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LE SFIDE FISICHE DELL’ETÀ AVANZATA

Alcuni gerontologi chiamano «INVECCHIAMENTO NON DI SUCCESSO» quei problemi fisici che possono svilupparsi
nell'età più avanzata. Per invecchiamento di successo si intende, invece, riuscire a vivere con pienezza gli aspetti che
danno senso alla nostra vita, indipendentemente da come si comporta il nostro corpo.
Invecchiare con successo è possibile, se si ha uno scopo nella vita e la passione per svolgere un'attività generativa, ma
dipende anche dal mondo nel senso più lato, cioè dal fatto che la società in cui si vive offra alle persone anziane il
supporto di cui hanno bisogno per funzionare al meglio delle loro possibilità. Il problema vero dell'età avanzata non è
tanto la malattia, ma piuttosto il riuscire a vivere il più possibile una vita piena nonostante la malattia. Il modo in cui le
persone riescono a vivere e a funzionare nell'età più avanzata dipende dalla combinazione di «natura» (le capacità
personali) e «cultura» (il giusto adattamento persona-ambiente).

L’invecchiamento fisico
Col tempo i normali cambiamenti dovuti all’invecchiamento sfumano nella malattia, poi nella disabilità e infine, entro
una specifica barriera anagrafica, nella morte.

PRINCIPIO 1. LE MALATTIE CRONICHE SPESSO NON SONO CHE IL NORMALE INVECCHIAMENTO SPINTO
«ALL’ESTREMO». Molti problemi fisici di grado moderato sono considerati normali, se la loro gravità aumenta si parla
invece di malattia cronica.
Il National Health Interview Survey (NHIS), un'indagine condotta annualmente tra la popolazione statunitense, fornisce
varie informazioni importanti sulle malattie. L’artrite è la più frequente tra le malattie croniche della vecchiaia. Con
l'avanzare dell'età, aumenta la probabilità del manifestarsi di varie malattie croniche. Molte di queste malattie, per
esempio l'artrite, non hanno esito fatale, ma interferiscono con la capacità di agire della persona anziana. Quindi le
malattie croniche non sempre portano alla morte, ma piuttosto alla condizione che i gerontologi chiamano DIFFICOLTÀ
NELLO SVOLGERE LE ATTIVITÀ DELLA VITA QUOTIDIANA (ADL).

PRINCIPIO 2. LE DIFFICOLTÀ NELLE ADL SONO UN RISCHIO MOLTO CONCRETO PER GLI ANZIANI ANZIANI.
Le difficoltà nelle ADL possono essere suddivise in 2 categorie:
• Le DIFFICOLTÀ NELLE ADL STRUMENTALI: sono le difficoltà a eseguire tutte le attività necessarie per condurre
un’esistenza autonoma, come cucinare e pulire la casa.

• DIFFICOLTÀ NELLE ADL ESSENZIALI: sono le difficoltà nello svolgere le attività di base necessarie per prendersi cura
di sé, come camminare, andare in bagno o alimentarsi da sole. Di solito le persone con disabilità così gravi richiedono
un’assistenza a tempo pieno.

Le difficoltà nelle ADL possono manifestarsi in ogni età della vita, tuttavia, il rischio di svilupparle
aumenta enormemente per gli anziani anziani. Dopo gli 85 anni, la metà degli statunitensi che vive a
casa propria ha difficoltà nelle ADL strumentali. All’incirca 1 anziano anziano su 6 ha problemi in
qualche ADL essenziale.
È vero che molte persone possono raggiungere gli 85 o i 90 anni senza soffrire di alcuna disabilità. Ma
nella vecchiaia più inoltrata il rischio di sviluppare problemi fisici disabilitanti diventa molto concreto.

PRINCIPIO 3. LA VITA UMANA HA UNA DURATA LIMITATA. Il processo di invecchiamento ha un


termine preciso. Oggi il numero delle persone che arrivano a superare i 100 anni è più alto di quanto
sia mai stato. Nell'agosto del 2014, in tutto il mondo c'erano circa 75 «supercentenari» documentati,
ovvero persone che sono riuscite a raggiungere l'età di 110 anni e oltre. A meno che gli scienziati non riescano ad
ampliare la durata massima della vita inscritta nel nostro patrimonio genetico e specifica per la nostra specie, tutti gli
esseri umani sono destinati a morire poco dopo aver superato il secolo di età.
Possiamo vivere fino a 200 anni?
Grazie alle grandi scoperte scientifiche volte a estendere la durata della vita, potremmo persino essere sul punto di
assistere all'arrivo dei primi esseri umani di 200 anni. Tali previsioni futuristiche trovano terreno fertile perché una
strategia di estensione della vita è nota ormai da un secolo: i ricercatori hanno infatti trovato che i ratti sottoalimentati
godono di una durata massima della vita fino al 60% più lunga. La chiave sta in quella che un biologo ha definito
«SOTTOALIMENTAZIONE SENZA MALNUTRIZIONE». Agli animali viene concesso meno cibo, ma la loro dieta è
comunque ricca dal punto di vista nutrizionale: sono loro somministrate poche calorie «vuote».
La RESTRIZIONE CALORICA è un dispositivo anti-età di portata generale che migliora tutte le attività fisiche, dal
metabolismo del glucosio alla funzione cardiaca.
I risultati della ricerca hanno senso, visto che l'obesità a causa del suo effetto collaterale, il diabete (un deficit nel
metabolismo degli zuccheri), causa il deterioramento prematuro di tutti gli organi, dagli occhi al cuore ai reni.
È importante tenere la propria dieta sotto controllo; tuttavia, sarebbe sbagliato decidere di ridurre l'apporto calorico solo
per sopravvivere fino a 200 anni. Le scoperte sull’estensione della vita sono state condotte principalmente sui ratti; anche
se si è appreso che la restrizione calorica può rallentare l’insorgenza di molti fattori di rischio per le malattie croniche,
non è chiaro se tale regime possa spingere in avanti il limite biologico della vita umana.
Possono esserci varie spiegazioni sul perché l’estensione della durata massima della vita è un sogno irrealistico, almeno
per il prossimo futuro:
• Il deterioramento fisico che accompagna l'invecchiamento ha cause complesse, che vanno dalla presenza di svariati
orologi genetici ai traumi casuali che avvengono mentre le cellule compiono le proprie attività metaboliche. Non può
esistere un'unica soluzione generale che fermi l'invecchiamento ed estenda la durata della vita. La migliore analogia
per parlare dei nostri corpi che invecchiano è quella di una vecchia automobile. Rimpiazzare ogni parte difettosa
riesce solo a ritardare il momento in cui i malfunzionamenti sono talmente numerosi che il sistema raggiunge la sua
data di scadenza, e tutto si ferma.

• La data di scadenza del nostro corpo è naturalmente impostata molto al di sotto dei 100 anni, perché la selezione
naturale promuove la sopravvivenza al massimo fino all'età in cui generalmente si è nonni. Di conseguenza, anche
nelle nazioni più ricche, la probabilità che un bambino nato nel 21° secolo viva fino a 100 anni rimane bassa.

Come sottolinea la teoria della selettività socioemotiva, sapere che la propria vita si approssima alla fine ci motiva ad
assaporarne ogni momento. Essere costretti a rimanere vivi produrrebbe forse noia, rendendo la sopravvivenza meno
dolce. Secondo la ricerca, i giovani religiosi rifiutano l’estensione della vita per motivi spirituali: solo Dio ha il potere di
dare e togliere la vita.

Status socioeconomico, invecchiamento e malattia


Per comprendere la portata dell'impatto dello status socioeconomico sulla durata della vita basta guardare agli enormi
divari nell'aspettativa di vita che sussistono tra il mondo sviluppato e i paesi in via di sviluppo. I bambini che nascono
nel povero Malawi possono attendersi in media di sopravvivere fino ai 61 anni. I fortunati infanti che nascono nel
Principato di Monaco, invece, hanno il 50% di probabilità di vivere quasi 30 anni in più, fino a 89,5 anni.
Questa enorme differenza globale si rispecchia in un gap di salute tra gruppi socioeconomici: in tutti i paesi del mondo,
le persone ricche e istruite godono di una salute migliore e sono più longeve. Negli Stati Uniti, nel 2014 il divario tra gli
adulti più poveri (il 5% all'estremo inferiore) e quelli più ricchi (il 5% all'estremo superiore) era di un decennio per le
donne e di quasi 15 anni per gli uomini.
Col marcato aumento delle disuguaglianze economiche avvenuto nel 21° secolo, anche il divario di salute si è allargato.
Tra il 2001 e il 2014, negli Stati Uniti l'aspettativa di vita è aumentata di quasi tre anni per il 5% più ricco, mentre quella
del 5% più povero è rimasta quasi invariata. E notizia peggiore è che nel 2015, per la prima volta nella storia degli Stati
Uniti, l'aspettativa di vita alla nascita è diminuita.
Secondo i ricercatori le ragioni che hanno prodotto questi cambiamenti sono diverse per uomini e donne. Nelle femmine
la perdita di longevità deriva principalmente da un anticipo delle morti dovute alle malattie classiche legate
all'invecchiamento, come l'attacco di cuore. Nei maschi, il declino è dovuto soprattutto a un incremento delle
cosiddette malattie della disperazione (avvelenamenti, omicidi e incidenti) e la riduzione dell'aspettativa di vita avviene
soprattutto durante la mezza età.
Si può notare che le differenze nell'invecchiamento tra le classi sociali appaiono ben prima che sopraggiunga la tarda
età. Infatti alcune persone già verso i 40 anni iniziano a manifestare chiare differenze nella velocità con cui invecchiano:
per esempio, alcuni hanno la pelle rovinata o maggiori difficoltà di movimento. Benché le eccezioni siano numerose,
spesso gli adulti a basso reddito appaiono più vecchi dei loro coetanei benestanti. Uno studio ha infatti indicato che,
negli adulti economicamente svantaggiati, le cosiddette limitazioni della tarda età spesso appaiono già durante la mezza
età.
Secondo l'ipotesi della programmazione fetale, le radici di questo processo di invecchiamento accelerato potrebbero
affondare nella vita intrauterina. Infatti il sottopeso alla nascita, che è correlato alla povertà, è epigeneticamente
associato a cardiopatia prematura e morte anticipata. Di conseguenza, le avversità (e la povertà) esperite durante
l'infanzia sono connesse a difficoltà nelle ADL durante la mezza età, nonché a morte prematura.
Inoltre bisogna tener conto delle forze intrinseche nello stile di vita degli adulti poveri, che spingono verso il basso la
loro aspettativa di vita: le differenze di classe sociale nei comportamenti non salutari, come il fumo e l'obesità; la
carenza di esercizio fisico; e le conseguenze della disoccupazione sulla salute.
La ricerca di Chetty dice che l’aspettativa di vita degli adulti poveri varia a seconda del luogo. Gli ultra 70enni a basso
reddito che vivono in una zona con un valore abitativo medio più elevato (e, specialmente, un luogo che vanta la
presenza di una quota di laureati superiore alla norma) tendono ad avere una vita più lunga di quanto ci si aspetterebbe.
Queste zone non offrono un maggiore accesso ai trattamenti sanitari, il punto è che i buoni comportamenti in tema di
salute sono contagiosi. Nei luoghi in cui sono presenti persone altamente istruite, si può sviluppare una norma sociale
che comunica implicitamente un messaggio ben chiaro riguardo la salute.
Il livello di istruzione è in sé un indicatore della velocità di invecchiamento e dell'età della morte. Le prove più
affascinanti riguardano i telomeri, le sequenze di DNA poste all'estremità dei nostri cromosomi. L'accorciamento dei
telomeri è un segno generico dell'invecchiamento del corpo, poiché indica che una determinata cellula ha raggiunto la
senescenza e non può più dividersi. In uno studio che ha coinvolto un gruppo molto esteso di anziani statunitensi, i
ricercatori hanno trovato che chi aveva conseguito un diploma di scuola superiore presentava telomeri più corti rispetto
a chi aveva frequentato l'università, e che tale differenza era particolarmente accentuata tra i maschi neri. Quindi, oltre
ai suoi altri benefici, l'università può allungarci la vita.
Un'altra pratica che estende la durata della vita è coltivare relazioni strette, che possono essere ancora più importanti
delle corrette pratiche sanitarie nel predire quanto a lungo vivremo.
Il far parte di un'amorevole famiglia allargata può spiegare in parte il «PARADOSSO LATINO»: recenti statistiche hanno
infatti mostrato che, negli Stati Uniti, i cittadini di origine ispanica vivevano 2,6 anni in più dei bianchi, nonostante
avessero una probabilità molto maggiore di vivere in povertà. Ciò spiega anche la correlazione tra un matrimonio
amorevole e una vita più longeva. Le figure di attaccamento svolgono molti ruoli benefici, inoltre, l'amore stimola la
produzione di ossitocina, la quale, di per sé, attenua la reazione ansiosa allo stress.

Genere, invecchiamento e malattia


L'appartenenza a reti sociali più ampie potrebbe spiegare perché le donne vivono più a lungo degli uomini, in alcuni
casi persino di un decennio o anche di più. Tuttavia, la ragione principale della relativa longevità femminile è di natura
biologica: il secondo cromosoma X conferisce alle donne una maggiore resistenza fisica a tutte le età.
Durante l'età adulta, la ragione principale per cui le donne hanno un tasso di sopravvivenza maggiore è perché sono
meno soggette a infarto precoce. Le malattie del sistema cardiovascolare (le arterie e la pompa del sangue, il cuore) sono
la prima causa di morte sia per gli uomini sia per le donne. Negli Stati Uniti, nel 2016 l’arresto cardiaco è stato causa di
circa il 25% delle morti durante l'età adulta. Ma poiché gli estrogeni contribuiscono a rallentare il processo con cui i
grassi si depositano nelle arterie ostruendole, durante la mezza età gli uomini, sono esposti a un rischio di morire di
infarto circa doppio rispetto alle donne.
La molto maggiore esposizione al rischio di infarto significa che gli uomini tendono a «morire prima e più velocemente».
Nelle donne il pattern mondiale dell'invecchiamento è «vivere più a lungo, ma in una condizione di maggiore fragilità».
La frase «vivere con più malattie» vale per le donne in tutte le fasi della vita adulta. Durante la prima metà della vita
adulta, soltanto le donne sperimentano i disturbi fisici connessi con la gravidanza e le mestruazioni. Avanti con gli anni,
le donne sono più vulnerabili all'artrite, ai deficit della vista e all'obesità, tutti disturbi che determinano difficoltà nelle
ADL ma che (a eccezione dell'obesità) non sono causa diretta di morte.
Questa differenza nel grado di disabilità tra maschi e femmine ci porta a considerare il concetto di DURATA DELLA
VITA IN BUONA SALUTE, che corrisponde all'età fino a cui possiamo aspettarci di sopravvivere senza limitazioni nelle
ADL. Secondo l'opinione di numerosi gerontologi, invece di concentrare l'attenzione su come sopravvivere più a lungo,
dovremmo cercare di estendere la durata della vita in buona salute.
Per vivere sani più a lungo bisogna fare esercizio fisico e avere una buona alimentazione.
I cambiamenti sensomotori: la vista
Uno degli effetti dell'invecchiamento sulla vista si manifesta durante la mezza età: verso i 50, e ancor più verso i 60
anni, le persone cominciano ad avere grosse difficoltà a distinguere gli oggetti vicini.
La PRESBIOPIA, il termine con cui si indica il problema dovuto all'età a distinguere gli oggetti vicini, è uno dei classici
segni, come l'ingrigirsi dei capelli, che rivelano che non si è più giovani.
Altri cambiamenti della vista collegati all'età progrediscono più lentamente. Le persone più anziane hanno spesso
problemi a vedere in condizioni di scarsa luminosità, e hanno difficoltà con la luce abbagliante, ovvero quando un
fascio di luce colpisce direttamente i loro occhi. Inoltre non riescono a distinguere chiaramente come prima certi colori
o certi stimoli visivi.
Tutti questi segni del normale invecchiamento sono dovuti soprattutto a cambiamenti che sopravvengono in una struttura
situata nella porzione anteriore dell’occhio: il DISCOIDALE, che ci permette di distinguere con chiarezza gli oggetti
vicini incurvandosi verso l’esterno. Con la mezza età si sviluppano impurità, il cristallino si ispessisce, perde la sua
trasparenza e la sua capacità di incurvarsi. Questi cambiamenti a carico del cristallino sono all’origine non solo della
presbiopia, ma anche delle difficoltà in condizioni di luce fioca, quando per vedere abbiamo bisogno di sfruttare al
massimo la luce. Questi cambiamenti rendono le persone anche molto più sensibili alle luci abbaglianti, il cristallino
degli anziani, più opaco, impedisce di vedere bene quando gli occhi sono direttamente colpiti da un fascio di luce.
Quando il normale processo di opacizzazione del cristallino diventa così pronunciato da compromettere seriamente la
capacità visiva di una persona, si ha lo sviluppo di una condizione cronica molto comune nella vecchiaia avanzata: la
CATARATTA. La buona notizia è che la cataratta si può curare intervenendo chirurgicamente; il cristallino opaco viene
asportato e al suo posto viene inserita una lente artificiale. La cattiva notizia è che le altre 3 principali patologie a carico
della vista collegate all’età: la degenerazione maculare (il deterioramento dei recettori responsabili della visione
centrale), il glaucoma (un accumulo di pressione a livello oculare che può danneggiare i recettori visivi) e la retinopatia
diabetica (la fuoriuscita di sangue dai vasi della retina all’interno del globo oculare), possono a volte arrecare alla vista
danni permanenti.

Migliorare la vista
Per ridurre l'impatto dei problemi visivi che l'invecchiamento porta normalmente con sé, è cruciale trasformare
l'ambiente circostante. Le persone anziane dovrebbero fare in modo che la casa in cui abitano sia bene illuminata,
evitando luci fisse che piovono dall'alto, in particolare tubi al neon la cui luce viene direttamente riflessa dal pavimento,
perché hanno un effetto abbagliante. I dispositivi per l'illuminazione dovrebbero essere costruiti in materiali antiriflettenti
e prevedere la possibilità di orientare il fascio luminoso. Inoltre dovrebbero utilizzare delle applicazioni per ingrandire
lettere e numeri sulla tastiera del computer o di altri apparecchi.
I problemi di vista sono tra le principali cause di difficoltà nelle ADL, perché complicano ogni attività. Una scarsa
capacità visiva è un fattore di rischio per le cadute, le quali, sono un evento temibile durante l’età avanzata.
Vi sono anche conseguenze emotive per una vista fortemente ridotta, come evitare di uscire di casa perché si ha paura di
cadere, o la sofferenza di dipendere dalle persone care nelle attività un tempo normali. Questa condizione porta inoltre
con sé la sensazione di essere «troppo protetti» (come se si fosse tornati bambini) da parte di familiari e amici
benintenzionati.
Per poter aiutare queste persone bisogna incoraggiarli a visitare un centro per la riabilitazione della vista, perché questi
programmi funzionano veramente.

Il nostro ponte verso gli altri: l’udito


Anche i problemi di udito costituiscono una barriera al vivere con pienezza in età avanzata. Anche tra gli anziani
altrimenti sani, la perdita dell'udito è correlata a un declino fisico successivo. La perdita dell'udito ci impedisce di
comprendere il linguaggio, il ponte fra noi e la mente degli altri. Perciò quando perdiamo l'udito perdiamo anche la
capacità di entrare in completo contatto con il resto del mondo umano.
Purtroppo i problemi di udito sono molto comuni nell'età avanzata: ne soffre circa 1 persona su 3 al di sopra dei 60 anni.
Nel corso del decennio successivo, la quota raddoppia a 2 su 3.
Il dato statistico è particolarmente allarmante per quanto riguarda i maschi. Infatti, in tutto il mondo, gli uomini di mezza
età hanno una probabilità di sviluppare problemi di udito di molto superiore a quella delle donne.
La ragione principale risiede nel fatto che i problemi di udito hanno una chiara origine ambientale: sono causati
dall'esposizione ai rumori. Gli uomini hanno più probabilità di lavorare nel campo dell'edilizia, di guidare motociclette
e assistere alle corse d'auto. Chiunque, donna o uomo, sia impiegato per decenni in un lavoro che lo espone a molto
rumore è praticamente destinato, dopo i 65 anni, a incorrere in un certo grado di perdita dell'udito. Per chi lavora con
macchine particolarmente rumorose esistono leggi che impongono l'uso di dispositivi di protezione, il che potrebbe
spiegare perché negli Stati Uniti i tassi di perdita dell'udito si sono stabilizzati in anni recenti.

La PRESBIOACUSIA, la caratteristica perdita di udito legata all'età,


è causata dall'atrofia o dalla perdita dei recettori acustici
localizzati nell'orecchio interno. Si tratta di una condizione
permanente che, aggravata dal declino neurale, influisce sulla
capacità dell'individuo di elaborare il linguaggio velocemente.
In particolar modo vulnerabili sono i recettori responsabili della
percezione dei suoni ad alta frequenza. Ciò significa che le
persone anziane hanno particolari difficoltà a udire le consonanti,
perché questi suoni sono pronunciati a frequenze più elevate.
Per un persona con problemi di udito di solito i rumori di
sottofondo tendono a coprire i suoni, più alti, della conversazione
che la persona sta cercando di sentire.

Migliorare l’udito nel 21° secolo


Poiché il rumore di fondo è importante nel determinare la capacità di una persona anziana di udire bene, una soluzione
per migliorare l’udito sta nello scegliere con cura gli ambienti in cui avere la propria vita sociale. Sono da evitare i
ristoranti affollati e rumorosi; bisogna tapparsi le orecchie quando si è esposti a rumori di forte intensità; i luoghi con i
soffitti bassi e i pavimenti non ricoperti da tappeti o moquette, perché amplificano il rumore. In casa la moquette sui
pavimenti aiuta ad assorbire i rumori di fondo; bisogna poi liberarsi degli apparecchi rumorosi, come ventilatori o
condizionatori d'aria. Quando si parla con un anziano che ha problemi di udito, bisogna scandire bene le parole,
pronunciandole in modo distinto e volgendosi verso di lui. Si possono anche utilizzare i gesti, in modo che la persona
possa trarre vantaggio da indizi sensoriali multipli. Bisogna evitare il LINGUAGGIO INFANTILIZZANTE, la tendenza a
rivolgersi agli anziani parlando più lentamente e in toni esageratamente forti.
Il linguaggio infantilizzante è una modalità di comunicazione che spesso viene usata quando un anziano appare
fisicamente inabile (quindi si dà per scontato che lo sia anche mentalmente). È una modalità che ricorda molto il
linguaggio rivolto al bambino; si usano infatti frasi più brevi, più semplici dal punto di vista grammaticale, e parole
infantili cariche di valore affettivo.
Nei luoghi pubblici (come treni, autobus e stazioni della metropolitana) sono disponibili dispositivi di assistenza che
«recapitano» i messaggi trasmessi dagli altoparlanti direttamente agli apparecchi acustici degli utenti. C'è infatti un
RITROVAMENTO TECNOLOGICO MICROFONO-MUNITO, il sistema a induzione magnetica (hearing loop), in grado
di rendere cristallino il discorso eliminando la cacofonia dei rumori di fondo. Poiché molti anziani intellettuali amanti
dell'arte hanno deficit uditivi, si può notare se ci si reca a un grande evento cittadino come una conferenza o uno
spettacolo teatrale, che spesso i messaggi compaiono sugli schermi in forma scritta.
Ciò nonostante, nessun ausilio esterno può sostituire quel semplice dispositivo che è l'apparecchio acustico. Molte
persone, anche quando si rendono conto di avere problemi di udito, sono restie a procurarsi un apparecchio acustico,
infatti tendono sempre a procrastinare. Alla base di tutto ciò c’è la paura comune di apparire vecchi e brutti per colpa
dell’apparecchio. In realtà, non è così, perché i progressi tecnologici nel campo degli ausili uditivi hanno eliminato
le ingombranti scatole vecchio stile. Gli apparecchi attuali eliminano selettivamente i rumori di fondo; e sono piccoli e
invisibili all'interno dell'orecchio. Ciò nonostante il miglior apparecchio acustico non può compensare completamente
le difficoltà a elaborare il discorso verbale veloce che accompagnano l'invecchiamento.
La performance motoria
La lentezza dei movimenti tende a porre gli anziani fuori sincronia col mondo che li circonda. La lentezza causa tensioni
anche nel mondo delle relazioni interpersonali. La lentezza di movimenti dovuta all'età può quindi spiegare perché nella
nostra società, che è regolata su ritmi molto veloci e attribuisce al tempo un'importanza cruciale, siano così diffusi
pregiudizi negativi sulla vecchiaia.
La lentezza è causata soprattutto dalla perdita di velocità nel processo di elaborazione dell’informazione, perdita che
incomincia decenni prima, quando si è giovani adulti. Il rallentamento del TEMPO DI REAZIONE, ovvero il declino nella
capacità di rispondere rapidamente a uno stimolo sensoriale, interessa ogni azione.
Alla lentezza si aggiungono, quale ulteriore fattore aggravante, i cambiamenti portati dall'età alle strutture scheletriche
che supportano il movimento. L'OSTEOARTRITE, una condizione dovuta alla degenerazione della cartilagine delle
articolazioni, rende qualsiasi azione una vera impresa. Con l'OSTEOPOROSI le ossa perdono consistenza, per cui
diventano fragili e tendono a rompersi con facilità.
Benché anche gli uomini possano essere colpiti da questa patologia, sono soprattutto le donne a essere particolarmente
vulnerabili. La ragione principale sta nel fatto che le femmine, soprattutto le donne dalla corporatura sottile, hanno, in
generale, ossa più fragili e minute. Quando si ha questa malattia, le ossa tendono a spezzarsi per effetto di una pressione
anche lieve e in seguito non riescono a risaldarsi bene. Un pericolo particolarmente forte è rappresentato dalle fratture
dell'anca, che sono una delle cause principali che motivano l'ingresso degli anziani in casa di riposo.
La paura di cadere è universalmente condivisa da tutti gli anziani. Il costo degli infortuni da caduta, che include il
ricovero ospedaliero e l'ingresso in una casa di cura, ha un effetto sconvolgente sulla società: è infatti arrivato a
rappresentare almeno lo 0,1% della spesa sanitaria complessiva negli Stati Uniti e nell'Unione europea.

Guidare l’auto in tarda età: problemi e possibili soluzioni


Smettere di guidare significherebbe dover fare i conti con la perdita di quell’indipendenza guadagnata nel giorno in cui,
ancora adolescenti, si è ottenuti la patente. Ci sono conseguenze fisiche al sentirsi imprigionati in casa perché bisogna
sempre chiedere ai propri cari di accompagnarci dappertutto, e per questo, come ha evidenziato uno studio condotto in
Giappone, la rinuncia all’auto è fortemente correlata a un successivo declino nelle ADL. In effetti, la guida dell’auto
rappresenta per gli anziani un problema serio, poiché è un’attività in cui sono coinvolte molte abilità sensoriali e
motorie. Oltre a una vista adeguata, la guida richiede un buon udito, dal momento che percepiamo la posizione delle
altre auto e dei veicoli di emergenza anche in base al rumore che fanno. Per guidare bene, le persone devono avere la
forza muscolare sufficiente per azionare i pedali e possedere la flessibilità delle articolazioni necessaria per girare il
volante. Inoltre nella guida è particolarmente importante il rallentamento dei tempi di reazione.
La buona notizia è che installare un sistema anti-collisione, come la telecamera posteriore o il sistema di mantenimento
di corsia, rendono la guida degli anziani più sicura. La cattiva notizia è che il costoso cruscotto pieno di accessori e spie
può aumentare il grado di distrazione, e inoltre nessuna di queste innovazioni è stata progettata con gli occhi di un
anziano. Nulla può diminuire gli errori dovuti ai tempi di reazione rallentati che gli anziani compiono quando si trovano
a dover decodificare segnali stradali complessi o a sterzare velocemente.
Secondo il parere di alcuni esperti, una volta superati i 75 anni di età il rinnovo della patente di guida dovrebbe essere
annuale, e solo dopo accurati esami alla vista. Inchieste a livello internazionale mostrano invece che i criteri di selezione
sono molto più lassi. Nessun paese proibisce a chi è affetto da leggera demenza di guidare. Inoltre, poiché la guida
dell’auto comporta molte abilità, escludere completamente i guidatori incompetenti richiederebbe una valutazione
multidisciplinare che coinvolga il parere di medici, neuropsicologi e oftalmologi, nonché i risultati di test di guida su
strada. È necessario intervenire sull’ambiente stradale dando maggiore visibilità alla segnalazione di strade, autostrade e
rampe di uscita. Bisogna inoltre promuovere l’uso di una segnaletica più semplice e più facile da leggere. Ma soltanto
l’auto a guida autonoma (self-driving car), può far superare le preoccupazioni espresse in merito ai guidatori anziani.

I disturbi neuro-cognitivi (DNC, o più comunemente demenze)


DISTURBO NEURO-COGNITIVO MAGGIORE (comunemente detto DEMENZA) è l'etichetta usata per indicare tutte le
condizioni caratterizzate da un grave, progressivo e spesso irreversibile declino cognitivo che compromette la capacità
della persona di vivere in maniera indipendente. (Nonostante la denominazione sia stata cambiata in «disturbi neuro-
cognitivi» nell'attuale manuale diagnostico della American Psychiatric Association, il Diagnostic and Statistical Manual,
DSM-5, il termine «demenza» è ancora ampiamente utilizzato in tutto il mondo.) Il DSM distingue tra DNC maggiore e
lieve; nelle forme lievi i problemi cognitivi, pur significativi, non impediscono alla persona di vivere in modo
indipendente. Queste perdite devastanti comportano la totale erosione della personalità individuale, la completa
disintegrazione del sé.
Le patologie caratterizzate da demenza possono manifestarsi anche nelle persone giovani, in seguito a una lesione
cerebrale o a malattia. Tuttavia i sintomi sono tipicamente associati a 2 patologie che colpiscono le persone in età
avanzata.
Negli stadi iniziali di queste malattie le persone manifestano deficit della memoria semantica più basilare, cioè
dimenticanze di fatti importanti relativi alla propria vita, per esempio il nome della città in cui si abita o la strada per
arrivare a casa. I deficit delle funzioni esecutive sono molto accentuati. Con l'aggravarsi dei sintomi, la patologia investe
ogni aspetto del pensiero. Il ragionamento astratto diventa difficile. Le persone più anziane diventano incapaci di
elaborare e valutare più opzioni diverse, quando devono prendere una decisione. Anche le loro abilità linguistiche
risultano compromesse. Le persone possono perdere la capacità di dire il nome di oggetti d'uso molto comune. Anche la
capacità di giudizio svanisce; spesso questi anziani agiscono in modo inappropriato. Possono mettersi a vagare senza
meta e avere comportamenti spericolati e irresponsabili, senza neppure rendersi conto di stare mettendo in pericolo la
propria vita.
Quando queste patologie raggiungono gli stadi più avanzati, spesso le persone non sono più in grado di parlare né di
muoversi; infine sono costrette a letto, immemori di come si fa a mangiare o persino a deglutire. A questo punto spesso
sopravvengono complicanze, come infezioni o polmoniti, che portano alla morte.

[Stime del rischio di sviluppare un


disturbo neuro-cognitivo maggiore (una
demenza) in base all’età e al genere in
uno studio condotto negli Stati Uniti]
La buona notizia è che le chance di
sviluppare un disturbo neuro-cognitivo
maggiore prima dei 65 anni sono scarse.
La cattiva notizia è che entro gli 85 anni
di età il rischio aumenta, soprattutto per
le donne.

Le dimensioni di questi disturbi


Fra i primi moderati problemi di memoria e i sintomi conclamati intercorre un periodo che ha contorni abbastanza
sfumati. Ciò rende difficile identificare l’inizio vero e proprio di un disturbo neurocognitivo maggiore. Il deterioramento
progredisce con velocità diversa da persona a persona e a seconda dello specifico tipo di demenza. Ma in generale
questa condizione merita pienamente la definizione di MALATTIA CRONICA. Il tempo che mediamente intercorre fra la
diagnosi e la morte è di circa 4-10 anni. La buona notizia è che le demenze non colpiscono gli anziani giovani, ma di
solito sono un problema della vecchiaia avanzata. Tra gli anziani giovani l’incidenza della malattia è inferiore al 10%.
Oltre gli 85 anni, 1 persona su 3 è destinata a sviluppare deficit di memoria molto gravi. Queste statistiche, pur
allarmanti, hanno un risvolto positivo: la maggior parte degli anziani si mantiene sana di mente fino all’estremo limite
della vita umana.
Le due principali cause dei disturbi neuro-cognitivi
Sebbene esistano alcune forme rare di demenza, i tipi diagnosticati più di frequente sono la malattia di Alzheimer e la
demenza vascolare o, soprattutto comune negli anziani anziani, una sorta di combinazione di queste due forme.

• Un DISTURBO NEURO-COGNITIVO VASCOLARE (comunemente detto demenza vascolare) è dovuto a danni al


sistema vascolare cerebrale, ovvero alla rete dei vasi sanguigni che irrorano il cervello. In questo caso i problemi
cognitivi sono causati da una serie di piccoli ictus.

• La MALATTIA DI ALZHEIMER attacca direttamente le strutture che sono al fondamento della coscienza umana, i
neuroni. Quando sono colpiti da questa malattia, i neuroni degenerano fino a morire. Questo processo di
deterioramento è legato alla formazione di strane strutture ondulate, i GROVIGLI NEUROFIBRILLARI, e di aggregati
tondeggianti di una sostanza di natura proteica (che si formano negli spazi fra le cellule nervose), le PLACCHE SENILI.
Limitando l'afflusso di sangue al cervello, i problemi vascolari causano la perdita di neuroni. Perciò, in una persona di
85 o 90 anni affetta da questa patologia, gli ictus e le modificazioni indotte dalla malattia di Alzheimer agiscono
sinergicamente producendo il deterioramento cerebrale.

Il fattore di rischio principale per sviluppare questi disturbi è l'essere anziani anziani. Ma ci sono vari marcatori genetici
che incrementano la probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer a un'età inferiore. Il più importante è la presenza
di 2 copie del MARCATORE GENETICO APOE-4. La sfortunata frazione di popolazione con questa configurazione
genetica ha il 50% di probabilità di sviluppare i sintomi dell'Alzheimer a 68 anni, invece di quasi 90.
Nel caso in cui ci siano predisposizioni genetiche ci si può sottoporre al test del marcatore APOE e di altri geni
associati all'Alzheimer. Negli Stati Uniti la paura è di vedersi negata la copertura sanitaria nel caso la compagnia
assicurativa scopra i risultati del test. Inoltre questi esami offrono informazioni solo probabilistiche sul futuro, e una
quota di persone geneticamente ad alto rischio non manifesta disturbi neuro-cognitivi.

Questa sezione ingrandita del


cervello mostra le placche senili
(macchie circolari scure)

Intervenire agli esordi: la ricerca per fermare l’Alzheimer sul nascere


Il fronte principale nella guerra all'Alzheimer si incentra su una PROTEINA chiamata AMILOIDE, una sostanza grassa
che è la base costituente delle placche senili. Secondo l'attuale pensiero scientifico, l'accumulazione di una forma
tossica di amiloide produce un COMPOSTO chiamato TAU-P che innesca internamente la produzione dei grovigli
neurofibrillari e la degenerazione neurale. Gli sforzi tesi a dissolvere le placche di amiloide nei malati di Alzheimer non
hanno portato risultati positivi. La sfida è limitare l'accumulo della proteina quando le persone sono sane ma si avviano a
sviluppare la malattia. È quindi di vitale importanza trovare BIOMARCATORI (o precursori) affidabili per la malattia di
Alzheimer.
I livelli di amiloide e di tau-p nel fluido cerebrospinale di anziani cognitivamente normali sono un indicatore eccellente
per lo sviluppo successivo dei sintomi; le misure della materia grigia e del volume cerebrale fornite dall'MRI aggiungono
ulteriore accuratezza alla diagnosi successiva. I ricercatori stanno inoltre esplorando il possibile contributo alla diagnosi
offerto dagli esami del sangue che misurano il livello delle proteine coinvolte nella risposta immunitaria alle
infiammazioni. In realtà, poiché la diagnosi di questa malattia richiede oggi una serie di valutazioni neuropsicologiche
dilazionate nel tempo, la cosa migliore sarebbe disporre di un semplice esame del sangue in grado di prevedere
l'insorgenza della malattia di Alzheimer.
Gli adulti a cui è stato diagnosticato un declino cognitivo soggettivo o un disturbo cognitivo lieve hanno un'importanza
centrale per questo obiettivo. Queste persone sono convinte di avere subito gravi cambiamenti in termini di memoria
oppure, nel caso del disturbo cognitivo lieve, mostrano significativi problemi di apprendimento nei test neuropsicologici.
Non tutti coloro che vengono classificati secondo queste diagnosi precoci sviluppano l'Alzheimer. Di fatto alcune
persone, quelle aperte alle esperienze e con stili di vita che arricchiscono la vita cognitiva, possono migliorare. Tuttavia,
più della metà delle persone con disturbi cognitivi lievi diventano malate di Alzheimer qualche anno dopo.
Anche se l'Alzheimer è una malattia delle pari opportunità, che colpisce chiunque, gli adulti con un livello elevato di
istruzione dispongono di una riserva cognitiva che allontana l'insorgere dei sintomi.
Sfortunatamente però, se sviluppano la malattia, le persone con un alto livello di istruzione subiscono un declino più
veloce. In realtà, circa 1/3 delle persone che in sede di autopsia mostra chiari segni della patologia di Alzheimer
(placche e grovigli) non ne aveva mai manifestato i sintomi in vita. Inoltre, oggi un piccolo studio indica che queste
persone resilienti potrebbero possedere una riserva neurale intrinseca.

Nelle persone cognitivamente normali che mostrano le modificazioni cerebrali caratteristiche della
malattia di Alzheimer, la densità di SPINE DENDRITICHE nei neuroni è molto simile a quella delle
persone sane.

È difficile provare sperimentalmente che l’esercizio fisico potrebbe essere un antidoto contro la
malattia di Alzheimer, perché comporta chiedere a un gruppo casuale di persone di fare esercizio
fisico per anni e poi confrontarli a gruppi di controllo. Tuttavia, anche se non ci aiuta a costruire
nuove cellule cerebrali, frequentare una palestra o camminare hanno un effetto positivo sulla
componente vascolare di questa malattia (e, ovviamente, contribuiscono a prevenire i problemi della
bassa schiena, che in età avanzata sono una grave minaccia alla vita indipendente).

Come si interviene su queste devastanti malattie


I farmaci pubblicizzati come cure contro l’Alzheimer hanno effetti marginali. I principali interventi per questa malattia
sono di tipo ambientale. Implicano il creare il migliore adeguamento possibile fra persona e ambiente, e l’offrire sostegno
alle seconde vittime di questa condizione, ovvero i caregiver, le persone che assistono gli anziani malati.

PER I MALATI: AVVALERSI DI AUSILI E RENDERE L’AMBIENTE IN CUI SI VIVE PREVEDIBILE E SICURO. Avvalersi di
ausili creativi può aiutare queste persone a ricordare le cose, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia. È di aiuto
mettere le scarpe accanto ai calzini, o la caffettiera vicino alla tazza, per rammentare visivamente alla persona cosa fare.
La sicurezza è un tema di interesse primario. Per impedire che queste persone si perdano mentre sono in giro a piedi (o
alla guida dell'auto), i caregiver devono provvedere a installare doppie serrature o segnali acustici alla porta di casa.
Devono inoltre rendere inutilizzabili gli elettrodomestici pericolosi e mettere fuori dalla portata degli anziani malati le
sostanze tossiche, come i detersivi per le pulizie. Molte case di riposo oggi sono dotate di unità speciali dedicate ai
malati di Alzheimer, in cui gli ambienti sono progettati in modo da stimolare le abilità cognitive e il personale è
appositamente preparato per gestire persone affette da questa patologia. A ogni stadio della malattia, gli scopi sono:
1. proteggere le persone e mantenere il loro livello di funzionamento nelle migliori condizioni possibili il più a lungo
possibile
2. offrire loro un valido sostegno sia fisico sia psicologico.
Ma i primi esempi di coraggio sono gli stessi malati nelle prime fasi della malattia, che si aiutano a risolvere i problemi e
si sostengono a vicenda. Perdendo il proprio sé interiore ci si sente terrorizzati, senza sapere chi si è.
Chi sta attorno al malato può aggravare questo senso di disorientamento interiore nel momento in cui cade vittima del
proprio personale deficit di memoria, prestando attenzione soltanto all'etichetta e dimenticando l'essere umano che vi
sta dietro.

PER I CAREGIVER: FAR FRONTE AL TOTALE STRAVOLGIMENTO DELLA VOSTRA VITA. Chi deve prendersi cura di
una persona cara affetta da demenza sa perfettamente che la condizione del malato è permanente, che non potrà fare
altro se non assistere impotenti al progressivo deterioramento del proprio caro. Man mano che la malattia progredirà e
arriverà alla sua fase intermedia, ci si deve occupare di una persona cara che si è trasformata in un alieno, col quale non
valgono più gli strumenti di comunicazione che si utilizzano negli incontri normali. La persona amata può arrivare a
maltrattare verbalmente e fisicamente i propri cari, svegliarsi e andarsene in giro di notte. Nel momento in cui il proprio
familiare avrà bisogno di assistenza continua, sovraccaricando il ruolo da caregiver, bisognerà passare attraverso il
terribile senso di colpa che accompagna la scelta di ricoverarlo in una casa di riposo. Oppure si può decidere di mettere
da parte la propria vita e di tenerla per anni in una sorta di limbo, mentre si dedica ogni minuto della propria giornata a
prendersi cura di questa persona.
Uno studio che ha coinvolto caregiver afroamericani ha rivelato che molte persone trovano sollievo nella fede religiosa;
altri cercano consiglio nei gruppi di sostegno per chi assiste un malato di Alzheimer e nelle chat room su Internet.
Un'altra risorsa chiave è apprezzare i momenti preziosi che ancora si hanno da passare assieme. Questa esperienza di
vita offre una personale sequenza di redenzione.
Il contesto: lo scenario dell’assistenza agli anziani a livello globale
Per la maggior parte della storia umana, e ancora oggi in molte regioni del mondo in via di sviluppo, gli anziani non
hanno mai dovuto affrontare il problema dell’assistenza. I gruppi familiari vivevano sempre in unità plurigenerazionali.
Quando i più anziani avevano bisogno di aiuto, i parenti che potevano prendersi cura di loro erano già lì sulla scena. Ma
oggi queste reti sociali di sostegno si stanno sfilacciando in alcune delle società collettiviste. In Giappone, il ricovero in
casa di riposo è diventato una pratica comune. In Cina, dove chi è giovane deve abbandonare il villaggio d’origine per
trovare lavoro in città, gli anziani delle aree rurali non hanno nessuno a cui rivolgersi quando hanno bisogno di aiuto
continuativo nelle ADL. Quindi oggi i paesi orientali si stanno rivolgendo a modelli più simili a quelli occidentali per
quanto riguarda la cura degli anziani. I paesi scandinavi offrono eccellenti modelli per il tipo di assistenza a 360 gradi
che una società avanzata occidentale è in grado di offrire. In Svezia, Norvegia e Danimarca, servizi di assistenza
domiciliare finanziati con denaro pubblico si dimostrano altamente efficienti nell’aiutare gli anziani colpiti da qualche
disabilità a «invecchiare sul posto», cioè senza essere costretti a lasciare la propria abitazione. Nelle aree di campagna si
trovano molte soluzioni residenziali innovative destinate agli anziani. In questi paesi l’assistenza sanitaria è gratuita e
finanziata dallo Stato.

Attuali alternative all’istituzionalizzazione negli Stati Uniti


Negli Stati Uniti, invece, le persone devono porsi il problema del pagamento per l’assistenza. Questo perché MEDICARE,
il sistema statunitense di assistenza sanitaria per gli anziani, paga solo per i servizi definiti «orientati alla cura», non per
gli aiuti a svolgere le attività della normale routine quotidiana.
Vi sono, negli Stati Uniti e in altri paesi avanzati, delle ALTERNATIVE ALL'ISTITUZIONALIZZAZIONE:
• Le COMUNITÀ RESIDENZIALI AD ASSISTENZA CONTINUATA: sono complessi residenziali che forniscono livelli
differenziati di servizi, dal vivere in appartamenti indipendenti a soluzioni tipo casa di riposo. L'assistenza è
organizzata in modo da fornire all'anziano il migliore adattamento possibile persona-ambiente. All'arrivo i residenti
sono in condizioni di salute relativamente buone poi, al cambiare delle loro condizioni e quindi dei loro bisogni,
ricevono il tipo di assistenza più appropriato. Questa soluzione offre agli anziani uno stile di vita incentrato sulla
salute e la tranquillità di conoscere esattamente cosa sarà di loro se e quando avranno bisogno di essere totalmente
assistiti.

• Le STRUTTURE DI VITA ASSISTITA (assisted living) sono specificamente pensate per gli anziani che già soffrono di
difficoltà nelle ADL, ma non ancora di quel tipo che richiede un'assistenza a tempo pieno, 24h su 24. Questo genere
di soluzione offre agli anziani la possibilità di godere di piena assistenza in un ambiente domestico, meno
medicalizzato. Gli ospiti di queste strutture spesso dispongono di una propria stanza, e possono tenere gli amati cimeli
che permettono loro di vivere una vita dignitosa. Anche qui, l’obiettivo è massimizzare l’autonomia personale in un
ambiente molto più sicuro della propria abitazione.

• I CENTRI DIURNI sono pensati specificamente per gli anziani che vivono in famiglia. Queste strutture offrono varie
attività e un luogo in cui l’anziano può stare quando i suoi familiari sono al lavoro. Un grande vantaggio dei centri
diurni per anziani è che consentono alle famiglie di prendersi cura dei loro cari senza per questo rinunciare agli altri
obblighi e impegni della loro vita: in sostanza, i centri diurni eliminano la necessità per gli anziani di entrare in casa di
riposo.

• I SERVIZI DI ASSISTENZA DOMICILIARE aiutano l’anziano «sul posto» (a casa sua). Personale stipendiato si reca alla
casa dell’anziano assistito per aiutarlo a cucinare, pulire e svolgere tutte le attività di igiene e cura della persona.

Con le loro stimolanti attività e opportunità di contatti sociali, le strutture di vita assistita e ad assistenza continuata
possono essere il meraviglioso scenario degli ultimi anni della propria vita. Ciò nonostante, molti anziani benestanti,
anche coloro che hanno difficoltà nelle ADL, resistono all’idea di trasferirsi in questi luoghi. Una ragione è che, per molti
anziani, entrare in questi contesti simboleggia l’ingresso nel «mondo dell’età avanzata». In particolare, la vita in
ambiente assistito limita le libertà che gli individui hanno nella «vita reale». Sfortunatamente negli Stati Uniti tutte
queste alternative sono private e costose, perciò si tratta di opzioni in realtà disponibili solo per gli anziani più ricchi,
neanche per quelli di classe media.
La casa di riposo
Le CASE DI RIPOSO, o STRUTTURE PER L’ASSISTENZA A LUNGO TERMINE, offrono accoglienza e assistenza alle
persone con difficoltà nelle ADL essenziali, cioè a persone che richiedono un'assistenza intensiva 24h su 24. Benché le
case di riposo accolgano persone di ogni età, il principale fattore di rischio per il ricovero in uno di questi istituti è l'età
molto avanzata. L'età media degli ospiti delle case di riposo è superiore a 85 anni.
Poiché le donne, anche se maggiormente soggette a malattia, raggiungono di solito un'età molto più avanzata degli
uomini, la grande maggioranza degli ospiti delle case di riposo è rappresentata da donne.
Spesso l'anziano arriva nelle case di riposo dopo un evento che gli ha causato un'infermità. Essendo poi la demenza
senile una condizione che richiede un'assistenza continua, 24h al giorno per 7 giorni alla settimana, circa metà della
popolazione residente nelle case di riposo ha una diagnosi di demenza di qualche tipo.
Nel prevedere chi finirà in una casa di riposo, occorre tenere conto sia di fattori naturali che culturali; la biologia (ovvero
la condizione fisica) della persona ha molta importanza, ma altrettanta ne ha l'ambiente, in particolare il fatto che vi
siano altri membri della famiglia disponibili a prendersi cura dell’anziano. Quanti più luoghi (e persone) ha «in riserva»
un individuo debole per poter chiedere aiuto, tanto più basso è il rischio di concludere la propria esistenza in una
struttura per l’assistenza a lungo termine.
Sono diverse le vie che le persone possono prendere dopo il loro ingresso nella casa di riposo. A volte la casa di riposo
rappresenta soltanto una sosta di breve durata prima di far ritorno alla propria casa; altre volte è solo un breve interludio
prima della morte; ma per alcuni ospiti questa struttura può rappresentare un soggiorno di anni.
Negli Stati Uniti queste strutture sono finanziate dal sistema sanitario nazionale. Le persone iniziano col sostenere di
tasca propria gli enormi costi di queste strutture e finiscono per spendere tutto ciò che possiedono fino a ridursi in
povertà, quindi è Medicaid, il sistema che negli Stati Uniti finanzia la sanità per le persone più povere, a pagare per le
case di riposo.

Una valutazione delle case di riposo


Le case di riposo sono spesso viste come siti in cui gli anziani vengono abbandonati, maltratti o lasciati languire finché
non muoiono. Si tratta di generalizzazioni spesso ingiuste. Vi sono case di riposo con una ricca offerta di servizi e
attrezzature d’avanguardia, per esempio camere singole e saloni di bellezza. C’è una forte tendenza a creare un
ambiente quanto più possibile simile a casa e «orientato all’individuo», in cui offrire cure amorevoli.
Gli esperti incolpano l’eccesso di enfasi sulla sicurezza, che non lascia agli individui alcuna autonomia di vita. Gli ospiti
delle case di riposo non possono lasciare la struttura a meno che un parente non li venga a prendere, e sono soggetti a
controlli casuali da parte dei caregiver. Non hanno voce in capitolo su quando (o cosa) mangiare. Non possono
semplicemente decidere di starsene a letto o rifiutarsi di prendere la medicina. Tutte le loro azioni dipendono da un
caregiver.
Dover dividere una stanza con un estraneo, poi, è l’insulto peggiore. Negli Stati Uniti, normalmente gli unici a
condividere una stanza sono le coppie sposate. Lo standard di Medicaid è di due persone per stanza. Inoltre, se la vostra
compagna di stanza ha una disabilità cognitiva, è possibile che rimanga sveglia tutta la notte a lamentarsi o si comporti
in modo violento. In un’inchiesta condotta negli Stati Uniti, 1/3 degli operatori di casa di riposo ha riferito di aver
assistito a un episodio di aggressione tra ospiti nelle 2 settimane precedenti.
Lavorare in una casa di riposo può essere pericoloso per i caregiver. In un sondaggio condotto in una casa di riposo
svizzera, 2 membri del personale su 3 hanno riferito di essere stati oggetto di un’aggressione verbale da parte di un ospite
nelle 2 settimane precedenti; e quasi la metà dei lavoratori ha dovuto difendersi da un atto di aggressione fisica. Ancora
una volta, il comportamento «difficile» si trova più spesso nelle unità dedicate agli ospiti malati di Alzheimer, a causa
degli sfortunati cambiamenti della personalità provocati da questa malattia. Gli episodi di abuso fisico da parte degli
ospiti erano frequenti anche nei luoghi in cui gli assistenti erano emozionalmente esausti per via dell’eccesso di lavoro.
La prima linea nelle case di riposo sono gli ASSISTENTI INFERMIERISTICI CERTIFICATI (CNA, certified nurse assistant).
L’assistenza alle persone anziane è un lavoro di basso status sociale. Gli assistenti nelle case di riposo, come il personale
che lavora nei centri diurni, percepiscono salari al di sotto del livello di povertà. In Europa gli operatori tendono
maggiormente a dichiarare di avere le risorse per fornire cure adeguate, mentre negli Stati Uniti le case di riposo soffrono
di una cronica carenza di personale. Anche quando un assistente ama ciò che fa, le condizioni stesse del lavoro possono
rendere difficile fornire agli ospiti cure adeguate. Eppure, nonostante i problemi, chi esegue questo lavoro di basso status
può trarne enormi gratificazioni. In un gruppo di discussione condotto presso alcune case di riposo dell’Arkansas, gli
assistenti hanno riferito che apprezzavano l’opportunità di fare la differenza.

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