’Ho saputo che hai incontrato
Giovanni’’, vi è la risposta all’interlocutore (frase scissa) ‘’E’ Mario che ho incontrato non Giovanni’’. 4) Ci sono
una sorta di espressioni idiomatiche o locuzioni cristallizzate del tipo ‘’Non è che’’, es. ‘’Non è che avrebbe un
accendino?’’ o ‘’Non è che qualcuno sa dirmi?’’ anche in questo caso vi è sempre una frase scissa con schema
‘’è x che’’ preceduto da una negazione. 5) Es. domanda ‘’Hai visto Mario?’’, risposta ‘’Giovanni ho visto’’ dove si
enfatizza un elemento in contrasto con altri con un valore di ‘’focus’’ contrastivo, lo metto in evidenza (dandogli
valore di ‘’focus’’) contrastandolo con altri, altro es. domanda ‘’Abbiamo detto che ci vediamo il 23?’’ risposta
‘’Il 24 ci vediamo’’; la differenza con la dislocazione sta nel fatto che quest’elemento resta in qualche modo
sospeso nella frase (non ha legami grammaticali, infatti è definito ‘’tema sospeso’’, non collegato
sintatticamente con il resto della frase: non c’è un clitico che lo riprende; non ci sono elementi grammaticali che
lo agganciano al resto; non è dislocato (non è fuori dalla frase), ma ‘’sospeso’’, questo costrutto è conosciuto
anche come ‘’nominativus pendens’’ (nominativo pendente, che non ha legami con il resto della frase). ‘’A
Giovanni nessuno gli crederebbe’’ (dislocazione a sinistra, presenza della preposizione ‘’a’’), ‘’Giovanni, nessuno
gli crederebbe’’ (con enfasi e senza la preposizione ‘’a’’ che rappresenta il legame sintattico dislocativo con
funzione di dativo/compl. di termine, questo costrutto è quindi un caso di ‘’tema sospeso’’). Se si immagina la
frase come chiusa dentro una cornice, un elemento della frase rientra dentro la cornice e occupa una delle 3-4
posizioni possibili (4 se si include un secondo complemento diverso dal complemento oggetto), se invece esce
dalla cornice (confine della frase) si colloca fuori dalla frase stessa, in una posizione che si chiama ‘’periferia’’. In
latino c’era un ordine preferenziale ma non obbligatorio di tipo ‘’SOV’’ (soggetto - compl oggetto - verbo), si
potevano liberamente spostare i tre elementi, con l’eccezione di mantenere sempre il soggetto davanti al
complemento oggetto, nelle lingue occidentali romanze moderne a differenza del latino, a seconda dell’ordine
delle parole, può cambiare completamente il significato della frase. L’italiano sopperisce alla perdita delle
desinenze, grammaticalizzando l’ordine delle parole (che diventa esso stesso un segnale grammaticale per
decidere il ruolo delle parole nella frase: ciò che è a sinistra del verbo è il soggetto, ciò che è alla destra del
verbo è complemento oggetto). Per decidere qual è il soggetto o l’oggetto bisogna sempre partire dalla frase
non marcata, in irlandese (lingua celtica) o in arabo classico, l’ordine non marcato è ‘’VSO’’. L’ordine delle parole
in lingue analitiche (che non hanno più le desinenze flessive) si grammaticalizza (diventa segno del ruolo
grammaticale delle parole), si riconosce la funzione compl. oggetto, soggetto ecc.. solo dall’ordine/posizione
obbligato/a (grammaticalizzato/a) che queste parole hanno nella frase. Il latino, in antico indiano, in greco, in
celtico ecc.. questo non avviene perché c’erano le desinenze, che da sole davano alla parola un’autonomia
sintattica. Questo cambiamento da lingua sintetica a lingua analitica è un cambiamento fondamentale perché
porta implicazioni non solo alla morfologia ma anche alla sintassi perché cambia l’ordine delle parole e si
grammaticalizza (diventa un ordine rigido) che se si cambia, lo fa solo per ragioni funzionali, (per dare ad un
certo elemento una determinata enfasi es. ‘’la pasta la mangia Marco’’, costrutto dove si mette in evidenza la
parola ‘’pasta’’ spostandola dalla sua posizione canonica). Tutti gli ordini non sono casuali (come in latino), ma
funzionali. Un cambiamento della morfologia (tipologico) può portare grandi conseguenze nella fonetica
(perché si riduce il corpo della parola) e nella sintassi (perché si possono grammaticalizzare i ruoli sintattici,
l’ordine delle parole). ‘’Piero (soggetto) porta (verbo) il dolce’’ (compl. oggetto). Il soggetto può essere costituito
da un solo elemento come da un gruppo di elementi o ‘’sintagma’’ che mantiene lo stesso valore (es. ‘’il
bambino figlio di Maria’’ al posto di ‘’Piero’’). Il verbo può essere semplice o composto. Il compl. oggetto può
subire la stessa sostituzione del sostantivo (con un sintagma per esempio). Il linguaggio è una proprietà
biologica innata (‘’led’’, ‘’language acquisition device’’: con poche regole di base universali, che valgono per
tutte le grammatiche delle lingue del mondo, si possono attivare un numero infinito di frasi, il numero di frasi
componibili in una lingua è quindi infinito). Probabilmente il meccanismo cognitivo dell’essere umano ‘’led’’
ricorre ad un principio della logica matematica, la ‘’ricorsività’’ (poche regole di base che sono ricorsive,
ricorrono e permettono di costruire degli insiemi infiniti, altrimenti sarebbe impossibile per l’essere umano
comporre il numero di frasi che è in grado di comporre e sarebbe impossibile per un bambino che impara una
lingua 1, apprendere tutte le regole di base della lingua). Accanto a queste regole che si chiamano ‘’princìpi’’ e
valgono per tutte le lingue del mondo, esistono delle regole ‘’variabili’’ (o ‘’opzionali’’, alcune lingue le hanno,
altre no, definite anche come ‘’parametri’’). In sintassi, tutto quello che ruota intorno al verbo/predicato, es.
‘’soggetto’’ e ‘’oggetto’’ sono i cosiddetti ‘’argomenti’’: se un verbo può reggere un solo argomento si chiama
‘’monoargomentale’’ o ‘’monovalente’’ (es. ‘’Piero mangia’’), se può reggere due argomenti, ‘’biargomentale’’ o
‘’bivalente’’ (es. ‘’Piero mangia il dolce’’), se può reggere tre argomenti ‘’triargomentale’’ o ‘’trivalente’’ (es.
‘’Piero porta il dolce a Maria’’). Il verbo ‘’mangiare’’ per esempio può essere sia monoargomentale che
biargomentale (es. ‘’Piero mangia’’ e ‘’Piero mangia il dolce’’), mentre il verbo portare per esempio non può
essere monoargomentale, ma deve avere un minimo di 2 argomenti (es. ‘’Piero porta il dolce’’ in quanto un
verbo come ‘’portare’’ ha sempre bisogno di un compl. oggetto). La frase ‘’Piero porta il dolce a Maria a casa
sua’’ ha una serie di argomenti ‘’necessari’’ che ruotano intorno al verbo ed altri argomenti che possono essere
omessi senza che si comprometta la grammaticalità della frase: se si toglie da questa frase ‘’a casa sua’’, rimane
comunque una frase di senso compiuto, mentre se si toglie ‘’il dolce’’, la frase non è più chiara da un punto di
vista contestuale (della coerenza), dunque ‘’il dolce’’ è un vero e proprio argomento, mentre ‘’a casa sua’’ è
qualcosa che si aggiunge in più, non fondamentale e si chiama ‘’aggiunto’’. Nelle lingue del mondo se
prendiamo ‘’SVO’’, si possono formare potenzialmente 6 combinazioni, di tutti gli ordini possibili, quelli più
frequenti sono 3: ‘’SOV’’ (565 lingue, 45%), ‘’SVO’’ (488 lingue, 42%), ‘’VSO’’ (95 lingue circa, es. lingue celtiche
come irlandese, gallese, cornico ecc.. e arabo classico) in questi ordini il soggetto precede il compl. oggetto; poi
vi sono ‘’VOS’’ (25 lingue) e ‘’OVS’’ (11 lingue), questi ultimi 2 sono ordini in cui il compl. oggetto precede il
soggetto (molto raro nelle lingue del mondo). Tutti questi ordini sintattici sono accomunati dal particolare che il
soggetto in tutti e 3 gli ordini va prima dell’oggetto. Il soggetto di una frase tendenzialmente è anche colui che
inizia l’azione, molto spesso è l’’agente’’ (colui che inizia/compie l’azione) e l’oggetto è tendenzialmente il
‘’paziente’’ (colui che subisce l’azione). Una lingua scoperta nell’Amazzonia ha un ordine sintattico rarissimo,
‘’OSV’’ (4 lingue, 1%) in cui la frase non marcata inizia con l’oggetto e termina col soggetto. Oggi è possibile
misurare queste percentuali perché conosciamo molte più lingue, perché abbiamo più dati (mappati poi nelle
carte geografiche). Da questo punto di vista, lo strumento in assoluto più importante è il ‘’World Atlas of
Language Structures’’ (WALS), un’impresa tipologica online e database delle proprietà (fonetiche, grammaticali,
lessicali) delle lingue. I tre ordini più importanti, occupano tutto l’emisfero sinistro, in Europa dominano gli
ordini ‘’SVO’’ ed ‘’SOV’’, l’ordine ‘’VSO’’ è presente solo in alcune lingue (come quelle celtiche). L’agente
prototipico (perfetto) è generalmente un ente animato (e possibilmente umano, esempi di ‘’soggetto
prototipico’’), il paziente è colui in cui il flusso d’informazione arriva, il paziente prototipico è inanimato (es. di
‘’oggetto prototipico’’). Un esempio di frase prototipica in italiano è ‘’Mario (soggetto agente animato umano)
ha comprato il giocattolo’’ (oggetto paziente inanimato). Invece ‘’Mario ama Francesca’’ (compl. oggetto
paziente animato ed umano, va contro il ruolo prototipico del compl. oggetto). Molto spesso, il soggetto (che è
anche agente) è anche il cosiddetto ‘’tema’’ o ‘’topic’’: in generale, nella frase non marcata (quella perfetta), il
soggetto corrisponde ad un’informazione data, nota all’ascoltatore, es. ‘’Il gatto sta giocando in giardino’’ dove
si suppone che l’interlocutore sappia di quale gatto si stia parlando, sennò la frase sarebbe iniziata con un
articolo indeterminativo: ‘’Un gatto..’’; la definitezza dell’articolo mi dice quindi che quel gatto è definito (cioè
noto) sia a me che all’interlocutore; qui ‘’il gatto’’ è soggetto agente (in quanto compie l’azione di giocare) ma è
anche tema (o topic), perché è l’elemento dato/noto nell’informazione. Invece tutto ciò che viene dopo il
soggetto (il verbo e gli altri argomenti) fanno parte del cosiddetto ‘’rema’’ o ‘’comment’’, in questo caso ‘’sta
giocando in giardino’’ (viene comunicato qualcosa di nuovo all’interlocutore). Il soggetto precede in questo caso
il compl. oggetto ed il verbo perché si dà per scontato che nel flusso dell’informazione, l’informazione non
marcata (cioè quella più frequente), parta dal noto e giunga al nuovo (e non il contrario). È più naturale che
un’informazione parta dal dato e arrivi alla parte nuova (questa è la ragione per cui in una frase prototipica e
non marcata, il soggetto ‘’S’’ è agente e tema, mentre il compl. oggetto ‘’O’’ è paziente e rema (anche se non è
detto che avvenga sempre, anzi spesso non avviene). Vi è la tendenza a selezionare come temi entità
maggiormente agentive, esiste quindi una correlazione naturale tra l’agente ed il tema (colui che è agente di
un’azione è tendenzialmente anche il tema/topic dell’azione) e l’oggetto, il paziente per eccellenza, è anche il
rema (cioè il ‘’comment’’ o ‘’nuovo’’). Una frase può essere composta solamente dal verbo, per esempio l’it
‘’Piove’’, il fr. ‘’Il pleut’’, l’ing. ‘’It rains’’ si considerano frasi ‘’non argomentali’’ perché quel soggetto presente
nel pronome francese ‘’Il’’ e nell’inglese ‘’It’’, non sono dei veri e propri soggetti (non c’è qualcuno che fa
l’azione di piovere), ma è un soggetto che dipende non dal significato (ruolo tematico), ma da un parametro
(definito ‘’pro-drop’’ che deriva da ‘’pronoun dropping’’), pronome personale che queste lingue (francese,
tedesco, inglese) hanno rispetto all’italiano che non lo ha, ovvero la possibilità di saltare/evitare il pronome
soggetto. L’italiano è una lingua pro-drop, ovvero non ha l’obbligatorietà del soggetto es. ‘’Mangia!’’ e su questo
tipo di verbi (cosiddetti ‘’impersonali’’) non appare il soggetto, mentre nelle lingue non pro-drop (come
francese, tedesco, inglese), la posizione occupata eventualmente dal soggetto non può essere mai lasciata
vuota, ma vi è l’obbligatorietà di riempire la posizione del soggetto, non si tollera (non è grammaticale) una
frase senza soggetto. Siccome nel verbo ‘’piovere’’ non è presente un agente/paziente, questi soggetti che
precedono questo tipo di verbi sono definiti ‘’dummy’’ (fantoccio) che servono per riempire formalmente una
posizione ‘’S’' e non contano come argomenti. Una frase come questa (sia in italiano che in francese, tedesco
ed inglese) è ‘’0 argomentale’’ o ‘’non argomentale’’ (non ha argomenti).
Il ‘’DOM’’: In molte lingue del mondo (circa 300) quando il compl. oggetto non è prototipico (non corrisponde a
questi parametri), esiste una sorta di strategia sintattica e morfologica per mettere in evidenza il compl. oggetto
non prototipico, ovvero il ‘’DOM’’ (‘’differential object marking’’, marcatura differenziale dell’oggetto, serve a
marcare un compl. oggetto non prototipico) in cui quel determinato oggetto, proprio perché è animato si
differenzia dal normale e prototipico compl .oggetto paziente inanimato: alcune lingue mettono una marca
speciale nel compl. oggetto animato (non prototipico) e che l’oggetto inanimato non ha. Le lingue romanze
assegnano al compl. oggetto ‘’speciale/atipico’’ (animato) una preposizione (es. Chiama a mia sorella, tipico
dell’italiano regionale, es. di accusativo preposizionale). La marcatura del ‘’DOM’’ risponde ad una ‘’scala di
animatezza’’ elaborata a metà degli anni ‘70 da un tipologo ed antropologo (Silverstein) che si occupò delle
lingue amazzoniche: un compl. oggetto più si colloca nei gradini alti di questa scala (a sinistra di essa) più ha
possibilità in una lingua di ricevere la marcatura differenziale dell’oggetto (‘’DOM’’). Il massimo dell’animatezza
è rappresentato dai primi due pronomi personali (‘’io’’ e ‘’tu’’), poi vengono i pronomi di terza persona (come
‘’lui’’, ‘’egli’’ ecc..), poi nomi propri, in cui c’è una sottocategoria che si comporta come nomi propri, ovvero i
nomi di parentela, es. ‘’Chiamo a Francesco’’ o ‘’Chiamo a mio padre’’, presente quasi sempre nei dialetti
meridionali e negli italiani regionali. Con i nomi comuni animati le lingue si comportano in maniera molto
diversa cioè presentano un ‘’DOM’’ ristretto, perché si scende nella gerarchia nella scala di animatezza. I nomi
comuni che si riferiscono ad esseri umani (nomi animati che possono riferirsi a più individui, es. ‘’avvocato’’),
sono più bassi nella scala di animatezza dei nomi propri di persona e di parentela (che in generale si riferiscono
ad un solo individuo). Se aumenta un tratto come la specificità, il nome sale nella scala di animatezza (ecco
perché a differenza dei nomi propri, i nomi comuni che si riferiscono ad un essere umano, sono più bassi in
questa scala e quindi in alcune lingue/dialetti ricevono la marca, in altri no). I nomi comuni animati ma non
umani (sono i nomi di animali): molte lingue/dialetti romanze non hanno il ‘’DOM’’ quando si riferiscono a nomi
di animali (‘’Ho visto il cane di Francesco’’, senza preposizioni a differenza dei casi precedenti). In alcuni dialetti
ricevono il ‘’DOM’’ (in questo caso la marca ‘’a’’) alcuni nomi di animali, quando questi ultimi sono domestici
(vengono antropomorfizzati e quindi assimilati ai nomi comuni umani, es. napolet. ‘’Ho visto al cane di Ciro’’. Gli
ultimi nomi (a destra) di questa scala di animatezza sono i nomi comuni inanimati, dove il ‘’DOM’’ non c’è.
Ricevono il trattamento con il ‘’DOM’’ i nomi che si trovano nelle parti più alte della gerarchia della scala di
animatezza: più il nome si colloca nei gradini alti della scala, più è probabile che abbia il ‘’DOM’’, più scende
nella scala, meno probabilità ci sono che ce l’abbia. Nel primo caso il napoletano moderno per esempio ha un
ampio uso del ‘’DOM’’, nel secondo caso il catalano dove invece il ‘’DOM’’ ha un uso molto ristretto. I pronomi
personali, nonché i nomi propri e di parentela richiedono invariabilmente in un dialetto moderno la marca
preposizionale e sono spesso referenziati da un clitico raddoppiante sul verbo (un altro pronome che rinforza la
marca preposizionale). È proprio con i nomi comuni umani che la distribuzione dell’accusativo preposizionale è
meno sistematica, dal momento che molti parlanti (ma non tutti), la considerano opzionale in tale contesto
(abbassando il livello della scala di animatezza, nel caso dei nomi comuni umani, la chance di trovare la marca
‘’a’’ diminuisce e diventa opzionale per i parlanti napoletani per esempio). Nel caso del catalano l’impiego del
‘’DOM’’ è molto ristretto, es. ‘’Yo te ayudo a tu y tu me ayudaras a mi’’ (presentano accusativo preposizionale).
Nelle lingue romanze in cui i nomi propri di persona sono preceduti dall’articolo, il ‘’DOM’’ è molto ristretto. Il
catalano balearico è una varietà del catalano molto conservativa in quanto le Baleari sono rimaste piuttosto
isolate e si distingue dal catalano standard perché ha una forma di articolo definito/determinativo davanti al
nome proprio che non c’è nel resto della Catalogna e che si chiama ‘’articolo personale’’ (perché si trova davanti
ai nomi di persona, maschile ‘’en’’, femminile ‘’na’’, l’origine etimologica è il lat. ‘’dominus/domina’’ it.
‘’signore/signora’’ attraverso il processo di grammaticalizzazione, ovvero un morfo lessicale che diventa
grammaticale). In catalano, quando il compl. oggetto che si riferisce ad un essere umano appare nella sua
posizione canonica (a destra del verbo, il catalano presenta l’ordine ‘’SVO’’), non c’è ‘’DOM’’, ma c’è ‘’DOM’’ solo
quando è dislocato a sinistra (si trova in un costrutto speciale, marcato). Il catalano ha subito per secoli un
influsso massiccio dallo spagnolo (che ha un uso molto esteso del ‘’DOM’’) ma è rimasto esente da un tratto
tipicissimo della morfosintassi spagnola. In catalano prima dei nomi propri di persona/appellativi si pone
l’articolo (es. ‘’la Maria’’) mentre in castigliano (spagnolo standard) non vi è l’articolo in questo caso. Nelle
lingue romanze che hanno un articolo personale (davanti al nome proprio di persona), c’è una singolare
coincidenza tra il mancato uso del ‘’DOM’’ e l’articolo definito/determinativo. Il portoghese (in particolare la
varietà del Brasile) usa l’articolo davanti al nome proprio di persona, allo stesso modo ha un ‘’DOM’’ ristretto
(limitato ai pronomi personali). Nel caso dei dialetti salentino e di San Luca (in Calabria), in maniera
sorprendente, il ‘’DOM’’ è molto limitato (mentre è presente in maniera molto estesa in quasi tutti i dialetti
centromeridionali). In salentino c’è solo con i pronomi personali, a San Luca esclude i nomi propri di persona
che anche nelle lingue che hanno un ‘’DOM’’ piuttosto ristretto presentano ‘’DOM’’ (nei nomi propri). Se una
lingua elimina il ‘’DOM’’ lo elimina nelle parti basse della gerarchia, non nei nomi propri (che si trova nei gradini
più alti). In salentino e nel dialetto di San Luca, i nomi propri di persona sono preceduti dall’articolo definito
(come in catalano). Vi è quindi probabilmente una correlazione tra uso ristretto del ‘’DOM’’ in una
lingua/dialetto e la presenza dell’articolo definito/determinativo davanti al nome proprio di persona, di
conseguenza evidentemente il ‘’DOM’’ non scatta quando i nomi propri di persona sono preceduti da articolo,
‘’DOM’’ e articolo personale sono quindi in ‘’distribuzione complementare’’ (dove c’è uno non c’è l’altro).
L’ipotesi più conclamata di questa correlazione è che l’articolo definito/determinativo definisce il nome
(assegnando un tratto di definitezza), allo stesso modo la ‘’a’’ (accusativo preposizionale) del ‘’DOM’’ indica che
quel determinato nome è alto nella scala di animatezza (di conseguenza è un nome molto
definito/individuabile), quindi probabilmente svolgendo la stessa funzione e collocandosi probabilmente nella
stessa posizione sintattica nella struttura della frase, diventano mutuamente (reciprocamente) inconciliabili.   

Ergatività, glossatura ed ergatività scissa: Nella nostra lingua, in quelle indoeuropee e in molte lingue del
mondo distinguiamo il soggetto dal compl. oggetto senza tenere conto dei ruoli tematici (non è espresso dalla
sintassi il fatto che un agente sia o meno prototipico, mentre nel paziente sì, attraverso il ‘’DOM’’). Invece
esistono molte altre lingue del mondo in cui ciò che è fondamentale non è se un nome ha la funzione sintattica
di soggetto o di compl. oggetto, ma è fondamentale il ruolo semantico (se il soggetto è agente e se l’oggetto è
paziente), queste lingue sono definite ‘’ergative’’, (Dixon negli anni ’70 scoprì una lingua definita da lui come
perfettamente ‘’ergativa’’, il dyirbal). Le lingue ergative, danno lo stesso caso al compl. oggetto di una frase
transitiva e al soggetto di una frase intransitiva, questo caso si chiama ‘’assolutivo’’; nell’altro caso, ‘’ergativo’’ va
il soggetto di una frase intransitiva. Immaginiamo che l’italiano non sia una lingua nominativo-accusativa (che
assegna il ruolo al soggetto ed all’oggetto) ma sia una lingua ergativa: es. 1)‘’La nave affonda’’ (‘’la nave’’,
soggetto ha il ruolo semantico di paziente, in quanto oggetto inanimato non può decidere autonomamente di
affondare, quindi subisce l’azione di affondare). Es. 2)’’I pirati affondano la nave’’ (qui ‘’la nave’’ è compl.
oggetto ed ha il ruolo semantico di paziente perché subisce l’azione dell’affondamento e rappresenta quindi il
caso ‘’assolutivo’’, mentre ‘’i pirati’’ sono l’agente che compie l’azione di affondare e rappresentano quindi il
caso ‘’ergativo’’). In una lingua ergativa, la nave della prima frase e della seconda frase, vanno nello stesso caso
(nel caso in cui queste lingue codificano il paziente, il cosiddetto caso ‘’assolutivo’’), se questa frase fosse in una
lingua indoeuropea con i casi, nel primo caso avremmo un nominativo, nel secondo caso un accusativo perché
sono lingue nominativo-accusative (mentre in una lingua ergativa vanno nello stesso caso ‘’assolutivo’’). 3)’’La
nave è affondata dai pirati’’ (‘’dai pirati’’ è compl. d’agente ed in una lingua con i casi sarebbe codificata con
l’ablativo), qui i pirati sono coloro che attivamente compiono quest’azione, vanno dunque nel caso dell’agente
(‘’caso ergativo’’, che non coincide sempre con il soggetto, ma con colui che attivamente compie l’azione). In
quest’ultimo esempio infatti soggetto e agente non coincidono, ‘’la nave’’ pur essendo soggetto è assolutivo
(paziente), perché riceve l’azione dell’affondamento. Prima di effettuare una traduzione da una lingua ad
un'altra, si ‘’glossa’’ (si individuano soggetto, desinenze, compl. oggetto ecc..). Le ‘’glosse’’ sono delle
sigle/parole che spiegano la grammatica della lingua che si va a glossare. Il soggetto di un verbo intransitivo (es.
‘’il ragazzo corre’’) generalmente non è agentivo solo per azioni in cui l’agente ha un basso controllo, la
proprietà di correre è infatti considerata una qualità naturale che non è dipendente totalmente dalla qualità del
soggetto, esso non è quindi un vero agente e può stare in caso assolutivo. L’’agentività’’ è una nozione
semantica determinata da tanti parametri, uno di questi è il coinvolgimento del soggetto nell’azione: correre e
camminare per esempio sono caratteristiche fisiche naturali che non dipendono interamente dalla volontà del
soggetto (non tutti possono correre), mentre chiunque può lodare una persona per esempio (è un atto
intenzionale). In ‘’Marco corre’’ il soggetto non rappresenta un agente prototipico (non c’è piena agentività),
rientra quindi nel caso assolutivo, mentre in ‘’Marco loda Francesca’’, il soggetto rappresenta un agente
prototipico e rientra quindi nel caso ergativo. Da un punto di vista grammaticale l’assolutivo in genere si
riconosce dal morfema zero, mentre l’ergativo ha una sua desinenza propria. Quando Dixon scoprì il dyirbal, la
classificò come lingua ergativa, però col tempo, con la scoperta di altre lingue aborigene australiane, si accorse
che non tutto il sistema grammaticale del dyirbal funzionava come una lingua ergativa, in particolare può
succedere che una lingua ergativa al 100% non lo sia con i pronomi personali che si comportano come nelle
lingue nominativo-accusative: hanno una marca quando svolgono la funzione di soggetto (marca del
nominativo) ed un’altra marca quando svolgono la funzione di compl. oggetto (marca dell’accusativo); Dixon
definì queste come lingue ad ‘’ergatività scissa’’ (o ‘’split ergativity’’) che non è al 100% ergativa, lingue in cui ci
sono ancora settori della grammatica che si comportano come nelle lingue nominativo-accusative. Questo
emerge molto chiaramente nella morfologia del verbo: ci sono dei verbi che ricevono delle marche di ergativo o
di assolutivo, e ci sono altri verbi in cui queste marche sono assenti perché quest’ergatività scissa può avvenire
anche nel verbo, soprattutto nell’opposizione tra presente e passato: vi sono lingue che presentano marchi di
ergatività solo nei tempi del presente e non presentano questo stesso sistema nei tempi del passato. Può quindi
succedere che certi settori della grammatica abbiano conservato uno stato precedente o diverso da quello
ergativo, è raro che una lingua sia ergativa al 100%. La stessa cosa avviene nelle lingue nominativo-accusative,
nel passaggio dal latino alle lingue romanze ci sono degli indizi forti che ci fanno pensare che ci sia stata in
questa fase di transizione una lunga fase in cui la lingua in certe aree della grammatica si stava dirigendo verso
la tipologia ergativo-assolutiva dando rilievo al ruolo dell’agente diverso dal ruolo del paziente. Ci sono in molte
lingue (anche in italiano) dei verbi intransitivi, il cui soggetto si comporta esattamente come il compl. oggetto di
un verbo intransitivo, si comporta non da nominativo ma da paziente es. ‘’Io svengo/Io sono svenuto’’. In
questo esempio il soggetto ha una serie di particolarità che lo assimilano al compl. oggetto di una frase
transitiva, perché è paziente, ha un basso grado di agentività, la grammatica capta questa somiglianza ed in
alcuni dialetti/lingue romanze lo tratta da paziente/compl. oggetto (questo trattamento è tipico delle lingue
ergative). Riassumendo esistono delle coincidenze possibili ma non automatiche tra soggetto ed agente, e tra
compl. oggetto e paziente, però in alcune lingue come quelle ergative, ciò che conta non è il ruolo sintattico
(soggetto, compl. oggetto), ma il ruolo semantico (agente/ergativo, paziente/assolutivo). Esistono rari esempi di
lingue il cui allineamento verbale prevede la distinzione del soggetto (S) dei verbi intransitivi sia dall'agente (A)
che dall'oggetto (O) dei verbi transitivi. Queste lingue impiegano tre casi distinti: l'intransitivo (S), l'ergativo (A) e
l'accusativo (O) e, per questo motivo, sono dette lingue tripartite (o lingue ergativo-accusative) dove è
fondamentale il ruolo sintattico.

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