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INTERVENTO EDUCATIVO

Il servizio di assistenza educativa domiciliare


( ADM assistenza domiciliare per minori o IED intervento educativo domiciliare)
è rivolto alle FAMIGLIE CON MINORI che si trovino in difficoltà ad assicurare
stimoli educativi e l’accesso a una socializzazione adeguata alla crescita del bambino.

Consiste nella presenza di un educatore che si reca presso l’abitazione della


famiglia e accompagna il minore o i familiari in attività fuori casa.

L’educatore offre ascolto e aiuto nella crescita del minore.


Assicura un supporto quotidiano alla comprensione degli eventi, un lavoro
di guida cognitiva, di valutazione dei fatti, fornendo indicazioni e consigli
per affrontare gli aspetti della vita.

4 categorie d’interventi educativi domiciliari:

1) INTERVENTI PREVENTIVI : sostengno nella socializzazione attraverso ad es. sostegno


scolastico individualizzato

2) Interventi di consulenza IN FASE DI VALUTAZIONE SOCIALE (assessment)


osservazione delle relazioni all’interno della famiglia

3) Intervento di SOSTEGNO IN SITUA DI CRISI supporto alla relazione tra i genitori


e il minore; supporto e sviluppo della capacità genitoriale

4) Intervento con funzione PONTE: accompagnamento verso altri interventi

educativi di diversa natura o in fase di chiusura di altri interventi più pesanti.


ATTIVAZIONE, AVVIO, MONITORAGGIO E VERIFICHE DELL’INTERVENTO
In un percorso di aiuto consensuale (contesto spontaneo) l’intervento educativo
domiciliare può essere RICHIESTO DALLA FAMIGLIA o VENIRE SUGGERITO DALL’AS.
Nel contesto di provvedimenti coattivi, l’avvio può essere disposto
dal tribunale per i minorenni, attraverso l’affidamento al servizio sociale,
con finalità di verificare se sia possibile superare al condizione di rischio o pregiudizio.

L’intervento domiciliare è disposto dal tribunale quando sono stati


rilevati elementi protettivi e si definisce un periodo di tempo
nel quale provare a sostenere la famiglia senza allontanare il minore.

L’as e l’educatore devono aver cura di esplicitare la doppia funzione


di sostegno e controllo.

L’as che ha in carico il caso svolge la funzione di garante del processo,


ovvero del senso complessivo e della continuità dell’intervento.

I PRINCIPALI PASSAGGI per l’avvio sono:

1) Il servizio sociale richiede l’attivazione dell’intervento al referente del servizio


educativo, che può essere un servizio comunale o dell’ente gestore o essere gestito
da un’organizzazione di terzo settore. Si invia una scheda di segnalazione corredata
da documentazione

2) Il referente del servizio educativo valuta se accogliere la richiesta e presenta il caso


ed effettua l’abbinamento educatore/minore-famiglia

3) Si fissa un incontro con l’as e gli operatori e viene effettuata una valutazione di
equipe e si elabora un progetto con:

• OBIETTIVI

• MODALITA’ DI ATTIVAZIONE E REALIZZAZIONE DELL’INTERVENTO EDUCATIVO

• TEMPO

• VERIFICHE

Sarebbe importante che genitori e minore partecipassero alla valutazione e alla


definizione del progetto

4) L’as organizza una visita domiciliare a cui partecipa l’educatore. La visita ha


l’obiettivo di presentare l’educatore al minore e ai genitori

5) Viene sottoscritto il contratto tra: famiglia, minore, servizio sociale, servizio


educativo

ASPETTI AMMINISTRATIVI
La competenza amministrativa degli interventi di educativa domiciliare è in capo
all’ente responsabile degli interventi sociali, cioè i COMUNI DI RESIDENZA DEL MINORE o
il corrispondente ente gestore che se ne assume l’onere economico.
Può esser prevista una compartecipazione ai costi del servizio.
SERVIZIO PER IL DIRITTO DI VISITA E DI RELAZIONE (spazio neutro)
I servizi per il diritto di visita e di relazioni sono luoghi/spazi
dove garantire la continuità di rapporti dei figli con i genitori o con altri
adulti di riferimento, in applicazione a un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Ciò avviene perché un ATTO COATTIVO DEL GIUDICE prescrive che si


realizzino degli incontri con la presenza protettiva di un operatore.

All’interno dei diversi provvedimenti sono presenti differenti


livelli di ingiunzione:

da un invio esclusivamente motivato dall’opportunità della ripresa


della relazione con uno dei due genitori, interrotta a causa di una
separazione conflittuale, fino a quella dettata da
provvedimenti che limitano la responsabilità genitoriale.

Le modalità di attuazione degli incontri presso il servizio per il diritto


di visita e di relazione si diversificano a seconda del livello di ingiunzione
previsto dall’autorità giudiziaria che ne ha prescritto la realizzazione.

Destinatari del servizio

Il servizio viene realizzato per:

• Figli di genitori separati e affidati a uno dei due che, a causa di un’estrema
conflittualità, possono incontrare il genitore non affidatario solo in luogo neutro

• Minori in affido

• Minori allontanati dalla famiglia con provvedimenti del tribunale per i minorenni
Alcuni tribunali per i minorenni prescrivono l’utilizzo degli spazi neutri per:

• Minori dichiarati in stato di adottabilità ma che non sono ancora collocati in affido
preadottivo

• Minori per i quali è necessario un percorso di riavvicinamento e ricostruzione del


legame interrotto con i genitori, perché la sentenza che li dichiarava in stato di
adottabilità è stata rivista in sede di corte d’appello o di corte di cassazione.

Sede

La sede degli incontri deve disporre di locali attrezzati con arredi e giochi, dove sia
possibile facilitare la relazione tra genitori e figli.

Funzioni dell’operatore dello spazio neutro

L’operatore per il diritto di visita e di relazione sia un professionista


dedicato a questo e non l’as del caso, che svolge il compito di tutela
e di responsabile del progetto.

L’operatore può essere un educatore, psicologo o as con formazione specifica.


Funzioni dell’operatore:

• FUNZIONE DI PROTEZIONE:
l’operatore deve essere empatico e non giudicante e deve
saper osservare come si svolge l’incontro e intervenire a sostegno del minore.
La protezione da assicurare al minore consiste nelle separazioni conflittuali in cui
l’incontro protetto si basa sul presupposto che la relazione vada protetta dal conflitto e
nelle situazioni di incuria, maltrattamento, trascuratezza o abuso. Il servizio deve
garantire la possibilità di un incontro sicuro.
L’operatore deve prevenire e contenere i comportamenti dannosi
e interrompere l’incontro e/o riferire al servizio e all’autorità quanto accaduto.

• FUNZIONI DI SOSTEGNO:
nell’ambito delle separazioni gravemente conflittuali.
Il servizio può contribuire a dare avvio a un cambiamento
delle dinamiche tra gli adulti, sollecitando e favorendo il riemergere
delle potenzialità di accadimento e cura.
Nel caso di situazioni familiari in cui ci sono provvedimenti gravemente limitativi della
responsabilità genitoriale, la funzione dell’operatore diviene quella di sostenere
l’emergere delle eventuali potenzialità

• TRASMISSIONE DELLE OSSERVAZIONI:


quanto avviene deve essere trasmesso agli altri operatori.
Sono previste relazioni di sintesi dell’intervento.
Il servizio sociale è tenuto a riferire all’autorità giudiziaria l’andamento
delle relazioni tra genitori e figli.
I contenuti devono tener conto del tipo di mandato dell’autorità e
degli obiettivi dell’intervento.

Attivazione dell’intervento

L’attivazione di un intervento per il diritto di visita e di relazione si


realizza a seguito di segnalazione/richiesta dell’assistente sociale di riferimento.
Viene inviata una scheda di richiesta di attivazione degli incontri in
luogo neutro, alla quale va allegato il provvedimento dell’autorità giudiziaria
che ne indica la necessità.

Il servizio organizza un incontro di equipe per la presentazione della situazione.


L’as e gli operatori definiscono un calendario degli incontri tra il minore e
la famiglia e definiscono la durata delle visite.

L’as è l’operatore responsabile dell’attuazIone dell’intervento e mantiene


la funzione di regia e raccordo della progettualità complessiva degli interventi.

Avvio degli incontri

L’operatore del servizio per il diritto di visita e di relazione effettua


degli incontri con tutti i soggetti.
L’obiettivo è creare una conoscenza diretta tra operatore e componenti della
famiglia.
L’operatore incontra il bambino ed è importante che il minore comprenda la
funzione dell’operatore.
Colloqui di supporto e verifiche

L’operatore di spazio neutro fissa dei colloqui, con tutti gli interessati,
di riflessione e verifica sull’andamento dei momenti di visita/incontro.

L’obiettivo è quello di mantenere l’alleanza di lavoro e raccogliere le


loro impressioni e individuare diverse modalità di visita.
Se l’operatore ritiene necessaria una modifica delle visite prepara un resoconto
scritto e richiede un incontro con l’as per ridefinire il progetto.
Se l’evolversi della situazione richiede una modifica di quanto indicato
nel provvedimento del giudice, è l’as a informare l’autorità giudiziaria.

Compartecipazione alla spesa

Risulta poco proponibile richiedere ai genitori un contributo economico


per un servizio attivato in forma impositva per decisione dall’autorità giudiziaria.

INTERVENTI SEMIRESIDENZIALI:
INSERIMENTO DIURNO IN COMUNITA’ DI ACCOGLIENZA
La comunità leggera (centro diurno per minori) è una struttura
simile a una casa con adattamenti degli spazi dove sono accolti,
dopo la scuola, bambini o ragazzi che hanno necessità di attenzione di
figure educative che sappiano sollecitare le loro potenzialità
cognitive e relazionali.

È destinata ai minori che richiedono un intervento educativo


individualizzato.
La fascia d’età è scuola primaria e secondaria di primo grado.

• Attività di supporto e accompagnamento nelle fasi dei percorsi scolastici

• Educazione alla relazione con attività di gruppo

• Promozione e costruzione della relazione minore-adulto educatore

• Promozione e tutela della salute e igiene personale

• Sostegno all’autonomia e alla responsabilità di compiti per la gestione della


quotidianità

• Accompagnamento verso attività di tipo ludico-ricreativo

Una comunità di accoglienza diurna permette di modulare


l’intervento educativo nella gestione delle attività alle quali i ragazzi
sono chiamati e garantisce la presenza costante
di figure adulte di riferimento per il minore che gli forniscano le
attenzioni educative andando a integrare gli aspetti carenti.
Il progetto educativo per questo tipo di accoglienza
contempla la possibilità di calibrare l’intervento, ampliando il tempo
di permanenza del ragazzo a seconda delle necessità.
L’accoglienza semiresidenziale può essere effettuata
in comunità che ospitano minori a tempo pieno.

L’attivazione, l’avvio e il monitoraggio prevedono delle modalità


analoghe per l’intervento educativo domiciliare. Si procede:

•.)1 Il servizio sociale richiede l’accoglienza al responsabile del centro


che per lo più è gestito da organizzazioni di terzo settore.
Si invia una scheda di segnalazione

•.)2 Il responsabile del centro valuta se accogliere o no la richiesta

•.)3 Si fissa un incontro di presentazione e valutazione del caso

•.)4 È opportuno visitare il centro assieme ai genitori

•.)5 Il progetto educativo individuale viene elaborato


dopo un periodo di osservazione e conoscenza del minore e
della famiglia da parte degli educatori

Nella fase di proposta e di avvio dell’accoglienza è utile


che l’as presti attenzione a far chiarezza con i genitori rispetto
agli obiettivi della frequenza al centro diurno.

Centro aperto

Il centro aperto per minori è una struttura in cui viene accolto


in via prioritaria un gruppo di bambini (6-14anni) invitati
dal servizio sociale o da altri servizi per situazioni familiari
problematiche che determinano difficoltà personali sul piano della relazione,
socializzazione, apprendimento e comportamento.

Viene elaborato un progetto educativo individuale e vengono seguiti


in un rapporto personalizzato con gli educatori.

La frequenza è di più giorni alla settimana.

Il centro si differenzia da quello diurno in quanto


in determinate fasce orarie le attività educative e di animazione
sono aperte anche a tutti i minori.

Attività proposte: sostegno nello svolgimento dei compiti,


attività ludicoricreative, laboratori di attività manuali,
attività di animazione estiva, accompagnamento
dei minori a partecipare a eventi esterni.

Per la gestione dei bambini la finalità è l’integrazione e la socializzazione


all’interno del contesto in cui vivono.
A ciò si affianca l’intervento educativo più specifico
per chi si trova in situazioni difficili.
Centri di aggregazione giovanile e servizi educativi di strada

Il centro di aggregazione giovanile è uno spazio di ritrovo per


adolescenti dai 14-15 anni in poi, che propone opportunità di utilizzo
del tempo libero e iniziative con contenuti formativi e socializzanti.

Le attività sono promosse e realizzate dai ragazzi, con il supporto


degli operatori.

I centri sono finalizzati a favorire un corretto sviluppo psico-fisico e a


prevenire la devianza giovanile.

Si rivolgono a chi è in condizione di emarginazione.


Si tratta di un’offerta educativa a bassa soglia.
L’adesione è libera.
Al centro può essere collegato un servizio educativo di strada.

L’obiettivo è di entrare in contatto con le aggregazioni spontanee


e informali per promuovere attività educative per aumentare il
loro senso di appartenenza e a prevenire comportamenti a rischio.

COMUNITA’ EDUCATIVE RESIDENZIALI


Sono forme di accoglienza per minori e indicano diversi tipi
di servizi di accoglienza atempo pieno con caratteristiche comuni:

• La struttura è un’abitazione normale.


La suddivisione degli spazi deve consentire ai minori di usufruire
di spazi comuni e individuali

• Il numero di minori è limitato, max 6-8

• La giornata è simile a quella dei coetanei

• Il rapporto numero fra operatori e tiene deve consentire un accudimento e


un’attenzione educativa individualizzata, per cui è basso (1 a 3)

Diversi tipi di comunità:

• COMUNITA’ DI ACCOGLIENZA:
si caratterizza per un’organizzazione di vita di tipo familiare e
per la presenza di un’èquipe educativa di operatori sociali
che condividono con i minori i tempi e gli spazi.
Ospita minori tra i 16 e 18 anni

• COMUNITA’ DI PRIMA ACCOGLIENZA O PRONTO INTERVENTO:


risponde all’esigenza di un allontanamento dalla residenza familiare
in situazioni di urgenza. Esempio:

 Situazione di grave pregiudizio o rischio


 Il minore ha commesso un reato ed è stato
 arrestato
 Disagio mentale non gestibile dalla famiglia
• CASA FAMIGLIA:
si caratterizza per un’organizzazione di vita di tipo familiare
centrata su un nucleo di adulti residenti e conviventi che
condividono un progetto di accoglienza e che si impegnano
per un periodo ad assumere funzioni genitoriale.

Gli adulti vivono del lavoro relativo all’accoglienza dei minori


e gestiscono la dimensione educativa insieme a personale specializzato.
La gestione istituzionale e amministrativa è curata da un’associazione o cooperativa.

L’accoglienza non può superare i 4/6 minori.

• GRUPPO APPARTAMENTO E PROGETTI DI ACCOMPAGNAMENTO ALL’AUTONOMIA PER ADOLESCENTI E


GIOVANI:
è un alloggio in cui vivono ragazzi tra i 16 e i 24 anni che hanno terminato
un percorso di accoglienza in comunità o affidamento.

L’obiettivo è di offrire un periodo di accompagnamento con


il supporto di educatori.
Si definisce per ciascuno un progetto personalizzato.
Gli educatori lavorano per mettere in collegamento i ragazzi nelle
attività domestiche.

Nella fase conclusiva è previsto un accompagnamento educativo


dopo che il ragazzo esce dal gruppo

• COMUNITA’ TERAPEUTICA PER MINORI:


è una struttura residenziale per minori affetti da gravi
disturbi comportamentali correlati a patologie psichiatriche
dell’età evolutiva e dell’adolescenza.

Accoglie fino a 10 minori tra i 10 e 18 anni.

il progetto è formulato dal servizio di neuropsichiatria infantile


ed è successivo o preventivo al ricovero in struttura complessa
di neuropsichiatria infantile o nel servizio psichiatrico di diagnosi e cura.

La durata viene definita dal servizio che si assume la responsabilità


della richiesta di inserimento

• COMUNITA’ MAMMA-BAMBINO:
accolgono gestanti e madri con i figli che necessitano di
essere sostenute nelle funzioni di accadimento.

• GRUPPO APPARTAMENTO PER GESTANTI E MAMME CON BAMBINO:


è un’abitazione in cui vivono gestanti e o mamme con minori
con necessità urgente di una sistemazione alternativa ma che
non hanno bisogno di aiuto per la funzione genitoriale.

Vengono accolte donne che hanno completato un percorso


in comunità mamma-bambino.
Attivazione, avvio, monitoraggio e verifiche del collocamento in comunità

Il collocamento in comunità è un provvedimento che tocca


la quotidianità del minore e della famiglia.

Avviene su disposizione del tribunale per i minorenni.


E’ l’as a svolgere la funzione di regia dell’inserimento.
Bisogna prevedere un congruo tempo di preparazione

1) COMUNICAZIONE AI GENITORI E AL MINORE:


il primo passo consiste nel parlare con i genitori e prevedere
uno o più incontri nei quali leggere e spiegare il decreto del
tribunale per i minorenni

2) INDIVIDUAZIONE DELLA STRUTTURA:


individuare la struttura rispondente ai bisogni del minore.
Ordine di priorità: famiglia con figli minori, persona singola, comunità,
istituto di assistenza.
Per i minori di età <6 anni l’inserimento avviene solo in comunità
di tipo familiare.

Si dà preferenza a una comunità di accoglienza territorialmente


non lontana dalla residenza per 2 motivi:

• Non rescindere le relazioni sociali positive del minore

• Favorire i rapporti con i membri della famiglia d’origine

3) ATTIVAZIONE DELL’INTERVENTO:
il servizio sociale richiede l’accoglienza al responsabile tramite
una scheda di segnalazione.

Il responsabile la riceve e valuta la richiesta.

Poi viene organizzato un incontro di presentazione e valutazione


del caso e ci si accorda sugli incontro con la famiglia per l’avvio
dell’inserimento.

4) AVVIO DELL’INSERIMENTO:
è opportuno prevedere uno o più incontro tra as, equipe e
genitori presso la struttura.

Con i genitori vanno concordati tempi e modi di accesso alla comunità.


Il provvedimento del tribunale può contenere prescrizioni riguardo agli incontri.

L’as accompagnerà il minore a conoscere gli educatori e la


struttura a fianco dei genitori.

5) ELABORAZIONE DEL PROGETTO EDUCATIVO:


nella prima fase d’inserimento gli educatori effettuano un’osservazione
del minore per focalizzare i suoi bisogni e collaborano con gli altri servizi
per delineare il progetto.

Ogni minore ha un operatore di riferimento.


La stesura del progetto non significa che il minore debba
presentare dei bisogni o problemi diversi da quelli dei suoi coetanei.

Il collocamento avviene a seguito delle difficoltà dei genitori.

In fase di elaborazione è importante che la famiglia e il ragazzo


esprimano il loro punto di vista.
Gli educatori possono accordarsi con i genitori affinché provvedano a
quanto è ritenuto utile ai figli.

L’osservanza delle prescrizioni è il primo segnale positivo che gli educatori,


bambino e la rete potranno registrare.

6) ACCOGLIENZA EDUCATIVA:
nella fase centrale il compito consiste nell’accudimento e
nell’accompagnamento del minore.

Alla comunità viene chiesto di attivarsi nella funzione di


affiancamento e promozione degli adulti di riferimento favorendo una
ripresa delle funzioni genitoriale per arrivare al rientro in famiglia.

Durante le riunioni di verifica vi è il confronto per formulare


una decisione circa le scelte, revisione del progetto e il coinvolgimento
della famiglia e le comunicazioni da inviare al tribunale.

La responsabilità di promuovere queste riunioni di equipe è


dell’as in quanto referente dell’ente responsabile degli interventi
socioassistenziali o dell’ente affidatario del minore

7) DIMISSIONI:
la permanenza è prevista per periodi medio-lunghi che non
dovrebbero superare i 2 anni se il minore ha meno di 14 anni.

la comunità è chiamata a contribuire alla preparazione delle


dimissioni e a seguirlo nel primo periodo successivo.

Il compito dell’as consiste nel facilitare il passaggio e nel proporsi


al minore come punto di riferimento e potrà:

• Organizzare gli incontri con i genitori e gli educatori

• Assumersi il compito di spiegare al minore i cambiamenti previsti

• Elaborare un programma di trasferimento graduale

• Prevedere l’attivazione di un sostegno educativo domiciliare

Comunicazioni all’autorità giudiziaria

Dal punto di vista amministrativo il collocamento in comunità


è disposto dal servizio sociale dell’ente locale, previo consenso
dei genitori e sentito il minore, oppure su provvedimento del tribunale
per i minorenni.

-Se l’affidamento è CONSENSUAE, il servizio sociale dell’ente stende


il provvedimento di affidamento, con allegato il consenso firmato dai genitori:
questo atto va inoltrato al giudice tutelare perché lo renda
esecutivo, dopo di che l’affidamento può prendere avvio nel concreto.

-Se l’affidamento è GIUDIZIALE provvede il tribunale.


Il provvedimento dI affidamento deve contenere:

• Motivazioni dell’affidamento

• Impegni degli affidatari

• Tempi e modi dei rapporti tra il minore e la famiglia d’origine

• Quale servizio sociale locale è responsabile del programma di assistenza e incaricato


della vigilanza sull’affidamento

• Presumibile durata dell’affidamento, non >2 anni

Copertura dei costi

L’ente locale è il responsabile dei costi connessi al collocamento


in comunità che comportano il pagamento di una retta giornaliera
all’organizzazione di terzo settore che gestisce la comunità.

Laddove il collocamento abbia funzione terapeutica il compito di


predisporre il progetto è del servizio di neuropsichiatria infantile.
La copertura dei costi è di competenza del servizio sanitario nazionale.

Nel primo caso l’emissione di impegno di spesa e la copertura


della spesa vengono garantite dal comune.
Se c’è la necessità di collocamento in struttura terapeutica,
la spesa è assunta dall’azienda ospedaliera che chiede il ricovero
presso la comunità terapeutica e la compartecipazione non viene richiesta.

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