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Organizzazione aziendale parte 2 del 04/03/2019

La documentazione sanitaria
La cartella clinica
La cartella è un documento importante perché è il punto nodale nel percorso del paziente.
Nel ’92 il ministero della sanità ha ritenuto opportuno dare una definizione di cartella
clinica, questa infatti è un insieme di documenti che registrano un complesso eterogeneo
di informazioni sanitarie, con lo scopo di rilevare il percorso diagnostico-terapeutico di un
paziente.
Questa quindi è importante non solo per conoscere la storia clinica del paziente e quindi la
sua diagnosi e come si ci è arrivati o come si è ricoverato, ma soprattutto per mettere in
campo gli opportuni interventi sanitari che riguardano il paziente e per il valore
epidemiologico e statistico.
Infatti elemento importante della cartella clinica è la SDO (scheda di dimissione
ospedaliera) che non è un documento relativo solo al paziente di cui ci si occupa, quindi
l’evento finale che riguarda la chiusura di una cartella, ma è anche utilizzata a livello
ministeriale per fare delle indagini di tipo epidemiologico e statistico.
Dal punto di vista giurisprudenziale la cartella clinica viene definita come un atto pubblico il
cui contenuto è confutabile solo con la prova contraria. L’atto pubblico è un atto che viene
redatto da un pubblico ufficiale (un notaio o un dipendente dello stato) e che per essere
valido deve avere il supporto di alcuni testimoni.
La cartella clinica è uno strumento superiore delle SDO perché essendo definito come un
atto pubblico è privilegiata e tutto quello che viene scritto li è assolutamente vero poiché
per stilarla vi è la presenza dei testimoni e perché non viene affermato il contrario.
Quindi la cartella e chi la compila (il medico) ha un valore superiore rispetto ad un atto
pubblico “normale” che come già detto l’atto non è altro che un documento redatto da un
notaio o da un pubblico ufficiale, quindi attribuisce pubblica fede.
La cartella clinica contiene sicuramente le generalità anagrafiche quindi nome, cognome,
provenienza. La provenienza è molto importante perché in alcune regioni ci sono delle
situazioni patologiche endemiche come per esempio il gozzo; quindi poter stabilire da
dove il paziente arriva aiuta a livello diagnostico.
Altri elementi importanti della cartella sono il motivo del ricovero (che dice qual è stata la
necessità del ricovero) e il regime del ricovero. Esistono 3 diversi tipi di regime di
ricovero (andando da quello più remunerato a quello meno remunerato):
- Il regime ordinario
- Il day hospital (DH)
- Il day service (DS)
Vi è un quarto regime che è quello del servizio sanitario nazionale (SSN) che è un regime
ambulatoriale.
Quando si parlerà di appropriatezza si vedrà che uno dei criteri fondamentali per stabilire il
regime del ricovero è la tipologia di patologia che si sta trattando, per esempio per togliere
un neo o per estrarre un dente sicuramente non si accede al regime ordinario.
Viceversa è importante correlare la patologia al regime; il regime ordinario è il più
remunerato, il DH viene remunerato ad accessi, ovvero dipende da quante volte il
paziente entra nel DH, invece il day service è per i medici la tipologia di regime meno
apprezzata proprio perché esistono dei pacchetti i quali contengono all’interno tutta una
serie di prestazioni che per una determinata patologia si possono fare, una serie di esami
che possono essere eseguiti.
Nel caso di day service si ha quasi sempre la co-partecipazione alle spese da parte del
paziente, un ticket, alla fine però il valore totale del rimborso è quasi sempre al di sotto del
valore reale del costo, quindi in perdita, per questo è la tipologia meno apprezzata.
L’assessorato però attraverso una circolare ha legato le tipologie di DRG che si vanno a
fare a delle percentuali, ovvero particolari DRG proprio per evitare che il medico possa
fare una cernita, per questo motivo il medico non può decidere a suo piacimento che
tipologia di ricovero utilizzare, o per lo meno può decidere di ricoverare una certa
percentuale di DRG per quel determinato regime. Questo proprio perché l’assessorato alla
salute ha stabilito una percentuale di ricoveri in regime ordinario che possono essere
effettuati, gli altri devono essere eseguiti, a seconda del DRG, nelle altre tipologie.
Se ciò non viene eseguito si va in contro a penalizzazione, ovvero la quota eccedente è
ritenuta inappropriata e non può essere pagata secondo il regime scelto.
Altro elemento fondamentale della cartella è l’anamnesi che fa conoscere la storia clinica
del paziente, se ha altre patologie, se assume farmaci, se ha subito interventi chirurgici.
Poi vi è l’esame obiettivo che ci permette du vedere se il paziente ha esami specialistici
fatti in precedenza come ecografie, tac.
I requisiti fondamentali della cartella clinica sono:
- La chiarezza, ovvero il contenuto della cartella deve essere comprensibile a tutti
anche al paziente, non deve contenere cancellazioni, deve essere limpida la
scrittura.
- La veridicità, ovvero quello che viene scritto deve essere conforme con quello che
viene fatto.
- La rintracciabilità perché consente di risalire a tutte le attività che sono state fatte,
da chi e quando.
- Accuratezza, quindi si devono rispettare le date in cui si è intervenuti
- La pertinenza, ovvero la correlazione tra le informazioni che ci sono in cartella e le
esigenze informative che servono agli operatori.
- Completezza, deve contenere tutte le informazioni che riguardano il paziente.
Dal punto di vista legislativo l’introduzione della cartella risale al DPR 128 del 1969.
Infatti all’articolo 7 di questo DPR è stabilito che il primario è il responsabile della regolare
tenuta della cartella e che lui è responsabile del paziente per tutto il periodo del ricovero.
Quando poi il paziente viene dimesso la cartella viene archiviata nell’ospedale che dimette
e il direttore sanitario è responsabile della tenuta illimitatamente della cartella, quindi
questa rimane archiviata per sempre.
Sempre nel DPR 128 è scritto che cosa avviene nel caso in cui viene fatta una richiesta,
ovvero che il direttore sanitario vige sulle cartelle e che rilascia solo agli aventi diritto una
copia, l’originale non viene mai data.
Se il paziente viene trasferito di reparto, quindi nello stesso ospedale, la cartella seguirà il
paziente e la SDO viene completata dalla struttura che dimette. Nel caso in cui invece il
paziente viene trasferito da un ospedale ad un altro la cartella con la SDO viene chiusa
nell’ospedale dove è stato trattato e nell’ospedale ricevente viene aperta una nuova
cartella. Quindi in questo caso la cartella non segue il paziente. [possibile domanda
d’esame].
Nel momento in cui la cartella viene conservata diviene un bene patrimoniale
indisponibile. Nell’art.830 del codice civile il bene è definito come demaniale o
patrimoniale.

[apertura di un altro discorso] perché l’organizzazione aziendale è fondamentale per gli


infermieri? Perché il fatto stesso che si possa conoscere l’ambiente di lavoro dà una
possibilità in più di poter sapere cosa si sta facendo e perché, ma soprattutto di poter
avere un rapporto quasi paritario con le altre figure. Quasi paritario non perché l’infermiere
è al di sotto degli altri ma perché ognuno ha le sue competenze che non sono uguali per
tutti. Però sapere qual è l’organizzazione di una azienda permette di sapere perché lo
stipendio proviene dall’attività che viene svolta. Molto spesso accade che una scheda di
dimissione ospedaliera venga compilata in maniera errata e molto spesso è l’infermiere a
correggere il medico nella compilazione, non per far capire che lui ne sa di più ma perché
è cosciente che da quella SDO dipende il rimborso convenzionale che dà origine anche al
suo stipendio. Quindi questa materia permette di far entrare nell’ottica del lavoro.

La cartella clinica quando viene archiviata diviene bene patrimoniale indisponibile. I beni
dello stato si distinguono in demaniale e patrimoniali. I primi sono quelli diretti all’uso
pubblico dei cittadini (spiagge, fiumi) poiché il cittadino ne ha una funzione diretta non
possono mai essere ceduti dall’ente pubblico a quello privato e non esiste l’uso campione
su questi beni.
I beni patrimoniali invece sono beni che appartengono all’ente pubblico, quindi allo stato,
regione, provincia, comuni e sono beni non demaniali ciò significa che sono dei beni che si
possono distinguere a sua volta in indisponibili e disponibili. Sono indisponibili quelli che
servono per servizi pubblici, per es. la cartella clinica poiché è un pubblico servizio è un
bene patrimoniale indisponibile e sostanzialmente ha un fine pubblico. Sono invece beni
disponibili quelli che permettono all’ente un reddito.
La cartella clinica non lascia mai l’archivio, può essere solo ceduta in copia, attraverso una
domanda che viene posta alla direzione sanitaria, agli aventi diritto che sono: il paziente
stesso, una persona fornita di delega secondo le disposizioni di legge, al parente più
prossimo in caso di decesso, ai genitori in caso di minore, al tutore in caso di una persona
interdetta e all’avvocato difensore in caso di pazienti che si trovano sotto inchiesta. Tutto
ciò che è scritto in cartella è soggetto al segreto professionale e non può essere divulgato.
La cartella è importante dal punto di vista statistico ed epidemiologico perché permette di
studiare, da parte dell’unità del risk management, l’insorgenza e la probabilità che si
presenti un errore, ovvero un rischio clinico e che quindi il paziente rimanga vittima di un
errore sanitario. Attraverso la cartella l’unità di risk management può studiare i
comportamenti di trattamento del paziente che riguarda le varie fasi della gestione, del tipo
di terapia, quindi tutto ciò che potrebbe causare un errore ed andare ad agire in modo
preventivo.
In conclusione la documentazione sanitaria, in particolare la cartella clinica, è uno
strumento fondamentale che permette di valutare la qualità dell’assistenza che si è
prestata ad un paziente, ma è anche un elemento fondamentale nella prevenzione del
rischio clinico.

Il consenso informato
Una parte importantissima della documentazione sanitaria è il consenso informato, una
parte integrante e necessaria.
In passato il rapporto medico-paziente era definito di tipo paternalistico, cioè il paziente
era “gestito” da un medico il quale avendo una conoscenza superiore e pensando di
sapere cosa fosse giusto per lui, agiva senza chiedere nessun consenso al paziente
stesso.
Ma con l’evoluzione dei tempi e delle giurisprudenze il rapporto si è evoluto per cui adesso
è necessario il consenso informato. Questo documento è la volontà da parte del paziente
che dichiara di voler essere sottoposto ad un trattamento sanitario in maniera libera e solo
dopo essere stato informato circa le modalità di intervento, dei benefici, dei rischi
prevedibili e dei possibili effetti collaterali.
(Si intromette l’altro prof) Il professore chiede quanti di noi abbiano visto veramente un
consenso informato, ovvero quanti di noi si siano soffermati a leggerlo tutto e la risposta
generale è che nessuno si è mai soffermato a leggerlo veramente. L’informazione è ciò
che forma l’individuo non solo informa. Il consenso informato non è responsabilità
dell’infermiere ma in quel consenso c’è anche la sua professionalità ed è giusto che ne
sappia parlare. Il consenso informato è una cambiale in bianco che il paziente firma a
danno dell’infermiere, perché quando il paziente firma vuol dire che lui viene informato da
medici e infermieri su tutto ciò a cui sarà sottoposto e se non è conforme con quello che è
scritto nel consenso, si va incontro a conseguenze negative.

Il consenso informato è quindi l’evoluzione di quello che prima era la concezione


paternalistica del rapporto medico-paziente, ora è un rapporto contrattuale e ogni
componente in questo contratto svolge un suo ruolo. È dovere del medico informare il
paziente ed è diritto del paziente dare il consenso a ciò che lo vuole sottoporre il medico.
Nel momento in cui il paziente viene informato delle parti salienti del consenso, la legge
prevede che il medico debba parlare con un lessico comprensibile al paziente, che si
accerti che abbia veramente compreso quello che gli è stato riferito e che parli anche delle
eventuali alternative terapeutiche, nel caso in cui vi siano, rispetto al trattamento scelto e
quali sono gli eventuali effetti collaterali.
La legge prevede anche che il consenso deve essere prevalentemente scritto e che in una
fase successiva si può revocare, quindi il paziente ha la possibilità di revocare il consenso
in qualsiasi momento.
Importanti sono anche:
- Art. 2 della costituzione che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, non è permessa
nessuna forma di detenzione, ispezione personale o qualsiasi altra restrizione della
libertà personale se non attraverso una motivazione data dall’autorità giudiziaria.
- Art 32 (quello più saliente) che tutela la salute dell’individuo, il benessere della
collettività e garantisce le cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato
a essere sottoposto a delle cure.
Si inizia a parlare di cartella clinica già con la legge 233, poi con legge istitutiva del
servizio sanitario nazionale del ‘78 all’art 33 comma 1 dove si chiarisce la necessità di
formare il rapporto medico-paziente. Anche il codice deontologico del 2006 dall’ art 33
al 38 crea una sezione al consenso informato e al consenso specifico del paziente.
Le fasi principali del consenso sono:
1. Comunicazione: il momento in cui si ha il paziente davanti e si comunicano le parti
salienti del trattamento al quale verrà sottoposto.
2. Assicurazione: ovvero accertarsi che il paziente abbia capito tutto ciò che gli è
stato riverito.
3. Firma
Le caratteristiche principali del consenso, che vengono fatte da una sentenza della
cassazione del 2012, sono:
- Deve essere informato
- Deve essere consapevole
- Deve essere personale, ovvero ogni consenso deve essere scritto in base al
paziente, non si dovrebbero utilizzare dei moduli prestampati.
- Deve essere manifesto, deve essere chiaro.
- Deve essere specifico, per es. nel caso di un intervento chirurgico, l’anestesista
provvede a far firmare un consenso specifico per l’anestesia, poiché vi è un diverso
tipo di approccio e terapia.
- Deve essere preventivo e attuale
- Deve essere revocabile, la legge afferma che il paziente in qualsiasi momento può
revocare il consenso senza dare nessuna spiegazione, è suo diritto.
Me la legge prevede anche che se il paziente durante un trattamento per esempio
la chemioterapia, prima deve portare a termine il trattamento già iniziato e poi può
essere revocato.
La SDO (Scheda di Dimissione Ospedaliera)
La SDO è uno strumento di raccolta delle informazioni relative al paziente e all’iter
diagnostico-terapeutico. Viene fatta in ogni struttura sia pubblica che privata su tutto il
territorio nazionale.
È uno strumento informativo che dà la possibilità di raccogliere informazioni sui singoli
pazienti e contestualmente è importante per la raccolta di dati epidemiologici. La SDO ha
una valenza medico-legale e quindi riconosciuto come uno strumento per la valutazione
delle attività svolte sul paziente.
Viene fatta per i 3 regimi di ricovero (ordinario, DH, day service) e non viene applicata
all’attività ambulatoriale.
Nella SDO quindi troviamo come elemento finale tutto quello che è stato fatto, tutto quello
che è scritto in cartella ma non si trovano le informazioni relative ai farmaci che vengono
scritte in un’apposita sezione all’interno della cartella clinica.
Quindi la SDO costituisce la base fondamentale per la tariffazione del DRG, quindi per
la fatturazione della prestazione fornita al paziente; è uno strumento importante per la
programmazione delle attività sanitarie nei singoli ospedali, quindi macroscopicamente
prima il singolo ospedale e poi a livello regionale; è fondamentale perché da esso si
estrapolano gli indicatori sanitari che danno notizia specifica e puntuale su ogni attività che
viene svolta nell’unità operativa prima e nell’intero ospedale dopo.
Gli indicatori sanitari sono strumenti importanti per fare il confronto tra diversi ospedali
sullo stesso territorio e capire quali sono le eccellenze, quali sono i ricoveri non solo in un
singolo ospedale ma a livello regionale e nazionale e avere così un valore sintetico.
Gli indicatori principali sono:
- La frequenza delle patologie, quindi il tipo di patologia che è stata ricoverata con
maggiore frequenza.
- La degenza media per patologia, la degenza media non è altro che il rapporto tra i
giorni di degenza e il numero dei ricoveri ed è un indicatore di struttura aspecifico.
- La degenza media preoperatoria, un indicatore di appropriatezza che è il tempo
che intercorre tra il ricovero e l’intervento chirurgico valutato a livello ministeriale.
- Tempo medio di intervento nelle patologie nelle emergenze.
- Indice di operatività delle chirurgie, l’indice chirurgico non deve essere inferiore
al 75% ovvero il rapporto tra le patologie chirurgiche trattate e il totale delle
patologie.
- Indice di attrazione di una unità operativa in base provinciale
- Tasso di ospedalizzazione, quantità di pazienti che una determinata struttura
riesce ad assolvere all’interno della popolazione media residente.
- Percorsi diagnostici ripetuti
- Ricoveri ripetuti, indice di appropriatezza aspecifico che consente di capire che
non si è stati in grado di risolvere un determinato problema dopo aver ricoverato 3
volte lo stesso paziente e fa capire che si deve cambiare modalità di approccio.
La SDO è stata introdotta con decreto ministeriale del ’91 e indicava la necessità di
poter contare sul flusso informativo riguardo alla tipologia di assistenza che viene erogata.
Una successiva circolare ministeriale dava le indicazioni su come si doveva gestire e
quindi il ministero ha ritenuto opportuno inserire delle linee guida di compilazione e ha
definito la SDO come la rappresentazione sintetica della cartella clinica che è
finalizzata a consentire una raccolta delle informazioni.
Spesso la SDO viene compilata in maniera tardiva rispetto alla dimissione, questo fa si
che si ha avuto il paziente ma non si ha avuto nessun tipo di retribuzione, quindi la
prestazione non è stata tariffata e questo proprio perché la prestazione viene tariffata solo
nel momento in cui viene completata la SDO e viene avviato il processo attraverso un
sistema di decodifica che utilizza un altro strumento che pende il nome di ICD9CM, quindi
attraverso questo si trasforma la diagnosi principale, ovvero quella che ha portato al
maggior uso di risorse, in alcuni codici.
La SDO con la legge 502 del ’92 ha assunto l’aspetto economico poiché è alla base
della tariffazione della prestazione erogata, aspetto gestionale-organizzativo poiché da
questa si estrapolano le informazioni che servono per capire le diverse attività, cosa deve
essere cambiato cosa migliorato e infine aspetto epidemiologico perché ci consente di
capire, a seconda della situazione dove ci si trova, quali sono le patologie di maggiore
incidenza.

In alto si ha tutta l’anagrafica del paziente (nome, cognome, età, zona di provenienza); a
destra ci sono delle caselline all’interno delle quali vengono posti dei numeri. I numeri che
sono inseriti nella parte alta rappresentano la patologia e sono raggruppati per 3+2
codici, i numeri nella parte bassa rappresentato i trattamenti terapeutici e sono
raggruppati per 2+2 codici.
La SDO è formata da 2 parti: la prima di tipo amministrativo e qui vengono segnate tutte
quelle che sono nome, cognome, nascita, residenza del paziente. È importante sapere la
residenza e la nascita di un paziente per motivi epidemiologici poiché vi sono zone dove
alcune patologie sono di tipo endemico, esempio il gozzo sulle Madonie è endemico; vi
sono zone dove la tubercolosi è endemica, zone dove la malaria è endemica e zone pur
essendo di tipo malarico la malaria non c’è, questo perché alcuni soggetti possiedono il
tratto della talassemia e non possono essere contaminati, quindi si tratta di una casualità,
di un difetto genetico nella formazione della catena dell’emoglobina che dà l’immunità,
questa patologia che immunizza dalla malaria si chiama anemia mediterranea (o
talassemia) proprio perché è tipica delle zone mediterranee.
Quindi la prima parte è del tutto burocratica e amministrativa che però viene presa in
considerazione in virtù del fatto che ai fini statistici può essere utile.
Ma quella che interessa di più è la seconda parte dove ci sono non solo i trasferimenti, il
tipo di ricovero effettuato ma soprattutto i 32 campi e seguenti, che sono i campi delle
diagnosi e dal 38 in poi, che sono i campi dei trattamenti. Questi sono importanti perché
come si vede, ci sono per ogni campo delle righe e delle caselle e in queste il medico
scrive la diagnosi principale. Poiché però la SDO è letta anche da un computer, che
conosce solo numeri, è stato inventato un sistema alfa-numerico per cui le diagnosi e i
trattamenti vengono trascritti con delle cifre che sono 3+2 per le diagnosi, 2+2 per i
trattamenti (diagnostici o terapeutici).
Questi codici vengono presi da un libro che si chiama ICD9CM, è una sigla che significa
classificazione internazionale delle malattie 9° edizione clinicamente modificata.
Quando si parla di diagnosi principale non si parla né della diagnosi di ingresso né
tantomeno quella di dimissione ma è la diagnosi che ha assorbito il maggior numero di
risorse durante il ricovero. Se un paziente viene ricoverato per un cancro del colon, che
già è abbastanza pesante, ma durante la degenza viene spostato in terapia intensiva e
sottoposto ai trattamenti di terapia intensiva per cui rimane sotto ossigeno per oltre 48 ore
esiste la diagnosi per trattamento di ossigeno terapia in terapia intensiva che ha un codice
particolare e poiché è quella che ha assorbito il maggior numero di risorse sarà questa la
diagnosi principale.
Se invece un paziente entra per una enterocolite ma subisce una colonscopia, durante
questa viene causata una perforazione e il paziente deve andare in sala operatoria per
suturare la perforazione a questo punto la diagnosi principale non è più enterocolite ma
intervento su colon per chiusura della breccia chirurgica. Questo perché l’intervento
chirurgico ha assorbito il maggior numero di risorse rispetto all’enterocolite.
Le diagnosi secondarie danno la possibilità di capire se il paziente è stato affetto da
diagnosi complicanti o concomitanti. Le diagnosi concomitanti sono diagnosi già
presenti all’atto dell’ammissione del paziente. Ma se durante il ricovero il paziente per un
motivo x è affetto da una broncopolmonite e va in insufficienza respiratoria a quel punto
l’insufficienza respiratoria è una diagnosi complicante perché subentra durante il ricovero,
durante il trattamento in ospedale.
È importante scrivere sulla SDO le diagnosi concomitanti e complicanti perché danno la
possibilità di aumentare o meno il rimborso convenzionale del DRG.

Sbobinatore: Giorgia Santangelo


Revisionatore: Martina La Bella

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