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LA SOCIETA'

133. Nozione giuridica: elemento negoziale ed elemento organizzativo


La nozione giuridica di società deve essere fissata in relazione a due elementi:
– elemento negoziale, che ne individua la funzione;
– elemento organizzativo, che ne definisce la struttura.
Sotto il profilo funzionale, la nozione di società è necessariamente unitaria. Sotto il profilo
strutturale-organizzativo, la nozione varia a seconda degli atteggiamenti concreti che
l'organizzazione assume. Infatti il codice, dopo aver fissato la nozione di contratto di società (art.
2247), regolamenta il fenomeno astratto delle società in base i concreti tipi di organizzazioni sociali,
ognuno dei quali ha caratteristiche proprie.
Esistono quindi vari tipi di società, e non una società in generale. La stessa società semplice non è
che un tipo di societa. Tali tipi si differenziano a seconda delle particolari caratteristiche
dell'organizzazione sociale. Ma pur differenziandosi, tali tipologie di società hanno un elemento
unificatore: la matrice da cui nasce l'organizzazione sociale, e cioè il negozio giuridico alla base
dell'organizzazione sociale stessa.
La distinzione tra elemento negoziale ed elemento organizzativo dimostra anche la possibilità che
ha l'elemento organizzativo di conservare i suoi caratteri a prescindere del diverso atteggiamento
dell'elemento negoziale. Basti pensare, nel campo delle società di capitali, alle società costituite con
atto unilaterale, le quali si differenziano solo sul piano negoziale, ma non sul piano organizzativo.
La distinzione spiega anche la costituzione per legge o in seguito a provvedimento amministrativo
di società nell'ambito del processo di privatizzazione delle imprese pubbliche.

134. La società come contratto. Principi generali.


Art. 2247 → col contratto di società due o piu persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in
comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
Alla base vi è quindi un contratto plurilaterale. Poiché è un contratto, il negozio costitutivo della
societa è ovviamente soggetto alla disciplina generale dei contratti per quanto riguarda la capacità
delle parti (salvo eccezioni poste per le società in nome collettivo e in accomandita semplice), i
requisiti, gli effetti e l'interpretazione. Poiché è un contratto plurilaterale, esso è soggetto alle norme
sulla nullità, sull'annullabilità, sulla risoluzione e sulla impossibilita della prestazione del contratto
plurilaterale: l'invalidità del vincolo di una delle parti non comporta l'invalidità dell'intero contratto;
l'impossibilità sopravvenuta della prestazione o l'inadempimento di una delle parti non comporta la
risoluzione, salvo il caso in cui la prestazione mancata o la partecipazione erano essenziali per la
realizzazione dello scopo comune.
Nel contratto di società c'è una interdipendenza tra le varie obbligazioni se queste sono state assunte
in funzione del raggiungimento dello scopo prefissato. Le obbligazioni dei soci costituiscono il
mezzo per la realizzazione dello scopo comune. Dalla realizzazione di quest'ultimo ciascun socio
riceverà un vantaggio che è il corrispettivo dell'obbligazione assunta. Lo scopo comune giustifica
quindi l'influenza dell'obbligazione di un socio sull'intero contratto. Un socio può rifiutare
l'adempimento della propria obbligazione se, a causa dell'inadempimento di un altro socio, si è
determinata l'impossibilita del raggiungimento dello scopo comune. Il contratto di società, in più,
viene meno a causa dell'uscita di un socio dalla società (morte, recesso, esclusione) solo quando il
raggiungimento dello scopo sociale sia stato da ciò compromesso.
In base all'art. 2247, i requisiti essenziali del contratto di società sono:
– il conferimento
– l'esercizio in comune di un'attività economica
la divisione degli utili

135. Il conferimento.
La società, in quanto organizzazione di persone e beni per uno scopo produttivo, non può esistere
senza la costituzione di un fondo sociale. Il fondo sociale è il presupposto necessario di ciascun tipo
di società. Diversa può essere la situazione giuridica di esso, ma la sua esistenza e un presupposto
necessario.
Il fondo sociale si costituisce mediante il conferimento dei soci. Non c'è contratto di società se i soci
non conferiscono; non vi e l'acquisizione della qualità di socio se non c'è il conferimento. Per tale
motivo non rientrano nella nozione legislativa di società le società di garanzia (societa nelle quali
più persone esercitano in comune un'attività assumendone la responsabilità per le obbligazioni
inerenti) e, non rientrano nella disciplina delle società di mutua assicurazione le cd mutue a
ripartizione, poiché manca un fondo sociale.
Oggetto del conferimento possono essere beni o servizi. L'art. fa riferimento ad ogni bene o diritto
sui beni suscettibili di valutazione economica, cosi come alla prestazione di una determinata attività
o del risultato di essa. Non è necessario che il conferimento sia in danaro o che avvenga in un'unica
soluzione: si possono infatti conferire crediti o altri beni o l'uso di questi o anche la propria attività
lavorativa. Limiti all'oggetto del conferimento possono comunque derivare dal particolare tipo di
società: nelle s.p.a. è vietato il conferimento di opere o servizi e nelle società a responsabilità
limitata il conferimento di opere o servizi e condizionato alla prestazione di particolari garanzie.
Il conferimento non consiste nella consegna del bene o nella prestazione effettiva del servizio, ma
consiste nell'assunzione dell'obbligazione di dare o di fare.
Il conferimento può essere o meno determinato nel contratto.
Se il conferimento è determinato nel contratto, il socio è obbligato ad eseguire i conferimenti
determinati nel contratto, e solo questi (art. 2253). Se i conferimenti risultano insufficienti o siano
andati perduti, il socio non è tenuto a nuovi conferimenti o alla reintegrazione di quelli iniziali, e ciò
anche quando il contratto sociale può essere modificato a maggioranza. Il conferimento deve essere
determinato nel contratto in caso di: s.p.a., società in nome collettivo, società in accomandita
semplice, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative. Se
nel contratto non è stabilito che il conferimento debba farsi diversamente, esso deve essere fatto in
danaro.
Se non sussiste nel contratto alcun elemento per la sua determinazione, i soci sono obbligati a
conferire in parti uguali quanto è necessario per realizzare lo scopo comune (art. 2253). Tale
valutazione deve essere fatta in riferimento al momento del contratto. Le cose conferite in natura si
ritengono conferite in proprietà o in uso, tenuto conto dell'effettiva volontà delle parti.
In mancanza di disposizioni espresse, la disciplina giuridica del conferimento deve ricavarsi dalle
norme della tipologia contrattuale richiamata dalla natura della prestazione. Ad esempio, se si
conferisce la proprietà di un bene, la disciplina del conferimento dovrà ricavarsi dalle norme sulla
vendita; se si conferisce un credito, dalle norme sulla cessione dei crediti; se si conferisce l'uso di
una cosa, dalle norme sulla locazione di cose; salvo ovviamente le modifiche e gli adattamenti che
derivano dalle norme sulla società, le quali prevalgono in caso di incompatibilità.
L'art. 2254 stabilisce che, per le cose conferite in proprietà, la garanzia dovuta dal socio e il
passaggio dei rischi sono regolati dalle norme sulla vendita; la garanzia per il godimento è invece
regolata dalle norme sulla locazione e il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del
socio che le ha conferite.
L'art. 2255 stabilisce che il socio che ha conferito un credito risponde (e responsabile)
dell'insolvenza del debitore nei limiti del valore assegnato al suo conferimento.
Le conseguenze della sopportazione del rischio da parte del socio, dovute alla sua partecipazione
sociale, e le conseguenze del suo inadempimento sono regolate dalle disposizioni in tema di società,
e cioè dagli artt. 2286 e 2533 (stabiliscono i casi di esclusione del socio dalla società) e dagli artt.
2344 e 2466 (regolano la vendita delle azioni e delle quote del socio moroso).
Se vengono conferiti beni in natura, nel contratto sociale deve esserne indicato il valore o il metodo
di valutazione del valore; per le società di capitali è richiesta una perizia giurata che attesti il valore
effettivo del bene conferito; per le s.p.a. e richiesto un controllo da parte degli amministratori; negli
altri tipi di società la valutazione dei conferimenti è rimessa ai soci stessi.
Nella società semplice non è espressamente richiesta una valutazione dei conferimenti. Se questa
non è stata fatta nel contratto sociale, la ripartizione degli utili e delle perdite avverrà in parti uguali.
In caso di rimborso all'atto di liquidazione, la valutazione dei conferimenti va fatta facendo
riferimento al momento in cui il conferimento è stato eseguito.

136. L'esercizio in comune di un'attività economica.


La società è una forma di esercizio (e non semplice godimento) collettivo di un'attività economica.
Non rientrano nella sfera dei contratti di società i contratti posti in essere per lo svolgimento di
un'attività culturale, religiosa, politica o assistenziale, e ciò anche quando dal contratto derivino
l'obbligo di conferimento e la creazione di un fondo comune. Non basta che dal contratto derivino
rapporti patrimoniali tra i soci, poiché occorre che l'oggetto della società abbia un contenuto
economico. Non rientrano nella sfera di società neppure i contratti posti in essere per il godimento
in comune di un bene.
Ma spesso si adotta la forma della s.p.a. per realizzare scopi che non sono propri della società (es:
societa immobiliari, associazioni i carattere culturale, societa costituite per scopi consortili, ecc).
Alcune ipotesi sono state oggetti di previsione legislativa (societa costituite per scopi consortili, ora
previste nell'art. 2615 ter). In tali ipotesi sussiste solo la forma della società, ma non la sostanza,
solo l'organizzazione giuridica tipica delle società, ma non l'elemento funzionale.
L'esercizio dell'attività economica deve avvenire in comune. Oltre alla comunanza di mezzi per il
raggiungimento del risultato economico, anche la comunanza di attività.
La comunanza di attività è sia comunanza di risultato che comunanza della volontà dell'atto. Essa si
rivela nel momento deliberativo (poiché ogni socio ha il potere di determinare l'attività sociale) e
nel momento esecutivo (poiché i risultati dell'attività riguardano tutti i soci). Se manca il potere di
determinare l'attività sociale, non siamo nel campo della società, ma nel campo delle associazioni in
partecipazione. Solo in specifiche ipotesi, e in specifici tipi di società, la legge consente la creazione
di partecipazioni sociali prive del diritto di voto.
Solitamente la comunanza dell'attività si rivela anche nei confronti dei terzi (l'azione sociale si attua
nel nome della società), ma tale manifestazione ai terzi non e elemento essenziale della societa.
Infatti si ha la societa anche quando l'azione esterna si attua nel nome di un socio o di un estraneo
(come avviene nelle società non manifeste), purché tale azione sia dovuta alla volontà comune dei
soci e si attui per volontà comune dei soci (e la mancanza di ciò che impedisce alle cd societa
interne di rientrare nella nozione di societa).

137. La divisione degli utili.


Tale requisito evidenzia lo scopo specifico che il socio personalmente intende realizzare attraverso
la partecipazione alla società. Si tratta di uno scopo egoistico, e precisamente uno scopo economico
qualificato: realizzare un utile, e cioè un incremento patrimoniale.
Non sono società i contratti associativi a scopo di beneficenza o i contratti associativi che non sono
diretti alla distribuzione degli utili realizzati tramite l'esercizio comune di una attività economica.
L'attività economica esercitata in comune deve ovviamente avere la capacita di produrre nuova
ricchezza; gli incrementi patrimoniali conseguenti spettano necessariamente ai soci.
Ciò ovviamente non implica che la societa sia ispirata esclusivamente al principio di redditività, ma
si deve pur sempre rimanere nell'ambito dei criteri di economicità
L'espressione “divisione degli utili” non deve essere intesa nel senso di ripartizione tra i soci degli
utili realizzati dalla societa. Ciò avviene ovviamente nella maggioranza dei casi. Ma quando alla
partecipazione sociale non corrisponde nessun altro rapporto tra società e soci, solo sulla base della
partecipazione sociale i soci possono conseguire gli utili derivanti dall'esercizio dell'attività
economica. Quando accanto al rapporto sociale sussiste un rapporto diverso, la partecipazione
all'utile può attuarsi sulla base dell'uno o dell'altro rapporto (ciò avviene nelle Spa con prestazioni
accessorie, nelle societa cooperative).
Nonostante l'art. 2247 parli di divisione degli utili, il termine “divisione” non deve essere inteso in
senso tecnico-letterale. A conferma di ciò l'art. 2265 che parla di partecipazione agli utili e sancisce
la nullità del patto leonino col quale uno o più soci sono esclusi dalla partecipazione agli utili e alle
perdite. Il divieto del patto leonino non deve essere inteso solo nel senso di divieto di esclusione di
un socio in modo assoluto dalla partecipazione agli utili. Questa infatti non può essere irrisoria, ne
irrealizzabile. Implicitamente l'articolo ammette la possibilità di utilizzare i più diversi sistemi per
realizzare concretamente tale partecipazione agli utili.
Requisito della società è quindi che tutti i soci partecipino effettivamente agli utili conseguiti
dall'esercizio collettivo dell'impresa, indipendentemente dai criteri e le modalità di partecipazione
fissate nel contratto. Il risultato dell'attività sociale deve andare a beneficio di tutti i soci. Alla
comunanza dei mezzi e dell'attività deve seguire la comunanza dei risultati. Non è consentita
l'esclusione di un socio dagli utili.
Tutti i soci hanno quindi diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della società; essi
godono tuttavia della massima libertà nella determinazione della parte spettante a ciascuno dei soci
e non è necessario che ciascun socio partecipi in egual misura o che la partecipazione sia
proporzionale al conferimento. Il principio fondamentale è che la partecipazione agli utili sia
proporzionale ai conferimento (se il contratto non dispone nulla, allora la partecipazione sarà
proporzionale al conferimento), ma il contratto sociale può stabilire diversamente attribuendo ad
alcuni soci una posizione preferenziale sia in ordine alla partecipazione agli utili, sia in ordine alla
ripartizione.

138. La partecipazione alle perdite.


Nella nozione del contratto di società non si fa affatto riferimento alla partecipazione del socio alle
perdite. Essa è comunque prevista in singole disposizioni (art 2263, 2264, 2348) come la
contropartita della partecipazione agli utili; in più, l'art.2265 prevede espressamente il divieto di
esclusione del socio non solo dalla partecipazione agli utili, ma anche dalla partecipazione alle
perdite (nullità del patto leonino).
Nonostante ciò, la partecipazione alle perdite, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è un
elemento essenziale del contratto di societa. Il divieto del patto leonino trova piuttosto il suo
fondamento in considerazioni di ordine morale e politico.

139. La società come organizzazione: differenziazione in tipi.


Nel codice manca una disciplina generale sulla società. Il codice infatti va direttamente a prevedere
le varie tipologie organizzative della societa, ognuna con proprie caratteristiche, cosi da consentire
alle singole organizzazioni economiche di scegliere la forma giuridica più idonea.
La legge disciplina sia società a struttura chiusa che società a struttura aperta.
Le societa a struttura chiusa sono: societa in nome collettivo, societa in accomandita semplice,
s.p.a., societa in accomandita per azioni, societa a responsabilità limitata e societa semplice (le
ultime due sono state introdotte dal codice del 1942). Si tratta quindi di imprese che operano nel
mercato.
Le società a struttura aperta sono società che si propongono uno scopo mutualistico (dedicano la
loro attività esterna essenzialmente o prevalentemente ai loro soci). Rientrano in questa tipologia le
società cooperative, alle quali si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sulle s.p.a.; se la
società non supera determinati limiti dimensionali, l'atto costitutivo può prevedere, in alternativa,
l'applicazione della disciplina sulle societa a responsabilità limitata (art.2519).
Le varie differenziazioni del fenomeno societario dipendono dall'assetto organizzativo, e non
dall'aspetto negoziale; dipendono essenzialmente dai poteri, dai rischi e dalle responsabilità del
gruppo. Le caratteristiche principali delle strutture organizzative di gruppo sono fissate dalla legge,
anche se possono, entro certi limiti, essere influenzati dal contratto.
I tipi di società costituiscono quindi un numero chiuso. Vige il principio della tipicità: non possono
crearsi tipi nuovi di società, non sono ammesse tipologie diverse da quelle espressamente
disciplinate e non e neppure possibile modificare od eliminare le caratteristiche essenziali di
ciascuna tipologia. Ciò comporta, come prima conseguenza, che gli effetti di ciascun tipo si
determinano soltanto se sussistono i presupposti legali espressamente previsti per quel tipo. La
regolamentazione legale delle tipologie può anche essere modificata, ma non possono essere
intaccati gli elementi essenziali e le modificazioni non possono essere incompatibili con la tipologia
prescelta.
La scelta del tipo di società è rimessa alla volontà delle parti. L'unica limitazione generale a tale
principio è prevista dall'art. 2249.1: le società che hanno per oggetto l'esercizio di un'attività
commerciale devono necessariamente costituirsi secondo il tipo della società in nome collettivo, o
della società in accomandita (semplice o per azioni), o della s.p.a., o della società a responsabilità
limitata, e non possono assumere il tipo di società semplice (salvo pero il settore agricolo).
Le società che non hanno ad oggetto un'attività commerciale (ergo, societa che non rientrano
nell'art. 2195) sono libere di scegliere il proprio schema organizzativo e sono regolate dalle norme
sulla società semplice (art. 2249.2).
Non è quindi ammissibile una società semplice che ha ad oggetto un'attività commerciale: questa
sarà necessariamente una società in nome collettivo, o in accomandita, o una s.p.a, o una s.r.l., o una
società nulla.
Una società che non ha ad oggetto un'attività commerciale è una società semplice, se all'atto della
costituzione i soci non manifestano la volontà di costituire la società secondo uno degli altri tipi. Se
i soci manifestano tale volontà, la societa sarà soggetta alla disciplina propria della tipologia scelta,
ma ciò sarà possibile solo se siano stati posti in essere i presupposti formali richiesti per la sua
costituzione.
Quindi, anche se le varie differenziazioni del fenomeno societario dipendono dall'assetto
organizzativo, l'oggetto della societa rimane comunque rilevante in ordine alla scelta del tipo.
Oltretutto, per alcune categorie di imprese, la legge impone la costituzione della società secondo un
determinato tipo, limitando cosi l'autonomia dei privati. Ad esempio, l'esercizio dell'attività bancaria
o delle assicurazioni private e concesso solo alle s.p.a. o alle società cooperative per azioni: se tali
attività sono esercitate da società diverse, saranno applicate le sanzioni amministrative previste, tra
cui la liquidazione coatta amministrativa della societa, ma nessuna questione potrà sorgere riguardo
alla validità della società.

140. Tipi di società e tipi di organizzazione.


Le varie differenziazioni del fenomeno societario dipendono dall'assetto organizzativo e dal regime
di responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali. I criteri sono quelli stabiliti dal codice di
commercio del 1882, ai quali pero se ne aggiungono altri, in considerazione dei nuovi tipi.
L'elemento della responsabilità, nonostante assuma una notevole rilevanza nei rapporti coi terzi e
nonostante sia influente nell'organizzazione giuridica della società, non vale a caratterizzare i
singoli tipi di società dal punto di vista organizzativo.
L'organizzazione giuridica della società può essere analoga pur essendo diverso il regime della
responsabilità dei soci, o, al contrario, analogo il regime della responsabilità pur essendo diversa
l'organizzazione giuridica. Ad esempio, la società in nome collettivo e la società in accomandita
semplice hanno la stessa organizzazione giuridica ma differente regime di responsabilità.
Il sistema del codice è basato essenzialmente sulla contrapposizione di due diversi modelli di
organizzazione sociale: società organizzate su base personale e società organizzate su base
capitalistica.
La contrapposizione si basa essenzialmente sulla diversa posizione assunta, nella organizzazione
giuridica della società, dall'elemento personale e dall'elemento patrimoniale.
Le società organizzate su base personale sono organizzate giuridicamente in funzione delle persone
dei soci: i diritti e poteri del socio sono ad esso attribuiti in funzione della sua persona, cosi che essi
possono essere gli stessi, pur essendo diverso l'apporto di ciascun socio, oppure possono essere
diversi, pur essendo uguale l'apporto.
Le società organizzate su base capitalistica sono organizzate giuridicamente in funzione della quota
partecipativa di ciascun socio: i diritti e i poteri del socio sono ad esso attribuiti in funzione della
quota di partecipazione e sono a questa inerenti, cosi che a quote di partecipazione uguali
corrispondono necessariamente diritti e poteri uguali, mentre a quote di partecipazione diverse
corrispondono diritti e poteri diversi, in modo tale che i diritti e i poteri circolino unitamente alla
quota di partecipazione.
Tale diversa rilevanza della persona del socio nella struttura giuridica della società influenza
l'organizzazione giuridica della società stessa, determinando due categorie di organizzazioni sociali
con caratteristiche diverse tra loro: le società di persone e le società di capitali.
Tale distinzione originariamente era solo dottrinaria, ma ha assunto un valore anche normativo con
la riforma del diritto societario.
Oltre a questi due tipi, vi è anche la società a responsabilità limitata. Nonostante sia una società
organizzata su base capitalistica, e come tale annoverata tra le società di capitali, presenta una
disciplina legale in gran parte derogabile, cosi da permettere ai soci di configurare la sua
organizzazione in termini personalistici. Basti pensare al fatto che, nelle società per azioni, occorre
creare diverse categorie di azioni per poter attribuire diritti diversi ai soci, mentre nelle società a
responsabilità limitata ciò non è consentito essendo invece ammessa l'attribuzione di particolari
diritti ai singoli soci.
La distinzione tra società di persone e società di capitali riguarda essenzialmente i caratteri
dell'organizzazione risultanti dal modello legale, ricordandoci comunque che, in riferimento alle
società a responsabilità limitata, i caratteri legali possono essere derogati.
Elemento distintivo è comunque il diverso modo di organizzazione giuridica dei soggetti e dei beni,
che assume nelle due ipotesi gradazioni diverse.
Il sistema del diritto societario, più che basarsi sulla contrapposizione dei singoli tipi di società, si
basa sulla contrapposizione delle diverse strutture organizzative, cosi come avviene nel libro primo
del codice per le associazioni: accanto a società persone giuridiche, troviamo società non
riconosciute come tali.
La personalità giuridica è riconosciuta alle società organizzate su base capitalistica, mentre è
formalmente negata alle società organizzate su base personale, e cioè alle società semplici, alle
società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice. Il motivo va riscontrato nel fatto
che le società su base personale sono collettività organizzate nelle quali i rapporti interni di gruppo
rimangono rapporti inter-soggettivi tra i soci, mentre le società su base capitalistica sono persone
giuridiche nelle quali i rapporti interni di gruppo si pongono come rapporti tra i soci e la società
persona giuridica, pur essendo caratterizzati dalla comune partecipazione all'organizzazione
societaria.
Per quanto riguarda i rapporti esterni, la rilevanza del riconoscimento della personalità giuridica si
riduce al punto che, con il D.Lgs.n.231/2001, si è potuta regolare la responsabilità amministrativa
delle societa in termini unitari, con regole applicabili sia alle persone giuridiche che alle società
prive di personalità giuridica.

141. Le società estere


Le società costituite all'estero, essendo nate ad un ordinamento diverso da quello italiano, possono
essere organizzate secondo uno dei tipi previsti nell'ordinamento italiano o secondo un tipo diverso.
In linea di principio, la disciplina contenuta nel codice e la relativa suddivisione non è applicabile a
queste societa. Il diritto internazionale privato impone che le società e gli altri enti vengano
disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di
costituzione. Tuttavia la legge dispone che, nel caso in cui la società costituita all'estero operi
stabilmente nel territorio dello Stato, essa non possa sottrarsi, almeno in tutto, alla disciplina posta
dal codice per le società costituite nel territorio dello Stato.
Nel caso in cui la società si è costituita all'estero, ma l'attività sociale si svolga essenzialmente in
Italia, dove è posta la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale della società, la legge
assoggetta integralmente la società alla disciplina italiana sia per ciò che riguarda lo svolgimento
dell'attività sociale, sia per ciò che riguarda le modalità organizzative e gli stessi procedimenti di
costituzione ed estinzione: ergo, non sono ammessi tipi di società diversi da quelli previsti nel
codice e devono sussistere tutti i presupposti che, secondo la legge italiana, sono necessari per il
tipo di società prescelto.
Inoltre, lo stabilimento nel territorio italiano di sedi secondarie con rappresentanza stabile comporta
l'assoggettamento agli obblighi relativi alla pubblicità previsti dalla legge italiana, prevedendo nei
rapporti coi terzi le risultanze della pubblicità attuata in Italia rispetto a quelle diverse della
pubblicità realizzata nello Stato dove e sita la sede principale.
La mancata osservanza di tali formalità comporta la responsabilità illimitata e solidale di coloro che
agiscono per conto della società.
Alle società costituite all'estero e aventi all'estero la sede dell'organizzazione e l'oggetto principale
dell'impresa, si applicano, per quanto riguarda l'attività svolta nel territorio italiano, le disposizioni
che regolano l'esercizio dell'impresa o che lo subordinano a particolari condizioni.

142. La società europea


La disciplina delle società estere risente dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'UE, e soprattutto
del diritto di stabilimento ex artt.43 e ss Trattato CE e dei principi dell'ordinamento comunitario.
L'art. 2057 stabilisce che l'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni contenute nel capo
relativo alle societa costituite all'estero e effettuata in base ai principi dell'ordinamento comunitario.
Occorre cioè verificare se i criteri utilizzati dal legislatore siano o meno un ostacolo al diritto di
stabilimento e alla libera circolazione, tenendo in considerazione la giurisprudenza comunitaria al
riguardo.
A tal fine è stato adottato un regolamento comunitario del 2001 relativo allo statuto della Società
Europea, integrato, per ciò che riguarda il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione dell'impresa,
ad una direttiva comunitaria attuata col D. Lgs.n188/2005. È stato cosi offerto agli operatori
economici un modello societario utilizzabile per le attività transfrontaliere.
Si tratta di un nuovo tipo di s.p.a. la cui utilizzazione e riservata alle imprese che operano almeno in
due Stati membri, e la cui disciplina risulta dalla combinazione di alcune norme comunitarie,
ovvero quelle contenute nel regolamento comunitario del 2001, con alcune norme statali, ovvero
quelle dell'ordinamento dello Stato dove la societa pone la sua sede.
La Società Europea è disciplinata in primo luogo dal regolamento comunitario citato e
successivamente, in ordine graduato, dalle clausole statutarie che esso espressamente consente, poi
dalle norme statali adottate in applicazione del regolamento, dalla disciplina generale delle società
vigente nello Stato della sede della SE e infine dalle clausole statutarie da quest'ultima ammesse.
Tale disciplina impedisce di qualificare la SE come societa soltanto di diritto europeo oppure
soltanto di diritto nazionale.
Il regolamento comunitario non disciplina, lasciandoli quindi di competenza dei singoli Stati
membri, temi di importanza centrale come quelli riguardanti il capitale e la sua tutela, le azioni e le
obbligazioni, la responsabilità degli amministratori, il funzionamento dell'assemblea. Tutto ciò per
agevolare la libertà di stabilimento e per consentire la scelta dell'ordinamento dove si ritiene più
conveniente porre la sede della societa. E' quindi una sorta di incentivo alla competizione tra gli
ordinamenti statali.
La SE è uno strumento utilizzabile solo da parte delle imprese che operano in una pluralità di
ordinamenti e che siano costituite in forma di s.p.a.
Il regolamento comunitario prevede infatti una pluralità di tecniche per la costituzione di una SE.
Essa può costituirsi mediante fusione, mediante creazione di una SE in holding o mediante una SE
affiliata: in tali casi l'operazione deve pero riguardare almeno due societa che hanno sede in Stati
diversi. Può avvenire anche mediante trasformazione di una società nazionale, ma a condizione che
essa da almeno due anni abbia una filiale in un altro Stato membro. E' infine possibile che una SE
già costituita costituisca a sua vola un'altra SE affiliata tramite atte unilaterale.
Un modello simile e stato previsto sempre dal citato regolamento comunitario in riferimento alle
iniziative transfrontaliere di natura mutualistica: la Società Cooperativa Europea (SCE).
LE SOCIETA' DI PERSONE
Concetti generali
143. Ambito della categoria e differenziazione dei vari tipi
La categoria delle società organizzate su base personale comprende:
– società semplice
– società in nome collettivo
– società in accomandita semplice
Il termine "società semplice" deriva dal codice svizzero ed esprime l'elementarietà del tipo e la
mancanza di una vera e propria pubblicità La società semplice è un tipo di società creato per
l'esercizio di una attività economica non qualificata dalla legge come commerciale. Nelle intenzioni
del legislatore, il campo tipico di applicazione della società semplice è quello dell'economia agraria,
ma non si può escludere che essa trovi applicazione anche al di fuori dell'economia agraria, quando,
ad esempio, oggetto della società sia la piccola impresa intesa come attività non commerciale che si
esplica in forma di piccola impresa (piccolo commercio, attività artigianale).
La società semplice si differenzia dalla società in nome collettivo e dalla società in accomandita
semplice perché per essa non è previsto un regime di pubblicità dichiarativa, con tutti gli effetti
positivi e negativi che ne derivano; e prevista soltanto una forma di pubblicità notizia che si realizza
con l'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. La mancanza di una pubblicità
legale implica varie differenze sostanziali tra la sua disciplina e quella prevista per gli altri due tipi.
La mancata previsione ed assoggettazione al sistema di pubblicità dichiarativa è dovuta
essenzialmente alla non commercialità dell'oggetto della società semplice. Ma è comunque previsto
che le imprese collettive non commerciali possano volontariamente assoggettarsi al sistema della
pubblicità dichiarativa, costituendosi secondo uno dei tipi di società previsti per le imprese
collettive commerciali (Art. 2249.2: le societa che hanno ad oggetto l'esercizio di un'attività diversa
da quella commerciale sono regolate dalle disposizioni sulla societa semplice, a meno che i soci
abbiano voluto costituire la societa secondo uno degli altri tipi). Le società semplici esercenti
attività agricola possono quindi essere iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese,
iscrizione avente efficacia dichiarativa. Dal 2001 a tale iscrizione è stata attribuita anche efficacia di
pubblicità legale poiché infatti è previsto che la società semplice non può non condividere con gli
altri tipi di personali le regole dovute alla previsione di un regime di pubblicità legale
(l'iscrizione ha l'efficacia ex art. 2193).
Nella società semplice il contratto non è soggetto a forme speciali, salvo quelle richieste dalla
natura dei beni conferiti; può quindi essere concluso anche verbalmente o può risultare da
comportamenti concludenti. Il contratto sociale può essere modificato solo col consenso di tutti i
soci, salvo che non sia stato convenuto diversamente.
Per quanto riguarda la responsabilità (art. 2267), rispondono personalmente e solidamente i soci che
hanno agito in nome e per conto della societa e, salvo patto contrario, anche gli altri soci. Ma e
appunto consentita la limitazione della responsabilità dei soci che non agiscono; occorre in tal caso
un patto espresso nel contratto sociale che deve esser portato a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei (nel caso delle società semplici agricole, attraverso l'iscrizione nel registro delle imprese). In
mancanza, la limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a
coloro che non ne hanno avuto conoscenza. Riassumendo, possono essere responsabili:
– tutti i soci, illimitatamente e solidamente [= societa collettive]
oppure (in caso di patto espresso)
– illimitatamente e solidamente i soci che agiscono e limitatamente i soci che non agiscono [=
accomandita semplice]
La società in nome collettivo è caratterizzata dal fatto che tutti i soci sono solidamente e
illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali. Un eventuale patto contrario non ha effetto
nei confronti dei terzi (art. 2291). Sono caratterizzate anche dalla commercialità dell'oggetto o dalla
soggezione ad un regime legale di pubblicità dichiarativa.
Nel campo delle attività commerciali, e salvo le società operanti nel settore agricolo, una società
caratterizzata dalla responsabilità illimitata di tutti i soci è necessariamente una società in nome
collettivo.
La società in accomandita semplice è caratterizzata dall'esistenza di due categorie di soci: i soci
accomandatari, i quali rispondono solidamente ed illimitatamente, e i soci accomandanti, i quali
rispondono limitatamente alla quota conferita (art. 2313).
I poteri di amministrazione (potere di gestione) spettano soltanto ai soci accomandatari, i quali
hanno quindi una responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. Gli accomandanti
non possono compiere atti di amministrazione, ne trattare o concludere affari in nome della societa
(divieto di ingerenza nella gestione della societa), se non in forza di una procura speciale. Il socio
accomandante che contravviene a tale divieto è responsabile illimitatamente e solidamente verso i
terzi. I soci accomandanti possono comunque prestare la loro opera sotto la direzione degli
amministratori e hanno solo un potere di controllo (ispezione e sorveglianza). [Nella societa
semplice e nella societa in nome collettivo i poteri di amministrazione spettano invece a tutti i soci,
salvo patto contrario]
L'accomandita semplice, organizzata su base personale, si distingua dall'accomandita per azioni: la
prima è una modificazione della societa in nome collettivo; la seconda è una modificazione della
società per azioni.

144. La partecipazione alla società


La partecipazione ad un contratto sociale, qualunque sia il tipo di societa, è un atto che eccede
l'ordinaria amministrazione e non può quindi essere compiuto dal rappresentante legale
dell'incapace senza le dovute autorizzazioni, ne dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore.
Per quanto riguarda la partecipazione dell'incapace, quale socio illimitatamente responsabile, in una
società in nome collettivo o ad una società in accomandita semplice, la legge pone ulteriori controlli
e limitazioni, e ciò a causa dei particolari rischi connessi all'esercizio di un'attività commerciale
(quindi tali regole non valgono per la partecipazione ad una societa semplice). La legge infatti
subordina tale partecipazione all'osservanza delle disposizioni relative alla capacita all'esercizio
dell'impresa.
Nel caso delle s.p.a., l'assunzione di partecipazioni in altre imprese comportanti una responsabilità
illimitata deve essere deliberata dall'assemblea dei soci; ciò vale anche per le s.r.l. (anche se non e
espressamente previsto dalla legge). Dobbiamo però ricordare che a lungo si è dubitato della
possibilità per le persone giuridiche, ed in particolare per s.p.a. e s.r.l., di poter partecipare a società
organizzate su base personale. Ora ciò è espressamente previsto dalla legge, ma in passato vi erano
molti dubbi, basati oltretutto su argomentazioni non condivisibili. Prima tra tutte l'argomentazione
secondo cui, in virtù del diverso regime di responsabilità, le s.p.a. e le s.r.l. non potessero rispondere
illimitatamente col loro patrimonio per le operazioni da esse compiute, e quindi anche per quella
consistente nella partecipazione ad una società di persone. Altra argomentazione non condivisibile
era quella avanzata dalla giurisprudenza, argomentazione basata sul diverso regime di
amministrazione e controllo del patrimonio sociale. Tale argomentazione infatti porterebbe a dover
precludere alla s.p.a. ogni tipo di investimento in organismi economici diversamente strutturati (ad
es. i consorzi). Ovviamente è sempre possibile che singole leggi adottino soluzioni restrittive per
fini specifici (es: in tema di servizio radio-televisivo, una legge del 1990, ora abrogata, prevedeva
che le società in nome collettivo ed in accomandita semplice dovessero essere costituite solo da
persone fisiche).
Altro problema sorto in passato era quello relativo alla possibilità che una persona giuridica socia
assumesse le funzioni di amministratore della società, in quanto nella struttura organizzativa della
società di persone si sarebbe inserita l'ordinamento della persona giuridica. In assenza di una
esplicita norma che lo prevedesse, tale possibilità sembrava inammissibile. Oggi l'art. 111 duodecies
disp.att.cod.civ. prevede espressamente tale possibilità in riferimento alle s.p.a, poiché si riferisce
all'ipotesi in cui tutti i soci illimitatamente responsabili di una societa in nome collettivo od in
accomandita semplice siano s.p.a.. E poiché nell'accomandita semplice hanno poteri di
amministrazione solo gli accomandatari (soci illimitatamente responsabili), è ovvio che ammettere
una società in accomandita semplice dove tutti gli accomandatari sono s.p.a significa ammettere che
una s.p.a può assumere la funzione di amministrazione anche nelle società in nome collettivo.
145. Forma e pubblicità del contratto
Il contratto sociale delle società di persone non è di per se un contratto formale. La redazione per
iscritto dell'atto costitutivo non è richiesta per esigenze di forma o di prova, ma soltanto in quanto
presupposto necessario della pubblicità legale. La forma scritta non è quindi richiesta ad
substantiam o ad probationem; la mancanza dell'atto scritto importa unicamente il verificarsi delle
conseguenze che la legge fa derivare dalla mancata osservazione della pubblicità. La libertà di
forma incontra però dei limiti quando, in virtù della natura dei beni conferiti, è richiesta una forma
speciale (art. 1350: atto pubblico o scrittura privata richiesta, a pena di nullità, per contratti di
società o di associazione coi quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali
immobiliari. In tali casi è anche richiesta l'attuazione dei necessari adempimenti pubblicitari, come
la trascrizione). Ma in questi casi la forma scritta è richiesta non per la validità dell'intero contratto,
ma solo per la validità del singolo conferimento.
La legge prescrive che l'atto costitutivo di società in nome collettivo ed in accomandita semplice
deve indicare alcuni elementi ben precisi, e ciò perché fatto che l'atto costitutivo è presupposto
necessario della pubblicità legale. L'atto costitutivo deve quindi indicare:
– le generalità dei soci
– la ragione sociale (la denominazione della società, che deve essere costituita dal nome di
uno o più soci / di almeno un socio accomandatario, con l'indicazione del rapporto sociale)
– i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società
– i soci accomandanti ed i soci accomandatari (nel caso dell'accomandita semplice)
– la sede della società e le eventuali sedi secondarie
– l'oggetto sociale
– la durata della societa
– i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito ed il modo di valutazione
– le prestazioni a cui sono obbligati i soci d'opera
– le norme sulla ripartizione degli utili e la quota di ciascun socio negli utili e nelle perdite.
Se manca qualche elemento richiesto vi è soltanto la possibilità che l'ufficio del registro delle
imprese rifiuti l'iscrizione. L'incompletezza del documento (che però non sussiste nel caso in cui la
mancata indicazione di qualche elemento può essere supplita da regole dispositive di legge → n. 3,
4, 10) non implica quindi la sua invalidità.
L'atto costitutivo con sottoscrizione autentica dei contraenti, o una copia autentica dell'atto se la
stipulazione è avvenuta per atto pubblico, deve essere depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del
registro delle imprese, entro 30 giorni dalla stipulazione. L'obbligo del deposito ricade sugli
amministratori e sul notaio che ha redatto l'atto pubblico. Se gli amministratori non provvedono al
deposito entro il termine di 30 giorni, ciascun socio può provvedervi a spese della società, o far
condannare gli amministratori ad eseguirlo. In ogni caso, gli amministratori inadempienti saranno
responsabili nei confronti della società e ad essi sarà applicata la dovuta sanzione amministrativa
pecuniaria. Ci si è chiesti se è possibile l'iscrizione d'ufficio ex art. 2190: teoricamente potrebbe
essere ammissibile, ma in pratica non lo è a causa della mancanza o della impossibilita di procurarsi
l'atto da iscrivere.
L'ufficio del registro delle impresse effettuerà un controllo solo sulla presenza delle condizioni
richieste dalla legge per l'iscrizione. È escluso qualsiasi controllo sulla validità dell'atto. Non
potrebbe quindi essere rifiutata l'iscrizione di un atto solo perché esso contiene una clausola nulla.

146. Mancata iscrizione nel registro delle imprese. Società irregolari.


L'iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese determina gli stessi effetti della pubblicità
dichiarativa: i fatti iscritti sono opponibili ai terzi che li hanno o non li hanno conosciuti o potuti
conoscere (cd effetti positivi); i fatti non iscritti non sono opponibili ai terzi, salvo il caso in cui si
dimostri che questi ne avevano comunque avuto conoscenza (cd effetti negativi).
Per le società di persone non registrate la mancata iscrizione importa inoltre una situazione di
irregolarità. L'iscrizione è condizione di regolarità della societa.
L'irregolarità è diversa dall'invalidità del negozio e non è affatto detto che l'invalidità del negozio
elimini gli effetti della irregolarità
L'irregolarità presuppone l'esistenza di un contratto di società, se nullo o annullabile non interessa,
per il quale non sono state osservate le formalità prescritte dalla legge, e più precisamente, un
contratto di società che non è stato iscritto nel registro delle imprese.
L'irregolarità può essere:
– iniziale: fin dalla sua costituzione, il contratto non è stato iscritto nel registro delle imprese
– sopravvenuta: la società era inizialmente iscritta nel registro, ma successivamente vi è stata
cancellata per qualunque causa (cancellazione d'ufficio per mancanza delle condizioni
richieste dalla legge; cancellazione richiesta dai liquidatori ex art. 2312) ma tuttavia
continua ad esistere.
Non si ha irregolarità sopravvenuta in caso di proroga tacita della società o in caso di mancata
iscrizione delle modifiche apportate all'atto costitutivo.
L'irregolarità non incide sui rapporti tra i soci (i quali continuano ad essere regolati dal contratto
sociale) ma incide sui rapporti coi terzi. I rapporti delle società irregolari coi terzi sono regolati
dalle disposizioni generali in tema di società semplice, fermo restando ovviamente la responsabilità
illimitata e solidale dei soci per le società in nome collettivo e la responsabilità illimitata e solidale
degli accomandatari per le società in accomandita semplice. Ciò vuol dire che la posizione dei
creditori sociali è regolata dall'art. 2268 (Escussione preventiva del patrimonio sociale → il socio a
cui è richiesto il pagamento di debiti sociali può richiedere la preventiva escussione del patrimonio
sociale, indicando i beni sui quali il creditore può soddisfarsi → I soci godono del beneficio di
preventiva escussione del patrimonio sociale: i creditori sociali non possono pretendere il
pagamento dei singoli soci se non dopo l'escussione del patrimonio sociale: art. 2304) e la posizione
dei creditori particolari del socio e regolata dall'art. 2270 ( Il creditore particolare del socio, finché
dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore. Egli non può
aggredire direttamente il patrimonio sociale; può solo far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al
socio debitore e può compiere atti conservativi sulla quota ad esso spettante nella liquidazione della
società).
Per ciò che riguarda la rappresentanza, non sono invece applicabili le disposizioni dettate per la
società semplice, ma si applicano principi diversi conseguenti alla mancata osservazione della
pubblicità legale. Si presume infatti che ciascun socio che agisce per la società abbia la
rappresentanza sociale e gli eventuali patti che limitano la rappresentanza soltanto ad alcuni soci
non sono opponibili ai terzi, a meno che non si dimostri che questi ne erano a conoscenza. Il terzo
che contratta con la società irregolare non ha l'onere di accertare il potere di rappresentanza del
socio che agisce (onere che invece ha colui che contratta con una società semplice); di conseguenza,
le limitazioni originarie e le limitazioni successive della rappresentanza sono ugualmente inefficaci
nei confronti del terzo ignaro. Nella società in accomandita semplice, invece, le limitazioni della
responsabilità degli accomandanti permangono e sono opponibili ai terzi anche quando le
limitazioni non sono state portate a loro conoscenza con mezzi idonei, essendo la presenza degli
accomandanti e degli accomandatari una caratteristica essenziale di tale tipo di società.
Nell'accomandita semplice l'accomandante risponde limitatamente alla sua quota per le obbligazioni
sociali anche quando manca una pubblicità di fatto in ordine alla limitazione della responsabilità
(per il fatto stesso di contrattare con un'accomandita, già si sa dell'esistenza di soci a responsabilità
limitata); nella società semplice, invece, il patto di limitazione della responsabilità del socio è
efficace solo quando è portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (il regime normale e la
responsabilità solidale ed illimitata di tutti i soci ed, in mancanza di una pubblicità del patto
limitativo, il terzo deve esser tutelato).
Oltre alla modificazione del regime giuridico della società nei rapporti coi terzi, l'irregolarità
determina l'applicazione di alcune sanzioni, come, ad esempio, l'inapplicabilità della prescrizione
abbreviata.
Nella categoria delle società irregolari rientrano le cc.dd. società di fatto, e cioè quelle società che si
formano senza la stipulazione di un contratto sociale sulla base di un comportamento concludente di
una pluralità di soggetti che creano un fondo comune per l'esercizio di un'attività commerciale al
fine della divisione degli utili.

147. Modificazioni del contratto


Nelle società di persone il contratto sociale può essere modificato soltanto col consenso di tutti i
soci o per le cause ammesse dalla legge (morte, recesso, esclusione del socio). La modifica del
contratto sulla base di un principio maggioritario può avvenire solo se è stato espressamente
ammesso dal contratto, e nei limiti in cui sia stato ammesso. Un'importante eccezione alla regola
generale di unanimità è oggi rappresentata dagli art 2500 tre, 2502, 2506 ter introdotti dalla
riforma del diritto societario del 2003: è oggi possibile la trasformazione in s.p.a., la fusione e la
scissione di societa di persone col consenso della maggioranza dei soci, maggioranza determinata
secondo la parte negli utili di ciascun socio, salvo che il contratto non disponga altrimenti e salvo in
ogni caso il diritto di recesso del socio che non ha concorso o acconsentito alla decisione. Anche se
il contratto permette di effettuare sue modificazioni sulla base del principio maggioritario, è
comunque esclusa la possibilità di modificare la posizione di un socio nella società tramite questo
principio, attraverso la soppressione o la limitazione dei diritti ad esso attribuiti dal contratto
sociale, o attraverso l'imposizione di ulteriori obblighi a quelli derivanti dal contratto. In ogni caso,
non e comunque certa la possibilità che tramite decisione maggioritaria possa essere introdotta o
soppressa una clausola compromissoria.
Nella società semplice le modifiche al contratto sociale devono essere portate a conoscenza dei terzi
con mezzi idonei; in mancanza, esse non sono opponibili ai terzi che non ne hanno avuto
conoscenza.
Nella società in nome collettivo, nell'accomandita semplice e nella società semplice che esercita
attività agricola, essendo previsto un regime di pubblicità dichiarativa, ogni modifica deve essere
iscritta nel registro delle imprese da parte degli amministratori; se la modifica risulta da una
deliberazione dei soci, questa deve essere depositata in copia autentica. Le modifiche non sono
opponibili ai terzi finché non sono iscritte, salvo il caso in cui si dimostri che questi ne erano a
conoscenza. Le modifiche sono pero operative nei rapporti tra i soci ed opponibili ai terzi che ne
avevano avuto conoscenza (esempio: un socio illimitatamente responsabile recede, ma il recesso
non viene iscritto sul registro; nei rapporti tra i soci e nei rapporti coi terzi che hanno avuto
conoscenza del recesso, il recesso e operativo ed il socio receduto è ormai estraneo alla societa. Ma
nonostante ciò, il socio receduto non potrà opporre il recesso al creditore sociale che, ignorando il
recesso, ha agito nei suoi confronti sulla base di un'obbligazione sociale sorta dopo il recesso).
Vi sono pero 3 ipotesi di modificazioni del contratto sociale alle quali si applicano regole diverse da
quelle proprie della pubblicità dichiarativa e nelle quali l'iscrizione svolge in ruolo ulteriore a quello
di semplice criterio di apponibilità ai terzi:
1) l'iscrizione ha efficacia costitutiva → tale ipotesi ricorre nel caso in cui vi sia una decisione
di trasformazione della società (art. 2500) ed in caso di estensione del fallimento della
società a chi non vi ricopre il ruolo di socio illimitatamente responsabile.
2) l'iscrizione è condizione per l'eseguibilità della modificazione e momento iniziale concesso
al terzo per proporre opposizione → tale ipotesi è prevista essenzialmente per la tutela dei
creditori sociali. Ad esempio, in caso di modificazioni che importino le cd riduzioni di
capitale ( art. 2306 – La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci
delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di ulteriore versamento, può
essere eseguita solo dopo 3 mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché
entro tale termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione) i
creditori sociali hanno diritto di opposizione poiché, attraverso le modifiche, viene ad esser
ridotto il complesso di beni sui quali possono soddisfarsi con preferenza. Tale opposizione
sospende l'esecuzione della modificazione, a meno che il creditore non sia stato soddisfatto
o convenientemente garantito. Ai creditori sociali viene oltretutto riconosciuto un analogo
diritto in relazione alla decisione di fusione o di scissione, poiché queste comporterebbero
una diminuzione delle loro garanzie patrimoniali. In tutti questi casi la pubblicità legale non
può essere sostituita dalla conoscenza di fatto che i terzi abbiano della modifica, essendo
essenziale il ruolo svolto dall'iscrizione.
3) l'iscrizione opera soltanto al fine della decorrenza del termine concesso al terzo per proporre
opposizione → tale ipotesi ricorre nei casi in cui viene data rilevanza alla tutela dei creditori
particolari del socio. Ciò avviane ad esempio in caso di proroga della societa oltre il termine
inizialmente previsto per la sua durata (art. 2307) poiché in tal modo si impedisce la
possibilità di esecuzione immediata da parte del creditore sulla quota del socio debitore. Ai
creditori particolari viene infatti riconosciuto il diritto di fare opposizione alla proroga della
società entro 3 mesi dall'iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle imprese
(iscrizione che appunto vale come momento iniziale per la decorrenza del termine di 3
mesi). Se l'opposizione è accolta, la società deve liquidare la quota del socio debitore entro 3
mesi dalla notificazione della sentenza.
A differenza dell'ipotesi n°2, nella quale la modificazione (deliberazione di riduzione di capitale)
non era immediatamente operativa, potendo essere eseguita solo dopo 3 mesi dall'iscrizione purché
non vi fossero opposizioni da parte di creditori sociali [l'opposizione sospende l'esecuzione della
modificazione], nell'ipotesi n°3 la modificazione (proroga della società) è immediatamente
operativa [l'opposizione, se accolta, determina solo la liquidazione della quota del socio debitore].
Altra differenza: il creditore sociale può opporsi alla riduzione del capitale anche quando non vi sia
effettivamente un pregiudizio, essendo sufficiente un suo dissenso anche tramite atto stragiudiziale;
il creditore particolare, invece, può opporsi solo se dimostra la mancanza di altri beni del socio
debitore su cui soddisfarsi, e solo tramite domanda giudiziale (ciò si evince dal fatto che l'art. 2307
parla di “notificazione della sentenza” di accoglimento).
La proroga della società, anziche essere l'effetto di una deliberazione dei soci, può avvenire in modo
tacito. La società è tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando, decorso il termine
originario di durata della società, i soci continuano a compiere le operazioni sociali (art. 2273). Di
conseguenza, viene riconosciuto al socio il diritto di recesso (art. 2285 – Recesso del socio → ogni
socio può recedere dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita
di uno dei soci. In tal caso il recesso deve esser comunicato agli altri soci con un preavviso di
almeno 3 mesi. Può inoltre recedere nei casi previsti dal contratto sociale o quando sussiste una
giusta causa.) e viene inoltre riconosciuto al creditore particolare del socio di società in nome
collettivo ed in accomandita semplice il diritto di chiedere la liquidazione della quota che gli spetta
(diritto che, in via generale, spetta al creditore particolare del socio di società semplice - art. 2270).

Ordinamento sociale
148. La società come comunione unificata
La costituzione della società fa si che i beni conferiti siano destinati alla realizzazione degli scopi
fissati nel contratto, e tale destinazione ha carattere vincolante nei confronti dei soci e dei terzi.
I diversi soci vengono unificati sia nei rapporti esterni che in quelli interni; tale unificazione si
rivela con l'attribuzione alla società di un nome (ragione sociale), di una sede, di
un'amministrazione e di una rappresentanza e con l'indisponibilità da parte del singolo socio dei
beni conferiti durante tutta la durata della società. Il complesso dei beni destinati alla realizzazione
degli scopi della società ha un'autonomia patrimoniale, poiché eè infatti più o meno insensibile alle
vicende personali dei singoli soci. E' imposto ai creditori sociali un ordine più o meno rigoroso da
seguire nella scelta dei beni attraverso i quali soddisfare i loro crediti.
Nonostante la loro autonomia patrimoniale e l'unificazione della collettività dei soci, le società di
persone non hanno la personalità giuridica, la quale e stata negata dal legislatore. Di conseguenza,
per individuare la situazione giuridica conseguente al contratto di società occorre far riferimento ai
concetti di contitolarità, coobbligazione e comunione, considerando ovviamente le deviazioni
rispetto al regime normale della comunione.
Poiché il regime legale della comunione è essenzialmente posto in funzione della comunione
incidentale, alcune deviazioni derivano ovviamente dal fatto che nel nostro caso si tratta di
comunioni contrattuali (art. 2272 Cause di scioglimento della societa VS art. 1111; art. 2252
Cedibilità della quota – Modificazioni del contratto sociale VS art. 1103; art. 2256 Uso illegittimo
delle cose sociali VS art. 1102). Altre deviazioni dipendono invece dalla diversa struttura che i
rapporti tra i soci, e tra i soci ed i terzi, vengono ad assumere in conseguenza del particolare oggetto
del contratto sociale. A seconda dello scopo a cui i beni sono stati destinati avremo particolari
limitazioni dei diritti dei soci e dei creditori particolari sui beni sociali e una particolare disciplina
per i diritti dei creditori sociali sul beni particolari del socio. La destinazione dei beni sociali
determina infatti una particolare struttura dei rapporti interni ed esterni: dei rapporti interni, perché
diritti e poteri competono al socio in quanto membro della collettività sociale, coi conseguenti limiti
derivanti dalla partecipazione alla collettività; dei rapporti esterni, perché i diritti e gli obblighi sorti
nei confronti dei terzi nell'esplicazione dell'attività sociale fanno immediatamente capo alla
collettività e solo mediatamente al socio, in quanto membro della collettività stessa. La destinazione
dei beni sociali determina oltretutto un'autonomia dei beni stessi, poiché divengono garanzia delle
obbligazioni assunte dalla collettività per realizzare lo scopo sociale, sottratti quindi all'azione dei
creditori particolari del socio ed alla disponibilità del socio stesso.
Il legislatore riconosce all'ordinamento sociale un'efficacia nei confronti dei terzi tramite: il
riconoscimento di una preferenza ai creditori sociali rispetto ai creditori particolari; l'obbligo della
preventiva escussione del patrimonio sociale; la possibilità di una limitazione della responsabilità
del socio.

149. Conseguenze in ordine alla responsabilità personale del socio e all'acquisto della
qualità di imprenditore
Le obbligazioni sociali incombono sui soci nella loro qualità membri della collettività sociale (e non
nella loro qualità di persone), nei limiti posti dall'ordinamento della società, il quale è vincolante
anche per i terzi.
La responsabilità personale del socio per le obbligazioni sociali non si pone sullo stesso piano di
quella che incombe sulla collettività. Si tratta di una responsabilità diretta, ma sussidiaria: si pone su
un piano diverso e subordinato rispetto a quella che incombe sul socio in quanto membro della
collettività, e ciò perché i soci godono del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale.
I creditori sociali trovano cioè soddisfacimento nel patrimonio sociale, ma alla responsabilità della
societa si aggiunge la responsabilità del socio: per le obbligazioni sociali rispondono anche i soci
che hanno agito in nome e per conto della societa, personalmente e solidalmente, e, salvo patto
contrario, gli altri soci (art. 2267). L'azione nei confronti del socio può essere proposta solo previa
escussione del patrimonio sociale: i creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul
patrimonio della società prima di poter aggredire il patrimonio personale dei soci (art. 2268).
La responsabilità sussidiaria dei soci non deve affatto condurci a ritenere i soci stessi come
fideiussori solidali della società. L'obbligo del fideiussore sorge in virtù di un rapporto autonomo
che nasce col creditore, mentre la responsabilità del socio sorge per effetto della particolare struttura
del rapporto sociale la quale richiede che le obbligazioni sociali gravino anche sui soci.
I giudicati che si costituiscono contro la società hanno efficacia nei confronti dei soci in relazione
all'accertamento del debito poiché l'obbligazione sociale influisce necessariamente sulla
responsabilità del socio. I titoli esecutivi formatosi contro la società valgono anche nei confronti del
socio (a cui quindi devono essere notificati titolo esecutivo e precetto) poiché, trattandosi di
responsabilità diretta e sussidiaria, pare eccessivo richiedere un titolo esecutivo particolare nei
confronti del socio.
L'attività sociale e un'attività della collettività dei soci, e non un'attività personale del socio; di
conseguenza è al gruppo, e non al socio, che compete la qualifica di imprenditore coi relativi
obblighi. La qualifica di imprenditore è solo del gruppo e non può assolutamente ripartirsi tra i soci
del gruppo stesso. Il socio tuttavia è coimprenditore: partecipa all'attività imprenditoriale come
membro del gruppo, assume le obbligazioni inerenti a tale attività. Egli non è personalmente
imprenditore ma nei suoi confronti si applicano alcune norme dettate per l'esercizio dell'impresa (in
ordine alla partecipazione alla societa valgono le regole sulla capacita all'esercizio dell'impresa) o si
determinano alcune conseguenze derivanti dall'esercizio dell'impresa (fallimento del socio
illimitatamente responsabile).

150. I creditori particolari del socio


Il patrimonio sociale (beni originariamente conferiti + beni acquistati attraverso l'esercizio
dell'attività sociale) è essenzialmente destinato al raggiungimento dello scopo sociale. Tale
destinazione opera sia nei confronti del socio, perché gli impedisce ogni potere individuale di
disposizione, e sia nei confronti dei creditori particolari del socio, perché non è concesso loro di
sottrarre tali beni alla destinazione ad essi attribuita dal contratto sociale.
Il creditore particolare del socio, non potendo soddisfarsi sui beni del patrimonio sociale, può
soddisfarsi sugli utili che spettano al socio debitore e, al momento dello scioglimento della società,
sulla quota di liquidazione. Prima dello scioglimento, il creditore può solo compiere atti
conservativi sulla quota di liquidazione del socio debitore.
Per la società semplice è previsto che se, e solo se, i beni del socio debitore sono insufficienti, il
creditore particolare può chiedere in qualsiasi momento la liquidazione della quota del debitore,
senza quindi dover attendere lo scioglimento della società od il raggiungimento dello scopo sociale.
La quota dovrà essere liquidata entro 3 mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento
della società (art. 2270).
Invece, nel caso della società in accomandita semplice e della società in nome collettivo, il creditore
particolare non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore finché dura la società
(art. 2305). Ma fin quando la società non è iscritta nel registro delle imprese, si applicano le
disposizioni previste per la società semplice, e cioè il creditore ha il diritto di chiedere la
liquidazione della quota ex art. 2270. Stessa cosa nel caso di proroga della società: il creditore
particolare, la cui opposizione alla proroga della società è accolta, ha il diritto di chiedere la
liquidazione della quota del socio debitore entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza. Nel caso
di proroga tacita, il creditore può chiedere la liquidazione della quota in ogni tempo.

151. La responsabilità personale dei soci: a) fondamento e caratteri


Nelle società di persone la responsabilità solidale ed illimitata dei soci per le obbligazioni sociali
non è un principio sempre assoluto ed inderogabile.
In tale categoria di società non è consentito che tutti i soci escludano la loro responsabilità
personale, limitandola al conferimento.
I soci che operano sono necessariamente responsabili illimitatamente e solidalmente nei confronti
dei terzi ed ogni diverso patto contenuto nel contratto sociale non è efficace rispetto ad essi. Tale
principio vale per la società semplice e per l'accomandita semplice. E anche se nel contratto sociale
un socio assume la qualità di accomandante, con conseguente responsabilità limitata alla quota
conferita, egli sarà responsabile illimitatamente e solidalmente verso i terzi nel caso in cui dovesse
contravvenire al divieto di compiere atti di amministrazione, di trattare o concludere affari in nome
della società (potere di amministrazione, che spetta solo agli accomandatari) (art. 2317).
I soci che non operano sono responsabili illimitatamente e solidalmente solo se tale responsabilità è
caratteristica del tipo di società (parliamo quindi della società in come collettivo) oppure quando
tale responsabilità non è stata esclusa dai soci nel contratto sociale.
La limitazione della responsabilità di alcuni soci o l'esclusione della solidarietà, che devono essere
previste nel contratto sociale, non sono opponibili ai terzi che non ne hanno avuto conoscenza. Il
patto deve essere infatti portato alla conoscenza dei terzi coi mezzi idonei; se ciò non avviene, esso
non è opponibile ai terzi. La conoscenza del patto da parte dei terzi è riconosciuta in re ipsa dalla
legge nel caso in cui i terzi abbiano contratto con una società in accomandita semplice, poiché la
caratteristica di tale società è l'esistenza di una categoria di soci, gli accomandanti, i quali non
rispondono personalmente delle obbligazioni sociali, ma rispondono solo limitatamente alla quota
conferita.
La responsabilità sussiste per tutte le obbligazioni sociali in qualunque tempo siano sorte, salvo
quando sia ammessa l'esclusione di essa. Chi entra a far parte di una società già costituita risponde
con gli altri soci anche per le obbligazioni sociali anteriori all'acquisto della qualità di socio
(Responsabilità del nuovo socio, art. 2269). Solo nella societa semplice è possibile limitare la
responsabilità del nuovo socio alle obbligazioni future, e ciò tramite un patto da portare a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei, e a condizione che tale socio non agisca in nome e per conto
della società.
Dopo l'uscita del socio dalla società (scioglimento del rapporto sociale per morte, recesso od
esclusione), la responsabilità permane in capo al socio o ai suoi eredi in relazione alle obbligazioni
assunte durante il periodo in cui il socio ne faceva parte (e cioè in relazione alle obbligazioni
anteriori al verificarsi dello scioglimento). Lo scioglimento deve esser portato a conoscenza dei
terzi coi mezzi idonei, altrimenti non è opponibile a coloro che lo hanno ignorato senza colpa.

152. b) obbligo di conferimento e responsabilità


La responsabilità del socio deve essere distinta dalla sua obbligazione di conferimento.
L'assunzione di un obbligo di conferimento è presupposto indispensabile della partecipazione alla
società in qualità di socio, mentre la responsabilità è una conseguenza necessaria o eventuale (a
seconda dei tipi) di tale partecipazione.
L'obbligo di conferimento sorge sulla base del contratto sociale e da esso dipende: il socio e
obbligato ad eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale e, se tali conferimenti non
sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti uguali tra loro, quanto è
necessario per il conseguimento dell'oggetto sociale (art. 2253). La responsabilità sorge invece ex
lege per il solo fatto che se ne sono verificati i presupposti.
L'obbligo di conferimento può essere fatto valere dagli amministratori della società e dai creditori
sociali. La responsabilità invece non comporta il diritto della società di adire i soci per i versamenti
delle somme necessarie la pagamento dei creditori una volta che l'obbligo di conferimento è stato
adempiuto. Una deroga sembrerebbe essere ammessa solo in sede di liquidazione quando i fondi
disponibili risultano insufficienti per pagare i debiti sociali (in tal caso i liquidatori possono
chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie,
nei limiti della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite - art.
2280), ma si tratta di una deroga apparente, poiché in sede di liquidazione funziona un altro obbligo
del socio, ovvero l'obbligo di sopportazione delle perdite.
La responsabilità è solidale: a ciascun socio responsabile può essere richiesto il pagamento
dell'intero debito. La solidarietà sussiste solo nei rapporti tra soci e non anche nei rapporti con la
società. Rispetto a questa vale il beneficio di escussione. La solidarietà può essere esclusa nei casi e
con le forme con cui si può escludere la responsabilità (art. 2267).
153. c) responsabilità della società e responsabilità del socio
Le obbligazioni sociali trovano garanzia nel patrimonio sociale e sussidiariamente nel patrimonio
personale dei soci responsabili.
In entrambi i tre tipi di società di persone è riconosciuto al socio il beneficio di escussione
preventiva del patrimonio sociale (art. 2268), ma:
– nella società in nome collettivo e in accomandita semplice: la preventiva escussione del
patrimonio sociale è condizione di procedibilità dell'azione esecutiva nei confronti dei soci
(i creditori sociali non possono pretendere il pagamento dai singoli soci se non dopo
l'escussione del patrimonio sociale) e l'onere della prova della insufficienza del patrimonio
sociale incombe sul creditore sociale agente;
– nella società semplice: il creditore può richiedere immediatamente il pagamento dei debiti
sociali al socio, il quale può domandare la preventiva escussione del patrimonio sociale,
indicando i beni sui quali il creditore può agevolmente soddisfarsi (art. 2268). L'onere della
prova della sufficienza del patrimonio sociale ricade sul socio a cui è stato richiesto il
pagamento del debito sociale.
Nella società in nome collettivo e in accomandita semplice non occorre che il creditore instauri un
giudizio esecutivo sui beni del patrimonio sociale, nel caso in cui tale patrimonio risulti
insufficiente (il giudizio sarebbe infruttuoso). Infatti l'incapacità patrimoniale della societa è
accertata con la sentenza dichiarativa di fallimento ed il creditore può proporre un'azione esecutiva
direttamente contro il socio. Tutto ciò perché la legge fallimentare sancisce che la sentenza
dichiarativa di fallimento della società produce anche il fallimento dei soci illimitatamente
responsabili.

154. La posizione di socio e la quota sociale


La posizione soggettiva completa del socio, fatta di poteri, doveri, diritti ed obblighi, ha la sua fonte
nel contratto sociale. Le posizioni soggettive che più interessano non sono pero quelle che derivano
immediatamente dal contratto, ma sono quelle che al socio competono nell'ambito della comunione
di impresa come risulta strutturalmente e funzionalmente caratterizzata dal contratto.
Le posizioni soggettive che derivano dalla comunione d'impresa ricadono direttamente sui soci (non
avendo essa una personalità giuridica) e riguardano sia l'attività imprenditoriale, sia il nucleo
patrimoniale destinato al suo esercizio ed i risultati negativi o positivi che ne conseguono.
Importanza primaria nella comunione d'impresa assumono la partecipazione del socio, come
partecipazione alla formazione del patrimonio sociale destinato all'esercizio della comunione stessa,
e la rilevanza della misura della partecipazione al patrimonio sociale. Nasce cosi la nozione di quota
sociale, intesa come la parte del patrimonio sociale che fa capo al socio. E da essa che dipendono le
diverse posizioni soggettive del socio sia quelle che nascono immediatamente, sia quelle successive
al verificarsi di determinate situazioni.
La quota patrimoniale è un'entità patrimoniale astratta con un valore economico. È una frazione
astratta del patrimonio sociale. Essendo un'entità patrimoniale, è destinata all'esercizio di un'attività
economica ed il suo valore economico dipende essenzialmente da tale attività e dai suoi risultati. È
quindi un'entità patrimoniale dinamica.
La quota di partecipazione del socio illimitatamente responsabile è intrasferibile (non cedibile)
senza il consenso degli altri soci; nel caso dell'accomandita semplice, la quota degli accomandanti
non è cedibile senza il consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale. Il
trasferimento della quota attuato in assenza del consenso richiesto non ha effetto nei confronti della
società.
Iniziativa e rischio sono gli elementi caratterizzanti della posizione dei soci intesi come gruppo.
Il potere di iniziativa è il potere di contribuire alla posizione delle norme che devono presiedere
all'attribuzione dei poteri nell'ambito sociale. Si differenzia dal potere di amministrazione, il quale
non è una posizione originaria, ma derivata dall'ordinamento del gruppo realizzato attraverso
l'esercizio del potere di iniziativa. Il potere di iniziativa compete a tutti i soci in quanto partecipano
alla comunione d'impresa; il potere di amministrazione può essere riservato ex lege ad una categoria
di soci (accomandita semplice) oppure può essere attribuito ad un singolo o ad alcuni soci dal
contratto sociale (società semplice). L'essere un potere derivato è evidenziato dal fatto che ne vanno
determinate le modalità di esercizio e dal fatto che è accompagnato dall'obbligo di rendiconto e dal
potere di controllo da parte dei soci non amministratori.
Anche il rischio si individua solo sulla base dell'ordinamento del gruppo: la quota di partecipazione
agli utili ed alle perdite (cd quota di interesse) a volte può anche non essere proporzionale alla
quota di partecipazione. L'unico limite al riguardo è costituito dal divieto di patto leonino: e nullo il
patto col quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite (art. 2265).
I diritti patrimoniali del socio non sorgono fin quando dura la società e fin quando non sono definiti
i rapporti coi terzi. Questi sono: il diritto agli utili e il diritto alla quota di liquidazione.
Salvo patto contrario, la distribuzione degli utili tra i soci avviene dopo l'approvazione del
rendiconto che accerta il conseguimento degli stessi (art. 2262). Il relativo diritto del socio sorge nei
limiti in cui gli utili sono accertati come esistenti nel rendiconto. Quindi se gli utili emersi dal
rendiconto sono fittizi o se il rendiconto non è stato approvato, i soci devono restituire le somme
percepite. Ma nell'accomandita semplice, i soci accomandanti non sono tenuti a restituire gli utili
riscossi in buona fede (e cioè nell'ignoranza che fossero fittizi) in base al bilancio regolarmente
approvato (art. 2321).
Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. Se
il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse di presumono uguali. Il contratto
può tuttavia attribuire al socio una partecipazione agli utili diversa, col solo limite del patto leonino.
La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera (socio d'industria o d'opera), se non è
determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità Se il contratto determina solo la parte
di ciascun socio nei guadagni e non anche quella nelle perdite, si presume che la partecipazione alle
perdite debba determinarsi nella stessa misura. La determinazione della parte di ciascun socio nei
guadagni e nelle perdite può anche essere rimessa ad un terzo, la cui funzione e quella di arbitratore.
Il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto proprio o altrui un'attività
concorrente con quella della società, ne partecipare come socio illimitatamente responsabile ad una
società concorrente (divieto di concorrenza, art. 2301). Il consenso si presume se la situazione
concorrenziale preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne erano a conoscenza. In caso di
inosservanza di tale divieto, la società ha diritto al risarcimento del danno e, nei casi più gravi, il
socio può anche essere escluso dalla societa. Se il socio è anche amministratore, l'inosservanza del
divieto costituisce giusta causa di revoca.

155. L'organizzazione sociale: fondamento e caratteri


Trattandosi di un fenomeno di gruppo, anche le società di persone hanno un'organizzazione sociale
che assicura il funzionamento e la gestione dell'impresa sociale. Essa non è pero rigidamente
determinata poiché è integralmente rimessa alla libera determinazione dei soci.
L'organizzazione delle società di persone è essenzialmente basata sulla contrapposizione tra
amministratori e soci: gli amministratori hanno il potere di compiere tutti gli atti necessari per il
raggiungimento dello scopo sociale; i soci hanno il potere di modificare il contratto sociale, ma solo
col consenso di tutti.
Nell'organizzazione non sono attribuiti particolari poteri e particolari competenze ai soci riuniti in
assemblea, intesa come organi collegiale; la legge fa sempre riferimento ad una pluralità di soci e
alla somma delle volontà da questi manifestate. Di conseguenza:
– non sono necessarie le formalità previste per la validità della costituzione e della
deliberazione dell'assemblea nelle societa di capitali,
– quando vi è il consenso della maggioranza, non occorre conoscere le opinioni dei soci in
minoranza,
– quando la legge parla di deliberazioni dei soci, si riferisce ad un atto che concreta le
manifestazioni di volontà dei singoli soci (e non anche ad un atto unitario risultante dai voti
dei soci in assemblea).
Quando l'atto costitutivo fa riferimento a determinate modalità nella convocazione e nella
deliberazione prevede semplicemente una determinata forma di manifestazione della volontà dei
soci.
La disciplina legale in materia di amministrazione ha carattere sussidiario e suppletivo: si applica
solo quando manca un'espressa volontà dei soci nel contratto sociale.
Gli amministratori sono le persone nominate nel contratto sociale o quelle a cui, in mancanza, viene
attribuito il potere dalla legge. La legge stabilisce che l'amministrazione della società comporta
automaticamente la responsabilità illimitata del socio amministrante per le obbligazioni sociali.
Di conseguenza, nell'accomandita semplice l'amministrazione può essere conferita solo agli
accomandatari ed e espressamente vietato agli accomandanti compiere atti di amministrazione e la
trattazione e conclusione di affari in nome della società. Ma è comunque prevista la possibilità che
gli accomandanti diano autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiano atti di
ispezione o sorveglianza, purché l'atto costitutivo lo consenta. Gli accomandanti possono anche
prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori. In tale caso è comunque rispettato il
principio secondo cui il potere di amministrazione spetta esclusivamente agli accomandatari poiché
non si tratta di una sostituzione nell'esercizio del potere che la legge riserva al socio
accomandatario, ma di una collaborazione sulla base di un rapporto di subordinazione. Ogni atto
che comporti una sostituzione nel potere di gestione è vietato; è pero consentita una sostituzione nel
potere di rappresentanza, purché tale sostituzione si attui in singoli affari ed in virtù di singoli
conferimenti di potere. Se l'accomandante viola il divieto di compiere atti di gestione, egli sarà
responsabile illimitatamente e solidalmente versi i terzi per tutte le obbligazioni solidali e può
essere escluso dalla societa. L'autonomia dell'accomandatario nell'esercizio del suo potere di
gestione può essere limitata nell'atto costitutivo, ma non soppressa. Se tali limiti vengono superati,
si ritiene che ci si trovi o in presenza di una società in nome collettivo, o che la clausola sia nulla.

156. Nomina e cessazione degli amministratori


Il potere di amministrazione non è un potere originario che trova il suo fondamento nella qualità di
imprenditore/coimprenditore propria del socio illimitatamente responsabile. Tale potere nasce
dall'investitura da parte dei soci, investitura che a volte è espressamente dichiarata all'interno del
contratto sociale. Quando il contratto sociale nulla prevede, si fa riferimento alla norma suppletiva
dell'art. 2257: salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci
disgiuntamente dagli altri. Alla base di tale disposizione vi è l'idea che il potere di amministrazione
sia connaturato alla posizione di socio illimitatamente responsabile e che quindi non ci sia bisogno
di norme particolari relative alla nomina degli amministratori. La legge si occupa della nomina
degli amministratori solo in modo indiretto nella norma sulla revoca della facoltà di amministrare
(art. 2259), in riferimento alla quale è attribuita una diversa efficacia alla nomina contenuta nel
contratto sociale rispetto alla nomina contenuta in atto separato, e nella norma sulla nomina e
revoca degli amministratori delle società in accomandita semplice (art. 2319), per le quali, se l'atto
costitutivo non dispone diversamente, sono necessari il consenso degli accomandatari e
l'approvazione di tanti accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi
sottoscritto.
La nomina degli amministratori può essere contenuta o nel contratto sociale oppure nel contratto
sociale possono essere indicate le norme che devono essere seguite per la nomina. Quando il
contratto sociale non dispone nulla, in base alla regola suppletiva ex art. 2257, il potere di
amministrare compete ex lege a ciascun socio illimitatamente responsabile, senza necessita di un
atto di nomina.
La legge non regola la cessazione e la sostituzione dell'amministratore; norme particolari sono
dettate solo con riferimento alla revoca, per la quale si distinguono tre ipotesi (art. 2259):
1) l'atto costitutivo non dispone nulla e si applica la regola ex art. 2257 → la revoca può
avvenire solo se sussiste una giusta causa (modificazione del contratto sociale; uscita del
socio dalla societa);
2) l'atto costitutivo contiene la nomina → la revoca può avvenire solo se sussiste una giusta
causa; in mancanza di una giusta causa, la revoca non ha effetto. Poiché la revoca comporta
una modificazione del contratto sociale, essa deve essere decisa all'unanimità, se non è
convenuto diversamente;
3) la nomina e contenuta in un atto separato → la revoca potrà avvenire secondo le norme sul
mandato, in qualunque tempo e senza la necessita che ricorra una giusta causa. Se però la
revoca avviene senza una giusta causa (e, in caso di nomina a tempo indeterminato, senza
congruo preavviso), l'amministratore ha diritto al risarcimento dei danni. Nella società in
accomandita semplice sono necessari il consenso degli accomandatari e l'approvazione di
tanti accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto.
La revoca per giusta causa può, in ogni caso, essere disposta dal tribunale su ricorso anche di un
solo socio; però ovviamente vi deve essere prima l'accertamento giudiziale dell'esistenza della
giusta causa.
I diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato.
Gli amministratori sono solidamente responsabili verso la società per l'adempimento degli obblighi
ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli
che dimostrano di essere esenti da colpa.

157. Particolari problemi in ordine alla nomina e alla revoca degli amministratori
Un non socio può essere nominato amministratore? Le norme sulle società di persone sembrano
escludere tale possibilità Ad esempio, gli art 2257 e 2258, nel momento in cui parlano di “diversa
pattuizione”, vogliono far riferimento non alla possibilità che i poteri amministrativi vengano
attribuiti ad un non socio, bensì alla possibilità che i poteri amministrativi tra i soci vengano
regolamentati diversamente. Ma, a causa della mancanza di un'esplicita disposizione che lo vieti, e
tenendo conto che la legge rimette il regolamento dell'amministrazione alla libera determinazione
dei soci, tale possibilità non è da escludere.
Tale problema pero può porsi sono per la società semplice e per la società in nome collettivo, non
per l'accomandita semplice poiché è espressamente enunciato che l'amministrazione possa essere
conferita solo ai soci accomandatari (art. 2318).
Alcuni problemi riguardano anche la revoca. Uno tra questi, le modalità con cui una revoca può
avvenire. È necessario il consenso di tutti i soci che hanno partecipato alla nomina o basta una
decisione della maggioranza? In mancanza di indicazioni da parte della legge, e quando non
sussistono indicazioni nell'atto di nomina, la revoca, salvo il caso di giusta causa, richiede la
partecipazione di tutti coloro che hanno conferito il potere amministrativo. Se il principio
maggioritario è fissato nell'atto costitutivo, nulla vieta che la revoca avvenga col consenso della
maggioranza dei soci.

158. Le modalità di esercizio del potere di amministrazione


Poiché il potere di amministrazione trova il suo fondamento nella posizione di socio illimitatamente
responsabile, la legge prevede che, salva diversa pattuizione, l'amministrazione della societa spetta
a ciascun socio illimitatamente responsabile disgiuntamente dagli altri (art. 2257). L'atto costitutivo
può pero stabilire diversamente. Infatti soci possono:
- attribuire il potere di amministrazione soltanto ad alcuni di essi;
- attribuire tale potere congiuntamente a tutti i soci o ad alcuni di essi;
- attribuire tale potere, in tutto o per alcuni atti, alla maggioranza dei soci;
- attribuire il potere a tutti o ad alcuni soci disgiuntamente per alcuni atti, congiuntamente per altri,
e alla maggioranza per altri ancora.
L'amministrazione disgiuntiva si applica nel caso in cui non vi sia stata una pattuizione diversa.
Essa spetta a tutti i soci illimitatamente responsabili. Ciascun socio amministratore può
intraprendere da solo tutte le operazioni che rientrano nell'oggetto sociale, senza essere tenuto a
richiedere il consenso o il parere degli altri amministratori, e senza doverli avvertire
preventivamente. Ma al fine di assicurare un coordinamento nell'attività dei vari amministratori, la
legge prevede che ciascun amministratore ha il diritto di opporsi all'operazione che un altro vuole
compiere, prima che sia compiuta. L'opposizione fa venir meno il potere del singolo amministratore
in ordine all'operazione che esso intendeva compiere, paralizzandolo. Sull'opposizione dovrà poi
decidere la maggioranza dei soci (amministratori e non), maggioranza che sarà determinata secondo
la parte attribuita a ciascun socio negli utili.
L'amministrazione congiuntiva deve essere espressamente prevista nel contratto sociale, poiché nel
silenzio la regola è l'amministrazione disgiuntiva. Quando all'amministrazione spetta in modo
congiunto a tutti o a più soci, occorre il consenso di tutti i soci amministratori per poter compiere le
operazioni sociali. I singoli amministratori non possono compiere da soli nessun atto, salvo il caso
in cui vi sia l'urgenza di evitare un danno alla societa (quando gli amministratori o la maggioranza
non possono essere sentiti preventivamente e dal mancato compimento dell'atto può risultare un
danno alla società). Il contratto sociale può pero prevedere che per l'amministrazione o per
determinati atti sia necessario non il consenso unanime dei soci amministratori, ma il consenso della
maggioranza; in tal caso la maggioranza, se il contratto nulla dispone, va calcolata secondo la parte
attribuita a ciascun socio negli utili.
L'atto costitutivo può stabilire che i contrasti tra gli amministratori in ordine alle scelte da adottare
nella gestione della società siano deferite ad uno o più terzi (cd clausola di arbitraggio); le
decisioni di questi possono anche essere reclamate dinnanzi ad un collegio. Le determinazioni del
terzo e del collegio possono essere impugnate solo nel caso in cui si provi la loro mala fede.

159. Posizione giuridica degli amministratori


La posizione degli amministratori è equiparata a quella dei mandatari: i diritti e gli obblighi degli
amministratori sono regolati dalle norme sul mandato (art. 2260).
La formula si riferisce a tutte le diverse ipotesi previste dalla legge, e quindi: potere amministrativo
derivante da conferimento contenuto nel contratto sociale; potere amministrativo derivante da
conferimento contenuto in atto separato; potere amministrativo derivante, per legge, dalla
partecipazione alla società come socio illimitatamente responsabile. I rapporti inerenti
all'amministrazione della societa sono quindi assoggettati alla disciplina del mandato, e cioè ad una
disciplina autonoma rispetto a quella dei rapporti sociali. Ciò comporta particolari conseguenze,
come ad esempio il diritto dell'amministratore ad un compenso per la sua opera e il diritto
dell'amministratore di rinunciare all'incarico anche se è stato assunto a tempo determinato (=
mandatario).
Gli amministratori devono esercitare le loro funzioni personalmente, devono esperire il proprio
incarico usando la diligenza media e devono adempiere agli obblighi ad essi imposti dalla legge e
dal contratto sociale. Tra gli obblighi ad essi imposti dalle legge:
– l'obbligo di dare notizia ai soci dello svolgimento degli affari sociali e di presentare il
rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno o quando lo scopo sociale è stato
conseguito (→ art. 2261 – Controllo dei soci: i soci che non partecipano all'amministrazione
hanno il diritto di avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di
consultare i documenti relativi all'amministrazione e di ottenere il rendiconto quando gli
affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti. Se il compimento degli affari sociali
dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine
di ogni anno, salvo che il contratto sociale stabilisca un termine diverso);
– l'obbligo di provvedere alla pubblicità nel registro delle imprese;
– l'obbligo di tenere i libri e le altre scritture contabili;
– l'obbligo di non servirsi dei beni sociali per fini estranei a quelli della societa, e cioè a fini
diversi da quelli a cui sono stati destinati.
160. Responsabilità degli amministratori
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per l'adempimento degli obblighi
ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Tuttavia la responsabilità non si estende a coloro
che dimostrino di essere esenti da colpa (art. 2260).
La portata di tale norma non è affatto chiara per diversi motivi. Ad esempio, la responsabilità
solidale non può giustificarsi quando l'amministrazione della societa ha carattere disgiuntivo; in più,
se il potere di amministrazione è connaturale alla posizione di socio illimitatamente responsabile, la
norma arriva ad avere una funzione praticamente nulla dato che su tutti i soci verrebbero a ricadere
le conseguenze della cattiva gestione della società.
La norma arriva quindi ad avere una funzione solo nelle ipotesi in cui l'amministrazione sia stata
conferita a più soci (ma non a tutti) e nelle ipotesi in cui si tratta di escludere la responsabilità di
qualcuno dei soci poiché esente da colpa.
Cosi come avviene nelle s.p.a., la responsabilità si ha nei confronti della società, ma non si
comprende in quale modo tale responsabilità possa essere fatta valere dalla società. Essa non può
essere fatta valere dagli stessi amministratori, poiché la norma li considera tutti solidamente
responsabili; nulla è stabilito riguardo alla possibilità che possa essere fatta valere dalla collettività
dei soci e da quali soci tale collettività debba essere formata (soci + amministratori o soltanto i soci
che non amministrano?). L'unica possibilità è che l'azione di responsabilità spetti al socio, non come
singolo, ma come membro della collettività sociale.
Detto ciò, possiamo dire che la funzione della norma sia quella di affermare l'obbligo degli
amministratori di risarcire integralmente il danno subito dalla collettività in conseguenza della mala
gestione e il diritto di ciascun socio di proporre azione di responsabilità
Accanto alla responsabilità civile ex art. 2261 sono previste anche sanzioni penali o amministrative
per la violazione degli obblighi degli amministratori.

161. I poteri dei soci non amministratori: potere di controllo e diritto al rendiconto
I soci che non partecipano all'amministrazione hanno il diritto di avere dagli amministratori notizia
dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all'amministrazione e di
ottenere il rendiconto quando gli affari per cui fu costituita la società sono stati compiuti. Se il
compimento degli affari sociali dura oltre un anno, i soci hanno diritto di avere il rendiconto
dell'amministrazione al termine di ogni anno, salvo che il contratto sociale stabilisca un termine
diverso.
Il diritto di informazione e di controllo è un diritto personale del socio che questi può esercitare
singolarmente ma che deve esercitare personalmente. Il contratto sociale può ampliare o limitare
tale diritto. Il socio può anche rinunciarci (poiché e un diritto che la legge gli riconosce nel suo
esclusivo interesse) ma la rinuncia preventiva al rendiconto non esonera gli amministratori dalla
responsabilità per dolo o per colpa grave.
Il diritto dei soci non amministratori ad ottenere il rendiconto costituisce un presupposto dell'azione
di responsabilità che questi possono intraprendere contro i soci amministratori che non hanno
adempiuto gli obblighi imposti dalla legge e dal contratto sociale. Nasce cosi un rapporto diretto tra
soci amministratori e soci non amministratori, e a questi ultimi è attribuito un potere di controllo
sull'operato dei primi. Ma la responsabilità dei soci amministratori che consegue al non
adempimento degli obblighi imposti dalla legge e dal contratto sociale è verso la società e ciò
perché il danno causato dalla mala gestione e subito dal patrimonio della societa; il danno che il
socio risente e quello che consegue al danno che ha subito il patrimonio sociale, ed è appunto
questo che i soci amministratori dovranno risarcire. Affermando la responsabilità degli
amministratori verso la società (e non verso i soci in relazione alla loro quota di interesse) si mira a
tutelare il funzionamento della società e la posizione dei creditori sociali.
Nell'accomandita semplice (nella quale l'amministrazione può essere conferita solo ai soci
accomandatari), i soci accomandanti e i soci accomandatari non amministratori hanno un potere di
controllo sull'attività degli accomandatari amministratori. Ma il potere di controllo dei soci
accomandanti non è un potere continuo, cosi come lo è per i soci accomandatari non amministratori;
si tratta di un controllo che può essere esercitato solo alla fine dell'esercizio della società. Il loro,
più che essere un potere di controllo sull'amministrazione, è un potere di controllo dell'esattezza del
bilancio e del conto dei profitti e delle perdite. Infatti gli accomandanti possono consultare libri e
documenti della società solo al fine di controllare l'esattezza dei dati di bilancio (art. 2320). Questo
però senza poter sindacare sulla gestione della società e sull'indirizzo ad essa dato dagli
accomandatari, poiché si tratta di un puro controllo dei conti, e non di un controllo della gestione,
controllo che la legge gli vieta. Tuttavia, se l'atto costitutivo lo consente, i poteri degli accomandanti
possono essere ampliati consentendo loro di dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni
e di compiere atti di ispezione e sorveglianza.

162. La società nei confronti dei terzi: la ragione sociale e la sede della società
I rapporti esterni con i terzi si pongono con il gruppo sociale considerato nella sua unità, non coi
singoli soci. L'azione sociale si presenza come azione unitaria di gruppo nei rapporti esterni e si
attua sotto una ragione sociale, e cioè sotto un nome che puntualizzi il fatto che si tratta di un'azione
di gruppo e che individui il gruppo sociale a cui l'azione stessa e i suoi effetti si riferiscono.
Tutte le società di persone devono avere una ragione sociale, anche se la legge ne prevede l'uso solo
per la società in nome collettivo ed in accomandita semplice. La regola è che la società in nome
collettivo deve agire sotto una ragione sociale costituita dal nome di uno o più soci con l'indicazione
del rapporto sociale, e la società in accomandita semplice deve agire sotto una ragione sociale
costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari con l'indicazione di società in
accomandita semplice. Ma, in entrambi i due tipi di società, è possibile conservare nella ragione
sociale il nome del socio o dell'accomandatario receduto o defunto se vi è il consenso del
socio/accomandatario receduto o degli eredi del defunto. È quindi consentita la conservazione della
ragione sociale originaria; tale conservazione è resa possibile senza pericoli di confusione grazie al
sistema di pubblicità realizzato col registro delle imprese.
Se l'accomandante consente che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, egli risponde di
fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le obbligazioni sociali. In
tal caso non si ha un'irregolarità nella formazione della ragione sociale, ma solo la conseguenziale
responsabilità illimitata e solidale dell'accomandante per le obbligazioni sociali. Tale responsabilità
è dovuta al fatto che l'accomandante consente ad assumere una posizione che non gli è permessa dal
contratto sociale, neppure se gli altri soci vi acconsentono.
Ai fini dell'individuazione della società, essa deve avere una sede, e cioè il luogo in cui è posto il
centro dell'attività sociale e nel quale vengono compiuti gli affari. Per quanto riguarda la società in
nome collettivo e l'accomandita semplice, la sede deve essere espressamente indicata nell'atto
costitutivo, insieme alle eventuali sedi secondarie. Se la società ha istituito sedi secondarie con una
rappresentanza stabile, un estratto dell'atto costitutivo deve essere depositato per l'iscrizione presso
l'ufficio del registro delle imprese del luogo in cui tali sedi sono istituite, entro 30 giorni
dall'istituzione delle stesse. L'estratto deve indicare l'ufficio del registro presso il quale è iscritta la
società e la data d'iscrizione. L'iscrizione di sedi secondarie deve essere denunciata per l'iscrizione
anche presso l'ufficio del registro del luogo dove è iscritta la società. Tali forme di pubblicità delle
sedi secondarie sono necessarie per consentire ai terzi che contrattano con la sede secondaria di
conoscere tutti gli elementi che riguardano la società e per consentire ai terzi che contrattano con la
societa di conoscere la sua organizzazione sociale. La mancata attuazione della pubblicità delle sedi
secondarie non incide sulla società e non causa una situazione di irregolarità; saranno solo applicate
sanzioni amministrative e si verificheranno gli effetti negativi della pubblicità dichiarativa.

163. Il potere di rappresentanza


La società agisce, acquista diritti ed assume obbligazioni per messo dei soci che ne hanno la
rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi.
In mancanza di una diversa disposizione del contratto sociale, la rappresentanza spetta a ciascun
socio amministratore (essendo il potere di rappresentanza connaturale al potere di amministrazione),
senza la necessità di un espresso conferimento di poteri, e si estende a tutti gli atti che rientrano
nell'oggetto sociale. La rappresentanza spetta agli amministratori disgiuntamente o congiuntamente,
a seconda che si tratti di amministrazione disgiuntiva o di amministrazione congiuntiva. L'atto
costitutivo può comunque stabilire eventuali modificazioni o limitazioni al potere di
rappresentanza; può addirittura escluderlo.
Cosi come avviene per il potere di amministrazione, la disciplina legale in ordine al potere di
rappresentanza ha carattere suppletivo, poiché è decisiva la volontà manifestata dai soci nel
contratto sociale. Il terzo ha l'onere di accertarsi che colui col quale contratta abbia il potere di
rappresentanza in base al contratto sociale, e che l'atto per il quale si contratta rientri tra quelli
consentiti dal contratto sociale. Nelle società irregolari viene invece tutelato l'affidamento del terzo
poiché si presume la spettanza del potere di rappresentanza in capo al socio che agisce.
Nelle società in nome collettivo, in accomandita semplice e nelle società semplici esercitanti attività
agricola, i patti che attribuiscono la rappresentanza ad un solo socio o che limitano i poteri di
rappresentanza (modificazioni e limitazioni al potere di rappresentanza) non sono opponibili ai terzi
se non sono stati iscritti nel registro delle imprese o se non si prova che i terzi ne erano a
conoscenza. Lo stesso avviene per le modificazioni e per le limitazioni successive riguardanti le
persone o il contenuto del potere di rappresentanza.
Per le società semplici che non svolgono attività agricola, le modificazioni e le limitazioni al potere
di rappresentanza devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, esse
non sono opponibili ai terzi se non si prova che questi ne erano a conoscenza.
La rappresentanza processuale si commisura sulla rappresentanza negoziale, salvi gli effetti nei
confronti dei terzi che derivano dalla mancata pubblicità
Scioglimento del rapporto sociale rispetto ad un socio
164. Influenza delle vicende personali del socio sul contratto sociale
Poiché nei contratti plurilaterali le vicende riguardanti il rapporto con un singolo contraente non
fanno venir meno il contratto stesso, salvo il caso in cui tali vicende siano essenziali cosi da
intaccare il contratto e renderne impossibile l'esecuzione, le vicende personali del socio, il suo
comportamento riguardo all'adempimento degli obblighi sociali e la sua volontà di non proseguire
più nel contratto non causano lo scioglimento della società (salvo il caso in cui in contratto sussista
tra due soci) ma determinano soltanto lo scioglimento del rapporto sociale nei suoi confronti e la
liquidazione della sua quota. Si ha perciò solo una modificazione del contratto e dell'ordinamento
sociale.
Questo è ciò che avviene nelle società con più di due soci e risulta un riverbero delle disposizioni
generali in tema di contratti plurilaterali (art. 1420), alle quali la disciplina delle società
direttamente si ricollega. Nei contratti sociali tra due persone, infatti, la partecipazione di ciascuna
di esse è essenziale ed ovviamente non potrà applicarsi tale disciplina; in più, lo scioglimento del
rapporto in tal caso integra immediatamente gli estremi dello scioglimento della società ex art. 2272
n.4 (la società si scioglie quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di 6 mesi
questa non è ricostituita). In tal caso il problema è questo: la ricostituzione della pluralità dei soci è
il risultato della volontà esclusiva del socio rimasto, oppure richiede anche la cooperazione
dell'altro socio o dei suoi eredi? In caso di recesso e di esclusione, di certo è potere esclusivo del
socio superstite decidere tra lo scioglimento e la ricostituzione. In caso di morte invece, poiché
l'evento e indipendente dalla volontà del socio, la ricostituzione della pluralità non può attuarsi
senza il consenso degli eredi del socio defunto.
Lo scioglimento del rapporto sociale con un singolo socio può dipendere da diverse cause: morte,
esclusione, esercizio del diritto di recesso.

165. Morte del socio


Le conseguenze della morte del socio sono diverse.
Salva disposizione contraria del contratto sociale, la morte di un socio determina lo scioglimento
del rapporto con il socio defunto ed attribuisce agli eredi di questo il diritto alla liquidazione della
quota del loro autore. I soci superstiti devono quindi liquidare la quota agli eredi, a meno che
preferiscano sciogliere la società (e gli eredi del defunto devono attendere la quota di liquidazione)
oppure continuarla con gli eredi del defunto quando questi vi acconsentano (art. 2284).
Ma è fatta salva la disposizione contraria contenuta nel contratto sociale: si può infatti prevedere lo
scioglimento della società o attribuire agli eredi del socio defunto la facoltà di continuare nella
società senza necessità di un consenso dei soci superstiti. Nell'accomandita semplice, la quota di
partecipazione del socio accomandante defunto è trasmissibile agli eredi.
In ogni caso si ha una modificazione nel contratto e nell'ordinamento sociale sia perché viene meno
la partecipazione di un socio, sia perché gli altri si sostituiscono a lui, sia perché la società
addirittura si scioglie.
Quando al socio defunto si sostituiscono i suoi eredi, si ha l'ingresso di un nuovo socio nella società.
Gli eredi assumono la posizione di soci.
Ma alcuni dubbi sono nati nel caso in cui gli eredi sono divenuti soci in virtù di clausole con
obbligo di continuazione (clausole che impongono agli eredi l'obbligo di continuare nella società) o
di clausole di successione (clausole che prevedono la continuazione nella società come conseguenza
automatica all'acquisto dell'eredita). E' infatti nato il dubbio se la responsabilità degli eredi del socio
defunto in tali casi debba esser considerata nei limiti dell'eredità. Ma anche se la partecipazione alla
società è conseguenza dell'accettazione dell'eredità, la responsabilità incombe sugli eredi in quanto
soci, e non in quanto eredi. E' infatti regolata dalle norme della società, e non da quelle della
successione, e le eventuali limitazioni della responsabilità possono sussistere solo se consentite dal
tipo di società ed in quanto siano compiuti gli adempimenti richiesti dalla legge come necessari.
Da ciò ne deriva l'invalidità della clausola di successione: si tratterebbe infatti di un patto
successorio, nullo per la disciplina del diritto successorio, ma anche di una situazione contraria alla
libera determinazione del socio in quanto comporterebbe la presenza di soci coatti, idea ripudiata
dal diritto societario.
Al contrario, sono valide le clausole con obbligo di continuazione. Si tratta di clausole poste nel
contratto nell'interesse dei soci superstiti e nell'interesse degli eredi del socio defunto. Con tali
clausole i soci si promettono vicendevolmente che l'erede parteciperà alla società, e cioè si
promettono il fatto di un terzo (l'erede), il quale sarà libero di attuare o non attuare la promessa, e
cioè di partecipare o di non partecipare alla società; ma nel caso in cui non partecipi, la conseguenza
sarà l'obbligo a carico degli eredi di indennizzare i soci superstiti ex art. 1381 (Promessa
dell'obbligazione o del fatto del terzo).

166. Recesso
Il recesso è il diritto, riconosciuto al socio dalla legge o dal contratto sociale, di uscire dalla società
mediante una propria dichiarazione di volontà
Ogni socio può recedere dalla società:
– quando la società è contratta a tempo indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci; in tal
caso il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavviso di almeno 3 mesi,
– in caso di proroga tacita; in tal caso il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un
preavviso di almeno 3 mesi,
– quando sussiste una giusta causa,
– nei casi previsti nel contratto sociale.
Nelle ipotesi in cui è necessaria la comunicazione della dichiarazione di recesso, questa produce
effetti decorsi i 3 mesi dalla comunicazione ai soci; negli altri casi, la dichiarazione di recesso è
immediatamente operativa.
Il diritto di recesso è anche riconosciuto ai soci che, nella trasformazione della società di persone in
società di capitali, nella fusione o nella scissione, non hanno concorso alle decisioni, decisioni che
debbono essere adottate col consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte
attribuita a ciascuno di essi negli utili.
Il contratto sociale può prevedere casi in cui è attribuito il diritto di recesso; può anche modificarne
il termine per l'operatività, e può subordinarne l'esercizio a condizioni diverse da quelle previste
dalla legge. In dubbio se il contratto sociale possa escludere tale diritto. Limiti all'esercizio del
diritto di recesso possono derivare dalla necessita dell'esecuzione in buona fede del contratto. Nelle
societa a tempo indeterminato, il recesso non è consentito prima dell'inizio dell'attività sociale o
prima della conclusione del primo ciclo produttivo.

167. Esclusione
L'esclusione è il mezzo attraverso il quale estromettere dalla societa un socio la cui partecipazione
non può essere ulteriormente consentita per cause attinenti alla sua persona, al suo comportamento
od al suo apporto. Non si tratta di un semplice surrogato, in tema di società, della risoluzione per
inadempimento, ne può essere considerata come una difesa dell'organizzazione sociale nei confronti
di un membro che si è posto in contraddizione con la sua funzione di elemento costitutivo
dell'organizzazione stessa. L'esclusione è infatti possibile anche quando le vicende del socio si sono
verificate per cause a lui non imputabili.
L'esclusione può avvenire per:
– grave inadempimento delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale → è
una causa generica di esclusione; si tratta di inadempimento grave inerente agli obblighi che
derivano al socio in quanto tale, e non in virtù di una sua veste diversa (ad es. quella di
amministratore). L'abuso di firma sociale, l'assenza ingiustificata, la mala gestione sono
giuste cause di revoca dell'amministratore, ma non anche cause di esclusione.
– sopravvenuta incapacità legale del socio → e cioè per interdizione, per inabilita, o per
condanna penale comportante interdizione anche temporanea dai pubblici uffici.
– sopravvenuta impossibilita della prestazione per causa non imputabile al socio → il socio
che ha conferito nella società la propria opera può essere escluso per la sopravvenuta
inidoneità a svolgere l'opera conferita; se ha conferito il godimento di una cosa, può essere
escluso per il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile agli amministratori; se si è
obbligato con il conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, può essere escluso se la
cosa è perita prima che la proprietà sia stata acquistata dalla società. Alla base di tutte queste
ipotesi, il principio secondo cui non vi può essere partecipazione alla società senza apporto.
L'esclusione non opera automaticamente. Essa è deliberata dalla maggioranza dei soci, non
computandosi nel numero di questi il socio da escludere, ed ha effetto decorsi 30 giorni dalla data
della comunicazione al socio escluso. Entro questo termine il socio escluso può fare opposizione
davanti al tribunale, il quale può sospendere l'esecuzione. Se la società è composta da due soci,
l'esclusione di uno di essi e pronunciata dal tribunale su domanda dell'altro socio; la sentenza che
pronuncia l'esclusione ha effetto dalla data della domanda.
Il contratto sociale può pero limitare le cause di esclusione, può subordinarne l'operatività a
presupposti diversi e può anche prevedere ulteriori cause di esclusione (ad es: violazione degli
obblighi ulteriori rispetto a quelli connessi alla qualità di socio, e quindi violazione degli obblighi
incombono al socio in quanto amministratore).
La legge prevede anche l'esclusione di diritto: in presenza di alcune cause, l'esclusione opera
automaticamente, senza il bisogno di una deliberazione dei soci o di una sentenza. Tali cause sono
la dichiarazione di fallimento del socio e la liquidazione della quota del socio richiesta dai creditori
particolari di lui. In realtà in tali ipotesi non si può neppure parlare di esclusione in senso tecnico
poiché l'espromissione del socio non dipende dalla volontà degli altri soci ma dalla dichiarazione di
fallimento o dalla richiesta dei creditori particolari, per effetto dei quali la quota del socio deve
essere liquidata anche a prescindere dall'esclusione. La società deve quindi limitarsi a prendere atto
di quanto e avvenuto al di fuori della sua volontà
Tale particolari cause di esclusione di diritto operano solo quando sussiste un diritto dei creditori
particolari del socio a chiedere la liquidazione della quota. Solo in tale caso la dichiarazione di
fallimento può essere considerata come causa di esclusione.
Di conseguenza, le cause di esclusione di diritto operano solo per la società semplice, per la società
in nome collettivo irregolare, per la società in accomandita irregolare, per la società tacitamente
prorogata; non funzionano invece per la società in nome collettivo e per la società in accomandita
regolari, rispetto alle quali, durante la società, i creditori particolari del socio non hanno la facoltà di
distogliere la quota del socio dagli scopi sociali neppure in caso di insufficienza degli altri beni. In
tali casi il fallimento del socio è causa facoltativa di esclusione, rientrante quindi non nelle cause di
esclusione di diritto, ma nelle semplici cause di esclusione, poiché l'esclusione dipenderà dalla
volontà dei soci.
168. Conseguenze dell'uscita del socio dalla società
L'uscita del socio dalla società, qualunque sia la causa, si attua attraverso la liquidazione della quota
del socio uscente. Quando il rapporto sociale si scioglie limitatamente ad un socio, questo o i suoi
eredi hanno diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota, e non
quindi ad una quota proporzionale dei beni. La somma di denaro liquidata deve corrispondere a
quella che il socio verrebbe a realizzare in sede di liquidazione della società.
La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui
si verifica la causa di scioglimento del rapporto col socio (data della morte del socio; giorno in cui
diviene operativo il recesso o l'esclusione). Se vi sono operazioni in corso, il socio o i suoi eredi
partecipano agli utili e alle perdite inerenti a tali operazioni. Il pagamento della quota deve avvenire
entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica la causa di scioglimento del rapporto col socio.
Lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio e l'uscita di questo dalla societa non
fanno venir meno la responsabilità del socio uscente o dei suoi eredi: questi infatti sono responsabili
verso i terzi delle obbligazioni sociali sorte fino al giorno in cui si è verificato lo scioglimento del
rapporto. Pur non essendo obbligati verso la societa, il socio e i suoi eredi rimangono comunque
soggetti all'azione dei creditori sociali.
Lo scioglimento del rapporto con un socio e la sua uscita dalla società devono essere portati a
conoscenza dei terzi coi mezzi idonei o attraverso la pubblicità legale (a seconda dei tipi di società);
in mancanza, lo scioglimento non è opponibile ai terzi che lo hanno ignorato senza alcuna colpa. È
a partire dalla data di attuazione di queste formalità che inizia a decorrere l'anno entro cui il socio
illimitatamente responsabile può essere dichiarato fallito.

Scioglimento della società


169. Cause di scioglimento ed operatività
Come qualsiasi altro contratto, il contratto sociale può sciogliersi per volontà dei contraenti o per
altre cause previste dalla legge o dal contratto stesso. La legge elenca diverse cause; se tale
enunciazione non vi fosse stata, la soluzione non avrebbe potuto esser diversa. L'enumerazione non
è comunque tassativa.
La società si scioglie ex art. 2272:
1. per il decorso del termine;
2. per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilita di conseguirlo;
3. per volontà di tutti i soci;
4. quando viene meno la pluralità dei soci, se nel termine di 6 mesi questa non è ricostituita;
5. per le altre cause previste dal contratto sociale come causa di scioglimento della societa.
A tali cause se ne aggiungono delle altre non previste dall'art. 2272 ma che si ricavano da altri
articoli:
– il venir meno di un conferimento essenziale a seguito del recesso, dell'esclusione o della
morte del socio;
– per la società in nome collettivo e per la società in accomandita semplice → il
provvedimento dell'autorità governativa e la dichiarazione di fallimento;
– per la società in accomandita → il fatto che rimangano solo soci accomandatari o solo soci
accomandanti, sempre che nel termine di 6 mesi non si sia sostituito il socio che è venuto
meno salva però, nel caso in cui vengono a mancare tutti gli accomandatari, la nomina di un
amministratore provvisorio (che non assumerà la qualità di socio accomandatario) per il
compimento degli atti di ordinaria amministrazione durante il corso dei 6 mesi.
Tutte le cause di scioglimento producono effetti identici. Diverse sono pero le modalità di
accertamento e le loro operatività. L'accertamento è immediato nei casi 1 e 3; negli altri casi
l'accertamento è meno semplice e può dare adito a varie contestazioni.
Proprio per evitare incertezze, l'art. 3 D.P.R n. 247/2004 dispone che, nel caso in cui l'ufficio del
registro delle imprese rilevi:
– mancata ricostituzione della pluralità dei soci entro il termine di 6 mesi,
– decorrenza del termine di durata in assenza di proroga tacita,
– mancato compimento degli atti di gestione per 3 anni consecutivi,
– irripetibilità presso la sede legale,
– mancanza del codice fiscale
l'ufficio stesso inviti gli amministratori a comunicare l'avvenuto scioglimento della società oppure a
fornire elementi idonei a dimostrare la persistenza dell'attività della società. In caso di
inottemperanza, il presidente del tribunale, se non ritiene necessario nominare un liquidatore,
dispone la cancellazione della società dal registro delle imprese.
Per quanto riguarda invece l'operatività, il principio generale è che la causa di scioglimento è
immediatamente operativa quando si accerta il suo verificarsi; ma la legge può eccezionalmente
stabilire che l'operatività si abbia solo a determinate condizioni e decorso un determinato termine.
Cio avviene nel caso in cui viene a mancare la pluralità dei soci e, nell'accomandita semplice,
quando vengono a mancare o tutti gli accomandanti o tutti gli accomandatari: in tali casi si ha lo
scioglimento del contratto solo se, entro il termine di 6 mesi, la pluralità dei soci o la categoria dei
soci che è venuta a mancare non è ricostituita. In altre parole, la ricostituzione della pluralità dei
soci e della categoria dei soci che è venuta a mancare impedisce lo scioglimento del contratto
poiché viene eliminata la situazione dalla quale lo scioglimento dipende, purché ovviamente ciò
avvenga entro il termine di legge. La ricostituzione della pluralità dei soci o della categoria dei soci
che è venuta a mancare si presenta come condicio facti (e non come condicio iuris) ed opera
retroattivamente: non c'è soluzione di continuità tra il venir meno della partecipazione e l'ingresso
del nuovo socio o della nuova categoria di soci, ed è proprio per tale mancanza di continuità che la
società non si scioglie.
L'operatività della causa di scioglimento non necessita della volontà dei soci poiché gli effetti tipici
si verificano automaticamente nei confronti dei soci, dei terzi e degli amministratori. Ma occorre
una volontà dei soci per paralizzarla: i soci infatti possono, di comune accordo, rendere inefficace la
causa di scioglimento e far si che la società continui. Ma solo se si ha il consenso di tutti i soci è
possibile eliminare l'operatività della causa di scioglimento e permettere la continuazione della
società. Ad esempio, la società è tacitamente prorogata a tempo indeterminato quando, decorso il
tempo per cui fu contratta (causa di scioglimento), i soci continuano a compiere le operazioni
sociali.

170. Operatività ex nunc dello scioglimento e liquidazione della societa


Lo scioglimento della società, cosi come avviene per tutti i contratti di durata, opera ex nunc: il
contratto viene meno come fonte di obbligazione in relazione all'esercizio futuro dell'attività
economica oggetto della società, ma non elimina i rapporti sorti anteriormente allo scioglimento. Lo
scioglimento non causa il venir meno dell'organizzazione sociale, ma solo la determinazione di una
nuova direzione della sua attività: non più l'esercizio di un'attività lucrativa, ma la liquidazione, e
cioè la definizione dei rapporti già posti in essere.
La nuova direzione che assume l'attività sociale in caso di scioglimento limita i poteri degli
amministratori: essi conservano il potere di amministrare, ma limitatamente agli affari urgenti, fin
quando non sono presi i provvedimenti necessari per la liquidazione. Ma, in tale più ristretto
ambito, permangono le caratteristiche dell'organizzazione, e cioè: la destinazione dei beni a
garanzia di coloro che hanno rapporti con la società; il diritto di prelazione dei creditori sociali
rispetto a quelli particolari del socio; nei rapporti tra i soci, gli effetti dei vincoli sociali sorti
anteriormente allo scioglimento.
La disintegrazione del gruppo sociale non e l'effetto dello scioglimento del contratto, ma è l'effetto
della ripartizione tra i soci del patrimonio della società, ripartizione che può avvenire solo il
pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessarie per pagarli.
La liquidazione è quindi una fase successiva allo scioglimento e precedente alla ripartizione del
patrimonio sociale tra i soci, attraverso la quale si provvede alla definizione dei rapporti coi terzi. Si
tratta della conversione in denaro del patrimonio sociale; ma la conversione in denaro non è
essenziale al concetto di liquidazione. I soci infatti possono scegliere qualunque altro mezzo, purché
i rapporti tra società e terzi siano definiti prima di procedere alla ripartizione e purché siano
osservate le norme poste a tutela dei terzi.

171. Effetti dello scioglimento rispetto ai soci, ai creditori particolari, agli amministratori
Lo scioglimento del contratto sociale non causa l'estinzione della società, ma il passaggio della
società dalla fase attiva alla fase di liquidazione.
Rispetto ai soci, gli effetti del contratto permangono solo per ciò che riguarda la definizione dei
rapporti sociali preesistenti. Sorge il diritto ad avere la quota di liquidazione (diritto che non può
essere soppresso neppure con una deliberazione di maggioranza), per la cui determinazione la legge
considera due elementi: il valore del conferimento e la parte che spetta al socio nei guadagni.
Normalmente la parte del socio nei guadagni è proporzionale al conferimento, ma tale proporzione
può anche non esservi. Per tale ragione, dopo aver estinto i debiti sociali, si procede al rimborso dei
conferimenti; solo l'eventuale eccedenza viene ripartita tra i soci in proporzione alla parte di
ciascuno nei guadagni. L'ammontare dei conferimenti non aventi ad oggetto somme di denaro, e
cioè i conferimenti in natura, è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto;
in mancanza di una valutazione nel contratto sociale, l'ammontare dei conferimenti in natura è
determinato in relazione al valore che essi avevano al momento in cui furono eseguiti.
Le variazioni di valore che si verificano successivamente vanno considerate tra i guadagni o tra le
perdite, anche se dovuti alla variazione monetaria, e vanno quindi suddivise tra i soci nella
proporzione stabilita per la ripartizione dei guadagni o per la sopportazione delle perdite.
La legge non si occupa dell'ipotesi in cui la gestione sociale si è conclusa con una perdita e non è
consentito neppure il rimborso integrale dei conferimenti. Anche in tal caso la determinazione della
quota di liquidazione deve farsi sulla base di due elementi: il valore del conferimento e la parte che
grava sul socio nelle perdite. In tal caso la parte spettante al socio nelle perdite sarà detratta dal
valore del conferimento.
Poiché il contratto si scioglie, non possono agire altre cause di scioglimento del rapporto del singolo
socio (recesso, esclusione, morte).
Rispetto ai creditori particolari, essi non possono chiedere la liquidazione della quota del socio loro
debitore e devono necessariamente attendere l'esaurimento della liquidazione per far valere i propri
diritti.
Rispetto agli amministratori, essi possono compiere solo atti di amministrazione limitatamente agli
affari urgenti e necessari a conservare il patrimonio sociale, fin quando non vengano presi i
provvedimenti per la liquidazione. Il potere di rappresentanza si riduce entro questi limiti e la
limitazione è opponibile ai terzi solo se siano stati adempiuti i prescritti obblighi di pubblicità di
fatto o legale.
Nessuna modificazione si verifica rispetto ai creditori sociali ed ai contraenti con la società. I
rapporti coi terzi non si sciolgono; i contratti devono trovare esecuzione; le garanzie permangono.
Solo in casi eccezionali lo scioglimento della società può incidere sui contratti stipulati coi terzi.
Per ciò che riguarda la società, lo scioglimento della stessa causa modificazioni sono in riferimento
all'organizzazione interna: i liquidatori prendono il posto degli amministratori; la capacità giuridica
o processuale e l'autonomia patrimoniale rimangono inalterate. Limitazioni riguarderanno solo il
potere di rappresentanza e l'efficacia degli atti compiuti dai rappresentanti, ma la capacita giuridica
della societa resta la stessa.
Se il contratto sociale non prevede le modalità di liquidazione del patrimonio sociale e se i soci non
sono d'accordo nel determinarlo, la liquidazione è fatta da uno o più liquidatori, nominati col
consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo tra i soci, dal presidente del tribunale. La norma del
codice quindi ha carattere suppletivo e si applica quando nulla e previsto nel contratto sociale o
quando non si ha un accordo tra i soci nel determinare le modalità di liquidazione.
Se lo scioglimento del contratto è causato dalla dichiarazione di fallimento o dalla disposizione
dell'autorità, la liquidazione avviene sotto il controllo del tribunale o dell'autorità amministrativa,
secondo le norme del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa.

172. I liquidatori
Nella fase della liquidazione, l'organizzazione sociale si accentra nelle mani dei liquidatori. Essi
hanno il compito di definire i rapporti della società coi terzi al fine di consentire la ripartizione del
patrimonio residuo tra i soci.
Essi sono nominati col consenso di tutti i soci nel contratto sociale o al momento dello scioglimento
della società; in caso di disaccordo tra i soci, sono nominati dal presidente del tribunale. Se la
nomina è contenuta nel contratto sociale, sarà pur sempre necessario un atto di investitura al
momento dello scioglimento. Se vi sono più liquidatori, la loro posizione reciproca si determina
sulla base delle norme del codice sull'amministrazione disgiuntiva e congiuntiva.
Possono essere revocati per volontà di tutti i soci o, per giusta causa, dal tribunale su domanda di
uno o più soci.
La nomina e la revoca devono essere portate a conoscenza dei terzi con messi idonei o assoggettate
alla pubblicità legale.
Gli obblighi e le responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle disposizioni stabilite per gli
amministratori (stessi obblighi e responsabilità degli amministratori), in quando non sia
diversamente disposto dal contratto sociale o dalle norme del codice.
Gli amministratori devono consegnare ai liquidatori, all'atto di assunzione del loro ufficio, i beni e i
documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione relativo al periodo successivo
all'ultimo rendiconto. I liquidatori devono prendere in consegna i beni e i documenti consegnati e
redigere, insieme agli amministratori, l'inventario del quale risulti lo stato attivo e passivo del
patrimonio sociale. L'inventario deve essere sottoscritto sia dagli amministratori che dai liquidatori.
Il codice fissa i poteri dei liquidatori in positivo ed in negativo. Essi possono compiere gli atti
necessari per la liquidazione; se i soci non hanno disposto diversamente, possono anche vendere in
blocco i beni sociali e fare transazioni e compromessi. Non possono però intraprendere nuove
operazioni, poiché ciò esulerebbe da quello che è divenuto l'unico scopo della società, e cioè la
liquidazione; se contravvengono a tale divieto svolgendo quindi un'attività speculativa (che non e
più lo scopo della societa), essi risponderanno personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi.
Ma il divieto di compiere nuove operazioni riguarda solo i liquidatori, e non anche la società, la cui
capacità giuridica non viene limitata.
I liquidatori rappresentano la società in giudizio.

173. Necessità della definizione dei rapporti coi terzi


I liquidatori hanno il compito di definire i rapporti della società coi terzi. Essi possono anche
ricevere il compito di predisporre un piano di riparto del residuo tra i soci, ma la divisione del
residuo resta pur sempre un'operazione dei soci. I liquidatori infatti non possono ripartire tra i soci,
neppure parzialmente, i beni sociali fin quando non siano stati pagati i creditori sociali o fin quando
non siano state accantonate le somme necessarie per pagarli. I liquidatori che, con dolo o colpa
grave, violano tale divieto, incorrono sia nella responsabilità civile; se in più cagionano un danno ai
creditori sociali, incorrono anche nella responsabilità penale. La violazione del divieto non importa
anche l'invalidità della ripartizione; i creditori potranno però far valere i loro crediti nei confronti
dei soci, nei limiti della quota di liquidazione se si tratta di soci senza responsabilità, ed
integralmente se si tratta di soci illimitatamente responsabili. I creditori potranno anche impugnare
per frode le ripartizioni avvenute, cosi da escludere il concorso dei creditori particolari sui beni
provenienti dalla società.
I soci che hanno conferito beni in godimento hanno diritto di riprenderli nello stato in cui si trovano
poiché, essendo cessata l'attività sociale in seguito allo scioglimento della società, quest'ultima non
ha più ragione di utilizzarli. Se i beni sono periti o deteriorati per causa imputabile agli
amministratori, i soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, salva
sempre l'azione contro gli amministratori. Essi dovranno quindi essere soddisfatti insieme coi
creditori sociali, prima di addivenire alla ripartizione del residuo tra i soci.
Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti nei confronti dei creditori
sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se
occorre, le somme necessarie nei limiti della rispettiva responsabilità ed in proporzione della parte
di ciascuno nelle perdite (occorre infatti realizzare in ogni modo possibile lo scopo della
liquidazione). Nella stessa proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente poiché,
nei rapporti tra di loro, i soci sono obbligati a sopportare le perdite nelle proporzioni stabilite nel
contratto, anche se queste superano l'ammontare dei conferimenti. Quindi la richiesta ai soci deve
esser fatta in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite e non può esser fatta per l'intero a
ciascun socio; la richiesta oltre l'apporto può esser fatta solo in quanto il socio debba sopportare le
perdite anche oltre la quota, mentre negli altri casi e limitata all'apporto fatto.
Quando i fondi disponibili sono insufficienti, il liquidatore non deve dimostrare tale insufficienza
per agire nei confronti del socio; ne deriva solo una responsabilità del liquidatore nel caso in cui
egli faccia uso di tale potere al di fuori dei casi in cui sia necessario.

174. La realizzazione della quota del socio: bilancio finale di liquidazione e piano di riparto
Estinti i debiti sociali, la liquidazione è chiusa e i liquidatori devono dar conto del loro operato
redigendo il bilancio finale di liquidazione. L'attivo residuo è destinato al rimborso dei
conferimenti. L'eventuale eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei
guadagni. La ripartizione tra i soci avviene mediante un negozio divisionale assoggettato alle regole
sulla divisione delle cose comuni (n.b.: e applicabile anche la rescissione per lesione). Perciò la
ripartizione deve attuarsi col consenso dei soci condividenti; il liquidatore propone soltanto un
piano di riparto che deve esser accettato, anche tacitamente, dai soci.
La liquidazione non prevede che il patrimonio sociale debba essere necessariamente convertito in
danaro. I soci possono convenire, nell'atto costitutivo o con un accordo, che la ripartizione dei beni
venga fatta in natura o addirittura che tra i soci stessi permanga la comunione. Ovviamente però
l'ipotesi normale è quella dell'attribuzione di una somma in denaro. Per questi, i liquidatori, insieme
al bilancio finale di liquidazione, devono predisporre un piano di riparto e sottoporlo
all'approvazione dei soci. Per le società in nome collettivo e per l'accomandita semplice, è
espressamente previsto un sistema di approvazione tacita: il bilancio ed il piano di riparto si
intendono approvati se non vengono impugnati entro il termine di 2 mesi dalla comunicazione ai
soci tramite raccomandata. In caso di impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore
può chiedere che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle
relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restar estraneo. Se il bilancio finale di
liquidazione viene approvati, il liquidatore e libero di fronte ai soci.
Approvato il bilancio finale di liquidazione, la società si estingue e i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese. Avvenuta la cancellazione, i creditori sociali
eventualmente insoddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti non della società, ormai
inesistente, ma nei confronti dei soci; se il mancato pagamento è imputabile ai liquidatori, i creditori
sociali potranno agire anche nei confronti di questi. Dalla cancellazione dal registri delle imprese
decorre il termine di 1 anno entro il quale la società può esser dichiarata fallita.

Capitolo III . LE SOCIETA’ DI CAPITALI


Problemi generali
175) Ambito della categoria e differenziazione dei vari tipi- La categoria delle società di capitali
comprende la società per azioni, la società a responsabilità limitata e la società in accomandita per
azioni. Secondo il codice civile nella società per azioni e nella società a responsabilità limitata la
garanzia delle obbligazioni sociali è costituita solo dal patrimonio della società mentre nella società
in accomandita per azioni ad esso si aggiunge anche la responsabilità solidale e illimitata dei soci
accomandatari mentre i soci accomandanti sono responsabili solo nei limiti della quota di capitale
sottoscritta. Società per azioni e società a responsabilità limitata hanno quindi in comune il regime
della responsabilità e si differenziano per il fatto che nelle prime le quote di partecipazioni dei soci
sono rappresentate da azioni, mentre nelle seconde le quote non possono essere rappresentate da
azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico. Per la società per azioni hanno particolare rilievo
i temi finanziari dell’impresa per cui sono molteplici i modi in cui i soci (attraverso varie categorie
di azioni) o i terzi (attraverso obbligazioni o altri strumenti finanziari) possono contribuire al
finanziamento della società e per cui la posizione del socio è sostanzialmente estranea rispetto alla
gestione dell’impresa, da cui deriva la necessità di una struttura organizzativa rigida fondata sulla
presenza di diversi organi con competenze differenziate. La società a responsabilità limitata invece
prevede un interesse dei soci non solo finanziario ma anche tipicamente imprenditoriale con la
conseguenza che ai soci è consentito un forte potere di controllo e di indirizzo sulla attività
amministrativa della società mentre è precluso l’accesso al mercato finanziario. La società a
responsabilità limitata quindi è pensata per consentire alle imprese minori di godere del beneficio
della responsabilità limitata senza doversi assoggettare alla rigida organizzazione delle società per
azioni. Si tratta ovviamente di una soluzione praticabile solo per le imprese di minori dimensioni e
pertanto mentre per le società per azioni il capitale minimo richiesto è di 120.000 euro, per le
società in nome collettivo sono sufficienti 10.000 euro. Società per azioni e società per
accomandita per azioni hanno invece in comune il fatto che le quote di partecipazione dei soci sono
rappresentate da azioni mentre si differenziano come si è detto per il diverso regime di
responsabilità. Rilevanti sono le differenze tra la società in accomandita semplice e la società in
accomandita per azioni. Infatti al di là del fatto che la seconda è organizzata su base capitalistica e
la prima su base personale è diversa nelle due società la posizione dei soci accomandatari. Il socio
accomandatario dell’accomandita semplice non è infatti necessariamente amministratore anche se
risponde solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. La sua responsabilità quindi non
si riconduce direttamente al potere di amministrazione che potrebbe anche mancare e non a caso
egli risponde per le obbligazioni contratte dalla società anche anteriormente al suo acquisto della
qualità di socio e di quelle sorte successivamente alla dismissione della carica. Nella società in
accomandita per azioni invece la responsabilità del socio accomandatario sussiste finché egli
mantiene la carica di amministratore. Ne deriva che la qualità di accomandatario non è una
qualifica permanente come avviene nella società in accomandita semplice (dove non può essere
eliminata senza il consenso dello stesso socio accomandatario e dove quindi la responsabilità è una
conseguenza della posizione assunta come socio nell’atto costitutivo), ma è una qualità che
corrisponde alla posizione concreta che il socio occupa nella società e permane finché tale posizione
concreta sussiste. Nella società in accomandita per azioni quindi l’accomandatario è un socio come
gli altri ma che ha il diritto di amministrare cui corrisponde come contropartita la responsabilità
solidale e illimitata per le obbligazioni sociali. La società tuttavia può far cessare quando vuole tale
posizione revocando l’amministratore (salvo l’obbligo del risarcimento se non sussiste una giusta
causa) e in questo caso viene meno la responsabilità solidale e illimitata. La società in accomandita
per azioni è quindi una società per azioni modificata dalla presenza di due categorie di azionisti di
cui i primi (accomandanti) rilevano solo come azionisti mentre i secondi (accomandatari) rilevano
anche come persone e quindi ai poteri che spettano a loro come azionisti si aggiungono poteri,
diritti e responsabilità come persone. Gli accomandatari sono amministratori di diritto ma hanno
anche particolari poteri come il fatto che il loro consenso è determinante per la sostituzione di uno
degli amministratori o per le modificazioni dell’atto costitutivo. La cessazione dall’ufficio di tutti
gli amministratori comporta lo scioglimento della società se gli amministratori non sono sostituiti e
hanno accettato nel termine di sei mesi. Poiché gli accomandatari hanno insieme una posizione
collettiva come azionisti e una personale la legge prevede che in alcune situazioni (es. deliberazione
dell’assemblea dell’azione di responsabilità, nomina dell’organo di controllo) gli accomandatari
non possano esercitare i poteri che gli competono come azionisti ma al di fuori di queste situazioni
hanno tutti i poteri che competono alle due diverse situazioni e quindi negando il consenso possono
impedire il formarsi della volontà sociale anche se le loro quote di possesso non sono tali da
determinare il formarsi della volontà assembleare. Con la società in accomandita per azioni quindi
si è voluto creare un modello societario dotato di una forte stabilità degli organi amministrativi (che
vengono sottratti alle mutevoli determinazioni delle maggioranze azionarie) garantendo allo stesso
tempo i creditori della società tramite la responsabilità illimitata e solidale che incombe sugli
accomandatari in quanto amministratori della società.

176) Le società di interesse nazionale – Il codice prevede una particolare categoria di società per
azioni, le società di interesse nazionale, che sono società che pur non assumendo la struttura di enti
pubblici investono interessi nazionali rilevanti, Per esse il codice prevede una regolamentazione
effettuata dalla legislazione speciale, in mancanza della quale tuttavia, rimane applicabile la
disciplina generale delle società per azioni. La qualificazione di una società come società di
interesse nazionale è determinata da un decreto presidenziale o da una legge, legge che
generalmente contiene una previsione di limitazioni circa il possesso azionario, il trasferimento
delle azioni, la nomina degli amministratori, sindaci o dirigenti e al condizionamento delle norme
statutarie e delle loro modificazioni all’approvazione della pubblica autorità.

177) La società impresa pubblica e la sua privatizzazione - Un fenomeno che si è presentato con
molta frequenza nel nostro sistema è quello dell’assunzione da parte dello stato o degli enti pubblici
di una partecipazione nell’ambito delle società per azioni, partecipazione che può riguardare l’intero
patrimonio della società, o una parte prevalente o minoritaria di esso. In un primo momento il
legislatore, muovendo dal fatto che in una società per azioni la persona dell’azionista è irrilevante,
aveva considerato la partecipazione dello stato in una società per azioni come un motivo
giuridicamente irrilevante per cui alle società con partecipazione dello stato o di enti pubblici
doveva essere applicata la disciplina generale della società per azioni a meno che leggi speciali non
disponessero diversamente. Le sole norme speciali contenute nel codice prevedevano che anche
quando la partecipazione dello stato era minoritaria doveva essere ad esso riservata la possibilità di
nominare uno o più amministratori o sindaci che non potevano essere revocati dalla assemblea dei
soci ma solo dallo stato o dall’ente pubblico che li aveva nominati. Successivamente, con la
creazione del sistema delle partecipazioni statali la prospettiva del legislatore si è modificata in
quanto l’interesse pubblico che induceva lo stato a partecipare alla società (qualora tale
partecipazione fosse totalitaria o prevalente) non poteva essere relegato tra i motivi giuridicamente
irrilevanti ma si poneva come motivo aggiuntivo rispetto a quello imprenditoriale incidendo anche
sulla posizione degli azionisti privati. Pertanto il fatto che l’interesse pubblico perseguito dallo
stato non poteva essere spinto oltre certi limiti senza provocare il dissenso degli azionisti privati ha
portato ad un nuovo orientamento verso la privatizzazione. In tal modo è stato eliminato il sistema
delle partecipazioni statali trasformando i principali enti di gestione (ENI E IRI) in società per
azioni. Tuttavia però si è creato un regime speciale che ha finito con l’assoggettare la società che si
privatizza ad uno statuto di forte impronta pubblicistica. In particolare si è previsto per le società
operanti in settori particolarmente rilevanti per l’interesse pubblico di attribuire, prima della
dismissione del controllo da parte dello stato, particolari poteri all’autorità governativa. Tali poteri
speciali (golden share) fortemente criticati in ambito europeo prevedono tra l’altro la possibilità per
il ministro di un potere di veto (motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi
dello stato) circa l’adozione di deliberazioni quali quelle di scioglimento, cessione dell’azienda,
fusione, scissione, trasferimento della sede all’estero o cambiamento dell’oggetto sociale.
L’impronta pubblicistica è ancora più marcata nella disciplina della concessionaria del servizio
pubblico generale radiotelevisivo (Rai) dove sono riconosciuti significativi poteri alla commissione
parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza del’attività della concessionaria riguardo alla nomina
del presidente o della maggioranza dei componenti del cda.

178) La personalità giuridica - Elemento comune a tutte le società di capitali è la personalità


giuridica che la società acquista una volta compiuto il processo costitutivo con l’iscrizione nel
registro delle imprese. Per effetto del riconoscimento della personalità giuridica si determina la
completa autonomia della società rispetto alle persone dei soci. Si crea in tal modo un diaframma
tra i singoli soci e i soci e i terzi, diaframma rappresentato appunto dalla società, e tutti i diversi
rapporti, interni e esterni, devono necessariamente passare attraverso questo diaframma. I rapporti
esterni si pongono tra la società e i terzi; i rapporti interni tra soci e società, in modo che i diritti e
gli obblighi di ciascun socio sussistono nei confronti della società e non anche nei confronti degli
altri soci. La società ha una propria organizzazione, un proprio patrimonio, una propria volontà
nonché una propria denominazione e una propria sede. La sede della società è il luogo nel quale è
posto il centro amministrativo degli affari sociali. Se la sede dichiarata nell'atto costitutivo e nel
registro delle imprese è diversa dalla sede effettiva, i terzi possono considerare come sede della
società anche quest'ultima. Tuttavia la personalità giuridica non determina una contrapposizione tra
i soci e la società in quanto non si deve dimenticare che la società è frutto di un contratto sociale che
ne determina l’oggetto, l’attività, le modalità di svolgimento e lo scopo. Pertanto la personalità
giuridica non pone la società al di fuori dei soci su un piano diverso ma è la società che si pone in
funzione dei soci e degli interessi che essi intendono perseguire. La società quindi, come persona
giuridica, è la collettività dei soci che si costituisce in unità e il rapporto tra socio e società è quello
che intercorre in ogni comunione di interessi tra singolo partecipante e gruppo. Pertanto
normalmente l’interesse della società e della collettività coincide con quello dei singoli soci anche
se in alcune circostanze (conflitto di interessi) può essere in contrasto con esso. Solo in questo
senso si può parlare di un interesse sociale come superiore e distinto da quello dei singoli soci, che
trova però la sua giustificazione nella comunione di interessi che si realizza con il contratto di
società, in quanto è proprio un effetto necessario della comunione di interessi quello di subordinare
l’interesse individuale a quello comune.

179) La società uni personale – Il concetto di società richiederebbe la presenza di almeno due soci
tuttavia il fenomeno della società uni personale è molto diffuso a livello internazionale. Per quanto
riguarda l’ordinamento italiano il legislatore del 1942 pur escludendo che la società per azioni o a
responsabilità limitata potesse costituirsi ad opera di una sola persona ammetteva (per le sole
società a responsabilità limitata) che in caso di successiva appartenenza di tutte le partecipazioni ad
una sola persona la permanenza senza limiti di tempo (a differenza di quanto avviene per le società
di persone) con la conseguenza, però, in caso di insolvenza della società, della responsabilità
illimitata dell’unico socio. In seguito però, sulla base dell’attuazione di una direttiva europea, la
prospettiva è mutata in quanto il legislatore ha ammesso, per le sole società a responsabilità
limitata, la costituzione per atto unilaterale stabilendo anche che (tranne alcune ipotesi eccezionali)
la situazione di unilateralità, sia originaria che successiva, non ostacola il permanere della
responsabilità limitata. A seguito della riforma delle società di capitali la situazione si è
nuovamente modificata e pertanto oggi si ammette che anche le società per azioni possano
costituirsi per atto unilaterale stabilendo che anche in questo caso l’unico azionista non risponda in
via di principio (tranne alcune ipotesi eccezionali) delle obbligazioni sociali. Ne deriva pertanto
che nell’ordinamento attuale una società (per azioni o a responsabilità limitata) può divenire uni
personale ma anche nascere con atto unilaterale. E’ chiaro però che questo richieda particolari
cautele per garantire i terzi che entrino in contatto con la società uni personale. Pertanto la legge
prevede che per le società uni personali i conferimenti debbano essere interamente eseguiti all’atto
della sottoscrizione (e quindi non solo quelli in natura come è sempre richiesto ma anche quelli in
denaro), in mancanza di ciò in caso di insolvenza della società sorge la responsabilità illimitata
dell’unico socio per le obbligazioni sorte nel periodo in cui tutte le partecipazioni gli
appartenevano. La disciplina attuale ammette che anche per le società uni personali possa
mantenersi il beneficio della limitazione della responsabilità e che ad esse possa applicarsi tutta la
disciplina prevista per le società pluripersonali. Per tutelare i terzi la legge impone la pubblicità
della situazione di uni personalità, della sua variazione o del mutare della persona del socio
prevedendo il deposito a cura degli amministratori o del socio stesso di una apposita dichiarazione
nel registro delle imprese . Fino a che non è stato attuato questo adempimento il socio unico, in caso
di insolvenza, risponde illimitatamente delle obbligazioni sociali. La legge prevede inoltre, e
sempre a tutela dei terzi, che la situazione di uni personalità debba essere indicata negli atti, nella
corrispondenza della società e anche eventualmente nel suo sito internet. Sono poi dettate regole in
tema di contratti tra la società e il socio o di operazioni della prima a favore del secondo in quanto è
proprio in tal modo che in una società uni personale può realizzarsi uno svuotamento patrimoniale
della società con conseguente pregiudizio per i terzi,. In relazione a ciò la legge prevede che tali
operazioni siano opponibili ai creditori solo se siano state trascritte nel libro delle deliberazioni del
consiglio di amministrazione o se risultano da un atto scritto avente data anteriore al pignoramento.
Per quanto riguarda le ipotesi eccezionali di responsabilità illimitata dell’unico socio esse sono,
come abbiamo visto, quella della mancata attuazione completa dei conferimenti e quella della
mancata attuazione della prescritta pubblicità della situazione di uni personalità.

180) I patrimoni destinati ad uno specifico affare – Per le società per azioni la legge prevede una
forma particolare di limitazione della responsabilità patrimoniale, riferita ad una sola parte del
patrimonio della società, il patrimonio destinato ad uno specifico affare Tale istituto consente alla
società per azioni di isolare i beni e i rapporti relativi ad uno specifico affare (o a specifici affari nel
caso di costituzione di più patrimoni separati (che non possono comunque essere superiori al dieci
per cento del patrimonio netto della società) dal restante patrimonio della società destinando tali
beni in via esclusiva non sol allo svolgimento dello specifico affare ma anche alla garanzia dei
creditori titolari di crediti sorti nello svolgimento dell’affare stesso. Abbiamo quindi una
separazione patrimoniale in base alla quale i creditori relativi allo specifico affare possono
soddisfarsi in via di principio solo sul patrimonio separato mentre gli altri creditori sociali solo sul
patrimonio residuo. La separazione però opera solo con riferimento alle obbligazioni contrattuali e
quindi per le obbligazioni nascenti da atto illecito la società risponde con il suo intero patrimonio.
Delle obbligazioni patrimoniali sorte in relazione all’unico affare la società riponde invece
limitatamente al patrimonio destinato a condizione che l’atto dal quale sorge l’obbligazione rechi
espresso riferimento al vincolo di destinazione in quanto in mancanza di ciò il creditore potrà
soddisfarsi solo sul patrimonio residuo. La società può anche prevedere che le obbligazioni
contratte in relazione allo specifico affare siano garantite oltre che dal patrimonio separato anche da
quello residuo, fermo restando che gli altri creditori sociali non possono far valere alcun diritto sul
patrimonio residuo. Ne deriva che la costituzione del patrimonio separato comporta la sottrazione
di beni alla funzione di garanzia nei confronti degli altri creditori sociali e pertanto a loro tutela la
legge stabilisce l’obbligo di depositare presso il registro delle imprese la deliberazione che
costituisce il patrimonio separato stabilendo anche un termine di 60 giorni da questo momento per
l’opposizione a tale costituzione da parte dei creditori sociali. L’opposizione sospende l’esecuzione
della deliberazione a meno che il tribunale, dietro presentazione da parte della società di una idonea
garanzia, non la autorizzi. Il patrimonio destinato ad uno specifico affare quindi si realizza decorsi
sessanta giorni dal deposito senza che nessuno abbia sollevato opposizione o con il provvedimento
con il quale il tribunale respinga l’opposizione (o autorizzi la deliberazione costitutiva). A partire
da questo momento i creditori non possono più far valere pretese su questo patrimonio. La
deliberazione di costituzione deve essere presa a maggioranza assoluta dell’organo amministrativo
(salvo diversa pattuizione dello statuto)e deve indicare l’affare cui il patrimonio è destinato, i beni
che lo compongono, il piano economico dal quale risulti la congruità del patrimonio rispetto
all’affare, i risultati che si vogliono conseguire e le modalità di controllo sulla gestione dell’affare.
La legge si preoccupa di assicurare la separazione dei patrimoni e quindi il generarsi di una
confusione che potrebbe essere di pregiudizio per i creditori e pertanto in caso di fallimento si
prevede una specifica ipotesi di responsabilità per gli amministratori e l’organo di controllo in caso
di violazione di tale principio di separatezza. Per ciascun patrimonio destinato quindi si deve tenere
una contabilità separata e si deve redigere un rendiconto separato da allegare al bilancio. Una volta
concluso l’affare (o una volta che esso è diventato impossibile) gli amministratori devono redigere
un rendiconto che insieme ad una redazione degli organi di controllo deve essere depositata presso
l’ufficio del registro. Entro 90 giorni dal deposito i creditori relativi all’affare rimasti insoddisfatti
possono chiedere la liquidazione del patrimonio destinato all’affare per soddisfarsi in via prioritaria
rispetto agli altri creditori sociali sui relativi beni. La legge prevede poi (sempre per le società per
azioni) un’altra forma di separazione patrimoniale, quella del finanziamento destinato ad uno
specifico affare che vedremo nella parte relativa ai finanziamenti finalizzati.

181) Oggetto e scopo - Le società di capitali, come persone giuridiche sono caratterizzate dalla
specialità dell’oggetto e dello scopo. L’oggetto segna il campo dell’attività della persona giuridica e
lo scopo segna il fine al quale tale attività deve essere indirizzata. Tuttavia la specialità dell'oggetto
e dello scopo non costituiscono nel nostro ordinamento un limite alla capacità della persona
giuridica. Oggetto e scopo infatti sono delle categorie astratte e ricomprendono tutti quegli atti che
possono porsi in rapporto di mezzo a fine rispetto alla realizzazione di quell'oggetto e di quelli
scopo. E siccome in definitiva tutti gli atti a contenuto patrimoniale sono suscettibili di porsi in
astratto in un rapporto di mezzo a fine rispetto all'esercizio di un'attività economica a fine di
guadagno, ne risulta la illimitata capacità di una persona giuridica.

182) I cosiddetti diritti individuali – Secondo la dottrina le posizioni soggettive dei soci nell’ambito
del contratto sociale costituiscono veri e propri diritti individuali che sarebbero intangibili dall’ente
e quindi non potrebbero essere toccati da una manifestazione di volontà della società espressa
attraverso i suoi organi. Tuttavia tali diritti non costituiscono una categoria unitaria in quanto
comprendono i diritti che spettano al socio sulla base di un rapporto distinto da quello di società e
diritti (come il diritto di voto o agli utili) che esprimono la posizione del socio nell’ambito
dell’organizzazione sociale. In modo diverso quindi deve essere intesa nei loro confronti la
cosiddetta intangibilità da parte dell’ente. Per quanto riguarda il diritti che competono al socio come
terzo si può parlare di intangibilità da parte dell’ente in quanto in questo campo la volontà della
persona giuridica non può prevalere dato che a nessun soggetto è possibile influire, senza un
esplicito conferimento di poteri, nella sfera giuridica di un altro soggetto. L'eventualità è
espressamente regolata in materia di società a responsabilità limitata. Si prevede infatti che l'atto
costitutivo può attribuire ai singoli soci particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società
o la distribuzione degli utili: trattandosi di diritti individuali si comprende come, per poterli
modificare sia necessario il consenso di tutti i soci. Diversa è invece la posizione rispetto a quei
diritti che competono al socio nell’ambito dell’organizzazione sociale. Qui infatti siamo in un
campo dove la volontà dell’ente si può esplicare pienamente in quanto la posizione del socio è
necessariamente subordinata alla posizione della collettività che si esprime attraverso la persona
giuridica sulla base della comunione di interessi che si è formata con il contratto sociale. In questo
campo quindi quando si parla di intangibilità dei diritti dei soci (es. diritto agli utili, diritto al voto)
si intende l’impossibilità da parte della persona giuridica di modificare con un suo atto di volontà i
caratteri essenziali di tali diritti ma tale intangibilità non è assoluta. Infatti la stessa legge prevede
ad. Esempio le azioni prive di diritto di voto, le azioni a voto limitato, le azioni di risparmio o
privilegiate o la possibilità di subordinare a particolari condizioni la vendita delle azioni. La stessa
legge prevedendo che il voto non possa essere esercitato dal socio in posizione di conflitto di
interessi, che l’assemblea debba deliberare sulla distribuzione degli utili o che il diritto di opzione
possa essere limitato se lo esige l’interesse della società, mette in chiaro la subordinazione del socio
rispetto alla società- Si deve quindi dire che questo tipo di diritto risulta subordinato alle esigenze
della comunione di interessi creata con il contratto sociale così come gli interessi individuali sono
necessariamente subordinati agli interessi della collettività. Proprio per l'esigenza di conciliare la
intangibilità dei caratteri essenziali della comunione di interessi prescelta con la possibilità di
sacrificare all'interesse della società l'interesse del singolo socio, si è fatta una distinzione tra diritto
astratto e diritto concreto e, mentre si è affermata l'intangibilità del diritto astratto, si è generalmente
riconosciuta la inesistenza di un diritto in concreto. L'assemblea non può cioè eliminare ogni
partecipazione del socio agli utili, ma può non distribuire ai soci tutti o in parte gli utili realizzati
durante uno o più esercizi. Tuttavia il sacrificio dell’interesse del socio è ammissibile a sole due
condizioni: in primo luogo il principio della parità di trattamento per cui il sacrificio deve pesare su
tutti i soci nella stessa misura (es.la rinuncia alla percezione degli utili non può essere imposta solo
ad alcuni o non ad altri) e in secondo luogo il principio per cui il sacrificio dell’interesse del socio
deve essere giustificato dall’interesse sociale. Su entrambi questi principi la dottrina è d'accordo
anche se, specie in ordine al secondo, diversa ne è la giustificazione, facendosi di volta in volta
ricorso ai principi della correttezza e della buona fede ecc. Essendo compito della stessa collettività
di valutare, attraverso i suoi organi assembleari, quali sono le proprie esigenze e i propri interessi,
solo in ipotesi eccezionali sarò consentito al singolo socio di impedire che il suo interesse
individuale sia sacrificato.

183) Il capitale sociale - Altro elemento comune alle società di capitali è il capitale sociale, ossia
l’ammontare stabilito nell’atto costitutivo della società del valore complessivo dei
conferimenti dei soci. Il capitale sociale è perciò una cifra indicativa che anche inizialmente si
differenzia dalla nozione di patrimonio sociale, è espresso in termini monetari (prescindendo dalla
natura dei beni oggetto del conferimento) e rimane sempre identico nonostante il variare o il
trasformarsi dei beni inizialmente conferiti. La nozione di capitale sociale ha un fondamentale
rilievo nelle società di capitali. Esso si coglie principalmente in due aspetti: quello propriamente
ORGANIZZATIVO, in quanto la posizione del socio e i suoi diritti nelle società essenzialmente si
definiscono e si misurano in base al contributo che, tramite il conferimento, ha dato alla formazione
del capitale; quello PATRIMONIALE, poiché tramite la disciplina del capitale e la sua tutela si
persegue indirettamente anche una tutela del patrimonio sociale, quindi degli interessi, come
soprattutto quelli dei creditori, che su di esso si puntualizzano. Normalmente infatti la
partecipazione al capitale sociale del socio è in misura proporzionale al valore del conferimento ma
tuttavia con la riforma delle società di capitali è stato esteso anche a queste società una soluzione
già presente nella disciplina delle società di persone in quanto è possibile, tramite una apposita
clausola statutaria, riconoscere al singolo socio una partecipazione al capitale non proporzionale al
valore del suo conferimento. Questo ruolo importante del capitale come base per determinare i
diritti dei soci spiega la necessità di distinguerlo dal patrimonio sociale che è invece il complesso
delle attività e passività facenti capo alla società in un dato momento. La distinzione tra capitale
sociale e patrimonio sociale è ancora più accentuata dal fatto che sono oggi possibili gli apporti al
patrimonio che ( a differenza dei conferimenti che formano il capitale) attribuiscono una
partecipazione al patrimonio e non al capitale e quindi non la posizione di socio. Il capitale sociale
ha anche la funzione di fungere da indicatore del patrimonio sociale (che nelle società di capitali
costituisce l’unica garanzia per i creditori) e infatti la legge richiede che l’entità del capitale sociale
per la parte effettivamente versata sia indicata negli atti e nella corrispondenza della società e
richiede che sia inizialmente che durante la vita della società il valore del patrimonio sociale non
scenda oltre certi limiti al di sotto della cifra indicata come capitale sociale. Per questo motivo la
cifra in cui consiste il capitale sociale deve essere iscritta in bilancio nelle passività in modo tale da
fungere da confronto per l’accertamento degli utili e delle perdite dell’esercizio impedendo la
distribuzione degli utili se non per quella parte dell’attivo che superi la cifra indicata al passivo
come capitale sociale. Inoltre la legge impone la riduzione o la reintegrazione del capitale sociale in
caso di perdite che superino il terzo del capitale stesso e impone la immobilizzazione di una parte
degli utili per la costituzione di riserve legali in modo da garantire la permanenza del capitale di
fronte alle oscillazioni patrimoniali che possono verificarsi nei vari esercizi. Nulla impedisce
invece che il valore del patrimonio sociale sia superiore alla cifra indicata come capitale sociale. Se
pure frutto di una determinazione convenzionale il capitale sociale può essere variato solo in base
ad una variazione dello statuto o dell’atto costitutivo, sia nel senso dell’aumento che della
diminuzione. Tali variazioni possono corrispondere ad una variazione del patrimonio sociale o
possono attuarsi restando identico il patrimonio sociale. Così vi può essere un aumento del capitale
mediante nuovi conferimenti o una riduzione mediante esonero dei soci dai conferimenti ancora
dovuti e quindi con variazione del patrimonio e vi può essere aumento mediante imputazione al
capitale delle riserve legali o una riduzione del capitale per perdite e quindi senza variazione nel
patrimonio. La legge fissa un minimo di capitale sociale per i vari tipi di società che deve
permanere anche durante la vita della società. Pertanto se per effetto di perdite superiori al terzo il
capitale sociale scende sotto il limite legale o il capitale viene reintegrato, o la società deve
trasformarsi o si scioglie.

184) Sottocapitalizzazione e postergazione dei finanziamenti dei soci – La previsione legislativa di


un minimo di capitale sociale svolge essenzialmente la funzione di assicurare la serietà
dell'iniziativa economica e soprattutto di operare una selezione nell'uso dei diversi tipi di società di
capitali. Possono esserci ipotesi in cui viene a crearsi una situazione di sottocapitalizzazione
quando cioè il capitale sociale è manifestamente inadeguato per l’attività economica oggetto
della società. Bisogna infatti tener conto che strumento di tale attività non è di per sé il capitale, ma
il complesso dei mezzi patrimoniali di cui la società può disporre, e tali mezzi risultano anche da
altre disponibilità finanziarie acquisite da terzi. Ne risulta che gli strumenti interpretativi per
intervenire in ipotesi di sottocapitalizzazione sono diversi da un giudizio preventivo sulla congruità
del capitale sociale. Vi può essere una situazione di sottocapitalizzazione materiale che si ha quando
i mezzi per lo svolgimento dell’attività sociale sono acquisiti soprattutto mediante il finanziamento
concesso da terzi e situazioni di sottocapitalizzazione nominale quando invece i mezzi sono forniti
dai soci ma non con lo strumento dei conferimenti a capitale. Nella prima ipotesi un rimedio
sarebbe quello di verificare se la sottocapitalizzazione valutata nel contesto concreto in cui opera
determini una impossibilità di conseguire l’oggetto sociale determinandone così lo scioglimento.
Un altro rimedio potrebbe essere quello usato in altri ordinamenti dove tali sistemi vengono
considerati come abusi della personalità giuridica e quindi come un modo abusivo per riversare sui
terzi i rischi dell’attività imprenditoriale. Per quanto riguarda la seconda ipotesi il legislatore ne ha
ravvisato la manifestazione più esplicita nel caso in cui i soci, invece di conferire, forniscono alla
società i mezzi finanziari mediante finanziamenti ponendosi così come un qualsiasi finanziatore
esterno e ponendosi su un piano di parità con gli altri creditori sottraendosi al rischio tipico del
socio, In tale ipotesi il legislatore prevede un rimedio consistente nella cosiddetta postergazione
legale attuabile nella società a responsabilità limitata. Infatti il codice civile dispone che il credito
avente per oggetto il finanziamento erogato dai soci alla società a responsabilità limitata sia
postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori qualora sia stato concesso in una
situazione finanziaria nella quale sarebbe stato più ragionevole finanziare la società attraverso un
aumento di capitale mediante nuovi conferimenti. Attraverso tale disciplina la legge sottopone la
restituzione del finanziamento al medesimo rischio al quale sarebbe stato soggetto se fosse stato
effettuato a titolo di conferimento evitando quindi che la realizzazione del credito del socio
pregiudichi quella degli altri creditori. Tale disciplina viene espressamente richiamata dalla legge
anche per i finanziamenti concessi alla società controllata dalla società controllante e pertanto ci si
potrebbe chiedere se non sia possibile interpretare la norma in senso più generale applicandola
anche al di là della società a responsabilità limitata.

185) Disciplina dei conferimenti: l’oggetto – Per quanto riguarda le società di capitali la legge
prevede che qualora nell’atto costitutivo o nella deliberazione di aumento di capitale non sia
stabilito altrimenti i conferimenti devono essere fatti in denaro. Quando i conferimenti non sono
effettuati in denaro la legge esige che il possibile oggetto di conferimento debba essere suscettibile
di valutazione economica. Per la società per azioni inoltre è previsto il divieto del conferimento in
prestazione d’opera o servizi da parte del socio cosa invece possibile per la società a responsabilità
limitata (purchè accompagnata da una polizza di assicurazione o da una fidejussione che
garantiscano per l’intero valore i corrispondenti obblighi del socio). Questa disciplina, se da una
parte differenzia nettamente società per azione e a responsabilità limitata, e mette in evidenza la
compatibilità con la seconda e non con la prima di un coinvolgimento personale del socio, tuttavia
sottolinea ulteriormente la segnalata distinzione tra conferimento a capitale e apporto a patrimonio.
Significativo è il fatto che il codice civile preveda per la società per azioni l'emissione di strumenti
finanziari forniti di diritti patrimoniali o di diritti amministrativi a fronte dell'apporto da parte dei
soci o di terzi anche di opera o servizi; sicchè se da un lato si individua una tecnica diversa dal
conferimento idonea a consentire anche alla società per azioni l'acquisizione dell'utilità consistente
nell'opera o nei servizi dei soci, d'altro lato espressamente è prevista l'eventualità che i soci stessi,
pur trattandosi di entità conferibili, decidano di attribuirle alla società sulla base del secondo titolo e
non del primo: ulteriore conferma del significato convenzionale che assume la determinazione del
capitale sociale e in ultima analisi del suo essere il risultato di una scelta che è compiuta
dall'autonomia privata. Il conferimento quindi non è l'unico strumento utilizzabile dai soci per
contribuire patrimonialmente all'attività sociale. Basta considerare in proposito che anche
quando il capitale della società sia stato costituito esclusivamente da conferimenti in danaro, questo
conferimenti sono destinati ad essere investiti nei modi più diversi, e che quindi i creditori possono
vedere modificato l'oggetto della loro garanzia in termini più generali la prospettiva della garanzia
per i creditori sociali non sembra consentire in tema di conferimenti una distinzione tra conferimenti
di capitale e di patrimonio. Essa si basa sull'equivoco che la garanzia dei creditori sia costituita dal
capitale e non dal patrimonio della società e che vi possano essere elementi del patrimonio che non
siano anche elementi del capitale.
186) continua . Il procedimento e l’attuazione - Se il conferimento è effettuato in denaro non si
pone alcun problema di accertarne il valore, problema che si pone invece per i conferimenti in beni
o crediti. In questo caso, per quanto riguarda la società per azioni il conferente deve presentare una
perizia giurata da parte di un esperto incaricato dal tribunale e gli amministratori devono controllare
la perizia. Finchè il controllo non è stato effettuato le azioni corrispondenti rimangono depositate
presso la società e non possono essere vendute. Se dal controllo si verifica che il valore dei beni o
crediti è inferiore di oltre un quinto rispetto al conferimento richiesto si procede alla riduzione di
capitale (annullando le corrispondenti azioni) salvo il diritto del socio di versare la differenza in
denaro o di recedere. In quest’ultimo caso il socio ha diritto alla restituzione del conferimento in
natura. Sono esenti dalla perizia giurata i beni per i quali esiste una valutazione di mercato o i beni
per i quali ci si può riferire ad una valutazione ritenuta affidabile dal legislatore (es. valori mobiliari
o strumenti del mercato monetario). Per le società a responsabilità limitata la perizia giurata è
sostituita da una relazione effettuata da una società di revisione legale scelta dal socio e non
soggetta ad ulteriori controlli. Anche per la società di capitali il conferimento significa solo
assunzione dell’obbligo e non apporto effettivo. Infatti per i conferimenti in denaro è richiesto il
versamento del 25 per cento della quota sottoscritta presso una banca (per le società a responsabilità
limitata tale versamento può essere sostituito da una polizza assicurativa o una fidejussione
bancaria) e solo nel caso del socio unico si richiede il versamento integrale pena l’assunzione della
responsabilità illimitata. I conferimenti in natura invece devono essere integralmente effettuati al
momento della sottoscrizione. Principi analoghi a quelli dettati per i conferimenti in beni o crediti
sono seguiti per gli acquisti da parte della società dai promotori, fondatori o amministratori nei due
anni dall’iscrizione nel registro delle imprese. Se infatti questi vendono alla società beni o crediti
l’acquisto è subordinato all’autorizzazione dell’assemblea e anche per essi è richiesta la perizia di
un esperto in mancanza della quale ferma restando la validità dell’atto, gli amministratori e il
venditore sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci e ai terzi. L’obbligo
di conferimento è limitato alla quota di capitale sottoscritta e quindi l’ammontare non può essere
ridotto neanche con il consenso degli organi sociali se non in conseguenza di una riduzione del
capitale e neanche può essere imposto al socio l’obbligo di ulteriori conferimenti qualora parte del
capitale sociale sia andata perduta. La reintegrazione del capitale sociale non potrebbe essere
imposta al socio senza il suo consenso, manifestato nel momento in cui la reintegrazione si sia resa
necessaria. Il debito di conferimento non può essere compensato con il credito che il socio abbia
eventualmente nei confronti della società- Infatti debito e credito non hanno per il socio la stessa
natura in quanto il debito grava su di lui come socio mentre il credito gli spetta come un terzo e
pertanto i due rapporti si pongono su un piano diverso e non possono essere compensati. Se il socio
chiamato alla esecuzione del conferimento è inadempiente la società può disporre la vendita
coattiva delle azioni e nel caso le azioni non possano essere vendute per mancanza di acquirenti può
dichiarare la esclusione del socio provvedendo alla corrispondente riduzione del capitale sociale. Il
socio in mora con i versamenti non può esercitare il diritto di voto. La stessa disciplina si applica
per le società a responsabilità limitata in caso di scadenza della polizza assicurativa o della
fidejussione prestata in sostituzione del versamento del 25% del conferimento in denaro. D'altra
parte al fine di assicurare meglio l'attuazione dell'obbligo di conferimento viene da un lato
riconosciuto agli amministratori il potere di esercitare l'azione per l'esecuzione del conferimento, e
dall'altro è stabilito che nel caso di trasferimento di azioni o di quote non liberate, per le quali cioè il
conferimento non sia stato integralmente eseguito, all'obbligo dell'acquirente si aggiunge
l'obbligazione solidale dell'alienante e dei successivi alienanti nei confronti della società per il
periodo di tre anni, che nelle società per azioni decorre dalla data dell'annotazione del trasferimento
nel libro dei soci e in quelle a responsabilità limitata dalla sua iscrizione nel registro delle imprese.

187) Le prestazioni accessorie – Accanto all’obbligo di conferimento nello statuto delle società per
azioni può essere imposto un obbligo a carico del socio di compiere prestazioni accessorie non
consistenti in denaro. Tali prestazioni non sono soggette alla disciplina dei conferimenti ma a
quella contenuta nello statuto che le prevede anche per quanto riguarda le conseguenze
dell’inadempimento o della impossibilità dell’adempimento. In caso di circolazione delle azioni le
prestazioni accessorie gravano sul nuovo socio fermo restando che la legge prevede la
intrasferibilità delle azioni senza il consenso degli amministratori, Gli obblighi derivanti dalle
prestazioni accessorie non possono essere modificati, salvo diversa previsione dello statuto, senza il
consenso di tutti i soci così come avviene per i conferimenti.

188) Le operazioni su azioni proprie e della società controllante - Per assicurare la effettività del
capitale sociale la legge disciplina in modo particolare quelle operazioni che, avendo per oggetto
azioni proprie o della società controllante o costituendo un incrocio (sottoscrizione reciproca delle
azione da parte di più società), possono determinare l’annacquamento e l’eliminazione del capitale
sociale stesso. Con queste operazioni infatti si rischia di far uscire dal patrimonio della società una
parte del capitale facendo entrare un bene (l’azione) che non ha più il suo controvalore nel
patrimonio sociale o che si abbia una pluralità di azioni il cui controvalore è rappresentato dallo
stesso patrimonio. Con il sistema degli incroci si potrebbe addirittura arrivare all'assurdo di
costituire due società senza alcun investimento. Per quanto riguarda le società a responsabilità
limitata l’acquisto di partecipazioni proprie o altre operazioni che le riguardano sono
espressamente vietate dalla legge e quindi devono ritenersi nulle. Per quanto riguarda le società per
azioni la disciplina è più articolata e quindi esaminiamo i diversi casi. A) Acquisto d azioni proprie
o acquisto di azioni o quote della controllante da parte della controllata - L’art. 2357 vieta
espressamente alle società di effettuare entrambe le operazioni se non nei limiti degli utili
distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio. Nei limiti suddetti inoltre
l’operazione può riguardare sole le azioni interamente liberate. L’acquisto deve essere autorizzato
dall’assemblea ordinaria la quale ne fissa le modalità, il numero massimo di azioni da acquistare, la
durata comunque non superiore a 18 mesi per la quale l’autorizzazione è accordata, il corrispettivo
minimo e massimo. Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio inoltre il
valore nominale delle azioni acquistate non può mai superare il 5^ del capitale sociale tenuto conto
anche delle azioni possedute dalle società controllate. La violazione dei limiti imposti dalla legge
non comporta la nullità dell’acquisto ma comporta l’obbligo della vendita delle azioni
illegittimamente acquistate e in mancanza l’annullamento di esse con corrispondente riduzione del
capitale sociale. Qualora l’assemblea non provveda gli amministratori e i sindaci devono chiedere
che la riduzione sia disposta dal tribunale. La disciplina prevista dalla legge non si applica nei
seguenti casi 1) quando si tratti di acquisto a titolo gratuito o per esecuzione forzata per il
soddisfacimento di un credito della società purchè si tratti in entrambi i casi di azioni interamente
liberate 2) acquisto a seguito di successione universale, fusione o scissione o in esecuzione di una
deliberazione di riduzione di capitale attuabile mediante riscatto e annullamento di azioni. Per le
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio tuttavia rimane (tranne che per l’ultima
ipotesi) il limite della quinta parte del capitale sociale. Deve notarsi che la violazione dei limiti
legislativi per l'acquisto di azioni proprie o della società controllante avvenga direttamente oppure
tramite società fiduciaria o per interposta persona non comporta la nullità dell'acquisto stesso. Il
legislatore ne riconosce la validità quando fa derivare da esso un obbligo di alienazione delle azioni
illegittimamente acquistate e in mancanza di addivenire al loro annullamento, con conseguente
riduzione del capitale: annullamento al quale consegue il diritto ad un rimborso secondo i criteri del
codice civile per il caso di recesso. La soluzione si spiega in base al rilievo che, pur trattandosi di
una disciplina imperativa, essa non significa un limite alla capacità della società, e che l'eventuale
illiceità riguarda solo l'operato della società, non l'operazione in se. Perciò la sanzione
espressamente prevista è quella della responsabilità civile e penale degli amministratori. La legge si
preoccupa inoltre di dettare il regime delle azioni proprie o della società controllante comunque
possedute dalla società:si individua un altro tipo di problema, cioè quello concernente la
preoccupazione di evitare che la gestione delle azioni proprie possa divenire uno strumento per
rafforzare il potere degli amministratori della società. Bisogna tener conto della distinzione, nel
possesso di azioni della società controllante, tra soggetti e patrimoni, sicchè, accanto a regole
comuni alle due ipotesi, sussistono specifiche regole per il possesso di azioni proprie. Si prevede
per entrambe un obbligo di informazione da attuare con l'iscrizione di apposita voce nel bilancio e
nella relazione sulla gestione e per entrambe viene sospeso il diritto di voto conseguente alle azioni
interessate alla vicenda; è comune l'obbligo di iscrivere al passivo del bilancio una riserva pari al
loro importo. Per l'ipotesi di possesso di azioni proprie invece è specifica la soluzione per cui il
diritto agli utili e il diritto di opzione ad esse relativo sono attribuiti proporzionalmente alle altre
azioni, salvo che, in deroga al divieto di sottoscrizione di azioni proprie, non autorizzi l'esercizio
totale o parziale del diritto di opzione. B) sottoscrizione di azioni proprie o di azioni o quote della
società controllante - L’art. 2357 vieta espressamente tale possibilità, Anche in questo caso però la
violazione del divieto non comporta la nullità della sottoscrizione ma l’assunzione diretta della
sottoscrizione e il relativo obbligo di liberare le azioni da parte a) nel caso di azioni proprie dei
promotori, soci fondatori o amministratori b) nel caso di sottoscrizione di azioni della società
controllante degli amministratori della controllata. In entrambi i casi l’obbligo non grava sui
soggetti che dimostrino di essere esenti da colpa. C) Altre operazioni relative alle azioni proprie -
Il nuovo testo dell’art. 2358 vieta espressamente di accettare azioni proprie in garanzia. Per quanto
riguarda le altre operazioni ( prestiti e garanzie per il loro acquisto) la legge fissa le condizioni alle
quali esse sono consentite. In primo luogo le somme impiegate o le garanzie prestate devono essere
contenute nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili in base all’ultimo bilancio
approvato, e in secondo luogo l’operazione deve essere preventivamente autorizzata dall’assemblea
straordinaria adottando specifiche modalità procedurali. Secondo la dottrina però tale disciplina
non si applica ad altre operazioni come quelle di Leveraged buy out. Con queste operazioni una
società ottiene un finanziamento bancario che utilizza per acquistare la maggioranza o la totalità
delle azioni di un’altra società (società bersaglio) e successivamente si fonde con essa e quindi la
restituzione del finanziamento avviene utilizzando il reddito prodotto dalla società bersaglio ed è
garantita dal suo patrimonio. In questo caso però manca la prestazione di una garanzia da parte
della società bersaglio e il coinvolgimento del suo patrimonio è in realtà causato dalla fusione.
Pertanto la tutela dei creditori non viene effettuata sulla base della integrità del capitale sociale ma
sul diritto di opposizione loro riconosciuto in via generale nel caso di fusione. D) sottoscrizione
reciproca di azioni - L’art. 2360 vieta espressamente tale operazione anche se avviene tramite
società fiduciaria o interposta persona. Neppure gli utili o le riserve possono essere utilizzati a tal
fine. Essendo le due operazioni contestuali non vi può essere dubbio sulla nullità dell’operazione.

189) Le riserve. Connessa alla nozione di capitale è quella di riserva. Le riserve sono
immobilizzazioni degli utili imposte dalla legge (riserve legali), dagli statuti (riserve statutarie)
o eventualmente disposte dall’assemblea (riserve straordinarie o facoltative) allo scopo di
assicurare la stabilità del capitale sociale di fronte a oscillazioni dei valori o di perdite che
possono presentarsi in esercizi successivi. La legge impone la creazione di una riserva legale pari
al quinto del capitale sociale mediante l’immobilizzazione almeno della ventesima parte degli utili
di esercizio. Anche le riserve devono essere iscritte nel passivo del bilancio come il capitale sociale
in quanto la loro funzione contabile è appunto quella di impedire la distribuzione degli utili per i
valori ad esse corrispondenti. Accanto alle riserve vere e proprie ci sono le riserve occulte che sono
accantonamenti nascosti nel bilancio in genere dipendenti da una sottovalutazione delle attività
sociali o dalla indicazione di passività inesistenti,. In questo caso però si parla impropriamente di
riserve perchè questi accantonamenti non hanno il carattere della immobilizzazione in quanto
possono tranquillamente essere messi in evidenza nel bilancio successivo.
190) Sovraprezzo. Versamenti a copertura delle perdite e versamenti in conto capitale - Le azioni,
sia in sede di costituzione della società che in sede di aumento di capitale, possono e talvolta
devono, essere emesse per una somma superiore al loro valore nominale e tale somma in più prende
il nome di sovrapprezzo. In sede di aumento di capitale la funzione del sovrapprezzo è quella di
adeguare il prezzo di emissione delle azioni al loro valore reale. Nelle società per azioni il
sovrapprezzo è imposto quando vi sia esclusione o limitazione del diritto di opzione e il prezzo di
emissione deve essere proporzionato al valore del patrimonio netto. Nel caso di costituzione della
società invece il sovrapprezzo può avere solo la funzione di un ulteriore apporto in aggiunta di
quello fatto con il conferimento. In entrambe le ipotesi comunque vi è un incremento del patrimonio
che non è rilevante circa il capitale o il suo aumento. Il sovrapprezzo per legge deve confluire in un
apposito fondo e non può essere distribuito finchè la riserva legale non ha raggiunto il quinto del
capitale sociale e pertanto non può essere compreso tra gli utili distribuibili o le riserve disponibili
risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Fattispecie piuttosto frequenti nella pratica e che hanno
richiamato l'attenzione del legislatore soprattutto tributario, della dottrina e della giurisprudenza,
sono i versamenti fatti dai soci a copertura delle perdite o in conto capitale pur trattandosi di due
operazioni distinte hanno in comune il fatto che non possono essere considerati come finanziamenti
fatti dal socio alla società. Anzitutto si discute se le due situazioni devono essere unitariamente
considerate e costituiscano due possibili atteggiamenti concreti di una stessa operazione economica,
quella di apprestamento del capitale di rischio in forma diversa dal conferimento di capitale, o se
invece si tratti di operazioni ispirate ciascuna a una diversa ragione economica e a un diverso
interesse pratico. Non sembra possa dubitarsi della piena ammissibilità di queste operazioni e che
sia impedito a soci di versare somme a copertura delle perdite in modo da impedire l'operatività
delle norme in tema di riduzione e di reintegrazione del capitale sociale e tanto meno di versare
somme per il futuro aumento di capitale, in modo da far fronte alle immediate esigenze finanziarie
della società. D'altra parte mentre nelle società di persone tali versamenti trovano la loro
giustificazione nella responsabilità illimitata del socio, nelle società di capitali tali versamenti
devono essere intesi nel senso che il socio non può essere obbligato ad ulteriori versamenti (oltre al
conferimento) ma non nel senso che siano impediti al socio altri versamenti con una destinazione
specifica. Si tratta di versamenti volontari che non possono essere assoggettati al regime proprio del
capitale o delle riserve ma che sono vincolati alla destinazione per la quale sono compiuti. Tale
destinazione si esaurisce nell’operazione stessa per i versamenti compiuti a copertura delle perdite
mentre per i versamenti in conto capitale rimane finchè il capitale non viene aumentato e comunque
finchè sussiste la possibilità di aumentarlo. Come con una deliberazione la società ha deciso il
futuro aumento di capitale con un’altra deliberazione può decidere di non attuarlo liberando così le
somme versate dal vincolo di destinazione.

191) La partecipazione sociale – la quota di società a responsabilità limitata - Nelle società di


capitali in linea di principio i diritti e i poteri dei soci sono determinati in funzione della loro
partecipazione al capitale sociale. Tale principio però assume caratteri diversi e può venire
temperato nei vari tipi di società di capitale. Nelle società per azioni per esempio le esigenze
finanziarie che le caratterizzano ammettono che a seguito di apporti diversi dai conferimenti
possano essere emesse azioni che conferiscono diritti e poteri che ad esclusione di quello di voto
coincidono con quelli dei soci. Nelle società a responsabilità limitata invece la rilevanza che può
assumere la persona del socio determina alcune ipotesi di attribuzione ai singoli soci di particolari
diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili, e pertanto consente
l’eventualità di diritti dei soci indipendenti dalla loro partecipazione al capitale sociale. Rilievo
centrale hanno quindi nelle società di capitali le tecniche con le quali viene definita la
partecipazione al capitale dei soci e quindi la suddivisione del capitale in parti. Nelle società per
azioni il capitale viene suddiviso in azioni base ad una suddivisione preventivamente e
astrattamente operata nell’atto costitutivo della società Nelle società a responsabilità limitata invece
il capitale viene suddiviso in quote in base alle persone dei soci. La quota esprime quindi la
partecipazione del socio al capitale e costituisce un complesso unitario di diritti e poteri che fanno
capo al socio e poiché diversa può essere la partecipazione dei singoli soci alla società diverse
possono essere le quote. In linea di principio le quote sono trasmissibili interamente o in parte anche
ad estranei sia per atto tra vivi che per successione a causa di morte ma la legge prevede anche che
la trasmissione possa essere esclusa nell’atto costitutivo della società. La quota di ogni socio è
necessariamente unica: essa può rappresentare una parte maggiore o minore del capitale ma non è
consentito ad un socio di avere più quote. La quota in definitiva non è altro che la misura della
partecipazione del singolo socio ed in quanto tale non è oggettivamente pensabile a prescindere
dalla sua concreta posizione nella società. Queste regole si riflettono anche in sede di circolazione
della quota in quanto la circolazione della quota ha il suo presupposto nella trasmissione della
posizione di socio e pertanto la quota non può essere rappresentata da una azione e non può
costituire oggetto di offerta al pubblico in quanto alla società a responsabilità limitata è precluso
l’accesso al mercato del capitale di rischio. La disciplina vigente prevede, dopo l’eliminazione del
libro dei soci, che nel caso di vendita della quota il titolo di acquisto deve essere depositato, a cura
del notaio autenticante, nel registro delle imprese o nel caso di trasferimento mortis causa, su
richiesta dell’erede o del legatario. Il deposito nel registro delle imprese è elemento costitutivo
della legittimazione del socio rispetto alla società. L’iscrizione nel registro inoltre svolge la
funzione di risolvere il conflitto tra più acquirenti successivi della stessa quota tra i quali viene
preferito chi per primo ha effettuato il deposito in buona fede anche se il suo titolo è di data
posteriore. Una soluzione che non tanto sembra evocare il regime dei beni mobili registrati, ove in
effetti la buona fede non rileva, quanto un criterio di prevalenza tra diversi aventi causa nel conflitto
concernente la spettanza del diritto loro trasferito dal dante causa. La quota inoltre può formare
oggetto di pegno, usufrutto o sequestro e anche di espropriazione: a quest'ultimo riguardo, la
disciplina introdotta in occasione della riforma organica dispone che il pignoramento si esegue
mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese.

192) continua – L’azione. L'azione esprime una parte del capitale sociale che si determina in base
ad una divisione preventivamente e astrattamente operata nello statuto. Il capitale sociale è fin
dall’inizio suddiviso in tante parti, le azioni, che sono necessariamente uguali, attribuendo uguali
diritti e uguali poteri. Pertanto la posizione del socio nella società dipende dal numero di azioni
possedute ed essendo l’azione indipendente dalla persona del socio la libera trasmissibilità è
caratteristica essenziale dell’azione. Operandosi la suddivisione in parti del capitale, facendosi
astrazione dalle persone dei soci, i poteri e i diritti del socio nella società si commisurano alle azioni
possedute e dalle caratteristiche delle azioni essenzialmente dipende la posizione del socio, anche
per quanto riguarda la trasmissibilità. La loro libera trasmissibilità è principio inerente alla struttura
dell'azione. L’azione ha tre caratteristiche fondamentali: è parte del capitale sociale, è un complesso
unitario di diritti e poteri, ed è un titolo azionario. Per quanto riguarda il primo aspetto la legge
prevede due sistemi per effettuare la suddivisione del capitale: il primo prevede la determinazione
nello statuto del valore nominale dell’azione per cui il numero delle azioni si ha dividendo il
capitale sociale per il valore nominale, mentre il secondo prevede l’emissione di azioni senza valore
nominale ma stabilendo nello statuto il numero delle azioni da cui deriva il valore percentuale che
ciascuna di esse ha rispetto al capitale sociale. Oltre al valore nominale si ha il valore effettivo e per
le azioni quotate in borsa il valore di borsa: tali valori possono essere diversi dal valore nominale e
possono continuamente modificarsi in quanto si basano sul patrimonio della società o sul corso
delle quotazioni, valori entrambi variabili.
193) Categorie di azioni - Abbiamo detto che le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti
e precisamente il diritto ad una parte proporzionale degli utili e del patrimonio netto risultante dalla
liquidazione nonché il diritto di voto. Questa esigenza di uguaglianza di diritti però si pone solo con
riferimento alle azioni che fanno parte della stessa categoria in quanto la legge prevede che in una
stessa società possano esistere diverse categorie di azioni e che le azioni di ogni categoria siano
fornite di diritti particolari il cui contenuto è determinabile liberamente dalla società. In tal modo si
viene incontro all'esigenza di modulare i diritti conferiti dalle azioni con riferimento alle diverse
esigenze che possono porsi alla base dell'investimento azionario, e si riconosce alla società una più
ampia possibilità di reperire i mezzi sul mercato finanziario. Così accanto alle azioni ordinarie,
attribuenti cioè i normali diritti, possono essere emesse: a) azioni privilegiate che attribuiscono un
diritto di priorità nella distribuzione degli utili o nel rimborso del capitale all’atto dello scioglimento
della società – b) azioni postergate -. Per quanto riguarda l’incidenza delle perdite c) azioni
correlate, ossia fornite di diritti patrimoniali dipendenti dai risultati dell’attività della società in un
determinato settore d) azioni senza diritto di voto, con voto limitato a particolari argomenti o con
voto subordinato al presentarsi di determinate condizioni. Ovviamente tali categorie di azioni non
devono superare complessivamente la metà del capitale sociale. Possono essere previsti (solo per le
società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio) limiti di voto in base alle quantità di
azioni possedute dallo stesso soggetto o azioni riscattabili, per le quali viene riconosciuta agli altri
soci un potere di acquisto ad un determinato corrispettivo in caso di recesso. Sono invece vietate le
azioni a voto plurimo, ossia azioni privilegiate nel voto. Altra categoria di azioni è quella delle
azioni di godimento riservate ai soci le cui azioni siano state sorteggiate per ridurre il capitale
sociale in eccesso. Infatti gli azionisti le cui azioni sono state estratte e che pertanto escono dalla
società hanno diritto alla quota di liquidazione calcolata sul valore nominale e non su quello reale e
quindi potrebbero subire un pregiudizio qualora esso risultasse minore di quello reale. Si può quindi
ovviare a ciò assegnando azioni di godimento che permettono di partecipare alla distribuzione di
utili futuri anche se in modo postergato rispetto alle altre categorie di soci.

194) I titoli azionari. La tecnica di predeterminale l'azione facendo astrazione dalle persone dei soci
vale anche ad agevolarne la trasmissione e la negoziazione. Perciò è normale che essa sia
rappresentata da un titolo circolante: un titolo di credito fornito di una disciplina giuridica
particolare in quanto titolo di partecipazione. In tal caso la trasmissione dei diritti e poteri sociali
può attuarsi soltanto mediante trasferimento del titolo azionario e cosi pure l'esercizio di tali diritti e
poteri è subordinato al possesso del titolo azionario. La circolazione del titolo azionario, implicando
anche la circolazione della posizione di socio, determina la sostituzione dell’acquirente al venditore
in tutte le posizioni soggettive riferite all’azione, siano esse attive e passive, compreso
l’obbligazione al versamento dei conferimenti ancora dovuti nel caso di azioni non interamente
liberate. Nel sistema originario del codice la circolazione del titolo azionario non era espressamente
regolata, facendosi implicito rinvio ai principi propri dei titoli di credito nominativi o al portatore.
Principi che però non hanno mai ricevuto piena applicazione. In sede di riforma è apparso
opportuno portare a coerenza il sistema e inserire nella disciplina codicistica previsioni che
superassero formulazioni contraddittorie e agevolassero la soluzione dei problemi interpretativi che
si erano posti. Per quanto riguarda la disciplina della circolazione la vigente normativa prevede che
in caso di mancata emissione dei titoli azionari il trasferimento delle azioni ha effetto nei confronti
della società e conferisce la legittimazione ad esercitare i relativi diritti dal momento dell’iscrizione
nel libro dei soci. Per le azioni al portatore viene disposto che esse si trasferiscono mediante
consegna del titolo mentre per le azioni nominative si prevede il meccanismo del transfert e della
girata autenticata e si stabilisce che il giratario che si dimostra possessore in base ad una serie
continua di girate è legittimato ad esercitare i diritti sociali fermo restando l’obbligo della società di
aggiornare il libro dei soci. Se tale punto vale a risolvere problemi applicativi che si erano posti
nell'interpretazione della legge del 1962, riduce ormai inequivocabilmente il ruolo dell'iscrizione
nel libro dei soci ad una funzione solo di documentazione, che come tale può attuarsi al di fuori di
una richiesta del socio per il solo fatto dell'esercizio dei diritti sociali da parte dei possessori
dell'azione. Perciò è ancora oggi più sostenibile che in effetti le azioni nominative, operano in
termini largamente assimilabili a quelli propri dei titoli all'ordine: nel senso che con essi
condividono il ruolo centrale assegnato alla girata sia a fini circolatori sia per la legittimazione
all'esercizio di diritti. La legge considera inoltre le azioni rappresentate da strumenti finanziari
dematerializzati. In tal caso la scritturazione svolge un ruolo equivalente, a seconda che si tatti di
azioni al portatore o nominative, alla consegna del titolo o alla girata e legittima quindi ad esercitare
i diritti sociali. Nel secondo caso inoltre vi è l’obbligo della società di procedere all’aggiornamento
del libro dei soci. Da segnalare è infine che, dal punto di vista formale, l'art 2354 codice civile
provvede a stabilire le indicazioni che devono essere contenute nel titolo azionario o negli eventuali
certificati provvisori emessi prima dei titoli definitivi. Prevede inoltre che siano sottoscritti da uno
degli amministratori della società e consente che ciò avvenga anche mediante riproduzione
meccanica della firma.
195) Limitazioni alla circolazione delle partecipazioni - Per le società per azioni la legge pur
ammettendo la possibilità di vietare il trasferimento delle azioni ne circoscrive la possibilità nel
termine massimo di cinque anni e prevede la possibilità di sottoporre (in base ad una disposizione
dello statuto) a particolari condizioni il trasferimento delle azioni nominative e di quelle non
rappresentate da titoli azionari. La legge prevede inoltre che altre limitazioni possano essere
imposte nell’atto costitutivo e quindi le limitazioni più diffuse sono quelle che derivano da una
disposizione statutaria quale la clausola che prevede un diritto di prelazione dei soci in caso di
alienazione di azioni (per cui il socio che intende liberarsi delle azioni deve preferire, a parità di
prezzo, uno o tutti i soci) o la clausola di gradimento (per cui la vendita della azioni viene
subordinata al gradimento della persona dell’acquirente da parte degli organi sociali, consiglio di
amministratore o assemblea). Tali limitazioni statutarie sono motivate dall’intento di evitare
l’ingresso in società a persone non gradite e in quanto poste dallo statuto sono efficaci erga omnes e
quindi opponibili ai terzi sia se le conoscessero o meno con la conseguenza, per quanto riguarda la
clausola di prelazione, che il trasferimento fatto in sua violazione non ha effetto nei confronti della
società e degli altri soci che hanno quindi il diritto di rendersi acquirenti in sostituzione di colui che
le abbia acquistate in violazione del loro diritto. Il problema più delicato si pone però per la clausola
di gradimento in quanto essa attribuisce un potere ad un organo sociale, e quindi ad un gruppo di
comando, che può costituire uno strumento per impedire il ricambio nel controllo della società
ponendo inoltre discriminazioni tra maggioranza e minoranza nella possibilità di vendere le proprie
azioni. Pertanto il gradimento non può essere arbitrariamente rifiutato ma il rifiuto deve trovare
giustificazione nella situazione oggettiva, altrimenti la clausola potrebbe addirittura escludere
indefinitamente la circolazione delle azioni cosa non consentita per le società per azioni.
Attualmente la materia è regolata dall'art 2355bis del codice secondo cui le clausole che
subordinano il trasferimento inter vivos a clausole di gradimento o che sottopongono a particolari
condizioni il trasferimento mortis causa sono efficaci solo quando sia previsto a carico della società
o degli altri soci l’obbligo di acquistare le azioni o sia riconosciuto al socio alienante il diritto di
recesso. In tal modo la legge tutela la posizione del socio alienante ma non il possibile ricambio dei
gruppi di comando. Per quanto riguarda la società a responsabilità limitata la legge prevede che in
presenza di clausole di gradimento o di clausole che sottopongono a condizioni o limiti i
trasferimenti mortis causa, il socio o i suoi eredi possono chiedere la liquidazione della quota
immediatamente o alla scadenza del termine non superiore a due anni dalla costituzione della
società o dalla sottoscrizione della partecipazione fissata dall’atto costitutivo. Per entrambe le
società si deve ritenere che mancando il gradimento e fatta salva l’applicazione delle tutele previste
dalla legge, l'alienazione della partecipazione non ha effetto nella società e quindi socio rimane
l'alienante e non l’acquirente. La soluzione secondo cui, in caso di rifiuto del gradimento, l'alienante
può essere tutelato riconoscendogli il diritto di vendere ad altri o di recedere dalla società, dimostra
che non avrebbe senso ipotizzare una permanenza degli effetti tra le parti del negozio di
alienazione, e risolve i problemi interpretativi derivati dalla precedente disciplina per cui il rifiuto di
gradimento non avrebbe toccato l'efficacia inter partes del negozio di alienazione, a meno che
questo non fosse espressamente condizionato al gradimento.
196) Azione e quota nella società per azioni: sindacati di blocco e sindacati di amministrazione. I
patti parasociali. La suddivisione del capitale in azioni non esclude ogni rilevanza della
partecipazione complessiva del socio. Anche nelle società per azioni la nozione di quota, e cioè la
parte che il socio ha nel capitale sociale, è in talune ipotesi giuridicamente rilevante. Cosi quando si
possiede la maggioranza del capitale della società il socio è in grado di orientarne l'azione:perciò la
legge prevede particolari situazioni di controllo della società e per il suo acquisto. Sotto un altro
aspetto sono molteplici le norme ove si prevedono i diritti delle minoranze, che attribuiscono cioè
particolari diritti ai soci che rappresentino una data parte del capitale sociale. Ove la quota del socio
raggiunga tali limiti, essa attribuisce poteri e diritti nella società che non sono inerenti alla singola
azione. In considerazione della rilevanza che la quota ha nell'ambito della società, si pongono
normalmente quelle intese tra soci che sono conosciute sotto il nome di sindacati azionari , i quali
possono assumere i caratteri del sindacato di blocco o del sindacato di amministrazione. Il sindacato
di blocco mira ad impedire che, attraverso l'alienazione delle azioni si possano modificare le quote
dei singoli soci a vantaggio di uno di essi e a danno degli altri, e quindi mira a far si che ciascuno
dei soci conservi la posizione che aveva nella società. Essi in tal caso pongono limiti alla
circolazione delle azioni che, in quanto effetto di patti contrattuali e non di clausole statutarie, non
possiedono l'efficacia propria delle seconde e non sono soggetti alle regole per esse poste. Cosi tali
limitazioni hanno solo un'efficacia inter partes, obbligatoria cioè ai sensi della regola generale
dell'art 1379 codice civile. L'alienazione delle azioni fatta in violazione del patto è perfettamente
valida e efficace e obbliga solo i contraente inadempiente al risarcimento dei danni. Pertanto per
ottenere una efficacia valida anche nei confronti dei terzi il sindacato di blocco viene effettuato
depositando le azioni presso un terzo e quindi impedendo la possibilità di violazione degli obblighi
assunti. Funzione invece del sindacato di amministrazione è quella di unificare le quote dei
partecipanti in ordine ai poteri amministrativi della società, soprattutto il diritto di voto, e perciò è
denominato anche sindacato di voto, in modo da poter beneficiare di quei diritti che sono connessi a
una quota superiore a quella singolarmente posseduta dai partecipanti al voto. Il codice
originariamente non vietava né regolava espressamente i sindacati di voto e quindi nella dottrina e
nella giurisprudenza erano sorti dubbi sulla validità di tali convenzioni ma tali perplessità devono
intendersi superate a seguito dell’introduzione nel codice civile con l’art. 2341 bis di una disciplina
generale dei patti parasociali. L’art 2341bis disciplina infatti quei patti che hanno per oggetto
l’esercizio del diritto di voto o pongono limiti al trasferimento delle azioni prevedendo che essi non
possano avere una durata superiore ai cinque anni, anche se sono rinnovabili alla scadenza. Inoltre i
patti parasociali nell’ambito delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio devono
essere dichiarati in assemblea e in mancanza di tale dichiarazione (che deve essere trascritta nel
verbale depositato presso il registro delle imprese) gli azionisti cui il patto si riferisce non possono
esercitare il diritto di voto a pena della annullabilità della deliberazione assunta con il loro voto
determinante. Tale disciplina chiarisce che essendo i patti di sindacato riferiti ad interessi privati
non è vietato che i partecipanti rinuncino ad un loro particolare interesse a favore di un altro
interesse che sta loro maggiormente a cuore ma interviene per evitare che da tali patti possa derivare
un danno agli altri soci attribuendo loro il potere di impugnazione della deliberazione in caso di
conflitto di interessi quando la deliberazione può arrecare danno alla società. Pertanto non è
invalido il patto di sindacato attraverso il quale i membri cerchino di realizzare attraverso la società
un loro interesse personale ma è invalida la deliberazione formatasi con tali voti quando da essa può
derivare un danno per la società.
2 La costituzione della società
197) Procedimento di costituzione: oneri relativi - Nelle società di capitali il processo di
costituzione è un fenomeno complesso risultante da più atti tra loro collegati. Mentre infatti nelle
società di persone la formazione della società si esaurisce nella stipula del contratto sociale nelle
società di capitali il processo formativo si conclude con l’iscrizione della società nel registro delle
imprese. Prima di tale momento la società non esiste come persona giuridica ed è solo in tale
momento che si producono, nei confronti dei soci e dei terzi, gli effetti giuridici tipici del tipo di
società prescelto. Nel processo di formazione delle società di capitali è fondamentale l’accento
posto sulla formazione del capitale e sulle garanzie dirette ad assicurare che esso si sia
effettivamente formato. Ne derivano particolari oneri a carico di coloro che partecipano alla stipula
del contratto sociale, oneri che devono essere adempiuti prima che il notaio proceda alla stipula
dell’atto costitutivo, Tali oneri consistono nella dimostrazione che il capitale sociale è stato
sottoscritto, nel versamento del venticinque per cento del capitale in denaro presso una banca,
nell’integrale esecuzione dei versamenti in natura e nella sussistenza di tutte le autorizzazioni
richieste dalla legge per la costituzione della società
198) Costituzione simultanea e costituzione successiva. – Nelle società a responsabilità limitata e
nelle società per azioni di piccole dimensioni il capitale è conferito dalle persone che intendono
costituire la società. Nelle società per azioni di maggiori dimensioni invece la formazione del
capitale può richiedere la raccolta dei mezzi necessari presso il pubblico dei risparmiatori. In
questo caso gli ideatori della società possono seguire due vie: sottoscrivere loro stessi il capitale
costituendo la società e rinviando ad un momento successivo il collocamento delle azioni presso i
risparmiatori (costituzione simultanea) o raccogliere preventivamente le adesioni dei risparmiatori
sulla base di un programma in cui sono indicati gli scopi della società e le condizioni essenziali per
la partecipazione ad essa (costituzione successiva o mediante pubblica sottoscrizione). Il primo tipo
di costituzione non pone problemi in quanto il contratto sociale in questo caso è il risultato di un
atto cui partecipano tutti gli interessati. Problemi di interpretazione si pongono invece con il
secondo tipo di costituzione che prevede le seguenti fasi : a) redazione da parte dei promotori di
un programma contenente l’oggetto, il capitale, le principali disposizioni dell’atto costitutivo e
dello statuto. Il programma deve essere sottoscritto dai promotori, autenticato da un notaio e
depositato presso di esso. b) adesione dei sottoscrittori mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata; c) versamento del venticinque per cento dei conferimenti in denaro nel termine
stabilito del programma d) assemblea dei sottoscrittori per accertare l’adempimento degli oneri
richiesti dalla legge e per deliberare a maggioranza dei voti sulla integrazione delle disposizioni
dell’atto costitutivo e) stipulazione dell’atto costitutivo da parte dei presenti, in rappresentanza
anche degli assenti. Problemi giuridici si pongono circa il significato giuridico da attribuire a tali
diverse fasi e alla posizione giuridica dei sottoscrittori dopo la loro adesione al programma. Tali
problemi si risolvono considerando che le varie fasi non hanno portata giuridica autonoma ma sono
elementi singoli di una fattispecie complessa, collegati tra di loro al fine della produzione
dell’effetto giuridico definitivo. Quando la legge parla di stipula dell’atto costitutivo quindi si
riferisce alla redazione di un atto formale che non fa altro che riprodurre la volontà già espressa dai
sottoscrittori con la loro adesione e questo è dimostrato dal fatto che l’atto costitutivo possa essere
posto in essere dagli intervenuti anche in rappresentanza degli assenti.
199) I promotori e i soci fondatori - Nelle società a costituzione successiva coloro che preparano il
programma sono definiti promotori, e su di essi gravano obblighi e responsabilità e possono essere
attribuiti particolari diritti. I promotori sono infatti direttamente e solidalmente responsabili verso i
terzi per gli atti posti in essere per la costituzione della società e hanno diritto di rivalsa nei
confronti della società, qualora questa si costituisca, solo se le obbligazioni assunte e le spese
sostenute sono state necessarie o sono state approvate dall’assemblea. I promotori sono poi
responsabili verso la società e i terzi (solidalmente con coloro per conto dei quali hanno
effettivamente agito): a) per l’integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti
per la costituzione della società, b) per la veridicità delle comunicazioni fatte al pubblico nel
programma c) per la effettiva esistenza dei versamenti in natura. Ai promotori può essere
riconosciuto nell’atto costitutivo, previa deliberazione dell’assemblea, una partecipazione agli utili
(in misura non superiore al decimo e per non più di cinque anni). Nella costituzione simultanea la
figura dei promotori non assume una specifica rilevanza dato che essi provvedono alla
sottoscrizione del capitale e alla stipula dell'atto costitutivo. In questo caso la figura dei promotori si
confonde con quella dei soci fondatori e la legge non ha ragione di intervenire se non per escludere
che i soci fondatori possano riservarsi nell'atto costitutivo una partecipazione agli utili maggiore
rispetto a quella consentita per i promotori.
200) L’atto costitutivo e lo statuto. La costituzione della società è una fattispecie complessa a
formazione successiva che risulta a) dalla stipula dell’atto costitutivo e b) dal deposito e
conseguente iscrizione presso il registro delle imprese. L’atto costitutivo deve essere stipulato come
atto pubblico e deve contenere tutte le indicazioni, relative agli aspetti personali e patrimoniali
richieste dalla legge. La legge richiede che gli aspetti relativi al funzionamento della società siano
contenuti nello statuto, che può essere parte dell’atto costitutivo o costituire un atto separato. In
caso di contrasto tra le regole contenute nello statuto e nell’atto costitutivo sono prevalenti le prime
(a riprova del fatto che gli elementi organizzativi hanno ruolo centrale rispetto a quelli personali o
patrimoniali). La mancanza dell’atto pubblico produce la nullità della società mentre la mancanza
delle altre indicazioni prescritte è irrilevante ai fini delle successive fasi della costituzione purchè le
lacune possano essere colmate dalla legge (es. mancata disposizione sulla ripartizione degli utili).
201) Deposito e iscrizione nel registro delle imprese – L’atto costitutivo deve essere depositato, a
cura del notaio che lo ha ricevuto, entro venti giorni dalla stipulazione, presso il registro delle
imprese della circoscrizione dove è posta la sede sociale con allegati i documenti che comprovano
l’esistenza delle condizioni richieste per la costituzione. Nel sistema originario l'atto costitutivo era
sottoposto a un controllo di legalità da parte del tribunale, al cui esito positivo era subordinata
l'iscrizione. Tale controllo è stato poi abolito. Contestualmente al deposito viene richiesta
l’iscrizione al registro delle imprese che viene effettuata dall’ufficio del registro previa la verifica
della sola regolarità formale della documentazione. Il controllo sulla validità sostanziale dell’atto
costitutivo e dell’esistenza delle condizioni richieste spetta invece al notaio. Con l’iscrizione al
registro delle imprese la società acquista personalità giuridica.
202) Situazione giuridica antecedente all’iscrizione. Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese
non ha senso parlare di società per azioni o a responsabilità illimitata, in quanto essendo la
costituzione un procedimento complesso, essa non può avere luogo prima che tali atti siano stati
compiuti. Possiamo pertanto dire che finchè il processo di costituzione non si è ultimato la società
non esiste anche se la stipulazione dell’atto costitutivo è in grado di produrre alcuni effetti nei
confronti dei soci, del notaio e degli amministratori. Rispetto ai soci l’atto costitutivo è vincolante
nel senso che con esso i soci assumono l’obbligo di conferimento. Tale efficacia vincolante del
contratto sociale cessa solo nei seguenti due casi: a) l’iscrizione dell’atto costitutivo viene negata a
causa di irregolarità formali nella documentazione b) quando non si è provveduto all’iscrizione
della società nel registro delle imprese entro 90 giorni dalla stipula. In queste ipotesi il socio è
liberato dal conferimento e può chiedere la restituzione delle somme versate ma fino a che una di
queste ipotesi non si verifica il contratto resta vincolante per i soci. Rispetto al notaio che ha
ricevuto l'atto e agli amministratori l’effetto è quello di far sorgere a loro carico l’obbligo di
provvedere al deposito dell’atto e degli allegati per l’iscrizione, obbligo per la cui inosservanza
sono previste sanzioni amministrative. Si tratta quindi di effetti minori rispetto a quelli che
conseguono alla costituzione della società in quanto fino a questo momento la società non esiste
come persona giuridica e quindi non è concepibile una attività della società attraverso i suoi organi
né una responsabilità della società per le obbligazioni assunte. Per tali obbligazioni rispondono
invece illimitatamente e solidalmente coloro che agiscono in nome della società e potranno rivalersi
nei confronti della società una volta costituita se la società stessa ha approvato l’operazione posta in
essere ma ciò non potrà avvenire se la società non verrà costituita. Il fatto che siano stati nominati
nell'atto costitutivo amministratori della società non li autorizza ad agire come organi della società
prima che questa sia costituita, né consente loro di vincolare i soci, dato che nella società di capitali
l'attività sociale incide esclusivamente sul patrimonio sociale e non anche su quello dei singoli soci,
e dato che lo stesso obbligo di conferimento cade, se alla costituzione non si addiviene entro 90
giorni dalla stipulazione dell'atto costitutivo. Coloro che agiscono possono vincolare le persone che
hanno partecipato all’atto costitutivo solo nel caso che l’operazione sia stata compiuta su loro
mandato ma tale mandato non può ritenersi esistente per il solo fatto della stipula dell’atto
costitutivo. Infatti la responsabilità illimitata e solidale viene estesa oltre che a coloro che hanno
agito anche a coloro che con l’atto costitutivo o con atto separato hanno autorizzato o consentito
l’operazione e anche all’unico fondatore (nel qual caso la legge pone una presunzione assoluta. Una
volta costituita la società coloro che hanno agito possono essere sostituiti dalla società nelle
obbligazioni assunte e possono essere rimborsati dalle spese sostenute se esse sono necessarie per la
costituzione della società mentre per le altre spese è necessaria l’approvazione dell’organo sociale
competente. La legge vieta espressamente l’emissione di azioni prima dell’iscrizione e la loro
offerta al pubblico. Tale regola non si spiega più per l'intento di prevenire gli abusi dell'aggiotaggio
sulle azioni di società non ancora legalmente costituite. Essa sai giustifica invece sia per la ragione
logica che, non essendoci ancora organi sociali in grado di esprimere la volontà della società e di
agire in suo nome, i titoli azionari eventualmente emessi non potrebbero essere riferiti alla società e
svolgere il loro ruolo tipico di attribuire una posizione nella sua organizzazione; sia per l'esigenza di
evitare la diffusione tra il pubblico di titoli circolanti il cui valore, non essendovi ancora la società e
mancando ogni pubblicità al riguardo risulta del tutto indefinito.
203) La nullità della società. L’art. 2332 cc disciplina la nullità della società apportando alcune
modifiche alla disciplina generale prevista per i contratti plurilaterali. In primo luogo la nullità della
società può essere pronunciata solo in un numero circoscritto di casi, previsti dall’art. 2332 che
attengono esclusivamente a vizi dell’atto costitutivo e sono i seguenti: mancata stipulazione
dell’atto costitutivo nella forma di atto pubblico, mancanza nell’atto costitutivo dell’indicazione
della denominazione della società, dei conferimenti, o dell’ammontare del capitale sociale o
dell’oggetto sociale, l’illiceità dell’oggetto sociale. A queste ipotesi deve aggiungersi
l’accoglimento dell’istanza per la cancellazione dal registro proposta dall’autorità competente al
rilascio delle autorizzazioni che costituiscono condizioni di iscrizione dell’atto costitutivo ai sensi
del’art. 2329 cc. L’art. 2332 inoltre esclude la retroattività della dichiarazione di nullità della società
e pertanto riconosce l’efficacia e la validità degli atti compiuti in nome della società prima della
dichiarazione stessa affermando il diritto dei creditori sul patrimonio sociale per cui i soci non sono
liberati dai conferimenti prima della soddisfazione dei creditori stessi. L’art. 2332 stabilisce anche
che la dichiarazione di nullità rende necessaria la liquidazione della società per definire i rapporti
antecedenti alla dichiarazione stessa e pertanto la sentenza che dichiara la nullità nomina i
liquidatori e deve essere trascritta nel registro delle imprese ad opera degli amministratori o dei
liquidatori. L’art. 2332 stabilisce infine che la nullità non può essere pronunciata quando la causa di
invalidità sia stata eliminata e di tale eliminazione sia stata fatta pubblicità mediante iscrizione nel
registro delle imprese.
Organizzazione giuridica della società.
204. Considerazioni generali. Le società di capitali, come persone giuridiche, hanno una propria
organizzazione interna, risultano cioè composte da un complesso di organi ciascuno dei quali ha una
particolare sfera di competenze e particolari funzioni in ordine all'esplicazione dell'attività sociale.
Prima della riforma delle società di capitali organi di tali società erano l’assemblea dei soci, gli
amministratori e il collegio sindacale sulla base di una divisione delle competenze per cui ai primi
spettavano funzioni deliberative, ai secondi gestionali e ai terzi di controllo. A seguito della riforma
è stata disegnata una disciplina diversa che accentua anche le differenze tra società per azioni e
società a responsabilità limitata. Per quanto riguarda le prime il legislatore consente una scelta tra
diversi sistemi di amministrazione e controllo in quanto accanto al sistema tradizionale visto prima
(che si applica anche nel silenzio dello statuto) è previsto che la società possa liberamente adottare
uno degli altri due metodi introdotti dal legislatore e precisamente il sistema dualistico e il sistema
monistico. Il primo prevede i due organi del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, il
secondo prevede che le funzioni di amministrazione e controllo siano affidate entrambe al consiglio
di amministrazione. Si è voluto in tal modo affrontare il problema delle corporate governance, la
ricerca cioè dei modelli organizzativi imprenditoriali più efficienti e maggiormente in grado di
operare in un'economia che si caratterizza per un elevato grado di competitività e si è preferito
rimettere tale scelta agli operatori economici, offrendo loro la possibilità di utilizzare modelli
organizzativi in buona parte corrispondenti a quelli internazionalmente più diffusi, appunto quello
dualistico e quello monistico. Qualunque sia il sistema adottato la funzione di revisione legale dei
conti viene esercitata di regola da un revisore legale dei conti o da una società di revisione. Questo
quadro generale trova poi una diversificazione a seconda delle modalità di approvvigionamento del
capitale di rischio, a seconda cioè che la società faccia o meno ricorso al mercato: si distinguono le
società che fanno ricorso al capitale di rischio (società aperte) alle quali si contrappongono le
società chiuse e nell'ambito delle prime a seconda che le azioni della società siano diffuse fra il
pubblico in misura rilevante oppure quotate in mercati regolamentati. E’ chiaro quindi che in questo
tipo di società (società aperte) vi sia un più elevato grado di vincolatività delle regole legislative e
infatti, per quanto riguarda in particolare le società quotate, il legislatore stabilisce che la disciplina
generale sia applicabile solo se non sia diversamente disposto (nel codice o nelle leggi speciali). Per
quanto riguarda invece le società a responsabilità limitata in generale il legislatore lascia un ampio
margine ai soci di stabilire nell’atto costitutivo le materie riservate alla loro competenza (la legge
indica infatti solo quelle competenze che non possono essere loro sottratte), di scegliere tra una
amministrazione congiunta o disgiunta e di prevedere che le decisioni dei soci stesse siano prese
anche al di fuori dell’assemblea (la legge infatti stabilisce solo alcune materie per le quali la
riunione assembleare è imperativa). La nomina del collegio sindacale è obbligatoria solo in alcuni
casi e precisamente quando il capitale sociale non è inferiore a quello richiesto per le società per
azioni (120.000 euro), quando la società è tenuta alla redazione del bilancio consolidato o controlla
una società obbligata alla revisione legale dei conti o quando siano stati superati due dei limiti
previsti in materia di bilancio in forma abbreviata. Nelle società a responsabilità limitata quindi la
disciplina legale svolge un ruolo residuale e viene lasciata all’autonomia privata la decisione circa
l’organizzazione della società consentendo un alto grado di flessibilità.
a) Le deliberazioni dei soci
205) Deliberazioni assembleari e decisioni dei soci. Nelle società di capitali la funzione decisionale
dei soci si svolge di regola attraverso la deliberazione in cui trova applicazione il principio
maggioritario. Tuttavia tale deliberazione non è sempre frutto di un procedimento caratterizzato
dalla riunione dei soci in apposita adunanza, l'assemblea. Infatti tale modello può subire deroghe o
addirittura essere eliminata grazie all’esercizio dell’autonomia statutaria. Infatti per le società per
azioni pur essendo imperativa la necessità dell’assemblea è stata introdotta la possibilità del voto
per corrispondenza e di intervento in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, il che
ovviamente altera le caratteristiche funzionali tipiche del procedimento collegiale, riducendo il
ruolo della discussione e, nel caso di voto per corrispondenza, comportando la immodificabilità
delle proposte formulate nell'avviso di convocazione. Per le società a responsabilità limitata invece
il modello assembleare è richiesto solo in alcuni casi (modificazione dell’atto costitutivo,, riduzione
del capitale per perdite, modificazioni dell’oggetto statutario o rilevanti modificazioni dei diritti dei
soci) mentre per le altre materie l’atto costitutivo può prevedere un metodo diverso, tramite il
consenso espresso per iscritto, salvo il potere per gli amministratori o per i soci che rappresentino
un terzo del capitale sociale di chiedere che la decisione sia adottata in seno all’assemblea. In
questo caso la terminologia parla di decisione, volendo in tal modo sottolineare la sua differenza
rispetto alla deliberazione adottata secondo il procedimento assembleare. È chiaro che si tratta di
una differenza essenzialmente strutturale e che anche la decisione rappresenta pur sempre l'esito di
un procedimento, ancorchè semplificato rispetto a quello assembleare. Si tratta in definitiva di
tecniche diverse per raggiungere un risultato essenzialmente omogeneo.
206) La costituzione dell’assemblea. Vi è in tutti i casi l'esigenza di regole procedimentali perché i
soci possano operare come organo della società e perché la loro manifestazione di volontà possa
valere come manifestazione della volontà sociale. Regole che risultano ben più complesse quando
non si tratta solo di raccogliere il consenso dei soci su una proposta ma si richiede l'utilizzazione
della tecnica assembleare. Per quanto riguarda le decisioni non assembleari delle società a
responsabilità limitata la legge richiede una documentazione scritta idonea ad individuare
l’argomento della decisione ed il consenso alla stessa che deve essere conservata dalla società. Per
quanto riguarda invece le decisioni assembleari (necessarie nelle società per azioni e, per quanto
riguarda le società a responsabilità limitata nei casi previsti dalla legge o quando l’atto costitutivo
non preveda l’adozione di tecniche alternative) si pone il problema di assicurare il principio della
presenza. La legge disciplina sia la procedura per la convocazione dell’assemblea che i principi
relativi al quorum, costitutivo e deliberativo. Per quanto riguarda la convocazione dell’assemblea
per le società per azioni abbiamo una disciplina generale e una speciale prevista per le società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. La disciplina generale prevede che la convocazione
sia ad opera degli amministratori (e in fase di liquidazione dei liquidatori) e debba avvenire
mediante pubblicazione sulla GU almeno 15 giorni prima di quello stabilito per la convocazione, di
un avviso che contenga l’indicazione del luogo, data ed ora dell’adunanza e dell’ordine del giorno.
Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio lo statuto può prevedere chela
convocazione si attui mediante comunicato ai soci con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuto
ricevimento almeno otto giorni prima del giorno dell’assemblea. Nelle società a responsabilità
limitata i modi di convocazione vengono determinati dallo statuto e in mancanza la convocazione
va fatta tramite lettera raccomandata ai soci da inviarsi almeno otto giorni prima di quello fissato
per l’assemblea. L’ordine del giorno è tassativo nel senso che non possono essere adottate
deliberazioni che riguardino materie non inserite in esso. La mancata osservazione delle formalità di
convocazione non è rilevante quando si tratta di assemblea totalitaria (per la quale nelle società per
azioni non è richiesto che sia rappresentato l’intero capitale sociale ma è richiesta la maggioranza
dei componenti gli organi amministrativi e di controllo salva necessità di dare agli assenti
comunicazione delle deliberazioni assunte e per le società a responsabilità limitata tutti gli
amministratori e se esistono i componenti del collegio sindacale devono essere presenti o, se
assenti, informati della riunione). Nelle società a responsabilità limitata l’assemblea deve essere
convocata dagli amministratori nei seguenti casi: a) al termine dell’esercizio sociale per
l’approvazione del bilancio (se per statuto tale decisione è adottabile in sede assembleare) b)
quando ne faccia richiesta una o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno
un terzo del capitale sociale anche se si tratta di decisione per la quale l’atto costitutivo non richiede
l’assemblea c) quando il capitale sociale è stato perduto per oltre un terzo d) in presenza di un fatto
che determina lo scioglimento della società. Nelle società per azioni la convocazione è obbligatoria
nei seguenti casi: a) al termine di ogni esercizio sociale per l’approvazione del bilancio entro il
termine stabilito dallo statuto (che non può essere superiore a120 giorni dalla chiusura dell’esercizio
e a 180 giorni in casi particolari come quando la società è tenuta al bilancio consolidato). B) se
viene a mancare la maggioranza degli amministratori c) quando non si riesce con i supplenti ad
integrare il collegio sindacale d) quando il capitale sociale è perduto oltre un terzo e) in presenza di
un fatto che determina lo scioglimento della società f) quando sia richiesto dai soci che
rappresentano almeno un decimo del capitale sociale (o un ventesimo per le società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio). In casi particolari la convocazione deve essere fatta dal
collegio sindacale (o nel sistema dualistico dal consiglio di sorveglianza) e ciò nei casi in cui la
legge fissi per loro tale obbligo o quando viene a cessare l’amministratore unico o tutti gli
amministratori. Per quanto riguarda le regole fissate per il quorum costitutivo (necessario per la
costituzione regolare dell’assemblea) e per il quorum deliberativo (necessario per la validità delle
deliberazioni da prendere) la disciplina è diversa per le società per azioni e per le società a
responsabilità limitata. Per quanto riguarda le seconde il quorum costitutivo consiste nella presenza
di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale. Per il quorum deliberativo è
richiesta la maggioranza assoluta dei presenti. In casi particolari (modifiche di atto costitutivo,
modifica dell’oggetto sociale, modifiche rilevanti dei diritti dei soci) è richiesto il voto favorevole
di almeno la metà del capitale sociale o (per la rinuncia o la proposizione dell’azione di
responsabilità per gli amministratori) una maggioranza pari ai due terzi del capitale sociale oltre alla
mancata opposizione dei soci che rappresentino almeno un decimo del capitale stesso. Nell’ipotesi
di procedimenti diversi da quello assembleare non ha senso parlare di un quorum costitutivo ma ha
senso invece il quorum deliberativo rappresentato dal voto favorevole dei soci che rappresentano
almeno la metà del capitale sociale. Per le società per azioni invece occorre distinguere tra
assemblea ordinaria e straordinaria, tra prima convocazione e seconda convocazione. Nel caso di
assemblea in prima convocazione per quella ordinaria il quorum costitutivo è la metà del capitale
sociale fornito di diritto di voto, mentre per quella straordinaria lo stesso quorum è richiesto per le
società che fanno ricorso al capitale di rischio e per le altre società non è richiesto quorum
costitutivo che si determina indirettamente da quello deliberativo in quanto la legge si limita a
richiedere un quorum deliberativo pari a più della metà del capitale sociale. Per quanto riguarda
l’assemblea in seconda convocazione per l’assemblea ordinaria non si prevede quorum costitutivo
e quindi si può deliberare qualunque sia il capitale sociale rappresentato ma è previsto il quorum
deliberativo pari alla maggioranza dei presenti. Per l’assemblea straordinaria invece è richiesta la
partecipazione di più di un terzo del capitale sociale ed il voto favorevole di almeno i due terzi del
capitale rappresentato. E’ previsto un quorum deliberativo rafforzato per le società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio (voto di più di un terzo del capitale sociale) nel caso di
decisioni relative al cambio dell’oggetto sociale, lo scioglimento anticipato o la proroga, il
trasferimento della sede all’estero o l’emissione di azioni privilegiate. Si richiede invece un
quorum costitutivo ridotto (un quinto del capitale sociale) per le assemblee straordinarie di
convocazione successiva alla seconda per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio fermo restando un quorum deliberativo di almeno i due terzi del capitale previsto per la
prima convocazione. E’ possibile comunque che lo statuto richieda quorum più elevati con
riferimento all'assemblea ordinaria e quella straordinaria sia in prima sia in seconda convocazione: è
consentito quindi, quando si vuole maggiormente garantire un equilibrio tra diversi gruppi di soci e
assicurare una maggiore condivisione delle decisioni, rinunciare in parte a quell'esigenza volta ad
agevolare la loro assunzione cui fondamentalmente si ispira la disciplina legale, a quella che viene
chiamata fase deliberativa. Ma tale previsione viene esclusa nelle ipotesi in cui la mancata
deliberazione potrebbe compromettere il funzionamento della società (es. approvazione del bilancio
e nomina o revoca delle cariche sociali). Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale
di rischio lo statuto può prevedere convocazioni successive alla seconda con regole uguali ad essa e
per le società che invece fanno ricorso al mercato di rischio lo statuto può eliminare le differenze tra
prima e seconda convocazione prevedendo un’unica convocazione per le quali valgono le regole
stabilite per la seconda e terza convocazione.
207) Assemblea ordinaria e straordinaria di società per azioni. Nelle sole società per azioni sono
previste assemblee ordinarie e straordinarie ma tale distinzione non individua certamente due organi
diversi bensì differenti regole, concernenti fondamentalmente i quorum, i soggetti legittimati a
partecipare e le formalità procedimentali. Le competenze della assemblea ordinaria possono essere
diverse nelle società che adottano un sistema di amministrazione tradizionale o monistico (dove
cioè manca il consiglio di sorveglianza) e nelle società dualistiche (dove tale organo è presente).
Nel primo caso le competenze sono le seguenti: nomina dei componenti degli altri organi e loro
sostituzione e revoca, determinazione del loro compenso, deliberazione sulla loro responsabilità,
approvazione del bilancio,, deliberazioni sulle altre materie attribuite dalla legge alla sua
competenza tra le quali quella sulla distribuzione degli utili, nomina e la nomina del revisore
contabile. Nelle seconde abbiamo le deliberazioni sulla nomina, revoca e compenso del consiglio di
sorveglianza, nomina del revisore e distribuzione degli utili ma non approvazione del bilancio (che
spetta al consiglio di sorveglianza anche se lo statuto può prevedere questa competenza che in caso
di mancata approvazione o quando lo richieda un terzo dei componenti del consiglio di gestione o di
sorveglianza). Compiti della assemblea straordinaria sono quelli relativi alle modificazioni dello
statuto, nomina, sostituzione e poteri dei liquidatori. Altri compiti possono essere attribuiti dallo
statuto quali quello della istituzione o soppressione di sedi secondarie, la riduzione del capitale in
caso di recesso del socio, il trasferimento della sede sociale all’interno del territorio nazionale.
208) Diritto di intervento e diritto di voto. Nelle società a responsabilità limitata dove la posizione
del socio è caratterizzata oltre che da un interesse all’investimento anche da un interesse alla
gestione imprenditoriale della società, il diritto del socio al voto è previsto senza possibilità di
deroga e quindi non ha senso distinguere tra diritto di voto e diritto di intervento in assemblea. La
situazione è diversa per le società per azioni dove l’interesse del socio è principalmente quello di
investimento azionario e dove quindi esistono diverse categorie di azioni che si distinguono per
attribuire o meno il diritto al voto, per cui è stato lungamente discusso da parte della dottrina se
all’azionista cui non spetta il diritto di voto spetti o meno intervenire in assemblea. Tale problema è
stato oggi risolto in quanto il codice civile (art 2730 primo comma) espressamente stabilisce che
hanno diritto di intervenire all’assemblea solo coloro che hanno il diritto di voto. Per quanto
riguarda l’esercizio del diritto di voto abbiamo regole generali e regole previste da leggi speciali. Le
regole generali non richiedono specifici adempimenti ma solo che il soggetto dimostri la propria
legittimazione secondo i principi fissati dalla legge mentre lo statuto può prevedere un preventivo
deposito delle azioni presso la sede sociale o una delle banche incaricate fissando il termine entro il
quale tale deposito deve avvenire. Hanno il diritto e l’obbligo di intervenire i componenti degli
organi di amministrazione e di controllo e anzi per i sindaci il mancato intervento senza giustificato
motivo costituisce una causa della decadenza dall’ufficio. Può capitare anche che i soci pur avendo
il diritto di voto non possano esercitarlo concretamente e la legge a tale proposito stabilisce che le
relative azioni debbano essere considerate ai fini della costituzione dell’assemblea ma non del
calcolo della maggioranza richiesta per l’approvazione della deliberazione. I casi in cui ciò si
verifica sono ad. Es. quello del socio moroso, del socio di una società che fa ricorso al mercato del
capitale di rischio che partecipa ad un patto parasociale non dichiarato in assemblea o del socio
amministratore rispetto a deliberazioni riguardanti la sua responsabilità. Caso a parte è quello del
socio in conflitto di interessi. La legge in tal caso non prevede un divieto di voto ma stabilisce che
la deliberazione assunta con il voto determinante di colui che ha un conflitto di interessi è invalida
se può recare danno alla società. Abbiamo quindi una situazione diversa da quanto accade se il voto
è stato espresso da chi non poteva esercitare il relativo diritto dove la deliberazione è invalida se il
voto è stato determinante a formare la maggioranza mentre nel caso del conflitto di interessi la
legge richiede anche che si sia verificato un danno per la società. In sostanza giuridicamente
rilevante non è tanto la posizione di conflitto in sé, quanto la deviazione che da tale posizione può
derivare nell'esercizio del potere sociale. Dal che consegue l'invalidità del voto ogni volta che tale
deviazione si determini anche fuori dell'ipotesi dell'esistenza del conflitto di interessi, e per contro
la validità del voto quando la posizione di conflitto non abbia concretamente determinato una
deviazione nell'esercizio del voto. Può accadere anche che il socio dichiarando di essere in conflitto
di interessi decida di non esercitare il diritto di voto e questa situazione è uguale a quella in cui il
diritto di voto non può essere esercitato in quanto anche in questo caso le relative azioni non sono
conteggiate ai fini del quorum deliberativo. Vi è infine da sottolineare che alle società di capitali si
applica il principio secondo cui il peso del voto al fine della formazione della deliberazione è
determinato in base al quantum di capitale corrispondente alla partecipazione per la quale il voto
viene espresso: nelle società a responsabilità limitata in base quindi alla quota del socio, nelle
società per azioni in base al numero di azioni di sua titolarità. Ciò viene espresso con la regola che,
salva l'ipotesi di diverse categorie azionarie, ogni azione attribuisce il diritto di voto,
formulazione la quale rende plausibile interrogarsi se e in quali circostanze possa consentirsi al
socio un voto divergente, di votare cioè in maniera difforme con le differenti azioni di cui è titolare.
L'ipotesi era testualmente prevista dal t.u. Finanziario, il quale disponeva che l'associazione vota
anche in modo divergente. Deve però constatarsi che nel sistema non mancano manifestazioni di
segno opposto. Ciò avviene in particolare con la clausola statutaria che prevede un limite massimo
di possesso azionario, il divieto quindi di esercitare il voto per le azioni eccedenti tale limite: una
clausola con la quale si vorrebbe impedire il formarsi di situazioni precostituite di controllo della
società ed impedire quindi anche “scalate” della stessa; e soprattutto con le previsioni statutarie
ammesse in via generale ma limitatamente alle società che non fanno ricorso al mercato di capitale
di rischio, volte a stabilire limiti o scaglionamenti al diritto di voto.
209) La rappresentanza in assemblea. In linea di principio il voto può essere espresso tramite un
rappresentante. Problema è solo quello che sussistano adeguati requisiti perché in tal caso il voto
possa svolgere la propria efficacia nell'ambito del meccanismo deliberativo della società. Nel caso
in cui il potere di rappresentanza spetta al rappresentante nell’ambito di una più ampia funzione di
gestione degli interessi del socio (unico caso possibile nell’ipotesi di voto extrassembleare e
nell’ipotesi di voto per corrispondenza) il conferimento del relativo potere può avvenire secondo le
regole del diritto comune essendo sufficiente che esso sia comunicato alla società. Nel caso invece
il potere di rappresentanza ha per oggetto direttamente la partecipazione all’assemblea occorre
distinguere tra la rappresentanza conferita per singole assemblee e quella risultante da procura
generale. Nel primo caso la legge richiede espressamente i requisiti della documentazione scritta
dell’atto di conferimento del relativo potere che deve contenere il nome del rappresentante e la sua
revocabilità e che la società conservi tali documenti. Tali requisiti sono richiesti espressamente per
le società per azioni ma devono ritenersi validi anche per la società a responsabilità limitata. Il
problema più rilevante è quello dei limiti in cui consentire l’utilizzazione di rappresentanti per
l’esercizio del diritto di voto e quindi la partecipazione di terzi portatori di interessi appunto estranei
a quelli della società. Così se in linea di principio lo statuto delle società a responsabilità limitata o
per azioni può escludere la rappresentanza in assemblea, ciò è vietato per le società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio e ciò per la motivazione di permettere all’azionista di
manifestare i propri orientamenti senza affrontare i costi di una diretta partecipazione all’assemblea.
Per lo stesso motivo nella società per azioni sono previsti limiti per la rappresentanza (es. non si può
conferirla ai componenti degli organi di amministrazione o di controllo o ai dipendenti della società,
ci sono limiti quantitativi al numero di soci che può utilizzare lo stesso rappresentante) tali limiti
non sono applicabili alle società per azioni quotate. Per le società con azioni quotate è quindi
prevista una disciplina più permissiva per l'opportunità di utilizzare la delega come strumento
mediante il quale l'azionista può manifestare i propri orientamenti senza affrontare i costi di una
diretta partecipazione all'assemblea, ma nello stesso tempo la legge dispone che la rappresentanza
può essere conferita solo per singole assemblee a meno che non si tratti di procura generale o
conferita da una società ad un proprio dipendente. Diverso è invece il senso della regola secondo
cui, quando la rappresentanza sia stata conferita ad un ente collettivo, quest'ultimo può delegare
solo un proprio dipendente o un collaboratore. Qui, dovendosi individuare la persona fisica che
concretamente partecipa all'assemblea, per un verso si esclude la soluzione eccessiva di richiedere
che sia necessariamente il rappresentante legale dell'ente, e per altro verso, al fine di evitare che ne
risulti una sorta di delega in bianco, si circoscrive l'ambito di chi può essere a tale scopo designato.
210) La riunione assembleare: presidenza e verbale di assemblea. In caso di riunione
extrassembleare ( e quindi solo per le società a responsabilità limitata) la legge si limita a richiedere
che il consenso sia manifestato per iscritto e che la relativa documentazione sia conservata dalla
società essendo quindi sufficiente che lo statuto descriva il modo in cui tale consenso deve essere
raccolto. Nel caso invece di riunione assembleare si pongono problemi più complessi ai quali
provvede la disciplina del legislatore, rispetto alla quale possono concorrere l’atto costitutivo e lo
statuto, e le norme adottate dall’assemblea ordinaria stessa con specifico regolamento, regolamento
che non assume un valore propriamente statutario e che di conseguenza svolge un ruolo
essenzialmente disciplinare. La legge richiede la presenza di un presidente dell’assemblea dotato di
poteri ordinatori, in generale il presidente della società o persona eletta dalla maggioranza dei
presenti. Per le società per azioni la legge richiede anche la presenza di un segretario a meno che il
verbale sia redatto da un notaio. La riunione si divide in due fasi: nella prima il presidente accerta il
quorum costitutivo, l’identità e la legittimazione dei presenti a partecipare all’assemblea stessa.
Nella seconda fase l’assemblea discute e delibera sugli argomenti posti all’ordine del giorno e in
questa fase il presidente deve assicurare un regolare svolgimento dei lavori e alla fine accertare i
risultati della votazione. Deve inoltre essere redatto il verbale dell’assemblea che ha la funzione di
far risultare le due fasi dell’assemblea e le decisioni prese, e la legge richiede espressamente per le
società per azioni che il verbale sia sottoscritto dal presidente e dal segretario con la conseguenza
che per le società a responsabilità limitata le due funzioni possano essere cumulate nella stessa
persona. Identica è invece la disciplina per le assemblee straordinarie nelle due società in quanto in
tutti i casi la legge richiede che il verbale sia redatto da un notaio. Ciò si comprende non soltanto
considerando che l'esigenza dell'atto pubblico per le deliberazioni che importano modificazioni
dell'atto costitutivo trova un'esatta corrispondenza nell'esigenza dell'atto pubblico per la stipula
dell'atto costitutivo, ma anche che l'assistenza del notaio serve nella volontà della legge ad attribuire
fede pubblica a quei verbali dell'assemblea che importano modificazioni dell'atto fondamentale
della società, e che inoltre si assicura cosi un controllo di legittimità analogo a quello previsto per
l'atto costitutivo. I verbali devono essere redatti nei tempi stabiliti per l’esecuzione degli obblighi di
deposito e pubblicazione e devono essere trascritti in apposito libro. Secondo la vigente disciplina
(successiva alla riforma) l’incompletezza o inesattezza del verbale comporta l’annullabilità della
deliberazione solo se essa impedisce ad accertare il contenuto, gli effetti e la validità della
deliberazione stessa. La mancanza del verbale invece comporta l’impugnabilità della deliberazione
nel termine di tre anni anche se è stabilito che la verbalizzazione tardiva (purchè eseguita prima
della successiva assemblea) comporta la sanatoria dell’invalidità della deliberazione per mancanza
del verbale e in tal caso la deliberazione ha effetto dalla data in cui è stata presa salvi i diritti dei
terzi che in buona fede ne ignoravano l’esistenza. La funzione del verbale, salvo quanto concerne
l'efficacia probatoria, è identica per le assemblee ordinarie e straordinarie, solo che, in questa
seconda ipotesi, la mancata redazione del verbale secondo le prescrizioni di legge varrà ad impedire
il completamento del procedimento e cioè l'iscrizione della deliberazione.
211) Efficacia delle deliberazioni dei soci. Le funzioni decisionali attribuite ai soci si svolgono
essenzialmente all'interno della società. Perciò le determinazioni cosi raggiunte possono assumere
rilievo nei confronti dei terzi, oltre che rispetto agli organi sociali e ai soci, in quanto costituiscano
il presupposto della manifestazione di volontà sociale emessa da un altro organo sociale, in
particolare l'organo amministrativo, che è deputato ad operare nei confronti dei terzi e al quale
spetta solo, quando sia necessaria la creazione di rapporti con i terzi, l'attuazione di tali
determinazioni. Il codice civile stabilisce espressamente che le deliberazioni dell’assemblea prese
in conformità della legge e dell’atto costitutivo, in quanto manifestazione della volontà della
società. sono vincolanti per tutti i soci (consenzienti o dissenzienti) e per gli organi della società.
L’efficacia generale della deliberazione è una conseguenza necessaria del principio maggioritario e
quindi il socio non può sottrarsi ad essa se non esercitando il diritto di recesso e quindi ponendosi
fuori della società. L’efficacia della deliberazione si ha, normalmente, nel momento stesso in cui
essa è stata presa. Vi sono però deliberazioni che, avendo effetto sui terzi, per essere opposte ai
terzi ignari devono essere iscritte nel registro delle imprese (deliberazioni di nomina o revoca degli
amministratori, dei liquidatori e dei componenti gli organi di controllo). Inoltre alcune volte le
deliberazioni sono efficaci solo con l’iscrizione nel registro delle imprese (es. deliberazioni di
modifica dell’atto costitutivo), e altre deliberazioni la cui efficacia è subordinato al decorso di un
determinato periodo dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese (deliberazione di
riduzione del capitale sociale con riduzione del patrimonio, revoca della liquidazione, fusione o
scissione) in quanto in questi casi occorre dare ai creditori della società il tempo per esercitare il
diritto di opposizione ad essi riconosciuto. In altri casi dal momento dell’iscrizione nel registro
delle imprese decorrono i termini per l’esercizio di alcuni diritti concessi ai soci come ad. Es. il
diritto di recesso.
212) Il sistema della invalidità delle deliberazioni dei soci. Inammissibilità della categoria delle
deliberazioni cosiddette inesistenti. Le deliberazioni dei soci (sia prese in assemblea che in modo
extra assembleare) possono essere invalide. E anche a tale proposito è da rilevare una
differenziazione di disciplina tra le società per azioni e quelle a responsabilità limitata. La disciplina
della invalidità delle deliberazioni differisce notevolmente da quella prevista dal codice per gli atti
negoziali in generale. Infatti per le deliberazioni non possono essere concepibili vizi quali la illiceità
della causa o dei motivi in quanto esse presuppongono un rapporto intersoggettivo e quindi non
possono essere riferiti ad un atto interno quale è la deliberazione. Nello stesso modo non possono
essere rilevanti i vizi previsti dal codice civile per le persone fisiche (errori, dolo e violenza) in
quanto i vizi di volontà o di motivi possono essere rilevanti solo con riferimento ai singoli voti ma
se pure fossero rilevanti sulla deliberazione lo sarebbero in quanto influenti sulla formazione della
delibera e quindi costituirebbero oggettivamente una anomalia del procedimento da cui la
deliberazione stessa deriva. Occorre quindi vedere, con riferimento alla deliberazione,
l’utilizzabilità delle categorie generali della nullità e dell’annullabilità, dove peraltro le discipline
previste per le società per azioni e per le società a responsabilità limitata differiscono solo
formalmente ma non dal punto di vista sostanziale. La legge infatti parla di nullità e annullabilità
solo per le società per azioni mentre per le società a responsabilità limitata parla genericamente di
invalidità, tuttavia tale invalidità viene sottoposta a regimi differenti a seconda della sua causa,
regimi che vengono comunque a corrispondere a quelli adottati per nullità e annullabilità per le
società per azioni. In primo luogo la disciplina della nullità e della annullabilità si distinguono solo
per il diverso termine in cui le azioni devono essere proposte (tre anni invece di 90 giorni) e per la
diversa legittimazione ad attuarla (chiunque ne abbia interesse invece che i soli soci dissenzienti, gli
amministratori e gli organi di controllo) disciplina che corrisponde pienamente alle diverse cause di
invalidità previste per le società a responsabilità limitata. A tutte le ipotesi sono poi comuni la
predisposizione di una tutela dei diritti acquistati dai terzi in buona fede in base agli atti compiuti in
esecuzione della deliberazione e la previsione della possibile sostituzione della deliberazione
invalida con un’altra valida anche in ipotesi qualificate come di nullità. In realtà la diversa
disciplina adottata in questo campo per le deliberazioni societarie rispetto a quella prevista in
generale per gli atti negoziali si spiega con il fatto che le deliberazioni non hanno lo scopo di far
sorgere rapporti giuridici e di fondare pretese ma si pongono come atti organizzativi di una società e
se è vero che per una deliberazione invalida può sorgere l’esigenza di eliminarla è anche vero che il
sopraggiungere di ulteriori fatti come la sostituzione della delibera può escludere che a tale
eliminazione si debba giungere. Si deduce pertanto che sia in caso di nullità che di annullabilità alla
pronuncia del giudice debba riconoscersi valore costitutivo. E si tratta anche di prendere atto che la
deliberazione è suscettibile di valutazione da parte dell'ordinamento giuridico essenzialmente sotto
due aspetti: in considerazione del procedimento sulla cui base è stata adottata e e in considerazione
di quanto con essa è stato deciso. Le sue anomalie possono presentarsi quindi nei termini di vizi
della formazione e di vizi del contenuto. Questa dicotomia corrisponde del resto ai termini in cui la
disciplina originaria articolava la distinzione tra annullabilità e nullità delle deliberazioni. In base a
ciò l’art. 2377 qualificava come impugnabili le deliberazioni prese non in conformità con la legge e
con lo statuto e l’art. 2379 qualificava come nulle le deliberazioni con oggetto impossibile o illecito.
Ed è in buona parte a questa dicotomia che che ora fa riferimento la nuova disciplina al fine di
distinguere i due diversi regimi in cui ora si articola. La nuova disciplina mantiene invariato quanto
sopra ma assimila alle deliberazioni nulle quelle prese in ipotesi di mancata convocazione o di
mancanza del verbale e per le società a responsabilità limitata quelle prese in assoluta mancanza di
informazione. Si tratta di modificazioni che per un verso devono spiegarsi su un piano storico e per
altro verso non alterano sostanzialmente il quadro sistematico. La necessità della riforma è dovuta
all’esigenza del legislatore di risolvere alcuni dubbi che si erano affacciati in giurisprudenza e in
dottrina e che avevano condotto alla creazione di una categoria (non prevista dal legislatore) delle
cosiddette deliberazioni inesistenti da riferirsi alle ipotesi in cui si fosse verificata una mancata
convocazione dell’assemblea o una mancata verbalizzazione. La soluzione non era neppure
giustificata in termini di diritto positivo con la cui disciplina non era compatibile la categoria della
inesistenza delle deliberazioni. È infatti evidente che utilizzare tale categoria non avrebbe senso con
riferimento alle ipotesi in cui nessuna attività vi fosse stata e mancasse un qualsiasi atto che si
intendeva qualificare come atto della società e nelle quali tuttavia sia stato redatto un verbale che
faccia apparire come adottata una deliberazione che non è stata mai presa in un'assemblea che mai
è stata tenuta. In tali ipotesi si assiste infatti alla creazione di un documento falso ed è suficiente
dimostrare la falsità del documento per evitare che questo produca effetti. Ma il diritto positivo
impediva pure di avvalersi di essa in ipotesi, quali appunto quelle relative alla mancata
convocazione dell'assemblea o alla sua mancata verbalizzazione, in quanto un atto vi è stato e il suo
problema è solo quello di vedere se l'atto sia riferibile alla società, in quanto atto di un suo organo,
anche in presenza di gravi mancanze nel procedimento che dà luogo all'adozione della
deliberazione. Se la normativa nel nostro sistema pur richiedendo un determinato iter
procedimentale non attribuiva ai diversi momenti da cui risulta una diversa rilevanza e poneva, per
l'inosservanza di questo iter, una stessa conseguenza, cioè quella dell'annullabilità, di inesistenza
della deliberazione non si poteva parlare, e tale categoria, non rientrando tra quelle previste dall’art.
2379 per la nullità veniva comunque fatta rientrare nelle previsioni di annullabilità dell’art. 2377.
Per eliminare ogni dubbio pertanto il legislatore ha assimilato queste ipotesi a quelle di nullità
(impossibilità o illiceità dell’oggetto) ma tuttavia, considerando che in questo caso non si
tratterebbe di vizi del contenuto ma di vizi, seppure più gravi, di formazione della delibera, ha
individuato per esse casi di sanatoria proprio per mettere in luce la loro particolarità rispetto agli
altri casi di cui condividono il regime della impugnativa. Così per quanto riguarda la mancanza di
convocazione si esclude che possano impugnare la deliberazione i soci che pure successivamente
hanno dato il loro consenso allo svolgimento dell’assemblea e per quanto riguarda la mancanza del
verbale una sanatoria è possibile procedendo alla verbalizzazione prima dell’assemblea successiva.
In tal modo si risolve l’invalidità limitandosi ad attuare l’adempimento previsto e non, come invece
nel caso di invalidità per vizi del contenuto, sostituendo l’intero procedimento deliberativo.
213) Invalidità delle deliberazioni dei soci . Al di là dei termini usati dalla legge risulta quindi
chiaro che la disciplina delle invalidità delle deliberazioni è simile nelle società per azioni e nelle
società a responsabilità limitata, restando ferma la distinzione tra vizi della formazione e vizi del
contenuto. A questa distinzione corrispondono due diverse discipline di impugnazione della
deliberazione, disciplina detta ordinaria la prima e aggravata la seconda. Tale sistema però subisce
alcune modificazioni come abbiamo visto in caso di mancanza di convocazione o verbalizzazione, o
quando oggetto della deliberazione sia l’inserimento di una clausola nell’atto costitutivo o statuto
che prevede un oggetto sociale impossibile o illecito (e in questo caso l’impugnativa può essere
proposta senza limite di tempo), o quando si tratti di invalidità di deliberazioni concernenti
l’approvazione del bilancio o la trasformazione o, per le società per azioni, in materia di emissione
di obbligazioni. Considerando ora l'invalidità per cause inerenti alla formazione dell'atto, esse
possono riguardare la costituzione dell'organo o invece la deliberazione. Tali vizi possono
riguardare il fatto che l’assemblea non si è costituita in modo regolare, o perché non si è adempiuto
alle relative formalità, o perché non erano presenti i soci necessari per la costituzione regolare
dell’assemblea stessa. La presenza invece di persone non legittimate costituisce causa di invalidità
solo quando essa sia risultata determinante ai fini della regolare costituzione dell’assemblea stessa.
Le invalidità dei singoli voti o il loro errato conteggio non è rilevante se non quando abbia
determinato il venir meno della maggioranza sulla quale la deliberazione si fonda e pertanto la
esclusione dalla votazione di persone legittimate e l’errore di conteggio non determinano invalidità
se nonostante tale irregolarità la deliberazione sarebbe stata ugualmente assunta. Secondo una
diffusa dottrina la deliberazione sarebbe comunque invalida anche quando, pur essendo regolare
l'iter procedimentale, si abbiano vizi del volere nell'espressione dei voti determinanti per l'adozione
della deliberazione. Questa tesi non può essere condivisa perché la cd. volontà sociale non è la
somma della volontà dei singoli, ma è quella che oggettivamente si forma attraverso un dato
meccanismo procedimentale: la volontà psicologica dei singoli votanti non rileva, rileva solo il
senso in cui il voto è stato espresso.
214) Impugnazione delle deliberazioni dei soci: la disciplina ordinaria. La disciplina ordinaria si
distingue da quella aggravata per due aspetti: la previsione di un termine più breve per
l’impugnazione e la limitazione dei soggetti legittimati a proporla. Sotto il primo aspetto il termine
è di 90 giorni sia per le società per azioni che per le società a responsabilità limitata. Esso decorre
nella società per azioni dall'adozione della delibera e nella società a responsabilità limitata dalla
trascrizione della decisione nel libro delle decisioni dei soci. Ciò si comprende considerando che
nelle società a responsabilità limitata, potendosi prescindere dal metodo assembleare, può essere
più funzionale alla tutela degli interessi dei soci fare riferimento alla pubblicità interna che si
realizza con i libri sociali piuttosto che a quella esterna che consegue dal registro delle imprese. Per
quanto riguarda la legittimazione a proporre l’azione essa è riconosciuta sia nelle società per azioni
che nelle società a responsabilità limitata agli amministratori e agli organi di controllo (con la
differenza che nelle società a responsabilità limitata viene riconosciuta a ciascun amministratore, e
quindi anche individualmente). Diversa è invece la disciplina per la legittimazione dei soci,
dissenzienti, astenuti o assenti. Infatti nelle società per azioni lo statuto può richiedere per la
legittimazione all’azione un ulteriore requisito, ossia che i soci possiedano, anche congiuntamente,
azioni aventi diritto di voto per la deliberazione in questione e che rappresentino una percentuale
del capitale sociale pari all’uno per mille (per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio) o 5 per cento (nelle altre società per azioni). Il punto si comprende considerando che nelle
società per azioni non può presumersi che tutti i soci siano realmente interessati ad influire
concretamente sulle scelte imprenditoriali della società e non soltanto alle conseguenze economiche
che per loro ne derivano; considerando anzi che, quando le dimensioni della partecipazione siano
talmente ridotte da far realisticamente escludere ogni effettiva possibilità di tale influenza, è
legittimo al contrario presumere che l'unico interesse alla base della partecipazione è quello volto
alla salvaguardia economica dell'investimento con essa effettuato. Perciò per i soci che non hanno
tali requisiti non è previsto potere di impugnativa ma solo un diritto al risarcimento del danno a loro
provocato dalla illegittimità della deliberazione. L’impugnazione deve essere proposta nel tribunale
del luogo dove ha sede la società e, quando è proposta da più soci o da soci e amministratori e
organi di controllo, tutte le impugnazioni devono essere istruite congiuntamente e congiuntamente
decise:perciò si dispone che la trattazione della causa nel merito ha inizio trascorso il termine per
impugnare. Il socio che intende impugnare deve dimostrare la qualità di socio. La presentazione
della domanda non sospende l’esecuzione della deliberazione. La sospensione può essere richiesta
dall’impugnante e in tal caso il giudice provvede tenendo conto dei diversi interessi in gioco e può
disporre anche che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l’eventuale risarcimento dei danni.
In caso di eccezionale urgenza il giudice, omessa la convocazione della società convenuta, può
provvedere sull’istanza con decreto motivato. Il decreto di sospensione e la sentenza che decide
sull’impugnazione devono essere iscritti nel registro delle imprese. L’accoglimento
dell’impugnazione elimina l’efficacia della deliberazione e ha effetto nei confronti di tutti i soci e
degli organi sociali con efficacia retroattiva fermi restando i diritti acquistati in buona fede dai terzi
sulla base di atti compiuti in esecuzione della deliberazione annullata. L’annullamento della
deliberazione non può invece essere pronunciata se la delibera impugnata è sostituita con un’altra
presa in conformità della legge e dello statuto. Si ha sostituzione della deliberazione quando la
precedente deliberazione viene revocata, espressamente o tacitamente da una successiva
deliberazione prima che la deliberazione annullata abbia prodotto i suoi effetti, o quando si adottata
una nuova deliberazione con lo stesso contenuto prima che quella precedente sia divenuta operativa.
Si ha anche sostituzione quando sia adottata una nuova deliberazione con lo stesso contenuto
rispetto ad una deliberazione che abbia già prodotto effetti ma tale nuova deliberazione per espressa
volontà dell’assemblea deve sostituire completamente quella impugnata e quindi produrre i suoi
effetti ex tunc e non ex nunc (fermi restando i diritti acquistati in buona fede dai terzi).
215) continua – la disciplina aggravata. La disciplina aggravata si caratterizza essenzialmente per
un diverso regime dell'azione volta a farla valere. Per quanto concerne in generale le caratteristiche
della disciplina aggravata dell'invalidità vi è da ricordare che essa si distingue da quella ordinaria
per la legittimazione, che è estesa in via di principio a chiunque ne abbia interesse (per la società
per azioni è prevista anche una rilevabilità d’ufficio da parte del giudice) e per il termine ad
esercitare l’azione stessa che è in via generale di tre anni. Sono previste deroghe a tale termine,
come abbiamo visto, per le deliberazioni che attribuiscono alla società un oggetto sociale illecito o
impossibile, che sono impugnabili senza limiti di tempo. Inoltre la legge prevede una disciplina
particolare per i vizi che si riferiscano a deliberazioni di emissione di obbligazioni, aumento di
capitale e riduzione del capitale con riduzione del patrimonio in quanto in questi casi il termine per
l’impugnazione è ridotto a180 giorni dalla iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o
in caso di mancata convocazione a 90 giorni dall’approvazione del bilancio nel corso del quale la
deliberazione è stata, anche parzialmente, eseguita. Per le società per azioni che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio inoltre la legge dispone che non può essere pronunciata l’invalidità di
deliberazioni che siano state anche parzialmente eseguite o nel caso di aumento di capitale, dopo
che sia stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione della sua avvenuta esecuzione, anche
parziale.
216) Deliberazioni dei soci e diritti individuali. Occorre ora affrontare l’ipotesi in cui attraverso la
deliberazione si disponga di diritti dei terzi o dei soci. In caso di diritti di terzi o di diritti di soci in
quanto terzi è ovvia l’impossibilità della società di disporre di tali diritti e quindi in questo caso più
che di invalidità della deliberazione occorre parlare di inefficacia in quanto la società non può
disporre di diritti altrui senza il loro consenso. Per quanto riguarda invece i diritti dei soci occorre
stabilire se il socio deve proporre domanda giudiziale e in caso affermativo se essa è soggetta alla
disciplina generale o a quella aggravata. Occorre a tale proposito distinguere tra i diversi diritti che
possono spettare ai soci in quanto tali : a) diritti del socio indisponibili sia da parte della società che
da parte dei soci. In questo caso la deliberazione, anche se si forma con la partecipazione di tutti i
soci, è nulla in quanto contrasta con una norma imperativa di legge e in questo caso la causa
dell’invalidità sta nell’illiceità dell’oggetto b) diritti indisponibili da parte della società ma non da
parte del socio. In questo caso la società non può disporre di tali diritti ma se i soci hanno votato
nella deliberazione che riguarda disposizione dei loro diritti tale voto favorevole significa consenso
alla disposizione del diritto stesso. Per quanto riguarda i soci assenti o dissenzienti non hanno
bisogno di proporre domanda giudiziale in quanto questo atto è inefficace nei loro confronti. Del
resto la legge stabilisce ad. Es. che i diritti relativi alla distribuzione degli utili possono essere
modificati, salvo diversa disposizione dello statuto, solo con il consenso di tutti i soci – c) diritti del
socio disponibili da parte della società. Tali diritti possono essere sottratti con deliberazione della
società e quindi essa può essere impugnata solo se assunta non in conformità della legge, dello
statuto o dell’atto costitutivo, e quindi quando vi sono vizi nel processo di formazione.
217) Le assemblee speciali. Accanto all’assemblea dei soci la società per azioni prevede
(nell’ipotesi in cui vi siano diverse categorie di azioni che attribuiscono diritti diversi o strumenti
finanziari che attribuiscono diritti amministrativi) assemblee speciali cui partecipano
esclusivamente i soci che sono portatori della categoria di azioni interessata o i titolari di tali
strumenti finanziari. Tali assemblee speciali sono richieste solo nell’ipotesi in cui le deliberazioni
dell’assemblea generale pregiudichino i diritti di una determinata categoria di azioni o di strumenti
finanziari partecipativi e quindi in tal caso la legge richiede come presupposto della validità della
deliberazione dell’assemblea generale, l’approvazione della deliberazione stessa (con la
maggioranza richiesta per l’assemblea straordinaria) da parte dell’assemblea speciale degli azionisti
o dei titolari degli strumenti finanziari della categoria interessata. Diverse categorie di azioni
sussistono quando in una stessa società esistono distinti gruppi di azioni che attribuiscono
all'azionista diritti diversi. La categoria è in funzione del contenuto dell'azione, piuttosto che in
funzione delle sue caratteristiche estrinseche, e appunto perché questo contenuto possa essere
modificato la legge richiede una deliberazione degli azionisti della categoria interessata. La
deliberazione dell’assemblea speciale non ha una sua autonomia in quanto presuppone una
deliberazione dell’assemblea generale cui è appunto collegata. È discusso se le due deliberazioni
costituiscano elementi singoli di un atto complesso o se la deliberazione dell'assemblea speciale
costituisca solo una condizione di efficacia della deliberazione dell'assemblea generale, e rispetto a
questa seconda ipotesi se, dalla mancata approvazione dell'assemblea speciale derivi un'inefficacia
assoluta o relativa. Dubbia era inoltre la possibilità di un'autonoma impugnativa delle deliberazioni
dell'assemblea speciale, nel caso in cui questa non fosse stata adottata in conformità della legge o
dello statuto. Attualmente la disciplina delle assemblee speciali si applica anche in presenza di
strumenti finanziari partecipativi: almeno in tal caso deve riconoscersi la possibilità di un'autonoma
impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea speciale per la ragione che i titolari di tali
strumenti non risultino di per sé legittimati a far valere l'invalidità di quella generale; ma ad analoga
soluzione deve giungersi anche con riferimento alle deliberazioni di assemblee speciali di azioni di
categoria: è la stessa legge a prevedere la loro impugnazione. Ciò non toglie che deliberazioni
dell'assemblea generale e deliberazioni dell'assemblea speciale siano entrambi elementi necessari
per la produzione dell'effetto giuridico. È pertanto indifferente che questa deliberazione preceda
anziché segua la deliberazione dell'assemblea generale.
b) L’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA’
218) Considerazioni generali e struttura dell’organo amministrativo. La disciplina dell’attività
amministrativa e la sua autonomia rispetto ai soci ha risvolti diversi nell’ambito delle società di
capitali tra società per azioni e società a responsabilità limitata. Nelle società per azioni infatti gli
amministratori hanno raggiunto l’autonomia di un organo sociale dotato di proprie ed esclusive
competenze sull’esercizio delle quali i soci non possono interferire. Ai soci è consentito infatti solo
provvedere in via diretta o indiretta alla scelta dei soggetti che fanno parte dell’organo
amministrativo e valutare, in sede di approvazione del bilancio, l’esito della loro attività (nelle
società che adottano il sistema dualistico peraltro tale incombenza spetta al consiglio di
sorveglianza). La legge stabilisce infatti per le società per azioni che la gestione dell’impresa
sociale spetta in via esclusiva all’organo amministrativo cui spetta quindi il potere di compiere tutte
le operazioni necessarie per il raggiungimento dell’oggetto sociale. Pertanto lo statuto non può
attribuire all’assemblea alcune di tali competenze ma può solo stabilire che per il compimento di
determinati atti gli amministratori abbiano bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea ordinaria
fermo restando che ciò non esclude la loro responsabilità per gli atti compiuti spettando comunque a
loro la decisione se compiere o meno tali atti. Nella società a responsabilità limitata invece, si è
assistito ad un processo in un certo modo inverso. In base al riconoscimento dell’interesse dei soci
di contribuire alle scelte della società, la posizione degli amministratori si caratterizza per una ben
minore autonomia. Basti pensare infatti alla disposizione che consente agli amministratori che
rappresentano almeno un terzo del capitale di sottoporre ai soci l’approvazione di un qualunque
argomento e quindi alla conseguente regola che estende ai soci che hanno intenzionalmente deciso o
autorizzato un atto dannoso la responsabilità degli amministratori o alla possibilità che ad alcuni
soci siano attribuiti particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società. Ne consegue che
anche la scelta del modello organizzativo dell’amministrazione è di gran lunga più rigido nella
società per azioni. Infatti la società può scegliere tra uno dei tre modelli ideati dal legislatore,
rappresentati dal modello tradizionale, dualistico o monistico. Nel modello tradizionale
amministratori e sindaci sono due organi posti in posizione di totale autonomia tra di loro anche se
questi ultimi, partecipando alle riunioni del consiglio di amministrazione, possono esercitare una
certa influenza sulla gestione della società. Nel modello dualistico invece l’organo amministrativo
(il consiglio di gestione) è nominato da quello di controllo (il consiglio di sorveglianza) e quindi il
secondo pur non partecipando direttamente alle riunioni del primo può concorrere alle scelte
strategiche della società. Nel modello monistico infine l’organo di controllo viene scelto tra alcuni
componenti del consiglio di amministrazione e quindi il potere di controllo, in quanto è esercitato
da persone che sono anche amministratori, comporta il diretto esercizio di poteri di gestione. In
tutti i modelli la legge richiede che gli amministratori operino in modo collegiale (tranne che
nell’ipotesi nel modello tradizionale dell’amministratore unico). Per quanto riguarda il numero degli
amministratori lo statuto deve limitarsi, per il modello tradizionale e monistico, a fissare un numero
minimo e massimo, stabilendo il numero esatto l’assemblea all’atto della nomina, mentre nel
modello dualistico il numero degli amministratori è stabilito dal consiglio di sorveglianza nei limiti
stabiliti dallo statuto. La legge pone anche un limite massimo per la durata degli amministratori,
pari a tre esercizi. Essi, salva diversa disposizione dello statuto, sono rieleggibili. Nella società in
accomandita per azioni invece i soci accomandatari sono amministratori di diritto e quindi restano
in carica senza limiti di tempo finchè conservano tale qualità. Nella società a responsabilità limitata
la più ridotta autonomia degli amministratori rispetto ai soci spiega il fatto che l’amministrazione
possa essere organizzata con più flessibilità nell’atto costitutivo. La legge infatti prevede un
affidamento dei compiti di amministrazione ad uno o più soci salvo diversa disposizione dell’atto
costitutivo e quindi se ne deduce che si possa nominare anche un non socio ma anche che si possa
derogare alla creazione di uno specifico e distinto organo amministrativo. La legge non pone
neanche un termine di durata della carica di amministratore e quindi è possibile che essi possano
essere nominati nell’atto costitutivo per l’intera durata della società.
219) Poteri degli amministratori. Le differenze segnalate non tolgono comunque che la funzione
amministrativa presenti caratteristiche sue proprie e specificità che valgono a distinguerla dalle altre
che si svolgono nella società. Esse si colgono osservando che tale funzione attiene alla gestione di
un'impresa, impresa che riceve le sue caratteristiche dall'atto costitutivo della società. Perciò
trattandosi della gestione dell'impresa, nessuna distinzione è possibile tra atti di ordinaria e
straordinaria amministrazione: il potere degli amministratori riguarda l'una e l'altra. Cosi pure non
può farsi una distinzione tra atti a titolo gratuito e atti a titolo oneroso: anche i primi possono
rientrare nell'oggetto sociale e porsi in relazione di mezzo a fine rispetto alla realizzazione di uno
scopo lucrativo. Ugualmente devono intendersi le clausole che prevedono che gli amministratori
possono compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre riservano ai soci quelli di
straordinaria amministrazione. Pure in queste ipotesi non potrebbe farsi riferimento alla distinzione
che la legge fa tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione relativamente al patrimonio
dell'incapace: utilizzare tale distinzione significherebbe escludere ogni e qualsiasi potere di
amministrazione. Ne deriva che la distinzione non può che essere riferita all'attività di gestione
caratteristica di una società e questa attività di gestione in nessun caso è diretta alla conservazione
del patrimonio, ma è diretta alla produzione di un reddito. Atti di ordinaria amministrazione sono
pertanto tutti quegli atti che, secondo i criteri di una normale gestione di azienda del tipo di quella
sociale, sono necessari al conseguimento dell'oggetto e dello scopo sociale. Essendo funzione degli
amministratori quella di gestire l'impresa sociale, appare evidente che, per quanto ampi possono
essere i poteri inerenti alla gestione stessa, agli amministratori non è consentito di modificare la
struttura industriale e finanziaria dell'azienda: solo l'assemblea dei soci potrebbe avere un tale
potere. Pertanto solo con una deliberazione dell'assemblea potrebbe essere alienato un ramo
dell'azienda sociale o una partecipazione maggioritaria in altra società. Questi principi trovano
spesso esplicito riconoscimento in regole di legge. Cosi in tema di società il codice civile definisce
amministrazione il compimento di operazioni per l'attuazione dell'oggetto sociale; in tema di società
a responsabilità limitata discorre di affidamento dei relativi compiti.
220) Nomina degli amministratori - Per le società per azioni la legge prevede le particolari
seguenti cause di ineleggibilità degli amministratori le quali, se si verificano quando la nomina è
avvenuta, funzionano come cause di decadenza: interdizione, inabilitazione, fallimento, condanna
ad una pena che comporti l’interdizione dai pubblici uffici, incapacità di esercitare uffici direttivi.
Tale disciplina è applicabile anche per i soci accomandatari nell’accomandita per azioni. Inoltre lo
statuto può richiedere per la carica di amministratore la presenza di requisiti di onorabilità,
professionalità e indipendenza anche con specifico riferimento ai codici di comportamento di
particolari categorie o società di gestione di mercati e in tal caso anche questi requisiti funzionano, a
nomina avvenuta, come cause di decadenza. Inoltre nel sistema monistico almeno un terzo dei
componenti il consiglio di amministrazione deve essere in possesso, se lo statuto lo prevede, dei
requisiti previsti da tali codici e, anche se lo statuto non lo prevede, dei requisiti di indipendenza
previsti per i sindaci. Norme particolari sono poste dalla legge per le società che emettono strumenti
finanziari quotati in mercati regolamentati, per le quali sono richiesti requisiti di indipendenza per
almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione (due se i membri sono superiore a 7) e del
consiglio di gestione (se i membri sono superiore a 4) e la legge stessa dispone che se tali requisiti
vengono meno l’amministratore indipendente decade dalla carica e che i soggetti che svolgono
compiti di amministrazione devono possedere i requisiti di onorabilità e professionalità richiesti per
gli organi di controllo. La legge dispone per le società per azioni il principio per cui la nomina
degli amministratori (salvo i primi che vengono nominati nell’atto costitutivo) spetta all’assemblea
ordinaria (o al consiglio di sorveglianza nelle società dualistiche). Tale principio che trova alcune
eccezioni, ad es. per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la nomina di un
membro indipendente è riservata ai titolari di strumenti finanziari, tuttavia non può essere derogato
dallo statuto, pena l’illegittimità di tale deroga. Diverso è il problema invece di clausole di accordi
tra i soci che riconoscono alla minoranza il diritto di designare amministratori o sindaci o accordi
con finanziatori che riservano ad essi il diritto di eleggere un amministratore della società. Tali
accordi, se non si traducono in clausole statutarie, sono patti parasociali (in particolare sindacati di
voto) e quindi possono produrre solo effetti obbligatori tra coloro che li hanno posti in essere e non
sono vincolanti per la società. Ne deriva che di fronte all’inadempimento degli obblighi assunti non
è possibile invalidare la nomina degli organi sociali operata in violazione dell’obbligo stesso. L’atto
di nomina così come l’atto di revoca sono atti unilaterali e il fatto che l’amministratore debba
accettare la carica non lo tramuta in atto contrattuale in quanto esso è soltanto una condizione di
efficacia della nomina stessa. Neanche trasforma l’atto di nomina in atto contrattuale il fatto che
l’amministratore debba tenere particolari comportamenti (diligenza nelle funzioni, divieto di
concorrenza) e che sia previsto per esso un compenso. I compensi degli amministratori delle società
per azioni, che possono consistere nella partecipazione agli utili e nel diritto di sottoscrivere ad un
prezzo determinato azioni di futura emissione (stock options) sono stabiliti nell’atto di nomina o
dall’assemblea. Per quanto riguarda invece la società a responsabilità limitata la legge non prevede
nulla al riguardo rimettendo il tutto all’autonomia privata. Gli amministratori cessati devono essere
sostituiti e in linea di principio la sostituzione viene effettuata dall’organo che ha compiuto la
nomina. Tuttavia nella società per azioni la legge prevede il meccanismo della cooptazione che
consente agli amministratori in carica, con deliberazione approvata dal collegio sindacale, di
nominare gli amministratori che sono venuti a mancare nel corso dell’esercizio. Tale sistema può
essere adottato solo se rimane in carica la maggioranza degli amministratori e comunque è soltanto
provvisorio in quanto gli amministratori nominati in tal modo restano in carica solo fino alla
prossima assemblea. Quando invece viene meno la maggioranza degli amministratori, la nomina
viene operata dall’assemblea convocata d’urgenza dagli amministratori rimasti in carica e gli
amministratori in tal modo nominati scadono insieme a quelli originari. Lo statuto può anche
prevedere che la cessazione di alcuni amministratori comporti anche la cessazione degli altri e in tal
caso gli amministratori rimasti in carica o il collegio sindacale devono convocare d’urgenza
l’assemblea. Tale disciplina è applicabile per le società che adottano il sistema tradizionale o
monistico mentre per quelle che adottano il sistema dualistico è il consiglio di sorveglianza a
convocare l’assemblea. Nelle società in accomandita per azioni la sostituzione dell’amministratore
cessato è deliberata dall’assemblea con la maggioranza prescritta per l’assemblea straordinaria e il
nuovo amministratore assume la qualità di socio accomandatario. In questa società la cessazione di
tutti gli amministratori comporta lo scioglimento della società se nel termine di sei mesi non si è
provveduto alla loro sostituzione e i sostituti non hanno accettato la carica. Durante questo periodo
l’organo di controllo nomina un amministratore provvisorio per gli atti di ordinaria amministrazione
che però non assume la qualità di socio accomandatario. La nomina degli amministratori nelle
società di capitali deve essere iscritta nel registro delle imprese, e il relativo adempimento è posto a
carico degli amministratori, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina e l’atto deve indicare
quali amministratori hanno la rappresentanza della società e se il potere di rappresentanza è
attribuito congiuntamente o disgiuntamente. La pubblicità della nomina serve a tutelare i terzi nei
confronti dei vizi che possono inficiarla. Stabilisce l'art 2383 cc che le cause di nullità o di
annullamento della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono
opponibili ai terzi dopo l'adempimento della pubblicità, salvo che la società provi che i terzi ne
erano a conoscenza.
221) Cessazione dall’ufficio. Revoca degli amministratori. L’amministratore cessa dalla carica per
morte, per scadenza del termine stabilito all’atto della nomina, per il verificarsi di una causa di
decadenza, per rinuncia o per revoca. Per la società a responsabilità limitata la relativa materia
non viene regolata dalla legge ma viene regolata dall’atto costitutivo. Nelle società per azioni
invece la legge stabilisce che gli amministratori sono sempre revocabili salvo il diritto
dell’amministratore ad un risarcimento del danno se la revoca avviene senza giusta causa. Tale
principio vale anche per le società in accomandita per azioni nelle quali la revoca deve essere
deliberata con la maggioranza richiesta per le deliberazioni dell’assemblea straordinaria. Soltanto se
l’amministratore è stato nominato dallo stato o da un ente pubblico il potere di revoca compete
all’organo che lo ha nominato, se però la revoca è per giusta causa essa può essere deliberata anche
dall’assemblea nel caso in cui non vi provveda l’ente che ha effettuato la nomina. Nel caso di
cessazione per decorso del termine gli amministratori restano in carica finchè il consiglio di
amministrazione non viene ricostituito mentre nel caso di rinuncia essa ha effetto immediato se
resta in carica la maggioranza dei membri o in caso contrario dal momento in cui con la nomina dei
nuovi amministratori la maggioranza viene ricostituita.
222) Funzioni e funzionamento del consiglio di amministrazione. Invalidità delle deliberazioni. Nel
caso di più amministratori la disciplina legale, derogabile per le società a responsabilità limitata e
inderogabile per le società per azioni, prevede che essi costituiscano il consiglio di amministrazione
(o di gestione) e che quindi operino collegialmente. In tale ipotesi perché le deliberazioni siano
valide devono ricorrere alcuni presupposti tipici delle adunanze collegiali. Per le società a
responsabilità limitata la disciplina è lasciata all’atto costitutivo e quindi i soci possono stabilire che
le decisioni del consiglio siano adottate sulla base del consenso per iscritto e quindi al di fuori
dell’adunanza. La legge richiede solo che il consenso degli amministratori risulti con chiarezza
dalla documentazione che la società deve conservare e che deve essere trascritta nel libro delle
decisioni del consiglio. Per le società per azioni i criteri sono invece fissati dalla legge che richiede
la regolare costituzione dell’organo (presenza della maggioranza degli amministratori almeno che lo
statuto non richieda una percentuale maggiore) e la maggioranza necessaria per la deliberazione
(maggioranza assoluta dei presenti salvo diversa disposizione statutaria), stabilisce che il voto non
può essere espresso per rappresentanza e che le deliberazioni devono essere trascritte nel libro delle
adunanze del consiglio. Il consiglio è convocato dal presidente che ne fissa l’ordine del giorno e ne
coordina i lavori. Nel sistema originario del codice i vizi della deliberazione (sia relativi alla
formazione che al contenuto)erano rilevanti solo nell’ipotesi di conflitto di interessi tra
amministratore e società e quindi sorgevano dubbi se dovesse ritenersi esclusa ogni altra
impugnazione delle deliberazioni. Il dubbio sorgeva in quanto mentre la deliberazione dei soci è
normalmente destinata a tradursi in un atto esterno, la deliberazione del consiglio generalmente
costituisce un presupposto per il compimento di un atto esterno e quindi l’invalidità della
deliberazione del consiglio, traducendosi in una invalidità dell’atto esterno poteva essere fatta
valere indirettamente attraverso l’impugnazione dell’atto posto in essere dalla società e questo
avrebbe spiegato il silenzio della legge al proposito. Tuttavia in alcuni casi non sempre la
deliberazione del consiglio costituisce un presupposto per un atto della società con i terzi (es.
aumento di capitale) e inoltre anche quando lo è non è detto che la invalidità della delibera si
traduca necessariamente in una invalidità dell’atto e possa essere fatta valere attraverso essa.
Pertanto in sede di riforma si è arrivati ad una disciplina generale delle invalidità delle deliberazioni
del consiglio di amministrazione delle società per azioni. Essa prevede che le deliberazioni non
prese in conformità della legge e dello statuto possano essere impugnate solo dagli amministratori
dissenzienti e dall’organo di controllo entro 90 giorni dalla delibera mentre i soci sono legittimati
solo nel caso in cui la deliberazione sia lesiva per i loro interessi. Come per le deliberazioni
dell’assemblea anche in questo caso l’annullamento della delibera del consiglio di amministrazione
non pregiudica i diritti dei terzi sulla base di atti compiuti in buona fede in esecuzione alla delibera
annullata. Nelle società a responsabilità limitata manca invece una disciplina generale essendo
contemplato solo il caso del conflitto di interessi. La disciplina del conflitto di interessi è invece
dettata dal legislatore per entrambi i tipi di società anche se in termini alquanto diversi. Infatti nella
società per azioni sorgono per gli amministratori obblighi di comportamento in ogni caso in cui
abbiano un interesse in una operazione della società, non importa se concorrente o configgente con
esso mentre per la società a responsabilità limitata il legislatore considera rilevante solo l’ipotesi in
cui l’amministratore, al fine di avvantaggiarsi personalmente, operi a danno della società. La
differenza di prospettiva si giustifica con il fatto che la posizione dell’amministratore nella società a
responsabilità limitata è simile a quella del mandatario che può avere un interesse proprio anche
nella cura dell’interesse altrui e non deve pregiudicare quest’ultimo a suo vantaggio mentre nella
società per azioni l’amministratore è un soggetto che presta la sua opera professionale nella gestione
della società e deve pertanto porsi in una posizione di neutralità rispetto ai suo interessi personali.
Perciò per gli amministratori della società per azioni la legge pone un obbligo di trasparenza per
cui l’amministratore in conflitto deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale,
e se è amministratore delegato deve astenersi dal compiere l’operazione. Pertanto l’invalidità della
deliberazione è prevista in ogni caso in cui possa arrecare danno alla società sia nell’ipotesi in cui
sia stata adottata con il voto determinante dell’amministratore in conflitto che nell’ipotesi in cui non
sia stata soddisfatta tale esigenza di trasparenza. La violazione di entrambi gli obblighi (quello di
non operare a vantaggio personale e a danno della società e quello di segnalare con trasparenza le
situazioni di conflitto) può implicare una responsabilità per i danni che ne derivano. La violazione
del secondo obbligo nelle società quotate può essere sanzionata anche penalmente qualora ne
derivino danni alla società o a i terzi. Pertanto nella disciplina della società a responsabilità limitata
l’invalidità della deliberazione presuppone un effettivo danno patrimoniale alla società mentre per
quella della società per azioni è sufficiente che le deliberazioni adottate in violazione della norma
siano anche solo potenzialmente dannose.
223) L’amministrazione delegata. È naturale che, quando sussiste una pluralità di amministratori ed
essi devono operare secondo il modello collegiale, si pongano problemi di funzionalità, dovuti se
non altro alla difficoltà pratica per un collegio di provvedere ad un'attività di gestione continuativa
come quella richiesta dall'attività imprenditoriale. Si tratta di problemi che richiedono di essere
affrontati nelle sole società per azioni, per le quali la legge consente, sulla base di una clausola
statutaria o per deliberazione dell’assemblea, che determinate funzioni del consiglio di
amministrazione siano delegate da questo permanentemente ad uno più amministratori
singolarmente o collegialmente, e quindi la creazione di ulteriori organi amministrativi individuali o
collegiali che prendono il nome rispettivamente di amministratori (o consiglieri) delegati o di
comitato esecutivo. Ciò può realizzarsi in concreto solo sulla base di una sorta di cooperazione tra i
soci e gli amministratori: ai primi compete, nello statuto oppure in sede di assemblea, il potere di
modificare in tal senso la struttura organizzativa della società e di creare quegli ulteriori organi; il
potere di delega e l'effettiva costituzione degli organi spetta al consiglio di amministrazione, al
quale è rimesso di valutare sia l'opportunità della delega sia l'ampiezza delle competenze da
delegare. La legge stabilisce che una delega delle attribuzioni del consiglio di amministrazione
possa essere consentita solo a coloro che sono membri del consiglio di amministrazione e che non
possono essere delegate le seguenti funzioni: redazione del bilancio, progetto di fusione e scissione,
funzioni delegate al consiglio dall’assemblea dei soci in tema di emissione di obbligazioni
convertibili e di aumento di capitale e quelle relative ai provvedimenti da prendere in caso di perdita
di capitale. Al consiglio di amministrazione spetta, da un lato, di esaminare gli eventuali piani
strategici, industriali e finanziari della società, dall'altro di valutare, sulla base delle informazioni
ricevute, l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società stessa. Gli
organi delegati oltre ad elaborare i piani da sottoporre al consiglio, devono curare che l'assetto
organizzativo, amministrativo e contabile della società sia adeguato alla natura e alle dimensioni
dell'impresa e devono riferire ogni sei mesi al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale
sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle più rilevanti
operazioni compiute dalla società e dalle società controllate. Gli organi delegati comunque restano
organi subordinati rispetto al consiglio di amministrazione cui spetta la nomina dell’organo ma
anche il potere di revocare o ampliare/restringere la sfera delle competenze delegate e cui spetta
anche il potere di direttiva e controllo sull’operato degli organi delegati nonché il potere di avocare
a sé operazioni rientranti nella delega.
224) Rappresentanza della società. Nel caso di amministratore unico, al potere di amministrazione
corrisponde necessariamente il potere di rappresentanza della società ma quando esiste un consiglio
di amministrazione il potere di rappresentanza è attribuito al presidente o all’(agli) amministratori
delegati, disgiuntamente o congiuntamente secondo quanto stabilito dallo statuto o atto costitutivo
della società. Secondo la legge il potere di rappresentanza è generale e quindi le limitazioni a tale
potere (che risultano dallo statuto, dall’atto costitutivo o dalla deliberazione dell’organo
competente) hanno una efficacia puramente interna e non sono opponibili ai terzi, anche se
pubblicate, a meno che non si provi che questi hanno agito intenzionalmente a danno della società.
Ne risulta una sostanziale autonomizzazione di tali poteri rappresentativi e l'irrilevanza per essi
dell'assetto societario interno. Il che si manifesta anche nella regola secondo la quale le cause di
invalidità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società, una volta
attuata l'iscrizione della stessa nomina nel registro delle imprese, non sono opponibili ai terzi, salvo
che la società provi che costoro ne fossero a conoscenza. In via di principio quindi l’atto compiuto
dal rappresentante anche se è posto in essere con eccesso di potere (e quindi al di là delle limitazioni
poste al potere di rappresentanza) rimane in ogni caso efficace e vincolante a meno che non sia
frutto di un accordo fraudolento tra terzo e rappresentante. Salvo quest’ultimo caso quindi le
limitazioni sono rilevanti solo in tema di responsabilità del rappresentante e rilevano anche tutte le
volte in cui sia necessario accertare il potere del rappresentante in ordine al compimento di un
determinato atto (es. il notaio deve rifiutarsi di rogare un atto se questo eccede i poteri del
rappresentante). Merita di essere sottolineata la divergenza di prospettive che con tali soluzioni
risulta rispetto alla disciplina generale della rappresentanza. Con esse la si rende autonoma rispetto
alle scelte statutarie che presiedono all'organizzazione della società, come evidente riflesso
dell'autonomia dell'organo cui il potere è conferito; il che spiega come la tutela riconosciuta al terzo
implichi l'efficacia dell'atto, non soltanto una pretesa risarcitoria nei confronti del rappresentante.
225) Posizione giuridica degli amministratori e loro responsabilità. L'art 2746 cc in materia di
società a responsabilità limitata stabilisce che gli amministratori sono solidalmente responsabili dei
danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dall’atto costitutivo per
l’amministrazione della società. Per le società per azioni invece l'art 2392 cc stabilisce che gli
amministratori devono adempiere ai doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto con la diligenza
richiesta dall’incarico e dalle loro specifiche competenze e sono solidalmente responsabili verso la
società per i danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri. E’ chiaro in entrambi i casi che non può
essere imputato all’amministratore il risultato più o meno economicamente favorevole dell’atto da
lui compiuto e che invece in entrambi i casi la responsabilità nasca dalla violazione di un obbligo di
diligenza. La differenza sta invece nel fatto che per le società a responsabilità limitata la legge non
precisa il grado di diligenza cui sono tenuti gli amministratori e quindi essa deve essere ricavata
dallo schema del mandato e quindi dalla diligenza richiesta al mandatario. Per la società per azioni
invece il grado di diligenza viene rapportato alla natura dell’incarico e alle specifiche competenze
dell’amministratore e quindi delle capacità in considerazione delle quali è stato nominato e che
quindi deve utilizzare nell’espletare il compito affidatogli. In entrambi i casi inoltre la legge pone
una regola di solidarietà in quanto fa parte dell’obbligo di diligenza il fatto che l’amministratore
non rimanga inerte di fronte all’operato degli altri ma debba intervenire per impedire il compimento
di atti pregiudizievoli per la società o per attenuarne le conseguenze dannose per la società stessa.
La legge prescrive un mezzo preciso tramite il quale l’amministratore può escludere la propria
responsabilità che consiste nel far constatare il proprio dissenso dall’operato degli altri (per le
società a responsabilità limitata) o nel far annotare il proprio dissenso nel libro delle deliberazioni
del consiglio dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale (per le
società per azioni). Si spiega in tal modo come la responsabilità del singolo amministratore non
sussista quando determinate funzioni siano demandate al comitato esecutivo o attribuite in concreto
a taluno degli amministratori; ma come, anche in tal caso, la legge imponga agli altri amministratori
l'obbligo di intervento per impedire il compimento di atti pregiudizievoli o per eliminarne o
attenuarne le conseguenze dannose per la società. In questo caso, tema evidentemente decisivo è
quello secondo cui avviene il flusso di informazioni tra organi delegati e consiglio di
amministrazione. Su questo piano il codice precisa che le valutazioni del consiglio avvengono
essenzialmente sulla base delle informazioni ricevute dagli organi delegati: sicchè ai componenti
del primo non può essere richiesto di accertare direttamente e personalmente la loro veridicità, ma
al più di controllarne la plausibilità. Con riferimento specifico alle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio, ove le esigenze di trasparenza risultano più accentuate, la legge
impone agli amministratori di adottare la motivazione e la documentazione delle operazioni
effettuate dalla società con le cd parti collegate, cioè le società o persone fisiche collegate alla
società da rapporti di particolare intensità, al fine di garantirne la trasparenza e la correttezza
sostanziale e procedurale. Inoltre la legge vieta agli amministratori delle società per azioni di
assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili (o di amministratore) in società concorrenti
o di esercitare attività concorrenti. L’inosservanza di tale divieto oltre all’obbligo del risarcimento
del danno costituisce causa di revoca dall’ufficio. Per le società a responsabilità limitata invece la
legge ritiene sufficiente la disciplina del conflitto di interessi e non necessaria l’adozione di tecniche
di tutela preventiva. Inoltre la legge prevede un obbligo di risarcire i danni procurati
dall’amministratore alla società mediante la utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di notizie
apprese nell’esercizio dell’incarico. Al di là di queste ipotesi specifiche la legge non precisa quali
ulteriori obblighi incombono sugli amministratori limitandosi a fare generico riferimento a tutti gli
obblighi imposti dalla legge, dallo statuto o dall’atto costitutivo. Ne deriva che sicuramente
costituisce obbligo degli amministratori l’osservanza di norme poste a garanzia dell’integrità del
capitale sociale (divieto di distribuzione di utili fittizi, divieto di aumento di capitale prima che i
conferimenti dovuti siano stati eseguiti,ecc) l’osservanza delle norme poste per il funzionamento
degli organi sociali e per la pubblicità degli atti, il cosiddetto obbligo di fedeltà che consiste oltre
che nel divieto di concorrenza, nel divieto di infedeltà patrimoniale e nel divieto di aggiotaggio.
Tali obblighi in quanto costituiscono garanzia del buon funzionamento della società e sono posti a
tutela dei soci e dei terzi sussistono in ogni caso e gli amministratori non potrebbero essere
esonerati dal rispettarli neanche da una preventiva deliberazione dell’assemblea e quindi la loro
responsabilità non viene meno per il fatto che essi siano stati violati con la consapevolezza o con la
partecipazione dei soci. Problema discusso è se e quando la responsabilità propria degli
amministratori possa essere imposta anche all'amministratore di fatto. E bisogna a riguardo
distinguere tra gli aspetti penalistici e civilistici del problema. Per il primo aspetto la questione è
stata risolta dall'attuale art 2639 cc che estende espressamente la responsabilità penale a chi esercita
in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione di
amministratore. Per quanto concerne la responsabilità civile la questione è complessa qualora
manchi ogni investitura nelle funzioni di amministrazione e solo di fatto un soggetto diverso si sia
ingerito nell'amministrazione della società in maniera cosi penetrante da far riconoscere
comportamenti sostanzialmente propri dell'organo amministrativo. La soluzione potrebbe trovarsi
nel fatto che tale ipotesi può realizzarsi solo quando l'amministratore di diritto vi ha
illegittimamente consentito e ha quantomeno violato il suo dovere di intervento; egli è quindi
certamente responsabile per la violazione dei suoi obblighi nei confronti della società, potendosi,
per affermare la responsabilità dell'amministratore di fatto, fare applicazione dei principi elaborati
in sede generale in tema di induzione all'inadempimento.
226) L’azione sociale di responsabilità. La responsabilità degli amministratori sussiste
principalmente nei confronti della società e quindi in via principale spetta alla società attraverso i
suoi organi farla valere. Al riguardo però, con riferimento alla legittimazione a proporre l'azione
sociale di responsabilità, assume rilievo una pluralità di interessi, tra loro potenzialmente
contraddittori, che possono diversamente combinarsi ad indurre a soluzioni differenti. Sia nella
società a responsabilità limitata che nella società per azioni l’azione può essere direttamente
proposta dalla società sulla base della deliberazione dei soci. In entrambe le società inoltre è
possibile che l’azione sia esercitata direttamente dai soci, ma nella società per azioni si richiede a tal
fine il possesso di una determinata quota percentuale del capitale sociale mentre nelle società a
responsabilità limitata non è previsto alcun requisito quantitativo e quindi l’azione può essere
promossa da ogni socio. La disciplina della società per azioni è però molto più articolata
prevedendo i diversi aspetti sia dell’azione promossa dalla società che dai soci. Per quanto riguarda
l’azione promossa dalla società essa presuppone in via di principio una deliberazione
dell’assemblea ordinaria, ma essa può essere promossa anche a seguito di deliberazione del collegio
sindacale adottata a maggioranza dei due terzi dei suoi membri. Se la società ha adottato il sistema
dualistico l’azione può essere proposta anche dietro deliberazione del consiglio di sorveglianza. In
tutti i casi essa può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla
carica. La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori relativa a fatti di
competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio si considera per legge inclusa nell'ordine del
giorno dell'assemblea nella quale si discute lo stesso bilancio; l'azione di responsabilità può essere
deliberata anche quando il bilancio sia stato approvato, alla deliberazione non possono prendere
parte gli amministratori. La deliberazione dell’azione di responsabilità se presa con il voto
favorevole dei soci che rappresentano un quinto del capitale sociale o dal consiglio di sorveglianza
con la maggioranza dei due terzi dei componenti comporta la revoca di diritto degli amministratori
dalla carica, in caso contrario la revoca deve essere espressamente deliberata e sono l’assemblea o il
consiglio di sorveglianza a provvedere alla sostituzione degli amministratori revocati. L’azione
sociale di responsabilità deliberata dalla assemblea o dal consiglio di sorveglianza o dal collegio
sindacale è esercitata dagli i amministratori o da persona designata dall’assemblea a tale scopo o da
un curatore speciale per l’esercizio dell’azione stessa. Quando nei casi più gravi di responsabilità
viene nominato dal tribunale un amministratore giudiziario o quando la società sia fallita o posta in
amministrazione coatta amministrativa o ammessa alla amministrazione straordinaria l’azione è
esercitata dall’amministratore giudiziario, dal curatore del fallimento, dal commissario liquidatore o
dal commissario straordinario. Se l’azione è invece esercitata dai soci essi fanno valere in nome
proprio un diritto della società e quindi l’eventuale risarcimento del danno a seguito dell’azione va a
favore del patrimonio della società e pertanto la stessa è tenuta, in caso di accoglimento dell’azione,
a rimborsare agli attori le spese di giudizio che essi non hanno potuto recuperare dai soccombenti.
La società può rinunciare all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità e può transigere sulla
misura del risarcimento purchè per le società a responsabilità limitata la decisione sia presa con il
consenso dei soci che rappresentano i due terzi del capitale sociale e per le società per azioni sia
espressamente approvata dall’assemblea e purchè ad essa non si oppongono i soci che
rappresentano una determinata percentuale del capitale sociale. Anche i soci che hanno promosso
l’azione possono rinunciare all’azione o transigerla ma ogni corrispettivo dovrà andare a vantaggio
della società.
227) L’azione di responsabilità dei creditori sociali. E’ ovvio che in ogni caso di cattiva gestione di
un impresa si crea pregiudizio anche a coloro che all’azienda hanno fatto credito e vedono quindi
ridotte le possibilità di realizzare il credito stesso. E’ altrettanto ovvio che quando la cattiva gestione
è imputabile a soggetto diverso dall’imprenditore e questo può vantare nei suoi confronti una
pretesa al risarcimento del danno i creditori possono avvalersi del rimedio generale dell’azione
surrogatoria prevista dall’art. 2900 e mediante essa esercitare la pretesa che spetta al loro debitore,
l’imprenditore appunto. Non vi è dubbio che ciò possa valere anche quando l’impresa è esercitata
sotto forma di società e quindi nell’ipotesi in cui tale pretesa si fondi sulla responsabilità di coloro
che svolgono per essa le funzioni di amministratori. Il problema è che l’art. 2394 cc prevede
esclusivamente per le società per azioni che gli amministratori rispondono verso i creditori sociali
per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale. Infatti occorre
chiedersi se l’art. 2394 configuri pur sempre una azione surrogatoria o una azione direttamente
spettante ai creditori nei confronti degli amministratori. Questa seconda ipotesi è però non
accettabile in quanto se così fosse non si spiegherebbe perché l’art. 2394 sia applicabile alla sola
società per azioni e non agli altri tipi di società di capitale o alle società di persone. Occorre
propendere quindi per la tesi per cui l’art. 2394 configuri una ipotesi di azione surrogatoria
strettamente collegata all’azione di responsabilità spettante alla società. Infatti l’art. 2394
espressamente stabilisce che la rinuncia all’azione da parte della società non impedisce l’azione da
parte dei creditori sociali e che la transazione della società può essere impugnata dai creditori solo
con l’azione revocatoria. Si deduce quindi che l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte
della società preclude l’esercizio dell’azione stessa da parte dei creditori in quanto lo scopo cui
l’azione dei creditori tende è lo stesso cui tende l’azione della società non mirando i creditori ad
ottenere il risarcimento di un danno direttamente subito ma ad ottenere la reintegrazione del
patrimonio sociale che rappresenta la loro garanzia. L’azione dei creditori sociali non è quindi una
azione ad essi autonomamente attribuita ma può essere fatta valere in via surrogatoria, ciò è anche
dimostrato dal fatto che lo stesso art. 2394 stabilisce che presupposto per l’azione dei creditori
social sia l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento del loro credito e
implicitamente evidenzia l’altro presupposto e cioè l’inerzia della società. Il carattere surrogatorio
dell’azione concessa ai creditori ci permette di stabilire che identico è il contenuto delle due azioni
anche se diversi sono gli interessi che muovono la società e i creditori sociali. L’interesse della
società è quello di eliminare ogni danno derivante da colpa o dolo degli amministratori mentre
interesse dei creditori ad esercitare l’azione contro gli amministratori si ha solo quando, attraverso il
danno alla società, risultino diminuite le loro garanzie patrimoniali. L’azione spetta ad ogni
creditore fino alla concorrenza del proprio credito.
228) L’azione individuale di responsabilità. Abbiamo visto che quando gli amministratori
producono un danno per la società indirettamente danneggiano anche i creditori sociali (che
risultando il patrimonio sociale insufficiente per la soddisfazione dei loro crediti possono agire con
l’azione surrogatoria generale o con la specifica azione di cui all’art. 2394 cc) e anche i soci (in
quanto la riduzione del patrimonio della società produce anche una riduzione del valore della loro
partecipazione). I soci però possono solo chiedere il risarcimento del danno a favore della società,
ottenendo indirettamente anche il ripristino del valore della loro partecipazione. Può accadere però
che i fatti illeciti commessi dall’amministratore non incidano sul patrimonio della società ma solo e
direttamente sul patrimonio del socio così come vi possono essere fatti illeciti che incidono sia sul
patrimonio della società che sul patrimonio del socio e del terzo. Nel primo caso è evidente che la
società non può proporre nessuna azione perché non ha subito nessun danno, nel secondo caso è
altrettanto evidente che il risarcimento del danno subito dalla società non copre il danno subito dal
socio o dal terzo. Con riferimento a tali ipotesi la legge prevede una responsabilità diretta degli
amministratori nei confronti dei soci e dei creditori (e in generale dei terzi), per il danno commesso
dai primi che incide direttamente sul patrimonio personale dei secondi e la relativa azione può
essere esercitata entro cinque anni dal compimento dell’azione che ha provocato il danno. Si tratta
quindi di una responsabilità diretta dell'amministatore nei confronti del socio o del terzo che si
caratterizza in quanto l'illecito si verifica in occasione dell'attività gestoria e il danno si produce
appunto direttamente nel loro patrimonio. Di un illecito però che non è qualificabile come illecito
della società medesima, nel qual caso è essa che ne risponde secondo i principi generali nei
confronti del socio e del terzo, ponendosi allora il diverso problema se e quando ne risponde anche
l'amministratore a titolo di concorso.
229) Amministratori nominati dallo stato e dagli enti pubblici. I principi che regolano la
responsabilità degli amministratori nei confronti della società e dei creditori sociali si applicano
anche a quegli amministratori di società per azioni che sono nominati dallo stato o dagli enti
pubblici qualora una clausola dello statuto attribuisca a tali enti la nomina stessa. Le discussioni
sono superate in virtù della espressa equiparazione che la legge fa, per quanto riguarda i diritti e gli
obblighi, come pure per la durata della carica, di questi amministratori a quelli designati
dall'assemblea.
230) I direttori generali - Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori delle
società per azioni s applicano anche ai direttori generali nominati dall’assemblea o nello statuto. I
direttori generali non sono organi ma sono dipendenti della società, tuttavia qualora i loro poteri
traggano origine dallo statuto o da una deliberazione dell’assemblea la legge li equipara dal punto di
vista della responsabilità agli amministratori, subordinando l’esercizio dell’azione (come per gli
amministratori) alla deliberazione dell’assemblea (o del consiglio di sorveglianza) o alla iniziativa
dei soci che raggiungano la percentuale richiesta dalla legge o dallo statuto.
231) Responsabilità penale degli amministratori – Accanto alla responsabilità civile la legge
prevede, a carico degli amministratori e soggetti a loro equiparati, anche responsabilità penali
prevedendo, a seconda della gravità dei casi sanzioni amministrative (ammende) per le ipotesi di
omissione o esecuzione tardiva di denunce o comunicazioni all’ufficio del registro delle imprese o
multa o reclusione nei casi più gravi. L’azione penale è solo eccezionalmente esperibile su querela
della persona offesa in quanto nella maggior parte dei casi i reati sono di azione pubblica. Inoltre
occorre ricordare che il D. LGS 231 DEL 2001 stabilisce che la società è responsabile per i reati
commessi nel suo interesse e a suo vantaggio da persone fisiche che rivestono funzioni di
rappresentanza, amministrazione o direzione o da coloro che esercitano la gestione e il controllo
della società stessa a meno che non provi di aver adottato, prima che il fatto fosse commesso,
modelli di organizzazione adatta a prevenire reati di questo genere e che il controllo di questi
modelli è stato affidato ad un organo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
c) GLI ORGANI DI CONTROLLO
232) Le funzioni di controllo. Prima della riforma l’organo di controllo nelle società di capitali era
solo il collegio sindacale la cui funzione prevalente era quella del controllo contabile. Si trattava di
un organo necessario nelle società per azioni, nelle società in accomandita per azioni e, nelle società
a responsabilità limitata solo nelle ipotesi previste dalla legge. Dopo la riforma nelle società a
responsabilità limitata il collegio sindacale resta un organo necessario solo nei casi previsti dalla
legge, essendo negli altri casi un organo facoltativo. Nelle società per azioni invece esso è previsto
solo quando la società abbia adottato il sistema tradizionale, in quanto nelle società che hanno
adottato il sistema dualistico la funzione di controllo è svolta dal consiglio di sorveglianza e nelle
società che hanno adottato il sistema monistico dal comitato per il controllo sulla gestione. Nelle
società per azioni però la revisione legale dei conti è attribuita ad un revisore legale dei conti o ad
una società di revisione iscritti in apposito registro. Tale regola però è inderogabile solo per le
società quotate e per le società che rientrano nella categoria degli enti di interesse pubblico e per le
società obbligate al bilancio consolidato in quanto negli altri casi lo statuto può affidare tale
compito al collegio sindacale, il quale in tal caso deve essere composto da revisori legali iscritti nel
registro.
233) Il controllo nelle società a responsabilità limitata. Nelle società a responsabilità limitata alcuni
poteri di controllo sono attribuiti ai singoli soci (che non partecipano all’amministrazione) che
possono in ogni momento consultare i libri sociali e i documenti amministrativi nonché avere dagli
amministratori notizie sullo svolgimento della gestione. Tale potere però è attribuito dalla legge al
socio nel proprio interesse e pertanto esercitandoli il socio non compie una funzione sociale e non
assurge ad organo della società. L’atto costitutivo può prevedere la nomina del collegio sindacale o
di un revisore stabilendone anche poteri e compensi. In alcuni casi previsti dalla legge però la
nomina del collegio sindacale è obbligatoria. Si tratta dei casi in cui l’ammontare del capitale
sociale non è inferiore ai 120.000 euro, o del caso in cui la società sia tenuta alla redazione del
bilancio consolidato o controlli una società tenuta a questo, o del caso in cui per due esercizi
consecutivi la società abbia superato due delle soglie che impediscono la redazione del bilancio in
forma abbreviata. In questi casi si applica al collegio sindacale la disciplina prevista per le società
per azioni mentre nei casi in cui la nomina del collegio sindacale è facoltativa è lo statuto a
determinarne competenze e poteri. Vi è peraltro da segnalare che la presenza del collegio sindacale,
non importa se necessaria o facoltativa, non può significare una limitazione o addirittura
soppressione dei poteri di controllo che spettano al socio in virtù dell'art 2476 2° comma cc: si tratta
infatti di poteri che spettano al socio nel proprio interesse e che, non riguardando l'interesse
collettivo del gruppo sociale, non possono risultare condizionati dal modo in cui esso organizza la
propria azione.
234) Il controllo nelle società per azioni. Nelle società per azioni le funzioni dell’organo di
controllo riguardano la legalità dell’agire degli organi sociali e la correttezza dell’amministrazione
della società. Ai sensi del primo comma dell'art 2403 cc dettato in materia di consiglio sindacale ma
richiamato a proposito del consiglio di sorveglianza, tali organi vigilano da un lato sull'osservanza
della legge e dello statuto e dall'altro sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in
particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla
società e sul suo corretto funzionamento. Quanto poi al comitato del controllo sulla gestione, il cc si
limita a riferirsi alla vigilanza sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del
sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a
rappresentare correttamente i fatti di gestione. Per quanto riguarda il controllo di legalità, esso viene
attuato non solo circa l’operato del consiglio di amministrazione ma anche relativamente all’attività
dell’assemblea e pertanto l’organo di controllo può impugnare le deliberazioni dell’assemblea, può
chiedere al tribunale la riduzione d’ufficio del capitale sociale (se in caso di perdita non vi provvede
l’assemblea), e può sostituirsi agli amministratori in caso di mancata osservanza gli obblighi loro
spettanti circa la convocazione dell’assemblea o la pubblicità, può proporre l’azione di
responsabilità contro gli amministratori. Per quanto riguarda il controllo relativo alla correttezza
dell'amministrazione l’organo di controllo deve verificare il concreto funzionamento
dell’organizzazione attuata dagli amministratori e per tale motivo è indispensabile una concreta
collaborazione tra l’organo stesso e i soggetti preposti alla revisione legale dei conti. La funzione di
controllo è svolta nell’interesse della società e costituisce quindi una garanzia per i soci e, solo
indirettamente, anche per i terzi. La legge infatti impone all’organo di controllo di tenere conto
nella relazione all’assemblea delle denunce fatte dai soci che rappresentano una determinata
percentuale del capitale sociale e di indagare sulla gravità dei fatti denunciati e qualora si tratti di
casi di particolare gravità di convocare l’assemblea. Qualora tali fatti siano emersi non per denuncia
dei soci ma nel corso dello svolgimento del suo incarico l’organo di controllo ha il potere (anche se
non è tenuto a) di convocare l’assemblea previa comunicazione al presidente del consiglio di
amministrazione o di gestione. L'organo di controllo è pur sempre emanazione della società e parte
integrante di questa: è un organo attraverso il quale la società controlla l'operato degli altri suoi
organi, non anche un soggetto esterno che controlla la società, come avviene in altri ordinamenti
giuridici e come nel nostro sistema è a dirsi della revisione legale dei conti esercitata dal revisore o
dalla società di revisione e del cd controllo giudiziario.
235) Composizione e funzionamento degli organi di controllo nella società per azioni. I componenti
dell’organo di controllo nella società per azioni possono essere soci o non soci e devono avere i
requisiti di indipendenza e di una specifica competenza tecnica e professionale. Per quanto riguarda
il primo requisito la legge richiede che i componenti dell’organo di controllo siano indipendenti
rispetto alla società (e alle società appartenenti al medesimo gruppo) e infatti non possono essere
eletti membri dell’organo di controllo i dipendenti e i consulenti della società e delle società
controllate nonché della società controllante. I componenti dell’organo di controllo devono essere
inoltre indipendenti rispetto agli amministratori della società (e delle società del gruppo). In
particolare la carica di sindaco e di componente del consiglio di sorveglianza non può essere
assunta dai componenti del consiglio di amministrazione (o di gestione) della società e delle società
del gruppo (ciò non vale ovviamente per i componenti del comitato per il controllo nelle società
organizzate con il modello monistico i quali invece vengono proprio scelti tra gli amministratori).
Non possono inoltre essere nominati membri del collegio sindacale i parenti ed affini entro il quarto
grado degli amministratori della società e delle società del gruppo. Tale requisito non è richiesto
dalla legge per i componenti del consiglio di sorveglianza in quanto l’accesso a tale ufficio è
impedito ai soli consiglieri di gestione e non alle persone legate da parentela con essi). Questo
ulteriore requisito di indipendenza rispetto agli amministratori non è invece richiesto dalla legge ai
componenti del consiglio di sorveglianza: l'accesso a tale ufficio è di per sé impedito ai soli
consiglieri di gestione, non anche ai soggetti loro legati dai rapporti di parentela. Ulteriori requisiti
di indipendenza possono poi essere previsti dallo statuto, che può subordinare l'assunzione della
carica di consigliere di sorveglianza a particolari requisiti di indipendenza. Per quanto riguarda il
secondo aspetto la legge richiede che almeno un membro dell’organo di controllo sia scelto tra gli
iscritti in un apposito registro e per quanto riguarda il collegio sindacale deve essere iscritto, oltre
ad un membro, almeno anche un supplente, e inoltre gli altri membri, se non sono iscritti in questo
registro devono essere scelti tra gli iscritti da uno degli albi professionali individuati dal Ministro
della Giustizia o tra i professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche. Se lo
statuto ha affidato al collegio sindacale anche la revisione legale dei conti (solo per le società non
quotate che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato) si richiede anche che tutti i suoi
componenti siano revisori legali iscritti nell’apposito registro. Lo statuto inoltre può prevedere per i
sindaci e i consiglieri di sorveglianza altre cause di ineleggibilità o decadenza o incompatibilità . Gli
organi di controllo hanno struttura pluripersonale ed operano collegialmente. Devono riunirsi
almeno ogni novanta giorni e delle riunioni deve essere redatto un verbale che deve essere trascritto
nel libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo stesso. L’organo di controllo è
regolarmente costituto con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera a maggioranza
assoluta (salvo che per la deliberazione dell’azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori del collegio sindacale per la quale occorre il voto dei due terzi dei componenti).
236) I singoli organi di controllo delle società per azioni: il collegio sindacale. Nel sistema
tradizionale la funzione di controllo è svolta dal collegio sindacale che si compone di tre o cinque
membri effettivi e di due supplenti. I sindaci sono nominati dai soci (per la prima volta nell’atto
costitutivo e nelle volte successive dall’assemblea ordinaria) e la nomina può essere riservata dallo
statuto, solo per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio con
partecipazione dello stato o degli enti pubblici, allo stato o agli enti pubblici in proporzione alla loro
partecipazione. Inoltre lo statuto può riservare la nomina di un sindaco ai titolari di strumenti
finanziari. I sindaci restano in carica per tre esercizi e la cessazione del termine ha effetto dal
momento in cui il collegio è stato ricostituito. I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa
e la deliberazione di revoca deve essere approvata dal tribunale, sentito l’interessato. In questo
modo la legge vuole assicurare ai sindaci una posizione di indipendenza rispetto agli altri organi
sociali e proprio per questo devono essere nominati sin dall’inizio i sindaci supplenti che subentrano
ai sindaci che hanno terminato la carica e il compenso dei sindaci deve essere determinato dall’atto
costitutivo o fissato per l’intera durata dell’ufficio all’atto della nomina. La nomina e la cessazione
dei sindaci devono essere iscritte nel registro delle imprese. Il collegio sindacale è organo collegiale
e opera come tale e, nello svolgimento delle funzioni, può richiedere agli amministratori notizie
sull’andamento della gestione e può scambiare informazioni con i soggetti incaricati della revisione
dei conti e con gli organi di controllo delle società controllate. Alcune volte il controllo può essere
esercitato anche singolarmente e quindi i sindaci possono procedere individualmente ad atti di
ispezione e di controllo anche attraverso propri dipendenti. La mancata partecipazione di un sindaco
a due riunioni del collegio sindacale senza giustificato motivo, alle assemblee o a due adunanze
consecutive del consiglio di amministrazione costituisce causa di decadenza dall’ufficio. La legge
impone ai sindaci di esercitare le loro funzioni con professionalità e diligenza, impone ad essi il
segreto sui fatti di cui vengono a conoscenza per ragioni di ufficio. I membri del collegio sono
responsabili della verità delle loro attestazioni e sono anche solidalmente responsabili con gli
amministratori per i fatti o le omissioni dolose o colpose di questi qualora il danno non si sarebbe
prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi richiesti dalla loro carica. La
responsabilità sussiste pertanto quando al fatto doloso o colposo degli amministratori si aggiunge
anche la colpa dei membri del collegio sindacale o di qualcuno di essi e può essere esclusa facendo
risultare il proprio dissenso o i propri rilievi nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
collegio sindacale. L’azione di responsabilità è regolata in maniera simile a quella prevista per gli
amministratori. Anche per i sindaci è prevista una responsabilità penale nel caso di reati commessi
dagli amministratori, in caso di false comunicazioni sociali o quando, dietro promessa di utilità,
compiano o omettano atti in violazione degli obblighi del loro ufficio cagionando un danno alla
società.
237) Continua – Il consiglio di sorveglianza. Nel sistema dualistico l’organo di controllo è il
consiglio di sorveglianza il cui numero dei soci è fissato dallo statuto fermo restando che esso non
può essere inferiore a tre. Anche i consiglieri di sorveglianza, come i sindaci, sono nominati dai
soci e anche il presidente del consiglio è eletto dall’assemblea. La nomina dei consiglieri, la loro
cessazione e la retribuzione loro spettante è simile a quanto previsto per i sindaci, uguale è il
termine di durata e il regime di efficacia della cessazione per scadenza del termine. Diversa è invece
la disciplina della revoca e sostituzione dei membri venuti meno nel corso dell’esercizio. Per quanto
riguarda quest’ultima non essendoci membri supplenti l’assemblea deve provvedere con urgenza
alla nomina dei nuovi consiglieri. Per quanto riguarda la revoca la disciplina è simile a quella degli
amministratori in quanto la legge prevede che i consiglieri di sorveglianza sono revocabili in
qualunque momento dall’assemblea e anche senza giusta causa (in questo caso però è previsto
l’obbligo di risarcire il danno arrecato al consigliere revocato). Particolare è inoltre la disciplina
delle competenze e dei poteri dei consiglieri di sorveglianza. Infatti spettano al consiglio di
sorveglianza competenze che in altri sistemi di amministrazione spettano ai soci (in particolare alla
assemblea ordinaria): infatti esso nomina e revoca gli amministratori determinandone il compenso,
promuove nei loro confronti l’azione di responsabilità (tale competenza è concorrente con quella
riconosciuta ai soci e alla società) e approva il bilancio di esercizio. Inoltre al consiglio di
sorveglianza non sono riconosciuti poteri, doveri e responsabilità che nel sistema tradizionale sono
riferiti al collegio sindacale ed in particolare il potere di chiedere agli amministratori notizie
sull’andamento della gestione, scambiare informazioni con gli organi di queste ultime. Tuttavia pur
essendoci il dovere di partecipare alle assemblee l’inosservanza di tale dovere non comporta causa
di decadenza dall’ufficio (pur potendo costituire giusta causa di revoca) e inoltre i consiglieri di
sorveglianza non sono tenuti ad assistere alle adunanze del consiglio di gestione. Lo statuto può
inoltre assegnare al consiglio di sorveglianza ulteriori competenze. I consiglieri di sorveglianza
devono adempiere ai loro doveri con la diligenza richiesta dall’incarico e al pari dei sindaci sono
solidalmente responsabili con i consiglieri di gestione per i fatti e omissioni di questi se il danno
non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
238) continua – il comitato per il controllo sulla gestione. Nel sistema monistico le funzioni di
controllo sono svolte dal comitato per il controllo sulla gestione e salvo diversa disposizione dello
statuto la determinazione del loro numero e la loro nomina spetta al consiglio di amministrazione
mentre la nomina del presidente del comitato spetta ai suo i membri che decidono a maggioranza
assoluta. Il comitato di controllo non solo è nominato dal consiglio di amministrazione ma è
costituito anche all’interno di esso e quindi risulta composto da amministratori che devono essere
in possesso dei requisiti di indipendenza richiesti dalla legge e dallo statuto, dei requisiti di
onorabilità e professionalità richiesti dallo statuto e inoltre che non siano esecutivi e cioè non siano
titolari di cariche o deleghe e comunque non svolgano funzioni attinenti alla gestione della società.
Ancorchè non esecutivi, i componenti del comitato di controllo sono pur sempre amministratori, e
dunque mantengono integre tutte le prerogative relative a tale carica. Al fine di permettere la
costituzione del comitato per il controllo la legge impone che almeno un terzo dei membri del
consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza richiesti per la
nomina a componente del comitato per il controllo e almeno uno di essi deve essere iscritto nel
registro dei revisori legali dei conti. Nel caso di cessazione di un componente del comitato per
morte, rinuncia, revoca o decadenza, il consiglio di amministrazione deve sostituirlo con urgenza
con un altro amministratore in possesso dei requisiti prescritti e se ciò non è possibile deve
provvedere alla cooptazione di un nuovo amministratore sempre in possesso di tali requisiti. Il
comitato per il controllo sulla gestione svolge oltre alla funzione di controllo anche gli ulteriori
compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione. I componenti del comitato di controllo, in
quanto amministratori hanno gli stessi poteri degli amministratori nonché gli stessi doveri e
responsabilità. I membri del comitato quindi sono tenuti ad osservare gli obblighi attribuiti come
amministratori cui sii aggiunge il dovere di assistere alle riunioni del comitato esecutivo.
239) Il controllo giudiziario. Nelle società per azioni accanto al controllo esercitato dagli organi
suddetti la legge prevede la possibilità di intervento della autorità giudiziaria. Infatti quando la
violazione degli obblighi da parte degli amministratori è particolarmente grave, quando cioè vi è
fondato motivo di ritenere che gli amministratori in violazione dei loro doveri abbiano compiuto
gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a uno o più società
controllate, gli organi di controllo, i soci che rappresentano una determinata percentuale del capitale
sociale (cioè il ventesimo o il decimo del capitale sociale), o la minore percentuale prevista dallo
statuto, nonché, ma solo nelle società che facciano ricorso al mercato al ricorso del capitale di
rischio, il pubblico ministero, possono chiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria, denunciando i
fatti al tribunale del luogo nella cui circoscrizione è posta la sede della società con ricorso notificata
anche a quest'ultimo. Il tribunale può ordinare l’ispezione dell’amministrazione della società a spese
dei soci richiedenti o della società ma tale ispezione non può essere ordinata nel caso in cui
l’assemblea dei soci sostituisce gli amministratori e i componenti dell’organo di controllo con
soggetti di adeguata professionalità che si attivano con urgenza per accertare ed eliminare le
violazioni. Se le irregolarità risultano particolarmente gravi il tribunale può disporre provvedimenti
cautelari e addirittura revocare gli amministratori e i componenti dell’organo di controllo
nominando un amministratore giudiziario cui spetta per legge proporre l’azione di responsabilità
contro gli amministratori e i giudici. Prima della scadenza del suo incarico l’amministratore
giudiziario deve rendere conto al tribunale e convocare l’assemblea per la ricostituzione degli
organi sociali o per proporre la liquidazione o la ammissione della società ad una procedura
concorsuale. Il potere di denuncia attribuito al pubblico ministero è attuabile quando le irregolarità
degli amministratori non trovino una reazione da parte della maggioranza dei soci e da parte
dell’organo di controllo e inoltre la legge ha inteso perseguire in tal modo la tutela delle minoranze
dei soci che non raggiungano la percentuale richiesta per richiedere l’intervento del tribunale. Tali
minoranze infatti possono esercitare il potere di denuncia attraverso il pubblico ministero. I
provvedimenti sono emessi dal tribunale sentiti gli amministratori e i componenti dell’organo di
controllo e sono reclamabili davanti alla corte di appello così come è reclamabile anche il
provvedimento del tribunale che ordina l’ispezione dell’amministrazione della società. La dottrina
si è chiesta se l’intervento del tribunale, previsto dalla legge per le società per azioni, possa essere
utilizzato anche per la società a responsabilità limitata nonostante la relativa disciplina non lo
preveda. La cosa non è però condivisibile in quanto si deve tenere conto che nelle società a
responsabilità limitata viene riconosciuto al singolo socio un diretto potere di ispezione nonché il
potere di richiedere, in caso di gravi irregolarità degli amministratori, la loro revoca cautelare e
pertanto non vi sarebbe spazio per estendere ad essa la disciplina prevista per le società per azioni
che si giustifica appunto con la mancanza di strumenti con i quali il singolo socio può perseguire la
propria tutela. Il punto si comprende ricordando la precedente discussione con la quale ci si
chiedeva se, nel sistema originario del codice, dal fatto che il potere di denuncia era attribuito in
ogni caso al pm, oltre che ad una minoranza qualificata dei soci, non dovesse desumersi che l'art
2409 cc assoggettava l'amministrazione della società ad un controllo da parte dell'autorità
giudiziaria a tutela di un pubblico interesse. Questa conclusione deve oggi rifiutarsi: l'intervento del
pm è infatti adesso possibile nelle sole società per azioni che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio; mentre la legge espressamente ricollega alla sostituzione degli organi sociali da parte
dell'assemblea dei soci l'inammissibilità della ispezione e la sospensione del procedimento. In
definitiva l'art 2409 appresta un ulteriore mezzo ai soci di minoranza per la tutela dei loro interessi
nella società, nel caso in cui questi vengono arbitrariamente pregiudicati, o comunque non
sufficientemente tutelati dalla maggioranza e dagli organi sociali che di questa maggioranza sono
espressione: ed è per questo che non c'è spazio per esso quando, come avviene nelle società a
responsabilità limitata, il socio già dispone di un potere individuale di autotutela ed è in grado
quindi di ottenere autonomamente i risultati ispettivi ed eventualmente cautelari che nella società
per azioni richiedono il procedimento ex art 2409. l'ipotesi considerata in tale articolo, per quanto
concerne in particolare lo spazio residuo riconosciuto all'iniziativa del pm, è quella in cui le
irregolarità degli amministratori non trovino una reazione da parte della maggioranza né dell'organo
di controllo, e trovino anzi questi, se non addirittura consenzienti, quanto meno remissivi. Il potere
di denuncia del pm è attribuito pur sempre a tutela di questi interessi. La vigente disciplina ha
comunque inteso mantenere la possibilità, da parte del socio singolo o da parte di minoranze che
non raggiungano la percentuale di capitale necessario ad esercitare direttamente il potere di
denuncia, di ottenere attraverso il pm il raggiungimento dello stesso risultato. Il socio singolo o le
minoranze potranno denunciare al pm questi fatti e questi, ove trovi nella denuncia elementi
sufficienti, provvederà lui a prendere l'iniziativa. Il procedimento ex art 2409 è un procedimento di
volontaria giurisdizione che ha una duplice funzione: anzitutto ispettiva, mirando ad accertare
attraverso un controllo dell'amministrazione la situazione della società, e una funzione cautelare,
mirando ad adottare nell'ambito dell'organizzazione sociale, quelle cautele che si rendono necessarie
nell'interesse della minoranza e che possono giungere fino alla revoca degli amministratori e dei
componenti degli organi di controllo e alla nomina di un amministratore giudiziario. I
provvedimenti sono emessi dal tribunale sentiti gli amministratori e i componenti dell'organo di
controllo. Il tribunale però non è chiamato a risolvere controversie ma solo ad adottare
provvedimenti a tutela della società e dei soci di minoranza. I provvedimenti del tribunale sono
reclamabili dinanzi alla corte d'appello.
4) Bilancio e informazione societaria interna
240) L’informazione societaria. La nozione di informazione societaria è duplice in quanto può
riguardare i soci o riguardare anche il mercato finanziario cui la società si rivolge per procacciarsi i
mezzi necessari per lo svolgimento dell’impresa. Dal primo punto di vista parliamo di informazione
interna che si svolge attraverso gli organi societari mentre dal secondo punto di vista parliamo di
informazione esterna che riguarda le società quotate e si svolge attraverso la Consob per tutelare
non solo i soci ma soprattutto gli investitori e per assicurare il regolare funzionamento del mercato.
La informazione societaria interna si realizza attraverso l’imposizione alla società della tenuta dei
libri sociali, delle scritture contabili, del bilancio di esercizio e degli altri bilanci straordinari nonché
di uno specifico controllo, avente per oggetto la contabilità della società, che si svolge attraverso la
revisione legale dei conti.
241) I libri sociali. Le caratteristiche proprie delle società di capitali, e cioè da un lato la loro
struttura capitalistica e dall'altro la loro organizzazione giuridica, impongono particolari obblighi di
documentazione. Le società di capitali devono tenere i seguenti libri sociali: a)il libro delle
decisioni dei soci (per le società a responsabilità limitata) e il libro delle adunanze e delle
deliberazioni delle assemblee (per le società per azioni) nei quali devono essere trascritti tutti i
verbali delle assemblee anche se redatti per atto pubblico; b)il libro delle decisioni degli
amministratori (per le società a responsabilità limitata) e il libro delle adunanze e delle deliberazioni
del consiglio di amministrazione o di gestione (nelle società per azioni) nei quali devono essere
trascritti tutti i verbali delle riunioni del consiglio; c)il libro delle adunanze e delle deliberazioni del
comitato esecutivo nelle società dove esso esiste; d) il libro delle adunanze e delle deliberazioni del
collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione.
Inoltre le società per azioni e in accomandita per azioni devono tenere;e) il libro dei soci dove
devono essere annotati il numero delle azioni, il nome degli intestatari delle azioni nominative, i
versamenti eseguiti, i trasferimenti delle azioni (per le società a responsabilità limitata tale obbligo è
stato eliminato); f) il libro delle obbligazioni (nel caso la società abbia emesso obbligazioni) nel
quale sono annotati il numero delle obbligazioni emesse, il nome dei titolari delle obbligazioni
nominative; g)il libro delle adunanze e delle deliberazioni degli obbligazionisti (se sono state
emesse obbligazioni). Infine nelle società per azioni che hanno destinato patrimoni ad un singolo
affare e hanno emesso a tale scopo strumenti finanziari di partecipazione deve essere tenuto h) il
libro degli strumenti finanziari di partecipazione dove devono essere indicati il numero,
l’ammontare e i trasferimenti degli strumenti emessi. Tutti questi libri, prima dell’uso, devono
essere numerati progressivamente in ogni pagina e bollati in ogni foglio. L’obbligo della tenuta dei
libri incombe sugli amministratori (per i libri di cui alle lettere a) b) e) f) h)) , al comitato esecutivo
(c), all’organo di controllo (d))e al rappresentante degli obbligazionisti (g). Nelle società a
responsabilità limitata i soci che non partecipano all’amministrazione possono consultare tutti i libri
sociali e quindi hanno un generale potere ispettivo mentre nelle società per azioni il socio ha il
diritto di esaminare solo il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni
dell’assemblea e di ottenerne estratti a sue spese. Il rappresentante degli obbligazionisti può
esaminare il libro delle obbligazioni e quello delle adunanze e deliberazioni delle assemblee.
242) Il bilancio – L’esercizio sociale. La situazione patrimoniale della società e le variazioni in essa
verificatesi per effetto della gestione dell'impresa sociale hanno una rilevanza determinante per le
società di capitali, in considerazione della loro struttura capitalistica. Pertanto il bilancio ha una
importante funzione di accertamento della situazione patrimoniale e quindi di controllo dei risultati
della gestione dell’impresa. Tale accertamento può essere fatto all’inizio della attività della società
(bilancio di apertura) e alla fine (bilancio di liquidazione). Inoltre tale accertamento viene fatto
annualmente (bilancio di esercizio) e può essere fatto in occasione di determinati fatti come la
fusione o la messa in liquidazione (bilancio straordinario). La legge prevede e regola
minuziosamente il bilancio di esercizio stabilendo l’obbligo della sua redazione alla chiusura di
ogni esercizio sociale e imponendo una rigorosa disciplina in ordine alle voci di cui deve essere
composto e ai criteri di valutazione, attribuendo al bilancio la produzione di determinati effetti
giuridici. Quando pertanto nella legge si fa riferimento al bilancio, senza specificazioni, deve
intendersi sia fatto riferimento al bilancio di esercizio, e cioè a una situazione patrimoniale accertata
a quell'epoca, con quei criteri e con la partecipazione di quegli organi. Pertanto nelle società di
capitali il bilancio è quel documento contabile in cui sono registrate le variazioni che si sono
verificate nel patrimonio della società rispetto al bilancio precedente al fine di stabilire se è vi è
stato un incremento o un decremento di valore e di prendere i relativi ulteriori provvedimenti
collegati con la chiusura dell’esercizio. La nozione di esercizio è nozione essenzialmente forma e e
giuridica e non trova un riscontro nella realtà economica dell'impresa. L'esercizio è in funzione di
una ripartizione della unitaria attività sociale in periodi secondo un modulo predeterminato, allo
scopo di far assumere a ciascun periodo una propria autonomia sul piano giuridico. L'esercizio è
appunto un periodo di attività risultante da tale ripartizione. Economicamente questa ripartizione è
sicuramente arbitraria, giuridicamente essa serve a contemperare l'esigenza dei creditori sociali con
l'esigenza dei soci di veder realizzato il proprio interesse individuale gradualmente e senza dover
attendere l'estinzione della società; contemperamento che si attua imponendo di conservare a
garanzia dei creditori quella parte del patrimonio sociale che corrisponde al valore del capitale e di
adottare provvedimenti se il patrimonio è sceso in una data misura al di sotto di questo valore e
consentendo di attribuire ai soci quella parte del patrimonio che corrisponde a un valore aggiuntivo.
Il bilancio costituisce appunto la premessa necessaria di questi provvedimenti che, solo alla
chiusura dell'esercizio possono essere adottati. Il periodo di durata dell'esercizio è per legge annuale
e, data la struttura rigida dell'organizzazione della società di capitali, e data la funzione cui
l'esercizio adempie nell'ambito di tale struttura, si tratta di un modulo non modificabile dalla
volontà privata.
243) La legislazione sul bilancio. L’importanza centrale del bilancio consente di comprendere la
molteplicità di interventi legislativi in questo campo. Il codice di commercio del 1882 prevedeva
l’obbligo degli amministratori di redigere il bilancio alla fine di ogni esercizio sociale e poneva il
principio per cui il bilancio doveva dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdi te
subite ma non stabiliva i criteri che dovevano essere rispettati nella redazione del bilancio stesso. Il
codice civile del 1942 invece stabiliva precisamente le voci che il bilancio doveva contenere e i
criteri di valutazione delle singole voci. Tuttavia esso nulla prevedeva con riferimento alla
redazione del conto dei profitti e delle perdite. Tale lacuna è stata colmata con legge del 1974. In
seguito in applicazione della normativa comunitaria sono state emanate leggi speciali che
richiedono ulteriori documenti contabili, e precisamente l’allegato (o nota integrativa). Infine la
crescente internazionalizzazione dei mercati ha richiesto la predisposizione in ambito internazionale
dei cosiddetti principi contabili internazionali che il legislatore comunitario ha provveduto ad
adottare con apposito regolamento. L’adozione di tali principi è obbligatoria per il bilancio
consolidato, per il bilancio di esercizio delle società con azioni quotate, per le banche, intermediari
finanziari ed imprese di assicurazione mentre è facoltativa per le altre società.
244) Verità e correttezza del bilancio. Nell’ambito del bilancio hanno importanza fondamentale il
conto patrimoniale e il conto economico o dei profitti e delle perdite in quanto gli altri documenti
(relazione sulla gestione e nota integrativa o allegato) hanno lo scopo di integrare i dati dei primi
due e non possono in nessun modo modificarne la portata ai fini operativi. Si deve anche
sottolineare che il conto economico e lo stato patrimoniale costituiscono un tutto unico e quindi non
possono avere contraddizioni tra di loro in quanto le variazioni del conto patrimoniale rispetto al
bilancio precedente sono la diretta conseguenza dei movimenti economici verificatisi nel corso
dell’esercizio e che sono rappresentati appunto nel conto economico. La somma algebrica di queste
variazioni deve quindi corrispondere esattamente a quelle che risulta dal conto economico come
utile o perdita di esercizio. Pertanto se il conto economico presenta un utile di cento dal conto
patrimoniale deve emergere per forza di cose un incremento patrimoniale netto di cento e viceversa
in caso di perdita. Verità del bilancio è appunto in primo luogo rappresentazione veritiera degli utili
conseguiti e delle perdite subite durante l'esercizio, e cioè dei risultati economici positivi e negativi
delle operazioni compiute nell'esercizio. La legge richiede espressamente che il bilancio rappresenti
in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale della società e il risultato economico di
esercizio. Tuttavia mentre vi sono operazioni che nell’ambito del bilancio richiedono un mero
accertamento e per le quali si può parlare di verità, vi sono altre operazioni che richiedono una
valutazione e rispetto alle quali quindi non si può parlare di verità ma solo di correttezza e quindi
che sia stato adottato un procedimento di valutazione effettivamente teso alla realizzazione di un
risultato veritiero. Questo principio è stato con maggiore precisione tecnica, direttamente riferito al
conto economico. Ed in questa direzione si muove il secondo comma dell'art 2423 cc, ove si
richiede che il bilancio sia idoneo a rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio. È indubbio però che
tale formula della verità e correttezza non voglia implicare un'esigenza di effettiva verità dei dati
esposti in bilancio. Deve infatti osservarsi che tale formula vuole corrispondere a quella del quadro
fedele adottata nella Quarta direttiva comunitaria e che essa a sua volta, derivata dal principio
tradizionale dei sistemi anglosassoni che richiedono “a true and fair view”, intende affermare una
duplice esigenza: quella di una rispondenza oggettiva della rappresentazione alle situazioni
rappresentate e ai risultati conseguiti; quella di un atteggiamento soggettivo ispirato a correttezza,
lealtà e buona fede nell'operazione di rappresentazione. Pertanto il parametro mediante il quale
sindacare l'adempimento degli obblighi, come quello ex art 2423 di disapplicare le regole legislative
che si rivelino incompatibili con l'esigenza di una rappresentazione veritiera e corretta, dovrà essere
essenzialmente quello della correttezza piuttosto che quello della verità. Si deve anche aggiungere
che la correttezza deve essere vista alla luce di un criterio di prudenza. Per tale motivo la legge
stabilisce che possono essere iscritti al bilancio solo gli utili realizzati alla data di chiusura
dell’esercizio e obbliga invece a tenere conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio
anche se conosciute dopo la chiusura dello stesso.
245) I principi di redazione e la chiarezza del bilancio. La regola della prudenza costituisce il
principio centrale di cui gli amministratori devono tenere conto nella redazione del bilancio ma
accanto ad essa la legge prevede altre regole che vanno a costituire i principi di redazione del
bilancio. Tali regole precisano che il bilancio di una società per azioni deve essere redatto per
competenza e non per cassa e inoltre precisano che nelle valutazioni di bilancio si deve tenere
conto del fatto che l’impresa sociale e quindi i criteri di valutazione non possono essere modificati
da un esercizio all’altro. Tale regola è però derogabile in casi eccezionali di rilevanti mutamenti
strutturali dell’impresa sociale ma in tal caso deve essere indicata la deroga e la sua motivazione
nella nota integrativa. Accanto a tali principi che sono posti per assicurare la verità e correttezza del
bilancio e a tutela della società, dei soci, dei terzi e del pubblico che ha instaurato rapporti con la
società, vi sono altre regole dirette all’informazione dei soci e dei terzi. In particolare la legge
prescrive i criteri formali che gli amministratori devono seguire nella redazione del bilancio perché
in esso possa essere chiaramente rappresentata la situazione economica e l’andamento economico
della società. Si comprende perché l'esigenza di chiarezza sia soprattutto riferita al bilancio nella
sua unitarietà, non necessariamente alle singole voci di cui esso si compone: occorre cioè che dal
bilancio sia facilmente percepibile la situazione economica e patrimoniale della società, che il
bilancio vuole e deve rappresentare. La disciplina prevede una particolare analiticità nelle voci
prevedendo anche che qualora ciò favorisca la chiarezza del bilancio le singole voci possono essere
raggruppate e che per ogni voce debba essere indicato l’importo della voce corrispondente
nell’esercizio precedente. La legge dispone inoltre sempre ai fini di chiarezza che il bilancio debba
essere redatto in unità di euro (senza decimali) mentre la nota integrativa può essere redatta in
migliaia di euro.
246) Il contenuto dello stato patrimoniale. Per quanto riguarda lo stato patrimoniale il bilancio è
diviso in due parti, l’attivo e il passivo; tuttavia nell'attivo accanto a poste che rappresentano nel
loro valore elementi patrimoniali effettivamente esistenti (passivo effettivo) figurano poste che
hanno un significato puramente contabili (passivo ideale); in calce allo stato patrimoniale figurano i
cd conti d'ordine e le cd partite di giro, le quali figurano in bilancio solo come promemoria in
quanto a un bene o a un credito corrisponde un debito di restituzione o comunque una posizione
debitoria. L’attivo è a sua volta suddiviso in due grandi categorie, le immobilizzazioni e l’attivo
circolante. Le immobilizzazioni sono a loro volta distinte in immobilizzazioni immateriali (costi di
impianto, costi di ricerca, valutazione dei diritti di proprietà industriale), immobilizzazioni materiali
(immobili ed attrezzature), e immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni e crediti). Per quanto
riguarda l’attivo circolante abbiamo la divisione in rimanenze, crediti, attività finanziarie e
disponibilità liquide. Per quanto riguarda il passivo abbiamo il patrimonio netto e quindi il capitale
sociale, le riserve previste dalla legge e dallo statuto, e gli utili e le perdite di precedenti esercizi
portati a nuovo e quelli dell’esercizio. Abbiamo poi i diversi fondi per rischi ed oneri e il
trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. Nell’attivo e passivo si aggiungono poi i ratei e
risconti e quindi i proventi e costi sostenuti nell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi.
In via generale è ancora da osservare che la disciplina dell'art 2424 cc si caratterizza per una
maggiore analiticità rispetto a quella originaria, e che essa, come risulta dalla constatazione stessa
che a seconda dei casi beni della stessa tipologia devono essere valutati sotto diverse voci, implica
una più spiccata attenzione alla funzione di singoli cespiti e voci nell'economia della società.
Significativo in tal senso è il trattamento riservato alle immobilizzazioni. Infatti ci si preoccupa
pure, avendo adottato un criterio funzionale, di definire in via generale la nozione stessa di
immobilizzazione: essa è riferita agli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati
durevolmente. È anche significativo che, per agevolare le leggibilità del bilancio ed in un certo
senso compensare la sua maggiore analiticità, si prescriva l'indicazione dei totali corrispondenti a
singoli gruppi di voci.
247) Il contenuto del conto economico. Per quanto riguarda il conto economico si è avuta una
evoluzione legislativa che ha condotto ad una maggiore analiticità e ad una modifica dello schema
espositivo prima basato su una rappresentazione delle poste contrapposte di costi e ricavi e ora
invece basato su una forma espositiva scalare. Per entrambe le tecniche funzione del conto è quella
di rappresentare distintamente i singoli ricavi e i singoli costi in funzione dei fatti economici che li
hanno provocati. E in entrambi i casi si pone pertanto l'esigenza di distinguere ricavi relativi
all’attività sociale dai ricavi relativi alle attività finanziarie e dai ricavi straordinari. Per i costi
vengono distinti i costi relativi all’esercizio dell’attività sociale dai costi straordinari e dai costi
tributari. Comune è l'obbiettivo di fornire ai soci e ai terzi un'informazione dettagliata e completa
relativamente all'andamento dell'esercizio. Le componenti dei costi e dei ricavi relativi all’esercizio
dell’attività sociale devono essere esposte analiticamente e deve essere indicata la loro somma
algebrica, e analogamente si deve procedere per i proventi ed oneri finanziari e straordinari. In tal
modo diviene possibile percepire in maniera diretta quale parte del risultato deriva dall’attività
produttiva della società, quale parte deriva da operazioni finanziarie e quale parte deriva invece da
operazioni estranee alla normale attività sociale. La somma algebrica di questi totali consente poi di
determinare il risultato complessivo dell’esercizio e, dedotte le imposte sul reddito, l’utile
conseguito o la perdita sofferta. Importante è pure segnalare che la legge si è preoccupata anche di
precisare le modalità di calcolo dei proventi e degli oneri: essi devono essere indicati al netto dei
resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei
prodotti e la prestazione dei servizi.
248) La relazione sulla gestione e la nota integrativa. Accanto al conto patrimoniale e al conto
economico la legge prevede altri due documenti, la relazione sulla gestione e la nota integrativa (o
allegato). La relazione sulla gestione contiene una analisi esauriente e fedele della situazione della
società e deve illustrare l’andamento della gestione e la sua prevedibile evoluzione, deve fornire
informazioni sulle attività di ricerca e sviluppo e sui rapporti con le altre società controllate o
sottoposte al comune controllo, sull’acquisto e possesso di azioni proprie e sui rischi connessi con
l’uso di strumenti finanziari. La nota integrativa invece deve illustrare e spiegare le voci di bilancio
e indicare le eventuali deviazioni dai principi base posti dalla legge per le valutazioni di bilancio
nonché indicare il valore equo degli strumenti finanziari in base ai principi contabili internazionali
adottati dall’Unione Europea. Queste caratteristiche spiegano perché la nota integrativa faccia parte
anch'essa del bilancio: essa è strumento essenziale per coordinare i dati del bilancio con la
situazione effettiva e per darne una corretta interpretazione. Ma ciò spiega anche perché questa
trasposizione di dati della relazione sulla gestione alla nota integrativa non possa radicalmente
mutare la natura del documento e la sua funzione essenzialmente informativa. Essa non assume
rilievo ai fini dell'accertamento dei risultati dell'esercizio, ma lo assume ai fini dell'informazione e
cioè ai fini della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria della società.
249) Le valutazioni di bilancio. La scelta dei criteri di valutazione è fondamentale in quanto è
evidente che una scelta volta a favorire sottovalutazioni potrebbe favorire la formazione di riserve
occulte e quindi porsi in contrasto con l’interesse dei soci alla distribuzione degli utili. Al contrario
una scelta volta a favorire sopravvalutazioni potrebbe consentire l’accertamento di utili non
realizzati creando pericolo per l’integrità del capitale sociale. E’ ovvio quindi che il legislatore abbia
stabilito principi per ottenere la correttezza nei criteri adottati. Il primo principio è quello della
continuità del bilancio per il quale la valutazione delle singole voci deve essere fatta nei successivi
bilanci con lo stesso criterio. Infatti se si adottassero nei vari bilanci criteri di valutazione diversi
diventerebbe impossibile confrontare le singole voci nei diversi anni e quindi determinare l’effettivo
incremento o decremento nel patrimonio della società. A tale principio sono consentite deroghe,
come abbiamo detto, solo in casi eccezionali. Altro principio è quello per cui nemmeno profonde
modificazioni nel valore della moneta possono consentire rivalutazioni nelle voci di bilancio.
Ciò infatti può avvenire soltanto dietro intervento del legislatore con leggi speciali ed infatti è ovvio
che una rivalutazione monetaria comporterebbe una modificazione nel rapporto esistente tra
capitale e patrimonio facendo apparire come utile il plusvalore che deriva invece da una diversa
valutazione dei beni. Per tale motivo quando il legislatore consente la rivalutazione monetaria
impone anche un corrispondente aumento del capitale sociale o la creazione di particolari fondi di
rivalutazione. Circa la valutazione delle singole voci che deve essere effettuata in ogni caso in base
al principio di prudenza, il legislatore impone la regola del prezzo di costo (di produzione o di
acquisto). Per quanto riguarda i beni fungibili e quindi le scorte di magazzino e le materie prime il
costo può essere calcolato con una media ponderata o con il metodo del primo entrato primo uscito
(fifo) o del ultimo entrato primo uscito (lifo). Per quanto riguarda le partecipazioni in imprese
collegate o controllate si può scegliere tra il criterio del costo e il criterio del patrimonio netto (cioè
facendo riferimento alla quota corrispondente del patrimonio netto risultante dal bilancio
dell’impresa collegata o controllata). È da notare comunque che anche con il criterio del patrimonio
netto, seppure possono emergere plusvalenze, esse non possono portare alla distribuzione di utili e a
tal fine deve iscriversi una riserva ad esse corrispondente. Diversi naturalmente sono i problemi che
si pongono in relazione alle voci dell'attivo contabile (attivo ideale). Si tratta in proposito, come
avviene per le spese di impianto e ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di propaganda, della
possibilità di iscrivere all'attivo spese sostenute in un esercizio, ma che presentano utilità
pluriennale. Il problema non è quindi di una valutazione, bensì di impedire che tale possibilità si
traduca in abusi e soprattutto di limitarne l'utilizzazione in termini coerenti con il ruolo assegnato a
siffatte voci: perciò l'avviamento può essere iscritto in bilancio solo nel caso di suo acquisto a titolo
oneroso; e per questo motivo l'iscrizione all'attivo di tutte le voci di cui ora si tratta comporta
l'obbligo del loro progressivo ammortamento fino alla completa eliminazione.
250) I bilanci per particolari categorie di imprese. La legge consente la redazione del bilancio in
forma abbreviata e quindi con un numero minore di voci alle società che non superano due dei
seguenti limiti: totale dell’attivo 4.400.000 euro, ricavi 8.800.000 euro e 50 dipendenti. Per quanto
riguarda le società a responsabilità limitata il superamento per due esercizi consecutivi di due di
questi limiti comporta l’obbligatorietà della nomina del collegio sindacale. Inoltre la disciplina
generale di bilancio non si applica alle banche e alle società finanziarie per le quali si applica invece
la disciplina dettata, in attuazione delle direttive della U.E., dal Decreto Legislativo n. 87 del 1992.
Tale disciplina contiene specifiche indicazioni riferite alla particolarità dell’attività esercitata e
attribuisce alla Banca d’Italia il potere di dettare le forme tecniche dei bilanci e la modalità della
loro pubblicazione. Anche le imprese assicurative sono soggette ad una disciplina speciale in
materia di bilancio.
251) La revisione legale dei conti. Nel sistema originario del codice la revisione legale dei conti era
uno dei compiti del collegio sindacale ma con decreto legislativo del 2010 il legislatore ha stabilito
che per le società a responsabilità limitata la nomina del collegio sindacale o di un revisore è
facoltativa (tranne che per le ipotesi previste dalla legge e prima indicate) mentre invece per le
società per azioni il controllo dei conti deve essere affidato ad un revisore legale o ad una società di
revisioni iscritti nell’apposito registro. Tale ultima disposizione però può avere valore imperativo o
semplicemente dispositivo. Ha valore imperativo per le società tenute alla redazione del bilancio
consolidato, per i cosiddetti, in modo improprio, enti di interesse pubblico (con questa dicitura il
legislatore infatti indica le società quotate), per le società che controllano enti di interesse pubblico
o ne sono controllate. In tutti gli altri casi invece è possibile che la revisione legale dei conti sia
attribuita al collegio sindacale che però in tal caso deve essere completamente composto da revisori
legali iscritti nell’apposito registro. L’attività di revisione dei conti consiste nella verifica nel corso
della gestione della regolare tenuta delle scritture contabili e della corretta rilevazione dei fatti di
gestione nelle scritture contabili e si conclude con una relazione con la quale viene espresso un
giudizio sul bilancio e sulla sua rappresentazione in modo veritiero e corretto della situazione
patrimoniale ed economica della società. Per effettuare il loro compito i soggetti incaricati della
revisione possono richiedere agli amministratori documenti e notizie e procedere direttamente ad
accertamenti. La verifica del bilancio può concludersi con un giudizio senza rilievi se il bilancio
stesso è conforme alle norme e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale
ed economica della società, o con un giudizio negativo o con una impossibilità di emettere un
giudizio e in questi casi il revisore deve illustrare nella relazione i motivi della decisione e, in caso
di società quotate, avvisare la Consob. Per i danni derivati dall’inadempimento del loro dovere i
revisori sono responsabili in solido tra loro e con gli amministratori nei limiti del loro contributo
effettivo al danno arrecato, nei confronti della società, dei soci e dei terzi. L’incarico di revisione
legale avviene per la prima nomina nell’atto costitutivo e successivamente a seguito di decisione
dell’assemblea ordinaria dei soci e ha la durata di tre esercizi. L’incarico può essere revocato solo
per giusta causa sentito il parere dell’organo di controllo. Il corrispettivo deve essere determinato
dall’assemblea per l’intera durata dell’incarico. Particolare rilievo assume il tema dell’indipendenza
del revisore contabile e quindi il legislatore si è preoccupato di stabilire una serie di norme, delle
quali alcune sono di applicazione generale mentre altre sono applicabili solo ai cosiddetti enti di
interesse pubblico, ossia le società quotate (queste ultime verranno esaminate in seguito). Per
quanto riguarda le regole generali il compito di revisione legale non può essere affidato a persone
che intrattengono con la società relazione di affari o di altro genere dirette o indirette o in presenza
di rischi di rilevanza tale da compromettere l’indipendenza stessa. Inoltre la legge stabilisce che il
corrispettivo dei revisori o dei dipendenti della società di revisione non possono essere fissati in
funzione dei risultati della revisione stessa.
252) Il procedimento e la pubblicità. Il legislatore fissa una serie di adempimenti per assicurare una
adeguata informazione sul bilancio sia prima che dopo la sua approvazione. Per quanto riguarda il
primo aspetto lo scopo è quello di permettere ai soci di effettuare le proprie valutazioni e quindi si
stabilisce che il bilancio, unitamente alla relazione degli amministratori, del collegio sindacale o dei
revisori deve essere depositato nella sede della società nei quindici giorni che precedono
l’assemblea per l’approvazione in modo che ogni socio possa prenderne visione. Per quanto
riguarda il secondo aspetto, che riguarda l’informazione dei terzi, la legge dispone che il bilancio
(unitamente alle relazioni sulla gestione e al verbale dell’approvazione dell’assemblea) deve essere
depositato presso il registro delle imprese a cura degli amministratori entro 30 giorni
dall’approvazione. Il deposito può inoltre avvenire mediante trasmissione telematica o su supporto
informatico da parte di professionisti, i quali attestano che i documenti trasmessi sono conformi agli
originali depositati presso la società, la quale è tenuta a depositare gli originali su richiesta del
registro delle imprese. Entro il medesimo termine, le società per azioni non quotate in mercati
regolamentati sono tenute a depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese l'elenco dei soci
riferito alla data di approvazione del bilancio, con l'indicazione del numero delle azioni possedute e
dei titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni, corredato dalle annotazioni effettuate sul
libro dei soci a partire dalla data di approvazione del bilancio precedente.
253) La decisione di approvazione del bilancio. Il bilancio come documento contabile è atto degli
amministratori. Nelle società a responsabilità limitata il bilancio deve essere approvato in ogni caso
dai soci. Nelle società per azioni il compito spetta all’assemblea ordinaria (tranne le società che
hanno adottato il sistema dualistico dove il compito spetta al consiglio di sorveglianza).
L’approvazione del bilancio è un atto di controllo necessario perché l’atto compiuto dagli
amministratori acquisti efficacia nell’ambito della società e costituisca la base per le successive
determinazioni che la legge collega al bilancio stesso. Occorre perciò chiederci le conseguenze che
eventuali vizi nel bilancio producano sulla deliberazione di approvazione del bilancio stesso.
Occorre in primo luogo dire che i vizi del bilancio possono essere sostanziali (il bilancio è falso e
non rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società) o solo formali (la
rappresentazione, pur vera, non è stata effettuata con chiarezza). In entrambi i casi si determina una
responsabilità a carico degli amministratori, più grave nel primo caso dove alla responsabilità civile
si aggiunge quella penale. Per quanto riguarda le conseguenze sulla deliberazione di approvazione
del bilancio la legge tace sul caso in cui il bilancio pur rappresentando la situazione della società
non sia stato redatto con i requisiti di chiarezza e correttezza richiesti. Infatti in questo caso, in sede
di approvazione, l’organo competente può chiedere agli amministratori tutte le integrazioni e i
chiarimenti necessarie e la mancata risposta da parte di questi legittima i soci alla impugnativa della
deliberazione di approvazione (anche se effettuata dal consiglio di sorveglianza) ma se invece i soci
o i consiglieri di sorveglianza approvano il bilancio ritenendo irrilevanti i vizi formali e nessuno dei
cosi assenti o dissenzienti reagisce allora la questione è chiusa. La legge si occupa invece
indirettamente delle conseguenze che derivano dall'approvazione di un bilancio non vero. Infatti
nell’ipotesi in cui a seguito di un bilancio falso siano stati distribuiti gli utili la legge stabilisce la
irripetibilità dei dividendi riscossi in buona fede dai soci che avevano ignorato la falsità del
bilancio. Nel sistema originario del codice da questa affermazione si ricavava il fatto che la
deliberazione di approvazione di un bilancio falso fosse annullabile e non nulla in quanto solo nel
primo caso i diritti acquisiti in buona fede sulla base dell’atto potevano considerarsi salvi. Nel
sistema attuale, da un lato il problema risulta di meno agevole soluzione, dal momento che la regola
che dispone la salvezza dei diritti acquisiti da terzi si applica sia in caso di nullità che di
annullabilità, e dal momento che la legge espressamente si riferisce alla nullità delle deliberazioni di
approvazione del bilancio. Da un altro lato la rilevanza pratica appare sensibilmente ridimensionata,
non solo alla luce della circostanza che quella tra nullità e annullabilità rappresenta una distinzione
non già tra specie di invalidità quanto piuttosto tra regimi di impugnazione, ma soprattutto a fronte
dell'introduzione di una specifica disciplina dell'invalidità della deliberazione dei soci di
approvazione del bilancio, che trova applicazione tanto in caso di nullità quanto di annullabilità.
Tuttavia occorre osservare che il bilancio è essenzialmente un atto degli amministratori che pur
concludendosi con la approvazione dell’assemblea si pone come atto esterno all’assemblea stessa.
Pertanto l’approvazione di un bilancio falso nella convinzione (come avviene di solito) che il
bilancio fosse vero e quindi nell’ignoranza dell’illecito degli amministratori non può dirsi di per sé
illecita. Trattandosi infatti di un vizio del bilancio (che non riguarda quindi l’atto finale) la
situazione che si verifica è quella di una deliberazione assembleare formatasi sulla base di un
procedimento viziato e non quella di una deliberazione nulla per illiceità dell’oggetto.
254) Approvazione del bilancio e distribuzione degli utili. Il bilancio costituisce il documento
fondamentale e decisivo per l'accertamento dei risultati dell'attività sociale e su di esso di fondano
necessariamente tutti quei provvedimenti che si ricollegano a tali risultati. La distribuzione degli
utili ai soci trova nel bilancio il presupposto necessario e il limite insuperabile; i provvedimenti
imposti in caso di perdite del capitale oltre una determinata misura trovano la loro base in
corrispondenti risultanze del bilancio. Per le società a responsabilità limitata la legge stabilisce che
la decisione dei soci che approva il bilancio decide anche sulla distribuzione degli utili mentre per le
società per azioni tale deliberazione è effettuata dall’assemblea dei soci che ha approvato il bilancio.
Nel caso in cui il bilancio sia stato approvato dal consiglio di sorveglianza la distribuzione degli
utili deve comunque essere approvata dalla assemblea dei soci. La legge stabilisce anche che non
possono essere pagati dividendi se non per utili effettivamente conseguiti e risultanti dal bilancio
regolarmente approvato, dedotte le quote da attribuirsi a riserve legali e statutarie. Non è possibile
invece la distribuzione di utili anche se la gestione ha dato nell’esercizio in questione un reddito, se
devono essere colmate le perdite degli esercizi precedenti o fin quando non sia ridotto il capitale
sociale. La rilevanza che il bilancio assume rispetto alla distribuzione degli utili è tale che, anche
quando gli utili accertati in bilancio siano solo fittizi, l'attribuzione degli utili ai soci rimane valida
purchè questi non siano in mala fede. Una distribuzione degli utili attuata in violazione degli art
2433 e 2478bis cc è considerata come reato: il reato si estingue se gli utili sono restituiti prima del
termine previsto per l'approvazione del bilancio.
255) La decisione di distribuzione. La distribuzione degli utili pertanto, pur trovando il suo
presupposto nel bilancio approvato, è frutto di una distinta manifestazione di volontà da parte dei
soci e ciò anche quando sia stato il consiglio di sorveglianza ad approvare il bilancio. Ciò si spiega
con il fatto che non sempre utile realizzato e utile distribuibile coincidono: a) perché l'utile
realizzato può essere rappresentato da un incremento che sia stato attuato nel corso dell'esercizio
negli immobili, negli impianti, nelle scorte di materie prime o di prodotti finiti ed evidentemente
questi incrementi patrimoniali, pur essendo utili, non possono essere distribuiti ai soci; b) perché
l'utile realizzato può essere necessario a sopperire ad esigenze di funzionamento o di sviluppo della
società. Normalmente nella prassi si fa risultare dal bilancio solo l'utile distribuibile: l'altra parte di
utile normalmente non appare e se appare viene contabilmente eliminata attraverso l'appostazione al
passivo di particolari fondi. Tuttavia nulla vieta che i soci, quando ricorrano effettive ragioni di
utilità sociale, decidano a maggioranza di non distribuire gli utili risultanti dal bilancio. E ciò perché
la partecipazione ad una comunione di interessi importa una subordinazione dell'interesse del
singolo a quello della collettività. Rimane tuttavia chiaro che la subordinazione dell'interesse del
singolo sussiste solo rispetto ad un effettivo interesse della società e che pertanto solo in quelle
ipotesi in cui sussistano effettive esigenze della società i soci possono decidere di non distribuire gli
utili. Il diritto del socio agli utili trova la sua fonte nel contratto di società e la decisione di
distribuzione serve solo a rendere concreto tale diritto, consentendone la esigibilità durante la vita
della società. Pertanto il diritto agli utili potrebbe avere una concreta realizzazione solo al momento
dello scioglimento della società, perché solo in questo momento si può accertare se, in conseguenza
dell'attività sociale si siano realizzati degli utili. Tuttavia evidenti ragioni pratiche impongono di
non attendere lo scioglimento del rapporto, spesso assolutamente remoto o addirittura inattuabile,
per consentire ai soci la realizzazione di quei vantaggi economici ai quali miravano con la
costituzione della società: da ciò appunto la suddivisione della vita della società in tanti periodi e la
distribuzione periodica degli utili a chiusura dei singoli esercizi, distribuzione peraltro subordinata
ad una valutazione delle esigenze della società. Questa valutazione si compie appunto con la
decisione di distribuzione, la quale rende esigibile alla chiusura del singolo esercizio una parte di
quell'utile che logicamente potrebbe risultare ad essere attribuito solo all'atto dello scioglimento del
rapporto. Si comprende allora come la distribuzione degli utili debba comunque essere deliberata
dai soci: nella società per azioni dall'assemblea ordinaria mentre nella società a responsabilità
limitata tale decisione non richiede necessariamente l'adozione del procedimento assembleare.
256) Gli acconti sui dividendi. Per le società per azioni che traggono i loro mezzi finanziari dal
mercato dei risparmiatori è prassi diffusa quella dell’acconto sui dividendi al fine di fare in modo
che gli investitori ricevano un reddito ad intervalli più brevi rispetto a quello annuale e quindi di
avvicinare l’investimento in azioni a quello in obbligazioni o titoli di stato. Quando l’esercizio è già
avanzato e gli amministratori sono in grado di prevedere con una forte probabilità i suoi risultati
possono decidere (con deliberazione del consiglio di amministrazione) di distribuire un acconto sui
dividendi che saranno distribuiti alla fine dell’esercizio sulla base del bilancio approvato
dall’assemblea. Tale prassi tuttavia presenta notevoli elementi di rischio e richiede una certa cautela
da parte degli amministratori in quanto può verificarsi che le previsioni fatte al momento del
versamento dell’acconto non si realizzino a fine esercizio. Per tale motivo il legislatore è
intervenuto ponendo dei limiti. Infatti la facoltà di distribuire acconti sui dividendi è attribuita solo
alle società con azioni quotate nei mercati regolamentari e presuppone la sua previsione nello
statuto. La deliberazione di approvazione del consiglio di amministrazione deve essere
accompagnata dalla approvazione del revisore che deve aver dato un giudizio positivo sul bilancio
dell’anno precedente. Non possono essere distribuiti acconti se dall’ultimo bilancio approvato
risultano perdite anche relative agli esercizi precedenti in quanto in tal caso gli utili devono essere
destinati a copertura delle perdite. La distribuzione di acconti è soggetta anche a limiti quantitativi
in quanto non può superare la minor somma tra gli utili conseguiti alla fine dell’esercizio
precedente e quello delle riserve disponibili. La distribuzione degli acconti sui dividendi deve
attuarsi sulla base di un prospetto contabile e di una relazione sui quali deve essere sentito il parere
del soggetto incaricato della revisione legale dei conti e dai quali risulti che la situazione
patrimoniale, economica e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Merita di essere
sottolineato che il riferimento alla situazione finanziaria implica la sussistenza di idonea liquidità
del patrimonio sociale, che cioè per la distribuzione degli acconti sui dividendi non siano necessari
smobilizzi. Il prospetto contabile, la relazione degli amministratori e il parere del soggetto
incaricato della revisione legale dei conti debbono essere depositati in copia nella sede sociale a
disposizione degli azionisti e devono rimanervi fino all'approvazione del bilancio nell'esercizio in
corso.
5) Titoli di debito, obbligazioni e strumenti finanziari partecipativi
257) Il finanziamento delle società a responsabilità limitata: i titoli di debito. Nel sistema originario
del codice le società a responsabilità limitata non potevano ricorrere al mercato dei capitali. La
riforma invece se da un lato ha ribadito che tali società non possono fare ricorso al mercato di
capitale di rischio (in quanto le quote sociali non possono essere rappresentate da azioni e non
possono essere offerte al pubblico) ha consentito d’altro lato a tali società il ricorso al mercato del
capitale di credito tramite l’emissione di titoli di debito. Per far ciò però occorre che tale possibilità
sia prevista dallo statuto e inoltre i titoli di debito non possono essere collocati direttamente tra il
pubblico dei risparmiatori. Le società a responsabilità limitata infatti può collocare i titoli di debito
solo presso gli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. Saranno questi ultimi a
poter collocare i titoli presso il pubblico dei risparmiatori ma in tal caso sono ex lege garanti della
solvenza della società nei confronti del risparmiatore (tale garanzia non vale nel caso in cui i titoli
siano stati acquistati da altri investitori professionali o dai soci). La previsione di tale garanzia si
spiega con la particolare rischiosità dell’operazione che pone l’esigenza di tutelare il risparmiatore
ed è pertanto logico che a sottoscrivere i titoli di debito debbano essere soggetti che per la loro
formazione professionale siano idonei a compiere una valutazione sulla rischiosità o i soci,
perfettamente a conoscenza della situazione della società. Spetta all’atto costitutivo stabilire se la
competenza a decidere l’emissione sia dei soci o degli amministratori, precisando anche le
maggioranze necessarie, i limiti dell’emissione e le sue modalità. Le condizioni del prestito e le
modalità di rimborso sono invece previste nella decisione di emissione che gli amministratori
devono iscrivere nel registro delle imprese; la medesima decisione può inoltre subordinare la
modificazione da parte della società di tali condizioni e modalità al consenso non già di tutti i
possessori di titoli, della sola maggioranza di costoro: introducendo in tal modo un principio di
organizzazione dei titolari di tali strumenti, analogo a quello che caratterizza gli azionisti.
258) Il finanziamento delle società per azioni: le obbligazioni e gli strumenti finanziari
partecipativi. Per le società per azioni è invece tipico il reperimento dei capitali necessari
all’impresa presso i risparmiatori disponibili ad investire, e questo sia attraverso strumenti
tradizionali come le azioni e le obbligazioni sia con strumenti nuovi quali gli strumenti finanziari
partecipativi. Si tratta di soluzioni tecniche che servono ad uno scopo comune: il reperimento dei
capitali necessari all'impresa presso il risparmiatore disponibile ad investirli. E di soluzioni che
hanno una comune caratteristica di fondo: quella che con tutte viene offerta al risparmiatore una
posizione giuridica di partecipazione, per una frazione, ad un'operazione collettiva, con riflessi sulla
disciplina dell'operazione e sulla posizione stessa del singolo. Ma la differenza è data dal fatto che
le azioni rappresentano una frazione del capitale sociale, le obbligazioni invece una frazione di una
operazione di prestito (e quindi attribuiscono all’obbligazionista un diritto di credito verso la
società) e gli altri strumenti finanziari si riconducono invece alla associazione in partecipazione.
259) Le obbligazioni. Anche le obbligazioni, come le azioni, costituiscono frazioni di modesta
entità e di uguale valore, attribuiscono ai possessori uguali diritti e possono essere rappresentate da
titoli circolanti. Alle obbligazioni sono connessi oltre che diritti patrimoniali (es. diritto agli
interessi e alla restituzione del capitale) anche determinati poteri che riguardano l’operazione
complessiva di prestito di cui esse costituiscono una frazione. Pertanto esiste una assemblea degli
obbligazionisti che delibera con efficacia vincolante anche per i gli assenti e i dissenzienti sulle
materie che riguardano l’interesse comune e un rappresentante comune che rappresenta tutti gli
obbligazionisti. Caratteristica essenziale del prestito obbligazionario è infatti quella di creare un
gruppo che si realizza ed opera all'interno della società. A questi organi è demandata la tutela
collettiva degli azionisti e l’esercizio di quei diritti e poteri che non sono riferiti al singolo titolo
obbligazionario ma dipendono dalla operazione collettiva di prestito. Accanto a questa tutela
collettiva è possibile anche la tutela individuale dell’obbligazionista per l’esercizio di quei diritti
che sono inerenti all’obbligazione. Tuttavia il fatto che tra gli obbligazionisti si viene a creare una
comunione di interessi determina che l’interesse del singolo obbligazionista sia subordinato
all’interesse della collettività con la conseguenza che quei provvedimenti presi legittimamente dagli
organi della comunità nell’interesse di tutti si impongono al singolo obbligazionista anche quando
vanno a limitare e ad escludere i diritti derivanti dal titolo obbligazionario. Si comprende quindi
come la possibilità di emettere obbligazioni sia limitata alle società per azioni e si comprende anche
come la possibilità per la società a responsabilità limitata ad emettere titoli di debito (che si
pongono in termini simili all’operazione di prestito obbligazionario) sia circondata da particolari
cautele.
260) Presupposti, limiti ed effetti dell’emissione di obbligazioni. L’emissione di obbligazioni è
prevista solo per la società per azioni ma deve ritenersi ammissibile anche per la società in
accomandita per azioni. La legge pone in primo luogo un limite quantitativo all’emissione di
obbligazioni stabilendo che esse non possono essere emesse per un valore superiore al doppio del
capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio. Tale
limite non opera nei seguenti casi : a) quando le obbligazioni siano munite di ipoteca di primo grado
su immobili della società, b) quando siano emesse da banche c) quando siano emesse da società
quotate d) quando la sottoscrizione delle obbligazioni venga effettuata da un investitore soggetto a
vigilanza prudenziale e quindi particolarmente qualificato che a sua volta può trasferirle a soggetti
non investitori professionali rispondendo nei suoi confronti della solvenza della società. Di
significato è che, salvo i casi in cui il superamento del limite si spiega per l'apposita garanzia
fornita, oppure, come avviene per le banche, per la particolare posizione della società emittente, le
due ipotesi che possono consentire tale superamento siano da un lato quella di emissione da parte di
una società quotata e dall'altro quella della sottoscrizione da parte di un investitore particolarmente
qualificato. L'emissione delle obbligazioni deve essere deliberata dagli amministratori: in ogni caso
la delibera deve risultare da verbale redatto da notaio e depositata e iscritta nel registro delle
imprese secondo la disciplina prevista in materia di modificazioni dello statuto. Il rapporto che deve
sussistere inizialmente tra capitale e riserve da un lato e ammontare complessivo del prestito
obbligazionario dall’altro deve sussistere per tutta la durata del prestito con la conseguenza che il
capitale non può essere ridotto e le riserve non possono essere distribuite se tale rapporto non risulta
più rispettato. La emissione delle obbligazioni se la legge o lo statuto non dispongono diversamente
deve essere deliberata dagli amministratori, il verbale della deliberazione deve essere redatto da un
notaio e depositato nel registro delle imprese. Le obbligazioni sono rimborsabili gradualmente sulla
base di un piano di ammortamento e al rimborso si procede tramite sorteggio da effettuarsi (a pena
di nullità) in presenza del rappresentante comune o di un notaio.
261) Organizzazione giuridica degli obbligazionisti: assemblea e rappresentante comune.
L’assemblea degli obbligazionisti può essere convocata dagli amministratori o dal rappresentante
comune, di loro iniziativa o su richiesta di una certa percentuale di obbligazionisti e delibera in
merito alle materie di interesse comune, nomina e revoca il rappresentante comune determinandone
anche il compenso, sulle modificazioni delle condizioni del prestito (in questo ultimo caso
l’assemblea delibera anche in seconda convocazione con il voto favorevole degli obbligazionisti che
rappresentano almeno la metà delle obbligazioni in circolazione). Il rappresentante comune (che
può essere nominato anche tra i non obbligazionisti) dura in carica per tre esercizi ed è rieleggibile,
e deve provvedere alla esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea, tutelare gli interessi comuni
nei confronti della società, ed ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti. Egli deve
assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni è può assistere alle riunioni della assemblea
dei soci. Come abbiamo detto l’organizzazione giuridica della collettività degli obbligazionisti non
preclude l’azione di individuale dell’obbligazionista a meno che essa non si ponga in contrasto con
le deliberazioni regolarmente prese dall’assemblea che sono vincolanti per tutti. Pertanto l’azionista
singolo potrà fa valere i diritti che competono personalmente a lui e che non potrebbero essere
tutelati dall’azione collettiva ma potrà far valere anche individualmente quegli interessi comuni per
i quali l’azione degli organi non sia intervenuta,.
262) Le obbligazioni convertibili. Le analogie che sussistono tra azioni e obbligazioni consentono
una possibilità di conversione delle obbligazioni in azioni. Le obbligazioni convertibili in azioni
possono considerarsi come figure intermedie tra le obbligazioni e le azioni. Esse si rivolgono a quei
soggetti che non sono allettati da una semplice forma di investimento obbligazionario e neanche
vogliono esporsi totalmente ai rischi di un investimento azionario. Infatti le obbligazioni
convertibili conferiscono in via alternativa il diritto al rimborso del capitale prestato alla società
(con i relativi interessi) e il diritto a sottoscrivere azioni. L’emissione di tale tipo di obbligazioni
richiede due deliberazioni dell’assemblea straordinaria dei soci: a) quella in cui le obbligazioni sono
emesse dalla stessa società le cui azioni sono offerte in conversione, la quale delibera l'aumento del
capitale sociale per un ammontare corrispondente, che sarà sottoscritto man mano che gli
obbligazionisti eserciteranno la facoltà di conversione; b) quella in cui le obbligazioni sono emesse
da società o ente diversi dalla società le cui azioni sono offerte in conversione: qui l'aumento di
capitale necessario ad apprestare le azioni da offrire in conversione agli obbligazionisti viene
sottoscritto dalla società controllante o dall'ente finanziatore che emette le obbligazioni e le relative
azioni vengono accantonate in un fondo o in una gestione speciale in attesa della conversione. Il
rapporto che si instaura quindi tra la società e i sottoscrittori delle obbligazioni è un rapporto di
mutuo obbligazionario sul quale si innesta anche una opzione data all’obbligazionista di procedere
alla novazione del rapporto originario. Quando l’obbligazionista esercitando la facoltà a lui
riservata accetta la proposta, il rapporto di mutuo obbligazionario si estingue e subentra il rapporto
di partecipazione e da questo momento egli acquista i diritti e i poteri inerenti allo status di socio.
Essendo questa la struttura del rapporto, appare chiaro il senso della disciplina dettata dall'art
2420bis cc. Con essa vengono in primo luogo precisati i presupposti per l'operazione, presupposti
con i quali devono realizzarsi ab origine congiuntamente sia le condizioni di legge previste per
l'emissione dell'obbligazione sia quelle proprie dell'emissione di azioni. Il congegno tecnico
previsto dalla norma è che alla deliberazione di emissione di obbligazioni convertibili, che deve
determinare il rapporto di cambio e le modalità di conversione, faccia riscontro la contestuale
deliberazione di aumento di capitale per un ammontare corrispondente al valore nominale delle
azioni da attribuire in conversione: proprio per tale ragione anche la prima deve essere adottata
dall'assemblea straordinaria a meno che lo statuto non abbia attribuito la relativa competenza agli
amministratori. L’emissione delle obbligazioni convertibili non può essere deliberata se il capitale
sociale non è stato interamente versato e le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per
una somma inferiore all’ammontare globale del loro valore nominale. E’ chiaro che con questa
disciplina la legge mira a che non siano intaccate le certezze in tema di capitale sociale e quindi il
capitale sociale viene aumentato per un ammontare ben determinato sin dall’origine. E’ soltanto la
sottoscrizione delle azioni di nuova emissione che è incerta dato che dipende dalla volontà dei
singoli obbligazionisti ma tale incertezza sussiste in ogni ipotesi di aumento di capitale anche se per
un periodo di tempo più limitato. E’ ovvio quindi che il legislatore si sia anche occupato di una serie
di problemi che si possono porre durante il periodo in cui la conversione non è ancora consentita
per evitare che a seguito di modificazioni nell’assetto societario risulti pregiudicato il contenuto
economico del diritto di conversione dell’obbligazionista. La legge prevede infatti che in questo
periodo la società non possa deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, né la
modificazione delle disposizioni statutarie che regolano la distribuzione degli utili senza prima aver
consentito ai titolari di obbligazioni la facoltà di conversione e prevede inoltre che in caso di
fusione o scissione sia riconosciuta la facoltà di conversione e in ogni caso (e con l’approvazione
dell’assemblea degli obbligazionisti) siano riconosciuti agli obbligazionisti diritti equivalenti a
quelli spettanti prima della fusione o scissione. Nell'ipotesi invece dell'aumento del capitale a
pagamento, il primo comma dell'art 2441 cc riconosce il diritto di opzione anche ai possessori di
obbligazioni convertibili, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio. Il quinto comma
dell'art 2420bis prevede altresì che nei casi di aumento di capitale mediante imputazione di riserve e
di riduzione del capitale per perdite il rapporto di cambio sia modificato in proporzione alla misura
dell'aumento o della riduzione. Vi è però da dubitare in merito alla coerenza dell'equiparazione cosi
istituita dal legislatore tra queste ultime due ipotesi. L'aumento gratuito di capitale è infatti
un'operazione che, in quanto la si ritenga possibile in pendenza del periodo di conversione, avrebbe
giustificato l'attribuzione straordinaria della facoltà di conversione, ma non la modificazione del
rapporto di cambio, non essendo dubbio che le riserve, anche prima della imputazione a capitale,
hanno un'incidenza sul contenuto economico dell'azione sulla base del quale il rapporto di cambio è
stabilito e che quindi l'aumento gratuito deve andare comunque a vantaggio dell'obbligazionista.
Diverso è invece il caso di riduzione del capitale sociale per perdite: qui, se si vuole concretamente
conservare alle obbligazioni la convertibilità, occorre riequilibrare il rapporto di cambio ed
attribuire per ogni obbligazione o gruppo di obbligazioni un numero di azioni maggiore di quello
originariamente fissato.
263) Gli strumenti finanziari partecipativi. Nelle società per azioni i diritti degli obbligazionisti
possono essere molto diversificati in particolare per quanto riguarda il diritto alla restituzione del
capitale e il diritto agli interessi che possono essere subordinati o condizionati e quindi caratterizzati
da un elemento di rischio ulteriore rispetto a quello normalmente presente nei titoli di credito. Per
tale motivo la disciplina delle obbligazioni risulta applicabile a tutti gli strumenti finanziari emessi
dalla società diversi dalle azioni e pertanto tali strumenti si differenziano dalle azioni solo per il
fatto che l’apporto a fronte di emissione di azioni costituisce un conferimento e quindi conferisce al
soggetto il diritto di partecipare al capitale sociale e quindi di assumere la qualifica di socio.
Possiamo quindi dire che la disciplina delle obbligazioni costituisce la disciplina generale cui sono
soggetti gli altri strumenti finanziari emessi dalla società (diversi dalle azioni) mentre per gli
strumenti finanziari partecipativi (che cioè conferiscono al soggetto anche diritti amministrativi
oltre a quelli patrimoniali) il legislatore ha stabilito una disciplina particolare che si affianca a
quella generale. L’emissione di strumenti finanziari partecipativi è subordinata ad una precisa
disposizione statutaria che ne stabilisce anche le condizioni e le modalità di emissione,
L’assegnazione di strumenti finanziari partecipativi che possono essere assegnati gratuitamente ai
prestatori di lavoro è deliberata dalla assemblea straordinaria che ne fissa ovviamente i limiti e le
condizioni. La legge non indica quali siano i diritti amministrativi conferiti da tali strumenti
finanziari partecipativi limitandosi ad escludere per i loro possessori il diritto di voto nella
assemblea degli azionisti e a circoscrivere l’esercizio di tali diritti in una apposita assemblea (dei
possessori degli strumenti finanziari), diritti che possono consistere nella nomina di un sindaco o di
un componente indipendente del consiglio di amministrazione o di sorveglianza. L’assemblea dei
possessori degli strumenti finanziari partecipativi è inoltre chiamata ad approvare le deliberazioni
della assemblea generale che possono pregiudicare i diritti amministrativi loro spettanti. Inoltre la
delibera con la quale si costituisce un patrimonio destinato ad un singolo affare può prevedere
l’emissione di strumenti finanziari di partecipazione all’affare stesso indicando espressamente i
diritti attribuiti ai loro possessori. La legge in questo caso fissa una apposita disciplina che però
riproduce la disciplina delle obbligazioni richiedendo la tenuta di un libro dei possessori, la
costituzione di una assemblea dei possessori e di un rappresentante comune in modo analogo a
quanto avviene per gli obbligazionisti.
6) Modificazioni statutarie
264) Oggetto, forma e pubblicità. Le modificazioni statutarie nelle società di capitali riguardano
essenzialmente la struttura e l’organizzazione sociale mentre solo nelle società in accomandita per
azioni possono riguardare anche il mutamento della persona dei soci accomandatari ma in tal caso
la conseguenza del mutamento del socio si riflette sull’organizzazione della società in quanto viene
a mutare uno degli amministratori di diritto. Nelle società a responsabilità limitata le modificazioni
dell’atto costitutivo sono riservate alla competenza dei soci, la cui deliberazione deve essere
adottata in assemblea anche se l’atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di
aumentare il capitale sociale. Nelle società per azioni le modificazioni dell’atto costitutivo sono in
via di principio riservate all’assemblea straordinaria dei soci anche se la legge prevede che la
riduzione obbligatoria del capitale sociale per perdite possa essere deliberata anche dalla assemblea
ordinaria o dal consiglio di sorveglianza e prevede che per alcune materie lo statuto possa derogare
a tale principio (es. emissione di obbligazioni convertibili o aumento del capitale sociale attraverso
nuovi conferimenti che possono essere delegate agli amministratori). La delibera della modifica da
qualunque organo venga adottata deve essere verbalizzata da un notaio che dopo aver verificato
positivamente il rispetto delle condizioni richieste dalla legge deve provvedere entro 30 giorni
all’iscrizione nel registro delle imprese (che ha effetto costitutivo come per lo statuto e l’atto
costitutivo). L’ufficio del registro dopo aver provveduto al controllo di regolarità formale provvede
all’iscrizione. Se il notaio invece non ritiene adempiute le condizioni richieste dalla legge deve (a
pena di inefficacia definitiva della deliberazione) entro 30 giorni darne notizia agli amministratori
che nel termine di altri 30 giorni devono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti o
rivolgersi al tribunale perché ordini l’iscrizione nel registro delle imprese con decreto motivato
dopo aver verificato l’adempimento delle condizioni stesse. Il legislatore chiarisce ora che
l'iscrizione della modificazione statutaria nel registro delle imprese ha un effetto costitutivo, con ciò
superando i dubbi e le difficoltà cui dava luogo il silenzio sul punto della disciplina originaria.
Dopo ogni modifica, deve essere depositato nel registro delle imprese il testo integrale dello statuto
o dell'atto costitutivo nella sua redazione aggiornata.
265) Limiti in cui le modificazioni sono consentite. Le modificazioni possono riguardare
l’organizzazione della società e il funzionamento degli organi sociali, il capitale o l’oggetto o il tipo
della società, o operazioni particolari come la fusione e la scissione, o il trasferimento della sede
all’estero. E’ chiaro che quando le modifiche investono la struttura della società e il funzionamento
dei suoi organi la società ha il diritto di provvedere attraverso i propri organi e pertanto il
cambiamento si impone ai soci ai quali è concesso solo, in caso di modificazioni di particolare
rilievo, di esercitare il diritto di recesso ponendosi al di fuori della società. E’ diverso invece il caso
in cui le modifiche comportino direttamente o indirettamente la modificazione della posizione del
socio nella società e quindi quei diritti individuali che spettano al socio come tale e che quindi non
potrebbero essere soppressi o menomati da un atto di volontà della società. A questo proposito
talvolta è la legge a risolvere il problema, ad esempio quando dichiara nullo ogni patto teso ad
escludere o a rendere gravoso l’esercizio del diritto di recesso determinandone quindi la
insopprimibilità in sede di modificazione statutaria. Altre volte è la natura stessa della società che
rende impossibile la modificazione statutaria di alcuni diritti come il diritto agli utili, al risultato
della liquidazione o il diritto di impugnazione delle delibere assembleari. Infatti tali diritti
costituiscono l’essenza della società e quindi sopprimerli significherebbe annullare l’essenza della
società stessa. Se però tali diritti non possono essere esclusi è possibile la loro limitazione o
accentuazione rispetto a determinate categorie di soci. Ad esempio l’atto costitutivo della società a
responsabilità limitata può prevedere l’attribuzione ad alcuni soci di diritti particolari riguardanti la
distribuzione degli utili o l’amministrazione della società mentre lo statuto delle società per azioni
può prevedere l’emissione di azioni fornite di diritti diversi e quindi di azioni privilegiate nel
dividendo o di azioni a voto limitato accanto alle azioni ordinarie. Dobbiamo quindi chiederci se
pur rimanendo ferma l’attribuzione a ciascun socio dei diritti essenziali si possa in sede di
modificazione statutaria modificare la posizione originariamente attribuita ai soci all’atto della
costituzione della società. Tale posizione può essere modificata indirettamente, e cioè in quanto
siano attribuiti ai nuovi soci o a nuove categorie di azioni particolari diritti, o invece può essere
modificata direttamente in quanto siano mutati i diritti originariamente connessi al socio o alle sue
azioni. Nella prima ipotesi non vi è mutamento della posizione giuridica del socio, ma vi può essere
un pregiudizio di mero fatto, in quanto, considerata la posizione del socio congiuntamente a quella
degli altri, questa viene a risultare in concreto diversa da quella che era originariamente, pur
essendo rimasti intatti i diritti originariamente riconosciuti al socio. Ed è anche a questa ipotesi che
la legge sembra riferirsi quando riconosce il diritto di recesso al socio di società per azioni che non
ha concorso all'adozione delle modificazioni statutarie concernenti i diritti di voto o partecipazione,
sulla premessa allora della validità delle relative deliberazioni. Non sembra peraltro che questo
pregiudizio di mero fatto che può derivare dalla modificazione dell'atto costitutivo possa impedire
alla società di deliberarla validamente. In sostanza dalla stessa legge risulta che determinate
categorie di azioni possono essere create con successive modificazioni dello statuto e che il diritto
di opzione può essere escluso quando l'interesse della società lo esige. Più delicato il problema è se,
in sede di modificazione statutaria, possa essere modificata la posizione giuridica del socio: se ad
esempio possa essere deliberata la trasformazione in azioni ordinarie di azioni privilegiate o in
azioni a voto limitato di azioni ordinarie. La posizione del socio è una posizione riflessa che si
desume dall'ordinamento sociale e, se questo ordinamento può essere modificato con una
deliberazione di maggioranza, evidentemente ne deriva che con una deliberazione di maggioranza
può essere modificata anche la posizione del socio. Se invece la modificazione riguarda diritti dei
soci che sono riconosciuti ad essi individualmente in base a particolari motivi tale modifica non
può essere effettuata attraverso una modificazione dell’ordinamento sociale. Per tale motivo la
legge richiede per le società a responsabilità limitata, dove si possono attribuire particolari diritti a
singoli soci, per la loro modificazione il consenso unanime dei soci (salvo diversa disposizione
dell’atto costitutivo). D'altra parte, salvo questo caso particolare, la modificazione necessariamente
investe la posizione di tutti i soci che si trovano in quella situazione, appunto perché la
modificazione essenzialmente dipende dalla modificazione dell'ordinamento sociale, e quindi non
può riguardare tutti. Questo principio altro non rappresenta se non la naturale incidenza della
deliberazione sociale su tutti coloro che dell'ordinamento sociale fanno parte. Di fronte a questo
principio la creazione di una situazione di disparità tra i soci importerebbe una situazione di
privilegio, la quale non potrebbe essere l'effetto di un atto di volontà sociale.
266) Modificazioni essenziali e non essenziali: il diritto di recesso. La legge distingue tra le
modificazioni essenziali che autorizzano il socio ad esercitare il diritto di recesso e modificazioni
non essenziali. L'atto costitutivo della società a responsabilità limitata e lo statuto della società per
azioni che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio possono considerare essenziali anche
altre modificazioni diverse da quelle previste dalla legge e attribuire il diritto di recesso anche in
queste ipotesi; non possono invece escludere il recesso nelle ipotesi in cui è dalla legge attribuito o
renderne più gravoso l'esercizio. Per tutte le società di capitali sono modifiche essenziali a) il
cambiamento dell’oggetto sociale b) la modifica del tipo della società c) il trasferimento della sede
sociale all’estero d) la revoca dello stato di liquidazione e) l’eliminazione di cause di recesso
previste dallo statuto f) l’introduzione o la soppressione di clausole compromissorie (per le sole
società che non fanno ricorso al mercato di capitale di rischio). Per le società a responsabilità
limitata costituiscono inoltre modifiche essenziali : a) la fusione e la scissione b) l’esclusione del
diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale . Per le società per azioni costituiscono inoltre
modifiche essenziali: a) la variazione dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di
recesso b) le modificazioni dello statuto relative al diritto di voto o di partecipazione. Per le società
quotate sono infine modifiche essenziali le deliberazioni che comportano l’esclusione dalla
quotazione. In tutte queste ipotesi il socio che non ha concorso all’adozione della deliberazione ha
il diritto di esercitare il diritto di recesso e di ottenere in denaro il rimborso della quota fermo
restando che il recesso non può essere esercitato e, se esercitato, perde efficacia, qualora entro 90
giorni la società revochi la deliberazione modificativa o venga deliberato lo scioglimento della
società. Il diritto di recesso è inoltre consentito anche al di fuori delle ipotesi di modifiche
statutarie: ad es, per le società a tempo indeterminato il socio può sempre recedere salvo preavviso
di 180 giorni (o in caso di termine diverso fissato dallo statuto non superiore ad un anno).
Ovviamente se la società contratta a tempo indeterminato è quotata in borsa il diritto di recesso non
è consentito in quanto al socio è possibile liquidare il proprio investimento nel mercato
regolamentare senza costi per la società. Nella società a responsabilità limitata il socio ha diritto
alla liquidazione della sua quota in proporzione al capitale sociale tenendo conto del suo valore di
mercato al momento del recesso. Nella società per azioni quotate il valore della quota è calcolato in
base alla media dei prezzi di chiusura del semestre precedente alla convocazione dell’assemblea che
ha adottato la deliberazione mentre nelle società per azioni non quotate il valore è individuato dagli
amministratori (sentito il parere dell’organo di controllo e se presente del revisore dei conti) sulla
base della consistenza del patrimonio della società e del valore di mercato se presente. I soci hanno
diritto di conoscere la determinazione del valore di liquidazione delle azioni nei 15 giorni
precedenti alla data fissata nell'assemblea e quindi, in caso di contestazione, il valore è determinato
entro i successivi 90 giorni da un esperto nominato dal tribunale. Nelle società a responsabilità
limitata il rimborso della quota a favore del socio recedente deve avvenire entro 180 giorni dal
recesso mediante acquisto della quota da parte degli altri soci (in proporzione alle loro quote) o di
un terzo individuato dai soci o a carico della società mediante impiego delle riserve disponibili o nel
caso esse siano insufficienti mediante riduzione del capitale sociale, alla quale i creditori sociali
possono opporsi. Se non si riesce ad arrivare al rimborso la società si scioglie. Nella società per
azioni occorre in primo luogo offrire le azioni in opzione agli altri soci da parte degli amministratori
che devono depositare l’offerta presso il registro delle imprese. I soci possono esercitare l’opzione
nel termine di almeno 30 giorni dal deposito. Le azioni non acquistate possono essere collocate
dagli amministratori presso terzi o nel mercato regolamentare nel caso di azioni quotate. Nel caso
in cui trascorsi 180 giorni dalla dichiarazione di recesso non si sia giunti al collocamento delle
azioni l’acquisto delle stesse può essere fatto dalla società mediante l’impiego di riserve disponibili
o in mancanza tramite riduzione del capitale. In alternativa la società si scioglie come si scioglie
anche se c’è stata opposizione dei creditori sociali alla riduzione di capitale. Vi è anche da notare
che la disciplina del diritto di recesso funge in certo modo da paradigma per una serie di altre
ipotesi in cui si realizza l'uscita del socio dalla società. Ciò avviene al fine di determinare il prezzo a
cui, nel caso di limiti alla circolazione della partecipazione, egli ha diritto di venderla agli altri soci
o alla società. Avviene inoltre nelle ipotesi in cui, sulla base di apposita previsione statutaria, è
consentito di estromettere il socio dalla società. Cosi nel caso di azioni riscattabili, per le quali cioè
lo statuto prevede un potere di riscatto da parte della società e dei soci, e che riguardano
essenzialmente l'ipotesi in cui la partecipazione alla società si giustifichi per la situazione personale
del socio e per la permanenza della medesima, il cc rinvia alla disciplina del recesso per quanto
concerne il prezzo del riscatto.
267) Modificazioni del capitale sociale: a) aumento del capitale sociale mediante nuovi
conferimenti. L’aumento del capitale può avvenire con corrispondente aumento del patrimonio a
seguito di nuovi conferimenti o senza aumento del patrimonio a seguito del passaggio a capitale
della parte disponibile delle riserve e dei fondi presenti in bilancio. Nello stesso modo si può avere
riduzione di capitale mediante riduzione del patrimonio (restituzione parziale dei conferimenti o
esonero dal compimento del conferimento) o una riduzione del capitale per perdite e cioè senza
riduzione del patrimonio. L’aumento del capitale mediante nuovi conferimenti è consentito quando
risponde a necessità effettiva della società e quindi può essere deliberato solo quando i conferimenti
assunti all’atto della costituzione o di precedenti aumenti di capitale siano stati totalmente eseguiti.
Per l’aumento del capitale mediante nuovi conferimenti valgono le regole poste per la costituzione e
quindi deve essere subito versato il 25% dei conferimenti in denaro (solo che in questo caso il
versamento è fatto direttamente alla società), e deve essere presentata garanzia circa l’effettiva
corrispondenza dei conferimenti in natura e dei crediti alla parte di capitale sottoscritto. Le nuove
quote (per la società a responsabilità limitata) e le nuove azioni (per la società per azioni) devono
essere emesse per una valore nominale complessivo al meno pari all’ammontare dell’aumento ma in
alcune ipotesi possono (o devono) essere emesse ad un valore superiore(e cioè con un
sovrapprezzo) a seguito dell’incremento verificatosi nel patrimonio per l’esercizio dell’attività
sociale. La variazione di capitale non si attua a seguito della deliberazione di aumento del capitale
ma solo a seguito della effettiva sottoscrizione e quindi gli amministratori devono iscrivere nel
registro delle imprese una attestazione dell’avvenuto aumento di capitale e solo in questo momento
il capitale si considera effettivamente aumentato e può essere riportato sulla documentazione della
società. La legge chiarisce poi che, se l'aumento di capitale non è integralmente sottoscritto nel
termine indicato dalla deliberazione, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni
raccolte solo se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto. Il che si spiega nella
prospettiva per cui la determinazione dell'importo complessivo dell'aumento di capitale individua
uno dei momenti che caratterizzano l'operazione economica: sicchè in linea di principio, né alle
società ne ai sottoscrittori può essere imposto il permanere del vincolo quando essa abbia fallito il
suo obbiettivo. La sottoscrizione del nuovo capitale spetta in primo luogo ai soci. Per le società a
responsabilità limitata la legge riconosce ai soci il diritto di sottoscrivere l’aumento di capitale in
proporzione alle quote possedute e richiede che la decisione di aumento, oltre a contenere i termini
e le modalità, debba prevedere che la parte di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia
sottoscritta dagli altri soci o da terzi. Per le società per azioni la legge riconosce agli azionisti (e
agli eventuali possessori di obbligazioni convertibili) il diritto di opzione ossia il diritto di
sottoscrivere le azioni di nuova emissione in proporzione alle azioni possedute ( e per i possessori di
obbligazioni convertibili sulla base del rapporto di cambio) a preferenza di altri soggetti al fine di
a) evitare una alterazione delle partecipazioni sociali esistenti b) offrire ai vecchi soci la possibilità
di ulteriori investimenti per i loro capitali. Nella società a responsabilità limitata il diritto alla
sottoscrizione gode in via di principio di protezione assoluta. Infatti se è vero che è consentito che
l’atto costitutivo preveda che l’aumento di capitale (solo se finalizzato alla ricostituzione del
capitale ridotto per perdite al di sotto del limite legale) possa essere attuato mediante offerta delle
nuove quote ai terzi è anche vero che in questo caso i soci che non hanno acconsentito possono
recedere dalla società. E’ pertanto impedito in questo tipo di società che i soci possano essere
costretti a rimanere nella società dove gli equilibri sono alterati rispetto a quelli convenuti
originariamente e quindi l’esigenza della maggioranza di far entrare terzi nel gruppo deve tenere
conto dei costi derivanti dall’eventuale esercizio del diritto di recesso. Nelle società per azioni sono
previste invece le seguenti ipotesi di esclusione del diritto di opzione: a) per le azioni di nuova
emissione che secondo la deliberazione di aumento del capitale devono essere liberate mediante
conferimento in natura. In questo caso è evidente che la società ha interesse ad acquisire un bene
determinato che è posseduto da un soggetto ma la legge richiede che in apposita relazione degli
amministratori siano illustrate le ragioni di questo specifico interesse). b) per deliberazione
dell’assemblea quando l’interesse della società lo esige e quindi esiste un concreto interesse sociale
che giustifica il sacrificio. In tal caso la deliberazione deve essere approvata dai soci che
rappresentano oltre la metà del capitale sociale anche se è presa in una convocazione successiva alla
prima c) per deliberazione dell’assemblea c) quando le azioni sono offerte in sottoscrizione ai
dipendenti della società e in questo caso è necessaria l’approvazione dei soci che rappresentano
oltre la metà solo se l’esclusione riguarda più di un quarto delle azioni essendo sufficienti in caso
contrario le maggioranze richieste per l’assemblea straordinaria. Per le società per azioni quotate
inoltre lo statuto può escludere il diritto di opzione nei limiti del 10 per cento del capitale
preesistente purché il revisore accerti con apposita relazione che il prezzo di emissione corrisponde
al valore di mercato delle azioni in quanto in questo caso l’azionista può con identico esborso
procurarsi sul mercato le azioni necessarie a mantenere la proporzione esistente. Non costituisce
invece esclusione o limitazione del diritto di opzione il fatto che la sottoscrizione delle nuove azioni
avvenga tramite banche o intermediari finanziari i quali si assumono l’obbligo di offrirle agli
azionisti (opzione indiretta). In questo caso la legge stabilisce che nel periodo intercorrente tra la
sottoscrizione delle azioni e il loro acquisto da parte degli azionisti l’intermediario, anche se
formalmente socio, non può esercitare il diritto di voto. Come abbiamo già detto nelle società a
responsabilità limitata l’atto costitutivo può riservare agli amministratori la facoltà di aumentare il
capitale sociale determinandone limiti e modalità di esercizio. Per quanto riguarda la società per
azioni l’atto costitutivo (o una sua modificazione) può delegare agli amministratori la facoltà di
aumentare il capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni
dalla data di iscrizione della società nel registro delle imprese. La delega può riguardare anche la
facoltà di escludere il diritto di opzione e l’emissione di obbligazioni anche convertibili. In questi
casi il verbale della decisione degli amministratori deve essere redatto da un notaio e depositato per
l’iscrizione nel registro delle imprese.
268) continua : b) aumento gratuito del capitale sociale. Diversa è la situazione che si verifica
quando l’aumento del capitale si attua mediante passaggio a capitale della parte disponibile delle
riserve o dei fondi speciali iscritti a bilancio. In questo caso infatti non si ha variazione nel
patrimonio sociale e quindi non vengono applicate le norme dirette ad assicurare la effettività dei
conferimenti o che subordinano l’aumento del capitale alla esecuzione dei conferimenti
precedentemente assunti. E’ ovvio che il nuovo capitale deve essere ripartito tra i soci in
proporzione alla loro partecipazione e ciò avviene nella società per azioni tramite assegnazione di
azioni gratuite o mediante aumento del valore nominale delle azioni possedute mentre nelle società
a responsabilità limitata rimane immutata la quota di partecipazione del socio. È ovvio anche che
nelle società per azioni qualora sussistono diverse categorie di azioni ciascun socio debba ricevere
azioni della stessa categoria di quelle possedute.
269) continua c) la riduzione del capitale sociale mediante riduzione del patrimonio. La riduzione
del capitale sociale può avvenire con riduzione del patrimonio e quindi mediante liberazione dei
soci dai versamenti ancora dovuti o mediante rimborso ai soci dei versamenti effettuati o senza
riduzione del patrimonio in caso di riduzione per perdite. La prima ipotesi comportando una
riduzione del patrimonio comporta una riduzione delle garanzie per i creditori e quindi non può
attuarsi senza particolari cautele a garanzia di questi. La legge dispone infatti che la deliberazione
di riduzione può essere attuata solo dopo 90 giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese,
termine concesso ai creditori per eventuale opposizione. L’opposizione sospende l’esecuzione ma il
tribunale, se sono presenti idonee garanzie, può disporre che l’operazione abbia luogo in pendenza
del giudizio di opposizione. Per effetto della riduzione il capitale non può però essere portato al di
sotto del limite legale previsto per il tipo di società a meno che contemporaneamente non si deliberi
la trasformazione della società. Limiti particolari sono posti alle società per azioni che abbiano
emesso obbligazioni e per le società per azioni che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.
Un’altra ipotesi di riduzione del capitale sociale con riduzione del patrimonio si ha nel caso di
recesso del socio e anche in questo caso la legge riconosce ai creditori la possibilità di opporsi e
stabilisce che quando tale opposizione venga considerata fondata dal giudice la società si sciolga.
Ciò perché la riconosciuta insufficienza dei suoi mezzi patrimoniali al fine di soddisfare il diritto
del socio alla liquidazione della propria partecipazione è ritenuto un chiaro sintomo di una sua
mancanza di funzionalità economica.
270) La riduzione del capitale sociale per perdite. La riduzione del capitale per perdite comporta
l’adeguamento del capitale alla effettiva consistenza del patrimonio come conseguenza dei risultati
negativi dell’attività sociale. La riduzione del capitale sociale è obbligatoria quando le perdite
abbiano diminuito di oltre un terzo il capitale sociale e non siano state riassorbite nell’esercizio
successivo. L’emersione di una perdita superiore al terzo infatti obbliga gli amministratori (e nella
società per azioni in caso di loro inerzia il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza) a
convocare l’assemblea con urgenza per i dovuti provvedimenti e devono sottoporre all’assemblea
una relazione con le osservazioni dell’organo di controllo o del soggetto incaricato alla revisione
legale dei conti da depositare in copia nella sede della società negli otto giorni precedenti la
convocazione. Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo
l’assemblea (o il consiglio di sorveglianza) che approva il bilancio deve ridurre il capitale in
proporzione alle perdite accertate e in tal caso per le società per azioni tale deliberazione è presa
eccezionalmente dalla assemblea ordinaria. Qualora le azioni siano prive di valore nominale la
riduzione può essere deliberata dal consiglio di amministrazione. Qualunque sia l’organo che l’ha
adottata la deliberazione di riduzione del capitale per perdite deve essere depositata per l’iscrizione
nel registro delle imprese. Se non viene deliberata la riduzione vi può provvedere il tribunale su
richiesta dell' organo di controllo o l’organo incaricato della revisione dei conti. Se in conseguenza
della perdita superiore ad un terzo il capitale scende al di sotto del limite legale deve essere
convocata con urgenza l’assemblea per deliberare la riduzione e il contemporaneo aumento del
capitale sociale fino ad una cifra non inferiore al minimo o la trasformazione della società, in
mancanza di ciò la società si scioglie. È controverso se alla riduzione del capitale sociale e al
contemporaneo aumento possa farsi luogo quando il capitale sociale sia completamente perduto. La
questione sorge in quanto vi può essere perdita totale del capitale sociale pur conservando il
patrimonio sociale un valore positivo, perché le valutazioni di bilancio, rilevanti ai fini della
determinazione della perdita di capitale, non corrispondono esattamente al valore effettivo del
patrimonio e ciò anche a prescindere dalla creazione di riserve occulte o di fondi di ammortamento
eccessivi. Ipotesi analoga a quella della riduzione del capitale sociale per perdite si ha nel caso di
morosità del socio quando non è possibile collocare le azioni o le quote del socio moroso e nel caso
della società per azioni quando il valore dei beni conferiti risulti inferiore di almeno un quinto al
capitale sociale sottoscritto. Anche in questi casi si deve procedere ad una corrispondente riduzione
del capitale sociale.
7) Lo scioglimento
271) Cause di scioglimento. Ai sensi dell'art 2484 cc la società di capitali può sciogliersi per volontà
dei soci o per le altre cause previste dalla legge o dall'atto costitutivo dallo statuto. Tali cause sono
in parte quelle previste per le società di persone (decorso del termine di durata, conseguimento
dell’oggetto sociale o impossibilità di conseguirlo) in parte specificamente previste per le società di
capitali ( riduzione del capitale al di sotto del minimo legale senza che sia disposta la reintegrazione
o la trasformazione della società, accoglimento dell’opposizione dei creditori circa la riduzione di
capitale necessaria per il rimborso al socio recedente, impossibilità di funzionamento
dell’assemblea). Inoltre la volontà dei soci per determinare lo scioglimento della società viene
manifestata con deliberazione presa alla maggioranza prevista per le modificazioni statutarie e
quindi non è necessario un consenso unanime.
272) Effetti dello scioglimento. A differenza dalle società di persone il verificarsi di una causa di
scioglimento non comporta lo scioglimento automatico della società in quanto gli effetti dello
scioglimento si producono solo con l’iscrizione presso il registro delle imprese della dichiarazione
con cui gli amministratori accertano il verificarsi di una causa di scioglimento o, nel caso di
scioglimento volontario, della relativa deliberazione. In conseguenza dello scioglimento
l’organizzazione della società permane con il solo scopo della definizione dei rapporti sociali e
quindi nella gestione della società i liquidatori si sostituiscono agli amministratori ma gli altri
organi rimangono efficaci anche se la loro attività rimane limitata agli scopi della liquidazione. Lo
scioglimento della società però non rende attuale di per sé il diritto dei soci alla liquidazione della
quota in quanto la società può, in caso di eliminazione della causa di scioglimento, revocare lo stato
di liquidazione (sempre con le maggioranze richieste per le modifiche statutarie). Tale revoca ha
effetto dopo 60 giorni dall’iscrizione della deliberazione e in questo termine i creditori possono fare
opposizione salvo il potere del tribunale di autorizzare comunque l’operazione se non vi è pericolo
di pregiudizio per i creditori o se la società ha fornito adeguata garanzia. Inoltre il conseguimento
dell’oggetto sociale o la impossibilità sopravvenuta di conseguirlo rappresentano cause di
scioglimento solo quando l’assemblea, convocata con urgenza, non deliberi le opportune modifiche
statutarie. Inoltre per gli amministratori, al verificarsi di una causa di scioglimento, non viene posto
più il divieto di intraprendere nuove operazioni (come era prima della riforma) ma solo il dovere di
procedere agli adempimenti pubblicitari richiesti dalla legge. La legge stabilisce espressamente che
nel periodo che intercorre tra il verificarsi della causa di scioglimento e la consegna ai liquidatori
dei libri sociali gli amministratori conservano il potere di gestire la società anche se ai soli fini della
conservazione del valore del patrimonio sociale. La violazione di tale limite da parte degli
amministratori comporta la normale responsabilità per i danni arrecati alla società, ai soci e ai terzi
(e non più come in passato la responsabilità personale e illimitata per gli affari intrapresi).
Contestualmente all’accertamento della causa di scioglimento gli amministratori devono convocare
con urgenza l’assemblea straordinaria che deve deliberare (con le maggioranze richieste per le
modifiche statutarie) la nomina dei liquidatori, i loro poteri, l’individuazione dei liquidatori cui
spetta la rappresentanza nonché gli atti necessari per la conservazione dell’impresa. In caso di
omissione degli amministratori alla convocazione dell’assemblea può provvedere il tribunale (su
istanza dei singoli soci o amministratori o dei sindaci) e se l’assemblea non si costituisce o non
delibera le determinazioni suddette sono prese dal tribunale con decreto. I liquidatori, anche se
nominati dal tribunale, possono essere revocati dall’assemblea (con le maggioranze richieste per la
nomina) o quando sussiste una giusta causa dal tribunale (su istanza dei soci, dei sindaci o del pm).
273) Svolgimento della liquidazione. I liquidatori devono provvedere all’iscrizione nel registro
delle imprese della loro nomina, dei loro poteri, e delle relative modificazioni. A seguito
dell’iscrizione gli amministratori cessano dalla carica e devono consegnare ai liquidatori i libri
sociali unitamente ad una situazione dei conti alla data in cui lo scioglimento è divenuto efficace e
ad un rendiconto della loro gestione nel periodo successivo all’ultimo bilancio approvato. I
liquidatori, salva diversa disposizione statutaria o se non si è disposto diversamente all’atto della
loro nomina, possono compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società e possono
compiere gli atti necessari per la conservazione del valore dell’impresa. Come accade nelle società
di persone i liquidatori, qualora i fondi siano insufficienti per il pagamento dei debito sociali,
possono chiedere ai soci i versamenti non ancora effettuati ma a differenza dalla società di persone
possono distribuire ai soci acconti sulla quota di liquidazione purchè dal bilancio risulti che tale
ripartizione non può arrecare pregiudizio alla soddisfazione dei creditori sociali. Tali acconti (a
differenza dagli acconti sui dividendi) sono ripetibili e quindi la loro concessione può essere
subordinata alla presentazione da parte del socio di idonea garanzia. I liquidatori devono assolvere
al loro compito con professionalità e diligenza e in caso di inosservanza la loro responsabilità è
disciplinata dalle stesse regole previste per gli amministratori. Particolare attenzione è dedicata
dalla legge alla contabilità della società in liquidazione: al riguardo l'art 2490 cc dispone che, anche
in fase di liquidazione, il bilancio redatto dai liquidatori deve essere approvato dai soci e deve
riportare le variazioni dei criteri di valutazione adottati rispetto al bilancio precedente, nonché
ragioni e conseguenze di tali variazioni. Anche il bilancio redatto dai liquidatori è costituito, oltre
che dallo stato patrimoniale e dal conto economico, dalla nota integrativa, che deve indicare e
motivare i criteri di valutazione adottati, e deve essere corredato da una valutazione che illustri
l'andamento, le prospettive, anche temporali, della liquidazione, ed i principi e criteri in base ai
quali è stata svolta, come pure, qualora sia prevista una continuazione anche parziale dell'attività di
impresa, le ragioni e le prospettive della stessa. In quest'ultimo caso la legge richiede che il bilancio
le poste relative all'esercizio provvisorio dell'impresa siano indicate separatamente dalle altre. Il
bilancio deve essere inoltre depositato presso il registro delle imprese e se questo non avviene per
tre anni consecutivi la società viene cancellata d’ufficio dal registro delle imprese.
274) Chiusura della liquidazione. La chiusura della liquidazione è diversamente regolata in
relazione alla diversa struttura delle società. Non sussiste nelle società di capitali quella netta
distinzione che invece sussiste nelle società di persone tra liquidazione e divisione, sicché il
compito dei liquidatori sia limitato alla definizione dei rapporti con i terzi, ed assuma, in ordine alla
divisione, un carattere meramente preparatorio. Una volta compiuta la liquidazione i liquidatori
devono redigere il bilancio finale e indicare la parte dell’attivo residua spettante a ciascun socio o a
ciascuna azione. Il bilancio deve essere sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla relazione
dei sindaci e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti e deve essere depositato presso
il registro delle imprese. Ciascun socio può proporre reclamo contro il bilancio entro i 90 giorni
dall’iscrizione davanti al tribunale e in contraddittorio con i liquidatori. Tutti i reclami vengono
decisi dal tribunale con unica sentenza che fa stato anche nei confronti dei non intervenuti. Decorsi i
novanta giorni senza reclami o se ogni socio riscuote senza riserve la somma a lui attribuita il
bilancio si intende approvato e i liquidatori sono liberati salvo (nella prima ipotesi) l’obbligo della
distribuzione ai soci dell’attivo. Le somme eventualmente non riscosse vengono depositate presso
una banca a favore dei soci nominativamente indicati o a favore delle azioni, numericamente
indicate, se si tratta di azioni al portatore. Approvato il bilancio di liquidazione la società deve, su
richiesta dei liquidatori, essere cancellata dal registro delle imprese e con tale atto la società cessa
definitivamente e la persona giuridica è estinta. I creditori che eventualmente siano rimasti
insoddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei liquidatori (se il mancato pagamento
è dipeso da loro colpa) e in ogni caso verso i soci fino alla concorrenza delle somme da loro
riscosse sulla base del bilancio di liquidazione. Dopo la cancellazione pertanto non è possibile una
reviviscenza della società e una riapertura del processo di liquidazione né per il caso di
sopravvenienze passive, né per il caso di sopravvenienze attive. Per le sopravvenienze passive la
situazione è esplicitamente regolata dalla legge nel senso che i crediti nei confronti della società
devono essere fatti valere nei confronti dei soci ed eventualmente del liquidatore; non può pertanto
l'interprete sostituire al regolamento legale un diverso regolamento.
8) Le società con azioni quotate nei mercati regolamentari
275) Premessa. Il nostro ordinamento attuale distingue tra le società per azioni che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio (società aperte) e quelle che non fanno ricorso a tale mercato (società
chiuse). Nell’ambito delle società aperte sono considerate oltre alle società quotate anche le società
con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante ma è indubbio che la disciplina delle società
aperte trova applicazione soprattutto con riferimento alle società quotate. Per un verso infatti gran
parte dell'attuale disciplina delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio deriva
da disposizioni in materia di società quotate che, prima della riforma organica, erano contenute in
leggi speciali. Sicchè l'intervento del legislatore si è risolto nell'estensione di tali regole alle società
con azioni diffuse e nel loro inserimento nel sistema del codice. Per altro verso le società quotate
continuano ad essere sottoposte, oltre che alla disciplina codicistica delle società per azioni, ad una
disciplina speciale loro riservata: ai sensi del secondo comma dell'art 2325bs cc la prima trova
applicazione alle società quotate solo in quanto non sia diversamente disposto da altre norme del cc
e delle leggi speciali.
276) Gli interessi rilevanti. La distinzione tra società aperte e chiuse si spiega in funzione del modo
in cui la società si procura il capitale di rischio e in particolare in funzione del fatto che le azioni
siano o meno quotate sul mercato. Infatti in tal caso la partecipazione azionaria oltre ad essere un
mezzo per partecipare ad una iniziativa imprenditoriale può essere anche un mezzo per investire il
proprio risparmio, ottenendo attraverso i dividendi una remunerazione adeguata e avendo in
qualunque momento la possibilità di monetizzare l’investimento attraverso la vendita delle azioni
sul mercato. Ne deriva, oltre ad una polverizzazione del capitale sociale, la distinzione nell’ambito
della società di due categorie di azionisti, i cosiddetti azionisti imprenditori che partecipano alla
gestione dell’impresa e i cosiddetti azionisti risparmiatori che si preoccupano invece esclusivamente
di investire proficuamente i loro risparmi non contribuendo alla gestione. Si realizzano cosi
nell'ambito sociale posizioni di potere alle quali non corrisponde una pari responsabilità (power
without property) e posizioni di responsabilità alle quali non corrisponde addirittura un
potere(property without power). Essendo rilevante la funzione del mercato nell’ambito delle società
quotate è anche evidente che il funzionamento del mercato stesso assuma rilievo nella relativa
disciplina di diritto societario. Possiamo citare ad esempio il fatto che gli azionisti di società per
azioni quotate che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione della
quotazione abbiano diritto di recesso, che ci dimostra come la quotazione in borsa venga ad
assumere una valore rilevante portando a riconoscere il diritto di recesso che invece il sistema
ammette per le sole modificazioni organizzative essenziali, o ancora il fatto che per le società
quotate il valore delle azioni da riconoscere al socio recedente viene calcolato con esclusivo
riguardo alla loro quotazione senza tenere conto della consistenza patrimoniale della società. Si crea
pertanto una situazione in cui da un lato le regole del mercato incidono direttamente sulla disciplina
societaria e dall’altro la disciplina societaria si riflette sul funzionamento del mercato giungendo
anche a condizionarne l’operatività. Ciò spiega una serie notevolmente ampia di interrelazioni tra le
due discipline: cosi, per esempio, con la previsione che gli acquisti di azioni proprie da parte delle
società con azioni quotate devono essere effettuati in modo da assicurare la parità di trattamento tra
gli azionisti, e, più in generale, con le disposizioni che impongono il ricorso al mercato al fine di
collocare le azioni del socio recedente ovvero i diritti di opzione in occasione di un aumento di
capitale mediante nuovi conferimento; oppure la disposizione che, muovendo dall'esigenza propria
del mercato di una parità di condizioni dei soggetti che vi partecipano, stabilisce che gli emittenti
assicurano il medesimo trattamento a tutti i portatori degli strumenti finanziari quotati che si trovino
in identiche condizioni. Questi esempi sono sufficienti a mostrare le caratteristiche principali di una
disciplina differenziata per le società con azioni quotate quale ormai in molti aspetti è vigente nel
nostro ordinamento. Si tratta per un primo aspetto del peculiare rilievo che in esse assume
l'accennata distinzione tra azionisti imprenditori e azionisti risparmiatori: da ciò il problema per il
legislatore se e come elaborare specifici mezzi di tutela dei secondi. Si tratta inoltre, essendo con
tali società coinvolti interessi nel contempo degli azionisti e del mercato, di prevedere quelle
opportune forme di controllo pubblico le quali, spiegabili soprattutto per gli interessi generali
coinvolti nel secondo, si traducono anche in una tutela dei primi. Si tratta ancora di soddisfare le
esigenze, di nuovo comuni alla prospettiva del mercato ed a quella interna al gruppo societario, che
muovono nel senso di una trasparenza degli assetti di questo secondo, soprattutto naturalmente per
quanto concerne il gruppo di comando. E si tratta infine di disporre misure volte a salvaguardare il
valore economico dell'investimento azionario, ad impedire cioè che i comportamenti stessi nel
mercato si traducano o possano tradursi in un pregiudizio comparativo degli azionisti di minoranza
rispetto a quelli di controllo.
277) I diritti degli azionisti. Tale stretta correlazione che si crea nelle società quotate tra
funzionamento del mercato e disciplina societaria dipende dal fatto che l’interesse dell’investitore si
concentra sul valore dell’investimento e tale valore si determina appunto anche attraverso la
competizione sul mercato. Ne è derivato un dibattito tra chi ritiene che l’ordinamento non dovrebbe
imporre autoritativamente regole di tutela degli azionisti ma dovrebbe ampliare lo spazio dato
all’autonomia statutaria perché in tal modo il mercato, potendo liberamente funzionare, farebbe
prevalere comunque le migliori soluzioni per gli investitori; e chi invece ritiene che per un migliore
funzionamento del mercato sarebbe necessario un intervento dell’ordinamento volto almeno a
definire le garanzie minime per gli investitori. A tale proposito la scelta del nostro legislatore è stata
in un certo modo di compromesso, orientata più nel secondo senso ma con molte aperture verso la
prima direzione. In primo luogo il legislatore ha adottato soluzioni legislative volte a rendere più
agevole l’intervento degli investitori nella vita della società: ciò nel presupposto che la passività
degli azionisti riscontrabile nella realtà non dipenda solo da fatti strutturali, dalla constatazione cioè
che per essi è comunque meno costoso procedere alla vendita sul mercato delle azioni, il che
peraltro, implicando un abbassamento delle quotazioni e rendendo più agevoli scalate per il
controllo della società, potrebbe rappresentare una minaccia per chi in concreto la gestisce. Una
prospettiva il cui realismo deve essere valutato tenendo conto che sempre più eccentrica è l'ipotesi
del diretto investimento da parte del singolo risparmiatore e sempre più rilevante è la mediazione
dei cd investitori istituzionali (società di gestione del risparmio, fondi pensione ecc): rispetto ai
quali in effetti, proprio per le dimensioni dell'investimento gestito, il presupposto stesso di quella
passività si pone quanto meno in termini diversi. La disciplina delle società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio prevede un quantum di partecipazione inferiore per l’esercizio dei
diritti di minoranza rispetto a quello richiesto per le società chiuse. Ciò avviene per quanto concerne
l'impugnazione delle deliberazioni assembleari, l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità da
parte dei soci, il potere di vincolare il collegio sindacale ad indagare a seguito della denuncia ex art
2408 cc e quello di proporre denuncia al tribunale ai sensi dell'art 2409 cc, la percentuale richiesta
al fine di chiedere la convocazione dell'assemblea. Mentre l'art 126bis del testo unico finanziario
prevede per le minoranze di società quotate, che rappresentino almeno un quarantesimo del capitale
sociale, il potere di chiedere l'integrazione dell'ordine del giorno dell'assemblea. Le caratteristiche
del mercato, e segnatamente la connotazione rigorosamente oggettiva ed anonima delle azioni che
in esso vengono negoziate, possono rappresentare un ostacolo a scelte statutarie volte a dare
rilevanza accanto alle azioni, a coloro che ne risultano titolari, o che addirittura presuppongono che
la identità di costoro sia nota alla società: si comprende allora la ragione per la quale solo le società
che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio possono prevedere limitazioni o
scaglionamenti del diritto di voto in ragione della quantità di azioni possedute da un medesimo
soggetto, o introdurre forme personalizzate di convocazione dell'assemblea quale in particolare la
comunicazione dell'avviso ai singoli soci.
278) Le azioni di risparmio. Tale rafforzamento dei mezzi di tutela degli azionisti ottenuto dal
legislatore con il testo unico finanziario non esclude però un maggiore spazio lasciato anche
all’autonomia statutaria in quanto ad esempio la legge consente agli statuti di attribuire i relativi
diritti anche a percentuali inferiori a quelle individuate dalla legge. Non c’è però dubbio che
l’autonomia statutaria può esplicarsi principalmente con riferimento ai diritti patrimoniali offerti
agli azionisti che sicuramente determinano una maggiore appetibilità per il risparmiatore. In
particolare ci riferiamo alla evoluzione legislativa in termini di azioni di risparmio. La legge del
1974 ha infatti consentito alle società per azioni quotate l’emissione di azioni del tutto prive del
diritto di voto prevedendo per esse specifici privilegi in tema di ripartizione di utili, di liquidazione
delle quote e di sopportazione delle perdite. La legge dispone anche che deve essere l’atto
costitutivo a determinare il contenuto del privilegio, le condizioni, i limiti e le modalità del suo
esercizio. L’utilizzazione delle azioni di risparmio è riservata esclusivamente alle società quotate e
anzi è necessaria la quotazione delle azioni ordinarie in quanto in tal modo si offre la possibilità al
risparmiatore di acquistare sul mercato azioni che possano attribuirgli anche una posizione di potere
nella società. La legge tuttavia per garantire l’equilibrio organizzativo interno della società
stabilisce una soglia quantitativa per il rapporto tra le azioni di risparmio e le altre azioni: le prime,
sommate alle azioni a voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale. Sicchè,
qualora in conseguenza di perdite, la parte del capitale sociale si sia ridotta al di sotto di tale
rapporto, ne deriva la necessità di un suo ripristino nel termine a seconda dei casi di due anni o di
sei mesi mediante l'emissione di azioni ordinarie attribuite in opzione ai possessori di azioni
ordinarie, ed in mancanza la società si scioglie.
279) La durata dell’investimento azionario. Il testo unico finanziario con legge adottata nel 2010 ha
introdotto la possibilità di distinguere, per quanto riguarda i dividendi, sulla base della durata
dell’investimento azionario e quindi in base al fatto se esso viene attuato a fini speculativi o meno.
Tale legge prevede che gli statuti possano attribuire alle azioni detenute dagli azionisti per un
periodo indicato dallo statuto stesso (e comunque non inferiore ad un anno) il diritto ad una
maggiorazione (non superiore al 10 per cento) del dividendo distribuito alle altre azioni. Tale
possibilità è relativa alle sole azioni che complessivamente non superano il cinque per mille del
capitale sociale e non siano detenute da chi possa aver esercitato una influenza dominante. In questo
modo la legge cerca di privilegiare i piccoli azionisti risparmiatori che hanno inteso effettuare un
investimento di lungo periodo, escludendo sia coloro che hanno finalità imprenditoriali sia i piccoli
risparmiatori che cercano un guadagno mediante una intermediazione sul mercato. Interessante è
osservare che mediante tale finalità si adotta un approccio il quale, diversamente dalla prospettiva
tipica delle società per azioni, assegna rilievo non più ad una considerazione oggettiva delle azioni e
dei diritti che attribuiscono, bensì a quella soggettiva dell'azionista, ma in quanto risparmiatore: il
beneficio viene infatti perso in caso di cessione dell'azione, salvo che nell'ipotesi di successione a
titolo universale o di fusione e scissione. Ne risulta in tal modo una prospettiva per cui, in sede di
esercizio di un diritto importante come quello alla percezione degli utili dei quali sia stata deliberata
la distribuzione, assumono o rilievo le vicende personali degli azionisti: la misura dei dividendi in
concreto assegnati a ciascuno di questi finisce in tal modo per dipendere dalla durata non solo
dell'investimento proprio, ma anche di quello altrui, con l'esito che, ai fini della loro ripartizione, al
concreto criterio di proporzionalità si aggiunge l'altro dei reciproci rapporti degli azionisti in
relazione alle caratteristiche temporali del loro investimento, con una penalizzazione di quello
speculativo a breve termine .
280) L’assemblea e le deleghe di voto. Le società quotate comportano come abbiamo detto una
polverizzazione del capitale sociale e quindi si pone il problema di assicurare la partecipazione
all’assemblea e la sua conseguente funzionalità. Per tale motivo la legge ha stabilito una serie di
soluzioni, un tempo esclusive delle società quotate e ora estese alle altre società aperte, come quella
relativa alla previsione di quorum costitutivi e deliberativi minori per l’assemblea straordinaria, o
la possibilità per gli statuti di tali società di prevedere una convocazione unica e quindi di rendere
operativi immediatamente i quorum previsti per le convocazioni successive, o la possibilità del voto
di corrispondenza o del voto dato per via elettronica (il cui esercizio per le società quotate resta
comunque soggetto al potere regolamentare della Consob). Il testo unico finanziario inoltre
stabilisce specifiche regole in tema di assemblea per le società quotate (estese anche alle altre
società aperte). Ad esempio per la convocazione dell’assemblea si riconosce il relativo potere anche
ad almeno due membri del consiglio di sorveglianza o del collegio sindacale e si dispone che
l’avviso della convocazione possa essere pubblicato sul sito Internet della società. Lo strumento di
Internet è inoltre utilizzato per portare a conoscenza degli azionisti i dati e la documentazione
necessaria per rendere più consapevole la loro partecipazione all’assemblea. Viene prevista inoltre
una fase intermedia tra la convocazione e la data fissata per l’assemblea in cui le minoranze
possono chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno o porre domande sulle materie all’ordine del
giorno cui gli organi competenti devono rispondere al più tardi durante l’assemblea a meno che tal
informazioni non siano già disponibili sul sito internet della società. Ancora più significative sono
gli aspetti relativi alla legittimazione dell’intervento e alla disciplina della rappresentanza. Per
quanto riguarda la legittimazione dell’azionista all’intervento in assemblea e al diritto di voto
diversa è la disciplina applicabile alla società quotata rispetto alla società non quotata. Infatti
mentre per la società non quotata lo statuto può richiedere che le azioni siano registrate nel conto
dell’azionista e siano incedibili fino alla chiusura dell’assemblea per la società quotata si prevede
che la legittimazione ad intervenire può essere attestata dall’intermediario sulla base delle evidenze
della giornata contabile del settimo giorno di mercato precedente la data fissata per l’assemblea.
Pertanto gli eventuali trasferimenti successivi delle azioni non sono rilevanti ai fini della
legittimazione all’esercizio di voto. Tale soluzione ovviamente può determinare che partecipi alla
votazione chi non è più azionista e al contrario che non possa parteciparvi chi al momento
dell’assemblea è divenuto tale. Per quanto riguarda la rappresentanza per le società quotate è
previsto che, salva diversa disposizione dello statuto, la società può designare un soggetto cui i soci
possono conferire una delega con le istruzioni di voto. In presenza di un conflitto di interessi mentre
per le società non quotate viene limitato a priori la possibilità di attribuire un potere di
rappresentanza, per le società quotate si richiede solo che il socio sia consapevole di tale situazione
(e quindi ponendo a carico del rappresentante l’onere della prova di averne dato comunicazione) ed
abbia dato specifiche disposizione di voto per ciascuna delibera. Pertanto a tali condizioni la delega
è consentita anche a chi controlla o sia controllato dalla società, che sia componente di un organo di
amministrazione o di controllo della società o che sia legato alla società stessa da rapporti
patrimoniali in grado di comprometterne l’indipendenza. La legge si occupa infine di alcuni
fenomeni riguardanti vicende di massa e quindi non semplici rapporti tra l’azionista e il
rappresentante, consistenti nella sollecitazione al conferimento di deleghe di voto e nell’attività
delle associazioni di azionisti. La sollecitazione consiste nella richiesta di conferimento di deleghe
rivolte a più di duecento azionisti accompagnata da raccomandazioni o indicazioni idonee ad
influenzare il voto. Essa viene considerata come un possibile strumento per contribuire alla vita
della società più economico rispetto alla partecipazione diretta all’assemblea ma può rappresentare
anche una occasione per manovre speculative e poco trasparenti. Pertanto la legge oltre a disporre
l’applicazione della disciplina sopra descritta in tema di rappresentanza richiede che il promotore
diffonda un prospetto e un modulo di delega attribuendo alla Consob il potere di intervenire
richiedendo informazioni integrative e particolari modalità di diffusione. L’obiettivo della legge è
quello di far si che l’azionista possa effettuare una scelta consapevole affermando quindi una
responsabilità specifica del promotore per la completezza delle informazioni e stabilendo anche che
negli eventuali giudizi per il risarcimento dei danni a seguito della violazione di tali obblighi sia
onere del promotore provare di aver agito con la diligenza richiesta. A tale disciplina non sono
invece soggette le richieste di conferimento di deleghe accompagnate da raccomandazioni idonee ad
influenzare il voto, da parte delle associazioni di azionisti. In questo caso infatti si presuppone che
l’adesione del socio alla associazione assicuri di per sé la consapevolezza della scelta. Viene quindi
richiesta solo che l’associazione non eserciti attività di impresa e che vi partecipino almeno
cinquanta persone con una partecipazione non superiore all’uno per mille del capitale sociale
rappresentato da azioni con diritto di voto. In tal modo la legge vuole assicurarsi che le associazioni
siano realmente espressione della categoria dei piccoli azionisti.
281) L’informazione: comunicazioni al pubblico e informazione finanziaria. Altro aspetto decisivo
per le società quotate è quello della informazione in quanto proprio in base alle informazioni
disponibili il mercato definisce la quotazione delle azioni, profilo sicuramente rilevante per gli
investitori. Il testo unico finanziario impone quindi agli amministratori delle società quotate di
mettere a disposizione del pubblico una relazione sulle materie all’ordine del giorno dell’assemblea,
di garantire a tutti i risparmiatori le informazioni necessarie per l’esercizio dei loro diritti. Vengono
imposte quindi alle società quotate obblighi di informazione nei confronti del pubblico ed in
particolare il dovere di informare il pubblico delle informazioni privilegiate (e quindi che non siano
di pubblico dominio) che riguardano direttamente la società o le società controllate che se rese
pubbliche sono idonee ad influire sensibilmente sul prezzo delle azioni o degli altri strumenti
finanziari emessi dalla società stessa. Nei casi stabiliti dalla Consob la divulgazione può essere
ritardata purchè il ritardo non possa indurre in errore il pubblico su fatti essenziali e sempre che sia
possibile garantire la riservatezza della informazione non divulgata. La Consob può inoltre
richiedere alle società quotate di rendere pubbliche notizie e documenti necessari per l’informazione
del pubblico e la società può opporsi solo se da ciò potrebbe derivare un grave danno. Il reclamo
della società può essere respinto quando la mancata comunicazione potrebbe indurre in errore il
pubblico su fatti o circostanze essenziali. Vediamo quindi come qualora ci sia conflitto tra gli
interessi imprenditoriali della società e quelli del mercato finanziario la legge faccia prevalere i
secondi. Le società quotate devono inoltre comunicare alla Consob e al pubblico le operazioni che
hanno per oggetto le azioni della società o altri strumenti finanziari da essa emessi., . Accanto agli
obblighi di comunicazione si pongono altre regole volte a garantire la correttezza delle modalità di
diffusione delle informazioni. Pertanto i soggetti (diversi dalle società di rating) che diffondono
valutazioni riguardanti le azioni o gli altri strumenti finanziari raccomandando o proponendo
investimenti devono presentare l’informazione in modo corretto e trasparente e comunicare
l’esistenza di eventuali conflitti di interesse. E’ inoltre obbligatorio per le società quotate la nomina
di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari che ha il compito di
attestare la corrispondenza delle informazioni diffuse sul mercato con le risultanze interne ed i libri
contabili della società. Il dirigente, insieme agli organi amministrativi delegati, deve inoltre attestare
con apposita relazione sul bilancio (di esercizio, consolidato e semestrale abbreviato l’applicazione
delle procedure richieste dalla legge e la conformità delle scritture contabili alla legge e ai principi
contabili internazionali. In relazione a tali compiti si applica nei confronti del dirigente la disciplina
sulla responsabilità degli amministratori. Le società quotate sono poi tenute a pubblicare (con le
modalità definite dalla Consob) una serie di relazioni finanziarie, che si distinguono tra loro a
seconda del contenuto e della cadenza della pubblicazione. L'art 154ter dispone infatti che, entro
120 giorni dalla chiusura dell'esercizio, ma almeno 21 giorni prima della data dell'assemblea, le
società quotate devono mettere a disposizione del pubblico presso la sede sociale e sul sito internet
della società la relazione finanziaria annuale, che comprende il progetto di bilancio di esercizio e, se
redatto, il bilancio consolidato, la relazione sulla gestione e quella contenente l'attestazione del
dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili e degli organi amministrativi delegati:
unitamente alla relazione annuale devono essere messe integralmente a disposizione del pubblico
anche le relazioni di revisione dei bilanci. Entro 60 giorni dalla chiusura del primo semestre
dell'esercizio, deve essere pubblicata la relazione finanziaria semestrale, che comprende il bilancio
semestrale abbreviato e, se dal caso, in forma consolidata, la relazione intermedia sulla gestione e
l'attestazione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili e degli organi
amministrativi delegati. Infine, entro 45 giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre
dell'esercizio deve essere pubblicato un resoconto intermedio di gestione, che fornisce una
descrizione generale della situazione patrimoniale della società e delle sue controllate e illustra gli
eventi rilevanti e le operazioni che hanno inciso su di essa.
282) La trasparenza: partecipazioni rilevanti e patti parasociali. Gli obblighi di informazione sopra
previsti mostrano come il legislatore intenda tutelare la trasparenza della società e del mercato ma si
è affermata anche l’esigenza di una trasparenza che non riguarda solo le operazioni e la situazione
economica della società ma anche l’assetto della stessa proprietà azionaria. Pertanto le società
quotate hanno una serie di obblighi di comunicazione sia alla società partecipata che alla Consob
nel caso di partecipazioni che superando una certa soglia (due per cento per le partecipazioni in
società quotate e dieci per cento per la partecipazione in altre società) possano considerarsi
rilevanti. Spetta alla medesima Consob di stabilire con regolamento i casi in cui a queste o anche ad
altre comunicazioni sono tenuti i titolari di strumenti finanziari partecipativi dotati di diritti di voto
e, più in generale, le norme applicative dei principi enunciati dalla legge, la quale, come per tanti
altri aspetti della regolamentazione del mercato finanziario, si astiene dal dettare regole analitiche, a
conferma della circostanza che l'attuale disciplina si caratterizza, in confronto con quella introdotta
dalla legge 216/1974 e successive modificazioni, per una sostanziale delegificazione. L’esigenza è
quella di informare il mercato e la società circa la struttura dei gruppi finanziari che vi partecipano e
quindi la Consob ha il potere di prevedere adeguate forme di pubblicità della dichiarazione ed
inoltre è previsto anche l’obbligo di comunicare le variazioni significative delle partecipazioni
rilevanti. Sempre per esigenze di trasparenza sono imposti obblighi di comunicazione anche per i
patti parasociali. Come abbiamo già detto i patti parasociali sono i patti relativi a partecipazioni pari
ad almeno il due per cento del capitale che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto o che
pongono limiti al trasferimento delle azioni o che risultano volti a favorire o contrastare una offerta
pubblica di acquisto o di scambio o che hanno ad oggetto l’esercizio anche congiunto di una
influenza dominante sulla società. Tali patti per le società quotate devono essere depositati presso il
registro delle imprese ed ad essi si applica una particolare disciplina in deroga a quanto previsto per
le altre società per azioni dal codice civile. Sia per le partecipazioni rilevanti che per i patti
parasociali l’omissione degli adempimenti previsti comporta il fatto che non possa essere esercitato
il diritto di voto per le azioni per le quali tale omissione è avvenuta e in caso tale diritto sia
esercitato la deliberazione è impugnabile se,senza il voto dei soci che dovevano astenersi, non si
sarebbe raggiunta la maggioranza necessaria. La deliberazione è inoltre impugnabile anche dalla
Consob se è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Inoltre per i patti parasociali in caso di
inosservanza degli obblighi di comunicazione e pubblicazione essi sono nulli. La durata di tali patti
non può essere superiore a tre anni anche se alla scadenza essi possono essere rinnovati. I patti
possono essere stipulati anche a tempo indeterminato ma in tal caso ciascun contraente ha il diritto
di recedere con un preavviso di sei mesi. Sia le partecipazioni rilevanti che i patti parasociali
rientrano tra le informazioni che devono essere indicate nella relazione sulla gestione in una
specifica sezione, denominata Relazione sul governo societario e gli assetti proprietari, o in una
relazione distinta approvata dall'organo di amministrazione e pubblicata congiuntamente ad essa. In
questa stessa sede si deve inoltre dar conto della struttura del capitale, dei vincoli al trasferimento
dei titoli o all'esercizio del diritto di voto, dei poteri riconosciuti agli amministratori in tema di
aumento del capitale, di emissione di strumenti finanziari e di acquisto di azioni proprie, delle
previsioni statutarie che regolano particolari materie, come pure delle caratteristiche principali dei
sistemi di gestione dei rischi e di controllo interno relativi al processo di informativa finanziaria,
nonché degli accordi significativi la cui efficacia sia condizionata al cambiamento del controllo
della società conclusi da quest'ultima o da sue controllate e di quelli stipulati tra la società e i
componenti degli organi suddetti che prevedono indennità in caso di dimissioni, licenziamento
senza giusta causa o cessazione del rapporto di lavoro a seguito di un'offerta pubblica di acquisto.
Su alcune di tali informazioni è chiamata ad esprimere un giudizio la società di revisione, che deve
comunque verificare l'avvenuta redazione della relazione in esame. L'individuazione della
partecipazione rilevante svolge anche un ruolo ulteriore rispetto a quello centrare per una
trasparenza degli assetti azionari: quello di consentire una prevenzione nei confronti del fenomeno
delle partecipazioni reciproche e dei pericoli, sul piano dell'integrità patrimoniale e soprattutto degli
equilibri di potere nelle società, ad esse connessi.
283) I controlli : la revisione legale dei conti e gli organi di controllo. Le società quotate sono
soggette ad un rafforzamento dei controlli previsti in genere per le società per azioni e ciò sia dal
punto di vista privatistico che pubblicistico. Dal punto di vista privatistico nelle società quotate la
revisione legale dei conti deve essere affidata necessariamente ad un soggetto esterno (revisore
legale dei conti o società di revisione). Ciò in linea di principio è previsto anche per le società non
quotate con la differenza che in questo caso la revisione può essere effettuata dal collegio sindacale
sempre che ciò sia previsto nello statuto e che la società non sia tenuta alla redazione del bilancio
consolidato. Inoltre nelle società quotate la revisione legale dei conti è sottoposta ad una specifica
disciplina. In primo luogo la Consob ha il compito di vigilare sull’organizzazione e sull’attività del
soggetto incaricato della revisione dei conti al fine di verificarne la qualità tecnica e l’indipendenza.
La durata dell’incarico non può essere superiore ai nove esercizi per il revisore legale e ai sette
esercizi per la società di revisione con divieto di rinnovo se non sono trascorsi almeno tre esercizi.
La legge individua anche una serie di servizi che il revisore non può prestare a favore della società.
Sulla prestazione di tali servizi e sull’indipendenza del revisore legale vigila l’organo di controllo
della società cui il revisore deve presentare una relazione sulle questioni emerse in sede di revisione
e sulle carenze riscontrate nei sistemi di controllo interno. La legge attribuisce inoltre alla Consob il
potere di stabilire con regolamento le situazioni che possono compromettere l’indipendenza del
revisore esterno e le misure da adottare per procedere alla loro rimozione e vieta al soggetto
incaricato della revisione il potere di rappresentanza nell’assemblea della società. Inoltre il revisore,
i dipendenti della società di revisione non possono ricoprire cariche sociali negli organi di
amministrazione e di controllo della società se non è trascorso un biennio dalla conclusione
dell’incarico di revisione e nello stesso modo i componenti degli organi amministrativi e di
controllo della società non possono svolgere l’incarico della revisione legale dei conti nei due anni
successivi alla cessazione dell’incarico o del rapporto di lavoro. Nelle società quotate inoltre i
revisori sono tenuti ad informare immediatamente gli organi di controllo e la Consob delle carenze
riscontrate nell’esecuzione del loro incarico e ad informare la Consob in caso di giudizio negativo
(o della impossibilità di esprimere un giudizio) sul bilancio. Oltre a ciò il soggetto incaricato della
revisione legale dei conti esprime pareri specifici che devono essere resi disponibili presso la sede
della società e il suo sito internet almeno ventuno giorni prima dell’assemblea. Non vi è dubbio
comunque che funzione principale del soggetto incaricato della revisione legale o della società di
revisione sia la verifica della contabilità e soprattutto del bilancio: per quanto in particolare riguarda
le società quotate, la legge ricollega ai giudizi sul bilancio contenuti nella relazione di revisione
specifici effetti in ordine all'impugnazione della deliberazione che lo approva. Ovviamente il
contenuto della relazione non vincola l’assemblea che può approvare il bilancio sul quale è stato
espresso un giudizio negativo o non approvare un bilancio sul quale è stato espresso un giudizio
positivo In questo caso però sono legittimati a chiedere la impugnativa della deliberazione i soci che
rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale e la Consob, che può farlo in ogni caso
e qualunque sia il giudizio espresso dalla società di revisione. Per quanto riguarda gli altri organi di
controllo (collegio sindacale, consiglio di sorveglianza o comitato di controllo sulla gestione) ad
essi è affidato il compito di controllo sulla amministrazione. La Consob stabilisce con regolamento
le modalità volte ad assicurare che almeno un membro dell’organo di controllo sia eletto con voto di
lista dai soci di minoranza che non sono collegati (nemmeno indirettamente) con quelli che hanno
presentato la lista che ha ottenuto il maggior numero di voti. E’ inoltre compito del Ministro della
giustizia stabilire con regolamento i requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti degli
organi di controllo. Gli organi di controllo oltre a riferire all’assemblea convocata per
l’approvazione del bilancio sull’attività svolta e sulle omissioni riscontrate devono denunciare
immediatamente le irregolarità riscontrate alla Consob che è legittimata a proporre al tribunale la
denuncia. E’ posto inoltre agli amministratori il compito di riferire all’organo di controllo con
periodicità almeno trimestrale sull’attività e sulle operazioni di maggior rilievo svolte. Inoltre per le
società quotate è posto l’obbligo per gli amministratori di prevedere specifiche regole (in base ai
principi indicati dalla Consob) per garantire la trasparenza delle operazioni svolte con le parti
correlate. Parti correlate sono le società appartenenti al medesimo gruppo e le persone fisiche che
detengono il controllo della società o una partecipazione che consente ad esse di esercitare sulla
società una influenza notevole, le persone che svolgono nella società o nella sua controllante,
funzioni di dirigente e i loro familiari. Sono operazioni con parti correlate quelle operazioni che
comportano trasferimenti di risorse, servizi o obbligazioni tra le parti e in ogni caso le fusioni e le
scissioni e tutte le decisioni riguardanti la remunerazione dei componenti degli organi
amministrativi o di controllo o dei dirigenti. Agli organi di controllo delle società quotate sono
inoltre riconosciuti poteri di richiedere, anche individualmente, notizie e documentazione agli
amministratori relativamente alle operazioni sia della società che di società controllate. Il potere di
procedere ad atti di ispezione e di controllo che il codice riserva solo ai sindaci è esteso nelle società
quotate anche agli altri organi di controllo. Inoltre alcune regole dettate per gli organi di controllo
sono estese anche ai componenti del consiglio di amministrazione in quanto ad essi si richiede non
solo il possesso dei requisiti di onorabilità previsti per i componenti degli organi di controllo ma,
per almeno uno o due dei componenti, anche il possesso dei requisiti di indipendenza. Si prevede
inoltre che i componenti del consiglio di amministrazione siano eletti attraverso il meccanismo del
voto di lista e che almeno uno di essi sia eletto dalla lista di minoranza che ha ottenuto il maggior
numero di voti e che non sia collegata con quella risultata prima per numero di voti: le liste di
candidati, che devono essere depositate presso l'emittente entro il venticinquesimo giorno
precedente la data dell'assemblea e messe a disposizione del pubblico presso la sede sociale e sul
sito internet della società, possono essere presentate da soci a favore dei quali risultano registrate
nel giorno del deposito delle liste azioni non superiori al quarantesimo del capitale sociale, o alla
minore percentuale indicata dallo statuto.
284) continua – La Consob e i controlli pubblici. Come abbiamo detto le società quotate sono
sottoposte anche a controlli pubblici da parte de la Consob. Tali controlli hanno lo scopo di
assicurare la trasparenza delle operazioni e la veritiera informazione sulla situazione patrimoniale
delle società al fine di tutelare il risparmiatore affinchè al momento dell’investimento operi con una
scelta consapevole conoscendo tutti i dati rilevanti. La Consob ha personalità giuridica di diritto
pubblico, ha un proprio organico di personale dipendente ed è composta da un presidente e da
quattro membri che operano collegialmente. La Consob è dotata di poteri regolamentari e di poteri
che si traducono in atti amministrativi, di portata generale o particolare. Ricordiamo il potere di
richiedere informazioni agli organi sociali o di controllo o ai revisori legali e il potere di eseguire
direttamente ispezioni presso le società. Inoltre la legge pone l’obbligo per gli organi di controllo e
i revisori legali di segnalare alla Consob le irregolarità di cui siano venuti a conoscenza e alla
Consob sono attribuiti poteri di intervento all’interno della società come ad esempio di
impugnazione della delibera di approvazione del bilancio o delle deliberazioni adottate con voto
determinante di titolari di partecipazioni rilevanti o di aderenti a patti parasociali non comunicati.
In determinate situazioni la Consob può anche vietare specifiche operazioni come ad. Es. può
vietare l’attività di sollecitazione qualora riscontri violazioni di legge. I provvedimenti della consob
sono definitivi e contro di essi non è ammesso il ricorso gerarchico al ministro del tesoro ma solo il
ricorso giurisdizionale davanti al Tar.
285) Le offerte pubbliche di acquisto o scambio. La particolarità degli interessi coinvolti nelle
società quotate in borsa si evidenzia anche attraverso gli istituti dell’offerta pubblica di acquisto
(OPA) e dell’offerta pubblica di scambio (OPS) di titoli. Si tratta anche qui della stretta connessione
tra i profili societari e quelli concernenti il mercato dei titoli. Rilevano anche qui quelle
caratteristiche dell'investimento azionario per cui la tutela dell’azionista tende ad identificarsi con
quella del risparmiatore e del mercato stesso in cui egli effettua il suo investimento. Del resto la
connessione tra i due aspetti risulta esplicita quando, durante la pendenza dell'offerta pubblica,
viene sostanzialmente modificato il rapporto tra gli organi sociali: è infatti vietato agli
amministratori, salvo autorizzazione dell'assemblea ordinaria, di compiere atti o operazioni che
possono contrastare il conseguimento degli obbiettivi dell'offerta (passivity rule). Vi è anche da
segnalare la specificità delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio rispetto ad altre ipotesi,
come le offerte pubbliche di vendita o sottoscrizione, che rientrano invece nel più ampio genus della
sollecitazione all'investimento. Questa esigenza di tutela offerta ai soci comporta l’affidamento alla
Consob del compito di vigilare sulle offerte pubbliche di acquisto e scambio e sul loro svolgimento
e richiede che la società (i cui titoli formano oggetto dell’offerta pubblica di acquisto) diffonda un
comunicato contenente i dati utili per valutare l’offerta e gli effetti che l’eventuale successo avrà
sull’attività dell’impresa ma anche sull’occupazione. In questo modo la società, pur estranea
formalmente all’operazione, svolge un suo ruolo a tutela dei soci ma anche dei lavoratori alle cui
rappresentanze il comunicato deve essere trasmesso contestualmente alla diffusione. Ciò può essere
illustrato anche facendo riferimento a quella prospettiva della parità di trattamento che
tendenzialmente è presente sia nel mercato dei titoli sia nel diritto delle società. La circostanza che
nell'offerta di acquisto o di scambio suoi destinatari sono anche per definizione gli azionisti rende
rilevanti tutti e due i profili e in certo modo vale a rafforzare quell'esigenza.
286) continua – l’obbligatorietà dell’offerta pubblica di acquisto. Ci sono alcune ipotesi in cui
l’offerta pubblica è obbligatoria in quanto si pone come strumento per realizzare una parità di
trattamento degli azionisti nella società e nel mercato. Profilo centrale di tale ipotesi è senza dubbio
il fatto che si tratta di vicende concernenti il controllo della società. Si è di fronte ad una scelta di
politica legislativa volta a impedire che le negoziazioni aventi ad oggetto il controllo stesso si
svolgano in modo tale da provocare discriminazioni tra i soci. Ovviamente l’offerta deve riguardare
titoli che attribuiscono il diritto di voto in alcune materie e deve trattarsi di titoli ammessi alla
negoziazione in mercati regolamentati italiani. Nella prassi l’acquisizione del controllo di una
società implica l’attribuzione di un cosiddetto premo di maggioranza, ossia di un plusvalore rispetto
a quello che risulterebbe dalla quotazione delle singole azioni di cui il pacchetto di controllo si
compone e da qui nasce il problema di elaborare strumenti in grado di garantire una distribuzione
tendenzialmente paritaria per tutti i soci, L’offerta pubblica obbligatoria è appunto lo strumento
utilizzato nel nostro ordinamento a questo scopo i n quanto dovendo l’offerta venire indirizzata
pariteticamente a tutti gli azionisti il premio non risulta corrisposto al solo soggetto che deteneva la
posizione di controllo ma a tutti sono offerte pari opportunità. L’ipotesi principale in cui è
obbligatoria l’offerta pubblica di acquisto si ha in base all’art. 106 del testo unico finanziario che
impone a chi, per effetto di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore al 30 per cento,
l’obbligo di promuovere una offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori sulla totalità dei
titoli. Analogo obbligo si ha per acquisti superiori al cinque per cento effettuati da coloro che
detengono già una partecipazione pari al 30 per cento. Il prezzo dell’offerta pubblica non può essere
inferiore al prezzo più elevato pagato dall’offerente nei dodici mesi precedenti la comunicazione
dell’offerta per l’acquisto dei titoli della stessa società o in mancanza di quello medio ponderato di
mercato relativo allo stesso periodo di tempo anche se la Consob ha il potere di stabilire, in
determinate ipotesi, che l’offerta venga promossa ad un prezzo inferiore o superiore a quello più
alto pagato. L’offerente è tenuto ad offrire un corrispettivo in denaro solo se nei dodici mesi
anteriori alla comunicazione dell’offerta abbia acquistato con corrispettivo in denaro titoli della
stessa società che conferiscano almeno il cinque per cento dei diritti di voto. In caso contrario il
corrispettivo dell’offerta può essere composto anche da titoli ma se si tratta di titoli non ammessi
alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno stato comunitario l’offerente può proporre ai
destinatari in alternativa un corrispettivo in denaro. Tuttavia non sempre, in presenza di un
superamento della soglia del 30% sorge l’obbligo di offerta pubblica totalitaria, infatti esso non
sorge nelle seguenti ipotesi a) vi sono altri soci che detengono il controllo della società (in quanto in
questo caso viene meno la ragione stessa dell’obbligo di acquisto) b) l’acquisto non è stato
finalizzato ad assumere il controllo (es è stato effettuato a titolo gratuito, o ha carattere temporaneo
o deriva da cause indipendenti dalla volontà dell’acquirente come la mancata sottoscrizione di un
aumento di capitale da parte di un altro socio c) il trasferimento delle azioni intercorre tra società
dello stesso gruppo (e quindi il controllo già spettava anche se indirettamente alla società
capogruppo) d) acquisti effettuati in attuazione di piani di salvataggio di aziende o a seguito di
fusione o scissione, giustificati da effettive esigenze industriali. Inoltre non sussiste l’obbligo di
promuovere l’offerta pubblica totalitaria quando la soglia del 30 per cento viene superata a seguito
di una offerta pubblica volontaria di acquisto e scambio che aveva per oggetto la totalità dei titoli.
In questo caso infatti si ritiene incongruo tutelare la parità di trattamento tra i soci nei confronti di
chi, per acquisire il controllo della società, ha già volontariamente utilizzato, assumendone i costi
relativi, uno strumento di per sé diretto a rispettare tale parità di trattamento. In determinate
condizioni può esonerare dall’obbligo di promuovere l’offerta pubblica totalitaria la cosiddetta
offerta pubblica preventiva, ossia una offerta pubblica volontaria che ha per oggetto almeno il 60%
delle azioni con diritto di voto. L’offerta pubblica preventiva viene quindi a rappresentare il
principale strumento per evitare di essere costretti all’obbligo di promuovere una offerta pubblica
totalitaria in quanto consente, con meno costi, di acquisire il controllo della società senza essere
costretti ad acquistare tutte le azioni ma solo il sessanta per cento di esse. Una disciplina analoga a
quella dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria è quella prevista dall’art. 108 del testo unico
finanziario che impone a colui che, a seguito di una offerta pubblica totalitaria detiene una
partecipazione superiore al 95 per cento del capitale, l’obbligo di acquistare da chi ne faccia
richiesta tutti i titoli rimanenti. Analogo obbligo è poi previsto nei confronti di colui che si trova a
detenere una partecipazione superiore al 90 per cento a meno che nei novanta giorni successivi al
superamento non provveda a ripristinare l’effettiva diffusione tra il pubblico dei titoli in modo da
assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Infatti in queste ipotesi il mercato non può
essere in grado di assicurare quella facilità di mobilizzazione che fa parte delle motivazioni
dell’investimento azionario e ne deriva pertanto l’esigenza di tutela dell’azionista-risparmiatore e
quindi l’obbligo di acquistare i titoli rimanenti alle condizioni di prezzo stabilite dalla consob
tenendo conto dell’eventuale offerta pubblica precedente (in quanto in questo caso in genere il
prezzo è pari a quello di essa) o del prezzo di mercato.
287) continua - Il procedimento. Per le offerte pubbliche di vendita e scambio sono previste le
seguenti modalità per lo svolgimento delle operazioni : A) Prima fase: promozione dell’offerta -
Il testo unico finanziario richiede che la decisione di effettuare una offerta pubblica o il sorgere del
relativo obbligo (in caso di offerta obbligatoria) devono essere con urgenza comunicate alla consob
e contestualmente rese pubbliche e che il consiglio di amministrazione (o il consiglio di
sorveglianza)sia della società offerente che emittente provveda all’immediata informazione ai
rispettivi lavoratori. Entro venti giorni dalla comunicazione l’offerente deve presentare alla consob
il documento di offerta destinato alla pubblicazione e in caso di inottemperanza l’offerente non può
promuovere, nei dodici mesi successivi, un ulteriore offerta avente ad oggetto prodotti finanziari
della stessa società emittente. Se il documento viene valutato idoneo da parte della consob la stessa
provvede ad approvarlo. Una volta reso pubblico il documento deve essere trasmesso dal consiglio
di amministrazione (o di sorveglianza) della società offerente e della società emittente ai rispettivi
lavoratori. La consob ha anche il potere, nel caso sopravvengano fatti nuovi o ignorati che possano
impedire ai destinatari di farsi un giudizio fondato sull’offerta, di sospendere l’offerta per non più di
trenta giorni. In caso di fondato sospetto di violazione delle norme o di loro accertata violazione la
consob può sospendere l’offerta in via cautelare o dichiararla decaduta. B) seconda fase – durante
il periodo di pendenza dell’offerta. In questa fase si pongono vincoli di comportamento per la
società interessata dalla operazione. Infatti gli interessi degli amministratori della società i cui titoli
sono oggetto dell’offerta potrebbero essere quelli di impedire mutamenti nel gruppo di controllo
della società, interessi che potrebbero essere in contrasto con quelli dei soci, interessati invece a
massimizzare il ricavato della vendita dei loro titoli. Pertanto la legge vuole assicurare che eventuali
tecniche difensive messe in moto dagli amministratori per impedire la scalata e che possono
comportare costi aggiuntivi per l’operazione sia prese effettivamente nell’interesse degli azionisti e
non del gruppo di controllo attuale. In particolare la legge permette che nel periodo di adesione
all’offerta le clausole, eventualmente contenute negli statuti,che limitano il trasferimento dei titoli o
il diritto di voto non abbiano effetto nelle assemblee chiamate ad autorizzare l’adozione di misure
difensive nei confronti dell’offerta. Inoltre il testo unico finanziario prevede una apposita disciplina
(passivity rule) permettendo però agli statuti di derogarvi a patto che tali deroghe siano comunicate
alla consob ed al pubblico. In mancanza di deroghe è vietato nel periodo tra la comunicazione alla
consob della decisione (o dell’obbligo) d promuovere l’offerta e la chiusura dell’offerta, il
compimento di qualunque atto idoneo a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta (ad
eccezione di quelli consistenti nella ricerca di offerte alternative) che non siano autorizzati
dall’assemblea ordinaria o (per le materie di sua competenza) dall’assemblea straordinaria. La
prospettiva adottata dal nostro ordinamento è dunque quella di attribuire all’autonomia statutaria (e
quindi ai soci) la scelta in merito alla maggiore o minore contendibilità del controllo della società.
Inoltre il periodo di pendenza dell’offerta pubblica crea anche vincoli per l’offerente. In particolare
nel caso in cui egli abbia in tale periodo acquistato titoli per un prezzo più alto di quello fissato per
l’offerta deve adeguare il prezzo di quest’ultima al prezzo più alto pagato e comunque è tenuto in
generale ad astenersi da comportamenti che possano alterare situazioni rilevanti per i presupposti
dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria. Altra caratteristica di questa fase è quella della
irrevocabilità sia della offerta che delle accettazioni. L’offerta può però essere modificata fino a tre
giorni prima della data di chiusura dell’operazione ma solo per un possibile aumento del
corrispettivo. La irrevocabilità delle accettazioni ha invece una eccezione nell’ipotesi di offerte
concorrenti che possono essere presentate entro cinque giorni dalla scadenza dell’offerta precedente
e sono ammesse solo se propongono un corrispettivo superiore all’ultima offerta. A seguito della
pubblicazione di tali offerte concorrenti le adesioni alle altre offerte sono revocabili e quindi ne
risulta una specie di gara con la possibilità di molteplici offerte e rilanci successivi. Per garantire il
corretto svolgimento di tale gara la legge stabilisce che i rilanci non possono riguardare un
quantitativo di azioni minore di quello richiesto e che la durata delle offerte è per tutte quella
dell’ultima offerta. C) Fase successiva alla scadenza del termine. Alla scadenza del termine
possono presentarsi tre situazioni: 1) si è raggiunto il quantitativo richiesto 2) si è raggiunto un
quantitativo inferiore 3) si è raggiunto un quantitativo superiore. Nel primo caso non si pongono
problemi essendo stato raggiunto l’obiettivo, il secondo e il terzo caso possono presentare problemi
che vengono risolti in base agli schemi contrattuali utilizzati per la formulazione dell’offerta. Infatti
essi possono prevedere la possibilità che l’offerta indichi il quantitativo minimo di accettazione (ciò
non è ovviamente possibile per l’offerta pubblica obbligatoria totalitaria) e in tal caso se si hanno
quantitativi inferiori l’offerta è inefficace. Inoltre essi possono prevedere che siano individuati i
criteri di riparto in caso di accettazione superiore, criteri che devono far comunque riferimento al
criterio di proporzionalità onde rispettare il principio della parità di trattamento tra i soci.
CAPITOLO IV
LA SOCIETA ‘ COOPERATIVA
1) Disciplina generale delle società cooperative
288) Lo scopo mutualistico : essenza e riflessi sulla struttura della società. Le società cooperative
sono la forma organizzativa tipica riservata alle imprese mutualistiche. Infatti il codice civile
nell'attuale articolo 2511 espressamente dispone che le società cooperative sono società con capitale
variabile con scopo mutualistico. La mutualità è quindi il presupposto specifico della società
cooperativa ma non ne è, contrariamente a quanto comunemente si ritiene, il carattere essenziale.
Infatti una società non è necessariamente una società cooperativa solo perché esercita una impresa
mutualistica (tanto è vero che molte imprese mutualistiche di costituiscono come società per azioni
o come società a responsabilità limitata) ma lo è quando esercitando una impresa mutualistica
assume la forma organizzativa tipica basata sulla variabilità del capitale. Tuttavia essendo
presupposto necessario della società cooperativa lo scopo mutualistico occorre individuare in che
cosa consiste questo scopo e come incide sulla struttura dell’impresa cooperativa. Se la mutualità
può attuarsi in forme organizzative diverse, è quantomeno arbitrario ravvisare nella mutualità,
piuttosto che nella particolare organizzazione, la caratteristica della cooperativa. Tuttavia nella
disciplina giuridica della cooperativa lo scopo mutualistico dell'impresa è un presupposto
necessario. Occorre pertanto individuare in cosa esso più concretamente consista e quali effetti
determini, oltre che sulla struttura, sull'essenza del fenomeno cooperativo. Proprio in relazione allo
scopo mutualistico si è posto il problema se, nonostante la terminologia legislativa, che le qualifica
come società, le cooperative non debbano piuttosto qualificarsi come associazioni. Pur essendo
infatti oggetto della cooperativa l'esercizio di un'attività economica e cioè di un'impresa,
essenzialmente diverso da quello della società sarebbe lo scopo dell'organizzazione collettiva. Nella
società, lo scopo è quello di conseguire un lucro da dividere tra i soci, i quali pertanto si
propongono di realizzare un vantaggio economico mediato attraverso la divisione dei guadagni,
nelle cooperative lo scopo sarebbe invece quello di agevolare i propri partecipanti nelle loro
operazioni e, più precisamente, nelle loro economie individuali e questi partecipanti si
proporrebbero di realizzare un vantaggio immediato, procurandosi beni, servizi o occasioni di
lavoro a condizioni più favorevoli. Si può anche dire che scopo della cooperazione consiste
nell'agevolare i soci nella loro economia individuale, purchè si precisi che questa agevolazione non
consiste nella prestazione di un servizio ma consiste nel far beneficiare il socio della parte di lucro
che deriva dall'esercizio dell'impresa. La mutualità consiste nel fatto che nelle società cooperative il
lucro dell’imprenditore si realizza a carico delle stesse persone che fanno parte della società (e alle
quali viene distribuito) e non a carico di persone estranee alla società. Appunto attraverso tale
corrispondenza tra gruppo sociale e gruppo a carico del quale l’utile si realizza il profitto
dell’imprenditore si elimina. Tuttavia tale eliminazione è frutto di due operazioni contrapposte: la
realizzazione dell’utile e la sua redistribuzione. Pertanto la società cooperativa alla pari delle altre
società configura l’ottenimento di un utile e la sua distribuzione ai soci e quindi non è attendibile
l’opinione che sostiene che le società cooperative siano da assimilare alle associazioni piuttosto che
alle società. Lo scopo mutualistico influisce indubbiamente sulla struttura della società cooperativa.
Infatti la partecipazione alla società si determina in considerazione della identità dei bisogni dei
partecipanti e della possibilità della loro realizzazione attraverso lo svolgimento dell’attività sociale.
Talvolta, come nelle cooperative edilizie abbiamo un numero fisso e predeterminato di soci mentre
in altri casi il contratto è aperto e consente l’adesione di nuovi soci consentendo nel contempo
l’uscita di quelli attuali Ma anche in questo secondo caso la società cooperativa di distingue
nettamente dall’associazione. Nell’associazione infatti gli associali non hanno alcun diritto sul
patrimonio. Infatti anche se il patrimonio dell’associazione è formato anche grazie ai contributi
degli associati tali contributi non possono qualificarsi come apporti ma come corrispettivi per i
servizi prestati. Appunto per ciò il contributo è annuale ed è uguale per tutti gli associati e appunto
perché l’associato ha fruito dei sevizi prestati dall’associazione come corrispettivo per il contributo
versato egli non ha diritto in caso di recesso ad una quota del patrimonio dell’associazione. Nelle
cooperative invece la situazione è completamente diversa in quanto non solo la legge prevede la
sottoscrizione di una quota di capitale che può essere diversa da socio a socio, stabilisce che il
nuovo socio che voglia entrare nella cooperativa debba versare oltre alla quota di capitale
sottoscritta anche il sovrapprezzo eventualmente determinato dall’assemblea in sede di
approvazione di bilancio e stabilisce anche che in caso di morte, esclusione o recesso del socio si
debba liquidare la sua quota sulla base del bilancio di esercizio nel corso del quale tale fatto si
verifica e che comprende in via di principio anche il sovrapprezzo. I principi suddetti caratterizzano
in generale la società e non l’associazione. Inoltre lo scopo mutualistico contribuisce a
caratterizzare la società cooperativa anche nel senso che la parità di posizione che c’è tra i soci di
fronte ai bisogni da soddisfare si riflette nell’attribuzione ai soci di uguali poteri qualunque sia il
loro apporto e nella previsione di una limitazione nella parte del capitale che ciascun socio può
possedere. Lo scopo mutualistico delle cooperative si traduce in una serie di obblighi della società
a fornire beni, servizi o occasioni di lavoro ai propri membri a a condizioni migliori rispetto a
quelle di mercato. Il vantaggio mutualistico può essere realizzato con due tecniche diverse: quella
del vantaggio immediato e quella del vantaggio differito o ristorno. Si ha la prima ipotesi quando la
società pratica subito prezzi inferiori o retribuzioni superiori a quelli di mercato. Si ha la seconda
ipotesi quando il vantaggio mutualistico viene attribuito ai soci mediante i ristorni che sono somme
di denaro che la società restituisce ai soci periodicamente, in occasione dell’approvazione del
bilancio, in proporzione ai rapporti intercorsi con la cooperativa. Il legislatore italiano non impone
alle cooperative (tranne casi eccezionali) il divieto di rapporti con i terzi non soci (mutualità pura).
Ne consegue che le cooperative possono offrire le proprie prestazioni anche ai terzi non soci purchè
ciò sia espressamente previsto dallo statuto.

289) Lo statuto particolare delle società cooperative. La nostra costituzione (art. 45) riconosce
esplicitamente la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di
speculazione privata e si propone di favorirne l’incremento con i mezzi più idonei. Pertanto sono
accordate agevolazioni tributarie alla società cooperativa in cui la mutualità risulta prevalente e in
particolare quando nello statuto sia previsto il divieto di distribuzione di dividendi in misura
superiore all’interesse legale sul capitale versato, il divieto di distribuzione delle riserve e la
devoluzione del patrimonio sociale, previa la restituzione dei conferimenti, a scopi di pubblica
utilità. Il legislatore pertanto ha differenziato le società cooperative a seconda che la mutualità
risulti o meno prevalente limitando alle prime l’applicazione di agevolazioni tributarie previste dalle
leggi speciali. Il fenomeno cooperativo inoltre è soggetto a pubblica vigilanza, che spetta al
Ministero delle attività produttive tranne che per le banche cooperative (dove è affidata alla Banca
d’Italia) e per le cooperative di assicurazione (dove è affidata all’ISVAP). E’ anche prevista
l’iscrizione delle cooperative (tranne quelle bancarie ed assicurative) nell’Albo delle società
cooperative ma tale iscrizione assume valore costitutivo solo per le cooperative a mutualità
prevalente. Tale iscrizione entra a far parte della definizione stessa di società cooperativa; ma in
effetti, nonostante l'ambiguità letterale, assume un valore costitutivo solo con riferimento alle
cooperative a mutualità prevalente. Le disposizioni generali sulle società cooperative sono
contenute nel codice ma esistendo una grande varietà di tipi di cooperative, accanto alle
disposizioni del codice si applicano le numerose leggi speciali emanate sull’argomento. Ciò può
creare problemi di coordinamento risolvibili sulla base del fatto che le disposizioni del codice si
applicano in quanto compatibili con le disposizioni delle leggi speciali.

290) Struttura e tipi di società cooperative. Le società cooperative si differenziano sia dalle società
di persone che dalle società di capitali in quanto l’organizzazione sociale è costituita insieme su
base personale e su base capitalistica. L’organizzazione delle cooperative è ricalcata essenzialmente
su quella delle società di capitali e le lacune della disciplina codicistica sulle società cooperative è
colmata appunto ricorrendo all’applicazione della disciplina della società per azioni. Come le
società di capitali le società cooperative acquistano personalità giuridica e hanno una
denominazione sociale che deve contenere l’indicazione che si tratta di una società cooperativa.
Precedentemente il codice prevedeva le cooperative a responsabilità limitata e le cooperative a
responsabilità illimitata ma attualmente in tutte le società cooperative per le obbligazioni sociali
risponde solo il patrimonio sociale. Abbiamo detto che la disciplina prevista per le società
cooperative viene integrata dalla disciplina prevista dalle società per azioni ma lo statuto delle
società cooperative più piccole può prevedere che possano trovare applicazione, in quanto
compatibili, le disposizioni in tema di società a responsabilità limitata. Si distinguono quindi
cooperative per azioni e cooperative a responsabilità limitata dove la partecipazione si esprime per
quote. Possono esistere inoltre come abbiamo detto cooperative a mutualità prevalente, alle quali
sono circoscritte le agevolazioni fiscali previste dalla legge per le quali l’iscrizione nell’apposito
albo è requisito necessario per l’applicazione della relativa disciplina. La qualifica di cooperative a
mutualità prevalente è riservata a quelle cooperative che svolgono la propria attività
prevalentemente a favore dei soci, a quelle che si avvalgono prevalentemente del lavoro dei soci e a
quelle che impiegano prevalentemente apporti di beni e servizi dei soci. Inoltre lo statuto delle
cooperative a mutualità prevalente deve contenere clausole che prevedono limiti ala distribuzione
dei dividenti, delle riserve e l’obbligo, in caso di scioglimento della società, di devolvere il
patrimonio, dedotti i conferimenti e i dividendi maturati, ad attività di pubblica utilità. Il mancato
rispetto, per due esercizi consecutivi, delle condizioni di prevalenza o la modificazione delle
clausole suddette comporta la perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente e la
società è tenuta a variare la sezione di iscrizione nel registro delle società cooperative e a segnalarla
all’amministrazione finanziaria pena la sanzione amministrativa della sospensione dell’attività. La
cooperativa a mutualità prevalente non può tramutarsi né in società lucrativa né in consorzio,
possibilità che è invece consentita alle cooperative a mutualità non prevalente purchè siano state
sottoposte a revisione nell’anno precedente. Esse sono però tenute in tal caso a devolvere il valore
effettivo del patrimonio secondo le modalità previste per lo scioglimento delle cooperative a
mutualità prevalente.

291) Caratteri differenziali rispetto alle società di capitali: a) la variabilità del capitale sociale.
Rispetto alle società di capitali le società cooperative si distinguono per la variabilità del capitale,
che è loro caratteristica, e per l’importanza che assume nell’organizzazione la persona del socio
anche quando la partecipazione sociale è rappresentata da azioni. In conseguenza della variabilità
del capitale sociale non si applicano alle società cooperative le norme che impongono la formazione
di un capitale minimo per la costituzione e l’esistenza della società. Infatti nelle società cooperative
il capitale non è determinato in un ammontare prestabilito ma dipende dal numero e dalla entità
della partecipazione dei soci. Essendo il capitale variabile, non è necessario che il suo aumento
richieda una modificazione statutaria (es. aumento di capitale per ammissione di nuovi soci). La
legge sopperisce alla mancanza di un capitale prestabilito richiedendo un numero minimo di soci e
un ammontare minimo della partecipazione. Per quanto riguarda il primo aspetto il numero di soci
della cooperativa non può essere inferiore a nove e nel caso esso scendesse sotto tale limite deve
essere reintegrato al massimo in un anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta
in liquidazione. Se si adotta la disciplina della società a responsabilità limitata il numero minimo è
di tre soci purchè si tratti di persone fisiche (o per le cooperative agricole, di società semplici). La
legge rimanda poi alle leggi speciali per la fissazione del numero di soci per particolari tipi di
cooperative (es. per le cooperative di consumo sono richiesti minimo 50 soci e per le banche di
credito cooperativo minimo 200). Per il secondo aspetto si richiede che il valore nominale delle
quote o delle azioni delle società cooperative non può essere inferiore a 25 euro e che quello delle
azioni non può essere superiore a cinquecento euro. A garanzia della integrità del capitale la legge
stabilisce inoltre che almeno il 30 per cento degli utili annuali sia destinata a riserva legale, ammette
che lo statuto possa prevedere riserve indivisibili (che cioè non possono essere distribuite tra i soci
nemmeno in caso di scioglimento della società) e subordina la distribuzione degli utili, l’acquisto di
azioni proprie e la ripartizione delle riserve divisibili al fatto che il rapporto tra il patrimonio netto e
il complessivo indebitamento sia superiore ad un quarto.

292) continua – b) la rilevanza della persona del socio. Per quanto riguarda la rilevanza della
persona del socio essa incide sotto vari aspetti. In primo luogo la partecipazione alla cooperativa
presuppone il possesso di determinati requisiti soggettivi, diversi a seconda del diverso oggetto
della società e che consistono dell’appartenenza alla categoria delle persone direttamente interessate
all’attività sociale (es. per le cooperative di consumo i soci devono appartenere alla categoria dei
consumatori, per le cooperative di lavoro devono esercitare il mestiere che forma oggetto della
cooperativa). La legge lascia allo statuto il compito di fissare i requisiti di ammissione dei nuovi
soci stabilendo che non possono partecipare alla società coloro che esercitano in proprio imprese in
concorrenza con la cooperativa. Ne consegue che l’ingresso di un nuovo socio si attua dopo la
verifica, da parte degli amministratori, del possesso dei requisiti richiesti. Gli amministratori sono
quindi chiamati a deliberare sull’ingresso di nuovi soci e sulla liquidazione della quota o delle
azioni in caso di esclusione e recesso. In secondo luogo la partecipazione del socio persona fisica
non può superare il massimo di 100,000 euro, e tale limite non si applica (oltre che ai soci non
persone fisiche), a fronte di conferimenti in natura o crediti (che non vengono computati ai fini del
relativo calcolo) e rispetto alle quote o azioni da assegnare allo scopo di ripartire le riserve
disponibili o i ristorni. Dobbiamo tuttavia segnalare che i poteri sociali sono attribuiti al socio
cooperatore in quanto tale e prescindono quindi dall’ammontare della partecipazione al capitale.
Infine la morte del socio comporta la liquidazione della quota o il rimborso delle azioni agli eredi
sulla base del bilancio dell’esercizio in corso (a meno che l’atto costitutivo non preveda che gli
eredi in possesso dei requisiti subentrino) La società ha facoltà in caso di mancato adempimento
all’obbligo del conferimento e in altri casi previsti di escludere il socio e l’esclusione determina
anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti. Vediamo quindi come la società cooperativa
costituisca una categoria a parte caratterizzata dalla combinazione di elementi personalistici e
capitalistici.

293) Gli strumenti finanziari – I soci finanziatori. La vigente disciplina ha esteso alle cooperative la
possibilità di emettere strumenti finanziari, forniti di diritti amministrativi o solo patrimoniali a
patto che l’atto costitutivo preveda tale possibilità e determini il contenuto di tali diritti e le
condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento. Mentre nelle società per azioni i sottoscrittori di
strumenti finanziari assumono la posizione di terzi e non di soci, nelle società cooperative ciò
avviene solo per i possessori di strumenti finanziari privi di diritti amministrativi in quanto al
contrario i possessori di strumenti forniti di diritti amministrativi (in particolare il diritto di voto)
possono considerarsi veri e propri soci. La legge per indicare tale categoria usa il termine di socio
finanziatore che si contrappone a quella dei soci cooperatori, che invece sono in possesso di quote o
azioni. Per i soci finanziatori non operano né i limiti né i requisiti richiesti per i soci cooperatori e
inoltre il loro diritto di voto è invece sottoposto a limitazioni in quanto non può essere loro
riconosciuto più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti o rappresentati
nell’assemblea generale. Inoltre i soci finanziatori non possono eleggere più di un terzo dei
componenti dell’organo di amministrazione e di controllo. I soci finanziatori inoltre possono essere
presenti solo nelle cooperative cui si applicano le norme delle società per azioni che sono le uniche
che possono emettere strumenti finanziari dotati di diritto di voto. Le cooperative soggette alla
disciplina delle società a responsabilità limitata possono invece emettere solo titoli di debito privi
dei diritti di amministrazione che possono essere sottoscritti solo da investitori istituzionali
analogamente a quanto abbiamo visto per i titoli di debito delle società a responsabilità limitata. La
legge prevede poi per i possessori di strumenti finanziari privi del diritto di voto assemblee speciali
e un rappresentante comune.

294) Costituzione della società. Il procedimento della costituzione delle cooperative è simile a
quello delle società per azioni, prevedendo la stipula dell’atto costitutivo, il deposito dell’atto e la
conseguente iscrizione della società nel registro delle imprese. L’atto costitutivo deve contenere,
oltre le informazioni previste per le società per azioni, anche le seguenti informazioni: a)
indicazione dell’oggetto sociale in relazione ai requisiti richiesti per l’ammissione dei soci, le regole
per lo svolgimento dell’attività mutualistica e l’eventuale previsione che essa possa essere esercitata
anche nei confronti dei terzi. In mancanza di ciò la società può avere rapporti solo con i soci. B) i
requisiti richiesti per l’ammissione dei soci e le condizioni per il recesso e l’esclusione c) le regole
per la ripartizione degli utili e dei ristorni d) la forma di convocazione dell’assemblea se si intende
di derogare alla legge.

295) Organizzazione giuridica della società. Anche l’organizzazione giuridica è ricalcata su quella
della società per azioni a meno che l’atto costitutivo non preveda l’applicazione delle norme delle
società a responsabilità limitata. Organi della cooperativa sono dunque l’assemblea, gli
amministratori e il collegio sindacale (o i corrispondenti organi a seconda del sistema
amministrativo adottato) e le norme sulla loro nomina e sul loro regolamento sono quelle applicabili
alle società per azioni. Per quanto riguarda il voto nelle assemblee la regola generale è quella di
“una testa un voto” che prescinde dalla misura della partecipazione e tale regola non può essere
derogata per i soci cooperatori ma solo dove la partecipazione è caratterizzata da ulteriori finalità.
Così ad esempio i soci cooperatori persone giuridiche possono avere più voti in relazione alla loro
partecipazione con un massimo di cinque ed è prevista la categoria dei soci sovventori a cui i voti
sono attribuiti in base alla partecipazione ma non possono comunque superare un terzo dei voti
spettanti a tutti i soci. Ne consegue che le maggioranze (determinate dall’atto costitutivo) si
calcolano in base al numero dei voti spettanti ai soci e non sul capitale. Il voto deve essere
esercitato personalmente (anche per corrispondenza o con mezzi telematici) o attraverso un altro
socio (che non può rappresentare nell’assemblea più di dieci soci) mentre solo il socio imprenditore
individuale può farsi rappresentare anche da un non socio purchè si tratti di un familiare che
collabora all’impresa. L’atto costitutivo può anche prevedere (tranne che nel caso di cooperative
con azioni quotate) la riunione di assemblee separate (che è obbligatoria per le cooperative che
superano 3.000 soci) che deliberano sulle materie poste all’ordine del giorno dell’assemblea
generale ed inviano delegati ad essa. Tali delegati partecipano all’assemblea generale in modo da
assicurare la proporzionale rappresentanza delle minoranze espresse nelle assemblee separate.
Dovendo le assemblee separate deliberare sulle stesse materie che formano l’ordine del giorno
dell’assemblea generale l’ordine del giorno delle due assemblee deve essere uguale. Ne deriva
anche che le deliberazioni delle assemblee separate essendo solo dei semplici atti preparatori alla
assemblea generale non possono essere impugnate autonomamente e gli eventuali loro vizi potranno
costituire causa di invalidità della deliberazione dell’assemblea generale solo se i voti espressi dal
delegato nominato in base ad una deliberazione viziata siano stati necessari per la formazione della
maggioranza. In tal caso sono legittimati all’impugnazione i soci delle assemblee separate. La
nomina dei primi amministratori è contenuta nell’atto costitutivo mentre quelli successivi sono
nominati dall’assemblea tenendo conto che la maggioranza di essi deve essere scelta trai i soci
cooperatori. Anche l’organo di controllo è nominato dai soci. Tale organo è necessario, in caso di
cooperative soggette alla disciplina della società a responsabilità limitata, solo in caso di emissione
di titoli di debito La disciplina vigente ha accentuato gli strumenti di controllo interni alla società
attribuendo ai soci che rappresentano un decimo del numero complessivo (un ventesimo per le
cooperative con più di tremila soci) il potere di esaminare oltre al libro dei soci, il libro delle
deliberazioni delle assemblee, del consiglio di amministrazione e dell’eventuale comitato
esecutivo.. A tali soci la legge attribuisce anche il potere di proporre al tribunale denuncia per gravi
irregolarità. Le società cooperative sono espressamente sottoposte al controllo giudiziario e
pertanto l’eventuale denuncia al tribunale deve essere notificata anche all’autorità di vigilanza. Lo
statuto può prevedere un ulteriore organo, il collegio dei probviri che ha il compito della risoluzione
delle controversie tra società e soci o tra soci attinenti al rapporto sociale. Al consiglio dei probviri
è demandato il riesame dei provvedimenti adottati dagli altri organi sociali per cui i provvedimenti
adottati dall’assemblea o dal consiglio di amministrazione diventano definitivi solo quando non sia
richiesto l’intervento dei probviri o dopo la loro pronuncia.

296) Variazioni nelle persone dei soci. Le variazioni delle persone dei soci (dovute all’ingresso di
nuovi soci, all’uscita di soci o alla sostituzione di una persona all’altra a seguito della cessione della
quota o delle azioni) data la variabilità del capitale sociale non comportano in via di principio
modificazioni dell’atto costitutivo. Come abbiamo visto l’ingresso e l’uscita di un socio (tranne che
nel caso di morte) non si effettuano solo tramite l’acquisto o la vendita della quota ma è necessario
che il consiglio di amministrazione deliberi in tal senso. Gli amministratori pertanto devono
autorizzare il trasferimento o pronunciarsi sull’ammissione o deliberare sul recesso o l’esclusione
verificandone i presupposti (a meno che l’atto costitutivo non attribuisca tale potere all’assemblea).
A fronte della deliberazione del consiglio di amministrazione è permessa l’opposizione al tribunale.
Se l’atto costitutivo non prevede la cessione delle quote o delle azioni allora deve essere
riconosciuto al socio il diritto di recesso che però non può essere esercitato se non sono trascorsi
almeno due anni dall’ingresso nella società. Non è ammessa finchè dura la società l’esecuzione
sulle azioni o sulla quota del socio da parte dei creditori particolari di esso. L’uscita del socio può
verificarsi, oltre che nel caso di morte, anche per recesso o esclusione. Il recesso è consentito
qualora non esistano più le condizioni soggettive che hanno determinato la partecipazione..
L’esclusione del socio si determina per le cause previste dalla legge o dall’atto costitutivo e anche
per inadempimento dell’obbligo di conferimento o per perdita dei requisiti richiesti per la
partecipazione alla società o per sopravvenuta incapacità o fallimento del socio. L’uscita del socio
impone la liquidazione della sua quota sulla base del bilancio dell’esercizio in corso e secondo i
criteri stabiliti nell’atto costitutivo; la legge prevede, salva diversa disposizione dello statuto, il
rimborso del sovrapprezzo versato al momento della costituzione qualora esso sussista nel
patrimonio della società. Il pagamento deve avvenire entro 180 giorni dall’approvazione del
bilancio. Nel termine di un anno il socio uscito e gli eredi restano responsabili per il pagamento dei
conferimenti non pagati. Se entro un anno avviene l’insolvenza della società essi restano obbligati
nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della quota o per il rimborso delle azioni. La stessa
responsabilità grava sul cedente in caso di cessione della quota o delle azioni.

297) Modificazioni dell’atto costitutivo. Le modificazioni dell’atto costitutivo delle società


cooperative sono soggette a iscrizione nel registro delle imprese e si realizzano in base alle norme
previste per le società per azioni ( o delle società a responsabilità limitata). Occorre ribadire però
che l’ingresso di nuovi soci pur comportando un aumento di capitale non comporta una modifica
dell’atto costitutivo. La cooperativa può tuttavia deliberare aumenti di capitale sociale con modifica
dell’atto costitutivo nel qual caso l’assemblea può autorizzare l’esclusione o la limitazione del
diritto di opzione permettendo così l’ingresso di nuovi soci. Inoltre alcune modifiche dell’atto
costitutivo come ad es. la modifica dell’oggetto sociale assumono un rilievo diverso nelle società
cooperative rispetto alle società per azioni in quanto mentre nelle società per azioni la modifica
dell’oggetto sociale può verificarsi senza che venga meno l’interesse del socio alla partecipazione
ciò nella società cooperativa è difficile se non impossibile. Per tale motivo alcuni autori hanno
ritenuto la necessità dell’unanimità dei consensi per le deliberazioni relative alla modifica
dell’oggetto sociale ma la legge stabilisce invece che tali modifiche possono essere adottate con la
maggioranza fatto salvo il diritto di recesso per i soci dissenzienti.

298) Scioglimento della società. La società cooperativa si scioglie per le stesse cause previste per le
società di capitali, salvo che soltanto la perdita totale del capitale sociale importa scioglimento della
cooperativa e salvo che esso può verificarsi pure per riduzione del numero dei soci al di sotto del
minimo o per provvedimento dell’autorità di vigilanza. E identici sono gli effetti che allo
scioglimento conseguono. La sola caratteristica è che i beni residui, oltre ad avere come destinatari i
soci, possono essere devoluti a fini mutualistici secondo le previsioni di legge o dell'atto costitutivo:
la legge o lo statuto possono in particolare prevedere la formazione di riserve che non possono
essere ripartite tra i soci nemmeno in sede di liquidazione della società, e anzi gli statuti di
cooperative a mutualità prevalente devono contenere clausole che impongono la devoluzione
dell'intero patrimonio sociale, dedotti soltanto il capitale e i dividendi eventualmente maturati, ai
fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

299) Vigilanza e controlli sulle cooperative. Le società cooperative sono soggette a particolari
controlli preventivi e successivi a cura (tranne che per le banche e le assicurazioni) del Ministero
delle attività produttive. La vigilanza si esercita tramite le revisioni cooperative (a cadenza biennale
che mirano ad accertare la natura mutualistica dell’ente) e le ispezioni straordinarie (che vengono
eseguite a campione per accertare la regolarità di funzionamento amministrativo e contabile e la
sussistenza dei requisiti richiesti per le agevolazioni fiscali). In caso di irregolare funzionamento
l’autorità di vigilanza può nominare un commissario dotato dei poteri dell’assemblea. La nomina di
un commissario rende improcedibile l’eventuale denuncia al tribunale per gli stessi fatti così come
la nomina di un ispettore da parte del tribunale impone la sospensione del procedimento iniziato per
gli stessi motivi da parte dell’autorità di vigilanza. Nel caso in cui la cooperativa non persegua lo
scopo mutualistico, sia inattiva o non sia in condizione di realizzare gli scopi sociali può essere
disposto lo scioglimento di autorità e la liquidazione coatta della società. Le procedure di
liquidazione sono simili a quelle dettate dalla legge fallimentare. L'autorità di vigilanza può
sostituire i liquidatori, nel caso in cui si verifichino irregolarità o eccessivo ritardo nello
svolgimento delle operazioni di liquidazione ordinaria, o può chiederne all'autorità giudiziaria la
sostituzione nel caso in cui i liquidatori siano stati nominati da questa; salvo che in quest'ultimo
caso, la medesima autorità di vigilanza dispone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco
delle società cooperative in liquidazione ordinaria, che non abbiano depositato i bilanci di esercizio
relativi agli ultimi 5 anni, per la conseguente cancellazione dal registro delle imprese, la quale
seguirà d'ufficio ove, nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione, i creditori e gli altri interessati
non abbiano presentato formale e motivata domanda intesa a consentire la prosecuzione della
liquidazione.
2) Le società mutue di assicurazione
300) – 301) – 302) 303) Caratteri essenziali della società mutua di assicurazione. Il codice civile
dedica tre articoli alle mutue assicuratrici o società di mutua assicurazione. La particolarità non
consiste nella specialità dell'oggetto sociale ma consiste nell'intimo collegamento che in esse si
attua tra rapporto sociale e rapporto di assicurazione, per cui questo altro non rappresenta che un
aspetto di quello. Quindi nelle mutue assicuratrici la realizzazione dell'intento mutualistico si attua
immediatamente per effetto della stessa partecipazione sociale, essendo presupposto dell'acquisto
della qualità di socio l'assicurazione presso la società. La mutualità in campo assicurativo può
quindi attuarsi in due forme: attraverso cooperative di assicurazione o attraverso mutue assicuratrici
Queste ultime hanno una caratteristica particolare che ne sottolinea il carattere più marcatamente
mutualistico in quanto in esse non si può acquistare la qualità di socio se non assicurandosi presso
la società e si perde la qualità di socio con l’estinzione dell’assicurazione. Nella sostanze le mutue
assicuratrici tendono allo stesso scopo economico di tutte le cooperative, quello di consentire ai soci
un risparmio attraverso la eliminazione dell’intermediario speculatore. Il codice stabilisce un nucleo
di tre norme l’art. 2546 ( le mutue assicuratrici sono caratterizzate dalla responsabilità limitata),
l’art. 2546 comma due (i soci sono tenuti al pagamento di contributi fissi o variabili determinati
dall’atto costitutivo), l’art. 2458 (l’atto costitutivo può prevedere soci sovventori) e richiama per il
resto la disciplina generale delle cooperative a responsabilità limitata. La legge ammette dunque
anche la categoria dei soci sovventori che non sono legati ala società da rapporti di assicurazione
ma richiede che ciò avvenga solo per costituire fondi di garanzia per il pagamento dell’indennità e
richiede che questi soci abbiano nell’assemblea una influenza minore rispetto a quella dei soci
assicurati. Infatti i soci sovventori possono disporre di un massimo di cinque voti e pur potendo
essere nominati amministratori non possono essere., nel consiglio di amministrazione in
maggioranza rispetto ai soci assicurati. Nelle mutue assicuratrici si ha la costituzione di un fondo
sociale mediante conferimenti determinati fin dall’inizio o variabili in quanto presupposto di questo
tipo di società è la costituzione di un patrimonio sociale dal quale siano garantite le obbligazioni
della società. La mutua assicuratrice ha in comune con le altre società lo scopo lucrativo ossia la
divisione dei guadagni in quanto solo attraverso la partecipazione agli utili si realizza quel risparmio
di spese che costituisce lo scopo dell’adesione alla società.

Capitolo V – Trasformazione, fusione e scissione

304) Nozione e tipi di trasformazione, fusione e scissione. La trasformazione è il passaggio della


società da un tipo all’altro di organizzazione sociale, la fusione è la riunione in una unica
società di più organizzazioni autonome e la scissione è il frazionamento della società in più
organizzazioni autonome. I tre fenomeni hanno in comune il fatto che le modificazioni si attuano
in base ad un negozio corporativo che opera sulla organizzazione sociale e solo di riflesso si riversa
sulla posizione dei soci e sul patrimonio della società. Altro fattore in comune è il fatto che tali
modificazioni consentono un mutamento della società senza soluzione di continuità evitando le
conseguenze che si avrebbero se si dovesse procedere alla eliminazione della società e alla
successiva ricostituzione. La trasformazione riguarda una sola società e incide riorganizzandola su
nuove basi (quelle tipiche del tipo di società prescelto) ed è l’effetto di una specifica decisione dei
soci che comporta una modificazione dell’atto costitutivo. Si può avere accanto alla trasformazione
omogenea che comporta il passaggio da un tipo all’altro di società lucrativa, la trasformazione
eterogenea che comporta il passaggio da una società di capitali o di persone ad una forma non
societaria dell’esercizio dell’impresa o ad una società cooperativa e viceversa. La fusione può
attuarsi o tramite la riunione di più società in una società nuova (fusione propriamente detta) o in
una società preesistente che continua a sussistere (fusione per incorporazione). In questo caso la
decisione dei soci delle singole società è necessaria ma non sufficiente essendo richiesto anche un
atto intersoggettivo, l’atto di fusione appunto, nel quale le decisioni dei soci delle società interessate
trovano esecuzione. La scissione riguarda anch’essa più società e può avvenire con l’assegnazione
da parte di una società ad altre società di tutto il proprio patrimonio (scissione totale) o con
l’assegnazione di parte del proprio patrimonio ad altre società (scissione parziale o scorporazione).
La legge prevede, per la trasformazione in società di capitali, di fusione o scissione di società di
persone il consenso della maggioranza dei soci (prevedendo il diritto di recesso per i soci che non
hanno concorso alla decisione). Per le relative decisioni da parte delle società di capitali invece sono
richieste le maggioranze previste (dalla legge o dallo statuto) per le modificazioni dell’atto
costitutivo e dello statuto (tranne che per la trasformazione eterogenea per la quale è richiesta il
voto favorevole dei due terzi dei soci). Per la trasformazione in società di capitali è invece richiesta
: a) in caso di consorzio la maggioranza assoluta dei consorziati b) il consenso unanime nel caso di
contitolari di azienda c) tre quarti dei voti degli associati per l’associazione. Per la trasformazione
eterogenea di società cooperativa è invece richiesto il voto favorevole di almeno la metà dei soci.

305) La trasformazione – Ambito di applicazione dell’istituto. Abbiamo visto che la legge permette
anche la trasformazione eterogenea e cioè il passaggio da società di capitali in consorzio, società
consortile, comunione di azienda e fondazione e viceversa, o il passaggio da società di capitali in
associazioni non riconosciute e da associazioni riconosciute in società di capitali. Alla disciplina
della trasformazione eterogenea è sottoposta inoltre la trasformazione da società di capitali in
società cooperativa e la trasformazione della società cooperativa i società lucrativa (ammessa solo
per le cooperative non a mutualità prevalente). Nel sistema originario del codice si dubitava in
dottrina e giurisprudenza se una società ordinaria si potesse trasformare in una società cooperativa e
viceversa. La questione era stata in un certo senso superata dalla disposizione dell'art 14 l. 127/71
per cui le società cooperative non possono essere trasformate in società ordinarie, anche se tale
trasformazione sia deliberata all'unanimità: solo in un certo senso però, perché in realtà tale divieto,
che attualmente risulta circoscritto alle sole cooperative a mutualità prevalente (e che trova
comunque una deroga nel settore bancario che ammette infatti la trasformazione di banche popolari
in società per azioni, purchè autorizzata dalla Banca d'Italia), non risolveva almeno esplicitamente
la questione della trasformabilità della società ordinaria in società cooperativa. Era indubbio che gli
ostacoli alla trasformazione da società ordinaria a cooperativa erano minori e sostanzialmente si
riducevano a quello consistente in ciò che in questa ipotesi non tanto si sarebbe passati da un tipo ad
un altro in uno stesso negozio, quanto si sarebbe passati da un negozio a un altro negozio e si
sarebbe modificato l'elemento causale del negozio che è a base dell'organizzazionesostituendo allo
scopo lucrativo quello mutualistico. Il fondamento della trasformazione eterogenea pertanto non
può essere ritrovato nella permanenza (sia pure con una diversa organizzazione) della causa del
negozio che ha dato vita alla società, visto che è permesso la sostituzione dello scopo lucrativo con
quello mutualistico ma deve invece essere ritrovato nella continuità dell’impresa esercitata
collettivamente dai soci. E’ per tale motivo che la trasformazione può avvenire sulla base di una
decisione collettiva dei soci e non è invece necessario il consenso individuale del singolo (fermo
restando il diritto di recesso). Il fatto che la legge ammetta il passaggio a società lucrativa solo per
le società cooperativa non a mutualità prevalente si spiega con la necessità di evitare che una società
adotti la forma a mutualità prevalente per godere delle relative agevolazioni fiscali per poi, dopo
averne approfittato, abbandonare la relativa forma trasformandosi in società lucrativa. Inoltre la
legge ammette il passaggio a società lucrativa solo per le cooperative che siano state sottoposte a
revisione nell’anno precedente. Il passaggio comporta la devoluzione a fondi mutualistici del
patrimonio, dedotti il capitale versato e i dividendi non distribuiti e tale valore deve essere attestato
da una relazione giurata da allegare alla proposta di deliberazione.

306) continua – la disciplina. Il codice prevede a fissare una disciplina unitaria, applicabile a tutte le
forme di trasformazione, relativamente alle forme e alla pubblicità previste per la decisione con la
quale i soci pervengono alla trasformazione, ossia l’atto di trasformazione. La pubblicità riveste per
l’atto di trasformazione una efficacia sia costitutiva che sanante. Infatti non solo l’atto di
trasformazione diviene efficace solo quando siano stati compiuti tutti gli atti previsti per la
pubblicità ma da tale momento viene meno la possibilità di pronunciare la sua invalidità fermo
restando l’eventuale diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla trasformazione. La
trasformazione eterogenea invece ha effetto solo dopo 60 giorni dall’attuazione della pubblicità (a
meno che non ci sia il consenso dei creditori) in quanto in tale periodo i creditori possono fare
opposizione alla trasformazione impedendo al relativo atto di diventare efficace. La trasformazione
può comportare il passaggio da un tipo di società dove i soci sono illimitatamente responsabili ad un
altro dove per le obbligazioni sociali risponde solo il patrimonio della società (nel caso di passaggio
da società di persone a società di capitali) o viceversa (nel caso di passaggio da società di capitali a
società di persone). Il codice prevede nel primo caso che la trasformazione non comporta
l’eliminazione della responsabilità personale dei soci per le obbligazioni sorte precedentemente alla
attuazione della pubblicità della trasformazione. Pertanto la trasformazione ha effetto ex nunc e non
modifica gli effetti che si sono già prodotti prima del suo intervento. Per quanto riguarda il secondo
caso il codice richiede il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità
illimitata, la quale peraltro si estende anche alle obbligazioni sociali sorte prima della
trasformazione stessa. Nel caso in cui la trasformazione comporti acquisto della personalità
giuridica (come nel caso di trasformazione da società di persone a società di capital) il codice
richiede che la deliberazione di trasformazione risulti da atto pubblico e contenga le informazioni
richieste dalla legge per la costituzione di società di capitali. Ma anche in questo caso la
trasformazione comporta comunque una continuazione della società originaria anche se il suo
ordinamento giuridico viene modificato. Modificazione dalla quale dipende la diversa posizione che
il patrimonio sociale assume rispetto all’organizzazione sociale. Il fatto che la società rimane quella
originaria comporta che la posizione del socio nei confronti della società e nei confronti degli altri
soci non può essere modificata e quindi è sulla base della posizione precedente del socio che deve
configurarsi la posizione successiva e quindi i diritti e doveri a lui spettanti nella società
trasformata, fermi restando gli adattamenti resi necessari dalla disciplina del nuovo tipo societario
adottata: un problema questo che la legge ha affrontato espressamente dettando specifiche regole
con riguardo al socio d'opera. Lo stesso è a dirsi nelle ipotesi di trasformazione di società di capitali
in società di persone: in tal caso ciascun socio ha diritto all'assegnazione di una partecipazione
proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni. Particolarmente delicata risulta la
divisione del capitale e la conseguente assegnazione delle partecipazioni nell'ipotesi di
trasformazione eterogenea in società di capitali delle associazioni(riconosciute), nelle quali la
partecipazione non si presta ad essere misurata, e soprattutto delle fondazioni, che, proprio in
quanto enti non associativi, risultano di per sé prive di partecipanti: se nel primo caso si tratta
essenzialmente di stabilire l'entità delle partecipazioni da assegnare agli associati, nel secondo caso
si deve prima ancora individuare a quali soggetti esse devono essere assegnate.

307) Caratteri e struttura della fusione. Nella fusione il fenomeno giuridico è più complesso. La
compenetrazione di due o più gruppi sociali in un unico gruppo non può essere l'effetto di un atto di
una singola società, ma è necessariamente l'effetto di un atto intersoggettivo. La fusione si
costituisce attraverso due momenti essenziali: a) la decisione delle singole società che partecipano
alla fusione b) l’atto di fusione tra le diverse società. L'atto di fusione costituisce il mezzo con il
quale si realizza nei rapporti tra le diverse società quell'ordinamento nuovo che si è già reso
vincolante nei rapporti interni di ogni singola organizzazione mediante le decisioni dei soci. Esso si
pone tra le società che partecipano alla fusione ed è diretto alla creazione di una organizzazione
giuridica unitaria nel quale confluiscono le varie organizzazioni preesistenti e quindi i loro soci e i
loro patrimoni. Anche nella fusione quindi si ha la sostituzione di un nuovo ordinamento sociale a
quello preesistente. Per tale motivo la società che risulta dalla fusione (nel caso di fusione
propriamente detta) o quella incorporante proseguono in tutti i rapporti, anche processuali,
analogamente a quanto disposto per l'ente trasformato, ma, a differenza di quest'ultimo, non
conservano ma assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione. Anche qui si
tratta peraltro di un negozio corporativo, il quale opera immediatamente sulle organizzazioni
sociali, e solo di riflesso sulla posizione dei soci e sul patrimonio. La partecipazione alla società
incorporante o che risulta dalla fusione come la confusione dei patrimoni delle singole società sono
conseguenza della compenetrazione in un unico organismo di organizzazioni diverse. Si attua
pertanto necessariamente una successione a titolo universale della società incorporante o che risulta
dalla fusione come la confusione nel patrimonio delle società che, in conseguenza della fusione,
perdono la loro autonomia. Questa centralità del profilo organizzativo spiega l'esigenza che la
fusione si attui tra organizzazioni comunque integre, e spiega il perché la soluzione non si attui alle
società in liquidazione che abbiano cominciato la distribuzione dell’attivo. La fusione si distingue
dalla concentrazione perché si realizza attraverso un negozio corporativo che riguarda le
organizzazioni sociali e solo indirettamente si riflette sui patrimoni e sulle posizioni dei soci. La
concentrazione nasce invece da un atto di disposizione del patrimonio da parte di un soggetto a
favore di un altro soggetto e questo spiega perché con essa si realizza un fenomeno di successione a
titolo particolare e non universale come avviene per la fusione. Vi è inoltre da segnalare che l'area di
utilizzabilità della fusione è stata ampliata con la disciplina delle fusioni transfrontaliere adottata
con il d.lgs 108/2008. essa arricchisce la disciplina codicistica della fusione e prevede anche quella
tra una società di capitali italiana e una di un altro stato membro, dalla quale risulti una società
italiana o di altro stato membro.
308) Il procedimento di fusione: il progetto e la decisione di fusione. La legge regola il
procedimento di fusione con una disciplina molto articolata attuata anche in esecuzione di direttive
comunitarie. L’atto iniziale del procedimento è la redazione da parte degli amministratori delle
società partecipanti alla fusione di un progetto di fusione che deve contenere, oltre agli altri
elementi richiesti dalla legge, la determinazione del rapporto di cambio delle azioni o quote che
serve a determinare la misura della partecipazione dei soci delle società incorporate in quella
incorporante o risultante dalla fusione (tale rapporto non è necessario in caso di incorporazione di
società interamente posseduta dalla incorporante). Il progetto di fusione deve essere depositato per
l’iscrizione nel registro delle imprese ed è necessario che alcuni esperti scelti tra i revisori legali dei
conti (o dal tribunale in caso di società azionaria) esprimano il loro parere sulla adeguatezza del
rapporto di cambio. Tale valutazione degli esperti risponde però solo ad una esigenza informativa
dei soci e quindi è possibile che i soci possano decidere comunque la fusione anche in presenza di
un parere negativo e inoltre essa non è necessaria in caso di consenso di tutti i soci. Gli
amministratori devono anche redigere una situazione patrimoniale della società ed una relazione
illustrativa del progetto di fusione. Tutta questa documentazione, unitamente ai bilanci degli ultimi
tre anni, deve essere messa a disposizione dei soci presso la sede della società entro i trenta giorni
che precedono l’assemblea. Il legislatore ha ritenuto di assegnare una particolare rilevanza alle
esigenze informative dei soci nel caso in cui la fusione rappresenti il momento conclusivo di una
più ampia operazione, la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, più di frequente
indicata con i termini di merger leveraged buy out, all'esito della quale, i finanziamenti ottenuti da
una società al fine di acquisire il controllo di un'altra società, società-bersaglio, finiscono per essere
garantiti o addirittura rimborsati con risorse provenienti non già dal proprio patrimonio, ma da
quello della stessa società-bersaglio, con la quale la prima, proprio a questo scopo, decide di
fondersi. La fusione deve poi essere deliberata da tutte le società che vi partecipano mediante
l’approvazione del relativo progetto. Inserita in questo particolare contesto, la fusione pone
problemi specifici, diversi e ulteriori rispetto a quelli generali, che adesso sono risolti dall'art
2501bis cc, il quale si volge essenzialmente a garantire la trasparenza e la correttezza
dell'operazione, a tutela dei soci della società bersaglio. A tal fine, per un verso si arricchisce il
contenuto tanto del progetto di fusione quanto della relazione degli amministratori, in modo da
fornire ai soci informazioni ulteriori in relazione al profilo delle risorse finanziarie che si intendono
utilizzare al fine di soddisfare le obbligazioni che finiscono per gravare sulla società risultante dalla
fusione: il progetto deve infatti indicare tali risorse e la relazione deve contenere un piano
finanziario dal quale risulti la fonte delle risorse medesime e la descrizione degli obbiettivi che si
intendono raggiungere. Per altro verso si richiede che al progetto di fusione sia allegata una
relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società bersaglio o di quella
acquirente e si dispone che la relazione degli esperti di cui all'art 2501 sexies cc deve attestare la
ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione. È poi consequenziale al valore
formale riconosciuto al progetto di fusione che la legge individui nella sua approvazione il
contenuto della decisione relativa alla fusione, adottata in via di principio dai soci: essa deve
intervenire dopo almeno 30 giorni dall'iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese a
meno che i soci non abbiano rinunciato con consenso unanime a tale termine. E’ evidente quindi
l’importanza del ruolo rivestito nella fusione degli amministratori sia perché sono essi a redigere il
progetto di fusione, sia perché ancora prima della pubblicazione del progetto di fusione (e quindi
quando l’assemblea non si è ancora pronunciata) essi devono pubblicare un avviso per dare facoltà
ai possessori di eventuali obbligazioni convertibili di esercitare il diritto di conversione anticipata.
In questo caso quindi tale operazione si svolge sulla base di una decisione dei soli amministratori e
quindi a prescindere da ogni valutazione dell’assemblea che potrebbe essere anche negativa. Inoltre
gli amministratori possono avere nella fusione un ruolo ancora più decisivo nel caso di
incorporazione di società posseduta almeno per il 90 per cento dalla incorporante in quanto in tal
caso l’atto costitutivo può affidare agli amministratori della incorporante la competenza ad adottare
la deliberazione di fusione con atto pubblico a prescindere quindi da ogni intervento da parte dei
soci. In tal caso però la legge riconosce ai soci dell’incorporante che posseggono almeno il cinque
per cento del capitale sociale il potere di chiedere che la decisione della fusione venga adottata dai
soci. Una volta adottate le decisioni di fusione e il loro deposito nel registro delle imprese si apre
una fase relativa alla tutela dei creditori sociali. La legge consente infatti ad essi il diritto di
opposizione nel caso in cui la decisione di fusione risulti pregiudizievole per i loro diritti stabilendo
che la fusione non può essere attuata se non sono decorsi 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle
imprese, e entro questo termine i creditori possono effettuare opposizione. La fusione può però
avere effetto immediato qualora ci sia il consenso dei creditori o quando siano depositate presso una
banca le somme spettanti a coloro che non hanno acconsentito o quando una società di revisione
abbia redatto una relazione in base alla quale si evince che la situazione patrimoniale delle società
partecipanti non richiede specifiche garanzie a tutela dei creditori legittimati a fare opposizione.
Anche il tribunale può disporre che la fusione abbia efficacia immediata qualora ritenga infondato il
pregiudizio per i creditori o previa prestazione di idonea garanzia da parte delle società. La legge
però attribuisce il potere di opposizione solo ai creditori anteriori alla attuazione della pubblicità
della fusione sulla base della considerazione che i creditori posteriori, essendo a conoscenza del
progetto di fusione, hanno sicuramente valutato le conseguenze di una concessione di credito alla
società. Il potere di opposizione spetta quindi a tutti i creditori anteriori e quindi anche agli
obbligazionisti delle società partecipanti salvo che la fusione sia stata approvata dalla loro
assemblea particolare (e ai possessori di obbligazioni convertibili viene concesso come si è detto il
diritto di conversione).

309) continua – l’atto di fusione. Il procedimento di fusione si chiude con la stipulazione dell’atto di
fusione che deve avere la forma di atto pubblico e deve essere depositato (a cura degli
amministratori o del notaio) presso il registro delle imprese del luogo dove ha sede la società
incorporante o la società che risulta dalla fusione. L’atto di fusione ha effetto estintivo e costitutivo
in quanto in base ad esso le società che si fondono cessano di esistere e al tempo stesso sorge una
nuova società o si modifica l’organizzazione della società incorporante che assorbe in se le
organizzazioni delle società incorporate. In base all’atto di fusione i soci delle società estinte
diventano soci della società nuova o della società incorporante e ad essi vengono assegnate
partecipazioni in base al rapporto di cambio indicato nel progetto di fusione, e il patrimonio delle
società estinte forma il patrimonio della nuova società o viene a far parte del patrimonio della
società incorporante. Gli effetti si producono, trattandosi di pubblicità costitutiva, al momento del
completamento degli adempimenti pubblicitari previsti anche se è ammessa una limitata
retroattività (e limitata ad alcuni aspetti) degli effetti della fusione. Il che si spiega per la
considerazione che si tratta di problemi organizzativi essenzialmente interni alla società e la cui
regolamentazione in virtù della sua autonomia statutaria, se da un lato può soddisfare innegabili
esigenze tecniche, dall'altro non è in grado di incidere su interessi di terzi meritevoli di tutela. Gli
interessi dei terzi, e in particolare dei creditori sociali, possono essere pregiudicati nel caso in cui
dalla fusione consegua anche un mutamento del tipo societario che importi una limitazione nella
responsabilità dei soci, come accade nell'ipotesi in cui la società incorporante o risultante dalla
fusione, alla quale partecipino società di persone, sia una società di capitali: a tale ipotesi si riferisce
la regola che subordina al consenso dei creditori sociali la liberazione del socio dalla responsabilità
illimitata per le obbligazioni sociali sorte anteriormente al momento in cui, esauruti gli adempimenti
pubblicitari, la fusione diviene efficace. La pubblicità ha anche efficacia sanante in quanto la legge
esclude che la invalidità dell’atto di fusione possa essere dichiarata dopo la sua iscrizione nel
registro delle imprese fermi restando gli eventuali diritti al risarcimento dei danni derivanti dalla
fusione stessa.

310) Caratteri e struttura della scissione. Anche per la scissione la legge prevede una disciplina
particolare e articolata, modellata anche in esecuzione di direttive comunitarie. La legge prevede
sia l’ipotesi della scissione totale che quella della scissione parziale (o scorporazione) che possono
operare entrambe sia nella forma della scissione in senso stretto che in quella di scissione per
incorporazione. Con la scissione totale l’intero patrimonio di una società viene assegnato ad una o
più altre società, preesistenti o di nuova costituzione mediante l’assegnazione delle relative
partecipazioni ai soci della prima. Con la scissione parziale (o scorporazione) la società può
assegnare ad un’altra o ad altre società, preesistenti o di nuova costituzione, parte del suo
patrimonio assegnando le relative partecipazione ai propri soci. Vediamo quindi come nel caso di
scissione in senso stretto (ossia quando le società beneficiarie sono di nuova costituzione) una
società mediante un atto unilaterale può costituire un’altra società, ipotesi che comunque viene
ammessa anche in via generale (come abbiamo visto) per la costituzione di una società per azioni o
di una società a responsabilità limitata. Tuttavia anche se l’operazione ha una struttura unilaterale
essa ha in comune con l’altra ipotesi di scissione il fatto di riflettersi sulla posizione dei soci
mediante l’attribuzione ad essi delle partecipazioni della società beneficiaria e per tale motivo
mantiene un significato pluripersonale. È chiaro d'altra parte che anche questo profilo, cioè la
diretta influenza dell'operazione sulla posizione dei soci, impedisce anche qui, come nella fusione,
la possibilità di esaurirne il senso negli spostamenti patrimoniali che ne derivano ed impone invece
di sottolinearne il significato organizzativo: rispetto ad esso quegli spostamenti patrimoniali
rappresentano nient'altro che un riflesso. Significativa appare la terminologia usata dal legislatore, il
quale nell'art 2506 cc precisa che, a seguito della scissione, il patrimonio della società viene
assegnato ad un'altra società, non anche ad essa trasferito.

311) Il procedimento di scissione. La disciplina del procedimento di scissione è in gran parte


modellata su quella della fusione grazie ad una norma che contiene il rinvio a molte delle norme
fissate per la fusione. Abbiamo quindi anche in questo caso l’esigenza del progetto di scissione,
redatto secondo i criteri fissati per il progetto di fusione e anch’esso oggetto di controllo da parte di
soggetti esterni. E’ previsto inoltre anche il meccanismo di tutela dei creditori basato sul loro diritto
di opposizione. Anche la scissione è preclusa alle società in liquidazione che abbiano iniziato la
distribuzione dell’attivo. Sono previste però alcune regole particolari riferite ai rapporti trai soci e
ai rapporti con i creditori, soprattutto in considerazione del fatto che la scissione può non
coinvolgere l’intero patrimonio sociale. Per quanto riguarda i soci i criteri di assegnazione delle
partecipazioni nelle società beneficiarie possono essere basati su criteri diversi da quelli di
proporzionalità ma viene riconosciuto ai soci che non hanno approvato la scissione il diritto di far
acquistare le proprie partecipazioni ad un soggetto indicato nel progetto di scissione per un
corrispettivo determinato sulla base dei criteri previsti per il recesso. Nel caso di scissione parziale
inoltre può essere previsto, con il consenso di tutti i soci, che ad alcuni soci vengano assegnate
partecipazioni non delle società beneficiarie ma solo della società scissa. Per quanto riguarda la
tutela dei creditori fermo restando il riconoscimento ad essi di un diritto di opposizione la legge
stabilisce la responsabilità solidale di tutte le società per i debiti della società scissa che non siano
soddisfatti dalla società a carico della quale sono stati posti con l’atto di scissione.

CAPITOLO VI COLLEGAMENTI TRA SOCIETA’ E GRUPPI


312) Collegamenti tra società. La realtà socio economica attuale è caratterizzata da numerose forme
di collegamento tra società di capitali le quali mirano in tal modo a rafforzare la loro capacità
competitiva sul mercato. Tali collegamenti possono configurarsi tra società autonome tra di loro
(partecipazioni rilevanti e società collegate) o possono realizzare un vero e proprio rapporto di
dipendenza tra una società e un’altra o più altre società (società controllate). Tutti i collegamenti
determinano il configurarsi di una posizione di potere di una società in un’altra o di una posizione
di potere reciproco tra due società ma nella posizione di controllo tale posizione di potere è tale che
la società controllante determina interamente la politica economica delle società controllate.

313) Le società collegate. Del fenomeno della partecipazione rilevante, quale situazione che impone
obblighi di comunicazione alla società ed all’organo di vigilanza ci siamo occupati a proposito
delle società quotate nei mercati regolamentati. Ci occupiamo ora invece del fenomeno delle società
collegate, fenomeno che può attuarsi solo nei rapporti tra più società (e non è quindi utilizzabile nel
caso di partecipazione da parte di una persona fisica come avviene nel caso di partecipazione
rilevante) ed assume rilievo esclusivamente ai fini della disciplina del bilancio. Sono società
collegate quelle sulle quali un’altra società esercita una influenza notevole. Secondo l’art. 2359 tale
influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei
voti o un decimo se la società ha azioni quotate i borsa. Nelle ipotesi di collegamento il legislatore
tutela il diritto all’informazione degli azionisti e dei terzi attraverso una serie di prescrizioni da
osservarsi nella formazione del bilancio di esercizio.

314) Le società controllate. Il controllo costituisce una particolare situazione per effetto della quale
una società è potenzialmente in grado di improntare con la propria volontà l’attività economica di
un’altra società. Questa situazione può verificarsi per cause diverse: può derivare da una
partecipazione maggioritaria al capitale di una società; può derivare invece da una partecipazione
minoritaria, la quale tuttavia consente di far prevalere la propria volontà nell'assemblea ordinaria e
quindi imprimere, attraverso la nomina degli amministratori e sindaci, l'indirizzo amministrativo
della società; può derivare inoltre da particolari vincoli contrattuali che assicurano ad un soggetto la
direzione amministrativa della società. La seconda ipotesi si può verificare sia perché la società
controllata ha emesso azioni a voto limitato o addirittura prive di diritto di voto, come le azioni di
risparmio, sia perché, in conseguenza di una distribuzione molto frazionata del capitale della società
e del disinteresse dei piccoli azionisti, è sufficiente una minoranza organizzata per amministrare la
società e dirigerne l'attività. La terza ipotesi si verifica quando, sulla base di rapporti contrattuali
l'amministrazione della società è affidata sostanzialmente al finanziatore, all'affittuario, al fornitore.
La dottrina distingue queste diverse situazioni, contrapponendo un controllo interno (quello che si
attua attraverso la partecipazione sociale) a un controllo di diritto (quello che consegue ad una
partecipazione la quale giuridicamente attribuisca la maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria)
a un controllo di fatto (quello che consegue ad una partecipazione che solo di fatto permette di far
prevalere la propria volontà nell'assemblea). Nel sistema legislativo la situazione di controllo è
presa in considerazione da una pluralità di disposizioni. Per quanto concerne l'art 2359 cc deve
rilevarsi un progressivo affinamento della definizione normativa volto a precisarne l'ambito con
sempre maggiore analiticità e a comprendervi quindi tutte le ipotesi in cui una situazione di
controllo effettivamente si realizza. La formulazione introdotta con la legge 216/1974 ha fatto
esplicito riferimento non solo alla situazione in cui si dispone della maggioranza richiesta per le
deliberazioni dell'assemblea ordinaria, ma anche a quella in cui vi sia un'influenza dominante di
un'altra società in virtù delle azioni o quote da questa possedute o di particolari vincoli contrattuali
con essa; ed ha fatto ancora esplicito riferimento all'ulteriore ipotesi di società controllate da un'altra
società mediante le azioni o quote possedute da società controllate da questa. Con il d.lgs 127/1991
si è avuta un'ulteriore precisazione, e l'attuale formulazione dell'art 2359 cc è articolata con
riferimento a tre fattispecie: la disponibilità della maggioranza dei voti esercitati nell'assemblea
ordinaria, oppure di voti comunque sufficienti per esercitare un'influenza dominante in questa, o
ancora un'influenza dominante dovuta a particolari vincoli contrattuali. Nell'art 80 d.lgs 270/1999,
sull'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, per definire le
imprese di gruppo si fa riferimento alle imprese che, per la composizione degli organi
amministrativi o sulla base di altri concordati elementi, risultano soggette ad una direzione comune.
Anche qui si adotta una prospettiva imperniata sul fenomeno della dipendenza economica di talune
imprese da altre. Merita inoltre di essere sottolineata l'emersione, nelle legislazioni più recenti, di
una figura che potrebbe chiamarsi controllo da sindacato, il controllo cioè conseguito mediante la
partecipazione ad un sindacato di voto.

315) Conseguenze della posizione di controllo. Il collegamento tra le società può essere unilaterale
o reciproco a seconda che sia solo la controllante a partecipare al capitale della società controllata o
che invece anche questa partecipi (sia pure con i limiti fissati dalla legge) al capitale della
controllante. Nel primo caso si pongono problemi che riguardano esclusivamente la società
controllata mentre nel secondo i problemi riguardano anche la società controllante. Per quanto
riguarda questo secondo caso il legislatore, per evitare che gli amministratori della controllante si
avvalgano delle azioni della società controllante in possesso della controllata per influenzare le
deliberazioni dell’assemblea, ha posto il principio per cui la società controllata non può esercitare il
diritto di voto nella assemblea della controllante. Il pericolo che gli amministratori della
controllante si avvalgano delle azioni della stessa società controllante in possesso della controllata
per determinare o influenzare le deliberazioni dell'assemblea, ha portato il legislatore a porre pure in
tal caso lo stesso principio che è posto con riferimento alle azioni proprie in mano della società. La
soluzione nega in sostanza che la società controllata sia un centro di interessi autonomo rispetto alla
controllante e preclude quindi l'esigenza che pure essa contribuisca alle scelte della controllante
stessa e quindi alla formazione della politica di gruppo. Per quanto riguarda il primo caso e quindi i
problemi che si pongono in relazione alla società controllata il legislatore deve contemperare due
diverse esigenze: da un lato il fatto che deve essere consentito alle società che fanno parte dello
stesso gruppo il compimento degli atti necessari all’interesse del gruppo stesso e dall’altro il fatto di
evitare che si approfitti della posizione di controllo per sacrificare l’interesse degli azionisti estranei
al gruppo che, nell’ipotesi di controllo di fatto, possono essere addirittura la maggioranza. A tale
scopo è posta sia la disciplina generale del conflitto di interessi che la disciplina dettata per le
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio circa le operazioni con parti correlate,
tra le quali rientrano anche le operazioni poste in essere tra società appartenenti allo stesso gruppo.
Per queste operazioni la disciplina prevede oltre a specifici obblighi di comunicazioni al mercato,
un particolare ruolo attribuito agli amministratori indipendenti che devono esprimere per le
operazioni più rilevanti un parere che può essere anche vincolante e che il consiglio di
amministrazione di società quotate sottoposte a controllo da parte di altra società deve essere
composto in maggioranza da amministratori indipendenti. Bisogna in ogni caso considerare che il
fenomeno di gruppo si caratterizza in quanto gli interessi con esso perseguiti si puntualizzano non
tanto nel compimento di un singolo atto, quanto sul piano dell'attività: nel senso che è alla direzione
complessiva dell'attività imprenditoriale che deve guardarsi e che su questo piano può anche
verificarsi che, pur nell'ipotesi di un singolo atto pregiudizievole, il sacrificio che ne deriva trovi un
corrispettivo nel vantaggio che può conseguire dalla stessa partecipazione al gruppo.

316) continua – la disciplina della attività di direzione e coordinamento di società. Perciò il


legislatore ha introdotto una disciplina generale applicabile a tutte le società, relativa all'esercizio da
parte di una società o di un ente dell'attività di direzione e coordinamento di altre società,
quell'attività cioè nella quale tipicamente si esprime il potere di controllo. In primo luogo l’art.
2497ter impone, a pena di invalidità, la necessità di motivazione delle decisioni della società
soggetta al controllo che risultano influenzate dalla attività di direzione da parte della controllante.
Su tali operazioni inoltre gli amministratori hanno l’obbligo di riferire con periodicità trimestrale
all’organo di controllo. In secondo luogo l’art. 2497 detta una serie di disposizioni in materia di
responsabilità nell’ipotesi in cui la società che esercita l’attività di direzione ponga in essere,
nell’interesse proprio o altrui, comportamenti contrari alla corretta gestione imprenditoriale delle
società ad essa sottoposte. In questo caso l’art. 2497 afferma la responsabilità della società che
esercita l’attività di direzione nei confronti sia dei soci delle società controllate per il pregiudizio
arrecato al valore della loro partecipazione che dei creditori delle stesse società per la lesione
cagionata al patrimonio della società. Tale responsabilità è però esclusa qualora il pregiudizio sia
venuto meno valutando non solo l’operazione messa in essere ma il risultato complessivo
dell’attività di direzione e coordinamento. In questo modo la legge non considera ai fini della
responsabilità il singolo comportamento o la singola operazione ma il valore complessivo
dell’attività di direzione e coordinamento. Per tale motivo, a differenza dalla disciplina dettata in
tema di conflitto di interessi, la tutela offerta dall’art. 2497 non si pone in termini di invalidità
dell’atto ma su un obbligo di risarcimento nei confronti dei soci e dei creditori ai quali è concesso di
agire direttamente nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento e
quindi nei confronti della controllante. L’art. 2497 inoltre prevede una responsabilità solidale con la
società controllante sia di chi ha comunque preso parte al fatto lesivo che di chi ne ha tratto
consapevolmente un beneficio, chiaramente nei limiti del vantaggio conseguito, e anche in questo
caso comunque non è rilevante il danno derivante dalla singola operazione ma quello che deriva
dall’attività di direzione complessivamente considerata. La tutela accordata dall’art. 2497 inoltre
non si esaurisce nella previsione della responsabilità da esercizio scorretto dell’attività di direzione
e coordinamento ma pone anche altri principi riguardo sia i soci che i creditori sociali. Per quanto
riguarda i soci sono previste specifiche ipotesi di recesso,, ad esempio quando la società che
esercita l’attività di direzione o coordinamento abbia cambiato il suo scopo sociale (a seguito di
una trasformazione eterogenea) o abbia modificato il suo oggetto sociale in modo da alterare in
modo sensibile le condizioni economiche e patrimoniali della società controllata . Per quanto
riguarda invece i creditori l’art. 2497 prevede che qualora siano stati accordati finanziamenti alla
società controllata dalla controllante in un momento in cui la società controllata era in una
situazione finanziaria tale da rendere più ragionevole un conferimento, il loro rimborso è postergato
alla soddisfazione degli altri creditori sociali e se avvenuto nell’anno precedente alla dichiarazione
di fallimento, deve essere restituito. La legge inoltre richiede specifici adempimenti pubblicitari
volti a segnalare a tutto il mercato il fatto di essere soggetti ad una attività di direzione e
coordinamento e quindi l’appartenenza ad uno stesso gruppo. Infatti a tale scopo la società deve
indicare negli atti e nella corrispondenza la società che esercita nei suoi confronti l’attività di
direzione e deve iscriversi in un apposita sezione del registro delle imprese .Inoltre la società
soggetta al controllo deve esporre nella nota integrativa un prospetto riportante i dati essenziali
dell’ultimo bilancio approvato dalla società che esercita l’attività di direzione in questione. Nelle
nota integrativa deve essere indicato anche l’effetto che l’attività di direzione e coordinamento ha
avuto sull’esercizio dell’impresa e sui suoi risultati.

317) Responsabilità per le obbligazioni di singole società. Merita di essere sottolineato l'impatto
sistematico dell'introduzione della disciplina specifica della responsabilità di esercizio scorretto
dell'attività di direzione e coordinamento di società di cui all'art 2497 cc su tutta una serie di
problemi in precedenza vivamente dibattuti. L'unità dell'impresa economica, nonostante l'autonomia
giuridica delle singole organizzazioni sociali, la strumentalità di queste rispetto alla politica di
gruppo, la posizione di controllo della società capogruppo avevano imposto all'attenzione dei
giuristi in primo luogo il problema della responsabilità del gruppo per le obbligazioni sociali
assunte dalle singole società nell'esercizio della loro attività di impresa. Questo problema è stato
prospettato sotto due profili fondamentali: da un lato, sotto il profilo della simulazione; dall'altro
sotto il profilo dell'imprenditore occulto. Sotto il primo aspetto si assume che la creazione di una
distinta persona giuridica è una mera apparenza, non rispondente all'effettiva volontà della società
capogruppo, che vuol rimanere e rimane padrona assoluta del patrimonio della società dipendente e
della sua attività. Sotto il secondo aspetto si assume invece che l'autonomia giuridica delle società
dipendenti non vale a sottrarre la società madre alla responsabilità che consegue all'esercizio
dell'attività imprenditrice, in quanto questa responsabilità non è legata alla spendita del nome, ma
dipende dal potere di iniziativa, del quale costituisce la contropartita. Imprenditore nel fenomeno di
gruppo è la società madre e pertanto su questa ricade quella responsabilità che la legge fa derivare
dall'esercizio dell'attività di impresa. Queste tesi però non hanno trovato accoglimento da parte della
dottrina e della giurisprudenza, la cui tendenza prevalente è quella di escludere una responsabilità di
gruppo. E in verità questa esclusione sembra necessaria soprattutto perché ciò equivarrebbe a a
negare cittadinanza nel nostro ordinamento alle società di capitali. Per tutte le società di capitali può
infatti affermarsi che la società è solo uno strumento per la realizzazione degli interessi dei soci, che
vi è un dominio dei soci che ne hanno il controllo e che da questi essenzialmente dipende la volontà
sociale e l'indirizzo della sua attività; che la personalità giuridica ha una funzione essenzialmente
strumentale, nel senso che l'ente sociale non assurge ad alcunché di superiore o di estraneo ai soci,
ma rimane un mezzo per la realizzazione dei loro interessi e che sostanzialmente si confonde con
essi. Non basta quindi affermare un rapporto di dipendenza economica per eliminare le conseguenze
che derivano dall'autonomia giuridica, perché questo rapporto di dipendenza economica è
caratteristica costante di tutte le società, nelle quali è sempre dato individuare una posizione di
controllo. Solo in casi particolari la legge prevede una responsabilità del socio per le obbligazioni
assunte dalla società. Questa responsabilità non è però posta in funzione del dominio dell'impresa,
bensi nell'intento di sanzionare le violazioni di specifici obblighi di legge da parte dell'unico socio
nell'ipotesi di insolvenza della società. Al di fuori di queste ipotesi il fenomeno del controllo non
vale a modificare la posizione giuridica del socio. Gli strumenti di tutela offerti ai creditori sociali
della società controllata dalla disciplina dell'attività di direzione e coordinamento di società
sembrano confermare definitivamente tale conclusione: la previsione di una tutela risarcitoria
direttamente esperibile nei confronti della controllante e la postergazione dei finanziamenti
effettuati nell'ambito del gruppo rappresentano tecniche che non solo prescindono del tutto dalla
estensione alla società controllante delle obbligazioni della controllata, ma a ben vedere
presuppongono che di tali obbligazioni risponda solo la controllata, non anche la controllante. Lo
stesso è a dirsi del dibattito sollevato dall'art 90 del d.lgs 270/1999 sull'amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, secondo il quale nel caso di direzione
unitaria delle imprese del gruppo, gli amministratori delle società che hanno abusato di tale
direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni
da questi cagionati alla società stessa in conseguenza delle direttive impartite. Sono evidenti le
differenze di questa impostazione con quella dettata dall'attuale art 2497 cc: quest'ultimo infatti
consente ai soci e ai creditori sociali della controllata di agire innanzitutto nei confronti della società
controllante, e solo in quanto abbiano preso parte al fatto lesivo, ai suoi amministratori e a quelli
della controllata. La norma di cui al citato art 90 invece coinvolge gli amministratori della società
dominante nella responsabilità degli amministratori della società controllata, e pone con ciò due
ordini di problemi, il primo riguardante la sua sfera di applicazione, e cioè se limitata alle ipotesi di
amministrazione straordinaria o invece destinata ad avere un'applicazione generale; il secondo la
ragione di tale coinvolgimento. Sul primo punto le posizioni sono divise: vi è chi ritiene che la
responsabilità sussiste solo con riferimento alle ipotesi delle procedure concorsuali disciplinate
dalla legge e chi invece ritiene di poter estrarre dalla disposizione un principio valido in generale e
di poter addirittura dedurre una propagazione della responsabilità dagli amministratori alla stessa
società controllante. Anche se in origine si riteneva preferibile la prima soluzione, la situazione
risulta ben più complessa a seguito dell'introduzione della disciplina della responsabilità ex art
2497. essa infatti prevede espressamente che, per quanto concerne il diritto al risarcimento spettante
ai creditori, esso venga esercitato oltre che dal curatore del fallimento o dal commissario
liquidatore, anche dal commissario straordinario. Parrebbe allora delinearsi una situazione di tipo
seguente: quando la società è soggetta a procedura concorsuale, e si tratta quindi di soddisfare i suoi
creditori, tale soddisfazione viene perseguita mediante strumenti collettivi, quelli appunto
consistenti nell'azione esercitata dall'organo deputato alla procedura; in tal caso, non vi è neppure
spazio per un'azione individuale dei soci esterni poiché, non potendo più operare la società per il
gruppo, perde di giustificazione un diretto risarcimento a loro favore e il risarcimento del
pregiudizio subito dalla società controllata deve in primo luogo servire alla soddisfazione dei suoi
creditori. Sembra in conseguenza che la disciplina dell'art 2497 sia come tale applicabile solo
quando la società sia in bonis. Per quanto riguarda il fondamento dell'art 90 del d.lgs 270/99 nel
nuovo sistema, la natura contrattuale della responsabilità può continuare ad essere affermata con
riguardo alla stessa società controllante, non anche ai suoi amministratori: sarà se mai la prima a
poter essere considerata in termini di amministratore di fatto della controllata, non anche i secondi.
Allora la responsabilità di cui all'art 90 se da un lato sembra comunque implicare quella, appunto
contrattuale, della società controllante, dall'altro si presta ad essere ricostruita sulla base del loro
istituzionale coinvolgimento nell'attività di direzione e coordinamento esercitata dalla prima: del
fatto cioè che costoro, e proprio in quanto organi competenti ad indirizzare, se non anche a
svolgere, l'intera attività della società controllante, anche dunque quella relativa alla direzione e
coordinamento di società, normalmente prendono parte alle operazioni idonee a pregiudicare
direttamente la controllata, e, indirettamente, i soci e i creditori di quest'ultima.

318) Il gruppo di imprese. Il fenomeno di gruppo rappresenta uno degli atteggiamenti moderni,
concorrente con quello dell'assetto multidivisionale della grande impresa. L'impresa economica si
presenta al tempo stesso come una e plurima. È una perché unitaria è la politica economica ed è
unitario l'interesse che presiede all'attività delle organizzazioni singole. Nella politica unitaria di
gruppo l'azione economica è in funzione del risultato complessivo e non di quello che può essere il
risultato di ciascuna organizzazione. È plurima perché dal punto di vista tecnico-economico,
amministrativo e giuridico essa si risolve in una pluralità di organizzazioni autonome aventi
ciascuna una propria giuridica individualità e una propria personalità. L'impresa rimane
economicamente unica, perché unica è la mente direttiva, unica è la fonte finanziaria, unitaria e
unitamente concepita è l'azione economica che si realizza attraverso le singole operazioni, ma
giuridicamente l'unità dell'impresa si risolve nella pluralità delle organizzazioni autonome anche se
funzionalmente collegate. Che il gruppo esista nella realtà socio-economica è indiscutibile. Ad esso
del resto fanno esplicito riferimento discipline come quelle del bilancio consolidato o quella
dell'amministrazione straordinaria o del gruppo bancario. Orbene, se il fenomeno di gruppo
concretamente esiste esso, anche se non è specificamente regolato, deve necessariamente trovare il
suo inquadramento nell'ordine giuridico e ricevere da questo una valutazione, dalla quale
conseguano effetti corrispondenti a quelli voluti se la valutazione è positiva. Il controllo che si
realizza su base contrattuale postula di per sé la realizzazione di un interesse ulteriore rispetto a
quello proprio delle imprese singole, interesse ulteriore da realizzarsi attraverso la coordinata azione
delle imprese aggregate, si che al fenomeno di controllo corrisponde necessariamente un fenomeno
di gruppo ed è anzi l'azione coordinata del gruppo che crea la posizione di controllo e sulla base del
contratto possono essere convenientemente i problemi che l'interesse di gruppo può far sorgere e
possono essere stabilite le eventuali restituzioni e reintegrazioni alle singole imprese di fronte ai
sacrifici che la realizzazione dell'interesse di gruppo eventualmente imponga loro. Tuttavia un
fenomeno di gruppo sulla base di un controllo organico può realizzarsi anche al di fuori di un
contratto formale, per effetto di un'aggregazione spontanea, ma pur sempre voluta da una pluralità
di imprese. Come vi può essere una società di fatto cosi può esserci un gruppo di fatto e possono
essergli rese applicabili le disposizioni dettate per i gruppi regolarmente costituiti. Naturalmente il
tutto dipenderà dalla rilevanza che si intende attribuire alle forme previste per la regolare
costituzione del gruppo. Occorre infatti sempre che si determinino, anche se al di fuori del
procedimento legale di formazione, quelli che ne sono i presupposti sostanziali, e cioè l'emergere di
un fenomeno di aggregazione tra imprese autonome in vista della realizzazione dell'interesse
ulteriore, e cioè l'emergere di una struttura organizzativa che si sovrapponga a quelle già esistenti.
Rimane tuttavia il problema di fondo: il gruppo è solo un fatto organizzativo o è un fenomeno che
ha una sua giustificazione economica? Se si ha riguardo alla rappresentazione contenuta nei sistemi
positivi, sembrerebbe doversi concludere che il fenomeno di gruppo si risolve essenzialmente in un
fatto organizzativo, precisamente quello della sotto posizione della pluralità di imprese alla
direzione unitaria, che è l'effetto di quel particolare contratto di organizzazione, che è il contratto di
dominio. Ma anche il contratto di dominio non può essere una creazione artificiosa ed arbitraria, ma
deve avere una sua ragion d'essere socio-economica e una sua utilità sociale. L'aggregazione di una
pluralità di imprese, attraverso l'assoggettamento ad una direzione unitaria, ha una ragion d'essere in
quanto consente la realizzazione di risultati ulteriori rispetto a quelli conseguibili dalle singole
imprese. Vi deve essere quindi la possibilità di un'azione coordinata di gruppo, di un interesse di
gruppo e quindi la necessità di un'integrazione dell'azione delle diverse imprese. La stessa
Costituzione, con riferimento alla programmazione, ne subordina l'attuazione alla realizzazione di
fini sociali ulteriori rispetto a quelli realizzabili nelle singole imprese. Una simile esigenza non può
essere negata per i gruppi nei quali pure si realizza il coordinamento delle azioni di più imprese
autonome sulla base di un atto di volontà privata. Se questo è, non sembra possa farsi rientrare nel
fenomeno di gruppo quell'operazione che consiste nella disaggregazione di un'impresa in
precedenza unitaria; come alla fusione delle società può corrispondere la scorporazione, cosi al
fenomeno dell'aggregazione può corrispondere la disaggregazione. Si assiste cosi alla scissione di
singole società in società finanziarie e società operative, soprattutto al fine di realizzare una
rivalutazione delle immobilizzazioni nell'ambito della società operativa, ma si assiste anche alla
scissione della parte immobiliare della gestione, dell'attività industriale da quella commerciale e
indubbiamente è riscontrabile nella prassi la creazione di organizzazioni giuridiche autonome in
relazione alle singole facce di una complessa attività economica. Anche in queste ipotesi si possono
porre problemi analoghi a quelli che si pongono per i gruppi, ma il fenomeno che si verifica è
proprio l'opposto di quello di gruppo e rispetto ad esso non sussistono quelle giustificazioni
economiche o sociali che possono autorizzare la deviazione dalla disciplina societaria. Se manca la
possibilità di un'integrazione dell'azione delle diverse imprese, vi potrà essere una holding, cioè un
centro finanziario al quale fanno capo una pluralità di società operative, la cui azione economica
potrà anche essere influenzata dall'unità della fonte finanziaria. Non vi è però un fenomeno di
gruppo e non vi è pertanto la necessità di prevedere una disciplina differenziata di gruppo, per
legittimare la deviazione dai normali principi in tema di impresa e società. E si precisa anche il
senso nel quale si deve parlare di direzione unitaria. Perché questa si verifichi non è sufficiente che
la gestione di più imprese faccia capo ad un solo soggetto o che le stesse persone siano preposte
all'organo amministrativo delle diverse società; perché si abbia direzione unitaria è necessario che la
gestione sia attuata unitariamente, per la realizzazione di un risultato ulteriore: è necessario un
coordinamento. Ed è appunto nell'attività di direzione e coordinamento che lo stesso legislatore ha
voluto riferirsi. Significativo è del resto che le vicende relative al gruppo siano considerate tali da
attribuire ai soci dissenzienti il diritto di recesso. Con ciò sottolineando chiaramente che tali vicende
valgono a caratterizzare gli assetti imprenditoriali delle società che vi partecipano e la posizione
patrimoniale ed organizzativa di coloro che ne sono soci. Se il fenomeno di gruppo è un fenomeno
di aggregazione di imprese per la realizzazione di un programma economico comune e ulteriore
rispetto a quello realizzabile con le imprese singole, e precisamente un fenomeno di aggregazione
che trova il suo fondamento in un contratto, è chiaro che il fenomeno non è necessariamente legato
alle imprese costituite in forma di società per azioni. Tuttavia nell'esperienza concreta la disciplina
dei gruppi è stata essenzialmente posta in occasione della disciplina delle società per azioni e come
una disciplina differenziata rispetto ad essa. Le più recenti scelte del nostro legislatore, nel
disciplinare l'attività di direzione e coordinamento, si sono poste in questo senso: da un lato
chiarisce di avere riguardo essenzialmente alle ipotesi in cui tale attività sia esercitata nei confronti
di società, da parte di un'altra società o anche di un ente non societario, non dunque da parte di
persone fisiche; dall'altro, in sede di disciplina delle società per azioni, ha dedicato una serie di
regole ai rapporti tra società del gruppo. Si pensi, quanto alla funzione di amministrazione,
all'obbligo degli organi delegati di riferire all'organo amministrativo e a quello di controllo sulle
operazioni di maggior rilievo effettuate dalle controllate e all'obbligo degli amministratori di società
quotate di riferire all'organo di controllo sulle operazioni influenzate dal soggetto che esercita
l'attività di direzione e coordinamento; quanto alla funzione di controllo, al potere del collegio
sindacale e del consiglio di sorveglianza di chiedere notizie agli amministratori anche con
riferimento alle società controllate, nonché di scambiarsi informazioni con i corrispondenti organi
delle società controllate: poteri questi che nelle società quotate sono riconosciuti anche ai singoli
componenti degli organi di controllo. Merita inoltre di essere ricordata la disciplina delle operazioni
con parti correlate dettata a proposito delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio e quella specifica prevista per le sole società quotate, la quale si riferisce essenzialmente ad
operazioni poste in essere all'interno del gruppo, anche se non solo ad esse; come pure è
significativa l'autonoma rilevanza riconosciuta, al fine di attivare il controllo giudiziario, all'idoneità
delle gravi irregolarità ad arrecare danno ad una o più società controllate. L'eventualità di una
partecipazione al gruppo di imprese esercitate da una persona fisica o da una società di persone non
è da escludere quando al gruppo si attribuisca una base contrattuale. E se queste ipotesi non hanno
formato oggetto di espressa previsione, ciò è dovuto al fatto che in questo caso una disciplina di
gruppo che modifichi quella dell'impresa o quella della società in nome collettivo o in accomandita
non è necessario. Infatti la disciplina di gruppo è essenzialmente diretta ad eliminare l'ostacolo che
sussiste alla realizzazione di un interesse estraneo all'impresa, e cioè a superare le conseguenze che
derivano dal conflitto di interessi. Il conflitto di interessi ha una sua rilevanza sul piano giuridico
soprattutto in funzione della personificazione delle società di capitali: rispetto a queste pertanto
sussiste la necessità di una disciplina derogatoria. Il fenomeno dell'aggregazione delle imprese di
gruppo si risolve in una serie di rapporti interni al gruppo e in una serie di rapporti esterni, ma i
rapporti interni come quelli esterni, nei quali si concreta l'azione coordinata di gruppo, costituiscono
pur sempre rapporti intersoggettivi, i quali possono incidere in un senso diverso e produrre risultati
economici opposti nei patrimoni delle singole imprese di gruppo. Possono avvantaggiare talune
imprese e sacrificarne altre; da ciò la necessità di ristabilire l'equilibrio all'interno del gruppo
attraverso una serie di risarcimenti e indennizzi. Problemi delicati sorgono invece quando si
determina una crisi del gruppo. Crisi del gruppo non significa necessariamente crisi di tutte le
imprese che ne fanno parte e ciò proprio per la diversa incidenza che i risultati economici
dell'azione di gruppo possono avere su ciascuna di esse. Vi saranno pertanto alcune imprese in crisi
e altre no e in questa situazione due sono le possibili soluzioni: o attuare la disciplina di gruppo e
far gravare le conseguenze della crisi ugualmente su tutte le imprese del gruppo, o invece tener
conto dell'autonomia giuridica delle singole imprese e tener distinte dalle imprese in crisi quelle che
non lo sono. Ora, se ci si pone dal punto di vista dei creditori e della loro tutela, può sembrare
assurdo coinvolgere nella crisi imprese che in crisi non sono; se ci si pone però dal punto di vista
del gruppo e della sua rilevanza può apparire del tutto giustificato attuare, pur in presenza della
crisi, quelle operazioni di riequilibrio che sono necessarie in funzione della politica unitaria di
gruppo, anche al rischio di porre in crisi la singola impresa che non lo è. Una cosa è certa, e cioè
che dalla aggregazione delle imprese e dei fenomeni di osmosi, che in conseguenza si verificano nei
rispettivi patrimoni, non può non tenersi conto quando il gruppo è in crisi; si potrà operare
attraverso un sistema di azione recuperatorie o si potrà operare attraverso un sistema di
responsabilità o al tempo stesso attraverso entrambi i sistemi, ma quel riequilibrio che dalla legge è
voluto tra le varie imprese del gruppo non può venir meno nel momento in cui esso si rende più
necessario. Questo riequilibrio è stato espressamente previsto dal Dlgs 270/1999 in materia di
amministrazione straordinaria, nel momento stesso in cui si è voluto escludere che la crisi del
gruppo potesse significare crisi di tutte le imprese del gruppo: ciò sia con l'esercizio di una serie di
azioni qualificate come revocatorie, sia con l'accennata azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori.

319) Il gruppo come nuovo modello di struttura organizzativa. Distinto problema è quello se anche
nel nostro ordinamento il fenomeno di gruppo possa essere considerato non come mero fenomeno
di collegamento tra una pluralità di società giuridicamente autonome ma come un nuovo modello di
struttura organizzativa che, sovrapponendosi alle singole società e creando un proprio centro
decisionale, le condiziona tutte, facendone strumento della realizzazione di un interesse unitario di
gruppo. Si tratta di stabilire gli elementi che caratterizzano questa struttura unitaria, le condizioni
alle quali l'interesse unitario di gruppo può essere perseguito anche a detrimento degli interessi delle
singole società, i modi attraverso i quali si ripristinano, per equivalente, e cioè mediante indennizzo
o altro modo, gli interessi lesi per il perseguimento dell'interesse di gruppo, le conseguenze che ne
derivano nei confronti dei terzi. Problema pregiudiziale decisivo per la comprensione del tema, è se
l'emergere di questa struttura organizzativa debba essere inteso come il mero fatto del determinarsi
in concreto degli elementi che la caratterizzano oppure sia qualificabile come una vicenda di tipo
contrattuale ed organizzativo: alla quale, ed evidentemente sulla base di criteri valutativi oggettivi,
ricondurre la creazione di questo centro direzionale superiore, e nella quale individuare la fonte che
ne regola il funzionamento e le conseguenze. Non un mero fatto, ma una scelta di autonomia
privata, realizzata quindi sulla base di un'implicita decisione organizzativa, deve cogliersi
nell'assetto che caratterizza la direzione unitaria come pure l'attività di direzione e coordinamento di
società regolata dal capo nono del titolo quinto del libro quinto del codice civile: una disciplina che
il codice dichiara espressamente applicabile alle ipotesi in cui l'attività è esercitata sulla base di un
contratto con le società ad essa soggette o di clausole dei loro statuti. Perciò è significativo che alla
direzione unitaria e al gruppo faccia esplicito riferimento la disciplina dell'amministrazione
straordinaria. Ciò che più conta, all'unitarietà dell'impresa di gruppo il dlgs 270/1999 fa conseguire
l'assoggettamento ad una stessa procedura delle singole società di gruppo che, se pure prive dei
requisiti dimensionali a tal fine richiesti, siano in stato di insolvenza: qualora risulti opportuna la
gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare il
raggiungimento degli obbiettivi della procedura; e alla unitarietà della direzione si fa conseguire la
responsabilità solida degli amministratori della società capogruppo con quelli della società
controllata per i danni a questa provocati. È prevista una particolare forma di integrazione tipica
delle società cooperative: il gruppo cooperativo paritetico, il quale trae origine da un contratto,
anche di tipo consortile, diretto a regolare la direzione e il coordinamento delle imprese svolte da
società cooperative anche appartenenti a categorie diverse, e che è anzi aperto all'eventuale
partecipazione di altri enti pubblici o privati. La particolare struttura organizzativa delle società
cooperative rende particolarmente complessa l'instaurazione di rapporti di controllo interno tra le
diverse società, e conseguentemente la creazione di un gruppo di società gerarchicamente ordinato,
che tali rapporti normalmente presuppone; d'altro canto anche in relazione alle società cooperative
si pongono esigenze di direzione e coordinamento delle rispettive attività: esigenze che si prestano
ad essere soddisfatte essenzialmente su base pattizia, attraverso cioè un contratto il quale dovrà
individuare la cooperativa cui spetta la direzione del gruppo e i poteri che tale posizione comporta.
Proprio perché il collegamento tra le diverse società non discende da rapporti di controllo ma si
attua su base volontaria, essa sussiste solo in quanto si partecipi al contratto. Un ruolo particolare
riveste perciò il tema del recesso: non solo infatti il contratto deve indicare tanto la durata quanto i
criteri e le condizioni di adesione e di recesso, ma la stessa legge riconosce espressamente il diritto
di recesso qualora la partecipazione al gruppo della cooperativa comporti il peggioramento delle
condizioni dello scambio per i propri soci. L'accordo di partecipazione al gruppo deve infine essere
depositato, dalle cooperative che vi aderiscono, presso l'albo delle società cooperative.

320) Il gruppo creditizio. Una particolare e significativa disciplina del fenomeno di gruppo è
conosciuta nel nostro ordinamento per il settore bancario. Il gruppo bancario è identificato facendo
essenzialmente riferimento alla natura creditizia dell'attività svolta dalla capogruppo e al carattere
strumentale per essa di quella delle società controllate oppure, quando enti creditizi sono le società
controllate, alla circostanza che nell'insieme di tali società vi sia almeno una banca e alla rilevanza
che nel gruppo stesso presentano quelle bancarie e quelle finanziarie. Essa assume rilievo
essenzialmente ai fini della disciplina della vigilanza consolidata e delle situazioni di crisi. Per
quanto concerne il primo profilo, è significativa l'esplicita previsione che la Banca d'Italia
impartisca alla capogruppo, con provvedimenti di carattere generale o particolare, disposizioni
concernenti il gruppo bancario complessivamente considerato o dei suoi componenti. Sicché ne
risulta non solo una diretta valutazione dell'impresa di gruppo nella sua unità, ma anche del potere
della capogruppo di trasmettere tali istruzioni alle società controllate. Con riferimento alle
situazioni di crisi, assume rilievo l'articolata disciplina per cui, mentre nel caso di crisi circoscritte a
singole società del gruppo ciascuna resta soggetta alla procedura sua propria, nell'ipotesi della crisi
di una società del gruppo la quale sia in grado di alterare in modo grave l'equilibrio del gruppo nel
suo complesso è comunque possibile sottoporre la capogruppo alla procedura di amministrazione
straordinaria. Ne consegue una fondamentale distinzione tra le situazioni di crisi che riguardano il
gruppo in quanto tale e quelle che esauriscono il loro rilievo con riferimento alla società interessata.
Alla nozione di gruppo creditizio si affianca quella di conglomerato finanziario: tale figura
individua taluni gruppi o sottogruppi operanti nel settore bancario, dei servizi di investimento, nel
settore assicurativo, che risultano sottoposti ad una vigilanza supplementare finalizzata alla
salvaguardia della stabilità del conglomerato nel suo complesso, oltre che delle imprese che ne
fanno parte, come pure alla prevenzione degli effetti destabilizzanti sul sistema finanziario derivanti
dalle difficoltà finanziarie di tali imprese.

321) Il bilancio consolidato di gruppo e i rapporti con società estere. Il fenomeno di gruppo importa
da un lato una duplicazione di valori in quanto uno stesso bene viene ad essere valutato in due
patrimoni, e d'altro lato una unificazione economica delle diverse organizzazioni giuridiche. Viene
perciò particolarmente avvertita a garanzia dei terzi la necessità di un bilancio consolidato di gruppo
nel quale sia rappresentata la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo
considerato nella sua unità, ricostruita sulla base dei dati ricavati dai bilanci delle singole società del
gruppo. Se ne occupa il dlgs 127/1991 il quale provvede anzitutto a definire l'area di
consolidamento, alla precisazione cioè sia dei soggetti che sono tenuti alla redazione del bilancio
consolidato sia delle imprese controllate la cui situazione patrimoniale deve essere in esso inclusa.
E mentre per il primo aspetto fa riferimento alle società di capitali, enti pubblici economici, mutue
assicuratrici e società cooperative, per il secondo considera le sole società controllate tramite il
possesso di partecipazioni, escludendo quindi le ipotesi di controllo contrattuale, salvo il caso della
stipulazione di un vero e proprio contratto di dominio e salvo quello in cui il controllo della
maggioranza dei voti derivi da accordi con altri soci. Per quanto concerne i criteri del
consolidamento, essi si imperniano nella finalità di fornire una rappresentazione della realtà
economica del gruppo come se si trattasse di un'unica impresa. L'art 31 del decreto, nel disporre la
ripresa integrale nel bilancio consolidato degli elementi dell'attivo e del passivo come pure dei
proventi e degli oneri relativi alle imprese incluse nel consolidamento, prevede l'eliminazione da
esso sia delle partecipazioni in tali imprese sia delle operazioni con relativi risultati economici
effettuati tra le stesse. Sono operazioni che, se si fosse trattato di un'unica impresa, avrebbero avuto
rilevanza soltanto interna e non sarebbero potute emergere nel bilancio di esercizio. Ciò spiega
perché al bilancio consolidato possa riconoscersi una funzione solo informativa e non anche quella
di accertare i risultati dell'attività al fine dei conseguenti provvedimenti dei soci. Perciò, pur
essendo il bilancio consolidato soggetto a revisione legale, non se ne prevede alcuna approvazione
da parte di costoro: tuttavia, nelle società per azioni che abbiano adottato il sistema dualistico, il
bilancio consolidato deve essere approvato dal consiglio di sorveglianza. E per questo motivo è
possibile limitare sia il relativo obbligo ai soli gruppi dotati di significative dimensioni, sia
escludere dal consolidamento le imprese la cui inclusione risulterebbe irrilevante ai fini della
realizzazione della funzione del bilancio consolidato. È significativo per le sue implicazioni di
ordine generale che venga espressamente previsto un obbligo per le società controllate di
trasmettere tempestivamente all'impresa controllante le informazioni richieste per la redazione del
bilancio consolidato. Si sottolinea cosi un ulteriore aspetto specifico dei poteri di indirizzo e
controllo che caratterizzano la fenomenologia di gruppo e ne fanno un peculiare modello di struttura
organizzativa dell'impresa. Il bilancio consolidato delle società con azioni quotate in mercati
regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, delle banche, degli intermediari finanziari
e delle imprese di assicurazione deve essere redatto in conformità dei principi contabili
internazionali, l'adozione dei quali da parte delle altre società risultano facoltativi. Esigenze
particolari sono state infine poste con riferimento alle ipotesi di rapporti di controllo o collegamento
tra società italiane con azioni quotate e società straniere il cui ordinamento di appartenenza non è
ritenuto fornire sufficienti garanzie. Il testo unico finanziario cosi attribuisce al ministro di giustizia,
di concerto con quello dell'economia e delle finanze, il potere di individuare tali stati e detta i criteri
in proposito utilizzabili: essi riguardano le garanzie per la formazione del capitale sociale, per la
redazione del bilancio e per i controlli interni, e prevedono anche l'eventualità che in tale sede si
individuino criteri equivalenti a quelli adottati dall'ordinamento italiano. Sulla base di ciò da un lato
la Consob ha il potere di dettare con proprio regolamento i criteri in base ai quali è consentito alle
società italiane controllare società degli stati cosi individuati; dall'altro si prevedono particolari
obblighi di trasparenza e soprattutto, con specifico riferimento al bilancio, l'applicazione in
definitiva dei principi della legge italiana o di quelli internazionalmente riconosciuti; dall'altro
ancora, quando è la società italiana ad essere controllata, si impongono specifiche esigenze da
soddisfare essenzialmente con un'apposita relazione degli amministratori, per ottenere una piane
trasparenza dei rapporti, specie finanziari, infragruppo.

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