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La statica grafica degli archi

L’arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze impero chè l’arco negli edifici è composto di
due quarti di circulo, i quali quarti circuli ciascuno debolissimo per sé desidera cadere e oponendosi alla
ruina l’uno dell’altro, le due debolezze si convertono in un’unica fortezza”
(Leonardo da Vinci)

DEFINIZIONE E NOMENCLATURA
L'arco, in architettura, è un elemento strutturale a forma curva che si appoggia su due spalle (o piedritti). È
costituito normalmente da conci, cioè pietre tagliate a forma trapezoidale (o da laterizio), i cui giunti sono
disposti in maniera radiale verso un ipotetico centro. L'arco è una struttura bidimensionale e viene spesso
utilizzato per sovrastare aperture.

FUNZIONAMENTO

L’arco è sottoposto ad azioni verticali di peso (peso


proprio e peso portato) e grazie alla sua conformazione
trasmette queste forze alle spalle verticali con direzioni
inclinate, ogni elemento dell’arco è sollecitato solo a
compressione. Poiché il concio di chiave non può traslare
verso il basso, a causa della presenza dei conci adiacenti,
scarica il suo peso su di essi che a loro volta lo
trasmettono, sommandovi il proprio, al concio successivo,
fino alle spalle. Le forze inclinate originate dal mutuo
contrasto tra i conci determinano quindi una risultante
totale, anch'essa inclinata, che una volta trasmessa alle
spalle si scompone in una componente verticale e una
orizzontale. Quest'ultima componente rende l'arco un
sistema spingente, in quanto le spalle tendono a ribaltarsi
verso l'esterno per effetto di tale forza.
LE TEORIE STATICHE DELL’ARCO DI DE LA HIRE
I primi contributi significativi alla teoria statica dell’arco sono dovuto a De La Hire. L’arco viene studiato
come una macchina in grado di spiegare l’equilibrio, considerando i conci come porzioni di cunei insistenti
su letti di malta.
Ipotesi
- Assenza di deformabilità: trascurabile in prima approssimazione;
- Assenza di attrito: aspetto molto importante, per il quale la teoria entra in contraddizione.
Problemi affrontati
1) L’equilibrio di un arco è indipendente dai suoi piedritti.
De la Hire considera l’arco come una fune rovesciata, i cui elementi sono compressi e non tesi

2) La determinazione della larghezza dei piedritti in funzione delle spinte provenienti dalla volta
De la HIre accenna ad un primo esempio di calcolo a rottura, proponendo un meccanismo di collasso ed
esprimendone l’equilibrio. Il modello considerato ha alcune imperfezioni che verranno riprese da altri
studiosi.
RICONDUZIONE DELL’ARCO AD UN SISTEMA DI ASTE E CERNIERE SECONDO
MASCHERONI
Si analizzano ora due trattazioni che riconducono un arco ad un sistema di aste e cerniere a seconda della
geometria dell’elemento. In particolari si distinguono due casi, il tetto quadrangolare e il tetto pentagono.

1) Tetto quadrangolare
Si consideri il seguente sistema di aste e cerniere detto tetto quadrangolare:

Ipotizzando note le lunghezze delle aste si procede alla verifica delle condizioni di equilibrio del sistema in
funzione dell’angolo α, considerando agenti i carichi concentrati 𝑄𝐴 = 𝑄𝐸 e 𝑄𝐵 = 𝑄𝐷 applicate nei diversi
vertici e derivanti, ad esempio, dal peso delle membrature AB, BD, DE:

Essendo la struttura simmetrica si procede a descrivere l’equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale
della sola porzione sinistra, l’analogo sarà per la porzione destra.
𝐻𝐴 = 𝑄𝐵 tan 𝛼

𝑉𝐴 = 𝑄𝐴 + 𝑄𝐵

Questa premessa, applicata al problema del calcolo a rottura degli archi, ci permette di affermare che il
meccanismo di collasso ideato De la Hire, secondo il quale l’arco superiore BCD discende tutto di un pezzo,
spostando, con le sue spinte laterali, i piani Bb Dd ha certamente attinenza al problema del tetto
quadrangolare ABDE sopra considerato.

Le condizioni limiti di equilibrio, osservando l’immagine, riguardano dunque la verifica allo scorrimento
della base Aa e della base Ee sul piano di appoggio scabro e la verifica al ribaltamento intorno ai punti
estremi A ed E. In pratica si deve verificare che le basi d’appoggio dell’arco non scorrano e non tendano ad
alzarsi.
Si consideri ora la seguente figura:
Dove:
𝑄𝑜 il peso del solido AaBb applicato nel suo baricentro O;

𝑄𝐺 il peso del solido BbCc applicato nel suo baricentro G;


Si consideri:
𝑄𝐺 = 𝑄𝐵 , 𝑄0 = 𝑄𝐴

Si impone l’equilibrio alla traslazione, ottenendo:


𝐾𝛺
𝐻𝐴 = 𝑄𝐺 tan 𝛼 = 𝑄𝐺 = 𝐻𝐵
𝐵𝐾
𝑉𝐴 = 𝑄0 + 𝑄𝐺
Una volta note le reazioni vincolari, si può passare alla verifica allo scorrimento e al ribaltamento.
La verifica allo scorrimento si ha se:
𝐻𝐴 = 𝑓𝑠 𝑉𝐴

Mentre l’equilibrio al ribaltamento si ha imponendo l’equilibrio alla rotazione in A:


𝑄𝑂 𝐴𝑇 + 𝑄𝐺 𝐴𝑀 − 𝐻𝐵 𝐵𝑀 = 0

Sostituendo ora il valore delle reazioni vincolari nelle due equazioni di equilibrio al ribaltamento e allo
scorrimento, si ottiene:

𝐴𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑡𝑒 = 𝐴𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑙𝑒𝑐𝑖𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒


𝐾Ω
𝑓𝑠 𝑄0 = 𝑄𝐺 ( − 𝑓𝑠 )
𝐵𝐾
𝐴𝑇 𝐾Ω 𝐴𝑀
𝑄0 = 𝑄𝐺 ( − )
𝐵𝑀 𝐵𝐾 𝐵𝑀
2) Tetto pentagono
Si consideri il seguente sistema di aste e cerniere detto tetto pentagono:

Ipotizzando note le lunghezze delle aste si procede alla verifica delle condizioni di equilibrio del sistema in
funzione degli angoli α e β, considerando agenti i carichi concentrati 𝑄𝐴 = 𝑄𝐸 , 𝑄𝐵 = 𝑄𝐷 , 2𝑄𝐶 applicati
nei diversi vertici e derivanti, ad esempio, dal peso delle membrature AB, BC, CD, DE:

Essendo la struttura simmetrica si procede a descrivere l’equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale
della sola porzione sinistra, l’analogo sarà per la porzione destra.

𝐻𝐴 = (𝑄𝐵 + 𝑄𝐶 ) tan 𝛼
𝑉𝐴 = 𝑄𝐴 + 𝑄𝐵 + 𝑄𝐶
Si osserva che:
𝑄𝐶 tan 𝛽 = (𝑄𝐵 + 𝑄𝐶 ) tan 𝛼
E ricordando che:
2𝑄𝐶 = 𝑄𝐵
considerando le aste uguali ed omogenee, la condizione di equilibrio può essere espressa come:
tan 𝛽 = 3 tan 𝛼

Questa premessa, applicata al problema del calcolo a rottura degli archi, ci permette di affermare che il
meccanismo di collasso, secondo il quale avviene l’apertura nelle sezioni Bb, cC, Dd con lo schema mostrato
in figura, ha certamente attinenza al problema del tetto pentagono ABCDE sopra considerato.

Le condizioni limiti di equilibrio, come in precedenza, riguardano la verifica allo scorrimento della base Aa e
della base Ee sul piano di appoggio scabro e la verifica al ribaltamento intorno ai punti estremi A ed E.,
ovvero si deve verificare che le basi d’appoggio dell’arco non scorrano e non tendano ad alzarsi.
Si consideri ora la seguente figura:
Dove:
𝑄𝑜 il peso del solido AaBb applicato nel suo baricentro O;

𝑄𝐺 il peso del solido BbCc applicato nel suo baricentro G;


Si inizia considerando le seguenti relazioni, al fine di migliorare la comprensione dei passaggi successivi e
ricollegarci al problema del tetto pentagono:
𝑇𝑀 𝐴𝑇 𝑅𝐾 𝐵𝑅
𝑄𝐴 = 𝑄0 ; 𝑄𝐵 = 𝑄0 + 𝑄𝐺 ; 𝑄𝐶 = 𝑄𝐺
𝐴𝑀 𝐴𝑀 𝐵𝐾 𝐵𝐾

𝐵𝐾 𝐴𝑀
tan 𝛽 = tan 𝛼 =
𝐶𝐾 𝐵𝑀

In maniera analoga a quanto fatto per il tetto quadrangolare si impone l’equilibrio alla traslazione, ottenendo:
𝐵𝑅 𝐵𝐾
𝐻𝐴 = 𝑄𝐶 tan 𝛽 = 𝑄𝐺
𝐵𝐾 𝐶𝐾
𝑇𝑀 𝐴𝑇 𝑅𝐾 𝐵𝑅
𝑉𝐴 = 𝑄𝐴 + 𝑄𝐵 + 𝑄𝐶 = 𝑄0 + 𝑄0 + 𝑄𝐺 + 𝑄𝐺
𝐴𝑀 𝐴𝑀 𝐵𝐾 𝐵𝐾
Una volta note le reazioni vincolari, si può passare alla verifica allo scorrimento e al ribaltamento.
La verifica allo scorrimento si ha se:
𝐻𝐴 = 𝑓𝑠 𝑉𝐴

Mentre l’equilibrio al ribaltamento si ha imponendo l’equilibrio alla rotazione in A:

𝐵𝑅 𝐵𝐾 𝐴𝑇 𝑅𝐾 𝐵𝑅 𝐴𝑀
𝑄𝐺 = (𝑄0 + 𝑄𝐺 + 𝑄𝐺 )
𝐵𝐾 𝐶𝐾 𝐴𝑀 𝐵𝐾 𝐵𝐾 𝐵𝑀

Riscrivibile come:
𝑄𝐶 tan 𝛽 = (𝑄𝐵 + 𝑄𝐶 ) tan 𝛼

Sostituendo ora il valore delle reazioni vincolari nelle due equazioni di equilibrio al ribaltamento e allo
scorrimento, si ottiene:
𝐴𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑡𝑒 = 𝐴𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑙𝑒𝑐𝑖𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒
𝐵𝑅
𝑓𝑠 𝑄0 = 𝑄𝐺 ( − 𝑓𝑠 )
𝐶𝐾
𝐴𝑇 𝐵𝑅 𝐴𝑀
𝑄0 = 𝑄𝐺 ( − )
𝐵𝑀 𝐶𝐾 𝐵𝑀

Osservazione 1
Nonostante questo modo di procedere oggi possa essere considerato inusuale, entrambe le equazioni hanno
un’immediata applicabilità, infatti senza bisogno di calcoli, il progettista poteva misurare sul disegno la
geometria dell’arco ed utilizzare abachi che suggerivano i pesi Q e la posizione dei baricentri, riuscendo così
a verificare in maniera immediata la resistenza dell’arco.

Osservazione 2
Si osservi come la seconda delle due equazioni, riferite ai due meccanismi di collasso, che definiscono
l’equilibrio dell’arco, sono in tutto uguali eccetto che per il primo termine fra parentesi. Nel primo caso si ha
𝐾Ω 𝐵𝑅 𝐴𝑇
mentre nel secondo . Sulla base di ciò il Mascheroni afferma che una volta trovata la forza 𝑄0 ,
𝐵𝐾 𝐶𝐾 𝐵𝑀
uguale in tutte e due le equazioni, se si verifica che:

𝐵𝑅 𝐾Ω
>
𝐶𝐾 𝐵𝐾

Seguirà un collasso del tipo tetto pentagono, se invece si verifica che:

𝐵𝑅 𝐾Ω
<
𝐶𝐾 𝐵𝐾

Seguirà un collasso di tipo tetto quadrangolare, il quale si verificherà anche nel caso limite:

𝐵𝑅 𝐾Ω
=
𝐶𝐾 𝐵𝐾

In quanto in tale caso non ci sarebbero ragioni sufficienti perché i due pezzi BbCc, CcDd eseguano un moto
di rotazione, ed il centro G si sposti orizzontalmente.
Riassumendo, si quindi che confrontando questi due rapporti fra lunghezze si può individuare il tipo di
collasso, ovvero il problema diventa di tipo geometrico e di facile risoluzione
METODO GRAFICO DI MÉRY
Lo studio degli archi in muratura può essere condotto anche mediante il metodo grafico, proposto da
Édouard-Henry-François Méry nel 1840, basato sulla statica grafica. Il metodo si applica quando sono
soddisfatte le seguenti ipotesi:
- L’arco è a tutto sesto e di spessore costante;
- E' valido il meccanismo di rottura di Lorenzo Mascheroni (1785), ovvero che le lesioni si formano
all’intradosso in chiave e all’estradosso ai reni;
- L’arco deve avere luce non eccessiva (indicativamente, non oltre 8-10 m);
- L’arco deve essere costituito da un materiale omogeneo approssimabile con un corpo rigido;
- I carichi agenti devono essere simmetrici rispetto all’asse di simmetria
Si consideri il seguente esempio:
Si vuole verificare, mediante il metodo grafico di Méry, un arco a tutto sesto in calcestruzzo (γcls=24 kN/m3),
dello spessore di 50 cm, di luce L=5.00 m, con sovrastante muratura in mattoni (γm=18 kN/mc) dello
spessore di 45 cm.

SOLUZIONE:
La posizione dell’arco da verificare è quella compresa nel settore fra 30º e 90º, che viene suddiviso in 5
conci di ampiezza costante. La porzione al di sotto della lesione alle reni è considerata solidale con il
piedritto (autoportata).
Si procede a calcolare il peso proprio dei singoli conci e si riportano in scala in corrispondenza dei
baricentri.
Area del singolo:

𝑅𝑒2 − 𝑅𝑖2
𝐴=𝜋
𝑁𝑐𝑜𝑛𝑐𝑖
3.002 − 2.502
𝐴=𝜋 = 0.287𝑚 2
360°/12°

Peso del singolo concio:

𝑊 = 𝑉 · γ𝑐𝑙𝑠 = (0.287 ∗ 0.45) ∗ 24 = 3.10𝑘𝑁

Si calcola ora il carico agente su ciascun concio, dovuto alle cinque porzioni di muratura che gravano
sull'arco. Tali porzioni possono essere assimilate a trapezi rettangoli. Le forze agenti possono essere
applicate approssimativamente lungo l'asse di mezzeria verticale di ogni striscia.

0.70 + 0.77
𝐴1 = 0.62 = 0.46𝑚 2
2

𝑃1 = 𝑉1 γ𝑚 = (0.46 ∗ 0.45) ∗ 18 = 3.73𝑘𝑁

0.77 + 0.96
𝐴2 = 0.60 = 0.52𝑚 2
2

𝑃2 = 𝑉2 γ𝑚 = (0.52 ∗ 0.45) ∗ 18 = 4.22𝑘𝑁

0.96 + 1.27
𝐴3 = 0.54 = 0.60𝑚 2
2

𝑃3 = 𝑉3 γ𝑚 = (0.60 ∗ 0.45) ∗ 18 = 4.86𝑘𝑁

1.27 + 1.69
𝐴4 = 0.47 = 0.70𝑚 2
2

𝑃4 = 𝑉4 γ𝑚 = (0.70 ∗ 0.45) ∗ 18 = 5.67𝑘𝑁

1.69 + 2.20
𝐴5 = 0.37 = 0.72𝑚 2
2

𝑃5 = 𝑉5 γ𝑚 = (0.72 ∗ 0.45) ∗ 18 = 5.83𝑘𝑁


Si compone il peso W di ciascun concio con il peso di ciascuna striscia di muratura. La posizione della
risultante viene determinata mediante apposita costruzione grafica (rappresentazione in scala del peso proprio
del concio e del carico agente sul concio nei rispettivi baricentri, tracciamento delle diagonali al fine di
combinare i 2 rispettivi pesi e trovare il punto di applicazione della risultante).

𝑅1 = 𝑃1 + 𝑊 = 3.73 + 3.10 = 6.83 𝑘𝑁

𝑅2 = 𝑃2 + 𝑊 = 4.22 + 3.10 = 7.32 𝑘𝑁

𝑅3 = 𝑃3 + 𝑊 = 4.86 + 3.10 = 7.96 𝑘𝑁

𝑅4 = 𝑃4 + 𝑊 = 5.67 + 3.10 = 8.77 𝑘𝑁

𝑅5 = 𝑃5 + 𝑊 = 5.83 + 3.10 = 8.93 𝑘𝑁


Al fine di individuare la posizione della risultante R, si utilizza il metodo del poligono funicolare o poligono
delle forze. Si assume un polo arbitrario H e si mettono in successione verticalmente i vari pesi in scala
opportuna. Si congiunge come mostrato in figura:

Ora per trovare la direzione della risultante di tutti i pesi è necessario scegliere un punto a piacere P e tracciare
la parallela ad a fino ad incontrare la direzione del vettore forza R1, successivamente si procede a tracciare la
parallela a b fino ad intersecare la direzione del vettore R2, si procede nello stesso modo con i successivi.
Ora, prolungando le rette a ed f si trova un punto P’ che rappresenta il punto per cui passa l’asse della risultante
delle forze R.
Dividiamo lo spessore dell'arco in tre parti (terzo medio). Per l'equilibrio dell'arco, la risultante R si scompone
secondo due forze aventi direzioni passanti per il terzo medio superiore in chiave e per il terzo medio inferiore
alle reni. La prima direzione per cui passa la forza Rc è nota in quanto orizzontale, l'altra per cui passa la forza
Rr si ricava una volta trovato il punto di intersezione G con la risultante R.

Si procede dunque a riportare le direzioni ricavate precedentemente, andando così ad individuare le rispettive
forze Rc e Rr .
Una volta determinati i valori di Rc e Rr , costruendo la funicolare dei carichi che ha come primo lato Rc e come
ultimo R r , si ottiene la ‘’curva delle pressioni’’ agenti nell’arco. Se la curva delle pressioni si mantiene
all'interno della striscia dei terzi medi, tutte le sezioni sono soggette a sola compressione (centro di pressione
interno al nocciolo) pertanto l'arco è stabile. In corrispondenza del concio n°5 la curva delle pressioni è esterna
alla striscia dei terzi medi pertanto la verifica di stabilità dell'arco con il metodo di Méry ha da ESITO
NEGATIVO.

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