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POLISCRITTURE

Rivista di ricerca
e cultura critica

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Numero 1
maggio 2006
Indice

- L’editoriale: Siamo qui per aprire varchi.................................................................................................... pag. 3

1 Samizdat
Diario di una discussione sul lavoro precario oggi . ................................................................................pag. 6
Sergio Bologna Commento . ..................................................................................................................pag.12
Paolo Cavallo, Sfiducia nella scienza ....................................................................................................pag.14
Alessandra Roman Il corpo umano, campo di battaglia tra l’individuo e la società.........................pag.16
Agostino Pelullo, Passano gli anni e il nuovo non viene. Tra memoria e riflessioni a venticinque anni dal
terremoto dell’Irpinia................................................................................................................................pag.18

2 Luoghi/non luoghi
Ornella Garbin, U.S.A. La patria dei luoghi non luoghi...................................................................... pag.22
Mariella De Santis, Appunti di un viaggio in Iran . ...........................................................................pag.28
Pier Paride Vidari, Appunti di un viaggio in Iran ..............................................................................pag.31
Antonio Tagliaferri, Urbanistica da periferia?.................................................................................. pag.36

3 Esodi
Stefano Levi Della Torre, Appunti di oggi su Paolo di Tarso . ......................................................... pag.38
Seth Farber, Il Messianesimo di Marc Ellis e i Princìpi Teologici per la solidarietà ebraica con i Palestine-
si.................................................................................................................................................................pag.43
Luca Ferrieri, Il lavoro culturale. Quasi un bilancio .......................................................................... pag.47

4 Storia adesso
Ennio Abate, Israele e i paesi arabi......................................................................................................pag.50

5 Zibaldone
Paolo Lezziero , Goste e Renzo a Milano (racconto)............................................................................ pag.56
Mario Mastrangelo, Libertà di linguaggio ed anelito religioso nella poesia di Mazzoleni..............pag.60
Donato Salzarulo, Magris e Schiller. Dialogo tra un professore di filosofia e una studentessa ...... pag.62
Rosella Bertola, Due fiabe.................................................................................................................... pag.70

6 Letture d’autore
Nei dintorni di Franco Fortini [un inizio di riflessione: Abate, Ranchetti (lettere)]............................. pag.72

7 Sulla giostra delle riviste


Donato Salzarulo, Su un numero di Micromega................................................................................. pag.74

Poliscritture/Indice Pag. 
l’editoriale

SIAMO QUI PER APRIRE VARCHI

Vogliamo lettori complici. Tenacemente critici, ma complici del nostro desiderio d’uscire da questo orizzonte,
ove, per dirla con Baudelaire, «il cielo basso pesa come un coperchio» e la pioggia «imita le sbarre di una
prigione immensa».

Consapevoli di muoverci all’interno di un quadro storico drammatico, gremito di conflitti e problemi, per
molti versi tragico, non cerchiamo lo Spleen. Un’angoscia, tutt’altro che allegorica, circola nelle pagine di
questo primo numero di Poliscritture.

E come potrebbe essere altrimenti? Quando si raccolgono testimonianze sul lavoro precario («Non sono più
nemmeno carne da macello, ma polvere») o quando si evoca una guerra – quella fra Israele e Palestina – che
ci accompagna dall’infanzia, da quando la televisione non arredava e illuminava coi suoi fuochi fatui le nostre
case. Per non dire dell’intero scenario mediorientale ove, in nome e per conto della “democrazia occidentale”,
si uccide, si tortura, si muore quotidianamente.

«Passano gli anni e il nuovo non viene» ci ricorda A. Pelullo dall’Alta Irpinia. O forse viene, ma non è quello
che avremmo desiderato.

Un giorno la rabbia che cova in tante persone trattate come «cani alla catena… potrebbe esplodere male e far
male senza costrutto» scrive Rotino pensando ai tanti lavoratori precari. Ma l’annotazione si potrebbe non
indebitamente estendere. «Qualcosa deve succedere, non può andare avanti così», ripete Sergio Bologna.

Per quel che contiamo noi siamo qui, «nudi» come direbbe Fortini evocato nelle nostre Letture d’autore
«senza nulla alle spalle, senza ombra di gruppi o partiti», noi della redazione, insieme alla rete di collabora-
tori e ai nostri lettori complici. Siamo qui per aprire varchi e provare a costruire una breccia (mentale, per
cominciare) nella situazione storico-sociale. Ci interessa capire, infatti, quanto le scritture pubblicate entrino
in cortocircuito con la realtà che ci circonda. Vogliamo che la frizione si produca, che si attivi la scarica, la
scintilla.

Da qui la scelta di centrare gran parte delle pagine di questo numero su due grandi questioni:

1. Sul lavoro, appunto. Quello precario, come si diceva. Quello che bisogna inventarsi e quasi non c’è. («Il
futuro? Non so… La pensione? Non so. A me non spetta…»). Ma, implicitamente, anche su quello che c’è
e che sempre più il capitale tende a rendere flessibile, mobile, incerto. Il lavoro oggi è drammaticamente
svalutato e ci vuol poco a veder trasformate centinaia, migliaia di persone in “esuberi”. Vite da scarto, titola
Baumann.

Eccetto pochi nomi, il corpo docente delle università, al pari del ceto politico-sindacale, è complice di que-
sta prospettiva. Da qui, sostiene Bologna, il disprezzo del tutto giustificato che lo investe: «L’intelligenza, il
talento – esaltati a parole – stanno diventando una merce senza valore e così pure l’istruzione, il cosiddetto
“capitale umano”. Conta l’opportunismo, la furberia, la protezione di qualcuno, l’appartenenza a una famiglia
rispettata o danarosa». Il disprezzo andrebbe ovviamente esteso ai frequentatori di salotti televisivi, ai facito-
ri di format, allo stuolo di giornalisti-presentatori e direttori di coscienze specializzati in silenzi e omissioni e
che, quando non premono il pulsante del quadro “allarme sociale”, dipingono quotidianamente di rosa una
realtà tutt’altro che rosea.

Ma, per fortuna, non vi sono soltanto intellettuali alti, accademici. Luca Ferrieri fa quasi un bilancio del suo
lavoro culturale di bibliotecario attento alle trasformazioni positive che ha promosso e a quelle che ha subito:
«L’aziendalizzazione ha ridotto l’utente a una cifra di tabulato, il personale a risorse umane, la comunicazione

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a esibizione di immagine. La retorica del management si è insinuata in ogni piega del lavoro…». E un bilancio,
purtroppo, ha dovuto fare Rosa Bertola della sua vita e del suo lavoro di maestra. Di lei pubblichiamo due
fiabe non solo per ricordare un’amica, ma per tenere aperta, come viene giustamente detto, una direzione di
ricerca e uno sguardo a tutto campo.

2. Sul conflitto arabo-israeliano. La spirale attentati-rappresaglie rischia di produrre sempre più indifferen-
za, ma distrarsi non è possibile, specialmente se il conflitto viene correttamente inserito nello scenario di
guerra mediorientale. «La sopravvivenza stessa dell’umanità sembra appesa oggi ad un filo sottile» scrive
Seth Farber nel suo saggio sul messianesimo di Marc Ellis pubblicato su “European Judaism” e qui offerto
in traduzione.

Marc Ellis è uno dei pochi intellettuali ebrei americani che sostiene la lotta palestinese. Lo fa a partire da
una valutazione del nucleo spirituale dell’ebraismo consistente nell’antica alleanza col Dio di tutte le nazioni.
«L’eredità degli ebrei non è il potere ma l’etica». Da qui il rifiuto di un ebraismo costantiniano simile al cri-
stianesimo costantiniano che non disdegna mai di mettere le mani in pasta nel potere temporale. Prospettiva
accettata ed esaltata in Italia dalla stragrande maggioranza del nostro ceto politico e dell’establishment: si
pensi alla recente sentenza del Consiglio di Stato che ha trasformato il crocifisso in un “simbolo civile”, pur di
lasciarlo appeso alle pareti delle aule scolastiche e dei Tribunali.

Questa visione non costantiniana delle eredità religiose – “passione per il trascendente”, si potrebbe giu-
stamente definire, non svuotata e rinsecchita nella legge formale e/o nei suoi meccanismi di potere – torna
anche negli Appunti di oggi su Paolo di Tarso di Stefano Levi Della Torre. Cristianesimo non costantiniano
significa assunzione di responsabilità nel mondo a partire da un «disconoscimento radicale di ogni sacraliz-
zazione dello Stato e di Cesare per ribadire l’autonomia del religioso – “A Dio quel che è di Dio” - dalla sfera
dei rapporti di forza politico-militari» (pag. 26).

Ogni problema ha radici storiche. Tornando al conflitto arabo-israeliano, le schede più che opportune ap-
prontate da Ennio Abate sulla questione, guidano il lettore dalla prima guerra mondiale ai nostri giorni.

Oltre ai due temi indicati, centrali, per così dire, questo primo numero della rivista compie importanti esplo-
razioni su terreni quanto mai caldi, anche se tutt’altro che vergini:

A) Sulla biopolitica. Il concetto fu messo in circolo da Foucault nel corso al Collège de France del 1978/79.
Esso indica una rete di problemi e conflitti relativi agli attuali assetti dei saperi-poteri dominanti. La costitu-
zione biologica dell’uomo è diventata sempre più materia di confronti e scontri quotidiani. La posta in gioco
è altissima, sostiene Salzarulo recensendo Sulla giostra delle riviste due numeri di Micromega dedicati alla
“natura umana”. Da qui l’urgenza di attrezzarsi culturalmente, di impegnare con più decisione battaglie di li-
bertà: l’esito fallimentare del referendum abrogativo sulla legge 40/2004 (Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita), costituisce, sotto questo profilo, un importante campanello d’allarme. Partendo da
questo risultato negativo, Paolo Cavallo riflette sulla Sfiducia nella scienza e Alessandra Roman su Il corpo
umano, campo di battaglia tra l’individuo e la società. Il primo ci mette opportunamente in guardia da uno
scientismo che chiude le discussioni, invece di aprirle (dobbiamo riservare – si legge a pagina 15 – «il nome
di scienza soltanto a quelle attività razionali, collettive, dialogiche, attraverso le quali ci liberiamo dei nostri
pregiudizi e della confusione fra i nostri desideri e le nostre credenze e la realtà»); la seconda, da una pro-
spettiva giuridico-filosofica, individua nel corpo la chiave di volta per una riflessione che ci conduca fuori dai
luoghi comuni: «il corpo si rivela come verità della persona, in cui si situa appunto quell’elemento unificante
tra l’umano generale e l’umano individuale. Il luogo della separazione e della relazione» (pag. 16).

B) Sulla “questione meridionale”, un problema totalmente rimosso nell’odierno dibattito politico-nazionale.


Agostino Pelullo scrive, come si diceva, da un paese di quell’Alta Irpinia duramente provata dal terremoto del
1980. Alle scosse telluriche sono seguite quelle della ricostruzione, con l’intreccio politica-affari al cui ban-
chetto hanno partecipato tanti potentati economici del Nord. Le sa queste cose la Lega? Negli ultimi anni un
Parlamento, a guida e composizione prevalentemente nordista, ha imposto una “questione settentrionale”,
oscurando completamente le condizioni di vita di milioni di persone. Mezzogiorno, lo sappiamo, è una cate-
goria ampia. Non ce n’è uno solo. Riprendere questa problema, però, ci sembra assolutamente doveroso.

Poliscritture/Editoriale Pag. 
C) Sulla questione urbanistica: non si può vivere quotidianamente con livelli d’inquinamento pazzeschi e poi
continuare a volere uno sviluppo fondato sulle rendite. Una città come Milano insieme alla sua area metro-
politana è oggi una camera a gas. Si vorrebbe fuggire via, altro che fare l’esperienza dell’andare in città come
si narra nel bel racconto di Paolo Lezziero Goste e Renzo a Milano. Solo lo scioglimento del Parlamento non
ha permesso che la legge Lupi, una legge-quadro sull’uso dei suoli e sull’urbanistica davvero da lupi (nomen
omen!), venisse approvata anche alla Camera dei Deputati.

Antonio Tagliaferri compie una prima, utile riflessione prendendo come esempio paradigmatico Cologno
Monzese. Ma sulla questione bisognerà tornarci, perché è tutta una cultura (diffusa in ampi settori anche del
centrosinistra) che spinge verso il disastro di un’urbanistica selvaggia, consegnata alla speculazione immobi-
liare e alle rendite proprietarie.

Come si diceva una volta, questo è il pane. Ma non vogliamo rinunciare alle rose. Così accanto a questioni
dotate di una loro “pesantezza materiale”, il lettore complice troverà nello scaffale del nostro Zibaldone un
saggio di Mario Mastrangelo sulla poesia di Ermellino Mazzoleni e un dialogo di Salzarulo su Magris e Schil-
ler alla riscoperta di un legame forte poesia-storia

Per concludere, abbiamo un sito: www.poliscritture.it I materiali selezionati per questo primo numero sono
soltanto una parte rispetto alla quantità di quelli pervenutici. In questa quantità vi sono contributi assai
importanti. Almeno una parte dei nostri lettori complici, trasformandosi in navigatori della Rete, potranno
leggerli e scriverci i loro commenti.

Abbiamo parlato sinora di lettori complici. Non ci dispiacerebbe, comunque, averne anche di avversari, di let-
tori dichiaratamente nemici. Sarebbe un morso, il segnale aggressivo di una o più frecce giunte al bersaglio.

Poliscritture/Editoriale Pag. 
1 Samizdat
fuori era peggio. Ma erano gli anni del rampantismo
feroce, molti iniziavano a essere spinti verso il confi-
ne della zona grigia, io con loro. E poi sono entrato
e uscito dai confini, senza nemmeno la speranza del
messicano che attraversa il Rio grande clandestina-
mente per fare il lavapiatti o l’uomo delle pulizie nel
Precariato  grande regno delle possibilità chiamato Stati Uniti
d’America. Ho preso tutto quello che c’era da pren-
Diario di una discussione dere quando ce n’era, facendo dei casini inenarrabili
sul lavoro precario perché sei obbligato a non rifiutare nulla, pena l’im-
possibilità di avere una vita al limite della decenza.
con un commento Alcuni di questi casini li ho pagati non ricevendo più
di Sergio Bologna proposte di lavoro dalle committenze. A loro non
poteva fregare nulla se, nella stessa giornata, dove-
vo chiudere il loro e altri due lavori contemporanea-
A) Da Ennio Abate a Sergio Rotino (10 maggio mente. Sei un professionista? Allora lavora. Sbagli e
2005) paghi. Sbagli a prendere troppi lavori? Paghi. A loro
  nulla importa se il tuo futuro ha un orizzonte talmen-
tu metti il dito sulla piaga accennando alla precarie- te incerto da non poter nemmeno essere chiamato
tà costante del lavoro. Tema tremendo. Ci sei dentro “orizzonte”? Tu devi prendere quello che c’è oggi per-
tu, c’è dentro mia figlia trentottenne con due figli da ché domani non sai cosa accade. Loro devono avere il
crescere  e tanti, tanti altri. Hai pienamente ragione: meglio al minor costo.
destra e sinistra su questo problema – forse ancora Conosco un po’ il lavoro di Sergio Bologna, chissà se
più di altri - non vengono mai ad uno scontro chia- può avere interesse alle mie metafore. Io non ho inte-
rificatore. Hai visto la fine di Cofferati? Appena i la- resse ai suoi studi: mi deprimono e non mi stimolano
voratori tradizionali e nuovi hanno cominciato a coa- a reagire.
gulare delle vaghe speranze attorno alla sua figura, Ecco, credo che molti di noi vecchi, insieme a tutti i
pur di evitare il minimo rischio che reclamassero un “giovani” che sopportano questo stato di cose, rien-
passaggio dalle manifestazioni simboliche agli  atti trino nel quadro dei depressi. Non sanno più come
concreti, si è fatto trasferire (o l’hanno “comandato”) reagire, sono come cani alla catena che hanno smesso
a Bologna? di abbaiare. Tanto non cambia nulla. Facciamo male,
Io da anni cerco di informarmi sulle trasformazioni perché un giorno la rabbia che cova dentro potebbe
del lavoro. Ho letto cose intelligenti sulla questio- esplodere male e far male senza costrutto. Ma quan-
ne da parte di Sergio Bologna, Andrea Fumagali ed do? Sai, se le parole dei politici tutti iniziano (e dico
altri.  Cerco di far discutere del problema il Forum “iniziano” per pietà) a sembrarti vuote litanie, allora
sociale di Cologno costituitosi in occasione  delle ele- il problema è grave. Allora vuol dire che la Società
zione del nuovo sindaco. Spero di farne  un tema di civile deve ripartire dal basso e da se stessa con un
rilievo e ricorrente della rivista.  E guardo con sim- esame di coscienza che si allontani dai balletti di pa-
patia lo spiraglio aperto  da quanti hanno convocato lazzo, come invece adesso non riesce a fare.
il Mayday  e almeno affermano l’esigenza dell’autor- La Società dovrebbe tornare indietro: non a una mai
ganizzazione dei lavoratori precari, rompendo silenzi esistita età dell’oro ma a riflettere sulle ragioni che
e complicità. l’hanno resa così carogna morta e putrescente. E su-
   bito dopo a rimboccarsi le maniche.
B) Da Sergio Rotino a Ennio Abate (10 maggio Non vale parlare di capitalismo e di colpe del capita-
2005) lismo. Perché se quello è un virus letale, allora siamo
tutti infettati.Ma cerchiamo di ragionare su un capi-
Vedo che il tema ti tocca da vicino. E che hai una vo- talismo equo, che non vuol dire comunismo, ma solo
lontà indomita di capire. Invece io ho tirato i remi in distribuzione delle ricchezze in proporzioni giuste e
barca, convinto che il capire le nuove modalità di la- giustificate, attenzione ai problemi della società e di
voro non mi possano essere di nessun conforto. Con- chi la abita, circolo virtuoso. Cosa sia questo che dico,
vinto inoltre che non sono più nemmeno carne da non lo so. Vorrei però che qualcuno mi aiutasse a ca-
macello, ma polvere. Ho iniziato questa discesa verso pirlo.
un pessimismo dell’irragionevolezza nel passaggio da
“giovane” a “uomo”. Vedevo che, come “giovane”, le c) Testimonianza di Elena Abate (20 maggio
opportunità tanto sbandierate da sinistra e destra, da 2005)
pacchetti Treu e altre baggianate, non esistevano se
non in modo relativo e sempre legate a una zona gri- Cari/e della rivista POLISCRITTURE, raggiungo le
gia della durata (in anni) indefinita. Era la prima fase sponde del vostro “universo” letterario ed intellettua-
del precariato imposto, ma non capivo. Diventato le su invito di mio padre, Ennio, per parlare su un
“uomo” mi sono trovato sempre in questa zona grigia tema che mi tocca da vicino da quasi 20 anni (da poco
e ho iniziato a capire che non vi era sbocco anzi, do- ne ho compiuti 38 e lavoro da quando ne avevo 18).
vevo restar dentro il grigio, perché se ne uscivo al di Scrivervi significa superare in parte alcuni dei miei

Poliscritture/Samizdat Pag. 
conflitti e pregiudizi riguardanti l’idea (conscia e in- ho lavorato, oltre che nelle scuole, sempre come
conscia) che nella vita mi sono fatta del mondo intel- esperta e “creativa”, nel teatro di strada, in animazio-
lettuale in genere. Da una parte come di: qualcosa da ni di vario genere (private e/o feste comunali) e nei
me distante; qualcosa di poco utile; qualcosa di fred- centri estivi.
do; qualcosa di complicato; qualcosa di giudicante. Sempre nei ’90 (e per quasi 8 anni) ho lavorato con-
Dall’altra come di: qualcosa di rassicurante; qualco- temporaneamente come bibliotecaria scolastica, con
sa che riordina; qualcosa di estremamente valido alla contratto di 8 mesi (a tempo determinato) presso il
comprensione e dunque all’azione (laddove sia pos- Comune dove vivo e sono nata (Cologno Monzese)
sibile). Realizzavo progetti di animazione della lettura con
Evidentemente tutto ciò ha a che fare con le mie vi- insegnanti delle elementari e delle medie inferiori.
cende personali, familiari, culturali, etc. Evito, dun- Il lavoro come precaria /stagionale a Cologno, che
que, lunghe analisi e narro la mia esperienza perso- mi dava una certa serenità economica, anche se ben
nale di precaria, che naturalmente ha determinato lontana dall’idea della pensione o del posto fisso, è
parte delle mia vita e delle scelte possibili. Le prime terminato bruscamente e traumaticamente. In se-
parole a proposito sono: CHE FATICA! guito ad una legge finanziaria dell’epoca (Quale n.?
Attualmente vivo coi miei due figli (di 7 e 8 anni) e Boh!) fu revocata la graduatoria del concorso al quale
conduco laboratori espressivo-dinamico-corporei avevo partecipato e che avevo superato. Di punto in
(un misto di teatro, danza ed espressione corporea) bianco sfumò la prospettiva del posto fisso; e così, in
laddove mi assumono; e cioè nelle: - scuole di ogni coincidenza della nascita della mia prima figlia (ma
ordine e grado (in particolare materne ed elementari, anche del mutuo e di tante altre cose), mi ritrovai di-
ma si prospettano anche medie inferiori e superiori soccupata. Madre e disoccupata : il colpo fu durissi-
per l’anno prossimo); - comunità terapeutiche (per mo. Non valsero a nulla né le proteste, né il ricorso ai
esempio, rivolte al recupero delle tossicodipenden- sindacati, né l’incontro col sindaco.
ze o all’assistenza di ragazzi cosidetti problematici); Dunque, se l’ingresso a 20 anni nel “mondo del lavo-
associazioni culturali (delle donne o per il tempo li- ro” fu per me problematico (come per tanti), quello
bero). a quasi 30 nel “mondo adulto” vero e proprio è stato
micidiale. In quegli anni dovetti reinventarmi, con
Talvolta seguo in qualità di tutor progetti, con monte tutte le limitazioni derivate dall’avere due figli piccoli
ore tra i più variegati (da un minimo di 40 ore ad un e una separazione in corso. Percepii allora che l’uni-
massimo di 150 ore), di reinserimento nel “mondo ca cosa che mi sosteneva (almeno consciamente) era
del lavoro” (ironia della sorte !) di ragazzi disabili e/o il corpo e l’istinto. La ragione e le emozioni andavano
problematici. In breve li affianco sul posto di lavoro, ormai alla deriva (o probabilmente lavoravano sot-
parlo con loro delle loro emozioni e/o problemi re- teraneamente). Decisi di puntare sulle uniche cose
lazionali-emotivi; e gli faccio da filtro con i datori di che sapevo ancora fare: muovermi, ballare, inventare
lavoro e l’universo di “esperti” - psicologi, insegnanti, storie, stare coi bambini. Mi riproposi alle scuole in
assistenti sociali - che ruotano attorno queste realtà. modo completamente individuale (e non più come
Riesco a lavorare più o meno da ottobre a maggio, componente di un gruppo teatrale come prima, visto
districandomi tra varie sedi: a Milano e nei comuni che non potevo più uscire la sera a causa dei bimbi o
dell’hinterland; e spendo un sacco di soldi per la ben- partecipare alle prove di spettacolo); e riuscii a ritro-
zina - equivalenti quasi ad un 25% dell’importo netto vare lavoro. Nelle comunità e poi come tutor per i
che riesco a portare a casa in un anno. Da giugno a “disadattati”; e alle condizioni che ho descritto.
settembre poi, mi metto a ricercare lavoro, a prende- I pagamenti dei progetti realizzati mi vengono fatti
re contatti, a spedire mail, ad inventare progetti. dopo molto tempo; e la parola d’ordine coi miei fi-
Nel “mondo dell’assistenza” (mi riferisco alle comu- gli è “appena arrivano i soldi, faremo questo e quel-
nità terapeutiche rivolte al recupero dei tossicodi- lo, compreremo questo e quello”. Sempre dopo aver
pendenti, dove arrivai chiedendo di collaborare come restituito prima quelli che chiedo in prestito per so-
esperta in laboratori espressivi e come tutor) ho pro- pravvivere nel periodo in cui non percepisco reddito
vato solo grandi frustrazioni: il sentimento di essere (ma queste cose a loro non le dico). Mi viene sempre
sfruttata; la consapevolezza, acquisita nel tempo, di in mente il film di Chaplin (titolo?), in cui lui si man-
tappare buchi dovuti alle mancanze delle altre figure giava la scarpa fumante e scambiava l’amico per un
professionali; il senso di inutilità del mio apporto pollo gigante. Quella scena mi fa sorridere: mette la
umano e professionale, laddove tutti parlano oppor- tragedia in chiave comica e mi stimola a superare la
tunisticamente di “aiuto al più debole” e poco fanno depressione (che comunque talvolta arriva) o a cerca-
praticamente a tal proposito; i pagamenti irregolari. re qualche altra idea per campare.
Il futuro? Non so...Per il momento il corpo e l’inven-
In una parola: mi sono ritrovata in trincea più volte,
tiva ancora reggono. Mi piacerebbe aprire un centro
in un corpo a corpo - non è una metafora - con utenze
con altri/e magari con fondi statali e/o convenzioni
difficili, persone con doppia patologia (tossicodipen-
varie, ma non credo sia una cosa imminente. Oppure
denti/schizofrenici, tossicodipendenti/anoressiche)
trovare un posto fisso presso qualche scuola o cen-
senza alcun sostegno e senza alcuna garanzia della
tro come “esperta-terapeuta-creativa”, ma questo mi
continuità del lavoro.
sembra ancora più difficile. La pensione? Non so...A
In passato, prima dei figli (cioè fino ai miei 28 anni) me non spetta, mi dovrei pagare un’assicurazione...

Poliscritture/Samizdat Pag. 
ma ci penserò quan- “spirito critico”, alla “creatività”, alla “apertura men-
do avrò un esubero tale” - senza che con ciò si esca affatto dalla cornice
di 100 o 200 euro al d’insieme. Io stesso sono tutte queste cose, sono un
mese. Uscire dalla bravo studente a cui piace saper risolvere gli esercizi
città? Andare in un che un’autorità benigna gli assegna, sono una perso-
paese più piccolo e na bene educata che sa godere del bello come si deve.
provare a piazzar- Sono stato formato così e questo è l’ideale umano a
mi, nel mio mestie- cui informo istintivamente il mio lavoro di insegnan-
re, senza così tanta te. A cosa “serve” tutto questo ai miei studenti? A
concorrenza? Non cosa servono gli ideali umanistici ad esseri umani che
so...mi rimangono non avranno forse più né un lavoro rigidamente or-
forse una decina dinato e comandato, né un vero tempo di non lavoro
d’anni per fare il che possa diventare tempo per sé? Cosa serve, invece,
salto, dopo sarei già a queste persone? Che razza di scuola, seppur una,
troppo vecchia. Un sarebbe loro utile? E qui, naturalmente, le difficoltà
posto part-time o cominciano proprio da termini come “servire” e “uti-
fisso presso qualche le”. Non ho certamente paura del principio di utili-
azienda di chessò? tà; ma è chiaro che si può parlare di un’utilità servile
Nella disperazione e di un’utilità critica, si può pensare a un vantaggio
a volte ho conside- immediato e subalterno, o un vantaggio che costa fa-
rato anche quello tica e conduce alla libertà. (Qui il mio spinozismo è
(segretaria, ai tele- esplicito.) La relazione fra i due livelli è complessa,
foni della Wind-Tim, pulizie), ma ho calcolato che un insegnante responsabile non potrebbe certamente
guadagnerei in media al mese poco più di quello che ignorare il primo in nome del superiore valore mo-
prendo adesso...E poi chi c’è mai stato in un ufficio o rale del secondo. Ma la difficoltà decisiva è l’assolu-
a timbrare un cartellino o a fare qualcosa che gli altri ta incertezza circa cosa possa portare tanto al primo
ti dicono di fare e che non ti interessa neanche un quanto al secondo. La questione è perfino se la scuola,
po’? Beh...nella speranza che nuovi venti di piazza si come ambiente stabile e ben definito da regole e abi-
risollevino vi saluto e a presto!!! Intanto continuo ad tudini, possa in un modo qualunque preparare alla
arrangiarmi e a seguire l’istinto, il corpo, il gioco, la sopravvivenza e perfino alla felicità in un ambiente
relazione...e un po’ di metodo. incostante e incerto. E anche psicologicamente, quali
prove ed esercizi possono preparare a sopportare la
E) Da Paolo Cavallo a Ennio Abate (14 giugno precarietà? Come vedi, potrei formulare domande a
2005) lungo. Ma non so davvero dove cominciare a cercare
Il lavoro precario mi appare infatti come un’eventua- delle ipotesi di risposta.
lità sempre più probabile nel futuro dei miei studen- (Prima di abbandonare per il momento il tema, vole-
ti. Mi chiedo allora in che modo posso aiutarli ad af- vo riportare un’osservazione che non ha che fare con
frontarla. Mi capita spesso di sospettare una distanza esso, ma con il contributo di tua figlia. Mi ha colpito
così grande fra l’ideale (il contenuto della cultura che
molto il modo in cui Elena descrive il suo rappor-
contribuisco a trasmettere) e il reale, da togliere ogni
to con “il mondo intellettuale in genere”. Lo descri-
senso al primo termine. La scuola superiore italiana
ve “distante, freddo, giudicante”. Eppure, mi sono
è ancora sostanzialmente quella che ho frequentato
detto, questo contributo è lucido, onesto, scritto con
io da studente negli anni settanta. Il suo umanismo si
efficacia. Cos’altro farebbe un “intellettuale”? Chi al-
regge sostanzialmente ancora su due modelli: quello
tro sarebbe? Mi chiedo davvero che cosa intervenga
del buon lavoratore dipendente, docile, preparato al
fra una persona che racconta la propria esperienza
suo compito, paziente, diligente, ordinato e respon-
sabile; e quello dell’uomo temporaneamente libero e un “intelletuale”, a far sì che quest’ultimo risulti
dallla necessità del lavoro e capace di coltivare la pro- freddo e distante. Davvero basta che al racconto si af-
pria interiorità con i frutti della “cultura universale” fianchi la riflessione razionale, perché il rigore risulti
(che poi è poco più che europea - ma questa è un’al- senz’altro invernale?)
tra storia). Negotium e otium, insomma. Dove (nel-
le discipline o nelle scuole in cui) prevale il secondo F) Da De Feo a Poliscritture (15 settembre
termine, il comportamento finale da raggiungere è la 2005)
contemplazione esteticamente appagata dei “tesori
della cultura”, l’apprezzamento sincero e spontaneo Premetto: sono molto arrabbiato, complice una serie
di quelle opere che un animo nobile deve apprezzare. di circostanze che fanno di me una specie di scheggia
Dove prevale invece il primo termine, l’obiettivo è la in balia del vortice del lavoro precario ... ma perchè
consegna di elaborati corretti e puntuali, l’esecuzione non usare il più giusto termine di schiavitù mal re-
a regola d’arte del compito assegnato, accompagnata tribuita? Forse perché farei torto alla piccola socie-
dalla giusta soddisfazione per l’abilità tecnica con- tà per cui lavoro, tirata su a costo di grandi sacrifici,
seguita. In questi due grandi ambiti venerabili può ma tant’è. L’idea di partenza, cari amici, era quella
trovare posto una più o meno sincera attenzione allo di stilare una sorta di testamento spirituale con cui
prendevo congedo dalla parte sana del mondo, quella

Poliscritture/Samizdat Pag. 
che ancora si sbatte per scardinare a suon di paro- cissimi, pagati una miseria, che dalla sera alla mat-
le, scritture e guizzi creativi questa specie di Arma- tina si ritrovano con le pezze al culo - pardon! - solo
geddon dove a fare la voce grossa sono senpre loro, perchè gente di due soldi, abituati a comandare e ad
i padroni. E per assurdo, credetemi, da loro potrei esercitare in modo arbitrario il loro potere, continua-
anche accettarlo, è inciso a fuoco nel loro DNA: noi no a tracciare sulla lavagnetta i buoni da una parte
comandiamo, voi zitti là a buttare il sangue.A pro- ed i cattivi dall’altra. Qualcuno, poco fa, si è preso la
posito, non mi sono neanche presentato: Luciano briga di dirmi: ma stai tranquillo, chi te lo fa fare?
De Feo, catalogatore bibliografico specializzato, con Tanto non cambierà mai niente, hanno sempre ragio-
tanto di attestati e codici a barre, da sei anni a trava- ne loro. Ecco, se debbo essere sincero, è questa frase
gliare sull’Isola dei Senza Nome del lavoro precario, che ha fatto scattare in me la molla dell’indignazio-
quello che un tempo - era il Medioevo del mercato ne: perché se a Locri studenti rischiano la vita per
del lavoro, do you remember? - si chiamava Cottimo, dire basta alla ‘ndrangheta, io trovo vergognoso che
poi lavoro nero più o meno “emerso”, poi qualcuno qualche portaborse si permetta di dire a me, che dò
forse colpito precocemente dall’aviaria s’inventò la l’anima ogni giorno per quattro centesimi: chi te lo fa
sigla Co.Co.Co., adesso contratto a progetto ... tutto fare, tanto alla fine hano sempre ragione loro!
molto bello, direbbe qualcuno, ma la sostanza è una La signora in questione, tra l’altro, non è neanche la
sola: ci sono Enti pubblici mal governati che s’indu- direttrice, ma una sua facente funzione, messa qui
striano a commissionare non meglio definiti progetti perché la Direttrice, quella vera, ha altro a cui pen-
che piccole realtà, spesso propaggini del grande elet- sare, che occuparsi della Biblioteca. Grazie al Partito
tore di circostanza, s’incaricano di portare avanti al Popolare, per averci regalato una fiera corrotta che
meglio, a costi molto contenuti, perché c’è una ma- flirta a destra, pur di ingrassare il suo borsellino, gra-
rea di tutor e “consulenti” da retribuire, poi vengono zie al Governo e al “compianto” Biagi, per aver ripor-
i “quadri” societari, col resto della tortina, e ultimi, tato indietro le lancette del tempo, grazie a quaqua-
loro, GLI ATIPICI, contrattualizzati una tantum, re- raqua con la pancia piena, che ancora si vendono le
tribuiti appena qualcuno si degna di “sbloccare i fon- figlie per fare il “buon matrimonio”, grazie a quanti
di”, meglio se lasciati in banca a lievitare di interessi tacciono, perchè è meglio. A voi, amici, chiedo scusa
ed affini. La mia mansione in teoria è semplice: occu- per lo sfogo. Di politica, parlo di quella coltivata quo-
parsi di fondi librari da inventariare, ossia ordinare, tidianamente, ne so meno di tanti di voi, che invece
poi schedare, catalogare, collocare su scaffali, reper- mostrano grande preparazione ed una saldezza di
toriare in rete, e all’occorrenza, dal momento che ci nervi che invidio. Poco scrittore e assolutamente vul-
si trova, corredare di informazioni ad uso dell’utente. nerabile, nel mio disincanto, spero di aver in qualche
Altra premessa: la Biblioteca Provinciale di Salerno, maniera contribuito al dibattito, perchè per fortuna
la più antica d’Italia, conta tra ilsuo personale un bel c’è anche una libera informazione, da qualche parte,
mazzetto di figurine miracolate dalla vecchia nomen- e anche dirigenti capaci ed equanimi ed un gruppo
clatura, senza alcuna qualifica, poi qualche LSU [?], come i CCCP, aka CSI, aka PGR, che alle tematiche
e un manipolo di brave persone veramente capaci a noi molto care hanno dedicato canzoni che, quelle
che sgobbano per tutti gli altri. Al vertice una don- sì, grazie a Dio, resteranno nella storia. Grazie a tutti,
na che non è priva di capacità, anzi, ma memore di amici miei.
quando lei era “nessuno o giù di lì”, appena collocata
sul piedistallo, si è più che adeguata, esercitando in G) Da Enrico Benella a Poliscritture (27 no-
modo discutibile il suo potere, tra appalti di comodo vembre 2005)
e angherie intollerabili, ma mi rendo conto cheque-
sto è malanimo, allora cerco di concludere. Al termi- Eccovi i miei 25 centesimi (per fare pendant con i
ne dell’ennesimo episodio di disfunzione operativa, miei anni) sul precariato. Per me superare il preca-
ossia di malfunzionamento del software costato mi- riato ha significato inventare la mia indispensabilità
lioni di vecchie lire all’Ente Provincia, il fesso qua si in azienda. Ho passato gli anni finali dell’università a
è “permesso” di manifestare il proprio disappunto, collaborare, più per gioco che per misero guadagno,
perché voglioso di iniziare il lavoro ... qualcuno aveva con una piccola ditta; col tempo si è instaurato un
lasciato un PC in modalità lavoro al piano inferiore, rapporto di fiducia, se non di necessità: io ho impa-
infischiandosene del fatto che poteva bloccare tutti rato che cosa vuol dire stare nel mondo del lavoro e
gli altri connessi in rete - altra cosa inspiegabile! - e ho fornito al mio capo un servizio che il tempo ha tra-
la cara Mega Direttrice non ha trovato di meglio che sformato in un investimento. Se io me ne andassi, per
farmi pagare questo “sgarro” denun- lui sarebbe duro trovare un sostituto, che a parità di
ciando la mia “condotta aggressiva” al preparazione comporterebbe un alto costo in termini
mio re­ferente in seno alla Società che mi “paga”. Ri- di rischio e di formazione, nel senso di reciproca co-
sultato: se non fossi il più veloce e “produttivo”, sta- noscenza oltre che di abilità acquisite negli anni per
mane sarei stato rimosso dall’incarico, e tanti saluti prove ed errori.Ne ho avuto la prova quando è venuto
all’onestà, all’abnegazione e alla buona lena! Tutto il momento del servizio civile: ho posto l’azienda di-
questo per dire che a 43 anni, dico basta a questa por- nanzi al bivio di assumermi a tempo indeterminato
cheria, a questa classe politica che da ogni direzione (così da ottenere la dispensa) o di perdermi per un
permette questo status quo, perchè per me tutto va anno se non per sempre, e hanno scelto la prima op-
ricondotto al lemma maledetto: SFRUTTAMENTO! zione. Non è un idillio: sono pagato poco, ma almeno
Nella mia posizione ci sono centinaia di ragazzi capa- ho un reddito fisso che mi permette eventualmente

Poliscritture/Samizdat Pag. 
di cercare un’occupazione migliore senza l’ansia da post-lauream.
horror vacui che hannoi laureati disoccupati. Io per E chi viene rifiutato? Invece di perdere cinque anni
ragioni inspiegabili devo ancora discutere la tesi, e il per avere un lavoro indegno del proprio percorso
lavoro me lo sono guadagnato perché non vendo un formativo (se e quando arriverà), si cerchi da subi-
pezzo di carta, ma abilità concrete derivanti in (mi- to un’alternativa meno prestigiosa e intellettuale;
nima) parte dagli studi e in (buona) parte dalla mia si dia da fare, insomma. C’è tantissima richiesta di
curiosità / imprenditorialità. E anche dalla fortuna, è manodopera operaia più o meno specializzata, che
innegabile. Aiutati ché il ciel t’aiuta. i laureati disoccupati rifiutano per supposta nobil-
Non credo che un intervento politico dall’alto tà finché non vi sono costretti dalla necessità. Se in
possa risolvere d’emblée il problema di un futu- luogo di questa (per altro sacrosanta) frustrazione
ro incerto: a mio modo di vedere, i rapporti di la- si mandassero in fabbrica i gggiovani meno porta-
voro sono questione più micro- che macro-so- ti agli studi accademici, il sistema complessivo ne
ciologica. Non nego che il mondo esterno (pace trarrebbe un più umile ma sicuro giovamento. Si
nel mondo, crisi petrolifera, euro, etc.) abbia un rivalutino i mestieri, invece di svalutare le profes-
impatto economico sulla disponibilità di un’impresa sioni inflazionandole. ciò si dovrebbe affiancare
ad assunzioni stabili, ma credo che tale influenza sia una intensa collaborazione tra lezioni e impresa. È
meno determinante del talento nel vendere le proprie impensabile che, a meno di iniziative personali, un
idee. Se dimostro che con me l’azienda ci guadagna e laureato possa arrivare nel mondo del lavoro com-
pletamente vergine di esperienza. Ben vengano gli
che la mia assenza creerebbe un bel problema, nes-
stages, ma da subito, non all’ultimo anno o dopo la
sun imprenditore sano di mente rinuncerà mai a me;
tesi: negli Stati Uniti, ad esempio, qualsiasi graduate
se tenterà di ricattarmicon contratti a progetto, avrò
ha un curriculum lungo almeno due pagine con inter-
comunque io il coltello dalla parte del manico.
nships e lavoretti che ne attestano la voglia di fare e
le concrete capacità. E sono queste le cose che cerca-
Chiaro, essere indispensabili è difficile, se non im-
no davvero i datori di lavoro, al di là del bagaglio di
possibile; di certo non è da tutti. Bisogna avere idee,
nozioni la cui utilità è parziale quando va bene e pari
la capacità di realizzarle e l’abilità di venderle; e più a zero nella stra-grande maggioranza dei casi. Ora,
la concorrenza è numerosa, più è difficile aggiudicar- se l’università sfornasse una minoranza di persone
si il primato, se non il monopolio. Questo principio preparate,flessibili e non da svezzare completamente,
del libero mercato vale per le imprese, ma vale anche sono convinto che i datori di lavoro farebbero a gara
per i lavoratori; non ci si può fare nulla. Del resto, se per accaparrarsele. Oggi invece i laureati sono un
non si ha qualcosa di davvero buono da offrire, non gregge per lo più sprovvisto di competenze vendibi-
si capisce nemmeno perché qualcuno dovrebbe com- li, e offrono all’impresa capacità individuali indimo-
prarlo, tanto in un negozio quanto nel mercato del strate e indimostrabili al momento del colloquio; uno
lavoro. È un ambiente duro e selettivo, mais c’est la vale l’altro, e non c’è da meravigliarsi se all’appiatti-
vie, mes amis. Non si può pretendere di prevalere se mento del mercato corrisponde la crisi del valore del
non si hanno i mezzi per farlo. singolo. Di qui alla precarietà il passo è immediato:
Che cosa può fare la politica per rendere la lotta per il se l’imprenditore sa che fuori c’è la fila per il posto,
posto fisso un combattimento meno all’ultimo sangue, porrà le condizioni economiche che più gli faranno
promuovendo il merito e disincentivando la svendita comodo - condizioni ovviamente al ribasso.
del lavoro intrinseca agli sfruttamenti “a progetto”? Alla quantità dell’istruzione di massa si preferisca la
Non credo che politici e sindacati possano agire sulla qualità: invece di mandare il succitato gregge al mas-
richiesta, ma sull’offerta sì. Bisogna partire dall’uni- sacro, si premino i più meritevoli e non si trasformi-
versità, e guardare realisticamente alle richieste del no gli atenei nell’immondo parcheggio cui è già stato
mondo del lavoro. In primis va posto il numero chiuso condannato il liceo. Si abbia rispetto della gioventù
all’università: a che pro milioni di filosofi disoccupati non costringendola studiare più o meno controvoglia
e frustrati invece di selezionarne qualche migliaio in per un pezzo di carta dal valore nullo. La si smetta
proporzione alle esigenze del mercato? Se un contadi- coi discorsetti sul “seguire le proprie passioni”che
no produce troppe patate, è ovvio che finirà per sven- portano a conoscere Kant ma a non poterlo utilizza-
derle e per perderci. Bisogna smetterla con la retorica re. Ti sei voluto divertire studiando ciò che ti piaceva
della “cultura per tutti”. Per acculturarsi bastano le invece di ciò che ti poteva essere utile? Bene, allora
librerie, le biblioteche e il tempo libero; l’università non lamentarti se nessuno ti assume; sennò prendi la
non deve preparare dotti: la sua funzione principale è disoccupazione con filosofia, se l’hai studiata. Si valo-
quella di dare ai laureati un diploma spendibile nella rizzi la creatività dei vent’anni promuovendo una di-
realtà lavorativa e una forma mentis che permetta di versità di stimoli e di esperienze, invece di spedire gli
riciclarsi in caso di difficoltà. Non c’è solo amore per studenti nel vicolo cieco della cultura fine a se stessa.
la cultura, ma anche e soprattutto il bisogno di gua- Se non vi sono le risorse per un mondo di intellet-
dagnarsi il pane un domani. Investire denaro, tempo tuali e di quadri, si faccia in modo che chi si iscrive
e fatica in un progetto accademico sterile è un lusso all’università valuti con più attenzione il rischio di
per pochi, uno spreco di risorse fisiche e intellettuali restare a spasso dopo la laurea. Se la gente avvertirà
che la nostra società non può né deve permettersi. Sì concretamente il pericolo e non si rassegnerà al desti-
al numero chiuso, alla selezione feroce che è garanzia no ineluttabile, si darà una mossa e metterà a frutto

Poliscritture/Samizdat Pag. 10
le proprie capacità, o altrimenti peggio per lei - swim presa»: «avere idee, la capacità di realizzarle e l’abi-
or sink... Move your ass! È normale vi sia incertezza lità di venderle». Ed essa dovrebbe valere per tutti:
in gioventù (intendo under 30), ma dev’essere un in- imprese, ma anche lavoratori. L‘idea del «libero mer-
centivo a darsi da fare. cato» non è mai messa davvero in discussione. Come
convincerti di quanto sia dannosa? Non ci provo
Non si tratta dunque di garantire un posto stabile a neppure. Mi limito a segnalarti che non tutti ci cre-
tutti come se fosse un diritto o una generosa elar- dono. A me e a molti il «principio del libero merca-
gizione dell’alto - cosa impossibile! – ma di creare to» contro cui non si può «fare nulla» pare un mito.
un ambiente che valorizzi da subito chi ha talento e Esso nasconde le tante cose davvero buone (amore,
buona volontà. Bisogna innanzitutto sgombrare una intelligenza, amicizia, solidarietà, ecc.) che i capita-
concorrenza che, invece di promuovere i migliori, li listi deturpano o riducono con inganni e violenze (su
nasconde nella massa se loro per primi non si sono cui ormai si sorvola) ad idoli mercificati, ma che non
dati da fare per distinguersi. Bisogna promuovere riescono del tutto a dominare.
una mentalità diversa da “studio ciò che mi piace, poi
chissà”. Bisogna non creare ambiziose aspettative di 4) Che ci troviamo, grazie a costoro e al loro accre-
ricchezza e felicità per tutti. Il realismo e la concre- sciuto dominio (oggi mondiale), in un «ambiente
tezza non sono qualità innate, ma le si acquisisce sul duro e selettivo» è vero. Ma esso non è la vita. Vi si
campo e col tempo; e a trent’anni, ahimè, rischia di sovrappone. Si interseca con essa. Dire: «c’est la vie»
essere troppo tardi... è fuorviante. La vita all’incirca da metà Settecento è
sottomessa a questo meccanismo artificiale sempre
H) Da Ennio Abate a Enrico Benella (28 no- più astratto e potente, che la modella e in parte la svi-
vembre 2005) luppa anche, ma deformandola sempre a sua imma-
gine e somiglianza. Non senza però reazioni (dissen-
I tuoi «25 centesimi… sul precariato» sono agli anti- si, conflitti, rivolte e persino alcune “rivoluzioni”, che
podi delle opinioni espresse finora nei vari interventi. pur fallite hanno lasciato tracce indelebili). Esiste una
Li prendo però sul serio e provo a risponderti, usando durezza e selettività della vita stessa (o della «nuda
la vecchia moneta della mia obsoleta generazione: vita»)? Certo. Cosa c’è di più duro e selettivo della
morte? Ma a tale durezza e selettività si è sovrappo-
1) Tu hai superato al momento (ti auguro per sempre) sto questo meccanismo artificiale e astratto costrui-
la trappola del precariato. Sei tra le mosche bianche. to nello scontro tra individui, gruppi e classi sociali.
E senza l’«ansia da horror vacui che hanno i laureati Troppi lo giudicano ormai “naturale” o preordinato
disoccupati», come scrivi, guardi in modo un po’ eli- da un dio o da un destino. Non è così.
tario - mi pare - agli altri: la moltitudine delle mosche
nere ovvero i precari che si contano a milioni e alle 5) «La lotta per il posto fisso» (metafora «micro» di
dinamiche del mondo del lavoro, che nelle società conflitti «macro»: di classe? di nazioni? di civiltà?) è
contemporanee (o postfordiste) è sempre più sen- solo un aspetto delle lotte sociali che oggi si presen-
za garanzie, flessibile, intermittente. Parti dalla tua tano in forme più frammentate e oscure che in pas-
esperienza ma, mi pare, con eccessiva sicumera. Non sato. Ci sono quelle degli immigrati. inizi di lotte per
ti chiedi quanto rende il tuo lavoro all’azienda, accetti il «reddito di cittadinanza» in reazione a disoccupa-
senza troppi pensieri di essere pagato «poco», senti zione e precariato crescenti, sul simbolico (Internet,
con orgoglio il vantaggio di avere un reddito fisso e la comunicazione, ricerca). Sono poco note, stravolte,
possibilità di cercare una migliore occupazione. Tut- oscurate, malgrado le potenzialità mirabolanti di In-
to sembra confermare la tua filosofia di vita: «Aiutati ternet, della stampa, della televisione. Non so quan-
che il ciel t’aiuta». to tu ne sia informato. Di quelle che spuntano nelle
università (ricercatori, dottorandi, ecc.) parli con il
2) Mi pare che questa condizione un po’ ovattata ti buon senso pragmatico che a me pare tipico di molti
renda miope: i reali rapporti di lavoro nella società imprenditori: dateci il numero chiuso; selezionateci
attuale ti sfuggono. Marx parlava di falsa coscienza quelli che ci servono per le «esigenze del mercato»;
necessaria : necessaria, perché chi deve adattarsi a basta con la “cultura per tutti”; l’università ai «dotti»
una situazione imposta e non controllabile deve di- (= alle classi dirigenti, come ai bei tempi di Gentile?);
strarsi dai reali meccanismi a cui è sottoposto e deve agli altri «un diploma spendibile nella realtà lavora-
trovarli, se non soddisfacenti, almeno «convenienti». tiva e una forma mentis che permetta di riciclarsi in
Anche tu, a mio avviso, sembri aggirare la realtà con caso di difficoltà». Perché non interrogarsi sul de-
dei luoghi comuni rassicuranti e diffusissimi fra i clino industriale dell’Italia, sulle scelte sbagliate dei
tuoi coetanei e forse nell’ambiente che frequenti: la “grandi” imprenditori (Fiat ad es.), sulla loro corru-
svalutazione della politica che - dici - non può «ri- zione (Parmalat, Cirio, ecc.), sulla decadenza della
solvere d’emblée il problema di un futuro incerto»; ricerca scientifica?
la preferenza per il «micro» rispetto al «macro»; la
fiducia che il «talento» o il «vendere le proprie idee» 6) Al posto di un’università che sforni «una minoran-
s’imporrebbero di per sé alle imprese. za di persone preparate, flessibili e non da svezzare
completamente» ad usum delle esigenze immediate
3) Nel tuo intervento sembri parlare da imprenditore (e spesso di cortissimo respiro) dei «datori di lavoro»
in pectore. Condividi pienamente la «cultura d’im- ci potrebbe essere – fu pensata nel ’68, non è idea

Poliscritture/Samizdat Pag. 11
neppure oggi “morta” e qualche esempio in giro resi- - Aldo Bonomi e Enzo Rullani, Il capitalismo personale, 
ste! - una «libera università critica», non subordinata Einaudi
alle loro esigenze ma capace di interpretare quelle di - Federico Chicchi e Michele La Rosa, Reinventare il lavo-
una società ricca di potenzialità intellettuali spreca- ro, Sapere 2000
te. Quei laureati, che vedi come «un gregge per lo più - ultimo numero de “L’ospite ingrato”, rivista del Centro F.
sprovvisto di competenze vendibili», hanno abilità e Fortini di Siena edito da Quodilibet su Società, conoscenza
conoscenze che esorbitano dal “vendibile” e potreb- e educazione]
bero essere ben più produttive in un sistema econo-
mico non bloccato e di spreco come questo.

8) A “seguire le proprie passioni” egoistiche, corpo-


rative, antisociali sono proprio i capitalisti e il loro
seguito di funzionari e cortigiani che si fanno por-
tavoce alla Tv, sui giornali, in Internet del valore as-
soluto del «libero mercato». Di una finzione bella e
buona, perché senza lo Stato l’imprenditore, specie
italiano, non sopravviverebbe. La lezione di Kant
(la «cultura fine a se stessa») è ormai lettera morta.
Sono gli imprenditori che l’hanno ridotta a Merce.
E ancora oggi ci dibattiamo tra culture fondate sulla
sopraffazione e culture che tendono a resistere alla
sopraffazione. Noi di POLISCRITTURE tentiamo di
sviluppare queste ultime. Siamo gli “ultimi mohica-
ni”? Forse, ma ancora sappiamo discutere. Gli altri
usano solo la clava.

L). Da Ennio Abate a Enrico Benella (3 gen-


naio 2006)
Non è facile dare un quadro completo e ragionato
delle esperienze di lotta dei precari ed io non ho co-
noscenze dal vivo di tali esperienze. Esistono però al-
cune riflessioni serie sulle traasformazioni del lavoro
e sulla sua precarizzazione che ho letto.
Un libro sicuramente consigliabile è Il lavoro auto-
nomo di seconda generazione. Scenari del postfordi-
smo in Italia a cura di Sergio Bologna e Andrea Fu- Note a margine di Sergio Bologna
magalli. Importante è soprattutto il cap. 1: Dieci tesi
per la definizione di uno statuto del lavoro autonomo. La situazione di chi lavora in condizioni di precarietà
Fumagalli, che è un economista, ha scritto parecchio permanente non migliora, né può consolare il fatto
sull’argomento e sul reddito di cittadinanza. Tu che che sempre più persone ne sono coinvolte. Qualcosa
sei un navigatore del Web puoi trovare facilmente deve succedere, non può andare avanti così. Tanto
suoi scritti. Anche sul sito www.lumhi.net si trovano più che è una situazione europea. “Jungle’s World”,
analisi di questi fenomeni. Pure gli scritti dell’econo- un giornale giovanile che fa 12 mila copie a setti-
mista keynesiano Lunghini sono interessanti. Cerca mana in Germania, in un’inchiesta fatta a Berlino
sul Web. ha scoperto circa 60 mila giovani “stagisti” in città,
Anche sulla rivista Posse sono usciti vari contributi, la maggior parte dei quali lavora gratis. “Perché lo
a volte però approssimativi o scritti in un linguaggio fai?” hanno chiesto a uno. “Piuttosto che starmene
gergale un po’ ostico (per me). Ovviamente non tro- in casa a mandare curriculum, ad aspettare la te-
verai le risposte nette e pragmatiche che tu cerchi. Ma lefonata di Manpower, con i miei che mi rompono
bisognerebbe rendersi conto che il problema è enor- l’anima, preferisco lavorare gratis in un ufficio. Mi
me, ha aspetti insoliti e sfuggenti, viene affrontato in danno il ticket per il ristorante, non è male”.
termini quasi pionieristici da pochi studiosi e quindi Ogni tanto getto un’occhiata alle statistiche, quelle
la pretesa di veder trattato l’argomento in modo da che l’ISTAT rende pubbliche ogni tre mesi oppure
poterlo presentare ai membri di un consiglio di am- quelle del cosiddetto “Sistema Excelsior” prodotte
ministrazione sono insensate. dalle Camere di Commercio. Le guardo, perché i
grandi esperti di mercato del lavoro (gli Accorne-
Traggo da un articolo di inquadramento scritto ro, i Reyneri, i Bonomi) ascoltati da Confindustria,
da Benedetto Vecchi su “il manifesto” del 30 dic. 05 dai sindacati e dalla grande stampa, dicono che la
altri suggerimenti più aggiornati : situazione va migliorando. I lavori autonomi senza
- Stanley Aronowitz, Just Around the Corner (Temple Uni- tutele sono in caduta verticale, dicono, aumentano
versity Press); i “contratti a tempo indeterminato”. E’ vero, ma di-
- Joaquìn Arriola Palomares e Luciano Vasapollo, L’uomo menticano di dire che l’80% di essi riguarda aziende
precario, Jaca Book;

Poliscritture/Samizdat Pag. 12
al di sotto dei 9 dipendenti, non tutelate dall’art. 18 detto “capitale umano”. Conta l’opportunismo, la
dello Statuto. Sono impresine, in gran parte a loro furberia, la protezione di qualcuno, l’appartenenza
volta ricattate dai loro committenti, basta una fattu- a una famiglia rispettata o danarosa.
ra non pagata per mandarle in rovina. In maggio- Ma fermiamoci un attimo su quella minoranza di
ranza del settore edile. Né dicono che gli autonomi “intellettuali” che ancora scrive quello che pensa e
calano vertiginosamente nel commercio al dettaglio che non gode di privilegi, che deve finanziare le rivi-
(in seguito all’espansione della Grande Distribuzio- ste su cui scrive perchè le altre sono loro negate e che
ne) o nell’agricoltura, ma continuano ad aumentare bene o male deve anche campare – spesso di lavori
nel settore “professionisti”, “servizi alle imprese” e precari - e pensare ai figli. Nei casi migliori il loro
simili, dove si concentra una buona parte del pre- contributo è quello di diradare le nebbie che avvol-
cariato. Ogni tanto guardo il sito www.lavoce.info, gono la verità ma quasi mai riesce a dare strumenti
ve lo consiglio, si trovano sotto la voce “lavoro” delle perché i lavoratori precari possano uscire dalla loro
osservazioni interessanti o delle lettere di visitatori situazione. Se non servono, perché si dovrebbe per-
del sito che si divertono a smascherare i trucchi delle dere tempo a leggere i loro scritti? Se né la politica
statistiche. Poco per volta, con enorme fatica, anche né il sindacato riescono a far qualcosa, perché do-
gli “esperti” debbono riconoscere quello che ogni la- vrebbero riuscirci gli “intellettuali” – quei pochissimi
voratore precario sa da sempre. che ancora dedicano qualche attenzione a temi che
Negli interventi che mi avete mandato, diversi uno ormai non sono più quotati nel mercato dei saperi?
dall’altro, c’è qualcosa in comune: la sfiducia, per Quindi la sfiducia verso gli “intellettuali”, tutti indi-
non dire il disprezzo, il fastidio, per le parole degli scriminatamente, per un verso è una delle forme in
“intellettuali”, messi tutti assieme, senza differenze cui si manifesta la sfiducia nella politica tout court,
di sorta, così come si fa col ceto politico-sindacale, per altro verso non è che una reazione più che giusti-
tutti uguali. Non trovo ragioni perché non debba es- ficata e legittima di fronte a una tragica situazione
sere così. Il corpo docente delle università – di cui che si può riassumere così: il lavoro non sa come tu-
non faccio più parte ormai da 23 anni - continua, telarsi, gli strumenti di tutela (legislativi, associati-
malgrado molte eccezioni, ad essere autoreferen- vi) o sono disattivati o non funzionano, nessuno sa
ziale, ossia pensa alla crescita dell’università come dare delle risposte plausibili e quindi non sembrano
istituzione, preoccupandosi poco a quella degli stu- esserci vie d’uscita o miglioramenti possibili.
denti. Da una ricerca citata proprio sul sito www. Invece le cose, sono convinto, possono cambiare.
lavoce.info (che pure è un sito creato da professori Alla fine degli Anni 90, quando con quel libro che ha
universitari) risulta che il 90% dei docenti di econo- aperto la strada alla riflessione sul postfordismo (“Il
mia politica dell’Università italiana non avrebbe i lavoro autonomo di seconda generazione”) abbiamo
titoli scientifici per insegnare. Ho raccolto storie di posto per primi la questione dei nuovi lavori e della
vita di giovani ricercatori, precari, collaboratori a mancanza di tutele, una reazione c’è stata, anche nel
vario titolo dell’università, che subiscono umiliazio- sindacato. E sono state fatte alcune esperienze inte-
ni peggiori di quelle descritte nelle testimonianze ressanti, con metodi di comunicazione e linguaggi
che avete raccolto. Il disastro del lavoro giovanile nuovi, che hanno cominciato a raccogliere qualche
oggi comincia da qui, dalla cosiddetta “fascia alta” risultato, in particolare a Roma tra i precari dell’im-
del mercato. Non c’è di peggio che il disprezzo per le piego pubblico. In Parlamento c’erano almeno quat-
intelligenze o per l’intelligenza in sé. Se i docenti non tro proposte di legge sui “lavori atipici”. Poteva esse-
hanno rispetto del cervello dei loro studenti, perché re l’inizio di qualcosa. Poi di colpo la svolta: strutture
dovrebbero averlo i manager? E così assistiamo ad sindacali smantellate, proposte di legge ritirate, e,
un fenomeno che stupisce persino alcuni consulenti per nascondere questa “ritirata”, operazioni-civetta,
aziendali (personaggi, com’è noto, abbastanza cini- miliardi dati a ricerche fantasma sul “popolo delle
ci): il disprezzo profondo del datore di lavoro per le Partite Iva”. E’ stata dunque una precisa scelta poli-
“risorse umane” che si presentano ai colloqui d’as- tico-sindacale operata ai tempi dei governi D’Alema
sunzione, per le intelligenze che si offrono sul mer- e Amato: lasciare “alle forze del mercato” il destino
cato, anche se sono cariche di lauree, di master, di del lavoro precario, atipico, autonomo ecc. ecc.. Con
riconoscimenti. il risultato di aprire un solco profondo nei confronti
dei giovani e di regalare l’Italia a Berlusconi. Oggi
Che voglio dire con questo? Che da un lato esiste gli stessi uomini che hanno operato quella scelta si
un’impressionante svendita dell’intelligenza e del- preparano a governare. Che speranza ci può essere
le competenze. Gli “esperti” ormai hanno ceduto il che le cose cambino? Che possibilità c’è che all’inter-
loro cervello oppure si sono rinchiusi nei loro privi- no dell’Unione si levino voci autorevoli per chiedere
legi. Quindi il disprezzo per gli “intellettuali” che si un’iniziativa legislativa? Scarse, molto scarse. Dun-
riscontra nelle vostre testimonianze è del tutto giu- que è giusto non avere fiducia.
stificato. Se lo meritano. Dall’altro lato questa socie-
tà che parla tanto di competitività, di efficienza, di Perciò la via d’uscita – se di “uscita” si può parla-
spirito d’iniziativa, sta seppellendo ormai anche gli re – non sta altro che nella costituzione di gruppi di
ultimi residui di meritocrazia. L’intelligenza, il ta- precari o di persone che soffrono la condizione mes-
lento – esaltati a parole – stanno diventando una sa in evidenza dalle testimonianze, per invadere il
merce senza valore e così pure l’istruzione, il cosid- web della parola, della voce, del vissuto dei “nuovi

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lavoratori” o delle “nuove lavoratrici”, creando reti
di dialogo, comunità virtuali o reali, uscendo dall’in- Paolo Cavallo
visibilità o dalla condizione di “analizzati”, oggetti
d’inchieste, di ricerche, di articoli, di convegni. Qua-
lunque sia l’esito di questo “alzare la testa” sarà sem-
pre meglio della passività attuale. Fallirà gli obbiet-
Sfiducia
tivi finali? Avrete sempre portato a casa qualcosa.
Anche dalle esperienze più negative che ho fatto con
nella
le tante iniziative fallite che hanno costellato la mia
esistenza “politica” – ma oltre ai fallimenti c’è stata
scienza
anche qualche bella vittoria - ho sempre portato a
casa qualcosa: un’amicizia, un legame, un’opportu- Su il manifesto di mercoledì 15 giugno, Marcello Cini
nità, un orizzonte di vita, un insegnamento, nel caso (“Referendum, le colpe degli scienziati”) ha tentato
peggiore una scampagnata, una cena, meglio che una prima analisi delle ragioni che hanno portato al
niente. Non c’è tempo per le riunioni? Vi scocciano? fallimento del tentativo di abrogare in parte la leg-
E’ un problema trovare un giorno e un’ora che vada ge 40 del 2004, “Norme in materia di procreazione
bene per cinque persone? Bloggate! Attaccatevi a In- medicalmente assistita”. Dopo avere accennato alla
ternet. Io vedo per ora solo donne che si muovono in facilità con la quale il referendum poteva essere va-
tal senso, il precariato le colpisce più duramente. Se nificato dalla scelta astensionista; al generale disinte-
c’è questo risveglio, se riappare l’ombra di un fiducia resse per la politica, particolarmente grave di fronte a
nel fare le cose assieme ad altri e per altri – questo è tematiche che sembrano toccare la vita di piccole mi-
“politica” – anche i cosiddetti “intellettuali” potran- noranze; e al grande impegno messo in campo dalle
no tornare utili. Soprattutto quelli che non vogliono gerarchie cattoliche, Cini scrive: “Il quarto motivo è
fare gli ideologhi della “nuova classe” ma quelli che [...] che la gente non ha più tanta fiducia negli scien-
si limitano a metter a disposizione di terzi delle com- ziati.” La maggior parte dell’articolo è dedicata a que-
petenze. Magari c’è qualcuno che le sa usare. sto tema. Cini precisa subito che, sotto molti aspetti,
quella verso gli scienziati è una sfiducia mal riposta,
Per finire, un po’ di pubblicità: visitate il nostro sito e che, soprattutto, nessuna prospettiva di migliora-
www.lumhi.net. Potrete scaricare i lavori che abbia- mento della realtà e della vita delle persone è pratica-
mo fatto in passato come Libera Università di Mila- bile, se si pretende di fare a meno della scienza. Ciò
no e del suo Hinterland e molte cose che facciamo detto, secondo Cini occorre comunque interrogarsi
adesso. Spesso è roba che viene pubblicata all’estero, sul perché la sfiducia si sia prodotta e sulle colpe che
qui non sapremmo dove collocarla, allora ci siamo gli scienziati stessi possono avere al riguardo.
creati questa possibilità di comunicazione. Anch’io credo che questa indagine vada condotta, e
che richieda un impegno in molteplici direzioni. Un
fenomeno così complesso e importante non è certa-
mente riconducibile a un unico fattore, né può esse-
re interpretato in maniera lineare e deterministica,
come fa ad esempio chi parla di un “complotto contro
la scienza”. La gravità della situazione, a mio pare-
re, merita di essere sottolineata. Penso che si possa
formulare la questione servendosi di una domanda
particolarmente scandalosa: Perché la scienza non
sembra avere più, oggi, il ruolo di strumento decisi-
vo di liberazione che ha avuto per i grandi pensatori
materialisti come Lucrezio, Spinoza e Marx, e dopo
quest’ultimo per il movimento rivoluzionario che a
vario titolo ne è stato l’erede? Perché ci sembra quasi
bizzarro parlare della scienza e dell’indagine razio-
nale del mondo come di una via di liberazione? È la
natura della scienza ad essere cambiata, da prassi li-
beratoria a strumento di dominio e di controllo? O è
cambiato ciò che noi siamo disposti a chiamare libe-
razione? E a quale tipo di liberazione pensavano Lu-
crezio o Spinoza, quando esaltavano la scienza contro
la superstizione?
Poiché neanche a me, come a Cini, piacciono i frain-
tendimenti, voglio dirlo con molta chiarezza: non
mi interessa affatto liberarmi della scienza. Posso
trovare interessante il pensiero di un poeta o di un
filosofo che denunci nella scienza un pericolo o una
forma di alienazione; trovo importante meditare sul-
le immagini di Blake e sulle riflessioni di Adorno; ma

Poliscritture/Samizdat Pag. 14
non riesco a non attribuire in definitiva a ignoranza se la posta in gioco è troppo alta il gioco dell’autori-
ogni posizione sulla scienza che non ne veda l’enorme tà si sgretola, e bisogna essere capaci di dialogo, di
ricchezza e utilità. (Dopo avere citato Spinoza, devo umiltà e di compromesso, se non si vuole essere con-
ancora precisare che, per me, parlare di utile equivale dannati alla sconfitta. Ma questa è ormai una vecchia
a parlare di etica?) storia.)
La mia, dunque, non è una riflessione spassionata e Di nuovo, viene da chiedersi come sia stato possibile
priva di emozioni. Mi sento parte in causa, e risolu- vedere, in un mucchio di certezze, uno strumento di
tamente determinato a difendere il senso e il valore liberazione. Ma, appunto, nessuno dei grandi filosofi
dell’attività scientifica. Ma sono ugualmente convin- materialisti, scrivendo del valore emancipante della
to che non sia possibile parlare della scienza come di scienza, mostrava di riferirsi a un capitale di “veri-
una cosa, un “fatto accertato” che sia possibile addi- tà”. Niente di più alienante, in effetti, di un sistema
tare come se si trattasse di un oggetto. Non tutto ciò di conoscenze indubitabili, già pronte, soltanto da
che porta il nome di “scienza” lo merita davvero. apprendere, soltanto da credere. Una religione che
E, per quanto trovi indispensabile difendere, non funziona, in fondo.
la scienza, ma la nostra stessa libertà e felicità dalla Invece Lucrezio, Spinoza e Marx contrapposero scien-
tentazione di fare a meno di essa, non trovo sensato za e superstitio. E almeno i primi due dissero espli-
– non trovo scientifico – spiegare la sfiducia dei cit- citamente che il valore liberatorio della scienza vive
tadini nella scienza, e soprattutto negli scienziati, in nella sua capacità di liberare gli uomini dalla paura
termini di mala fede e manipolazione. Occorre com- della morte. A me sembra che questa investitura me-
prendere quali cause concrete, positive, abbiano por- riti ancora oggi di essere ribadita.
tato alla presente situazione di crisi. Occorre riconoscere che non possiamo chiamare
Come ho detto, sono convinto che le cause siano mol- scienza tanto “l’immane raccolta” quanto un’attività
te, in complessa interdipendenza le une dalle altre. incessante di messa in discussione delle certezze ac-
Alcune di esse richiederebbero un’indagine speri- quisite e di esplorazione del mondo. E se non pos-
mentale, che io non posso condurre né impostare. Un siamo farlo, è innanzitutto per un motivo etico: non
aspetto decisivo è certamente la povertà e il dogmati- si può, allo stesso tempo, affrontare il mondo con
smo che tradizionalmente affliggono l’insegnamento “coraggio e generosità” (Animositas et Generositas,
delle discipline scientifiche nella scuola. Sono pochi scrive Spinoza), esplorando ciò che vive in esso e ciò
gli insegnanti che non lottano per fare dell’insegna- che Stuart Kauffman, in Esplorazioni evolutive, ha
mento scientifico un contributo allo sviluppo del pen- chiamato il suo “possibile adiacente”; e insieme con
siero critico negli studenti; ma è una lotta estrema- paura, portando con noi le nostre paure più profon-
mente ardua, che richiede in primo luogo un lungo e de, non cercando altro che una medicina miracolosa
paziente lavoro di smantellamento delle formulazioni che non ci faccia più ammalare, soffrire, morire.
autoritarie e ben poco critiche che sono spesso il ri- Cini lo ricorda, la scienza ha contribuito enormemen-
sultato dell’addestramento ricevuto durante gli studi te a rendere la vita “più ricca, varia e interessante per
universitari. Ed è noto da molto tempo, a chiunque una minoranza consistente degli abitanti del piane-
si occupi con onestà della didattica delle discipline ta”. Ma l’allungamento e il miglioramento della vita
scientifiche, che la rinuncia a una consapevole pra- hanno un prezzo, che si paga soprattutto nella cre-
tica di laboratorio (rinuncia imposta nella maggior scente irrazionalità dell’uso delle risorse disponibili:
parte dei casi dalla scarsità delle risorse disponibili) un prezzo che risulta sempre più evidente a tutti, an-
equivale a disattivare fin dal principio la possibilità che se pochi sono in grado di vedere le interdipen-
di comprendere in che modo, ed entro quali limiti, denze necessarie fra i diversi aspetti del “progresso
si costruisca quella relativa, parziale e provvisoria tecnico”. Nel tentativo di accreditare il proprio ruolo
certezza che per brevità si usa chiamare “verità”. di figure di autorità, di conoscenza e di decisione, e
Marx ha scritto che la ricchezza capitalistica si pre- anche per ottenere concessioni materiali da un pote-
senta come “un’immane raccolta di merci”. Allo stes- re politico che esercita con efficacia anche su di essi
so modo si presenta la scienza agli occhi di molti dei le armi del controllo materiale e della precarizzazione
cittadini formati dal sistema scolastico attuale: come del lavoro, gli scienziati hanno preteso troppe volte
un’immane raccolta di “fatti veri”, la cui verità ha la che, fra i risultati dell’agire tecnicamente orientato,
stessa natura della più immediata oggettività e non soltanto quelli “buoni” andassero ascritti ad esso,
richiede alcun lavoro di critica né di comprensione, mentre per quelli “cattivi” si sarebbe trovata presto
ma soltanto di apprendimento diligente. È il notorio una soluzione altrettanto tecnologica. Quando non lo
“la matematica non è un’opinione”. Questo modo di hanno fatto di persona, gli scienziati hanno lasciato
dire infame riassume il ruolo assegnato alla scienza per lo più che fosse il potere politico a fare delle pro-
nella cultura generale. La scienza chiude le discussio- messe che neppure sapeva di non potere mantenere.
ni, non le apre. Come ha mostrato efficacemente Mark Lynas in un
(In questo modo, purtroppo, hanno accettato per lo saggio (“Get off the fence”, 25 giugno 2005) per New
più di presentarsi nei pubblici dibattiti gli scienziati e Scientist, lo stesso vincolo dell’oggettività, indispen-
i tecnici che si sono impegnati nella campagna refe- sabile nella pratica della ricerca, si trasforma in un
rendaria: come figure di autorità, il cui punto di vista, alibi fin troppo comodo, o in una trappola ideologica,
al contrario di quello degli altri interlocutori, “non è quando viene il momento di discutere con chiarezza
un’opinione”. Un simile atteggiamento funziona sol- le implicazioni politiche e materiali dei risultati spe-
tanto nella misura in cui gli astanti lo accettano; ma rimentali.

Poliscritture/Samizdat Pag. 15
È accaduto con l’energia atomica, sta accadendo oggi
con la procreazione assistita, il riscaldamento globa- Alessandra Roman
le, le biotecnologie, accadrà probabilmente domani
con le nanotecnologie. Da una parte c’è un’opinione
pubblica spaventata tanto dai rischi che corre quanto
dai sacrifici che le potrebbe essere chiesto di accet-
tare. Dall’altra una minoranza intellettuale, fiduciosa
Il corpo
nel valore oggettivo delle proprie acquisizioni e mal-
disposta ad affrontare un dialogo aperto, fra interlo-
umano,
cutori di diversa competenza ma di uguale dignità.
Ciò che manca, in questo quadro, è proprio quel che
campo di
in via di principio fa della scienza uno strumento di
liberazione: la capacità di smontare i pregiudizi e le
battaglia tra
visioni del mondo e di guardare in faccia ciò che di
volta in volta incontriamo nel mondo e in noi stessi.
l’individuo e la
Vincere la paura attraverso la ragione e la conoscen-
za. Accettare la sorpresa, il venir meno delle certezze
società
e la responsabilità che questo comporta.
Il caso della procreazione assistita, e delle tematiche
ad essa associate, è ancora una volta esemplare. Da
una parte e dall’altra si invocano “verità” e “valori”: L’ultima consultazione referendaria è stata un’occa-
l’integrità della vita, la natura umana, la libertà del- sione sprecata e ha inaugurato un nuovo sciagurato
l’individuo, l’indipendenza della ricerca. Così facen- filone di aggressività politica: al solito, le riflessioni
do, si impone una visione del mondo a nascondere serie sono state sommerse dalle prese di posizione
il poco, ma quanto perturbante, che andiamo impa- ideologiche, si sono invocati i valori “costituzionali”
rando sulla natura. Sappiamo che, forse, le cellule (è un aggettivo che adesso “va“ parecchio) non come
staminali potrebbero permetterci di curare in tutto punti di partenza di un ragionamento, ma per sca-
o in parte alcune patologie degenerative. Sappiamo gliarli, in base ai propri gusti confessionali, come
che, forse, potremmo imparare qualcosa di più in bottiglie incendiarie o scomuniche papali, contro gli
proposito prelevando queste cellule da un embrione argomenti dell’avversario ... La polemica montante
umano sovrannumerario e utilizzandole per far sì che sull’aborto sta prendendo la stessa piega: di questo
un embrione di topo sviluppi un cervello costituito passo, gli obiettivi dello statuto del corpo umano, del
interamente di neuroni umani. Sappiamo che, forse, testamento biologico, dei valori “condivisi” (o, più
quel topo non manifesterà affatto, in conseguenza modestamente, condivisibili) si allontanano sempre
dell’intervento, caratteristiche umane. Sappiamo con di più. Si combatte una lotta di “occupazione”, mar-
certezza di ignorare moltissime cose e di non poter ciando, lancia in resta, in senso contrario alle esigen-
diminuire in alcun modo la nostra ignoranza se non ze di maturità e di apertura della società, contraddi-
attraverso la manipolazione diretta della realtà e l’os- cendo le graduali conquiste del pensiero giuridico,
servazione scrupolosa dei risultati. Sappiamo che ad da tempo orientato, sia pure con risultati perfettibili,
ogni bivio ideale fra agire e non agire, o fra agire in alla valorizzazione del corpo umano come espressio-
un certo modo o in un altro, correremo dei rischi e ne di verità della persona.
dovremo accettare conseguenze positive e negative Nel secolo scorso, infatti, i problemi connessi al-
insieme. Sappiamo che nessuno ha mai fatto prima l’economia industriale ed i progressi della medicina
nulla di simile e che nessuno può dirci cosa trovere- hanno imposto al diritto di confrontarsi con l’uomo
mo di là. Sta a noi decidere, di volta in volta, cosa concreto, anziché limitarsi all‘ombra intangibile del-
vogliamo e cosa non vogliamo fare: ma nessuno può la sua “personalità giuridica“ (ove la legge, creato un
dire davvero di sapere in anticipo di cosa si tratti. soggetto, gli riconosce una determinata posizione in-
Dovremmo stare attenti a riservare il nome di scienza dipendentemente dal mondo dell‘esperienza).
soltanto a quelle attività razionali, collettive, dialogi- Il corpo ha smesso di essere considerato sempli-
che, attraverso le quali ci liberiamo dei nostri pregiu- cemente l’oggetto della persona-soggetto: il diritto
dizi e della confusione fra i nostri desideri e le nostre proprietario, -si è detto-, non si attaglia alla defini-
credenze e la realtà. Dovremmo avere il coraggio di zione di questo rapporto, che è, di per sé, indefinibi-
ammettere che non facciamo scienza quando ado- le, o almeno straordinariamente sfuggente, nella sua
periamo quel po’ di potere naturale, grossolano e in- originalità e preesistenza, a qualsiasi tipo di classifi-
certo, che abbiamo messo insieme, per obbedire alla cazione. Il riscoperto monito di Ulpiano, “dominum
nostra paura della morte e dell’impotenza credendo membrorum suorum nemo videtur” è stato assunto,
di scappare da essa. quindi, a punto di partenza per un discorso bioeti-
co. Innanzitutto, -e non poteva essere altrimenti-, in
senso limitativo .... Le membra del corpo non sono
una mia riserva personale ch’io posso sfruttare eco-
nomicamente, utilizzare per i miei fini egoistici e di
cui mi posso, all’occorrenza, privare in cambio di al-
tre utilità. Come dire, io devo rispettare l’uomo “ge-

Poliscritture/Samizdat Pag. 16
nerale”, -il principio di umanità-, che ho in me stes- “persona” significa “maschera” ovvero il mezzo scelto
so, -individuo particolare-, in nome del quale ricevo per comunicare con l‘esterno. Vogliamo o no garan-
tutela dall‘ordinamento. Tuttavia, proprio di fronte tirle una basilare libertà di espressione? Una libertà
all’insorgenza di una società sempre più invadente, che si traduca nell’equilibrio tra il vincolo biologico,
era ovvio che non ci si potesse fermare ad annoverare che è “dato” (o naturale), e la dimensione “relazio-
il rapporto corpo-persona tra i diritti soggettivi, -quel nale”, che, invece, è “elaborata“ (o culturale), tra la
corredo della personalità giuridica, assegnato dall’or- tutela dell’identità individuale (anche quando è ma-
dinamento-, la cui perdita o menomazione comporta, lata, mutilata, sbagliata, deviante) e le esigenze socia-
al più, una tutela risarcitoria. Questa visione, propria li (mediche, ma anche politiche od etiche). Vogliamo
del codice civile, funzionale alla politica del “danno”, ammettere che questa libertà è un aspetto irrinuncia-
ha avuto senz’altro una valenza importante e rimane bile della salute?
molto accreditata nei tribunali del mondo occiden- Alcune scelte legislative, a quel punto, andranno valu-
tale, con la proliferazione di un numero esorbitante tate in modo meno manicheo, accettando il fatto che
di “torts“: si chiede il risarcimento per la perdita di la salute non potrà mai (o, forse, mai più) essere una
un arto sul lavoro, per non essere stato curato, per per tutti ... La legge sull’interruzione di gravidanza,
essere stato avvelenato dall’inquinamento, per essere ad esempio, prende atto della indiscutibile realtà del
nato handicappato e, persino, per essere nato punto e legame psico-fisico tra il corpo della madre e quello
basta ... Ma, qualunque sia il risultato processuale, -i del nascituro: la madre (e non il padre, il giudice, la
tribunali hanno pareri diversi, nei diversi paesi occi- società) influisce sulla salute e perfino sulla soprav-
dentali-, rimane una considerazione fondamentale: il vivenza del nascituro, prima ed indipendentemente
mio corpo non può essere ridotto ad una funzionalità, da qualunque scelta legislativa (se soffre, se si fa del
quando si rompe qualcuno paga. Non ci vuole molto, male, se si cura troppo o troppo poco, se lo ama o lo ri-
infatti, a comprendere che limitarsi al problema del fiuta). La legge sulla rettificazione del sesso consente
risarcimento economico, implicitamente, significa una incredibile lesione del fisico, tanto astrattamente
“accettare” la riduzione a valore monetario di ciò che, inaccettabile quanto, in casi determinati, consentita
invece, non è suscettibile di una vera reintegrazione... e, anzi, indispensabile, al fine di rendere corrispon-
E’ da questa consapevolezza che scaturisce l’esigenza dente, per il singolo individuo, la percezione sogget-
di una tutela preventiva, di indicare, nella relazione tiva all’espressione esterna della corporeità.
corpo-persona, una “finalità” dell’ordinamento, me- Ormai, la scienza, che, per lavorare, separa ed astrae,
diante la sua inclusione nei principi costituzionali e ci impone sfide inimmaginabili a questo sforzo di
la conseguente espansione in tutti i settori dell‘ordi- unità: così, il dna contiene (o sembra contenere) tut-
namento. L’art.32 della nostra carta sintetizza questo to l’uomo concentrato in una cellula, come sfuggita
ragionamento, nel concetto di tutela della salute, pre- dal suo corpo. Forse, un
cisandola, prima di tutto, come un diritto fondamen- modo “onesto” (pru-
tale dell’individuo e poi, con una chiara gerarchia, dente, rispettoso e,
come un interesse della collettività. Ora, dobbiamo perché no?, mode-
chiederci, cosa significhi questo esattamente: se non sto) di legiferare
è una proprietà, se non è un mero diritto soggettivo dovrebbe partire
da far valere, in fin dei conti, come moneta sonante... non dal bene e
allora, la salute ci appare come una dimensione del- dal male defini-
l’esistenza, il corpo si rivela come verità della perso- ti ex cathedra,
na, in cui si situa appunto quell’elemento unificante ma dal mondo
tra l’umano generale e l’umano individuale. Il luogo dell’esperienza,
della separazione e della relazione. Questa potrebbe dall’individuo da
essere la chiave di volta, la riflessione faticosa e dif- cui quella cellula
ficile che ci conduce fuori dai luoghi comuni, dal cir- è sfuggita. Per-
colo vizioso delle ideologie e del loro corollario apo- ché l’ha lasciata
dittico. Della salute non si può disporre liberamente, separare da
ma neppure si può “sacrificare”ad un modello astrat- sé? Con qua-
to, morale o giuridico, la salute individuale, perché, li obiettivi?
anche così facendo, né più né meno che facendo il Quali in-
contrario, si dissolve la “vera” persona. Così, il mio terventi è
corpo, teoricamente inviolabile per gli altri e per la disposto/
società, non sarà mai, -lo vogliamo ammettere?-, a a sop-
davvero inviolabile per me che, in definitiva, sono il portare
mio corpo. Che, in un certo senso, lo definisco. Quan- per rea-
do G. Marcel enuncia“je suis mon corps“, esprime, in lizzarli
forma filosofica e letteraria, tutta la complessità della (innesti
cenestesi, quel fenomeno che distingue la percezione di em-
del mio corpo rispetto a qualunque altra percezione brioni
oggettiva. Quindi, è sul confine tra due posizioni, il tripli,
dentro ed il fuori di me, che io, collocandomi, esisto. qua-
A ciò si aggiunga, la rivelazione semantica, per cui drupli,

Poliscritture/Samizdat Pag. 17
bombardamenti ormonali, conservazione del seme)?
Che responsabilità è disposto/a a prendersi rispetto
alla società ed altri individui coinvolti nelle sue scelte Agostino Pelullo
(i malati, i figli di una donazione)?
Il corpo umano è, oggi più che mai, il luogo di un con-
flitto tra ciò che io sono (o vorrei essere) e ciò di cui la
società ha bisogno (o pretende): è un campo, dunque,
Passano
dove si decide cosa sia la libertà ... L’argomento è così
scomodo, per la politica, che è più facile esaltare la
gli anni e il
personalità dell’embrione o, sul fronte opposto, gri-
dare al possibile miracolo della scienza in favore del-
nuovo non
la collettività dei malati gravi. Senza rendersi conto
che, così, si rischiano interventi legislativi fortemente
viene.
invasivi ed ondivaghi, determinati dalle maggioran- Tra memoria e riflessioni
ze parlamentari e dagli obiettivi estemporanei della
campagna elettorale (ci conviene di più blandire i a venticinque anni
cattolici o le femministe?). dal terremoto in Irpinia
Ma la verità del mondo della vita (la definizione è
di U. Galimberti), fatta di opinione, incertezza, mi-
stero, non si accontenta di una definizione astratta
di persona sana, morale o felice. Mi dice che quella “Una volta sofferta, l’esperien-
persona sono io. Che, in me, il concetto astratto di za del male non si dimentica
tutela e l’esperienza biologica si saldano, in un‘unità più. Chi ha visto le case crolla-
re sa troppo chiaramente che
inviolabile, con la mia personalità morale... Qualsiasi labili beni siano i vasetti di fio-
intervento medico e scientifico non dovrebbe, quindi, ri, i quadri, le pareti bianche...
essere orientato primariamente a realizzare le finalità Non saremo mai più gente se-
di salute, di etica, di identità del singolo individuo che rena, gente che pensa e studia
vi si sottopone? Qualsiasi legge che detto intervento e compone la sua vita in pace.
regola non dovrebbe essere orientata a garantire, al- Vedete cosa è stato fatto delle
l’individuo, il massimo della scelta possibile, in con- nostre case. Vedete cosa è stato
formità alle proprie istanze ideali, a quella “signoria fatto di noi. Non saremo mai
su se stessi“ che chiamerei “dignità“? più gente tranquilla.
Questa riflessione non nega le necessarie esigenze di Abbiamo conosciuto la realtà
contemperamento con l’interesse della collettività e nel suo volto più tetro. Non ne
proviamo più disgusto ormai.”
con gli altri valori costituzionali (in questo consiste,
anzi, la scelta “possibile”), ma impone una rivoluzio- Natalia Ginzburg, Le piccole
ne quasi copernicana rispetto a coloro che ritengono virtu’, Einaudi, Torino, 1962
possibile stabilire, per tutti e definitivamente, persi-
no con una certa fretta, cosa siano la vita, la salute e,
appunto, la dignità umana.
La scrittrice si riferiva all’esperienza della guerra,
soprattutto. Ma vi includeva anche quella del terre-
moto. Chi non ha provato tali sensazioni, dopo aver
vissuto il boato di quella domenica dell’80 e ciò che
ne è derivato?

Una scossa del nono grado della Scala Mercalli della


durata di 90 secondi: l’equivalente di 15 bombe della
potenza di quella usata ad Hiroshima; 3000 morti;
8000 feriti; una superficie danneggiata grande quan-
to il Belgio; 600 circa i comuni colpiti; 60.000 mi-
liardi di lire stanziati dal governo. Sono le cifre del
terremoto che il 23 novembre 1980, alle 19.35, colpì
tre regioni del sud e che è divenuto noto come “il ter-
remoto dell’Irpinia”.

Passate le celebrazioni del venticinquennale del ter-


remoto dell’80, si è nella condizione di riflettere dav-
vero senza il rischio di discorsi intrisi di retorica su
ciò che è stato questo quarto di secolo per ognuno di
noi. Qualche anno fa, all’ennesimo giornalista in cer-
ca di improbabili scoop sulla vicenda della ricostru-
zione suggerii un approccio di questo tipo: guarda
– gli dissi – se vuoi veramente fare opera utile po-

Poliscritture/Samizdat Pag. 18
tresti cercare di riassumere, sulla base dell’esperien- prio i libri. I quali, per natura intrinseca, quando non
za che queste terre hanno vissuto dopo il sisma, ciò sono evidenti stupidaggini in forma stampata e rile-
che è assolutamente da non fare in altri luoghi dove, gata e sono scritti da persone che hanno un qualche
purtroppo, i disastri si verificheranno in futuro. Per titolo per farli, consegnano pensieri un po’ più dura-
fare ciò ti basterebbe parlare con chi si è cimentato turi; non hanno necessità alcuna di indulgere alla re-
con le urgenze immediate, torica o alla propaganda di parte
come allestire le tende, e, forse, possono essere da mo-
le mense, e poi le rou- nito per il futuro.
lotte e i prefabbricati Di libri sul terremoto c’è
leggeri. Queste perso- stata una proliferazio-
ne hanno nomi pre- ne nel quarto di secolo
cisi – gli dicevo. Si trascorso ed io non
chiamano Rodolfo ho la presunzione
e Mario Salzarulo di renderne conto
a Lioni. O Rocco qui. Ma ho avu-
Falivena a Lavia- to la fortuna di
no. Insieme agli imbattermi a suo
amministratori tempo in un paio
di allora si spor- di cui consiglio
carono vera- la lettura a chi
mente le scarpe ha ancora a cuo-
per rispondere re proprio il futuro
alle necessi- delle aree colpite da
tà immediate, sisma.: Passano gli
sostenuti dalla anni e il nuovo non
forza generosa viene, a cura di Ada
dei volontari Becchi Collidà
del nord Italia e L’economia della
o di Paesi stra- catastrofe, un instant
nieri: gente che book allegato a L’Unità
mise da parte della stessa autrice) nei
ogni altra priori- quali, oltre a documen-
tà personale per tare la natura affaristi-
dare alla paro- ca e camorristica della
la solidarietà un gestione dei fondi stan-
senso visibile e che ziati dal Governo, viene
diede vita a quel ten- evidenziato l’antico vizio
tativo di sperimentazione della della classe politica del
democrazia che prese il nome di Mezzogiorno della “spesa
Comitati Popolari. pubblica come un bene in
Se poi vuoi comprendere, perché sé”.
altri sventurati possano farne teso-
ro, le cose da evitare assolutamente Ho avuto il privile-
nell’opera di ricostruzione dei centri gio di conoscere e di
storici vieni a Bisaccia. lavorare in iniziati-
Dovesse interessarti che significa l’impegno ve di sviluppo loca-
per recuperare un patrimonio archeologico le con le persone che,
di grande valore, recati a Conza e parla con il inutilmente, indicavo
prof. Raffaele Farese, memoria vivente del pa- al giornalista di Report
ziente lavoro di recupero della storia e instanca- come testimoni che valevano
bile catalogatore di beni architettonici. una conversazione. Ma non ho
Michele Di Maio a Calitri potrebbe illuminarti sul- visto i loro nomi sulla stampa pro-
le conseguenze – più disastrose dell’evento sismico vinciale che tanto spazio ha dedicato
– di tipo ambientale che l’azione di ricostruzione e alla ricorrenza sforzandosi, mi sembra, di sostene-
“sviluppo” ha portato con sé. re un’unica tesi: il dopo-terremoto non ha prodotto
Il giornalista di Report, la trasmissione TV che pur grandi sprechi; l’Irpiniagate è un’invenzione della so-
pare animata dalla volontà di scavare e capire, non lita stampa nordista; il processo di industrializzazio-
mi diede retta, ovviamente. Diede molto spazio a fatti ne e sviluppo, salvo qualche neo, ha dato buoni frutti;
di colore che – chissà perché – sono sempre ritenuti se qualcosa è andato storto è perché altri, non la clas-
avere un grande appeal sul pubblico. E sprecò, così, se politica delle aree interne, hanno voluto includere
anche lui un’occasione per fare qualcosa di buono. Né Napoli tra le zone danneggiate.
si preoccupò di approfondire le questioni più impor- E le analisi di Ada Becchi Collidà o di altri sul nesso
tanti con l’ausilio di quei prodotti della riflessione che – sufficientemente documentato, a me pare – tra cer-
si chiamano libri. ta parte politica e affari? Oscurato, appunto. Becchi
Ricordo ciò perché, dopo aver letto tante conside- chi?
razioni su questi venticinque anni che abbiamo alle Ricordo una simpatica considerazione – come è nello
spalle, ho notato che, insieme alle persone citate, i stile dell’uomo – di Enrico Pugliese, docente di So-
grandi assenti dai commenti sulla stampa sono pro- ciologia all’Università di Napoli, proprio in occasione

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della presentazione del libro di Ada Becchi ad Avel- Insomma, fu pagato un riscatto, un grosso riscatto:
lino: “ci sono tante persone – tra esse Giuseppe De un miliardo e 450 milioni. Come? Probabilmen-
Rita ed i suoi collaboratori del Censis – che, sarà per- te con la mediazione di Raffaele Cutolo e della Nco,
chè le cose vanno molto bene a loro, dicono un gran anche se lo Stato non fece mai ammissione.” Cifre
bene del Sud”. dettagliate, fatti e misfatti di questa pagina di storia
sono egregiamente ricordati sul sito Osservatorio Si-
Quanto, poi, alle posture – così diffuse nelle cele- sma …dove, in modo pregevole, si cerca di non can-
brazioni di questio venticinquennale - rivolte solo cellare la memoria e di offrire, a chi vuol capire un
in avanti che dire? Ricordano lo “scurdammece o’ pezzo importante del Sud, gli strumenti per farlo. Vi
passato” del noto motivo napoletano. Invece, certa si trovano i nessi tra gli omicidi di amministratori,
gente di queste parti, che non è neanche napoletana, giornalisti, magistrati “scomodi” che intralciano il
si ostina a fare del passato la base di ogni tentativo lucido piano di controllo degli appalti da parte della
di progettazione de futuro. Storicista o gramsciana a Camorra (diventata imprenditrice) e della complici-
sua insaputa, non riesce a dimenticare fatti e misfatti tà del sistema politico al completo che, quando non
legati a quell’evento. Così ricordo il prof. Farese da è colluso direttamente e beneficiario di tangenti, è
Conza, quando nel guidarmi per l’antica sua Comp- colpevolmente consociativo. Gli ex-comunisti, per
sa mi indicò la sua casa, distrutta con tutte le altre: esempio? Presenti! A Napoli con il sindaco Valenzi
“qui ho perso mio figlio di dieci anni”. Dove si trova nominato Commissario Straordinario e con la Lega
la forza per ricominciare dopo una tale tragedia, spe- delle Cooperative, cui viene assicurata una fetta della
rando che l’antica città romana, teatro di distruzioni torta. Roma apre i rubinetti con De Mita presidente
cicliche nel corso di duemila anni, possa diventare un del Consiglio, De Vito Ministro per il Mezzogiorno e
Parco Archeologico attrattore di turisti? Non parlano tutti si dissetano. “Tutti colpevoli, nessun colpevole”,
di lui le cronache delle celebrazioni del venticinquen- allora? Non so. Ma è lecito ricordarlo, dopo 25 anni,
nale. Giustamente! Ed egli, infaticabile, colleziona per evitare davvero la retorica sui morti, sui mancati
foto e ricordi. Ora anche su CD. E starebbe ore a cer- soccorsi, nel tentativo di riaprire la mai risolta “que-
care di farti capire che quel corteo funebre di “pri- stione meridionale”?
ma del terremoto”della foto in bianco e nero è di una
poesia indicibile. E’ la microstoria che sgomita per Ma, che ne è, oggi, della discussione sul futuro di
essere riconosciuta con pari dignità della Storia. Ma, queste terre?
a chi interessa? I media locali, scimmiottando quelli Con altri amministratori delle aree colpite ho parte-
nazionali, paiono interessati solo ad altro. Che pena! cipato, su invito del Presidente Bassolino, alla seduta
Ma che importa? Il prof. Farese continuera’ a cercare del Consiglio Regionale della Campania del 22 nov.
il suo anfiteatro romano sulla collina che domina il 2005 dedicata alla commemorazione del venticin-
corso dell’Ofanto e persone leggere a credere di scri- quesimo anniversario di quella immane tragedia e
vere la storia del “dopo-terremoto”. convocato per discutere di Risorse e politiche di svi-
Ma come si fa a dimenticare l’intreccio tra politica e luppo, con particolare riferimento alle aree interne.
affari, che ha avuto qui una replica emblematica, pri- Non mi era mai capitato di assistere ai lavori dell’as-
ma dell’esplosione di tangentopoli. Con un ruolo di semblea regionale e ho provato un certo imbarazzo,
regolatore ed erogatore dei flussi finanziari da parte misto a compiacimento, per l’attenzione che tutti
del partito-stato (si chiamava Democrazia Cristia- – dal Governatore ai consiglieri, dagli assessori ai ca-
na) da far impallidire il più inossidabile dei regimi pigruppo, agli uscieri – hanno riservato a noi rappre-
che una volta chiamavamo di “socialismo reale”. Ma sentanti delle comunità locali.
– occorre sottolineare – con una particolarità, taciuta Non succede tutti i giorni di stare a così stretto contat-
dagli attacchi leghisti contro “Roma ladrona”: la par- to con chi decide sulla destinazione di risorse, sulle li-
tecipazione al banchetto tanto dei potentati economi- nee strategiche di intervento per il futuro, sul destino
ci del Nord quanto della spregiudicata e modernizza- – anche – di persone in carne ed ossa che dalla spesa
ta Camorra napoletana. Con almeno pari dignità, sia pubblica si attendono il sostegno ad una possibilità di
nel campo degli appalti per la ricostruzione che nel- vita più dignitosa e qualche certezza che aiuti a pro-
l’opera di industrializzazione calata dall’alto. Milano grammare un domani meno affidato alla precarietà.
da bere e Irpinia da mangiare, dunque. Nord e Sud Conosco Bassolino da più di trent’anni, da quando
uniti sì dal generoso moto del volontariato, ma, poi, ero un ragazzo della Federazione dei Giovani Comu-
dal più prosaico nudo interesse. Chi si ricorda più dei nisti e lui il “commissario” di quella provinciale del
Signorile, Conte, Fantini, Cirino Pomicino......? Del PCI, mandato a dirimere diatribe tra le componenti
sequestro Cirillo? del partito avellinese, ancora non sopite. Non mi ha
sorpreso, quindi, la sua scelta di fare della ricorren-
Qualcosa lo ha ricordato il settimanale Panorama za dei venticinque anni dal terremoto un fatto non
alcuni mesi fa: “Gli italiani impararono a conoscere solo celebrativo ma orientato alla discussione sulle
Raffaele Cutolo durante i giorni del sequestro Cirillo, domande ancora senza risposte: l’appannamento – a
uomo politico dc vicino ad Antonio Gava che nel 1981 voler essere usare un’espressione eufemistica – del-
fu rapito e tenuto segregato per 89 giorni in un covo la Questione Meridionale; la crescita ancora troppo
delle Brigate Rosse del professor Giovanni Senzani…. lenta del Mezzogiorno rispetto al resto del Paese; il
Dopo averlo «condannato a morte in quanto boia bisogno di lavoro di tanti giovani; la necessità che da
della speculazione del terremoto», le Br lo liberano ciò deriva di fare presto. Egli ha relazionato con vi-
(imbavagliato e incappucciato) nei pressi del carce- sione davvero alta sulla strategia che intende portare
re di Poggio Reale. La spiegazione in un comunicato avanti insieme ai suoi collaboratori: impegno di fondi
brigatista del 22 luglio: «Abbiamo espropriato al boia del bilancio ordinario, di quelli dell’Unione Europea
Cirillo, alla sua famiglia e al suo partito di affama- e di quelli del Governo centrale, insistendo a più ri-
tori, alla sua classe di sfruttatori un sacco di soldi». prese sulla sollecitazione a quest’ultimo – a prescin-

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dere dal colore politico - per un impegno decennale concentrazione di essi come elemento imprescindibi-
all’altezza della situazione. Per fare cosa? Per dare le in quest’ottica di una Regione Policentrica.
ai territori della Campania, della Basilicata e della Si riuscirà a fare questo entro il giugno 2006, quando
Puglia un ruolo strategico tra i cosiddetti “Corridoi il documento fondamentale che riassume questo di-
Uno e Otto” che l’UE ha delineato come assi di colle- segno dovrà essere negoziato con Bruxelles? Avranno
gamento, rispettivamente, con il nord-Europa (asse voglia e capacità le Province di decidere insieme agli
Berlino-Palermo) e l’Oriente (asse Sud Italia – Balca- attori istituzionali e sociali del territorio scelte di tale
ni): una funzione di “piattaforma logistica” da nord a portata nella stesura del Piano Territoriale di Coordi-
sud (longitudinale) e da ovest ad est (trasversale) che namento Provinciale?
possa consentire ai citati territori di connettere il mar Se si deve giudicare dalle esperienze del passato an-
Tirreno all’Adriatico e di giocarsi a questo livello la che recente, sorge più di un dubbio su tale ardore de-
sfida per il futuro. Nella sua visione, infatti, tale stra- mocratico e partecipativo dal basso. Ma, forse, anche
tegia non deve risolversi solo nel completamento del- i livelli più decentrati farebbero bene a non stare a
la rete stradale e ferroviaria, compresa l’alta velocità: guardare e a farsi, invece, artefici di iniziativa. E si
essa deve mirare a comprendere, oltre al necessario può sperare che i partiti, invece che passare il tempo
sistema logistico, il turismo, la cultura, la bellezza a dividersi su poco nobili questioni di poltrone, fac-
del paesaggio, la ricerca e il rilancio dell’università in ciano di ciò l’essenza del loro esistere?
stretta connessione con il sistema produttivo – dal- Non sono domande oziose. E i dubbi sollevati da tale
l’industria all’agricoltura ai servizi che coinvolgono ragionamento dovrebbero investire anche il Presi-
temi di grande rilevanza politica e sociale quali l’ac- dente Bassolino che – occorre ricordarlo – ha ini-
qua, l’energia, i rifiuti e che pongono davanti a scelte ziato la propria attività politica in irpinia assumen-
non indolori tra la privatizzazione e il loro carattere do il tema del “riequilibrio tra fascia costiera e zone
di bene collettivo. interne” come l’ambizione dell’operato suo e del suo
Viene di considerare che, in questi ultimi campi, la partito. “Venticinque anni rappresentano un tempo
condotta dell’Amministrazione regionale non è stata sufficientemente lungo nella vita di ognuno – egli ha
proprio ineccepibile. Basti pensare al tentativo di re- detto nel suo intervento – per poter giudicare…”. E i
galare ai privati l’acqua; o agli sprechi e all’incapacità trentacinque circa trascorsi dalla metà degli anni set-
di uscire dall’emergenza-rifiuti dopo undici anni di tanta non lo sono ugualmente per trarre un bilancio
commissariamento; o alla tentazione, anche qui pri- degli effetti dell’azione politica di governo di tanti,
vatistica, di gestire un altro bene che dovrebbe essere compreso il suo, rispetto alle sorti di questa parte del
collettivo, come la risorsa-vento, proprio nelle aree Mezzogiorno?
interne, e che favorisce l’arricchimento dei colossi
dell’eolico. Sono temi che riguardano solo il Sud? O non sono,
E cosa si risponde a chi, nel dibattito in consiglio re- al contrario, la leva su cui far forza per dare un’altra
gionale, ha fatto rilevare che la Delibera della Giunta possibilità sia a quelle aree, tanto strategiche nel Me-
n.1243 del 30 settembre 2005 va in direzione opposta diterraneo per un nuovo rapporto con l’Oriente e il
all’Intesa Istituzionale di Programma stipulata il 16 Sud del mondo, che all’Italia tutta? Perciò il disegno
febbraio 2000 tra il Presidente della Giunta Regiona- della Regione Campania andrebbe assunto dal Go-
le e il Presidente del Consiglio, penalizzando proprio verno prossimo di centro-sinistra (speriamo) come
i territori della Campania interna? un argomento non secondario della propria azione.
Il Presidente ha rassicurato tutti sostenendo, nella
appassionata replica finale, la bontà della strategia Se non prendiamo la questione di petto tutti, quanti
di governo e annunciando una Legge Delega capace anni dovranno passare perche’ il nuovo possa comin-
di dare più poteri decisionali a Province e Comuni, ciare a farsi intravvedere?
ed è stato chiaro su un punto di metodo: evitare la
dispersione a pioggia degli interventi e assumere la

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2 Luoghi/non luoghi
Ornella Garbin

U.S.A. La patria
dei luoghi non luoghi
Immagini e commenti dal nuovo mondo: New York, New Jersey, New Ark

NEW YORK. La bandiera americana è ovunque, anche addosso alla signora,vestita con
pantaloni rossi e maglietta blu con stelle. L’orgoglio nazionale è il sentimento più diffuso,
che copre spesso la frustrazione, il senso di vuoto che si può avvertire anche in questa città,
la più intellettuale, la più vivace e cosmopolita d’America.

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La strada, le macchine, i camion: Il vero habitat del cittadino americano, per cui la vita è movimento, con-
cetto con cui concordo, peccato che quando il movimento è eccessivo, è
solo esteriore, non permette alcun radicamento e approfondimento. Attualmente, ho letto,
la città ospita al 70% cittadini non nativi, di cui il 40% non sa leggere e scrivere in inglese.

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NEW JERSEY. Zona abitata da famiglie di reddito medio basso.
L’immancabile tagliaerbe in azione di sabato mattina.

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Zona abitata da famiglie dal reddito medio alto. Il feticcio del prato perfetto. Il prato era
perfettamente rasato, ho visto con i miei occhi rifinirlo a mano, con le forbici… … …
è come se l’intimo, nel profondo degli abitanti di queste case con giardino, si fosse
ridotto per fare posto alle uniformità dominanti e alle sue richieste di consumo.

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NEW ARK. Città industriale, conosciuta per l’aeroporto quasi solo commerciale.
Città di passaggio, strade troppo larghe che aiutano a creare un senso di spaesamento.
Un posto dove gli adulti lavorano e gli adolescenti si annoiano… … a morte.

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Molti pompieri e scale antincendio, per tenere a bada la paura del fuoco, le pareti delle case
sono principalmente in cartongesso. L’insieme dà una forte impressione di provvisorio, nul-
la è fatto per i posteri. Tutto è usa e getta, pure gli esseri umani…nel lavoro sono tutti a ri-
schio, anche i “colletti bianchi”, il middle class dream …..il sogno, si è frantumato da tempo.

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Mariella De Santis colore, non perde una suggestiva luminosità spesso
priva di trasparenza..Il rettilineo che dall’aereoporto
conduce al centro città potrebbe essere quello di La-
mezia Terme con le sue poche e garbate palme, ma la
luce verde dei minareti, i consecutivi a volte gigante-
Hai letto schi ritratti di Khomeini e dell’attuale ayatollah Kha-
menei richiamano ad una realtà che non è sovrappo-
Lolita? nibile a nessun’altra. Non basta leggere su una Guida
Blu degli anni 60 che la città a quel tempo aveva un
a Teheran milione di abitanti e apprendere da una contempora-
nea che oggi ne ha oltre dodici milioni per figurarsi
l’impatto con una metropoli lontana da iconografie
Quando Laura mi chiese se mediorientali. La sorpresa di essere dentro un’archi-
avessi letto il libro di Azar Nafisi, Leggere Lolita tettura di cemento e acciaio quale quella di una me-
a Teheran, stavamo bevendo un the a casa mia e tropoli occidentale rendeva inquietanti i ricordi inca-
io non immaginavo affatto che dopo sei mesi sarei merati distrattamente da giornali, telegiornali. Ci si
andata a Teheran.Meno che mai avrei potuto imma- accorge che quando si ha un’idea preconcetta di una
ginare di andare proprio nell’Università in cui gran realtà, si tende ad attribuire minor valore testimonia-
parte del romanzo è ambientato, a presentare il libro le alle immagini documentarie e a pensare che siano
di poesie di un’autrice italiana.Avevo lavorato lungo particolari, frammenti. Delle immagini, come del-
tutta l’estate sul libro di Oretta Dalle Ore, Sotto la le notizie che le accompagnano, incameriamo solo i
pioggia scrosciante, approntando una prefazione e particolari che possiamo far combaciare con la nostra
dei commenti in prosa sotto ogni poesia contenuta idea dei mondi lontani dalla realtà a noi prossima.Il
nel volume che, nel frattempo, era stato tradotto in traffico è frenetico e disordinato, l’aria inquinatissi-
farsi da Pouran Hajeb e Asghar Ebrahimi grazie ai ma. Si sta fermi in taxi con i finestrini aperti e ci si
quali giunse l’invito a parlare del libro e della poesia ritrova a considerare che poi, in fondo, a Milano non
italiana presso la Facoltà di Italiano della suddetta si respira così tanto male… Intanto, avevo già un fou-
università. Intanto, io avevo comperato l’insolito lard in testa. Poco prima che l’aereo atterrasse tutte
libro della Afisi. Non un vero romanzo, non un dia- le donne che già non avessero coperto il capo, indos-
rio, un testo che si può considerare ottimamente fa- savano il copricapo prescelto. Le hostess lo avevano
cente parte della letteratura documentale. L’autrice, come parte integrante della divisa e non se ne erano
fu una brillante docente dell’Università di Teheran mai private durante il volo. Mi ero informata su come
sino all’instaurazione del regime degli ayatollah di avrei dovuto regolarmi nell’abbigliamento, nei modi
cui lei stessa era stata fautrice per riceverne in breve di fare e mi pareva tutto molto facile e all’inizio quasi
tempo una dolorosa disillusione. Compagni, amici, divertente. Capo coperto, soprabito lungo almeno al
parenti vessati, scomparsi, torturati ed arrestati e il ginocchio, mai dare la mano agli uomini nel salutare,
suo corpo di giorno in giorno costretto a scomparire evitare il contatto fisico.
sotto veli, mantelli. Unica sopravvivenza un perio-
dico, clandestino ritrovarsi di donne che parlano di “Io dissi che la mia integrità di insegnante e di don-
letteratura. na era compromessa dall’imposizione ricattatoria
“Dalla mia poltrona le montagne non si ve- del velo, in cambio di qualche migliaio di tuman di
devano, però le loro cime, incappucciate di neve an- stipendio. Il problema non era il velo in quanto tale,
che d’estate, e gli alberi che cambiavano colore con ma la libertà di scelta. Mia nonna si era rifiutata di
le stagioni si riflettevano nello specchio ovale appe- uscire di casa per tre mesi, quando altre leggi l’ave-
so alla parete di fronte- un bel pezzo antico trovato vano costretta a toglierselo. Io sarei stata altrettan-
da mio padre. Grazie a quella prospettiva indiretta to tenace nel mio rifiuto di portarlo. Non sapevo che
riuscivo ancora meglio a convincermi che il rumore di lì a poco quel rifiuto avrebbe potuto costarmi il
non veniva dalla strada, ma da un posto lontano, carcere, la fustigazione o addirittura la vita.[…].
e il continuo brusio restava l’unico legame con quel Adesso che non potevo più pensare a me come un’in-
mondo che, almeno per qualche ora potevamo rifiu- segnante, a una scrittrice, che non potevo indossare
tare”.  quello che volevo, o camminare per strada al mio
passo, gridare se mi andava di farlo o dare una pac-
Teheran è collocata a sud dei ca sulla spalla a un collega maschio, adesso che tutto
monti Alborz, ma curiosamente io ricevevo l’impres- era diventato illegale, mi sentivo evanescente, arti-
sione di essere circondata da una catena montuosa, ficiale, un personaggio immaginario scaturito dalla
forse per l’effetto dell’imponente monte Damavand, e matita di un disegnatore che una gomma qualsiasi
camminando mi figuravo d’essere al centro di una co- sarebbe bastata a cancellare.”
rona e di camminare sul capo di chi la porta. La luce
di cui è soffusa la città è incantevole, morbida e falba, Non si può immaginare quanto possa essere difficile
mutevole nel corso della giornata e quando varia di cancellare da sé abitudini, autopercezioni. I miei ca-
 Questa, come tutte le successive citazioni in corsivo e pelli liscissimi facevano di sovente scivolare il foulard
virgolettate, sono tratte dal libro di Azar Nafisi Leggere Loita a dal capo; mi accorgevo di creare imbarazzo e allora
Teheran, Adelphi, Milano, 2004.

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con Oretta decidemmo di comperare un mini chador, Sono arrivata in Iran durante il Ramadan, il che
soprattutto in vista dell’incontro che avremmo dovu- vuol dire che non si può mangiare o bere per stra-
to tenere in Università. Lo volevo colorato, lo cercai da sino al tramonto, ma, come prescrive il Corano,
con Pouran ma fu impossibile trovarne che non fos- chi è in viaggio è giustificato nella deroga al precetto.
sero neri o marrone. Ne scovai uno carta da zucche- Questo vuol dire che negli alberghi si può mangia-
ro e, imparati i gesti, divenne comodo e soprattutto re secondo le proprie esigenze e si possono ospitare
tranquillizzante accessorio. Il viaggio si è svolto dal anche amici musulmani. Non ho quindi assaggiato i
25 al 31 ottobre dello scorso anno. Faceva ancora ab- dolci che vedevo nelle vetrine di alcuni negozi, non
bastanza caldo e il capo coperto, il soprabito di lana ho bevuto i succhi di melograno amaranto che face-
costruivano intorno al mio corpo una sorta di impal- vano mostra da negozi ornati di frutta né assaggiato
catura che mi intorpidiva la presenza in pubblico. I il pane appena sfornato. Nelle ore in cui avrei potuto
miei sentimenti oscillavano tra desiderio di rispet- acquistarli si rispettava il digiuno, in quelle in cui il
tare le altrui consuetudini e il rifiuto di adeguarmi a digiuno era sospeso, io e i miei compagni di viaggio
qualcosa del tutto estranea a me. La mia amica an- avevamo già mangiato in qualche ristorante. Ma il
tropologa Vanna, mi scriveva per posta elettronica dispiacere non era quello di una golosità soffocata,
che non dovevo sentirmi in colpa se non riuscivo ad no…mangiare per strada, comperare dove facevano
accettare completamente certe regole, mi spiegava acquisti gli iraniani, mi sembrava che sarebbe servito
che ci sono reazioni sedimentate nella memoria an- a mischiarmi un poco, a confondermi, a com-prende-
che organica che hanno a che fare con i vissuti cultu- re qualcosa - che la mente non riusciva a contenere-
rali a cui si appartiene. Il mio amico Ennio, nel corso attraverso il corpo. Questo mio corpo amico e sen-
di una conversazione mi aveva detto che non riuscia- ziente all’esperienza che a volte capisce la vita prima
mo ad immaginare quanto possano sentirsi a disa- di ogni mia cognizione.
gio coloro che dai paesi musulmani arrivano da noi «Insomma,» proseguì «bisogna proprio che lei venga
e devono rinunciare alle proprie abitudini… pensavo a insegnare da noi, nell’ultima università veramen-
a questi due punti di vista diversi e intanto osservavo te liberale rimasta in tutto l’Iran, l’unica che ancora
i volti delle ragazze, dei giovani. Le donne iraniane ospita alcune delle menti migliori del paese. Il diret-
sono molto belle negli ovali del volto, colori e taglio tore del dipartimento le piacerà, non è un letterato
degli occhi. Difficilmente ne incontri lo sguardo, ma ma è uno studioso serio.[…] Un brav’uomo …Vedrà
colpisce il loro portamento elegante anche quando che le cose adesso sono cambiate» insistette.«Sanno
sono completamente avvolte nei lunghi chador. Nei quanto vale un buon insegnante».
centri commerciali si incontravano frotte di giovani, Credo di aver conosciuto una buona insegnante al-
delle ragazze mi impressionava a volte un trucco del l’università di Teheran, Nadia Moaveni, una italiani-
viso eccessivo, fin troppo evidente e stridenti meches sta, che molto si era adoprata per organizzare la pre-
bionde sui bellissimi capelli neri. Nei negozi vedevo sentazione di Sotto la pioggia scrosciante, in quanto
vestiti scollati, o appariscenti, ornati di lustrini, che, tradotto dalla sua ex allieva Pouran. Nadia mi appare
mi spiegarono, erano acquistati per le feste in casa. donna solida e dolce, colta e modesta. Animata da
Mi sentivo in colpa per la tristezza che mi provocava amore per la lingua italiana, per l’Italia, per gli stu-
questa spiegazione. Avrei voluto che qualcuna mi di- denti a cui- mi dicono- si dedica con generosità. L’im-
cesse: Sono felice così . Ma non ho potuto porre a nes- patto con l’istituzione ed i suoi membri fu inevitabil-
suna questa domanda in modo tanto diretto. Non ho mente formale, ma proprio in quelle situazioni mi
visto giovani allegri per le strade di Teheran. A volte veniva spontaneo porgere la mano per salutare anche
ho riconosciuto occhi annebbiati e un bisogno di fare agli uomini, come se lì più che mai ci fosse il bisogno
massa come per non lasciare spiragli alla solitudine. di riconoscimento. Qualcuno mi aveva già detto che
Non ho sentito leggerezza. Lunghe vesti di donne ma sembravo una iraniana per i tratti del viso, lì me lo
spesso anche di uomini, svolazzavano nei passi fret- ripeterono in tanti e allora successe una cosa curiosa-
tolosi e tutto quel nero tinteggiava le strade fino quasi un merito della sapienza del soma- cominciai a sen-
a sostituirsi ai corpi e gli sguardi severi degli ayatol- tire che avevo qualcosa in comune con quel popolo,
lah che giungevano dai manifesti spesso giganteschi, con quella terra. Che probabilmente il mio miscuglio
sembravano spingessero anche me ad affrettare inu- di sangue, colori e forme, derivava da quella stirpe
tilmente il passo. Mi spiegavano che è una città enor- per via immemore. E qualcosa finalmente in me si
me, che tutti corrono, che c’è fretta sempre, ma ero sciolse.
pur sempre in una città del vicino Oriente, non a New Nella bacheca della Facoltà di Italiano, molti
York…domande, domande…Tante me ne sono rima- classici, mi pare tanto Verga. Qualche giorno prima
ste in gola… della conferenza, il preside di Facoltà ci ricevette nel
Non vi dirò del canto del muezzin che si leva nel- suo studio. Una vera conversazione persiana, come
l’ora della preghiera né delle luci che verso il crepu- si legge sulle guide di viaggio, la maggiore attenzio-
scolo si accendono nei minareti effondendo l’aria di ne fu rivolta ad Oretta, in quanto poetessa ospite. La
bagliore verde e non perché siano elementi privi di conversazione si svolse prima in inglese e poi in fran-
suggestione, ma proprio perché è facile immaginare cese, poche le domande dirette, grande discrezione,
quanta ne abbiano. Vi racconto lo straniamento, il bi- un simulato distacco da parte dell’interlocutore che
sogno di stare lì e la voglia di andare via. La difficoltà pareva più una cautela, un riguardo. Immagino che
di capire da vicino quanto invece da lontano sembre- sia chi studi una lingua minoritaria come l’italiano
rebbe sufficientemente chiaro. in Iran o il farsi in Italia, sia mosso da un trasporto

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intenso verso un popolo, una cultura, infatti la sera trai un esiguo corteo. Qualche ora dopo in televisione
della conferenza, i tanti giovani erano colti, curiosi, venne mostrata la piazza stracolma di manifestanti.
attenti. Per tutti, prima di iniziare, the accompa- Non ero al posto giusto nel momento giusto.
gnato dai dolci tipici con cui si rompe il digiuno al Tornammo a Teheran; gli aeroporti sono luoghi cal-
tramonto, nel periodo di Ramadan, di nuovo per me dissimi. Nei banchi per l’imbarco uomini e donne
quella sensazione di essere dentro una stanza e non lavorano fianco a fianco. Gli uomini in maniche di
sulla soglia. camicia, le donne con camicia, giacca, capo coperto.
Isfahan o, come dice il suo nome, la metà del mondo. Questa disparità era per me difficile da accettare; il
È stata l’unica nostra deviazione dalla capitale ed è pensiero del caldo patito dalle hostess mi provocava
una delle più belle città che io abbia mai visto. Do- un disagio fisico.
dici i ponti magnifici che accarezzano la sua schiena A pochi metri dall’hotel in cui alloggiavamo, su una
bagnata dal maestoso fiume Zajandehrood. Ecco la parete giganteggiava un manifesto inesistente prima
dolcezza immaginata in una città persiana, le cupole della partenza per Isfahan: una enorme clessidra con-
a mosaici azzurri, blu e verdi delle tre moschee, la teneva nella parte superiore una raffigurazione della
Meidun, maestosa piazza che poco alla volta emerge terra e in quella inferiore c’era Israele. Campeggia-
quale ricordo cinematografico dal film pasoliniano Il va su tutto una scritta: Sionism is out of the world.
fiore delle mille e una notte. E una cordialità diffu- Qualcosa di grave stava per accadere in un equilibrio
sa, una distensione nel parlare, nello stare per strada nei fatti mai stato tale.
che dopo l’impatto con Teheran trovavo balsamico. A «I fatti concreti di cui parliamo non esistono, se non
Isfahan abbiamo avuto un taxista a disposizione per vengono ricreati e ripetuti attraverso le emozioni, i
i tutti i giorni della permanenza, col costo di un per- pensieri, le sensazioni»,
corso lungo in taxi a Milano. Finalmente si parlava La notte della partenza incontrai nella hall dell’alber-
con chi si incontrava nel solito buffo miscuglio di lin- go la bellissima figura di una affermata attrice fran-
gue che viene fuori quando non si ha nemmeno una cese che molto ammiro per bravura e fascino. Era
lingua in comune. Nei pressi della città visitammo il velata, sorridente, quieta. Mi sembrò di andare via
monastero armeno di Julfa, piccola rispettata encla- lasciando qualcosa di me. Un presidio d’affetto tra
ve cristiana. Esso è in buona parte rifatto ma si pre- mondi diversi.
senta con una sua autorevolezza e molti sono i visita-
tori. Mohamed, il nostro chaperon, voleva mostrarci
le cose che più possono colpire l’immaginazione del
turista occidentale con l’idea di un mondo magico e
misterioso come pure ci portava a fare compere da
suoi amici fidati. Un giorno, verso il tramonto, Moha-
med si è offrì di portarci in una fabbrica di tovaglie,
percorremmo una campagna piatta, attraversata
dal fiume, molti venditori improvvisati stendevano
a terra carote, patate, verdure, la gente si accingeva
a fare compere o preparare da mangiare, molte fa-
miglie sostavano e chiacchieravano in riva al fiume,
grossi corvi volavano bassi e gracchianti, l’atmosfera
mi ricordava quella del giorno prima di una festa re-
ligiosa importante nel sud Italia, tutto era lento, di-
steso. Arrivammo in uno spiazzo, da lontano avevo
intravisto delle tende basse tipo igloo e il nostro taxi
si dirigeva proprio in quella direzione, Mohamed ci
fece cenno di scendere…eravamo arrivati. La fabbrica
era l’accampamento di due tintori, due facce d’uomo
che erano sculture umane, c’era una storia adden-
sata nelle rughe, nella pelle di colore stratificato che
mi lasciò senza fiato. Una sorta di testata contro un
tempo fermo come l’acqua rossa nel grande paiolo di
rame a fianco della tenda. La mia guida suggerisce:
“generalmente si chiede il permesso ad un iraniano
di scattargli una foto, questo viene accordato più
che volentieri. La foto risulterà un po’ innaturale, è
ovvio, ma è meglio di niente.”, chiesi il permesso al
tintore di fotografarlo; non aveva voluto vendermi le
sue tovaglie poiché non ancora era finito il processo
di tintura ma non mi rifiutò la foto. Il suo volto è una
delle cose più belle che ho riportato dall’Iran.
Venerdì 28 ottobre: giorno di preghiera e di solida-
rietà con la Palestina, per le strade del centro incon-
 Anna Prouse, Iran, Ulysse Moizzi, Milano,2001.

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Pier Paride Vidari sono presenti degli originali tappeti.
Percorsi dei viali moderni, vedo d’improvviso avvici-
narsi un lungo e luminoso muro color terracotta chia-
ra. Le nostre auto vi si dirigono con decisione, poi
Viaggio in penetrano in una sorta di fenditura fra quelle mura,
ricca d’ombre. Si tratta del quartiere della vecchia cit-
Iran tà carovaniera e per un attimo ho una sensazione di
disagio, che ricaccio subito.
La maggior parte delle case dei quartieri antichi a
Yazd, tuttora abitati, sono costruite in mattoni di fan-
go ed intonaci argillosi, così l’intera città ha il colore
YAZD delle terre, con luminose e calde tonalità. Dei fili pa-
glia, mischiati alle malte e agli intonaci probabilmen-
Nel momento in cui l’aereo si posa sulla pista dell’ae- te per ragioni di coibenza, le rende sfavillanti, immer-
roporto di Yazd, sappiamo che qualcosa di definitivo se nel sole vivido, sotto il cielo terso e blu intenso.
è avvenuto. L’avventura è ormai nel suo pieno e non Saprò poi della passione persiana per la decorazione,
possiamo più sfuggirle; dimenticando, anzi, che le in particolare del desiderio di rendere tutto brillante,
nostre compagne europee avevano dovuto già coprir- usando anche piccoli specchi o appunto degli intona-
si il capo con un foulard e che tutti gli altri - anomali ci particolari.
- accorgimenti sono stati rispettati scrupolosamente A perdita d’occhio nella parte antica di Yazd, sopra
non appena sorvolato lo spazio aereo dell’Iran. Com- le case, si notano i tipici badgir, le torri di ventila-
presi i cambiamenti continui di posto che ho dovuto zione costruite per giovarsi d’ogni minimo soffio di
compiere, credo per consentire ai nuclei familiari di vento, indirizzandolo all’interno degli edifici, molte
stare uniti. volte reso più fresco dall’acqua che scorre nei cana-
Siamo nel cuore dell’Iran, l’antica Persia. Le prime li sotterranei. Questo sistema d’aerazione, molto più
impressioni sono senza sfumature e violente. Un sole salutare ed antico dell’aria condizionata, è indispen-
accecante e un forte vento ci colpiscono, mentre in sabile durante le calde estati. Il sistema è diffuso in
lontananza si scorgono delle montagne azzurrine. Mi altre città, ma a Yazd le torri del vento sono parti-
precipito a proteggermi gli occhi con le lenti affumi- colarmente fitte e caratteristiche della città, tanto da
cate e la testa con un berrettuccio bianco, mentre di gareggiare con i minareti nella linea alta della città.
buon passo vado verso l’edificio dell’aeroporto, sotto I quanat, o canali sotterranei, sono a loro volta dei
un cielo assolutamente privo di nubi. sistemi d’irrigazione vecchi almeno di duemila anni.
M’aspettavo una temperatura più cocente. Probabil- L’acqua v’arriva scendendo da montagne molto alte,
mente in quel momento il termometro segna più di e si conserva molto fresca. In Iran vi sono circa pro-
quaranta gradi, ma il vento e la secchezza dell’aria babilmente più di 50.000 quanat. In città esiste un
cambiano molto il rapporto con le sensazioni del cor- interessante museo dell’acqua che fa capire l’immane
po. fatica necessaria per scavare, i rischi connessi a que-
Conservo ancora negli occhi l’alba lattiginosa e do- sta necessità. Senza contare che l’edificio è uno dei
lente della superba Theran, città smisurata di quasi più belli della città e la guida, che mi condurrà a visi-
sette milioni d’abitanti, che ho vissuto con avidità e tarlo, deliziosa.
con delusione dal terrazzino della camera gentilmen- Infine siamo di fronte ad una costruzione, che è il no-
te messa a disposizione, anche se per poche ore. Ri- stro albergo. All’esterno non s’annuncia come parti-
vedo anche l’altopiano iranico visto dall’aereo, così colarmente appariscente, salvo una piccola piazza e
desertico e marziano, così affascinante. Ora vi siamo la vicinanza d’alcune torri del vento che insistono su
immersi in questo deserto: come ci accoglierà? un grande serbatoio. Dopo un poco d’agitazione per
la registrazione, ci assegnano le stanze. Nel cercare
Sin dall’atterraggio, ho avuto una sottile ed amara la mia ecco che m’appare un ambiente meraviglioso:
sensazione di solitudine, pur viaggiando con compa- una corte rettangolare, contornata da corpi di fabbri-
gni amabili, anch’essi incuriositi dall’immenso paese, ca non molto alti. Nel mezzo si trova una grande va-
così ricco di storie. sca rettangolare riempita da un sottile strato d’acqua.
Con un poco di disordine partiamo con i taxi verso Attorno vi sono piante d’un verde intenso e, nel cielo,
Yazd. Quest’antica città, fondata all’epoca della do- molti uccelli che si fanno sentire a causa del gran si-
minazione sasanide (224-637), è particolarmente lenzio. Vedo una grande sala aperta verso la corte e
interessante anche per l’ambiente naturale che la cir- soprelevata d’un metro abbondante. Agli angoli alcu-
conda. Yazd, con i suoi duecentottantamila abitan- ne scalette scendono nell’ombra, mentre s’intuiscono
ti, sorge al margine di due deserti: a nord il deserto numerosi corridoi e altri anditi. Percorro alcuni cor-
salato del Dasht-e Kavir e a sud quello sabbioso del ridoi silenziosi, ombreggiati e dotati d’alquanta fre-
Dasht-e Lut, ed è costruita a un’altitudine di 1230 scura, ed ecco un’ennesima scaletta dai gradini molto
metri. Fu visitata anche da Marco Polo - una figura ripidi (qui si usano con alzate anche di quaranta o
storica italiana molto nota in Iran - che la descrisse cinquanta centimetri e pedate poco profonde, dun-
come “una città di Persia molto bella e grande”. Sono que faticosi, specie per me), scendo quasi nel buio,
anche famose le sete o le stoffe di seta mista a cotone, con un sentore di muffa sempre più intenso, apro
decorate da bellissimi motivi tradizionali, e ovunque alcuni chiavistelli, spalanco una porta che vorrebbe

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essere antica, e sono in cantina! della città, e risale al XIV secolo. Eretta sulla strut-
Capisco: sempre a causa del caldo vi sono degli am- tura di un edificio anteriore, probabilmente del XII
bienti sotterranei, che catturano in ogni caso luce secolo, che a sua volta era stato ricavato da un antico
dall’alto (ecco perché lA sala aperta superiore è so- tempio del fuoco zoroastriano. Il portale d’ingres-
prelevata: per consentire di ricavare delle finestratu- so, altissimo e interamente rivestito da piastrelle di
re adatte a dar luce in basso) e lasciare gli ambienti maiolica, è fiancheggiato da due minareti di 48 metri
riparati dal calore del sole. Vi sono, infatti, persino e reca un’iscrizione del XV secolo a caratteri “geo-
delle coperte sul letto! Queste costruzioni, probabil- metrici”. Bellissimi sono anche i mosaici all’interno
mente un tempo abitazione dei ricchi mercanti, sono della cupola sulla quale, con le mie ginocchia che ge-
molto ingegnose. Potrei affermare che derivino da mono, ci arrampichiamo. Intanto avanza il tramonto,
costruzioni mediterranee. Mi paiono, infatti, fami- in un panorama meraviglioso, da fiaba, a colori palli-
liari, con quelle corti aperte al cielo, con l’acqua e la di ed insieme contrastanti fra cui domina l’onnipre-
vegetazione nel mezzo e un percorso attorno attorno, sente color terra di Siena. Con il cielo ancora chiaro,
quasi analogo ai nostri chiostri. nel cielo vola una luna che si deposita sui minareti
Il cammino nel quartiere, ricco di dislivelli, che con- e sulle torri del vento. Camminiamo fra le rotondità
duce alla Facoltà d’Arte e Architettura di Yazd, sorta delle cupole, impariamo a conoscerci anche fra noi
nel 1989-1990, ci riempie di curiosità nel vedere le europei. L’ora della preghiera ci costringe a scendere,
case assolate e silenti, alcune in rovina, i bazar piccoli controvoglia.
e grandi, alcuni negozietti polverosi che ci sembrano Dopo una sosta nella grande corte antistante la sala
senza tempo o relativi a mestieri dimenticati. Infine di preghiera, andiamo a visitare uno dei pozzi d’ispe-
giungiamo alla sede, la Casa Rausulian, una delle ric- zione del quanta della moschea, uno dei meglio con-
che e rappresentative case tradizionali. La struttura è servati. Sprofondiamo sottoterra, con i soliti gradini
simile all’architettura dell’albergo (impareremo che difficoltosi ed altissimi e qui, alla luce incerta delle
molte cose in Iran sono ripetitive), con le corti prov- lampade, vediamo l’acqua. Corre abbastanza veloce
viste della vasca centrale e alcuni alberi. L’aula che mi e sembra purissima, anzi scorgo a nuotarvi un minu-
è destinata è esposta al sole: un ambiente che doveva scolo e pallido abitante.
essere aperto sulla corte, ma poi diviso dall’esterno
da serramenti in legno e vetri colorati. LE SALE DA TÈ
L’accordo è di mischiare tutti: docenti e studenti,
iraniani ed europei, ed anche gli europei fra loro. In- Alternativamente ceniamo presso l’albergo oppure
contro anche un ingegnere strutturista alto, magro e presso le numerose sale da tè, che la sera funzionano
silenzioso, quasi timido e che apparentemente parla da ristoranti. Anche le sale hanno la stessa struttura
solo il farsi e mi dirà d’essere originario del deserto. di tutti i grandi palazzi: un’ampia corte rettangolare
Inoltre c’è un gentilissimo giovane addetto a tradur- con una vasca al centro. A volte sono però coperti,
re e ad aiutare. Le studentesse iraniane sono giovani, anche da una sola tenda, come la più antica e affasci-
numerose, agguerrite, e coperte dalla testa ai piedi nante, con lussuose salette lungo i lati e la torre del
con lunghe vesti nere così da parere delle suore. Sot- vento. Le decorazioni lasciano leggere un lussuoso
to le vesti tradizionali, però, s’intravedono i jeans. Mi passato, l’atmosfera è molto calda e cordiale.Quando
domando come facciano, le poverine: con quelle vesti la sera siamo invece in albergo, viviamo intensamen-
e il caldo terribile devono anche disegnare! Con gesti te e ritualmente una nostra versione di cerimonia del
eleganti portano a volte un lembo della veste a co- tè, e fumando a volte le pipe ad acqua. Una sera parlo
prire la bocca, oppure alzano appena le maniche per del paradiso con un giovane ed intelligente ingegne-
lavorare… e ascoltano avidamente, più degli uomini. re iraniano, e mi conferma che il concetto di recinto,
Alcune non sanno l’inglese, però presto c’intendiamo all’origine della parola, è nato proprio nell’antica Per-
a meraviglia con i gesti, con il disegno, con gli occhi sia. Queste conversazioni mi isolano dal numeroso e
avidi di sapere. allegro gruppo degli italiani, anche se non continua-
Ci portano poi a vedere l’edificio da riprogettare. tivamente.
Questo è un fabbricato simile all’albergo, con la corte
interna con la solita la vasca centrale, e giace com-
pletamente in rovina, sprofondato sotto alcuni metri LE TORRI DEL SILENZIO
rispetto al piano stradale. Lavoriamo sotto il sole, con
la temperatura di circa quaranta e più gradi mentre Usciti dalla città di Yazd, ci avviciniamo a due solita-
attorno vi sono solo mucchi di terra ed escrementi. rie e brulle colline. In cima ad esse due massicce torri
Ammiro ancora le studentesse, coperte completa- di grandi dimensioni s’alzano verso il cielo: qui erano
mente della vesti nere, hanno le fronti appena im- depositati i cadaveri, perché gli uccelli li divorassero,
perlate di sudore, e sono silenziose, sorridenti. Che conducendoli in alto nel cielo.
penseranno? Lo zoroastrismo, cioè i seguaci di Zoroastro (Zarto-
sht o Zarathustra, forse d’origine afgana, i fedeli si
LA MOSCHEA tramandano che Zoroastro fosse nato in Takht-e So-
leyman nella parte occidentale dell’Azarbaijan, 3.600
Un collega dell’Università e storico dell’arte islamica anni prima di Cristo,). Fu una religione antica, già
ci illustra la superba moschea di Masjed-e Jamé. Sor- presente intorno al 550 a.C., e dominante tutto l’alto-
ge imponente al termine di una piccola via al centro piano iranico, da qui influenzò anche altre regioni. Fu

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anche una delle prime ad essere monoteista, con un IL CARAVANSERRAGLIO DI KHORANAGH
dio (Ahura Mazda) della vita, simbolicamente rap-
presentato dal fuoco eterno, dal sole e dall’acqua, con Il pullman corre nel deserto, diritto per chilometri.
un libro sacro: l’Alvesta. La conquista araba e dun- All’improvviso si ferma, come altri veicoli. Una sosta
que musulmana la cancellò quasi completamente. Vi- presso una casermetta della polizia che sorge isolata,
cino a Yazd ci sono ancora alcune migliaia di fedeli e i nel nulla. Un controllo dei documenti degli autisti, ci
loro costumi, benché in parte islamizzati, hanno delle dicono.
differenze. Per esempio le donne portano un tipico La tappa successiva avviene al caravanserraglio di
fazzoletto sulla testa senza essere coperte da capo ai Khoranagh, restaurato alla perfezione. Ci accolgono
piedi. dei vasti e luminosi ambienti ricchi di magnificenza.
Ci arrampichiamo lentamente, e parlando sempre La corte centrale, con la sua vasca, è della grandez-
za di una delle nostre piazze, ed è circondata da altri
meno fra di noi, finché m’imbatto contro un massic-
ambienti; molti sono coperti da cupole. Le murature
cio muraglione in pietra, con pochi appigli. L’antica
sono in mattoni e anche all’interno vi sono delle va-
costruzione è enorme, massiccia, incombente: mi re-
sche, però asciutte. In una di queste vaste sale ci rifo-
spinge mentre la luce sta scemando. cilliamo con formaggio di capra, l’onnipresente pane
Non voglio rinunciare alla salita: l’ultima è la più a focaccia iraniano, del melone rinfrescante, tè, dolci
difficile. Di più: mi sono sempre vantato d’essere un vari, pistacchi e datteri e altra frutta. In un’altra sala
buon arrampicatore, però me la vedo brutta. I miei vedo un fenomeno di luce: il sole pare bucare i muri
arti sono vecchi e le ginocchia, da quando sono qui di mattoni, crea pozze accecanti. Della magia pare
nel deserto, mi dolgono fortemente, denunciando provenire dalle vecchie mura, da antichi racconti, co-
l’età e le difficoltà a salire e scendere gli altissimi m’era, veramente, quella vita?
gradini degli edifici iraniani. Infine provo, m’arram- Pochi momenti prima, avevo notato un tramestio al-
pico verso l’unica, piccola apertura che vedo e nella l’ingresso del complesso. Un motoretta era arrivata
la quale sono passati (quasi) tutti. D’improvviso un al cancello del caravanserraglio. Ne erano scesi due
braccio sottile compare dal foro. Ho fiducia. Qualcu- giovani uomini barbuti dei quali uno in uniforme, e
no m’afferra, mi alza ed entro quasi a volo. È il solito avevano apostrofato una nostra compagna di viag-
gentilissimo e sconosciuto iraniano che mi ha aiuta- gio, almeno così mi pareva, anche se dall’abbiglia-
to. Lo ringrazio come posso. mento della donna non ne potevo essere certo. Che
Dopo alcuni generici percorsi sulla piattaforma ro- cosa significava la manovra? Chi erano? Avevo anche
tonda - assorbendo il panorama - mi sorprendo a visto passare nelle mani dei due un passaporto che
guardare soprattutto verso occidente e poi, con sfor- mi era parso europeo. Perché? Dopo un po’ di tempo
zo, verso nord. Velocemente le Torri del Silenzio di essi erano ripartiti e la donna rientrata nel gruppo.
Yazd m’avvolgono nel loro manto misterioso. Nessuno pareva aver notato l’accaduto, avevo forse
Mi siedo allora sugli spalti, le spalle rivolte al nord sognato?
(cosa per me inconsueta), e seguo il mio orientamen- Non distante, si trova anche un villaggio in rovina,
to rituale, mentre la maestosa notte asiatica avanza già fortezza a guardia delle carovane, situato su una
nera e profonda. In solitudine cerco di operare un piccola collina a circa 85 chilometri da Yazd. Alcune
profondo rilassamento, attuare il silenzio interiore, sue parti pare che siano state abitate per 4000 anni,
lasciarmi andare… oggi vi vive solo una vecchia donna, assolutamente
sola, nel deserto, eppure ha a disposizione una for-
Pochi istanti, ma bastano per “sentire” la grande pro-
tezza. La vediamo seduta e sorridente ad una delle
fondità di questo luogo sacro, dove i fedeli di Zaratu-
possibili porte d’accesso al villaggio.
stra ponevano ancora - sino a quaranta o cinquanta Nonostante i ripetuti divieti non riesco a trattener-
anni fa - i loro defunti, seduti, perché fossero sbranati mi dall’intrufolarmi per conto mio per il labirinto di
dagli uccelli – messaggeri per il cielo – mentre dei vicoli e anditi, dove non si distinguono gli spazi pri-
sacerdoti osservavano quale degli occhi del defunto vati e gli slarghi pubblici, tutto è costruito con pietre,
era beccato per primo: se era il destro l’anima sareb- mattoni e terre con la solita luminosa paglia. Tutto
be stata premiata, se invece era divorato il sinistro, è in rovina, crolla, si disfa, la terra torna alla terra.
la sorte era sfavorevole e la perdizione sarebbe stata Trovo qualche stanza con cantina, un albero in una
eterna. piazzetta, viottoli a non finire.
Il cielo si fa sempre più oscuro e la mia mente si con- Su tutto s’innalza una torre d’avvistamento – ma po-
centra. La percezione è più acuta. Resto immobile per trebbe essere un minareto. Nel villaggio io percorro
qualche istante e proprio mentre avverto un senso di un mio itinerario, finché raggiungo gli altri: in alto
leggera paura, sento una figura che s’avvicina. For- sull’agglomerato di case, visitiamo delle piccole sale
se un segnale perché non devo osare troppo. La mia che hanno una diversa finitura, dei lussi imprevisti e,
compagna di viaggio mi rivolge qualche parola. Il cie- fra questi, una frescura invidiabile causata dal vento
lo ormai nero e profondo ritorna a volare in alto: non del deserto e dalla perizia dei costruttori. Dalle due
sono più solo. finestre si domina tutto l’intorno, infatti, era l’abita-
Al ritorno, mentre sono sempre aiutato stavolta a zione del governatore. Si vede anche la ragione di tut-
scendere, ormai è notte e solo verso occidente, cioè te quelle costruzioni: sotto c’è anche una piccola valle
verso casa, il cielo è più chiaro. con un acquedotto, dei campi.
Resto affascinato nel ricostruire la vita di quella gen-

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te, di quell’uomo, probabilmente odiato come tutti che la cittadina montana di Taft (il suo clima è mode-
i funzionari. Penso dunque alla sua segregazione, al rato e il principale prodotto agricolo di questa zona è
cielo vasto ed incolmabile sopra di lui. Penso alle mie un tipo di melograno dalle dimensioni gigantesche) e
solitudini, come in una piovosa domenica a Montreal, il villaggio di Dehebala. Continuiamo il viaggio, e mi
o quel treno in Giappone dove nessuno mi rivolgeva rendo conto che il percorso porta ad un’altezza note-
la parola per la grande educazione dei viaggiatori. vole: abbiamo ormai abbandonato il deserto: a circa
Oppure la bufera che scendeva rapida dal Mac Kinley tremila metri d’altezza, attorniati da una ricca vege-
Mount mentre, da solo e d’inverno, passeggiavo ad tazione, per poi scendere a visitare Meybod, uno dei
Anchorage in Alaska. Le tante solitudini che ho pro- primi insediamenti urbani Iraniani, con la sua straor-
vato, e che provo. Esse non sono nulla rispetto a que- dinaria torre degli uccelli.
sta unica stanza nel deserto, abbarbicata ad un villag-
gio che sta scomparendo, tornando polvere. Mi trovo SHIRAZ E PERSEPOLI
a pensare al quel suo antico abitante, reso ancor più
solo dall’odio dei contadini e forse invece temuto o Siamo come fuggiti da Yazd e dalle innumerevoli
apprezzato dai carovanieri. Avrà guardato da lassù gentilezze che ci hanno elargite i sui abitanti. Ormai
giorni sempre uguali susseguirsi alle notti immense siamo in viaggio verso Shiraz su un autobus Volvo
del deserto. Avrà cercato di ostinarsi, sulla sua soli- (che sta a dire dotato d’un certo lusso). Dopo alcune
tudine disperata, creando barriere di potere e d’al- ore di viaggio compare un fiume, l’acqua, il verde dei
terigia, avrà avuto alcuni libri –che rendono diversa campi. Come puoi costruire un impero senza il lavoro
la solitudine- oppure neppure quelli? Una biblioteca dei contadini? Arriviamo alla fine a Shiraz, una città
non ti lascia mai completamente solo, ma occorre ab- di poeti e che fu la capitale dell’Iran medioevale. É
bandonarsi ad essa. Avrà avuto, al contrario, un solo il capoluogo della regione di Fars (che sta per Per-
libro: potrebbe essere stato il Corano, uno dei libri siano: l’antico nome dell’Iran, Persia, deriva appunto
che portano all’assoluto? Che altro avrà avuto, dando da Fars, o Pars etimologicamente deriva dalla parola
per scontato che la felicità era già stata perduta? Aryan o Ariano, probabilmente ad indicare le origi-
Devo fuggire da quella stanza, da quella tenace for- ni Indo - Europee di quelle antiche popolazioni. La
ma. Percorro con passo incerto lo stretto sentiero del città è a 1600 metri di altezza sul livello del mare e
ritorno, scivolo, cado, mi vergogno, ritrovo i compa- l’abitato storico è dominato dal castello o cittadella di
gni, sono di nuovo io e la solitudine è solo la mia. Karim Khan, sotto le cui mura è dolce abbandonarsi
Visitiamo un dosso della valle, con una vena d’acqua alla notte profumata, abitudine che facciamo nostra
che l’irriga, ai lati si trovano melograni che sembrano rapidamente e con naturalezza. Troppe le costruzioni
fare esplodere i loro rossi nel verde intenso, con loro e gli ambienti da ricordare: il giardino del paradiso,
si trovano anche i pistacchi. In lontananza delle mon- con i suoi fitti cipressi ed un affascinante palazzo ca-
tagne dalle pareti nere. giaro del XIX secolo, la tomba di Sa’adi e Hafez, il
santuario di Shah e Cheragh, con il suo sfavillio di
LA REGIONE DEI TEMPLI DI ZARATUSTRA mosaici di specchi, il bazar delle spezie e del rame
ed Argh-e-Karimhlan, tra roseti, giardini di aranci e
L’autobus ha ripreso a correrere a rotta di collo fra le viali alberati, un tempo anche produttrice d’ottimo e
montagne più aride che io abbia mai visto. Dopo al- famoso vino …
cun tempo, un’enorme nube di polvere penetra all’in- Andiamo a visitare Persepoli (Takht-e- Jamshid o
terno e siamo costretti a rallentare. Infine giriamo, trono di Jamshid) a pochi chilometri da Shiraz, l’al-
sempre nel nulla, e affrontando grandi pianori de- topiano che fu sede del regno degli Achemenidi e dei
serti e valli spoglie che sembrano interminabili. Sia- Sasanidi. Il palazzo fu cominciato ai tempi di Dario il
mo nel deserto del Chak Chak. Sopra un’aspra e alta grande nel 518 d.C. In quel periodo l’impero persiano
montagna, a settantadue chilometri a nord-ovest da raggiunse la maggiore estensione, e furono chiama-
Yazd, incastonato lassù, c’è il tempio zaratustriano di ti artisti da ogni regione per porre in risalto la sua
Chak Chak o Tschkscheku. Questo è un luogo di pel- grandezza. Persepoli fu quindi il simbolo del potere
legrinaggi, è il tempio del fuoco e della vita, inserito espresso dal lusso più sfarzoso. Da Dario a Serse,
nelle rocce sulla sommità della montagna dalla qua- l’abilità d’artisti ed artigiani fece qui la sintesi delle
le scende dell’acqua: chak chak è appunto il rumore architetture delle principali culture antiche, l’Egitto,
delle gocce. Con enorme fatica m’arrampico lungo la Grecia, il Medio Oriente. L’altra grande dinastia fu
i gradini spossanti e per circa un’ora d’ascensione. quella Sasanide (226-640 d.C.) avversaria di Roma e
Sono molto emozionato mentre osservo, ed assimi- poi di Bisanzio, ma che alla fine dovette soccombere
lo ciò che vedo: il fuoco sacro al centro, un candela- alla conquista araba.
bro simile a quello ebraico come sfondo, l’acqua che Sotto un sole implacabile e un cielo cobalto, attraver-
scende dall’alto della parete di roccia e bagna i nostri so l’affascinante e monumentale porta delle nazioni,
piedi, privi naturalmente delle scarpe. incorniciata dalla mole dei due leoni a testa umana,
Un altro viaggio. Visitiamo la regione abitata dai fe- raggiungiamo i vari quartieri della città ed i numerosi
deli allo zoroastrismo. Anche la visita all’Ateshkadeh padiglioni del palazzo. Fra questi spicca l’Apadanna o
(eterno fuoco sacro) è ricca d’emozioni: il fuoco, ci di- sala delle Udienze. La sala reale e le stanze al nord del
cono, arde interrottamente dal 478 d. C. e si può scor- palazzo delle 100 colonne mi affascinano particolar-
gere da una piccola finestra, la fiamma alimentata da mente e non vi sono parole adatte a descrivere ciò che
legno secco di mandorlo e d’albicocco. Visitiamo an- provo. Cerco le tracce, senza riuscirvi, dell’incendio

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macedone. malinconiche. Cadono dai parapetti e crollano sulla
Molto vicina a Persepoli è un sito archeologico ache- passeggiata lungofiume, più in basso.Mentre m’in-
menide e sasanide Naqch-e-Rustam: una necropo- canto, immerso in quella notte asiatica e fascinosa,
li con quattro tombe rupestri dei più importanti re parlo un poco con i compagni. Arrivato però ad un
achemeni, Dario 1° e 2°, Serse e Arteserse. Sono po- capo del ponte che abbiamo attraversato, m’accorgo
ste in posizione più elevata del livello del terreno ed che gli amici - per una ragione misteriosa - sono asso-
esternamente sono decorate da imponenti rilievi. A lutamente scomparsi, volatizzati. Per un poco penso
livello terra si trovano invece otto rilievi d’epoca sa- che fare, come raggiungere l’albergo, come ritrovare
sanide, due altari sacrificali e il tempio del fuoco. Le il loro tragitto. Sono solo assolutamente, non so la
abbiamo raggiunte con dei taxi i cui conducenti si lingua, non ricordo il nome dell’albergo, non so più
rivelano colti e… nazionalisti, inneggiando allegra- nulla. Passa un tempo straordinario: senza angoscia.
mente ai loro antichi imperatori, sepolti laggiù, e che Altrettanto improvvisamente li rivedo, ancora là, a
batterono in battaglia i nostri romani. metà del ponte stesso. Forse il tempo non era tra-
scorso.
ISFAHAN Sull’altra riva andiamo rimontando lungo il fiume, e
scorgo alcune ingenue esposizioni. Esse raccontano
La città persiana più ricca di monumenti islamici e con immagini, a volte agghiaccianti, la terribile guer-
più elegante è Isfahan: lo Zayandè Rud Isfahan. ra contro l’Iraq di Saddam Hussein, con i milioni di
Data la sua posizione strategica, per molto tempo è poveretti mandati a morire in modo atroce nel deser-
stata un importante centro commerciale, ma il suo to.
massimo splendore lo conobbe durante il regno dello Da questi soldati è nata una nuova generazione, quel-
scià Abbas I (1578-1629). Cacciati dal Paese i Turchi la dei reduci, dei Basiji.
Ottomani, Abbas il Grande, della dinastia dei Safavi- Oggi, con il presidente Mahmud Ahmadinejad, l’Iran
di, salì al potere nel 1578 con il proposito di raffor- è avviato ad un ennesimo cambiamento. La genera-
zare l’unità nazionale e decise che Isfahan sarebbe zione dei Basiji è arrivata al potere. Inoltre è il primo
diventata una grande e bellissima città. I monumenti presidente “laico” dopo la rivoluzione khomeinista.
che furono innalzati sotto la sua guida sono tra i più Infine non credo che ciò porterà attualmente a cam-
splendidi esempi d’architettura islamica mai costrui- biamenti radicali: l’Iran resterà uno stato teocratico
ti. La via principale, che attraversa la parte più im- e fondamentalista, almeno sino alla prossima rivolu-
portante della città da nord a sud, è il Kheyabun-e zione.
Chahar Bagh (quattro giardini). La maggior parte Continuiamo il cammino cercando il quartiere ar-
dei monumenti e degli alberghi di Isfahan si trova meno, quando, d’improvviso, un grido italianissi-
nella zona adiacente alla Chahar Bagh ed è piacevo- mo: t’uccido! La nostra compagna è stata “toccata”
le passeggiare lungo il viale ombreggiato. Al centro pesantemente, noi non abbiamo visto nulla, i ragazzi
della città, oggi come in passato, si apre la splendida colpevoli sono scomparsi nella notte. I ponti si sus-
Meidun-e Emam, chiamata a volte anche Meidun-e seguono.
Naghsh-e Jahan, realizzata nel 1612. Questo enor- A metà d’uno dei questi ponti, di sera, c’accomodia-
me spazio aperto, con i suoi 500 metri di lunghezza mo in una stupenda e piccola sala da tè, densa di luci,
e 160 di larghezza, è una delle piazze più grandi del d’oggetti preziosi, di fumi dei narghilè che il vento del
mondo e rappresenta un maestoso esempio di urba- fiume ripulisce ogni tanto. Il ricordo della mia città
nistica, coronata da colonnati ed archi, dai minareti natale è un gioco facile, con il suo vecchio ponte.
e dalle cupole azzurre delle moschee. Intorno ad essa
si concentrano molti tra i più preziosi monumenti. Le rose di Isfahan: Red rose
Per esempio il Palazzo Reale Kakh-e Ali Ghapu con
una splendida loggia dal cui padiglione lo scià e i suoi The rose had flushed red, the but has burst,
ospiti erano soliti seguire le parate e le altre mani- And drunk with joy is the nightingale-
festazioni che si svolgevano nella piazza. Molti degli Hail, Sufis! Lovers of wine, all hail!
affreschi e mosaici che decoravano gli ambienti in- For wine is proclamed to a world athirst.
terni sono rovinati. Al suo interno è splendida la sala Like a rock your repetance seemed to you;
della musica, con preziose decorazioni ed un’ottima Behold the marvel! Of what avail
acustica. All’ultimo piano è possibile ammirare i par- Was your rock, for a goblet has cleft it in two!
ticolari soffitti traforati, intagliati con le forme degli
strumenti musicali, opera che probabilmente non ha (da una poesia di Shams al-Din Hafez di Shiraz, poe-
eguali. ta sommo della forma persiana Ghazal, simile alle
Nell’avvicinarci ai ponti del fiume Zayandè, ho una nostre liriche).
prima sensazione di delusione. Poi… che sciocco!
Come potevo pretendere di giudicare i gioielli dallo Questa è l’ultima città prima del ritorno a Theran e
scrigno? poi all’Italia.
Se Isfhan è magia di giorno, figuriamoci la sera. La I ritorni sono sempre troppo rapidi e da un lato le
corrente nera del fiume si inoltra sotto i ponti, famosi ore paiono non passare mai nell’attesa dell’aereo,
quelli di Sio-Se Pol e Khajou dalla magnifica archi- dall’altro possono anche correre veloci. Theran nella
tettura, ricevendone luci, ombre e leggere cascate notte fugge ai lati del primo taxi “ufficiale”, con radio
d’acqua a pioggia, gocciolanti o scroscianti, allegre o e accessorii. L’immensa solitudine del deserto sta sci-

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volando ormai nel deposito dei ricordi e delle emo- la sua banlieu
zioni trasformate in ricordi. Le solitudini del deserto A Cologno Monzese negli ultimi mesi l’Amministra-
si trasformano e si congiungono alle mie solitudini zione sta approvando diversi piani urbanistici che
dell’essere. Ho dimenticato già molto: non dimenti- modificheranno zone importanti della città. Come
cherò la solitudine. in altre città italiane gli amministratori (di sinistra)
sostengono che si tratta di progetti importanti che
bisogna approvare per garantire risorse al bilancio
comunale (si incassano gli oneri d’urbanizzazione),
per riqualificare le periferie (Cologno pur essendo
hinterland e, quindi, periferia per definizione, ha le
sue banlieuses) e per ottenere (grazie alle convenzio-
ni con i costruttori) un po’ di alloggi da affittare agli
sfrattati.
Un’altra motivazione è che ormai la legislazione ur-
banistica in Lombardia più che nelle altre regioni, è
stata fortemente cambiata dal governatore Formigo-
ni tanto che la deregulation, ossia l’eliminazione dei
“lacci e lacciuoli” che ostacolerebbero la possibilità di
costruire, è la nuova regola. Di conseguenza, prima
che le cose peggiorino ancora (con la nuova legge re-
gionale approvata quest’anno i Piani Regolatori van-
no in soffitta e saranno sostituiti entro 3-4 anni dai
Piani per il Governo del Territorio) è meglio fare in
fretta, approvando progetti che tra un po’ di tempo
potrebbero essere ancora più permissivi e favorevoli
ai costruttori.
Antonio Tagliaferri
L’urbanistica al centro della lotta politica:
come gli interessi economici condizionano
Urbanistica l’amministrazione pubblica
Cologno ha un Piano Regolatore approvato nel 1998
di periferia? (allora io ero assessore all’urbanistica). Il Piano è sta-
to lo sbocco di una stagione politica che voleva porre
un freno al consumo di aree verdi, creare due grandi
Il rapporto luoghi/non luoghi si può affron- parchi metropolitani per tutelare le ultime aree agri-
tare parlando degli spazi in cui viviamo, del cole e dotare una città, cresciuta caoticamente negli
rapporto costruito/non costruito e della so- anni 60, di spazi e servizi pubblici. Proprio per non
stenibilità dello sviluppo delle nostre città consumare nuovi spazi si era puntato tutto sul riuso
delle aree dismesse da riqualificare.
L’urbanistica e l’attività edilizia sono materie che il Uno dei principi fondanti del Piano era proprio quello
cittadino spesso considera “ostiche”, da lasciare alla del rapporto tra volumi edificabili e quantità di aree
politica e ai tecnici anche perché ad esse vengono as- per servizi pubblici da cedere all’amministrazione
sociati talvolta affari poco trasparenti, speculazioni, quando si costruisce nei cosiddetti “comparti d’inter-
vicende giudiziarie. vento strategico”.
Scrivere di questi argomenti su una rivista come Poli-
scritture fa sorgere qualche incertezza. Non tanto per Una battaglia politica dentro la sinistra
l’argomento in sé, dal momento che ci siamo detti più
Il PRG ha fissato delle quantità ben precise che garan-
volte di voler affrontare a 360 gradi i nodi della so-
tiscono ampi vantaggi economici per gli operatori. I
cietà in cui viviamo, quanto per la prospettiva da cui
volumi sono stati calcolati valutando attentamente il
descrivere ciò che accade a Cologno Monzese che non
rapporto costi/benefici per i costruttori e definendo
credo sia molto diverso da quanto avviene in altre cit-
un rapporto preciso tra volumi edificabili e quantità
tà italiane.
di aree per servizi pubblici.
Eppure quale argomento migliore per affrontare, in
L’attuazione del Piano regolatore è stato il principale
concreto, il rapporto luoghi/non luoghi parlando de-
motivo di scontro che ha portato nel 2001 alla spac-
gli spazi in cui viviamo, del rapporto costruito/non
catura nel centro-sinistra (DS, Rifondazione, PdCI) e
costruito e della sostenibilità dello sviluppo delle
il Sindaco Milan (in rotta con il suo partito, il Partito
nostre città. Cercando risposte ad una domanda che
Popolare) che insieme ai Verdi (che a Cologno sono
molti amici e compagni mi hanno fatto più volte:
quasi tutti ex PSI) e allo SDI diede vita a una giunta
«Ma le nostre città devono ancora crescere e svilup-
con Forza Italia proprio per rendere più “flessibile” la
parsi?».
politica urbanistica. Il PRG veniva considerato trop-
La storia urbanistica di Cologno Monzese: po “rigido e dirigista”.
per definizione periferia metropolitana con Nel 2002 il Consiglio Comunale approva una varian-
te che cancella i contenuti più importanti del Piano

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Regolatore approvando il “Documento d’Inquadra- mini di servizi) al Comune.
mento”, previsto da una Legge Regionale del 1999. La sostanza politica è tutta qui, nella differenza abis-
Sulla carta, l’obiettivo di questa legge è quello di per- sale tra una sinistra che quando amministra accetta
seguire un generale miglioramento della qualità ur- passivamente le nuove regole urbanistiche fatte da
bana e una migliore dotazione dei servizi pubblici. A altri. In realtà bisogna evidenziare che settori consi-
Cologno però, la qualità urbana da raggiungere è am- stenti del centro-sinistra a livello nazionale condivi-
piamente indicata dal PRG. Se ne deduce che l’appli- dono la politica urbanistica avviata dal centrodestra
cazione di questa legge dovrebbe migliorare ancora sostenendo che è finita l’epoca della pianificazione
di più e non peggiorare questa qualità. pubblica del territorio (la legge urbanistica italiana
In realtà quello approvato è stato un falso documento era una delle più avanzate a livello europeo ma è stata
strategico, collocato sopra e a lato del Piano Regola- demolita negli ultimi vent’anni soprattutto nelle parti
tore, non vincolante ma variabile continuamente, è che riguardano il regime dei suoli e l’esproprio per
una foglia di fico che doveva servire ad approvare pubblica utilità) e che occorre lasciare spazio al mer-
qualche Programma Integrato d’Intervento presen- cato e alla libera iniziativa.
tato dai proprietari di aree, anche e soprattutto, in I sindaci di sinistra invece dovrebbero contribuire a
variante al PRG. Con i suoi contenuti generici si è in- creare un movimento che si batta a livello naziona-
trodotta una variante continua fuori dai meccanismi le per cambiare in meglio queste leggi senza subirne
di controllo del PRG. passivamente gli aspetti negativi. Questo fa parte di
Nel 2004 Cologno vota. Il centrosinistra si presen- una battaglia politica che bisogna fare orientando e
ta con due candidati: vince quello sostenuto da DS condizionando le scelte dell’Unione a cominciare dal-
e Margherita; l’altro candidato, sostenuto dal Forum la prossima campagna elettorale.
cittadino (Rifondazione, Comunisti Italiani e tre liste Alcune cose però si possono fare nelle singole città
civiche) perde per pochi voti. La partecipazione attiva e il caso di Cologno può essere assunto come paradi­
dei cittadini alle scelte urbanistiche è una delle prin- gma.
cipali differenze tra i due schieramenti. I piani urbanistici devono riguardare aree dismesse
Invece di revocare subito il Documento approvato e/o da riqualificare e non aree libere. Nel caso di aree
nel 2002 dandosi rapidamente nuove regole per la industriali dismesse devono salvaguardare l’indirizzo
gestione del territorio e la tutela del verde, la giunta produttivo e prevedere l’inserimento di funzioni d’ec-
lascia ai privati il compito di disegnare il territorio e cellenza rispettose dell’ambiente.
il futuro della città rinunciando al diritto-dovere di L’applicazione del cosiddetto “standard qualitativo”
governare il territorio. Si approvano Progetti urbani- (la costruzione di opere quando mancano le aree da
stici presentati dai privati, uno alla volta, utilizzando cedere come spazio pubblico) e della monetizzazione
le regole che due anni prima tutti a sinistra avevano non devono essere generalizzati ma valutati caso per
contestato, con disegni che ribaltano le previsioni del caso in relazione all’effettiva dotazione di aree per
PRG senza avere più un riferimento generale. Questi servizi pubblici nei comparti d’intervento e nei quar-
progetti incrementano di oltre il 10% la capacità tota- tieri circostanti.
le prevista per l’edilizia abitativa. Di questo passo si Il Comune deve considerare prioritarie le proposte
costruirà il doppio di quanto prevede il PRG! che offrono soluzioni al problema dell’emergenza
abitativa (con quote significative di edilizia conven-
L’alternativa è possibile: favorire la sosteni- zionata, accessibile ad anziani, giovani coppie e nu-
bilità ambientale e il diritto alla casa per tutti clei familiari a basso reddito o costituiti da single).
Di fronte alle critiche mosse dal pezzo di centrosini- Le proposte degli operatori dovranno essere coerenti
stra che è all’opposizione il Sindaco DS “mette una con i documenti comunali riguardanti l’inquinamen-
pezza”, facendo approvare un nuovo Documento to acustico ed elettromagnetico e il risparmio ener-
d’inquadramento che elimina gli aspetti più negati- getico. Dimostrata tale coerenza, l’Amministrazione
vi del precedente, ma non modifica l’orientamento potrà concedere incrementi volumetrici a quei pro-
complessivo della politica urbanistica che, come di- getti che incentivano la qualità e la sostenibilità am-
chiarato dal Sindaco, deve fare i conti con un quadro bientale utilizzando le tecniche della bioedilizia, del
generale che è completamente cambiato favorendo i risparmio energetico e la permeabilità del suolo.
privati a discapito delle amministrazioni pubbliche. C’è infatti tutto un ragionamento politico da ripren-
La conseguenza di questo atteggiamento è l’accetta- dere e sviluppare: quello della casa come servizio so-
zione dei piani urbanistici presentati dai singoli co- ciale. Mi rendo conto che questo è un tema conside-
struttori cercando di “massimizzare l’interesse pub- rato oggi, anche a sinistra, quanto meno demodé o
blico” nelle trattative condotte per stipulare le con- “in odore di comunismo”. Eppure bisogna avere il co-
venzioni. Nel concreto quello che si verifica è che i raggio di riprenderlo da un lato per individuare stru-
privati ottengono consistenti incrementi dei volumi menti di politica pubblica (reperire quote di edilizia a
da costruire e in cambio realizzano qualche opera prezzi calmierati/convenzionati per anziani, giovani
pubblica facendo anche degli sconti all’amministra- coppie, ottenere case a canone sociale per studenti,
zione. In questo modo però si premia la rendita di lavoratori precari ecc.) e dall’altro per affrontare i
posizione con il vertiginoso aumento del valore del- temi del disagio sociale (gli spazi di aggregazione, i
le aree edificabili (grazie agli aumenti di volume) e i luoghi per la partecipazione e l’autonomia dalla fami-
profitti dei costruttori che vendono a prezzi sempre glia) che proprio da una diversa organizzazione am-
più alti anche per recuperare quanto offerto (in ter- bientale delle città possono trovare risposte.

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3 Esodi privilegiate e collaborazioniste sadducee o farisee.
Paolo predica fra tre mondi, quello ebraico, quello
greco e quello romano; mondi fittamente intrecciati,
dai confini incerti, dalle forti influenze reciproche.
Viaggia attraverso frontiere trasparenti, dall’Asia
Minore alla Palestina, dalla Grecia all’Italia; è un
Stefano Levi Della Torre ebreo della diaspora ( da Tarso, in Cilicia), è fariseo
e civis romanus; parla ebraico, aramaico, latino e
scrive in greco. E’ un meticcio linguistico e culturale
Appunti di e ciò lo predispone a un messaggio universalistico.
Poiché ogni pensiero universalistico sorge sulla base
oggi materiale e storica di un impero formale o di fatto
(è intelligenza dell’impero o intelligenza contro l’im-
su Paolo di Tarso pero), il progetto di Paolo è di trasformare lo spazio
conflittuale e babelico di quella globalizzazione im-
periale in uno spazio di riconciliazione messianica:
aggirare l’impero ribaltandone il senso.
A seconda dei problemi che ci premono entria- L’annuncio messianico è una breccia nella situa-
mo in consonanza con questa o quella epoca del pas- zione storica che sembra senza vie di uscita. La cro-
sato restando ciechi ad altre. Tra Firenze e Padova, ce è per Paolo il segno monumentale della fine di
gli umanisti del sec.XV si stancarono delle astruse- un’epoca per sé irrimediabile, ma la resurrezione è il
rie teologiche del gotico e interpellarono le antichità paradosso che apre a nuovi cieli e a nuova terra. Dal-
romane e la loro misura; gli illuministi, nauseati del la sconfitta sulla croce che in apparenza smentisce la
rococò Ancien Régime, inventarono il neoclassico e promessa di Dio (“Mio Dio,mio Dio, perché mi hai
– scrive Marx—quasi spaventati dallo sconvolgimen- abbandonato? è il grido del Crocifisso) sorge con
to che andavano producendo finirono per vestirsi da più forza, speranza e pathos la fede nella fedeltà di
antichi romani; e i romantici poi sentirono artificio- Dio e dunque nell’immanenza, anzi nell’imminenza
so quel rigore razionalistico e si volsero volentieri al messianica della sua promessa.
tema del medio Evo gotico. Così certi problemi pres-
santi del nostro tempo sembrano confluire in una co- Quale forma dovrà assumere il giudaismo per resi-
stellazione con la crisi del mondo ebraico a cui Paolo stere e sopravvivere alla pressione dell’impero e del-
cercò una risposta: problemi della globalizzazione l’ellenismo? E’ questa la questione implicita che ani-
e delle corrispondenti rivalse identitarie e religiose, ma i contrasti acerrimi tra le correnti ebraiche del I
problemi di una secolarizzazione che ha soddisfatto sec..Ci sono quelli, come gli zeloti, che – sappiamo
ma anche deluso troppe promesse di emancipazione, da Giuseppe Flavio – propugnano la lotta armata per
sullo sfondo di catastrofi ambientali e umanitarie, di riconquistare l’autonomia politico-religiosa; o quelli
scontri di civiltà. In più i fondamentalismi, se non che propongono una via di compromesso anche per
ci limitiamo a sentirci virtuosi perché li osteggiamo, preservare i propri privilegi di casta; o quelli, come
ci impongono una domanda decisiva: quali sono i gli esseni, che preferiscono un ritiro ascetico e set-
nostri fondamenti, i nostri presupposti? Prima dei tario dal mondo, o quelli, come le case di Shammaj
codici, che precedono i codici. Questa rinnovata fon- e di Hillel, che già lavorano alla codificazione delle
dazione è questione centrale in Paolo, sulle orme dei dottrine, preparando il futuro. Il giudaismo messia-
profeti ebrei, che lamentano l’inaridirsi nel formali- nico cristiano è una di queste proposte. Possiamo
smo e nelle convenzioni umane della passione per il leggere la posizione di Gesù sui tributi in Matteo
trascendente: “Poiché questo popolo mi è vicino solo 22,22: “Rendete dunque a Cesare le cose di Cesare
con la bocca e solo con le labbra mi onora, e il suo e a Dio le cose di Dio”: sul piano politico, è un’opzio-
cuore è lontano da Me, e il suo timore di Me non è che ne opposta all’avventurismo zelota; è una contesta-
comando umano, lezione imparata” ( Isaia 29,13): la zione dell’ascetismo esseno, perché è un’assunzione
legge formale ha coperto e smarrito il suo motivo di di responsabilità nel mondo; sul piano religioso, è
origine, perciò è una via di perversione e non di sal- un disconoscimento radicale di ogni sacralizzazione
vezza. dello Stato e di Cesare, per ribadire l’autonomia del
religioso –“ A Dio quel che è di Dio”—dalla sfera dei
Paolo si muove nello spazio globalizzato dell’impero rapporti di forza politico-militari. Ma già sei secoli
romano e dell’ellenismo, su uno sfondo di catastrofi: prima il profeta Geremia consigliava agli ebrei di Ba-
quella dello scontro tra la civiltà ebraica e la civiltà bilonia di “contribuire al benessere della città dove
greco-romana ( scontro che sfocerà nella distruzione siete stati deportati prigionieri e di pregare Dio per
del Tempio di Gerusalemme e della residua autono- essa, perché la sua prosperità sarà anche la vostra”
mia statale degli ebrei), e quella della crocifissione ( Ger 29,7).
del messia. Agli occhi del mondo ebraico del I sec. Su una breccia tra poteri mondani e trascendenza,
la pressione dell’impero e dell’ellenismo funziona analoga a quella proposta da Gesù, si incamminerà
come una secolarizzazione forzata, che impone una nella crisi del I sec. il giudaismo rabbinico, quando
prevalenza dell’ambito politico e culturale su quello Jokhannàn Ben Zakkaj, discepolo di rabbi Hillel, con-
religioso, e relega la religione in spazi reclusi di caste tratterà con l’imperatore Tito la possibilità di aprire

Poliscritture/Esodi Pag. 38
una scuola a
Jabne, piccolo centro al di fuori dell’ assedio di Ge- sguardo su coloro che erano seduti in cerchio intorno
rusalemme: un compromesso col potere per ottenere a lui disse: ecco mia madre e i miei fratelli. Chiunque
un angolo dove “rendere a Dio quel che è di Dio”; e a fa la volontà di Dio è mio fratello, mia sorella e mia
nome di rabbi Hanina è detto nella Mishnà precorren- madre”. E ancora più dura è l’affermazione di Gesù
do Hobbes: “Prega per la pace dello Stato, perché se in Lc 14,26: “Se uno viene a me e non odia
non fosse per l’autorità e il timore di esso gli uomini ( misei, nel testo greco) il padre e la madre, e la mo-
si divorerebbero l’un l’altro” (Avot 3,2). Più tardi, in glie e i figli, e i fratelli e le sorelle ed anche se stesso
epoca talmudica, Samuele di Nehardea decretava che non può essere mio discepolo (mathtetes) ”. Ora, que-
la legge dello Stato in cui abitano è legge anche per gli sta rottura della discendenza di sangue a favore di un’
ebrei ( “Dinà de-malkhutà dinà”; Gittin 10a ).Perché affiliazione spirituale non è nuova. In Es 32,25-28, ad
infine chi renda a Dio quel che è di Dio trascenderà gli es., Mosé, sceso dal Sinai, punisce gli adoratori del
obblighi imposti da qualunque Cesare, da qualunque vitello d’oro: “Disse, chi è per il Signore venga con
potere politico. Così leggiamo in Avot 3,5, a nome di me (…).Ciascuno di voi si metta la spada al fianco e
rabbi Nehunià: “Chiunque accetta il giogo della Torà vada per il campo da una porta all’altra e ognuno
è liberato dal giogo del principe e delle necessità del uccida il fratello l’amico e il parente (…)”.
mondo”. In Paolo troviamo questo stesso principio,
ma spostato d’accento in senso messianico: chiunque Nella gerarchia posta da Gesù tra consanguineità
sarà in Cristo, riconoscendo l’avvento messianico, ed eredità spirituale, come nella prescrizione di Mosé
sarà liberato dal giogo del mondo. di punire la trasgressione grave senza badare alla pa-
rentela, possiamo intravedere la radice antropologica
Scriveva Elias Canetti: i profeti lamentandosi predi- della sinistra e rispettivamente della destra: questa
cono il passato; e, in questo senso, profetico è anche declina gli interessi e gli ideali a partire dal paradig-
l’atteggiamento di Paolo, che risale all’inizio per in- ma della consanguineità in senso lato ( la famiglia,
verare la promessa dell’inizio, risale ad Abramo che la parentela, la stirpe, la razza); la sinistra, a parti-
prima di ogni codificazione ebbe fede, risale ad Ada- re invece dalle funzioni sociali e di prospettiva. Figli
mo per annunciare che Gesù il messia è l’Adamo ro- della promessa: è qui il paradigma biblico, e paolino,
vesciato, quello ha portato il peccato nel mondo, que- della sinistra. D’altra parte, al di là di un giudizio di
sto lo ha tolto; e ancora –nota Jakob Taubes—risale valore, i due principi divaricati della consanguineità
a Mosé prima del Sinai e della Legge, perché anche e della promessa si incrociano e si ribaltano più volte
Paolo chiama a raccolta un nuovo “popolo di Dio”per nella storia; né possiamo attribuire alle Scritture un
guidarlo in un Esodo da un tempo di schiavitù sotto carattere univoco. In esse consanguineità e funzione,
la Legge ad un tempo di libertà perché “giustificato”. parentela e opzioni ideali gareggiano in importanza,
Sappiamo dagli Atti degli apostoli 18,3 che Paolo e Gesù che enuncia con tanta crudezza l’irrilevanza
era un fabbricante di tendaggi. Non doveva dunque della parentela è pur sempre proclamato “stirpe di
intendersi di agricoltura, e in Rm 11,17 troviamo in- Davide”( Rm 1,3), predestinato ad essere Cristo, cioè
fatti un errore di innesto, là dove si parla dell’ulivo messia, anche per discendenza carnale. I due motivi
selvaggio innestato sull’ulivo buono, che è l’esatto si intrecciano anche là dove Paolo dice degli ebrei: “
contrario di quanto prescriveva la tecnica agraria Nemici quanto al Vangelo a causa dei gentili, ma in
nota in quella regione già da seimila anni: è l’ulivo quanto alla promessa sono carissimi in virtù dei loro
buono ad essere innestato sul ceppo selvatico. Si trat- padri”, ed è così posta una correlazione tra Primo e
ta comunque di un paradosso adatto ad illustrare lo Secondo Testamento, una continuità della promessa
straordinario innesto dei gentili sul ceppo ebraico per discendenza sia spirituale sia carnale dai padri.
tramite il Cristo. L’ulivo di Rm 11 è l’albero genealo- Una continuità, che se pur vista alla luce della rottura
gico di una discendenza spirituale, ed esprime l’idea messianica, lascia in eredità al cristianesimo un ele-
fondamentale secondo la quale non i figli della car- mento pieno di conseguenze: l’implicazione vischiosa
ne, ma i figli della promessa sono le generazioni del con il giudaismo. Implicazione da cui nel II sec. Mar-
popolo di Dio. Aperto così l’accesso delle genti alla cione, poi dichiarato eretico, .aveva cercato di liberar-
discendenza di Israele, Paolo si trova subito a dover si in modo radicale, sostenendo che il Dio dell’”Antico
arginare la presunzione dei neofiti pagani, che non Testamento” era un demiurgo malvagio, altro dal Dio
sanno riconoscere nel giudaismo le fonti stesse di d’amore dei Vangeli: proponeva così una liberazione
quella promessa e il travaglio che aveva portato alla dalla “radice che porta”. Paolo invece in Rm 11 esal-
rivelazione del messia: “Se tu ti vanti, sappi che non tava proprio quell’ascendenza, lasciando irrisolto un
sei tu a portare la radice, ma è la radice a portare nodo che avrebbe secreto umori antigiudaici lungo i
te”.( Rm 11,18 ). secoli. Anche per emulazione su chi fosse ormai il Ve-
Il prevalere della discendenza spirituale su quel- rus Israel, erede della promessa: “Ora io domando,
la carnale appare con asprezza nelle stesse parole di hanno forse (i giudei) inciampato così da cadere per
Gesù , ad es. in Mc3,31-35: “Intanto giungono sua sempre? No, perché dalla loro caduta è derivata la
madre e i suoi fratelli e stando fuori mandano a salvezza ai gentili, per spinger questi ad emularli.
chiamarlo. Ora, una grande folla sedeva intorno a Ma se la loro caduta è stata la ricchezza del mondo
lui, e gli dissero: ecco, tua madre e i tuoi fratelli son e la loro diminuzione la ricchezza dei gentili, quanto
là fuori e ti cercano. Ma egli rispondendo disse: chi più lo sarà la loro totalità ( nella conversione )? (
sono mia madre e i miei fratelli? Poi gettando uno … ) e se il loro ripudio è diventato la riconciliazione

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del mondo, che sarà la loro riammissione se non vita e confessa la propria non autonomia. La preghiera
dai morti? ( Rm 11,11-13). è l’espressione di questa debolezza che chiede rela-
Ma qual è il rovescio della medaglia di questo pas- zione e ascolto; e non è solo dell’essere umano, an-
so? E’ che fino a quando gli ebrei non si convertiran- che Dio prega di essere ascoltato: “Mi sono lasciato
no, la riconciliazione del mondo non avrà pienezza. trovare da gente che non mi aveva cercato, ho detto
“La salvezza viene dai giudei” dice Gesù in Gv 4,22, ‘eccomi, eccomi’a un popolo che non aveva invocato
e dunque gli ebrei che non si convertiranno terranno il mio Nome”(Is 65,1); e l’abbassamento ( Kenosis)
in loro ostaggio il compimento della salvezza. Han- del messia incarnato e crocifisso è per il cristianesi-
no in ostaggio il compimento; nella loro ostinazione mo questa preghiera di Dio che si rivela nella debo-
hanno il potere di ricattare il mondo. Potere e ostina- lezza per invocare il ravvedimento e la salvezza, per
zione perversa sono i caratteri centrali attribuiti agli rinnovare la relazione, l’Alleanza. Ma mi sembra che
ebrei nell’immaginario dell’antigiudaismo teologico e Agamben spinga troppo in là questo connotato re-
poi dell’antisemitismo secolarizzato: entrambi reca- lazionale e senza oggetto della fede quando afferma
no i segni di quell’innesto mal cicatrizzato sulla “ra- (p.126-127) che “non esiste un contenuto della fede,
dice che porta”. professare la parola della fede non vuol dire formu-
Radice di Gesù e anche di Paolo, la cui polemica lare proposizioni vere su Dio e sul mondo. Credere in
contro i giudei è essenzialmente intragiudaica: ebrei Gesù messia non vuol dire credere qualcosa di lui”. Il
in polemica con ebrei nel clima esasperato del I seco- passo di I Corinti 15 sopra citato ( e che Agamben non
lo. Se in essa l’antigiudaismo cristiano troverà i suoi cita) lo smentisce: la fede di Paolo ha un contenuto, è
fondamenti, ciò deriva da come e da chi quella pole- la ferma credenza in un fatto, che Gesù sia risorto.
mica è stata ereditata, da quando nel II sec. l’Ecclesia
ex gentibus prevalse sull’Ecclesia ex circumcisione, Paolo non sembra aver ancora assunto la tesi, poi
cioè sui giudeo-cristiani, e la gentilità cristianizzata sostenuta dai Vangeli, circa il concepimento miraco-
lesse non più dall’interno ma dall’esterno la critica loso di Gesù. Se in Matteo 1,24 leggiamo che “Giu-
intraebraica come condanna degli ebrei in quanto seppe prese sua moglie con sé e non la conosceva
tali. (sessualmente), finché poi ella partorì un figlio e lo
chiamò Gesù”, Paolo afferma invece: Il figlio nato
Le lettere di Paolo sono anteriori alla redazione dei dalla stirpe di Davide secondo la carne; dichiarato
Vangeli e sembrano trascurare i fatti e i detti di Gesù Figlio di Dio con potenza secondo lo spirito” (Rm
quali ci sono riferiti dai Sinottici e da Giovanni. Ciò 1, 3-4).Dunque, secondo Paolo Gesù sarebbe figlio
che soprattutto interessa Paolo non è la vita di Gesù, carnale di Giuseppe, discendente di Davide, ma as-
bensì la sua morte e resurrezione, e la sua trasfigu- sunto a figlio di Dio per trasfigurazione spirituale. Ma
razione nello spirito. Paolo espone la sua fede qua- quello che interessa Paolo è ciò che è secondo lo spiri-
si fosse un azzardo, una scommessa come quella di to, e tale si presenta la sua stessa vocazione : “Paolo,
Pascal; leggiamo infatti in I Corinti 15,14-19:”Ora, se apostolo non da parte di uomini né per mezzo di un
Cristonon è stato risuscitato, vana è la nostra pre- uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e da parte di Dio
dicazione e vana la vostra fede. Anzi, noi risultiamo Padre, che lo ha risuscitato da morte”(Gal 1,1). Non
falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato per mezzo di un uomo ma per mezzo di Gesù risusci-
per Dio che Egli ha risuscitato il Cristo, mentre non tato, cioè non più uomo, bensì trasfigurato rispetto
l’avrebbe risuscitato se i morti non venissero risusci- alla sua esistenza di ebreo predicatore errante tra la
tati, e se ( all’inverso) i morti non venissero risusci- Galilea e la Giudea del racconto evangelico: un Cristo
tati, neppure Cristo sarebbe stato risuscitato”. in un certo senso disincarnato. C’è forse una correla-
La resurrezione del messia dalla morte è dunque zione tra questo Gesù spiritualizzato e la decisione di
un fatto unico, ma propriamente in quanto prototipo Paolo di predicare tra i gentili, poiché un Gesù uni-
( Typos) della resurrezione di tutti gli esseri umani. versalizzato nello spirito, un messia platonico, può
Così Paolo, già fariseo, sostiene la fede in Cristo con essere più facilmente inteso e frainteso come un dio,
la di lui resurrezione, e la fede nella resurrezione di come rivelazione del “Dio sconosciuto” dell’ Areopa-
Cristo con la fede, propria dei farisei, nella resurre- go di Atene ( Atti 17,22-25), un messia spiritualizzato
zione dei morti. Gesù risorto è la convalida della fede può essere più congeniale ai gentili che non un Gesù
farisaica nella vittoria sulla morte. E così continua storicamente ed etnicamente incarnato come ebreo.
Paolo: “Se noi riponiamo la nostra speranza in Cri-
sto soltanto in questa vita, allora siamo i più misera- Paolo predica dalla soglia dell’olàm habbà, del
bili tra tutti gli uomini”( I Corinti 15,19). “mondo a venire”. L’avvento messianico sancisce
Nell’importante rilettura di Paolo svolta ne Il tempo il passaggio dal mondo sotto il segno del peccato al
che resta, Giorgio Agamben confuta Martin Buber, mondo della giustificazione e della redenzione pro-
secondo il quale l’idea ebraica di fede (emunà) si op- messa. Paolo inaugura il concetto di “peccato origi-
porrebbe all’idea greca ( pistis ): l’una significherebbe nale” come categoria: l’enfasi con cui sostanzializza
“fiducia”, “fedeltà”, l’altra “ferma credenza in qualco- la trasgressione dei Progenitori è volta a distinguere
sa”. Ma sia emuna sia pistis, sostiene Agamben, si- con nettezza l’epoca prima di Cristo, in cui ogni es-
gnificano “fiducia”, “affidamento”, hanno entrambe sere umano è fin dalla nascita nel peccato, dall’epoca
un connotato relazionale. Anche in questo senso si della storia trasfigurata dopo Cristo (Rm 3). E’ il nuo-
comprende, in Paolo, l’esaltazione della debolezza: vo calendario, prima e dopo Cristo. ( La rottura del
l’affidarsi è di chi considera la propria insufficienza tempo, un suo nuovo inizio con nuove nominazioni è

Poliscritture/Esodi Pag. 40
un paradigma di rivoluzione: mentre distruggevano ce questa idea:”Se dunque l’incirconciso osserva i co-
l’Ancien Régime i rivoluzionari francesi distruggeva- mandamenti della Legge forse il suo prepuzio non
no anche gli orologi e cambiavano il nome dei mesi avrà il valore di circoncisione?”,Rm 2,26).
). “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose Nei passi sopra citati troviamo un’ esortazione: “Cir-
vecchie sono passate, ecco sono divenute nuove”(II concidete dunque i vostri cuori”; e una promessa:”Il
Corinti 5,17), scrive Paolo echeggiando Isaia. Cristo Signore Dio Tuo circonciderà il tuo cuore”.Nell’esor-
è l’inverso di Adamo, questo ha portato la colpa nel tazione si invoca l’iniziativa dell’essere umano, la
mondo, quello l’ha tolta: “ Come la caduta di un solo sua responsabilità e libero arbitrio; nella promessa
portò alla condanna di tutti gli uomini, così l’opera è l’intervento divino, la grazia. Poiché l’autodetermi-
di giustizia di un solo ha portato alla giustificazione nazione umana ha i suoi limiti, senza la grazia non
di vita per tutti gli uomini”(Rm 5,18). L’iconografia potrebbe compiersi. E’ una sinergia tra autonomia
pittorica della crocifissione è ampiamente debitrice ed eteronomia, ma in Paolo prevale l’eteronomia sia
a questa impostazione di Paolo: il legno della cro- pure interiorizzata:”E per grazia siete stati salvati
ce è quello dell’albero edenico della conoscenza del mediante la fede; or tutto questo non viene da voi,
bene e del male, e il Cristo appeso è come il frutto di ma è un dono di Dio; e neppure è frutto di opere, af-
quell’albero, frutto non più proibito ma che al con- finché nessuno si possa gloriare. Siamo infatti opera
trario deve essere mangiato nell’eucarestia. Ai piedi sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per compiere
della croce sul Calvario (detto appunto “Monte del le opere buone che Dio ha predisposto
teschio”) si vede un teschio, quello di Adamo, che con perché le mettessimo in pratica”.(Ef 2,8-10). Sicché
la trasgressione ha portato la morte, mentre il croci- la fede è manifestazione della grazia; non ci si salva
fisso è il segno della vittoria sulla morte: è – osser- dunque per la fede né per le opere, ma per la grazia
va Elias Canetti— l’ossimoro del morto in piedi, del da cui conseguono la fede e le opere buone.
morto risorto (Rm 5,12).
La dialettica tra libero arbitrio e grazia divina, tra
L’idea di “peccato originale”in Paolo, per la qua- autonomia umana ed eteronomia è antica, e oggi rie-
le lo stato di colpa è trasmesso dall’origine a tutte le merge, sottesa al conflitto in atto tra secolarizzazione
generazioni umane indipendentemente dalle opere, è e rivalsa religiosa: la secolarizzazione declinerebbe
forse il paradigma dell’idea del “deicidio” come colpa soprattutto l’autonomia, la religione l’eteronomia
trasmessa ad ogni generazione ebraica lungo i secoli. umana. Non senza incroci, come nel concetto di li-
Se per la trasgressione di Eva e Adamo lo stato di bertà in quanto “coscienza della necessità”. E’ una
peccato è la normalità, anche la Norma per eccellen- dialettica che implica comunque l’idea di soggetto (
za, la Legge di Mosé, giace sotto il segno del peccato: personale o collettivo) e della sua capacità o meno
ne è un rimedio, ma non lo estirpa, dunque lo riba- di autodeterminars: “libero arbitrio” o “servo arbi-
disce. “Che cosa diremo allora? E’ peccato la Legge? trio”, su cui già disputarono Erasmo da Rotterdam
No certo. Ma io non ho conosciuto il peccato se non e Martin Lutero nel XVI sec:. Ora, la formazione del
per mezzo della Legge. Difatti non avrei conosciuto soggetto e dei suoi limiti già si presenta sulla scena
la concupiscenza se la Legge non avesse detto ‘non del “peccato originale”. In Gen 3,7, mangiato il frutto
desiderare’(Rm 7,7). Così Adamo non avrebbe tra- proibito, “si aprirono i loro occhi e si accorsero di
sgredito se non per il divieto divino del frutto. “Difat- essere nudi, e cucite insieme delle foglie di fico se ne
ti mi compiaccio della Legge di Dio secondo l’uomo fecero cinture”. Su che cosa si aprirono i loro occhi?
interiore, ma scorgo nelle mie membra un’altra leg- Su loro stessi; “ e si accorsero di essere nudi”: pre-
ge , che lotta contro la legge della mia mente e che mi sero coscienza di sé, divennero soggetti. Nell’atto di
rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie sfidare il divieto divino e di ambire ad essere “come
membra”(Rm 7,22-23). Elohim” secondo l’istigazione del serpente, essi sco-
Trascendere, tramite la fede nel Cristo, la legge del privano nella nudità la propria vulnerabilità.”E cucite
peccato che emana dalle membra mortali, questa è la insieme delle foglie di fico se ne fecero cinture”: sco-
Promessa. Se la Legge è comandamento dall’esterno privano il loro bisogno di riparo, di mascheramento (
che sancisce il contrasto tra spirito e corpo, argomen- “persona”, etimologicamente “maschera”). Nel pieno
to della Promessa è allora l’interiorizzazione della della sua potenza, la coscienza di sé scopre la propria
volontà divina. E’ il problema già posto in Deut 30,11- vulnerabilità. Secondo il commento di Rashi, “nudi”
14: “Questi comandamenti che .io ti do non sono così significa anche che si erano spogliati dell’unico pre-
alti che tu non possa comprenderli né così lontani cetto loro dato, il divieto del frutto: spogliati di ogni
che tu debba ricercarli (…). Questa parola è invece eteronomia trascendente, caddero nel regno della ne-
molto vicina a te , è nella tua bocca e nel tuo cuore in cessità naturale: “col sudore della tua fronte mange-
modo che tu possa metterli in pratica”. E’ la promes- rai il pane”, “partorirai con dolore”.
sa dei profeti: la circoncisione del cuore. E’ il “nuovo Qui si pone la questione del “male radicale”, quan-
Patto”, in Geremia 31,33: “Porrò la mia Legge den- do l’essere umano non si ri-crea in Cristo, ma come
tro di loro”; o in Ezechiele 36,27: ”porrò il mio spirito Cristo sacralizzando se stesso: l’”Anticristo”, l’essen-
dentro di voi, e farò sì che camminiate nei miei statu- za stessa dell’idolatria.E’ la pretesa illusoria del sog-
ti”; o in Deuteronomio 10,16: “Circoncidete dunque il getto di essere totalmente autonomo, “padrone del
vostro cuore; o in Deuteronomio 30,6: “E il Signore proprio destino”, o ,sotto la maschera della religione,
Dio tuo circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua di incarnare la presunta volontà di Dio, la pretesa di
progenie”. (Paolo, rivolgendosi ai gentili, così tradu- poter dominare circostanze ed eventi. E, per essere

Poliscritture/Esodi Pag. 41
capace di tanto, il soggetto è spinto a farsi padrone tra chi è in Cristo e chi è in Adamo, che legittimerà
in assoluto: idea totalitaria del potere ( come la defi- schiavitù e guerra.
niscono Hannah Arendt o Elias Canetti), bisogno di Nel confronto aspro che nel I sec. divideva il mon-
sottomettere al proprio controllo il mondo per seda- do ebraico su quale forma dovesse assumere l’ere-
re l’angoscia che proviene dall’imprevisto, da ogni dità giudaica sottoposta alla formidabile pressione
esternità o alterità, che perciò deve essere o incorpo- romana ed ellenistica, l’ebraismo fariseo rabbinico
rata o distrutta: patologia del libero arbitrio portato e il cristianesimo furono le due risposte divaricate e
all’estremo e mascherato da necessità o da legge ora darwinianamente vincenti, ciascuna a suo modo. Tra
“storica” ora “divina”, quale vediamo nel sadico, pa- i molti punti su cui si scontrarono c’era (e permane)
rassita della sua vittima, alla cui sofferenza chiede la la concezione della Berit, del Patto. Per l’ebraismo la
prova della propria capacità di essere soggetto tota- Berit rimase nella forma del rapporto tra due con-
le, libero da ogni condizionamento etico o giuridico. traenti inequivocabilmente distinti, il Creatore e la
Così il sadico gioca sulla vittima, combinati nella sua creatura, l’essere umano da un lato e Dio dall’altro,
sofferenza, l’elemento simbolico della propria sovra- Israele da un lato ed Elohim dall’altro. Rimase l’arti-
nità: il potere di vita e di morte. colazione, e la discussione proseguì su quale fosse la
responsabilità dell’uno o dell’Altro contraente, come
In ebraico l’apposizione della lettera vav all’inizio leggiamo ad es. in TB Baba Metzià 59b: all’essere
di un verbo coniugato al passato lo proietta al futu- umano ciò che spetta all’essere umano, a Dio ciò che
ro. E’ il movimento stesso della profezia biblica, che spetta a Dio. Il cristianesimo invece vide nel Cristo
chiama alla conversione, cioè alla teshuvà, che signi- l’incarnazione stessa del Patto, uomo e Dio in un’uni-
fica appunto “ritorno”. Similmente in Paolo c’è una ca Persona. Nel Cristo non più solo messia, bensì Dio,
retrocessione che configura il balzo in avanti nella i due contraenti si sono unificati . E quando la Chiesa
novità messianica.: ritorno all’atto di fede di Abra- cattolica si proclama “corpo di Cristo prolungato nel-
mo, che precede ogni dimostrazione divina; a Mosé, la storia” e in quanto tale “infallibile”malgrado ogni
formatore del popolo di Dio prima della promulga- apparenza contraria, si sporge, istituzione umana,
zione della Legge; ad Adamo prima del peccato e del- sul versante pericoloso della divinizzazione di sé,
la Legge, quando l’essere umano era corpo di terra e cioè dell’idolatria.
alito divino uniti senza antagonismo, come lo sarà chi
rinascerà in Cristo. Ora, Jean Jacques Rousseau po-
lemizzava con le dottrine religiose, ma quando parla
del “buon selvaggio” non ancora corrotto dalla legge
e dalle convenzioni della civiltà, del “buon selvaggio”
che rappresenta la natura umana delle origini e, insie-
me, di un possibile futuro liberato, sembra proporre
un immaginario analogo a quello di Paolo. Può suc-
cedere infatti che lo scontro produca segreti processi
di assimilazione tra i contendenti, e antiche struttu-
re mentali si rivelino fondamenta archeologiche di
nuove proposizioni. Attualità di Paolo dunque come
bersaglio e insieme nascosto ispiratore di Rousseau.

Si è detto sopra che la prospettiva universalisti-


ca di Paolo è quella di trasfigurare lo spazio globa-
lizzato e conflittuale dell’impero romano e dell’el-
lenismo in uno spazio spirituale di riconciliazio-
ne: “Non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né
libero, né maschio né femmina perché tutti siete
uno solo in Gesù Cristo, siete dunque progenie di
Abramo, eredi secondo la promessa”.( Gal 3,28-29).
L’essere in Cristo apre ad una dimensione di senso
in cui le cose stanno “come se non” (os me) si fosse
più né schiavo né libero, né giudeo né greco…”Come
se non” sussistessero più tali distinzioni; eppure,
proprio su questo nuovo piano si affaccia una sepa-
razione anche più profonda, tra quelli che sono rima-
sti nell’ambito del “ peccato originale” e dell’eredità
di Adamo e quelli che l’hanno trascesa e sono rinati
in Cristo, tra quelli che sono rimasti sotto la Legge
e quelli che tramite Cristo l’hanno compiuta e per-
ciò superata. Predicando la riconciliazione, Paolo ha
lasciato in eredità al cristianesimo l’idea di una divi-
sione del genere umano più radicale di quella etnica,
linguistica o culturale, una linea di frontiera tragica

Poliscritture/Esodi Pag. 42
Seth Farber lis conosce bene, insomma, il prezzo che i dissidenti
pagano per criticare il potere dello Stato. Egli ha in
comune con i Cristiani Riformatori Radicali (per es. i
quaccheri e i mennoniti) la convinzione che la religio-
Il ne, quando mette se stessa al servizio del potere dello
Stato, si corrompe. Di recente ha scritto: “È venuto
messianesimo alla luce un ebraismo costantiniano, che rispecchia
la convergenza fra cristianesimo e Impero che si af-
fermò dal IV sec. in poi. Gli ebrei di coscienza fanno
di Marc fronte a questo tipo di ebraismo e alla sua collusione
con lo stato e il potere. L’ebraismo costantiniano è
Ellis un ebraismo assimilazionista, nel senso dell’assimi-
lazione al potere e allo stato. Gli ebrei di coscienza si
e le ragioni teologiche della oppongono a questa assimilazione e di conseguenza
vengono esiliati dalla comunità ebraica” (2004, p.3).
solidarietà ebraica con i Marc Ellis è l’unico autore, al momento, ad avere
Palestinesi fornito ragioni teologiche al movimento di solidarie-
tà ebraico-palestinese. Il suo lavoro è un contributo
Marc H. Ellis è nato nel 1952 a Miami Beach, Flo- prezioso e senza eguali per quegli ebrei dissidenti, e
rida. È docente di studi ebraici e direttore del Cen- altri simpatizzanti con la lotta anti-colonialista pa-
tro studi ebraici presso la Bailor University di Waco, lestinese, che non trovano nel secolarismo moderno
Texas. Fa parte del comitato di redazione della rivista e nel pensiero illuministico, di per sé, ragioni suffi-
progressista ebraica “Tikkun”. Sotto l’influsso della cientemente profonde e personalmente soddisfacenti
tradizione etica ebraica e di fronte alle contraddizioni della loro prassi politica. (Egli aggira la critica po-
della vita ebraica dopo l’Olocausto ha cercato, insie- stmodernista bilanciando le proprie pretese fondati-
me ad altri Ebrei di Coscienza, di salvare la tradizio- ve con un empirismo che, alquanto allusivamente, fa
ne etica dell’ebraismo. Agli inizi della sua attività si è riferimento all’esperienza spirituale personale come
interessato profondamente alla teologia della libera- criterio di veridicità delle rivelazioni-costruzioni bi-
zione cristiana bliche che sono parte integrante dell’ebraismo). Ellis,
che ha subito l’influenza del movimento latino-ame-
Seth Farber became a political radical as a young- ricano della Teologia della Liberazione, potrebbe es-
ster—in 8th grade—motivated largely by his sympa- sere definito un teologo ebreo della Liberazione pa-
thy for the «underdog.» In high school he became an lestinese o, più propriamente, un teologo della Libe-
activist against the war in Vietnam. Farber received razione ebraico-palestinese: è convinto che gli ebrei
his PhD in counseling psychology in 1985 from the non possono compiere il loro destino spirituale senza
California Institute of Integral Studies, and complet- fare i conti con “l’altro” palestinese. Egli non afferma,
ed post-graduate training as a family therapist. His tuttavia, che Israele debba soddisfare la richiesta di
latest book on psychology is Lunching with Lunatics: giustizia dei palestinesi per garantire la propria sicu-
Adventures of a Maverick Psychologist. He lives in rezza, la propria liberazione dalla minaccia di estin-
New York City. He’s member of Jews Against the Oc- zione: al contrario, è abbastanza esperto di realpoli-
cupation tik da rendersi conto che, se la fine dell’occupazione
porterebbe pace ad Israele, nulla potrebbe impedirle
Marc Ellis è uno dei pochi intellettuali ebrei america- di conseguire l’obiettivo della propria sicurezza fisica
ni che sostengono la lotta palestinese contro il domi- evacuando i palestinesi dai territori occupati (puli-
nio e l’oppressione israeliani. I suoi scritti sono stati zia etnica) o espellendoli in modo indiretto, tramite
molto apprezzati da Noam Chomsky e dall’ultimo la distruzione delle infrastrutture della loro società.
Edward Said, sebbene il suo lavoro sia ignorato o de- Come ha mostrato Tanya Reinhardt (2002) questo
nigrato dai leader della comunità ebraica organizza- processo è andato accelerandosi ed estendendosi ne-
ta negli USA. L’opera di Ellis si colloca senza dubbio gli scorsi anni.
nella tradizione teologica ebraica, sebbene egli sia un Un’influenza formativa sul pensiero di Ellis è stata in-
pensatore innovativo noto per il superamento, fra le dubbiamente esercitata dai teologi ebrei dell’Olocau-
altre, delle barriere disciplinari,. Un anno fa fu inter- sto. Sebbene di recente egli abbia rigettato la maggior
vistato dai media locali del Texas, dove vive, susci- parte delle loro conclusioni, concorda con la loro vi-
tando la furia di un rabbino del posto che cominciò a sione dell’Olocausto quale evento dal profondo signi-
mandare e-mail per avvertire gli altri rabbini del pe- ficato teologico. Ma a influenzarlo sono stati in misu-
ricolo della sua presenza. Ellis, con disappunto, com- ra molto maggiore gli scritti dei teologi cristiani che
mentò così il fatto in un saggio scritto per una pub- hanno preso di petto le implicazioni dell’Olocausto e
blicazione di sinistra: evidentemente, “i bravi ebrei audacemente accettato la colpa storica del cristiane-
sostengono Israele a prescindere dalla sua politica; simo per il genocidio degli ebrei. Per il cristianesimo
gli ebrei che dissentono da essa difficilmente posso- progressista si è trattato di un momento di svolta, che
no essere considerati ebrei” (2003, p.140?). Marc El- ha condotto ad un nuovo rapporto con gli ebrei e ad
 Il saggio è stato pubblicato su “European Judaism”, XXXVIII, una affermazione dell’ebraismo. Una figura di primo
1, 74, primavera 2005. piano di questo movimento è stato il teologo cattoli-

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co Johann Baptist Metz, che ha scritto: “Noi cristiani esaminare qui. Ellis ha affermato nei suoi libri, con
non possiamo ritornare a prima di Auschwitz; e an- maggiore forza rispetto a qualsiasi altro scrittore/
dare oltre Auschwitz, se vediamo giusto, è qualcosa testimone contemporaneo, che il sostegno acritico
che non possiamo fare da soli. Possiamo farlo solo degli ebrei americani ad Israele sta distruggendo il
insieme alle vittime di Auschwitz” (Ellis, 1992 pp. 7- nucleo spirituale dell’ebraismo stesso, sta pugna-
8). Per il cristiano questo incontro, questo dialogo è lando al cuore la nostra identità di ebrei. Il rapporto
la base per una vera espiazione che rende possibile la degli ebrei con Israele ha sostituito quello con Dio,
riaffermazione dell’universalismo cristiano. e l’identificazione vicaria della maggior parte degli
Ma proprio come i cristiani non possono ritornare a ebrei americani con lo Stato di Israele ha eclissato
prima di Auschwitz, così gli ebrei non possono ritor- il riconoscimento da parte loro della propria identi-
nare a prima di Israele e dei crimini contro l’umanità tà e vocazione in quanto popolo di Israele, legato da
commessi dallo Stato “ebraico”. Parafrasando Metz, un’antica Alleanza al Dio di tutte le nazioni. Questa
Ellis afferma: “Noi ebrei non possiamo ritornare a vocazione comporta l’obbligo di criticare, con la ri-
prima della presa di potere. E andare oltre, se vedia- soluta insistenza dei profeti biblici, la comunità di
mo giusto, è qualcosa che non possiamo fare da soli. Israele quando agisce in violazione del volere di Dio
Possiamo farlo solo insieme alle vittime del nostro – delle universali norme di giustizia.
potere, il popolo palestinese”(ibid, p 8). Fare ciò per-
metterebbe agli ebrei di trascendere il falso “sé” che Scrive Ellis: “L’Alleanza si trova oggi in una lotta per la
hanno costruito - l’eterna vittima innocente - e da- vita nel cuore di ogni ebreo, sia esso religioso o meno.
rebbe alimento a un processo di guarigione dalle feri- E’ uccisa o riportata in vita nella misura in cui l’altro,
te dell’Olocausto (Ellis, 1987, p.127). Non può esserci il palestinese, è bandito o abbracciato dalla comunità
autentica guarigione basata sulla espropriazione di ebraica”(1999, p.91). E in una nota più disperata, che
un altro popolo. è al contempo una profetica chiamata all’azione, Ellis
Ma, ironicamente, i cristiani progressisti costituisco- scrive alcuni anni dopo: “Ciò che i nazisti non sono
no oggi un grande ostacolo all’accettazione da parte riusciti a fare – minare a un livello di fondo ciò che
degli ebrei della propria colpevolezza. I cristiani (Ellis significa essere ebrei – abbiamo iniziato a farlo noi
non include nel suo discorso i sionisti cristiani, fon- ebrei. Ne sono stato testimone [nel 1988] negli ospe-
damentalisti e conservatori) hanno sottoscritto un dali e per le strade [di Israele e della Palestina], dove
tacito accordo con gli ebrei – quello che Ellis chiama i palestinesi, che lottavano per affermare la propria
“il patto ecumenico”. Da una parte, in cambio di una dignità, venivano sistematicamente picchiati, espulsi
confessione di colpa, i cristiani guadagnano il per- e assassinati da coloro che avevano sofferto tale infa-
dono degli ebrei e un recupero del senso di integrità mia meno di cinquant’anni prima “(2002, p.156).
del cristianesimo. Ma, dall’altra, essi devono tacita-
Ellis ribalta le accuse di coloro che tacciano di antise-
mente consentire all’osservanza del tabù ebraico ed
mitismo gli ebrei che criticano Israele. Sono le azioni
esentare Israele da un esame critico. Così, il dialogo
degli ebrei israeliani – e le giustificazioni dei loro di-
ebrei-cristiani si basa su un “eterno pentimento per
fensori ebrei americani – a costituire una manifesta-
l’anti-ebraismo cristiano sgravato da qualsiasi effet-
zione di “odio degli ebrei verso se stessi”. Esse sono
tiva critica di Israele” (Ellis, 1992, p.7). (Negli Stati
una rinuncia suicida all’identità ebraica esattamente
Uniti elementi progressisti della Chiesa Presbiteriana
per il fatto che, con tutte le “manchevolezze e i limiti”
vogliono modificare le clausole del patto).
degli ebrei come popolo, non è possibile “pensare un
Questo patto solleva il cristianesimo dalla sua colpa ebraismo senza giustizia”. A sostegno di questa tesi
e rafforza l’immagine pubblica di Israele, ma sfortu- Ellis avanza, in modo caratteristico, un’immagine e
natamente crea un nuovo dilemma morale: copre le una domanda retorica: “E’ possibile essere ebrei con
grida e ignora l’angoscia delle vittime di Israele. El- elicotteri da guerra al nostro centro?”(2002, p.48).
lis cita il cristiano palestinese Naim Ateek: Israele
ha usato il potere in modo terribile per opprimerci, Le convinzioni di Ellis si sono formate durante la
e questi ebrei e cristiani hanno celebrato tale tipo di prima intifada, nel 1988, appena qualche mese dopo
potere ebraico come portatore di redenzione e pro- l’annuncio da parte di Israele che la sua risposta alla
veniente da Dio” (1997, p. 54). Ellis indica che, in ul- rivolta, per lo più non violenta, sarebbe consistita nel
tima istanza, il patto ecumenico si basa sul fatto che picchiare e “rompere le ossa”. Allora Ellis visitò per
“gli ebrei senza potere possono essere demonizzati e la prima volta gli ospedali di Gerusalemme e vide “i
romanticizzati dai cristiani, ma resta quasi impossi- bambini palestinesi giacere in letti che non avreb-
bile per i cristiani riconoscere che gli ebrei, preso il bero lasciato presto, alcuni paralizzati per sempre,
potere, stiano facendo ai palestinesi esattamente ciò altri cerebralmente morti, o tenuti in vita da appa-
che è stato fatto loro dai cristiani”(ibid, pp. 7-8). Ellis recchiature antiquate…” (2002, p.156). Chiede Ellis:
esplora tali temi in profondità nel suo lavoro degli “La cultura ebraica post-olocausto nega umanità ai
anni ’80 e ’90. palestinesi e, a qualche livello, ne vuole la scomparsa
o l’eliminazione?” (Ellis, p.2000, p.168). E’ rivelato-
Con O, Jerusalem e i libri successivi, tuttavia, egli re che l’attuale capo di stato maggiore dell’esercito
si concentra maggiormente sulle implicazioni della israeliano, nominato da Sharon, abbia di recente de-
questione palestinese per la comprensione dell’iden- finito i palestinesi – senza suscitare alcuna protesta e
tità spirituale degli ebrei. E’ questo tema che voglio richiesta di dimissioni – un “cancro”, suggerendone

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come possibile soluzione “l’amputazione” (Haaretz, il movimento sionista e gli uomini di stato di Israele
31 Agosto 2002). si stessero comportando con mancanza di conside-
razione – per usare un eufemismo – per la vita dei
Il sostegno acritico degli ebrei americani ad Israele è palestinesi (chiamati allora “arabi”).
l’esempio più evidente e significativo del tradimen-
to di quella che è la loro eredità, ma tale tradimento Fino alla morte, nel 1965, Martin Buber non si stancò
ha lasciato segni nel panorama culturale del mondo mai di promuovere (sebbene senza successo) la tesi
ebraico americano – la cui ricchezza simboleggia che Israele aveva la responsabilità di “condurre una
l’adattamento al potere statale (di Israele e degli Sta- vita di giustizia di fronte a sé stessa e al mondo”(cit.
ti Uniti) e al materialismo della cultura americana. in Mendes-Flohr, 1983, p.255) e instaurare “una pace
La fedeltà degli ebrei americani ad Israele ha minato tra ebrei ed arabi” che non fosse “solo la cessazione
per diversi aspetti la loro capacità di essere testimoni della guerra” ma “una pace di autentica cooperazio-
profetici, un compito, questo, che gli ebrei si assunse- ne” (ibid., pp.293-4).
ro con ardore nel diciannovesimo secolo (in Europa)
e nella maggior parte del ventesimo, dopo l’emigra- Appena qualche mese dopo che, nel 1948, soldati ebrei
zione di molti di essi in America. Come ha scritto Ro- avevano massacrato centinaia di donne e bambini nel
berta Feuerlicht negli anni ’80, “L’eredità degli ebrei villaggio arabo di Deir Yassin – “ripulendolo” dei suoi
non è il potere ma l’etica” (Feuerlicht, 1983. p.56). E’ abitanti arabi e liberandolo per il re-insediamento de-
la moralità, osserva, a unirli, non la statualità. E pro- gli ebrei – Buber, Cecil Roth e altri due studiosi ebrei
segue: “Diaspora ed esilio hanno talmente disperso scrissero una lettera a Ben-Gurion, all’epoca primo
gli ebrei che il solo legame che li unisce è il lascito ministro israeliano, facendo appello alla sua coscien-
di Mosè e dei profeti: l’imperativo etico. Ora questo za nel nome di Israele e del popolo ebraico. Deir Yas-
legame rischia di venire spezzato in Israele” (Ibid, sin, scrissero, era “una macchia nera all’onore della
p.285). nazione ebraica”. (Non si sapeva all’epoca che Deir
Yassin non era un’anomalia – che massacri di abitan-
Boas Evron, critico israeliano della società, ha scritto ti di villaggi arabi da parte di soldati israeliani erano
in un libro pubblicato per la prima volta nei tardi anni stati frequenti durante la “Guerra di Indipendenza”
’80: “L’identificazione senza riserve con Israele, la del 1947-8. Si veda Finkelstein, 19995). La lettera si
fabbricazione di giustificazioni per fare corrispondere concludeva con una supplica: “Che il villaggio di Deir
le sue azioni ad alti principi morali (persino quando Yassin rimanga disabitato per il prossimo futuro, e
la sua politica è rappresentata da figure sinistre come la sua desolazione… ammonisca il nostro popolo che
Ariel Sharon), ha messo in moto un processo di de-eti- nessuna esigenza pratica o militare può mai giustifi-
cizzazione del popolo ebraico nella Diaspora”(Evron, care simili azioni delittuose e la nazione non desidera
1995, p.253). E questo, è la sua predizione, susciterà trarre vantaggio da esse” (1992, p.32). Ben-Gurion,
“cinismo e nichilismo tra gli elementi migliori della sebbene conoscesse bene Buber e avesse comunicato
Diaspora ebraica e il senso che gli ebrei hanno per- con lui in più occasioni in passato, non rispose mai a
duto qualsiasi possibilità di rivendicare una più alta quella lettera (che fu inviata varie volte). Alcuni mesi
moralità” (ibid., p.253). Al posto di quest’ultima c’è più tardi, per celebrare la colonizzazione del villag-
solo l’idolatria di Israele, la commemorazione senza gio da parte di profughi ebrei, si tenne nella ex Deir
fine dell’Olocausto e lo scialbo consumismo caratteri- Yassin una festa cui presero parte diverse centinaia
stico della cultura occidentale in genere. Come osser- di ospiti, fra cui due ministri del governo di Ben-Gu-
va Ellis, “se è vero che l’oggetto di culto di una perso- rion, il sindaco di Gerusalemme e dignitari locali.
na e una comunità è ciò che è centrale per la sua vita, Deir Yassin fu ribattezzata Givat Shaul Bet.
allora l’arca dell’Alleanza nelle sinagoghe dovrebbe,
invece che contenere la Torah, essere piena di vestiti Judah Magnes, rabbino Riformato e primo presiden-
firmati, automobili e telefoni cellulari”(2002b, p.97). te dell’Università Ebraica di Gerusalemme, amico di
Buber, si dimise dall’Organizzazione Sionista nel 1915,
Può l’eredità ebraica essere salvata? Una tale pro- e qualche anno dopo definì la Dichiarazione Balfour
spettiva sembra oggi più oscura rispetto a decenni «un iniquo dono dell’imperialismo al popolo ebrai-
fa, quando la domanda di giustizia sociale per tutti co» (citato in Tekiner, 1988, p. 42). Poi divenne, come
i cittadini era ancora un tratto saliente del mondo Buber, fautore di uno stato binazionale in Palestina, e
ebraico americano e la tradizione del dissenso ebrai- lo rimase fino alla morte, avvenuta nel 1948. Egli ve-
co ancora vitale. Va osservato che se all’inizio, alla deva germi di militarismo e sciovinismo nel sionismo
nascita dello Stato di Israele o prima ancora, i suoi già nel 1923 e scrisse profeticamente: “Rientra fra le
fondatori avessero dato ascolto ai leader spirituali possibilità politiche che un giorno possa divenire un
dell’ebraismo moderno, fossero stati ricettivi nei loro atto di tradimento politico ripetere con sincerità per
confronti, probabilmente il tracollo che ha causato le strade di Gerusalemme l’insegnamento di Isaia,
la rovina dei palestinesi come (in modi diversi) degli che delle spade si dovranno fare vanghe e gli uomi-
israeliani, oltre che del mondo ebraico moderno, si ni non dovranno più imparare a guerreggiare? O gli
sarebbe potuto evitare. Negli anni ’40 e ’50 il grande ebrei di Eretz Israel saranno fedeli all’insegnamento
teologo ebreo Martin Buber, la filosofa Hannah Aren- dei profeti di Israele e tenteranno di costruire la loro
dt e diverse altre voci profetiche lanciarono allarmi società ideale in modo che Gerusalemme possa esse-
di fronte a eventi che, ai loro occhi, indicavano come re ripristinata e Sion redenta attraverso la giustizia e

Poliscritture/Esodi Pag. 45
la pace?” (citato in Ellis,1999, p.48). vengano finalmente svuotati? (2002b, pp.177-8).

Magnes era stato influenzato dall’ucraino Asher Gin- Molti dissidenti ebrei hanno sostenuto per anni che
zberg, uno degli scrittori ebrei più noti (con lo pseu- Israele dovrebbe porre fine all’occupazione e nego-
donimo di Achad Ha’am), un sionista di una genera- ziare una soluzione basata sul riconoscimento sia dei
zione precedente che aveva visitato più volte la Pale- diritti dei palestinesi sia del bisogno di sicurezza del
stina ed era stato amaramente deluso dal Sionismo. popolo di Israele – in breve, “terra in cambio di pace”.
Egli aveva protestato contro l’espropriazione degli La terra da cedere sarebbe, ovviamente, quella ap-
agricoltori arabi affittuari da parte dei coloni ebrei e partenente ai palestinesi, conquistata e occupata da
contro il boicottaggio del lavoro arabo, che rendeva Israele in violazione del diritto internazionale durante
difficile se non impossibile agli agricoltori, privati dei la guerra del 1967. In altri termini, gli ebrei dissidenti
loro diritti di affittuari, mantenere le loro famiglie. di sinistra fanno appello ad Israele per negoziare un
accordo basato sulle numerose risoluzioni approvate
Achad Ha’am s’era aspettato che il ritorno a Sion dal Consiglio di Sicurezza e dalla Assemblea Generale
ravvivasse “l’eredità spirituale e le tradizioni etiche delle Nazioni Unite. Al contrario di quanto si tende a
dell’ebraismo”. Disgustato dall’atteggiamento insen- pensare degli Stati Uniti (a causa della visione distor-
sibile e razzista dei coloni ebrei verso gli arabi, ai pri- ta diffusa da media e establishment sionista), gli Ac-
mi del ventesimo secolo scrisse: “Una cosa avremmo cordi di Oslo, come spiegano le persone intervistate
dovuto imparare dalla nostra storia passata e presen- in questo libro, non erano basati sul riconoscimento
te, a non creare rabbia tra la popolazione locale con- del diritto dei palestinesi all’autonomia e a formare
tro di noi… Non posso sopportare l’idea che i nostri una propria nazione. E la “generosa offerta” di cui si
fratelli siano moralmente capaci di comportarsi così favoleggia, quella di Barak ad Arafat e ai palestinesi,
con esseri umani di un altro popolo… Se questo è il era un mero simulacro di autonomia, un miraggio di
Messia, non desidero vedere la sua venuta” Tekiner, libertà, e ora non esiste più.
p.36; Reuther, p.50). E nel 1927, poco prima di mo-
Nel suo libro più recente Ellis conclude a malincuore
rire con il cuore spezzato, scrisse: “Mio Dio, è questa
che l’ideale dei dissidenti - la fine dell’occupazione e
la fine?…E’ questo il sogno del nostro ritorno a Sion,
la creazione di uno stato palestinese - è un sogno che
che veniamo a Sion e macchiamo il suo suolo di san-
non si realizzerà, almeno non nell’arco della nostra
gue innocente? Era un assioma nella mia mente che
vita. E’ ora di prenderne atto. Dopo tutto, “la nascita
per uno Stato il popolo avrebbe sacrificato il suo de-
nei prossimi cinquant’anni di uno Stato palestinese
naro, ma mai i suoi profeti”. Tekiner, 1988, p.36).
in grado di sopravvivere sarebbe il capovolgimento
I moderni profeti del popolo ebraico della generazio- della storia dei cinquant’anni passati”(2002b, p.168).
ne attuale – quelli cui nel linguaggio laico moderno si Ed Ellis commenta mestamente: “E’ questo il desti-
fa riferimento con rispetto come a “ebrei dissidenti” no del dissenso ebraico? Volere così disperatamente
o, spregiativamente, come a “ebrei che odiano se stes- e profondamente porre al centro della vita ebraica la
si” - hanno avuto ben poca influenza sulle politiche giustizia e... vederlo negato perché Israele come sta-
dello stato di Israele come su quelle della comunità to-nazione non è diversa dalle altre nazioni, vuole il
ebraica organizzata in America. E se, contrariamente potere, espande i propri confini e la propria influen-
ai timori di Magnes, gli eredi di Isaia sono liberi di za, e denigra chi si mette di traverso sulla sua stra-
predicare la pace alla nazione di Israele per le strade da?”(2002, p.168).
di Gerusalemme (o, se è per questo, anche in quelle di Naturalmente, con tutto il rispetto per Ellis, non sap-
New York), a che serve? Nessuno sembra ascoltare. piamo che cosa ci riserva il futuro, persino nei pros-
All’alba del ventunesimo secolo le speranze di Buber simi cinque anni: la sopravvivenza stessa dell’uma-
e Magnes sembrano a dir poco anacronistiche, e le nità sembra appesa oggi a un filo sottile ed è, quindi,
prospettive di una pace fra Israele e Palestina basata imprevedibile. Ma quanti di noi hanno il dono della
sul rispetto dei diritti dei palestinesi più remote che consapevolezza hanno la responsabilità come esseri
mai. umani di fare ciò che possono per invertire la condot-
ta politica e sociale che mette in pericolo la nostra esi-
A turbare Ellis è che la maggioranza degli ebrei ame- stenza e quella della terra; indipendentemente dalle
ricani non sia assolutamente disposta a riconoscere conseguenze – e Ellis su questo sarebbe d’accordo.
che i palestinesi subiscono un trattamento ingiusto. E quanti di noi ebrei non possono approvare le po-
Sotto la parola d’ordine dell’unità ebraica, censurare litiche dello “Stato ebraico” hanno la responsabilità
Israele è proibito. Come ha osservato Ellis: “Sappiamo come ebrei – indipendentemente dalle conseguenze
che mentre Jenin veniva invasa e sistematicamente che paiono probabili nel prossimo futuro – di agire
distrutta, l’appello dell’establishment ebraico era al- per fare avanzare la causa della giustizia a Gerusa-
l’unità. Mentre i carri armati circondavano la residen- lemme, in Palestina, in Israele. Quali saranno in ulti-
za di Yasser Arafat a Ramallah e i comuni abitanti di ma istanza gli esiti del nostro agire non possiamo sa-
quella città subivano un blocco e un coprifuoco qua- perlo, e il successo, anche a lungo termine, è incerto.
si completi, l’appello dell’establishment ebraico era
per un maggiore sostegno a Israele. Un’espulsione di Ma la domanda resta: c’è qualcosa che i singoli ebrei
massa dei palestinesi susciterebbe la stessa reazione, possono fare per salvare l’eredità ebraica dalla minac-
la soddisfazione per il fatto che “i covi dei terroristi” cia di estinzione? Su questo Ellis è chiaro, nonostan-

Poliscritture/Esodi Pag. 46
te il suo sconforto per il perpetuarsi dell’oppressione Luca Ferrieri
dei palestinesi e per l’incapacità degli ebrei dissiden-
ti, finora, di esercitare un’influenza sulle politiche di
Israele e persino sugli ebrei americani. Il “solo modo
per adempiere all’Alleanza” in quest’epoca di presa
del potere (e di abuso del potere) da parte degli ebrei
Il lavoro
consiste nel “ricordare le vittime del potere ebraico”
e “abbracciare il popolo palestinese come parte inte-
culturale
grante dell’Alleanza stessa” (1999, p.59). Ma forse, Quasi un bilancio
“senza che gli ebrei l’abbiano riconosciuto”, l’Allean-
za è “già” stata ampliata a includere il popolo palesti-

D
nese (1999, p.55). a vent’anni salgo e scendo queste scale, con i
Ellis pone la questione in termini del tutto fuori del libri, senza i libri, con fasci di fogli, di buro-
comune: non si tratta soltanto del fatto che gli ebrei crazia, di volantiname, come un agit prop che
ogni giorno fa più fatica a vedere dove sta mettendo
hanno una responsabilità morale verso i palestinesi
il piede, come un commesso viaggiatore che per tor-
come vittime del potere ebraico, è che i palestinesi
nare a casa la sera deve vendere ciò che è invendibile.
posseggono la chiave per il recupero dell’identità spi-
Prima due piani, ora uno, ma sempre la stessa palu-
rituale perduta degli ebrei (sebbene questo recupero
de, la fatica di tenere il filo, e oltre il filo spinato un
possa al contempo implicare una inaspettata trasfor-
mondo che ogni tanto si apre come una radura, poi
mazione). Come dice Ellis, “il nemico è visto come
di colpo si stinge come un panno che sventola in lon-
un ponte per un recupero dell’Alleanza e del senso
tananza. Certo che ci credo in quello che faccio, ma
di marcia della storia ebraica”(1999, p.53). Gli ebrei faccio quello in cui credo?
dissidenti che si schierano con il nemico, “che han-
no memoria delle sofferenze ebraiche e agiscono in Luciano Bianciardi veniva dalla Maremma nella
modo solidale con il popolo palestinese, possono de- Milano capitale editoriale e capitale del “miracolo
cidere in ultima istanza il futuro dell’Alleanza e del economico” degli anni cinquanta, bestemmiava il
popolo ebraico” (pp.71-2). Essi possono essere “la suo toscano pigro contro lo stacanovismo lombardo
chiave” per un futuro al di là dell’atrocità, anche se dei primordi, e ricordava gli anni in cui aveva fatto
“la loro testimonianza è sepolta sotto la ricchezza e il bibliotecario a Grosseto, ed erano stati “gli anni
il potere dell’ebraismo contemporaneo come i diari e più belli della sua vita”. Lui era venuto a Milano con
le suppliche delle vittime dell’Olocausto erano sepol- una missione, doveva far saltare col grisù il “torrac-
ti sotto le macerie dei ghetti di tutta Europa” (p.72). chione” della Montecatini per vendicare i quaranta-
L’agghiacciante, caustica analogia di Ellis vuole di- tré minatori di Ribolla, morti appunto di grisù e di
chiarare che, per quanto ora le prospettive possano sfruttamento. Quella missione non gliela aveva data
nessuno, naturalmente, ma se l’era dovuta prendere
essere fosche, cruciale nel lungo periodo è l’occasio-
sulle sue spalle da solo, con grande senso di respon-
ne che si offre ai dissidenti di mettere “la comunità
sabilità, quando aveva salutato gli amici alla stazione,
ebraica e il mondo” di fronte al loro “modo di inten-
soprattutto quelli che non c’erano più, e aveva capito
dere e vedere” (2002, p.7).
che questo era quello che si aspettavano da lui. Men-
Va notato che, come detto in precedenza, molti ebrei tre attendeva il momento di far saltare il torracchio-
del dissenso non sono interessati al futuro dell’Al- ne, a Milano faceva lavoro culturale. Spogliava perio-
leanza. Gli ebrei che si sono schierati con i palestine- dici e di notte traduceva. Pagato a cottimo, a pagine,
si provengono da storie diverse e si sono autodefiniti a battute.
in un’infinità di modi: molti sono laici, alcuni atei, al- Io non vi dico come è finito Luciano Bianciardi per-
tri Ebrei riformati, un piccolo numero sono Ebrei Ha- ché Luciano Bianciardi non è mai finito. Anzi ora è
sidici, altri Buddisti, altri ancora (forse) addirittura dappertutto.
(ebrei) Cristiani. Alcuni vedono l’ebraismo e persino

F
l’ebraicità come incidentale o irrilevante per la pro- accio un lavoro “culturale” anch’io, forse più
pria identità, o come una mera costruzione sociale, e modesto, forse meno cottimizzato, chissà. E ho
sono francamente indifferenti alla loro eredità ebrai- anch’io il mio torracchione da tenere sott’oc-
ca. Tali identificazioni sono secondarie, a giudizio di chio. Quando mi chiedono che lavoro faccio, sul viso
Ellis. A contare più di ogni altra cosa è che, “siano essi dei miei interlocutori si stampa l’invidia. Mi fa sen-
esplicitamente religiosi o meno”, “adempiono alle ri- tire privilegiato, come quando andavo al liceo e il
chieste dell’Alleanza” (1999, p.169). Essi incarnano la mio amico di infanzia doveva invece lasciare la scuo-
più antica tradizione ebraica, il “rifiuto dell’idolatria”, la (non era “buono” per il latinorum, lui). E infatti
dell’idolatria dello Stato, del potere, della potenza mi- sono privilegiato, più di allora, e non per lo stipendio
litare. Protestando contro l’ingiustizia con sacrificio che per anni è stato modesto (un vero salario ope-
personale, testimoniando nella storia della possibili- raio, solo che il comunismo non c’è) e ora che è meno
tà di riconciliazione e perdono, cercando la comunità modesto è perché mi hanno fregato definitivamente.
contro l’impero, questo ‘resto’ incarna l’antica tradi- Non solo perché il novanta per cento dell’umanità
zione profetica e dell’Alleanza senza cui ebraismo ed non ha libri con cui sfamarsi. Forse, invece, perché
ebraicità sono impossibili” (2002b, p.169). posso rispondere come Bianciardi: «Per molti anni

Poliscritture/Esodi Pag. 47
ho fatto il bibliotecario ed è stato il periodo più bello di molto importante per la vita di tutti. Era piuttosto
della mia vita». un gergo, una procedura, e attaccata a questi una vi-
Chi amando i libri vuole lavorare in biblioteca, e non sione del mondo, con le sue regole e il suo bon ton.
ci ha mai messo piede, o magari solo come utente, Ho visto uomini di un’altra generazione rimanere im-
pensa che sia il paradiso in terra. Pensa che in biblio- passibili di fronte alla sofferenza, anche la loro, per
teca si passi il tempo a leggere e a discutere di libri. amore di una delibera, per l’orgoglio di un combinato
Che gli uomini a contatto con i libri divengano mira- disposto, per ammirazione verso la simmetria di un
colosamente migliori. Invece la biblioteca pubblica è dispositivo. Ho visto anziani burocrati contendersi
spazzata da tutti i venti, altro che torre d’avorio, è un il testo di una circolare come fosse pane per affama-
faro, un avamposto costiero che si becca tutte le on- ti, ho visto il loro sguardo illuminarsi di fronte a un
date. E poi i libri pesano, puzzano, si sfasciano, impu- prospetto comparativo multiplo, a variabili fisse, li ho
tridiscono, incarogniscono, spariscono e ricompaiono visti gareggiare in dottrinari florilegi di citazioni fino
con un ghigno sulla copertina che fa impazzire anche a gonfiare ipertroficamente la premessa di un’aggiu-
il più paziente dei bibliotecari. Bisogna amarli molto dicazione, per poi farne emergere, secco, modulato,
per sopportarne le stranezze, le pose, le imposture. inattaccabile, l’atto di volizione, il passo ritmato del
Non è dunque la biblioteca un luogo dove si legge comando. Ho conosciuto la loro abissale insensibilità
(non lo è nemmeno per chi la frequenta, purtroppo, verso la materia reale, verso la fornitura di pannolini
men che meno per chi ci lavora), non è un luogo ire- per i divezzini dell’asilo nido, di cui trattasi nella suc-
nico; anzi, è popolata di creature strane, da una par- citata deliberazione, che per due anni attenderanno
te e dall’altra del bancone, meravigliosi utenti pazzi con tutti gli eritemi del caso l’infiorettare dei ricorsi
che fanno pendant a terribili bibliotecari nevrotici; reciproci e delle dotte dispute dirigenziali.
è percorsa da guerre interne ed esterne che hanno i
loro caduti e anche per questo c’è un po’ di vero nel Quando il disgusto cominciò a aprirsi verso una sfu-
velenoso luogo comune che vuole le biblioteche simili matura di timida tenerezza verso quegli uomini che
ai cimiteri (anche se quando lo si dice si pensa che sapevano affondare con la loro poltrona ripetendo
le reliquie siano tra gli scaffali, e che le biblioteche impassibili una giaculatoria di esorcismi normativi, i
conservino i morti invece di produrne). Ma è anche tempi erano ormai cambiati. Nella cabina di coman-
un luogo dove si può essere felici: al netto delle vessa- do entravano i manager.
zioni e delle fatiche, la gioia di coltivare una lettura, il

L
piacere di dare piacere, la solidarietà con quei viziosi a managerialità ha un tecnicismo al cui confron-
impuniti che sono i lettori, possono ripagare di ogni to quello dei burocrati è acqua fresca. In loro
amarezza. aiuto i manager chiamano le scienze esatte, che
Almeno per me, come per Bianciardi, è stato così. An- esatte non sono mai, e si circondano di diagrammi,
che per questo, quindi, sono un privilegiato. di equazioni, di previsioni, di una nuvola statistica
in cui i pannolini dei divezzini stanno sospesi come

Q
uando ho cominciato questo lavoro, il mon- incognite maleodoranti. Chi non darebbe ragione
do del pubblico impiego era ancora come una a un giovane rampante direttore generale, magari
isola feudale (non certo un’isola felice) nel bel proveniente dalla luccicante sfera del Privato, che
mezzo della modernità. Vi dominava una casta di bu- entra a dirigere un ammuffito ente pubblico, mette
rocrati, che parlava un’altra lingua rispetto a quella in un angolo l’ottuagenario segretario comunale e
dei comuni mortali, aveva regole diverse, si riteneva proclama la superiorità della “cultura del risultato”
libera da responsabilità. Ricordo che cozzai ripetuta- su quella dell’”adempimento”? Via i lacci e lacciuo-
mente contro quel muro di bizantinismi e a lungo mi li della burocrazia, via i tempi morti e i rami secchi,
domandai come si potesse conservare (in base a quali via il deliberame con il suo scialbo rituale di permessi
leggi fisiche) una così ostinata impermeabilità. Solo pareri e controlli. Entrano i piani, la pianificazione, la
ora, retrospettivamente, sono disposto a riconoscere
programmazione, gli obbiettivi, la retribuzione di ri-
ai perdenti l’onore delle armi e solo perché considero
sultato, l’efficienza, l’efficacia, il peg, il pdo, le wbs, un
i vincenti ancora peggiori.
mondo di acronimi che si deposita sulle carte crean-
Imparai presto espressioni che conservavano, come do altra carta. Dopo qualche anno o qualche mese si
la madeleine di Proust, un sapore di tempi perduti,
verifica che questa carta ha creato una nuova buro-
imparai a farcire gli atti di circonlocuzioni come “al-
crazia, una nuova casta di decisori, che l’ottanta per
l’uopo predisposto” che mi pareva il titolo di una ri-
cetta per l’uovo alla coque, imparai a muovermi nei cento del tempo di lavoro viene invaso da rendiconta-
territori in cui l’ignoranza si nasconde dietro lo spe- zioni, reporting, riunioni di verifica, e, sotto mentite
cialismo, dietro la mnemonica dei commi come una spoglie, una nuova cultura dell’adempimento prende
tabellina del tre moltiplicata all’infinito. Ciò di cui piede nei servizi pubblici, per cui quello che conta è
si riempivano la bocca e l’anima i burocrati pubblici piazzare la cifra giusta al denominatore giusto, anche
non era il diritto, perché, nonostante ancora oggi io se le cose che stanno sotto i numeri non sono cambia-
lo mastichi poco e a fatica, penso di aver capito che il te di molto. Di sicuro non sono cambiate le code degli
diritto è comunque una disciplina che riguarda i di- utenti, i tempi di attesa, le anticamere, i rituali, i filtri,
ritti, anche quando lo fa per occultarli, cioè qualcosa l’autoreferenzialità.

Poliscritture/Esodi Pag. 48
I
n compenso sono cambiati la retorica, il linguag- di fiducia ad ogni cambio elettorale: nella versio-
gio, i simboli. L’aziendalizzazione del mondo (per ne poco educata della destra suona “noi non faccia-
cui ormai si parla di “azienda Italia” anche al bar, mo prigionieri”, quindi chi vince prende il piatto e i
le usl sono diventate asl, le scuole sono state conse- cocci sono vostri; in quella un poco edulcorata della
gnate ai manager ecc. ecc.) ha fatto aggio non solo sinistra significa “chi ha vinto ha diritto di governa-
sulle presunte inefficienze del settore pubblico, ma re”. Ma il risultato non cambia di molto ed esprime
anche sull’etica calvinista del servizio che ancora te- come meglio non si potrebbe il totale dispregio della
stardamente resisteva in alcuni comparti della cosa competenza, della professionalità, della esperienza,
pubblica (e spesso nel settore sociale e culturale). nonché la mancanza di “senso delle istituzioni” che
L’aziendalizzazione ha ridotto l’utente a una cifra di caratterizza la classe politica che più si vuole statale,
tabulato, il personale a risorse umane, la comunica- statuaria e manageriale.
zione a esibizione di immagine. La retorica del mana-

S
gement si è insinuata in ogni piega del lavoro e pre-   ono un bibliotecario. Erri De Luca direbbe che
cede di gran lunga le sbandierate rivoluzioni nella ge- non si può mai osare una presentazione così
stione. La managerialità si ammanta di decisionismo essenzialistica, così assiomatica, e allora biso-
e ha bisogno di un pensiero breve, articolato in atti gnerebbe forse dire: mi chiamo (mi chiamano?) bi-
di volizione che spesso hanno una funzione energeti- bliotecario, o faccio (farò?) il bibliotecario. Eppure io
ca più che organizzativa. Le presentazioni in Power- lo dico, lo dico in modo disarmato, sono un bibliote-
Point ne scandiscono bene il meccanismo di semplifi- cario, come un altro potrebbe dire: sono un drogato,
cazione cognitivo, articolato in slides, grafici, bullets e non sentendomi certo migliore. A un certo punto
(“pallottole” o meglio, “pallini”). Edward R. Tuffe ha della mia vita, non saprei neanche quando, è scattato
sostenuto che una delle ragioni del tragico fallimento un imprinting e da allora sono un bibliotecario. Non
del volo dello Shuttle Columbia stava proprio nella è scattato solo l’amore per degli oggetti, sia pure fatti
deliberata retrocessione di un fattore di rischio in un d’infinito, ma sempre oggetti. Questo avrebbe fatto
bullet di terzo livello nelle slides della presentazione di me un bibliofilo qualsiasi. È scattata una molla di
ingenieristica del progetto. Così esso sfuggì all’atten- tutela e di ordinamento, la cura per ciò che in quegli
zione dei decisori ma non all’impatto con la gravità oggetti di volta in volta si nasconde e che di quegli
terrestre. oggetti spesso si fa beffe; l’intuizione che se qualcosa
di simile a un ordine nell’universo può esistere, esso

L
a visione manageriale del mondo ruota intorno ha a che fare con loro: sono i libri l’espressione più
ai maneggi del potere, cui si dedica, fin dall’eti- perfetta della negentropia, e c’è da rabbrividire al
mologia, con zelante familiarità. L’inglese ma- pensiero di quale scialo entropico avvenga in qualche
nage pare avere origine dal latino manidiare attra- punto dell’universo quando un libro, un libro vero,
verso l’italiano maneggiare, non senza una deriva e qui da noi prende forma (il che comunque avviene
una certa confusione verso il francese ménager, che di rado, per questo è importante anche conservarli, i
porta ad altre commistioni (pur non del tutto aliene libri). Cura e ordinamento che si rovesciano in dipen-
alla pratica del management) come la gestione do- denza, in felice sudditanza. Sarei stato bibliotecario
mestica e il ménage familiare. In ogni caso l’uso del anche se non avessi fatto questo lavoro? Che doman-
termine è attestato, fin dal XVI secolo, in ambito mi- de. C’erano più operai tra quelli che nel ’68 volanti-
litare, prima della sua estensione all’industria e agli navano fuori di Rivalta, alzandosi due ore prima del
affari (traggo queste utili indicazioni da un articolo primo turno, e magari non avevano mai messo piede
di Raymond Williams sul numero 326 di “aut aut” in fabbrica, che tra quelli che venivano piallati alla
dedicato alle retoriche del management). Di fatto la catena di montaggio. Sì, lo so, suona irriguardoso dir-
catena del comando manageriale ha molto di milita- lo, suona come un elogio dell’établi, dello studentello
re, così come il meccanismo dello scarico di respon- borghese che vuol spiegare ai lavoratori cosa devono
sabilità (una evacuazione sull’inferiore, fintanto che fare. Però uno è operaio se è trafitto dall’alienazio-
è consentita, con una eventuale deviazione collatera- ne come san Sebastiano, se respira la concentrazione
le, verso enti o uffici paralleli). Nell’ente pubblico la delle forze produttive come un veleno che lo uccide e
managerialità ha fatto irruzione attraverso una deli- insieme come un ossigeno che gli riempie i polmoni,
mitazione di campo con il politico, con la famosa di- se nella pelle sente la dignità di quella esistenza col-
stinzione tra “gestione” (che spetterebbe ai tecnici) e lettiva come un disegno all’incontrario che rovescia
“indirizzo” (che sarebbe prerogativa della “politica”). come un guanto la apparente stabilità delle gerar-
Distinzione che è andata subito stretta ai politici e chie e dei poteri. Per questo oggi forse non ci sono
che si è rivelata alla prova dei fatti inapplicabile (un più operai e ci sono tanti sfruttati. Io l’ho detta la mia
tributo alla retorica del management, appunto), vista bestemmia da bibliotecario. Ora tocca a voi, operai (e
la inestricabilità di gestione e indirizzo nella maggior battete un colpo).
parte delle imprese pubbliche. La politica dei politici

T
(che, come noto e per fortuna, non esaurisce affatto la    he library is a growing organism (la biblio-
sfera della politica) si è comunque ripresa il suo mar- teca è un organismo che cresce, quinta legge
gine di manovra, potremmo dire il suo diritto di ma- di Ranganathan): ci pensavo oggi, ripercor-
nagerialità, attraverso il meccanismo squisitamente rendo mentalmente più di venti anni di vita biblio-
autoritario dello spoil system, ossia della sostituzione tecaria. Quando sono arrivato in questa biblioteca, vi
del management dirigenziale con proprio personale lavoravano in tre, ed era un organismo che dai suoi

Poliscritture/Esodi Pag. 49
duecento metri quadri premeva per estendere i suoi bliotecari della repubblica spagnola durante la guerra
tentacoli. Dico la verità, io la sentivo scalciare, quel- civile mentre saltano disarmati da una trincea all’al-
la biblioteca, dentro il ventre della città. Come una tra portando pacchi di libri. Non c’è nulla che renda
creatura, come un tumore, come una cellula non so evidente la diversità di civiltà tra i due schieramenti
se sana o impazzita, aveva bisogno di crescere, di al- che si combatterono (quello repubblicano e quello
lungare i suoi scaffali, di seminare letture. Oggi è una falangista) quanto la loro opposta politica bibliote-
biblioteca di 1500 metri quadri, aspetta (e spera) un caria. Da un lato Franco e i generali impegnarono i
ampliamento che li raddoppierà, va per il centomille- pochissimi bibliotecari che mantennero in servizio (e
simo volume, ci lavoriamo in venti, c’è la fonoteca, il che non fucilarono) nel compito di epurare e censu-
multimediale, la storia locale, la sala ragazzi. È uscita rare, uno per uno, i libri delle biblioteche “inquinati”
dal ventre, ma cresce ancora, con un ritmo diverso: dalla sovversione democratica, per espungere dai ca-
pulsa di una potenza tranquilla, esplora il mondo e taloghi le opere di Garcia Lorca, Unamuno, Machado,
conquista nuovi spazi con la sua metodica serendipi- Alberti, Cernuda, Hernández e via via moltissimi altri
ca, con il suo sguardo fisso altrove. Chiamatelo misti- facendo grazia per nazionalismo al solo Quijote, che
cismo bibliotecario, avrete ragione. Eppure io provo giustamente invece Pinochet mise al bando (ricordate
una sorta di postuma serenità quando contemplo la Brecht? «Questo torto non fatemelo! Non lasciatemi
“creatura”, quando vedo la sua navata laterale con i fuori… Vi comando: bruciatemi!»). Dall’altro la Re-
finestrini illuminati nella sera come un treno in par- pubblica creò squadre di bibliotecari al fronte perché
tenza, e so che mi sopravvivrà e mi sopravanzerà fa- non facessero mancare nelle trincee il sostegno il sol-
cendo a meno di me. Anche questo è il risultato del lievo la consolazione della lettura. E li impegnò nella
lavoro e della passione di tante persone, di un lavoro costruzione di organizzazioni bibliotecarie da campo,
d’amore. Ben scavato, topi di biblioteca! di biblioteche mobili che ancora oggi sono studiate
per realizzare, in tempi di pace, i bibliobus che por-

A
ltre volte, però, mi capita di contemplare la tano i libri nei paesi più sperduti della Catalogna o
scia dei finestrini illuminati con una diversa della Castilla La Mancha. Poi ci fu un lungo deser-
sen­sazione. Allora vi vedo specchiate le imma- to storico in cui le biblioteche in esilio fecero sentire
gini della biblioteca di Sarajevo, arsa da una bomba solo a tratti la loro voce. Quella voce che ora ritrovo,
(1992), o di quella di Bassora distrutta dalle fonda- con commozione, nelle selve della Lacandona zapati-
menta (2003), o di quella di Bagdad i cui libri sono sta dove il subcomandante Marcos fa costruire e rico-
andati in fumo (2002) colpiti dalle bombe “intelli- struire le biblioteche spiraliformi di Aguascalientes,
genti” e dal saccheggio sotto gli occhi degli occupanti regolarmente distrutte dall’esercito messicano. O nel
americani. Intorno a quegli scaffali il tessuto umano, discorso della comandancia zapatista all’Università
la solidarietà civile e culturale si sono sgretolati in un Metropolitana di Città del
attimo. Le millenarie pareti di libri sono andate in Messico nel 2001, che è
briciole. Così la vanagloria dell’operosità e l’orgoglio interamente centrato sui
dei guardiani cedono il posto alla consapevolezza del- libri, sulle loro perse-
la fragilità e della precarietà. Diciamo che non sap- cuzioni, sui loro silen-
piamo che cosa sarà domani. Diciamo che non sap- zi e sul loro diritto a
piamo chi sopravvivrà a chi. Diciamo, con Benjamin, “volare” in liber-
che ogni monumento alla cultura è anche un monu- tà. Ben scava-
mento alla barbarie. Diciamo che ogni informazione to, caracoles
che si aggiunge, che ogni lettera del tuo nome è solo della La-
un giro di valzer sull’orlo di tutto ciò che resta igno- cando-
to o che conoscendolo ci restituisce solo il profilo del na!
silenzio o dell’orrore. Tutto ciò che è solido marcisce
all’aria. Forse la biblioteca-universo è in indefinita
espansione e i libri si disperderanno nel vuoto side-
rale come atomi privi di senso. O forse è in fase di
implosione e in una riga si concentreranno i pensieri
gli amori e i dolori di miliardi e miliardi di creature
intergalattiche. Allora gli atomi sempre più pesanti
del dolore planetario fondendosi faranno precipitare
la biblioteca nel buco nero e nel calor bianco di un
rogo senza fine.

A
Madrid viene inaugurata in questi giorni una
mostra sulle biblioteche in guerra. L’hanno cu-
rata con la loro intelligenza pasionaria Blanca
e Ramón, che sono andati a ricomporre le pagine di
una storia che i vincitori hanno scientificamente can-
cellato, con il loro zelo di costruttori di macerie. La
mostra non l’ho ancora visitata, ma già ce l’ho davanti
agli occhi. Nel biglietto di invito sono raffigurati i bi-

Poliscritture/Storia adesso Pag. 50


4 Storia adesso
Rothschild, rappresentante dell’ebraismo inglese vi-
cino al movimento sionista , il ministro degli esteri
della Gran Bretagna, lord Arthur James Balfour, in-
curante delle prevedibili conseguenze, si dichiara fa-
vorevole all’instaurazione in Palestina di «un focola-
re nazionale per il popolo ebraico». Il Medio Oriente,
vicino al canale di Suez, linea vitale allora del traffico
Ennio Abate fra India e madrepatria inglese, era regione strategica
per l’Impero britannico. E gli inglesi, pur di control-
larlo, da una parte incoraggiarono le rivolte indipen-
Israele e i paesi dentiste delle élites arabe contro l’impero Ottomano
schierato con la Germania (si ricordi la figura contro-
arabi versa di Lawrence d’Arabia), e dall’altra, tradendole,
si accordarono in segreto con la Francia. Così alla fine
della Prima guerra mondiale, i francesi ottennero i
territori libanese e siriano e gli inglesi la Palestina ed
un protettorato su Irak e Transgiordania (ricchi di
Un drammatico conflitto si ripete da circa un seco- petrolio).
lo in Palestina dentro il più vasto teatro del Medio
Oriente, anch’esso sempre sull’orlo della guerra o in Le prime immigrazioni di ebrei in Palestina. Il
piena guerra. Finora gli atti internazionali, i proclami 9 dicembre 1917, caduto l’impero Ottomano, la Gran
dell’Onu, i negoziati, gli stessi accordi tra israeliani Bretagna occupò Gerusalemme e permise l’insedia-
e palestinesi (Oslo, Camp David) non sono serviti a
portare la pace. Odi e rancori sembrano insanabili Sionismo
e persino le memorie collettive di ciascuno dei due
popoli sono contrapposte: sugli ebrei d’Israele gra- Il sionismo (da Sion, un colle nei pressi
va il genocidio nazista; sui palestinesi (e gli arabi in di Gerusalemme, ma anche un modo di chiamare
generale) la Nakbah, la sconfitta del 1947-1948, che quella città, considerata “santa” da ebrei,
ratificò la nascita dello Stato di Israele in Palestina e musulmani e cristiani) inteso come ritorno
degli ebrei alla “terra promessa”, divenne
la loro condizione di «senza patria». movimentopolitico, dai tratti a volte libe-
rali e a volte socialisti, che rivendicò una
Il ripetersi di attentati e rappresaglie inducono molti nazione per il popolo ebraico attorno al 1897,
all’indifferenza. Eppure non è possibile distrarsene. anno del congresso convocato dal più importan-
Impossibilitati ad intervenire, dobbiamo comunque te fra i suoi fautori, l’ebreo ungherese di
cercare di capire questo conflitto che logora non solo lingua tedesca Theodor Herzl. La scelta del-
due “civiltà” – quella ebraica e quella palestinese la Palestina come sede della nazione ebraica
– ma le possibilità di pace mondiale. Perciò qui ritor- prevalse fra varie ipotesi (Cipro, Argentina,
Uganda ecc.) anche per l’interesse dei gover-
niamo sulla sua storia che a noi pare dimostrare due
nanti europei (come l’inglese lord Balfour)
verità ineludibili: 1) la “questione palestinese” è nata ad avere in quella regione strategica un loro
da un’ingiustizia politica: le grandi potenze hanno avamposto. Non mancarono nel movimento sio-
riparato maldestramente lo scandalo del genocidio nista posizioni prudenti e informate sulla
nazista a spese degli arabi; 2) la reazione politico-re- situazione reale della Palestina (ritenuta da
ligiosa del mondo arabo odierno non è un residuo ar- molti sionisti una terra “desertica, arida e
caico eliminabile con un’esportazione neocolonialista incolta”). Il filosofo Martin Buber, ad esem-
di “democrazia”, ma, avendo alle spalle sia il lascito pio, si opponeva ad avventure di tipo colonia-
le e fu favorevole a una comunità binazionale,
velenoso del colonialismo europeo e sia fallimenti
giudeo-araba. Ma prevalse la tendenza estre-
dei processi nazionali di decolonizzazione, chiama mistica, il cosiddetto “sionismo revisioni-
in causa Occidente e Oriente e impone il compito di sta” (da una sua corrente più radicale, la
contrastare le loro rispettive sacche di barbarie, sia Zohar, uscirono anche organizzazioni terrori-
che si esprimano in sgozzamenti e sequestri artigia- stiche, come l’Irgun e la Banda Stern). Così,
nali che in stermini ad alta tecnologia. mentre Herzl predicava un’espropriazione “con
gentilezza” delle terre arabe, molti suoi se-
guaci si prepararono da subito a scacciare
1917-1939 Le premesse colonialiste del conflitto in la popolazione araba della Palestina per far
Palestina Agli inizi del Novecento la Palestina fa par- posto alla nazione ebraica. Il sionismo rea-
te dell’impero Ottomano ormai in crisi dopo secoli lizzerà il suo progetto nel 1948, utilizzando
di splendore e potenza economica [Cfr…]. È abitata l’ondata emotiva seguita alla tremenda rive-
in maggioranza da arabi. Di essi 600.000 sono mu- lazione del genocidio nazista [Cfr…]. Ma lo
sulmani e 70.000 cristiani, ma vi sono anche 80.000 stato d’Israele raccoglierà solo il 40% circa
ebrei. Il 60% della popolazione è contadina (i fellah) e degli ebrei del mondo. Molti di loro preferi-
la regione produce agrumi, grano e altri cereali. Il suo rono l’integrazione negli Usa e in Europa o
criticarono il sionismo (fu il caso di Ein-
futuro viene sconvolto sul finire della Prima guerra
stein e di Freud). E uno dei massimi studiosi
mondiale da una decisione del governo inglese: il 2 del mondo ebraico, Maxime Rodinson, conside-
novembre 1917, in una lettera privata a lord Walter

Poliscritture/Storia adesso Pag. 51


mento di un’amministrazione indipendente sionista.
Questa organizzò una prima limitata immigrazione Il problema dei rifugiati: i
in Palestina (circa 35.000 persone tra 1919 e 1923) palestinesi furono cacciati dagli ebrei
finanziata da ricchi uomini di affari ebrei. I nuovi ar- o abbandonarono spontaneamente la
Palestina?
rivati crearono colonie agricole collettive (i kibbutz),
espellendo i fellah e dando lavoro esclusivamente Alla fine della guerra del 1948-1949, da 700.000
ad altri ebrei. Imposero anche una lingua nazionale ad 800.000 palestinesi si ritrovarono a vive-
ebraica, scartando lo yiddish, ottennero dai britan- re in tendopoli, da “rifugiati”, spesso rag-
nici una sorta di loro parlamento con un esecutivo gruppati per villaggi e quartieri. Nel 2002 le
(Consiglio nazionale) e, nel 1920, organizzarono an- Nazioni unite ne hanno registrato 3,9 milio-
che una milizia armata, la Haganah. ni. Da parte israeliana si sostiene che essi
hanno abbandonato volontariamente le loro ter-
re, rispondendo all’invito degli eserciti arabi
Comincia il conflitto fra ebrei e arabo-palesti- che si apprestavano a invadere la Palestina; e
nesi. Gli ebrei immigrati, convinti spesso di sbarcare che, quindi, non hanno diritto a tornare nella
in una “terra senza popolo” e ricchi di competenze propria casa, come il diritto internazionale
tecniche e scientifiche, erano estranei ai costumi e ai prevede per chi fugge da zone di guerra. Da
modi di vita degli arabi, da loro considerati al pari dei parte palestinese si controbatte che sono sta-
selvaggi. Gli arabi, dal canto loro, videro negli ebrei ti espulsi ed espropriati dagli israeliani. Di
gli “invasori” che li espellevano dalle loro terre. Nel recente, sull’intera vicenda, Benny Morris, ap-
partenente al gruppo dei “nuovi storici” israe-
1929, a Gerusalemme, si ebbero le prime sommosse
liani, ha documentato che il 70% dell’esodo
per il controllo dei luoghi santi e, ad Hebron, venne- arabo fu conseguenza degli attacchi dei repar-
ro massacrati ottanta ebrei di famiglie lì insediate da ti regolari israeliani (Haganah) o dei grup-
generazioni. I ribelli chiedevano il blocco dell’immi- pi sionisti dissidenti inclini al terrorismo,
grazione ebraica. praticarono la disobbedienza civile come l’Irgun o la Banda Stern. Nell’aprile del
non pagando le tasse e, dal 1937 al 1939, organizza- 1947, l’esodo volontariodi arabo-palestinesi
rono una rivolta armata contro i britannici e i coloni dei ceti più agiati verso i paesi confinanti fu
ebrei, sedata con migliaia di morti, arresti, deporta- dunque limitato. Molti, invece, partirono per
la paura suscitata dal massacro di Deir Yasin,
zioni e distruzioni di case. Ad Haifa, nel 1938, gruppi
dove il 9 aprile 1948 furono massacrati 200
estremisti ebrei (Irgun, Banda Stern) per la prima palestinesi da parte degli israeliani. E molti
volta usarono l’arma del terrorismo, facendo esplo- altri furono cacciati dal governo israeliano
dere bombe nei luoghi pubblici. una volta finite le battaglie. I “nuovi storici”
hanno anche dimostrato che, oltre al massacro
di Deir Yasin, ce ne furono molti altri anco-
1947-49 La nascita d’Israele. Durante la Seconda ra più spaventosi firmati sempre dall’Haganah.
guerra mondiale, migliaia di esuli ebrei in fuga dal-
la persecuzione nazista tentarono di emigrare negli L’Olp e la resistenza palestinese. Dopo la Nak-
Usa, che non vollero accoglierli. Anche gli inglesi, bah del 1947-1948, i palestinesi, per limitare i con-
che, dopo la grande rivolta araba del 1937-’39, ave- dizionamenti spesso pesanti dei paesi arabi nei loro
vano limitato l’ingresso di ebrei, li respinsero. Tra la confronti, fondarono nel 1959 Al Fatah (Movimento
fine della guerra e il 1948 il movimento sionista fece per la liberazione della Palestina) attorno a Yasser
allora sbarcare in Palestina circa 70.000 clandestini Arafat; e il 28 maggio 1964 varie loro organizzazioni
e alcuni suoi gruppi dissidenti rivolsero le armi anche confluirono nell’Olp (Organizzazione per la liberazio-
contro gli inglesi. La Gran Bretagna, messa in ginoc- ne della Palestina). Dal 1965 gruppi di fedayin (“co-
chio dalla guerra, si disimpegnò, oltre che dall’India loro che si sacrificano”) legati all’Olp cominciarono
[Cfr…], anche dal Medio Oriente e nel ’47 pose la que- attacchi armati contro l’esercito israeliano, mentre
stione palestinese alle Nazioni unite. Queste propo- altri gruppi dissidenti scelsero la strada del terrori-
sero una spartizione della Palestina (risoluzione 181), smo (dirottamenti di aerei, uccisione di atleti israe-
che prevedeva uno stato ebraico sul 55% del territorio liani alle olimpiadi di Monaco del 1972 ecc.). Ai suoi
con 500.000 ebrei e 400.000 arabi, uno stato arabo inizi l’Olp ebbe come obiettivo la liberazione di tutta
sul resto con 700.000 arabi e alcune migliaia di ebrei la Palestina (e quindi l’espulsione dei «coloni ebrei»),
e una presenza a Gerusalemme di 200.000 abitanti, ma dal 1969 si orientò verso un compromesso con lo
metà ebrei e metà arabi. I governi arabi rifiutarono il Stato israeliano, riconoscendo che la presenza degli
piano; e quando, il 14 maggio 1948, fu proclamata la ebrei in Palestina era ormai un fatto storico irrever-
nascita dello Stato di Israele, riconosciuto dagli Stati sibile. E, dal 1974, propose uno Stato palestinese li-
Uniti e dalla stessa Unione sovietica, gli dichiararono mitato alla Cisgiordania e a Gaza. Il cambiamento di
guerra. Vennero però sconfitti nel luglio 1949 e Israe- strategia fu imposto anche dalla crescente ostilità nei
le allargò le sue frontiere ben oltre i confini previsti suoi confronti di vari Stati arabi. Nel 1970, infatti, i
dal piano di spartizione, impossessandosi anche del- fedayin vennero eliminati dall’esercito giordano e
la parte occidentale di Gerusalemme. Si creò così lo nel 1975-76 da quello siriano, mentre nel 1978 l’Egit-
spinoso problema dei rifugiati palestinesi, ridotti a to di Sadat sottoscrisse accordi separati con Israele,
vivere in tendopoli e mal sopportati dagli stessi paesi dissociandosi dalla causa palestinese e recuperando
arabi. così il Sinai. L’odissea tragica dell’Olp ebbe una nuo-

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armati, elicotteri Apache e F-16. Fu allora che per la
Gli ebrei formano una nazione? prima volta Hamas (“entusiasmo, ardore”), un grup-
po di resistenza palestinese in contrasto con l’Olp e
Stabilire chi è ebreo e chi no è un problema che si richiamava all’Islam, inaugurò la tecnica degli
irrisolto. Né la definizione tardiva (del 1970) attentati suicidi. Nel 2000 scoppiò una seconda In-
della Corte suprema israeliana, che dichiarava tifada in seguito alla provocatoria visita del capo del
ebreo chi fosse nato da madre ebrea o si fos- Likud [gloss], Sharon, sulla Spianata delle Moschee
se convertito all’ebraismo e non appartenesse a Gerusalemme. La repressione israeliana fu duris-
ad altra religione, né quella approntata dai
sima: a fine novembre 2002, il bilancio fu di 2000
nazisti nel 1935 con le leggi di Norimberga,
che considerava ebrei quanti avessero tre o morti palestinesi e di 672 israeliani.
quattro nonni ebrei, hanno saputo mettere or-
dine in una realtà etnica eterogenea, come Negoziati e tentativi di pace Interrotte da atten-
quasi tutte quelle esistenti al mondo. Nes- tati e rappresaglie, si sono svolte anche difficili trat-
sun rapporto accertato, infatti, può essere tative fra israeliani e palestinesi per arrivare a un ac-
stabilito tra gli ebrei del regno di Salomone cordo di pace. Dopo alcuni colloqui segreti ad Oslo,
nel X sec. a.C., quelli di Palestina ai tem- nel 1995 si ebbe un incontro “storico” a Whashingon
pi dell’impero romano, quelli dei ghetti del- tra Arafat e il premier israeliano Rabin con la media-
l’impero zarista e quelli di Israele d’oggi.
zione del presidente statunitense Clinton. A nome
(33) Secondo uno dei più eminenti archeologi
israeliani, Israel Finkelstein «gli ebrei non dell’Olp Arafat riconobbe lo stato d’Israele e procla-
sono mai stati in Egitto, non hanno errato nel mò la rinuncia al “terrorismo e ad ogni atto di violen-
deserto, non hanno conquistato la Terra pro- za”, mentre il governo israeliano accettò l’Olp come
messa. I regni di David e di Salomone descrit- rappresentante del popolo plaestinese e promise
ti nella Bibbia come potenze regionali altro entro cinque anni l’autogoverno dei Territori occu-
non erano che piccoli regni tribali» (34) Né pati. Questi accordi, basati sul principio della “pace
un territorio, né la lingua, né la storia, né in cambio dei territori” ma vaghi su molti problemi
i costumi hanno mai unificato le popolazione cruciali, furono realizzati in minima parte e di fatto
ebraiche. Le loro condizioni di vita cambiano
affossati, nel 1955, dall’assassinio di Rabin da parte
profondamente nel corso dei secoli e s’intrec-
ciano, a seconda delle circostanze, con quelle di uno studente israeliano di estrema destra e dalla
di altre popolazioni e molti ebrei s’integrano vittoria della destra alle elezioni del 1996. Anche altri
pienamente nelle culture delle nazioni in cui negoziati (a Camp David nel luglio 2000, a Taba nel
vivono. Tuttavia gli ebrei, ora perseguitati gennaio 2001) restarono infruttuosi.
in base al tradizionale antigiudaismo dei cat-
tolici (ad esempio alla fine del Quattrocento Nei Territori occupati. Un ragazzo su due che vive
nella Spagna riconquistata agli arabi, che in in questi territori è stato in prigione o ha parenti uc-
genere erano stato con loro più tolleranti), cisi, feriti o handicappati. I movimenti degli abitanti
devono affrontare forme di antisemitismo (il
sono circoscritti ad un kmq circa. Apposite “strade
termine fu inventato nel 1873) che diventano
più aggressive proprio a fine Ottocento con di aggiramento” evitano ai coloni ogni contatto con i
l’invenzione della cosiddetta “scienza del- palestinesi. Quelli di loro che sono costretti a cercare
le razze”, base teorica anche del colonia- lavoro in Israele devono oltrepassare ogni giorno, as-
lismo delle nazioni europee, che giustifiche- sieme ad altri lavoratori a giornata, la “linea verde”,
ranno proprio in base ad essa il loro presun- la frontiera che separa Israele dai Territori occupati,
to «diritto di civilizzare razze inferiori». sottoponendosi a controlli e angherie.
La Palestina, attraversata da blindati di guerra e
va tappa nel 1982, quando l’esercito israeliano invase sottoposta a una serie di chech points militari, resta
il Libano, dove i palestinesi avevano basi politiche e tuttora campo di battaglia. E in questa situazione di
militari, e costrinse l’Olp a rifugiarsi in Tunisia, men- stallo disperante il fondamentalismo islamico [Vedi:
tre le milizie della destra libanese, con la complicità Parole chiave] si è diffuso anche fra i palestinesi,
israeliana, massacravano circa 3000 profughi pale- alimentando la lotta armata in forme terroristiche
stinesi dei campi di Sabra e Chatila. (kamikaze che si fanno esplodere in luoghi pubblici
ecc.), alla quale Israele risponde non solo con rastrel-
Prima e seconda Intifada. Appoggiata dagli Usa, lamenti e omicidi mirati, ma iniziando ad erigere dal
Israele rifiutò a lungo ogni trattativa con l’Olp, giu- 2002 anche un gigantesco “muro di sicurezza” nella
dicata un’organizzazione di “terroristi”; e, dopo la West Bank.
guerra dei Sei giorni del 1967, iniziò una capillare
colonizzazione del 65% dei “Territori occupati” del- Morte di Arafat e vittoria alle elezioni di Ha-
la Cisgiordania e del 40% di quelli di Gaza, sui quali mas. Finché è stato vivo Arafat l’Autorità palestinese
l’Olp aveva pensato di far nascere uno Stato palesti- ha potuto governare solo sul 40% (“coriandoli spar-
nese indipendente. La vita dei palestinesi nei Territo- pagliati”) della Cisgiordania e su 2/3 della striscia di
ri occupati divenne sempre più dura e l’accumulo di Gaza, ma a stento e solo formalmente. Il leader pa-
odi, stanchezza e frustrazioni ha alimentato sommos- lestinese, simbolo della resistenza malgrado la cor-
se e attentati. Nel dicembre 1987 scoppiò l’Intifada, ruzione e la crescente impotenza dell’Olp, è rimasto
la “rivolta delle pietre”, repressa da Israele con carri sempre più malato e isolato recluso nel suo palazzo
della Muqata a Ramallah sotto il tiro dei carri armati

Poliscritture/Storia adesso Pag. 53


Martin Buber e i dissidenti del Il muro di cemento della West Bank
movimento sionista
La prima parte del Muro è stata iniziata nel
Fin dal suo sorgere nel movimento sionista era- giugno 2002. È lunga 145 km e racchiude tre di-
no sorte voci critiche per la sottovaluzioni stretti della West Bak abitati da circa 500.000
e le distorsioni con cui veniva affrontato il persone. Il muro è alto 8 metri ed è circon-
problema del rapporto con la popolazione ara- dato da fossati larghi da 60 a 100 metri e
bo-palestinesi già insediata… Martin Buber è un da reti di filo spinato. Torri di controllo
esempio emblematico di questi critici, econvin- si susseguono ogni 300 metri. Lungo il suo
to che la questione araba sarebbe stata la vera tracciato sono state costruite strade di aggi-
“pietra di paragone” del progetto sionista ave- ramento accesibili solo ai coloni israeliani.
va subito deplorato i primi insediamenti, rim- Il costo complessivo dell’operazione è di un
proverando la leadership sionista di «seguire milione di dollari al km. Nel progetto finale
le orme della tradizionale politica coloniale» il Muro dovrebbe essere lungo 650 Km. Israele
e notando che la nascente comunità ebraica in pensa di prevenire così gli attentati suicidi,
Palestina era sempre più «isolata dall’orga- ma di fatto esso impedisce a migliaia di pa-
nico contesto del Medio Oriente». Buber nel lestinesi di lavorare in Israele e ha privato
pieno della prima guerra arabo-israeliana del molti di loro dediti all’agricoltura dei pro-
1948 , pur considerando difensiva la guerra di pri terreni e delle necessarie risorse idriche.
Israele, sostenne che gli arabi «si riteneva- Il muro è anche la dimostrazione che in una
no attaccati da noi» e «ci avevano accusato di situazione di aperto conflitto l’architettura
averli depredati». Aveva condannato pure, come e l’urbanistica perdono subito il loro aspet-
fece anche Freud, ogni tentativo di sostenere to tecnico. In una mostra tenutasi a Berlino
la costruzione dello stato ebraico ricorrendo durante il congresso mondiale degli architetti
alla religione. Bisognava cambiare politica, grandi foto aeree hanno svelato con chiarez-
altrimenti Israele sarebbe stato «costretto a za la funzione politica degli insediamenti dei
mantenere un perenne stato di vigilanza» con un coloni. Essi, infatti, sono posti in genere
«costo enorme per la parte migliore della nostra sulla cime delle colline per ragioni politiche
società» e che «quando ognuno con una mano è in- e militari, mentre i tradizionali kibbutz era-
tento a lavorare, e con l’altra tiene un’arma» no in pianura, mirano a impedire la crescita
(Neemia 4:11) si può costruire un muro, ma non dei villaggi palestinesi e la loro architet-
una casa accogliente, e tanto meno un tempio. tura (casette unifamiliari, tetto spiovente e
La sua posizione era stata ripresa da alcune ricoperto di tegole) è stranamente europea e
associazioni dissidenti già nel 1925, rimaste del tutto inadeguata al clima della Palestina.
però isolate, malviste e impotenti. La loro In un’altra ricerca, presentata alla Bienna-
proposta di un progetto binazionale alternativo le di Venezia del 2002, è stato misurato il
allo “stato ebraico” di Herzl finì emarginata… tempo impiegato su un percorso parallelo nei
Territori occupati da un viaggiatore con pas-
saporto israeliano e uno con documenti pale-
stinesi: con gli stessi punti di partenza e
israeliani e minacciato apertamente di morte. di arrivo l’israeliano ha impiegato 1 ora e
Dopo la sua morte nel novembre 2004, come presi- 5 minuti e il palestinese, che deve sottopor-
dente dell’Autorità palestinese, nel gennaio 2005, è si a tutti i check-point disseminati lungo il
stato eletto Mahmoud Abbas (meglio noto come Abu percorso o, in alternativa, fare lunghi giri
Mazen). Anche lui, pur dichiarando una tregua con per evitarli ci ha messo 5 ore e 20 minuti.
Israele, ha visto ben presto logorarsi il suo scarso po-
tere. Nell’estate del 2005, infatti, il governo Sharon cora più drammatica e infuacata. Malgrado sia stato
ha unilateralmente (e quindi senza trattare con Abu presentato dalla stampa internazionale esclusiva-
Mazen e in pratica non riconoscendogli autorità) fat- mente come un movimento di fanatici e di terroristi
to evacuare qualche migliaia di coloni israeliani dalla (accusa del resto a lungo rivolta alla stessa Olp e
Striscia di Gaza e dalla regione di Jenin. Su un tota- ad Arafat), Hamas ha saputo raccogliere lo scontento
le di 436.000 coloni, solo 8.475 illegali (il 2%) sono popolare per la corruzione crescente nelle file del-
stati espulsi, ma l’evacuazione è stata enfatizzata al l’Olp, dando di sé un’immagine più limpida di quella
massimo dai media internazionali e presentata come dei funzionari dell’Autorità palestinese. È un risulta-
un’inversione di rotta nella politica israeliana, men- to solo in apparenza sorprendente e inatteso: del re-
tre nel corso degli anni precedenti la deportazione di sto da decenni il gruppo dirigente palestinese laico
decine di migliaia di palestinesi dalla stessa Gaza ha è stato combattuto e non riconosciuto da Sharon e
avuto minima risonanza. dallo Stato di Israele e isolato anche dalle diplomazie
Con l’improvvisa malattia di Sharon, colpito da un europee e occidentali. La vittoria alle elezioni apre un
ictus che l’ha di fatto eliminato dalla scena politica nuovo capitolo nella storia del conflitto tra palestine-
e il terremoto che si è verificato tra le forze politiche si e Israele. La tensione interna ad Hamas tra il fon-
palestinesi nelle elezioni del gennaio 2006, quando i damentalismo religioso di un’ala dei suoi seguaci e
partiti dell’Olp, a partire dal movimento di Al Fatah, una linea più pragmatica di altri si allenterà o si esa-
sono stati sconfitti dai rappresentati del movimento spererà nell’infuocata cornice mediorientale a secon-
islamista di Hamas, che ha ottenuto la maggioranza da dell’andamento della guerra in Irak, delle scelte di
assoluta (76 seggi a 43) la situazione è diventata an- della nuova dirigenza iraniana e della possibilità per

Poliscritture/Storia adesso Pag. 54


Attesa a Allenby
della poetessa palestinese Fadwa Tuqan nata Hamas
Nablus nel 1917
Il movimento di Hamas - «Zelo», acronimo di
Sospiri davanti allo sportello dei permessi Movimento di Resistenza islamica - nacque nei
(al Ponte di Allenby) quartieri degradati di Gaza e nei campi profu-
ghi palestinesi durante lo scoppio della prima
Intifada (il termine significa «scrollarsi di
Sosta davanti al ponte dosso») del 1987, quando nella resistenza ai
per chiedere il permesso di passare soldati israeliani entrò attivamente in campo
Ah! Chiedere il permesso di passare la rete assistenziale e religiosa sorta per
Soffocare, perdere fiato islamizzare la società palestense allora domi-
nel caldo torrido del mezzodì nata dall’Olp e diretta dal leader tetraplegico
sette ore di attesa… Sheik Yassin (ucciso poi, nel marzo 2004, da
chi ha spezzato e ali del tempo? un attacco mirato israeliano). Hamas fu fonda-
chi ha paralizzato il cammino del giorno? ta nel febbraio 1988 su un programma semplice
Il caldo mi brucia la fronte e radicale, apertamente ostile agli accordi di
e il sudore salato inonda i miei occhi Oslo: la Palestina è terra islamica e nessu-
ah! Migliaia di sguardi na parte può essere ceduta ai non musulmani.
come specchi di angoscia fissano con ansiosa La resistenza contro gli occupanti israeliani
apprensione divenne subito armata, anche se nel 1994 non
lo sportello dei permessi indirizzi attesa e mancarono le offerte di una tregua (Hudna) se
ancora attesa Israele si fosse ritirata dai territori oc-
per chiedere il permesso di passare e la cupati. L’inizio della seconda Intifada, co-
voce furiosa di un soldato risuona come uno minciata nel settembre 2000, all’indomani di
schiaffo sul volto della folla: ‘Arabi, una provocatoria passeggiata di Sharon sul-
disordine, cani la spianata delle moschee, e la sua confer-
tornate indietro non avvicinatevi allo ma a premier del governo israeliano nel feb-
sbarramento braio 2001 hanno rafforzato sempre più Hamas.
abbaiate, cani! Il pugno sbatte sullo
sportello dei permessi come uno schiaffo sul Parole chiave:
volto della folla ah! sanguina la mia anima
Fondamentalismo islamico
il mio cuore si riempie di amarezza […]
Il termine «fondamentalismo» è nato in Euro-
pa all’interno del mondo cristiano. Indicava
la posizione di quanti, contro la corruzione
attribuita alla Chiesa, volevano far rivivere
il suo spirito originario, tornando ai “fon-
ora remota di una revisione della strategia di guerra damenti” biblici o evangelici. «Fondamentali-
permanente degli Stati Uniti. sti» furono dunque agli inizi del Cinquecento
le varie correnti che portarono alla Riforma
protestante [Cfr…]. Oggi il termine è riferi-
La reazione religiosa alla modernità: il fon-
to in particolare alle correnti islamiche, che
damentalismo islamico. Il fallimento degli espe- vogliono anch’esse un ritorno ai “fondamenti”
rimenti modernizzatori e alla base della rinascita del del Corano e all’Islam originario, tradito a
fondamentalismo e dell’integralismo islamico [paro- loro parere dall’adesione delle società musul-
le chiave]. Essa poggia su una miriade di gruppi che mane ad altre culture, soprattutto occidentali.
vogliono il ritorno all’Islam originario e un’interpre-
tazione alla lettera del Corano. Critici dei regimi che
hanno importato dall’esterno modelli moderni di vita
sociale (quelli liberali dell’Occidente o quelli sociali-
sti dell’Urss), alcuni di questi gruppi si sono dedicati
ad una reislamizzazione dal basso mediante opere di
tipo missionario, assistenziale e sociale. Altri hanno
scelto l’azione politica, ricorrendo anche ad atti ter-
roristici. La base di questi movimenti è nelle grandi
città e nei ceti colti ed essi sanno padroneggiare tutte
le tecnologie moderne. A lungo minoritari e repressi
con condanne a morte in Egitto e massacri di massa
in Siria, si sono rafforzati dalla fine degli anni Sessan-
ta; e dal 1979, con la vittoria degli integralisti sciiti
di Khomeini [glossario] in Iran e l’introduzione della
sharia (la legge coranica) anche in Sudan, hanno al-
largato la loro influenza dal Marocco all’India, all’Af-
ghanistan. In Algeria, dopo la vittoria del Fis (Fronte
islamico di salvezza) al primo turno delle elezioni le-
gislative (1991) e la sospensione del processo eletto-
rale da parte del governo, si è arrivati ad una sangui-

Poliscritture/Storia adesso Pag. 55


illogica nel sistema concettuale islamico. Questo an-
Parole chiave: tiebraismo ha funzionato fra le popolazioni arabe da
Integralismo islamico collante popolare e da sfogo delle frustrazioni e ha il
suo corrispettivo nell’antiarabismo degli occidentali.
Sebbene possa convivere con il fondamentali- Entrambi i fronti in lotta oggi in Palestina e, più in
smo, l’integralismo se ne distingue, perché generale, in Medio Oriente sono intrisi di razzismo
afferma il primato assoluto della religione consapevole o inconsapevole ed è su questi luoghi
su ogni aspetto della vita sociale. Arte, po-
comuni razzisti che fanno leva i teorici di una parte
litica, scienza e costumi devono essere con-
formi alle regole dettate dalla religione. In e dell’altra dello “scontro di civiltà” o – si potrebbe
Europa, integralista fu il potere della Chie- dire – degli opposti fondamentalismi (come lo sceic-
sa per tutto il Medioevo e fino al Cinque- co Osama bin Laden da una parte e dall’altra l’ameri-
ce-Seicento (si pensi alla condanna di Gali- cano Samuel Huntigton o da noi la scrittrice Oriana
leo). Correnti fondamentaliste e integraliste Fallaci).
si ritrovano comunque in tutte le religioni
(e anche nelle ideologie “laiche”) più o meno
corrette da posizioni tolleranti o eretiche. Israele oggi. Molti dei grandi miti fondativi dello
Negli ultimi decenni accanto all’Islam tolle- Stato d’Israele sono caduti nel corso della sua esi-
rante, si è sviluppato un integralismo islami- stenza: ad es. gli studi archeologici più recenti hanno
co, che non ammette separazione tra religione
fatto cadere anche il mito dell’esodo dall’Egitto («Gli
e vita sociale, perseguita certe espressioni
artistiche (si ricordi il caso dello scrit- israeliti non sono mai stati in Egitto» ha dichiarato
tore di origine indiana Salman Rushdie, con- il prof. Ze’ev Herzog dell’università di Tel Aviv) e il
dannato nel 1989 dall’imam iraniano Khomeini kibbutz, simbolo-sogno dell’iniziale socialismo israe-
a morte per un suo romanzo ritenuto offensi- liano, va scomparendo. In pochi decenni , grazie ai
vo della religione musulmana) ed è contro le massicci aiuti economici degli Stati Uniti, Israele ha
forme di emancipazione della donna affermate- sviluppato un’industria tecnologicamente avanza-
si nei paesi più industrializzati del mondo.
ta ed è in possesso anche della bomba atomica. La
sua vita sociale si è profondamente “americanizzata”,
nosa guerra civile. In Afghanistan il regime istaurato con forti diseguaglianze sociali, dominio del denaro
dai Talebani, una frazione islamista ultraintegralista, e politica spettacolo. Le nuove parole d’ordine dif-
è stato abbattuto dall’intervento militare degli Stati fuse sono privatizzazione e partecipazione aziona-
Uniti, che, dopo l’11 settembre 2001 (attentato alle ria e Israele all’inizio del ventunesimo secolo è uno
Twin Tower), hanno preteso la consegna di Osama dei paesi dove maggiore è la diseguaglianza sociale.
bin Laden, ritenuto responsabile dell’attentato come Ci sono evidenti forme di discriminazione coloniale
capo di al Qaeda, una rete di migliaia di militanti isla- (fra 1975 e 2000 lo Stato ha costruito 336.000 case
misti radicali stranieri con basi di addestramento in per gli ebrei e appena 1000 per gli arabo-israeliani)
Afghanistan. e la disoccupazione colpisce soprattutto questi ulti-
mi (un milione circa) anche sul piano politico (hanno
Cultura islamica e razzismo. Dal 1948, anno del- diritto di voto, ma sono considerati spesso “nemici
la nascita di Israele, nel mondo arabo si sono diffuse interni”). Altre divisioni esistono fra askenaziti di
idee razziste, e più precisamente antiebraiche, assolu- origine europea ed ebrei sefarditi di origine «orien-
tamente inedite nella tradizione culturale dell’Islam, tale» cioè araba. Dopo il crollo dell’Unione sovietica
ammirata in Europa fin dai tempi dell’Illuminismo. moltissimi ebrei russi sono arrivati in Israele. La pre-
Fino a quella data, infatti, l’Oriente è evocato come un senza di 225.000 coloni in 200 colonie piantate nel
luogo di rifugio per le comunità ebraiche perseguita- cuore dei Territori occupati è l’ostacolo più difficile
te in Europa. Esse nei secoli di splendore dell’Islam per qualsiasi ipotesi di pace negoziata, mentre fortis-
avevano potuto irradiarsi tra Mediterraneo, Europa simo è il predominio sul piano politico e sociale del
orientale e Medio Oriente funzionando come media- fondamentalismo religioso ebraico (degli ortodossi
trici culturali e commerciali tra il mondo cristiano e (20%) e degli ultra-ortodossi (10%) che considerano
il mondo islamico e quartieri ebraici (non “ghetti”) le donne una “proprietà dell’uomo” e proibiscono i
sorgevano nelle più grandi città dell’Islam. Dal ‘48 matrimoni civili). Non si dimentichi poi che la tortu-
in poi nella cultura islamica vennero trapiantate dal- ra sui prigionieri “pressioni fisiche moderate”!) viene
l’esterno e in blocco idee di tipo razzista e antiebraico utilizzata abitualmente.
elaborate altrove. Nella sua breve storia le parole d’ordine socialista
Fu subito tradotto in lingua araba il più celebre tra sono state sostituite dalla costruzione sempre più
i falsi prodotto in ambiente antisemita agli inizi del marcata del capitalismo e quella che si è vantata di
Novecento, i Protocolli dei savi di Sion…, i libri di essere l’“unica democrazia del Medio Oriente” non
testo dei paesi arabi riprendono le più volgari e tra- è tale per i suoi cittadini arabi, discriminati e sotto
dizionali leggende dell’antiebraismo europeo, nella governo militare dal 1966. Secondo alcuni studiosi,
classe dirigente araba tra anni Cinquanta e Sessanta Israele più che una democrazia è una “etnocrazia”,
si diffondono le tesi che negano il genocidio nazista cioè un paese e un sistema di governo «divisi in clas-
degli ebrei (“negazionismo”) e viene accolta la tesi si sociali determinate dall’appartenenza etnica delle
antiebraica del “deicidio” (di Gesù Cristo) del tutto persone».

Poliscritture/Zibaldone Pag. 56
5 Zibaldone di Sanpièr e dintorni.” Non voglio mica morire qui”,
diceva spesso.
Renzo aveva trovato il compagno giusto per scap-
pare un giorno a Milano. C’era però il problema di
risparmiare soldi. Era figlio di un mediatore, aveva
un fratellino, sua madre lavorava in campagna come
Paolo Lezziero bracciante, anche per loro era dura arrivare coi conti
alla fine della settimana.
La soluzione la trovarono da Onorio. Nel suo genere
un personaggio, non amava lavorare sotto gli altri,
Goste e gestiva la sala del Cinemateatro del paese, era anche
custode del cimitero e becchino. A suo modo un ge-
Renzo neroso. Anche se coi soldi ,avendo quattro figli, spes-
so tirava sul dovuto.
a Milano Onorio non poteva fare tutto da solo, e Goste e Renzo
sistemavano le sedie del teatro, i tavolini, li spostava-
no alla fine, facevano le pulizie. In cimitero le tombe
erano coperte di lumini. La cera che si spandeva sul-
Milano era un mito per Sanpièr e i polesani. Del lavo- la tomba andava raccolta. I due amici la grattavano
ro, soprattutto. Ed era la metropoli più vicina. via e la ammucchiavano.. La cera veniva riciclata e
In piazza i pochi che c’erano stati, rappresentanti, rimandata in fabbrica. Pur di andare a Milano accet-
grossi proprietari terrieri, lo facevano pesare. “Siamo tavano di lavorare nel cimitero, soprattutto alla fine
stati a Milano. Noi sì che ci siamo stati”, e lo raccon- delle celebrazioni dei morti e dei Santi, e anche se
tavano a tutti, a quelli che volevano sentire e a quelli spesso avevano un po’ paura ( mai come Onorio che
che non. Perché gli dava importanza di uomini vissu- al cimitero aveva l’abitazione e la famiglia) il mito del
ti, di gente che girava e che non finiva tutte le sere al viaggio vinceva e trovavano il coraggio di fare quel
caffè di Roberto o al bar del Mantovano. E Renzo e lavoro. La mancia di Onorio arrivava subito, anche
Goste, alla loro giovane età, ne restavano affascinati se non era grassa. Renzo poi arrotondava suonando
ascoltando i racconti sulle piazze di Milano, sui locali, in un piccolo complesso che girava le balere, perché a
sulle donne di Milano. E poi sentivano parlare della dodici anni suo padre lo aveva iscritto ai Corsi civici
Scala, del Duomo, delle vetrine, di gente che era stata di musica e se la cavava bene con la fisarmonica, og-
in ristoranti da ricchi, nei cinema dove davano film getto intoccabile e inavvicinabile da tutti in casa sua.
appena usciti con grandi attori, in sale da ballo con La “Fisa” era sacra.
donne affascinanti. Scelsero la giornata di Ferragosto di quell’anno, le
Per i pochi mezzi finanziari dei due ragazzi, Milano mance erano arrivate puntuali e il gruzzolo per il
era come la conquista del K 2,allora molto recente, la viaggio di un giorno finalmente, secondo loro, era or-
stessa sensazione di impresa per dire poi “ a sèn astà mai sufficiente.
a Milan”(1) e raccontarlo a quelli della loro età. Vole- Era la bella stagione. Era più facile girare, occorreva-
vano metterci i piedi, provare la polvere degli asfalti no pochi vestiti, nessun bagaglio. La sera del quattor-
cittadini, fotografarla con gli occhi e stamparsi den- dici, verso le undici, avvisarono i genitori. “ Mamma”,
tro i palazzi, il traffico, la gente. disse Renzo a una donna, sua madre, che lavorava i
Goste aveva la stessa età di Renzo. Erano compagni campi per gli altri ed era già stanca dopo cena, fi-
di scuola, di giochi, abitavano nella via Duranta, il guriamoci a quell’ora, “ vado a Milano”. “ a Milano”,
rione più povero del paese, verso il fiume Tartaro. si sentì ripetere, manco fosse l’America, “a quest’ora,
“Alla casa della Duranta, vicino a quella dei Marchiàn, ma sei matto, pensavo andassi a letto... Vai da solo?
dove c’era una volta il vecchio caseificio, c’era solo “. “ No, con Goste.”
muffa e delle robuste pantegane”, ricordava Renzo Si trovarono nella piazza semibuia, allora c’erano
anni dopo, quando già abitava a Roma e faceva l’at- poche luci. Controllate e gonfiate le biciclette, pun-
tore di teatro. tarono pedalando verso Legnago, la prima città dove
“ Quando mi svegliavo la mattina vedevo la loro coda passava la ferrovia collegata a Verona.
sopra le travi.” Era una notte calda. Le camicie si gonfiavano d’aria,
Goste Ghirlanda era figlio del calzolaio, non era un l’aria della libertà, del viaggio, della méta da raggiun-
sognatore come Renzo ma anche lui voleva andare, gere. I chilometri volavano senza fatica, loro erano
era stufo dell’odore del cuoio che il padre lavorava, allenati, pedalavano tutti i giorni, volavano anche
delle suole e delle scarpacce che portavano in casa le parole. Renzo anni dopo non se le ricordava più,
sua da riparare. E dei soldi che non bastavano mai. erano le parole di un sogno che avanzava. Arrivarono
E delle liti col padre, che ogni tanto trincava, fra una allo “stallo” delle bici, dove si consegnavano in attesa
partita alle bocce e una alle carte. Silvio Ghirlanda del ritorno, e poi a piedi alla stazione.
però l’aveva vista dura da
giovane. Era stato emigrante in America, per cercare Era già mezzanotte. Il primo treno per Verona era al-
lavoro e poi era tornato. l’alba del giorno dopo. Dentro la sala d’aspetto, le
Goste aveva dentro la stessa smania di muoversi, di panche di legno erano piene di gente stravaccata so-
conoscere altri posti, altra gente che non fosse quella pra che dormiva o dormicchiava, con un tanfo terri-

Poliscritture/Zibaldone Pag. 57
bile di sudore e di piedi mal lavati. re, io gliela do, gliela regalo a tutti, ma portarmela via
“ E’ una casa, la stazione”, osservò stupito Goste, che di nascosto rovinando tutto io non ci sto.”
era la prima volta che ne vedeva una. “ Non siamo mica dalle nostre parti e non dobbiamo
“ Cosa pensavi che fosse”, lo brutalizzò Renzo, che da dividerci la legna”, gli disse Renzo coprendosi la boc-
ragazzino era stato a Roma con parenti, e la stazione ca con la mano per non farsi sentire, “ siamo su un
la ricordava bene, anche se poco di tutto il resto, con treno e fai un gran casino, non la voglio la ciambel-
le immagini dentro di una grande, antica città visitata la”.
in fretta. Arrivarono alla stazione di Verona Portanuova ( una
“ Ha parlato il grande viaggiatore”, gli ribadì sul muso stazione vera e grande e bella, sottolineò Renzo) dove
Goste, scocciato per la gente che lo aveva guardato. “ cambiarono treno, un treno vero, rapido e comodo,
L’avevo già vista un’altra stazione, quella di Villa Bar- che arrivava da Venezia e portava turisti di livello,
tolomea, ma ero piccolino, quando eravamo sfollati gente con l’aspetto e il tono più cittadino e un vissuto
per il Po che era diventato matto e ci inseguiva fino diverso dal loro, un modo di porsi che li mise in sog-
agli argini del Tartaro. E questa è la seconda, e sem- gezione. Trovarono posto in seconda classe e si sve-
bra anche lei una casa.” gliarono definitivamente anche per la gioia di essere
“ C’ero io sopra gli argini di Tartaro, con tutti i miei, sul treno che li portava direttamente a Milano, senza
non ti ricordi più”, chiarì Renzo. più cambi e spostamenti. Avevano infatti dormic-
Sulla panca più grossa una donna anziana si era ada- chiato sul trenino di Legnago, soprattutto Renzo che
giata per riposare. Goste le si buttò quasi sopra per non aveva chiuso occhio, adesso invece cominciarono
trovare spazio, le altre donne ridevano, ma Goste non a gustarsi il viaggio, passando per bei posti, Desenza-
si formalizzava, anche a casa sua c’era poco spazio no e il Lago di Garda, e poi per la stazione di Brescia e
con i fratelli nella camera da letto. per quella di Bergamo e finalmente arrivando sotto la
Renzo invece uscì a vedere la notte che avanzava e ferraglia delle volte della stazione di Milano.
la città che dormiva. Rientrò poi sedendosi per terra. Goste restò colpito dalla grandezza della stazione,
Non c’erano più spazi. Non riusciva però a chiudere dal numero dei passeggeri, dei bar, dei giornalai , dei
gli occhi. L’attesa del treno giusto lo eccitava, contava tabaccai, dal numero dei treni fermi e da quelli che
le ore che lo separavano all’alba. partivano, dai gran rumori, dai poliziotti che girava-
Per lui arrivò presto. Un Goste assonnato aveva inve- no a coppie, dai facchini che caricavano e scaricavano
ce occhi che non si aprivano, pagati i biglietti e fatti dai loro carrelli. Renzo anche lui, ma meno del suo
i conti, si offrirono a vicenda solo un caffè, salirono amico, perché a quindici anni lo avevano portato a
sul treno con entusiasmo, il trenino che li collegava Roma, della stazione Termini ricordava quasi tutto,
a Verona era un accelerato, una caffettiera che faceva aveva poi fatto un rapido giro in una città grande più
un gran fumo gratuito e tante fermate, salivano dai di Milano. Restò impressionato si ma meno di Goste,
paesini donne anziane tutte vestite di nero, con scial- perché lui cercava di ricordare le differenze fra la due
li annodati e pacchettini con dentro roba, qualche città, che erano notevoli.
uomo di una certa età che fumava la pipa e pochi gio- Presero il primo tram per il centro, per via Manzoni
vani, studenti in vacanza, o in giro come loro due. Go- e Piazza Duomo, piazza della Scala. Goste però aveva
ste però aveva fame e sua madre previdente gli aveva ancora fame e voleva finire la ciambella e cominciò a
confezionato una ciambella di quelle che si sfarinano papparsela con lo stesso stile del treno, impiastrando
appena le tocchi. Lui ingoiava tranquillo e si riempiva di briciole bianche e farinose il sedile e il suolo del
la camicia e la canottiera di briciole che poi franavano tram.
a terra. Renzo si vergognava un po’ ad accettarne un Nessuno parlava ma lo guardavano in molti, Renzo si
pezzettino, perché per lui Goste era troppo genuino sentiva morire e gli faceva boccacce per farlo smette-
e alla buona, uno della via Duranta, dove le forme si re. Goste non replicò ma finì il pasto e poi aveva sete,
rispettavano poco, anche se era il suo amico più caro, “ Scendiamo a bere, Renzo.”
ma la gente lo guardava male, sporcava dappertutto. Per fortuna erano arrivati. Bevvero a una fontanel-
“ Me l’ha fatta la mia mamma, la ciambella, e io me la per risparmiare, ci stavano solo un giorno, dove-
la mangio perché ho fame.” La vuoi?” continuava a vano mangiare qualcosa almeno a mezzogiorno, poi
ripetere al suo amico di viaggio che non si decideva. c’era il ritorno e c’era da pagare per il ritiro delle bici.
Erano abituati a spartirsi la roba. D’inverno, con le Renzo era più parsimonioso, Goste un istintivo che
stufe da riempire, andavano a far legna nei campi dei soddisfaceva i suoi bisogni e i suoi piccoli piaceri.
grandi proprietari, rischiando. Appena adocchiava- Come quello di farsi fotografare in piazza Duomo con
no un albero malandato ne strappavano i rami e il le mai piene di sementi e di piccioni che beccavano.
fusto se era piccolo, poi portavano tutto a casa e divi- Dopo aver molto girato, osservando più le ragazze
devano, con le loro madri contente di avere materiale che i ragazzi della loro età, che vestivano e si muo-
per le cucine economiche, che scaldavano, poco, la vevano in un modo diverso e parlavano tutti in lin-
parte dove si mangiava, per niente le camere da letto, gua, sbirciando i caffè del centro e i tavolini eleganti
facevano bollire le pentole e scaldavano il contenitore dove servivano camerieri che sembravano tutti ugua-
dell’acqua e asciugavano col calore i panni stesi sui li, con una camicia come una divisa, rigidi e attenti
ferri attorno al tubo. Una volta una tale li prese a fu- al cliente. Non era certo il “cùsa vòt “(cosa vuoi) di
cilate, da lontano, sparando in alto per spaventarli, Onorio o di Roberto, a Sanpièr, ma era un “deside-
“perché”, diceva costui, facendo il sociologo dei cam- rano” che sembrava un esame e questo dava fastidio
pi, “ se la roba, legna o frutta me la vengono a chiede- a Goste e quando mangiarono qualcosa in Galleria,

Poliscritture/Zibaldone Pag. 58
rigorosamente in piedi, a loro sembrava di pagare avevano indebolito. “ Facciamoci un panino, Renzo”
anche l’aria e di essere osservati da tutti ma poi non “ Non possiamo, non torniamo più a casa, i soldi non
era vero. Renzo aveva accettato di più la situazione, bastano.”
aveva osservato magnifiche vetrine sotto i portici di Goste si sbafò lo stesso un francesino imbrattando-
Corso Vittorio. “ Siamo a Milano, Caro Goste”, aveva si di farina, Renzo rinunciò anche se sentiva il vuoto
buttato là all’amico, “ e ti devi adeguare”. “ A me non dello stomaco. Arrivarono in stazione, ripresero con
piace”. Goste già si sentiva fuori casa quando doveva un po’ di malinconia il treno per Verona, Goste si ad-
ordinare qualcosa all’Oblìo di Ostiglia, figuriamoci in dormentò subito, aveva mangiato e bevuto e Renzo
Galleria a Milano. invece no, a pancia vuota non si dorme.
Gli sembrava tutto falso, tutti attori quelli che pas- Da Verona ripresero il trenino per Legnago, come al
savano, acceleravano, si fermavano, chiacchieravano, solito talmente lento che Goste riprese a dormire e
leggevano il giornale, fumavano, “ che lusso”, pensava Renzo ad avere fame.
. E anche le ragazze, quasi tutte belle e disinvolte, le Sudati e stanchi arrivarono allo stallo delle biciclette
vedeva come se partecipassero a una sfilata di moda ma non avevano più soldi.
da tanto erano sicure di sé. Pensava a cosa avrebbe “ Niente soldi niente biciclette”, rispose il padrone
detto se per caso una di loro si fosse fermata con lui, tranciando l’aria con un dito duro e deciso.
Goste Ghirlanda di Sanpièr, ma tutte andavano da “Per favore, abbiamo fame, siamo stanchi, le lascio
qualche parte e di fretta e anche i ragazzi si fermava- i documenti, il mio indirizzo, pregò Renzo. Ci volle
no poco. una mezzora di trattativa, tirando in ballo padri che
In piazza Duomo Goste si era avvicinato a capannel- si conoscevano e amicizie comuni del mercato di Le-
li di persone che sembrava si volessero sbranare con gnago o di un caffè dove il padre di Renzo faceva il
le dita puntate addosso, gli occhi inferociti. Stavano mediatore. Poi lo convinsero a rilasciare le bici. Al-
semplicemente parlando di politica, rossi e neri e tri diciotto chilometri da spingere, la debolezza ta-
bianchi democristiani. gliava le gambe di Renzo e la stanchezza lasciava un
Renzo invece era rimasto colpito dalla Madonnina Goste assopito che pedalava senza vedere la strada,
e da tutti i campanili e dalle altre chiese attorno al sbandando sui ciottoli più grossi. Attraversarono una
Duomo, dai palazzi di Piazza Mercanti. Gli piaceva piazza di Sanpièr modesta e semibuia e più stanca di
osservare, aveva ammirato la Scala, “il Tempio della loro, stremata dal gran caldo della giornata col poco
Lirica” e il monumento a Leonardo nella stessa piaz- asfalto ancora caldo. Seduti ai tavolini di Roberto,
za. Si era informato dei teatri che c’erano a Milano, il padrone-poeta del caffè Centrale che a sua volta
immaginava gli attori che calcavano i palcoscenici, odiava il suo lavoro e di nascosto scriveva versi ( At-
luoghi sacri per la sua passione segreta che già lo tilio ne ricordava uno molto bello: “ Pioveva e c’era
condizionava per il suo avvenire. Anche se era Roma il sole/ sembrava il miracolo dell’odio accoppiato al-
, secondo lui, la città del cinema e del teatro dei suoi l’amore) e racconti su fogli bianchi appoggiati vicino
sogni. alla macchina del caffè, e che ogni tanto pubblicava,
A un certo punto Renzo pensò, magari per scroccare gli ultimi avventori salutarono la coppia che rientrava
un buon pranzo, di andare a trovare una sorella che urlando forte: “ E alora, cum’èla Milan...? (e allora,
abitava a Milano da qualche anno. Dovettero pren- com’è Milano?)
dere un altro bus. Goste prima aveva accettato, poi Renzo non voleva rispondere a quell’ora, non aveva
stufo di aspettare una persona che non arrivava mai e fiato e voglia, non voleva essere preso in giro, lascia-
volendo godersi la sua gita aveva preso un altro tram to Goste arrivò a casa stremato, quasi in svenimento.
al volo e se ne era andato urlando dai finestrino aper- Suo madre volò dal letto e tirò fuori tutto, “ tégie ti-
to: “ ci vediamo in piazza Duomo, in piazza Duomo”, gìn e tigiòt, e cioè tutto il pentolame, il pane i sughi e
come se dovessero ritrovarsi in piazza a Sanpièr da il vino. “ Mò sét matt (ma sei matto?), a ridurti così.
Roberto. Da quand’è che non mangi?”
Dopo qualche ora di attesa Renzo si era stufato e ri- Renzo non rispose o non voleva, sentiva già il profu-
partendo a sua volta aveva ritrovato Goste in Duo- mo del ragù anche se era riscaldato, sua madre previ-
mo, ricoperto ancora una volta di piccioni famelici, dente aveva avanzato roba dalla cena, vedeva la pasta
che forse gli ricordavano gli uccelli di campagna delle ben condita scivolare lentamente nella sua gola sulla
loro parti, appoggiati sulle braccia e sulle mani e an- scia rossa del pomodoro, il fiato ritornare.
che in testa. Sembrava un monumento, se non avesse “ Prima làvati”, chiarì subito sua madre a un figlio che
avuto gli occhi aperti e la faccia stirata dalla godùria sapeva di treno e di sudore di Milano. A pancia piena
di farsi ritrarre in quella piazza enorme piena di gen- e pulito, Renzo dormì tutta la notte e un bel pezzo
te, o uno spaventapasseri, con la camicia aperta e una della mattina dopo nel silenzio della sua campagna.
scarpa slacciata e la testa rigida per non far scappare I rumori di Milano gli erano ancora dentro, era stata
il volatile appoggiato sopra.. dura ma era soddisfatto. La giornata per lui era stata
“ Goste, Goste”, urlò Renzo per tirarlo fuori dai pic- una tappa di avvicinamento alla sua decisione di al-
cioni e dal fotografo che continuava a scattare e che lontanarsi, col tempo, da casa.
poi andava pagato, caro e un tanto a scatto.
Poi contarono i soldi. Erano giusti per tornare, per-
ché non avevano fatto andata e ritorno.
Goste però aveva ancora fame e sete, con tutto il cal-
do che si era preso e la camminate e le sudate che lo

Poliscritture/Zibaldone Pag. 59
invenzioni linguistiche, e celebrandone in modo par-
Mario Mastrangelo ticolare l’epos narrativo e la tensione interiore (De-
matté), come pure il timbro di canto inconfondibile
(Francescotti).
Purtroppo critici svagati, media banalizzanti e lettori
Libertà di distratti non hanno saputo accogliere compiutamen-
te queste acute e sapienti indicazioni.
linguaggio Nato a Bergamo (dove tuttora vive) nel 1932, Maz-
zoleni è poeta, narratore e critico. La sua carriera
ed anelito religioso letteraria si è affiancata e sovrapposta alla sua lunga
attività di educatore (docente di scuola primaria). Ha
nella poesia esordito in poesia nel 1973 con Questa realtà, cui sono
di Ermellino Mazzoleni succedute le raccolte La passione di sempre (1975), In
compagnia d’angeli straccioni (1978), Ognuno la sua
favola (1983, Premio La Bancarella), Cantare (1988,
Quest’alba che non diviene / unghia i nervi. Non premio Corrado Govoni).
ci sono / segmenti né angoli, né zigzagare / di pas- Libri di poesia più recenti sono Nel vento delle co-
si, ma un vortice / di spirali che riposano / in se mete (introduzione di Silvio Bordoni), 1992, U.C.T.,
stesse. Nessun ritmo / agli orologi dalle lancette / Trento; Contrada della luna gobba, introduzione di
di ghiaccio, anche il tempo / si contempla. La mia Enzo Dematté, 1997, ibidem; e Màder, con prefazio-
sposa ha / languore di malattia e nostalgie / dei ne di Renzo Francescotti, 2002, ibidem.
giovani specchi scintillanti / la sua fronte di dea. L’opera narrativa di Mazzoleni consta di vari racconti
Fantastica / i frumenti dove ondeggiano serenate pubblicati su riviste e antologie.
/ mandoline alla stagione d’amore. Più cospicua la produzione saggistica: Incontro con
la poesia di Biagio Marin, Bergamo, 1984, Crisi e pro-
(Ermellino Mazzoleni, Contrada spettive in dialetto e in lingua, Padova, 1985, La poe-
della luna gobba, pag.34) sia di Mauro Bebber, Trento, 1989, La poesia in dia-
letto trentino di Renzo Francescotti, Bolzano, 1992.
Essa comprende anche altri saggi su Arcadio Bor-
Come la Sulamite, anch’io madre, / sono perso
gogno (poeta dialettale trentino), Emily Dickinson,
d’amore per la ragazza / che non so il nome, pal-
Guido Gozzano, S.T.Coleridge.
lida / come il croco, non so i capelli, / se pioggia
Il Mazzoleni delle prime raccolte è poeta vicino alle
o serenata. La voce / è miele di rosmarino, è tor-
espressioni neorealistiche, seppure dallo stile molto
rente / fra i sassi la sua voce, è cesena / che gor-
personale, impegnato ad affrontare i temi politici e
gheggia nei sambuchi. / Tre volte le ho baciato
sociali cari alla sua generazione.
la bocca / e carezzato le palpebre, / tre volte ho
Da In compagnia d’angeli straccioni in poi si fanno
bevuto il suo viso dal sapore di giacinto. / Ogni
più evidenti – come dice Silvio Bordoni - i temi della
giorno le invento cantici, / mi faccio cetra e liuto,
memoria e del mito, memoria che oltrepassa il vissu-
/ ogni giorno la inghirlando di salmi. / Ma sono
to individuale per abbracciare il secolare e l’universa-
inconscio se è ragazza / di tendini e vene, dalle
le, fino a divenire mito.
mammelle / di prugna, o se è dea di vento, / fie-
Accanto a questo spostamento tematico, si assiste ad
vole come i sogni dell’alba.
un’interessantissima evoluzione della forma dell’ope-
(Ermellino Mazzoleni, Màder, p. 48)
ra poetica e della fisionomia del linguaggio.
Le raccolte più recenti si presentano infatti con la
E’ veramente sorprendente – nel pieno dell’era del- struttura del poemetto, usata da diversi poeti antichi
l’informazione e della comunicazione - che la poesia e contemporanei. Esso consente alle poesie contenu-
di Ermellino Mazzoleni non sia conosciuta come me- te in ogni raccolta di convergere attorno ad un asse
rita. tematico unico ma di ampio respiro, di essere parti
Lo stile di vita dell’autore, che è sempre vissuto ap- di una sola narrazione, stanze di un edificio poetico
partato nella sua Bergamo, al di fuori di conventicole rigorosamente costruito.
letterarie, ha forse impedito la conoscenza diffusa di Ad esempio, nella Contrada della luna gobba (1997),
una poesia elevata ed intensa, dotata di caratteristiche l’opera si sviluppa lungo sette giornate di neve (neve
espressive che la fanno risaltare nel panorama della vista come riparo, come culla, memoria, famiglia, ma
produzione poetica contemporanea e che dovrebbero anche come prigionia, minaccia, sepoltura…), ciascu-
farla degnamente accostare alle prove poetiche più na giornata comprende sette canti, e tutta la vicenda
riuscite e convincenti di questo nostro tormentato si rifà al Genesi biblico, con i sette giorni di nevicata
periodo a cavallo fra due millenni. che alludono ai sette giorni della creazione.
Della poesia di Mazzoleni si sono occupati lo scritto- Màder (Madre), 2002, è un poemetto che contiene 42
re trevigiano Enzo Dematté, Silvio Bordoni e il poeta canti, nei quali la lingua ed il dialetto bergamasco si
trentino Renzo Francescotti, oltre a Mario Vitali e ad alternano efficacemente nel raccontare una città, una
Antonio Pane, tutte testimonianze critiche di qualità, lingua ed una madre, e nel lamentare, con accorato
che hanno saputo valorizzarne l’essenza ed i contenu- struggimento, la perdita di tutte e tre.
ti, indicandone le cifre stilistiche, i temi ricorrenti, le Molto più particolare è la trasformazione del linguag-

Poliscritture/Zibaldone Pag. 60
gio poetico. Essa vede (senza indulgere a sperimen- ad un incremento della carica emozionale dei versi .
talismi cerebrali o di maniera) l’affermarsi di quello Ma forse, su questo punto, è meglio far parlare diret-
che Silvio Bordoni definisce uso di una sintassi della tamente l’autore:
proposizione e del periodo non sempre ortodosso, ed Sistemale come ti pare le parole, / a lisca di pesce
Enzo Dematté chiama uso improntato ad un felice sulla pagina, / irte di lance o a onde di mare, / inno-
arbitrio. centi come una salveregina / o lerce di bestemmie. /
Arbitrio che si realizza con l’impiego di verbi intran- Allagale di vuoto a fingere / il non essere, accendi-
sitivi in luogo dei transitivi (viaggerò le costellazio- le di nuova / logica che tentino l’indicibile. / Gonfie
ni; non belano nessuna parola; fermento allegrezza; di canto, però. / D’ape o d’uccello o di femmina / in
queste parole che sanguinai; brulico fantasmi; squilli amore, mai inchino ai faraoni / né carezza alle tiare. /
i cieli della profezia; le pecore ondeggiano vele; pio- Giocale a colpo di dadi / dopo che hai bevuto la vita.
verò il silenzio dell’aurora…), con il conio di parole / Siano fionda d’ingiuria, / gustose come il pane e il
nuove, soprattutto verbi (fiabasti una favola di silen- ribes, / oppure zolfo di sarcasmo. / Comunque, fiato
zio; s’inginepra la notte; dove gli inverni / ragnano di poesia (Contrada della luna gobba, p. 62)
ghiacci d’ombra; si spetala ogni ideale; s’accrepu- Una sorta di dichiarazione di poetica che, pur con-
scola il ramo; il prato che s’intenebra, la siepe dove tenendo chiare indicazioni sui caratteri e sul conte-
s’inquarza / la piuma degli urogalli; quando s’intalpa nuto della poesia (a fingere il non essere… gonfie di
il giorno; la poesia unghiata di dissonanze; lingua... canto…dopo che hai bevuto la vita) sui suoi rapporti
che s’imputtana d’anglismi…) e con l’aggettivazione con il mondo esterno e con i suoi poteri (fionda d’in-
di sostantivi (sangue gelsomino, arpa usignola, par- giuria…zolfo di sarcasmo, mai inchino ai faraoni / né
lata ortica, ala cardellina, chiarore cherubino, odore carezze alle tiare) sottolinea l’importanza della ‘siste-
serenata, fieni fiordalisi, valle galaverna…). mazione’ delle parole sulla pagina e – sopprattutto
E si compie, raggiungendo gli esiti poetici più emo- - di quell’operazione che il poeta compie in modo ve-
zionanti, con la combinazione ardita e originale di ramente felice: l’accensione di una nuova logica che
parole ‘lontane’ (mulattiere di brezza; antifone di le porti vicino all’indicibile.
pioggia; arcangeli di brina; nei pascoli a brucare il ‘Operazione’ dagli esiti egregi. La lingua poetica di
solstizio; ti dico un’avemaria di glicine; ogni giorno Mazzoleni, infatti, con la sua inosservanza dell’orto-
la inghirlando di salmi; madre betulla; una palpebra dossia sintattica, con le sue invenzioni lessicali, con
di stelle; il geranio di poesia; come azalea di mare; il l’addensarsi di una fitta ed originale tessitura di me-
glicine dei balconi si allatta / di carbonio; con l’uva tafore e di analogie, esce dai legacci, dalle strettoie
della speranza; ribes d’allegria; piovono bianche rane e dalle convenzioni del linguaggio comune, spezza e
di luna…). ristruttura le sue rigidità, per plasmare un linguaggio
La forza e l’originalità del linguaggio si consolidano poetico che si carica di molteplici significati, essenza
poi con le frequenti citazioni latine, soprattutto bi- questa di un poièin di particolare forza e suggestio-
bliche ( De profundis per la mia contrada, canto / ne.
il dies irae a me stesso;… la mia sposa che canta / E’ assai interessante poi soffermarsi sulle numero-
“Magnificat anima mea Dominum”;… mentre dici / se e coinvolgenti immagini liminari, contenute nelle
l’angelusdei a petalo di labbra;…Serrati gli occhi, lui: poesie di Mazzoleni. Su quelle immagini, cioè, che,
/ “Nunc dimittis servum tuuum, Domine, / secun- secondo Jean-Pierre Jossua, in La letteratura e l’in-
dum verbum tuum in pace”. ) e con l’accoglimento quietudine dell’assoluto (2005, Reggio Emilia), de-
della sua lingua materna, la parlata dialettale berga- scrivendo un soggetto che attende, che vigila, che os-
masca, timida comparsa (solo tre versi) in Contrada serva, collocato su una soglia, su una frontiera, su dei
della luna gobba, asse portante invece di Màder, con confini, su di una riva, rappresentano i fondamenti
versi di piana ed elegiaca essenzialità: La tò us de ni- di una grammatica della trascendenza, indici perciò
gra serésa / la fiuria alla sira…, (La tua voce di nera di una poesia che va verso l’oltre, che cammina per
ciliegia / fioriva alla sera)…L’era in sità òlta / la to avvicinarsi all’assoluto:
cà de nìole e vènt...) Era in città alta / la tua casa di …al di là c’e un altro cielo, fermo / in una fissità di
nuvole e vento)…Quando sarò de là di nìole / cöntam cristallo;….Approdo al tempo senza tempo;…al di là,
mia sö di requiem, / pènsem alégra come la primaéra vasto / come il pensiero, c’è un balcone / di vento,
(Quando sarò al di là delle nuvole / non contarmi dei poi l’eternità;… Mi metterà su una barca / tagliata nel
requiem, / pensami allegra come la primavera)…In- faggio che sappia / il cammino al golfo dell’alba;…io
tàt te me tegnìet / la front tecàda a la to come l’irna / che voglio salpare / oltre il reale e il sogno;…mentre
a la rùer. Me sentìe i tò pensér / ch’i batìa insèma al su una barca di vento lui naviga / verso l’approdo mi-
sangh. (Intanto mi tenevi / la fronte attaccata alla tua sterioso;…Prima di migrare all’isola / di una peren-
come l’edera / alla rovere. Io sentivo i tuoi pensieri / ne rinascita;… Sarà / una data ignota da traversare /
che battevano insieme al sangue). come il prato e il mare come / si traversa la gioia e il
dolore.
I diversificati apporti linguistici e l’ampia libertà che
Mazzoleni dà alle parole sono al tempo stesso cau- Ma qual è il rapporto di Mazzoleni con l’assoluto?
sa ed effetto di una particolare intensità di significa- Cerchiamo di rispondere raccogliendo – ancora una
to del suo linguaggio poetico. L’anarchia, lessicale e volta - le indicazioni di Silvio Bordoni che, nell’intro-
sintattica, dei suoi versi sembra produrre inoltre un duzione a Il vento delle comete, scrive che la poesia
effetto di nobilitazione semantica, che si accompagna di Mazzoleni ha due caratteristiche fondamentali: il

Poliscritture/Zibaldone Pag. 61
senso di ampiezza, di profondità, di libertà che asse- Donato Salzarulo
gna alla parola (e di questo si è già parlato) e il senso
di religiosità (non certo confessionale, ma universa-
le) che assegna alla sua creatività.
Religiosità che si esprime attraverso un anelito reli-
gioso e cosmico, attraverso uno slancio a ricongiun-
Magris e
gersi con la divinità, con la nostalgia della trascenden-
za che però mantiene lo spirito individuale aderente
Shiller
alla coralità del vissuto, tende all’assoluto, insomma, Dialogo tra un professore di
ma senza staccarsi dalle vicende umane.
Se tale è lo spirito religioso del’uomo Mazzoleni, la filosofia e una studentessa
sua creatività di poeta fa entrare nei suoi versi – e
questo è molto interessante - una ‘pluralità’ di figure
divine: gli dèi barbari dei suoi antenati, gli idoli della
preistoria valligiana, gli dèi delle selci e dell’ortica, il
Dio biblico, iracondo e severo, e il Dio del cristianesi- Giovedì 19 maggio 2005. Durante l’intervallo, una
mo, di spini e luce. studentessa liceale dell’ultimo anno si avvicina al
Assieme a tutto questo, si notino i numerosi termini suo professore di filosofia, un sessantottino ultracin-
pertinenti al sacro e alla liturgia, così ricorrenti nel- quantenne con occhiali e senza barba.
le sue poesie: litanie, cherubini, apocalisse, profeti, - Prof., ha letto ieri l’articolo di Magris su Schiller? -
salmi, serafini, Salomé, la Sulamite, arcangeli… e poi - No, perché me lo chiede? -
incenso, salveregina, angelusdei, avemarie, preghie- - Era un articolo bello, ma tosto!…Tante cose non le
re… ho capite. Mi piacerebbe parlarne con lei. -
Parole che gli servono – in genere – per costruire Il professore apprezza la studentessa. E’ una giova-
metafore, similitudini ed analogie di grande caratu- ne sveglia, una delle poche che sfoglia le pagine di
ra, che danno ulteriore bellezza e profondità ai suoi un giornale.
versi. Con gli studenti dialoga volentieri anche al di fuori
Ma al di là di queste o di quelle parole, al di là delle dell’orario di cattedra.
direzioni di cielo che percorrono le sue sorprendenti Raggiungono subito un accordo: si vedranno lunedì
metafore, tutta la poesia di Mazzoleni ha una solen- pomeriggio nella sala della Biblioteca scolastica. In-
nità religiosa, anche quando ci presenta le cose più tanto il professore si procurerà l’articolo.
semplici e quotidiane. Possiamo dire che tutte le cose
che evoca o descrive nei suoi versi hanno (parafrasan- Lunedì 23 maggio.
do un suo verso di Màder) una sacralità di liturgia.
Ed ora, ultimato il tentativo di penetrare nel corpo - Prof., come le è sembrato? -
della poesia di Ermellino Mazzoleni, con il raziocinio
- E’ un medaglione…-
dell’analisi critica, vediamo - ancora - cosa essa rie-
sce a fare quando rimane sola ad incontrare l’atten- - Cosa?…-
zione e l’emozione del lettore. - Sì…medaglione significa semplicemente “grossa
Forse per i motivi che si è cercato di riferire, o per medaglia”. Come quelle che un tempo alcune vedove
altri che ci sfuggono, è certo che essa, con miracolo- si appendevano al collo per conservarvi il ritratto
sa forza ravvivante riesce a carezzare e ad incidere, a del marito morto o di altra persona cara. Nel caso
commuovere e a trascinare: specifico, Magris ha buttato giù un profilo, partecipe
Tutto è universo dentro e fuori / di me sono punto e direi, di Schiller.
cerchio, / precipizio e altezza. Tutto è / tempo dentro Ma lei cosa non ha capito? Cosa vuole discutere ?…-
e fuori di me. / Sono essere e mutazione, / diverso da
me stesso e uguale, / desidero un altro dove / e un - Prof., le faccio una proposta. Mi faccia riassume-
altro quando. Tutto è Dio: / mente e passione, sus- re velocemente le cose che ho capito, poi rileggiamo
suro e canto. / Dentro e fuori di me è / solo Dio: sole insieme le frasi o i periodi oscuri. -
d’ogni sole, / salmo di tutti i salmi. / Sono ancorato - D’accordo.-
in Dio, in lui / mi annuvolo, in lui risplendo (Màder, A questo punto la studentessa ricapitola velocemen-
p. 51). te i dati della struttura superficiale del testo:
a) luogo e data di nascita e morte di Schiller (Ger-
Nota: Le Edizioni U.C.T. di Trento, che hanno pubblicato gli mania:1759-1805); b) situazione politico-sociale
ultimi tre libri di poesia di Ermellino Mazzoleni hanno i seguenti della Germania del tempo: «ancora arcaicamente
recapiti: provinciale e frazionata in una miriade di staterelli
Edizioni U.C.T. Trento, C.P. 369 – 38100 Trento; Tel. e Fax 0461 quasi premoderni»; c) personaggi di cui fu contem-
983496; e-mail: gruppo.uct@tin.it poraneo (Kant, Hegel, Schlegel, Beethoven) e amico
(Goethe); d) gli avvenimenti epocali vissuti (Rivo-
luzione francese e Napoleone) e le posizioni assunte
(«linea illuminista-liberale-progressiva»); e) la sua
attività di geniale drammaturgo e poeta-filosofo; f)
le più importanti opere scritte: I Masnadieri, Inno

Poliscritture/Zibaldone Pag. 62
alla Gioia,Canzone della Campana, Don Carlos, De- missili cosiddetti intelligenti o alla bomba atomica.
metrius, Lettere sull’educazione estetica, Della poesia Penso agli OGM, alla clonazione, all’inquinamento,
ingenua e sentimentale; g) i suoi ideali di «altissima alla distruzione degli equilibri terrestri…-
civiltà» e la sua utopia dell’«anima bella», cioè, come - Sì, lei sta pensando alla scienza non solo usata nel-
scrive Magris – e la studentessa legge -, «dell’indi- le industrie, ma diventata forza produttiva del capi-
viduo formato così armoniosamente da non aver più tale…-
bisogno di dominare o reprimere impulsi malvagi,
- Prof.! -
perché la sua persona tende unitariamente e spon-
taneamente al bene – con la spontaneità della grazia - Guardi che non ho bestemmiato. Il capitale esiste. E’
che non ha più bisogno un rapporto sociale. Comunque, lasciamo perdere…
dello sforzo della digni- Il “progresso” di
tà…» cui ha esperienza
e parla Schiller
- Ecco, prof., già qui
non è ovviamen-
qualcosa non mi qua-
te questo. E’ quel-
dra. «Anima bella» non
lo indotto dalla
è un’espressione usata
Rivoluzione in-
in senso dispregiati-
dustriale inglese
vo?-
(divisione sociale
- Sì, soprattutto, da del lavoro, mac-
parte di chi si richiama chinismo, costru-
a posizioni materiali- zione dei mercati
stiche o, in senso lato, nazionali, ecc.) e
realistiche. quello prodotto
Difficile immaginare dalla Rivoluzio-
persone formate così ne francese nel
armoniosamente da campo dei dirit-
tendere spontaneamen- ti individuali:
te al bene. Oggi più che di pensiero, di
mai. Con le guerre in stampa, di as-
corso e dopo un secolo sociazione, ecc.
– il Novecento – ap- Un progresso,
parso come uno dei più per altro, che in
violenti e feroci della Germania era
Storia. Forse per que- in forte ritardo.
sto Magris, all’inizio Magris, a questo
dell’articolo, definisce proposito, è lim-
Schiller genio «tempe- pido. Leggiamo:
stoso ma anche elusi-
Schiller «assiste
vo…di una sconcertante
con entusiasmo
modernità.». Detto que-
alla Rivoluzio-
sto, lei è giovane. Me-
ne francese per
glio sforzarsi di essere
ritrarsi inorri-
anima bella piuttosto
dito dal Terrore
che brutta. Non le pare? In fondo, coltivare ideali
ma senza cadere – a differenza dei romantici – nelle
di armonia, di giustizia, di eguaglianza; avere belle
braccia di alcuna reazione, bensì continuando lungo
utopie è meglio che essere cinici ed egoisti…-
la linea illuminista-liberale-progressiva della sua gio-
- Prof., non mi faccia la predica. Piuttosto perché vinezza…
Magris parla di «sconcertante modernità»?
- Insomma, prof., fu una persona sostanzialmente
- La modernità appare sconcertante innanzi tutto a coerente. Aggiornò le sue posizioni col mutare del-
Schiller. Se legge con attenzione più avanti nell’ar- le situazioni, ma restò fedele ai suoi ideali giovanili.
ticolo è scritto: «Schiller accetta in pieno il progres- Non si comportò come certi nostri politici o certi in-
so e la modernità, ma si rende conto che lo sviluppo tellettuali. Prof., penso a Sgarbi. In questi giorni ho
generale della civiltà infligge pure limitazioni e feri- letto che vuole salire sul carro di Prodi…-
te al singolo individuo, ferite profonde nascoste che
- Lei mi sta stuzzicando. Torniamo al nostro poeta-
peraltro solo la civiltà e il progresso possono curare,
filosofo e mi faccia continuare a leggere:
soprattutto grazie all’arte.» E’ chiaro? -
«Insieme a Goethe, crea a Weimar il Classicismo te-
- Sì, ho capito che Schiller accetta il progresso e la
desco – meglio sarebbe dire classicità, come suggeri-
modernità. Ritiene, però, che non tutto vada per il
va Lupi –…
verso giusto. Un po’ come facciamo noi oggi. Utiliz-
ziamo, ad esempio, i risultati del progresso scien- - Chi è questo Lupi? -
tifico e, nello stesso tempo, abbiamo paura del po- - Sicuramente uno studioso. Al momento, non saprei
tere distruttivo della scienza. Penso non soltanto ai dirle altro. Però, non mi interrompa sempre…-

Poliscritture/Zibaldone Pag. 63
- Mi scusi, ma questo Magris che pure è assai bravo, - Se è per questo, anch’io penso che avere delle idee
non può pensare che ogni lettore sappia chi è Lupi - sia importante e che bisogna battersi per le proprie
- Ha ragione. Forse avrebbe dovuto aggiungere in idee. Mi fanno schifo, infatti, certe persone che si
fondo all’articolo, per chi avesse avuto voglia di ap- comportano come se le idee fossero vestiti acquistati
profondire, dei cenni bibliografici, almeno degli au- ad un supermercato. Oggi ne indossi una, domani
tori citati. Adesso, però, continuiamo a leggere: «… un’altra…-
come suggeriva Lupi - utopia di un’armonia di vita - Ha ragione, però, non esageri. Formarsi idee giu-
politica, cultura ed arte che poteva essere realizzata ste e corrette, non è facile. Comunque, va bene il
solo in un piccolo staterello come Weimar, in cui tut- lavoro che lei fa, va bene questo nostro dialogare,
to era a portata d’occhio e di mano come nell’antica questo cercare di costruirsi piano piano una con-
Polis greca… cezione organica e coerente del mondo, sulla base
- Vede, prof., piccolo è bello! Le piccole patrie sono della propria esperienza, delle letture, dei confronti
migliori delle grandi…- con gli altri. Va bene anche la consapevolezza che
non basta possedere idee più o meno giuste. E’ ne-
- Ma no, lei non può continuare a interrompermi
cessario incarnarle, farle diventare sangue, fegato,
così! Non può tirar fuori tutto quello che le viene in
cuore, energia pulsionale. -
testa! Prima il trasformismo, adesso le piccole pa-
trie…Vuole capire l’articolo o divagare a suo piaci- - Però, prof. quell’idea sul «rapporto armonioso fra
mento?… l’individuo e il Tutto», oggi mi sembra impossibile.
Dappertutto vedo guerre, conflitti, contraddizioni.
- Prof., non si arrabbi! E’ che certe frasi me ne sug-
Perché non torniamo al discorso sulle ferite nasco-
geriscono altre…Andiamo avanti: -
ste e sulle lacerazioni prodotte sull’individuo dallo
-… come nell’antica Polis greca, e che, se non riuscì sviluppo della civiltà? -
nel sogno di salvare stabilmente l’umanesimo evi-
- D’accordo. Prima un’annotazione, però: proprio
tando rivoluzione e reazione, costituisce l’ultima sta-
perché gli individui subiscono ferite, sono costret-
gione universale-umana della civiltà occidentale, in-
ti a molteplici limitazioni, presentano mancanze,
credibilmente feconda di capolavori e capace di tra-
proprio per questo nasce in loro il desiderio di “ar-
smettere il senso integrale della totalità, del rapporto
monia”. Torniamo, comunque, a Schiller. Dicevamo
armonioso fra l’individuo e il Tutto.» -
che accetta il progresso e la modernità, ma capisce
- Non so perché, prof., ma mi fa venire in mente gli subito che tutto ciò non è senza conseguenze per gli
hippies. Quelli non volevano l’armonia? Anche certe individui; che questi, anzi, pagano un prezzo in ter-
filosofie new age o certe religioni orientali. - mine di sofferenze e di limitazioni alla loro realizza-
- Può darsi. L’armonia alla quale pensa Schiller è zione. Gli abitanti dell’Olimpo vengono mandati in
però quella classica, quella greca - esilio a favore di un unico dio (quello dello sviluppo
- Sì, prof. Questo Schiller, comunque, l’ho capito. I e del profitto), che non è detto sia meno inflessibile e
contenuti sociali e politici della Rivoluzione li accet- capriccioso. Il singolo uomo si presenta scisso: ora
tava, il Terrore non gli andava a genio. Di fronte come borghese (attento, quindi, al suo privato), ora
alle teste tagliate, cominciò a propugnare, mi pas- come cittadino (attento, quindi, al pubblico). Senza
si il termine, un “imborghesimento” graduale della dire dello sviluppo di quelle che venivano chiamate
Germania, sbandierando “armonia” a tutto andare. “facoltà”: il sentire è scisso dal pensiero, la vita dalla
- poesia, e così via di seguito. -
- Non semplifichi eccessivamente e, soprattutto, non
dimentichi che il nostro poeta era un idealista, una A questo punto il professore tira fuori dalla cartella
persona, cioè, che credeva nella forza delle idee. un libro e legge una citazione dalle Lettere sull’edu-
Questo Magris lo dice sin dall’inizio. cazione estetica:
«Un’idea, per essere efficace ed agire sulla realtà, «…il godimento è separato dal lavoro, i mezzi dal
deve diventare un’energia. Infatti a un agorafobo non fine, lo sforzo dalla ricompensa. Eternamente in-
basta sapere, razionalmente, per sfatare la sua ango- catenato soltanto a un piccolo frammento del tutto,
scia e attraversare una piazza, che in essa non ci sono l’uomo foggia se stesso soltanto come un frammen-
pericoli, ma ha bisogno che questa conoscenza sia to; sentendo sempre soltanto il giro monotono del-
divenuto sentimento spontaneo, vissuto con tutta la la ruota che gli sta girando, egli non sviluppa mai
sua persona, anche con il corpo, e non solo nella sua l’armonia del suo essere, e invece di dar forma al-
mente. Questo vale per tutte le convinzioni, pensieri, l’umanità che sta nella sua natura, egli diventa un
stati d’animi e affetti di un individuo o di una collet- puro e semplice calco della sua occupazione, della
tività.» sua scienza.»
- Lei vuol dire che se uno crede all’armonia, la no- - Quindi, Schiller ritiene che vi sia una relazione tra il
stra vita può diventare più armonica… - modo di essere di un singolo individuo, la sua psico-
- Non mi faccia dire pensieri che non ho detto. Ho logia profonda e la divisione sociale del lavoro…
precisato soltanto che Schiller era un idealista. Era, - Brava!…Ha capito benissimo -
quindi, una persona che attribuiva alle idee un ruo- - In realtà, egli ritiene che vi sia anche un nesso fra
lo attivo per l’individuo, per la società e per la sto- arte e società. Ecco, ad esempio, su questo legame il
ria…- suo pensiero in una lettera a Goethe:

Poliscritture/Zibaldone Pag. 64
cezione decadente del tutto estranea a
Schiller, bensì perché l’arte, gioco molto
serio come quello dei bambini, libera dal-
la servile soggezione al peso della realtà e
insegna quella creatività che è anzitutto li-
bera costruzione della propria persona.»
- L’arte maestra dell’umanità? E’
come la frase sulla storia mae-
stra di vita! Poi continuiamo a fare
guerre -
Indubbiamente l’arte maestra dell’uma-
nità è frase generica. Serve, comunque, a
sottolineare una funzione educativa attri-
buita, forse da sempre, alle arti e alle belle
lettere. Quanto proficua è da discutere. I
gruppi dirigenti e la stragrande maggio-
ranza di soldati e cittadini tedeschi, con
tutta la loro bell’arte a disposizione, non
si sono sottratti all’ingrato compito di
infornare milioni di ebrei. Magari, dopo
aver svolto il loro “dovere”, leggevano una
poesia di Goethe, di Schiller o ascoltavano
l’Inno alla gioia. Non sono i soli. Noi italia-
ni siamo loro ottimi fratelli e l’elenco delle
ferocie e degli stermini perpetrati da al-
tri popoli potrebbe riempire pagine e pa-
gine. Questo per dire che la poesia è una
cosa, la vita (quotidiana, sociale, milita-
re) un’altra. La soluzione, allora, è quella
proposta nei salotti romantici, del fondere
e confondere poesia e vita? No. In questo
caso il rischio è quello che Magris chiama
«deleteria estetizzazione della vita». Oggi,
che la società è uno spettacolo, ne siamo
stracolmi. In che senso, quindi, l’arte è
maestra dell’umanità?
- In se stessa, forse… -
- Infatti, è’ maestra tramite se stessa, tra-
mite il suo impulso fondamentale, che è
quello ludico. E’ il discorso dell’«arte, gio-
«Purtroppo ogni tanto anche noi moderni nasciamo co molto serio come quello dei bambini».
poeti, e ci arrovelliamo fra i vari generi senza sapere a Questa analogia dell’arte col gioco e dell’artista col
che punto ci troviamo; perché le determinazioni spe- bambino è stata affermata e riaffermata da varie
cifiche, se non sbaglio dovrebbero venire dall’esterno, parti. Oltre al famoso “fanciullino” di Pascoli, che
e l’occasione determinare il talento. Perché scriviamo lei avrà sicuramente studiato con la professoressa
così di rado un epigramma nel senso greco? perché di lettere, Saba, un autore a me caro, in una delle
vediamo ben poche cose degne di un epigramma. Per- sue Scorciatoie – per la precisione, la numero 14 -
ché l’epica ci riesce così di rado? perché non abbiamo scrive:
ascoltatori. E perché il teatro fa tanto rumore? perché «Per fare, come per comprendere, l’arte, una cosa
da noi il dramma è l’unico genere maturo nella sua è, prima di ogni altra, necessaria: avere conservata
consistenza sensibile, l’unico in grado di comunicare in noi la nostra infanzia; che tutto il processo della
un qualche godimento attuale.» vita tende, d’altra parte, a distruggere. Il poeta è un
- Prof., l’avevo intuito che era un grande questo bambino che si meraviglia delle cose che accadono
Schiller! Mi spieghi meglio la storia delle ferite da a lui stesso, diventato adulto. Ma fino a che punto
curare «soprattutto grazie all’arte». Per stare me- adulto?
glio dobbiamo diventare tutti artisti? - Tocchiamo qui una delle differenze che corrono fra
- Sul punto conviene forse leggere la sintesi offerta la piccola e la grande poesia. Solo là dove il bambino
dallo scrittore e saggista triestino: « Nascono così le e l’uomo coesistono, in forme il più possibile estre-
mirabili Lettere sull’educazione estetica (1795), in me, nella stessa persona, nasce – molte altre circo-
cui l’arte diviene la maestra dell’umanità, non già stanze aiutando – il miracolo: nasce Dante. Dante è
tramite una deleteria estetizzazione della vita, con- un piccolo bambino, continuamente stupito di quel-

Poliscritture/Zibaldone Pag. 65
lo che avviene a un uomo, grandissimo; sono vera- a immaginare, può girarsi il mondo seduto su una
mente “due in uno”. Guardate come il piccolo Dante poltrona!-
trasale, grida, si illumina di gioia, trema di collera e - Infatti, una persona potrebbe finire in carcere o in
di (simulato) spavento, si esalta, si esibisce, si umi- catene, potrebbe finire a letto debilitata da una ma-
lia per civetteria, si erge alle stelle davanti alle cose lattia o sentirsi minacciata dall’ingiustizia o dalla
straordinarie che, attraverso di lui, nascono a Dante povertà, ma nessuno potrà vietarle di fantasticare o
in lucco e colla barba al mento! E come lo divertono di immaginare; nessuno potrà mai impedirle di so-
quei premi e quei castighi (quei castighi soprattutto), gnare di diventare presto un mago per annientare
quei diavoli e quegli angeli, quei “cortesi portinai”, coi suoi prodigi gli ostacoli e i malefici che bloccano
quei vivi e quei morti più vivi dei vivi! Che inverosi- la sua realizzazione.-
mile viaggio! Come sperare una festa, una luminaria
- Prof, sbaglio o uno psicanalista direbbe che è “com-
più grande? E contro a lui, unito a lui, Dante; Dante
pensazione”? Fantasticherie. Evasioni…Roba da
uomo intero, marito, padre, guerriero, uomo di parte,
Madame Bovary! -
esule infelice e glorioso; Dante con tutte le tremende
passioni dei suoi tempi e dell’età matura, in lotta con - E sia! Ma l’obiettivo di questo impulso ludico è un
gli altri e (meno) con se stesso, ai quali i fatti davano mondo più bello e armonioso, la sua metà è la liber-
sempre torto, tanto più sicuro d’aver sempre ragione, tà, la libera costruzione della propria persona…-
e quindi sempre con gli occhi fuori della testa, alluci- - Allora, prof. dobbiamo metterci tutti a scrivere
nato d’odio e d’amore. poesie, a disegnare, a comporre suonate?-
Se l’uomo prevale troppo sul bambino (Montale ci - Beh, che male ci sarebbe?…Quello che aveva capi-
suggerì, per questo caso, il venerato nome di Goethe), to Schiller, sulla scorta di Kant, e l’aveva capito così
il poeta (in quanto poeta) ci lascia freddi. Se quasi bene da farne una proposta di riforma della civiltà,
solo il bambino esiste, se sul suo stelo si è formato ap- è che l’immaginazione e, in generale, la dimensio-
pena un embrione d’uomo, abbiamo il “poeta puer” ne estetica occupa una posizione centrale, nel senso
(Pascoli); ne proviamo insoddisfazione e un po’ di proprio che sta al centro, tra i due poli dell’esistenza
vergogna.» umana rappresentati dalla sensorietà e dalla mo-
- Bella pagina questa di Saba, prof. Gliela suggerirò ralità. E’ la dimensione nella quale natura e libertà,
alla prof. di Lettere. - sensi e intelletto si incontrano. E’ esperienza percet-
tiva accompagnata dal piacere originato dalla pura
- Non si permetta!…Figurarsi se la professoressa
forma di un oggetto, indipendentemente dalla sua
non conosce questa pagina. Saba, però, qui parla
materia e dal suo scopo. «Finalità senza un fine» e
soltanto d’infanzia e non di gioco. Ma cosa sarebbe
«legalità senza legge» queste le due principali cate-
un bambino senza gioco? Converrebbe, quindi, ri-
gorie kantiane alla base dell’esperienza estetica…
flettere meglio sul significato della tesi che l’arte è
un gioco molto serio. Bisognerebbe capire, innanzi - Prof., la interrompo…Sta diventando difficile. Ca-
tutto, cosa è il gioco: pisco che è professore di filosofia, ma non esageri!-
a) non è il lavoro; - Mi ascolti, allora. Un po’ di tempo fa ho letto un
libro di poesie: Ritorno a Planaval di Stefano Dal
b) si presenta in forme variate: dall’arrampicarsi su
Bianco. L’ultima è intitolata “Poesia che ha bisogno
un albero e spingersi avanti e indietro su un altalena
di un gesto”. Peccato non averla con me, altrimenti
a “fingere” di essere mamma o papà, re o ferrovie-
gliela avrei letta. -
re.
- Di cosa parla, comunque? -
Una maestra d’asilo o di scuola d’infanzia definireb-
be quest’ultimo “gioco simbolico” e ne scruterebbe - Lo sa che in poesia l’attenzione non deve mai con-
con emozione la nascita nelle attività verbali e non centrarsi soltanto sul cosa, ma anche sul come. -
verbali del bambino. - Ho capito, però, in questo momento il testo non
- Come ha detto?…- c’è…-
- Gioco simbolico. “Fingere di…”. Stare a cavallo di - D’accordo. La poesia parla di una ciotola di sas-
una sedia e diventare cavaliere, avere una bambola si che il poeta ha posato sul pavimento e vorrebbe
tra le mani e coccolarla come fosse una figlia…In- che tutta l’attenzione si concentrasse sui sassi perché
somma, il poeta è un fingitore. sono una cosa come un’altra, con delle qualità: sono
visibili, toccabili, sono tanti e separati tra di loro.
- Questa frase l’ho già sentita! Chi la diceva?…-
Sono una cosa del mondo, dati in quel momento alla
- Pessoa. Comunque, il fatto importante è questo: nostra percezione nella loro “libera” esistenza. Si
oltre che toccare, gustare, vedere, udire, odorare, tratta, quindi, di percepire il sasso come sasso, “li-
sentire; oltre che riconoscere, nominare classificare, bero”, cioè, da finalità di ordine pratico o teorico. Se
seriare, confrontare, pensare, giudicare, ragionare, intendo bene Del Bianco con questa poesia “che ha
gli esseri umani provano piacere a immaginare e bisogno di un gesto” ci propone proprio un’esperien-
fantasticare. Alcuni hanno addirittura delle ‘visioni’ za estetica di stampo schilleriano e/o kantiano. Il
e viaggiano per l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. gesto chiede a noi un mutamento radicale del nostro
Sono proprie queste facoltà a liberare ognuno di noi atteggiamento verso i sassi, verso il mondo, verso
«dalla servile soggezione al peso della realtà». l’esistenza.
- E certo! Se una persona si mette a fantasticare o - Adesso ho capito. Lei vuol dire che quella estetica è

Poliscritture/Zibaldone Pag. 66
un’esperienza completamente diversa sia da quella
quotidiana che da quella scientifica.
- Esatto. Il fatto importante è che Schiller fa dello
sviluppo di questa esperienza un problema politico.
E’ in questo senso, tra l’altro, che viene ripreso da
Marcuse. -
- Chi?-
- Herbert Marcuse, un autore letto in gioventù e
molto celebrato nel ’68. Ma forse, come molti altri,
poco capito.Bisognerebbe riprendere in mano alcu-
ni suoi testi come Eros e civiltà, L’uomo a una dimen-
sione, o come La dimensione estetica e confrontarli
con l’odierno degrado. Un fatto è certo: attraverso
questo gioco molto serio dell’immaginazione e del-
la fantasia, l’arte insegna ad ognuno di noi «quel-
la creatività che è anzitutto libera costruzione della
propria persona.» Morso non è. Se una società tratta
molti suoi membri come se fossero esuberi o rifiuti,
se non assicura loro neanche di che vivere decente-
mente, se preferisce impegnare le proprie risorse fi-
nanziarie in guerre preventive piuttosto che in ricer-
ca scientifica e salute per i suoi cittadini, un poema
bellissimo e sublime (qualunque ne sia il contenuto)
non avrà la forza di modificare tali orientamenti.
Per queste cose ci vuole la politica, la lotta politica.
Chi avrà scritto il poema avrà, tuttavia, attivato sul
suo corpo-mente un processo che non lo renderà li-
bero, ma gli permetterà di godere sprazzi di felicità
(sia pure illusoria) e, almeno per un po’, si sentirà
“finalizzato”, “progettato”, “costruito”, impegnato in
un’attività libera e sensata.
- Bravo, prof., bel pistolotto! -
1) Ho conosciuto Fortini a Ivrea, in un tempo che mi
pare lontanissimo. Ma era in visita, non faceva più
parte della colonia intellettuale, viveva già a Milano.
Credo fosse in occasione della visita di Rocco Scotel-
laro.Di queste cose, persone e tempi vi è una poesia
di Sereni.Ripensando ad allora,e quindi contrap-
ponendo quésto presente (il mio e il nostro), a quel
tempo,mi sembra che si trattasse di falsi problemi,
di false connessioni, di intrecci da comprendere e
da sciogliere, di cui non vedo più traccia.Io lavora-
vo alla segreteria delle Relazioni Interne, di cui era
responsabile Franco Momigliano.Allora, il contrasto,
di cui si discuteva, era fra i Servizi sociali (la nuova
forma di intervento sulla fabbrica distinta e opposta
ai conflitti di classe) e la struttura tradizionale,ossia
le rappresentanze sindacali distinte nei tre raggrup-
pamentiti
tradizionali. Veniva vissuto e contrastato o auspica-
to, questo contrasto, come se in esso si manifestasse
una differenza non più sanabile fra vecchio e nuovo,
fra ideologia e sociologia ‘neutrale’, fra America ed
Europa, fra prima della guerra e dopoguerra. Se ne
discuteva tutto il giorno, nelle pause lunghissime del
dopopranzo e del dopocena, prima di andare a sen-
tire una conferenza di un intellettuale o di un poeta
chiamato da Geno Pampaloni a parlare nella saletta
dell Biblioteca di fabbrica.Ma anche la conferenza
o la poesia diventavano poi parte della discussione,

Poliscritture/Zibaldone Pag. 67
venivano fatti confluire nell’argomento del contrasto to. Questa composizione, ad esempio sul BELLO E
insanabile, e cosi via.Non era un giro a vuoto, ma una SUBLIME
strana oossessione monotematica da cui era difficile
e insensato districarsi .Naturalmente, l’appartenen- «Due sono, e diversi, i geni, che lungo la vita ti gui-
za al partito, e soprattutto le ragioni e la necessità di dano,
non appartenervi erano elementi costanti del discu- te felice, se essi uniti, vigileranno al tuo fianco!
tere; grosso modo, prevaleva la ‘fronda’ socialista in
Con il suo lieto agire abbrevierà l’uno il tuo viaggio
cui quasi tutti si riconoscevano.
e più lievi in sua compagnia saranno il destino e il
2)Fortini, mi pare di ricordare, prendeva tutto que-
dovere.
sto ‘ragionare’ molto sul serio, si infervorava, formu-
lava giudizi definitivi, come se ogni volta,si trattasse E tra celie e favole ti scorterà sino all’abisso
di questioni di vita e di morte.Ed era del tutto per- là dove al tremante mortale il mare dell’eternità si
suaso, mi sembra, della rilevanza di ogni frase, senza presenta.
sospettare limiti e velleità individuali e collettivi.Fa- Qui ti accoglierà il secondo, fermo e grave e tacitur-
ceva sul serio,credeva davvero a quel che diceva lui no,
stesso, forse in modo prevalente, ma anche in quello e con il suo braccio gigantesco ti trasporterà al di là
che dicc\{a ciascuno dinoi.ln me,. questo destava un del baratro.
certo imbarazzo, come di una sproporzione origina- Giammai dovrai onorare uno soltanto. E giammai af-
ria e non avvertita, fra il senso del discutere fra singo- fidare
li intellettuali, in situazione previlegiata e marginale, al primo la tua dignità, al secondo la tua felicità»
e ‘il resto’, anche se non mi era chiaro il perchè del-
la sproporzione, e il ‘carattere’ di questo ‘resto’ ,che
pure percepivo esistente e più forte di noi. - Bella! Ha un respiro ampio, arioso.-
- Sì. -
3) Fortini volle leggere le mie poesie.Le lesse, le prese
in mano con una padronanza assoluta, come di un - Ascolti, prof., so che è tardi. Mi interessa un’ultima
maestro d’arte che esamina il prodotto di un aspiran- cosa e poi andiamo via. Vorrei capire meglio la sto-
te artigiano.E anche qui,in una materia per me allora ria della “poesia ingenua” e di quella “sentimentale”.
Magris sostiene che il libro di Schiller su quest’argo-
così privata e segreta, io mi accorsi di quanto fosse-
mento è un «capolavoro saggistico che sarebbe suffi-
ro rilevanti, per lui, tutte le cose, direi tutte le forme ciente , da solo, a comprendere quello che sta ancor
dell’esperienza del vivere: lo scrivere, il discutere, le oggi accadendo nell’arte.»
amicizie, i mestieri, le appartenenze, in un certo sen-
so senza discrimine, perchè non c’è nulla che non ab-
bia importanza e significato.Soprattutto, non c’è nul- - Ha ragione. Ma cerchiamo di capire la tesi di Schil-
la di cui non si debba rendere conto.Ma il suo, cosi ler…-
almeno mi pare, ora più che allora, non era un giudi- - Scusi, prof., posso provare a dirla io?…-
zio estetico, neppure un giudizio morale o un giudizio - Provi -
politico. Tanto meno, un giudizio religioso: era una - Per Schiller si dà una “poesia ingenua” ed una “sen-
sorta di giudizio universale privato che comprendeva timentale”. Nella prima il poeta è talmente unito con
tutti gli elementi, dove il bene e il male apparteneva- la natura che è quasi coincidente con essa. Allora la
no aUa sfera estetica, cosi come alla sfera morale, per sua poesia si presenta con immediatezza, con sen-
cui una poesia non poteva in un certo senso essere sibilità aperta, piena. Nella seconda, invece, questa
bella, se non era anche buona o giusta. unità non esiste più; il poeta ne è cosciente e soffre
- Ci voleva. Mi scusi, ma non sono proprio riuscito a per questa distanza o scissione che avverte tra lui e
trattenermi. - la natura.
- Quindi, da giovane leggeva Marcuse? - Nel tentativo di recuperarla e colmarla diventa o
nostalgico oppure riflessivo, sentimentale…-
- Sì…Per quel che riuscivo a capire!…-
- Esatto. Ha capito benissimo. Bisogna evitare, però,
- Mi tolga una curiosità, perché Magris scrive che lo schematismo. Il saggio di Schiller è quel che si dice
Schiller era «sospetto ai seguaci della poesia pura un work in progress ed è dominato da due esigenze:
come Benedetto Croce», era oggetto di sarcasmo da la prima è quella di confrontare, sia pure indiret-
parte di Nietzsche e non dice che era valutato positi- tamente, la propria poesia con quella di Goethe; la
vamente dal suo Marcuse? - seconda è quella di capire in cosa la poesia moderna
- E che ne so! Bisognerebbe chiederlo a Magris. For- è diversa dall’antica. -
se perché il pubblico di quel giornale non ama certi - Esigenze legittime -
autori. Comunque che Schiller fosse sospetto a Bene-
detto Croce, torna a suo merito. La poesia di Schiller - Più che legittime. Rispetto al confronto col suo ami-
non è come quella di Goethe, ma merita riletture - co inizialmente Schiller propende per un giudizio che
attribuisce alla sua poesia la qualifica di “sentimen-
- Me ne legge qualcuna? - tale”, mentre quella di Goethe sarebbe “ingenua” così
- Ad averle con me sì. Qui ho solo qualche frammen- come “ingenua” sarebbe la poesia antica, mentre

Poliscritture/Zibaldone Pag. 68
“sentimentale” quella moderna. Ma questa classifi- sempre più da ogni centralità classica e ad accentua-
cazione iniziale viene in corso d’opera complicata: re la disarmonia. Sono le due vie dell’arte contempo-
e allora troviamo Euripide e Virgilio indicati come ranea, entrambe coscienti della frattura epocale del-
“sentimentali”, mentre Dante, Shakespeare, Cervan- la civiltà.» Dopo tutto quello che abbiamo detto, non
tes, Sterne vengono considerati poeti “ingenui”…- mi sembra particolarmente difficile. Il libro scritto
- A che serve allora questo schema? Piuttosto che da Schlegel è Dialogo sulla poesia, un vero e proprio
chiarirci le idee, prof., mi sembra che ce le confon- manifesto dell’estetica romantica. Semplificando
da!..- moltissimo, si potrebbe dire che da un lato abbia-
mo lo “spirito d’avanguardia”, dall’altro lo “spirito
- In realtà le idee aveva bisogno di chiarirsele Schil-
classico”. -
ler per prima. “Ingenuo” e “sentimentale” sono due
categorie che cerca di manovrare per cogliere diffe- - Per concludere, prof., ma lei ritiene attuale la ri-
renze di autori e di epoche. Alla fine sembrano usate flessione di Schiller? Potrei diventare una schilleria-
per indicare modi di sentire: l’uno più immediato, na? -
l’altro più mediato, riflessivo e sembra che tra l’uno - Quello che potrebbe diventare è un problema suo.
e l’altro ci sia una progressione evolutiva. Insomma, Quanto all’attualità di Schiller, non è facile rispon-
è la situazione descritta da Saba nella sua “scorcia- dere su due piedi. Un confronto con le sue tesi, mi
toia”: il poeta è un bambino (quindi immediatezza, appare indispensabile. Anche perché, l’avrà notato,
ingenuità, naturalezza…), ma il processo della vita chiarisce alcuni problemi della situazione odier-
distrugge l’ infanzia di tutti a favore della consape- na. Questa, tuttavia, è abbastanza mutata rispet-
volezza, riflessione, maturità; la grande poesia na- to ai suoi tempi. Oggi il rapporto poesia-storia mi
sce là dove il bimbo (ingenuo) e l’uomo (sentimen- sembra molto in crisi. Lo stesso dicasi del rapporto
tale) coesistono. Questo pensa Saba. Schiller crede, poesia-utopia. La tesi dell’arte- “gioco molto serio”
invece, che questi due modi di sentire vadano ambe- è stata ridotta a giochetti formali incapaci di dre-
due superati a favore di un terzo, al momento, ideale nare, testimoniare e rispecchiare le contraddizioni
che la situazione storica produrrà. e le lacerazioni della nostra epoca. Se non va bene
Perché il punto nodale è proprio questo: a Schil- l’”impegno” o la politicizzazione estrinseca non
ler preme sempre mettere in rapporto la pratica e penso che possa andar bene questa «dissoluzione
la psicologia profonda dell’artista con le caratteri- – come qualcuno l’ha definita - dell’autonomia este-
stiche fondamentali di una situazione storica o di tica per via estetica»…
un’epoca. – - Chi? -
- Questo punto l’ho capito, me l’ha già detto.- - Alfonso Berardinelli in un libro di qualche anno fa
- Sì, ma ripetere non fa male, come dicevano gli an- che ti consiglierei di leggere: “La poesia verso la pro-
tichi - sa”. Ha un capitolo intitolato L’arcaica modernità di
Schiller.-
- Comunque, ho capito: il poeta “ingenuo” vive di
sensazioni, emozioni, immediatezza, identificazione - E’ difficile? Prof., sa che per me leggere è un pro-
con la natura e gli oggetti del mondo; quello “senti- blema? Lo faccio volentieri, ma se non ho dialoghi
mentale” avverte una scissione profonda fra sé e gli come questi la comprensione è una fatica boia. E so-
oggetti, una scissione che cerca di colmare. Tutti e prattutto con chi discuto? E se non posso discutere a
due sono prodotti da una situazione storica. Scusi, che serve leggere? -
prof., ma se c’è questa relazione così stretta fra arte
e storia, un poeta è davvero libero di scegliere le for-
me espressive che vuole? -
- E’ indubbio che c’è un profondo condizionamento.
Anche i sostenitori dell’”arte per l’arte” ammettono,
sia pure per via negativa, questo condizionamento.
Infatti, che bisogno ci sarebbe di predicare tanta au-
tonomia se la situazione fosse effettivamente auto-
noma?...
- Ho capito…Io, però, le avevo chiesto delle forme
espressive …-
- Per Schiller i generi o, se preferisce, le forme tipiche
del poeta moderno sono la Satira, l’Elegia, l’Idillio -
- Grazie. Prof., ora davvero l’ultima domanda. Cos’è
questo discorso di Magris sulla differenza fra Schil-
ler e Schlegel? -
- Mi faccia leggere, non ricordo: «A pochi mesi da
questo saggio classico, Friederich Schlegel, invento-
re e teorico del Romanticismo, ne scrive un altro che
invita invece l’arte moderna a farsi sempre più sen-
timentale, eccentrica e stravagante, ad allontanarsi

Poliscritture/Zibaldone Pag. 69
Rosella Bertola Due fiabe
IL LAGHETTO DI MONTAGNA Si trovò subito nella vasta anticamera della casa, che
Il laghetto di montagna, dove d’estate vado a pescare conosceva solo di sfuggita, per averla sbirciata spes-
le trote e ad osservare le salamandre che guazzano tra so, pieno di curiosità quando nel suo giro di un tempo
i sassi, ora è tutto ghiacciato. allungava i fanali al di là della porta, per vedere co-
La sue superficie sembra una pista di pattinaggio e m’era fatto il mondo.
l’occhio si perde in una distesa di bianco abbaglian- Fu aiutato, nel suo piano di fuga, dal gatto di casa, un
te. soriano innamorato che aveva appuntamento con la
Tutt’intorno a me non c’è alcun rumore: il cinguettio gattina. Esso, uscendo quatto quatto, aveva lasciato
degli uccelli, che nella buona stagione allieta il cuore aperto l’uscio di casa. Per il trenino fu un attimo: ol-
e quasi stordisce, ora ha lasciato il posto ad un silen- tre quella porta incominciava il mondo, quello vero,
zio magico, interrotto soltanto dal fruscio della neve con le montagne vere, i laghi con l’acqua, il cielo con
che cade all’improvviso dagli alberi, sciolta dal sole. le stelle, non col lampadario.
Il paesaggio, intorno, è come incantato: la boscaglia Durante il viaggio ebbe un momento solo di malin-
ammantata di neve gelata sembra un ricamo prezio- conia; ripensò al suo amico aquilone, che era rimasto
so. imprigionato nella cameretta dei giochi. Era ancora
Questa è la stagione più bella per il piccolo lago: tutto là, sullo scaffale impolverato, ad attendere sempre la
quel bianco accanto al turchino del cielo lo fanno as- bella stagione, le giornate di sole che in quella città
somigliare ad un luogo di sogno. erano rare nel corso dell’anno.
Chissà, forse un giorno anche per lui sarebbe arrivata
STORIA DI UN TRENINO la libertà: ne parlavano spesso assieme, quando era-
Nella stanza dei giochi di un bambino, c’era una volta no compagni di sventura.
un grande plastico appoggiato a terra, su cui viaggia- Quel correre libero nella città buia non spaventava
va un trenino elettrico. affatto il trenino; si sentiva sicuro con i suoi fari luc-
Era un giocattolo bellissimo ed affascinava il bimbo cicanti, ogni tanto, con allegria, azionava il fischietto
che lo possedeva; egli trascorreva con lui molto del per annunciare a tutti la sua contentezza.
suo tempo. Aveva una grande curiosità da soddisfare: desiderava
Tutto era bello: il paesaggio rappresentato, la sua va- vedere una stazione vera.
rietà di aspetti. Quando riuscì a raggiungerla ebbe come un brivido;
C’erano laghetti, montagne, villaggi, una stazione con gli sembrava quasi di essere tornato ai vecchi tempi;
la fontanina e l’orologio; c’erano anche le immanca- non sapeva se piangere o ridere e gli riuscì di sorride-
bili sbarre, che si abbassavano automaticamente al re al pensiero delle sue dimensioni, lui così piccolo al
passaggio del treno, quasi per tributargli un inchino. confronto dei treni che vedeva.
Il piccolo convoglio di latta spadroneggiava sul suo Quell’aria che respirava, comunque, non riusciva af-
mondo di cartapesta; andava, tornava, appariva e fatto a sembragli simpatica: troppe cose lo riportava-
spariva attraverso gallerie, gole di montagne, oppure no alla sua condizione primitiva ed egli non desidera-
prendeva una grande rincorsa e sferragliava veloce va proprio risentirsi nei panni di prima.
attraverso la pianura, che lo conduceva alla stazione, Scelse perciò un’ altra soluzione: sarebbe stato un
da dove, dopo una fermata di un momento, avrebbe treno indipendente. Aveva già dimostrato a se stesso
ripreso il viaggio di sempre. di sapersela cavare da solo, anche senza binari, capi
Quel viaggio divertiva molto il bambino, egli non si stazione, palette e semafori.
stancava mai di manovrare i comandi: ora avanti, ora Avrebbe continuato così, esplorando tutto ciò che lo
indietro, le possibilità del trenino erano molte, basta- avrebbe incuriosito.
va premere un bottone od abbassare una leva ed egli Lo si vede spesso correre tra le aiuole del parco: ora
eseguiva, immancabilmente. ha anche dei viaggiatori, i passerotti del giardino, ed
Il trenino, di certo, la strada la conosceva a memo- è tanto contento di essere utile a qualcuno.
ria: per lui, sul plastico, non c’erano più sorprese. Le A volte il trenino compie dei giri speciali; al matti-
curve non gli nascondevano ormai nulla di nuovo e no di buon’ora, quando le strade sono ancora deserte
l’entrare nell’oscurità della galleria non gli appariva gli piace andare ad osservare la città addormentata:
più spaventoso come una volta. i passerotti, qualche grillo pigro, una cincia curiosa a
Così un giorno il trenino, stanco della monotonia dei bordo e via…ciuff ciuff…si parte per una nuova sco-
suoi movimenti, decise che non avrebbe più percorso perta.
la tortuosa strada ferrata che ormai lo ossessionava.
Attese la notte, per poter agire con tranquillità e
quando fu certo che nulla l’avrebbe disturbato, si di-
spose a mettere in atto il suo piano.
Raccolse tutte le forze che possedeva (ed anche tutto
il coraggio) e con un improvviso balzo uscì dalle ro-
taie, infilò la porta della stanzetta e finalmente ebbe
la sensazione di essere libero.

Poliscritture/Zibaldone Pag. 70

Le due fiabe che qui pubblichiamo andrebbero definite “di lavoro”. Sono state scritte da una maestra,
Rosa Bertola, che nel comporle ha sicuramente avuto in mente le bambine e i bambini del Secondo Circolo
didattico (scuola elementare) di Cologno Monzese. Volti, voci e corpi di bimbi d’oggi hanno riacceso memo-
rie della propria infanzia, rimodellato l’idea d’infanzia della maestra e di se stessa in rapporto affettivo e
didattico con loro, riempito di emozioni impreviste quel tempo detto “anno scolastico”, che scorre separato
dal tempo di fuori: delle strade, della città, della televisione.
Le due fiabe – altre restano nel cassetto e si spera presto di raccoglierle in libro – nate senza pretese di
farsi letteratura, come scritture d’occasione motivate da esigenze pratiche (insegnare la lingua italiana,
calamitare attorno a parole semplici la fantasia del gruppo-classe, afferrare il fantasma sfuggente del
“mondo” mediante i nomi, trasmettere “qualcosa” – un senso – quello che, in tempi di certezze, si diceva
“una morale”) - hanno in questo legame stretto con la realtà viva, fissa e mutevole al contempo, del fare
scuola un primo pregio.
Sia la prima, quasi un haiku per brevità e tema, che la seconda, più articolata e mossa, richiamano poi con
immediatezza la potenza dell’infanzia: di stupirsi di fronte al “silenzio magico” di un paesaggio innevato;
di maturare, grazie alla ripetizione del gioco – una ginnastica che i bimbi s’impongono con piacere e a cui
gli adulti sfuggono – scatti di libertà e di fuga dai mondi di cartapesta (tutti lo sono un po’ o possono diven-
tarlo, non solo quelli dei bambini).
Se le estraiamo, come minerali, dal magma vivo della situazione in cui sono nate e le esponiamo in una rivi-
sta “per intellettuali” come Poliscritture, non è per un semplice atto d’omaggio ad un’amica da poco morta
o per paternalismo. Lo facciamo perché sono un esempio di quel plurale, che oggi si svela nelle scritture
“basse” dei tanti scriventi “non autorizzati” e che programmaticamente come rivista puntiamo a indagare
e a mettere in fecondo – crediamo – cortocircuito con un altro plurale, quello delle scritture “alte”, argo-
mentative, riflessive, analitiche, espressive.
Ma nel caso delle fiabe, c’è pure un altro problema da affrontare: è possibile oggi tenere problematicamente
aperto e fluido il legame tra l’immaginario infantil-materno che ci pare espresso in queste due di Rosella
Bertola, e lo strabordante immaginario “adulto” ipercommercializzato e iperspecializzato che ci travolge
soprattutto dalla TV?
In nome delle “cose serie” (il Mercato, la Politica, la Scienza, il Progresso) l’infanzia e il maternage vengono
a un certo punto cancellate. Oppure i loro effetti costruttivi e dinamici sono confinati: nella scuola elemen-
tare, appunto; nella “famiglia” che dovrebbe tornare “sacra” o in un quotidiano detto “normale”. Altri ne
fanno oggetto di puro specialismo (pedagogia, psicologia) o di rituale e episodico omaggio (la giornata
mondiale del bambino, la festa della mamma).
Resta da presentare la “maestra-bambina” che ha scritto queste fiabe. Rosa Bertola è stata maestra ele-
mentare a Cologno Monzese dal 1971 fino alla sua morte avvenuta nell’ottobre del 2005. Cresciuta come
tanti sotto il segno della tradizione più autoritaria esistente in Italia: quella della Chiesa cattolica (iniziò la
sua carriera di maestra insegnando religione; ed è noto il controllo che la Chiesa cattolica impone a queste
figure d’insegnanti), seppe stare ad occhi aperti nei tumulti che negli anni Sessanta e Settanta coinvolsero
una scuola elementare per figli d’immigrati (allora “comunitari” ma trattati come gli attuali “extracomuni-
tari”) paurosamente carente nelle strutture e nella didattica. Si confrontò con quei fermenti di ribellione e
affiancò inquietamente al suo venerato Manzoni il quasi eretico don Milani di Lettera a una professoressa,
impegnandosi nell’innovazione didattica e nel movimento che tra 1979 e 1983 portò alla scuola a tempo
pieno.
Nel suo lavoro Rosella, secondo una tradizione che per l’appiattimento oggi imposto soprattutto dai mass
media sul presente e l’istantaneo, si va perdendo, desiderava che i suoi scolari imparassero a memoria delle
poesie; li educava ai dettagli, fossero parole e numeri o i fiori del giardino della scuola da seminare, veder
crescere, nominare, disegnare. E fu una donna capace di coltivare passioni: per la poesia, la geografia, il
disegno, la musica, la scrittura. Nutrì così sia il suo lavoro di maestra che la sua presenza attiva nelle isti-
tuzioni: nel Consiglio di Circolo, ad esempio, e dovunque in una città di periferia si potesse discutere fuori
dai conformismi. Nell’agosto 2001 le fu scoperta la malattia che poi la condusse a morte: insegnando finché
ebbe la forza, resistette alla implacabile cancellazione del suo mondo. [E.A.]

Poliscritture/Zibaldone Pag. 71
6
di questioni di vita e di morte.Ed era del tutto per-
suaso, mi sembra, della rilevanza di ogni frase, senza
sospettare limiti e velleità individuali e collettivi.Fa-
Letture d’autore ceva sul serio,credeva davvero a quel che diceva lui
stesso, forse in modo prevalente, ma anche in quello
che dicc\{a ciascuno dinoi.ln me,. questo destava un
certo imbarazzo, come di una sproporzione origina-
Nei ria e non avvertita, fra il senso del discutere fra singo-
li intellettuali, in situazione previlegiata e marginale,
dintorni e ‘il resto’, anche se non mi era chiaro il perchè del-
la sproporzione, e il ‘carattere’ di questo ‘resto’ ,che
di Franco pure percepivo esistente e più forte di noi.
3) Fortini volle leggere le mie poesie.Le lesse, le prese
Fortini in mano con una padronanza assoluta, come di un
maestro d’arte che esamina il prodotto di un aspiran-
un inizio di riflessione te artigiano.E anche qui,in una materia per me allora
così privata e segreta, io mi accorsi di quanto fosse-
ro rilevanti, per lui, tutte le cose, direi tutte le forme
A) Da Michele Ranchetti a Ennio Abate (5 set- dell’esperienza del vivere: lo scrivere, il discutere, le
tembre 2005) amicizie, i mestieri, le appartenenze, in un certo senso
senza discrimine, perchè non c’è nulla che non abbia
Ti mando il primo dei due scritti su Fortini, letto a
importanza e significato.Soprattutto, non c’è nulla di
Siena. L’altro appena lo ritrovo oppure quando sarà
cui non si debba rendere conto.Ma il suo, cosi almeno
edito dal Gabinetto Vieussieux dove c’è stato un pic-
mi pare, ora più che allora, non era un giudizio esteti-
colo convegno e figurerà agli atti.
co, neppure un giudizio morale o un giudizio politico.
1) Ho conosciuto Fortini a Ivrea, in un tempo che mi Tanto meno, un giudizio religioso: era una sorta di
pare lontanissimo. Ma era in visita, non faceva più giudizio universale privato che comprendeva tutti gli
parte della colonia intellettuale, viveva già a Milano. elementi, dove il bene e il male appartenevano aUa
Credo fosse in occasione della visita di Rocco Scotel- sfera estetica, cosi come alla sfera morale, per cui una
laro.Di queste cose, persone e tempi vi è una poesia poesia non poteva in un certo senso essere bella, se
di Sereni.Ripensando ad allora,e quindi contrap- non era anche buona o giusta.
ponendo quésto presente (il mio e il nostro), a quel 4)Questo ‘giudizio’, che incombeva su ogni sua frase
tempo,mi sembra che si trattasse di falsi problemi, e ogni suo atto, di vita e di pensiero, poteva dar fa-
di false connessioni, di intrecci da comprendere e da stidio.In particolare,. quando sembrava riguardare, o
sciogliere, di cui non vedo più traccia.Io lavoravo alla esercitarsi, su questioni marginali, che però per lui
segreteria delle Relazioni Interne, di cui era respon- non erano tali, non potevano essere indifferenti, nel-
sabile Franco Momigliano.Allora, il contrasto, di cui l’universo di responsabilità individuali in cui si vive.
si discuteva, era fra i Servizi sociali (la nuova forma di Del resto, era generoso, e si prendeva davvero a cuore
intervento sulla fabbrica distinta e opposta ai conflitti le sorti degli altri.Sorti che, anch’esse, erano di natu-
di classe) e la struttura tradizionale,ossia le rappre- ra composita, letterarie, politiche, affettive.Ed inter-
sentanze sindacali distinte nei tre raggruppamentiti veniva di persona. Conosco, a questo riguardo, alcuni
tradizionali. Veniva vissuto e contrastato o auspica- episodi che testimoniano della sua grande generosi-
to, questo contrasto, come se in esso si manifestasse tà.Perchè si riproponeva il meglio da sè e dagli altri,
una differenza non più sanabile fra vecchio e nuovo, come se si potesse disporre, ciascuno e tutti, di una
fra ideologia e sociologia ‘neutrale’, fra America ed perfettibilità infinita.
Europa, fra prima della guerra e dopoguerra. Se ne 5) Tuttavia, a che cosa mai potesse condurre questa
discuteva tutto il giorno, nelle pause lunghissime del perfettibilità, è difficile dire, perchè ‘composita sol-
dopopranzo e del dopocena, prima di andare a sen- vantur’, ma non si compongono, se non in un disegno
tire una conferenza di un intellettuale o di un poeta preciso che assegna a ciascuna parte il suo limite e,
chiamato da Geno Pampaloni a parlare nella salet- direi, la sua competenza, secondo categorie non ar-
ta dell Biblioteca di fabbrica.Ma anche la conferenza bitrarie.
o la poesia diventavano poi parte della discussione, 6) E qui, a me sembra, si rivela un carattere del modo
venivano fatti confluire nell’argomento del contrasto di procedere intellettuale di Fortini che può rivolgersi
insanabile, e cosi via.Non era un giro a vuoto, ma una contro di lui, o meglio, contro la possibilità di gio-
strana oossessione monotematica da cui era difficile varsi della, sua intelligenza, della sua straordinaria
e insensato districarsi .Naturalmente, l’appartenen- sensibilità critica, del suo stesso rigore morale. E’ una
za al partito, e soprattutto le ragioni e la necessità di sorta di rivolta dei generi, o della loro rivincita.
non appartenervi erano elementi costanti del discu- 7)Fortini è intervenuto più nella discussione, che
tere; grosso modo, prevaleva la ‘fronda’ socialista in nelle premesse, ha esaminato le conseguenze più dei
cui quasi tutti si riconoscevano. presupposti, ha discusso le opere nell’ambito del-
2)Fortini, mi pare di ricordare, prendeva tutto que- la critica, anzi ha discusso soprattutto la critica. E’
sto ‘ragionare’ molto sul serio, si infervorava, formu- come se fosse stato più attento alla riproduzione che
lava giudizi definitivi, come se ogni volta,si trattasse all’originale, intervenendo nel secondo tempo della

Poliscritture/Letture d'autore Pag. 72


produzione, attenendosi ai risultati. C’ è come una maginaria di Fortini o di altri.
certa reticenza, o almeno mi sembra, che si rileva, ad 1.1. I modi con cui quel gruppo di intellettuali vive-
esempio, nei suoi diari , dove non è quasi traccia di va quel conflitto possono essere stati discutibili o
una riflessione che non abbia note di conferma sto- schematici perché ossessivamente riconducevano
rica o bibliografica, che sia senza testo a fronte, che tutto a quel «contrasto insanabile». Ma un problema
attesti un’emozione non mediata da un’eccezionale si pone: quel conflitto c’era o non c’era? E se magari
cultura. Per questo, la presenza costante di un rife- era - posso concedere - sanabile in parte alla Olivetti
rimento, di un’occasione, sembrano imprigionare la di allora, non lo era e non lo è poi stato altrove. Alla
sua prosa così consapevole in una cronaca minore,
Fiat, ad es., era così «insanabile» che si è risolto con
nel confronto con fatti minori, non più recuperabili
la sconfitta nel 1980 degli operai.
ad un interesse più generale. Vi è, nei diari, ma anche
nelle lettere, un accanimento critico che non si apre 2. Cos’era e cosa è oggi quel «resto» di cui discute-
quasi mai ad un’esclamazione libera dell’io, che ap- vano tanto quegli intellettuali sia pure «in situazione
pare ritroso a scoprirsi, ad esporsi. privilegiata e marginale»? Solo definendolo, nomi-
8) Era in gran parte così anche della persona, che nandolo magari in altri modi (non marxisti o para-
escludeva ogni confidenza non destinata ad un fine. marxisti o sociologici come facevano quegli intellet-
Ed è peccato, perchè la sua reticenza non era af- tuali) si può valutare l’entità della «sproporizione
fatto dovuta ad un’aridità emotiva o ad un qualche originaria e non avvertita» in quel loro discutere e
scheletro in biblioteca.E neppure, credo, ad una sua anche la qualità di quel tuo «imbarazzo».
conversione al protestantsimo senza confessione di 3. Mi colpisce l’osservazione «Fortini, mi pare di ri-
fede. Piuttosto, forse, ad una concezione della cultura cordare, prendeva tutto questo ‘ragionare’ molto sul
come dignità hominis di tradizione umanistica, del serio». Rivela il tuo profondo scetticismo verso quei
tutto obsoleta e fastidiosa, in tempi di disperazione tentativi (velleitari a tuo giudizio) di affrontare quel
e disordine. «resto». Pare di capire che per te non si trattava «di
9) E’ possibile che si sia data una forte accelerazione questioni di vita e di morte» (le uniche che possono
tecnologica negli ultimi decenni, per cui, o debbono davvero interessare?). Qui ci sento la tua
come non è più possibile percorrere distanze brevi “indifferenza” al marxismo (o dovrei dire al «mon-
con i mezzi pubblici e privati in tempo breve, mentre
dano»?). Perché, infatti, non si dovrebbe ragionare
é possibile raggiungere luoghi lontanissimi in poche
ore, cosìalcuni temi e alcuni modi di raggiungerli non seriamente su quel «resto» e anche infervorarsi? Che
sembrano più avere significato, particolari”di un in- poi non si riesca a cavare un ragno dal buco è un’altra
sieme che non ha più corso.Ad esempio, la cultura dei questione.
gruppi, la cosiddetta industria culturale su cui l’intel- 4. «io mi accorsi di quanto fossero rilevanti, per lui,
ligenza di Fortini, si è così a lungo esercitata, sono o tutte le cose, direi tutte le forme dell’esperienza del
sembrano di fatto lontanissimi echi di luoghi non più vivere». Perché, per te non è così? E se no, si può dire
abitati. Un altro esempio: la consulenza editoriale, che solo una parte di esse per te lo sono? O – mia sup-
ma anche la consulenza politica e in genere intellet- posizione - tutte non lo sono, per l’incombere della
tuale, se non è diretta ad un fine preciso di perfezio- morte, del peso che essa ha nel tuo pensare alla vita o
namento dell’efficenza produttiva.E’ forse per questa per quel che la fede ti fa intravvedere di Altro?
ragione che, del resto, Forti,ni ha previsto, che il soo 5. Accentui in modo che a me pare unilaterale il
compito può sembrare esaurito. Ma anche questo è contrasto tra te giovane, che presenti le tue poesie
un interrogativo che risente del suo insegnamento. («una materia per me allora così privata e segreta»),
e il Fortini «maestro d’arte». Qui il contrasto, al di
là del rapporto personale o generazionale, a me pare
Da Ennio Abate a Michele Ranchetti (6 otto- essere tra una concezione (tua) della poesia soprat-
bre 2005) tutto come fatto intimo, misterioso, inconscio e una
concezione (di Fortini) della poesia soprattutto come
Qui sotto trovi osservazioni, obiezioni e a volte sem- istituzione storica, pubblica, sociale.
plici richieste di chiarimento sul tuo ritratto di Forti- 5.1. Certo Fortini era un giudice sovraccarico di seco-
ni. Ti sembreranno tendenziose o maliziose, ma a me lari armamentari critici. Ma mi verrebbe da chiedere:
servono per mettere a fuoco quel vostro rapporto fra- non lo sapevi? non cercavi , rivolgendoti proprio a lui,
ternamente ostile, direi, e che mi ha interessato per le di provare come funzionasse sulla tua poesia il suo
sue implicazioni psicologiche e storiche, fin da quan- “occhio clinico”? non volevi far uscire la tua ricerca
do ti sentii parlare di lui la prima volta all’università poetica (privata allora penso) dalla sua dimensione
di Siena nella tavola rotonda commemorativa dopo la segreta?
sua morte. Lo trovo rivelatore anche per far luce su 5.2. Se uno coltivasse la poesia come fatto incomu-
aspetti della mia storia personale e politica. nicabile e ingiudicabile, non la farebbe mai leggere,
1. Quello che chiami contrasto fra i Servizi sociali specie ai letterati di professione. Se la presenti a un
(aziendali) e i Sindacati era per te un falso problema? altro (poeta e critico per giunta nel caso di Fortini),
Non mi è chiaro se tu quel conflitto, che anche a me è perché ti vuoi distanziare da quello che hai scrit-
appare «di classe», lo sentivi reale oppure lo ritenevi to e desideri che altri partecipino a quel tuo sentire
(e lo ritieni adesso) una costruzione ideologica, im- segreto oggettivatosi sulla carta. Accetti insomma di

Poliscritture/Letture d'autore Pag. 73


entrare nell’altra dimensione (storica, pubblica, so- 8. Perché non considerare che quell’«accanimento
ciale) della poesia. E sai o impari subito che lì non critico che non si apre quasi mai ad un’esclamazione
trovi solo amici benevoli o distratti, ma lettori carichi libera dell’io, che appare ritroso a scoprirsi, ad espor-
o sovraccarichi di competenze estetiche, filosofiche, si» nascesse da altro; e cioè dall’esperienza vissuta
istanze politiche, religiose, ecc. Esse entrano in gioco - e poi diventata intellettualmente consapevole - del-
più o meno accortamente illuminando o a volte oscu- l’ingiustizia del potere nelle nostre società?
rando la singolarità di chi ha prodotto quei testi. Non 8.1. Tieni conto della sua vicenda familiare, del suo
è il gioco “infinito” dell’interpretazione? coinvolgimento nella guerra, delle frustrazioni conti-
5.3. Che poi il giudizio di Fortini tendesse alla Tota- nue derivategli dalla sua partecipazione politica.
lità, si sa. Ma il suo, se era un «giudizio universale», 8.2. Non credo che in Fortini sia stata del tutto as-
a me non pare «privato». Era quello di un intellet- sente «un’esclamazione libera dell’io». È che il suo
tuale marxista, che aveva studiato Lukács e Adorno. «io» è diverso da quello di Pasolini (di cui mi parlasti
Era tutta una generazione a pesnare che «una poesia - ricordi?- durante l’intervista che ti feci). Il suo fu
non poteva in un certo senso essere bella, se non era un «io» fortemente politicizzato in senso marxiano
anche buona o giusta». e che sicuramente si «barricò» in una concezione
5.4. E poi anch’io non sono del tutto convinto: davve- “classica” della cultura.
ro una poesia può essere solo «bella»? 8.3. Si può ammettere certamente che questo «io po-
6. L’affermazione «…perché non c’è nulla che non ab- litico» in lui castigasse eccessivamente quello «priva-
bia importanza e significato» mi pare diversa sostan- to», quello - ad es. - giovanile più aperto al desiderio
zialmente dalla successiva «non c’è nulla di cui non di godimento e forse di confidenza [Mi avevano colpi-
si debba rendere conto». to la schiettezza erotica della poesia La buona voglia
6.1. La prima mi pare indicare un’apertura, un’at- (pag.46 di Una volta per sempre, Einaudi ’78 e anche
tenzione al mondo (magari ingenua e destinata alla certe sue “divagazioni-confessioni” sui suoi interessi
sconfitta: col tempo molte cose diverranno senza im- per l’arte e la pittura…].
portanza e significato o risulteranno false…). 6.2. La 8.4. Mi pare però che «in tempi di disperazione e
seconda introduce un elemento esterno (superegoi- disordine» sia quella sua concezione della cultura,
co), al quale render conto del rapporto che si stabili- «obsoleta e fastidiosa», sia quel suo «io politico», ri-
sce con le cose (il mondo). troso a espandersi in confidenza, abbiano dato prove
6.3. Probabilmente in Fortini erano presenti entram- di coraggio (Penso alle sue prese di posizione su certi
bi questi aspetti e confliggevano (con prevalenza avvenimenti negli «anni di piombo», che non so con-
– concordo - del secondo). Mi chiedo però - ripeto - siderare per la mia generazione «fatti minori»).
quanto quella «sorta di giudizio universale» (io direi: 8.5. Perciò più che di «reticenza» a parlare di sé, a
tarlo della Totalità), che tu gli imputi, fosse davvero «scoprirsi, ad esporsi» - ricordo il racconto-confes-
«privato». sione del suo comportamento “ottuso” nei confronti
7. Capisco che un giudizio che assaliva «ogni sua frase di Elvio Fachinelli - direi che egli si è esposto forte-
e ogni suo atto, di vita e di pensiero» desse (e ti desse) mente per come si era costruito: come «io politico»,
fastidio. Ma proprio perché nasceva da un individuo capace non solo di intelligenza ma anche di passione
che tu stesso riconosci come «generoso» e capace di (politica). Fortini a me pare uno dei pochi letterati
solidarietà verso le sorti degli altri, quel fastidio an- davvero fortemente segnato da una partecipazio-
drebbe interrogato. ne passionale alla politica (ovviamente ad una cer-
7.1. Dell’accanimento nel giudicare di Fortini dai ta politica). E perciò a me pare quasi ovvio che nei
una motivazione che a me pare antilluministica: «si suoi diari non vi possa essere «quasi traccia di una
riproponeva il meglio da sé e dagli altri»; aspirava o riflessione che non abbia note di conferma storica o
aveva fiducia in «una perfettibilità infinita». Riecheg- bibliografica». Nella storicità delle cose (dalla guerra
gi - mi pare - le antiche accuse di prometeismo e di alla «cronaca minore») si “buttò” con tutto se stesso.
astratta fiducia nella natura umana mosse appunto E fu questa con la sua brutalità che gli impedì quel-
agli illuministi e ai marxisti in genere. l’«esclamazione libera dell’io» e rafforzò forse la sua
7.2. Moltissime pagine di Fortini smentiscono che egli «concezione della cultura come dignità hominis di
nutrisse tali convinzioni o possa essere della stessa tradizione umanistica». (Ma forse qui sono troppo
famiglia dei fautori del Progresso: s’era pur formato brechtiano).
su Adorno; conosceva gli effetti deleteri della dialet- 9. Sulla “inattualità” di certi temi da lui trattati per
tica dell’illuminismo; dello stalinismo aveva criticato tutta una vita (industria culturale, ecc.). direi che la
ampiamente la fede nell’«uomo nuovo»; ed era stato sua lezione può apparire esaurita perché a tutto il la-
attento alla lezione di Timpanaro. Proprio il suo par- voro intellettuale è stato imposto con la «forte acce-
ticolare marxismo («critico», appunto) e il suo cri- lerazione tecnologica degli ultimi decenni» un altro
stianesimo (comunque pessimista) lo tenevano alla contesto (che è anche di guerra!). Ma lo si può ac-
larga da questa eccessiva fiducia nella perfezione. cettare? I suoi scritti potranno apparire rozzi e supe-
7.3. Che poi sotto la lucidità amara di questi suoi rati a quelli che a questo contesto si sono adattati. A
scritti perdurasse un’illusione perfezionistica residua quelli che vi resistono, qualche suggerimento (etico
in contrasto con le sue dichiarazioni, si può suppor- magari, più che politico) ancora lo danno.
re. Ma andrebbe dimostrato. (Non era un freudiano,
certo. Usava semmai la lezione di Freud da umanista,
credo).

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 74


7
divario quasi incolmabile.

Sulla giostra «L’indagine puntigliosa dei processi produttivi e dei


mutevoli rapporti di potere si è preclusa la possibilità
delle riviste di risalire dall’acquisito (socialmente, culturalmente)
all’innato: col risultato paradossale di non vedere che
proprio l’innato, ossia l’invariante biologico, è stato
preso in cura, in forme storicamente determinate,
Donato Salzarulo dalla produzione e dal potere contemporanei.»

Questo sostiene Paolo Virno in appendice a una no-


La “natura tevole conversazione svoltasi tra Noam Chomsky
e Michel Foucault nel 1971 a Eindhoven in Olanda,
umana” recentemente riedita col titolo Della natura umana.
Invariante biologico e potere politico (Derive/Ap-
di MICROMEGA prodi, 2005).

L’annotazione può essere pienamente sottoscritta,


pensando ai conflitti sociali e culturali che quasi ogni
giorno si verificano su tematiche come la feconda-
«Oggi sappiamo che l’autismo e la schizofrenia sono zione assistita, l’aborto, l’eutanasia, la clonazione,
altamente ereditabili, e anche se non sono completa- gli Ogm, il nucleare, l’ambiente, ecc. La biopolitica è
mente determinati dai geni, gli altri fattori plausibi- davvero diventata terreno fondamentale di confronto
li (quali le tossine, gli agenti patogeni e gli incidenti e scontro e la costituzione biologica dell’uomo ne è
durante lo sviluppo) non hanno nulla a che fare con il diventata la posta in gioco. Gli stessi movimenti di
modo in cui i genitori trattano i propri figli. Le madri protesta globali e i vari Forum sociali, a volte, appaio-
non meritano di vedersi addossata parte della colpa no più impegnati nella difesa delle condizioni basilari
se i loro figli soffrono di questi disturbi, come impli- di riproduzione della specie umana che nella critica
cherebbe il compromesso natura-cultura.» (MICRO- del rapporto di produzione capitalistico dominante.
MEGA, N° 4/2005, pag.116) Anche un filosofo come Habermas recentemente si è
L’autore di queste affermazioni è Steven Pinker, do- preoccupato di sottolineare l’esistenza di una natura
cente di Psicologia e direttore del Centro di neuro- umana, le cui leggi genetiche vanno difese dal rischio
scienza cognitiva al Massachussets Institute of Tech- della commercializzazione (cfr. Il futuro della natura
nology, noto in Italia per libri come L’istinto del lin- umana, Einaudi, 2001).
guaggio, Come funziona la mente, Tabula rasa, ecc. Dal momento che la storia (prassi sociale e culturale,
Titoli abbastanza eloquenti. organizzazione postfordista del lavoro fondata sulle
Messo di fronte a tali tesi, il lettore anni Settanta di competenze linguistiche più che sulle abilità manuali
Basaglia o di Goffman, di Laing o di Bateson (per o la forza muscolare, processi di riproduzione, ecc. )
non dire del Mito della malattia mentale di Szasz o ha catturato sul suo terreno la biologia, la genetica, le
di Storia della follia di Foucault), il lettore, cioè, che neuroscienze, l’antropologia, la psicologia e le varie
ha condiviso le battaglie politico-culturali e sociali discipline che, per un verso o per l’altro, studiano gli
contro i manicomi, che è avvezzo a teorie sistemiche “universali” o le “invarianti strutturali” dell’homo sa-
relative alla vita familiare e in genere alle istituzio- piens, a questo punto, discutere di “natura umana” è
ni sociali, scuoterà la testa perplesso. Possibile che i questione tutt’altro che oziosa.
geni siano capaci di tanto? Possibile che la famiglia Per chi volesse cominciare a farsi qualcosa di più di
non c’entri niente e che i comportamenti non siano un’idea sull’argomento, tornano utili i due ultimi nu-
il frutto di un’interazione tra eredità e ambiente? Il meri di Almanacchi di filosofia, pubblicati dalla rivi-
lettore, spesso di sinistra, formatosi alla scuola feno- sta MICROMEGA (N° 4/2005 e 1/2006). Un totale di
menologica o a quella dell’interazionismo simbolico, oltre 450 pagine folte di autori, pensieri e riflessioni,
tende a respingere l’innatismo della psicologia evo- conoscenze certe ed altre probabili o ipotetiche.
luzionista o il “gene egoista” della sociobiologia di
Dawkins. Fra spiegazione biologica e storico-sociale Impossibile inoltrarsi nella selva dei contributi e di-
di un comportamento è culturalmente abituato a pre- scuterli adeguatamente: tra saggi lunghi, in media,
ferire la seconda. Trattare con le pinze un sintagma una decina di pagine e dialoghi/confronti, i titoli sono
come “natura umana” è il minimo che si sente in do- 26 e gli autori quasi una cinquantina; più utile forse
vere di fare. Il più delle volte è anche pronto a dichia- elencare le tematiche affrontate con gli eventuali ber-
rarne l’inconsistenza concettuale: la “natura umana” sagli e problemi aperti.
cos’è?… Esiste? Primato della cultura sulla natura ?
Molti di noi – anche di quelli, voglio dire, che hanno Il primo filone tematico si propone di fare il punto
frequentato qualche pagina marxiana – sono affezio- sullo stato delle conoscenze scientifiche attualmente
nati a questo principio. Tra materialismo naturalisti- disponibili e ricavabili da molteplici ambiti discipli-
co e materialismo storico la frattura sembra netta, il nari: genetica, neuroscienze, etologia, primatologia,

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 75


antropologia molecolare, psicologia e psicoanalisi, sci; il «secondo cervello» (rettiliano) controllerebbe
ecc. istinti elementari quali fame, sete, pulsione sessuale,
ecc. La sua corteccia limbica conferirebbe una tona-
Il saggio d’apertura è del genetista e biologo Edoar- lità affettiva ed emotiva alle integrazioni sensoriali
do Boncinelli. Titolo: Necessità e contingenza della del «primo cervello». Il terzo, quello evolutivamente
natura umana. Categorie non nuove. Come singo- più recente, si identifica con la neocorteccia e presie-
li siamo animali, frutto di «un’evoluzione biologica derebbe a tutte le funzioni più nobili dell’intelletto:
millenaria fondamentalmente cieca e opportunista» memoria, capacità associative, apprendimento, lin-
(4/2005, pag. 8), come parte di un collettivo umano guaggio.
siamo figli della storia, «di una continuità culturale,
longitudinale e trasversale, che non ha l’eguale in «Un atto comportamentale umano – scrivono i due
nessun altro tipo di realtà» (ibidem, pag. 8). autori – resta il prodotto integrato di una massa dav-
vero ingarbugliata di neuroni, sparsi tra tutti e tre i
Le diverse scienze hanno ridisegnato la mappa di livelli corticali.» (ibidem, pag. 31)
una serie di tematiche importanti, relative al ruolo
dei sensi, al perché del nostro continuo domandare, Molto puntuale anche il contributo dello psicologo
alle emozioni, alla volontà e alla coscienza. I sensi, ad Gary Marcus, intitolato La costruzione della mente.
esempio, rappresentano la finestra di ciascun Io sul I geni non sono portatori di disegni né dittatori, ma
mondo. Ma cosa catturano? Non l’infinitamente pic- «fonti di opportunità». Hanno due funzioni: fungono
colo e neppure l’infinitamente grande, non la radia- da stampo per costruire particolari proteine e conten-
zione ultravioletta e neppure gli ultrasuoni. Qualco- gono una sequenza di regolazione che stabilisce se lo
sa, quindi, che non è il mondo, ma un nostro mondo: stampo di quel gene verrà convertito o meno in pro-
«una combinazione di innumerevoli messaggi senso- teina. Con una metafora ultranota, i geni sono come
riali parziali e settorializzati, ciascuno dei quali non le righe di un programma per computer. Ognuno di
significa assolutamente nulla di per sé ma che assume essi ha un se e un allora, una precondizione e un’azio-
un senso solo alla luce della nostra rete di domande» ne. Sulle radici biologiche della mente, la domanda
(ibidem, pag. 10). Di queste, per fortuna, ne abbia- più importante ed interessante è: «In che misura (e
mo sempre un gran numero. Non ne possiamo fare in quali modi) i geni fanno sì che l’esperienza possa
a meno, averne è una necessità biologica come respi- rideterminare i circuiti cerebrali?» (ibidem, pag. 53).
rare. Ovviamente incappiamo anche in domande che
non possono avere una risposta, tipo: “Dove sarò fra Per Gary Marcus inneità e plasticità cerebrale e/o
duecento anni?” oppure “Chi ha fatto il mondo?” comportamentale non sono in contraddizione. La
prima ci dice in che misura i circuiti cerebrali sono
Dopo aver tratteggiato a grandi linee, la visione che la predeterminati, la seconda in quale misura posso-
scienza ci offre della nostra natura e del nostro posto no essere rideterminati: «Gli esseri umani sono ben
nel mondo, Boncinelli individua nel collettivo e nel dotati sotto entrambi gli aspetti, con un’architettura
trans-individuale la nostra cifra più vera: «Nessuno iniziale enormemente complessa e mezzi fantastica-
da solo può raggiungere qualsiasi conclusione che mente potenti e flessibili per rimodellarla sulla base
sia diversa da quanto gli fanno credere i suoi sensi, dell’esperienza» (ibidem, pag. 53).
ma un collettivo sì…Da soli non avremmo una logi-
ca, che è una costruzione eminentemente collettiva, Un bel sasso nello stagno è quello lanciato dal pri-
visto che nessuno di noi è perfettamente logico. Da matologo Frans De Waal: Perché non possiamo
soli non avremmo una scienza…Da soli non avremmo non dirci Bonobo. Costui, per chi non lo sapesse, è
una storia…Da soli non avremmo probabilmente un il nostro «fratello scimpanzé», come spiegano nello
linguaggio, anche se siamo individualmente in pos- stesso numero della rivista, da pag. 162 a pag. 167,
sesso della facoltà di apprenderne uno. Grazie alla Gianfranco Biondi e Olga Richards, due esperti di
sua dimensione collettiva e all’evoluzione culturale antropologia molecolare. Uomo e scimpanzé pigmeo
che nel tempo ne è scaturita, l’uomo non è più sol- hanno un’affinità genetica uguale al 98,4 - 99,4 per
tanto un animale, anche molto dotato, ma è divenuto cento. Per questa ragione il gruppo di Morris Good-
parte di un universo metastabile e contingente che man nel 2003 ha proposto di inserirlo nel nostro ge-
può collassare da un momento all’altro – e non è det- nere Homo, che in tal modo risulterebbe costituito da
to che ciò non accada.» (ibidem, pag. 20) Homo sapiens e dalle due specie di scimpanzé Homo
(Pan) troglodytes e Homo (Pan) Paniscus (il “fratel-
Dal Pesce al Filosofo, invece, dei neuroscienziati En- lo” Bonobo).
rico Alleva e Daniela Santucci, è il titolo del saggio
che ci invita a condividere il tentativo di elaborazio- «La portata di un simile annuncio è stata quanto mai
ne di una “ecologia cerebrale”, attenta a correggere rilevante, dato che implicava un cambio di paradig-
le numerose inesattezze circolate diffusamente negli ma e proprio del paradigma più centrale dell’antro-
ultimi anni, soprattutto da parte dello psicobiologo pologia: non saremmo più l’unica specie sopravvissu-
Henry Laborit con la sua teoria dei tre cervelli. ta di un’antica linea evolutiva, ma condivideremmo
questo destino almeno con gli scimpanzé. Dopo poco
Il «primo cervello», il più antico della storia evoluti- più di due secoli e mezzo possiamo finalmente chia-
va, assolverebbe compiti automatici come il ritrarre mare “uomo una scimmia o viceversa”» (ibidem, pag.
un arto dal fuoco e sarebbe caratteristico di alcuni pe- 168). Ciò naturalmente dispiacerà molto agli edito-

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 76


rialisti de La Civiltà Cattolica, sostenitori del “salto quale si danneggia simultaneamente qualcun altro.
ontologico” fra l’uomo e gli animali, secondo i quali, Con il comportamento cooperativo tu guadagni un
dunque, noi avremmo un’anima spirituale immortale beneficio mentre offri un beneficio a qualcun altro»
che nessun animale possiede. (ibidem, «Oggi sappiamo che l’autismo e la schizofre-
nia sono altamente ereditabili, e anche se non sono
Ma, se per il patrimonio genetico non possiamo non completamente determinati dai geni, gli altri fattori
dirci Bonobo, guardando qualche film sui loro costu- plausibili (quali le tossine, gli agenti patogeni e gli in-
mi sessuali, anche sotto questo profilo, potremmo cidenti durante lo sviluppo) non hanno nulla a che
forse renderci più allegra la vita se, come suggerisce fare con il modo in cui i genitori trattano i propri fi-
il primatologo De Waal, non avremmo la fissa di pen- gli. Le madri non meritano di vedersi addossata parte
sare al “gene egoista” che si accoppia soltanto per ri- della colpa se i loro figli soffrono di questi disturbi,
prodursi o al noto adagio della nonna («non lo fo per come implicherebbe il compromesso natura-cultu-
piacer mio, ma per far contento Dio»). ra.» (MICROMEGA, N° 4/2005, pag.116)
«Se il suo unico scopo fosse la riproduzione, certo L’autore di queste affermazioni è Steven Pinker, do-
non sarebbe necessario che il sesso fosse una cosa cente di Psicologia e direttore del Centro di neuro-
così divertente. Lo vedremmo piuttosto come i bam- scienza cognitiva al Massachussets Institute of Tech-
bini vedono le verdure: consigliate ma per nulla en- nology, noto in Italia per libri come L’istinto del lin-
tusiasmanti. Certo, questo non è esattamente ciò che guaggio, Come funziona la mente, Tabula rasa, ecc.
madre natura aveva in serbo per noi. Nutrito da mi- Titoli abbastanza eloquenti.
riadi di terminazioni nervose in punti noti come zone
erogene (solo in quel piccolo organo che è il clitoride Messo di fronte a tali tesi, il lettore anni Settanta di
ce ne sono ottomila), collegato direttamente ai centri Basaglia o di Goffman, di Laing o di Bateson (per
del piacere del cervello, il desiderio e il soddisfaci- non dire del Mito della malattia mentale di Szasz o
mento sessuale sono parti costitutive dei nostri corpi. di Storia della follia di Foucault), il lettore, cioè, che
La ricerca del piacere è la ragione numero uno per cui ha condiviso le battaglie politico-culturali e sociali
la gente pratica più sesso di quanto sia necessario per contro i manicomi, che è avvezzo a teorie sistemiche
la riproduzione.» (N° 4/2005, pag. 217). relative alla vita familiare e in genere alle istituzio-
ni sociali, scuoterà la testa perplesso. Possibile che i
Da segnalare, infine, il saggio La Babele delle origini geni siano capaci di tanto? Possibile che la famiglia
del genetista Alberto Piazza. Il titolo è un program- non c’entri niente e che i comportamenti non siano
ma. Il problema è quello delle origini dell’uomo sia il frutto di un’interazione tra eredità e ambiente? Il
sotto l’aspetto biologico che culturale. Cultura qui ov- lettore, spesso di sinistra, formatosi alla scuola feno-
viamente significa creazione di un’innovazione, sua menologica o a quella dell’interazionismo simbolico,
trasmissione, sua diffusione geografica e sua selezio- tende a respingere l’innatismo della psicologia evo-
ne. Per intenderci, l’agricoltura è cultura. luzionista o il “gene egoista” della sociobiologia di
Dawkins. Fra spiegazione biologica e storico-sociale
2) Il secondo filone tematico è dedicato al dibattito di un comportamento è culturalmente abituato a pre-
che si svolge fra le due principali correnti evoluzio- ferire la seconda. Trattare con le pinze un sintagma
nistiche: da una parte Robert Trivers, precorritore come “natura umana” è il minimo che si sente in do-
degli studi di sociobiologia, dall’altra Niles Eldredge, vere di fare. Il più delle volte è anche pronto a dichia-
padre, insieme a Stephen Jay Gould, della teoria de- rarne l’inconsistenza concettuale: la “natura umana”
gli equilibri punteggiati. cos’è?… Esiste? Primato della cultura sulla natura ?
Molti di noi – anche di quelli, voglio dire, che hanno
Il confronto fra i due scienziati su L’evoluzione della
frequentato qualche pagina marxiana – sono affezio-
natura umana occupa molte pagine della rivista at-
nati a questo principio. Tra materialismo naturalisti-
tenta, in questo caso, a sottolineare come dal dialogo
co e materialismo storico la frattura sembra netta, il
emerga chiaramente «la direzione che sta prendendo
divario quasi incolmabile.
la riflessione evoluzionistica, cioè individuare pattern
esplicativi che includano in una nuova visione sinteti- «L’indagine puntigliosa dei processi produttivi e dei
ca neodarwiniana questi due approcci. Ciò rende par- mutevoli rapporti di potere si è preclusa la possibilità
ticolarmente vani e scorretti i tentativi di strumen- di risalire dall’acquisito (socialmente, culturalmente)
talizzare tale dibattito in chiave antievoluzionista da all’innato: col risultato paradossale di non vedere che
parte di movimenti religiosi fondamentalisti divenuti proprio l’innato, ossia l’invariante biologico, è stato
oppositori agguerriti del darwinismo, negli Stati Uni- preso in cura, in forme storicamente determinate,
ti come in Italia» (N° 4/2005, pag. 58). dalla produzione e dal potere contemporanei.»
A proposito della metafora molto diffusa sul “gene Questo sostiene Paolo Virno in appendice a una no-
egoista”, è di notevole interesse la concordanza che tevole conversazione svoltasi tra Noam Chomsky
si stabilisce fra i due scienziati: bisognerebbe parlare e Michel Foucault nel 1971 a Eindhoven in Olanda,
di “gene autointeressato”, nel senso che i geni si dif- recentemente riedita col titolo Della natura umana.
fondono quando un comportamento o una struttura Invariante biologico e potere politico (Derive/Ap-
porta loro beneficio. «L’egoismo è solo una categoria prodi, 2005).
dell’autobeneficio ed è un caso piuttosto speciale nel

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 77


L’annotazione può essere pienamente sottoscritta, dei sensi, al perché del nostro continuo domandare,
pensando ai conflitti sociali e culturali che quasi ogni alle emozioni, alla volontà e alla coscienza. I sensi, ad
giorno si verificano su tematiche come la feconda- esempio, rappresentano la finestra di ciascun Io sul
zione assistita, l’aborto, l’eutanasia, la clonazione, mondo. Ma cosa catturano? Non l’infinitamente pic-
gli Ogm, il nucleare, l’ambiente, ecc. La biopolitica è colo e neppure l’infinitamente grande, non la radia-
davvero diventata terreno fondamentale di confronto zione ultravioletta e neppure gli ultrasuoni. Qualco-
e scontro e la costituzione biologica dell’uomo ne è sa, quindi, che non è il mondo, ma un nostro mondo:
diventata la posta in gioco. Gli stessi movimenti di «una combinazione di innumerevoli messaggi senso-
protesta globali e i vari Forum sociali, a volte, appaio- riali parziali e settorializzati, ciascuno dei quali non
no più impegnati nella difesa delle condizioni basilari significa assolutamente nulla di per sé ma che assume
di riproduzione della specie umana che nella critica un senso solo alla luce della nostra rete di domande»
del rapporto di produzione capitalistico dominante. (ibidem, pag. 10). Di queste, per fortuna, ne abbia-
Anche un filosofo come Habermas recentemente si è mo sempre un gran numero. Non ne possiamo fare
preoccupato di sottolineare l’esistenza di una natura a meno, averne è una necessità biologica come respi-
umana, le cui leggi genetiche vanno difese dal rischio rare. Ovviamente incappiamo anche in domande che
della commercializzazione (cfr. Il futuro della natura non possono avere una risposta, tipo: “Dove sarò fra
umana, Einaudi, 2001). duecento anni?” oppure “Chi ha fatto il mondo?”
Dal momento che la storia (prassi sociale e culturale, Dopo aver tratteggiato a grandi linee, la visione che la
organizzazione postfordista del lavoro fondata sulle scienza ci offre della nostra natura e del nostro posto
competenze linguistiche più che sulle abilità manuali nel mondo, Boncinelli individua nel collettivo e nel
o la forza muscolare, processi di riproduzione, ecc. ) trans-individuale la nostra cifra più vera: «Nessuno
ha catturato sul suo terreno la biologia, la genetica, le da solo può raggiungere qualsiasi conclusione che
neuroscienze, l’antropologia, la psicologia e le varie sia diversa da quanto gli fanno credere i suoi sensi,
discipline che, per un verso o per l’altro, studiano gli ma un collettivo sì…Da soli non avremmo una logi-
“universali” o le “invarianti strutturali” dell’homo sa- ca, che è una costruzione eminentemente collettiva,
piens, a questo punto, discutere di “natura umana” è visto che nessuno di noi è perfettamente logico. Da
questione tutt’altro che oziosa. soli non avremmo una scienza…Da soli non avremmo
una storia…Da soli non avremmo probabilmente un
Per chi volesse cominciare a farsi qualcosa di più di linguaggio, anche se siamo individualmente in pos-
un’idea sull’argomento, tornano utili i due ultimi nu- sesso della facoltà di apprenderne uno. Grazie alla
meri di Almanacchi di filosofia, pubblicati dalla rivi- sua dimensione collettiva e all’evoluzione culturale
sta MICROMEGA (N° 4/2005 e 1/2006). Un totale di che nel tempo ne è scaturita, l’uomo non è più sol-
oltre 450 pagine folte di autori, pensieri e riflessioni, tanto un animale, anche molto dotato, ma è divenuto
conoscenze certe ed altre probabili o ipotetiche. parte di un universo metastabile e contingente che
Impossibile inoltrarsi nella selva dei contributi e di- può collassare da un momento all’altro – e non è det-
scuterli adeguatamente: tra saggi lunghi, in media, to che ciò non accada.» (ibidem, pag. 20)
una decina di pagine e dialoghi/confronti, i titoli sono
Dal Pesce al Filosofo, invece, dei neuroscienziati En-
26 e gli autori quasi una cinquantina; più utile forse
rico Alleva e Daniela Santucci, è il titolo del saggio
elencare le tematiche affrontate con gli eventuali ber-
che ci invita a condividere il tentativo di elaborazio-
sagli e problemi aperti.
ne di una “ecologia cerebrale”, attenta a correggere
1) Il primo filone tematico si propone di fare il punto le numerose inesattezze circolate diffusamente negli
sullo stato delle conoscenze scientifiche attualmente ultimi anni, soprattutto da parte dello psicobiologo
disponibili e ricavabili da molteplici ambiti discipli- Henry Laborit con la sua teoria dei tre cervelli.
nari: genetica, neuroscienze, etologia, primatologia,
Il «primo cervello», il più antico della storia evoluti-
antropologia molecolare, psicologia e psicoanalisi,
va, assolverebbe compiti automatici come il ritrarre
ecc.
un arto dal fuoco e sarebbe caratteristico di alcuni pe-
Il saggio d’apertura è del genetista e biologo Edoardo sci; il «secondo cervello» (rettiliano) controllerebbe
Boncinelli. Titolo: Necessità e contingenza della na- istinti elementari quali fame, sete, pulsione sessuale,
tura umana. Categorie non nuove. ecc. La sua corteccia limbica conferirebbe una tona-
lità affettiva ed emotiva alle integrazioni sensoriali
Come singoli siamo animali, frutto di «un’evoluzio- del «primo cervello». Il terzo, quello evolutivamente
ne biologica millenaria fondamentalmente cieca e più recente, si identifica con la neocorteccia e presie-
opportunista» (4/2005, pag. 8), come parte di un derebbe a tutte le funzioni più nobili dell’intelletto:
collettivo umano siamo figli della storia, «di una con- memoria, capacità associative, apprendimento, lin-
tinuità culturale, longitudinale e trasversale, che non guaggio.
ha l’eguale in nessun altro tipo di realtà» (ibidem,
pag. 8). «Un atto comportamentale umano – scrivono i due
autori – resta il prodotto integrato di una massa dav-
Le diverse scienze hanno ridisegnato la mappa di vero ingarbugliata di neuroni, sparsi tra tutti e tre i
una serie di tematiche importanti, relative al ruolo livelli corticali.» (ibidem, pag. 31)

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 78


Molto puntuale anche il contributo dello psicologo non sarebbe necessario che il sesso fosse una cosa
Gary Marcus, intitolato La costruzione della mente. così divertente. Lo vedremmo piuttosto come i bam-
I geni non sono portatori di disegni né dittatori, ma bini vedono le verdure: consigliate ma per nulla en-
«fonti di opportunità». Hanno due funzioni: fungono tusiasmanti. Certo, questo non è esattamente ciò che
da stampo per costruire particolari proteine e conten- madre natura aveva in serbo per noi. Nutrito da mi-
gono una sequenza di regolazione che stabilisce se lo riadi di terminazioni nervose in punti noti come zone
stampo di quel gene verrà convertito o meno in pro- erogene (solo in quel piccolo organo che è il clitoride
teina. Con una metafora ultranota, i geni sono come ce ne sono ottomila), collegato direttamente ai centri
le righe di un programma per computer. Ognuno di del piacere del cervello, il desiderio e il soddisfaci-
essi ha un se e un allora, una precondizione e un’azio- mento sessuale sono parti costitutive dei nostri corpi.
ne. Sulle radici biologiche della mente, la domanda La ricerca del piacere è la ragione numero uno per cui
più importante ed interessante è: «In che misura (e la gente pratica più sesso di quanto sia necessario per
in quali modi) i geni fanno sì che l’esperienza possa la riproduzione.» (N° 4/2005, pag. 217).
rideterminare i circuiti cerebrali?» (ibidem, pag. 53).
Da segnalare, infine, il saggio La Babele delle origini
Per Gary Marcus inneità e plasticità cerebrale e/o del genetista Alberto Piazza. Il titolo è un program-
comportamentale non sono in contraddizione. La ma. Il problema è quello delle origini dell’uomo sia
prima ci dice in che misura i circuiti cerebrali sono sotto l’aspetto biologico che culturale. Cultura qui ov-
predeterminati, la seconda in quale misura posso- viamente significa creazione di un’innovazione, sua
no essere rideterminati: «Gli esseri umani sono ben trasmissione, sua diffusione geografica e sua selezio-
dotati sotto entrambi gli aspetti, con un’architettura ne. Per intenderci, l’agricoltura è cultura.
iniziale enormemente complessa e mezzi fantastica-
mente potenti e flessibili per rimodellarla sulla base 2) Il secondo filone tematico è dedicato al dibattito
dell’esperienza» (ibidem, pag. 53). che si svolge fra le due principali correnti evoluzio-
nistiche: da una parte Robert Trivers, precorritore
Un bel sasso nello stagno è quello lanciato dal pri- degli studi di sociobiologia, dall’altra Niles Eldredge,
matologo Frans De Waal: Perché non possiamo padre, insieme a Stephen Jay Gould, della teoria de-
non dirci Bonobo. Costui, per chi non lo sapesse, è
gli equilibri punteggiati.
il nostro «fratello scimpanzé», come spiegano nello
stesso numero della rivista, da pag. 162 a pag. 167, Il confronto fra i due scienziati su L’evoluzione della
Gianfranco Biondi e Olga Richards, due esperti di natura umana occupa molte pagine della rivista at-
antropologia molecolare. Uomo e scimpanzé pigmeo tenta, in questo caso, a sottolineare come dal dialogo
hanno un’affinità genetica uguale al 98,4 - 99,4 per emerga chiaramente «la direzione che sta prendendo
cento. Per questa ragione il gruppo di Morris Good- la riflessione evoluzionistica, cioè individuare pattern
man nel 2003 ha proposto di inserirlo nel nostro ge- esplicativi che includano in una nuova visione sinteti-
nere Homo, che in tal modo risulterebbe costituito da ca neodarwiniana questi due approcci. Ciò rende par-
Homo sapiens e dalle due specie di scimpanzé Homo ticolarmente vani e scorretti i tentativi di strumen-
(Pan) troglodytes e Homo (Pan) Paniscus (il “fratel- talizzare tale dibattito in chiave antievoluzionista da
lo” Bonobo).
parte di movimenti religiosi fondamentalisti divenuti
«La portata di un simile annuncio è stata quanto mai oppositori agguerriti del darwinismo, negli Stati Uni-
rilevante, dato che implicava un cambio di paradig- ti come in Italia» (N° 4/2005, pag. 58).
ma e proprio del paradigma più centrale dell’antro-
A proposito della metafora molto diffusa sul “gene
pologia: non saremmo più l’unica specie sopravvissu-
ta di un’antica linea evolutiva, ma condivideremmo egoista”, è di notevole interesse la concordanza che
questo destino almeno con gli scimpanzé. Dopo poco si stabilisce fra i due scienziati: bisognerebbe parlare
più di due secoli e mezzo possiamo finalmente chia- di “gene autointeressato”, nel senso che i geni si dif-
mare “uomo una scimmia o viceversa”» (ibidem, pag. fondono quando un comportamento o una struttura
168). Ciò naturalmente dispiacerà molto agli edito- porta loro beneficio. «L’egoismo è solo una categoria
rialisti de La Civiltà Cattolica, sostenitori del “salto dell’autobeneficio ed è un caso piuttosto speciale nel
ontologico” fra l’uomo e gli animali, secondo i quali, quale si danneggia simultaneamente qualcun altro.
dunque, noi avremmo un’anima spirituale immortale Con il comportamento cooperativo tu guadagni un
che nessun animale possiede. beneficio mentre offri un beneficio a qualcun altro»
(ibidem, pag. 69).
Ma, se per il patrimonio genetico non possiamo non
dirci Bonobo, guardando qualche film sui loro costu- Nel saggio Mente, cervello e libero arbitrio assistiamo
mi sessuali, anche sotto questo profilo, potremmo a un altro confronto serrato, tra il neuroscienziato co-
forse renderci più allegra la vita se, come suggerisce gnitivista Steven Pinker, sostenitore della teoria della
il primatologo De Waal, non avremmo la fissa di pen- “mente modulare” e il neurobiologo Steven Rose per
sare al “gene egoista” che si accoppia soltanto per ri- il quale la mente è unitaria e individuale. Del primo
prodursi o al noto adagio della nonna («non lo fo per ho già fornito qualche assaggio all’inizio. Per il secon-
piacer mio, ma per far contento Dio»). do, «niente ha senso in biologia se non alla luce della
storia» sociale, evolutiva, dello sviluppo e delle stesse
«Se il suo unico scopo fosse la riproduzione, certo scienze ( N° 1/2006, pag. 68).

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 79


Ecco un esempio di come combatte la visione modu- si evitava l’individualismo, da sempre considerato un
lare e computazionistica della mente: aspetto inaccettabile della dottrina dei diritti natura-
li» ( N° 4/2005, pag. 88).
«La mente di Steve è una macchina, in altre parole
una specie di astrazione che gli ingegneri informati- Le tematiche bioetiche diventano oggi la cartina di
ci considerano quando lavorano sull’intelligenza ar- tornasole di tutte queste posizioni.
tificiale. La sua mente, come un computer, elabora
semplicemente informazione. Al contrario, i cervelli Altro contributo importante è quello di Richard Ror-
reali trasformano informazione inanimata in vivo si- ty intitolato, significativamente, Invidia della filo-
gnificato, dando un senso al mondo che ci circonda. sofia. Il filosofo prende di petto Steven Pinker: una
L’elaborazione del cervello conferisce agli input sen- teoria della natura umana dovrebbe avere un carat-
soriali un significato, che è basato sull’esperienza, ed tere normativo e spiegarci che fare di noi stessi, delle
è fornita dalla storia evolutiva e dello sviluppo indivi- nostre società e, soprattutto, disegnarci il tipo di per-
duale» (ibidem, pag. 68). sona che dobbiamo diventare : «Supponiamo che la
nanotecnologia ci consenta un giorno di tracciare in
Sempre all’interno di questo filone tematico è la pro- un cervello vivente le trasmissioni delle cariche elet-
posta di rilettura di un saggio del paleontologo Ste- triche da assone ad assone, e di correlare questi pro-
phen Jay Gould e del genetista Richard C. Lewontin cessi con le più piccole variazioni di comportamen-
scritto nel 1978 e diventato un “classico” delle con- to; supponiamo di riuscire un giorno a modificare le
troversie evoluzionistiche: I pennacchi di San Marco disposizioni comportamentali di un individuo, più o
e il paradigma di Pangloss. Il punto fondamentale meno come vogliamo, semplicemente regolando le
delle obiezioni vigorose rivolte al paradigma “adatta- sue cellule cerebrali: come potrebbe esserci di aiuto
zionista” è relativo al potere della selezione naturale questa capacità per capire quali comportamenti in-
nel modificare gli organismi. Per i due autori, che ri- coraggiare e quali scoraggiare – per sapere come gli
prendono il Darwin dell’origine, è un processo cieco, uomini dovrebbero vivere? Eppure è proprio questo
senza intenzioni, automatico, puramente statistico, genere di aiuto quello che le teorie filosofiche sulla
«un accumulo di modificazioni nelle popolazioni per natura umana hanno preteso di fornire» (N° 4/2005,
sopravvivenza differenziale di generazione in genera- pag.131).
zione.» (N° 1/2006, pag. 78)
Essere e dover-essere. Si diventa ciò che si è, ma si
3) Il terzo filone tematico ha un taglio più propria-
vorrebbe essere anche altro da ciò che si è. All’interno
mente filosofico. Anzi, per dirla tutta, l’impressione è
di questa duplicità riflette Roberto Esposito con un
che la filosofia faccia la parte del leone.
contributo, Heidegger e la natura umana, il cui pun-
Il primo contributo in questa direzione è dello storico to di partenza è la Lettera sull’umanesimo, scritta dal
della filosofia Carlo Augusto Viano. Titolo: La natura filosofo tedesco nel 1946.
invisibile. È invisibile, ma si fa sentire. L’andamento
storico-sintetico del saggio consente di fare il punto All’indomani del doppio trauma di Auschwitz e Hi-
sulla griglia di domande e problemi originati dalla roshima, la riflessione heideggeriana non si può dire
questione della “natura umana” e sulle varie conce- che scelga un linguaggio realmente innovativo ri-
zioni nutrite dai filosofi: da Platone che riteneva la spetto al veteroumanesimo dell’uomo “animale ra-
natura una semplice ombra del mondo delle idee a zionale”. Il confronto-contrapposizione è sempre con
Kant che la confinava al piano inferiore dell’intelletto l’animale. Heidegger ritiene che sia il linguaggio a
(in quello superiore, della ragione, abitavano l’arte, la fare l’uomo, il linguaggio articolato contrapposto al
religione, la storia e, ovviamente, la filosofia); dalle silenzio dell’animale. Esposito così commenta: «La
filosofie antipositivistiche che la eclissavano all’at- realtà dell’uomo – l’esistenza – non è riconoscibile
tuale ripresa della filosofia tradizionale, classica della attraverso le scienze naturali perché l’uomo non ha
“legge di natura” da parte delle teologie cristiane. La propriamente una natura. O perché la sua natura è
questione è quanto mai evidente nella dottrina dei di- appunto costitutivamente innaturale. Semmai egli ha
ritti umani: una “condizione”, come dirà da un diverso punto di
vista Hannah Arendt in The Human Condition, con-
«La Chiesa cattolica aveva mantenuto a lungo riserve dividendo in questo la pregiudiziale antibiologistica
nei confronti della dottrina dei diritti umani, che le del maestro: la vita è il presupposto biologico da cui
sembrava un’eredità del giusnaturalismo moderno e l’esistenza umana deve staccarsi per assumere il si-
del liberalismo, ma poi si era convinta che essa potes- gnificato – antropologico, politico, filosofico, - che gli
se essere ricavata dalla dottrina scolastica della legge compete.» (ibidem, pag. 230)
di natura. Inoltre la rivendicazione dei diritti umani
era diventato uno strumento della guerra fredda e un Per Esposito tale pregiudiziale antinaturalistica oggi
mezzo per mettere in crisi i regimi comunisti, una non è più sostenibile: la nozione di “natura umana”
prospettiva che suggeriva una correzione del conte- deve essere pensata in relazione non in opposizione a
nuto dei diritti umani, per spostare l’accento dalle li- quella di storia. Invarianza e mutazione non si esclu-
bertà individuali alla libertà religiosa, intesa come la dono, si implicano reciprocamente. «L’uomo – si po-
forma più alta di libertà. Così le comunità religiose, trebbe dire – è programmato a mutare di continuo la
più che gli individui, diventavano soggetti di libertà e propria programmazione» (ibidem, pag. 235).

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 80


Scienza o filosofia? è l’interrogativo posto nelle prime Marc Gaborieau, Mikel Dufrenne, Jean-Pierre Faye,
pagine del numero di gennaio 2006 e rivolto al filoso- Kostas Axelos, Jean Lautman, Jean Cuisenier, Pierre
fo Gianni Vattimo, al genetista Luca Cavalli Sforza e Hadot, Jean Conilh), svoltosi nel 1963, su un noto li-
al figlio, regista, Francesco. bro di Claude Lévi-Strauss, Il pensiero selvaggio.

La natura non è una realtà monolitica, non è deter- Sul secondo versante abbiamo gli interventi dello psi-
minata una volta per tutte. Essa è in continua trasfor- cologo Giovanni Jervis, Marcuse, mezzo secolo dopo e
mazione. Anche l’evoluzione culturale è frutto della della psicoanalista Simona Argentieri, Natura umana
selezione naturale. Tutta la nostra esistenza è già una e psicoanalisi.
manipolazione della natura. «L’idea di una “natura”
come qualcosa di non condizionato dalle nostre ini- 5. Per concludere: una tematica rilevante che attra-
ziative – sostiene Vattimo – mi sembra da un lato mi- versa tutti e due i numeri della rivista è la battaglia
tologica e dall’altro rischiosa. Il rischio è precisamen- politico-culturale condotta contro le posizioni crea-
te che la natura – il come le cose stanno o starebbero zioniste, a partire dall’orizzonte evoluzionista meno
da sé – diventi qualcosa come una norma impositiva. adattazionista e più vicino alle posizioni della teoria
Però le cose, da sé, stanno spesso in maniera del tutto degli equilibri punteggiati. A quest’ambito tematico
spiacevole. Un uomo può ammalarsi di cancro: visto afferisce il saggio ben argomentato dell’epistemologo
che questo cresce per natura, ci si dovrebbe a rigore Telmo Pievani dal titolo più che mai adatto al Belpae-
astenere dall’intervenire?» (pag. 8). se, Santi, navigatori, poeti: e oscurantisti. Vengono
bersagliati i sostenitori nostrani del creazionismo, gli
Il filosofo contesta con forza il concetto di “legge di architetti del “Disegno Intelligente” di Dio, i teo-con
natura”. Le norme non si possono ricavare dalla na- della provincia italiana: fisici come Zichichi, filosofi
tura. E, in aggiunta, bisognerebbe spiegare quale uso come Evandro Agazzi e pedagogisti come Giuseppe
si fa di questa parola o quale idea se ne ha. A. O. Lo- Bertagna, responsabile quest’ultimo dell’eliminazio-
vejoy, ad esempio, in un suo saggio ha documentato ne di Darwin e della teoria dell’evoluzione dai pro-
più di otto usi della parola natura. grammi della scuola elementare e media di primo
grado (eliminazione, a quanto pare, rientrata).
Altri contributi filosofici sono rappresentati da due
importanti inediti: uno di Wittgenstein al quale è sta- Altro contributo sullo stesso tema è quello del docente
to dato il titolo redazionale Frammenti sul linguag- di genetica Steve Jones: Scienza darwiniana e fanta-
gio e la natura umana e un altro di Anders, La natu- scienza biblica. Il famoso scienziato risponde ad alcu-
ra eretica. Di taglio filosofico è anche il dialogo, dal ne domande fatte circolare su Internet da un creazio-
titolo arendtiano Condizione umana contro ‘natura’, nista, un colonnello in pensione nato a Kansas City,
che si svolge fra Adriana Cavarero, una delle maggio- di nome Walter Brown. Domande del tipo: «Come è
ri filosofe italiane, e Judith Butler, autorevole rappre- possibile che organi tanto complessi come l’occhio, o
sentante del pensiero radicale e femminista america- l’orecchio, o anche il cervello del più piccolo uccellino,
no. Le due pensatrici non soltanto negano l’esistenza si siano originati dal caso o da processi naturali?». Nel
di una “natura umana” universalmente intesa, ma si merito, Jones ricorda garbatamente che già Darwin ne
sforzano – e questo mi sembra molto importante – di L’origine delle specie s’era posto il problema e aveva
definire l’umano non in riferimento all’animale non- indicato brillantemente come giungere alla soluzione
umano, come da Aristotele in poi tradizionalmente si del rompicapo: nel regno animale si osservano molti
fa, ma in riferimento all’inumano. Con questo con- diversi stadi intermedi dell’occhio. Il che significa che
cetto si allude a una «negazione dell’umano che è al- esso si è evoluto almeno 20 volte in altrettanti tipi di-
l’interno dell’umano stesso» (4/2005, pag.136) come versi di organismo.
dimostra l’esperienza crudele e tragica dei campi di
concentramento. Il tentativo delle due autrici è rivol- «Trovo che sia paradossale sostenere, come fanno i
to all’elaborazione di un’etica della relazione centra- creazionisti, che il nostro mondo è troppo complesso,
ta sulla categoria della dipendenza, coestensiva alla e che quindi è inutile che la scienza tenti di spiegarlo.
vita. Essere umani significa essere esposti all’altro, Che discorsi! Per forza è difficile da spiegare. Voglia-
dipendenti, vulnerabili. mo forse pretendere che il nostro Universo sia sem-
plice da comprendere?! L’argomento dell’Intelligent
Infine, più che apprezzabile appare il progetto di esi- Design è un argomento di pigrizia e arroganza.» (N°
stenzialismo bio-materialistico di Paolo Flores d’Ar- 1/2006, pag. 131)
cais delineato a conclusione dei due numeri della
rivista e intitolato La natura dell’esistenza. Appunti Combattere le dottrine della Chiesa e/o le posizioni
per una filosofia del finito. creazioniste, non significa, tuttavia, negare l’esperien-
za religiosa o il bisogno di Dio. Accettando questa di-
4) Altri filoni tematici sono quelli relativi all’antropo- stinzione, la rivista pubblica uno dei discorsi edifican-
logia culturale e a “natura umana” e psiche. Sul pri- ti di Kierkegaard: «Aver bisogno di Dio è la suprema
mo versante si leggono volentieri un saggio di Marc perfezione dell’essere umano». Sarà vero?
Augé, L’uomo, trino e uno, e un altro di Massimo De
Carolis, Natura umana e costruzione del mondo nel
rituale. Quanto mai interessante è poi la pubblica-
zione inedita di un dialogo a più voci (Paul Ricoeur,

Poliscritture/Sulla giostra delle riviste Pag. 81


POLISCRITTURE
Rivista di ricerca e cultura critica
Redazione:
Ennio Abate, Luca Ferrieri, Marco Gaetani, Ornella Garbin, Marcello Guerra, Alessandra Roman, Sergio Ro-
tino, Donato Salzarulo, Antonio Tagliaferri, Pier Paride Vidari
Hanno collaborato al numero 1:
Elena Abate, Luca Benella, Sergio Bologna, Paolo Cavallo, Stefano Levi Della Torre, Mariella De Santis, Mario
Mastrangelo, Paolo Lezziero, Michele Ranchetti
Copertina: Ornella Garbin
Stampa: Cartotecnica Cremasca Sira – Divisioni Arti Grafiche Cremasche Via R. Sanzio, 7 – Crema ( CR)
Abbonamenti: Un numero costa 3 euro. Abbonamento a tre numeri 7 euro. Gli abbonamenti decorrono dal
gennaio di ciascun anno. Gli abbonamenti non disdetti entro il 31 dicembre si intendono rinnovati per l’anno
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Impaginazione grafica: Ornella Garbin, Luca Ferrieri
I disegni del n. 1 sono di
Tabea Nineo
e le rielaborazioni di Or-
nella Garbin.
Per qualsiasi comu-
nicazione: poliscrit-
ture@g.mail.com
oppure: Ennio Aba-
te (Poliscritture), via
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Cologno Monzese (Mi-
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Poliscritture esce
come supple-
mento a L’ospite
ingrato,
se-

me-
stra-
le
del Centro
Studi Fran-
co Fortini,
aut. Tribu-
nale di Sie-
na N.703 del
22.12. 2000.

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sta e altri aggiornamenti
sono reperibili sul sito www.
poliscritture.it

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