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B.Numero 1 Maggio 2006
B.Numero 1 Maggio 2006
Rivista di ricerca
e cultura critica
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Numero 1
maggio 2006
Indice
1 Samizdat
Diario di una discussione sul lavoro precario oggi . ................................................................................pag. 6
Sergio Bologna Commento . ..................................................................................................................pag.12
Paolo Cavallo, Sfiducia nella scienza ....................................................................................................pag.14
Alessandra Roman Il corpo umano, campo di battaglia tra l’individuo e la società.........................pag.16
Agostino Pelullo, Passano gli anni e il nuovo non viene. Tra memoria e riflessioni a venticinque anni dal
terremoto dell’Irpinia................................................................................................................................pag.18
2 Luoghi/non luoghi
Ornella Garbin, U.S.A. La patria dei luoghi non luoghi...................................................................... pag.22
Mariella De Santis, Appunti di un viaggio in Iran . ...........................................................................pag.28
Pier Paride Vidari, Appunti di un viaggio in Iran ..............................................................................pag.31
Antonio Tagliaferri, Urbanistica da periferia?.................................................................................. pag.36
3 Esodi
Stefano Levi Della Torre, Appunti di oggi su Paolo di Tarso . ......................................................... pag.38
Seth Farber, Il Messianesimo di Marc Ellis e i Princìpi Teologici per la solidarietà ebraica con i Palestine-
si.................................................................................................................................................................pag.43
Luca Ferrieri, Il lavoro culturale. Quasi un bilancio .......................................................................... pag.47
4 Storia adesso
Ennio Abate, Israele e i paesi arabi......................................................................................................pag.50
5 Zibaldone
Paolo Lezziero , Goste e Renzo a Milano (racconto)............................................................................ pag.56
Mario Mastrangelo, Libertà di linguaggio ed anelito religioso nella poesia di Mazzoleni..............pag.60
Donato Salzarulo, Magris e Schiller. Dialogo tra un professore di filosofia e una studentessa ...... pag.62
Rosella Bertola, Due fiabe.................................................................................................................... pag.70
6 Letture d’autore
Nei dintorni di Franco Fortini [un inizio di riflessione: Abate, Ranchetti (lettere)]............................. pag.72
Poliscritture/Indice Pag.
l’editoriale
Vogliamo lettori complici. Tenacemente critici, ma complici del nostro desiderio d’uscire da questo orizzonte,
ove, per dirla con Baudelaire, «il cielo basso pesa come un coperchio» e la pioggia «imita le sbarre di una
prigione immensa».
Consapevoli di muoverci all’interno di un quadro storico drammatico, gremito di conflitti e problemi, per
molti versi tragico, non cerchiamo lo Spleen. Un’angoscia, tutt’altro che allegorica, circola nelle pagine di
questo primo numero di Poliscritture.
E come potrebbe essere altrimenti? Quando si raccolgono testimonianze sul lavoro precario («Non sono più
nemmeno carne da macello, ma polvere») o quando si evoca una guerra – quella fra Israele e Palestina – che
ci accompagna dall’infanzia, da quando la televisione non arredava e illuminava coi suoi fuochi fatui le nostre
case. Per non dire dell’intero scenario mediorientale ove, in nome e per conto della “democrazia occidentale”,
si uccide, si tortura, si muore quotidianamente.
«Passano gli anni e il nuovo non viene» ci ricorda A. Pelullo dall’Alta Irpinia. O forse viene, ma non è quello
che avremmo desiderato.
Un giorno la rabbia che cova in tante persone trattate come «cani alla catena… potrebbe esplodere male e far
male senza costrutto» scrive Rotino pensando ai tanti lavoratori precari. Ma l’annotazione si potrebbe non
indebitamente estendere. «Qualcosa deve succedere, non può andare avanti così», ripete Sergio Bologna.
Per quel che contiamo noi siamo qui, «nudi» come direbbe Fortini evocato nelle nostre Letture d’autore
«senza nulla alle spalle, senza ombra di gruppi o partiti», noi della redazione, insieme alla rete di collabora-
tori e ai nostri lettori complici. Siamo qui per aprire varchi e provare a costruire una breccia (mentale, per
cominciare) nella situazione storico-sociale. Ci interessa capire, infatti, quanto le scritture pubblicate entrino
in cortocircuito con la realtà che ci circonda. Vogliamo che la frizione si produca, che si attivi la scarica, la
scintilla.
Da qui la scelta di centrare gran parte delle pagine di questo numero su due grandi questioni:
1. Sul lavoro, appunto. Quello precario, come si diceva. Quello che bisogna inventarsi e quasi non c’è. («Il
futuro? Non so… La pensione? Non so. A me non spetta…»). Ma, implicitamente, anche su quello che c’è
e che sempre più il capitale tende a rendere flessibile, mobile, incerto. Il lavoro oggi è drammaticamente
svalutato e ci vuol poco a veder trasformate centinaia, migliaia di persone in “esuberi”. Vite da scarto, titola
Baumann.
Eccetto pochi nomi, il corpo docente delle università, al pari del ceto politico-sindacale, è complice di que-
sta prospettiva. Da qui, sostiene Bologna, il disprezzo del tutto giustificato che lo investe: «L’intelligenza, il
talento – esaltati a parole – stanno diventando una merce senza valore e così pure l’istruzione, il cosiddetto
“capitale umano”. Conta l’opportunismo, la furberia, la protezione di qualcuno, l’appartenenza a una famiglia
rispettata o danarosa». Il disprezzo andrebbe ovviamente esteso ai frequentatori di salotti televisivi, ai facito-
ri di format, allo stuolo di giornalisti-presentatori e direttori di coscienze specializzati in silenzi e omissioni e
che, quando non premono il pulsante del quadro “allarme sociale”, dipingono quotidianamente di rosa una
realtà tutt’altro che rosea.
Ma, per fortuna, non vi sono soltanto intellettuali alti, accademici. Luca Ferrieri fa quasi un bilancio del suo
lavoro culturale di bibliotecario attento alle trasformazioni positive che ha promosso e a quelle che ha subito:
«L’aziendalizzazione ha ridotto l’utente a una cifra di tabulato, il personale a risorse umane, la comunicazione
Poliscritture/Editoriale Pag.
a esibizione di immagine. La retorica del management si è insinuata in ogni piega del lavoro…». E un bilancio,
purtroppo, ha dovuto fare Rosa Bertola della sua vita e del suo lavoro di maestra. Di lei pubblichiamo due
fiabe non solo per ricordare un’amica, ma per tenere aperta, come viene giustamente detto, una direzione di
ricerca e uno sguardo a tutto campo.
2. Sul conflitto arabo-israeliano. La spirale attentati-rappresaglie rischia di produrre sempre più indifferen-
za, ma distrarsi non è possibile, specialmente se il conflitto viene correttamente inserito nello scenario di
guerra mediorientale. «La sopravvivenza stessa dell’umanità sembra appesa oggi ad un filo sottile» scrive
Seth Farber nel suo saggio sul messianesimo di Marc Ellis pubblicato su “European Judaism” e qui offerto
in traduzione.
Marc Ellis è uno dei pochi intellettuali ebrei americani che sostiene la lotta palestinese. Lo fa a partire da
una valutazione del nucleo spirituale dell’ebraismo consistente nell’antica alleanza col Dio di tutte le nazioni.
«L’eredità degli ebrei non è il potere ma l’etica». Da qui il rifiuto di un ebraismo costantiniano simile al cri-
stianesimo costantiniano che non disdegna mai di mettere le mani in pasta nel potere temporale. Prospettiva
accettata ed esaltata in Italia dalla stragrande maggioranza del nostro ceto politico e dell’establishment: si
pensi alla recente sentenza del Consiglio di Stato che ha trasformato il crocifisso in un “simbolo civile”, pur di
lasciarlo appeso alle pareti delle aule scolastiche e dei Tribunali.
Questa visione non costantiniana delle eredità religiose – “passione per il trascendente”, si potrebbe giu-
stamente definire, non svuotata e rinsecchita nella legge formale e/o nei suoi meccanismi di potere – torna
anche negli Appunti di oggi su Paolo di Tarso di Stefano Levi Della Torre. Cristianesimo non costantiniano
significa assunzione di responsabilità nel mondo a partire da un «disconoscimento radicale di ogni sacraliz-
zazione dello Stato e di Cesare per ribadire l’autonomia del religioso – “A Dio quel che è di Dio” - dalla sfera
dei rapporti di forza politico-militari» (pag. 26).
Ogni problema ha radici storiche. Tornando al conflitto arabo-israeliano, le schede più che opportune ap-
prontate da Ennio Abate sulla questione, guidano il lettore dalla prima guerra mondiale ai nostri giorni.
Oltre ai due temi indicati, centrali, per così dire, questo primo numero della rivista compie importanti esplo-
razioni su terreni quanto mai caldi, anche se tutt’altro che vergini:
A) Sulla biopolitica. Il concetto fu messo in circolo da Foucault nel corso al Collège de France del 1978/79.
Esso indica una rete di problemi e conflitti relativi agli attuali assetti dei saperi-poteri dominanti. La costitu-
zione biologica dell’uomo è diventata sempre più materia di confronti e scontri quotidiani. La posta in gioco
è altissima, sostiene Salzarulo recensendo Sulla giostra delle riviste due numeri di Micromega dedicati alla
“natura umana”. Da qui l’urgenza di attrezzarsi culturalmente, di impegnare con più decisione battaglie di li-
bertà: l’esito fallimentare del referendum abrogativo sulla legge 40/2004 (Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), costituisce, sotto questo profilo, un importante campanello d’allarme. Partendo da
questo risultato negativo, Paolo Cavallo riflette sulla Sfiducia nella scienza e Alessandra Roman su Il corpo
umano, campo di battaglia tra l’individuo e la società. Il primo ci mette opportunamente in guardia da uno
scientismo che chiude le discussioni, invece di aprirle (dobbiamo riservare – si legge a pagina 15 – «il nome
di scienza soltanto a quelle attività razionali, collettive, dialogiche, attraverso le quali ci liberiamo dei nostri
pregiudizi e della confusione fra i nostri desideri e le nostre credenze e la realtà»); la seconda, da una pro-
spettiva giuridico-filosofica, individua nel corpo la chiave di volta per una riflessione che ci conduca fuori dai
luoghi comuni: «il corpo si rivela come verità della persona, in cui si situa appunto quell’elemento unificante
tra l’umano generale e l’umano individuale. Il luogo della separazione e della relazione» (pag. 16).
Poliscritture/Editoriale Pag.
C) Sulla questione urbanistica: non si può vivere quotidianamente con livelli d’inquinamento pazzeschi e poi
continuare a volere uno sviluppo fondato sulle rendite. Una città come Milano insieme alla sua area metro-
politana è oggi una camera a gas. Si vorrebbe fuggire via, altro che fare l’esperienza dell’andare in città come
si narra nel bel racconto di Paolo Lezziero Goste e Renzo a Milano. Solo lo scioglimento del Parlamento non
ha permesso che la legge Lupi, una legge-quadro sull’uso dei suoli e sull’urbanistica davvero da lupi (nomen
omen!), venisse approvata anche alla Camera dei Deputati.
Antonio Tagliaferri compie una prima, utile riflessione prendendo come esempio paradigmatico Cologno
Monzese. Ma sulla questione bisognerà tornarci, perché è tutta una cultura (diffusa in ampi settori anche del
centrosinistra) che spinge verso il disastro di un’urbanistica selvaggia, consegnata alla speculazione immobi-
liare e alle rendite proprietarie.
Come si diceva una volta, questo è il pane. Ma non vogliamo rinunciare alle rose. Così accanto a questioni
dotate di una loro “pesantezza materiale”, il lettore complice troverà nello scaffale del nostro Zibaldone un
saggio di Mario Mastrangelo sulla poesia di Ermellino Mazzoleni e un dialogo di Salzarulo su Magris e Schil-
ler alla riscoperta di un legame forte poesia-storia
Per concludere, abbiamo un sito: www.poliscritture.it I materiali selezionati per questo primo numero sono
soltanto una parte rispetto alla quantità di quelli pervenutici. In questa quantità vi sono contributi assai
importanti. Almeno una parte dei nostri lettori complici, trasformandosi in navigatori della Rete, potranno
leggerli e scriverci i loro commenti.
Abbiamo parlato sinora di lettori complici. Non ci dispiacerebbe, comunque, averne anche di avversari, di let-
tori dichiaratamente nemici. Sarebbe un morso, il segnale aggressivo di una o più frecce giunte al bersaglio.
Poliscritture/Editoriale Pag.
1 Samizdat
fuori era peggio. Ma erano gli anni del rampantismo
feroce, molti iniziavano a essere spinti verso il confi-
ne della zona grigia, io con loro. E poi sono entrato
e uscito dai confini, senza nemmeno la speranza del
messicano che attraversa il Rio grande clandestina-
mente per fare il lavapiatti o l’uomo delle pulizie nel
Precariato grande regno delle possibilità chiamato Stati Uniti
d’America. Ho preso tutto quello che c’era da pren-
Diario di una discussione dere quando ce n’era, facendo dei casini inenarrabili
sul lavoro precario perché sei obbligato a non rifiutare nulla, pena l’im-
possibilità di avere una vita al limite della decenza.
con un commento Alcuni di questi casini li ho pagati non ricevendo più
di Sergio Bologna proposte di lavoro dalle committenze. A loro non
poteva fregare nulla se, nella stessa giornata, dove-
vo chiudere il loro e altri due lavori contemporanea-
A) Da Ennio Abate a Sergio Rotino (10 maggio mente. Sei un professionista? Allora lavora. Sbagli e
2005) paghi. Sbagli a prendere troppi lavori? Paghi. A loro
nulla importa se il tuo futuro ha un orizzonte talmen-
tu metti il dito sulla piaga accennando alla precarie- te incerto da non poter nemmeno essere chiamato
tà costante del lavoro. Tema tremendo. Ci sei dentro “orizzonte”? Tu devi prendere quello che c’è oggi per-
tu, c’è dentro mia figlia trentottenne con due figli da ché domani non sai cosa accade. Loro devono avere il
crescere e tanti, tanti altri. Hai pienamente ragione: meglio al minor costo.
destra e sinistra su questo problema – forse ancora Conosco un po’ il lavoro di Sergio Bologna, chissà se
più di altri - non vengono mai ad uno scontro chia- può avere interesse alle mie metafore. Io non ho inte-
rificatore. Hai visto la fine di Cofferati? Appena i la- resse ai suoi studi: mi deprimono e non mi stimolano
voratori tradizionali e nuovi hanno cominciato a coa- a reagire.
gulare delle vaghe speranze attorno alla sua figura, Ecco, credo che molti di noi vecchi, insieme a tutti i
pur di evitare il minimo rischio che reclamassero un “giovani” che sopportano questo stato di cose, rien-
passaggio dalle manifestazioni simboliche agli atti trino nel quadro dei depressi. Non sanno più come
concreti, si è fatto trasferire (o l’hanno “comandato”) reagire, sono come cani alla catena che hanno smesso
a Bologna? di abbaiare. Tanto non cambia nulla. Facciamo male,
Io da anni cerco di informarmi sulle trasformazioni perché un giorno la rabbia che cova dentro potebbe
del lavoro. Ho letto cose intelligenti sulla questio- esplodere male e far male senza costrutto. Ma quan-
ne da parte di Sergio Bologna, Andrea Fumagali ed do? Sai, se le parole dei politici tutti iniziano (e dico
altri. Cerco di far discutere del problema il Forum “iniziano” per pietà) a sembrarti vuote litanie, allora
sociale di Cologno costituitosi in occasione delle ele- il problema è grave. Allora vuol dire che la Società
zione del nuovo sindaco. Spero di farne un tema di civile deve ripartire dal basso e da se stessa con un
rilievo e ricorrente della rivista. E guardo con sim- esame di coscienza che si allontani dai balletti di pa-
patia lo spiraglio aperto da quanti hanno convocato lazzo, come invece adesso non riesce a fare.
il Mayday e almeno affermano l’esigenza dell’autor- La Società dovrebbe tornare indietro: non a una mai
ganizzazione dei lavoratori precari, rompendo silenzi esistita età dell’oro ma a riflettere sulle ragioni che
e complicità. l’hanno resa così carogna morta e putrescente. E su-
bito dopo a rimboccarsi le maniche.
B) Da Sergio Rotino a Ennio Abate (10 maggio Non vale parlare di capitalismo e di colpe del capita-
2005) lismo. Perché se quello è un virus letale, allora siamo
tutti infettati.Ma cerchiamo di ragionare su un capi-
Vedo che il tema ti tocca da vicino. E che hai una vo- talismo equo, che non vuol dire comunismo, ma solo
lontà indomita di capire. Invece io ho tirato i remi in distribuzione delle ricchezze in proporzioni giuste e
barca, convinto che il capire le nuove modalità di la- giustificate, attenzione ai problemi della società e di
voro non mi possano essere di nessun conforto. Con- chi la abita, circolo virtuoso. Cosa sia questo che dico,
vinto inoltre che non sono più nemmeno carne da non lo so. Vorrei però che qualcuno mi aiutasse a ca-
macello, ma polvere. Ho iniziato questa discesa verso pirlo.
un pessimismo dell’irragionevolezza nel passaggio da
“giovane” a “uomo”. Vedevo che, come “giovane”, le c) Testimonianza di Elena Abate (20 maggio
opportunità tanto sbandierate da sinistra e destra, da 2005)
pacchetti Treu e altre baggianate, non esistevano se
non in modo relativo e sempre legate a una zona gri- Cari/e della rivista POLISCRITTURE, raggiungo le
gia della durata (in anni) indefinita. Era la prima fase sponde del vostro “universo” letterario ed intellettua-
del precariato imposto, ma non capivo. Diventato le su invito di mio padre, Ennio, per parlare su un
“uomo” mi sono trovato sempre in questa zona grigia tema che mi tocca da vicino da quasi 20 anni (da poco
e ho iniziato a capire che non vi era sbocco anzi, do- ne ho compiuti 38 e lavoro da quando ne avevo 18).
vevo restar dentro il grigio, perché se ne uscivo al di Scrivervi significa superare in parte alcuni dei miei
Poliscritture/Samizdat Pag.
conflitti e pregiudizi riguardanti l’idea (conscia e in- ho lavorato, oltre che nelle scuole, sempre come
conscia) che nella vita mi sono fatta del mondo intel- esperta e “creativa”, nel teatro di strada, in animazio-
lettuale in genere. Da una parte come di: qualcosa da ni di vario genere (private e/o feste comunali) e nei
me distante; qualcosa di poco utile; qualcosa di fred- centri estivi.
do; qualcosa di complicato; qualcosa di giudicante. Sempre nei ’90 (e per quasi 8 anni) ho lavorato con-
Dall’altra come di: qualcosa di rassicurante; qualco- temporaneamente come bibliotecaria scolastica, con
sa che riordina; qualcosa di estremamente valido alla contratto di 8 mesi (a tempo determinato) presso il
comprensione e dunque all’azione (laddove sia pos- Comune dove vivo e sono nata (Cologno Monzese)
sibile). Realizzavo progetti di animazione della lettura con
Evidentemente tutto ciò ha a che fare con le mie vi- insegnanti delle elementari e delle medie inferiori.
cende personali, familiari, culturali, etc. Evito, dun- Il lavoro come precaria /stagionale a Cologno, che
que, lunghe analisi e narro la mia esperienza perso- mi dava una certa serenità economica, anche se ben
nale di precaria, che naturalmente ha determinato lontana dall’idea della pensione o del posto fisso, è
parte delle mia vita e delle scelte possibili. Le prime terminato bruscamente e traumaticamente. In se-
parole a proposito sono: CHE FATICA! guito ad una legge finanziaria dell’epoca (Quale n.?
Attualmente vivo coi miei due figli (di 7 e 8 anni) e Boh!) fu revocata la graduatoria del concorso al quale
conduco laboratori espressivo-dinamico-corporei avevo partecipato e che avevo superato. Di punto in
(un misto di teatro, danza ed espressione corporea) bianco sfumò la prospettiva del posto fisso; e così, in
laddove mi assumono; e cioè nelle: - scuole di ogni coincidenza della nascita della mia prima figlia (ma
ordine e grado (in particolare materne ed elementari, anche del mutuo e di tante altre cose), mi ritrovai di-
ma si prospettano anche medie inferiori e superiori soccupata. Madre e disoccupata : il colpo fu durissi-
per l’anno prossimo); - comunità terapeutiche (per mo. Non valsero a nulla né le proteste, né il ricorso ai
esempio, rivolte al recupero delle tossicodipenden- sindacati, né l’incontro col sindaco.
ze o all’assistenza di ragazzi cosidetti problematici); Dunque, se l’ingresso a 20 anni nel “mondo del lavo-
associazioni culturali (delle donne o per il tempo li- ro” fu per me problematico (come per tanti), quello
bero). a quasi 30 nel “mondo adulto” vero e proprio è stato
micidiale. In quegli anni dovetti reinventarmi, con
Talvolta seguo in qualità di tutor progetti, con monte tutte le limitazioni derivate dall’avere due figli piccoli
ore tra i più variegati (da un minimo di 40 ore ad un e una separazione in corso. Percepii allora che l’uni-
massimo di 150 ore), di reinserimento nel “mondo ca cosa che mi sosteneva (almeno consciamente) era
del lavoro” (ironia della sorte !) di ragazzi disabili e/o il corpo e l’istinto. La ragione e le emozioni andavano
problematici. In breve li affianco sul posto di lavoro, ormai alla deriva (o probabilmente lavoravano sot-
parlo con loro delle loro emozioni e/o problemi re- teraneamente). Decisi di puntare sulle uniche cose
lazionali-emotivi; e gli faccio da filtro con i datori di che sapevo ancora fare: muovermi, ballare, inventare
lavoro e l’universo di “esperti” - psicologi, insegnanti, storie, stare coi bambini. Mi riproposi alle scuole in
assistenti sociali - che ruotano attorno queste realtà. modo completamente individuale (e non più come
Riesco a lavorare più o meno da ottobre a maggio, componente di un gruppo teatrale come prima, visto
districandomi tra varie sedi: a Milano e nei comuni che non potevo più uscire la sera a causa dei bimbi o
dell’hinterland; e spendo un sacco di soldi per la ben- partecipare alle prove di spettacolo); e riuscii a ritro-
zina - equivalenti quasi ad un 25% dell’importo netto vare lavoro. Nelle comunità e poi come tutor per i
che riesco a portare a casa in un anno. Da giugno a “disadattati”; e alle condizioni che ho descritto.
settembre poi, mi metto a ricercare lavoro, a prende- I pagamenti dei progetti realizzati mi vengono fatti
re contatti, a spedire mail, ad inventare progetti. dopo molto tempo; e la parola d’ordine coi miei fi-
Nel “mondo dell’assistenza” (mi riferisco alle comu- gli è “appena arrivano i soldi, faremo questo e quel-
nità terapeutiche rivolte al recupero dei tossicodi- lo, compreremo questo e quello”. Sempre dopo aver
pendenti, dove arrivai chiedendo di collaborare come restituito prima quelli che chiedo in prestito per so-
esperta in laboratori espressivi e come tutor) ho pro- pravvivere nel periodo in cui non percepisco reddito
vato solo grandi frustrazioni: il sentimento di essere (ma queste cose a loro non le dico). Mi viene sempre
sfruttata; la consapevolezza, acquisita nel tempo, di in mente il film di Chaplin (titolo?), in cui lui si man-
tappare buchi dovuti alle mancanze delle altre figure giava la scarpa fumante e scambiava l’amico per un
professionali; il senso di inutilità del mio apporto pollo gigante. Quella scena mi fa sorridere: mette la
umano e professionale, laddove tutti parlano oppor- tragedia in chiave comica e mi stimola a superare la
tunisticamente di “aiuto al più debole” e poco fanno depressione (che comunque talvolta arriva) o a cerca-
praticamente a tal proposito; i pagamenti irregolari. re qualche altra idea per campare.
Il futuro? Non so...Per il momento il corpo e l’inven-
In una parola: mi sono ritrovata in trincea più volte,
tiva ancora reggono. Mi piacerebbe aprire un centro
in un corpo a corpo - non è una metafora - con utenze
con altri/e magari con fondi statali e/o convenzioni
difficili, persone con doppia patologia (tossicodipen-
varie, ma non credo sia una cosa imminente. Oppure
denti/schizofrenici, tossicodipendenti/anoressiche)
trovare un posto fisso presso qualche scuola o cen-
senza alcun sostegno e senza alcuna garanzia della
tro come “esperta-terapeuta-creativa”, ma questo mi
continuità del lavoro.
sembra ancora più difficile. La pensione? Non so...A
In passato, prima dei figli (cioè fino ai miei 28 anni) me non spetta, mi dovrei pagare un’assicurazione...
Poliscritture/Samizdat Pag.
ma ci penserò quan- “spirito critico”, alla “creatività”, alla “apertura men-
do avrò un esubero tale” - senza che con ciò si esca affatto dalla cornice
di 100 o 200 euro al d’insieme. Io stesso sono tutte queste cose, sono un
mese. Uscire dalla bravo studente a cui piace saper risolvere gli esercizi
città? Andare in un che un’autorità benigna gli assegna, sono una perso-
paese più piccolo e na bene educata che sa godere del bello come si deve.
provare a piazzar- Sono stato formato così e questo è l’ideale umano a
mi, nel mio mestie- cui informo istintivamente il mio lavoro di insegnan-
re, senza così tanta te. A cosa “serve” tutto questo ai miei studenti? A
concorrenza? Non cosa servono gli ideali umanistici ad esseri umani che
so...mi rimangono non avranno forse più né un lavoro rigidamente or-
forse una decina dinato e comandato, né un vero tempo di non lavoro
d’anni per fare il che possa diventare tempo per sé? Cosa serve, invece,
salto, dopo sarei già a queste persone? Che razza di scuola, seppur una,
troppo vecchia. Un sarebbe loro utile? E qui, naturalmente, le difficoltà
posto part-time o cominciano proprio da termini come “servire” e “uti-
fisso presso qualche le”. Non ho certamente paura del principio di utili-
azienda di chessò? tà; ma è chiaro che si può parlare di un’utilità servile
Nella disperazione e di un’utilità critica, si può pensare a un vantaggio
a volte ho conside- immediato e subalterno, o un vantaggio che costa fa-
rato anche quello tica e conduce alla libertà. (Qui il mio spinozismo è
(segretaria, ai tele- esplicito.) La relazione fra i due livelli è complessa,
foni della Wind-Tim, pulizie), ma ho calcolato che un insegnante responsabile non potrebbe certamente
guadagnerei in media al mese poco più di quello che ignorare il primo in nome del superiore valore mo-
prendo adesso...E poi chi c’è mai stato in un ufficio o rale del secondo. Ma la difficoltà decisiva è l’assolu-
a timbrare un cartellino o a fare qualcosa che gli altri ta incertezza circa cosa possa portare tanto al primo
ti dicono di fare e che non ti interessa neanche un quanto al secondo. La questione è perfino se la scuola,
po’? Beh...nella speranza che nuovi venti di piazza si come ambiente stabile e ben definito da regole e abi-
risollevino vi saluto e a presto!!! Intanto continuo ad tudini, possa in un modo qualunque preparare alla
arrangiarmi e a seguire l’istinto, il corpo, il gioco, la sopravvivenza e perfino alla felicità in un ambiente
relazione...e un po’ di metodo. incostante e incerto. E anche psicologicamente, quali
prove ed esercizi possono preparare a sopportare la
E) Da Paolo Cavallo a Ennio Abate (14 giugno precarietà? Come vedi, potrei formulare domande a
2005) lungo. Ma non so davvero dove cominciare a cercare
Il lavoro precario mi appare infatti come un’eventua- delle ipotesi di risposta.
lità sempre più probabile nel futuro dei miei studen- (Prima di abbandonare per il momento il tema, vole-
ti. Mi chiedo allora in che modo posso aiutarli ad af- vo riportare un’osservazione che non ha che fare con
frontarla. Mi capita spesso di sospettare una distanza esso, ma con il contributo di tua figlia. Mi ha colpito
così grande fra l’ideale (il contenuto della cultura che
molto il modo in cui Elena descrive il suo rappor-
contribuisco a trasmettere) e il reale, da togliere ogni
to con “il mondo intellettuale in genere”. Lo descri-
senso al primo termine. La scuola superiore italiana
ve “distante, freddo, giudicante”. Eppure, mi sono
è ancora sostanzialmente quella che ho frequentato
detto, questo contributo è lucido, onesto, scritto con
io da studente negli anni settanta. Il suo umanismo si
efficacia. Cos’altro farebbe un “intellettuale”? Chi al-
regge sostanzialmente ancora su due modelli: quello
tro sarebbe? Mi chiedo davvero che cosa intervenga
del buon lavoratore dipendente, docile, preparato al
fra una persona che racconta la propria esperienza
suo compito, paziente, diligente, ordinato e respon-
sabile; e quello dell’uomo temporaneamente libero e un “intelletuale”, a far sì che quest’ultimo risulti
dallla necessità del lavoro e capace di coltivare la pro- freddo e distante. Davvero basta che al racconto si af-
pria interiorità con i frutti della “cultura universale” fianchi la riflessione razionale, perché il rigore risulti
(che poi è poco più che europea - ma questa è un’al- senz’altro invernale?)
tra storia). Negotium e otium, insomma. Dove (nel-
le discipline o nelle scuole in cui) prevale il secondo F) Da De Feo a Poliscritture (15 settembre
termine, il comportamento finale da raggiungere è la 2005)
contemplazione esteticamente appagata dei “tesori
della cultura”, l’apprezzamento sincero e spontaneo Premetto: sono molto arrabbiato, complice una serie
di quelle opere che un animo nobile deve apprezzare. di circostanze che fanno di me una specie di scheggia
Dove prevale invece il primo termine, l’obiettivo è la in balia del vortice del lavoro precario ... ma perchè
consegna di elaborati corretti e puntuali, l’esecuzione non usare il più giusto termine di schiavitù mal re-
a regola d’arte del compito assegnato, accompagnata tribuita? Forse perché farei torto alla piccola socie-
dalla giusta soddisfazione per l’abilità tecnica con- tà per cui lavoro, tirata su a costo di grandi sacrifici,
seguita. In questi due grandi ambiti venerabili può ma tant’è. L’idea di partenza, cari amici, era quella
trovare posto una più o meno sincera attenzione allo di stilare una sorta di testamento spirituale con cui
prendevo congedo dalla parte sana del mondo, quella
Poliscritture/Samizdat Pag.
che ancora si sbatte per scardinare a suon di paro- cissimi, pagati una miseria, che dalla sera alla mat-
le, scritture e guizzi creativi questa specie di Arma- tina si ritrovano con le pezze al culo - pardon! - solo
geddon dove a fare la voce grossa sono senpre loro, perchè gente di due soldi, abituati a comandare e ad
i padroni. E per assurdo, credetemi, da loro potrei esercitare in modo arbitrario il loro potere, continua-
anche accettarlo, è inciso a fuoco nel loro DNA: noi no a tracciare sulla lavagnetta i buoni da una parte
comandiamo, voi zitti là a buttare il sangue.A pro- ed i cattivi dall’altra. Qualcuno, poco fa, si è preso la
posito, non mi sono neanche presentato: Luciano briga di dirmi: ma stai tranquillo, chi te lo fa fare?
De Feo, catalogatore bibliografico specializzato, con Tanto non cambierà mai niente, hanno sempre ragio-
tanto di attestati e codici a barre, da sei anni a trava- ne loro. Ecco, se debbo essere sincero, è questa frase
gliare sull’Isola dei Senza Nome del lavoro precario, che ha fatto scattare in me la molla dell’indignazio-
quello che un tempo - era il Medioevo del mercato ne: perché se a Locri studenti rischiano la vita per
del lavoro, do you remember? - si chiamava Cottimo, dire basta alla ‘ndrangheta, io trovo vergognoso che
poi lavoro nero più o meno “emerso”, poi qualcuno qualche portaborse si permetta di dire a me, che dò
forse colpito precocemente dall’aviaria s’inventò la l’anima ogni giorno per quattro centesimi: chi te lo fa
sigla Co.Co.Co., adesso contratto a progetto ... tutto fare, tanto alla fine hano sempre ragione loro!
molto bello, direbbe qualcuno, ma la sostanza è una La signora in questione, tra l’altro, non è neanche la
sola: ci sono Enti pubblici mal governati che s’indu- direttrice, ma una sua facente funzione, messa qui
striano a commissionare non meglio definiti progetti perché la Direttrice, quella vera, ha altro a cui pen-
che piccole realtà, spesso propaggini del grande elet- sare, che occuparsi della Biblioteca. Grazie al Partito
tore di circostanza, s’incaricano di portare avanti al Popolare, per averci regalato una fiera corrotta che
meglio, a costi molto contenuti, perché c’è una ma- flirta a destra, pur di ingrassare il suo borsellino, gra-
rea di tutor e “consulenti” da retribuire, poi vengono zie al Governo e al “compianto” Biagi, per aver ripor-
i “quadri” societari, col resto della tortina, e ultimi, tato indietro le lancette del tempo, grazie a quaqua-
loro, GLI ATIPICI, contrattualizzati una tantum, re- raqua con la pancia piena, che ancora si vendono le
tribuiti appena qualcuno si degna di “sbloccare i fon- figlie per fare il “buon matrimonio”, grazie a quanti
di”, meglio se lasciati in banca a lievitare di interessi tacciono, perchè è meglio. A voi, amici, chiedo scusa
ed affini. La mia mansione in teoria è semplice: occu- per lo sfogo. Di politica, parlo di quella coltivata quo-
parsi di fondi librari da inventariare, ossia ordinare, tidianamente, ne so meno di tanti di voi, che invece
poi schedare, catalogare, collocare su scaffali, reper- mostrano grande preparazione ed una saldezza di
toriare in rete, e all’occorrenza, dal momento che ci nervi che invidio. Poco scrittore e assolutamente vul-
si trova, corredare di informazioni ad uso dell’utente. nerabile, nel mio disincanto, spero di aver in qualche
Altra premessa: la Biblioteca Provinciale di Salerno, maniera contribuito al dibattito, perchè per fortuna
la più antica d’Italia, conta tra ilsuo personale un bel c’è anche una libera informazione, da qualche parte,
mazzetto di figurine miracolate dalla vecchia nomen- e anche dirigenti capaci ed equanimi ed un gruppo
clatura, senza alcuna qualifica, poi qualche LSU [?], come i CCCP, aka CSI, aka PGR, che alle tematiche
e un manipolo di brave persone veramente capaci a noi molto care hanno dedicato canzoni che, quelle
che sgobbano per tutti gli altri. Al vertice una don- sì, grazie a Dio, resteranno nella storia. Grazie a tutti,
na che non è priva di capacità, anzi, ma memore di amici miei.
quando lei era “nessuno o giù di lì”, appena collocata
sul piedistallo, si è più che adeguata, esercitando in G) Da Enrico Benella a Poliscritture (27 no-
modo discutibile il suo potere, tra appalti di comodo vembre 2005)
e angherie intollerabili, ma mi rendo conto cheque-
sto è malanimo, allora cerco di concludere. Al termi- Eccovi i miei 25 centesimi (per fare pendant con i
ne dell’ennesimo episodio di disfunzione operativa, miei anni) sul precariato. Per me superare il preca-
ossia di malfunzionamento del software costato mi- riato ha significato inventare la mia indispensabilità
lioni di vecchie lire all’Ente Provincia, il fesso qua si in azienda. Ho passato gli anni finali dell’università a
è “permesso” di manifestare il proprio disappunto, collaborare, più per gioco che per misero guadagno,
perché voglioso di iniziare il lavoro ... qualcuno aveva con una piccola ditta; col tempo si è instaurato un
lasciato un PC in modalità lavoro al piano inferiore, rapporto di fiducia, se non di necessità: io ho impa-
infischiandosene del fatto che poteva bloccare tutti rato che cosa vuol dire stare nel mondo del lavoro e
gli altri connessi in rete - altra cosa inspiegabile! - e ho fornito al mio capo un servizio che il tempo ha tra-
la cara Mega Direttrice non ha trovato di meglio che sformato in un investimento. Se io me ne andassi, per
farmi pagare questo “sgarro” denun- lui sarebbe duro trovare un sostituto, che a parità di
ciando la mia “condotta aggressiva” al preparazione comporterebbe un alto costo in termini
mio referente in seno alla Società che mi “paga”. Ri- di rischio e di formazione, nel senso di reciproca co-
sultato: se non fossi il più veloce e “produttivo”, sta- noscenza oltre che di abilità acquisite negli anni per
mane sarei stato rimosso dall’incarico, e tanti saluti prove ed errori.Ne ho avuto la prova quando è venuto
all’onestà, all’abnegazione e alla buona lena! Tutto il momento del servizio civile: ho posto l’azienda di-
questo per dire che a 43 anni, dico basta a questa por- nanzi al bivio di assumermi a tempo indeterminato
cheria, a questa classe politica che da ogni direzione (così da ottenere la dispensa) o di perdermi per un
permette questo status quo, perchè per me tutto va anno se non per sempre, e hanno scelto la prima op-
ricondotto al lemma maledetto: SFRUTTAMENTO! zione. Non è un idillio: sono pagato poco, ma almeno
Nella mia posizione ci sono centinaia di ragazzi capa- ho un reddito fisso che mi permette eventualmente
Poliscritture/Samizdat Pag.
di cercare un’occupazione migliore senza l’ansia da post-lauream.
horror vacui che hannoi laureati disoccupati. Io per E chi viene rifiutato? Invece di perdere cinque anni
ragioni inspiegabili devo ancora discutere la tesi, e il per avere un lavoro indegno del proprio percorso
lavoro me lo sono guadagnato perché non vendo un formativo (se e quando arriverà), si cerchi da subi-
pezzo di carta, ma abilità concrete derivanti in (mi- to un’alternativa meno prestigiosa e intellettuale;
nima) parte dagli studi e in (buona) parte dalla mia si dia da fare, insomma. C’è tantissima richiesta di
curiosità / imprenditorialità. E anche dalla fortuna, è manodopera operaia più o meno specializzata, che
innegabile. Aiutati ché il ciel t’aiuta. i laureati disoccupati rifiutano per supposta nobil-
Non credo che un intervento politico dall’alto tà finché non vi sono costretti dalla necessità. Se in
possa risolvere d’emblée il problema di un futu- luogo di questa (per altro sacrosanta) frustrazione
ro incerto: a mio modo di vedere, i rapporti di la- si mandassero in fabbrica i gggiovani meno porta-
voro sono questione più micro- che macro-so- ti agli studi accademici, il sistema complessivo ne
ciologica. Non nego che il mondo esterno (pace trarrebbe un più umile ma sicuro giovamento. Si
nel mondo, crisi petrolifera, euro, etc.) abbia un rivalutino i mestieri, invece di svalutare le profes-
impatto economico sulla disponibilità di un’impresa sioni inflazionandole. ciò si dovrebbe affiancare
ad assunzioni stabili, ma credo che tale influenza sia una intensa collaborazione tra lezioni e impresa. È
meno determinante del talento nel vendere le proprie impensabile che, a meno di iniziative personali, un
idee. Se dimostro che con me l’azienda ci guadagna e laureato possa arrivare nel mondo del lavoro com-
pletamente vergine di esperienza. Ben vengano gli
che la mia assenza creerebbe un bel problema, nes-
stages, ma da subito, non all’ultimo anno o dopo la
sun imprenditore sano di mente rinuncerà mai a me;
tesi: negli Stati Uniti, ad esempio, qualsiasi graduate
se tenterà di ricattarmicon contratti a progetto, avrò
ha un curriculum lungo almeno due pagine con inter-
comunque io il coltello dalla parte del manico.
nships e lavoretti che ne attestano la voglia di fare e
le concrete capacità. E sono queste le cose che cerca-
Chiaro, essere indispensabili è difficile, se non im-
no davvero i datori di lavoro, al di là del bagaglio di
possibile; di certo non è da tutti. Bisogna avere idee,
nozioni la cui utilità è parziale quando va bene e pari
la capacità di realizzarle e l’abilità di venderle; e più a zero nella stra-grande maggioranza dei casi. Ora,
la concorrenza è numerosa, più è difficile aggiudicar- se l’università sfornasse una minoranza di persone
si il primato, se non il monopolio. Questo principio preparate,flessibili e non da svezzare completamente,
del libero mercato vale per le imprese, ma vale anche sono convinto che i datori di lavoro farebbero a gara
per i lavoratori; non ci si può fare nulla. Del resto, se per accaparrarsele. Oggi invece i laureati sono un
non si ha qualcosa di davvero buono da offrire, non gregge per lo più sprovvisto di competenze vendibi-
si capisce nemmeno perché qualcuno dovrebbe com- li, e offrono all’impresa capacità individuali indimo-
prarlo, tanto in un negozio quanto nel mercato del strate e indimostrabili al momento del colloquio; uno
lavoro. È un ambiente duro e selettivo, mais c’est la vale l’altro, e non c’è da meravigliarsi se all’appiatti-
vie, mes amis. Non si può pretendere di prevalere se mento del mercato corrisponde la crisi del valore del
non si hanno i mezzi per farlo. singolo. Di qui alla precarietà il passo è immediato:
Che cosa può fare la politica per rendere la lotta per il se l’imprenditore sa che fuori c’è la fila per il posto,
posto fisso un combattimento meno all’ultimo sangue, porrà le condizioni economiche che più gli faranno
promuovendo il merito e disincentivando la svendita comodo - condizioni ovviamente al ribasso.
del lavoro intrinseca agli sfruttamenti “a progetto”? Alla quantità dell’istruzione di massa si preferisca la
Non credo che politici e sindacati possano agire sulla qualità: invece di mandare il succitato gregge al mas-
richiesta, ma sull’offerta sì. Bisogna partire dall’uni- sacro, si premino i più meritevoli e non si trasformi-
versità, e guardare realisticamente alle richieste del no gli atenei nell’immondo parcheggio cui è già stato
mondo del lavoro. In primis va posto il numero chiuso condannato il liceo. Si abbia rispetto della gioventù
all’università: a che pro milioni di filosofi disoccupati non costringendola studiare più o meno controvoglia
e frustrati invece di selezionarne qualche migliaio in per un pezzo di carta dal valore nullo. La si smetta
proporzione alle esigenze del mercato? Se un contadi- coi discorsetti sul “seguire le proprie passioni”che
no produce troppe patate, è ovvio che finirà per sven- portano a conoscere Kant ma a non poterlo utilizza-
derle e per perderci. Bisogna smetterla con la retorica re. Ti sei voluto divertire studiando ciò che ti piaceva
della “cultura per tutti”. Per acculturarsi bastano le invece di ciò che ti poteva essere utile? Bene, allora
librerie, le biblioteche e il tempo libero; l’università non lamentarti se nessuno ti assume; sennò prendi la
non deve preparare dotti: la sua funzione principale è disoccupazione con filosofia, se l’hai studiata. Si valo-
quella di dare ai laureati un diploma spendibile nella rizzi la creatività dei vent’anni promuovendo una di-
realtà lavorativa e una forma mentis che permetta di versità di stimoli e di esperienze, invece di spedire gli
riciclarsi in caso di difficoltà. Non c’è solo amore per studenti nel vicolo cieco della cultura fine a se stessa.
la cultura, ma anche e soprattutto il bisogno di gua- Se non vi sono le risorse per un mondo di intellet-
dagnarsi il pane un domani. Investire denaro, tempo tuali e di quadri, si faccia in modo che chi si iscrive
e fatica in un progetto accademico sterile è un lusso all’università valuti con più attenzione il rischio di
per pochi, uno spreco di risorse fisiche e intellettuali restare a spasso dopo la laurea. Se la gente avvertirà
che la nostra società non può né deve permettersi. Sì concretamente il pericolo e non si rassegnerà al desti-
al numero chiuso, alla selezione feroce che è garanzia no ineluttabile, si darà una mossa e metterà a frutto
Poliscritture/Samizdat Pag. 10
le proprie capacità, o altrimenti peggio per lei - swim presa»: «avere idee, la capacità di realizzarle e l’abi-
or sink... Move your ass! È normale vi sia incertezza lità di venderle». Ed essa dovrebbe valere per tutti:
in gioventù (intendo under 30), ma dev’essere un in- imprese, ma anche lavoratori. L‘idea del «libero mer-
centivo a darsi da fare. cato» non è mai messa davvero in discussione. Come
convincerti di quanto sia dannosa? Non ci provo
Non si tratta dunque di garantire un posto stabile a neppure. Mi limito a segnalarti che non tutti ci cre-
tutti come se fosse un diritto o una generosa elar- dono. A me e a molti il «principio del libero merca-
gizione dell’alto - cosa impossibile! – ma di creare to» contro cui non si può «fare nulla» pare un mito.
un ambiente che valorizzi da subito chi ha talento e Esso nasconde le tante cose davvero buone (amore,
buona volontà. Bisogna innanzitutto sgombrare una intelligenza, amicizia, solidarietà, ecc.) che i capita-
concorrenza che, invece di promuovere i migliori, li listi deturpano o riducono con inganni e violenze (su
nasconde nella massa se loro per primi non si sono cui ormai si sorvola) ad idoli mercificati, ma che non
dati da fare per distinguersi. Bisogna promuovere riescono del tutto a dominare.
una mentalità diversa da “studio ciò che mi piace, poi
chissà”. Bisogna non creare ambiziose aspettative di 4) Che ci troviamo, grazie a costoro e al loro accre-
ricchezza e felicità per tutti. Il realismo e la concre- sciuto dominio (oggi mondiale), in un «ambiente
tezza non sono qualità innate, ma le si acquisisce sul duro e selettivo» è vero. Ma esso non è la vita. Vi si
campo e col tempo; e a trent’anni, ahimè, rischia di sovrappone. Si interseca con essa. Dire: «c’est la vie»
essere troppo tardi... è fuorviante. La vita all’incirca da metà Settecento è
sottomessa a questo meccanismo artificiale sempre
H) Da Ennio Abate a Enrico Benella (28 no- più astratto e potente, che la modella e in parte la svi-
vembre 2005) luppa anche, ma deformandola sempre a sua imma-
gine e somiglianza. Non senza però reazioni (dissen-
I tuoi «25 centesimi… sul precariato» sono agli anti- si, conflitti, rivolte e persino alcune “rivoluzioni”, che
podi delle opinioni espresse finora nei vari interventi. pur fallite hanno lasciato tracce indelebili). Esiste una
Li prendo però sul serio e provo a risponderti, usando durezza e selettività della vita stessa (o della «nuda
la vecchia moneta della mia obsoleta generazione: vita»)? Certo. Cosa c’è di più duro e selettivo della
morte? Ma a tale durezza e selettività si è sovrappo-
1) Tu hai superato al momento (ti auguro per sempre) sto questo meccanismo artificiale e astratto costrui-
la trappola del precariato. Sei tra le mosche bianche. to nello scontro tra individui, gruppi e classi sociali.
E senza l’«ansia da horror vacui che hanno i laureati Troppi lo giudicano ormai “naturale” o preordinato
disoccupati», come scrivi, guardi in modo un po’ eli- da un dio o da un destino. Non è così.
tario - mi pare - agli altri: la moltitudine delle mosche
nere ovvero i precari che si contano a milioni e alle 5) «La lotta per il posto fisso» (metafora «micro» di
dinamiche del mondo del lavoro, che nelle società conflitti «macro»: di classe? di nazioni? di civiltà?) è
contemporanee (o postfordiste) è sempre più sen- solo un aspetto delle lotte sociali che oggi si presen-
za garanzie, flessibile, intermittente. Parti dalla tua tano in forme più frammentate e oscure che in pas-
esperienza ma, mi pare, con eccessiva sicumera. Non sato. Ci sono quelle degli immigrati. inizi di lotte per
ti chiedi quanto rende il tuo lavoro all’azienda, accetti il «reddito di cittadinanza» in reazione a disoccupa-
senza troppi pensieri di essere pagato «poco», senti zione e precariato crescenti, sul simbolico (Internet,
con orgoglio il vantaggio di avere un reddito fisso e la comunicazione, ricerca). Sono poco note, stravolte,
possibilità di cercare una migliore occupazione. Tut- oscurate, malgrado le potenzialità mirabolanti di In-
to sembra confermare la tua filosofia di vita: «Aiutati ternet, della stampa, della televisione. Non so quan-
che il ciel t’aiuta». to tu ne sia informato. Di quelle che spuntano nelle
università (ricercatori, dottorandi, ecc.) parli con il
2) Mi pare che questa condizione un po’ ovattata ti buon senso pragmatico che a me pare tipico di molti
renda miope: i reali rapporti di lavoro nella società imprenditori: dateci il numero chiuso; selezionateci
attuale ti sfuggono. Marx parlava di falsa coscienza quelli che ci servono per le «esigenze del mercato»;
necessaria : necessaria, perché chi deve adattarsi a basta con la “cultura per tutti”; l’università ai «dotti»
una situazione imposta e non controllabile deve di- (= alle classi dirigenti, come ai bei tempi di Gentile?);
strarsi dai reali meccanismi a cui è sottoposto e deve agli altri «un diploma spendibile nella realtà lavora-
trovarli, se non soddisfacenti, almeno «convenienti». tiva e una forma mentis che permetta di riciclarsi in
Anche tu, a mio avviso, sembri aggirare la realtà con caso di difficoltà». Perché non interrogarsi sul de-
dei luoghi comuni rassicuranti e diffusissimi fra i clino industriale dell’Italia, sulle scelte sbagliate dei
tuoi coetanei e forse nell’ambiente che frequenti: la “grandi” imprenditori (Fiat ad es.), sulla loro corru-
svalutazione della politica che - dici - non può «ri- zione (Parmalat, Cirio, ecc.), sulla decadenza della
solvere d’emblée il problema di un futuro incerto»; ricerca scientifica?
la preferenza per il «micro» rispetto al «macro»; la
fiducia che il «talento» o il «vendere le proprie idee» 6) Al posto di un’università che sforni «una minoran-
s’imporrebbero di per sé alle imprese. za di persone preparate, flessibili e non da svezzare
completamente» ad usum delle esigenze immediate
3) Nel tuo intervento sembri parlare da imprenditore (e spesso di cortissimo respiro) dei «datori di lavoro»
in pectore. Condividi pienamente la «cultura d’im- ci potrebbe essere – fu pensata nel ’68, non è idea
Poliscritture/Samizdat Pag. 11
neppure oggi “morta” e qualche esempio in giro resi- - Aldo Bonomi e Enzo Rullani, Il capitalismo personale,
ste! - una «libera università critica», non subordinata Einaudi
alle loro esigenze ma capace di interpretare quelle di - Federico Chicchi e Michele La Rosa, Reinventare il lavo-
una società ricca di potenzialità intellettuali spreca- ro, Sapere 2000
te. Quei laureati, che vedi come «un gregge per lo più - ultimo numero de “L’ospite ingrato”, rivista del Centro F.
sprovvisto di competenze vendibili», hanno abilità e Fortini di Siena edito da Quodilibet su Società, conoscenza
conoscenze che esorbitano dal “vendibile” e potreb- e educazione]
bero essere ben più produttive in un sistema econo-
mico non bloccato e di spreco come questo.
Poliscritture/Samizdat Pag. 12
al di sotto dei 9 dipendenti, non tutelate dall’art. 18 detto “capitale umano”. Conta l’opportunismo, la
dello Statuto. Sono impresine, in gran parte a loro furberia, la protezione di qualcuno, l’appartenenza
volta ricattate dai loro committenti, basta una fattu- a una famiglia rispettata o danarosa.
ra non pagata per mandarle in rovina. In maggio- Ma fermiamoci un attimo su quella minoranza di
ranza del settore edile. Né dicono che gli autonomi “intellettuali” che ancora scrive quello che pensa e
calano vertiginosamente nel commercio al dettaglio che non gode di privilegi, che deve finanziare le rivi-
(in seguito all’espansione della Grande Distribuzio- ste su cui scrive perchè le altre sono loro negate e che
ne) o nell’agricoltura, ma continuano ad aumentare bene o male deve anche campare – spesso di lavori
nel settore “professionisti”, “servizi alle imprese” e precari - e pensare ai figli. Nei casi migliori il loro
simili, dove si concentra una buona parte del pre- contributo è quello di diradare le nebbie che avvol-
cariato. Ogni tanto guardo il sito www.lavoce.info, gono la verità ma quasi mai riesce a dare strumenti
ve lo consiglio, si trovano sotto la voce “lavoro” delle perché i lavoratori precari possano uscire dalla loro
osservazioni interessanti o delle lettere di visitatori situazione. Se non servono, perché si dovrebbe per-
del sito che si divertono a smascherare i trucchi delle dere tempo a leggere i loro scritti? Se né la politica
statistiche. Poco per volta, con enorme fatica, anche né il sindacato riescono a far qualcosa, perché do-
gli “esperti” debbono riconoscere quello che ogni la- vrebbero riuscirci gli “intellettuali” – quei pochissimi
voratore precario sa da sempre. che ancora dedicano qualche attenzione a temi che
Negli interventi che mi avete mandato, diversi uno ormai non sono più quotati nel mercato dei saperi?
dall’altro, c’è qualcosa in comune: la sfiducia, per Quindi la sfiducia verso gli “intellettuali”, tutti indi-
non dire il disprezzo, il fastidio, per le parole degli scriminatamente, per un verso è una delle forme in
“intellettuali”, messi tutti assieme, senza differenze cui si manifesta la sfiducia nella politica tout court,
di sorta, così come si fa col ceto politico-sindacale, per altro verso non è che una reazione più che giusti-
tutti uguali. Non trovo ragioni perché non debba es- ficata e legittima di fronte a una tragica situazione
sere così. Il corpo docente delle università – di cui che si può riassumere così: il lavoro non sa come tu-
non faccio più parte ormai da 23 anni - continua, telarsi, gli strumenti di tutela (legislativi, associati-
malgrado molte eccezioni, ad essere autoreferen- vi) o sono disattivati o non funzionano, nessuno sa
ziale, ossia pensa alla crescita dell’università come dare delle risposte plausibili e quindi non sembrano
istituzione, preoccupandosi poco a quella degli stu- esserci vie d’uscita o miglioramenti possibili.
denti. Da una ricerca citata proprio sul sito www. Invece le cose, sono convinto, possono cambiare.
lavoce.info (che pure è un sito creato da professori Alla fine degli Anni 90, quando con quel libro che ha
universitari) risulta che il 90% dei docenti di econo- aperto la strada alla riflessione sul postfordismo (“Il
mia politica dell’Università italiana non avrebbe i lavoro autonomo di seconda generazione”) abbiamo
titoli scientifici per insegnare. Ho raccolto storie di posto per primi la questione dei nuovi lavori e della
vita di giovani ricercatori, precari, collaboratori a mancanza di tutele, una reazione c’è stata, anche nel
vario titolo dell’università, che subiscono umiliazio- sindacato. E sono state fatte alcune esperienze inte-
ni peggiori di quelle descritte nelle testimonianze ressanti, con metodi di comunicazione e linguaggi
che avete raccolto. Il disastro del lavoro giovanile nuovi, che hanno cominciato a raccogliere qualche
oggi comincia da qui, dalla cosiddetta “fascia alta” risultato, in particolare a Roma tra i precari dell’im-
del mercato. Non c’è di peggio che il disprezzo per le piego pubblico. In Parlamento c’erano almeno quat-
intelligenze o per l’intelligenza in sé. Se i docenti non tro proposte di legge sui “lavori atipici”. Poteva esse-
hanno rispetto del cervello dei loro studenti, perché re l’inizio di qualcosa. Poi di colpo la svolta: strutture
dovrebbero averlo i manager? E così assistiamo ad sindacali smantellate, proposte di legge ritirate, e,
un fenomeno che stupisce persino alcuni consulenti per nascondere questa “ritirata”, operazioni-civetta,
aziendali (personaggi, com’è noto, abbastanza cini- miliardi dati a ricerche fantasma sul “popolo delle
ci): il disprezzo profondo del datore di lavoro per le Partite Iva”. E’ stata dunque una precisa scelta poli-
“risorse umane” che si presentano ai colloqui d’as- tico-sindacale operata ai tempi dei governi D’Alema
sunzione, per le intelligenze che si offrono sul mer- e Amato: lasciare “alle forze del mercato” il destino
cato, anche se sono cariche di lauree, di master, di del lavoro precario, atipico, autonomo ecc. ecc.. Con
riconoscimenti. il risultato di aprire un solco profondo nei confronti
dei giovani e di regalare l’Italia a Berlusconi. Oggi
Che voglio dire con questo? Che da un lato esiste gli stessi uomini che hanno operato quella scelta si
un’impressionante svendita dell’intelligenza e del- preparano a governare. Che speranza ci può essere
le competenze. Gli “esperti” ormai hanno ceduto il che le cose cambino? Che possibilità c’è che all’inter-
loro cervello oppure si sono rinchiusi nei loro privi- no dell’Unione si levino voci autorevoli per chiedere
legi. Quindi il disprezzo per gli “intellettuali” che si un’iniziativa legislativa? Scarse, molto scarse. Dun-
riscontra nelle vostre testimonianze è del tutto giu- que è giusto non avere fiducia.
stificato. Se lo meritano. Dall’altro lato questa socie-
tà che parla tanto di competitività, di efficienza, di Perciò la via d’uscita – se di “uscita” si può parla-
spirito d’iniziativa, sta seppellendo ormai anche gli re – non sta altro che nella costituzione di gruppi di
ultimi residui di meritocrazia. L’intelligenza, il ta- precari o di persone che soffrono la condizione mes-
lento – esaltati a parole – stanno diventando una sa in evidenza dalle testimonianze, per invadere il
merce senza valore e così pure l’istruzione, il cosid- web della parola, della voce, del vissuto dei “nuovi
Poliscritture/Samizdat Pag. 13
lavoratori” o delle “nuove lavoratrici”, creando reti
di dialogo, comunità virtuali o reali, uscendo dall’in- Paolo Cavallo
visibilità o dalla condizione di “analizzati”, oggetti
d’inchieste, di ricerche, di articoli, di convegni. Qua-
lunque sia l’esito di questo “alzare la testa” sarà sem-
pre meglio della passività attuale. Fallirà gli obbiet-
Sfiducia
tivi finali? Avrete sempre portato a casa qualcosa.
Anche dalle esperienze più negative che ho fatto con
nella
le tante iniziative fallite che hanno costellato la mia
esistenza “politica” – ma oltre ai fallimenti c’è stata
scienza
anche qualche bella vittoria - ho sempre portato a
casa qualcosa: un’amicizia, un legame, un’opportu- Su il manifesto di mercoledì 15 giugno, Marcello Cini
nità, un orizzonte di vita, un insegnamento, nel caso (“Referendum, le colpe degli scienziati”) ha tentato
peggiore una scampagnata, una cena, meglio che una prima analisi delle ragioni che hanno portato al
niente. Non c’è tempo per le riunioni? Vi scocciano? fallimento del tentativo di abrogare in parte la leg-
E’ un problema trovare un giorno e un’ora che vada ge 40 del 2004, “Norme in materia di procreazione
bene per cinque persone? Bloggate! Attaccatevi a In- medicalmente assistita”. Dopo avere accennato alla
ternet. Io vedo per ora solo donne che si muovono in facilità con la quale il referendum poteva essere va-
tal senso, il precariato le colpisce più duramente. Se nificato dalla scelta astensionista; al generale disinte-
c’è questo risveglio, se riappare l’ombra di un fiducia resse per la politica, particolarmente grave di fronte a
nel fare le cose assieme ad altri e per altri – questo è tematiche che sembrano toccare la vita di piccole mi-
“politica” – anche i cosiddetti “intellettuali” potran- noranze; e al grande impegno messo in campo dalle
no tornare utili. Soprattutto quelli che non vogliono gerarchie cattoliche, Cini scrive: “Il quarto motivo è
fare gli ideologhi della “nuova classe” ma quelli che [...] che la gente non ha più tanta fiducia negli scien-
si limitano a metter a disposizione di terzi delle com- ziati.” La maggior parte dell’articolo è dedicata a que-
petenze. Magari c’è qualcuno che le sa usare. sto tema. Cini precisa subito che, sotto molti aspetti,
quella verso gli scienziati è una sfiducia mal riposta,
Per finire, un po’ di pubblicità: visitate il nostro sito e che, soprattutto, nessuna prospettiva di migliora-
www.lumhi.net. Potrete scaricare i lavori che abbia- mento della realtà e della vita delle persone è pratica-
mo fatto in passato come Libera Università di Mila- bile, se si pretende di fare a meno della scienza. Ciò
no e del suo Hinterland e molte cose che facciamo detto, secondo Cini occorre comunque interrogarsi
adesso. Spesso è roba che viene pubblicata all’estero, sul perché la sfiducia si sia prodotta e sulle colpe che
qui non sapremmo dove collocarla, allora ci siamo gli scienziati stessi possono avere al riguardo.
creati questa possibilità di comunicazione. Anch’io credo che questa indagine vada condotta, e
che richieda un impegno in molteplici direzioni. Un
fenomeno così complesso e importante non è certa-
mente riconducibile a un unico fattore, né può esse-
re interpretato in maniera lineare e deterministica,
come fa ad esempio chi parla di un “complotto contro
la scienza”. La gravità della situazione, a mio pare-
re, merita di essere sottolineata. Penso che si possa
formulare la questione servendosi di una domanda
particolarmente scandalosa: Perché la scienza non
sembra avere più, oggi, il ruolo di strumento decisi-
vo di liberazione che ha avuto per i grandi pensatori
materialisti come Lucrezio, Spinoza e Marx, e dopo
quest’ultimo per il movimento rivoluzionario che a
vario titolo ne è stato l’erede? Perché ci sembra quasi
bizzarro parlare della scienza e dell’indagine razio-
nale del mondo come di una via di liberazione? È la
natura della scienza ad essere cambiata, da prassi li-
beratoria a strumento di dominio e di controllo? O è
cambiato ciò che noi siamo disposti a chiamare libe-
razione? E a quale tipo di liberazione pensavano Lu-
crezio o Spinoza, quando esaltavano la scienza contro
la superstizione?
Poiché neanche a me, come a Cini, piacciono i frain-
tendimenti, voglio dirlo con molta chiarezza: non
mi interessa affatto liberarmi della scienza. Posso
trovare interessante il pensiero di un poeta o di un
filosofo che denunci nella scienza un pericolo o una
forma di alienazione; trovo importante meditare sul-
le immagini di Blake e sulle riflessioni di Adorno; ma
Poliscritture/Samizdat Pag. 14
non riesco a non attribuire in definitiva a ignoranza se la posta in gioco è troppo alta il gioco dell’autori-
ogni posizione sulla scienza che non ne veda l’enorme tà si sgretola, e bisogna essere capaci di dialogo, di
ricchezza e utilità. (Dopo avere citato Spinoza, devo umiltà e di compromesso, se non si vuole essere con-
ancora precisare che, per me, parlare di utile equivale dannati alla sconfitta. Ma questa è ormai una vecchia
a parlare di etica?) storia.)
La mia, dunque, non è una riflessione spassionata e Di nuovo, viene da chiedersi come sia stato possibile
priva di emozioni. Mi sento parte in causa, e risolu- vedere, in un mucchio di certezze, uno strumento di
tamente determinato a difendere il senso e il valore liberazione. Ma, appunto, nessuno dei grandi filosofi
dell’attività scientifica. Ma sono ugualmente convin- materialisti, scrivendo del valore emancipante della
to che non sia possibile parlare della scienza come di scienza, mostrava di riferirsi a un capitale di “veri-
una cosa, un “fatto accertato” che sia possibile addi- tà”. Niente di più alienante, in effetti, di un sistema
tare come se si trattasse di un oggetto. Non tutto ciò di conoscenze indubitabili, già pronte, soltanto da
che porta il nome di “scienza” lo merita davvero. apprendere, soltanto da credere. Una religione che
E, per quanto trovi indispensabile difendere, non funziona, in fondo.
la scienza, ma la nostra stessa libertà e felicità dalla Invece Lucrezio, Spinoza e Marx contrapposero scien-
tentazione di fare a meno di essa, non trovo sensato za e superstitio. E almeno i primi due dissero espli-
– non trovo scientifico – spiegare la sfiducia dei cit- citamente che il valore liberatorio della scienza vive
tadini nella scienza, e soprattutto negli scienziati, in nella sua capacità di liberare gli uomini dalla paura
termini di mala fede e manipolazione. Occorre com- della morte. A me sembra che questa investitura me-
prendere quali cause concrete, positive, abbiano por- riti ancora oggi di essere ribadita.
tato alla presente situazione di crisi. Occorre riconoscere che non possiamo chiamare
Come ho detto, sono convinto che le cause siano mol- scienza tanto “l’immane raccolta” quanto un’attività
te, in complessa interdipendenza le une dalle altre. incessante di messa in discussione delle certezze ac-
Alcune di esse richiederebbero un’indagine speri- quisite e di esplorazione del mondo. E se non pos-
mentale, che io non posso condurre né impostare. Un siamo farlo, è innanzitutto per un motivo etico: non
aspetto decisivo è certamente la povertà e il dogmati- si può, allo stesso tempo, affrontare il mondo con
smo che tradizionalmente affliggono l’insegnamento “coraggio e generosità” (Animositas et Generositas,
delle discipline scientifiche nella scuola. Sono pochi scrive Spinoza), esplorando ciò che vive in esso e ciò
gli insegnanti che non lottano per fare dell’insegna- che Stuart Kauffman, in Esplorazioni evolutive, ha
mento scientifico un contributo allo sviluppo del pen- chiamato il suo “possibile adiacente”; e insieme con
siero critico negli studenti; ma è una lotta estrema- paura, portando con noi le nostre paure più profon-
mente ardua, che richiede in primo luogo un lungo e de, non cercando altro che una medicina miracolosa
paziente lavoro di smantellamento delle formulazioni che non ci faccia più ammalare, soffrire, morire.
autoritarie e ben poco critiche che sono spesso il ri- Cini lo ricorda, la scienza ha contribuito enormemen-
sultato dell’addestramento ricevuto durante gli studi te a rendere la vita “più ricca, varia e interessante per
universitari. Ed è noto da molto tempo, a chiunque una minoranza consistente degli abitanti del piane-
si occupi con onestà della didattica delle discipline ta”. Ma l’allungamento e il miglioramento della vita
scientifiche, che la rinuncia a una consapevole pra- hanno un prezzo, che si paga soprattutto nella cre-
tica di laboratorio (rinuncia imposta nella maggior scente irrazionalità dell’uso delle risorse disponibili:
parte dei casi dalla scarsità delle risorse disponibili) un prezzo che risulta sempre più evidente a tutti, an-
equivale a disattivare fin dal principio la possibilità che se pochi sono in grado di vedere le interdipen-
di comprendere in che modo, ed entro quali limiti, denze necessarie fra i diversi aspetti del “progresso
si costruisca quella relativa, parziale e provvisoria tecnico”. Nel tentativo di accreditare il proprio ruolo
certezza che per brevità si usa chiamare “verità”. di figure di autorità, di conoscenza e di decisione, e
Marx ha scritto che la ricchezza capitalistica si pre- anche per ottenere concessioni materiali da un pote-
senta come “un’immane raccolta di merci”. Allo stes- re politico che esercita con efficacia anche su di essi
so modo si presenta la scienza agli occhi di molti dei le armi del controllo materiale e della precarizzazione
cittadini formati dal sistema scolastico attuale: come del lavoro, gli scienziati hanno preteso troppe volte
un’immane raccolta di “fatti veri”, la cui verità ha la che, fra i risultati dell’agire tecnicamente orientato,
stessa natura della più immediata oggettività e non soltanto quelli “buoni” andassero ascritti ad esso,
richiede alcun lavoro di critica né di comprensione, mentre per quelli “cattivi” si sarebbe trovata presto
ma soltanto di apprendimento diligente. È il notorio una soluzione altrettanto tecnologica. Quando non lo
“la matematica non è un’opinione”. Questo modo di hanno fatto di persona, gli scienziati hanno lasciato
dire infame riassume il ruolo assegnato alla scienza per lo più che fosse il potere politico a fare delle pro-
nella cultura generale. La scienza chiude le discussio- messe che neppure sapeva di non potere mantenere.
ni, non le apre. Come ha mostrato efficacemente Mark Lynas in un
(In questo modo, purtroppo, hanno accettato per lo saggio (“Get off the fence”, 25 giugno 2005) per New
più di presentarsi nei pubblici dibattiti gli scienziati e Scientist, lo stesso vincolo dell’oggettività, indispen-
i tecnici che si sono impegnati nella campagna refe- sabile nella pratica della ricerca, si trasforma in un
rendaria: come figure di autorità, il cui punto di vista, alibi fin troppo comodo, o in una trappola ideologica,
al contrario di quello degli altri interlocutori, “non è quando viene il momento di discutere con chiarezza
un’opinione”. Un simile atteggiamento funziona sol- le implicazioni politiche e materiali dei risultati spe-
tanto nella misura in cui gli astanti lo accettano; ma rimentali.
Poliscritture/Samizdat Pag. 15
È accaduto con l’energia atomica, sta accadendo oggi
con la procreazione assistita, il riscaldamento globa- Alessandra Roman
le, le biotecnologie, accadrà probabilmente domani
con le nanotecnologie. Da una parte c’è un’opinione
pubblica spaventata tanto dai rischi che corre quanto
dai sacrifici che le potrebbe essere chiesto di accet-
tare. Dall’altra una minoranza intellettuale, fiduciosa
Il corpo
nel valore oggettivo delle proprie acquisizioni e mal-
disposta ad affrontare un dialogo aperto, fra interlo-
umano,
cutori di diversa competenza ma di uguale dignità.
Ciò che manca, in questo quadro, è proprio quel che
campo di
in via di principio fa della scienza uno strumento di
liberazione: la capacità di smontare i pregiudizi e le
battaglia tra
visioni del mondo e di guardare in faccia ciò che di
volta in volta incontriamo nel mondo e in noi stessi.
l’individuo e la
Vincere la paura attraverso la ragione e la conoscen-
za. Accettare la sorpresa, il venir meno delle certezze
società
e la responsabilità che questo comporta.
Il caso della procreazione assistita, e delle tematiche
ad essa associate, è ancora una volta esemplare. Da
una parte e dall’altra si invocano “verità” e “valori”: L’ultima consultazione referendaria è stata un’occa-
l’integrità della vita, la natura umana, la libertà del- sione sprecata e ha inaugurato un nuovo sciagurato
l’individuo, l’indipendenza della ricerca. Così facen- filone di aggressività politica: al solito, le riflessioni
do, si impone una visione del mondo a nascondere serie sono state sommerse dalle prese di posizione
il poco, ma quanto perturbante, che andiamo impa- ideologiche, si sono invocati i valori “costituzionali”
rando sulla natura. Sappiamo che, forse, le cellule (è un aggettivo che adesso “va“ parecchio) non come
staminali potrebbero permetterci di curare in tutto punti di partenza di un ragionamento, ma per sca-
o in parte alcune patologie degenerative. Sappiamo gliarli, in base ai propri gusti confessionali, come
che, forse, potremmo imparare qualcosa di più in bottiglie incendiarie o scomuniche papali, contro gli
proposito prelevando queste cellule da un embrione argomenti dell’avversario ... La polemica montante
umano sovrannumerario e utilizzandole per far sì che sull’aborto sta prendendo la stessa piega: di questo
un embrione di topo sviluppi un cervello costituito passo, gli obiettivi dello statuto del corpo umano, del
interamente di neuroni umani. Sappiamo che, forse, testamento biologico, dei valori “condivisi” (o, più
quel topo non manifesterà affatto, in conseguenza modestamente, condivisibili) si allontanano sempre
dell’intervento, caratteristiche umane. Sappiamo con di più. Si combatte una lotta di “occupazione”, mar-
certezza di ignorare moltissime cose e di non poter ciando, lancia in resta, in senso contrario alle esigen-
diminuire in alcun modo la nostra ignoranza se non ze di maturità e di apertura della società, contraddi-
attraverso la manipolazione diretta della realtà e l’os- cendo le graduali conquiste del pensiero giuridico,
servazione scrupolosa dei risultati. Sappiamo che ad da tempo orientato, sia pure con risultati perfettibili,
ogni bivio ideale fra agire e non agire, o fra agire in alla valorizzazione del corpo umano come espressio-
un certo modo o in un altro, correremo dei rischi e ne di verità della persona.
dovremo accettare conseguenze positive e negative Nel secolo scorso, infatti, i problemi connessi al-
insieme. Sappiamo che nessuno ha mai fatto prima l’economia industriale ed i progressi della medicina
nulla di simile e che nessuno può dirci cosa trovere- hanno imposto al diritto di confrontarsi con l’uomo
mo di là. Sta a noi decidere, di volta in volta, cosa concreto, anziché limitarsi all‘ombra intangibile del-
vogliamo e cosa non vogliamo fare: ma nessuno può la sua “personalità giuridica“ (ove la legge, creato un
dire davvero di sapere in anticipo di cosa si tratti. soggetto, gli riconosce una determinata posizione in-
Dovremmo stare attenti a riservare il nome di scienza dipendentemente dal mondo dell‘esperienza).
soltanto a quelle attività razionali, collettive, dialogi- Il corpo ha smesso di essere considerato sempli-
che, attraverso le quali ci liberiamo dei nostri pregiu- cemente l’oggetto della persona-soggetto: il diritto
dizi e della confusione fra i nostri desideri e le nostre proprietario, -si è detto-, non si attaglia alla defini-
credenze e la realtà. Dovremmo avere il coraggio di zione di questo rapporto, che è, di per sé, indefinibi-
ammettere che non facciamo scienza quando ado- le, o almeno straordinariamente sfuggente, nella sua
periamo quel po’ di potere naturale, grossolano e in- originalità e preesistenza, a qualsiasi tipo di classifi-
certo, che abbiamo messo insieme, per obbedire alla cazione. Il riscoperto monito di Ulpiano, “dominum
nostra paura della morte e dell’impotenza credendo membrorum suorum nemo videtur” è stato assunto,
di scappare da essa. quindi, a punto di partenza per un discorso bioeti-
co. Innanzitutto, -e non poteva essere altrimenti-, in
senso limitativo .... Le membra del corpo non sono
una mia riserva personale ch’io posso sfruttare eco-
nomicamente, utilizzare per i miei fini egoistici e di
cui mi posso, all’occorrenza, privare in cambio di al-
tre utilità. Come dire, io devo rispettare l’uomo “ge-
Poliscritture/Samizdat Pag. 16
nerale”, -il principio di umanità-, che ho in me stes- “persona” significa “maschera” ovvero il mezzo scelto
so, -individuo particolare-, in nome del quale ricevo per comunicare con l‘esterno. Vogliamo o no garan-
tutela dall‘ordinamento. Tuttavia, proprio di fronte tirle una basilare libertà di espressione? Una libertà
all’insorgenza di una società sempre più invadente, che si traduca nell’equilibrio tra il vincolo biologico,
era ovvio che non ci si potesse fermare ad annoverare che è “dato” (o naturale), e la dimensione “relazio-
il rapporto corpo-persona tra i diritti soggettivi, -quel nale”, che, invece, è “elaborata“ (o culturale), tra la
corredo della personalità giuridica, assegnato dall’or- tutela dell’identità individuale (anche quando è ma-
dinamento-, la cui perdita o menomazione comporta, lata, mutilata, sbagliata, deviante) e le esigenze socia-
al più, una tutela risarcitoria. Questa visione, propria li (mediche, ma anche politiche od etiche). Vogliamo
del codice civile, funzionale alla politica del “danno”, ammettere che questa libertà è un aspetto irrinuncia-
ha avuto senz’altro una valenza importante e rimane bile della salute?
molto accreditata nei tribunali del mondo occiden- Alcune scelte legislative, a quel punto, andranno valu-
tale, con la proliferazione di un numero esorbitante tate in modo meno manicheo, accettando il fatto che
di “torts“: si chiede il risarcimento per la perdita di la salute non potrà mai (o, forse, mai più) essere una
un arto sul lavoro, per non essere stato curato, per per tutti ... La legge sull’interruzione di gravidanza,
essere stato avvelenato dall’inquinamento, per essere ad esempio, prende atto della indiscutibile realtà del
nato handicappato e, persino, per essere nato punto e legame psico-fisico tra il corpo della madre e quello
basta ... Ma, qualunque sia il risultato processuale, -i del nascituro: la madre (e non il padre, il giudice, la
tribunali hanno pareri diversi, nei diversi paesi occi- società) influisce sulla salute e perfino sulla soprav-
dentali-, rimane una considerazione fondamentale: il vivenza del nascituro, prima ed indipendentemente
mio corpo non può essere ridotto ad una funzionalità, da qualunque scelta legislativa (se soffre, se si fa del
quando si rompe qualcuno paga. Non ci vuole molto, male, se si cura troppo o troppo poco, se lo ama o lo ri-
infatti, a comprendere che limitarsi al problema del fiuta). La legge sulla rettificazione del sesso consente
risarcimento economico, implicitamente, significa una incredibile lesione del fisico, tanto astrattamente
“accettare” la riduzione a valore monetario di ciò che, inaccettabile quanto, in casi determinati, consentita
invece, non è suscettibile di una vera reintegrazione... e, anzi, indispensabile, al fine di rendere corrispon-
E’ da questa consapevolezza che scaturisce l’esigenza dente, per il singolo individuo, la percezione sogget-
di una tutela preventiva, di indicare, nella relazione tiva all’espressione esterna della corporeità.
corpo-persona, una “finalità” dell’ordinamento, me- Ormai, la scienza, che, per lavorare, separa ed astrae,
diante la sua inclusione nei principi costituzionali e ci impone sfide inimmaginabili a questo sforzo di
la conseguente espansione in tutti i settori dell‘ordi- unità: così, il dna contiene (o sembra contenere) tut-
namento. L’art.32 della nostra carta sintetizza questo to l’uomo concentrato in una cellula, come sfuggita
ragionamento, nel concetto di tutela della salute, pre- dal suo corpo. Forse, un
cisandola, prima di tutto, come un diritto fondamen- modo “onesto” (pru-
tale dell’individuo e poi, con una chiara gerarchia, dente, rispettoso e,
come un interesse della collettività. Ora, dobbiamo perché no?, mode-
chiederci, cosa significhi questo esattamente: se non sto) di legiferare
è una proprietà, se non è un mero diritto soggettivo dovrebbe partire
da far valere, in fin dei conti, come moneta sonante... non dal bene e
allora, la salute ci appare come una dimensione del- dal male defini-
l’esistenza, il corpo si rivela come verità della perso- ti ex cathedra,
na, in cui si situa appunto quell’elemento unificante ma dal mondo
tra l’umano generale e l’umano individuale. Il luogo dell’esperienza,
della separazione e della relazione. Questa potrebbe dall’individuo da
essere la chiave di volta, la riflessione faticosa e dif- cui quella cellula
ficile che ci conduce fuori dai luoghi comuni, dal cir- è sfuggita. Per-
colo vizioso delle ideologie e del loro corollario apo- ché l’ha lasciata
dittico. Della salute non si può disporre liberamente, separare da
ma neppure si può “sacrificare”ad un modello astrat- sé? Con qua-
to, morale o giuridico, la salute individuale, perché, li obiettivi?
anche così facendo, né più né meno che facendo il Quali in-
contrario, si dissolve la “vera” persona. Così, il mio terventi è
corpo, teoricamente inviolabile per gli altri e per la disposto/
società, non sarà mai, -lo vogliamo ammettere?-, a a sop-
davvero inviolabile per me che, in definitiva, sono il portare
mio corpo. Che, in un certo senso, lo definisco. Quan- per rea-
do G. Marcel enuncia“je suis mon corps“, esprime, in lizzarli
forma filosofica e letteraria, tutta la complessità della (innesti
cenestesi, quel fenomeno che distingue la percezione di em-
del mio corpo rispetto a qualunque altra percezione brioni
oggettiva. Quindi, è sul confine tra due posizioni, il tripli,
dentro ed il fuori di me, che io, collocandomi, esisto. qua-
A ciò si aggiunga, la rivelazione semantica, per cui drupli,
Poliscritture/Samizdat Pag. 17
bombardamenti ormonali, conservazione del seme)?
Che responsabilità è disposto/a a prendersi rispetto
alla società ed altri individui coinvolti nelle sue scelte Agostino Pelullo
(i malati, i figli di una donazione)?
Il corpo umano è, oggi più che mai, il luogo di un con-
flitto tra ciò che io sono (o vorrei essere) e ciò di cui la
società ha bisogno (o pretende): è un campo, dunque,
Passano
dove si decide cosa sia la libertà ... L’argomento è così
scomodo, per la politica, che è più facile esaltare la
gli anni e il
personalità dell’embrione o, sul fronte opposto, gri-
dare al possibile miracolo della scienza in favore del-
nuovo non
la collettività dei malati gravi. Senza rendersi conto
che, così, si rischiano interventi legislativi fortemente
viene.
invasivi ed ondivaghi, determinati dalle maggioran- Tra memoria e riflessioni
ze parlamentari e dagli obiettivi estemporanei della
campagna elettorale (ci conviene di più blandire i a venticinque anni
cattolici o le femministe?). dal terremoto in Irpinia
Ma la verità del mondo della vita (la definizione è
di U. Galimberti), fatta di opinione, incertezza, mi-
stero, non si accontenta di una definizione astratta
di persona sana, morale o felice. Mi dice che quella “Una volta sofferta, l’esperien-
persona sono io. Che, in me, il concetto astratto di za del male non si dimentica
tutela e l’esperienza biologica si saldano, in un‘unità più. Chi ha visto le case crolla-
re sa troppo chiaramente che
inviolabile, con la mia personalità morale... Qualsiasi labili beni siano i vasetti di fio-
intervento medico e scientifico non dovrebbe, quindi, ri, i quadri, le pareti bianche...
essere orientato primariamente a realizzare le finalità Non saremo mai più gente se-
di salute, di etica, di identità del singolo individuo che rena, gente che pensa e studia
vi si sottopone? Qualsiasi legge che detto intervento e compone la sua vita in pace.
regola non dovrebbe essere orientata a garantire, al- Vedete cosa è stato fatto delle
l’individuo, il massimo della scelta possibile, in con- nostre case. Vedete cosa è stato
formità alle proprie istanze ideali, a quella “signoria fatto di noi. Non saremo mai
su se stessi“ che chiamerei “dignità“? più gente tranquilla.
Questa riflessione non nega le necessarie esigenze di Abbiamo conosciuto la realtà
contemperamento con l’interesse della collettività e nel suo volto più tetro. Non ne
proviamo più disgusto ormai.”
con gli altri valori costituzionali (in questo consiste,
anzi, la scelta “possibile”), ma impone una rivoluzio- Natalia Ginzburg, Le piccole
ne quasi copernicana rispetto a coloro che ritengono virtu’, Einaudi, Torino, 1962
possibile stabilire, per tutti e definitivamente, persi-
no con una certa fretta, cosa siano la vita, la salute e,
appunto, la dignità umana.
La scrittrice si riferiva all’esperienza della guerra,
soprattutto. Ma vi includeva anche quella del terre-
moto. Chi non ha provato tali sensazioni, dopo aver
vissuto il boato di quella domenica dell’80 e ciò che
ne è derivato?
Poliscritture/Samizdat Pag. 18
tresti cercare di riassumere, sulla base dell’esperien- prio i libri. I quali, per natura intrinseca, quando non
za che queste terre hanno vissuto dopo il sisma, ciò sono evidenti stupidaggini in forma stampata e rile-
che è assolutamente da non fare in altri luoghi dove, gata e sono scritti da persone che hanno un qualche
purtroppo, i disastri si verificheranno in futuro. Per titolo per farli, consegnano pensieri un po’ più dura-
fare ciò ti basterebbe parlare con chi si è cimentato turi; non hanno necessità alcuna di indulgere alla re-
con le urgenze immediate, torica o alla propaganda di parte
come allestire le tende, e, forse, possono essere da mo-
le mense, e poi le rou- nito per il futuro.
lotte e i prefabbricati Di libri sul terremoto c’è
leggeri. Queste perso- stata una proliferazio-
ne hanno nomi pre- ne nel quarto di secolo
cisi – gli dicevo. Si trascorso ed io non
chiamano Rodolfo ho la presunzione
e Mario Salzarulo di renderne conto
a Lioni. O Rocco qui. Ma ho avu-
Falivena a Lavia- to la fortuna di
no. Insieme agli imbattermi a suo
amministratori tempo in un paio
di allora si spor- di cui consiglio
carono vera- la lettura a chi
mente le scarpe ha ancora a cuo-
per rispondere re proprio il futuro
alle necessi- delle aree colpite da
tà immediate, sisma.: Passano gli
sostenuti dalla anni e il nuovo non
forza generosa viene, a cura di Ada
dei volontari Becchi Collidà
del nord Italia e L’economia della
o di Paesi stra- catastrofe, un instant
nieri: gente che book allegato a L’Unità
mise da parte della stessa autrice) nei
ogni altra priori- quali, oltre a documen-
tà personale per tare la natura affaristi-
dare alla paro- ca e camorristica della
la solidarietà un gestione dei fondi stan-
senso visibile e che ziati dal Governo, viene
diede vita a quel ten- evidenziato l’antico vizio
tativo di sperimentazione della della classe politica del
democrazia che prese il nome di Mezzogiorno della “spesa
Comitati Popolari. pubblica come un bene in
Se poi vuoi comprendere, perché sé”.
altri sventurati possano farne teso-
ro, le cose da evitare assolutamente Ho avuto il privile-
nell’opera di ricostruzione dei centri gio di conoscere e di
storici vieni a Bisaccia. lavorare in iniziati-
Dovesse interessarti che significa l’impegno ve di sviluppo loca-
per recuperare un patrimonio archeologico le con le persone che,
di grande valore, recati a Conza e parla con il inutilmente, indicavo
prof. Raffaele Farese, memoria vivente del pa- al giornalista di Report
ziente lavoro di recupero della storia e instanca- come testimoni che valevano
bile catalogatore di beni architettonici. una conversazione. Ma non ho
Michele Di Maio a Calitri potrebbe illuminarti sul- visto i loro nomi sulla stampa pro-
le conseguenze – più disastrose dell’evento sismico vinciale che tanto spazio ha dedicato
– di tipo ambientale che l’azione di ricostruzione e alla ricorrenza sforzandosi, mi sembra, di sostene-
“sviluppo” ha portato con sé. re un’unica tesi: il dopo-terremoto non ha prodotto
Il giornalista di Report, la trasmissione TV che pur grandi sprechi; l’Irpiniagate è un’invenzione della so-
pare animata dalla volontà di scavare e capire, non lita stampa nordista; il processo di industrializzazio-
mi diede retta, ovviamente. Diede molto spazio a fatti ne e sviluppo, salvo qualche neo, ha dato buoni frutti;
di colore che – chissà perché – sono sempre ritenuti se qualcosa è andato storto è perché altri, non la clas-
avere un grande appeal sul pubblico. E sprecò, così, se politica delle aree interne, hanno voluto includere
anche lui un’occasione per fare qualcosa di buono. Né Napoli tra le zone danneggiate.
si preoccupò di approfondire le questioni più impor- E le analisi di Ada Becchi Collidà o di altri sul nesso
tanti con l’ausilio di quei prodotti della riflessione che – sufficientemente documentato, a me pare – tra cer-
si chiamano libri. ta parte politica e affari? Oscurato, appunto. Becchi
Ricordo ciò perché, dopo aver letto tante conside- chi?
razioni su questi venticinque anni che abbiamo alle Ricordo una simpatica considerazione – come è nello
spalle, ho notato che, insieme alle persone citate, i stile dell’uomo – di Enrico Pugliese, docente di So-
grandi assenti dai commenti sulla stampa sono pro- ciologia all’Università di Napoli, proprio in occasione
Poliscritture/Samizdat Pag. 19
della presentazione del libro di Ada Becchi ad Avel- Insomma, fu pagato un riscatto, un grosso riscatto:
lino: “ci sono tante persone – tra esse Giuseppe De un miliardo e 450 milioni. Come? Probabilmen-
Rita ed i suoi collaboratori del Censis – che, sarà per- te con la mediazione di Raffaele Cutolo e della Nco,
chè le cose vanno molto bene a loro, dicono un gran anche se lo Stato non fece mai ammissione.” Cifre
bene del Sud”. dettagliate, fatti e misfatti di questa pagina di storia
sono egregiamente ricordati sul sito Osservatorio Si-
Quanto, poi, alle posture – così diffuse nelle cele- sma …dove, in modo pregevole, si cerca di non can-
brazioni di questio venticinquennale - rivolte solo cellare la memoria e di offrire, a chi vuol capire un
in avanti che dire? Ricordano lo “scurdammece o’ pezzo importante del Sud, gli strumenti per farlo. Vi
passato” del noto motivo napoletano. Invece, certa si trovano i nessi tra gli omicidi di amministratori,
gente di queste parti, che non è neanche napoletana, giornalisti, magistrati “scomodi” che intralciano il
si ostina a fare del passato la base di ogni tentativo lucido piano di controllo degli appalti da parte della
di progettazione de futuro. Storicista o gramsciana a Camorra (diventata imprenditrice) e della complici-
sua insaputa, non riesce a dimenticare fatti e misfatti tà del sistema politico al completo che, quando non
legati a quell’evento. Così ricordo il prof. Farese da è colluso direttamente e beneficiario di tangenti, è
Conza, quando nel guidarmi per l’antica sua Comp- colpevolmente consociativo. Gli ex-comunisti, per
sa mi indicò la sua casa, distrutta con tutte le altre: esempio? Presenti! A Napoli con il sindaco Valenzi
“qui ho perso mio figlio di dieci anni”. Dove si trova nominato Commissario Straordinario e con la Lega
la forza per ricominciare dopo una tale tragedia, spe- delle Cooperative, cui viene assicurata una fetta della
rando che l’antica città romana, teatro di distruzioni torta. Roma apre i rubinetti con De Mita presidente
cicliche nel corso di duemila anni, possa diventare un del Consiglio, De Vito Ministro per il Mezzogiorno e
Parco Archeologico attrattore di turisti? Non parlano tutti si dissetano. “Tutti colpevoli, nessun colpevole”,
di lui le cronache delle celebrazioni del venticinquen- allora? Non so. Ma è lecito ricordarlo, dopo 25 anni,
nale. Giustamente! Ed egli, infaticabile, colleziona per evitare davvero la retorica sui morti, sui mancati
foto e ricordi. Ora anche su CD. E starebbe ore a cer- soccorsi, nel tentativo di riaprire la mai risolta “que-
care di farti capire che quel corteo funebre di “pri- stione meridionale”?
ma del terremoto”della foto in bianco e nero è di una
poesia indicibile. E’ la microstoria che sgomita per Ma, che ne è, oggi, della discussione sul futuro di
essere riconosciuta con pari dignità della Storia. Ma, queste terre?
a chi interessa? I media locali, scimmiottando quelli Con altri amministratori delle aree colpite ho parte-
nazionali, paiono interessati solo ad altro. Che pena! cipato, su invito del Presidente Bassolino, alla seduta
Ma che importa? Il prof. Farese continuera’ a cercare del Consiglio Regionale della Campania del 22 nov.
il suo anfiteatro romano sulla collina che domina il 2005 dedicata alla commemorazione del venticin-
corso dell’Ofanto e persone leggere a credere di scri- quesimo anniversario di quella immane tragedia e
vere la storia del “dopo-terremoto”. convocato per discutere di Risorse e politiche di svi-
Ma come si fa a dimenticare l’intreccio tra politica e luppo, con particolare riferimento alle aree interne.
affari, che ha avuto qui una replica emblematica, pri- Non mi era mai capitato di assistere ai lavori dell’as-
ma dell’esplosione di tangentopoli. Con un ruolo di semblea regionale e ho provato un certo imbarazzo,
regolatore ed erogatore dei flussi finanziari da parte misto a compiacimento, per l’attenzione che tutti
del partito-stato (si chiamava Democrazia Cristia- – dal Governatore ai consiglieri, dagli assessori ai ca-
na) da far impallidire il più inossidabile dei regimi pigruppo, agli uscieri – hanno riservato a noi rappre-
che una volta chiamavamo di “socialismo reale”. Ma sentanti delle comunità locali.
– occorre sottolineare – con una particolarità, taciuta Non succede tutti i giorni di stare a così stretto contat-
dagli attacchi leghisti contro “Roma ladrona”: la par- to con chi decide sulla destinazione di risorse, sulle li-
tecipazione al banchetto tanto dei potentati economi- nee strategiche di intervento per il futuro, sul destino
ci del Nord quanto della spregiudicata e modernizza- – anche – di persone in carne ed ossa che dalla spesa
ta Camorra napoletana. Con almeno pari dignità, sia pubblica si attendono il sostegno ad una possibilità di
nel campo degli appalti per la ricostruzione che nel- vita più dignitosa e qualche certezza che aiuti a pro-
l’opera di industrializzazione calata dall’alto. Milano grammare un domani meno affidato alla precarietà.
da bere e Irpinia da mangiare, dunque. Nord e Sud Conosco Bassolino da più di trent’anni, da quando
uniti sì dal generoso moto del volontariato, ma, poi, ero un ragazzo della Federazione dei Giovani Comu-
dal più prosaico nudo interesse. Chi si ricorda più dei nisti e lui il “commissario” di quella provinciale del
Signorile, Conte, Fantini, Cirino Pomicino......? Del PCI, mandato a dirimere diatribe tra le componenti
sequestro Cirillo? del partito avellinese, ancora non sopite. Non mi ha
sorpreso, quindi, la sua scelta di fare della ricorren-
Qualcosa lo ha ricordato il settimanale Panorama za dei venticinque anni dal terremoto un fatto non
alcuni mesi fa: “Gli italiani impararono a conoscere solo celebrativo ma orientato alla discussione sulle
Raffaele Cutolo durante i giorni del sequestro Cirillo, domande ancora senza risposte: l’appannamento – a
uomo politico dc vicino ad Antonio Gava che nel 1981 voler essere usare un’espressione eufemistica – del-
fu rapito e tenuto segregato per 89 giorni in un covo la Questione Meridionale; la crescita ancora troppo
delle Brigate Rosse del professor Giovanni Senzani…. lenta del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese; il
Dopo averlo «condannato a morte in quanto boia bisogno di lavoro di tanti giovani; la necessità che da
della speculazione del terremoto», le Br lo liberano ciò deriva di fare presto. Egli ha relazionato con vi-
(imbavagliato e incappucciato) nei pressi del carce- sione davvero alta sulla strategia che intende portare
re di Poggio Reale. La spiegazione in un comunicato avanti insieme ai suoi collaboratori: impegno di fondi
brigatista del 22 luglio: «Abbiamo espropriato al boia del bilancio ordinario, di quelli dell’Unione Europea
Cirillo, alla sua famiglia e al suo partito di affama- e di quelli del Governo centrale, insistendo a più ri-
tori, alla sua classe di sfruttatori un sacco di soldi». prese sulla sollecitazione a quest’ultimo – a prescin-
Poliscritture/Samizdat Pag. 20
dere dal colore politico - per un impegno decennale concentrazione di essi come elemento imprescindibi-
all’altezza della situazione. Per fare cosa? Per dare le in quest’ottica di una Regione Policentrica.
ai territori della Campania, della Basilicata e della Si riuscirà a fare questo entro il giugno 2006, quando
Puglia un ruolo strategico tra i cosiddetti “Corridoi il documento fondamentale che riassume questo di-
Uno e Otto” che l’UE ha delineato come assi di colle- segno dovrà essere negoziato con Bruxelles? Avranno
gamento, rispettivamente, con il nord-Europa (asse voglia e capacità le Province di decidere insieme agli
Berlino-Palermo) e l’Oriente (asse Sud Italia – Balca- attori istituzionali e sociali del territorio scelte di tale
ni): una funzione di “piattaforma logistica” da nord a portata nella stesura del Piano Territoriale di Coordi-
sud (longitudinale) e da ovest ad est (trasversale) che namento Provinciale?
possa consentire ai citati territori di connettere il mar Se si deve giudicare dalle esperienze del passato an-
Tirreno all’Adriatico e di giocarsi a questo livello la che recente, sorge più di un dubbio su tale ardore de-
sfida per il futuro. Nella sua visione, infatti, tale stra- mocratico e partecipativo dal basso. Ma, forse, anche
tegia non deve risolversi solo nel completamento del- i livelli più decentrati farebbero bene a non stare a
la rete stradale e ferroviaria, compresa l’alta velocità: guardare e a farsi, invece, artefici di iniziativa. E si
essa deve mirare a comprendere, oltre al necessario può sperare che i partiti, invece che passare il tempo
sistema logistico, il turismo, la cultura, la bellezza a dividersi su poco nobili questioni di poltrone, fac-
del paesaggio, la ricerca e il rilancio dell’università in ciano di ciò l’essenza del loro esistere?
stretta connessione con il sistema produttivo – dal- Non sono domande oziose. E i dubbi sollevati da tale
l’industria all’agricoltura ai servizi che coinvolgono ragionamento dovrebbero investire anche il Presi-
temi di grande rilevanza politica e sociale quali l’ac- dente Bassolino che – occorre ricordarlo – ha ini-
qua, l’energia, i rifiuti e che pongono davanti a scelte ziato la propria attività politica in irpinia assumen-
non indolori tra la privatizzazione e il loro carattere do il tema del “riequilibrio tra fascia costiera e zone
di bene collettivo. interne” come l’ambizione dell’operato suo e del suo
Viene di considerare che, in questi ultimi campi, la partito. “Venticinque anni rappresentano un tempo
condotta dell’Amministrazione regionale non è stata sufficientemente lungo nella vita di ognuno – egli ha
proprio ineccepibile. Basti pensare al tentativo di re- detto nel suo intervento – per poter giudicare…”. E i
galare ai privati l’acqua; o agli sprechi e all’incapacità trentacinque circa trascorsi dalla metà degli anni set-
di uscire dall’emergenza-rifiuti dopo undici anni di tanta non lo sono ugualmente per trarre un bilancio
commissariamento; o alla tentazione, anche qui pri- degli effetti dell’azione politica di governo di tanti,
vatistica, di gestire un altro bene che dovrebbe essere compreso il suo, rispetto alle sorti di questa parte del
collettivo, come la risorsa-vento, proprio nelle aree Mezzogiorno?
interne, e che favorisce l’arricchimento dei colossi
dell’eolico. Sono temi che riguardano solo il Sud? O non sono,
E cosa si risponde a chi, nel dibattito in consiglio re- al contrario, la leva su cui far forza per dare un’altra
gionale, ha fatto rilevare che la Delibera della Giunta possibilità sia a quelle aree, tanto strategiche nel Me-
n.1243 del 30 settembre 2005 va in direzione opposta diterraneo per un nuovo rapporto con l’Oriente e il
all’Intesa Istituzionale di Programma stipulata il 16 Sud del mondo, che all’Italia tutta? Perciò il disegno
febbraio 2000 tra il Presidente della Giunta Regiona- della Regione Campania andrebbe assunto dal Go-
le e il Presidente del Consiglio, penalizzando proprio verno prossimo di centro-sinistra (speriamo) come
i territori della Campania interna? un argomento non secondario della propria azione.
Il Presidente ha rassicurato tutti sostenendo, nella
appassionata replica finale, la bontà della strategia Se non prendiamo la questione di petto tutti, quanti
di governo e annunciando una Legge Delega capace anni dovranno passare perche’ il nuovo possa comin-
di dare più poteri decisionali a Province e Comuni, ciare a farsi intravvedere?
ed è stato chiaro su un punto di metodo: evitare la
dispersione a pioggia degli interventi e assumere la
U.S.A. La patria
dei luoghi non luoghi
Immagini e commenti dal nuovo mondo: New York, New Jersey, New Ark
NEW YORK. La bandiera americana è ovunque, anche addosso alla signora,vestita con
pantaloni rossi e maglietta blu con stelle. L’orgoglio nazionale è il sentimento più diffuso,
che copre spesso la frustrazione, il senso di vuoto che si può avvertire anche in questa città,
la più intellettuale, la più vivace e cosmopolita d’America.
Poliscritture/Esodi Pag. 38
una scuola a
Jabne, piccolo centro al di fuori dell’ assedio di Ge- sguardo su coloro che erano seduti in cerchio intorno
rusalemme: un compromesso col potere per ottenere a lui disse: ecco mia madre e i miei fratelli. Chiunque
un angolo dove “rendere a Dio quel che è di Dio”; e a fa la volontà di Dio è mio fratello, mia sorella e mia
nome di rabbi Hanina è detto nella Mishnà precorren- madre”. E ancora più dura è l’affermazione di Gesù
do Hobbes: “Prega per la pace dello Stato, perché se in Lc 14,26: “Se uno viene a me e non odia
non fosse per l’autorità e il timore di esso gli uomini ( misei, nel testo greco) il padre e la madre, e la mo-
si divorerebbero l’un l’altro” (Avot 3,2). Più tardi, in glie e i figli, e i fratelli e le sorelle ed anche se stesso
epoca talmudica, Samuele di Nehardea decretava che non può essere mio discepolo (mathtetes) ”. Ora, que-
la legge dello Stato in cui abitano è legge anche per gli sta rottura della discendenza di sangue a favore di un’
ebrei ( “Dinà de-malkhutà dinà”; Gittin 10a ).Perché affiliazione spirituale non è nuova. In Es 32,25-28, ad
infine chi renda a Dio quel che è di Dio trascenderà gli es., Mosé, sceso dal Sinai, punisce gli adoratori del
obblighi imposti da qualunque Cesare, da qualunque vitello d’oro: “Disse, chi è per il Signore venga con
potere politico. Così leggiamo in Avot 3,5, a nome di me (…).Ciascuno di voi si metta la spada al fianco e
rabbi Nehunià: “Chiunque accetta il giogo della Torà vada per il campo da una porta all’altra e ognuno
è liberato dal giogo del principe e delle necessità del uccida il fratello l’amico e il parente (…)”.
mondo”. In Paolo troviamo questo stesso principio,
ma spostato d’accento in senso messianico: chiunque Nella gerarchia posta da Gesù tra consanguineità
sarà in Cristo, riconoscendo l’avvento messianico, ed eredità spirituale, come nella prescrizione di Mosé
sarà liberato dal giogo del mondo. di punire la trasgressione grave senza badare alla pa-
rentela, possiamo intravedere la radice antropologica
Scriveva Elias Canetti: i profeti lamentandosi predi- della sinistra e rispettivamente della destra: questa
cono il passato; e, in questo senso, profetico è anche declina gli interessi e gli ideali a partire dal paradig-
l’atteggiamento di Paolo, che risale all’inizio per in- ma della consanguineità in senso lato ( la famiglia,
verare la promessa dell’inizio, risale ad Abramo che la parentela, la stirpe, la razza); la sinistra, a parti-
prima di ogni codificazione ebbe fede, risale ad Ada- re invece dalle funzioni sociali e di prospettiva. Figli
mo per annunciare che Gesù il messia è l’Adamo ro- della promessa: è qui il paradigma biblico, e paolino,
vesciato, quello ha portato il peccato nel mondo, que- della sinistra. D’altra parte, al di là di un giudizio di
sto lo ha tolto; e ancora –nota Jakob Taubes—risale valore, i due principi divaricati della consanguineità
a Mosé prima del Sinai e della Legge, perché anche e della promessa si incrociano e si ribaltano più volte
Paolo chiama a raccolta un nuovo “popolo di Dio”per nella storia; né possiamo attribuire alle Scritture un
guidarlo in un Esodo da un tempo di schiavitù sotto carattere univoco. In esse consanguineità e funzione,
la Legge ad un tempo di libertà perché “giustificato”. parentela e opzioni ideali gareggiano in importanza,
Sappiamo dagli Atti degli apostoli 18,3 che Paolo e Gesù che enuncia con tanta crudezza l’irrilevanza
era un fabbricante di tendaggi. Non doveva dunque della parentela è pur sempre proclamato “stirpe di
intendersi di agricoltura, e in Rm 11,17 troviamo in- Davide”( Rm 1,3), predestinato ad essere Cristo, cioè
fatti un errore di innesto, là dove si parla dell’ulivo messia, anche per discendenza carnale. I due motivi
selvaggio innestato sull’ulivo buono, che è l’esatto si intrecciano anche là dove Paolo dice degli ebrei: “
contrario di quanto prescriveva la tecnica agraria Nemici quanto al Vangelo a causa dei gentili, ma in
nota in quella regione già da seimila anni: è l’ulivo quanto alla promessa sono carissimi in virtù dei loro
buono ad essere innestato sul ceppo selvatico. Si trat- padri”, ed è così posta una correlazione tra Primo e
ta comunque di un paradosso adatto ad illustrare lo Secondo Testamento, una continuità della promessa
straordinario innesto dei gentili sul ceppo ebraico per discendenza sia spirituale sia carnale dai padri.
tramite il Cristo. L’ulivo di Rm 11 è l’albero genealo- Una continuità, che se pur vista alla luce della rottura
gico di una discendenza spirituale, ed esprime l’idea messianica, lascia in eredità al cristianesimo un ele-
fondamentale secondo la quale non i figli della car- mento pieno di conseguenze: l’implicazione vischiosa
ne, ma i figli della promessa sono le generazioni del con il giudaismo. Implicazione da cui nel II sec. Mar-
popolo di Dio. Aperto così l’accesso delle genti alla cione, poi dichiarato eretico, .aveva cercato di liberar-
discendenza di Israele, Paolo si trova subito a dover si in modo radicale, sostenendo che il Dio dell’”Antico
arginare la presunzione dei neofiti pagani, che non Testamento” era un demiurgo malvagio, altro dal Dio
sanno riconoscere nel giudaismo le fonti stesse di d’amore dei Vangeli: proponeva così una liberazione
quella promessa e il travaglio che aveva portato alla dalla “radice che porta”. Paolo invece in Rm 11 esal-
rivelazione del messia: “Se tu ti vanti, sappi che non tava proprio quell’ascendenza, lasciando irrisolto un
sei tu a portare la radice, ma è la radice a portare nodo che avrebbe secreto umori antigiudaici lungo i
te”.( Rm 11,18 ). secoli. Anche per emulazione su chi fosse ormai il Ve-
Il prevalere della discendenza spirituale su quel- rus Israel, erede della promessa: “Ora io domando,
la carnale appare con asprezza nelle stesse parole di hanno forse (i giudei) inciampato così da cadere per
Gesù , ad es. in Mc3,31-35: “Intanto giungono sua sempre? No, perché dalla loro caduta è derivata la
madre e i suoi fratelli e stando fuori mandano a salvezza ai gentili, per spinger questi ad emularli.
chiamarlo. Ora, una grande folla sedeva intorno a Ma se la loro caduta è stata la ricchezza del mondo
lui, e gli dissero: ecco, tua madre e i tuoi fratelli son e la loro diminuzione la ricchezza dei gentili, quanto
là fuori e ti cercano. Ma egli rispondendo disse: chi più lo sarà la loro totalità ( nella conversione )? (
sono mia madre e i miei fratelli? Poi gettando uno … ) e se il loro ripudio è diventato la riconciliazione
Poliscritture/Esodi Pag. 39
del mondo, che sarà la loro riammissione se non vita e confessa la propria non autonomia. La preghiera
dai morti? ( Rm 11,11-13). è l’espressione di questa debolezza che chiede rela-
Ma qual è il rovescio della medaglia di questo pas- zione e ascolto; e non è solo dell’essere umano, an-
so? E’ che fino a quando gli ebrei non si convertiran- che Dio prega di essere ascoltato: “Mi sono lasciato
no, la riconciliazione del mondo non avrà pienezza. trovare da gente che non mi aveva cercato, ho detto
“La salvezza viene dai giudei” dice Gesù in Gv 4,22, ‘eccomi, eccomi’a un popolo che non aveva invocato
e dunque gli ebrei che non si convertiranno terranno il mio Nome”(Is 65,1); e l’abbassamento ( Kenosis)
in loro ostaggio il compimento della salvezza. Han- del messia incarnato e crocifisso è per il cristianesi-
no in ostaggio il compimento; nella loro ostinazione mo questa preghiera di Dio che si rivela nella debo-
hanno il potere di ricattare il mondo. Potere e ostina- lezza per invocare il ravvedimento e la salvezza, per
zione perversa sono i caratteri centrali attribuiti agli rinnovare la relazione, l’Alleanza. Ma mi sembra che
ebrei nell’immaginario dell’antigiudaismo teologico e Agamben spinga troppo in là questo connotato re-
poi dell’antisemitismo secolarizzato: entrambi reca- lazionale e senza oggetto della fede quando afferma
no i segni di quell’innesto mal cicatrizzato sulla “ra- (p.126-127) che “non esiste un contenuto della fede,
dice che porta”. professare la parola della fede non vuol dire formu-
Radice di Gesù e anche di Paolo, la cui polemica lare proposizioni vere su Dio e sul mondo. Credere in
contro i giudei è essenzialmente intragiudaica: ebrei Gesù messia non vuol dire credere qualcosa di lui”. Il
in polemica con ebrei nel clima esasperato del I seco- passo di I Corinti 15 sopra citato ( e che Agamben non
lo. Se in essa l’antigiudaismo cristiano troverà i suoi cita) lo smentisce: la fede di Paolo ha un contenuto, è
fondamenti, ciò deriva da come e da chi quella pole- la ferma credenza in un fatto, che Gesù sia risorto.
mica è stata ereditata, da quando nel II sec. l’Ecclesia
ex gentibus prevalse sull’Ecclesia ex circumcisione, Paolo non sembra aver ancora assunto la tesi, poi
cioè sui giudeo-cristiani, e la gentilità cristianizzata sostenuta dai Vangeli, circa il concepimento miraco-
lesse non più dall’interno ma dall’esterno la critica loso di Gesù. Se in Matteo 1,24 leggiamo che “Giu-
intraebraica come condanna degli ebrei in quanto seppe prese sua moglie con sé e non la conosceva
tali. (sessualmente), finché poi ella partorì un figlio e lo
chiamò Gesù”, Paolo afferma invece: Il figlio nato
Le lettere di Paolo sono anteriori alla redazione dei dalla stirpe di Davide secondo la carne; dichiarato
Vangeli e sembrano trascurare i fatti e i detti di Gesù Figlio di Dio con potenza secondo lo spirito” (Rm
quali ci sono riferiti dai Sinottici e da Giovanni. Ciò 1, 3-4).Dunque, secondo Paolo Gesù sarebbe figlio
che soprattutto interessa Paolo non è la vita di Gesù, carnale di Giuseppe, discendente di Davide, ma as-
bensì la sua morte e resurrezione, e la sua trasfigu- sunto a figlio di Dio per trasfigurazione spirituale. Ma
razione nello spirito. Paolo espone la sua fede qua- quello che interessa Paolo è ciò che è secondo lo spiri-
si fosse un azzardo, una scommessa come quella di to, e tale si presenta la sua stessa vocazione : “Paolo,
Pascal; leggiamo infatti in I Corinti 15,14-19:”Ora, se apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un
Cristonon è stato risuscitato, vana è la nostra pre- uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e da parte di Dio
dicazione e vana la vostra fede. Anzi, noi risultiamo Padre, che lo ha risuscitato da morte”(Gal 1,1). Non
falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato per mezzo di un uomo ma per mezzo di Gesù risusci-
per Dio che Egli ha risuscitato il Cristo, mentre non tato, cioè non più uomo, bensì trasfigurato rispetto
l’avrebbe risuscitato se i morti non venissero risusci- alla sua esistenza di ebreo predicatore errante tra la
tati, e se ( all’inverso) i morti non venissero risusci- Galilea e la Giudea del racconto evangelico: un Cristo
tati, neppure Cristo sarebbe stato risuscitato”. in un certo senso disincarnato. C’è forse una correla-
La resurrezione del messia dalla morte è dunque zione tra questo Gesù spiritualizzato e la decisione di
un fatto unico, ma propriamente in quanto prototipo Paolo di predicare tra i gentili, poiché un Gesù uni-
( Typos) della resurrezione di tutti gli esseri umani. versalizzato nello spirito, un messia platonico, può
Così Paolo, già fariseo, sostiene la fede in Cristo con essere più facilmente inteso e frainteso come un dio,
la di lui resurrezione, e la fede nella resurrezione di come rivelazione del “Dio sconosciuto” dell’ Areopa-
Cristo con la fede, propria dei farisei, nella resurre- go di Atene ( Atti 17,22-25), un messia spiritualizzato
zione dei morti. Gesù risorto è la convalida della fede può essere più congeniale ai gentili che non un Gesù
farisaica nella vittoria sulla morte. E così continua storicamente ed etnicamente incarnato come ebreo.
Paolo: “Se noi riponiamo la nostra speranza in Cri-
sto soltanto in questa vita, allora siamo i più misera- Paolo predica dalla soglia dell’olàm habbà, del
bili tra tutti gli uomini”( I Corinti 15,19). “mondo a venire”. L’avvento messianico sancisce
Nell’importante rilettura di Paolo svolta ne Il tempo il passaggio dal mondo sotto il segno del peccato al
che resta, Giorgio Agamben confuta Martin Buber, mondo della giustificazione e della redenzione pro-
secondo il quale l’idea ebraica di fede (emunà) si op- messa. Paolo inaugura il concetto di “peccato origi-
porrebbe all’idea greca ( pistis ): l’una significherebbe nale” come categoria: l’enfasi con cui sostanzializza
“fiducia”, “fedeltà”, l’altra “ferma credenza in qualco- la trasgressione dei Progenitori è volta a distinguere
sa”. Ma sia emuna sia pistis, sostiene Agamben, si- con nettezza l’epoca prima di Cristo, in cui ogni es-
gnificano “fiducia”, “affidamento”, hanno entrambe sere umano è fin dalla nascita nel peccato, dall’epoca
un connotato relazionale. Anche in questo senso si della storia trasfigurata dopo Cristo (Rm 3). E’ il nuo-
comprende, in Paolo, l’esaltazione della debolezza: vo calendario, prima e dopo Cristo. ( La rottura del
l’affidarsi è di chi considera la propria insufficienza tempo, un suo nuovo inizio con nuove nominazioni è
Poliscritture/Esodi Pag. 40
un paradigma di rivoluzione: mentre distruggevano ce questa idea:”Se dunque l’incirconciso osserva i co-
l’Ancien Régime i rivoluzionari francesi distruggeva- mandamenti della Legge forse il suo prepuzio non
no anche gli orologi e cambiavano il nome dei mesi avrà il valore di circoncisione?”,Rm 2,26).
). “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose Nei passi sopra citati troviamo un’ esortazione: “Cir-
vecchie sono passate, ecco sono divenute nuove”(II concidete dunque i vostri cuori”; e una promessa:”Il
Corinti 5,17), scrive Paolo echeggiando Isaia. Cristo Signore Dio Tuo circonciderà il tuo cuore”.Nell’esor-
è l’inverso di Adamo, questo ha portato la colpa nel tazione si invoca l’iniziativa dell’essere umano, la
mondo, quello l’ha tolta: “ Come la caduta di un solo sua responsabilità e libero arbitrio; nella promessa
portò alla condanna di tutti gli uomini, così l’opera è l’intervento divino, la grazia. Poiché l’autodetermi-
di giustizia di un solo ha portato alla giustificazione nazione umana ha i suoi limiti, senza la grazia non
di vita per tutti gli uomini”(Rm 5,18). L’iconografia potrebbe compiersi. E’ una sinergia tra autonomia
pittorica della crocifissione è ampiamente debitrice ed eteronomia, ma in Paolo prevale l’eteronomia sia
a questa impostazione di Paolo: il legno della cro- pure interiorizzata:”E per grazia siete stati salvati
ce è quello dell’albero edenico della conoscenza del mediante la fede; or tutto questo non viene da voi,
bene e del male, e il Cristo appeso è come il frutto di ma è un dono di Dio; e neppure è frutto di opere, af-
quell’albero, frutto non più proibito ma che al con- finché nessuno si possa gloriare. Siamo infatti opera
trario deve essere mangiato nell’eucarestia. Ai piedi sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per compiere
della croce sul Calvario (detto appunto “Monte del le opere buone che Dio ha predisposto
teschio”) si vede un teschio, quello di Adamo, che con perché le mettessimo in pratica”.(Ef 2,8-10). Sicché
la trasgressione ha portato la morte, mentre il croci- la fede è manifestazione della grazia; non ci si salva
fisso è il segno della vittoria sulla morte: è – osser- dunque per la fede né per le opere, ma per la grazia
va Elias Canetti— l’ossimoro del morto in piedi, del da cui conseguono la fede e le opere buone.
morto risorto (Rm 5,12).
La dialettica tra libero arbitrio e grazia divina, tra
L’idea di “peccato originale”in Paolo, per la qua- autonomia umana ed eteronomia è antica, e oggi rie-
le lo stato di colpa è trasmesso dall’origine a tutte le merge, sottesa al conflitto in atto tra secolarizzazione
generazioni umane indipendentemente dalle opere, è e rivalsa religiosa: la secolarizzazione declinerebbe
forse il paradigma dell’idea del “deicidio” come colpa soprattutto l’autonomia, la religione l’eteronomia
trasmessa ad ogni generazione ebraica lungo i secoli. umana. Non senza incroci, come nel concetto di li-
Se per la trasgressione di Eva e Adamo lo stato di bertà in quanto “coscienza della necessità”. E’ una
peccato è la normalità, anche la Norma per eccellen- dialettica che implica comunque l’idea di soggetto (
za, la Legge di Mosé, giace sotto il segno del peccato: personale o collettivo) e della sua capacità o meno
ne è un rimedio, ma non lo estirpa, dunque lo riba- di autodeterminars: “libero arbitrio” o “servo arbi-
disce. “Che cosa diremo allora? E’ peccato la Legge? trio”, su cui già disputarono Erasmo da Rotterdam
No certo. Ma io non ho conosciuto il peccato se non e Martin Lutero nel XVI sec:. Ora, la formazione del
per mezzo della Legge. Difatti non avrei conosciuto soggetto e dei suoi limiti già si presenta sulla scena
la concupiscenza se la Legge non avesse detto ‘non del “peccato originale”. In Gen 3,7, mangiato il frutto
desiderare’(Rm 7,7). Così Adamo non avrebbe tra- proibito, “si aprirono i loro occhi e si accorsero di
sgredito se non per il divieto divino del frutto. “Difat- essere nudi, e cucite insieme delle foglie di fico se ne
ti mi compiaccio della Legge di Dio secondo l’uomo fecero cinture”. Su che cosa si aprirono i loro occhi?
interiore, ma scorgo nelle mie membra un’altra leg- Su loro stessi; “ e si accorsero di essere nudi”: pre-
ge , che lotta contro la legge della mia mente e che mi sero coscienza di sé, divennero soggetti. Nell’atto di
rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie sfidare il divieto divino e di ambire ad essere “come
membra”(Rm 7,22-23). Elohim” secondo l’istigazione del serpente, essi sco-
Trascendere, tramite la fede nel Cristo, la legge del privano nella nudità la propria vulnerabilità.”E cucite
peccato che emana dalle membra mortali, questa è la insieme delle foglie di fico se ne fecero cinture”: sco-
Promessa. Se la Legge è comandamento dall’esterno privano il loro bisogno di riparo, di mascheramento (
che sancisce il contrasto tra spirito e corpo, argomen- “persona”, etimologicamente “maschera”). Nel pieno
to della Promessa è allora l’interiorizzazione della della sua potenza, la coscienza di sé scopre la propria
volontà divina. E’ il problema già posto in Deut 30,11- vulnerabilità. Secondo il commento di Rashi, “nudi”
14: “Questi comandamenti che .io ti do non sono così significa anche che si erano spogliati dell’unico pre-
alti che tu non possa comprenderli né così lontani cetto loro dato, il divieto del frutto: spogliati di ogni
che tu debba ricercarli (…). Questa parola è invece eteronomia trascendente, caddero nel regno della ne-
molto vicina a te , è nella tua bocca e nel tuo cuore in cessità naturale: “col sudore della tua fronte mange-
modo che tu possa metterli in pratica”. E’ la promes- rai il pane”, “partorirai con dolore”.
sa dei profeti: la circoncisione del cuore. E’ il “nuovo Qui si pone la questione del “male radicale”, quan-
Patto”, in Geremia 31,33: “Porrò la mia Legge den- do l’essere umano non si ri-crea in Cristo, ma come
tro di loro”; o in Ezechiele 36,27: ”porrò il mio spirito Cristo sacralizzando se stesso: l’”Anticristo”, l’essen-
dentro di voi, e farò sì che camminiate nei miei statu- za stessa dell’idolatria.E’ la pretesa illusoria del sog-
ti”; o in Deuteronomio 10,16: “Circoncidete dunque il getto di essere totalmente autonomo, “padrone del
vostro cuore; o in Deuteronomio 30,6: “E il Signore proprio destino”, o ,sotto la maschera della religione,
Dio tuo circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua di incarnare la presunta volontà di Dio, la pretesa di
progenie”. (Paolo, rivolgendosi ai gentili, così tradu- poter dominare circostanze ed eventi. E, per essere
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capace di tanto, il soggetto è spinto a farsi padrone tra chi è in Cristo e chi è in Adamo, che legittimerà
in assoluto: idea totalitaria del potere ( come la defi- schiavitù e guerra.
niscono Hannah Arendt o Elias Canetti), bisogno di Nel confronto aspro che nel I sec. divideva il mon-
sottomettere al proprio controllo il mondo per seda- do ebraico su quale forma dovesse assumere l’ere-
re l’angoscia che proviene dall’imprevisto, da ogni dità giudaica sottoposta alla formidabile pressione
esternità o alterità, che perciò deve essere o incorpo- romana ed ellenistica, l’ebraismo fariseo rabbinico
rata o distrutta: patologia del libero arbitrio portato e il cristianesimo furono le due risposte divaricate e
all’estremo e mascherato da necessità o da legge ora darwinianamente vincenti, ciascuna a suo modo. Tra
“storica” ora “divina”, quale vediamo nel sadico, pa- i molti punti su cui si scontrarono c’era (e permane)
rassita della sua vittima, alla cui sofferenza chiede la la concezione della Berit, del Patto. Per l’ebraismo la
prova della propria capacità di essere soggetto tota- Berit rimase nella forma del rapporto tra due con-
le, libero da ogni condizionamento etico o giuridico. traenti inequivocabilmente distinti, il Creatore e la
Così il sadico gioca sulla vittima, combinati nella sua creatura, l’essere umano da un lato e Dio dall’altro,
sofferenza, l’elemento simbolico della propria sovra- Israele da un lato ed Elohim dall’altro. Rimase l’arti-
nità: il potere di vita e di morte. colazione, e la discussione proseguì su quale fosse la
responsabilità dell’uno o dell’Altro contraente, come
In ebraico l’apposizione della lettera vav all’inizio leggiamo ad es. in TB Baba Metzià 59b: all’essere
di un verbo coniugato al passato lo proietta al futu- umano ciò che spetta all’essere umano, a Dio ciò che
ro. E’ il movimento stesso della profezia biblica, che spetta a Dio. Il cristianesimo invece vide nel Cristo
chiama alla conversione, cioè alla teshuvà, che signi- l’incarnazione stessa del Patto, uomo e Dio in un’uni-
fica appunto “ritorno”. Similmente in Paolo c’è una ca Persona. Nel Cristo non più solo messia, bensì Dio,
retrocessione che configura il balzo in avanti nella i due contraenti si sono unificati . E quando la Chiesa
novità messianica.: ritorno all’atto di fede di Abra- cattolica si proclama “corpo di Cristo prolungato nel-
mo, che precede ogni dimostrazione divina; a Mosé, la storia” e in quanto tale “infallibile”malgrado ogni
formatore del popolo di Dio prima della promulga- apparenza contraria, si sporge, istituzione umana,
zione della Legge; ad Adamo prima del peccato e del- sul versante pericoloso della divinizzazione di sé,
la Legge, quando l’essere umano era corpo di terra e cioè dell’idolatria.
alito divino uniti senza antagonismo, come lo sarà chi
rinascerà in Cristo. Ora, Jean Jacques Rousseau po-
lemizzava con le dottrine religiose, ma quando parla
del “buon selvaggio” non ancora corrotto dalla legge
e dalle convenzioni della civiltà, del “buon selvaggio”
che rappresenta la natura umana delle origini e, insie-
me, di un possibile futuro liberato, sembra proporre
un immaginario analogo a quello di Paolo. Può suc-
cedere infatti che lo scontro produca segreti processi
di assimilazione tra i contendenti, e antiche struttu-
re mentali si rivelino fondamenta archeologiche di
nuove proposizioni. Attualità di Paolo dunque come
bersaglio e insieme nascosto ispiratore di Rousseau.
Poliscritture/Esodi Pag. 42
Seth Farber lis conosce bene, insomma, il prezzo che i dissidenti
pagano per criticare il potere dello Stato. Egli ha in
comune con i Cristiani Riformatori Radicali (per es. i
quaccheri e i mennoniti) la convinzione che la religio-
Il ne, quando mette se stessa al servizio del potere dello
Stato, si corrompe. Di recente ha scritto: “È venuto
messianesimo alla luce un ebraismo costantiniano, che rispecchia
la convergenza fra cristianesimo e Impero che si af-
fermò dal IV sec. in poi. Gli ebrei di coscienza fanno
di Marc fronte a questo tipo di ebraismo e alla sua collusione
con lo stato e il potere. L’ebraismo costantiniano è
Ellis un ebraismo assimilazionista, nel senso dell’assimi-
lazione al potere e allo stato. Gli ebrei di coscienza si
e le ragioni teologiche della oppongono a questa assimilazione e di conseguenza
vengono esiliati dalla comunità ebraica” (2004, p.3).
solidarietà ebraica con i Marc Ellis è l’unico autore, al momento, ad avere
Palestinesi fornito ragioni teologiche al movimento di solidarie-
tà ebraico-palestinese. Il suo lavoro è un contributo
Marc H. Ellis è nato nel 1952 a Miami Beach, Flo- prezioso e senza eguali per quegli ebrei dissidenti, e
rida. È docente di studi ebraici e direttore del Cen- altri simpatizzanti con la lotta anti-colonialista pa-
tro studi ebraici presso la Bailor University di Waco, lestinese, che non trovano nel secolarismo moderno
Texas. Fa parte del comitato di redazione della rivista e nel pensiero illuministico, di per sé, ragioni suffi-
progressista ebraica “Tikkun”. Sotto l’influsso della cientemente profonde e personalmente soddisfacenti
tradizione etica ebraica e di fronte alle contraddizioni della loro prassi politica. (Egli aggira la critica po-
della vita ebraica dopo l’Olocausto ha cercato, insie- stmodernista bilanciando le proprie pretese fondati-
me ad altri Ebrei di Coscienza, di salvare la tradizio- ve con un empirismo che, alquanto allusivamente, fa
ne etica dell’ebraismo. Agli inizi della sua attività si è riferimento all’esperienza spirituale personale come
interessato profondamente alla teologia della libera- criterio di veridicità delle rivelazioni-costruzioni bi-
zione cristiana bliche che sono parte integrante dell’ebraismo). Ellis,
che ha subito l’influenza del movimento latino-ame-
Seth Farber became a political radical as a young- ricano della Teologia della Liberazione, potrebbe es-
ster—in 8th grade—motivated largely by his sympa- sere definito un teologo ebreo della Liberazione pa-
thy for the «underdog.» In high school he became an lestinese o, più propriamente, un teologo della Libe-
activist against the war in Vietnam. Farber received razione ebraico-palestinese: è convinto che gli ebrei
his PhD in counseling psychology in 1985 from the non possono compiere il loro destino spirituale senza
California Institute of Integral Studies, and complet- fare i conti con “l’altro” palestinese. Egli non afferma,
ed post-graduate training as a family therapist. His tuttavia, che Israele debba soddisfare la richiesta di
latest book on psychology is Lunching with Lunatics: giustizia dei palestinesi per garantire la propria sicu-
Adventures of a Maverick Psychologist. He lives in rezza, la propria liberazione dalla minaccia di estin-
New York City. He’s member of Jews Against the Oc- zione: al contrario, è abbastanza esperto di realpoli-
cupation tik da rendersi conto che, se la fine dell’occupazione
porterebbe pace ad Israele, nulla potrebbe impedirle
Marc Ellis è uno dei pochi intellettuali ebrei america- di conseguire l’obiettivo della propria sicurezza fisica
ni che sostengono la lotta palestinese contro il domi- evacuando i palestinesi dai territori occupati (puli-
nio e l’oppressione israeliani. I suoi scritti sono stati zia etnica) o espellendoli in modo indiretto, tramite
molto apprezzati da Noam Chomsky e dall’ultimo la distruzione delle infrastrutture della loro società.
Edward Said, sebbene il suo lavoro sia ignorato o de- Come ha mostrato Tanya Reinhardt (2002) questo
nigrato dai leader della comunità ebraica organizza- processo è andato accelerandosi ed estendendosi ne-
ta negli USA. L’opera di Ellis si colloca senza dubbio gli scorsi anni.
nella tradizione teologica ebraica, sebbene egli sia un Un’influenza formativa sul pensiero di Ellis è stata in-
pensatore innovativo noto per il superamento, fra le dubbiamente esercitata dai teologi ebrei dell’Olocau-
altre, delle barriere disciplinari,. Un anno fa fu inter- sto. Sebbene di recente egli abbia rigettato la maggior
vistato dai media locali del Texas, dove vive, susci- parte delle loro conclusioni, concorda con la loro vi-
tando la furia di un rabbino del posto che cominciò a sione dell’Olocausto quale evento dal profondo signi-
mandare e-mail per avvertire gli altri rabbini del pe- ficato teologico. Ma a influenzarlo sono stati in misu-
ricolo della sua presenza. Ellis, con disappunto, com- ra molto maggiore gli scritti dei teologi cristiani che
mentò così il fatto in un saggio scritto per una pub- hanno preso di petto le implicazioni dell’Olocausto e
blicazione di sinistra: evidentemente, “i bravi ebrei audacemente accettato la colpa storica del cristiane-
sostengono Israele a prescindere dalla sua politica; simo per il genocidio degli ebrei. Per il cristianesimo
gli ebrei che dissentono da essa difficilmente posso- progressista si è trattato di un momento di svolta, che
no essere considerati ebrei” (2003, p.140?). Marc El- ha condotto ad un nuovo rapporto con gli ebrei e ad
Il saggio è stato pubblicato su “European Judaism”, XXXVIII, una affermazione dell’ebraismo. Una figura di primo
1, 74, primavera 2005. piano di questo movimento è stato il teologo cattoli-
Poliscritture/Esodi Pag. 43
co Johann Baptist Metz, che ha scritto: “Noi cristiani esaminare qui. Ellis ha affermato nei suoi libri, con
non possiamo ritornare a prima di Auschwitz; e an- maggiore forza rispetto a qualsiasi altro scrittore/
dare oltre Auschwitz, se vediamo giusto, è qualcosa testimone contemporaneo, che il sostegno acritico
che non possiamo fare da soli. Possiamo farlo solo degli ebrei americani ad Israele sta distruggendo il
insieme alle vittime di Auschwitz” (Ellis, 1992 pp. 7- nucleo spirituale dell’ebraismo stesso, sta pugna-
8). Per il cristiano questo incontro, questo dialogo è lando al cuore la nostra identità di ebrei. Il rapporto
la base per una vera espiazione che rende possibile la degli ebrei con Israele ha sostituito quello con Dio,
riaffermazione dell’universalismo cristiano. e l’identificazione vicaria della maggior parte degli
Ma proprio come i cristiani non possono ritornare a ebrei americani con lo Stato di Israele ha eclissato
prima di Auschwitz, così gli ebrei non possono ritor- il riconoscimento da parte loro della propria identi-
nare a prima di Israele e dei crimini contro l’umanità tà e vocazione in quanto popolo di Israele, legato da
commessi dallo Stato “ebraico”. Parafrasando Metz, un’antica Alleanza al Dio di tutte le nazioni. Questa
Ellis afferma: “Noi ebrei non possiamo ritornare a vocazione comporta l’obbligo di criticare, con la ri-
prima della presa di potere. E andare oltre, se vedia- soluta insistenza dei profeti biblici, la comunità di
mo giusto, è qualcosa che non possiamo fare da soli. Israele quando agisce in violazione del volere di Dio
Possiamo farlo solo insieme alle vittime del nostro – delle universali norme di giustizia.
potere, il popolo palestinese”(ibid, p 8). Fare ciò per-
metterebbe agli ebrei di trascendere il falso “sé” che Scrive Ellis: “L’Alleanza si trova oggi in una lotta per la
hanno costruito - l’eterna vittima innocente - e da- vita nel cuore di ogni ebreo, sia esso religioso o meno.
rebbe alimento a un processo di guarigione dalle feri- E’ uccisa o riportata in vita nella misura in cui l’altro,
te dell’Olocausto (Ellis, 1987, p.127). Non può esserci il palestinese, è bandito o abbracciato dalla comunità
autentica guarigione basata sulla espropriazione di ebraica”(1999, p.91). E in una nota più disperata, che
un altro popolo. è al contempo una profetica chiamata all’azione, Ellis
Ma, ironicamente, i cristiani progressisti costituisco- scrive alcuni anni dopo: “Ciò che i nazisti non sono
no oggi un grande ostacolo all’accettazione da parte riusciti a fare – minare a un livello di fondo ciò che
degli ebrei della propria colpevolezza. I cristiani (Ellis significa essere ebrei – abbiamo iniziato a farlo noi
non include nel suo discorso i sionisti cristiani, fon- ebrei. Ne sono stato testimone [nel 1988] negli ospe-
damentalisti e conservatori) hanno sottoscritto un dali e per le strade [di Israele e della Palestina], dove
tacito accordo con gli ebrei – quello che Ellis chiama i palestinesi, che lottavano per affermare la propria
“il patto ecumenico”. Da una parte, in cambio di una dignità, venivano sistematicamente picchiati, espulsi
confessione di colpa, i cristiani guadagnano il per- e assassinati da coloro che avevano sofferto tale infa-
dono degli ebrei e un recupero del senso di integrità mia meno di cinquant’anni prima “(2002, p.156).
del cristianesimo. Ma, dall’altra, essi devono tacita-
Ellis ribalta le accuse di coloro che tacciano di antise-
mente consentire all’osservanza del tabù ebraico ed
mitismo gli ebrei che criticano Israele. Sono le azioni
esentare Israele da un esame critico. Così, il dialogo
degli ebrei israeliani – e le giustificazioni dei loro di-
ebrei-cristiani si basa su un “eterno pentimento per
fensori ebrei americani – a costituire una manifesta-
l’anti-ebraismo cristiano sgravato da qualsiasi effet-
zione di “odio degli ebrei verso se stessi”. Esse sono
tiva critica di Israele” (Ellis, 1992, p.7). (Negli Stati
una rinuncia suicida all’identità ebraica esattamente
Uniti elementi progressisti della Chiesa Presbiteriana
per il fatto che, con tutte le “manchevolezze e i limiti”
vogliono modificare le clausole del patto).
degli ebrei come popolo, non è possibile “pensare un
Questo patto solleva il cristianesimo dalla sua colpa ebraismo senza giustizia”. A sostegno di questa tesi
e rafforza l’immagine pubblica di Israele, ma sfortu- Ellis avanza, in modo caratteristico, un’immagine e
natamente crea un nuovo dilemma morale: copre le una domanda retorica: “E’ possibile essere ebrei con
grida e ignora l’angoscia delle vittime di Israele. El- elicotteri da guerra al nostro centro?”(2002, p.48).
lis cita il cristiano palestinese Naim Ateek: Israele
ha usato il potere in modo terribile per opprimerci, Le convinzioni di Ellis si sono formate durante la
e questi ebrei e cristiani hanno celebrato tale tipo di prima intifada, nel 1988, appena qualche mese dopo
potere ebraico come portatore di redenzione e pro- l’annuncio da parte di Israele che la sua risposta alla
veniente da Dio” (1997, p. 54). Ellis indica che, in ul- rivolta, per lo più non violenta, sarebbe consistita nel
tima istanza, il patto ecumenico si basa sul fatto che picchiare e “rompere le ossa”. Allora Ellis visitò per
“gli ebrei senza potere possono essere demonizzati e la prima volta gli ospedali di Gerusalemme e vide “i
romanticizzati dai cristiani, ma resta quasi impossi- bambini palestinesi giacere in letti che non avreb-
bile per i cristiani riconoscere che gli ebrei, preso il bero lasciato presto, alcuni paralizzati per sempre,
potere, stiano facendo ai palestinesi esattamente ciò altri cerebralmente morti, o tenuti in vita da appa-
che è stato fatto loro dai cristiani”(ibid, pp. 7-8). Ellis recchiature antiquate…” (2002, p.156). Chiede Ellis:
esplora tali temi in profondità nel suo lavoro degli “La cultura ebraica post-olocausto nega umanità ai
anni ’80 e ’90. palestinesi e, a qualche livello, ne vuole la scomparsa
o l’eliminazione?” (Ellis, p.2000, p.168). E’ rivelato-
Con O, Jerusalem e i libri successivi, tuttavia, egli re che l’attuale capo di stato maggiore dell’esercito
si concentra maggiormente sulle implicazioni della israeliano, nominato da Sharon, abbia di recente de-
questione palestinese per la comprensione dell’iden- finito i palestinesi – senza suscitare alcuna protesta e
tità spirituale degli ebrei. E’ questo tema che voglio richiesta di dimissioni – un “cancro”, suggerendone
Poliscritture/Esodi Pag. 44
come possibile soluzione “l’amputazione” (Haaretz, il movimento sionista e gli uomini di stato di Israele
31 Agosto 2002). si stessero comportando con mancanza di conside-
razione – per usare un eufemismo – per la vita dei
Il sostegno acritico degli ebrei americani ad Israele è palestinesi (chiamati allora “arabi”).
l’esempio più evidente e significativo del tradimen-
to di quella che è la loro eredità, ma tale tradimento Fino alla morte, nel 1965, Martin Buber non si stancò
ha lasciato segni nel panorama culturale del mondo mai di promuovere (sebbene senza successo) la tesi
ebraico americano – la cui ricchezza simboleggia che Israele aveva la responsabilità di “condurre una
l’adattamento al potere statale (di Israele e degli Sta- vita di giustizia di fronte a sé stessa e al mondo”(cit.
ti Uniti) e al materialismo della cultura americana. in Mendes-Flohr, 1983, p.255) e instaurare “una pace
La fedeltà degli ebrei americani ad Israele ha minato tra ebrei ed arabi” che non fosse “solo la cessazione
per diversi aspetti la loro capacità di essere testimoni della guerra” ma “una pace di autentica cooperazio-
profetici, un compito, questo, che gli ebrei si assunse- ne” (ibid., pp.293-4).
ro con ardore nel diciannovesimo secolo (in Europa)
e nella maggior parte del ventesimo, dopo l’emigra- Appena qualche mese dopo che, nel 1948, soldati ebrei
zione di molti di essi in America. Come ha scritto Ro- avevano massacrato centinaia di donne e bambini nel
berta Feuerlicht negli anni ’80, “L’eredità degli ebrei villaggio arabo di Deir Yassin – “ripulendolo” dei suoi
non è il potere ma l’etica” (Feuerlicht, 1983. p.56). E’ abitanti arabi e liberandolo per il re-insediamento de-
la moralità, osserva, a unirli, non la statualità. E pro- gli ebrei – Buber, Cecil Roth e altri due studiosi ebrei
segue: “Diaspora ed esilio hanno talmente disperso scrissero una lettera a Ben-Gurion, all’epoca primo
gli ebrei che il solo legame che li unisce è il lascito ministro israeliano, facendo appello alla sua coscien-
di Mosè e dei profeti: l’imperativo etico. Ora questo za nel nome di Israele e del popolo ebraico. Deir Yas-
legame rischia di venire spezzato in Israele” (Ibid, sin, scrissero, era “una macchia nera all’onore della
p.285). nazione ebraica”. (Non si sapeva all’epoca che Deir
Yassin non era un’anomalia – che massacri di abitan-
Boas Evron, critico israeliano della società, ha scritto ti di villaggi arabi da parte di soldati israeliani erano
in un libro pubblicato per la prima volta nei tardi anni stati frequenti durante la “Guerra di Indipendenza”
’80: “L’identificazione senza riserve con Israele, la del 1947-8. Si veda Finkelstein, 19995). La lettera si
fabbricazione di giustificazioni per fare corrispondere concludeva con una supplica: “Che il villaggio di Deir
le sue azioni ad alti principi morali (persino quando Yassin rimanga disabitato per il prossimo futuro, e
la sua politica è rappresentata da figure sinistre come la sua desolazione… ammonisca il nostro popolo che
Ariel Sharon), ha messo in moto un processo di de-eti- nessuna esigenza pratica o militare può mai giustifi-
cizzazione del popolo ebraico nella Diaspora”(Evron, care simili azioni delittuose e la nazione non desidera
1995, p.253). E questo, è la sua predizione, susciterà trarre vantaggio da esse” (1992, p.32). Ben-Gurion,
“cinismo e nichilismo tra gli elementi migliori della sebbene conoscesse bene Buber e avesse comunicato
Diaspora ebraica e il senso che gli ebrei hanno per- con lui in più occasioni in passato, non rispose mai a
duto qualsiasi possibilità di rivendicare una più alta quella lettera (che fu inviata varie volte). Alcuni mesi
moralità” (ibid., p.253). Al posto di quest’ultima c’è più tardi, per celebrare la colonizzazione del villag-
solo l’idolatria di Israele, la commemorazione senza gio da parte di profughi ebrei, si tenne nella ex Deir
fine dell’Olocausto e lo scialbo consumismo caratteri- Yassin una festa cui presero parte diverse centinaia
stico della cultura occidentale in genere. Come osser- di ospiti, fra cui due ministri del governo di Ben-Gu-
va Ellis, “se è vero che l’oggetto di culto di una perso- rion, il sindaco di Gerusalemme e dignitari locali.
na e una comunità è ciò che è centrale per la sua vita, Deir Yassin fu ribattezzata Givat Shaul Bet.
allora l’arca dell’Alleanza nelle sinagoghe dovrebbe,
invece che contenere la Torah, essere piena di vestiti Judah Magnes, rabbino Riformato e primo presiden-
firmati, automobili e telefoni cellulari”(2002b, p.97). te dell’Università Ebraica di Gerusalemme, amico di
Buber, si dimise dall’Organizzazione Sionista nel 1915,
Può l’eredità ebraica essere salvata? Una tale pro- e qualche anno dopo definì la Dichiarazione Balfour
spettiva sembra oggi più oscura rispetto a decenni «un iniquo dono dell’imperialismo al popolo ebrai-
fa, quando la domanda di giustizia sociale per tutti co» (citato in Tekiner, 1988, p. 42). Poi divenne, come
i cittadini era ancora un tratto saliente del mondo Buber, fautore di uno stato binazionale in Palestina, e
ebraico americano e la tradizione del dissenso ebrai- lo rimase fino alla morte, avvenuta nel 1948. Egli ve-
co ancora vitale. Va osservato che se all’inizio, alla deva germi di militarismo e sciovinismo nel sionismo
nascita dello Stato di Israele o prima ancora, i suoi già nel 1923 e scrisse profeticamente: “Rientra fra le
fondatori avessero dato ascolto ai leader spirituali possibilità politiche che un giorno possa divenire un
dell’ebraismo moderno, fossero stati ricettivi nei loro atto di tradimento politico ripetere con sincerità per
confronti, probabilmente il tracollo che ha causato le strade di Gerusalemme l’insegnamento di Isaia,
la rovina dei palestinesi come (in modi diversi) degli che delle spade si dovranno fare vanghe e gli uomi-
israeliani, oltre che del mondo ebraico moderno, si ni non dovranno più imparare a guerreggiare? O gli
sarebbe potuto evitare. Negli anni ’40 e ’50 il grande ebrei di Eretz Israel saranno fedeli all’insegnamento
teologo ebreo Martin Buber, la filosofa Hannah Aren- dei profeti di Israele e tenteranno di costruire la loro
dt e diverse altre voci profetiche lanciarono allarmi società ideale in modo che Gerusalemme possa esse-
di fronte a eventi che, ai loro occhi, indicavano come re ripristinata e Sion redenta attraverso la giustizia e
Poliscritture/Esodi Pag. 45
la pace?” (citato in Ellis,1999, p.48). vengano finalmente svuotati? (2002b, pp.177-8).
Magnes era stato influenzato dall’ucraino Asher Gin- Molti dissidenti ebrei hanno sostenuto per anni che
zberg, uno degli scrittori ebrei più noti (con lo pseu- Israele dovrebbe porre fine all’occupazione e nego-
donimo di Achad Ha’am), un sionista di una genera- ziare una soluzione basata sul riconoscimento sia dei
zione precedente che aveva visitato più volte la Pale- diritti dei palestinesi sia del bisogno di sicurezza del
stina ed era stato amaramente deluso dal Sionismo. popolo di Israele – in breve, “terra in cambio di pace”.
Egli aveva protestato contro l’espropriazione degli La terra da cedere sarebbe, ovviamente, quella ap-
agricoltori arabi affittuari da parte dei coloni ebrei e partenente ai palestinesi, conquistata e occupata da
contro il boicottaggio del lavoro arabo, che rendeva Israele in violazione del diritto internazionale durante
difficile se non impossibile agli agricoltori, privati dei la guerra del 1967. In altri termini, gli ebrei dissidenti
loro diritti di affittuari, mantenere le loro famiglie. di sinistra fanno appello ad Israele per negoziare un
accordo basato sulle numerose risoluzioni approvate
Achad Ha’am s’era aspettato che il ritorno a Sion dal Consiglio di Sicurezza e dalla Assemblea Generale
ravvivasse “l’eredità spirituale e le tradizioni etiche delle Nazioni Unite. Al contrario di quanto si tende a
dell’ebraismo”. Disgustato dall’atteggiamento insen- pensare degli Stati Uniti (a causa della visione distor-
sibile e razzista dei coloni ebrei verso gli arabi, ai pri- ta diffusa da media e establishment sionista), gli Ac-
mi del ventesimo secolo scrisse: “Una cosa avremmo cordi di Oslo, come spiegano le persone intervistate
dovuto imparare dalla nostra storia passata e presen- in questo libro, non erano basati sul riconoscimento
te, a non creare rabbia tra la popolazione locale con- del diritto dei palestinesi all’autonomia e a formare
tro di noi… Non posso sopportare l’idea che i nostri una propria nazione. E la “generosa offerta” di cui si
fratelli siano moralmente capaci di comportarsi così favoleggia, quella di Barak ad Arafat e ai palestinesi,
con esseri umani di un altro popolo… Se questo è il era un mero simulacro di autonomia, un miraggio di
Messia, non desidero vedere la sua venuta” Tekiner, libertà, e ora non esiste più.
p.36; Reuther, p.50). E nel 1927, poco prima di mo-
Nel suo libro più recente Ellis conclude a malincuore
rire con il cuore spezzato, scrisse: “Mio Dio, è questa
che l’ideale dei dissidenti - la fine dell’occupazione e
la fine?…E’ questo il sogno del nostro ritorno a Sion,
la creazione di uno stato palestinese - è un sogno che
che veniamo a Sion e macchiamo il suo suolo di san-
non si realizzerà, almeno non nell’arco della nostra
gue innocente? Era un assioma nella mia mente che
vita. E’ ora di prenderne atto. Dopo tutto, “la nascita
per uno Stato il popolo avrebbe sacrificato il suo de-
nei prossimi cinquant’anni di uno Stato palestinese
naro, ma mai i suoi profeti”. Tekiner, 1988, p.36).
in grado di sopravvivere sarebbe il capovolgimento
I moderni profeti del popolo ebraico della generazio- della storia dei cinquant’anni passati”(2002b, p.168).
ne attuale – quelli cui nel linguaggio laico moderno si Ed Ellis commenta mestamente: “E’ questo il desti-
fa riferimento con rispetto come a “ebrei dissidenti” no del dissenso ebraico? Volere così disperatamente
o, spregiativamente, come a “ebrei che odiano se stes- e profondamente porre al centro della vita ebraica la
si” - hanno avuto ben poca influenza sulle politiche giustizia e... vederlo negato perché Israele come sta-
dello stato di Israele come su quelle della comunità to-nazione non è diversa dalle altre nazioni, vuole il
ebraica organizzata in America. E se, contrariamente potere, espande i propri confini e la propria influen-
ai timori di Magnes, gli eredi di Isaia sono liberi di za, e denigra chi si mette di traverso sulla sua stra-
predicare la pace alla nazione di Israele per le strade da?”(2002, p.168).
di Gerusalemme (o, se è per questo, anche in quelle di Naturalmente, con tutto il rispetto per Ellis, non sap-
New York), a che serve? Nessuno sembra ascoltare. piamo che cosa ci riserva il futuro, persino nei pros-
All’alba del ventunesimo secolo le speranze di Buber simi cinque anni: la sopravvivenza stessa dell’uma-
e Magnes sembrano a dir poco anacronistiche, e le nità sembra appesa oggi a un filo sottile ed è, quindi,
prospettive di una pace fra Israele e Palestina basata imprevedibile. Ma quanti di noi hanno il dono della
sul rispetto dei diritti dei palestinesi più remote che consapevolezza hanno la responsabilità come esseri
mai. umani di fare ciò che possono per invertire la condot-
ta politica e sociale che mette in pericolo la nostra esi-
A turbare Ellis è che la maggioranza degli ebrei ame- stenza e quella della terra; indipendentemente dalle
ricani non sia assolutamente disposta a riconoscere conseguenze – e Ellis su questo sarebbe d’accordo.
che i palestinesi subiscono un trattamento ingiusto. E quanti di noi ebrei non possono approvare le po-
Sotto la parola d’ordine dell’unità ebraica, censurare litiche dello “Stato ebraico” hanno la responsabilità
Israele è proibito. Come ha osservato Ellis: “Sappiamo come ebrei – indipendentemente dalle conseguenze
che mentre Jenin veniva invasa e sistematicamente che paiono probabili nel prossimo futuro – di agire
distrutta, l’appello dell’establishment ebraico era al- per fare avanzare la causa della giustizia a Gerusa-
l’unità. Mentre i carri armati circondavano la residen- lemme, in Palestina, in Israele. Quali saranno in ulti-
za di Yasser Arafat a Ramallah e i comuni abitanti di ma istanza gli esiti del nostro agire non possiamo sa-
quella città subivano un blocco e un coprifuoco qua- perlo, e il successo, anche a lungo termine, è incerto.
si completi, l’appello dell’establishment ebraico era
per un maggiore sostegno a Israele. Un’espulsione di Ma la domanda resta: c’è qualcosa che i singoli ebrei
massa dei palestinesi susciterebbe la stessa reazione, possono fare per salvare l’eredità ebraica dalla minac-
la soddisfazione per il fatto che “i covi dei terroristi” cia di estinzione? Su questo Ellis è chiaro, nonostan-
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te il suo sconforto per il perpetuarsi dell’oppressione Luca Ferrieri
dei palestinesi e per l’incapacità degli ebrei dissiden-
ti, finora, di esercitare un’influenza sulle politiche di
Israele e persino sugli ebrei americani. Il “solo modo
per adempiere all’Alleanza” in quest’epoca di presa
del potere (e di abuso del potere) da parte degli ebrei
Il lavoro
consiste nel “ricordare le vittime del potere ebraico”
e “abbracciare il popolo palestinese come parte inte-
culturale
grante dell’Alleanza stessa” (1999, p.59). Ma forse, Quasi un bilancio
“senza che gli ebrei l’abbiano riconosciuto”, l’Allean-
za è “già” stata ampliata a includere il popolo palesti-
D
nese (1999, p.55). a vent’anni salgo e scendo queste scale, con i
Ellis pone la questione in termini del tutto fuori del libri, senza i libri, con fasci di fogli, di buro-
comune: non si tratta soltanto del fatto che gli ebrei crazia, di volantiname, come un agit prop che
ogni giorno fa più fatica a vedere dove sta mettendo
hanno una responsabilità morale verso i palestinesi
il piede, come un commesso viaggiatore che per tor-
come vittime del potere ebraico, è che i palestinesi
nare a casa la sera deve vendere ciò che è invendibile.
posseggono la chiave per il recupero dell’identità spi-
Prima due piani, ora uno, ma sempre la stessa palu-
rituale perduta degli ebrei (sebbene questo recupero
de, la fatica di tenere il filo, e oltre il filo spinato un
possa al contempo implicare una inaspettata trasfor-
mondo che ogni tanto si apre come una radura, poi
mazione). Come dice Ellis, “il nemico è visto come
di colpo si stinge come un panno che sventola in lon-
un ponte per un recupero dell’Alleanza e del senso
tananza. Certo che ci credo in quello che faccio, ma
di marcia della storia ebraica”(1999, p.53). Gli ebrei faccio quello in cui credo?
dissidenti che si schierano con il nemico, “che han-
no memoria delle sofferenze ebraiche e agiscono in Luciano Bianciardi veniva dalla Maremma nella
modo solidale con il popolo palestinese, possono de- Milano capitale editoriale e capitale del “miracolo
cidere in ultima istanza il futuro dell’Alleanza e del economico” degli anni cinquanta, bestemmiava il
popolo ebraico” (pp.71-2). Essi possono essere “la suo toscano pigro contro lo stacanovismo lombardo
chiave” per un futuro al di là dell’atrocità, anche se dei primordi, e ricordava gli anni in cui aveva fatto
“la loro testimonianza è sepolta sotto la ricchezza e il bibliotecario a Grosseto, ed erano stati “gli anni
il potere dell’ebraismo contemporaneo come i diari e più belli della sua vita”. Lui era venuto a Milano con
le suppliche delle vittime dell’Olocausto erano sepol- una missione, doveva far saltare col grisù il “torrac-
ti sotto le macerie dei ghetti di tutta Europa” (p.72). chione” della Montecatini per vendicare i quaranta-
L’agghiacciante, caustica analogia di Ellis vuole di- tré minatori di Ribolla, morti appunto di grisù e di
chiarare che, per quanto ora le prospettive possano sfruttamento. Quella missione non gliela aveva data
nessuno, naturalmente, ma se l’era dovuta prendere
essere fosche, cruciale nel lungo periodo è l’occasio-
sulle sue spalle da solo, con grande senso di respon-
ne che si offre ai dissidenti di mettere “la comunità
sabilità, quando aveva salutato gli amici alla stazione,
ebraica e il mondo” di fronte al loro “modo di inten-
soprattutto quelli che non c’erano più, e aveva capito
dere e vedere” (2002, p.7).
che questo era quello che si aspettavano da lui. Men-
Va notato che, come detto in precedenza, molti ebrei tre attendeva il momento di far saltare il torracchio-
del dissenso non sono interessati al futuro dell’Al- ne, a Milano faceva lavoro culturale. Spogliava perio-
leanza. Gli ebrei che si sono schierati con i palestine- dici e di notte traduceva. Pagato a cottimo, a pagine,
si provengono da storie diverse e si sono autodefiniti a battute.
in un’infinità di modi: molti sono laici, alcuni atei, al- Io non vi dico come è finito Luciano Bianciardi per-
tri Ebrei riformati, un piccolo numero sono Ebrei Ha- ché Luciano Bianciardi non è mai finito. Anzi ora è
sidici, altri Buddisti, altri ancora (forse) addirittura dappertutto.
(ebrei) Cristiani. Alcuni vedono l’ebraismo e persino
F
l’ebraicità come incidentale o irrilevante per la pro- accio un lavoro “culturale” anch’io, forse più
pria identità, o come una mera costruzione sociale, e modesto, forse meno cottimizzato, chissà. E ho
sono francamente indifferenti alla loro eredità ebrai- anch’io il mio torracchione da tenere sott’oc-
ca. Tali identificazioni sono secondarie, a giudizio di chio. Quando mi chiedono che lavoro faccio, sul viso
Ellis. A contare più di ogni altra cosa è che, “siano essi dei miei interlocutori si stampa l’invidia. Mi fa sen-
esplicitamente religiosi o meno”, “adempiono alle ri- tire privilegiato, come quando andavo al liceo e il
chieste dell’Alleanza” (1999, p.169). Essi incarnano la mio amico di infanzia doveva invece lasciare la scuo-
più antica tradizione ebraica, il “rifiuto dell’idolatria”, la (non era “buono” per il latinorum, lui). E infatti
dell’idolatria dello Stato, del potere, della potenza mi- sono privilegiato, più di allora, e non per lo stipendio
litare. Protestando contro l’ingiustizia con sacrificio che per anni è stato modesto (un vero salario ope-
personale, testimoniando nella storia della possibili- raio, solo che il comunismo non c’è) e ora che è meno
tà di riconciliazione e perdono, cercando la comunità modesto è perché mi hanno fregato definitivamente.
contro l’impero, questo ‘resto’ incarna l’antica tradi- Non solo perché il novanta per cento dell’umanità
zione profetica e dell’Alleanza senza cui ebraismo ed non ha libri con cui sfamarsi. Forse, invece, perché
ebraicità sono impossibili” (2002b, p.169). posso rispondere come Bianciardi: «Per molti anni
Poliscritture/Esodi Pag. 47
ho fatto il bibliotecario ed è stato il periodo più bello di molto importante per la vita di tutti. Era piuttosto
della mia vita». un gergo, una procedura, e attaccata a questi una vi-
Chi amando i libri vuole lavorare in biblioteca, e non sione del mondo, con le sue regole e il suo bon ton.
ci ha mai messo piede, o magari solo come utente, Ho visto uomini di un’altra generazione rimanere im-
pensa che sia il paradiso in terra. Pensa che in biblio- passibili di fronte alla sofferenza, anche la loro, per
teca si passi il tempo a leggere e a discutere di libri. amore di una delibera, per l’orgoglio di un combinato
Che gli uomini a contatto con i libri divengano mira- disposto, per ammirazione verso la simmetria di un
colosamente migliori. Invece la biblioteca pubblica è dispositivo. Ho visto anziani burocrati contendersi
spazzata da tutti i venti, altro che torre d’avorio, è un il testo di una circolare come fosse pane per affama-
faro, un avamposto costiero che si becca tutte le on- ti, ho visto il loro sguardo illuminarsi di fronte a un
date. E poi i libri pesano, puzzano, si sfasciano, impu- prospetto comparativo multiplo, a variabili fisse, li ho
tridiscono, incarogniscono, spariscono e ricompaiono visti gareggiare in dottrinari florilegi di citazioni fino
con un ghigno sulla copertina che fa impazzire anche a gonfiare ipertroficamente la premessa di un’aggiu-
il più paziente dei bibliotecari. Bisogna amarli molto dicazione, per poi farne emergere, secco, modulato,
per sopportarne le stranezze, le pose, le imposture. inattaccabile, l’atto di volizione, il passo ritmato del
Non è dunque la biblioteca un luogo dove si legge comando. Ho conosciuto la loro abissale insensibilità
(non lo è nemmeno per chi la frequenta, purtroppo, verso la materia reale, verso la fornitura di pannolini
men che meno per chi ci lavora), non è un luogo ire- per i divezzini dell’asilo nido, di cui trattasi nella suc-
nico; anzi, è popolata di creature strane, da una par- citata deliberazione, che per due anni attenderanno
te e dall’altra del bancone, meravigliosi utenti pazzi con tutti gli eritemi del caso l’infiorettare dei ricorsi
che fanno pendant a terribili bibliotecari nevrotici; reciproci e delle dotte dispute dirigenziali.
è percorsa da guerre interne ed esterne che hanno i
loro caduti e anche per questo c’è un po’ di vero nel Quando il disgusto cominciò a aprirsi verso una sfu-
velenoso luogo comune che vuole le biblioteche simili matura di timida tenerezza verso quegli uomini che
ai cimiteri (anche se quando lo si dice si pensa che sapevano affondare con la loro poltrona ripetendo
le reliquie siano tra gli scaffali, e che le biblioteche impassibili una giaculatoria di esorcismi normativi, i
conservino i morti invece di produrne). Ma è anche tempi erano ormai cambiati. Nella cabina di coman-
un luogo dove si può essere felici: al netto delle vessa- do entravano i manager.
zioni e delle fatiche, la gioia di coltivare una lettura, il
L
piacere di dare piacere, la solidarietà con quei viziosi a managerialità ha un tecnicismo al cui confron-
impuniti che sono i lettori, possono ripagare di ogni to quello dei burocrati è acqua fresca. In loro
amarezza. aiuto i manager chiamano le scienze esatte, che
Almeno per me, come per Bianciardi, è stato così. An- esatte non sono mai, e si circondano di diagrammi,
che per questo, quindi, sono un privilegiato. di equazioni, di previsioni, di una nuvola statistica
in cui i pannolini dei divezzini stanno sospesi come
Q
uando ho cominciato questo lavoro, il mon- incognite maleodoranti. Chi non darebbe ragione
do del pubblico impiego era ancora come una a un giovane rampante direttore generale, magari
isola feudale (non certo un’isola felice) nel bel proveniente dalla luccicante sfera del Privato, che
mezzo della modernità. Vi dominava una casta di bu- entra a dirigere un ammuffito ente pubblico, mette
rocrati, che parlava un’altra lingua rispetto a quella in un angolo l’ottuagenario segretario comunale e
dei comuni mortali, aveva regole diverse, si riteneva proclama la superiorità della “cultura del risultato”
libera da responsabilità. Ricordo che cozzai ripetuta- su quella dell’”adempimento”? Via i lacci e lacciuo-
mente contro quel muro di bizantinismi e a lungo mi li della burocrazia, via i tempi morti e i rami secchi,
domandai come si potesse conservare (in base a quali via il deliberame con il suo scialbo rituale di permessi
leggi fisiche) una così ostinata impermeabilità. Solo pareri e controlli. Entrano i piani, la pianificazione, la
ora, retrospettivamente, sono disposto a riconoscere
programmazione, gli obbiettivi, la retribuzione di ri-
ai perdenti l’onore delle armi e solo perché considero
sultato, l’efficienza, l’efficacia, il peg, il pdo, le wbs, un
i vincenti ancora peggiori.
mondo di acronimi che si deposita sulle carte crean-
Imparai presto espressioni che conservavano, come do altra carta. Dopo qualche anno o qualche mese si
la madeleine di Proust, un sapore di tempi perduti,
verifica che questa carta ha creato una nuova buro-
imparai a farcire gli atti di circonlocuzioni come “al-
crazia, una nuova casta di decisori, che l’ottanta per
l’uopo predisposto” che mi pareva il titolo di una ri-
cetta per l’uovo alla coque, imparai a muovermi nei cento del tempo di lavoro viene invaso da rendiconta-
territori in cui l’ignoranza si nasconde dietro lo spe- zioni, reporting, riunioni di verifica, e, sotto mentite
cialismo, dietro la mnemonica dei commi come una spoglie, una nuova cultura dell’adempimento prende
tabellina del tre moltiplicata all’infinito. Ciò di cui piede nei servizi pubblici, per cui quello che conta è
si riempivano la bocca e l’anima i burocrati pubblici piazzare la cifra giusta al denominatore giusto, anche
non era il diritto, perché, nonostante ancora oggi io se le cose che stanno sotto i numeri non sono cambia-
lo mastichi poco e a fatica, penso di aver capito che il te di molto. Di sicuro non sono cambiate le code degli
diritto è comunque una disciplina che riguarda i di- utenti, i tempi di attesa, le anticamere, i rituali, i filtri,
ritti, anche quando lo fa per occultarli, cioè qualcosa l’autoreferenzialità.
Poliscritture/Esodi Pag. 48
I
n compenso sono cambiati la retorica, il linguag- di fiducia ad ogni cambio elettorale: nella versio-
gio, i simboli. L’aziendalizzazione del mondo (per ne poco educata della destra suona “noi non faccia-
cui ormai si parla di “azienda Italia” anche al bar, mo prigionieri”, quindi chi vince prende il piatto e i
le usl sono diventate asl, le scuole sono state conse- cocci sono vostri; in quella un poco edulcorata della
gnate ai manager ecc. ecc.) ha fatto aggio non solo sinistra significa “chi ha vinto ha diritto di governa-
sulle presunte inefficienze del settore pubblico, ma re”. Ma il risultato non cambia di molto ed esprime
anche sull’etica calvinista del servizio che ancora te- come meglio non si potrebbe il totale dispregio della
stardamente resisteva in alcuni comparti della cosa competenza, della professionalità, della esperienza,
pubblica (e spesso nel settore sociale e culturale). nonché la mancanza di “senso delle istituzioni” che
L’aziendalizzazione ha ridotto l’utente a una cifra di caratterizza la classe politica che più si vuole statale,
tabulato, il personale a risorse umane, la comunica- statuaria e manageriale.
zione a esibizione di immagine. La retorica del mana-
S
gement si è insinuata in ogni piega del lavoro e pre- ono un bibliotecario. Erri De Luca direbbe che
cede di gran lunga le sbandierate rivoluzioni nella ge- non si può mai osare una presentazione così
stione. La managerialità si ammanta di decisionismo essenzialistica, così assiomatica, e allora biso-
e ha bisogno di un pensiero breve, articolato in atti gnerebbe forse dire: mi chiamo (mi chiamano?) bi-
di volizione che spesso hanno una funzione energeti- bliotecario, o faccio (farò?) il bibliotecario. Eppure io
ca più che organizzativa. Le presentazioni in Power- lo dico, lo dico in modo disarmato, sono un bibliote-
Point ne scandiscono bene il meccanismo di semplifi- cario, come un altro potrebbe dire: sono un drogato,
cazione cognitivo, articolato in slides, grafici, bullets e non sentendomi certo migliore. A un certo punto
(“pallottole” o meglio, “pallini”). Edward R. Tuffe ha della mia vita, non saprei neanche quando, è scattato
sostenuto che una delle ragioni del tragico fallimento un imprinting e da allora sono un bibliotecario. Non
del volo dello Shuttle Columbia stava proprio nella è scattato solo l’amore per degli oggetti, sia pure fatti
deliberata retrocessione di un fattore di rischio in un d’infinito, ma sempre oggetti. Questo avrebbe fatto
bullet di terzo livello nelle slides della presentazione di me un bibliofilo qualsiasi. È scattata una molla di
ingenieristica del progetto. Così esso sfuggì all’atten- tutela e di ordinamento, la cura per ciò che in quegli
zione dei decisori ma non all’impatto con la gravità oggetti di volta in volta si nasconde e che di quegli
terrestre. oggetti spesso si fa beffe; l’intuizione che se qualcosa
di simile a un ordine nell’universo può esistere, esso
L
a visione manageriale del mondo ruota intorno ha a che fare con loro: sono i libri l’espressione più
ai maneggi del potere, cui si dedica, fin dall’eti- perfetta della negentropia, e c’è da rabbrividire al
mologia, con zelante familiarità. L’inglese ma- pensiero di quale scialo entropico avvenga in qualche
nage pare avere origine dal latino manidiare attra- punto dell’universo quando un libro, un libro vero,
verso l’italiano maneggiare, non senza una deriva e qui da noi prende forma (il che comunque avviene
una certa confusione verso il francese ménager, che di rado, per questo è importante anche conservarli, i
porta ad altre commistioni (pur non del tutto aliene libri). Cura e ordinamento che si rovesciano in dipen-
alla pratica del management) come la gestione do- denza, in felice sudditanza. Sarei stato bibliotecario
mestica e il ménage familiare. In ogni caso l’uso del anche se non avessi fatto questo lavoro? Che doman-
termine è attestato, fin dal XVI secolo, in ambito mi- de. C’erano più operai tra quelli che nel ’68 volanti-
litare, prima della sua estensione all’industria e agli navano fuori di Rivalta, alzandosi due ore prima del
affari (traggo queste utili indicazioni da un articolo primo turno, e magari non avevano mai messo piede
di Raymond Williams sul numero 326 di “aut aut” in fabbrica, che tra quelli che venivano piallati alla
dedicato alle retoriche del management). Di fatto la catena di montaggio. Sì, lo so, suona irriguardoso dir-
catena del comando manageriale ha molto di milita- lo, suona come un elogio dell’établi, dello studentello
re, così come il meccanismo dello scarico di respon- borghese che vuol spiegare ai lavoratori cosa devono
sabilità (una evacuazione sull’inferiore, fintanto che fare. Però uno è operaio se è trafitto dall’alienazio-
è consentita, con una eventuale deviazione collatera- ne come san Sebastiano, se respira la concentrazione
le, verso enti o uffici paralleli). Nell’ente pubblico la delle forze produttive come un veleno che lo uccide e
managerialità ha fatto irruzione attraverso una deli- insieme come un ossigeno che gli riempie i polmoni,
mitazione di campo con il politico, con la famosa di- se nella pelle sente la dignità di quella esistenza col-
stinzione tra “gestione” (che spetterebbe ai tecnici) e lettiva come un disegno all’incontrario che rovescia
“indirizzo” (che sarebbe prerogativa della “politica”). come un guanto la apparente stabilità delle gerar-
Distinzione che è andata subito stretta ai politici e chie e dei poteri. Per questo oggi forse non ci sono
che si è rivelata alla prova dei fatti inapplicabile (un più operai e ci sono tanti sfruttati. Io l’ho detta la mia
tributo alla retorica del management, appunto), vista bestemmia da bibliotecario. Ora tocca a voi, operai (e
la inestricabilità di gestione e indirizzo nella maggior battete un colpo).
parte delle imprese pubbliche. La politica dei politici
T
(che, come noto e per fortuna, non esaurisce affatto la he library is a growing organism (la biblio-
sfera della politica) si è comunque ripresa il suo mar- teca è un organismo che cresce, quinta legge
gine di manovra, potremmo dire il suo diritto di ma- di Ranganathan): ci pensavo oggi, ripercor-
nagerialità, attraverso il meccanismo squisitamente rendo mentalmente più di venti anni di vita biblio-
autoritario dello spoil system, ossia della sostituzione tecaria. Quando sono arrivato in questa biblioteca, vi
del management dirigenziale con proprio personale lavoravano in tre, ed era un organismo che dai suoi
Poliscritture/Esodi Pag. 49
duecento metri quadri premeva per estendere i suoi bliotecari della repubblica spagnola durante la guerra
tentacoli. Dico la verità, io la sentivo scalciare, quel- civile mentre saltano disarmati da una trincea all’al-
la biblioteca, dentro il ventre della città. Come una tra portando pacchi di libri. Non c’è nulla che renda
creatura, come un tumore, come una cellula non so evidente la diversità di civiltà tra i due schieramenti
se sana o impazzita, aveva bisogno di crescere, di al- che si combatterono (quello repubblicano e quello
lungare i suoi scaffali, di seminare letture. Oggi è una falangista) quanto la loro opposta politica bibliote-
biblioteca di 1500 metri quadri, aspetta (e spera) un caria. Da un lato Franco e i generali impegnarono i
ampliamento che li raddoppierà, va per il centomille- pochissimi bibliotecari che mantennero in servizio (e
simo volume, ci lavoriamo in venti, c’è la fonoteca, il che non fucilarono) nel compito di epurare e censu-
multimediale, la storia locale, la sala ragazzi. È uscita rare, uno per uno, i libri delle biblioteche “inquinati”
dal ventre, ma cresce ancora, con un ritmo diverso: dalla sovversione democratica, per espungere dai ca-
pulsa di una potenza tranquilla, esplora il mondo e taloghi le opere di Garcia Lorca, Unamuno, Machado,
conquista nuovi spazi con la sua metodica serendipi- Alberti, Cernuda, Hernández e via via moltissimi altri
ca, con il suo sguardo fisso altrove. Chiamatelo misti- facendo grazia per nazionalismo al solo Quijote, che
cismo bibliotecario, avrete ragione. Eppure io provo giustamente invece Pinochet mise al bando (ricordate
una sorta di postuma serenità quando contemplo la Brecht? «Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi
“creatura”, quando vedo la sua navata laterale con i fuori… Vi comando: bruciatemi!»). Dall’altro la Re-
finestrini illuminati nella sera come un treno in par- pubblica creò squadre di bibliotecari al fronte perché
tenza, e so che mi sopravvivrà e mi sopravanzerà fa- non facessero mancare nelle trincee il sostegno il sol-
cendo a meno di me. Anche questo è il risultato del lievo la consolazione della lettura. E li impegnò nella
lavoro e della passione di tante persone, di un lavoro costruzione di organizzazioni bibliotecarie da campo,
d’amore. Ben scavato, topi di biblioteca! di biblioteche mobili che ancora oggi sono studiate
per realizzare, in tempi di pace, i bibliobus che por-
A
ltre volte, però, mi capita di contemplare la tano i libri nei paesi più sperduti della Catalogna o
scia dei finestrini illuminati con una diversa della Castilla La Mancha. Poi ci fu un lungo deser-
sensazione. Allora vi vedo specchiate le imma- to storico in cui le biblioteche in esilio fecero sentire
gini della biblioteca di Sarajevo, arsa da una bomba solo a tratti la loro voce. Quella voce che ora ritrovo,
(1992), o di quella di Bassora distrutta dalle fonda- con commozione, nelle selve della Lacandona zapati-
menta (2003), o di quella di Bagdad i cui libri sono sta dove il subcomandante Marcos fa costruire e rico-
andati in fumo (2002) colpiti dalle bombe “intelli- struire le biblioteche spiraliformi di Aguascalientes,
genti” e dal saccheggio sotto gli occhi degli occupanti regolarmente distrutte dall’esercito messicano. O nel
americani. Intorno a quegli scaffali il tessuto umano, discorso della comandancia zapatista all’Università
la solidarietà civile e culturale si sono sgretolati in un Metropolitana di Città del
attimo. Le millenarie pareti di libri sono andate in Messico nel 2001, che è
briciole. Così la vanagloria dell’operosità e l’orgoglio interamente centrato sui
dei guardiani cedono il posto alla consapevolezza del- libri, sulle loro perse-
la fragilità e della precarietà. Diciamo che non sap- cuzioni, sui loro silen-
piamo che cosa sarà domani. Diciamo che non sap- zi e sul loro diritto a
piamo chi sopravvivrà a chi. Diciamo, con Benjamin, “volare” in liber-
che ogni monumento alla cultura è anche un monu- tà. Ben scava-
mento alla barbarie. Diciamo che ogni informazione to, caracoles
che si aggiunge, che ogni lettera del tuo nome è solo della La-
un giro di valzer sull’orlo di tutto ciò che resta igno- cando-
to o che conoscendolo ci restituisce solo il profilo del na!
silenzio o dell’orrore. Tutto ciò che è solido marcisce
all’aria. Forse la biblioteca-universo è in indefinita
espansione e i libri si disperderanno nel vuoto side-
rale come atomi privi di senso. O forse è in fase di
implosione e in una riga si concentreranno i pensieri
gli amori e i dolori di miliardi e miliardi di creature
intergalattiche. Allora gli atomi sempre più pesanti
del dolore planetario fondendosi faranno precipitare
la biblioteca nel buco nero e nel calor bianco di un
rogo senza fine.
A
Madrid viene inaugurata in questi giorni una
mostra sulle biblioteche in guerra. L’hanno cu-
rata con la loro intelligenza pasionaria Blanca
e Ramón, che sono andati a ricomporre le pagine di
una storia che i vincitori hanno scientificamente can-
cellato, con il loro zelo di costruttori di macerie. La
mostra non l’ho ancora visitata, ma già ce l’ho davanti
agli occhi. Nel biglietto di invito sono raffigurati i bi-
Poliscritture/Zibaldone Pag. 56
5 Zibaldone di Sanpièr e dintorni.” Non voglio mica morire qui”,
diceva spesso.
Renzo aveva trovato il compagno giusto per scap-
pare un giorno a Milano. C’era però il problema di
risparmiare soldi. Era figlio di un mediatore, aveva
un fratellino, sua madre lavorava in campagna come
Paolo Lezziero bracciante, anche per loro era dura arrivare coi conti
alla fine della settimana.
La soluzione la trovarono da Onorio. Nel suo genere
un personaggio, non amava lavorare sotto gli altri,
Goste e gestiva la sala del Cinemateatro del paese, era anche
custode del cimitero e becchino. A suo modo un ge-
Renzo neroso. Anche se coi soldi ,avendo quattro figli, spes-
so tirava sul dovuto.
a Milano Onorio non poteva fare tutto da solo, e Goste e Renzo
sistemavano le sedie del teatro, i tavolini, li spostava-
no alla fine, facevano le pulizie. In cimitero le tombe
erano coperte di lumini. La cera che si spandeva sul-
Milano era un mito per Sanpièr e i polesani. Del lavo- la tomba andava raccolta. I due amici la grattavano
ro, soprattutto. Ed era la metropoli più vicina. via e la ammucchiavano.. La cera veniva riciclata e
In piazza i pochi che c’erano stati, rappresentanti, rimandata in fabbrica. Pur di andare a Milano accet-
grossi proprietari terrieri, lo facevano pesare. “Siamo tavano di lavorare nel cimitero, soprattutto alla fine
stati a Milano. Noi sì che ci siamo stati”, e lo raccon- delle celebrazioni dei morti e dei Santi, e anche se
tavano a tutti, a quelli che volevano sentire e a quelli spesso avevano un po’ paura ( mai come Onorio che
che non. Perché gli dava importanza di uomini vissu- al cimitero aveva l’abitazione e la famiglia) il mito del
ti, di gente che girava e che non finiva tutte le sere al viaggio vinceva e trovavano il coraggio di fare quel
caffè di Roberto o al bar del Mantovano. E Renzo e lavoro. La mancia di Onorio arrivava subito, anche
Goste, alla loro giovane età, ne restavano affascinati se non era grassa. Renzo poi arrotondava suonando
ascoltando i racconti sulle piazze di Milano, sui locali, in un piccolo complesso che girava le balere, perché a
sulle donne di Milano. E poi sentivano parlare della dodici anni suo padre lo aveva iscritto ai Corsi civici
Scala, del Duomo, delle vetrine, di gente che era stata di musica e se la cavava bene con la fisarmonica, og-
in ristoranti da ricchi, nei cinema dove davano film getto intoccabile e inavvicinabile da tutti in casa sua.
appena usciti con grandi attori, in sale da ballo con La “Fisa” era sacra.
donne affascinanti. Scelsero la giornata di Ferragosto di quell’anno, le
Per i pochi mezzi finanziari dei due ragazzi, Milano mance erano arrivate puntuali e il gruzzolo per il
era come la conquista del K 2,allora molto recente, la viaggio di un giorno finalmente, secondo loro, era or-
stessa sensazione di impresa per dire poi “ a sèn astà mai sufficiente.
a Milan”(1) e raccontarlo a quelli della loro età. Vole- Era la bella stagione. Era più facile girare, occorreva-
vano metterci i piedi, provare la polvere degli asfalti no pochi vestiti, nessun bagaglio. La sera del quattor-
cittadini, fotografarla con gli occhi e stamparsi den- dici, verso le undici, avvisarono i genitori. “ Mamma”,
tro i palazzi, il traffico, la gente. disse Renzo a una donna, sua madre, che lavorava i
Goste aveva la stessa età di Renzo. Erano compagni campi per gli altri ed era già stanca dopo cena, fi-
di scuola, di giochi, abitavano nella via Duranta, il guriamoci a quell’ora, “ vado a Milano”. “ a Milano”,
rione più povero del paese, verso il fiume Tartaro. si sentì ripetere, manco fosse l’America, “a quest’ora,
“Alla casa della Duranta, vicino a quella dei Marchiàn, ma sei matto, pensavo andassi a letto... Vai da solo?
dove c’era una volta il vecchio caseificio, c’era solo “. “ No, con Goste.”
muffa e delle robuste pantegane”, ricordava Renzo Si trovarono nella piazza semibuia, allora c’erano
anni dopo, quando già abitava a Roma e faceva l’at- poche luci. Controllate e gonfiate le biciclette, pun-
tore di teatro. tarono pedalando verso Legnago, la prima città dove
“ Quando mi svegliavo la mattina vedevo la loro coda passava la ferrovia collegata a Verona.
sopra le travi.” Era una notte calda. Le camicie si gonfiavano d’aria,
Goste Ghirlanda era figlio del calzolaio, non era un l’aria della libertà, del viaggio, della méta da raggiun-
sognatore come Renzo ma anche lui voleva andare, gere. I chilometri volavano senza fatica, loro erano
era stufo dell’odore del cuoio che il padre lavorava, allenati, pedalavano tutti i giorni, volavano anche
delle suole e delle scarpacce che portavano in casa le parole. Renzo anni dopo non se le ricordava più,
sua da riparare. E dei soldi che non bastavano mai. erano le parole di un sogno che avanzava. Arrivarono
E delle liti col padre, che ogni tanto trincava, fra una allo “stallo” delle bici, dove si consegnavano in attesa
partita alle bocce e una alle carte. Silvio Ghirlanda del ritorno, e poi a piedi alla stazione.
però l’aveva vista dura da
giovane. Era stato emigrante in America, per cercare Era già mezzanotte. Il primo treno per Verona era al-
lavoro e poi era tornato. l’alba del giorno dopo. Dentro la sala d’aspetto, le
Goste aveva dentro la stessa smania di muoversi, di panche di legno erano piene di gente stravaccata so-
conoscere altri posti, altra gente che non fosse quella pra che dormiva o dormicchiava, con un tanfo terri-
Poliscritture/Zibaldone Pag. 57
bile di sudore e di piedi mal lavati. re, io gliela do, gliela regalo a tutti, ma portarmela via
“ E’ una casa, la stazione”, osservò stupito Goste, che di nascosto rovinando tutto io non ci sto.”
era la prima volta che ne vedeva una. “ Non siamo mica dalle nostre parti e non dobbiamo
“ Cosa pensavi che fosse”, lo brutalizzò Renzo, che da dividerci la legna”, gli disse Renzo coprendosi la boc-
ragazzino era stato a Roma con parenti, e la stazione ca con la mano per non farsi sentire, “ siamo su un
la ricordava bene, anche se poco di tutto il resto, con treno e fai un gran casino, non la voglio la ciambel-
le immagini dentro di una grande, antica città visitata la”.
in fretta. Arrivarono alla stazione di Verona Portanuova ( una
“ Ha parlato il grande viaggiatore”, gli ribadì sul muso stazione vera e grande e bella, sottolineò Renzo) dove
Goste, scocciato per la gente che lo aveva guardato. “ cambiarono treno, un treno vero, rapido e comodo,
L’avevo già vista un’altra stazione, quella di Villa Bar- che arrivava da Venezia e portava turisti di livello,
tolomea, ma ero piccolino, quando eravamo sfollati gente con l’aspetto e il tono più cittadino e un vissuto
per il Po che era diventato matto e ci inseguiva fino diverso dal loro, un modo di porsi che li mise in sog-
agli argini del Tartaro. E questa è la seconda, e sem- gezione. Trovarono posto in seconda classe e si sve-
bra anche lei una casa.” gliarono definitivamente anche per la gioia di essere
“ C’ero io sopra gli argini di Tartaro, con tutti i miei, sul treno che li portava direttamente a Milano, senza
non ti ricordi più”, chiarì Renzo. più cambi e spostamenti. Avevano infatti dormic-
Sulla panca più grossa una donna anziana si era ada- chiato sul trenino di Legnago, soprattutto Renzo che
giata per riposare. Goste le si buttò quasi sopra per non aveva chiuso occhio, adesso invece cominciarono
trovare spazio, le altre donne ridevano, ma Goste non a gustarsi il viaggio, passando per bei posti, Desenza-
si formalizzava, anche a casa sua c’era poco spazio no e il Lago di Garda, e poi per la stazione di Brescia e
con i fratelli nella camera da letto. per quella di Bergamo e finalmente arrivando sotto la
Renzo invece uscì a vedere la notte che avanzava e ferraglia delle volte della stazione di Milano.
la città che dormiva. Rientrò poi sedendosi per terra. Goste restò colpito dalla grandezza della stazione,
Non c’erano più spazi. Non riusciva però a chiudere dal numero dei passeggeri, dei bar, dei giornalai , dei
gli occhi. L’attesa del treno giusto lo eccitava, contava tabaccai, dal numero dei treni fermi e da quelli che
le ore che lo separavano all’alba. partivano, dai gran rumori, dai poliziotti che girava-
Per lui arrivò presto. Un Goste assonnato aveva inve- no a coppie, dai facchini che caricavano e scaricavano
ce occhi che non si aprivano, pagati i biglietti e fatti dai loro carrelli. Renzo anche lui, ma meno del suo
i conti, si offrirono a vicenda solo un caffè, salirono amico, perché a quindici anni lo avevano portato a
sul treno con entusiasmo, il trenino che li collegava Roma, della stazione Termini ricordava quasi tutto,
a Verona era un accelerato, una caffettiera che faceva aveva poi fatto un rapido giro in una città grande più
un gran fumo gratuito e tante fermate, salivano dai di Milano. Restò impressionato si ma meno di Goste,
paesini donne anziane tutte vestite di nero, con scial- perché lui cercava di ricordare le differenze fra la due
li annodati e pacchettini con dentro roba, qualche città, che erano notevoli.
uomo di una certa età che fumava la pipa e pochi gio- Presero il primo tram per il centro, per via Manzoni
vani, studenti in vacanza, o in giro come loro due. Go- e Piazza Duomo, piazza della Scala. Goste però aveva
ste però aveva fame e sua madre previdente gli aveva ancora fame e voleva finire la ciambella e cominciò a
confezionato una ciambella di quelle che si sfarinano papparsela con lo stesso stile del treno, impiastrando
appena le tocchi. Lui ingoiava tranquillo e si riempiva di briciole bianche e farinose il sedile e il suolo del
la camicia e la canottiera di briciole che poi franavano tram.
a terra. Renzo si vergognava un po’ ad accettarne un Nessuno parlava ma lo guardavano in molti, Renzo si
pezzettino, perché per lui Goste era troppo genuino sentiva morire e gli faceva boccacce per farlo smette-
e alla buona, uno della via Duranta, dove le forme si re. Goste non replicò ma finì il pasto e poi aveva sete,
rispettavano poco, anche se era il suo amico più caro, “ Scendiamo a bere, Renzo.”
ma la gente lo guardava male, sporcava dappertutto. Per fortuna erano arrivati. Bevvero a una fontanel-
“ Me l’ha fatta la mia mamma, la ciambella, e io me la per risparmiare, ci stavano solo un giorno, dove-
la mangio perché ho fame.” La vuoi?” continuava a vano mangiare qualcosa almeno a mezzogiorno, poi
ripetere al suo amico di viaggio che non si decideva. c’era il ritorno e c’era da pagare per il ritiro delle bici.
Erano abituati a spartirsi la roba. D’inverno, con le Renzo era più parsimonioso, Goste un istintivo che
stufe da riempire, andavano a far legna nei campi dei soddisfaceva i suoi bisogni e i suoi piccoli piaceri.
grandi proprietari, rischiando. Appena adocchiava- Come quello di farsi fotografare in piazza Duomo con
no un albero malandato ne strappavano i rami e il le mai piene di sementi e di piccioni che beccavano.
fusto se era piccolo, poi portavano tutto a casa e divi- Dopo aver molto girato, osservando più le ragazze
devano, con le loro madri contente di avere materiale che i ragazzi della loro età, che vestivano e si muo-
per le cucine economiche, che scaldavano, poco, la vevano in un modo diverso e parlavano tutti in lin-
parte dove si mangiava, per niente le camere da letto, gua, sbirciando i caffè del centro e i tavolini eleganti
facevano bollire le pentole e scaldavano il contenitore dove servivano camerieri che sembravano tutti ugua-
dell’acqua e asciugavano col calore i panni stesi sui li, con una camicia come una divisa, rigidi e attenti
ferri attorno al tubo. Una volta una tale li prese a fu- al cliente. Non era certo il “cùsa vòt “(cosa vuoi) di
cilate, da lontano, sparando in alto per spaventarli, Onorio o di Roberto, a Sanpièr, ma era un “deside-
“perché”, diceva costui, facendo il sociologo dei cam- rano” che sembrava un esame e questo dava fastidio
pi, “ se la roba, legna o frutta me la vengono a chiede- a Goste e quando mangiarono qualcosa in Galleria,
Poliscritture/Zibaldone Pag. 58
rigorosamente in piedi, a loro sembrava di pagare avevano indebolito. “ Facciamoci un panino, Renzo”
anche l’aria e di essere osservati da tutti ma poi non “ Non possiamo, non torniamo più a casa, i soldi non
era vero. Renzo aveva accettato di più la situazione, bastano.”
aveva osservato magnifiche vetrine sotto i portici di Goste si sbafò lo stesso un francesino imbrattando-
Corso Vittorio. “ Siamo a Milano, Caro Goste”, aveva si di farina, Renzo rinunciò anche se sentiva il vuoto
buttato là all’amico, “ e ti devi adeguare”. “ A me non dello stomaco. Arrivarono in stazione, ripresero con
piace”. Goste già si sentiva fuori casa quando doveva un po’ di malinconia il treno per Verona, Goste si ad-
ordinare qualcosa all’Oblìo di Ostiglia, figuriamoci in dormentò subito, aveva mangiato e bevuto e Renzo
Galleria a Milano. invece no, a pancia vuota non si dorme.
Gli sembrava tutto falso, tutti attori quelli che pas- Da Verona ripresero il trenino per Legnago, come al
savano, acceleravano, si fermavano, chiacchieravano, solito talmente lento che Goste riprese a dormire e
leggevano il giornale, fumavano, “ che lusso”, pensava Renzo ad avere fame.
. E anche le ragazze, quasi tutte belle e disinvolte, le Sudati e stanchi arrivarono allo stallo delle biciclette
vedeva come se partecipassero a una sfilata di moda ma non avevano più soldi.
da tanto erano sicure di sé. Pensava a cosa avrebbe “ Niente soldi niente biciclette”, rispose il padrone
detto se per caso una di loro si fosse fermata con lui, tranciando l’aria con un dito duro e deciso.
Goste Ghirlanda di Sanpièr, ma tutte andavano da “Per favore, abbiamo fame, siamo stanchi, le lascio
qualche parte e di fretta e anche i ragazzi si fermava- i documenti, il mio indirizzo, pregò Renzo. Ci volle
no poco. una mezzora di trattativa, tirando in ballo padri che
In piazza Duomo Goste si era avvicinato a capannel- si conoscevano e amicizie comuni del mercato di Le-
li di persone che sembrava si volessero sbranare con gnago o di un caffè dove il padre di Renzo faceva il
le dita puntate addosso, gli occhi inferociti. Stavano mediatore. Poi lo convinsero a rilasciare le bici. Al-
semplicemente parlando di politica, rossi e neri e tri diciotto chilometri da spingere, la debolezza ta-
bianchi democristiani. gliava le gambe di Renzo e la stanchezza lasciava un
Renzo invece era rimasto colpito dalla Madonnina Goste assopito che pedalava senza vedere la strada,
e da tutti i campanili e dalle altre chiese attorno al sbandando sui ciottoli più grossi. Attraversarono una
Duomo, dai palazzi di Piazza Mercanti. Gli piaceva piazza di Sanpièr modesta e semibuia e più stanca di
osservare, aveva ammirato la Scala, “il Tempio della loro, stremata dal gran caldo della giornata col poco
Lirica” e il monumento a Leonardo nella stessa piaz- asfalto ancora caldo. Seduti ai tavolini di Roberto,
za. Si era informato dei teatri che c’erano a Milano, il padrone-poeta del caffè Centrale che a sua volta
immaginava gli attori che calcavano i palcoscenici, odiava il suo lavoro e di nascosto scriveva versi ( At-
luoghi sacri per la sua passione segreta che già lo tilio ne ricordava uno molto bello: “ Pioveva e c’era
condizionava per il suo avvenire. Anche se era Roma il sole/ sembrava il miracolo dell’odio accoppiato al-
, secondo lui, la città del cinema e del teatro dei suoi l’amore) e racconti su fogli bianchi appoggiati vicino
sogni. alla macchina del caffè, e che ogni tanto pubblicava,
A un certo punto Renzo pensò, magari per scroccare gli ultimi avventori salutarono la coppia che rientrava
un buon pranzo, di andare a trovare una sorella che urlando forte: “ E alora, cum’èla Milan...? (e allora,
abitava a Milano da qualche anno. Dovettero pren- com’è Milano?)
dere un altro bus. Goste prima aveva accettato, poi Renzo non voleva rispondere a quell’ora, non aveva
stufo di aspettare una persona che non arrivava mai e fiato e voglia, non voleva essere preso in giro, lascia-
volendo godersi la sua gita aveva preso un altro tram to Goste arrivò a casa stremato, quasi in svenimento.
al volo e se ne era andato urlando dai finestrino aper- Suo madre volò dal letto e tirò fuori tutto, “ tégie ti-
to: “ ci vediamo in piazza Duomo, in piazza Duomo”, gìn e tigiòt, e cioè tutto il pentolame, il pane i sughi e
come se dovessero ritrovarsi in piazza a Sanpièr da il vino. “ Mò sét matt (ma sei matto?), a ridurti così.
Roberto. Da quand’è che non mangi?”
Dopo qualche ora di attesa Renzo si era stufato e ri- Renzo non rispose o non voleva, sentiva già il profu-
partendo a sua volta aveva ritrovato Goste in Duo- mo del ragù anche se era riscaldato, sua madre previ-
mo, ricoperto ancora una volta di piccioni famelici, dente aveva avanzato roba dalla cena, vedeva la pasta
che forse gli ricordavano gli uccelli di campagna delle ben condita scivolare lentamente nella sua gola sulla
loro parti, appoggiati sulle braccia e sulle mani e an- scia rossa del pomodoro, il fiato ritornare.
che in testa. Sembrava un monumento, se non avesse “ Prima làvati”, chiarì subito sua madre a un figlio che
avuto gli occhi aperti e la faccia stirata dalla godùria sapeva di treno e di sudore di Milano. A pancia piena
di farsi ritrarre in quella piazza enorme piena di gen- e pulito, Renzo dormì tutta la notte e un bel pezzo
te, o uno spaventapasseri, con la camicia aperta e una della mattina dopo nel silenzio della sua campagna.
scarpa slacciata e la testa rigida per non far scappare I rumori di Milano gli erano ancora dentro, era stata
il volatile appoggiato sopra.. dura ma era soddisfatto. La giornata per lui era stata
“ Goste, Goste”, urlò Renzo per tirarlo fuori dai pic- una tappa di avvicinamento alla sua decisione di al-
cioni e dal fotografo che continuava a scattare e che lontanarsi, col tempo, da casa.
poi andava pagato, caro e un tanto a scatto.
Poi contarono i soldi. Erano giusti per tornare, per-
ché non avevano fatto andata e ritorno.
Goste però aveva ancora fame e sete, con tutto il cal-
do che si era preso e la camminate e le sudate che lo
Poliscritture/Zibaldone Pag. 59
invenzioni linguistiche, e celebrandone in modo par-
Mario Mastrangelo ticolare l’epos narrativo e la tensione interiore (De-
matté), come pure il timbro di canto inconfondibile
(Francescotti).
Purtroppo critici svagati, media banalizzanti e lettori
Libertà di distratti non hanno saputo accogliere compiutamen-
te queste acute e sapienti indicazioni.
linguaggio Nato a Bergamo (dove tuttora vive) nel 1932, Maz-
zoleni è poeta, narratore e critico. La sua carriera
ed anelito religioso letteraria si è affiancata e sovrapposta alla sua lunga
attività di educatore (docente di scuola primaria). Ha
nella poesia esordito in poesia nel 1973 con Questa realtà, cui sono
di Ermellino Mazzoleni succedute le raccolte La passione di sempre (1975), In
compagnia d’angeli straccioni (1978), Ognuno la sua
favola (1983, Premio La Bancarella), Cantare (1988,
Quest’alba che non diviene / unghia i nervi. Non premio Corrado Govoni).
ci sono / segmenti né angoli, né zigzagare / di pas- Libri di poesia più recenti sono Nel vento delle co-
si, ma un vortice / di spirali che riposano / in se mete (introduzione di Silvio Bordoni), 1992, U.C.T.,
stesse. Nessun ritmo / agli orologi dalle lancette / Trento; Contrada della luna gobba, introduzione di
di ghiaccio, anche il tempo / si contempla. La mia Enzo Dematté, 1997, ibidem; e Màder, con prefazio-
sposa ha / languore di malattia e nostalgie / dei ne di Renzo Francescotti, 2002, ibidem.
giovani specchi scintillanti / la sua fronte di dea. L’opera narrativa di Mazzoleni consta di vari racconti
Fantastica / i frumenti dove ondeggiano serenate pubblicati su riviste e antologie.
/ mandoline alla stagione d’amore. Più cospicua la produzione saggistica: Incontro con
la poesia di Biagio Marin, Bergamo, 1984, Crisi e pro-
(Ermellino Mazzoleni, Contrada spettive in dialetto e in lingua, Padova, 1985, La poe-
della luna gobba, pag.34) sia di Mauro Bebber, Trento, 1989, La poesia in dia-
letto trentino di Renzo Francescotti, Bolzano, 1992.
Essa comprende anche altri saggi su Arcadio Bor-
Come la Sulamite, anch’io madre, / sono perso
gogno (poeta dialettale trentino), Emily Dickinson,
d’amore per la ragazza / che non so il nome, pal-
Guido Gozzano, S.T.Coleridge.
lida / come il croco, non so i capelli, / se pioggia
Il Mazzoleni delle prime raccolte è poeta vicino alle
o serenata. La voce / è miele di rosmarino, è tor-
espressioni neorealistiche, seppure dallo stile molto
rente / fra i sassi la sua voce, è cesena / che gor-
personale, impegnato ad affrontare i temi politici e
gheggia nei sambuchi. / Tre volte le ho baciato
sociali cari alla sua generazione.
la bocca / e carezzato le palpebre, / tre volte ho
Da In compagnia d’angeli straccioni in poi si fanno
bevuto il suo viso dal sapore di giacinto. / Ogni
più evidenti – come dice Silvio Bordoni - i temi della
giorno le invento cantici, / mi faccio cetra e liuto,
memoria e del mito, memoria che oltrepassa il vissu-
/ ogni giorno la inghirlando di salmi. / Ma sono
to individuale per abbracciare il secolare e l’universa-
inconscio se è ragazza / di tendini e vene, dalle
le, fino a divenire mito.
mammelle / di prugna, o se è dea di vento, / fie-
Accanto a questo spostamento tematico, si assiste ad
vole come i sogni dell’alba.
un’interessantissima evoluzione della forma dell’ope-
(Ermellino Mazzoleni, Màder, p. 48)
ra poetica e della fisionomia del linguaggio.
Le raccolte più recenti si presentano infatti con la
E’ veramente sorprendente – nel pieno dell’era del- struttura del poemetto, usata da diversi poeti antichi
l’informazione e della comunicazione - che la poesia e contemporanei. Esso consente alle poesie contenu-
di Ermellino Mazzoleni non sia conosciuta come me- te in ogni raccolta di convergere attorno ad un asse
rita. tematico unico ma di ampio respiro, di essere parti
Lo stile di vita dell’autore, che è sempre vissuto ap- di una sola narrazione, stanze di un edificio poetico
partato nella sua Bergamo, al di fuori di conventicole rigorosamente costruito.
letterarie, ha forse impedito la conoscenza diffusa di Ad esempio, nella Contrada della luna gobba (1997),
una poesia elevata ed intensa, dotata di caratteristiche l’opera si sviluppa lungo sette giornate di neve (neve
espressive che la fanno risaltare nel panorama della vista come riparo, come culla, memoria, famiglia, ma
produzione poetica contemporanea e che dovrebbero anche come prigionia, minaccia, sepoltura…), ciascu-
farla degnamente accostare alle prove poetiche più na giornata comprende sette canti, e tutta la vicenda
riuscite e convincenti di questo nostro tormentato si rifà al Genesi biblico, con i sette giorni di nevicata
periodo a cavallo fra due millenni. che alludono ai sette giorni della creazione.
Della poesia di Mazzoleni si sono occupati lo scritto- Màder (Madre), 2002, è un poemetto che contiene 42
re trevigiano Enzo Dematté, Silvio Bordoni e il poeta canti, nei quali la lingua ed il dialetto bergamasco si
trentino Renzo Francescotti, oltre a Mario Vitali e ad alternano efficacemente nel raccontare una città, una
Antonio Pane, tutte testimonianze critiche di qualità, lingua ed una madre, e nel lamentare, con accorato
che hanno saputo valorizzarne l’essenza ed i contenu- struggimento, la perdita di tutte e tre.
ti, indicandone le cifre stilistiche, i temi ricorrenti, le Molto più particolare è la trasformazione del linguag-
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gio poetico. Essa vede (senza indulgere a sperimen- ad un incremento della carica emozionale dei versi .
talismi cerebrali o di maniera) l’affermarsi di quello Ma forse, su questo punto, è meglio far parlare diret-
che Silvio Bordoni definisce uso di una sintassi della tamente l’autore:
proposizione e del periodo non sempre ortodosso, ed Sistemale come ti pare le parole, / a lisca di pesce
Enzo Dematté chiama uso improntato ad un felice sulla pagina, / irte di lance o a onde di mare, / inno-
arbitrio. centi come una salveregina / o lerce di bestemmie. /
Arbitrio che si realizza con l’impiego di verbi intran- Allagale di vuoto a fingere / il non essere, accendi-
sitivi in luogo dei transitivi (viaggerò le costellazio- le di nuova / logica che tentino l’indicibile. / Gonfie
ni; non belano nessuna parola; fermento allegrezza; di canto, però. / D’ape o d’uccello o di femmina / in
queste parole che sanguinai; brulico fantasmi; squilli amore, mai inchino ai faraoni / né carezza alle tiare. /
i cieli della profezia; le pecore ondeggiano vele; pio- Giocale a colpo di dadi / dopo che hai bevuto la vita.
verò il silenzio dell’aurora…), con il conio di parole / Siano fionda d’ingiuria, / gustose come il pane e il
nuove, soprattutto verbi (fiabasti una favola di silen- ribes, / oppure zolfo di sarcasmo. / Comunque, fiato
zio; s’inginepra la notte; dove gli inverni / ragnano di poesia (Contrada della luna gobba, p. 62)
ghiacci d’ombra; si spetala ogni ideale; s’accrepu- Una sorta di dichiarazione di poetica che, pur con-
scola il ramo; il prato che s’intenebra, la siepe dove tenendo chiare indicazioni sui caratteri e sul conte-
s’inquarza / la piuma degli urogalli; quando s’intalpa nuto della poesia (a fingere il non essere… gonfie di
il giorno; la poesia unghiata di dissonanze; lingua... canto…dopo che hai bevuto la vita) sui suoi rapporti
che s’imputtana d’anglismi…) e con l’aggettivazione con il mondo esterno e con i suoi poteri (fionda d’in-
di sostantivi (sangue gelsomino, arpa usignola, par- giuria…zolfo di sarcasmo, mai inchino ai faraoni / né
lata ortica, ala cardellina, chiarore cherubino, odore carezze alle tiare) sottolinea l’importanza della ‘siste-
serenata, fieni fiordalisi, valle galaverna…). mazione’ delle parole sulla pagina e – sopprattutto
E si compie, raggiungendo gli esiti poetici più emo- - di quell’operazione che il poeta compie in modo ve-
zionanti, con la combinazione ardita e originale di ramente felice: l’accensione di una nuova logica che
parole ‘lontane’ (mulattiere di brezza; antifone di le porti vicino all’indicibile.
pioggia; arcangeli di brina; nei pascoli a brucare il ‘Operazione’ dagli esiti egregi. La lingua poetica di
solstizio; ti dico un’avemaria di glicine; ogni giorno Mazzoleni, infatti, con la sua inosservanza dell’orto-
la inghirlando di salmi; madre betulla; una palpebra dossia sintattica, con le sue invenzioni lessicali, con
di stelle; il geranio di poesia; come azalea di mare; il l’addensarsi di una fitta ed originale tessitura di me-
glicine dei balconi si allatta / di carbonio; con l’uva tafore e di analogie, esce dai legacci, dalle strettoie
della speranza; ribes d’allegria; piovono bianche rane e dalle convenzioni del linguaggio comune, spezza e
di luna…). ristruttura le sue rigidità, per plasmare un linguaggio
La forza e l’originalità del linguaggio si consolidano poetico che si carica di molteplici significati, essenza
poi con le frequenti citazioni latine, soprattutto bi- questa di un poièin di particolare forza e suggestio-
bliche ( De profundis per la mia contrada, canto / ne.
il dies irae a me stesso;… la mia sposa che canta / E’ assai interessante poi soffermarsi sulle numero-
“Magnificat anima mea Dominum”;… mentre dici / se e coinvolgenti immagini liminari, contenute nelle
l’angelusdei a petalo di labbra;…Serrati gli occhi, lui: poesie di Mazzoleni. Su quelle immagini, cioè, che,
/ “Nunc dimittis servum tuuum, Domine, / secun- secondo Jean-Pierre Jossua, in La letteratura e l’in-
dum verbum tuum in pace”. ) e con l’accoglimento quietudine dell’assoluto (2005, Reggio Emilia), de-
della sua lingua materna, la parlata dialettale berga- scrivendo un soggetto che attende, che vigila, che os-
masca, timida comparsa (solo tre versi) in Contrada serva, collocato su una soglia, su una frontiera, su dei
della luna gobba, asse portante invece di Màder, con confini, su di una riva, rappresentano i fondamenti
versi di piana ed elegiaca essenzialità: La tò us de ni- di una grammatica della trascendenza, indici perciò
gra serésa / la fiuria alla sira…, (La tua voce di nera di una poesia che va verso l’oltre, che cammina per
ciliegia / fioriva alla sera)…L’era in sità òlta / la to avvicinarsi all’assoluto:
cà de nìole e vènt...) Era in città alta / la tua casa di …al di là c’e un altro cielo, fermo / in una fissità di
nuvole e vento)…Quando sarò de là di nìole / cöntam cristallo;….Approdo al tempo senza tempo;…al di là,
mia sö di requiem, / pènsem alégra come la primaéra vasto / come il pensiero, c’è un balcone / di vento,
(Quando sarò al di là delle nuvole / non contarmi dei poi l’eternità;… Mi metterà su una barca / tagliata nel
requiem, / pensami allegra come la primavera)…In- faggio che sappia / il cammino al golfo dell’alba;…io
tàt te me tegnìet / la front tecàda a la to come l’irna / che voglio salpare / oltre il reale e il sogno;…mentre
a la rùer. Me sentìe i tò pensér / ch’i batìa insèma al su una barca di vento lui naviga / verso l’approdo mi-
sangh. (Intanto mi tenevi / la fronte attaccata alla tua sterioso;…Prima di migrare all’isola / di una peren-
come l’edera / alla rovere. Io sentivo i tuoi pensieri / ne rinascita;… Sarà / una data ignota da traversare /
che battevano insieme al sangue). come il prato e il mare come / si traversa la gioia e il
dolore.
I diversificati apporti linguistici e l’ampia libertà che
Mazzoleni dà alle parole sono al tempo stesso cau- Ma qual è il rapporto di Mazzoleni con l’assoluto?
sa ed effetto di una particolare intensità di significa- Cerchiamo di rispondere raccogliendo – ancora una
to del suo linguaggio poetico. L’anarchia, lessicale e volta - le indicazioni di Silvio Bordoni che, nell’intro-
sintattica, dei suoi versi sembra produrre inoltre un duzione a Il vento delle comete, scrive che la poesia
effetto di nobilitazione semantica, che si accompagna di Mazzoleni ha due caratteristiche fondamentali: il
Poliscritture/Zibaldone Pag. 61
senso di ampiezza, di profondità, di libertà che asse- Donato Salzarulo
gna alla parola (e di questo si è già parlato) e il senso
di religiosità (non certo confessionale, ma universa-
le) che assegna alla sua creatività.
Religiosità che si esprime attraverso un anelito reli-
gioso e cosmico, attraverso uno slancio a ricongiun-
Magris e
gersi con la divinità, con la nostalgia della trascenden-
za che però mantiene lo spirito individuale aderente
Shiller
alla coralità del vissuto, tende all’assoluto, insomma, Dialogo tra un professore di
ma senza staccarsi dalle vicende umane.
Se tale è lo spirito religioso del’uomo Mazzoleni, la filosofia e una studentessa
sua creatività di poeta fa entrare nei suoi versi – e
questo è molto interessante - una ‘pluralità’ di figure
divine: gli dèi barbari dei suoi antenati, gli idoli della
preistoria valligiana, gli dèi delle selci e dell’ortica, il
Dio biblico, iracondo e severo, e il Dio del cristianesi- Giovedì 19 maggio 2005. Durante l’intervallo, una
mo, di spini e luce. studentessa liceale dell’ultimo anno si avvicina al
Assieme a tutto questo, si notino i numerosi termini suo professore di filosofia, un sessantottino ultracin-
pertinenti al sacro e alla liturgia, così ricorrenti nel- quantenne con occhiali e senza barba.
le sue poesie: litanie, cherubini, apocalisse, profeti, - Prof., ha letto ieri l’articolo di Magris su Schiller? -
salmi, serafini, Salomé, la Sulamite, arcangeli… e poi - No, perché me lo chiede? -
incenso, salveregina, angelusdei, avemarie, preghie- - Era un articolo bello, ma tosto!…Tante cose non le
re… ho capite. Mi piacerebbe parlarne con lei. -
Parole che gli servono – in genere – per costruire Il professore apprezza la studentessa. E’ una giova-
metafore, similitudini ed analogie di grande caratu- ne sveglia, una delle poche che sfoglia le pagine di
ra, che danno ulteriore bellezza e profondità ai suoi un giornale.
versi. Con gli studenti dialoga volentieri anche al di fuori
Ma al di là di queste o di quelle parole, al di là delle dell’orario di cattedra.
direzioni di cielo che percorrono le sue sorprendenti Raggiungono subito un accordo: si vedranno lunedì
metafore, tutta la poesia di Mazzoleni ha una solen- pomeriggio nella sala della Biblioteca scolastica. In-
nità religiosa, anche quando ci presenta le cose più tanto il professore si procurerà l’articolo.
semplici e quotidiane. Possiamo dire che tutte le cose
che evoca o descrive nei suoi versi hanno (parafrasan- Lunedì 23 maggio.
do un suo verso di Màder) una sacralità di liturgia.
Ed ora, ultimato il tentativo di penetrare nel corpo - Prof., come le è sembrato? -
della poesia di Ermellino Mazzoleni, con il raziocinio
- E’ un medaglione…-
dell’analisi critica, vediamo - ancora - cosa essa rie-
sce a fare quando rimane sola ad incontrare l’atten- - Cosa?…-
zione e l’emozione del lettore. - Sì…medaglione significa semplicemente “grossa
Forse per i motivi che si è cercato di riferire, o per medaglia”. Come quelle che un tempo alcune vedove
altri che ci sfuggono, è certo che essa, con miracolo- si appendevano al collo per conservarvi il ritratto
sa forza ravvivante riesce a carezzare e ad incidere, a del marito morto o di altra persona cara. Nel caso
commuovere e a trascinare: specifico, Magris ha buttato giù un profilo, partecipe
Tutto è universo dentro e fuori / di me sono punto e direi, di Schiller.
cerchio, / precipizio e altezza. Tutto è / tempo dentro Ma lei cosa non ha capito? Cosa vuole discutere ?…-
e fuori di me. / Sono essere e mutazione, / diverso da
me stesso e uguale, / desidero un altro dove / e un - Prof., le faccio una proposta. Mi faccia riassume-
altro quando. Tutto è Dio: / mente e passione, sus- re velocemente le cose che ho capito, poi rileggiamo
suro e canto. / Dentro e fuori di me è / solo Dio: sole insieme le frasi o i periodi oscuri. -
d’ogni sole, / salmo di tutti i salmi. / Sono ancorato - D’accordo.-
in Dio, in lui / mi annuvolo, in lui risplendo (Màder, A questo punto la studentessa ricapitola velocemen-
p. 51). te i dati della struttura superficiale del testo:
a) luogo e data di nascita e morte di Schiller (Ger-
Nota: Le Edizioni U.C.T. di Trento, che hanno pubblicato gli mania:1759-1805); b) situazione politico-sociale
ultimi tre libri di poesia di Ermellino Mazzoleni hanno i seguenti della Germania del tempo: «ancora arcaicamente
recapiti: provinciale e frazionata in una miriade di staterelli
Edizioni U.C.T. Trento, C.P. 369 – 38100 Trento; Tel. e Fax 0461 quasi premoderni»; c) personaggi di cui fu contem-
983496; e-mail: gruppo.uct@tin.it poraneo (Kant, Hegel, Schlegel, Beethoven) e amico
(Goethe); d) gli avvenimenti epocali vissuti (Rivo-
luzione francese e Napoleone) e le posizioni assunte
(«linea illuminista-liberale-progressiva»); e) la sua
attività di geniale drammaturgo e poeta-filosofo; f)
le più importanti opere scritte: I Masnadieri, Inno
Poliscritture/Zibaldone Pag. 62
alla Gioia,Canzone della Campana, Don Carlos, De- missili cosiddetti intelligenti o alla bomba atomica.
metrius, Lettere sull’educazione estetica, Della poesia Penso agli OGM, alla clonazione, all’inquinamento,
ingenua e sentimentale; g) i suoi ideali di «altissima alla distruzione degli equilibri terrestri…-
civiltà» e la sua utopia dell’«anima bella», cioè, come - Sì, lei sta pensando alla scienza non solo usata nel-
scrive Magris – e la studentessa legge -, «dell’indi- le industrie, ma diventata forza produttiva del capi-
viduo formato così armoniosamente da non aver più tale…-
bisogno di dominare o reprimere impulsi malvagi,
- Prof.! -
perché la sua persona tende unitariamente e spon-
taneamente al bene – con la spontaneità della grazia - Guardi che non ho bestemmiato. Il capitale esiste. E’
che non ha più bisogno un rapporto sociale. Comunque, lasciamo perdere…
dello sforzo della digni- Il “progresso” di
tà…» cui ha esperienza
e parla Schiller
- Ecco, prof., già qui
non è ovviamen-
qualcosa non mi qua-
te questo. E’ quel-
dra. «Anima bella» non
lo indotto dalla
è un’espressione usata
Rivoluzione in-
in senso dispregiati-
dustriale inglese
vo?-
(divisione sociale
- Sì, soprattutto, da del lavoro, mac-
parte di chi si richiama chinismo, costru-
a posizioni materiali- zione dei mercati
stiche o, in senso lato, nazionali, ecc.) e
realistiche. quello prodotto
Difficile immaginare dalla Rivoluzio-
persone formate così ne francese nel
armoniosamente da campo dei dirit-
tendere spontaneamen- ti individuali:
te al bene. Oggi più che di pensiero, di
mai. Con le guerre in stampa, di as-
corso e dopo un secolo sociazione, ecc.
– il Novecento – ap- Un progresso,
parso come uno dei più per altro, che in
violenti e feroci della Germania era
Storia. Forse per que- in forte ritardo.
sto Magris, all’inizio Magris, a questo
dell’articolo, definisce proposito, è lim-
Schiller genio «tempe- pido. Leggiamo:
stoso ma anche elusi-
Schiller «assiste
vo…di una sconcertante
con entusiasmo
modernità.». Detto que-
alla Rivoluzio-
sto, lei è giovane. Me-
ne francese per
glio sforzarsi di essere
ritrarsi inorri-
anima bella piuttosto
dito dal Terrore
che brutta. Non le pare? In fondo, coltivare ideali
ma senza cadere – a differenza dei romantici – nelle
di armonia, di giustizia, di eguaglianza; avere belle
braccia di alcuna reazione, bensì continuando lungo
utopie è meglio che essere cinici ed egoisti…-
la linea illuminista-liberale-progressiva della sua gio-
- Prof., non mi faccia la predica. Piuttosto perché vinezza…
Magris parla di «sconcertante modernità»?
- Insomma, prof., fu una persona sostanzialmente
- La modernità appare sconcertante innanzi tutto a coerente. Aggiornò le sue posizioni col mutare del-
Schiller. Se legge con attenzione più avanti nell’ar- le situazioni, ma restò fedele ai suoi ideali giovanili.
ticolo è scritto: «Schiller accetta in pieno il progres- Non si comportò come certi nostri politici o certi in-
so e la modernità, ma si rende conto che lo sviluppo tellettuali. Prof., penso a Sgarbi. In questi giorni ho
generale della civiltà infligge pure limitazioni e feri- letto che vuole salire sul carro di Prodi…-
te al singolo individuo, ferite profonde nascoste che
- Lei mi sta stuzzicando. Torniamo al nostro poeta-
peraltro solo la civiltà e il progresso possono curare,
filosofo e mi faccia continuare a leggere:
soprattutto grazie all’arte.» E’ chiaro? -
«Insieme a Goethe, crea a Weimar il Classicismo te-
- Sì, ho capito che Schiller accetta il progresso e la
desco – meglio sarebbe dire classicità, come suggeri-
modernità. Ritiene, però, che non tutto vada per il
va Lupi –…
verso giusto. Un po’ come facciamo noi oggi. Utiliz-
ziamo, ad esempio, i risultati del progresso scien- - Chi è questo Lupi? -
tifico e, nello stesso tempo, abbiamo paura del po- - Sicuramente uno studioso. Al momento, non saprei
tere distruttivo della scienza. Penso non soltanto ai dirle altro. Però, non mi interrompa sempre…-
Poliscritture/Zibaldone Pag. 63
- Mi scusi, ma questo Magris che pure è assai bravo, - Se è per questo, anch’io penso che avere delle idee
non può pensare che ogni lettore sappia chi è Lupi - sia importante e che bisogna battersi per le proprie
- Ha ragione. Forse avrebbe dovuto aggiungere in idee. Mi fanno schifo, infatti, certe persone che si
fondo all’articolo, per chi avesse avuto voglia di ap- comportano come se le idee fossero vestiti acquistati
profondire, dei cenni bibliografici, almeno degli au- ad un supermercato. Oggi ne indossi una, domani
tori citati. Adesso, però, continuiamo a leggere: «… un’altra…-
come suggeriva Lupi - utopia di un’armonia di vita - Ha ragione, però, non esageri. Formarsi idee giu-
politica, cultura ed arte che poteva essere realizzata ste e corrette, non è facile. Comunque, va bene il
solo in un piccolo staterello come Weimar, in cui tut- lavoro che lei fa, va bene questo nostro dialogare,
to era a portata d’occhio e di mano come nell’antica questo cercare di costruirsi piano piano una con-
Polis greca… cezione organica e coerente del mondo, sulla base
- Vede, prof., piccolo è bello! Le piccole patrie sono della propria esperienza, delle letture, dei confronti
migliori delle grandi…- con gli altri. Va bene anche la consapevolezza che
non basta possedere idee più o meno giuste. E’ ne-
- Ma no, lei non può continuare a interrompermi
cessario incarnarle, farle diventare sangue, fegato,
così! Non può tirar fuori tutto quello che le viene in
cuore, energia pulsionale. -
testa! Prima il trasformismo, adesso le piccole pa-
trie…Vuole capire l’articolo o divagare a suo piaci- - Però, prof. quell’idea sul «rapporto armonioso fra
mento?… l’individuo e il Tutto», oggi mi sembra impossibile.
Dappertutto vedo guerre, conflitti, contraddizioni.
- Prof., non si arrabbi! E’ che certe frasi me ne sug-
Perché non torniamo al discorso sulle ferite nasco-
geriscono altre…Andiamo avanti: -
ste e sulle lacerazioni prodotte sull’individuo dallo
-… come nell’antica Polis greca, e che, se non riuscì sviluppo della civiltà? -
nel sogno di salvare stabilmente l’umanesimo evi-
- D’accordo. Prima un’annotazione, però: proprio
tando rivoluzione e reazione, costituisce l’ultima sta-
perché gli individui subiscono ferite, sono costret-
gione universale-umana della civiltà occidentale, in-
ti a molteplici limitazioni, presentano mancanze,
credibilmente feconda di capolavori e capace di tra-
proprio per questo nasce in loro il desiderio di “ar-
smettere il senso integrale della totalità, del rapporto
monia”. Torniamo, comunque, a Schiller. Dicevamo
armonioso fra l’individuo e il Tutto.» -
che accetta il progresso e la modernità, ma capisce
- Non so perché, prof., ma mi fa venire in mente gli subito che tutto ciò non è senza conseguenze per gli
hippies. Quelli non volevano l’armonia? Anche certe individui; che questi, anzi, pagano un prezzo in ter-
filosofie new age o certe religioni orientali. - mine di sofferenze e di limitazioni alla loro realizza-
- Può darsi. L’armonia alla quale pensa Schiller è zione. Gli abitanti dell’Olimpo vengono mandati in
però quella classica, quella greca - esilio a favore di un unico dio (quello dello sviluppo
- Sì, prof. Questo Schiller, comunque, l’ho capito. I e del profitto), che non è detto sia meno inflessibile e
contenuti sociali e politici della Rivoluzione li accet- capriccioso. Il singolo uomo si presenta scisso: ora
tava, il Terrore non gli andava a genio. Di fronte come borghese (attento, quindi, al suo privato), ora
alle teste tagliate, cominciò a propugnare, mi pas- come cittadino (attento, quindi, al pubblico). Senza
si il termine, un “imborghesimento” graduale della dire dello sviluppo di quelle che venivano chiamate
Germania, sbandierando “armonia” a tutto andare. “facoltà”: il sentire è scisso dal pensiero, la vita dalla
- poesia, e così via di seguito. -
- Non semplifichi eccessivamente e, soprattutto, non
dimentichi che il nostro poeta era un idealista, una A questo punto il professore tira fuori dalla cartella
persona, cioè, che credeva nella forza delle idee. un libro e legge una citazione dalle Lettere sull’edu-
Questo Magris lo dice sin dall’inizio. cazione estetica:
«Un’idea, per essere efficace ed agire sulla realtà, «…il godimento è separato dal lavoro, i mezzi dal
deve diventare un’energia. Infatti a un agorafobo non fine, lo sforzo dalla ricompensa. Eternamente in-
basta sapere, razionalmente, per sfatare la sua ango- catenato soltanto a un piccolo frammento del tutto,
scia e attraversare una piazza, che in essa non ci sono l’uomo foggia se stesso soltanto come un frammen-
pericoli, ma ha bisogno che questa conoscenza sia to; sentendo sempre soltanto il giro monotono del-
divenuto sentimento spontaneo, vissuto con tutta la la ruota che gli sta girando, egli non sviluppa mai
sua persona, anche con il corpo, e non solo nella sua l’armonia del suo essere, e invece di dar forma al-
mente. Questo vale per tutte le convinzioni, pensieri, l’umanità che sta nella sua natura, egli diventa un
stati d’animi e affetti di un individuo o di una collet- puro e semplice calco della sua occupazione, della
tività.» sua scienza.»
- Lei vuol dire che se uno crede all’armonia, la no- - Quindi, Schiller ritiene che vi sia una relazione tra il
stra vita può diventare più armonica… - modo di essere di un singolo individuo, la sua psico-
- Non mi faccia dire pensieri che non ho detto. Ho logia profonda e la divisione sociale del lavoro…
precisato soltanto che Schiller era un idealista. Era, - Brava!…Ha capito benissimo -
quindi, una persona che attribuiva alle idee un ruo- - In realtà, egli ritiene che vi sia anche un nesso fra
lo attivo per l’individuo, per la società e per la sto- arte e società. Ecco, ad esempio, su questo legame il
ria…- suo pensiero in una lettera a Goethe:
Poliscritture/Zibaldone Pag. 64
cezione decadente del tutto estranea a
Schiller, bensì perché l’arte, gioco molto
serio come quello dei bambini, libera dal-
la servile soggezione al peso della realtà e
insegna quella creatività che è anzitutto li-
bera costruzione della propria persona.»
- L’arte maestra dell’umanità? E’
come la frase sulla storia mae-
stra di vita! Poi continuiamo a fare
guerre -
Indubbiamente l’arte maestra dell’uma-
nità è frase generica. Serve, comunque, a
sottolineare una funzione educativa attri-
buita, forse da sempre, alle arti e alle belle
lettere. Quanto proficua è da discutere. I
gruppi dirigenti e la stragrande maggio-
ranza di soldati e cittadini tedeschi, con
tutta la loro bell’arte a disposizione, non
si sono sottratti all’ingrato compito di
infornare milioni di ebrei. Magari, dopo
aver svolto il loro “dovere”, leggevano una
poesia di Goethe, di Schiller o ascoltavano
l’Inno alla gioia. Non sono i soli. Noi italia-
ni siamo loro ottimi fratelli e l’elenco delle
ferocie e degli stermini perpetrati da al-
tri popoli potrebbe riempire pagine e pa-
gine. Questo per dire che la poesia è una
cosa, la vita (quotidiana, sociale, milita-
re) un’altra. La soluzione, allora, è quella
proposta nei salotti romantici, del fondere
e confondere poesia e vita? No. In questo
caso il rischio è quello che Magris chiama
«deleteria estetizzazione della vita». Oggi,
che la società è uno spettacolo, ne siamo
stracolmi. In che senso, quindi, l’arte è
maestra dell’umanità?
- In se stessa, forse… -
- Infatti, è’ maestra tramite se stessa, tra-
mite il suo impulso fondamentale, che è
quello ludico. E’ il discorso dell’«arte, gio-
«Purtroppo ogni tanto anche noi moderni nasciamo co molto serio come quello dei bambini».
poeti, e ci arrovelliamo fra i vari generi senza sapere a Questa analogia dell’arte col gioco e dell’artista col
che punto ci troviamo; perché le determinazioni spe- bambino è stata affermata e riaffermata da varie
cifiche, se non sbaglio dovrebbero venire dall’esterno, parti. Oltre al famoso “fanciullino” di Pascoli, che
e l’occasione determinare il talento. Perché scriviamo lei avrà sicuramente studiato con la professoressa
così di rado un epigramma nel senso greco? perché di lettere, Saba, un autore a me caro, in una delle
vediamo ben poche cose degne di un epigramma. Per- sue Scorciatoie – per la precisione, la numero 14 -
ché l’epica ci riesce così di rado? perché non abbiamo scrive:
ascoltatori. E perché il teatro fa tanto rumore? perché «Per fare, come per comprendere, l’arte, una cosa
da noi il dramma è l’unico genere maturo nella sua è, prima di ogni altra, necessaria: avere conservata
consistenza sensibile, l’unico in grado di comunicare in noi la nostra infanzia; che tutto il processo della
un qualche godimento attuale.» vita tende, d’altra parte, a distruggere. Il poeta è un
- Prof., l’avevo intuito che era un grande questo bambino che si meraviglia delle cose che accadono
Schiller! Mi spieghi meglio la storia delle ferite da a lui stesso, diventato adulto. Ma fino a che punto
curare «soprattutto grazie all’arte». Per stare me- adulto?
glio dobbiamo diventare tutti artisti? - Tocchiamo qui una delle differenze che corrono fra
- Sul punto conviene forse leggere la sintesi offerta la piccola e la grande poesia. Solo là dove il bambino
dallo scrittore e saggista triestino: « Nascono così le e l’uomo coesistono, in forme il più possibile estre-
mirabili Lettere sull’educazione estetica (1795), in me, nella stessa persona, nasce – molte altre circo-
cui l’arte diviene la maestra dell’umanità, non già stanze aiutando – il miracolo: nasce Dante. Dante è
tramite una deleteria estetizzazione della vita, con- un piccolo bambino, continuamente stupito di quel-
Poliscritture/Zibaldone Pag. 65
lo che avviene a un uomo, grandissimo; sono vera- a immaginare, può girarsi il mondo seduto su una
mente “due in uno”. Guardate come il piccolo Dante poltrona!-
trasale, grida, si illumina di gioia, trema di collera e - Infatti, una persona potrebbe finire in carcere o in
di (simulato) spavento, si esalta, si esibisce, si umi- catene, potrebbe finire a letto debilitata da una ma-
lia per civetteria, si erge alle stelle davanti alle cose lattia o sentirsi minacciata dall’ingiustizia o dalla
straordinarie che, attraverso di lui, nascono a Dante povertà, ma nessuno potrà vietarle di fantasticare o
in lucco e colla barba al mento! E come lo divertono di immaginare; nessuno potrà mai impedirle di so-
quei premi e quei castighi (quei castighi soprattutto), gnare di diventare presto un mago per annientare
quei diavoli e quegli angeli, quei “cortesi portinai”, coi suoi prodigi gli ostacoli e i malefici che bloccano
quei vivi e quei morti più vivi dei vivi! Che inverosi- la sua realizzazione.-
mile viaggio! Come sperare una festa, una luminaria
- Prof, sbaglio o uno psicanalista direbbe che è “com-
più grande? E contro a lui, unito a lui, Dante; Dante
pensazione”? Fantasticherie. Evasioni…Roba da
uomo intero, marito, padre, guerriero, uomo di parte,
Madame Bovary! -
esule infelice e glorioso; Dante con tutte le tremende
passioni dei suoi tempi e dell’età matura, in lotta con - E sia! Ma l’obiettivo di questo impulso ludico è un
gli altri e (meno) con se stesso, ai quali i fatti davano mondo più bello e armonioso, la sua metà è la liber-
sempre torto, tanto più sicuro d’aver sempre ragione, tà, la libera costruzione della propria persona…-
e quindi sempre con gli occhi fuori della testa, alluci- - Allora, prof. dobbiamo metterci tutti a scrivere
nato d’odio e d’amore. poesie, a disegnare, a comporre suonate?-
Se l’uomo prevale troppo sul bambino (Montale ci - Beh, che male ci sarebbe?…Quello che aveva capi-
suggerì, per questo caso, il venerato nome di Goethe), to Schiller, sulla scorta di Kant, e l’aveva capito così
il poeta (in quanto poeta) ci lascia freddi. Se quasi bene da farne una proposta di riforma della civiltà,
solo il bambino esiste, se sul suo stelo si è formato ap- è che l’immaginazione e, in generale, la dimensio-
pena un embrione d’uomo, abbiamo il “poeta puer” ne estetica occupa una posizione centrale, nel senso
(Pascoli); ne proviamo insoddisfazione e un po’ di proprio che sta al centro, tra i due poli dell’esistenza
vergogna.» umana rappresentati dalla sensorietà e dalla mo-
- Bella pagina questa di Saba, prof. Gliela suggerirò ralità. E’ la dimensione nella quale natura e libertà,
alla prof. di Lettere. - sensi e intelletto si incontrano. E’ esperienza percet-
tiva accompagnata dal piacere originato dalla pura
- Non si permetta!…Figurarsi se la professoressa
forma di un oggetto, indipendentemente dalla sua
non conosce questa pagina. Saba, però, qui parla
materia e dal suo scopo. «Finalità senza un fine» e
soltanto d’infanzia e non di gioco. Ma cosa sarebbe
«legalità senza legge» queste le due principali cate-
un bambino senza gioco? Converrebbe, quindi, ri-
gorie kantiane alla base dell’esperienza estetica…
flettere meglio sul significato della tesi che l’arte è
un gioco molto serio. Bisognerebbe capire, innanzi - Prof., la interrompo…Sta diventando difficile. Ca-
tutto, cosa è il gioco: pisco che è professore di filosofia, ma non esageri!-
a) non è il lavoro; - Mi ascolti, allora. Un po’ di tempo fa ho letto un
libro di poesie: Ritorno a Planaval di Stefano Dal
b) si presenta in forme variate: dall’arrampicarsi su
Bianco. L’ultima è intitolata “Poesia che ha bisogno
un albero e spingersi avanti e indietro su un altalena
di un gesto”. Peccato non averla con me, altrimenti
a “fingere” di essere mamma o papà, re o ferrovie-
gliela avrei letta. -
re.
- Di cosa parla, comunque? -
Una maestra d’asilo o di scuola d’infanzia definireb-
be quest’ultimo “gioco simbolico” e ne scruterebbe - Lo sa che in poesia l’attenzione non deve mai con-
con emozione la nascita nelle attività verbali e non centrarsi soltanto sul cosa, ma anche sul come. -
verbali del bambino. - Ho capito, però, in questo momento il testo non
- Come ha detto?…- c’è…-
- Gioco simbolico. “Fingere di…”. Stare a cavallo di - D’accordo. La poesia parla di una ciotola di sas-
una sedia e diventare cavaliere, avere una bambola si che il poeta ha posato sul pavimento e vorrebbe
tra le mani e coccolarla come fosse una figlia…In- che tutta l’attenzione si concentrasse sui sassi perché
somma, il poeta è un fingitore. sono una cosa come un’altra, con delle qualità: sono
visibili, toccabili, sono tanti e separati tra di loro.
- Questa frase l’ho già sentita! Chi la diceva?…-
Sono una cosa del mondo, dati in quel momento alla
- Pessoa. Comunque, il fatto importante è questo: nostra percezione nella loro “libera” esistenza. Si
oltre che toccare, gustare, vedere, udire, odorare, tratta, quindi, di percepire il sasso come sasso, “li-
sentire; oltre che riconoscere, nominare classificare, bero”, cioè, da finalità di ordine pratico o teorico. Se
seriare, confrontare, pensare, giudicare, ragionare, intendo bene Del Bianco con questa poesia “che ha
gli esseri umani provano piacere a immaginare e bisogno di un gesto” ci propone proprio un’esperien-
fantasticare. Alcuni hanno addirittura delle ‘visioni’ za estetica di stampo schilleriano e/o kantiano. Il
e viaggiano per l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. gesto chiede a noi un mutamento radicale del nostro
Sono proprie queste facoltà a liberare ognuno di noi atteggiamento verso i sassi, verso il mondo, verso
«dalla servile soggezione al peso della realtà». l’esistenza.
- E certo! Se una persona si mette a fantasticare o - Adesso ho capito. Lei vuol dire che quella estetica è
Poliscritture/Zibaldone Pag. 66
un’esperienza completamente diversa sia da quella
quotidiana che da quella scientifica.
- Esatto. Il fatto importante è che Schiller fa dello
sviluppo di questa esperienza un problema politico.
E’ in questo senso, tra l’altro, che viene ripreso da
Marcuse. -
- Chi?-
- Herbert Marcuse, un autore letto in gioventù e
molto celebrato nel ’68. Ma forse, come molti altri,
poco capito.Bisognerebbe riprendere in mano alcu-
ni suoi testi come Eros e civiltà, L’uomo a una dimen-
sione, o come La dimensione estetica e confrontarli
con l’odierno degrado. Un fatto è certo: attraverso
questo gioco molto serio dell’immaginazione e del-
la fantasia, l’arte insegna ad ognuno di noi «quel-
la creatività che è anzitutto libera costruzione della
propria persona.» Morso non è. Se una società tratta
molti suoi membri come se fossero esuberi o rifiuti,
se non assicura loro neanche di che vivere decente-
mente, se preferisce impegnare le proprie risorse fi-
nanziarie in guerre preventive piuttosto che in ricer-
ca scientifica e salute per i suoi cittadini, un poema
bellissimo e sublime (qualunque ne sia il contenuto)
non avrà la forza di modificare tali orientamenti.
Per queste cose ci vuole la politica, la lotta politica.
Chi avrà scritto il poema avrà, tuttavia, attivato sul
suo corpo-mente un processo che non lo renderà li-
bero, ma gli permetterà di godere sprazzi di felicità
(sia pure illusoria) e, almeno per un po’, si sentirà
“finalizzato”, “progettato”, “costruito”, impegnato in
un’attività libera e sensata.
- Bravo, prof., bel pistolotto! -
1) Ho conosciuto Fortini a Ivrea, in un tempo che mi
pare lontanissimo. Ma era in visita, non faceva più
parte della colonia intellettuale, viveva già a Milano.
Credo fosse in occasione della visita di Rocco Scotel-
laro.Di queste cose, persone e tempi vi è una poesia
di Sereni.Ripensando ad allora,e quindi contrap-
ponendo quésto presente (il mio e il nostro), a quel
tempo,mi sembra che si trattasse di falsi problemi,
di false connessioni, di intrecci da comprendere e
da sciogliere, di cui non vedo più traccia.Io lavora-
vo alla segreteria delle Relazioni Interne, di cui era
responsabile Franco Momigliano.Allora, il contrasto,
di cui si discuteva, era fra i Servizi sociali (la nuova
forma di intervento sulla fabbrica distinta e opposta
ai conflitti di classe) e la struttura tradizionale,ossia
le rappresentanze sindacali distinte nei tre raggrup-
pamentiti
tradizionali. Veniva vissuto e contrastato o auspica-
to, questo contrasto, come se in esso si manifestasse
una differenza non più sanabile fra vecchio e nuovo,
fra ideologia e sociologia ‘neutrale’, fra America ed
Europa, fra prima della guerra e dopoguerra. Se ne
discuteva tutto il giorno, nelle pause lunghissime del
dopopranzo e del dopocena, prima di andare a sen-
tire una conferenza di un intellettuale o di un poeta
chiamato da Geno Pampaloni a parlare nella saletta
dell Biblioteca di fabbrica.Ma anche la conferenza
o la poesia diventavano poi parte della discussione,
Poliscritture/Zibaldone Pag. 67
venivano fatti confluire nell’argomento del contrasto to. Questa composizione, ad esempio sul BELLO E
insanabile, e cosi via.Non era un giro a vuoto, ma una SUBLIME
strana oossessione monotematica da cui era difficile
e insensato districarsi .Naturalmente, l’appartenen- «Due sono, e diversi, i geni, che lungo la vita ti gui-
za al partito, e soprattutto le ragioni e la necessità di dano,
non appartenervi erano elementi costanti del discu- te felice, se essi uniti, vigileranno al tuo fianco!
tere; grosso modo, prevaleva la ‘fronda’ socialista in
Con il suo lieto agire abbrevierà l’uno il tuo viaggio
cui quasi tutti si riconoscevano.
e più lievi in sua compagnia saranno il destino e il
2)Fortini, mi pare di ricordare, prendeva tutto que-
dovere.
sto ‘ragionare’ molto sul serio, si infervorava, formu-
lava giudizi definitivi, come se ogni volta,si trattasse E tra celie e favole ti scorterà sino all’abisso
di questioni di vita e di morte.Ed era del tutto per- là dove al tremante mortale il mare dell’eternità si
suaso, mi sembra, della rilevanza di ogni frase, senza presenta.
sospettare limiti e velleità individuali e collettivi.Fa- Qui ti accoglierà il secondo, fermo e grave e tacitur-
ceva sul serio,credeva davvero a quel che diceva lui no,
stesso, forse in modo prevalente, ma anche in quello e con il suo braccio gigantesco ti trasporterà al di là
che dicc\{a ciascuno dinoi.ln me,. questo destava un del baratro.
certo imbarazzo, come di una sproporzione origina- Giammai dovrai onorare uno soltanto. E giammai af-
ria e non avvertita, fra il senso del discutere fra singo- fidare
li intellettuali, in situazione previlegiata e marginale, al primo la tua dignità, al secondo la tua felicità»
e ‘il resto’, anche se non mi era chiaro il perchè del-
la sproporzione, e il ‘carattere’ di questo ‘resto’ ,che
pure percepivo esistente e più forte di noi. - Bella! Ha un respiro ampio, arioso.-
- Sì. -
3) Fortini volle leggere le mie poesie.Le lesse, le prese
in mano con una padronanza assoluta, come di un - Ascolti, prof., so che è tardi. Mi interessa un’ultima
maestro d’arte che esamina il prodotto di un aspiran- cosa e poi andiamo via. Vorrei capire meglio la sto-
te artigiano.E anche qui,in una materia per me allora ria della “poesia ingenua” e di quella “sentimentale”.
Magris sostiene che il libro di Schiller su quest’argo-
così privata e segreta, io mi accorsi di quanto fosse-
mento è un «capolavoro saggistico che sarebbe suffi-
ro rilevanti, per lui, tutte le cose, direi tutte le forme ciente , da solo, a comprendere quello che sta ancor
dell’esperienza del vivere: lo scrivere, il discutere, le oggi accadendo nell’arte.»
amicizie, i mestieri, le appartenenze, in un certo sen-
so senza discrimine, perchè non c’è nulla che non ab-
bia importanza e significato.Soprattutto, non c’è nul- - Ha ragione. Ma cerchiamo di capire la tesi di Schil-
la di cui non si debba rendere conto.Ma il suo, cosi ler…-
almeno mi pare, ora più che allora, non era un giudi- - Scusi, prof., posso provare a dirla io?…-
zio estetico, neppure un giudizio morale o un giudizio - Provi -
politico. Tanto meno, un giudizio religioso: era una - Per Schiller si dà una “poesia ingenua” ed una “sen-
sorta di giudizio universale privato che comprendeva timentale”. Nella prima il poeta è talmente unito con
tutti gli elementi, dove il bene e il male apparteneva- la natura che è quasi coincidente con essa. Allora la
no aUa sfera estetica, cosi come alla sfera morale, per sua poesia si presenta con immediatezza, con sen-
cui una poesia non poteva in un certo senso essere sibilità aperta, piena. Nella seconda, invece, questa
bella, se non era anche buona o giusta. unità non esiste più; il poeta ne è cosciente e soffre
- Ci voleva. Mi scusi, ma non sono proprio riuscito a per questa distanza o scissione che avverte tra lui e
trattenermi. - la natura.
- Quindi, da giovane leggeva Marcuse? - Nel tentativo di recuperarla e colmarla diventa o
nostalgico oppure riflessivo, sentimentale…-
- Sì…Per quel che riuscivo a capire!…-
- Esatto. Ha capito benissimo. Bisogna evitare, però,
- Mi tolga una curiosità, perché Magris scrive che lo schematismo. Il saggio di Schiller è quel che si dice
Schiller era «sospetto ai seguaci della poesia pura un work in progress ed è dominato da due esigenze:
come Benedetto Croce», era oggetto di sarcasmo da la prima è quella di confrontare, sia pure indiret-
parte di Nietzsche e non dice che era valutato positi- tamente, la propria poesia con quella di Goethe; la
vamente dal suo Marcuse? - seconda è quella di capire in cosa la poesia moderna
- E che ne so! Bisognerebbe chiederlo a Magris. For- è diversa dall’antica. -
se perché il pubblico di quel giornale non ama certi - Esigenze legittime -
autori. Comunque che Schiller fosse sospetto a Bene-
detto Croce, torna a suo merito. La poesia di Schiller - Più che legittime. Rispetto al confronto col suo ami-
non è come quella di Goethe, ma merita riletture - co inizialmente Schiller propende per un giudizio che
attribuisce alla sua poesia la qualifica di “sentimen-
- Me ne legge qualcuna? - tale”, mentre quella di Goethe sarebbe “ingenua” così
- Ad averle con me sì. Qui ho solo qualche frammen- come “ingenua” sarebbe la poesia antica, mentre
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“sentimentale” quella moderna. Ma questa classifi- sempre più da ogni centralità classica e ad accentua-
cazione iniziale viene in corso d’opera complicata: re la disarmonia. Sono le due vie dell’arte contempo-
e allora troviamo Euripide e Virgilio indicati come ranea, entrambe coscienti della frattura epocale del-
“sentimentali”, mentre Dante, Shakespeare, Cervan- la civiltà.» Dopo tutto quello che abbiamo detto, non
tes, Sterne vengono considerati poeti “ingenui”…- mi sembra particolarmente difficile. Il libro scritto
- A che serve allora questo schema? Piuttosto che da Schlegel è Dialogo sulla poesia, un vero e proprio
chiarirci le idee, prof., mi sembra che ce le confon- manifesto dell’estetica romantica. Semplificando
da!..- moltissimo, si potrebbe dire che da un lato abbia-
mo lo “spirito d’avanguardia”, dall’altro lo “spirito
- In realtà le idee aveva bisogno di chiarirsele Schil-
classico”. -
ler per prima. “Ingenuo” e “sentimentale” sono due
categorie che cerca di manovrare per cogliere diffe- - Per concludere, prof., ma lei ritiene attuale la ri-
renze di autori e di epoche. Alla fine sembrano usate flessione di Schiller? Potrei diventare una schilleria-
per indicare modi di sentire: l’uno più immediato, na? -
l’altro più mediato, riflessivo e sembra che tra l’uno - Quello che potrebbe diventare è un problema suo.
e l’altro ci sia una progressione evolutiva. Insomma, Quanto all’attualità di Schiller, non è facile rispon-
è la situazione descritta da Saba nella sua “scorcia- dere su due piedi. Un confronto con le sue tesi, mi
toia”: il poeta è un bambino (quindi immediatezza, appare indispensabile. Anche perché, l’avrà notato,
ingenuità, naturalezza…), ma il processo della vita chiarisce alcuni problemi della situazione odier-
distrugge l’ infanzia di tutti a favore della consape- na. Questa, tuttavia, è abbastanza mutata rispet-
volezza, riflessione, maturità; la grande poesia na- to ai suoi tempi. Oggi il rapporto poesia-storia mi
sce là dove il bimbo (ingenuo) e l’uomo (sentimen- sembra molto in crisi. Lo stesso dicasi del rapporto
tale) coesistono. Questo pensa Saba. Schiller crede, poesia-utopia. La tesi dell’arte- “gioco molto serio”
invece, che questi due modi di sentire vadano ambe- è stata ridotta a giochetti formali incapaci di dre-
due superati a favore di un terzo, al momento, ideale nare, testimoniare e rispecchiare le contraddizioni
che la situazione storica produrrà. e le lacerazioni della nostra epoca. Se non va bene
Perché il punto nodale è proprio questo: a Schil- l’”impegno” o la politicizzazione estrinseca non
ler preme sempre mettere in rapporto la pratica e penso che possa andar bene questa «dissoluzione
la psicologia profonda dell’artista con le caratteri- – come qualcuno l’ha definita - dell’autonomia este-
stiche fondamentali di una situazione storica o di tica per via estetica»…
un’epoca. – - Chi? -
- Questo punto l’ho capito, me l’ha già detto.- - Alfonso Berardinelli in un libro di qualche anno fa
- Sì, ma ripetere non fa male, come dicevano gli an- che ti consiglierei di leggere: “La poesia verso la pro-
tichi - sa”. Ha un capitolo intitolato L’arcaica modernità di
Schiller.-
- Comunque, ho capito: il poeta “ingenuo” vive di
sensazioni, emozioni, immediatezza, identificazione - E’ difficile? Prof., sa che per me leggere è un pro-
con la natura e gli oggetti del mondo; quello “senti- blema? Lo faccio volentieri, ma se non ho dialoghi
mentale” avverte una scissione profonda fra sé e gli come questi la comprensione è una fatica boia. E so-
oggetti, una scissione che cerca di colmare. Tutti e prattutto con chi discuto? E se non posso discutere a
due sono prodotti da una situazione storica. Scusi, che serve leggere? -
prof., ma se c’è questa relazione così stretta fra arte
e storia, un poeta è davvero libero di scegliere le for-
me espressive che vuole? -
- E’ indubbio che c’è un profondo condizionamento.
Anche i sostenitori dell’”arte per l’arte” ammettono,
sia pure per via negativa, questo condizionamento.
Infatti, che bisogno ci sarebbe di predicare tanta au-
tonomia se la situazione fosse effettivamente auto-
noma?...
- Ho capito…Io, però, le avevo chiesto delle forme
espressive …-
- Per Schiller i generi o, se preferisce, le forme tipiche
del poeta moderno sono la Satira, l’Elegia, l’Idillio -
- Grazie. Prof., ora davvero l’ultima domanda. Cos’è
questo discorso di Magris sulla differenza fra Schil-
ler e Schlegel? -
- Mi faccia leggere, non ricordo: «A pochi mesi da
questo saggio classico, Friederich Schlegel, invento-
re e teorico del Romanticismo, ne scrive un altro che
invita invece l’arte moderna a farsi sempre più sen-
timentale, eccentrica e stravagante, ad allontanarsi
Poliscritture/Zibaldone Pag. 69
Rosella Bertola Due fiabe
IL LAGHETTO DI MONTAGNA Si trovò subito nella vasta anticamera della casa, che
Il laghetto di montagna, dove d’estate vado a pescare conosceva solo di sfuggita, per averla sbirciata spes-
le trote e ad osservare le salamandre che guazzano tra so, pieno di curiosità quando nel suo giro di un tempo
i sassi, ora è tutto ghiacciato. allungava i fanali al di là della porta, per vedere co-
La sue superficie sembra una pista di pattinaggio e m’era fatto il mondo.
l’occhio si perde in una distesa di bianco abbaglian- Fu aiutato, nel suo piano di fuga, dal gatto di casa, un
te. soriano innamorato che aveva appuntamento con la
Tutt’intorno a me non c’è alcun rumore: il cinguettio gattina. Esso, uscendo quatto quatto, aveva lasciato
degli uccelli, che nella buona stagione allieta il cuore aperto l’uscio di casa. Per il trenino fu un attimo: ol-
e quasi stordisce, ora ha lasciato il posto ad un silen- tre quella porta incominciava il mondo, quello vero,
zio magico, interrotto soltanto dal fruscio della neve con le montagne vere, i laghi con l’acqua, il cielo con
che cade all’improvviso dagli alberi, sciolta dal sole. le stelle, non col lampadario.
Il paesaggio, intorno, è come incantato: la boscaglia Durante il viaggio ebbe un momento solo di malin-
ammantata di neve gelata sembra un ricamo prezio- conia; ripensò al suo amico aquilone, che era rimasto
so. imprigionato nella cameretta dei giochi. Era ancora
Questa è la stagione più bella per il piccolo lago: tutto là, sullo scaffale impolverato, ad attendere sempre la
quel bianco accanto al turchino del cielo lo fanno as- bella stagione, le giornate di sole che in quella città
somigliare ad un luogo di sogno. erano rare nel corso dell’anno.
Chissà, forse un giorno anche per lui sarebbe arrivata
STORIA DI UN TRENINO la libertà: ne parlavano spesso assieme, quando era-
Nella stanza dei giochi di un bambino, c’era una volta no compagni di sventura.
un grande plastico appoggiato a terra, su cui viaggia- Quel correre libero nella città buia non spaventava
va un trenino elettrico. affatto il trenino; si sentiva sicuro con i suoi fari luc-
Era un giocattolo bellissimo ed affascinava il bimbo cicanti, ogni tanto, con allegria, azionava il fischietto
che lo possedeva; egli trascorreva con lui molto del per annunciare a tutti la sua contentezza.
suo tempo. Aveva una grande curiosità da soddisfare: desiderava
Tutto era bello: il paesaggio rappresentato, la sua va- vedere una stazione vera.
rietà di aspetti. Quando riuscì a raggiungerla ebbe come un brivido;
C’erano laghetti, montagne, villaggi, una stazione con gli sembrava quasi di essere tornato ai vecchi tempi;
la fontanina e l’orologio; c’erano anche le immanca- non sapeva se piangere o ridere e gli riuscì di sorride-
bili sbarre, che si abbassavano automaticamente al re al pensiero delle sue dimensioni, lui così piccolo al
passaggio del treno, quasi per tributargli un inchino. confronto dei treni che vedeva.
Il piccolo convoglio di latta spadroneggiava sul suo Quell’aria che respirava, comunque, non riusciva af-
mondo di cartapesta; andava, tornava, appariva e fatto a sembragli simpatica: troppe cose lo riportava-
spariva attraverso gallerie, gole di montagne, oppure no alla sua condizione primitiva ed egli non desidera-
prendeva una grande rincorsa e sferragliava veloce va proprio risentirsi nei panni di prima.
attraverso la pianura, che lo conduceva alla stazione, Scelse perciò un’ altra soluzione: sarebbe stato un
da dove, dopo una fermata di un momento, avrebbe treno indipendente. Aveva già dimostrato a se stesso
ripreso il viaggio di sempre. di sapersela cavare da solo, anche senza binari, capi
Quel viaggio divertiva molto il bambino, egli non si stazione, palette e semafori.
stancava mai di manovrare i comandi: ora avanti, ora Avrebbe continuato così, esplorando tutto ciò che lo
indietro, le possibilità del trenino erano molte, basta- avrebbe incuriosito.
va premere un bottone od abbassare una leva ed egli Lo si vede spesso correre tra le aiuole del parco: ora
eseguiva, immancabilmente. ha anche dei viaggiatori, i passerotti del giardino, ed
Il trenino, di certo, la strada la conosceva a memo- è tanto contento di essere utile a qualcuno.
ria: per lui, sul plastico, non c’erano più sorprese. Le A volte il trenino compie dei giri speciali; al matti-
curve non gli nascondevano ormai nulla di nuovo e no di buon’ora, quando le strade sono ancora deserte
l’entrare nell’oscurità della galleria non gli appariva gli piace andare ad osservare la città addormentata:
più spaventoso come una volta. i passerotti, qualche grillo pigro, una cincia curiosa a
Così un giorno il trenino, stanco della monotonia dei bordo e via…ciuff ciuff…si parte per una nuova sco-
suoi movimenti, decise che non avrebbe più percorso perta.
la tortuosa strada ferrata che ormai lo ossessionava.
Attese la notte, per poter agire con tranquillità e
quando fu certo che nulla l’avrebbe disturbato, si di-
spose a mettere in atto il suo piano.
Raccolse tutte le forze che possedeva (ed anche tutto
il coraggio) e con un improvviso balzo uscì dalle ro-
taie, infilò la porta della stanzetta e finalmente ebbe
la sensazione di essere libero.
Poliscritture/Zibaldone Pag. 70
Le due fiabe che qui pubblichiamo andrebbero definite “di lavoro”. Sono state scritte da una maestra,
Rosa Bertola, che nel comporle ha sicuramente avuto in mente le bambine e i bambini del Secondo Circolo
didattico (scuola elementare) di Cologno Monzese. Volti, voci e corpi di bimbi d’oggi hanno riacceso memo-
rie della propria infanzia, rimodellato l’idea d’infanzia della maestra e di se stessa in rapporto affettivo e
didattico con loro, riempito di emozioni impreviste quel tempo detto “anno scolastico”, che scorre separato
dal tempo di fuori: delle strade, della città, della televisione.
Le due fiabe – altre restano nel cassetto e si spera presto di raccoglierle in libro – nate senza pretese di
farsi letteratura, come scritture d’occasione motivate da esigenze pratiche (insegnare la lingua italiana,
calamitare attorno a parole semplici la fantasia del gruppo-classe, afferrare il fantasma sfuggente del
“mondo” mediante i nomi, trasmettere “qualcosa” – un senso – quello che, in tempi di certezze, si diceva
“una morale”) - hanno in questo legame stretto con la realtà viva, fissa e mutevole al contempo, del fare
scuola un primo pregio.
Sia la prima, quasi un haiku per brevità e tema, che la seconda, più articolata e mossa, richiamano poi con
immediatezza la potenza dell’infanzia: di stupirsi di fronte al “silenzio magico” di un paesaggio innevato;
di maturare, grazie alla ripetizione del gioco – una ginnastica che i bimbi s’impongono con piacere e a cui
gli adulti sfuggono – scatti di libertà e di fuga dai mondi di cartapesta (tutti lo sono un po’ o possono diven-
tarlo, non solo quelli dei bambini).
Se le estraiamo, come minerali, dal magma vivo della situazione in cui sono nate e le esponiamo in una rivi-
sta “per intellettuali” come Poliscritture, non è per un semplice atto d’omaggio ad un’amica da poco morta
o per paternalismo. Lo facciamo perché sono un esempio di quel plurale, che oggi si svela nelle scritture
“basse” dei tanti scriventi “non autorizzati” e che programmaticamente come rivista puntiamo a indagare
e a mettere in fecondo – crediamo – cortocircuito con un altro plurale, quello delle scritture “alte”, argo-
mentative, riflessive, analitiche, espressive.
Ma nel caso delle fiabe, c’è pure un altro problema da affrontare: è possibile oggi tenere problematicamente
aperto e fluido il legame tra l’immaginario infantil-materno che ci pare espresso in queste due di Rosella
Bertola, e lo strabordante immaginario “adulto” ipercommercializzato e iperspecializzato che ci travolge
soprattutto dalla TV?
In nome delle “cose serie” (il Mercato, la Politica, la Scienza, il Progresso) l’infanzia e il maternage vengono
a un certo punto cancellate. Oppure i loro effetti costruttivi e dinamici sono confinati: nella scuola elemen-
tare, appunto; nella “famiglia” che dovrebbe tornare “sacra” o in un quotidiano detto “normale”. Altri ne
fanno oggetto di puro specialismo (pedagogia, psicologia) o di rituale e episodico omaggio (la giornata
mondiale del bambino, la festa della mamma).
Resta da presentare la “maestra-bambina” che ha scritto queste fiabe. Rosa Bertola è stata maestra ele-
mentare a Cologno Monzese dal 1971 fino alla sua morte avvenuta nell’ottobre del 2005. Cresciuta come
tanti sotto il segno della tradizione più autoritaria esistente in Italia: quella della Chiesa cattolica (iniziò la
sua carriera di maestra insegnando religione; ed è noto il controllo che la Chiesa cattolica impone a queste
figure d’insegnanti), seppe stare ad occhi aperti nei tumulti che negli anni Sessanta e Settanta coinvolsero
una scuola elementare per figli d’immigrati (allora “comunitari” ma trattati come gli attuali “extracomuni-
tari”) paurosamente carente nelle strutture e nella didattica. Si confrontò con quei fermenti di ribellione e
affiancò inquietamente al suo venerato Manzoni il quasi eretico don Milani di Lettera a una professoressa,
impegnandosi nell’innovazione didattica e nel movimento che tra 1979 e 1983 portò alla scuola a tempo
pieno.
Nel suo lavoro Rosella, secondo una tradizione che per l’appiattimento oggi imposto soprattutto dai mass
media sul presente e l’istantaneo, si va perdendo, desiderava che i suoi scolari imparassero a memoria delle
poesie; li educava ai dettagli, fossero parole e numeri o i fiori del giardino della scuola da seminare, veder
crescere, nominare, disegnare. E fu una donna capace di coltivare passioni: per la poesia, la geografia, il
disegno, la musica, la scrittura. Nutrì così sia il suo lavoro di maestra che la sua presenza attiva nelle isti-
tuzioni: nel Consiglio di Circolo, ad esempio, e dovunque in una città di periferia si potesse discutere fuori
dai conformismi. Nell’agosto 2001 le fu scoperta la malattia che poi la condusse a morte: insegnando finché
ebbe la forza, resistette alla implacabile cancellazione del suo mondo. [E.A.]
Poliscritture/Zibaldone Pag. 71
6
di questioni di vita e di morte.Ed era del tutto per-
suaso, mi sembra, della rilevanza di ogni frase, senza
sospettare limiti e velleità individuali e collettivi.Fa-
Letture d’autore ceva sul serio,credeva davvero a quel che diceva lui
stesso, forse in modo prevalente, ma anche in quello
che dicc\{a ciascuno dinoi.ln me,. questo destava un
certo imbarazzo, come di una sproporzione origina-
Nei ria e non avvertita, fra il senso del discutere fra singo-
li intellettuali, in situazione previlegiata e marginale,
dintorni e ‘il resto’, anche se non mi era chiaro il perchè del-
la sproporzione, e il ‘carattere’ di questo ‘resto’ ,che
di Franco pure percepivo esistente e più forte di noi.
3) Fortini volle leggere le mie poesie.Le lesse, le prese
Fortini in mano con una padronanza assoluta, come di un
maestro d’arte che esamina il prodotto di un aspiran-
un inizio di riflessione te artigiano.E anche qui,in una materia per me allora
così privata e segreta, io mi accorsi di quanto fosse-
ro rilevanti, per lui, tutte le cose, direi tutte le forme
A) Da Michele Ranchetti a Ennio Abate (5 set- dell’esperienza del vivere: lo scrivere, il discutere, le
tembre 2005) amicizie, i mestieri, le appartenenze, in un certo senso
senza discrimine, perchè non c’è nulla che non abbia
Ti mando il primo dei due scritti su Fortini, letto a
importanza e significato.Soprattutto, non c’è nulla di
Siena. L’altro appena lo ritrovo oppure quando sarà
cui non si debba rendere conto.Ma il suo, cosi almeno
edito dal Gabinetto Vieussieux dove c’è stato un pic-
mi pare, ora più che allora, non era un giudizio esteti-
colo convegno e figurerà agli atti.
co, neppure un giudizio morale o un giudizio politico.
1) Ho conosciuto Fortini a Ivrea, in un tempo che mi Tanto meno, un giudizio religioso: era una sorta di
pare lontanissimo. Ma era in visita, non faceva più giudizio universale privato che comprendeva tutti gli
parte della colonia intellettuale, viveva già a Milano. elementi, dove il bene e il male appartenevano aUa
Credo fosse in occasione della visita di Rocco Scotel- sfera estetica, cosi come alla sfera morale, per cui una
laro.Di queste cose, persone e tempi vi è una poesia poesia non poteva in un certo senso essere bella, se
di Sereni.Ripensando ad allora,e quindi contrap- non era anche buona o giusta.
ponendo quésto presente (il mio e il nostro), a quel 4)Questo ‘giudizio’, che incombeva su ogni sua frase
tempo,mi sembra che si trattasse di falsi problemi, e ogni suo atto, di vita e di pensiero, poteva dar fa-
di false connessioni, di intrecci da comprendere e da stidio.In particolare,. quando sembrava riguardare, o
sciogliere, di cui non vedo più traccia.Io lavoravo alla esercitarsi, su questioni marginali, che però per lui
segreteria delle Relazioni Interne, di cui era respon- non erano tali, non potevano essere indifferenti, nel-
sabile Franco Momigliano.Allora, il contrasto, di cui l’universo di responsabilità individuali in cui si vive.
si discuteva, era fra i Servizi sociali (la nuova forma di Del resto, era generoso, e si prendeva davvero a cuore
intervento sulla fabbrica distinta e opposta ai conflitti le sorti degli altri.Sorti che, anch’esse, erano di natu-
di classe) e la struttura tradizionale,ossia le rappre- ra composita, letterarie, politiche, affettive.Ed inter-
sentanze sindacali distinte nei tre raggruppamentiti veniva di persona. Conosco, a questo riguardo, alcuni
tradizionali. Veniva vissuto e contrastato o auspica- episodi che testimoniano della sua grande generosi-
to, questo contrasto, come se in esso si manifestasse tà.Perchè si riproponeva il meglio da sè e dagli altri,
una differenza non più sanabile fra vecchio e nuovo, come se si potesse disporre, ciascuno e tutti, di una
fra ideologia e sociologia ‘neutrale’, fra America ed perfettibilità infinita.
Europa, fra prima della guerra e dopoguerra. Se ne 5) Tuttavia, a che cosa mai potesse condurre questa
discuteva tutto il giorno, nelle pause lunghissime del perfettibilità, è difficile dire, perchè ‘composita sol-
dopopranzo e del dopocena, prima di andare a sen- vantur’, ma non si compongono, se non in un disegno
tire una conferenza di un intellettuale o di un poeta preciso che assegna a ciascuna parte il suo limite e,
chiamato da Geno Pampaloni a parlare nella salet- direi, la sua competenza, secondo categorie non ar-
ta dell Biblioteca di fabbrica.Ma anche la conferenza bitrarie.
o la poesia diventavano poi parte della discussione, 6) E qui, a me sembra, si rivela un carattere del modo
venivano fatti confluire nell’argomento del contrasto di procedere intellettuale di Fortini che può rivolgersi
insanabile, e cosi via.Non era un giro a vuoto, ma una contro di lui, o meglio, contro la possibilità di gio-
strana oossessione monotematica da cui era difficile varsi della, sua intelligenza, della sua straordinaria
e insensato districarsi .Naturalmente, l’appartenen- sensibilità critica, del suo stesso rigore morale. E’ una
za al partito, e soprattutto le ragioni e la necessità di sorta di rivolta dei generi, o della loro rivincita.
non appartenervi erano elementi costanti del discu- 7)Fortini è intervenuto più nella discussione, che
tere; grosso modo, prevaleva la ‘fronda’ socialista in nelle premesse, ha esaminato le conseguenze più dei
cui quasi tutti si riconoscevano. presupposti, ha discusso le opere nell’ambito del-
2)Fortini, mi pare di ricordare, prendeva tutto que- la critica, anzi ha discusso soprattutto la critica. E’
sto ‘ragionare’ molto sul serio, si infervorava, formu- come se fosse stato più attento alla riproduzione che
lava giudizi definitivi, come se ogni volta,si trattasse all’originale, intervenendo nel secondo tempo della
La natura non è una realtà monolitica, non è deter- Sul secondo versante abbiamo gli interventi dello psi-
minata una volta per tutte. Essa è in continua trasfor- cologo Giovanni Jervis, Marcuse, mezzo secolo dopo e
mazione. Anche l’evoluzione culturale è frutto della della psicoanalista Simona Argentieri, Natura umana
selezione naturale. Tutta la nostra esistenza è già una e psicoanalisi.
manipolazione della natura. «L’idea di una “natura”
come qualcosa di non condizionato dalle nostre ini- 5. Per concludere: una tematica rilevante che attra-
ziative – sostiene Vattimo – mi sembra da un lato mi- versa tutti e due i numeri della rivista è la battaglia
tologica e dall’altro rischiosa. Il rischio è precisamen- politico-culturale condotta contro le posizioni crea-
te che la natura – il come le cose stanno o starebbero zioniste, a partire dall’orizzonte evoluzionista meno
da sé – diventi qualcosa come una norma impositiva. adattazionista e più vicino alle posizioni della teoria
Però le cose, da sé, stanno spesso in maniera del tutto degli equilibri punteggiati. A quest’ambito tematico
spiacevole. Un uomo può ammalarsi di cancro: visto afferisce il saggio ben argomentato dell’epistemologo
che questo cresce per natura, ci si dovrebbe a rigore Telmo Pievani dal titolo più che mai adatto al Belpae-
astenere dall’intervenire?» (pag. 8). se, Santi, navigatori, poeti: e oscurantisti. Vengono
bersagliati i sostenitori nostrani del creazionismo, gli
Il filosofo contesta con forza il concetto di “legge di architetti del “Disegno Intelligente” di Dio, i teo-con
natura”. Le norme non si possono ricavare dalla na- della provincia italiana: fisici come Zichichi, filosofi
tura. E, in aggiunta, bisognerebbe spiegare quale uso come Evandro Agazzi e pedagogisti come Giuseppe
si fa di questa parola o quale idea se ne ha. A. O. Lo- Bertagna, responsabile quest’ultimo dell’eliminazio-
vejoy, ad esempio, in un suo saggio ha documentato ne di Darwin e della teoria dell’evoluzione dai pro-
più di otto usi della parola natura. grammi della scuola elementare e media di primo
grado (eliminazione, a quanto pare, rientrata).
Altri contributi filosofici sono rappresentati da due
importanti inediti: uno di Wittgenstein al quale è sta- Altro contributo sullo stesso tema è quello del docente
to dato il titolo redazionale Frammenti sul linguag- di genetica Steve Jones: Scienza darwiniana e fanta-
gio e la natura umana e un altro di Anders, La natu- scienza biblica. Il famoso scienziato risponde ad alcu-
ra eretica. Di taglio filosofico è anche il dialogo, dal ne domande fatte circolare su Internet da un creazio-
titolo arendtiano Condizione umana contro ‘natura’, nista, un colonnello in pensione nato a Kansas City,
che si svolge fra Adriana Cavarero, una delle maggio- di nome Walter Brown. Domande del tipo: «Come è
ri filosofe italiane, e Judith Butler, autorevole rappre- possibile che organi tanto complessi come l’occhio, o
sentante del pensiero radicale e femminista america- l’orecchio, o anche il cervello del più piccolo uccellino,
no. Le due pensatrici non soltanto negano l’esistenza si siano originati dal caso o da processi naturali?». Nel
di una “natura umana” universalmente intesa, ma si merito, Jones ricorda garbatamente che già Darwin ne
sforzano – e questo mi sembra molto importante – di L’origine delle specie s’era posto il problema e aveva
definire l’umano non in riferimento all’animale non- indicato brillantemente come giungere alla soluzione
umano, come da Aristotele in poi tradizionalmente si del rompicapo: nel regno animale si osservano molti
fa, ma in riferimento all’inumano. Con questo con- diversi stadi intermedi dell’occhio. Il che significa che
cetto si allude a una «negazione dell’umano che è al- esso si è evoluto almeno 20 volte in altrettanti tipi di-
l’interno dell’umano stesso» (4/2005, pag.136) come versi di organismo.
dimostra l’esperienza crudele e tragica dei campi di
concentramento. Il tentativo delle due autrici è rivol- «Trovo che sia paradossale sostenere, come fanno i
to all’elaborazione di un’etica della relazione centra- creazionisti, che il nostro mondo è troppo complesso,
ta sulla categoria della dipendenza, coestensiva alla e che quindi è inutile che la scienza tenti di spiegarlo.
vita. Essere umani significa essere esposti all’altro, Che discorsi! Per forza è difficile da spiegare. Voglia-
dipendenti, vulnerabili. mo forse pretendere che il nostro Universo sia sem-
plice da comprendere?! L’argomento dell’Intelligent
Infine, più che apprezzabile appare il progetto di esi- Design è un argomento di pigrizia e arroganza.» (N°
stenzialismo bio-materialistico di Paolo Flores d’Ar- 1/2006, pag. 131)
cais delineato a conclusione dei due numeri della
rivista e intitolato La natura dell’esistenza. Appunti Combattere le dottrine della Chiesa e/o le posizioni
per una filosofia del finito. creazioniste, non significa, tuttavia, negare l’esperien-
za religiosa o il bisogno di Dio. Accettando questa di-
4) Altri filoni tematici sono quelli relativi all’antropo- stinzione, la rivista pubblica uno dei discorsi edifican-
logia culturale e a “natura umana” e psiche. Sul pri- ti di Kierkegaard: «Aver bisogno di Dio è la suprema
mo versante si leggono volentieri un saggio di Marc perfezione dell’essere umano». Sarà vero?
Augé, L’uomo, trino e uno, e un altro di Massimo De
Carolis, Natura umana e costruzione del mondo nel
rituale. Quanto mai interessante è poi la pubblica-
zione inedita di un dialogo a più voci (Paul Ricoeur,
me-
stra-
le
del Centro
Studi Fran-
co Fortini,
aut. Tribu-
nale di Sie-
na N.703 del
22.12. 2000.