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La documentazione sanitaria
La cartella clinica
La cartella è un documento importante perché è il punto nodale nel percorso del paziente.
Nel ’92 il ministero della sanità ha ritenuto opportuno dare una definizione di cartella
clinica, questa infatti è un insieme di documenti che registrano un complesso eterogeneo
di informazioni sanitarie, con lo scopo di rilevare il percorso diagnostico-terapeutico di un
paziente.
Questa quindi è importante non solo per conoscere la storia clinica del paziente e quindi la
sua diagnosi e come si ci è arrivati o come si è ricoverato, ma soprattutto per mettere in
campo gli opportuni interventi sanitari che riguardano il paziente e per il valore
epidemiologico e statistico.
Infatti elemento importante della cartella clinica è la SDO (scheda di dimissione
ospedaliera) che non è un documento relativo solo al paziente di cui ci si occupa, quindi
l’evento finale che riguarda la chiusura di una cartella, ma è anche utilizzata a livello
ministeriale per fare delle indagini di tipo epidemiologico e statistico.
Dal punto di vista giurisprudenziale la cartella clinica viene definita come un atto pubblico il
cui contenuto è confutabile solo con la prova contraria. L’atto pubblico è un atto che viene
redatto da un pubblico ufficiale (un notaio o un dipendente dello stato) e che per essere
valido deve avere il supporto di alcuni testimoni.
La cartella clinica è uno strumento superiore delle SDO perché essendo definito come un
atto pubblico è privilegiata e tutto quello che viene scritto li è assolutamente vero poiché
per stilarla vi è la presenza dei testimoni e perché non viene affermato il contrario.
Quindi la cartella e chi la compila (il medico) ha un valore superiore rispetto ad un atto
pubblico “normale” che come già detto l’atto non è altro che un documento redatto da un
notaio o da un pubblico ufficiale, quindi attribuisce pubblica fede.
La cartella clinica contiene sicuramente le generalità anagrafiche quindi nome, cognome,
provenienza. La provenienza è molto importante perché in alcune regioni ci sono delle
situazioni patologiche endemiche come per esempio il gozzo; quindi poter stabilire da
dove il paziente arriva aiuta a livello diagnostico.
Altri elementi importanti della cartella sono il motivo del ricovero (che dice qual è stata la
necessità del ricovero) e il regime del ricovero. Esistono 3 diversi tipi di regime di
ricovero (andando da quello più remunerato a quello meno remunerato):
- Il regime ordinario
- Il day hospital (DH)
- Il day service (DS)
Vi è un quarto regime che è quello del servizio sanitario nazionale (SSN) che è un regime
ambulatoriale.
Quando si parlerà di appropriatezza si vedrà che uno dei criteri fondamentali per stabilire il
regime del ricovero è la tipologia di patologia che si sta trattando, per esempio per togliere
un neo o per estrarre un dente sicuramente non si accede al regime ordinario.
Viceversa è importante correlare la patologia al regime; il regime ordinario è il più
remunerato, il DH viene remunerato ad accessi, ovvero dipende da quante volte il
paziente entra nel DH, invece il day service è per i medici la tipologia di regime meno
apprezzata proprio perché esistono dei pacchetti i quali contengono all’interno tutta una
serie di prestazioni che per una determinata patologia si possono fare, una serie di esami
che possono essere eseguiti.
Nel caso di day service si ha quasi sempre la co-partecipazione alle spese da parte del
paziente, un ticket, alla fine però il valore totale del rimborso è quasi sempre al di sotto del
valore reale del costo, quindi in perdita, per questo è la tipologia meno apprezzata.
L’assessorato però attraverso una circolare ha legato le tipologie di DRG che si vanno a
fare a delle percentuali, ovvero particolari DRG proprio per evitare che il medico possa
fare una cernita, per questo motivo il medico non può decidere a suo piacimento che
tipologia di ricovero utilizzare, o per lo meno può decidere di ricoverare una certa
percentuale di DRG per quel determinato regime. Questo proprio perché l’assessorato alla
salute ha stabilito una percentuale di ricoveri in regime ordinario che possono essere
effettuati, gli altri devono essere eseguiti, a seconda del DRG, nelle altre tipologie.
Se ciò non viene eseguito si va in contro a penalizzazione, ovvero la quota eccedente è
ritenuta inappropriata e non può essere pagata secondo il regime scelto.
Altro elemento fondamentale della cartella è l’anamnesi che fa conoscere la storia clinica
del paziente, se ha altre patologie, se assume farmaci, se ha subito interventi chirurgici.
Poi vi è l’esame obiettivo che ci permette du vedere se il paziente ha esami specialistici
fatti in precedenza come ecografie, tac.
I requisiti fondamentali della cartella clinica sono:
- La chiarezza, ovvero il contenuto della cartella deve essere comprensibile a tutti
anche al paziente, non deve contenere cancellazioni, deve essere limpida la
scrittura.
- La veridicità, ovvero quello che viene scritto deve essere conforme con quello che
viene fatto.
- La rintracciabilità perché consente di risalire a tutte le attività che sono state fatte,
da chi e quando.
- Accuratezza, quindi si devono rispettare le date in cui si è intervenuti
- La pertinenza, ovvero la correlazione tra le informazioni che ci sono in cartella e le
esigenze informative che servono agli operatori.
- Completezza, deve contenere tutte le informazioni che riguardano il paziente.
Dal punto di vista legislativo l’introduzione della cartella risale al DPR 128 del 1969.
Infatti all’articolo 7 di questo DPR è stabilito che il primario è il responsabile della regolare
tenuta della cartella e che lui è responsabile del paziente per tutto il periodo del ricovero.
Quando poi il paziente viene dimesso la cartella viene archiviata nell’ospedale che dimette
e il direttore sanitario è responsabile della tenuta illimitatamente della cartella, quindi
questa rimane archiviata per sempre.
Sempre nel DPR 128 è scritto che cosa avviene nel caso in cui viene fatta una richiesta,
ovvero che il direttore sanitario vige sulle cartelle e che rilascia solo agli aventi diritto una
copia, l’originale non viene mai data.
Se il paziente viene trasferito di reparto, quindi nello stesso ospedale, la cartella seguirà il
paziente e la SDO viene completata dalla struttura che dimette. Nel caso in cui invece il
paziente viene trasferito da un ospedale ad un altro la cartella con la SDO viene chiusa
nell’ospedale dove è stato trattato e nell’ospedale ricevente viene aperta una nuova
cartella. Quindi in questo caso la cartella non segue il paziente. [possibile domanda
d’esame].
Nel momento in cui la cartella viene conservata diviene un bene patrimoniale
indisponibile. Nell’art.830 del codice civile il bene è definito come demaniale o
patrimoniale.
La cartella clinica quando viene archiviata diviene bene patrimoniale indisponibile. I beni
dello stato si distinguono in demaniale e patrimoniali. I primi sono quelli diretti all’uso
pubblico dei cittadini (spiagge, fiumi) poiché il cittadino ne ha una funzione diretta non
possono mai essere ceduti dall’ente pubblico a quello privato e non esiste l’uso campione
su questi beni.
I beni patrimoniali invece sono beni che appartengono all’ente pubblico, quindi allo stato,
regione, provincia, comuni e sono beni non demaniali ciò significa che sono dei beni che si
possono distinguere a sua volta in indisponibili e disponibili. Sono indisponibili quelli che
servono per servizi pubblici, per es. la cartella clinica poiché è un pubblico servizio è un
bene patrimoniale indisponibile e sostanzialmente ha un fine pubblico. Sono invece beni
disponibili quelli che permettono all’ente un reddito.
La cartella clinica non lascia mai l’archivio, può essere solo ceduta in copia, attraverso una
domanda che viene posta alla direzione sanitaria, agli aventi diritto che sono: il paziente
stesso, una persona fornita di delega secondo le disposizioni di legge, al parente più
prossimo in caso di decesso, ai genitori in caso di minore, al tutore in caso di una persona
interdetta e all’avvocato difensore in caso di pazienti che si trovano sotto inchiesta. Tutto
ciò che è scritto in cartella è soggetto al segreto professionale e non può essere divulgato.
La cartella è importante dal punto di vista statistico ed epidemiologico perché permette di
studiare, da parte dell’unità del risk management, l’insorgenza e la probabilità che si
presenti un errore, ovvero un rischio clinico e che quindi il paziente rimanga vittima di un
errore sanitario. Attraverso la cartella l’unità di risk management può studiare i
comportamenti di trattamento del paziente che riguarda le varie fasi della gestione, del tipo
di terapia, quindi tutto ciò che potrebbe causare un errore ed andare ad agire in modo
preventivo.
In conclusione la documentazione sanitaria, in particolare la cartella clinica, è uno
strumento fondamentale che permette di valutare la qualità dell’assistenza che si è
prestata ad un paziente, ma è anche un elemento fondamentale nella prevenzione del
rischio clinico.
Il consenso informato
Una parte importantissima della documentazione sanitaria è il consenso informato, una
parte integrante e necessaria.
In passato il rapporto medico-paziente era definito di tipo paternalistico, cioè il paziente
era “gestito” da un medico il quale avendo una conoscenza superiore e pensando di
sapere cosa fosse giusto per lui, agiva senza chiedere nessun consenso al paziente
stesso.
Ma con l’evoluzione dei tempi e delle giurisprudenze il rapporto si è evoluto per cui adesso
è necessario il consenso informato. Questo documento è la volontà da parte del paziente
che dichiara di voler essere sottoposto ad un trattamento sanitario in maniera libera e solo
dopo essere stato informato circa le modalità di intervento, dei benefici, dei rischi
prevedibili e dei possibili effetti collaterali.
(Si intromette l’altro prof) Il professore chiede quanti di noi abbiano visto veramente un
consenso informato, ovvero quanti di noi si siano soffermati a leggerlo tutto e la risposta
generale è che nessuno si è mai soffermato a leggerlo veramente. L’informazione è ciò
che forma l’individuo non solo informa. Il consenso informato non è responsabilità
dell’infermiere ma in quel consenso c’è anche la sua professionalità ed è giusto che ne
sappia parlare. Il consenso informato è una cambiale in bianco che il paziente firma a
danno dell’infermiere, perché quando il paziente firma vuol dire che lui viene informato da
medici e infermieri su tutto ciò a cui sarà sottoposto e se non è conforme con quello che è
scritto nel consenso, si va incontro a conseguenze negative.
In alto si ha tutta l’anagrafica del paziente (nome, cognome, età, zona di provenienza); a
destra ci sono delle caselline all’interno delle quali vengono posti dei numeri. I numeri che
sono inseriti nella parte alta rappresentano la patologia e sono raggruppati per 3+2
codici, i numeri nella parte bassa rappresentato i trattamenti terapeutici e sono
raggruppati per 2+2 codici.
La SDO è formata da 2 parti: la prima di tipo amministrativo e qui vengono segnate tutte
quelle che sono nome, cognome, nascita, residenza del paziente. È importante sapere la
residenza e la nascita di un paziente per motivi epidemiologici poiché vi sono zone dove
alcune patologie sono di tipo endemico, esempio il gozzo sulle Madonie è endemico; vi
sono zone dove la tubercolosi è endemica, zone dove la malaria è endemica e zone pur
essendo di tipo malarico la malaria non c’è, questo perché alcuni soggetti possiedono il
tratto della talassemia e non possono essere contaminati, quindi si tratta di una casualità,
di un difetto genetico nella formazione della catena dell’emoglobina che dà l’immunità,
questa patologia che immunizza dalla malaria si chiama anemia mediterranea (o
talassemia) proprio perché è tipica delle zone mediterranee.
Quindi la prima parte è del tutto burocratica e amministrativa che però viene presa in
considerazione in virtù del fatto che ai fini statistici può essere utile.
Ma quella che interessa di più è la seconda parte dove ci sono non solo i trasferimenti, il
tipo di ricovero effettuato ma soprattutto i 32 campi e seguenti, che sono i campi delle
diagnosi e dal 38 in poi, che sono i campi dei trattamenti. Questi sono importanti perché
come si vede, ci sono per ogni campo delle righe e delle caselle e in queste il medico
scrive la diagnosi principale. Poiché però la SDO è letta anche da un computer, che
conosce solo numeri, è stato inventato un sistema alfa-numerico per cui le diagnosi e i
trattamenti vengono trascritti con delle cifre che sono 3+2 per le diagnosi, 2+2 per i
trattamenti (diagnostici o terapeutici).
Questi codici vengono presi da un libro che si chiama ICD9CM, è una sigla che significa
classificazione internazionale delle malattie 9° edizione clinicamente modificata.
Quando si parla di diagnosi principale non si parla né della diagnosi di ingresso né
tantomeno quella di dimissione ma è la diagnosi che ha assorbito il maggior numero di
risorse durante il ricovero. Se un paziente viene ricoverato per un cancro del colon, che
già è abbastanza pesante, ma durante la degenza viene spostato in terapia intensiva e
sottoposto ai trattamenti di terapia intensiva per cui rimane sotto ossigeno per oltre 48 ore
esiste la diagnosi per trattamento di ossigeno terapia in terapia intensiva che ha un codice
particolare e poiché è quella che ha assorbito il maggior numero di risorse sarà questa la
diagnosi principale.
Se invece un paziente entra per una enterocolite ma subisce una colonscopia, durante
questa viene causata una perforazione e il paziente deve andare in sala operatoria per
suturare la perforazione a questo punto la diagnosi principale non è più enterocolite ma
intervento su colon per chiusura della breccia chirurgica. Questo perché l’intervento
chirurgico ha assorbito il maggior numero di risorse rispetto all’enterocolite.
Le diagnosi secondarie danno la possibilità di capire se il paziente è stato affetto da
diagnosi complicanti o concomitanti. Le diagnosi concomitanti sono diagnosi già
presenti all’atto dell’ammissione del paziente. Ma se durante il ricovero il paziente per un
motivo x è affetto da una broncopolmonite e va in insufficienza respiratoria a quel punto
l’insufficienza respiratoria è una diagnosi complicante perché subentra durante il ricovero,
durante il trattamento in ospedale.
È importante scrivere sulla SDO le diagnosi concomitanti e complicanti perché danno la
possibilità di aumentare o meno il rimborso convenzionale del DRG.