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Organi interni, ovvero il potere di gestione, che è il potere di decidere una determinata
operazione, ad esempio se acquistare o meno un macchinario;
Organi esterni, ovvero poteri di rappresentanza, che è il potere di porre in essere, in nome e per
conto dell’ente, l’operazione decisa, ad esempio stipulare con il venditore il contratto di acquisto
del macchinario.
Enti pubblici: rientrano lo Stato, e gli altri enti territoriali (regioni, province, comuni), ma anche
tutta una serie di altri enti, ad esempio Banca d’Italia, Istat, Camera di Commercio, INPS, Università
etc.
Enti privati
Per distinguere un ente pubblico da uno privato la giurisprudenza ha elaborato una serie di indici
di riconoscibilità della natura pubblica come:
Titolarità di poteri autoritativi
Istituzione da parte dello stato o altri enti pubblici
Esistenza di un potere di indirizzo in capo allo stato
Assoggettamento al controllo e all’ingerenza da parte dello Stato
Gli enti pubblici possono avvalersi, come qualsiasi cittadino, di strumenti privatistici.
Le norme di diritto trovano applicazione anche nei confronti degli enti pubblici, salvo che non sia
diversamente previsto.
Mentre per gli enti privati , occorre distinguere, al loro interno, tra:
Questi documenti (atto costitutivo e statuto) devono essere presentati alla prefettura che al fine
del riconoscimento deve verificare:
1. Che siano state soddisfatte le condizioni previste d norme di legge o di regolamento
per la costituzione dell’ente.
2. Che lo scopo sia possibile e lecito.
3. Che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo.
Gli associati non hanno alcun diritto sul patrimonio dell’associazione che è distinto dal loro
patrimonio personale.
Delle obbligazioni dell’associazione riconosciuta risponde solo ed esclusivamente
quest’ultima con il suo patrimonio (cd. autonomia patrimoniale perfetta).
L’accordo associativo si dice aperto all’adesione di terzi poiché si può aderire sia all’atto
della costituzione o in un momento successivo.
L’accoglimento della domanda è in ogni caso subordinato alla valutazione degli organi competenti.
Una volta entrato a far parte della compagine associativa l’associato ha diritto di rimanervi: non
può essere escluso se non per gravi motivi ed in forza di una delibera motivata dall’assemblea.
L’associazione si estingue o per una causa prevista nell’atto costitutivo, o per deliberazione
assembleare, o per altri motivi come il raggiungimento dello scopo, impossibilità della sua
realizzazione, venir meno di tutti gli associati.
Una volta dichiarata l’estinzione si procede alla liquidazione del suo patrimonio con il pagamento
dei debiti. Chiusa la procedura di liquidazione si procede alla cancellazione dal registro
L’Associazione Non Riconosciuta, prende vita sempre con l’atto costitutivo, cui però non
Non vi è iscrizione al registro pertanto non acquista personalità giuridica seppure gode di
una sua soggettività, infatti risponde in proprio delle obbligazioni assunte in suo nome e per
suo conto con un fondo comune cui i soci non possono chiedere la divisione.
Un atto inter vivos: nel caso deve rivestire le forme dell’atto pubblico ed è revocabile dal
fondatore fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento o ancora fino al momento in
cui quest’ultimo abbia eventualmente fatto iniziare l’attività dell’opera da lui disposta.
Presentazione dell’atto di fondazione alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede
della fondazione, accompagnata dalla relativa domanda di riconoscimento
Controllo, da parte della prefettura, del rispetto delle condizioni previste per la
costituzione dell’ente, della possibilità e della liceità dello scopo, dell’adeguatezza del
patrimonio alla sua realizzazione
Iscrizione nel registro delle persone giuridiche, che determina, l’acquisizione della
personalità giuridica.
In mancanza di riconoscimento la fondazione, non può operare come m, se non nei casi previsti
dalla legge.
Quanto allo scopo, esso non può essere modificato né dal fondatore, né dall’organo
amministrativo, con l’inevitabile rischio di una sua più o meno rapida obsolescenza.
Per il raggiungimento dello scopo, la fondazione svolge un’attività che tradizionalmente si limitava
alla mera gestione del suo patrimonio. Oggi è ammesso che la fondazione possa svolgere anche
un’attività d’impresa, organizzata per la produzione e lo scambio di beni e servizi:
O per ricavarne utili da destinare allo scopo non lucrativo proprio della fondazione ( es.
fondazione museale che svolga un’attività di vendita di libri d’arte per finanziare la
manutenzione ed arricchimento delle proprie collezioni)
O per realizzarne immediatamente il proprio scopo istituzionale ( es. fondazione per la
diffusione della cultura del teatro che organizza spettacoli a pagamento).
La fondazione è gestita da un organo amministrativo
Gli amministratori sono i veri arbitri della vita della fondazione: il fondatore in quanto tale non
può ingerirsi in alcun modo in essa; la fondazione non ha, di regola, assemblea.
La vita delle fondazioni è assoggettata al controllo dell’autorità amministrativa, che può
procedere all’annullamento delle deliberazioni dell’organo amministrativo contrarie a norme
imperative, all’atto di fondazione, all’ordine pubblico, al buon costume.
Può sciogliere l’organo amministrativo e nominare un commissario straordinario, qualora gli
amministratori non agiscano in conformità con lo statuto, con lo scopo della fondazione e con la
legge.
Nel caso ci sia una causa di scioglimento, la fondazione, anziché estinguersi, modifica il suo scopo,
attraverso un provvedimento dell’autorità governativa, che individua le nuove finalità dell’ente,
allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore.
Il fondatore può inoltre prevedere che, verificandosi una causa di scioglimento della fondazione,
questa si estingua ed i beni vengano devoluti a terze persone.
danaro o altri beni; la seconda fase, è quella di fondi raccolti raccolti e realizzazione dello
scopo.
Il patrimonio del comitato è costituito da fondi pubblicamente raccolti la cui destinazione è
vincolata allo scopo programmato.
Scopo che deve essere di pubblico interesse o comunque altruistico.
Il cod.c. prevede che il comitato possa vivere sia da ente non riconosciuto sia da ente
riconosciuto.
Per le obbligazioni del comitato riconosciuto risponde soltanto quest’ultimo con il suo
patrimonio. Mentre per il comitato privo di riconoscimento rispondono in solido anche tutti i
componenti del comitato.
IL FENOMENO ASSOCIATIVO
Per controllare il fenomeno associativo cioè la tendenza ad aggregarsi per scopi sia di lucro che
non, il cod. civ. disponeva due modelli organizzativi:
quello dell’associazione riconosciuta e quello dell’associazione non riconosciuta.
Il riconoscimento faceva acquisire all’ente una posizione giuridica ben più favorevole.
Ad esempio alle associazioni non riconosciute erano preclusi sia gli acquisti mortis causa che quelli
per donazioni, o ancora, i rapporti tra associazioni ed associati venivano rimessi integralmente agli
accordi degli associati.
L’obiettivo era quello di tenere sotto controllo gli enti collettivi.
Con l’arrivo della costituzione invece si ribalta questa prospettiva: “i cittadini hanno diritto di
associarsi liberamente senza autorizzazione”.
Le organizzazioni collettive vengono così viste non più come fenomeni da emarginare o controllare
ma da tutelare e promuovere poiché sono strumento di sviluppo della personalità e
partecipazione dei singoli alla vita politica e sociale del paese.
Il terzo settore consiste nella realizzazione di attività di utilità sociale ad opera di enti senza fini
di lucro ( ed no profit) espressione della cd società civile.
Sono stati molti interventi normativi atti a promuovere e sostenere il terzo settore si ricordano: le
associazioni di volontariato le cooperative sociali le ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità
sociale) che possono assumere qualsiasi forma giuridica ( comitato fondazione associazione ecc.)
Si ricorda in questo ambito il Principio di Sussidiarietà: in questo ambito viene indicato con
principio di sussidiarietà quel principio sociale e giuridico amministrativo che stabilisce che
l’intervento degli enti pubblici territoriali (Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni), nei
confronti dei cittadini debba essere attuato esclusivamente come sussidio ( ovvero come aiuto) nel
caso in cui il cittadino o l’entità sottostante sia impossibilitata ad agire per conto proprio o il livello
di servizio offerto dai privati sia inferiore al minimo essenziale.
Si parla di sussidiarietà verticale quando i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall’azione degli
enti amministrativi pubblici, e di sussidiarietà orizzontale quando questi bisogni sono soddisfatti
dai cittadini stessi, magari in forma associata e/o volontaristica.