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Domande Frequenti EGIN

Parte generale

Domande su Introduzione e Innovazione nella R&S

1. Presentare le diverse tipologie di innovazione


Schumpeter individua 5 tipologie di innovazione
• di prodotto: produzione di un nuovo bene;
• di processo: nuovo metodo di produzione;
• commerciale: apertura di un nuovo mercato;
• negli approvvigionamenti: conquista di una nuova fonte di materia prima;
• di mercato: riorganizzazione della struttura di offerta di un settore industriale.
Tale definizione non è esaustivo, in quanto oggi è molto rilevante anche l’immagine sociale dell’impresa, basata sulla
gestione delle relazioni con altri stakeholders e riorganizzazione delle attività di gestione.

2. Considerare brevemente le innovazioni incrementali e innovazioni radicali


• Innovazione radicali, se subiscono un kaikaku o miglioramento repentino ed improvviso, le quali denotano una
discontinuità tecnologica, ossia un breakthrough, rispetto al precedente modo di concepire lo stesso prodotto o
processo produttivo. In questo caso, si ricorre alle cosiddette competence destroying, competenze in grado di
rendere obsoleto il precedente know-how dell’organizzazione. Si tratta di un cambiamento leggermente
differente dalle soluzioni già presenti nel mercato.
• Innovazione incrementali, se subiscono un kaizen o miglioramento continuo. Le competenze a cui si ricorre in
questo caso sono le cosiddette competence enhancing, letteralmente “competenze migliorative”.

3. Ciclo di diffusione dell’innovazione


La diffusione è “il processo per il quale un’innovazione viene comunicata attraverso determinati canali in un dato lasso
di tempo tra i membri di un sistema sociale”. (Rogers, 1995)
La “qualità” dell’innovazione, cioè la performance del prodotto/servizio, impatta sulla velocità della diffusione… ma
contano molto anche le caratteristiche del sistema sociale e il canale di comunicazione che viene utilizzato.
Per esempio, tutti ora abbiamo una propria TV, perché ora la TV è largamente adottata, ma ci sono prodotti come
stampanti 3D che non sono così diffusi perché:
• sono troppo costosi
• difficoltà di utilizzo o inutili anche se con un prezzo abbordabile
Pertanto Rogers distingue cinque tipologie di consumatori rispetto alle loro scelte di adozione, dove la conoscenza
tecnica del prodotto, il livello di rischio accettato e la pressione sociale/imitazione giocano un ruolo chiave.
Esso rappresenta il numero delle persone che adottano una certa innovazione con il tempo, a partire dal momento che
l’innovazione diventa disponibile.
Rogers distingue i consumatori in:
• the innovators: persone che non hanno problemi a rapportarsi con la complessità di nuove tecnologie o
innovazioni.
• Early adopters: non sono focalizzati sulla tecnologia stessa ma sono entusiasti sulle potenzia applicazioni
innovative della stessa, sono dei visionari, immaginano i nuovi usi e ciò lì stimola e pertanto li spinge ad
adottare subito tali innovazioni.
• Early majority, sono persone più pratiche, in quanto vogliono vedere le prove effettive di come l’innovazione
possa essergli utile.
• Late majority, vogliono vedere ancora più prove, se decidono di acquistare un prodotto vogliono essere sicuri
di aver comprato dalla marca che offrono il maggior supporto circa il nuovo prodotto
• laggards, sono i più scettici riguardo le innovazioni in generale, adottano le innovazioni raramente e solo
quando sono sicuri che possano essere utili a loro. Tuttavia spesso non le adottano del tutto.
La qualità dell’innovazione, dipendente dalla performance di un prodotto o servizio, influisce sulla sua diffusione, ma
contano molto anche le caratteristiche del sistema sociale ed il canale di comunicazione utilizzato.
Le variabili che incidono sulla diffusione dell’innovazione sono:
1. Il vantaggio relativo, cioè la percezione che essa sia migliore di un prodotto esistente;
2. La compatibilità con i valori, le esperienze e le necessità dei potenziali utilizzatori;
3. La complessità nel comprenderla e utilizzarla;
4. La sperimentabilità, la possibilità di sperimentarla su una base limitata, senza troppi rischi e costi;
5. L’osservabilità, la visibilità dei risultati da essa prodotti.

4. Ciclo di vita del settore


Il contesto settoriale è continuamente rimodellato dalla concorrenza e il ciclo di vita del settore si sviluppa in relazione
alla:
• crescita della domanda
• produzione e diffusione della conoscenza.
Il ciclo di vita del settore è diviso in 4 fasi:
1. introduzione:
- vendite limitate e numero limitato di clienti
- lenta penetrazione del mercato
- tecnologia innovativa, con scala limitata di produzione e mancanza di esperienza che portano a pressi e costi
elevati e bassa qualità
- tecnologia di prodotto progredisce rapidamente
- eterogeneità tecnologica: la concorrenza si sviluppa fra alternative e configurazioni progettuali
2. sviluppo:
- penetrazione scellerata del mercato
- standardizzazione tecnologica
- nuovi metodi di produzione di massa
- riduzione dei prezzi
- cambiamento tecnologico dall’innovazione di prodotto a innovazione di processo
3. maturità
- saturazione del mercato
- decelerazione dello sviluppo
- sviluppo della domanda di sostituzione
4. declino
prodotti sostitutivi sul mercato tecnologicamente superiori offerti da nuovi settori.
Il ciclo di vita di alcuni settori però possono subire delle variazioni, infatti ci sono:
• settori “technology-intensive” che possono presentare caratteristiche di settori emergenti, ossia si trovano nella
fase di introduzione o di sviluppo del loro ciclo di vita, perché la tecnologia continua a essere la maggior forza
trainante della concorrenza (s. farmaceutico, semiconduttori, computer)
• alcuni settori raggiungono la maturità ma non il declino (specialmente quelli riguardo i bisogni essenziali come
alimentari, abbigliamento, costruzioni)
• per alcuni settori ci potrebbe essere una rigenerazione del ciclo di vita, come nel caso delle biciclette
(mountain bike e ora biki elettrica, televisione HDTV e 3D)

5. Ciclo della tecnologia


Ciclo tecnologico è costituito da 4 fasi, che si susseguono a formare cicli evolutivi delle tecnologie, distinti ognuna dal
cambio di tecnologia.
a) Variazione, causata da discontinuità tecnologiche che conducono al rafforzamento di talune competenze e alla
distruzione di altre da parte delle organizzazioni;
b) Periodo di fermento, in cui le organizzazioni trovano nuove nicchie per sopravvivere ed ha luogo una
concorrenza tra design alternativi di nuove tecnologie;
c) Selezione, in cui le dinamiche sociali, politiche ed organizzative selezionano un design dominante tra le
differenti opportunità tecnologiche;
d) Ritenzione, in cui il design selezionato evolve attraverso periodi di conservazione relativamente lunghi,
subendo modifiche incrementali o innovazioni architetturali.

6. Diverse tipologie di project manager e i rispettivi ruoli


La struttura a progetti risulta efficace quando ci sono condizioni di variabilità di mercato quando è necessario procedere
congiuntamente allo sviluppo di molteplici innovazioni di prodotto e di processo.
La struttura a progetti è una struttura funzionale, in cui è presente il project manager, che è una figura chiave. Il PM
deve riuscire a integrare adeguatamente la logica interfunzionale con le dinamiche organizzative tradizionali
dell’impresa.
Nella gestione dei progetti il PM deve:
• gestire le attività dei team di sviluppo
• monitorare il raggiungimento degli obiettivi assegnati (rispetto al budget)
• fornire una guida per orientarsi nei problemi tecnici e nella coordinazione tra aspetti tecnici e design, e quindi
avere una buona conoscenza sulle interazioni tra architettura generale dei prodotti e i dettagli specifici del
design
• garantire una buona capacità di comunicazione nei rapporti con altre funzioni aziendali
• svolgere attività di lobbying, così da ottenere, proteggere e gestire risorse e IRP.
• Definire, con al collaborazione dei TOP manager e dei paladini del prodotto, una visione e una serie ben
definita di obiettivi per il nuovo prodotto.
Ci sono diverse tipologie di project manager
• Project manager leggero, detto così perché hanno un ruolo e potere inferiore rispetto ai responsabili di
funzione, inoltre non hanno responsabilità diretta delle risorse assegnate al progetto.
• Project manager pesante hanno un ruolo più rilevante e risorse per il coordinamento più efficace in modo da
ovviare alle difficoltà di cui sopra. Hanno un rapporto privilegiato con il vertice e sono direttamente
responsabili della definizione del concetto e della progettazione preliminare, gestendo le interazioni con i
clienti e i fornitori. Inoltre dispone di subordinati che fungono da project leader in ogni funzione.

7. Innovazione e invenzione e i loro legami


Invenzione è una soluzione di un problema tecnico e, quindi, realizzazione, da parte dell’uomo, di qualcosa che non
esisteva prima. È un’idea, un dispositivo o un prodotto che porta a un progresso tecnologico. Può impiegare anni a
diventare innovazione o può non diventarlo mai.
Innovazione: è sinonimo di cambiamento, “qualcosa di nuovo”, non necessariamente un nuovo prodotto, mercato o
processo di produzione, bensì è l’applicazione di nuove soluzioni capaci sia di generare vantaggi competitivi che
soddisfare nuovi bisogni , espressi o ancora non ben definiti dal mercato o dalla società. L’innovazione si manifesta con
la rapidità (TIME TO MARKET)
È un processo evolutivo in cui agiscono meccanismi di selezione e apprendimento che consentono alle organizzazioni
di sopravvivere e svilupparsi.

8. Riduzione dei tempi di attrezzaggio/ Problemi di attrezzaggio


Il tempo di attrezzaggio è il periodo di tempo per preparare un mezzo di produzione (una macchina, una stazione di
lavoro, una linea, un apparecchio) per essere pronti a funzionare o ad accettare un compito.
Tali problemi sono particolarmente rilevanti per il JIT, dal momento che nella produzione snella si mira a conseguire
una produzione senza scorte che richiede necessariamente una struttura produttiva flessibile e la produzione di piccoli
lotti tipica del JIT necessitano di continui riattrezzaggi della linea, pertanto si deve cercare di minimizzare al massimo i
tempi richiesti per queste operazioni e, quindi, i costi/tempi di fermo macchina.
Per raggiungere tale obiettivo è possibile:
• modificare il macchinario per favorire rapidi attrezzamenti interni
• eliminare al massimo possibile il tempo di regolazione;
• strumentare il macchinario per permettere di raggiungere condizioni di attrezzamento senza prove ed errori;
• organizzare kit di materiale esercitando e raffinando procedure di attrezzamento;
• rendere l'attività eseguibile da un solo operatore con metodi standard.
• Esercitare e raffinare le procedure di attrezzamento

9. Descrivete finalità e impostazione del QFD – Quality Function Deployment


Il QFD è uno strumento importante per l’integrazione del lavoro di marketing con quello dei progettisti, dopo il
confronto anche con i clienti, si definiscono le specifiche di prodotto e può essere applicato per la producibilità.
Esso viene formalizzato attorno ai 6 passi della Casa della qualità:
• voce del cliente
• analisi della concorrenza
• voce dell’ingegnere
• correlazioni
• comparazioni tecniche
• trade-off
Il QFD ha forti ricadute a livello di:
• benefici nella progettazione: in quanto ha una piena comprensione dei bisogni dei clienti, riduzione del lead-
time, riduzione dei costi di sviluppo e valorizzazione del know-how
• benefici nella produzione, quindi riduzione delle necessità di interventi e rilavorazione e aumento della
produttività
• benefici sul mercato, quindi miglioramento della soddisfazione del cliente e riduzione dei guasti e degli
interventi in garanzia.

10. Mettete a confronto l’innovazione di prodotto con l’innovazione di processo, come sono legati nel tempo.
La differenza principale è che nell'innovazione del prodotto, l'output è destinato alla vendita al cliente finale. Mentre del
processo è un qualcosa di nuovo apportato nella produzione di beni o servizi, che può essere un nuovo metodo per
esempio che potrebbe far aumentare la produzione a minori costi.

11. Paradigma tecnologico


Paradigma tecnologico è il modello di soluzione che permette di legare a una innovazione di base (telaio tessile, petrolio
ecc.) a un processo innovativo a casata che coinvolge tutti i prodotti e processi portando un miglioramento es. Internet.
Il paradigma si caratterizza come regime tecnologico quando l’insieme delle trasformazioni della sfera di produzione si
allarga fino alla dimensione economica e sociale.

12. Innovazioni di sistema e innovazioni di componente


L’innovazione può essere:
• di componente o modulale (modular innovation) che riguarda al cambiare una componente senza mutare
l’intera configurazione del sistema (incrementale)
• di sistema o architettonico (architectural innovation) cambiamento della configurazione del sistema e modo di
interagire tra le parti (es. bicicletta, inizialmente non avevano pedali o avevano pedali direttamente attaccati
alla grande ruota davanti, nelle bici moderne invece l’interazione tra pedali e ruota avviene grazie alle catene).
Quando si hanno cambiamenti architettonici l’impresa deve riorganizzare l’assetto organizzativo in modo da
adattarsi al meglio alla nuova forma (radicale).

13. Strategia blue ocean e strategia red ocean


Blue ocean è una strategia che permette di vincere senza competere, in quanto l’innovazione crea nuovi settori in cui la
competizione ancora non esiste, invece di spingerli a combattere per la quota di mercato su settori già esistenti (red
ocean).
Le differenze sono:
a) red ocean: competizione per una quota di mercato già esistente, finalizzata a prevalere sulla concorrenza,
sfruttare la domanda esistente, trade-off valore/costo, allineare l’intero sistema delle attività della compagnia
con le scelte strategiche di differenziazione o low cost
b) blue ocean: creare un nuovo settore di mercato in cui la concerreza è irrilevante, suscitare e catturare nuova
domanda, rompere il trade-off valore/costo, allineare l’intero sistema delle attività della compagnia persegendo
differenziazione o low cost. Es. Bla bla car.

14. Core competence e core capabilities


Core capabilities sono le competenze distintive difficilmente imitabili che la differenziano dagli altri competitori, ma se
l’impresa si focalizza troppo senza innovarsi diventa un danno Core rigidities.
Nei settori fortemente dinamici è centrale per l’impresa avere capacità distintive (core competence) che consentono una
competizione non solo di prezzo e sopratutto creare delle routine che permettano di sviluppare sempre nuove capacità
(dynamic capabilities)
Le imprese leader spesso basano la propria capacità competitiva su alcune competenze distintive chiave (core
competence) che:
• forniscono accesso potenziale ad un'ampia gamma di mercati
• contribuiscono sensibilmente ai benefici percepiti dal cliente
• sono di difficile imitazione da parte dei concorrenti
Le core competence sono determinanti per i prodotti di base (core product), ossia componenti o sottoinsiemi critici
In molti settori è chiave la quota di produzione nei prodotti di base.
Un’impresa che non ha una core competence ottima non va da nessuna parte..
L’innovazione può essere core enhancing o competence destroying. Nel primo caso tende a rafforzare le imprese

15. PMS o performance measurement system


PMS o performance measurement system sono dei criteri orientati a misurare le soddisfazioni e fedeltà del cliente nel
lungo periodo, le prestazioni de processi anziché delle funzioni, il contributo e lo sviluppo delle risorse umane.
L’innovazione si genera maggiormente nelle aree interne come R&S, produzione e nelle aree esterne come nelle logiche
di open innovation. Ma con lo sviluppo di internet e della globalizzazione anche la logistica ha subito rapidi
cambiamenti e riottenuto maggiore importanza.

16. Organizzazione a piattaforme


Per piattaforma si intende un insieme di modelli contraddistinti da una comune matrice tecnica (per le auto per esempio
il pianale) a cui corrisponde una struttura organizzativa dedicata:
• livello inferiore, dtto team di sviluppo, ha il compito di seguire tutte le fasi per definizione di uno specifico
componente del nuovo prodotto (specifico per il modello)
• livello intermedio, team di prodotto, chiamato a gestire la progettazione complessiva, coordinare e armonizzare
l’attività del team di sviluppo (complessivo)
• livello superiore, core team, che persegue le ottimizzazioni tra prodotti simili, gestisce le risorse e riporta alla
direzione generale (prodotti simili coordina e ottimizza)

Domande su L’innovazione nella produzione e L’innovazione nella SCM

1. Descrivere la matrice di Kraljic e spiegare come può rappresentare un riferimento valido per definire un approccio
strategico alla gestione dei fornitori
Uno strumento molto utile per un'analisi strategica delle forniture è la matrice degli approvvigionamenti di Kraljic.
Sull'asse delle:
- x: viene collocata la criticità dei materiali/complessità del mercato, variabile collegata alla situazione del mercato di
fornitura in termini di disponibilità del materiale, sostituibilità, reperibilità, complessità logistica;
- y: vi è l'incidenza dei componenti sulla redditività, misurabile con il Gestione dei materiali costo del componente sul
costo totale del prodotto (valore aggiunto).
Con la matrice di Kraljic si può evidenziare quale sia la strategia più adeguata nella gestione delle relazioni con i
fornitori:
- per i materiali strategici (alta criticità e alto impatto sulla redditività) sono necessarie strategie di integrazione, che si
concretizzano nella creazione di rapporti di co-makership, ovvero di coinvolgimento fin dall'inizio del fornitore nei
processi innovativi.
- per i materiali colli di bottiglia (alta criticità ma basso impatto sulla redditività) si impongono strategie orientate alle
scorte o alla stabilità della relazione per garantire i componenti e minimizzare il rischio.
- per i materiali ad effetto leva (bassa criticità ma alto impatto sulla redditività), strategie competitive in riferimento al
prezzo o alla qualità, dunque i costi sono da ottimizzare attraverso l'analisi del valore e la ricerca di nuove fonti;
- per i materiali non critici (bassa criticità e basso impatto sulla redditività) strategie improntate sull'efficienza del
processo di acquisto.
In realtà, la matrice di Kraljic serve sia per collocare i materiali (visione statica), sia per valutare se e come muoversi da
un quadrante ad un altro (visione dinamica).
La gestione delle relazioni con i fornitori si caratterizza per alcune scelte relative a:
1) numero dei fornitori: (unico, molti in concorrenza, sostituti in attesa, paralleli): modalità intermedie ed alternative tra
uno e
molti sono quelle di fornitori in parallelo che sono dei potenziali sostituti l'uno dell'altro, oppure il mantenimento di
fornitori
"certificati" all'interno della vendor list che non sono stati ancora selezionati, ma che rappresentano sostituti in attesa;
2) natura del fornitore (primario, secondario, terziario): legata all'importanza ed alla collocazione all'interno della
filiera. In
generale quelli di primo livello sono partner con cui si lavora in comakership, quelli di secondo livello sono fornitori
integrati o
integrabili, quelli di terzo sono fornitori tradizionali;
3) localizzazione (vicina o distante): importante soprattutto per le produzioni JIT spesso vi è la tendenza alla
concentrazione dei componentisti in prossimità delle zone di produzione;
4) definizione contrattuale (breve o lungo): il contratto deve essere uno strumento flessibile che possa adattarsi
all'evoluzione del rapporto.
5) valutazione (prezzo, affidabilità) e controllo: possono essere stimati in base alla natura dei materiali e del fornitore.
La componente prezzo è privilegiata per i materiali non critici e mantiene forte rilevanza anche per quelli ad effetto
leva.
Nell'ambito dei colli di bottiglia è prioritaria l'affidabilità, la tempestività nonché la possibilità di integrazione con il
produttore.
Per i materiali strategici è fondamentale una valutazione complessiva delle capacità del fornitore in termini strategici.
Relativamente alla qualità, la tendenza è verso una assicurazione di qualità fornita dal fornitore o da agenti terzi.
6) coinvolgimento ed integrazione (scambio informativo, comakership, joint venture). Quanto detto può essere riportato
nella matrice di Kraljic.

2. Supply Chain Management (ambiti di intervento)


Il supply chain è definito come l’insieme dei soggetti che concorrono, direttamente o indirettamente, all’esecuzione
dell’ordine di un cliente.
Il Supply Chain Management è la gestione integrata della funzione logistica, quindi dei flussi materiali, informativi e
finanziari dell’intera catena di fornitura, a partire dall’approvvigionamento fino ad arrivare alla distribuzione, secondo
una logica di collaborazione integrata a monte e a valle con fornitori e clienti. Quindi:
- I supply chains competono tra di loro;
- I partner della catena di fornitura hanno l’opportunità di ridurre i costi e di creare maggior valore;
- La competitività di un supply chain può essere migliorata mediante lo scambio di informazioni tra i partner;
- L’integrazione del supply chain richiede che i processi dei partner vengano integrati.
Il costo logistico globale è il costo che l’Impresa punta a minimizzare, comprende il costo delle leve logistiche
(trasporti,magazzini,scorte, gestione amministrativa) esprimendo un trade off insito nelle diverse configurazioni
logistiche.
Il servizio logistico è quindi rappresentato dalla capacità di rendere disponibili i prodotti nel mix, tempo e luogo
richiesto. E può essere valutato secondo i termini di:
1) disponibilità del prodotto: cioè la capacità di limitare il numero di rotture di stock entro definiti limiti temporali;
2) tempestività della consegna: ovvero l'intervallo temporale intercorrente tra l'emissione dell'ordine da parte del cliente
ed il
ricevimento della merce. Detto tempo è proporzionale al ciclo dell'ordine o tempo ciclo dell'ordine;
3) affidabilità o attendibilità del servizio: generalmente legata alla regolarità del tempo di consegna, ovvero al rispetto
della data
di consegna promessa, l'attendibilità può essere associata anche ad altri elementi quali l'integrità delle confezioni e dei
prodotti
spediti, la conformità quali-quantitativa della consegna rispetto all'ordine o la precisione ed accuratezza della
documentazione
di accompagnamento;
4) flessibilità del servizio: ovvero la capacità di adattare il sistema logistico alle mutevoli richieste del cliente, secondo
logiche di
personalizzazione. Quest'ultimo elemento è generalmente correlato alla bontà del sistema informativo che lega il cliente
al
fornitore ed alle doti di reattività e versatilità di quest'ultimo.

3. Innovazione nel rapporto con i clienti


L’innovazione dei rapporti con i clienti, che ha coinvolto sia la funzione logistica che quella distributiva, si incentra
sullo sviluppo di relazioni collaborative – in maniera prioritaria o esclusiva – con i distributori o i dettaglianti e con i
grandi clienti industriali. Esse vertono alla riduzione dei costi ed al miglioramento del servizio.
Collegamenti con tale argomento, in ordine di appropriatezza:
- L’evoluzione dei rapporti con i distributori;
- La Grande Distribuzione;
- Il Costumer Relationship Management.

4. Descrivere brevemente le caratteristiche e la valenza del layout a U


Per lay-out di una fabbrica, di uno stabilimento, di un'area di lavoro si intende la dislocazione dei reparti o delle officine
nell'ambito della fabbrica, e delle macchine, dei posti di lavoro e dei depositi nelle aree lavorative, inclusi gli uffici ed i
servizi aziendali relativi. Nei lay-out ad U e quindi nelle linee ad U ogni operaio presidia più macchine, quest'ultime
sono collocate in modo che ogni operaio abbia il tempo adeguato per occuparsene, con movimenti che devono essere
brevi, coordinati e facili. I vantaggi sono:
• spostamento facile e veloce: la forma ad U permette ad un solo dipendente di occuparsi di più stazioni di
lavoro adiacenti
• visibilità migliorata e accessibilità migliorata: un'intera sequenza di operazioni è raggruppata in un unico
luogo, la distribuzione concentrata del lavoro e delle attrezzature a U, rende tutto immediatamente accessibile a
partire dal centro;
• gli operai stanno più attenti quando ruotano attraverso una varietà di compiti anziché operare ripetitivamente
con ciclo breve e hanno flessibilità e capacità maggiori quando ruotano

5. Bullwhip Effect
Bullwhip effect, effetto frusta, è un effetto della distorsione della domanda, che indica un aumento della variabilità della
domanda man mano che si allontana dal mercato finale e si risale la catena di fornitura.
Le cause della amplificazione delle fluttuazioni sono:
• ordini raccolti a intervalli lunghi
• vendite promozionali
• sconti quantità e trasporti
• errori nelle previsioni sulla domanda
• mancanza di visibilità sulla domanda finale
• effetto distorsivo delle scorte
• tempi di ciclo produttivo lunghi
Le possibili soluzioni per limitare il Bullwhip effect sono
• la riduzione dei lead times, ossia quick response, push vs. pull strategy e cross docking
• riduzione della variabilità dell’incertezza con POS information, condivisione dell’informazione ed “everyday
low price” senza periodi promozionali
• alleanze vendor managed inventory o rappresentanti commerciali on-site

6. Outsourcing strategico con ambiti di applicazione


Relativamente alle strategie di gestione del supply chain, i fornitori vengono sempre più considerati un patrimonio
aziendale, quindi le imprese investono nelle relazioni o consolidano i rapporti con essi. Le strategie di innovazione delle
imprese sono connesse all’alternativa make or buy, che si rinnova nella prospettiva dell’outsourcing strategico, il quale
ha un impatto significativo sulla competitività dell’impresa.
L’outsourcing consiste nell’assegnazione da parte dell’impresa di una o più attività ai fornitori, le quali precedentemente
venivano svolte al suo interno, optando per la disintegrazione verticale ed il decentramento produttivo. Al fornitore
vengono attribuiti anche il personale e le attrezzature in precedenza impiegate nello svolgimento della stessa attività.
Il rapporto con l’outsourcer è regolato da un accordo strategico fondato sulla collaborazione, sulla suddivisione del
rischio e sull’investimento condiviso in una prospettiva di lungo periodo. Esso, quindi, assume il ruolo di partner
strategico dell’impresa. L’obiettivo delle scelte di esternalizzazione è la ricerca di maggiore elasticità, produttività ed
economicità e la volontà di relegare all’esterno i fattori di disturbo o rischio.
L’outsourcing, nato nella funzione di produzione, diviene strategico se viene sviluppato
relativamente a:
• La logistica, con l’attribuzione dell’attività logistica ad operatori logistici specializzati e la
cessione ad essi dei mezzi di trasporto e dei depositi periferici;
• I processi gestionali, con l’attribuzione dell’attività di servizio ad operatori specializzati,
quali società di sviluppo software o società di consulenza.

7. Logiche JIT, approfondendo uno strumento operativo che ne può supportare l’implementazione
I pilastri del JIT nella produzione snella sono:
• Ritmi di produzione al passo col mercato + flessibilità = piccoli lotti
Produrre solo al passo con la domanda del mercato e senza scorte di produzione significa costruire parti e prodotti in
piccole quantità, produrre cioè oggi solo ciò che è richiesto, niente di più. Il lotto ideale è l'unità.
• Migliorare il processo per una qualità perfetta al primo tentativo Per assicurare nella produzione un flusso di parti in
piccoli lotti, la qualità associata ad ogni operazione deve essere eccellente senza rifacimenti o sostituzioni, senza
sovrapproduzione per compensare scarti o guasti per irregolarità.
• Ridurre le operazioni di produzione al minimo. Talvolta si sviluppano apparecchiature e sistemi complessi senza una
sufficiente visione preliminare di come fare ciò che occorre al momento giusto e senza errore. L'obiettivo è di eliminare
le attività non necessarie e la complessità.
• Scorte come indicatore dell'efficienza totale La presenza di scorte è indice di impedimenti alla produzione senza
scorte, e quegli impedimenti vanno rimossi.
Per mantenere elevati i livelli di efficienza nelle linee di produzione e per l’implementazione della produzione ‘ Just in
Time’ (JIT) si adotta il metodo kanban, o schede di controllo, basato sui cartellini di prelievo e produzione. Il principale
beneficio di questo sistema è la riduzione della sovrapproduzione, producendo soltanto l’articolo richiesto, solo quando
è richiesto e nella quantità servita.
Le schede di controllo infatti sono vere e proprie autorizzazioni produrre e “guidano” il movimento di un componente
tra due centri di lavorazione e potrebbe contenere informazioni relative a:
• quantità da produrre
• numero dei centri da cui proviene, in cui si trova e acui è diretto
• numero della schede
Le schede vengono applicati ai contenitori che sono selezionati per l’uso del punto di stoccaggio e vengono tolti a fine
passaggio per essere applicati a un altro contenitore per rimpiazzare il posto di quello che è stato appena prelevato e
diretto in un altro punto. Questi materiali poi vengono sincronizzati dalle materie prime fino all’assemblaggio finale.
Inoltre, il JIT, escludendo le scorte, punta su una programmazione livellata con una “distribuzione armonica di ogni
prodotto in ogni ora e ogni giorno” per limitare la discontinuità nelle richieste di manodopera e di materiali. Ciò
significa una produzione contemporanea di diversi modelli, con lotti anche unitari e non una produzione sequenziale a
grandi lotti, cioè una produzione spalmata in più giorni per giungere la quantità richiesta nel periodo considerato.

8. In che ambiti l'automazione ha influito sulle varie parti dell'organizzazione (FMS, macchine a controllo
numerico..ecc)
Le soluzioni tecnologiche devono favorire il rafforzamento della competitività dell’intera funzione produttiva rispetto
• alla riduzione del time to market
• al miglioramento della qualità
Ciò significa che bisogna attrezzarsi di una potenziale flessibilità che si deve leggere come:
• capacità di rispondere quantitativamente (elasticità) e qualitativamente (flessibilità di gamma) alle dinamiche
della domanda;
• possibilità di modificare la tipologia di produzione (convertibilità) attraverso una riorganizzazione di processi e
tecnologie;
• forte integrazione tra le diverse attività coinvolte (produzione, approvvigionamenti, commercializzazione) per
ridurre il time-to-market e il livello ed i costi delle scorte;
• valorizzazione della capacità di fornire prodotti qualitativamente corrispondenti alla richiesta del mercato.
Ciò è possibile dal momento che le macchine alleggeriscono i compiti più operativi, lasciando spazio e tempo per
attività più professionalizzanti, ma è la componente umana che conserva importanza primaria all'interno dei processi di
innovazione tecnologica, mediante job enrichment ed enlargement.
Le macchine a controllo numerico, che collegate insieme a un robot, hanno permesso di creare sistemi di supervisione
computerizzato per il loro funzionamento.
Negli anni '70, si giunge al Flexible Manufacturing System (FMS) ovvero un sistema di produzione fatto di più stazioni
di lavoro capace di realizzare per via automatica (per almeno un turno di lavoro senza la presenza umana) qualunque
pezzo compreso in una gamma o famiglia definita.
Grazie ad un sistema di riconoscimento delle parti (codice a barre o RFID) le stazioni riescono a identificare le diverse
parti che devono essere realizzate e cambiare velocemente le istruzioni di funzionamento con una riprogrammazione
delle stazioni. Essi possono eseguire:
• operazioni di processo (FMS in senso stretto)
• operazioni di assemblaggio (FAS).
Internamene si sono sviluppati magazzini automatici sempre più sofisticati e le relazioni con la rete di distribuzione e
con i clienti finali possono essere gestite direttamente attraverso il sistema informativo.
Nell’ambito della progettazione, la progettazione è sempre più assistita dai computer (CAD - Computer Aided Design) e
integrata con la produzione (CAD/CAM) così come con l'ingegnerizzazione (CAD/CAE), grazie alle applicazioni
software tra parentesi che agevolano la risoluzione di problemi tecnologici tramite il calcolo numerico.
Per la produzione il CIM:
• si caratterizza per l’integrazione automatizzata tra i vari settori del sistema di produzione (progettazione,
ingegnerizzazione, produzione, ecc), con un sistema informativo integrato e una base di dati comune;
• deve gestire oltre ai flussi materiali (alimentazione delle macchine e attività di trasformazione) i flussi
informativi;
un progetto CIM presuppone una modifica della struttura produttiva, delle scelte strategiche e dello stile di
management; - le “economie di gamma” possono aprire nuove prospettive rispetto alle economie di scala, aprendo a
maggiori connotazioni di “servizio” e personalizzazione.

10. Fabbrica integrata


Negli anni ’90 e 2000 il modello europeo della produzione snella è stato identificato nella fabbrica integrata, la quale:
- Fa un uso esteso delle tecnologie avanzate per evitare o almeno attenuare lo sfruttamento intensivo della manodopera;
- Conclude accordi con i sindacati per il coinvolgimento consensuale della manodopera in proposte di miglioramento;
- Ricorre a forme di organizzazione modulare della produzione (cellular manufacturing) per gestire in modo rapido
flessibile le anomalie di processo e di prodotto.
Ciò ha permesso di ottenere sensibili miglioramenti nel rispetto dei valori tipici della produzione snella, sebbene gli
standard giapponesi siano ancora irraggiungibili.
Alla base della struttura della fabbrica integrata vi è l’unità tecnologica elementare (UTE), responsabile oltre che della
produzione anche dei processi di innovazione, controllo e manutenzione.

12. Reengineering
Il reengineering (reingegnerizzazione) è un metodo utilizzato in campo manageriale per sopperire a risultati
insoddisfacenti. E' un cambiamento organizzativo, sviluppato in un'ottica di processo, e avviene ripensando l'azienda
per processi aziendali e riprogettandone il funzionamento e l'organizzazione secondo precisi standard di efficienza, con
la possibilità di ottenere miglioramenti durevoli di costo, efficienza e qualità.
Esso si contrappone all'approccio tradizionale dell’automazione che si limita ad inserire nuovi strumenti o passaggi
informatizzati al posto delle precedenti attività manuali, senza andare a modificare il modo di lavorare. Il reenginering
permette quindi:
- la cancellazione del processo anziché l'automatizzazione: un processo riconosciuto superfluo è cancellato;
- la riconfigurazione dei flussi di processo: vengono rivisti e riprogettati eliminando passaggi ridondanti e
disintermediazione, accorpando eventualmente e quando possibile più attività in una posizione lavorativa favorendo la
riduzione dei tempi;
- il ridisegno dello svolgimento delle attività: attività in precedenza sequenziali possono essere messe in parallelo con
vantaggi in termini di minori tempi di risposta, definendo configurazioni di processo multiple e sistemi personalizzate
sulle esigenze. Il reenginering da parte dell'impresa, normalmente sviluppato insieme a consulenti esterni, punta ad un
alto ritorno, ma questo inevitabilmente porta con sé alto rischio, sia perché la strategia è "studiata a tavolino" sia perché
l'abbandono del vecchio modo e l'adozione del nuovo sono spesso osteggiati dagli operativi. Per i suddetti motivi questo
sistema, forte e dirompente, è adatto ad imprese in situazioni di difficoltà e per imprese leader con forti capacità di
gestione.

13. UTE
L’UTE (Unità Tecnologiche Elementari) è la cellula di base dello stabilimento, responsabile oltre che della produzione
anche dei processi di innovazione, controllo, manutenzione.
Il team di UTE si riunisce di frequente per tutte le decisioni inerenti alla regolazione dei processi, ed è composto da:
- il responsabile, il tecnologo e l’approvvigionatore - i conduttori di processi Integrati e gli operai.
L’UTE si caratterizza per:
- l’autonomia e la responsabilità su un segmento compiuto del processo produttivo;
- la responsabilità sulla qualità del prodotto finale, a risalire, sulla manutenzione del processo. E’ simile ai gruppi
semi-autonomi di lavoro.

14. Innovazione nelle relazioni con i fornitori


L’innovazione dei rapporti con i fornitori si incentra sullo sviluppo di relazioni collaborative – in
maniera prioritaria o esclusiva – con i fornitori strategici. Tali relazioni vengono valutate andando
oltre la mera comparazione del costo di acquisto. In particolare, esse:
- Richiedono molto tempo da dedicare alla ricerca, alla selezione e alla valutazione dei
fornitori;
- Considerano i costi complessivi derivanti dalla fornitura;
- Coinvolgono i fornitori in tutti i momenti chiavi.

15. Concurrent engineering


Concurrent o simultaneous engineering (SE): ovvero in parallelo. (Utilizzeremo i due termini in modo egualitario,
anche se c'è da dire che vi sono alcune piccole differenze dato che con il primo (CE) ci si riferisce principalmente alle
fasi dello sviluppo, mentre con il (SE) ci si riferisce alla progettazione simultanea di una famiglia di prodotti). Tutti gli
attori anziché apportare contributi individuali, si muovono simultaneamente verso il raggiungimento dell'obiettivo. I
vantaggi sono maggior velocità, flessibilità ed efficacia, come in un gioco di squadra. Solitamente comunque i 2 modelli
coesistono. Nella realtà delle imprese, i 2 modelli coesistono, grazie a soluzioni intermedie. Le soluzioni più avanzate
sono tipiche dell'approccio giapponese in cui ingegnerizzazione di prodotto e di processo sono realizzate
congiuntamente in una prospettiva di design for manufacturing (DFM).

16. Modello della lean production con confronto rispetto al fordismo


Il fordismo, viene anche chiamata impresa grassa, ha come riferimenti:
• unità produttive di grandi dimensioni
• produzioni in serie su larga scala di beni standardizzati
Il modello della lead production o produzione snella supera questa visione, perché garantisce tempi di risposta più
veloci, qualità superiore, costi ridotti e maggiore soddisfazione nel lavoro. In particolare ha ha capacità di adattamento
alla varietà ambientale, punto debole del fordismo, consentita dall'approccio Just-in-time (JIT - produzione del pezzo
giusto al momento giusto) secondo il quale non si producono più prodotti finiti per il magazzino in attesa di essere
venduti (logica push) bensì limitatamente a ciò che occorre al cliente, la produzione è trainata dalla domanda a valle
(logica pull).
Infatti per l’impostazione tradizionale fordista le scorte rappresentano una sicurezza che permette di bilanciare eventuali
imprevisti, il flusso di lavoro non dovrebbe mai essere interrotto poiché ciò implicherebbe l’inutilizzo degli impianti che
sarebbe costoso, perciò le eventuali anomalie vanno corrette a fine processo.
La qualità implica un costo elevato dato che si dovrebbero scartare e rilavorare i pezzi difettosi.
I lotti di produzione devono essere molto grandi per permettere di distribuire meglio i costi di attrezzaggio.
Nella nuova impostazione snella, al contrario, avere scorte è inefficiente perché mascherano il verificarsi di eventuali
anomalie e fanno si che i problemi perdurino. Infatti anche per quanto riguarda la risoluzione degli eventuali errori, si
preferisce fermare il flusso di lavoro e agire direttamente per intervenire subito alla radice dei problemi. Se la qualità
viene considerata come parte integrante del modo di lavorare, allora può portare a riduzioni nel livello complessivodei
costi se viene ottenuta durante il processo. Infine i lotti di produzione devono essere molto piccoli, al limite unitario, per
riuscire a servire meglio le esigenze del mercato senza scorte.
Quindi, l’impresa snella è proprio un pensare all’incontrario degli assunti tradizionali, dal momento che riduce al
minimo di utilizzo di risorse umane, macchinari e scorte, tant’è che possiamo parlare della fabbrica “a 6 zeri”:
1) zero stock: riduzione ai minimi livelli di scorte grazie ad un sistema logistico improntato sulla logica JIT;
2) zero difetti: riduzione delle difettosità grazie a continui interventi di revisione secondo le logiche della Qualità
Totale; 3)
zero tempi morti: riduzione dei tempi di attraversamento del ciclo di produzione;
4) zero tempi di attesa: miglioramento del servizio al cliente;
5) zero cartacce: riduzione della burocrazia;
6) zero conflitto: rapporto totale di collaborazione tra management e operativi.
L'approccio fordista è efficiente nel caso di una produzione in rapida crescita e una gamma di modelli limitata,
l'approccio Toyota
è concepito per condizioni di crescita lenta ed in riferimento ad una grande varietà di modelli. Quest'ultimo è pressato
da
precarietà e incertezza che però fanno in modo che ci si focalizzi all'immediato miglioramento mediante la risoluzione
dell'anomalia all'origine del processo.

17. Intelligence di mercato


Sono le attività, di solito da parte della funzione marketing, di raccolta delle informazioni chiave relative
all'evoluzione nei mercati, ai gusti dei consumatori, alle tecnologie e alle mosse della concorrenza al fine di ridurre
l'incertezza; si parla di un modello incentrato sull’analisi di 5C:
• contesto
• company
• consumatori
• clienti
• concorrenti
Queste attività prendono in esame le informazioni sul macro ambiente e sul micro ambiente che si possono basare su:
• osservazione generale, approccio generale in cui il dirigente non ha nessun scopo specifico
• osservazione condizionata, approccio specifico, senza che comporti una ricerca attiva su tipi più o meno
chiaramente identificati d’informazione
• ricerca informale, sforzo relativamente limitato e non strutturato per ottenere informazioni specifiche o per uno
scopo ben definito
• ricerca formale, sforzo deliberato, che di solito segue un piano prestabilito, una procedura, o una metodologia,
per assicurarsi informazioni specifiche o informazioni riguardo uno specifico argomento.
18. Fase di sviluppo prodotti
Gli stadi del processo di sviluppo dei prodotti sono:
1. La massimizzazione delle prestazioni (stadio fluido), in cui l’organizzazione investe maggiormente nelle innovazioni
di prodotto rispetto a quelle di processo; pertanto, i consumatori sono disposti a pagare di più per acquistare prodotti o
servizi molto variegati o personalizzati.
2. La massimizzazione delle vendite (stadio di transizione), in cui l’organizzazione investe maggiormente nelle
innovazioni di processo rispetto a quelle di prodotto; pertanto, i volumi di vendita sono decisamente superiori e la
gamma prestazione è più ridotta rispetto
allo stadio precedente.
3. La massimizzazione dei costi (stadio statico), in cui l’organizzazione investe sia nelle innovazioni di prodotto che in
quelle di processo; prevalgono la standardizzazione e la competizione di prezzo.
Tali stadi sono caratterizzati da:
• Incertezza, causata dalla scarsità di informazioni di cui l’impresa dispone;
• Complessità, derivante dalla varietà delle attività e delle competenze da dover coordinare.

Domande su L’innovazione nei sistemi informativi e L’innovazione nella gestione della qualità, ambiente e sicurezze

1. Descrivere le caratteristiche dei sistemi ERP e analizzate come possano presentarsi quale piattaforma per applicazioni
estese/innovative
I sistemi informativi Enterprise Resource Planning (ERP) sono programmi software che presentano un'architettura
unitaria e permettono una gestione integrata ed automatizzata dei diversi processi aziendali (vendite, acquisti, gestione
magazzino, contabilità etc.) attraverso più moduli applicativi tra di loro interfacciati che fanno riferimento ad un unico
database condiviso permettendo una pianificazione più efficace ed efficiente delle risorse, dei prodotti e dei servizi
dell'impresa.
I pacchetti ERP (il cui fornitore principale è SAP), che permettono all'impresa di automatizzare in maniera più estesa le
proprie attività amministrative ed operative, presentano 4 caratteristiche chiave:
1) modularità dell'applicazione: cioè la presenza di più moduli software che possono funzionare separatamente e che
possono essere sostituite selettivamente e progressivamente dall’impresa a seconda delle diverse aree aziendali da
integrare senza rinnovare contemporaneamente l'intero sistema informativo. La modularità consente all'azienda di
migliorare quelle aree in cui la funzionalità o la copertura del suo attuale sistema informativo sono più carenti, senza
toccare quei programmi che invece considera ancora utili e validi;
2) la presenza di un business model: il funzionamento dei diversi moduli del sistema ERP fa riferimento ad un
business model unitario, cioè uno schema che comprende e descrive tutti i processi operativi implementati nel software.
Il business model si ispira a quelle che vengono considerate come best practises delle imprese leader del settore in cui
l'impresa opera;
3) l'unicità del database: tutti i moduli del sistema ERP attingono e restituiscono i dati ad un unico database. Ciò
comporta sforzo in termini di completezza e di omogeneizzazione, riduce duplicazioni e disallineamenti e richiede
precise norme organizzative per l'accesso e la modifica dei dati;
4) configurabilità del sistema: il sistema ERP viene venduto come applicativo base da configurare secondo la propria
struttura organizzativa e gli obiettivi di business; attraverso le tabelle di configurazione si possono adattare le
funzionalità di un pacchetto gestionale generico alle necessità dell'impresa. Quindi si distinguono:
• moduli preconfigurati, realizzati sulla base di una media impresa del settore, massima velocità al minimo
costo, ma minima personalizzazione
• moduli configurati, realizzati con metodologie classiche di configurazione, buona capacità di
personalizzazione, maggiori tempi e costo
• add-on, sistemi collegati al sistema ERP, massima personalizzazione, ma problemi in caso di cambio release.
I pacchetti ERP, tra l'altro, sono applicativi che permettono il completo utilizzo on-line e di stabilire rapporti
informatizzati con clienti e fornitori, grazie a moduli per la gestione integrata della supply chain.
I sistemi ERP presentano però alcuni limiti e rischi:
- nel breve periodo: il limite principale è la rigidità del pacchetto poiché non ha effettiva capacità di adattarsi al modo di
lavorare dell'impresa, in quanto questi sistemi operano sulla base di modelli di business predefiniti, il conseguente
rischio è che si verifichi una situazione in cui non è il sistema informativo a modellarsi sulle necessità dell'impresa, ma
è l'impresa che si adegua alle procedure ed alle specifiche del sistema ERP. Per superare questi inconvenienti, i
produttori di software ERP stanno investendo molto per realizzare pacchetti più flessibili e meno vincolanti, offrendo
una serie di applicazioni preconfigurate di settore (template) in cui l'impresa utente riesce a rispecchiare le proprie
necessità ed il proprio modo di lavorare meglio di quanto possa fare con un sistema ERP generico.
- nel lungo periodo: il rischio principale è la perdita di competenze nello sviluppo software legato al fatto che, con
l'adozione di un pacchetto ERP, l'impresa rinunci all'utilizzo di un software gestionale proprietario sviluppato in base
alle proprie specifiche, optando così per una scelta paragonabile a quella dell'outsourcing, rischiando da un lato la
perdita di competenze distintive e dall'altro l'inaffidabilità/incapacità del partner scelto con l'esposizione al rischio
dell'inaffidabilità della software house .
2. Extended ERP
Sono software di supporto che non appartengono alla versione base, finalizzati a gestire i processi interni ma in
particolare a supportare lo sviluppo di nuove relazioni con:
• fornitori attraverso il SRM, supplier relationship management, che si occupa di acquisti e negoziazione
• clienti CRM, customer relationship management, che si occupa della gestione del cliente, quindi il marketing e
vendita, allo scopo di fidelizzarlo.
E per quanto riguarda la logistica è stato introdotto il software applicativo di supporto denominato SCM (supply chain
management), dotata di una rinnovata modalità di gestione della catena di distribuzione, dal fornitore al distributore.
Per esempio hanno la funzionalità relative al rifornimento on-line di materiali in una logica kanban elettronico, al
monitoraggio dello stato di avanzamento delle lavorazioni e delle spedizioni, nonché alla raccolta delle richieste della
clientela.
In generale, i programmi gestionali SCM diminuiscono il livello di incertezza grazie alla visuale chiara con la
conseguenza di poter anche ridurre le scorte, inoltre rendono più efficace l'interfaccia tra le diverse imprese partecipanti,
poiché
la condivisione permette alle imprese di ridurre i costi amministrativi di transazione, eliminando attività duplicate e
standardizzando i canali di comunicazione. L'opportunità di collaborazione lungo la supply chain chiaramente richiede
non solo un software dedicato, ma anche l'accesso ad una rete telematica condivisa o, quanto meno, un collegamento
Internet/Extranet.
Il software gestionale adottato dall'impresa, e quindi la relativa qualità e affidabilità, è sempre più rilevante per
l'efficienza e l'efficacia delle attività lavorative. In contrapposizione al software proprietario, negli ultimi anni si sta
espandendo il fenomeno dell' Open Source, letteralmente "sorgente aperta", ovvero software che non solo danno
accesso al codice sorgente (source code) permettendo di studiare come è fatto, ma anche una serie di libertà di modifica,
integrazione e redistribuzione del codice. In pratica è possibile eseguire il programma senza l'onere economico di
nessuna licenza e per qualunque scopo, adattarlo alle proprie esigenze, e ridistribuire copie o miglioramenti così che
l'intera comunità ne possa beneficiare, secondo le caratteristiche ed i vantaggi propri dell'open innovation.
Il fenomeno dell'Open Source si è esteso sino ai sistemi gestionali ERP. La logica dell'Open Source applicata ai sistemi
ERP porta ad ulteriori vantaggi per le aziende che decidono di adottare tale sistema. Il più importante è rappresentato
dal risparmio sui costi di acquisizione della licenza. Azzerare i costi di licenza significa dirottare le risorse liberate verso
la progettazione e la realizzazione di personalizzazioni sui moduli aziendali, in modo da ottenere un sistema ERP
perfettamente tarato sulle esigenze del business.
Inoltre, un sistema ERP Open Source rappresenta una scelta strategica che potrebbe garantire la libertà tecnologica
dell'azienda rispetto le politiche commerciali della software house proprietaria. Secondo i risultati ottenuti da una
ricerca di Forrester Research,
un ERP Open Source può essere un fattore critico per il vantaggio competitivo dell’azienda.

3. Implementazione ERP/ Processo di implementazione ERP

4. Descrivere brevemente la natura e la potenzialità del cloud


Un’ulteriore tecnologia ICT in grado di impattare sul concetto di sistema informativo è il Cloud Computing, una
tecnologia web che consente di installare software applicativi direttamente sulla rete, organizzati in una nuvola (cloud)
basata su un'interfaccia userfriendly, dove i dati (consultabili in un modalità multidispositivo) vengono decentrati su
server accessibili dal browser. Esso si concretizza in tutti quei servizi on-line, centralizzati, che danno la possibilità
all'utente di gestire file, esempi sono Flickr, Google Documents, Office 365. Un sistema cloud è generalmente formato
da 3 componenti: lo storage, i nodi di calcolo e un controller. I livelli del Cloud Computing sono:
1) Software as Service (SaaS) come Google Documents o Gmail o Google Maps: livello orientato alle applicazioni web
che vengono offerte come servizio. Esso offre applicazioni che possono essere usate direttamente dall'utente senza una
preinstallazione in locale, ma usando un browser ed una connessione Internet;
2) Platform as Service (PaaS) come Google Apps: livello orientato alle piattaforme di sviluppo per soluzioni software.
Si caratterizza per la possibilità fornita al cliente di creare applicazioni che utilizzano linguaggi di programmazione
supportati dal fornitore. La piattaforma è l'ambiente applicativo su cui installare o sviluppare le applicazioni. Il cliente
ha il controllo sulle applicazioni distribuite e sulle configurazioni dell'ambiente;
3) Infrastructure as Service (IaaS) come Amazon Web Services: livello orientato alle infrastrutture, dove l'infrastruttura
hardware, la rete e lo storage vengono resi disponibili come servizi, e dove il cliente è in grado di distribuire ed eseguire
software proprietario, come sistema operativo ed applicazioni. Questo livello virtualizza l'hardware di un pc tradizionale
mettendo a disposizione dell'utente un PC virtuale con memoria RAM, processore, storage e schede di rete connettibili.
In una strategia Cloud Computing vi sono:
- vantaggi: accessibilità 24 ore su 24 da ogni luogo, riduzione dei costi evitando investimenti in HW e SW, costi di
aggiornamento ridotti, rischi ridotti poiché il problema del data security viene affidato al provider;
- rischi: possibili incidenti nei server che ospitano dati, rendendo inaccessibili i dati o ancor peggio in pericolo per
malfunzionamento dei processi di back-up.

3. Descrivere il come e il perché delle certificazioni di qualità


Per quanto concerne la certificazione di qualità, gli standard di qualità nascono dall’esigenza delle aziende di avere
garantita l’affidabilità dei propri fornitori. Essi costituiscono un utile strumento a disposizione delle aziende per
accertarsi, senza verificarlo direttamente, che il fornitore operi secondo criteri condivisi di buona gestione. Attraverso il
meccanismo della certificazione, un’azienda, che conduca le proprie attività produttive o commerciali soddisfacendo a
determinati requisiti organizzativi e gestionali, vede riconosciuta e garantita la propria qualità da un ente terzo
indipendente. La certificazione di sistema può essere considerata una forma soft di regolazione. Le istituzioni spesso
non sono direttamente coinvolte nel processo di riconoscimento, ma esistono soggetti “intermedi” tra imprese e attori
istituzionali che svolgono il ruolo di verificatori dell’adeguato livello organizzativo e prestazionale raggiunto dalle
imprese che richiedono la certificazione.
Il sistema delle garanzie è costituito da:
- esiste innanzitutto una norma tecnica (come, ad esempio, la ISO 9001), sviluppata da un ente di normazione che
regola;
- vi è poi un soggetto che accredita e controlla i certificatori (in Italia il Sincert);
- vi sono poi i certificatori (usualmente istituti di certificazione);
- vi è infine l’impresa con i suoi sistemi di autoverifica e controllo.

4. Caratteristiche del business process reengineering nell'ambito dei sistemi informativi

5. HRO
Le High Reliability Organizations (HRO) sono organizzazioni ad alta affidabilità che abbiano una visione unitaria
(tecnica e gestionale), totale (dal vertice aziendale all’ultimo dei lavoratori) e specifica (ovvero costruita sulla realtà di
riferimento) della sicurezza. Esempi di HRO sono i vigili del fuoco, sanità, reti elettriche, trasporto pubblico...
Questo tipo di imprese hanno una cultura condivisa, in cui le diverse competenze e punti di vista sono armonizzate e
valorizzate, e soprattutto ha una capacità di gestione penetrata all’interno dell’organizzazione.
In tal senso è necessario introdurre la sicurezza nei processi decisionali, mediante la formalizzazione di una serie di fasi
(valutazione-programmazione-progettazione organizzativa) e utilizzando un insieme di strumenti di supporto alle
decisioni del vertice. È inoltre necessario strutturare adeguatamente i processi di controllo, per garantire una capacità
gestionale di verifica sistematica, periodica, operativa delle condizioni di prevenzione nei luoghi di lavoro.
L’affidabilità tradizionalmente si raggiunge attraverso un approccio basato sulle routine, centrato sullo sviluppo di
procedure affidabili con lo scopo di ridurre o eliminare la discrezionalità dell’intervento umano quale fonte di errore.
Le caratteristiche delle HRO, e quindi i punti chiave su cui si focalizzano, sono:
• attenzione per i fallimenti: le HRO non possono imparare dai propri fallimenti poiché, quando questi si
verificano hanno effetti irreversibili (perdita di vite umane, disastri ambientali ecc). Esse si focalizzano sui
guasti prima che un evento dannoso si verifichi, incoraggiando una cultura di riporto e di discussione critica
attorno agli errori ed ai mancati incidenti, affinché sia possibile apprendere da situazioni di errori marginali e
prevenire che questi diventino di portata maggiore;
• attenzione al dubbio ed allo scetticismo operativo : le HRO sono orientata a mantenere una costante apertura
allo scetticismo nei confronti della routine amministrava, favorendo la presenza di comitati di controllo, la job
rotation e l'impiego di risorse umane che siano in grado di apportare nuove esperienze e professionalità;
• sensibilità operativa: capacità delle HRO di preservare una attenzione vigile sulle operazioni, gestendolo con
aggiustamenti continui che impediscono a piccoli errori di sommarsi e innescare eventi catastrofici;
• resilienza: capacità di rimanere flessibili in relazione alle varianze ambientali. Implica la capacità delle HRO di
gestire il problema imprevisto efficacemente e in tempo reale, nel momento stesso in cui esso si verifica;
• fluidità del decision making: il processo decisionale migra verso la persona con la conoscenza unica e
necessaria per affrontare la complessità della situazione data.
Le prime tre sono di prevenzione/anticipazione, le ultime due di contenimento-azione.

6. Differenza qualità totale e certificazione


Il concetto di qualità totale (Total quality management - TQM) ha avuto un ampia diffusione a partire dalla fine degli
anni ’80, come estensione della logica del quality assurance, anche in relazione al successo delle aziende giapponesi
che, fin dagli anni ‘50, avevano investito sulla qualità come obiettivo strategico. La qualità totale dunque non si limita
al controllo di qualità o alla qualità di prodotto, ma coinvolge la qualità della progettazione, dei propri
approvvigionamenti, delle attività produttive, della distribuzione, del rapporto con il cliente e aperta ad una prospettiva
di sostenibilità. Oltretutto, integra e comprende un insieme di attività caratteristiche della gestione delle imprese
industriali: la garanzia o certificazione della qualità da parte dei fornitori, la corretta gestione delle risorse e
l’ottimizzazione del processo produttivo, il controllo totale e preventivo di qualità sui prodotti, il livello del servizio nei
processi logistici a valle, la corretta gestione del rapporto contrattuale con il cliente, ecc.
La qualità totale dovrebbe garantire contestualmente l’efficacia e l’efficienza della gestione aziendale lungo tutta la
catena del valore e la soddisfazione del cliente. Dal momento che ciò richiede la flessibilità adattiva del sistema di
produzione alle richieste provenienti dal mercato, spesso il TQM è stato associato al JIT.
Il controllo sulla qualità dei processi (TQM) si presenta centrato sulla prevenzione più che sull'intervento a posteriori,
esteso a tutte le funzioni aziendali e non alla sola fabbrica, basato su parametri definiti dai consumatori e non solo dai
tecnici.
7. Costo qualità
Il vantaggio competitivo risiede nell’uso congiunto di questi strumenti in una strategia complessiva finalizzata
all’integrazione tra esigenze della clientela, progettazione del prodotto e caratteristiche del processo, in una prospettiva
di miglioramento continuo.
L’intervento sui processi operativi è alla base della strategia della qualità totale in quanto:
• la qualità deve essere continuamente migliorata per mettere in evidenza ed eliminare le anomalie che
emergono nei processi produttivi. Non bastano gli interventi di emergenza a coprire punte di difettosità;
• il processo di miglioramento della qualità può essere sviluppato senza aumentare il livello di costi, anzi
riducendolo.
La qualità permette di migliorare la produttività dei processi. Migliorare la qualità non significa innalzare anche i costi.
Esistono 4 grandi categorie di costi della qualità:
1. Costi di ispezione: costi per la sorveglianza sul livello qualitativo dei prodotti, dalla sorveglianza dei fornitori
alle ispezioni di fine prodotto;
2. Costi di prevenzione: costi volti a minimizzare l'insorgere di problemi qualitativi;
3. Costi interni della difettosità: costi dovuti a intoppi quali scarti, rilavorazioni, scorte extra;
4. Costi esterni della difettosità: costi della qualità che si verifica nelle mani del cliente (non sempre si
trasformano in costi effettivi), dai reclami ai costi di garanzia, al cambio della preferenza della marca;

Modulo di approfondimento

Domande su open innovation

1. Descrivere il modello di Lewin con particolare riferimento all’open innovation


Nel modello di Lewin il concetto di cambiamento assume un’importanza centrale, il cambiamento organizzativo è lento
ma radicale. Punto centrale è il riassetto delle strutture cognitive delle persone che prende forma di “replacement”
culturale rispetto allo status quo.
Gli elementi di base del cambiamento di Lewin sono:
• field theory
• dinamiche di gruppo
• action research
• 3 steps model, rappresentato da unfreezing, move e refreezing.
Attraverso 3 steps model infatti si manifestano i concetti di field theory, dinamiche di gruppo e l’action research.
a) Unfreezing, le persone nell’organizzazione interagiscono in una situazione di influenza reciproca, il
comportamento umano è condizionato dai processi di apprendimento che si rafforzano attraverso le esperienze
passate e le influenze culturali. Pertanto le dinamiche di gruppo sono il focus del cambiamento poiché
apportano cambiamenti più forti rispetto a cambiamenti apportati dagli individui singoli, il cui comportamento
è difficilmente modificabile se non accompagnato anche da cambiamenti nel gruppo.
Uno dei presupposti per l’inizio del cambiamento organizzativo è nella fase di unfreezing.
È una metafora dello scongelamento riferito al processo di ristrutturazione cognitiva. Quindi, si attua un
disapprendimento delle attuali comportamenti in uso che dovrebbero essere sostituiti dai nuovi assunti, valori e
comportamenti. Si parla di una destabilizzazione dello status quo, dell’attuale modo di operare. Processo
cognitivo. Pertanto tale fase suscita delle reazioni emotive nelle persone con l’acquisizione successiva della
necessità di apprendere i nuovi assunti e valori si prosegue con un action planning per risolvere o alleggerire le
varie problematiche che emergono di volta in volta.
b) Moving, La fase precedente non è fine a se stessa ma crea la motivazione al cambiamento in una spirale di
passaggi, ognuno dei quali composto da un cerchio di pianificazione, azione e ricerca del risultato e
dell’azione. Tale cambiamento riguarda due attività:
- action taking, costituito dai processi di goal setting e goal striving, ossia implementazione delle azioni scelte,
che fornisce una mappa per gestire il cambiamento
- evaluation, ricerca e valutazione dei risultati prodotti e il processo di apprendimento conseguente.
Il cambiamento in Lewin è meno meccanico ma è complesso e non totalmente prevedibile o pianificato, in
quanto muove da uno stadio stabile a un altro. Un processo di apprendimento lento, graduale e complesso, ma
che in caso di crisi organizzativa le varie forze in campo possono cambiare rapidamente e radicalmente.
c) Refreezing, è la fase di rafforzamento del nuovo modello culturale, finalizzato allo stabilimento del gruppo in
un nuovo equilibrio per garantire nuovi comportamenti evitando percorsi di regressione.
I nuovi comportamenti devono essere allineati all’intera organizzazione poiché fino a quando le norme e
routine non sono collettivamente accettate e praticate il cambiamento non è sostenibile nel medio-lungo
periodo.
Il modello di Lewin rivisto in ottica di innovazione aperta deve tenere in considerazione la complessità del progetto,
in quanto molte dinamiche non sono controllabili dal management, il quale deve coordinare un team esteso per
finalizzare il progetto. La capacità di assorbimento e la “sindrome del non inventato qui” (NIHs) rappresentano due
elementi chiave anche per quanto riguarda l’unfreezing nei progetti di innovazione più aperta in maniera più estesa che
nei progetti di innovazione tradizionale.
Le persone dovrebbero avere una mentalità più aperta alle idee provenienti dall’esterno rimuovendo la presunzione che
le idee interne siano superiori. Ciò si ricollega all’innovazione vera e propria del moving, dove l’organizzazione
richiede di nuove competenze, provenienti sia dall’interno che dall’esterno attraverso la facilitazione del processo di
innovazione, abilitata da approcci di leadership e dall’uso di piattaforme tecnologiche, sia di R&S che di progettazione
o marketing, che supportano l’insieme di azioni e contenuti generati dall’esterno, coinvolgendo partner, utenti e altre
parti interessate.

2. Specificare in breve le differenze tra crowdsourcing e user innovation


Crowdsourcing è un esempio di open innovation, ovvero un business model in cui un’azienda esternalizza una parte
della propria attività di ricerca a un vasto insieme di persone anche clienti (crowd) in un ambiente digitale attraverso la
forma di bando pubblico (wikipedia).
Può avere varie forme:
- comunity-based, il pubblico può partecipare alla realizzaizone di nuovi design
- brokeraggio tecnologico, che è finalizzato alla risoluzione di un problema scientifico/tecnologico grazie alla messa in
contatto con una community di solvers che offre soluzioni, dietro attribuzione e pagamento di denaro.
Nel caso di user innovation, invece, i confini organizzativi si aprono includendo il cliente finale all’interno del processo
di innovazione inserendo la sua conoscenza tacita ed esplicita a supporto dell’innovazione così da accelerare il ciclo di
sviluppo, ottimizzando e semplificando le fasi di processo che richiedono confronti con i target di mercato. Infatti i
clienti finali sono a diretto contatto con il team di sviluppo, fornendo loro feedback necessari.

3. Descrivere Not invented Here Syndrome (NiHs) specificandone la dimensione di spazio geografico e competenza
tecnica
È il concetto di resistenza, cioè la tendenza di un individuo o gruppo di credere di possedere un monopolio della
conoscenza nel proprio campo, che lo porta a rifiutare nuove idee.
Si tratta di un meccanismo di difesa dello status quo o resistenza al cambiamento, espresso attraverso un pregiudizio nei
confronti della conoscenza “esterna” dell’organizzazione.
Quindi si configura come un atteggiamento di resistenza rispetto un processo di innovazione aperta, che si esprime
attraverso:
• la valutazione negativa è dovuto all’autodifesa dell’io, che include atteggiamenti di negazione, protezione e
repressione.
• rafforzamento dei valori individuali attraverso la difesa di particolari idee che possono divergere da quelle che
provengono da una fonte esterna anche se sostanzialmente più efficaci
• funzione sociale, le persone tentano di legittimare la propria posizione sociale e integrarsi all’interno del
gruppo
• tali atteggiamenti forniscono una struttura per l’organizzazione della conoscenza, perché aiutano gli individui a
semplificare ed organizzare la percezione e valutazione di informazioni in situazioni complesse ed ambigue,
ciò rappresentano un punto di riferimento. Mettere in discussione tale stabilità, quando un atteggiamento non è
più funzionale a risolvere una situazione rappresenta una minaccia per la persona.
• NiHs è utile dal momento che i dipendenti sono incentivati a sviluppare nuove idee o soluzioni tecnologiche,
Gli atteggiamenti orientati all’innovazione “in house” garantiscono outcome tangibili, ma anche intangibili e di
status (prestigio e motivazione per il riconoscimento dei pari) agli sviluppatori. Le idee vincenti sono respinte
perché spesso i dirigenti non hanno alcun incentivo ad adottarle.

4. Con riferimento alla catena del valore specificare quali sono gli elementi che caratterizzano una struttura
organizzativa orientata all’open source
La catena del valore di Porter descrive l’impresa come un’inseme di:
• attività primarie , creazione e vendita del prodotto
• attività di supporto, sviluppo tecnologico, acquisti e risorse umane.
In concorrenza con le altre organizzazioni in termini di differenziazione, costo e focalizzazione.
Tale definizione però in ottica di open innovation non è più sufficiente, dal momento che i nuovi modelli di business
superano l’integrazione verticale avendo come riferimento l’innovazione aperta e la condivisione della creatività
collettiva. Tale fenomeno è chiamato “servitization”.
L'integrazione verticale interna è supportata da:
• logiche orizzontali
• apertura dei confini organizzativi, che permette una più ampia interazione con gli attori dell’ambiente esterno
(partner, concorrenti, fornitori, università e altre organizzazioni del settore terziario)
In tale visione si parla di network anziché singola organizzazione.
In tal modo è possibile configurare una chain value anche su:
• processi di co-creazione e di “user innovation”, le aziende possono far leva sugli utenti e gli stakeholders per
trarre vantaggio dall’innovazione più aperta, infatti tali processi si caratterizzano per la collaborazione di due o
più parti nello sviluppo dell’innovazione e comporta afflussi di conoscenza in entrata e in uscita tra i vari
partner complementari. Simile a questo processo c’è l’user innovation, basato sull’interazione intensificata con
i clienti che assumono al contempo il ruolo di inventori e adottanti. Ciò produce un miglioramento
dell’innovazione dei servizi. I clienti svolgono un ruolo attivo, oltre al feedback, hanno la possibilità di
suggerire, o addirittura sviluppare i propri servizi o contenuti e collaborare con gli utenti nell’esplorazione
all’esterno di nuove conoscenze.
• Processi di gestione delle piattaforme abilitanti, le forme di innovazione aperta si basano su piattaforme
tecnologiche in grado di innovare lo stesso modello di business, considerando le economie di scala e di scopo
nei loro processi produttivi, che sono vantaggi economici da sfruttare.
• Processi di apertura: l’innovazione aperta è volta ad accelerare l’innovazione dei servizi e il loro arrivo al
mercato, sfruttando i processi inbound o outbound.
- si ha inbound open innovation quando si adottano innovazione provenienti da fonti esterne, cioè generate da
fornitori, clienti o università
- si ha outbound open innovation quando si trae profitto dal portare idee o tecnologie sul mercato attraverso
percorsi che si trovano al di fuori dei confini aziendali, quindi traendo sia vantaggi economici in termini di
royalties della tecnologia sviluppata che vantaggi strategici, in quanto ciò permette all’azienda di esplorare
nuovi mercati in cui applicare la nuova tecnologia, garantendosi un probabile successivo leadership
tecnologica di prodotto.
• Stakeholders o network management, gestire le relazioni attinenti ai partner del processo innovativo.

5. il ruolo della tecnologia nell'ambito dell'open innovation e del change management


La tecnologia è un fattore chiave, che permette e facilita il cambiamento.
Le ICT (tecnlogie dell’informazione della comunicazione) sono in grado di supportare i processi aziendali favorendo
una migliore gestione del flusso informativo sotto differenti aspetti, dalla maggiore velocità di circolazione
dell'informazione all'abbattimento dei costi e tempi necessario per gestione. E ciò influenza positivamente i risultati del
processo.
Effetti delle ICT possono essere imprevisti se non è interpretata come strumenti volti alla riprogettazione organizzative
al miglioramento delle condizioni di lavoro delle risorse umane, opportunamente formate per svolgere nuovi compiti o
mansioni.

6. stile di leadership condivisa con esempi nell'ambito dell'open innovation


Emerge quando tutti i componenti di un team sono pienamente coinvolti nel processo decisionale, influenzandosi
reciprocamente in una continua alternanza della posizione di capo e di follower, a seconda delle contingenze del
contesto.
Nel processo di gestione dell'innovazione la leadership condivisa non è infrequente, infatti per esempio una decisione
riguardo un nuovo prodotto/servizio/processo dipende dalla competenza di un gruppo o di un individuo ancor prima che
da un capo.
Il modo attraverso cui si producono i contenuti su ambienti wiki (ad esempio Wikipedia) rappresenta un caso di
leadership condivisa: sono i contributori a creare e decidere come rendere progressivamente validi, e quindi definitivi, i
contenuti inseriti.
La leadership nell’Innovazione aperta si caratterizza per velocizzare il processo innovativo attraverso l’acquisizione di
risorse (tecnologie e brevetti, start up) o la loro cessione verso l’esterno. L’apertura all’ambiente, rispetto al modello
tradizionale, condiziona anche la configurazione e i ruoli del team (leaders e members).
Considerando l’inbound open innovation, essa necessita della capacità di gestire relazioni deboli, nodi poco connessi e
legami poco coesi, che favoriscono la creatività e la motivazione alla ricerca di nuova conoscenza per l’organizzazione,
rispettando comunque i deadline. Il capo quindi deve gestire un processo di strutturazione e direzione delle attività che
richiede un comportamento tipicamente direttivo, dal momento che le nuove idee devono ancorarsi all’interno
dell’organizzazione.
Il capo del team adibito deve mantenere un bilanciamento tra una fase di ricerca creativa e una fare più razionale di
combinazione di istruzioni, direttive e obiettivi, cioè un mix di comportamenti ambidestri sia explorative che
exploitative. I processi di inbound quindi possono assumere anche stili di leadership shared, dal momento che il potere
decisionale, all’interno di schemi e regole chiare, passa dall’organizzazione agli stakeholder in una logica distribuita.

7. Economie di scala e di scopo nell'open innovation


Le organizzazioni puntano a sviluppare ed usare piattaforme e a progettare famiglie di output correlati a una
piattaforma, considerando le economie di scala e di scopo nei loro processi produttivi. Sfruttare questi due vantaggi
economici significa operare con logiche di innovazione aperta.
Da un alto le piattaforme tecnologiche possono sfruttare le economie di scala, infatti condividendo le stesse proprietà
dell’impianto di produzione all’aumentare delle transazioni l’incidenza del costo medio di transazione diminuisce
(economie di scala di I livello). Per la produzione esiste un limite di capacità produttiva, dove superato un limite i costi
medi di produzione crescono, mentre ciò non esiste per i servizi.
Per quanto riguarda le economie di scala di II livello, l’incremento delle transazioni produce un aumento della
conoscenza e delle informazioni, che si possono spalmare sulle ulteriori transazioni aggiuntive.
Per esempio, il collaborative filtering di Amazon Elastic Compute Cloud (EC2), produce economie di scala di II livello,
in un processo trasparente dove le informazioni generate passivamente dall’utente, attraverso i suoi acquisti, sono messe
a disposizione dal sistema alla community per fornire supporto ad altri utenti, facendo suggerimenti e spunti per
ulteriori acquisti incrociati (cross-selling).
Le economie di scopo si realizzano quando è conveniente congiungere la produzione di diversi beni, o l’erogazione di
diversi servizi. Le economie di scopo infatti sono caratterizzate dalla capacità di ampliare la diversificazione e
l’ampliamento della gamma di prodotti, grazie alla possibilità di usare una piattaforma unica, abbattendo i costi di
produzione.
Amazon Elastic Compute Cloud (EC2) fornisce modelli standard di impostazione delle pagine web per l’e-commerce,
che i venditori affiliati a tale piattaforma possono applicare in modalità infinita ai differenti prodotti che intendono
vendere.

8. Cloud computing
È un insieme di risorse gestite da terze parti che risiedono in data-center (internet service provider di V generazione) a
cui si può accedere tramite internet e che ospita sistemi hardware e software, fornendo risorse e servizi IT su richiesta
del cliente.
Attraverso l’approccio cloud i dati vengono immagazzinati esternamente su internet e sono poi distribuiti tra i diversi
data-center in una modalità “on demand”.
L’infrastruttura di elaborazione dati (server, dispositivi di memorarizzazione e banda di trasmissione per il traffico dati)
può essere impegnata e presa dalla nuvola-internet (cloud), sfruttata secondo le esigenze richieste e poi rilasciata e
rimessa a disposizione della nuvola in tempo reale.
Esistono quattro tipologie di cloud computing:
• cloud pubblici, servizi forniti come pubblico, un vantaggio chiave è nessun investimento di capitale iniziale per
le infrastrutture e spostamento dei rischi ai fornitori di infrastrutture. Tuttavia non permettono un controllo sui
dati, sullla rete e sulle impostazioni di sicurezza.
• cloud privati, progettato per uso esclusivo di una organizzazione e possono essere costruiti e gestiti oltre che da
fornitori esterni anche dall’organizzazione. Esso offre un alto grado di innovazioni software e sembra simile,
anche dal punto di vista iniziale, ad altri server proprietari tradizionali.
• cloud ibridi, combinazione dei modelli di cloud pubblici e privati, la parte dell’infrastruttura eseguita in cloud
privati e la restante parte in cloud pubblici, ciò permette una magiore flessibilità ma un maggiore controllo e
sicurezza rispetto ai cloud pubblici
• virtual private cloud (VPC) è una piattaforma che gira in cloud pubblic e sfrutta la tecnologia di rete privata
virtuale (VPN) che permette ai service provider di progettare le proprie impostazioni di tecnologia e di
sicurezza, come regole del firewall.

9. Il business process management BPM


BPM è una configurazione organizzati alternativa alla matrice ma anche complementare. Ha lo scopo di ridurre la
dipendenza delle attività delle strutture funzionali e dipartimentali tradizionali e verticali.
Parte da una struttura a matrice ed è una implementazione di essa. Il processo, un insieme di attibità organizzativa per
trasformare input in output caratterizzati da:
• rivolti a clienti, output collegati a destinatari identificabili
• priorità dell’esigenza specifica delle attività rispetto i ruoli organizzativi, che diventano subordinati per le
esigenze di processo finalizzati al risultato.
Un processo può riguardare tutto il ciclo che porta il prodotto dal disegno al cliente fino alla post vendita.
Il coordinamento viene gestito dal process owner, il responsabile di processo che interagisce direttamente con il team
per la sua realizzazione.
Il team, coinvolto ha una sua visione d’insieme piuttosto che una focalizzazione su specifici compiti. Distinguiamo 2
tipologie di processi:
✗ processi manageriali
✗ processi operativi

Altre possibili domande


ECR
Caratteristiche del S.I.
Long tail
Vantaggi nell’approccio integrato
Cross docking

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