Bambole: dispositivi testuali che vengono utilizzati dagli artisti come mezzi rivoluzionari per
criticare l’apparato politico della propria epoca. Ad Atene c’è il primo bambolotto ligneo
storicamente conosciuto snodabile.
SIMULACRO
dal latino simulacrum indica una figura/statua (una raffigurazione fisica), in vari materiali, che
è simile all'umano. Queste statue possono raffigurare anche ciò che è sopra all’umano, le
divinità cristiane e pagane.
Nella tecnica, riproduce la parte esterna di una macchina, è un simulacro: i trenini, le
macchinine per i bambini.
FETICCIO
Termine portoghese che vuol dire “artificiale - fabbricato - costruito”, a sua volte derivato dal
latino “facticius” = “fabbricato, costruito”. Il feticcio è di opera umana ed è finto. Indica un
oggetto inanimato (bambole) al quale viene attribuito un potere perché su quell’oggetto
viene investito un significato che fa sì che questo diventi un simbolo che può riguardare degli
individui. La parola fu adottata nel XVI sec. d.C. dai navigatori portoghesi per indicare gli
idoli e gli amuleti (statuine) che comparivano nei rituali di culto dei popoli africani e indigeni,
poi fu estesa alle reliquie sacre della devozione del popolo e agli oggetti ritenuti immagine di
una forza sovrumana.
In psicanalisi sono oggetti che, attraverso un meccanismo di simbolizzazione, assumono un
un valore sessuale, sono sostituti dell’oggetto d’amore ⇢ feticismo.
Possiamo vedere questo fenomeno della sostituzione anche nei bambini, quando le figure di
riferimento sono assenti, i bambini si legano a copertine, ciuccio e bambole diventano feticci
rispetto all’oggetto del desiderio che manca (mamma).
Ci sono delle figure fondamentali: a partire dal ‘700 ci furono viaggi importanti, con la
conseguente scoperta di nuove terre e nuove culture.
Il feticcio
La prima trattazione sistematica della nozione di feticcio si deve a Charles de Brosses
(1760), il quale ravvisava nel feticismo il nucleo originario, primordiale, di ogni forma
religiosa. Il culto rivolto a oggetti materiali, in legno o in pietra, rappresentava, nella sua
prospettiva, l'esito di un pensiero primitivo non ancora in grado di procedere per astrazioni e
portato quindi a fissarsi su oggetti visibili. In essi l'uomo primitivo concentrava i timori verso
fenomeni imprevedibili e incontrollabili della natura, e ne faceva il proprio oggetto di culto
superstizioso.
La parola feticismo (introdotta nel 1887 da A. Binet) finiva per assumere significati disparati,
contraddittori, tanto da causare confusione nell'uso del termine da parte di etnologi e studiosi
di religioni. Fu M. Mauss a porre fine alla disputa con un articolo del 1908, in cui affermava
che l'oggetto impiegato come feticcio non è mai un oggetto qualsiasi: esso non viene scelto
arbitrariamente, ma la sua specifica funzione simbolica è definita dal codice magico o
religioso di cui fa parte. L'oggetto-feticcio non ha nulla di straordinario in sé, purché lo si
riconduca al contesto sociale e simbolico all'interno del quale assume un proprio senso e
una propria funzione. Il feticismo, pertanto, non designa più una fase primordiale della
religione, né una sua particolare dimensione, piuttosto deve essere considerato un 'immenso
malinteso', un 'errore di traduzione' di cui sbarazzarsi (Mauss 1969).
Caduto l'interesse per il feticismo in quanto sistema definito di credenze e atti cultuali, è
rimasta l'esigenza per gli etnologi di affrontare analiticamente i vari casi di oggetti sacri,
pratiche e comportamenti - riscontrabili in quasi tutte le culture - che hanno a che fare con
immagini e simboli materiali. In numerose culture anche gli spiriti, le forze invisibili, gli dei,
sono concepiti come aventi un corpo, un supporto materiale che acquista un valore
simbolico specifico. Un'analisi in termini meramente simbolici: il 'dio-oggetto' (Augé 1988).
La materialità del feticcio reca in sé l'accezione di 'cosa fabbricata'.
Nell'Ottocento, mentre si stava sviluppando nell'etnologia lo studio sul feticismo come forma
di religione primitiva - riconoscendolo soltanto presso i popoli più lontani - altri autori
cominciavano a elaborare un diverso modo di intendere il concetto, secondo prospettive che
lo avvicinavano al mondo moderno. Il feticismo si rivolgeva all'uomo europeo-occidentale. K.
Marx (1867) introduce la nozione di 'feticismo delle merci', che si manifesta quando i rapporti
sociali di produzione assumono la forma illusoria di rapporti tra cose. Così il valore delle
merci, che ha la sua origine in un rapporto sociale ed è il risultato di un'attività economica (il
lavoro), viene attribuito agli oggetti materiali, i quali possono essere scambiati fra di loro
come se il valore fosse una proprietà intrinseca agli oggetti stessi. La merce perde le qualità
sensibili a favore del valore di scambio, l'equivalente che i primitivi attribuivano agli oggetti e
agli animali cancellando la loro natura. Questa sorta di 'maschera', attraverso la quale il
prodotto del lavoro assume in sé il valore che gli viene attribuito dal rapporto sociale di cui
esso è oggetto, è per Marx la forma specifica di feticismo del capitalismo moderno.
Un attacco altrettanto profondo alla società moderna veniva portato alcuni anni dopo da F.
Nietzsche (1889), il quale indirizzava la sua critica alle illusioni della ragione e dei suoi
principali presupposti, quali il concetto di Io. Quella che i filosofi chiamano ragione per
Nietzsche è un insieme di errori: se si prende coscienza dei presupposti fondamentali della
filosofia, e quindi della ragione, si penetra in un 'rozzo feticismo'. Nietzsche mostra all'uomo
moderno come la sua stessa ragione non sia altro che un feticcio, qualcosa di artificiale, di
costruito.
Infine la psicoanalisi: se il feticismo comincia a comparire come particolare perversione nella
sessuologia dell'Ottocento, dove indica l'uso di un oggetto sostitutivo dell'organo genitale
come mezzo di raggiungimento della gratificazione sessuale, è nell'opera di S. Freud che
esso assume la sua definitiva collocazione, in connessione con la paura di castrazione e il
simbolismo fallico. Freud (1927) descrive il fenomeno come il risultato di impressioni
sessuali vissute durante la prima infanzia, in cui l'oggetto-feticcio assume il significato
simbolico di sostituzione del fallo mancante nella donna. In tal modo, il feticismo fornisce un
mezzo di spostamento e, indirettamente, di convalida della fantasia infantile, che viene
fissata su un oggetto strettamente legato al corpo femminile. In tutte queste interpretazioni,
per quanto differenti, traspare il comune intento di collocare il feticcio al centro dell'esistenza
dell'uomo moderno. Marx, Nietzsche e Freud mostrano invece come il feticcio si annidi nel
cuore stesso della modernità.
Anche i feticci primitivi sono spesso oggetti esplicitamente 'fatti' dall'uomo, quali una rozza
immagine, una figura, un utensile d'uso comune; in altri casi può trattarsi di un elemento
naturale, una pietra, un pezzo di legno, parti di animali, ma sempre qualcosa di 'isolato',
posto fuori dal suo contesto. Un esempio significativo proviene dalla tradizione cristiana
medievale delle reliquie: divenivano oggetti di devozione sezioni del corpo di santi, cose
inerenti al loro abbigliamento o in qualche modo connesse con la loro vita; persino le tombe,
il terreno che le circondava, nonché le offerte che erano lasciate presso il sepolcro,
assumevano un valore sacrale.
L'oggetto cultuale rappresenta in forma concreta qualcosa di immateriale: in ciò sta il
paradosso del feticcio. Oggetto fabbricato, costruito a opera dell'uomo, diviene qualcosa di
indipendente dalla volontà del suo produttore: dispone di un potere, di una forza, dimostra la
capacità umana di produrre il proprio mondo culturale, le proprie immagini di culto, i propri
dei, ma insieme ne rivela anche i limiti, perché ciò che è fatto dall'uomo può assumere
un'autonomia propria.
Il feticcio, oggetto inanimato, naturale o artificiale, è nelle culture primitive il 'luogo' di una
proiezione religiosa: luogo che viene 'ri-fatto, ri-creato', in modo da riprodurre l'immagine o il
ricordo di una 'assenza primordiale', fondamento del processo di simbolizzazione. Il feticcio
diventa allora simbolo di un'assenza da venerare.
Freud (1927) collegò il fenomeno a un'esperienza infantile. Il bambino, per la sua
vulnerabilità psichica, ha bisogno di trasferire a un oggetto inanimato un significato animato.
In generale, il feticcio si collega all'incapacità naturale del bambino di accettare la
separazione, l'assenza della madre. Un fazzoletto, la coperta della culla, la bambola,
acquistano il significato simbolico di una rappresentazione concreta che occupa
significativamente il posto di un oggetto assente.
Ancora Freud (1927) osserva come certe parti del corpo (naso, piede) assumano un
significato feticistico. Egli lega il feticismo all'angoscia di castrazione che si manifesta
quando il bambino, alla vista dell'organo sessuale femminile, scopre che la donna non
possiede il pene: parti del corpo oppure certi oggetti-feticci vengono allora ad assolvere la
funzione di sostituzione del fallo o di compensazione dell'oggetto mancante. L'oggetto
mancante, o anche la realtà della sua scomparsa o morte, viene sostituito
dall'oggetto-feticcio che può essere ritualizzato ed erotizzato: è un modo di negare la perdita
e trasformare, così, il lutto in 'piacere erotomaniaco'.
Charles de BROSSES (Digione 1709 - Parigi 1777)
Sul culto degli Dei feticci o Parallelo dell'antica religione egiziana con la religione attuale della Nigrizia, 1760.
Charles de Brosses (filosofo, linguista, magistrato, presidente del parlamento di Digione, politico) partecipa all’énciclopedie di
Diderot e D'Alembert. Viene citato in vari articoli, si occupa di storia e della scoperta dell’Australia. E’ uno dei primi antropologi,
pone le basi di antropologia e linguistica. Parla dell’origine naturale del linguaggio e pone le basi della teoria del segno
linguistico. Anticipa gli studi di fonosemantica. E’ un grande narratore, scrive un diario su un viaggio in Italia pubblicato dopo la
sua morte. E’ una fonte per Karl Marx per il concetto di feticismo.
Alfred Binet (Il feticismo in amore, 1887), si lega all’ambito psicologico, a lui fa capo il primo test in grado di valutare
l’intelligenza. E’ di Nizza, ma vive a Parigi; è di famiglia colta, sua madre è una pittrice. E’ un grande studioso di medicina,
scienze e legge alla Sorbona. Binet lavora a Parigi con Jean Martin Charcot all’ospedale della Salpêtrière.
Charcot mette in atto pratiche di ipnosi e suggestioni per curare i pazienti. Con lo psichiatra Simon (che si occupava di bambini
con disturbi) crea la scala Binet-Simon per misurare l’intelligenza. I due pubblicano moltissimo. Sia con Charcot che con Binet
affronta il tema del feticismo, sia riguardante i bambini che gli adulti.
Mauss (un antropologo) nella rivista Année Sociologique, parla a fondo del feticismo. E’ il nipote di Emile Durkheim, da cui
prende le distanze. E’ il fondatore dell’antropologia moderna francese. Contribuisce a creare una branca autonoma
dell’etnologia, volta a studiare le situazioni sociali e il ruolo del feticcio in ambito sociale. Contribuisce per primo alle ricerche sul
campo, non si fa solo teoria. Mauss scrive un saggio importante (1923 - “Il Saggio sul dono”) in cui lega l’antropologia sociale a
quella economica. C’è un feticismo della merce, degli oggetti. La società capitalista si basa sul feticcio delle merci, sull’offerta
che crea la domanda, per mimesi siamo portati a farci sedurre da determinati oggetti, anche quando rifiutiamo quegli oggetti
per distaccarci dalla massa facciamo parte del sistema, perché siamo consapevoli che quegli oggetti sono seduttivi.
Marc Augé (1989 - Il dio oggetto nella Revue de l’Histoire des religions) è un sociologo, etnologo e antropologo, ha vissuto
molti anni all’estero facendo molte ricerche sul campo. Nel tuo testo risponde a delle domande e spiega cos’è il feticismo:
Cristiani arrivati dagli indigeni: come si possono adorare il legno e la pietra? Augé risponde ne Il dio oggetto, spiegando la
potenza di quelli che possono sembrare solo oggetti, mostrandoci come, attraverso il feticcio, l’uomo va a confrontarsi con una
concezione che riguarda la relazione tra cose e individui, tra esseri umani e divinità, tra viventi e i cari perduti. Questo lo spiega
dopo aver vissuto per molto tempo nel Benin. Non si può parlare di continuità tra i poli opposti, c’è una diversità, ma questo è
relativo anche tra due individui simili. Augé vede nell’oggetto feticcio l’addivenire del rapporto tra inorganico e organico, tra
umano e divino. Vede il feticismo come una chiave attuale per conoscere i nostri sistemi di pensiero e quelli diversi dai nostri,
per intuire molte problematiche al centro della riflessione sulla surmodernità (la crisi del soggetto). Parte degli studi sul feticcio
affrontano il rapporto tra antropologia e religione.
Augé parla anche de “i non luoghi”: sono luoghi senza una storia dove le persone si incontrano superficialmente, luoghi che
promuovono la disidentificazione di chi li vive, che non promuovono la differenza tra giorno e notte, che modificano la
cognizione del tempo (supermercati). Sono luoghi che promuovono la disidentificazione di chi li abita.
Marx (Il Capitale - 1867) filosofo ed economista tedesco, proviene da una famiglia alto borghese ebraica, in età adulta emigra
a Parigi. Con Marx si parla del materialismo nella società. Il materialismo storico nasce dalla filosofia classica tedesca e
dall’economia inglese e francese. Il soggetto non è l’idea (Hegel), ma l’uomo esistente e reale. Per Marx la natura dell’uomo
non è già data, invariabile, si realizza nella società e nel divenire storico sociale: l’essenza dell’uomo si sviluppa nel corso dei
rapporti che l’individuo ha con gli altri esseri e con la natura, che non sono determinati, ma variano col variare della produzione
e delle forme dell’organizzazione sociale. Marx fa una concezione propria del materialismo. L’individuo non è la materia in sé,
ma è dato dai rapporti sociali di produzione che hanno l’esterno come termine di riferimento. L’essere umano intrattiene rapporti
sociali. E’ fondamentale la merce, intesa come oggetto di produzione, che determina la vita umana; gli esseri umani non sono
passivi nel loro tempo, la loro attività è fondamentale. Non è un perfezionamento interiore dell’uomo, è perfezionare il sistema
sociale. Non è un problema individuale, ma sociale. Al centro c’è la trasformazione della struttura economico-sociale.
La merce ha 2 valori:
- valore d’uso: deve essere utile per qualcosa;
- valore di scambio: il valore varia a seconda delle merci con cui può essere scambiato.
Il fattore comune è la quantità di valore necessario per produrre la merce. Il valore dipende da chi lo produce e dal periodo
storico. Se serve molto lavoro per produrla, la merce ha valore maggiore. Il valore non si identifica con il prezzo finale. Sul
prezzo influiscono molti fattori, come l’abbondanza/scarsità della merce. Marx contesta il feticismo delle merci, proprio del
capitalismo occidentale. Il prodotto finisce per dominare l’essere umano e i rapporti sociali diventano rapporti tra cose
possedute. Le merci risultano autonome rispetto al loro valore e a chi le ha prodotte. C’è uno scarto tra le produzione
industriale (lavoro umano) e le merci. Secondo Marx, il fordismo (attuazione pratica dei principi del taylorismo, Taylor teorizza la
produttività della catena di montaggio). L’essere umano diventa un ingranaggio della macchina. Questo porta all’alienazione
dell’uomo. Gli orari infiniti di lavoro rendono l’uomo stesso una merce.
Charlie Chaplin: londinese, nei suoi film racconta il consumismo e l’alienazione occidentale. La sua fama muove il messaggio
progressista. Trasmette con ironia e sarcasmo le ricadute nefaste della società capitalistica borghese industriale. Chaplin
unisce messaggi della vita quotidiana a messaggi ideologici e politici che gli causano molti problemi, viene perseguitato durante
il periodo del maccartismo (deriva da McCarty, senatore che promuove l’epoca del sospetto, c’è un esasperato clima di
persecuzione nei confronti di comportamenti sovversivi (comunisti). Chaplin deve abbandonare l’America e ci tornerà solo per
ritirare l’Oscar. Ci furono grandi scioperi dopo la diffusione dei suoi film. Tutt’oggi promuoviamo la nostra immagine attraverso
degli oggetti (vestiti).
-- Flaubert - Madame Bovary: Emma viene posseduta dagli oggetti che vengono pubblicizzati (manifesti, riviste), viene
risucchiata nel mondo dell’ultima moda. Si indebita molto così da arrivare al suicidio. La moda nel ‘800 era soprattutto
maschile, la moda era più estrosa per gli uomini. Il romanzo venne processato e censurato per eccesso di realismo della
società dell’epoca.
Nietzsche (Il Crepuscolo degli Idoli): è uno dei più grandi nichilisti della storia della filosofia. Non è un pensatore tradizionale.
E’ molto eversivo. Polemizza con la realtà socratica, con il criterio di verità.
Crepuscolo: rinvia alla struttura del testo come uno svago, ma allo stesso tempo come un'impresa seria.
Idoli: lo usa per confutare qualsiasi dogma, per distruggere ciò che è considerato verità per avvicinarsi alla rivoluzione
nietzschiana e alla svalutazione totale dei valori (trasvalutazione).
Crepuscolo degli Idoli = la fine di ogni dogma.
Màdera: filosofo e psicanalista (Sconfitta e utopia. Identità e feticismo tra Marx e Nietzsche). Riscrive questo testo dopo 40
anni, considera la sua prima versione come contenuta in una bottiglia che ha fatto naufragio. Nella prima parte del libro parla di
Marx al giorno d’oggi. Nella seconda parte di Nietzsche. Afferma di non pentirsi di quello che aveva scritto in precedenza, ma
sostiene che non esista più la critica feroce al feticismo che c’era un tempo, perché la teoria sulla lotta di classe non esiste più.
La dissoluzione del soggetto di Nietzsche è già contenuta in Marx. Si chiede cosa fare oggi. Passa da Nietzsche a Freud. Per
Madera, sia Marx che Nietzsche restano una via divenuta obsoleta nell’epoca contemporanea.
FREUD - DAS UNHEIMLICHE (1919) tradotto in italiano con “Il Perturbante”. In italiano
non c’è una traduzione letterale, ma significa inquietante, lugubre, una paura reale e
concreta.
La parola Unheimliche si compone del prefisso negativo “un” e di heimliche: a casa. Indica
quindi il non essere a casa. Il termine non indica una paura reale, ma irrazionale, non
scatenata da una minaccia reale. Si riferisce a tutto ciò che ci è familiare, ma che ad un
certo punto si dimostra inquietante. Si può verificare anche con oggetti inanimati (bambole,
automi) che improvvisamente passano dalla dimensione dell’inanimato a quella dell’animato.
Secondo Freud abbiamo 8 cause precise: sono oggetti inanimati che improvvisamente
passano alla dimensione dell’animato.
Un esempio è Il Mago Sabbiolino di E.T.A. Hoffmann che indaga l’immaginario dell’automa e
viene citato nel saggio Il Perturbante di Freud. In quest’opera l’oggetto dell’amore del
protagonista si scopre essere un automa non vivente. L’oggetto inanimato viene scambiato
per un umano. Tutto ciò che lo faceva star bene era un falso. Il confine tra fantasia e realtà è
labile. Il Perturbante non si lega ad ogni tipo di paura, non è legato ad avvenimenti sociali
del nostro tempo (cambiamento climatico); è inserito in un percorso estetico: un testo scritto,
un’opera visiva/uditiva che finisce per ispirarci uno stato di ansia e disagio, una dissonanza
cognitiva.
Secondo Freud le situazioni di disagio derivano da sistemi di credenze che fanno parte della
nostra cultura che abbiamo represso, rimosso.
Il Perturbante è frutto della riflessione congiunta con Jentsch (iensc).
Il concetto di casa, il trovarsi a proprio agio e poi non sentirsi più a casa è centrale
nell’Unheimliche.
Per quanto riguarda il presente, si può vivere questa esperienza tramite internet, poiché i
social ci permettono di duplicare noi stessi; questo è perturbante perché non abbiamo la
certezza dell’identità reale degli account con cui parliamo.
La sorpresa provata è accompagnata dal disagio, da uno choc (Walter Benjamin) che attrae
la nostra attenzione. Sono sentimenti contraddittori che si scontrano, meraviglia e disagio.
Prendendo come esempio le opere d’arte: La Gioconda è una donna? E’ un uomo? Sorride?
Perché è affascinante?
IL RUOLO DELLA BAMBOLA
Bambola: simulacro, il più possibile vicino all’umano. E’ un manichino di legno e gesso. E’
vestita secondo la moda dell’epoca, è promotrice degli usi e dei costumi dell’epoca. I capelli
e le ciglia sono vere, umane, viene costruita tra 1755 e 1760. Abito molto ricco, in seta e oro
con gemme. E’ molto avanzata la tecnica artigiana dell’epoca per quanto riguarda i tessuti.
Queste bambole, più che giocattoli, sono viaggiatrici: in miniatura viene costruito un simil
umano molto ricco, con le ultime novità, che funge da mediatore per la diffusione della moda
in Europa, si trasporta la cultura del costume che accompagna con sé le nuove tecniche per
produrre i vestiti, l'utilizzo del trucco e le nuove capigliature. Si tratta di eleganza. Eleonora
d’Aragona (duchessa di Ferrara) fa inviare il corredo da sposa, all’interno di forzieri foderati
di seta ad Anna Maria Sforza di Milano fidanzata a 11 anni con il figlio di Alfonso d’Este. E’
un corpo manichino che vede trasformarsi per supplire a delle evidenti rigidità rispetto al
simil umano. Vengono mandate in giro per diffondere la moda, non si manda solo il vestito
da copiare, ma anche il corpo manichino da vestire. La moda si diffonde per mimesi. Questo
è importante anche per il circuito di mercato: la tecnica e la novità sono fondamentali dopo le
rivoluzioni industriali. Gli artigiani sono degli artisti, stilisti veri e propri.
Il corpo manichino, perché possa essere spedito, viene realizzato sempre più simile
all’umano. Siamo nel simulacro puro, si vuole avvicinare il manichino sempre più all’umano.
Si passa dal manichino in legno al manichino di stoffa imbottito di segatura.
Eugène Barrois nel 1875 inventa la bambola snodabile rivestita di pelle di capretto bianca
(simile alla pelle umana) imbottita prima di truciolo di legno e poi di segatura pressata. Le
mani e i polsi si muovono. ll capo è in porcellana opaca.
Casa Jumeau, fabbrica fondata da Pierre Francois Jumeau nel 1842 a Parigi, negli anni
‘70 viene ereditata dal figlio e viene portata avanti da lui fino al 1899, quando confluì nella
SBJF, l'unione dei fabbricanti di bambole francesi. Queste bambole vincono la medaglia
d’oro all'esposizione di Vienna prima nel 1837, poi 1878 e poi 1885. Dal 1878 erano marcate
anche al loro interno con la medaglia d’oro.
Sono famose perché hanno teste particolari, di cartone compresso, che così pressato risulta
simile alla pelle, è sottile. Le bambole jumeau sono tutte marcate e portano il numero
specifico. Quelle non marcate costano di meno. Vengono battezzate tutte bébé jumeau.
Numeri stratosferici di produzione, da 10 mila fino a 3 milioni di pezzi. Ci sono due annunci
pubblicitari (nella slide) nell’1885 che danno l’idea delle bambole di poter essere mosse, con
gli occhi vitrei. Hanno la possibilità di avere vestiti sia per l’interno che per l’esterno, per tutte
le stagioni e situazioni. Dal 1890 andranno più di moda le bambole tedesche, meno raffinate
e più economiche. Copiano le Jumeau a prezzi inferiori. Questo simulacro ha una funzione
rassicurante, intima, familiare. Sono creati a somiglianza dei bambini per sconfiggere le
paure dei più piccoli, la minaccia della morte e della scomparsa. In questo caso la bambola
assolve anche la funzione di feticcio per la sua funzione rassicurante, è un sostituto di
qualcosa che non c’è. E’ simulacro perché è sempre più vicino all’umano.
La bambola deve farsi anche garante del mercato e dello scambio commerciale.
Le bambole hanno una funzione educativa stringente: ci si deve comportare e vestire in un
certo modo. Danno un senso di appartenenza ad un gruppo. Sono un simbolo di status
sociale e un veicolo funzionale a mantenere saldi determinati valori promossi dalla società
borghese, a maggior ragione se si parla di bambole al femminile. A partire dell’editto del
1893 vengono cancellate le leggi suntuarie (la borghesia non può abbigliarsi come a corte,
tutto ciò che è lusso è riservato a una certa classe sociale e deve essere distintivo tra alto e
basso status, tra malati e sani - ai tempi della peste bisognava portare dei campanelli, il
giallo era destinato a chi si pensava avesse malattie mentali).
Costrizione femminile dell’800 in Italia: corsetto, parrucca. L’abito del tempo prevedeva una
V sopra con la vita stretta e la gonna a palloncino. Il corpo viene modellato grazie al
corsetto, ma ci furono molti casi di tubercolosi e malattie ai polmoni, a causa delle costrizioni
così importanti. Nell’epoca ottocentesca la borghesia promuove un’immagine competitiva
con l’aristocrazia e ne prende le distanze complete scegliendo uno stile diverso, il borghese
doveva essere l’opposto dell'aristocratico: l’uomo era bianco o nero, con giacca e cravatta,
rinuncia al lusso e all’ostentazione, gli abiti promuovono la produttività e simbolicamente si
pongono antiteticamente ai valori dell’aristocrazia. Negare l’ozio, proteggere l’idea del non
lusso (superficiale).
La famiglia del borghese, così come l’interno delle case (privatissimo
dell’aristocrazia/pubblico della borghesia), tutto ciò che appartiene al borghese diventano dei
segni del potere di quella persona e di quel luogo.
Jumeau Triste: Jumeau figlio progetta una testa che vada bene sia al femminile che al
maschile, chiede allo scultore Albert-Ernest Carrier-Belleuse la creazione di una testa
epicena che vada bene per entrambi i generi, non per apertura mentale, ma per rendere il
giocattolo più utilizzabile dai bambini. Per fare questa testa epicena Carrier-Belleuse utilizza
come modello il ritratto di Enrico IV di Navarra quando era bambino (siamo nel 1500). Nasce
così Jumeau Triste con testa epicena e volto triste, molto consolatorio per i bambini, è una
mossa di marketing. Se la bambola sorride sempre, ma il bambino vive una fase negativa
non funziona. Ha un valore empatico con lo stato triste del bambino ed è psicologicamente
educativo perché le bambine, che devono diventare mamme, per educazione cercano di
portare gioia alla bambola.
La versione femminile Triste ha un'espressione più dolce, è pensierosa, gli occhi vitrei sono
messi in risalto dalle ciglia. La bocca è piccola e perfettamente dipinta. Il vestito è molto
popolare e all’ultima moda.
Félix Nadar nel 1865 fotografa l’attrice Sarah Bernhardt. Il tema delle pieghe ritorna: Sarah
è vestita di pieghe e basta, le è stato avvolto una sorta di mantello e si appoggia su un
mobile stile impero in mogano, quasi a ricordare una scultura classica. Il drappeggio
contiene in sé le vesti proprie della classicità e il dettaglio rimanda alla colonna, perché la
moda che distingue l’uomo dalla donna nasce molto tardivamente nel ‘400, ed è
emblematico il ritratto “Il matrimonio degli Arnolfini”. Lei, che aspetta un bambino, ha la veste
lunga e lui quella più corta. La tunica e il drappeggio definiscono il modus vivendi degli
uomini in ambito classico.
Anche nell’altra immagine ritornano le vesti attraverso il velo e il vestito. C’è un telone di
fondo che riprende una vegetazione, c’è un richiamo all’Oriente attraverso l’ombrello.
Abbiamo una composizione della pièce che rimanda alla scomposizione del corpo simulacro
femminile (cappello - guanti - ombrello). Le immagini si oppongono a vicenda. Nell’800 si
scrivevano dei tratti su ombrelli e cappelli a raffigurare la divisione del corpo simulacro della
donna. L’ombrello ha una funzione importante perché deve lasciar passare la luce, è da
passeggio per difendersi dalla luce e in quella scena teatrale per mettere ancora più in
risalto l’incarnato di Sarah e la sceneggiatura. Sottolinea l’importanza dell’entrata in scena
dell’Oriente nella vita quotidiana (ombrello) avviene in Europa attraverso la Francia a partire
dalla traduzione delle Mille e una notte con molta libertà, tutti i racconti vengono tradotti ad
uso e consumo del lettore occidentale. Entrano le cineserie in porcellana e il fenomeno del
giapponismo in arte. 1851 expo: una delle bandiere che capeggiava era proprio quella
cinese.
Les Créatures de la Mode 1910 (Le Figaro): riassume lo stato dell’arte dall’800 al 1910 dei
creatori di moda e degli stilisti tramite disegni, testi e fotografie: possiamo vedere Worth che
veste la moglie come modella, aiutato da una sarta, nel mezzo della sua creazione. Dà l’idea
dell’invenzione nel suo farsi, dei materiali che sono accanto. E’ vestito con il camice
apposito. Vediamo anche un’altra foto in cui sono ritratte le mannequins in conversazione:
l’epoca è cambiata, siamo nel neoclassicismo, gli abiti sciolgono le forme del corpo, senza
però rinunciare alle pieghe.
Salon de vente, Maison Paquin, Les Créateurs de la Mode (1910): le signore con il
cappello sedute sono possibili acquirenti, la signora appoggiata alla colonna fornisce i
dettagli della mannequin di spalle che sta sfilando. La signora a sinistra è di alto rango.
Abbiamo colli di pelliccia appoggiati su dei porta spalla manichini che al posto della testa
hanno manichini per poter essere presi in mano. La mannequin vicino è sia modella che
responsabile della scelta del coprispalle. Sono tutti corpi simulacro, non hanno la possibilità
di parlare, devono muoversi secondo quello che detta loro il vestito, devono avere
un’espressione neutra che non trasmetta gioia, devono essere spogliate della loro natura di
donne viventi e devono essere piatte, far apparire solo vestito-merce-denaro che non
appartiene a loro. E’ un corpo destituito dalla sua organicità, non importa che sia organico,
deve essere un manichino. Questo si svolge lungo tutto l’800 e diventa ossessivo, ricorrente
e richiama il tema dell’essere in vetrina; questo contempla anche due sentimenti presenti
nella letteratura che possono essere inseme contraddittori: stupore, meraviglia, attrazione,
seduzione e paura, timore e disagio. Ciò che la cultura abitua ad essere familiare può
divenire non familiare.
Vetrine della Morgue di Parigi in un’illustrazione del settimanale Harper’s Weekly del
1874: sono presenti dei cadaveri ricomposti e messi in vetrina con la loro sessualità coperta,
con sopra di loro i vestiti indossati al momento della morte, osservati da una folla di curiosi o
alla ricerca dei propri cari. Davanti alla vetrina proviamo lo stupore e la meraviglia di due
bambini appoggiati alla vetrina e allo stesso tempo un altro bambino che corre impaurito
aggrappandosi alle vesti della signora anziana, guardando con terrore la scena.
Gigantesca Vetrina: l'esposizione universale di Londra del 1851, al Crystal Palace, che
accoglie le merci più disparate e provenienti da ogni parte del mondo, rende possibile a tutti i
visitatori confronto con una quanto mai dilatata bottega dell'antiquario balzachiana. Ancora
una volta però c'è un prezzo assai rilevante da pagare: fare della merce il metro universale
di tutte le cose. I visitatori vogliono tutto ciò che è presente.
Questo stesso fenomeno viene illustrato dalle svariate fotografie sulle vetrine di moda
parigine dell'epoca da parte di Eugène Atget, documenti esemplari su
bambole-corpo-mannequin via via, e sempre più, oggetti definitivamente prostetici (dei
robot). Atget si muoveva la mattina prestissimo o la sera, quando c’erano poche persone,
per far vedere l’avvento della vetrina nella Parigi dell’epoca.
LA COMPARSA DELLA BAMBOLA NEL ROMANZO FRANCESE (E IL DANDISMO)
- Jean Galli de Bibiena (1747), La Poupée
- Honoré de Balzac (1831), La Peau de chagrin
- Honoré de Balzac (1833), Traité de la vie élégante
- Barbey de Aurevilly (1845), Du Dandysme et de George Brummell
- J.K. Huysmans (1884), À Rebours
- J.K. Huysmans - L. Hennique (1881), Pierrot Sceptique
- Victor Hugo (1892), Les Miserables
“...più guardavo più mi sentivo fuori di me…” L’effetto educatore della bambola stava già
facendo effetto: da una parte attrarre a sé l’umano e poi educarlo. Philandre si sta già
trasformando in altro, la bambola lo vampirizza. E’ inquietante e meravigliosa allo stesso
tempo. C’è il perturbante. E’ lei che prende lui, l’attrazione fatale si è già compiuta.
Prova emozioni per una bambola che è esposta in un negozio e che lui non possiede: viene
rappresentata l’erotizzazione della merce esposta (l’esposizione nella vetrina è
imprescindibile per la seduzione-iniziazione operata dalla bambola che è di fatto una silfide).
Un altro episodio analogo è presente nella vetrina di Honoré de Balzac (La Comédie
Humaine - 99 romanzi). Di fatto la vetrina della bottega di un antiquario, luogo di confluenza
di tutti i possibili oggetti del desiderio, centro gravitazionale delle passioni e in cui si imbatte
Raphael all’inizio della Peau de chagrin (1831). Il giovane disperato e deciso al suicidio,
avendo perduto tutto al gioco, si lascia attrarre dalle luci del negozio ancora illuminato a
tarda notte, ciò che lo indurrà ad entrare. Raphael si convince ad acquistare la pelle di
zigrino (erotizzazione della merce), in grado di esaudire qualunque desiderio e di porsi come
sintesi di tutto l’accumulo di merci-desiderio raccolte nella bottega dell’antiquario, ma
purtroppo al prezzo di un progressivo restringimento che consuma l’esistenza e il desiderio
al tempo stesso: la pelle, come un vampiro, succhierà la vita al giovane, contraendosi man
mano che i desideri verranno esauditi. Il protagonista per non morire, deve costringersi a
non desiderare.
Balzac scrive sui trattati di moda e un anno prima (1830) aveva scritto che “diventando un
dandy, un uomo diventa un mobile da boudoir (salotto), un manichino estremamente
ingegnoso (ovvero: un manichino da boutique). La stessa osservazione verrà fatta da
Barbey d’Aurevilly in Du Dandysme et de George Brummell” (1845) dove affermerà che
George Brummell riuscì ad elevarsi al rango di una ‘cosa’. Ancora in questa prospettiva
legata all dandismo dell'epoca, indispensabile è il ricorso al romanzo À rebours (a ritroso,
controcorrente) (1884) (apre il decadentismo) di Joris Karl Huysmans nel quale il
dandy-esteta Des Esseintes rifiuta ogni rapporto interpersonale ed elegge a suo esclusivo
interlocutore il mondo inanimato delle 'cose’. Tre anni prima di A rebours (1884), Joris-Karl
Huysmans scrive con Léon Hennique una pantomima intitolata Pierrot sceptique. Nel testo,
Pierrot tenta di avvicinarsi a una bambola da vetrina che gli si rifiuta provocando una collera
assassina, irrilevante nella sostanza, dato che la sidonie alla quale dà fuoco "s'étale" e in
sua vece compare una bambola Thérèse in cartone da merceria. Le bambole-simulacro,
oggetto della passione di Pierrot, che in questa versione mantiene il suo volto bianco e
indossa una veste nera, sono strumenti programmatici per sottolineare la logical celibe del
dandy: una mente desiderante, scissa, e per scelta, da un abito-corpo sempre in nero
indicatore del culto dell'infecondità e dell'amore per l'inorganico. Pierrot con i suoi colori
bianco e nero dà l’idea esatta del dandy. Il dandy deve fare di sé stesso un'opera d’arte.
Dandy: nasce dalla classicità, è colui che si distingue e che tradisce sempre le aspettative di
chi lo osserva. Colui che seppur vestito in bianco e nero, con cilindro, papillon e bastone da
passeggio, porta un eleganza unica, destabilizza l’osservatore perché tradisce sempre le
aspettative.
Argomenti considerati:
- Potere della vetrina; (dalla grande messa in scena delle merci delle Esposizioni
Universali fino alla nascita dei grandi magazzini, delle vetrine e dei negozi parigini;
- Invenzione del corpo-vivente-manichino grazie a Charles Frederick Worth;
- Dai bibelots-manichino-corpi-simulacro in vetrina alla prima comparsa della
bambola in vetrina nella letteratura francese, con un importante nota sul
dandismo;
- la comparsa della merce e della bambola nel romanzo francese.
Il potere della vetrina all'Expo del 1851 a Londra nel Crystal Palace, è presente merce molto
diversa. Le merci provengono da ogni parte del mondo, segnalate dalle bandiere. L’Expo si
tiene nelle grandi città europee, ma soprattutto nelle realtà londinesi e parigine.
A Parigi nel 1860 nascono i grandi magazzini, abbiamo un affiche del nuovo edificio dei
Grands Magasins du Bon Marché, costruito nel 1869, di cui fu tappezzata tutta Parigi. La
nuova costruzione era pubblicizzata da cartoline. L’esposizione delle merci sarà presente
nella letteratura dell’epoca.
Honoré de Balzac, La peau de chagrin: chagrin vuol dire dolore, la pelle che porta dolore.
Lo zigrino è una pelle rara (pesce cane, razze) ricoperta da minuscole scaglie che hanno la
punta rivolta verso l’alto e sono ricoperte di smalto. Avevano tanti usi: ricoprire oggetti
ornamentali. Può essere anche pelle di altri animali che viene conciata e usata per rivestire
dei libri. La pelle potrebbe provocare dolore. Raphael sta per suicidarsi perché soffre della
dipendenza dal gioco e ha perso tutto al gioco d’azzardo. Prossimo al suicidio si fa sedurre
dalle luci del negozio di u antiquario e compra le pelle di zigrino che può esaudire i suoi
desideri, ma è un altro gioco d’azzardo, perché esaudendo i desideri si restringe e
diminuisce anche la vita di chi la possiede, portandolo alla morte. Raphael deve quindi
obbligarsi a non desiderare. La pelle è in grado di attrarre e vampirizzare a sé, lato
perturbante. Raphael non supera la sua dipendenza, entra in un altro gioco. L’uomo è una
creatura desiderante. Ricorda il Ritratto di Dorian Grey - Oscar Wilde (1890), Goethe - Faust
(1808).