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I grandi della letteratura italiana: dante, pirandello, boccaccio, grazie deledda, petrarca, moravia,

san francesco d’assisi, italo calvino, leopardi, verga, ludovico ariosto, Torquato tasso, Pavese,
gabriele d’annunzio, ugo foscolo, alessandro manzoni, leonardo da vinci, goldoni, giosuè carducci,
giovanni pascoli, ungaretti, montale, macchiavelli, quasimodo.

La poesia (dal greco ποίησις, poiesis, con il significato di "creazione") è una forma d'arte che crea,


con la scelta e l'accostamento di parole secondo particolari leggi metriche (che non possono
essere ignorate dall'autore), un componimento fatto di frasi dette versi, in cui il
significato semantico si lega al suono musicale dei fonemi. La poesia ha quindi in sé alcune qualità
della musica e riesce a trasmettere concetti e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di
quanto faccia la prosa, in cui le parole non sottostanno alla metrica.
La lingua nella poesia ha una doppia funzione: - Vettore di significati - con contenuti
sia informativi sia emotivi; - Vettore di suoni. Per svolgere efficacemente questa duplice funzione,
la sintassi e l'ortografia possono subire variazioni rispetto alle norme dell'Italiano neostandard (le
cosiddette licenze poetiche) se ciò è funzionale (non solo estetico) ai fini della comunicazione del
messaggio.
A questi due aspetti della poesia se ne aggiunge un terzo quando una poesia, anziché essere letta
direttamente, è ascoltata: con il proprio linguaggio del corpo e il modo di leggere, il lettore
interpreta il testo, aggiungendo la dimensione teatrale della dizione e della recitazione. Nel mondo
antico - ed anche in molte culture odierne - poesia e musica sono spesso unite, come accade
anche nei Kunstlieder tedeschi, poesie d'autore sotto forma di canzoni accompagnate da musiche
appositamente composte.
Queste strette commistioni fra significato e suono rendono estremamente difficile tradurre una
poesia in lingue diverse dall'originale, perché il suono e il ritmo originali vanno irrimediabilmente
persi e devono essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo
un'approssimazione dell'originale.

La poesia didascalica è un genere letterario che, in forma di poema o di più brevi componimenti


metrici (capitoli, epistole), si propone di impartire un
ammaestramento scientifico, religioso, morale, dottrinale, ecc.
Il più antico esempio è costituito dal breve poema Le opere e i giorni di Esiodo, risalente all'VIII
secolo a.C. contenente una serie di consigli per le opere agricole delle singole stagioni. Nel poema
esiodeo s'impartiscono agli uomini consigli pratici per l'attività fondamentale in una comunità
agricola.
La poesia didascalica è diffusa nella Letteratura greca negli Antidoti di Nicandro (II secolo a.C.) e
nel secolo precedente grazie all'opera di Arato di Soli "I fenomeni", è stata poi ripresa
dalla Letteratura latina (con il capolavoro De rerum natura di Lucrezio).[1] Rientrano nel genere
didascalico anche le "Georgiche" di Virgilio, composte intorno al 30 a.C.
L’epistola, la satira, l’epigramma, la favola, epicedio, ballata, quartina, sestina, canzone
-prettamente italiani: sonetto (scuola siciliana), canzone (scuola siciliana, dolce stil novo), ballata,
ode, madrigale, villanella, ermetica, sonora, videopoesia e olistica.
Sottocategorie popolari: filastrocca, stornello e bosinada)
SISTEMA DELLA POESIA ITALIANA

La rima è la presenza di suoni uguali, ma solo a partire dall'accento tonico, in due parole poste a
fine di verso. Pertanto, due parole come mangi-àre e pens-àre fanno rima, mentre due parole
come ved-ére e presùm-ere non fanno rima

La funzione della rima in un testo poetico è duplice:

funzione ritmica: contribuisce a costruire il ritmo del testo in quanto istituisce raccordi fonici tra le
parole e organizza il discorso in unità ritmiche;
funzione semantica: collega tra loro delle parole che hanno sia un legame fonetico (di suono) sia
un legame semantico (di significato).

I principali schemi di rima del sistema poetico italiano sono i seguenti:

rima baciata | rima alternata | rima incrociata | rima incatenata | rima invertita | rima


interna | rima equivoca | rima ipermetra

Rima baciata

Si verifica quando due versi consecutivi rimano tra loro.

Schema: AA, BB, CC, ecc.

O cavallina, cavallina storna


che portavi colui che non ritorna
(G. Pascoli, La cavallina storna)

Rima alternata

Unisce i versi dispari e i versi pari (il primo con in terzo, il secondo con il quarto, ecc.).

Schema: ABAB

Forse perché della fatal quiete


tu sei l'imago, a me sì cara vieni
o sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zefiri sereni
(U. Foscolo, Alla sera)
 

Rima incrociata (o chiusa)

Unisce il primo verso con il quarto e il secondo con il terzo.

Schema: ABBA; oppure CDC, DCD


Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nutriva 'l core
in qul mio primo giovenil errore
quand'ero in parte altr'uom da quel ch'i'sono
(F. Petrarca, Voi ch'ascoltate)

Rima incatenata (o dantesca)

Tipica della terzina, unisce in una specie di catena i vari versi.

Schema: ABA, BCB, CDC, ecc.


Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura


esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinnova la paura!
 
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'io vi trovai,
dirò dell'altre cose ch'io v'ho scorte
(Dante, Inferno I, 1-9)

Rima invertita (o a specchio)

Le rime si succedono a tre a tre, in ordine inverso.

Schema: ABC-CBA; oppure ABC-ACB


cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bella di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
(U. Foscolo, A Zacinto)

 
Rima interna e rima al mezzo

Si ha quando si fa rimare la parola finale di un verso con una parola a metà del verso
successivo o comunque interna.
soccorri alla mia guerra
ben ch'i' sia terra e tu del ciel regina:
volgi al mio dubbio stato
che sconsigliato a te ven per consiglio.
(F. Petrarca, Canzoniere CCCLXVI)

Rima equivoca

E' una rima che si ottiene facendo rimare due parole identiche, ma di significato diverso.
Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui per passare,
più lieve legno conven che ti porti.
(Dante, Inferno III,91-93)

Rima ipermetra

Si ha quando una parola piana rima con una sdrucciola e la sillaba in più viene contata
nel verso successivo o elisa.
E' quella infinita tempesta
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili resta-no
cirri di porpora d'oro.
(G. Pascoli, La mia sera)
 

Assonanza e consonanza

L'assonanza è la ripetizione, a partire dall'accento tonico, di vocali identiche.


La consonanza è la ripetizione, a partire dall'accento tonico, di consonanti identiche.
 
Come giri di ruote della pompa.
un giro: un salir d'acqua che rimbomba.
(E. Montale, Casa sul mare)
 
...traversando l'alte
nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti.
(E. Montale, Ti libero la fronte dai ghiaccioli)
Il settenario, nella metrica italiana, è un verso nel quale l'accento principale si trova sulla sesta sillaba:
quindi, se l'ultima parola è piana comprende sette sillabe, mentre se è tronca o sdrucciola ne ha
rispettivamente sei oppure otto.[1]
Viene spesso usato nei canti di Giacomo Leopardi, per esempio ne Il sabato del villaggio, e in molte odi
di Parini e Manzoni
l'endecasillabo nella metrica italiana (dal greco ἐνδεκασύλλαβος hendecasýllabos, letteralmente
"(verso) di undici sillabe")[1] è il verso in cui l'ultimo accento, tonico e ritmico, cade obbligatoriamente
sulla decima sillaba.[2]
È il metro principale e più utilizzato della poesia italiana: si trova in tutte le strofe e le strutture metriche
più importanti, come la terza rima, o terzina dantesca, l'ottava, la ballata, la canzone, il sonetto. È
sempre stato usato anche da solo in sequenze di endecasillabi sciolti.
Le sedi degli accenti sono varie. Tuttavia di norma gli endecasillabi presentano un accento fisso o sulla
quarta o sulla sesta sede (qui evidenziate in arancione e in giallo).
Contrariamente a quanto si potrebbe dedurre dal nome, è bene chiarire subito che la nota distintiva
dell'endecasillabo non è il numero effettivo di sillabe, bensì il fatto che in tutti i casi l'accento dell'ultima
parola del verso cada sempre sulla decima sillaba (da qui in poi segnata in verde).
È errore comune dunque pensare che tutti gli endecasillabi debbano avere sempre e comunque undici
sillabe. Ciò, se pure nella maggior parte dei casi è vero, non costituisce una regola. L'avere undici
sillabe non è altro che la diretta conseguenza del fatto che la lingua italiana sia formata
prevalentemente da parole piane, cioè che hanno l'accento sulla penultima sillaba. (esempio su
wikipedia).

Storia della letteratura italiana

I siciliani: piu antico documento si pensa esser la cantilena /canzone di Ciullo (diminutivo di
vincenzo) di Alcamo e una canzone di folcacchiero da siena. Tradizione letteraria che si inserisce in
un’epoca letteraria piu vasta cominciata tempo prima, e giunta al suo massimo splendore sotto
l’impero di Federico II: imperatore ‘dalemagna e re di sicilia, chiamato da dante “ cherico grande”
ovvero un uomo dottissimo.

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