1
precisamente durante la III dom. di Avvento del 1511, che fra Antonio de
Montesinos nell’isola di Santo Domingo, pronunciò una predica che rimase famosa,
contro gli abusi e le atrocità dei colonizzatori verso gli indios. Questo sermone è
considerato per gli storici come “la prima appassionata richiesta di giustizia in
America” (Hanke 1949, 15).
- Bartolomé de Las Casas, si convertì nel 1514 sotto l’influsso dei Domenicani.
Si fece Domenicano e difese la causa degli indios presso la Corona spagnola. Cercò
di mettere in atto progetti missionari pacifici, le cui basi espose in una “teoria della
missione”, che tradusse in atto in Guatemala, non permettendo più l’arrivo dei coloni
spagnoli.
Nel 1544 fu nominato vescovo di Ciudad Real de los Llanos de Chiapas (oggi San
Cristobal de Las Casas) nel Messico meridionale.
Fu autore di vari scritti; resta celeberrima la Brevisima relacion de la destruccion de
las Indias (1522), che ha esercitato un influsso ininterrotto fino ai nostri giorni.
Inoltre, espose la sua idea positiva della diffusione del cristianesimo senza
violenze, in uno scritto teoretico di grande respiro sulla missione, il De unico
vocationis modo (1532), tale tesi contiene:
-da un lato, considerazioni sul fatto che gli indios sono dotati di ragione, sulla
loro cultura e sulla loro capacità di accogliere la fede;
-dall’altro lato, respinge metodi coercitivi (costringere, imporre) per ottenere la
conversione.
- Josè de Acosta, gesuita (1540-1600), missionario nelle Ande (Cile). Nel 1589
scrisse un trattato: De procuranda Indorum salute. Presupposto indispensabile di ogni
attività missionaria è la conoscenza della natura e della cultura dei vari paesi.
L’opera parte dalla tesi della salvezza universale, secondo la quale nessuna
razza umana è esclusa dall’annuncio del vangelo e dalla fede. Esamina i lati giusti e
ingiusti della conquista e della guerra contro gli indios, e la fatale commistione
2
(mescolanza) tra conquista e missione: la spada e la croce. La sua critica fu talmente
forte che vennero censurati alcuni capitoli.
Definisce la missione in questi termini: «Per missione io intendo quei viaggi e
quelle peregrinazioni (in paesi stranieri), che vengono intrapresi luogo dopo luogo
per amore della parola di Dio»1.
Da qui passa a parlare della prassi missionaria:
La missione in Asia
1
M. SIEVERNICH, La missione cristiana. Storia e presente, Queriniana, Brescia 2012, 182.
2
Ib., 182-183.
3
Valignano operò un cambiamento paradigmatico, che puntava sull’adattamento
alla cultura giapponese, una cultura da lui considerata degna di rispetto e altamente
apprezzabile.
Compose un manuale: Il cerimoniale per i missionari del Giappone (1583), nel
quale affermava a chiare lettere che in Giappone i missionari devono vivere e
comportarsi in modo diverso da come vivono e si comportano in Europa3.
Il suo atteggiamento positivo verso la cultura giapponese lo indusse a istituire
scuole per la gioventù giapponese e un seminario ad Arima, allo scopo di formare un
futuro clero giapponese e ulteriori collaboratori di indigeni per la missione. Mentre
contemporaneamente in America erano stati espressi dei divieti a proposito
dell’ordinazione sacerdotale di indios, Valignano caldeggiò la formazione di un clero
indigeno.
Il cambiamento missionario dei paradigmi, avviato da Valignano in Giappone,
non sarebbe rimasto limitato a quel paese, ma sarebbe stato applicato anche in Cina
dall'altro missionario gesuita Matteo Ricci.
3
Ib., 187.
4
concezione della missione, cioè nell’indiretta diffusione della fede mediante la
scienza e la tecnologia, cui servirono le sue traduzioni di opere matematiche.
Il metodo dell’accomodamento cade però in discredito per la “controversia sui
riti” e fu alla fine completamente vietato dalle autorità ecclesiastiche.
5
1. la predicazione del Vangelo o della fede cristiana fra i pagani;
2. la conversione interiore che avviene mediante il cambiamento della mente e
del cuore e
la conversione esteriore con la ricezione del battesimo e si entra a far parte
della Chiesa;
3. l’organizzazione della Chiesa, che va dall’iniziale formazione di una comunità
fino alla costituzione di una gerarchia completa.
5
EVERS G., Storia e salvezza, 21.
6
SCHMIDLIN Josef, Katholische Missionslehre, 1; cf. SANTOS A., La Escuela de Lovaina, in Teología
sistemática de la misión, EVD, Estella 1991, 25-26.
6
riflettuto su di essa e di avere insistentemente richiamato l'attenzione su questo campo
della prassi ecclesiale.
Un bilancio:
7
P. CHARLES, Missiologie. Ètudes – rapports – conferences I, Louvain – Bruxelles – Paris 1939, 65.
8
S. DIANICH, Chiesa in missione. Per una ecclesiologia dinamica, Ed. Paoline, Torino 1985², 22-23.
9
ID., Chiesa estroversa. Una ricerca sulla svolta dell’ecclesiologia contemporanea, San Paolo, Cinisello Balsamo
2018, 41.
7
Le scuole di Muster e di Lovanio, per quanto animate da buone intenzioni
ideologiche, sono debitrici di un’ecclesiologia che concepisce la chiesa ancora in
termini di confini etnici e culturali, come societas perfecta, misurabile e quantificabile,
secondo le espressioni della sua presenza storica in Occidente.
In una chiesa che si concepisce universale nei termini succitati, cioè come
un’unità storico-geografica, è inevitabile che la missione venga intesa come
dilatazione dei confini storici e geografici della chiesa europea. Si ripresenta, dunque,
ancora lo specchio colonialistico e imperialistico della missione.
Un altro limite delle scuole succitate, deriva non dalla missiologia come tale,
ma dalla teologia della fede, allora in voga, che sosteneva la necessità assoluta della
fede per la salvezza. Sicché chi è fuori della chiesa non può salvarsi, se non a
determinate condizioni. Abbiamo a che fare con un concetto piuttosto rigido di fede.
Le discussioni teologiche sviluppatesi, fin dall’inizio del Novecento, su questo
punto sono state decisive per mettere in crisi la tesi della missione come una
questione di vita o di morte per i pagani: pensiamo ai problemi teologici della
salvezza dei pagani, dei non credenti, dei bambini morti senza battesimo, degli adulti
morti prima di Cristo, ecc.
c) Scuola di Parigi
Si tratta di un gruppo di teologi che si raccolgono attorno alla rivista Parole e
Mission (1958)10. La loro teologia tenta di definire il concetto di Missione in base ad
un’analisi delle situazioni sociali che sia libera da presupposti aprioristici.
Punto di partenza di questa teologia è l’abbandono della rigida separazione tra “terra
di missione” e “terra cristiana” come concetto geografico prestabilito, nonché
l’accettazione come destinazione della Missione cristiana del “territorio non cristiano”
che è inteso non più in senso “geografico” ma “sociologico”11.
Nel 1943 fece scalpore la pubblicazione del libro France, pays de mission? di Godin
e Daniel. I due preti conoscevano bene l’ambiente della gioventù operaia francese e
fecero un’analisi critica della situazione della chiesa francese. Arrivarono alla
conclusione che anche la Francia (figlia primogenita della chiesa) era da considerarsi
“terra di missione”.
Venne coniato il concetto di “missione in un determinato milieu sociologico”;
“milieu” non è quindi inteso come zona geografica e territoriale, ma come realtà
sociologica. La classe operaia francese rappresenta “uno spazio sociologico” di questo
tipo verso il quale la Chiesa ha un mandato e quindi deve esercitare la “Missione”.
10
Per seguire lo sviluppo del pensiero missionologico francese, anteriore a questo periodo, cf. SANTOS A., Teología
sistemática de la misión, EVD, Estella 1991,237-301; specialmente la missionologia di P. Glorieux, Henri de Lubac,
Francis Clarkl, Albert Perbal, Louis Capéran e Alexandre Durand.
11
Cf. EVERS G., Storia e salvezza, 46-47.
8
Inoltre, la Scuola di Lovanio ha un influsso su quella di Parigi, perché il fondamento
della missione non va cercato nella necessità di rendere possibile la salvezza a tutti, ma
nella natura della Chiesa, cioè renderla presente in quei luoghi dove ancora non esiste.
Concludendo:
la Scuola di Parigi distrugge il “mito geografico” della missione: esso dimostrò che
anche l’Europa era “terra di missione”12. A partire da questo momento inizia per
l’Europa una nuova “età delle scoperte”, non l’esplorazione di nuove terre oltremare,
ma quella dei mondi dell’ateismo, del secolarismo, del relativismo e della superstizione,
dei “nuovi pagani” dell’Europa. La Chiesa si trova dovunque in situazione missionaria.
Inoltre, introduce un concetto nuovo di missione, quello sociologico.
12
D. J. BOSCH, La trasformazione della missione, 25.