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MONOGRAFIE

DI "EGITTO E VICINO ORIENTE"


III

LETTI VOTIVI E CULTI DOMESTICI


TRACCE ARCHEOLOGICHE DI CREDENZE RELIGIOSE
NELL'EGITTO DEL TERZO PERIODO INTERMEDIO

PAOLO DEL VESCO

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Del Vesco, Paolo
Letti votivi e culti domestici : tracce archeologiche di credenze religiose ncll'Egitto del terzo periodo
intermedio I Paolo Del Vesco. - Pisa : Plus-Pisa university press, c20IO
(Monografie di Egitto e vicino oriente ; 3)

299.31 (21.)
I. Religione egiziana - Fonti archeologiche

CIP a cura del Sistema bibliotecario dell'Università di Pisa

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ISBN 978-88-8492-744-6

Finito di stampare nel mese di ottobre 2010


da Tipografia Monteserra S.n.c. - Vicopisano
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INDICE

Presentazione (M Betrò) 7

Ringraziamenti 9

Premessa 11

1. Introduzione 13

2. Archeologia della religione 17


2.1. Definire l'archeologia e le sue fonti 17
2.2. I limiti dell'archeologia 21
2.3. La religione, una definizione 22
2.4. Archeologia e religione 24
2.5. Archeologia e culto 27

3. La d cumentazione archeologica 31
3.1. I letti votivi 31
Tecniche di produzione 34
Decorazioni del pannello frontale 35
Uso del colore 36
3.2. Le stele in terracotta 37
3.3. Le figurine femminili in terracotta 42

4. Contesti e collezioni museali 45


4.1. Contesti di rinvenimento e datazioni 45
Medinet Habu 45
Datazione dei contesti e dei reperti 47
Tipologia dei contesti 51
Deir el Medina 55
Tempio funerario di Ramses II (Ramesseum) 56
Assasif, tomba MMA 825 59
Dra Abu el Naga 60
Tempio funerario di Sethi I 65
Kamak, Abu el Gud 66
Kamak Nord, Tesoro di Thutmosi I 66
6

Considerazioni generali su contesti e datazioni 67


4.2. Oggetti di provenienza incerta 69
Londra, UC - Petrie Museum ofEgyptian Archaeology 69
Cairo, Museo Egizio 70
Bruxelles, Musées royaux d'Art et d'Histoire 71
Hannover, Museo August Kestner 71
Firenze, Museo Egizio 71
Berlino, Àgyptische Museum 72

5. Tipologia delle decorazioni dei letti votivi 73


5.1. Definizione dei Tipi 73
5.2. Corpus tipologico 76
Corpus tipologico - tavole 119

6. Interpretazione delle decorazioni dei letti votivi 135


6.1. Metodologia di analisi 135
6.2. Analisi iconografica: confronti e interpretazione 138
Bes 139
Elementi vegetali 144
Figura femminile frontale 147
Suonatrice di liuto 152
Alto sgabello 156
Figura femminile a prua 156
Rematrice 158
Testa di volatile - largo collare 160
Animali accovacciati 160
Altri elementi dipinti 162
6.3. Significato delle raffigurazioni 163

7. Interpretazione delle stele e delle figurine femminili in terracotta 169

8. Considerazioni conclusive 173

Bibliografia 179

Tavole a colori 201


3. LA DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA

Il materiale selezionato, per tentare di costruire un percorso di analisi attraverso le


tracce di culti domestici attestati durante il Terzo Periodo Intermedio a Tebe, è rappresen-
tato da una categoria di oggetti alquanto particolare e da alcuni materiali ad essa stretta-
mente legati. Si tratta dei cosiddetti letti votivi e di piccole stele e figurine femminili in
terracotta che sono state rinvenute nei medesimi contesti.

3.1. I letti votivi


La definizione di "letto votivo", che è ormai normalmente adoperata nella letteratura
egittologica per riferirsi a questa particolare tipologia di oggetti, venne coniata
dall'archeologo tedesco Uvo Holscher nel 1954, quando pubblicò alcuni reperti in terra-
cotta rinvenuti nel corso degli scavi da lui diretti fra il 1926 e il 1933 per conto
dell'Architectural Survey dell'Orienta! Institute di Chicago, presso il complesso del tem-
pio funerario di Ramses III a Medinet Habu (Luxor). Il direttore della spedizione, in quel-
la pubblicazione, descrisse tali oggetti nel modo seguente: "small boxes of baked clay,
usually about 22 cm. long, 12-24 cm. wide, and 18-20 cm. high, but sometimes smaller.
They are closed at the top and open at the bottom. Occasionally a latticework pattern is
scratched or painted on the top, an indication that such objects were bed models" (Hol-
scher 1954: 11).
Proprio la presenza, in alcuni esemplari, di un
motivo a intreccio, dipinto o inciso sulla faccia su-
periore, spinse l'archeologo ad interpretare gli og-
getti come modellini di letto in terracotta, ai quali,
poi, la decorazione presente sul lato frontale attri-
buiva una generica connotazione religiosa, espressa
nella definizione dall'impiego del termine "votivo".
L'accostamento di questi oggetti ai più comuni mo-
dellini di letto in terracotta sui quali sono normal-
mente raffigurate o appoggiate, se realizzate separa-
tamente, le immagini femminili note anche come
"figurine di fertilità"10, è stato ripreso da Stadel-
mann in un articolo su un frammento di letto votivo

Figura 1: forma e misure medie tipiche di un letto votivo

10
Pinch 1993: 198-234.
32 LETTI VOTIVI

rinvenuto presso il tempio funerario di Sethi I a Quma11, e da altri studiosi che, in modo
del tutto marginale, si sono occupati di questi oggetti12 • In effetti, insieme all'eventuale
decorazione "a intreccio", anche la forma dei letti votivi richiama molto da vicino quella
tipica dei modellini di letto, ma allo stesso tempo se ne discosta per l'altezza notevolmen-
te maggiore dei piedi di sostegno e per la presenza di un pannello decorato che chiude
l'oggetto su uno dei lati verticali (Fig. 1). Si potrebbe quasi dire che il letto votivo rappre-
senti un modellino di letto modificato, cioè rialzato, appositamente per fare spazio a tale
pannello decorato. Esistono in effetti alcuni rari esemplari di modellini di letto con figuri-
ne femminili sdraiate 13 che potrebbero rappresentare l'anello di congiunzione fra le due
categorie di oggetti. Uno di essi, conservato nei magazzini del Museo Nazionale di Anti-
chità di Leiden14 è caratterizzato appunto dalla notevole altezza del letto, dalla presenza
di tre punti di appoggio per lato e dall'ampia superficie verticale presente sui lati lunghi
(Figg. 2-3). In un esemplare del Museo Egizio del Cairo (SR 9878 = TR 25/12/24/1) solo
uno dei lati lunghi mostra questa sorta di pannello verticale che, sebbene non abbia ancora
nessuna decorazione a stampo, appare già campito con motivi orizzontali dipinti. Sembra
di poter identificare in questi oggetti una vera e propria tappa intermedia nel processo di
elaborazione della tipica forma dei letti votivi e, grazie ad essi, possiamo ragionevolmente
interpretare il pannello frontale di questi ultimi come la resa semplificata di una sorta di
coperta decorata che ricade ai lati del letto.
In due casi tale pannello è sostituito da una decorazione composita plasmata "a gior-
no"15, mentre in altri una decorazione a motivi vegetali modellati a mano trova posto al di
sotto del pannello vero e proprio 61 • In generale il lato :frontale presenta un margine infe-
riore, tra i due corti piedi laterali, che può essere lineare 17, ondulato1 8 , con un terzo piedi-
no di appoggio centrale19 , o con una successione di vari piedini20 •

11
In tale articolo Stadelmann (I 985: 267), confenna l'interpretazione dei "Votivebetten" come "Bet-
tmodelle" sulla base della decorazione dipinta a linee e punti di colore marrone presente sui piedini di alcu-
ni esemplari, che richiamerebbe, secondo lo studioso, la tecnica dell'intrecciodi elementi vegetali utilizzata
nella fabbricazione dei letti veri.
12
Pinch 1983: 406; Wettengel 1992: 328; Pinch 1993: 207; Traunecker 1994: 119.
13
Tali figure sono realizzate a stampo direttamente sulla superficie superiore del letto e comprendono la
raffigurazione di un bambino che viene allattato o che giace semplicemente anch'esso sdraiato sul letto.
14
Si tratta dell'oggetto F 1982/8.3, che apparteneva in origine alla collezione Moger e del quale non si
conosce purtroppo la provenienza. Ringrazio Maarten Raveo e Christian Greco per le informazioni e le fo-
tografie fornitemi.
15
Letto votivo proveniente dalla tomba TI 14, cfr. n. 2 del corpus tipologico proposto nel presente stu-
dio, e letto votivo rinvenuto nell'area del Tesoro di Thutmosi I a Karnak Nord (n. 3).
16
Come negli esemplari dalla Tomba MMA 825, nn. 5, 6 e 7 del corpus.
17
Cairo JE 59846 e JE 30124, rispettivamente n. 46 e n. 9 del corpus.
18
Come, ad esempio, in un letto votivo conservato al Petrie Museum of Egyptian Archaeology (UC
55180, n. 40 del corpus)
19
Cairo JE 30125 (n. 10 del corpus), KM 1935.200.331 (n. 33), OIM 14779 (n. 47).
20
Cairo JE 59845 corrispondente al n. 41 del corpus tipologico.
DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA 33

Figure 2-3: modellino di letto con figura femminile che al.latta un bambino. N. inv. F 1982/8.3 (© Museo Nazionale di
Antichità di Leiden)

Figura 4: dettaglio del giunto fra panne llo frontale e superficie superiore nel letto votivo E 1983 (n. 8 del corpus) del
museo di Philadelphia
34 LETTI VOTIVI

Tecniche di produzione
Lo stato di conservazione dei frammenti di letti votivi e l'osservazione delle sezioni in
corrispondenza dei margini di frattura permettono alcune considerazioni circa le tecniche
di realizzazione. Le diverse parti (superficie superiore, pannello frontale, piedi, eventuali
elementi di raccordo fronte-retro, eventuali elementi di decorazione "a giorno") venivano
modellate a mano separatamente. Depressioni, rigonfiamenti ed impronte di dita indicano
una procedura di modellazione abbastanza approssimativa e quasi in nessun caso rifinita
con cura. Il pannello frontale veniva poi assemblato, se composto da piccoli elementi mo-
dellati separatamente, in modo da formare una decorazione a "giorno", o steso e premuto
su uno stampo con incisa in negativo la raffigurazione, se costituito da un'unica superficie
piana. Infine, tutte le varie parti del letto votivo, quando l'argilla era asciutta, venivano
unite e fatte aderire l'una all'altra. Il montaggio finale, prima della cottura dell'oggetto,
avveniva semplicemente esercitando una certa pressione sulle parti in contatto, inumiden-
done i margini, e raccordando i pezzi con un sottile strato di argilla21 diluita, come ben
visibile nelle fratture lungo i giunti (Fig. 4). In alcuni esemplari (OIM 14778, OIM 14779,
UC 55178, UC 55180) il pannello frontale presenta, nella parte posteriore, una costola
verticale centrale 22, una sorta di nervatura realizzata comprimendo l'argilla fra le due ma-
ni (Fig. 5), che verosimilmente aveva la funzione di ispessire e rinforzare la parte più de-
licata del pannello e, allo stesso tempo, fornire maggiore sostegno alla sezione superiore
del letto.

Figura 5: retro del pannello frontale UC 55178 (n. 21 del corpus tipologico)

21
Il termine "argilla" si impiega qui nell'accezione tipica del linguaggio comune e del lessico archeolo-
gico, senza nessuna connotazione geologica (Vidale 2007: 10-13).
22
Nel caso di OIM 14778, due, poste ad eguale distanza dal centro.
DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA 35

Decorazioni del pannello frontale


Le decorazioni realizzate a stampo sul pannello frontale presentano scene che, in un
primo tempo, furono s ddivise d Holscher, :arche logo t des o cu i eve il n_ierito i
aver rinvenuto a Medmet Habu 11 gruppo pm cospicuo d1 letti vot1v1, m due tipologie
principali. La prima23 è quella caratterizzata dalla presenza di una figura femminile sedu-
ta su un ampio cuscino, con la gamba sinistra piegata e il ginocchio sollevato, al centro di
una piccola imbarcazione, rivolta verso destra con un fiore di loto sul capo e un liuto, in-
clinato obliquamente, sorretto con le due mani; una seconda figura femminile, in piedi a
sinistra della figura centrale, con una parrucca corta e arrotondata si piega all'indietro fa-
cendo forza con il proprio peso su un lungo palo utilizzato come remo per far avanzare
l'imbarcazione; un'altra figura femminile in piedi a prua protende le due braccia in avanti
afferrando uno o più steli di papiro; steli e ombrelli di papiri compaiono negli spazi fra le
figure femminili e la prua della barca appare modellata a forma di testa di volatile (oca o
anatra) alla quale è appeso un largo collare. Il secondo tipo24, che può presentare livelli
molto vari di stilizzazione, mostra, al centro di una piccola imbarcazione con la prua a
forma di testa di oca o anatra e la poppa terminante a coda di volatile, una figura femmi-
nile, apparentemente nuda, in rappresentazione frontale con un copricapo a forma di tron-
co di cono rovesciato e le due braccia aperte a stringere due voluminosi mazzi di papiri;
in alcuni casi i due bouquet floreali poggiano su due animali accovacciati ai lati della fi-
gura centrale.
Alcuni esemplari mostrano poi delle varianti a questi due schemi principali. Una di es-
se prevede l'accostamento della figura femminile stante in visione frontale alle figure
femminili poste a prua e a poppa dell' imbarcazione25, rispettivamente con le braccia pro-
tese in avanti ad afferrare i papiri e con il lungo remo impiegato per la propulsione e la
guida. Altre modifiche intervengono nella rappresentazione della figura femminile seduta
al centro della barca con il liuto in mano: in un caso26 essa è rappresentata seduta su un
alto sgabello biconico, in un altro27 è sostituita da una diversa figura femminile, seduta su
un sedile dello stesso tipo, rivolta verso sinistra e con un alto copricapo a tronco di cono
rovesciato; la mano sinistra di tale figura è sollevata quasi all'altezza della bocca, forse
nell'atto di sostenere una coppa o di avvicinare al volto un fiore di loto, mentre la mano
destra, tenuta in basso, sembra stringere lo stelo di un fiore di loto.
Quasi tutti i tipi e le varianti presentano ai due lati della raffigurazione centrale, due
immagini in visione frontale di un essere naniforme, con il ventre prominente, il volto dai
tratti leonini , le mani appoggiate sui fianchi e le gambe vistosamente arcuate. Si tratta di
una rappresentazione molto caratteristica e facilmente identificabile, anche quando resa su
altri supporti in modo estremamente stilizzato o con la sola silhouette ondulata formata
dalle braccia e dalle gambe piegate28. Raffigura l'essere allo stesso tempo demoniaco e
divino cui comunemente si attribuisce l'appellativo di Bes, ma che in realtà costituisce

23
Presente ad esempio sul letto votivo n. 41 del corpus.
24
Si veda ad esempio il n. lO del corpus.
25
Cfr. n. 33 del corpus.
26
Si tratta del frammento OIM 14781, numero 37 del corpus.
27
li frammento UC 55l 84A-C , conservato presso lo University College, Petrie Museum of Egyptian
Arcbaeology (Del Vesco 2007b: 72-73, tav. 19d), numero 36 del corpus.
28
Come nel caso delle immagini incise su scarabei di ridotte dimensioni (Hodjash 2004: 118-121) o dei
piccoli amuleti in faience (Hodjash 2004: 124-125).
36 LETTI VOTIVI

l'iconografia tipica di circa una decina di entità soprannaturali diverse (Wilkinson 2005:
102). Sui pannelli frontali dei letti votivi, il demone è di solito raffigurato con un alto co-
pricapo a forma di tronco di cono rovesciato ed in piedi su un basamento.
L' atteggiamento è normalmente molto statico, ma in alcuni esemplari l' idea di un movi-
mento, forse interpretabile come un gesto di danza, è suggerita dalla raffigurazione del
demone in torsione sulle gambe (cfr. n. 19 del corpus): il volto, il busto e le braccia sono
rappresentate frontalmente, mentre le gambe, sempre leggermente flesse, sono viste late-
ralmente e con le ginocchia rivolte verso l' interno del pannello, cioè verso la scena cen-
trale. In due esemplari29 l'intera scena centrale del pannello è sostituita dalla raffigurazio-
ne di un terzo demone naniforme, in tutto uguale a quelle poste lateralmente in corrispon-
denza dei due piedi frontali.

Uso del colore


Molti letti votivi conservano anche traccia dei colori che erano associati ai vari dettagli
modellati a stampo sul pannello frontale e, in alcuni casi, una vera e propria decorazione
dipinta che interessa anche altre porzioni dell' oggetto, come la superficie superiore, i bor-
di del pannello frontale o i piedi. Nella maggior parte dei casi, in realtà, è abbastanza ar-
duo riuscire ad identificare esattamente tali residui o i colori impiegati, poiché di molti
esemplari si è completamente persa traccia - esistono di essi solo fotografie in bianco e
nero30 realizzate al momento dello scavo - e di altri, conservati in varie collezioni muse-
ali del mondo, non è stata possibile l'osservazione diretta. Comunque, in base ai dettagli
registrati durante l' ana lisi autoptica di alcuni oggetti31 e alle descrizioni di altri riportate
nelle pubblicazioni32 , si possono presentare, qui di seguito, alcune considerazioni generali
sull' uso e la distribuzione dei colori sui letti votivi.
La maggior parte della superficie dell' oggetto veniva solitamente coperta con un sotti-
le, ma uniforme, strato di colore bianco, che costituiva lo sfondo per gli altri elementi di-
pinti e contribuiva a fame risaltare le tonalità. Sulla superficie del pannello superiore del
letto votivo era spesso riprodotto un motivo a linee incrociate, trasversali e longitudinali
(Fig. 6), oblique o una combin azione.dei due tipi. Tale motivo era solitamente reso in ros-
so ed eventualmente completato da punti in blu all'interno dei riquadri; il nero era impie-
gato per tratti di maggiore spessore ; in un caso si hanno delle doppie linee rosse e nere
con puntini di colore nero nei riquadri formati dall'incrocio delle linee; a volte, erano ag-
giunte anche linee gialle.

29
Si tratta dei frammenti di letto votivo conservati presso il Pennsylvania University Museum (29-87-
572A e C) e di quello rinvenuto nella Tomba Tebana 14 a Ora Abu e! Naga , per i quali si vedano i numeri l
e 2 del corpus.
30
Questo è il caso di moltissimi esemplari provenienti dallo scavo di Medinet Habu (vedi Teeter c.d.s.).
31
Si è condotta tale analisi su sette esemplari conservati a Londra, al Petrie Museum of Egyptian Archa-
eolo gy, quattro esemplari del Pennsylvania University Museum di Philadelphia, due conservati al Metropo-
litan Museum di New York, sette all'Orien tai lnstitute di Chicago, cinque al Museo Egizio del Cairo e uno
al Museo Egizi o di Firenze.
32
Si vedano, ad esempio, Holscher 1954 e Stadelmann 1985.
DOCUMENTAZION E ARCHEOLOGICA ꞏ 37

Figura 6: motivo a linee rosse incrociate e punti blu sulla su perficie su periore del letto
votivo JE 30124 (n. 9 del corpus), conservato presso il Museo Egizio del Cairo

Il margine superiore del pannello frontale può presentare una fascia orizzontale gialla
con corti tratti verticali in nero, una successione di fasce verticali rosse, rosse e blu o ros-
se affiancate da due più sottili nere, o ancora linee orizzontali rosse affiancate da file di
punti neri. La figura femminile frontale è dipinta per lo più in giallo con i dettagli della
capigliatura, di collane o cinture e del pube in nero. La figura femminile rappresentata di
profilo sembra fosse dipinta in rosso. Gli ombrelli dei papiri sono resi in blu o in verde.
Nella figura con il corpo di nano e la testa leonina le parti in rilievo, coperte dal bianco
unifonne di fondo, risaltano rispetto all'area circostante e agli spazi fra le braccia e il bu-
sto dipinti invece di blu; alcune aree risultano campite con macchie gialle, in particolare il
basamento sul quale la figura è spesso rappresentata, la zona del bacino e la fascia posta
immediatamente al di sopra della testa alla base del copricapo; in un esemplare, che mo-
stra un maggiore dettaglio nella resa (MMA 31.3.108, n. 5 del corpus), la campitura in
giallo presente nell' area del bacino, arricchita di tratti orizzontali in nero, sembra indicare
la presenza di un corto gonnellino. Gli spazi dello sfondo, fra le figure umane o i papiri in
rilievo, sono a volte dipinti con ramificazioni rosse e foglie lanceolate in blu o con file di
punti in nero. I piedi del pannello frontale, infine, quando conservati, mostrano prevalen-
temente motivi lineari in rosso o in giallo, ma anche sequenze verticali di punti neri. Seb-
bene in molti casi la pittura non si sia conservata per fattori legati alla deperibilità dei
pigmenti e alla delicatezza dei rivestimenti, tuttavia è possibile riscontrare una tendenza
generale all'impiego di una quantità maggiore di colore e di decorazioni pittoriche sui
pannelli frontali con la scena che presenta la figura femminile frontale stante.

3.2. Le stele in terracotta


Questo gruppo di oggetti è composto, per il momento , da diciannove placchette di ter-
racotta modellate a mano e decorate a stampo o con motivi dipinti. Il fatto che uno dei lati
brevi sia caratterizzato da angoli molto smussati (Figg. 10-12) o sia decisamente arroton-
dato (Figg. 18-19), ha portato alla diffusa e comune interpretazione di questi oggetti come
38 LETTI VOTIVI

delle stele in terracotta di piccole dimensioni. L'elemento peculiare di queste placchette è


la presenza, agli angoli del lato breve di base, di due sporgenze a punta arrotondata, in al-
cuni casi dal caratteristico profilo a pinna, che sembrano costituire dei piccoli sostegni per
tenere l'oggetto in posizione verticale. Le dimensioni medie sono di circa 12 cm di altez-
za per 9 cm di larghezza.
Le placchette risultano indubbiamente associate ai letti votivi, sia per il fatto di essere
state rinvenute nei medesimi contesti di scavo, sia perché la maggior parte di esse presen-
ta su uno dei lati una decorazione a stampo dello stesso tipo di quelle impiegate per i pan-
nelli frontali dei letti votivi (Figg. 15-19), in alcuni casi prodotta dal medesimo stampo.
Su quattro esemplari, tutti provenienti dalla necropoli di Ora Abu el Naga33 , tale decora-
zione è sostituita da un motivo assai semplice, in genere a più linee trasversali, dipinto in
rosso, blu o giallo su fondo bianco (Figg. 7-14).
La scena della decorazione impressa, date le ridotte dimensioni, è rappresentata solo da
una porzione di quelle normalmente adoperate per i letti votivi. Di solito veniva selezio-
nata la parte centrale della scena, quella con la figura femminile seduta su un alto cuscino
mentre imbraccia il liuto (11 esemplari), o quella con la figura femminile stante in visione
frontale che stringe i mazzi di papiri (4 esemplari). Anche queste raffigurazioni erano ar-
ricchite dall'aggiunta di colori brillanti. In alcuni casi la decorazione non è stata impressa
secondo un preciso orientamento, non risulta ben centrata né allineata con il lato di base
della placchetta, ma posta in obliquo rispetto ad esso. In un caso la raffigurazione è lette-
ralmente capovolta34 ,cioè ruotata di 180 gradi rispetto all'orientamento che ci si attende-
rebbe interpretando la placchetta come una stele in miniatura e quindi considerando come
base il lato che presenta i due piedini sporgenti angolari. Il motivo di tali variazioni
nell'orientamento è difficile da ricostruire con certézza, ma lo si potrebbe collegare sem-
plicemente ad episodi di minor cura, disattenzione o vera e propria imperizia nella mani-
fattura. Al di là delle differenze precedentemente menzionate, in tutti gli esemplari noti la
decorazione risulta costantemente impressa sul medesimo lato della placchetta, quello dal
quale sporgono i due piedini.

33
Si veda la descrizione dei contesti di rinvenimento al paragrafo 4.1.
34
Si tratta di un esemplare rinvenuto nell'area del tempio di Medinet Habu (Teeter c.d.s.: cat. n. 264).
DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA 39

Figure 7-9: placchetta/stele Tf l403.095b dalla Tomba Tebana 14 a Dra Abu el-Naga ( Missione Italiana a Dra Abu e!
Naga, Università di Pisa; foto M. Kacicnik)

-- - ■ ■ ■
Figura IO: placchetta/stele Tfl403.104 Figure 11- 1 2: Peno Mus 29-86-603 (foto P. Del Vesco)
dalla Tomba Tebana 14 a Dra Abu el-Naga
(foto M. Kacicnik)
40 LETTI VOTIVI

Figure 13-14: fronte e retro della placchetta/stele proveniente dalla Tomba Tebana 11 a Ora Abu el Naga (per gentile
concessione di J. M. Galàn)

Figura 15: placche tta/stele MMA 31.3.110 dalla Figura 16: piccola placchetta/stele in terracotta rinvenuta
dalla tomba MMA 825 dell' Assasif (© Foto Scala nell'area di Medinet Habu (OIM 14777, © The Orientai
Firenze - The Metropolitan Museum of Art, New lnstitute of the University of Chicago)
York 2010)
DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA ꞏ 41

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Figura 17: frammento di placchetta/stele


UC 55183 ( Petrie Museum of
Egyptian Archaeology, UCL)
Figure 18- 19: fronte e
retro della placchetta/stele
JE 59848 del Museo
Egizio del Cairo (foto P.
Del Vesco)
42 LETTI VOTIVI

3.3. Le.figurine femminili in terracotta

Le piccole figurine femminili realizzate in argilla (sia cruda che cotta), faience, avorio,
pietra o legno rappresentano una delle categorie di oggetti a carattere magico-religioso
(Tooley 1991: 101) ormai più note agli egittologi. Assai diffuse soprattutto a partire dal
Medio Regno (Waraksa 2008: 1) sono state infatti rinvenute, in seguito alle esplorazioni
archeologiche, in numerosi siti ed in contesti tanto funerari, quanto templari o domestici e
spesso anche acquistate dai collezionisti sul mercato antiquario. Nonostante l'elevato nu-
mero di pubblicazioni nelle quali, a partire dalla fine del XIX sec., sono apparse insieme
ad altri "small finds", definire la funzione esatta delle figurine femminili continua ad es-
sere assai problematico. Una delle prime interpretazioni, proposta già da Maspero, fu
quella che vedeva nella figurina una vera e propria "concubina" del defunto, una sorta di
amante per l'aldilà che doveva avere lo scopo di risvegliare e appagare i desideri sessuali
del defunto. Il fatto che alcune figurine siano state rinvenute anche in sepolture femminili
o di bambini ha messo in crisi questo tipo di interpretazione. Secondo Homblower si trat-
terebbe di rappresentazioni della dea Hathor in veste di divinità materna (Desroches No-
blecourt 1953: 15), mentre l'interpretazione di Desroches Noblecourt (1953: 18) vede in
esse un mezzo per evocare l'elemento femminile che è in grado di risvegliare il defunto,
come Isi fece per Osiri, al fine di procreare un erede. Per altre figurine è stata avanzata
l'ipotesi che potessero costituire semplici giochi per bambini. Pinch (1983: 405; 1993:
225), dopo aver osservato che molte figurine erano state rinvenute sia in contesti domesti-
ci che in strutture templari dedicate alla dea Hathpr, ha proposto di interpretare le figurine
come degli oggetti votivi connessi a culti relativi alla fertilità e di attribuire loro la deno-
minazione più corretta di "figurine di fertilità". Recentemente, infine, queste immagini
femminili di terracotta sono state interpretate come oggetti cultuali necessari per lo svol-
gimento di rituali di carattere medico-magico: guarigione o protezione da creature veleno-
se non solo in favore di donne o bambini e non esclusivamente in relazione alla fertilità
(Waraksa 2007; 2008: 3).
Le difficoltà di interpretazione, in realtà, sono legate alla volontà degli studiosi di
giungere ad una definizione della funzione che sia valida per tutti gli esemplari di figurine
femminili. La loro varietà tipologica, oltre che materica, insieme alla loro ampia diffusio-
ne in contesti sia funerari che domestici e templari, invita a concludere invece che a tali
figurine dovettero essere attribuiti dagli antichi egiziani significati diversi a seconda del
diverso periodo storico, ambiente culturale o necessità pratica.
Alcuni esemplari di tali figurine sono state rinvenute anche in stretta associazione con i
letti votivi. In un caso particolare, a Medinet Habu, lo stesso contesto domestico ha resti-
tuito 7 esemplari35 insieme a 7 placchette/stele di terracotta con decorazione impressa ed
un letto votivo. Le figure sono prodotte imprimendo uno stampo su un pane di argilla
grossolanamente modellato a mano; mostrano un corpo ben delineato e fine, il capo in-
corniciato da una lunga parrucca, ma solitamente con i tratti del volto appena abbozzati,
le braccia sottili stese lungo i fianchi o il braccio destro piegato sul busto con la mano
portata al seno sinistro. In alcuni casi si nota una maggiore attenzione nell'esecuzione, ri-
volta alla resa delle caratteristiche del volto, di grossi orecchini circolari o di un pane co-

35
La tipologia trova dei buoni confronti nelle figurine rinvenute a Kom Rabi' a nei livelli datati all'epoca
Ramesside e al Terzo Periodo lntennedio (Giddy 1999: 28-52, tavv. 8-12)
DOCUMENTAZIONE ARCHEOLOGICA 43

nico poggiato sul capo. La tecnica di modellazione a stampo determina spesso un'area
piana di risparmio cir o tant che po ebbe nche rapp_resentare la resa di una superficie
su cui la figura fermmmle giace supma. Gh esemplan che conservano tracce di pittura
mostrano un rivestimento bianco di fondo, un pigmento rosso o giallo per il corpo ed uno
nero per la parrucca e gli altri dettagli. La figurina rinvenuta nella Tomba Tebana 14 a
Dra Abu el Naga mostra tracce di colore anche sulla superficie piana che circonda la figu-
ra: uno sfondo bianco con linee gialle e punti neri, che richiama da vicino la decorazione
del lato superiore del letto votivo rinvenuto nel medesimo contesto (Fig. 20). A differenza
di quanto affermato da Teeter36 riguardo alla connessione fra i letti votivi e le figurine
rinvenuti a Medinet Habu, in questo caso sia le dimensioni che i motivi decorativi sem-
brano legare strettamente i due oggetti e conducono ad ipotizzare un loro impiego asso-
ciato, con il letto votivo a svolgere probabilmente la funzione di modellino di letto e pia-
no di appoggio della figurina femminile.

I
I
'

-- -■ ■ ■
Figura 20: figurina femminile in terracotta Figure 21-22: figurina femminile in terracotta Penn Mus 29-
dalla Tomba Tebana 14 a Ora Abu el Naga -86-583 (fotoP. Del Vesco) rinvenuta in una tomba di Dra
(foto M. Kacicnik) Abu el Naga

36
• " lt is unlikely that they were used as a platfonn for female figurines with which they are sometimes
o und, because the scale and coloration of the items do not match" (Teeter c.d.s.).
4. CONTESTI E COLLEZIONI MUSEALI

4.1. Contesti di rinvenimento e datazioni


Tutti i letti votivi di cui si conosca, con maggiore o minore precisione, una provenien-
za, risultano connessi con l'area tebana. In particolare, dalla riva occidentale
dell'importante capitale politica e religiosa di Tebe provengono almeno 49 esemplari.
Nella parte orientale sono invece stati rinvenuti 20 esemplari. Tre frammenti sono asso-
ciati ad una provenienza generica da Tebe, due ad una ancora più vaga dall'Alto Egitto,
mentre 11 sono di provenienza incerta. I letti votivi noti sono in totale 85; le stele ad essi
associate sono in tutto 19 e le figurine di fertilità 9 37 . Per ogni contesto di rinvenimento si
presenta, di seguito, un'analisi dettagliata con commenti sul grado di affidabilità della de-
terminazione dello stesso e delle eventuali datazioni proposte. Uno spazio maggiore è sta-
to riservato all'analisi dei contesti rinvenuti e indagati a Medinet Habu poiché da questo
sito proviene il maggior numero dei reperti che costituiscono l'oggetto del presente stu-
dio. Per l'esposizione si segue un criterio geografico, presentando prima i siti della riva
occidentale e poi quelli della riva orientale, in entrambi i casi da Sud verso Nord.

- Medinet Habu -
Durante gli scavi che l'archeologo tedesco Uvo Holscher dirigeva in questo sito per
conto dell'Architectural Survey dell'Oriental Institute di Chicago, ben 37 frammenti di
letti votivi, 13 frammenti di stele e 2 stampi per le decorazioni impresse su di essi vennero
rinvenuti. L'attività di scavo si svolse fra l'ottobre del 1927 e l'aprile del 1933, suddivisa
in sei campagne successive, ma la maggior parte di tali reperti venne rinvenuta durante le
prime tre missioni, nelle quali l'esplorazione venne condotta principalmente nelle aree si-
tuate a Est e a Nord del grande tempio funerario di Ramses III e comprese fra questo e la
poderosa cinta muraria più esterna (Holscher 1934: 2).
Solo pochi dei frammenti rinvenuti furono pubblicati da Holscher nel 1954, nel quinto
volume della serie dedicata ai risultati dello scavo a Medinet Habu. Come tutti gli altri
materiali recuperati dalla missione americana, la cui presentazione sistematica era stata in
origine prevista in un sesto volume38, anche questi oggetti subirono le conseguenze della

37
Il numero di stele e figurine rappresenta tuttavia il valore minimo possibile, poiché per alcuni contesti
non sono noti i dati relativi a tali oggetti. Il rinvenimento di una certa quantità di placchette non decorate e
di figurine femminili in associazione a letti votivi è segnalato, ad esempio, per il sito di Kamak Nord (co-
municazione personale di Helen Jacquet), ma non è stato possibile quantificare o esaminare gli oggetti.
38
Tale pubblicazione era stata affidata a Rudolph Anthes, membro dell'Architectural Survey dell'Orien-
ta! Institute dal 1931 al 1933 e direttore esecutivo del Neuesmuseum di Berlino fino all'estromissione da
tale carica nel 1939 per incompatibili inclinazioni anti-naziste. Anthes lavorò al catalogo dei reperti, suddi-
46 LETTI VOTIVI

perdita durante la Seconda Guerra Mondiale di tutta la documentazione ad essi relativa. Il


fortunato recupero, da parte dell'Orientai lnstitute di Chicago, della maggior parte dei re-
gistri originali degli oggetti nel 1993 e di undici ulteriori volumi di dati di scavo e di cata-
logazione nel 199439, rende oggi finalmente possibile completare lo studio e la pubblica-
zione di tutti i reperti. Emily Teeter, egittologa dell'Orientai Institute Museum, sta at-
tualmente curando il volume che raccoglierà molti degli oggetti in terracotta, compresi i
letti votivi, rinvenuti a Medinet Habu durante lo scavo degli anni trenta e attualmente
conservati nei musei di Chicago e del Cairo40. Dalla pubblicazione originale di Holscher
(1954: 11-12) è molto difficile ricavare dati precisi circa i contesti di rinvenimento dei
frammenti di letti votivi o delle stele, come anche delle figurine di fertilità che pure sono
state ivi ritrovate in gran numero. La trattazione di tali oggetti è inserita al termine dèllo
studio delle strutture abitative, databili, secondo l'archeologo tedesco, ad un periodo
compreso fra la XXI e la XXIV dinastia. A tali strutture dovrebbero quindi essere relativi
i reperti, ma vano sarebbe cercare in questa pubblicazione ulteriori precisazioni sul luogo
di rinvenimento o maggiori dettagli circa i contesti ed i materiali associati. Un approfon-
dimento più ampio è dedicato alle strutture rinvenute, ma solo da un punto di vista archi-
tettonico41. Il contesto di rinvenimento dei letti votivi e degli oggetti associati è quindi
rappresentato, ad un livello macroscopico, dalle abitazioni che vennero edificate
all'esterno del grande tempio centrale, ma all'interno della cinta muraria più esterna, a
partire dalla XXI dinastia. Nell'area posta ad Ovest del tempio tali abitazioni erano più
ampie, dotate di corti spaziose e perfino di stalle e magazzini (Holscher 1954: 4), mentre
nella porzione orientale vi erano principalmente piccole unità abitative addossate le une
alle altre e destinate forse a persone di classi sociali meno elevate. È quest'ultima l'area
indicata dall'archeologo come "Area of Fellahin V1llages" a causa della somiglianza fra
le povere strutture in mattoni crudi che egli rinveniva durante lo scavo e le abitazioni nel-
le quali vivevano comunemente i contadini egiziani negli anni '30. Ristretta grosso modo
all'angolo sudorientale dell'area templare (Teeter 2003: 5, fig. 1), questa area rappresenta
il luogo di rinvenimento di circa 21 dei 52 frammenti (di letti votivi, stele e stampi) ritro-
vati in totale a Medinet Habu42 (Teeter c.d.s.). In un rapporto preliminare sui risultati del-
lo scavo, Holscher (1932: 37) fa riferimento alla sovrapposizione di duefellahin villages,
databili rispettivamente ai periodi compresi fra le dinastie XXII e XXIV e fra le dinastie
XXV e XXVI. Secondo tale sequenza stratigrafica, le cappelle delle Spose Divine di A-
mon della XXV dinastia fanno da cesura e si sovrappongono, in alcuni casi tagliandole,

viso per tipologia di materiale e comprendente oggetti custoditi nei musei di Chicago e del Cairo e nei ma-
gazzini di Medinet Habu, fino al 1943 (Teeter 2003: 10; Teeter 1994a).
39
Per una sintesi delle vicende legate allo smarrimento e al ritrovamento della documentazione di scavo
si vedano Del Vesco 2007b: 66-67, note 6-8 e Teeter 1994b).
40
Teeter c.d.s. Il volume, il cui titolo sarà "Baked Clay Figurines and Votive Beds from Medinet Habu",
offrirà, nel capitolo 7, una discussione di questi oggetti particolari e della loro decorazione.
41
Nonostante i limiti appena evidenziati, l'intervento archeologico di Holscher risulta esemplare rispetto
alle esplorazioni precedentemente condotte nell'area del tempio o a quelle che contemporaneamente veni-
vano condotte in altri siti egiziani e solo la sua cura e attenzione per i particolari ha permesso di recuperare
importanti dati relativi a strutture poverissime in mattoni crudi e di epoca "post-imperiale" che nella pratica
comune sarebbero state asportate rapidamente e senza alcuna registrazione per il desiderio di raggiungere
livelli storicamente più "interessanti" e strutture in pietra.
42
Poiché altri 21 frammenti non possiedono alcuna indicazione del contesto di rinvenimento, questo lot-
to rappresenta la maggioranza dei reperti cui è possibile assegnare una provenienza.
CONTESTI E COLLEZIONI 47

alle strutture del primo agglomerato di abitazioni. Tuttavia, nella pubblicazione finale dei
rilievi delle strutture, apparsa nel 1934, in tutta l'area sudorientale (quella del fellahin vil-
lage), Holscher (1934: tav. 10) ricostruisce unicamente una sovrapposizione di due livelli
a bitativi43, entrambi precedenti all'edificazione delle cappelle delle Spose Divine e data-
bili ad una fase intermedia e finale del periodo XXI-XXIV dinastia44

Datazione dei contesti e dei reperti


A questo punto sembra opportuno esporre alcune riflessioni in merito all'affidabilità
della datazione di queste strutture, dal momento che esse rappresentano il contesto di rin-
venimento dei letti votivi, delle stele e delle figurine femminili, e dunque la loro datazio-
ne è stata, in molti casi forse troppo superficialmente, estesa a talì reperti.
Schematizzando brevemente il processo attraverso il quale si cerca di situare nel tempo
i reperti dei quali non si conosce la data: ad ogni unità stratigrafica - in questo caso ad
ogni struttura muraria - viene normalmente attribuita una posizione cronologica relativa
in base ai rapporti stratigrafici esistenti fra essa e le altre unità; ad esempio, da una rela-
zione fisica di sovrapposizione si possono ricavare fra due strutture rapporti di anteriorità
e posteriorità; alle varie fasi edilizie così ricostruite si attribuisce poi una datazione asso-
luta grazie ai reperti rinvenuti all'interno delle strutture45; la datazione così ricavata viene
poi estesa, con le dovute cautele ovviamente, ai reperti provenienti dal medesimo contesto
dei quali non sia nota la collocazione cronologica. Ritornando quindi alle strutture di Me-
dinet Habu, osserviamo che, per ammissione dello stesso Holscher, "it was often impossi-
ble to distinguish buildings of the Twenty-first Dynasty from those of the Twenty-second
to Twenty-fourth dynasties", e inoltre "the objects found in these strata, including pottery,
can in very few cases be attributed to specific dynasties" (Holscher 1954: 3). A complica-
re ulteriormente il quadro contribuiscono poi i reperti databili ad altri periodi rinvenuti
negli stessi contesti. Come ricorda l'archeologo tedesco, infatti, "these strata also pro-
duced numerous small objects of earlier times which the inhabitants had stolen from
elsewhere, mostly from plundered tombs in the necropolis" (Holscher 1954: 10, nota 48).
Quindi, né dal punto di vista della successione stratigrafica relativa delle strutture, né da
quello degli agganci ad una cronologia assoluta per mezzo dei reperti rinvenuti, la data-
zione sembra possedere i necessari requisiti di affidabilità. Un altro elemento contribuisce
ad inficiare l'attribuzione di una data più o meno precisa agli oggetti: la mancata registra-
zione, nella documentazione di scavo, del loro esatto contesto di rinvenimento, infatti,
non permette nella maggior parte dei casi di associare con sicurezza ai reperti databili (ad
esempio le forme ceramiche), i reperti dei quali non conosciamo - e vorremmo stabilire
- la datazione. Agli oggetti è stato attribuito un numero progressivo preceduto da una si-
gla: "MH" o "Eye" a seconda dell'area templare di provenienza, "Versch." (o "V") per
Verschiedenes, cioè "vari", o "K" per i reperti di epoca copta. Solo gh oggetti siglati

43
Distinti nella pubblicazione con due gradazioni di colore.
44
Anche se in realtà la datazione assoluta fornita in riferimento a tale arco cronologico (1090-712 a.C.)
comprende chiaramente il periodo che va dall'inizio della XXI dinastia all'inizio della XXV.
45
Su alcuni materiali è possibile condurre indagini fisico-chimiche che permettono di risalire ad una da-
tazione assoluta, mentre in altri casi si analizzano i caratteri tipologici di tali materiali e si cerca di collocarli
nella posizione corretta all'interno di una sequenza che sia già stata precedentemente ancorata a dei capisal-
di cronologici.
48 LETTI VOTIVI

"MH" conservano in alcuni casi la registrazione della provenienza. Il numero associato


alla sigla indica l'anno della capagna di scavo e il lotto di appartenenza, e quindi, se un
reperto è registrato con il numero "MH 30.12b" significa che si tratta dell'oggetto appar-
tenente al dodicesimo lotto di materiali (gli oggetti di uno stesso lotto sono indicati con
una lettera minuscola progressiva) rinvenuto durante i lavori della campagna 1930-1931
nell'area del tempio di Medinet Habu (Teeter 2003: 7). Questo è, in molti casi, tutto quel-
lo che possiamo sapere circa la provenienza del pezzo46. Un interessante frammento di
letto votivo, conservato oggi presso l'Orientai Institute Museum di Chicago (OIM 14781,
n. 37 del corpus tipologico) e decorato con una raffigurazione del tutto particolare, pos-
siede ad esempio solo l'indicazione "MH 30. Versch. l". Altre volte è specificato il rife-
rimento ad un quadrato di 20 m di lato della griglia di coordinate stabilita per lo scàvo
dell'area del tempio (Teeter 2003: 5, fig. 1), che però limita il contesto di provenienza ad
una superficie comunque troppo ampia (400 m2) . È questo il caso, ad esempio, di una pic-
cola stele conservata oggi al museo del Cairo47 (JE 59848), che presenta una decorazione
impressa con cura e rifinita con l'aggiunta del colore, che raffigura una suonatrice di liuto
con una sorta di modio sul capo, seduta su un alto cuscino e affiancata da due bouquet di
papiri e convolvolo (Fig. 18). Sappiamo che questa stele è stata rinvenuta nel quadrato
F/5 (Teeter 2003: 7), ma non è possibile stabilire a quale delle cinque unità abitative
comprese in tale quadrato (Holscher 1934: tav. 10), o a quale ambiente, essa fosse perti-
nente. Solo in alcuni casi all'indicazione del quadrato è aggiunta una misura della posi-
zione o un'ulteriore specificazione in relazione alle strutture circostanti. Appare difficile,
dunque, attribuire ai reperti una datazione relativa ricavata dalla loro posizione stratigrafi-
ca per almeno tre motivi:
1 - ai lotti di materiali spesso non è associata unà collocazione spaziale precisa, né un
riferimento a livelli di ambienti o strutture dai quali desumere la loro posizione relativa
nella stratigrafia;
2 - anche quando il lotto è connesso a delle strutture, la posizione relativa di tali strut-
ture non è garantita, per la difficoltà, apertamente dichiarata dallo stesso scavatore (vedi
sopra), di distinguere con sicurezza i diversi livelli;
3 - anche quando il lotto è collocato bidimensionalmente all'interno di una struttura
della cui posizione stratigrafica siamo abbastanza certi, esso non è necessariamente con-
nesso a tale struttura anche nella terza dimensione, la quota, e potrebbe dunque derivare
in parte da livelli inferiori. Reperti appartenenti allo stesso lotto di materiali sono spesso
stati recuperati a profondità notevolmente diverse fra loro (Teeter 2003: 8, nota 22).
Quali sono, invece, le problematiche collegate all'attribuzione di una datazione assolu-
ta ai reperti? I lotti di materiali che comprendono, insieme ai letti votivi o alle stele, altri
oggetti grazie ai quali dovrebbe essere possibile ricavare degli agganci alla cronologia as-
soluta48, sono in tutto sei. Del lotto MH 28.132, rinvenuto nell'ambito di contesti dome-
stici datati al periodo XXI-XXIV dinastia49, fanno parte la stele JE 59848 precedentemen-

46
A volte (Teeter 2003: 8) è specificato unicamente se il lotto proviene da "Radim", cioè da un cumulo
di terreno di scarto prodotto dall'azione di scavo di saccheggiatori o di precedenti esploratori, o da "Tan-
dif', cioè dalla pulizia superficiale di un'area.
47
La stele è attualmente esposta in una delle vetrine della sala 22, al primo piano del museo.
48
Ricordando, come appena affermato, che oggetti registrati nello stesso lotto possono essere stati rin-
venuti a livelli anche molto diversi.
49
Si tratta di un gruppo di 5 unità abitative rinvenute nel quadrato F/5, posto nell'angolo sudorientale
dell'area racchiusa dal grande muro di cinta esterno del tempio (Holscher 1934: tav. 10).
CONTESTI E COLLEZIONI 49

te menzionata, un ushabti di Amenhotep III conservato presso l'Orienta! Institute Mu-


seum di Chicago (OIM 15637) e uno scarabeo del cuore assegnato su base stilistica alle
dinastie XXV o XXVI (Teeter 2003: 124, tav. 54a)50•
Il lotto MH 29.194 comprende una stele51, un frammento di "false bread" e due reci-
pienti di ceramica, purtroppo non registrati né inseriti nel catalogo delle forme ceramiche
pubblicato nel report di scavo (Holscher 1954: 72-74; tav. 47). Questo insieme di materia-
li è stato rinvenuto nel quadrato H/13 ad un livello difficile da precisare, ma in un'area
occupata da strutture abitative datate dallo scavatore alla XXV o alla XXVI dinastia (Hol-
scher 1934: tav. 6).
Il lotto MH 28.140, uno dei più consistenti, comprende un letto votivo (n. 41 del cor-
pus), sette stele con decorazioni dello stesso tipo del letto, sette figurine femminili fram-
mentarie, un frammento di figurina di ovino in terracotta, un piccolo recipiente per kohl,
una canaletta di scolo. in terracotta, due bottiglie ed otto recipienti di ceramica appartenen-
ti a tre diverse classi tipologiche delle quali è possibile osservare le caratteristiche nella
tavola 47 del report di Holscher (1954). Il lotto proviene dal quadrato F/4, da un'area si-
tuata "in front of the supporting wall of the road"52 e occupata da strutture attribuite al pe-
riodo cronologico compreso fra la XXII e la XXIV dinastia. La datazione associata da
Holscher alle forme ceramiche53 colloca i reperti nella XXII dinastia ed è sostanzialmente
confermata anche da Aston (1996: 54). Tuttavia, per una delle forme (Q4), appartenente
alla categoria delle Globular Jar è possibile trovare alcuni buoni confronti anche fra e-
semplari datati alle dinastie XX e XXI54 e per un'altra, la giaretta ovoide a collo ondulato
(S2), esistono paralleli che sono datati alla XVIII dinastia (Nelson 2006: 123, fig. 4.7).
Il lotto MH 29.85 sembra essere più problematico. È formato da un frammento di letto
votivo (n. 42 del corpus) che presenta una decorazione in tutto affine a quella del letto e
delle stele cui si è appena accennato, da un occhio wdjat con un cartiglio di Ramses III
conservato presso il museo dell'Orienta! Institute (OIM 16345), un ornamento in faience
con decoro a giorno custodito nello stesso museo (OIM 15134), una figurina femminile,
la testa di una figura maschile in terracotta, 3 pesi in terracotta, una placchetta in steatite
con decorazione incisa (Teeter 2003: 25, n. 9) e una Pilgrim Flask biansata decorata a
cerchi concentrici55• Questo insieme eterogeneo di materiali fu ritrovato nel quadrato
H/12 e la sua posizione venne registrata nella documentazione con l'indicazione "on the
Roman level", ma è evidente che esso comprende oggetti sicuramente pre-tolemaici, un
letto votivo stilisticamente analogo agli esemplari attribuiti alla XXII dinastia ed un reci-
piente ceramico datato dallo stesso Holscher ad una ampio periodo compreso fra le dina-
stie XXII e XXVI. Il confronto citato da Teeter (2003: 25) per la placchetta in steatite non

50
Da notare però che Teeter (2003: 124) desume tale datazione dal confronto con un altro scarabeo rin-
venuto a Medinet Habu (n. 206 del catalogo Teeter 2003), a sua volta assegnato a questo arco cronologico
da Holscher in base alla provenienza del reperto da strutture da lui stesso precedentemente datate a tale pe-
riodo. Il pericolo è quello di ritrovarsi impigliati in argomentazioni circolari.
51
Teeter c.d.s.: cat. n. 269.
52
Che però non è identificabile in alcun modo sulla pianta pubblicata da Holscher (1934: tav. 10).
53
Si tratta delle forme Q4, S2 e T5 del catalogo ceramico pubblicato nel report di scavo (Holscher 1954:
73, tav. 47).
54
Aston 1998: 552-3, n. 2250; 566-7, n. 2321; 604-5, n. 2484.
55
Si tratta della forma U3 del catalogo ceramico di Holscher (1954: 73, tav. 47).
50 LETTI VOTIVI

sembra essere corretto56, mentre una raffigurazione quasi identica a quella presente
sull'oggetto ritrovato a Medinet Habu compare su una impronta di sigillo rinvenuta nel
sito palestinese di Aphek ed è databile alla XIX o al principio della XX dinastia (Keel
1997: 78-79, n. 3). Ottimi paralleli per la Pilgrim Flask, invece, si osservano fra alcuni e-
semplari recuperati nel Delta orientale e datati alla XX o XXI dinastia57. Difficile stabili-
re, in questo caso, quale elemento di datazione debba essere ritenuto più affidabile.
Anche il lotto MH 29.267 evidenzia una problematica analoga. Proviene dal quadrato
H/13, un'area occupata interamente, come già ricordato in precedenza, da strutture attri-
buite alla XXV o alla XXVI dinastia (Holscher 1934: tav. 6), ma si trovava in uno strato
del quale Holscher specifica la collocazione verticale definendolo "level above the Ra-
messide". Il frammento di letto votivo qui rinvenuto (n. 44 del corpus tipologico) non
presenta caratteristiche stilistiche particolari e trova dei confronti assai vicini negli esem-
plari nn. 41 e 42 del corpus, databili in modo approssimativo alla XXII dinastia.. Ad esso
sono associati tre recipienti ceramici (Holscher 1954: 73, tav. 47): la forma Q7 è attribuita
alle dinastie XXI-XXII, anche se Holscher specifica in nota che la stessa forma è attestata
presso il tempio di Medinet Habu fin dalla fine della XVIII dinastia58; la giaretta Q2 è da-
tata ad un arco cronologico compreso fra la XXII e la XXV dinastia; la piccola brocca T3,
invece, attribuita da Holscher alla XXI dinastia, risulta essere una tipica Base Ring ciprio-
ta della XVIII dinastia (Aston 1996: 53).
Infine, anche il lotto MH 29.264, che riveste un'importanza particolare perché com-
prende i due soli esemplari noti di matrici specifiche per questo tipo di decorazione, è af-
flitto dalle problematiche legate all'ambiguità della datazione dei materiali. Fanno parte
di questo insieme: una stele decorata con una raffigurazione analoga a quella presente su
una stele del lotto MH 28.140 (vedi sopra) e di un letto votivo e una stele rinvenuti nel
quadrato E/4 nel "2nd fellahin village"59; uno stampo per la decorazione di letti votivi e
stele che è stato con ogni probabilità impiegato per produrre i quattro oggetti appena cita-
ti; un secondo stampo adatto per la realizzazione di un tipo molto particolare e abbastanza
stilizzato di decorazione, che risulta attestata su sei frammenti di letti votivi e una stele
rinvenuti a Medinet Habu60 e su un letto votivo di provenienza incerta conservato presso
il Petrie Museum of Egyptian Archaeology di Londra (n. 21 del corpus); una giara da

56
Il riferimento indicato da Teeter (Rowe 1936: pl. 15, n. 566) rimanda infatti ad uno scarabeo decorato
con due figure affiancate, ma che, a differenza di quelle raffigurate sulla placchetta di Medinet Habu, non si
tengono per mano, possiedono attributi (corone, scettro, etc.) che lì non compaiono e sono sormontate da un
cartiglio di Amenhotep lll, anch'esso assente dalla placchetta.
57
Soprattutto una Pilgrim Flask con la stessa sezione e la stessa decorazione a cerchi concentrici, ma
leggermente più ovoide e con attacco delle anse più basso (Aston 1998: 548-9, n. 2236) ed un altro esem-
plare che presenta invece tutte le caratteristiche della froma U3 di Medinet Habu (Aston 1998: 610-1, n.
2494).
58
Questa forma è inoltre stata rinvenuta spesso insieme a recipienti delle forme Q3, attribuita al periodo
delle dinastie XXII-XXIV, e 04, datata da Holscher allo stesso periodo, ma da Aston (1996: 54) definita in
modo incerto "a New Kingdom vessel?". Questa forma, infine, mostra molte affinità con un recipiente rin-
venuto nel Delta orientale e datato all'epoca Ramesside (Aston 1998: 406-7, n. 1436).
59
Secondo quanto pubblicato da Holscher (1934: tav. 10) databile intorno alla XXIV dinastia.
60
Si tratta di una stele proveniente dal "level of the fellahin, far down, on the added ground" nel quadra-
to E/5, di un frammento di letto ritrovato in G/7 (n. 22 del corpus) e di tre esemplari (nn. 23, 26, 27 del cor-
pus tipologico) rinvenuti nel quadrato G/6 "in the rubbish", ai quali non è possibile attribuire una datazione,
e di altri due frammenti (nn. 24 e 25 del corpus) di cui non è nota neanche la provenienza.
CONTESTI E COLLEZIONI 51

c onservazione61 datata alle dinastie XXI e XXII da Holscher, ma che presenta notevoli
affinità con le cosiddette Meat Jars del Nuovo Regno (Aston 1996: 53) e trova confronto
con una forma rinvenuta nel Delta orientale e datata all'età Ramesside (Aston 1998: 478-
9, n. 1800)62 ; una giaretta63 attribuita al periodo XXII-XXIV dinastia - ma lo stesso
Holscher (1954: 72, nota 72) aggiunge che recipienti dello stesso tipo sono stati rinvenuti
anche in contesti della XXVI dinastia e nei depositi di fondazione di Ramses IV -
anch'essa confrontabile con un recipiente datato all'età Ramesside (Aston 1998: 310-1, n.
1000); infine un'anfora triansata64, databile a partire dalla XXVI dinastia.
In sostanza, grazie a questo breve excursus nelle ingarbugliate matasse cronologiche
prodotte dai dati di scavo, credo si possa arrivare alla conclusione che non esistono ele-
menti concreti per poter attribuire una datazione precisa ai letti votivi provenienti da Me-
dinet Habu. Per i pochi frammenti provenienti da lotti dei quali possediamo più informa-
zioni è possibile ipotizzare una datazione approssimativa. Sebbene siano stati rinvenuti in
contesti attribuiti ad un arco cronologico compreso fra la XXI dinastia e l'epoca romana,
la ceramica ad essi associata si colloca in media nell'intervallo fra la XX e la XXII/XXIV
dinastia. In effetti, nei lotti considerati sono per lo più assenti le forme che Holscher ha
collegato alle strutture dell'abitato datato alla XXV e XXVI dinastia e che, secondo Aston
(1996: 54), "though not so well dated, clearly differ from that of the preceding phase, and
a date in the eighth or seventh century BC is probably correct". Considerando la fine
dell'epoca Ramesside come un ovvio terminus post quem per l'occupazione ad uso resi-
denziale dell'area interna alla cinta muraria del tempio (Holscher 1954: 2), si potrebbe
proporre, ma solo per alcuni esemplari di letto votivo e di stele65, una datazione appros-
simativa al periodo compreso fra le dinastie XXI e XXIV. Tuttavia, ricordando ancora
che numerose strutture, e quindi livelli abitativi, si sono sovrapposti nel tempo in
quest'area e che raramente nel corso degli scavi è stato possibile distinguere con esattezza
gli strati di provenienza dei materiali66, risulta ragionevole supporre per molti letti votivi
una datazione che arrivi a comprendere anche le dinastie XXV e XXVI.

Tipologia dei contesti


Se una datazione esatta dei contesti si dimostra difficile, un loro inquadramento tipolo-
gico appare non solo possibile, ma anche ricco di potenzialità interpretative. Bisogna con-
siderare che gli scavi condotti a Medinet Habu intorno agli anni trenta avevano come o-
biettivo principale la "liberazione" delle strutture templari del periodo Ramesside dagli
accumuli di materiali e strutture prodotti nelle epoche successive. I lavori di scavo venne-
ro realizzati impiegando contemporaneamente centinaia di operai su aree molto estese e
dovette essere, dunque, molto difficile controllare la provenienza della messe di materiali

61
La forma Cl del catalogo ceramico pubblicato da Holscher (1954: 72, tav. 47).
62
Tale confronto appartiene appunto alla categoria delle Meat Jars, che risulta attestata, secondo Aston
(1998), dalla fine della XVIII dinastia fino alla XXI.
63
La forma G1 (Holscher 1954: 72, tav. 47).
64
La forma Kl (Holscher 1954: 73, tav. 47).
65
In particolare i letti nn. 41, 42 e 44 ed alcune stele con lo stesso tipo di decorazione che, abbiamo vi-
sto, risultano associati a forme vascolari databili.
66
Bisogna inoltre aggiungere che in molti casi oggetti ed elementi architettonici sono stati rinvenuti du-
rante gli scavi in giacitura secondaria, in quanto erano già stati dislocati, e spesso riutilizzati, in epoca copta.
52 LETTI VOTIVI

recuperata o registrare tutti i dati relativi ad ogni singolo contesto di rinvenimento. Mag-
giore attenzione venne riposta: nella documentazione delle architetture in mattoni crudi
che vennero alla luce una volta completato lo sgombero dei cumuli di detriti. La precisio-
ne del rilievo67 permette un'interessante analisi delle strutture abitative, già in parte con-
dotta dallo stesso Holscher (1954: 6-8) nel quinto ed ultimo volume delle relazioni di sca-
vo, ed uno studio dell'organizzazione degli ambienti e delle installazioni fisse presenti in
alcuni di essi, alla luce dei recenti saggi di approfondimento delle funzioni degli spazi
domestici negli abitati di Amarna e Deir el Medina (Koltsida 2007b; Kleinke 2007). Co-
me precedentemente ricordato, il numero maggiore di frammenti di letti votivi e stele di
cui si conosca la provenienza, è stato rinvenuto nel settore sudorientale dell'area templare
racchiusa dal poderoso muro di cinta esterno. In particolare, sette letti votivi frammentari
provengono dai quadrati G/6-7, mentre dai quattro quadrati posti nell'angolo formato dal
muro di cinta (E-F/4-5) provengono in tutto 3 frammenti di letto e 10 frammenti di stele.
La diversa proporzione fra i frammenti di letto votivo e quelli di stele sembra trovare un
curioso parallelo nelle differenze esistenti fra le unità abitative presenti nelle due aree.
L'area con la maggiore concentrazione di stele è caratterizzata da un'organizzazione spa-
ziale più caotica, da assi viari stretti e irregolari, da ambienti piccoli, posti su più livelli,
lungo il pendio derivante dagli alti cumuli di macerie delle strutture più antiche, e collega-
ti fra loro da gradini: in sostanza da piccole unità domestiche formate per lo più da due
soli ambienti68 (Holscher 1954: 8, fig. 7). L'area da cui provengono i sette frammenti di
letti votivi, insieme ai due quadrati orientali adiacenti, presenta invece un'organizzazione
degli spazi nettamente diversa. Le strade si incrociano secondo assi abbastanza ortogona-
li, le abitazioni sono decisamente più ampie e articolate e gli ambienti presentano in alcu-
ni casi installazioni o pedane precedute da colonn (Holscher 1934: tav. 10). Sebbene
Holscher (1954: 7) definisca tutte le abitazioni di quest'area e di questo periodo come
strutture "carelessly", "poorly constructed", è evidente dall'analisi delle planimetrie che
ci troviamo di fronte a costruzioni ideate per ospitare gruppi familiari appartenenti ad una
classe sociale medio-alta. I rilievi pubblicati dall'archeologo tedesco mostrano, ad esem-
pio nei quadrati G/6 e G/12, delle abitazioni dalla caratteristica pianta tripartita (Holscher
1934: tavv. 4, 10; Holscher 1954: 6-7, figg. 4-5), con un vestibolo e un ambiente di servi-
zio sulla fronte che danno accesso ad una sala centrale provvista di due colonne e di una
pedana rialzata, da cui si può accedere ad un vano scala laterale e, attraverso due aperture
poste ai lati della pedana, ad altri due ambienti ricavati sul retro. Lo schema planimetrico
è quello caratteristico delle case dei villaggi degli artigiani di Deir el Medina e El Amarna
(Peet-Wooley 1923: tav. XVI) e di un gruppo di abitazioni situate nell'area delle "West
Villas" a Malqata (Koltsida 2007a: 1013-1014, fig. 2a-b), e la superficie complessiva di
ogni abitazione (circa 71 m2) è del tutto analoga alla superficie media delle case di Deir el
Medina (Meskell 2002: 40). Le colonne poste nella sala centrale, un elemento decorativo
tipico delle case dell'alta società e "which also acted as status symbol" (Koltsida 2007a:
IO17), le dimensioni stesse della sala e la posizione dei due accessi alle camere interne ai
lati della pedana, richiamano in realtà gli spazi centrali di numerose dimore di rango più
elevato di Amarna (Peet-Wooley 1923: tav. II; Arnold 1989: 79, fig. 2). La struttura gene-
rale di queste abitazioni rinvenute a Medinet Habu rientra dunque perfettamente nella tra-

67
I mattoni crudi dei singoli muri non vennero riprodotti schematicamente, ma rilevati singolarmente
nella loro posizione e nel loro orientamento rispetto alla tessitura delle strutture (Holscher 1934: 4).
68
Il primo dei quali probabilmente costituito da una corte scoperta di ingresso.
CONTESTI E COLLEZIONI 53

dizione dell'architettura domestica del Nuovo Regno, che a sua volta deriva
l'articolazione degli spazi da quella tipica del Medio Regno (Arnold 1989: 78-81). La sala
centrale costituiva il punto focale della maggior parte delle attività domestiche: vi si rice-
vevano gli ospiti, vi si svolgevano i pasti o i banchetti e la pedana rialzata veniva impie-
gata come piano sul quale collocare degli elementi mobili di arredo o anche semplicemen-
te per sedersi o inginocchiarsi (Koltsida 2002: 184). In questa sala dovevano svolgersi an-
che alcuni rituali, come testimoniato dal ritrovamento in molti casi di oggetti dal chiaro
carattere cultuale, come stele o tavole di offerta (Koltsida 2002: 185). Una struttura, più
complessa di quelle di cui si è parlato precedentemente, è situata nei quadrati G/6-7,
nell'area dunque corrispondente al luogo di provenienza di sette esemplari di letti votivi.
Oltre a presentare una maggiore articolazione dei percorsi e degli spazi interni e ad occu-
pare una superficie complessiva pari quasi a 200 m2 , essa è caratterizzata dalla presenza
di due sale con colonne: una più ampia dotata di una bassa pedana sopraelevata 69 ed una
di dimensioni leggermente inferiori che mostra, inquadrato fra le due colonne, un alto ba-
samento preceduto da due gradini (Holscher 1934: tav. 10; Holscher 1954: 7, fig. 6; tav. 6
I). Tale basamento costituisce un'installazione del tutto particolare che ricorda da vicino
le strutture che sono state rinvenute in numerose abitazioni dell'area urbana di Amama e
sono state interpretate come altari domestici (Stevens 2006: 219-232). Quella di Medinet
Habu rappresenta l'attestazione fino ad oggi più tarda di questa tipologia di struttura cul-
tuale domestica, poiché l'abitazione nella quale è inserita è stata datata da Holscher alla
XXIV o all'inizio della XXV dinastia, ma si discosta dalle strutture amarniane unicamen-
te per l'aspetto più monumentale conferito al podio dalla presenza delle due colonne70 .
Per tutte le altre caratteristiche questo altare domestico rientra perfettamente in una tradi-
zione ben documentata da esempi di strutture analoghe rinvenute in vari siti egiziani e da-
tabili a partire dalla XIII dinastia (Stevens 2006: 233-234; Kleinke 2007: 46-49). Per
quanto riguarda la riva occidentale tebana, installazioni cultuali di questo tipo sono state
rinvenute anche a Malkata (Stevens 2006: 233) e in contesti domestici databili alla fine
della XVIII dinastia, indagati dallo stesso Holscher (1939: 68-69), presso l'area del tem-
pio di Ay e Horemheb, immediatamente a Nord del tempio di Medinet Habu. Ma fra i
confronti più significativi e interessanti vi sono sicuramente gli altari domestici della
XVIII dinastia e di epoca Ramesside rinvenuti in alcune case del villaggio di Deir el Me-
dina (Fig. 23) e noti con il nome di "lit clos"71 (Bruyère 1939: 50, 54-64).

69
Ai lati della quale due porte danno accesso a due piccoli ambienti retrostanti, seguendo lo schema tra-
dizionale a cui si è accennato in precedenza.
70
Per la presenza di tali colonne, invece, l'installazione richiama da vicino l'altare posto in una cappella
laterale di una struttura (probabilmente templare) rinvenuta ad Hagg Qandil, presso Amama, e datata ad e-
poca post-Ramesside (Woolley 1922: 67, tav. XII).
71
Tale denominazione, attribuita a queste strutture da Bruyère sulla base di una vaga somiglianza con i
tipici letti "chiusi" bretoni dell'inizio del XX sec., ha inaspettatamente esercitato un forte peso sull'inter-
pretazione della funzione di tali installazioni ed ha influenzato tutto il successivo dibattito egittologico al
riguardo. Per l'analisi delle varie ipotesi avanzate nel corso del tempo e per la bibliografia relativa si riman-
da all'agile e recente sintesi di Kleinke (2007: soprattutto 25-56). Quanto all'interpretazione ormai più dif-
fusa e comunemente accettata di queste strutture: "it seems more likely that they were altars that served as
domestic shrines" (Koltsida 2006: 170).
54 LETTI VOTIVI

Figura 23: "letto chiuso", alto podio con gradini, da un' abitazione del villaggio degli artigiani di Deir et
Medina (foto P. Del Vesco)

Non solo si tratta di strutture dello stesso tipo e datate ad un'epoca assai vicina a quella
dell'esemplare di Medinet Habu, ma a rendere ancora più significativo il confronto con-
tribuisce il legame esistente fra il villaggio degli artigiani e l' insediamento sorto
all'interno della cinta muraria del tempio funerario di Ramses Ili. Alla fine della XX di-
nastia infatti il sito di Deir el Medina venne abbandonato e l' organizzazione preposta
ali'amministrazione e al controllo della necropoli, insieme ad alcuni artigiani e alle loro
famiglie, si spostò all'interno del complesso templare di Medinet Habu (Bierbrier 2003:
116; Haring 1997: 278-280; Demarée 2003: 240; Bouvier 2006: 21). A differenza dei
"letti chiusi" del villaggio degli artigiani, sull'installazione cultuale di Medinet Habu non
si sono preservate tracce di decorazione dipinta, ma è possibile che la funzione e il modo
di utilizzo di questo tipo di struttura fossero analoghi. Inoltre, se per gli altari domestici di
Deir el Medina si è spesso pensato anche ad un impiego polifunzionale (Meskell 1998:
226; Kleinke 2007: 26-27), viste le ridotte dimensioni degli spazi abitati, nel caso di Me-
dinet Habu, l'ampia superficie totale della casa e la presenza di una seconda sala di rice-
vimento invitano ad ipotizzare che l'ambiente con il podio rialzato fosse dedicato unica-
mente alla celebrazione di rituali domestici.
Concludendo, possiamo affermare che:
• il tipo di contesto dal quale proviene un certo numero degli esemplari di letti voti-
vi, stele e figurine femminili rinvenuti a Medinet Habu72 è sicuramente domestico;

72
Si tratta degli esemplari per i quali è stata registrata una qualche provenienza: trentuno frammenti di
letti, stele o stampi su un totale di cinquantadue. Per gli altri abbiamo solo la definizione di " Verschiedenes"
con l' indicazione unicamente dell'anno della campagna di scavo.
CONTESTI E COLLEZIONI 55

• esiste una diversificazione delle strutture abitative probabilmente legata ad una


differenziazione sociale, e sembra esistere - ma la scarsezza dei dati non fermet-
te di esserne certi - una connessione fra i contesti domestici più "poveri" 3 e una
maggiore concentrazione di stele rispetto alla presenza di letti votivi;
• in.fine, almeno in un caso i letti votivi provengono da un'area in cui sorgeva una
struttura abitativa dotata di uno spazio e di un'installazione dedicati, probabilmen-
te in maniera esclusiva, ad attività cultuali domestiche.

- Deir el Medina -
Un frammento della parte frontale di un letto votivo (n. 43 del corpus) è stato rinvenu-
to presso questo sito a seguito dei lavori di restauro compiuti nell'area del tempio di Ha-
thor nel 1912, da parte della missione archeologica francese (Baraize 1914). Al dettaglia-
to resoconto dei lavori, pubblicato due anni dopo, Baraize fa seguire una lista degli ogget-
ti rinvenuti. In essa, indicato con il numero di accesso al Museo del Cairo 43665, trovia-
mo un "bas-relief représentant un homme74 naviguant dans un marais", realizzato, secon-
do quanto indicato nella lista, in calcare e datato alla XXI dinastia (Baraize 1914: 41).
Non è possibile ricavare dalla pubblicazione molti altri dati circa il contesto di rinveni-
mento del frammento o gli elementi impiegati per la datazione. I lavori realizzati dagli ar-
cheologi francesi interessarono principalmente le strutture del tempio e del pilone princi-
pale di accesso, che furono oggetto di pesanti interventi di restauro e consolidamento, ma
furono anche dedicati al "déblaiement général" di tutta l'area racchiusa dall'alta cinta mu-
raria esterna in mattoni crudi. Tale sgombero di detriti era volto al raggiungimento dei li-
velli originari della corte e alla messa in luce di eventuali strutture coperte. Ed è proprio
durante lo sterro condotto nell'angolo sudoccidentale dell'area circostante il tempio che i
diversi "ex-voto", presentati poi nella lista finale del rapporto, vennero rinvenuti. In parti-
colare, gli oggetti furono recuperati sotto lo spesso strato di macerie che riempiva "les
chambres d'habitation, les chapelles, les magasins" (Baraize 1914: 36) che si trovavano in
questa zona. Per una fotografia del frammento bisogna attendere la relazione degli scavi
condotti dall'IFAO a Deir el Medina pubblicata nel 1952 da Bruyère. Per fornire un qua-
dro completo dei risultati dei lavori che si erano susseguiti nell'area del tempio,
l'archeologo premette al proprio rapporto la lista degli oggetti già rinvenuti da Baraize nel
1912, fornendo in più per alcuni una fotografia. Il frammento in questione è raffigurato
stranamente capovolto e identificato nella didascalia come un "frammento di mobile in
terracotta" (Bruyère 1952: 1O, fig. 79). Nella lista che descrive i reperti e riprende la lista
fornita da Baraize, l'oggetto è identificato questa volta con il numero 4366475 e interpre-

73
intendendo ovviamente con questo termine le unità abitative di minori dimensioni, scarsamente arti-
colate, di pianta irregolare e prive di installazioni interne fisse, come basi di colonne o pedane rialzate.
74
Come noto grazie al confronto con numerosi altri esemplari di letti votivi si tratta, in realtà, di una fi-
gura femminile. La raffigurazione presente su questo frammento risulta abbastanza rovinata ed è probabile
che l'assenza di dettagli chiari sia all' origine del fraintendimento di Baraize: la figura femminile seduta che
suona il liuto può essere stata vista così come una figura maschile che manovra un remo.
75
Deve però trattarsi di un errore di Bruyère poiché, mentre tutti gli altri numeri corrispondono corret-
tamente a quelli assegnati agli oggetti descritti da Baraize, il 43664 della lista più vecchia era associato ad
una "Vache Hathor dans un naos" ed il numero 43665 non compare affatto nella lista più recente. ln PM 1.2:
69,9 tuttavia, al rilievo, descritto come "man sailing in marsbes" e datato alla XXI dinastia, è assegnato il
56 LETTI VOTIVI

tato come un frammento di un sostegno in terracotta decorato a rilievo. La scena raffigu-


rata sul rilievo viene questa volta descritta in modo molto fantasioso come: "Barque de
papyrus portant à l'avant, un pilote qui, armé d'une lance, tue le serpent Apopi et, au cen-
tre, le jeune Horus maniant la godille". La figura situata ai margini del rilievo viene giu-
stamente interpretata come una "figure d'angle, appelant son symétrique à l'extrémité
manquante du relief, le dieu Bès, protecteur de l' enfance, danse, couronné de plumes",
ma restano abbastanza sconcertanti le discrepanze nelle descrizioni della scena raffigurata
e del materiale di cui è fatto il rilievo fomite dai due archeologi, nonché nella datazione
del reperto, questa volta assegnato al Nuovo Regno (Bruyère 1952: 9).
In definitiva, questo frammento di letto votivo proveniente da Deir el Medina non può
essere datato con certezza e può essere attribuito solo ad un generico contesto templare,
probabilmente come oggetto cultuale di uso domestico, in una delle abitazioni sorte in
epoca post-ramesside nell'area circostante il tempio.
Ancora meno, purtroppo possiamo dire di un altro frammento di letto votivo conserva-
to presso il Museo Egizio del Cairo (JE 41552)76, la cui provenienza è solo genericamente
collegata al sito di Deir el Medina. Nei registri del museo è erroneamente indicato come
frammento di poggiatesta in terracotta decorato con una Hathor in visione frontale e si fa
riferimento alla stagione di scavi di Baraize del 1909.

- Tempio funerario di Ramses II (Ramesseum) -


La provenienza di uno dei due frammenti di letto.-votivo conservati oggi a Bruxelles (n.
38 del corpus) può essere ricondotta con certezza agli scavi diretti da Quibell77 nell'area
del Ramesseum, il Tempio Funerario di Ramses II, del 1896. La scheda di registrazione
dell'oggetto indica anche che si tratta di un dono dell'Egyptìan Research Account, ma
non specifica ovviamente maggiori dettagli circa il contesto di rinvenimento.
Altri due frammenti di letto votivo, conservati presso lo University of Pennsylvania
Museum of Archaeology and Anthropology di Philadelphia risultano essere entrati a far
parte della collezione in seguito a donazioni, da parte dell'Egyptian Research Account in
un caso e di Sir Flinders Petrie nell' altro78, di materiali rinvenuti a Tebe durante la sta-
gione 1895-1896. Infine, proprio in base al confronto con i letti votivi di Philadelphia, ed
anche se privi di qualsiasi dato riguardante il luogo di provenienza, altri sei letti votivi
frammentari ed una stele custoditi a Londra presso il Petrie Museum of Egyptian Archae-
ology sono stati ipoteticamente collegati alla medesima stagione di scavo79 .

numero 43664, ed è aggiunta tra parentesi l'indicazione che nell'articolo di Baraize esso era numerato
43665.
76
Inserito come numero 56 nel corpus tipologico del presente studio.
77
Si tratta di un frammento attualmente conservato presso il museo di Bruxelles (MRAH E 2398) di cui
non si conosce l'esatto contesto di ritrovamento, ma che potrebbe essere connesso alle sepolture databili al
Terzo Periodo Intermedio esplorate da Quibell durante la campagna del 1896 (Teeter, c.d.s.).
78
Sebbene la provenienza sia stata registrata, per motivi che non sono chiari, in due modi diversi,
l'origine dei due pezzi deve essere considerata la medesima. Egyptian Research Account era infatti sempli-
cemente il fondo creato da Petrie per finanziare le proprie ricerche e per permettere ai suoi migliori studenti
di accompagnarlo e partecipare alle campagne di scavo.
79
Comunicazione personale di Stephen Quirke.
CONTESTI E COLLEZIONI 57

Nell'inverno fra il 1895 e il 1896 Petrie aveva in effetti richiesto una concessione di
scavo a Tebe, per una fascia di terreno che inglobava il tempio funerario di Ramses II e si
estendeva sia a Nord che a Sud di questo per una lunghezza totale di poco superiore ad 1
km. Si tratta dell'area posta al limite fra i terreni coltivati e il deserto che venne seleziona-
ta da Petrie per essere indagata, in collaborazione con Quibell, uno dei suoi allievi, in e-
stensione, poiché ospitava i resti di varie strutture templari e non sembrava essere stata
sufficientemente esplorata in precedenza. Quibell diresse le attività di scavo nell'area del
Ramesseum lavorando in modo relativamente indipendente (Petrie 1897: 1; Drower 1995:
218), mentre Petrie si dedicò all'esplorazione dei templi funerari vicini su commissione
dei suoi finanziatori storici, Jesse Haworth e Martyn Kennard (Drower 1995: 218). Que-
sta netta divisione del lavoro è alla base della doppia pubblicazione dei risultati di scavo
e, probabilmente, di una distribuzione separata dei reperti. Era consuetudine all'epoca, in-
fatti, consegnare solo una parte degli oggetti rinvenuti al Servizio delle Antichità, che li
avrebbe poi custoditi presso il Museo Egizio del Cairo: il resto poteva essere trattenuto
dal titolare della concessione, che normalmente divideva i reperti fra quanti avevano ga-
rantito il supporto finanziario necessario alla realizzazione dello scavo, solitamente i prin-
cipalì musei europei ed americani ed alcuni ricchi collezionisti privati. Nelle liste di di-
stribuzione degli oggetti compilate da Petrie al termine dei lavori non troviamo citato, ad
esempio, il museo di Bruxelles nel quale abbiamo visto si trova un frammento di letto vo-
tivo chiaramente proveniente dai lavori di quegli anni al Ramesseum, ma a quanto pare
donato in modo autonomo da Quibell, che aveva lavorato grazie ai fondi dell'Egyptian
Research Account. Allo stesso modo i frammenti che si trovano al museo di Philadelphia,
sebbene provenienti dalla stessa stagione di scavo, conservano l'indicazione della diversa
origine (Research Account in un caso e Petrie80 nell'altro) per la volontà forse di distin-
guere in qualche modo i reperti. È possibile che si volesse così indicare che un frammento
proveniva dagli scavi realizzati da Quibell nell'area del Ramessum ed un altro invece
dall'esplorazione delle sei strutture templari circostanti condotta da Petrie. Altri frammen-
ti di letti votivi provenienti dall'area del tempio funerario di Ramses II e donati diretta-
mente da Quibell potrebbero dunque essere custoditi in varie collezioni del mondo, non
citate nella lista compilata da Petrie.
Purtroppo nei rapporti pubblicati dai due archeologi (Petrie 1897; Quibell 1898) i
frammenti di letti votivi non trovano posto nelle tavole dei reperti o nella descrizione del-
lo scavo, né tanto meno è indicato il loro contesto di rinvenimento. Petrie in effetti ebbe
come obiettivo principale quello di scavare estensivamente, ma non in modo approfondi-
to, le aree che mostravano resti di strutture templari e la documentazione prodotta risulta
dunque poco dettagliata e orientata soprattutto a ricostruire l'andamento delle murature
dei templi e a rilevare gli elementi datanti dei depositi di fondazione rinvenuti. Quibell
invece concentrò la propria attività di scavo nel Ramesseum e nelle circostanti strutture in
mattoni crudi dell'area dei magazzini, ricorrendo all'abilità degli operai specializzati ori-
ginari di Coptos e addestrati nel corso degli anni da Petrie per affrontare lo scavo delle
sepolture di epoca post-ramesside disseminate tra le rovine del tempio (Drower 1995:
220). Sebbene non vi siano dati sufficienti per ricavare il contesto di provenienza dei

80
Si noti al riguardo che, sebbene il museo di Philadelphia sia citato nelle liste di distribuzione compila-
te dall'archeologo come destinazione finale di un cospicuo numero di reperti, negli elenchi degli oggetti
consegnati non è stato possibile rintracciare alcun riferimento al frammento di letto votivo ivi conservato
(Notebooks Sir William Matthew Flinders Petrie, CD-Rom Petrie Museum of Egyptian Archaeology,
University College London).
58 LETTI VOTIVI

frammenti di letti votivi, né per assegnare loro una datazione, la mancata registrazione di
strutture domestiche di epoca successiva a quella di pieno utilizzo delle strutture templa-
ri81, a differenza di quanto già visto per Medinet Habu, inviterebbe ad attribuire i fram-
menti di letti votivi qui rinvenuti ai corredi funerari delle tombe realizzate nell'area du-
rante il Terzo Periodo Intermedio. Si tratta di sepolture datate da Quibell, apparentemente
su base puramente onomastica, alla XXII dinastia (Quibell 1898: 2) e caratterizzate da un
pozzo verticale scavato a partire dalle macerie accumulatesi nel tempo all'interno dei vari
ambienti, la cui imboccatura era stata circondata e protetta da un muretto in mattoni crudi
di circa un metro di altezza. Quibell (1898: 2) descrive nel suo report alcuni dei reperti
normalmente associati alle sepolture: "fragments of cartonnage, wooden coffins (...)
fragments of wine and oil jars, etc., some of them inscribed" ma, come già detto, non
menziona alcun oggetto riconducibile ad un frammento di letto votivo. Anche Petrie, seb-
bene affermi che dalle strutture templari da lui indagate non fossero stati ricavati molti
oggetti di epoca successiva al loro utilizzo82, riporta in più punti della propria relazione di
scavo l'indicazione della presenza di tombe databili83 alla XXII o XXIII dinastia, scavate,
ad esempio, fra le rovine dei templi funerari di Amenhotep II (Petrie 1897: 4, 6) e Tause-
ret (Petrie 1897: 18).
La recente ripresa dell'esplorazione del complesso del Ramesseum da parte degli egit-
tologi francesi84 ha permesso di chiarire l'organizzazione spaziale delle aree circostanti la
struttura templare di Ramses II durante il Terzo Periodo Intermedio. In particolare è stata
indagata l'estensione della necropoli sacerdotale installata nell'area del tempio durante la
XXII dinastia, la tipologia delle sepolture di questo periodo e dei loro corredi funerari e loꞏ
sviluppo di una sorta di percorso processionale lastricato e fiancheggiato da sfingi situato
fra il muro che racchiude i magazzini ed il muro d{ cinta estemo85. Nei contesti funerari
esplorati dai francesi non è stato rinvenuto alcun frammento di letto votivo86 e, del resto,
dall'analisi approfondita di tutte le sepolture databili al Terzo Periodo Intermedio rinve-
nute nell'area del Ramesseum condotta da David Aston (1987: 457-488) è possibile rica-
vare che i letti votivi non facevano parte dei corredi funerari tipici di tali sepolture87•

81
Bisogna considerare che l'assenza di strutture domestiche potrebbe essere anche dovuta ad una loro
mancata identificazione o ad una loro completa asportazione in seguito alle esplorazioni precedenti, indiriz-
zate generalmente a "liberare" le strutture in pietra dei templi dagli accumuli di depositi e strutture succes-
sive, o all'opera dei raccoglitori di sebakh.
82
A differenza, fa notare lo studioso, di quanto rilevato per il Ramesseum "which for stores and for fu-
neral chapels continued in use for many centuries" (Petrie 1897: 17).
83
Difficile stabilire in base a quali elementi.
84
A partire dal 1965 il Centre de Documentation et d'Étude sur l'Ancienne Égypte ha ripreso i lavori
nel sito, affiancato poi, dal 1971, da un'equipe del C.N.R.S. diretta da Ch. Desroches Noblecourt. Dal 1989
la fondazione dell'Associazione per la Salvaguardia del Ramessum ha reso possibile continuare
l'esplorazione archeologica dell'area e ha portato alla regolare pubblicazione dei risultati su una nuova rivi-
sta annuale, Memnonia, appositamente creata.

l
85
Per una sintesi delle ricerche francesi e una bibliografia di riferimento aggiornata si veda il testo pub-
blicato "on line" da Lecuyot, "The Ramesseum (Egypt). Recent Archaeological Research", consultabile
all'indirizzo: http://www.archeo.ens.fr/IMG/pdf/RAMESSEUM-2.pdf. Per i dati sulla necropoli si veda in
particolare Nelson 2003: 88-94.

I
86
Almeno in base a quanto si può ricavare dai report di scavo finora pubblicati.
87
Ovviamente bisogna considerare che anche lo studio di Aston è basato per la maggior parte sui dati
editi disponibili, mentre i frammenti di letti votivi non sono stati inseriti, tranne in rari casi, nelle pubblica-
zioni dei rapporti di scavo.
CONTESTI E COLLEZIONI 59

In mancanza di ulteriori dati, è dunque impossibile per il momento stabilire con certez-
za tanto la datazione quanto la provenienza dei frammenti di letti votivi rinvenuti in
quest'area da Quibell e Petrie nel 1896.

- Assasif, Tomba MMA 825 -


Tre esemplari di letti votivi pressoché completi88 (nn. 5-7 del corpus) ed una stele con
lo stesso tipo di decorazione (Fig. 15) provengono dalla tomba numero MMA 825 della
necropoli dell'Assasif esplorata, nella stagione 1930-31, dalla missione americana del
Metropolitan Museum of Art di New York. La didascalia allestita sulla vetrina nella quale
sono esposti i due letti e la stele conservati al Metropolitan Museum, e ricavata da una in-
dicazione inserita nel 1978 - quindi circa cinquanta anni dopo l'acquisizione dei mate-
riali da parte del museo - nella scheda di registrazione dei reperti, afferma: "these terra-
cotta votive objects were found in a reused Dynasty 11 Tomb, which became a dwelling
place during Dynasty 22". Tale indicazione, che attribuirebbe quindi agli oggetti un con-
testo di rinvenimento di tipo domestico89 , sembra essere sorta da un fraintendimento della
documentazione relativa allo scavo della tomba e risulta essere assai improbabile. Appare
arduo ipotizzare, infatti, che in un periodo caratterizzato da una vera penuria di luoghi di
sepoltura, come fu il Terzo Periodo Intermedio, e dalla diffusissima pratica di riutilizzare
tombe precedenti (Aston 1987: 307, 648) fino ad inzepparle letteralmente di sarcofagi,
una sepoltura fosse stata adibita ad abitazione, secondo una consuetudine attestata solo in
epoche molto più tarde90 . Inoltre, il carattere funerario del contesto di rinvenimento venne
chiaramente espresso da Winlock, l'archeologo che condusse gli scavi, nelle pubblicazio-
ni dei rapporti preliminari sull'attività svolta (Winlock 1932: 37, fig. 38; Winlock 1942:
219, tav. 89).
I due letti conservati oggi a New York sono stati decorati utilizzando il medesimo
stampo91, ma presentano una serie di elementi distintivi:
- il letto 31.3.108 ha una lunghezza totale maggiore del compagno e presenta quindi,
dopo le immagini di Bes, una parte decorata con un motivo a linee verticali;
- la decorazione "a giorno" posta al di sotto dei pannelli frontali decorati è diversa;
- la decorazione dipinta non sembra essere esattamente la stessa (ad esempio, sulle due
gambe frontali del letto MMA 31.3.108, la decorazione dipinta riprende e prosegue quella
realizzata sugli elementi modellati a mano della decorazione "a giorno").

88
Attualmente divisi fra le collezioni del Museo Egizio del Cairo (JE 56284) e del Metropolitan Mu-
seum of Art di New York (MMA 31.3.108 e MMA 31.3.109).
89
Tale attribuzione sembra essere alla base dell'esclusione di questo contesto dallo studio sui corredi
funerari del Terzo Periodo Intermedio di Aston (1987) ed è stata accettata da Teeter (c.d.s.) nel suo catalogo
dei letti votivi di Medinet Habu di prossima pubblicazione.
90
Il confronto diretto con i curatori della sezione egizia del Metropolitan Museum riguardo a tale argo-
mento ha condotto alla unanime asserzione della infondatezza del riferimento aggiunto nel 1978 sulle sche-
de di catalogazione degli oggetti, che dovrebbe quindi in futuro essere cancellato anche dalla didascalia pre-
sente nell'allestimento (comunicazione personale della curatrice della collezione, Catharine Roehrig).
91
Anche se il pannello frontale del letto MMA 31.3.109 risulta molto :frammentario, l'analisi dei dettagli
degli elementi della decorazione ancora visibili mostra che la decorazione è stata senza dubbio eseguita con
l'impiego di uno stesso stampo.
60 LETTI VOTIVI

Il terzo letto rinvenuto nella stessa tomba e oggi conservato '.3ib Museo del Cairo (JE
56284, n. 7 del corpus) risulta invece abbastanza diverso: la decorazione del pannello
frontale è realizzata mediante l'utilizzo di un altro stampo e la decorazione "a giorno" sot-
tostante mostra un motivo del tutto nuovo. Insieme ai tre letti fu ritrovata da Winlock an-
che una piccola stele in terracotta dotata di due piccoli piedi sporgenti che ne permettono
la stazione verticale (Fig. 15) e decorata utilizzando un ulteriore stampo. Da questa breve
analisi deriva la constatazione interessante che: tre letti votivi ed una stele provenienti
dallo stesso contesto funerario e quindi ipoteticamente deposti nella tomba nella stessa
epoca, vale a dire probabilmente databili allo stesso periodo, presentano tutti lo stesso
motivo decorativo (la figura femminile frontale che sorregge mazzi di papiri, in piedi al
centro di una barca), realizzato però a partire da stampi diversi e.accompagnato da èle-
menti decorativi differenti. Al momento dell'ordine dell'oggetto ad una bottega artigiana
da parte del committente, alcuni elementi erano ritenuti fondamentali ed era importante
che fossero riprodotti in modo canonico e relativamente standardizzato 92 ed altri, invece,
erano ritenuti accessori ed erano lasciati all'estro dell'artista.
In base ai dati a nostra disposizione possiamo infine affermare. con una certa sicurezza
che i letti votivi e la piccola stele rinvenuti nella tomba MMA 825 derivano da un conte-
sto funerario, ma non è tuttavia possibile essere certi della datazione di tale contesto.
Mancano infatti, perché non esplicitati né da Winlock, né nelle schede di registrazione del
museo, i dati necessari per una corretta valutazione della data assegnata ai reperti. Si può
solo affermare che il riutilizzo della sepoltura avvenne dopo il Medio Regno e, probabil-
mente, durante il periodo nel quale il fenomeno della rioccupazione delle tombe prece-
denti raggiunse il più elevato grado di diffusione, il Terzo Periodo Intermedio.
r, ...

- Dra Abu el Naga -


I frammenti alla base del presente studio e appartenenti ad un letto votivo (n. 2 del
corpus), a due stele (Figg. 7-1O) e ad una figurina femminile (Fig. 20) sono stati rinvenuti
durante lo scavo della Tomba Tebana 14, a Dra Abu el Naga, da parte della missione ar-
cheologica dell'Università di Pisa durante le campagne del 2003, del 2004 e del 200793. I
frammenti erano dispersi in tre diversi ambienti appartenenti agli spazi propriamente fu-
nerari della tomba (C, G, F, cfr. Fig. 24) e provengono da unità stratigrafiche di varia na-
tura, ma sempre collocate a diretto contatto con i piani. Cinque frammenti appartenenti al
letto votivo ed uno appartenente alla stele TT1403.095b derivano dal livello più basso di
uno strato di terreno sciolto misto a schegge di calcare situato in C. Come ormai noto gra-
zie all'analisi dei depositi stratigrafici della tomba, tale strato deriva dall'azione di scavo
dei saccheggiatori del XIX secolo, che penetrando all'interno degli ambienti funerari sono
stati costretti ad aprirsi la strada, realizzando tunnel, passaggi o fosse di vario tipo, nel

92
Probabilmente per garantirne la performatività rituale.
93
Betrò 2004: 54-56, tav. III a; Betrò-Del Vesco 2007: 23-24; Del Vesco 2007a; Del Vesco 2007b; Be-
trò-Del Vesco-Miniaci 2009: 153-154, 161-163, figg. 151-152.
CONTESTI E COLLEZIONI ꞏ 61

deposito compatto che aveva occupato tutti gli spazi della tomba a causa delle numerose
inondazioni alluvionali provenienti dall' estemo94.

O 1

Figura 24: pianta generale delle due tombe oggetto dell'esplorazione archeologica della missione dell'Università di Pisa
a Dra Abu el Naga. Dagli ambienti funerari C, G ed F di TT 14 proviene il gruppo di oggetti cultuali in terracotta che
comprende un letto votivo, due stele ed una figurina femminile.

94
Sulle dinamiche di formazione dei depositi, sul fenomeno delle inondazioni e sui saccheggi si vedano
Betrò-Del Vesco 2007: 7-19 e Betrò-Del Vesco-Miniaci 2009: Cap. 4.
62 LETTI VOTIVI

Un frammento appartenente alla seconda stele (TT1403.104) è stato ritrovato, sempre


in C, in uno strato di terreno compatto, che rappresenta il residuo del deposito originaria-
mente sedimentatosi a seguito dell'evento alluvionale, addossato alla parete Ovest del va-
no. Si tratta in questo caso, quindi, di un contesto non intaccato dall'azione dei ladri mo-
derni95, mentre un altro frammento appartenente alla medesima stele proviene dallo strato
di terreno smosso che occupava la metà settentrionale della camera F. Dunque, sicura-
mente i frammenti ritrovati in C devono esservi giunti prima dell'arrivo delle inondazioni
e l'azione di scavo del deposito compatto alluvionale compiuta dai saccheggiatori così
come i successivi spostamenti del terreno smosso, per saggiarne il contenuto e per creare
un varco sufficientemente ampio, devono essere all'origine dell'ulteriore dislocazione dei
frammenti. Tutte le altre parti del letto votivo (7 pezzi in tutto), due frammenti della stele
TTl403.095b e la porzione superiore della figurina femminile sono stati rinvenuti nello
stretto ambiente G, all'interno di uno strato di terreno compatto che non ha subito alcuna
azione da parte dei saccheggiatori moderni. In totale dieci frammenti provengono da G e
sei da C/F, ed i primi comprendono anche il pezzo di dimensioni e peso maggiori, rappre-
sentato dall'intero pannello superiore del letto votivo. Con ogni probabilità gli oggetti
vennero depositati in origine in G, come parte del corredo dei defunti qui sepolti. Questo
ambiente venne, infatti, realizzato appositamente per accogliere delle sepolture di epoca
immediatamente successiva a quella dell'utilizzo della tomba da parte del suo primo pro-
prietario, vissuto probabilmente verso la fine del regno di Ramses II. Fra i materiali asso-
ciati ai frammenti del letto votivo, delle stele e della figurina femminile, oltre ad una
quantità assai elevata di resti umani sia mummificati che scheletrici, vi sono due ushabti
in legno la cui tipologia sembra appartenere all'epoca Ramesside96 (Betrò-Del Vesco
2007: 23), elementi lignei e frammenti del rivestiniento pittorico97 di alcuni sarcofagi an-
tropoidi assegnabili alla XX o XXI dinastia, vari frammenti di stucco dipinto, in rosso e
azzurro su fondo giallo chiaro, appartenenti probabilmente al rivestimento pittorico di un
sarcofago della XXII dinastia ed alcuni frammenti di un cartonnage forse databile
all'inizio della XXII dinastia (Betrò-Del Vesco-Miniaci 2009: 156-161). Fra i recipienti
in ceramica rinvenuti vi sono un frammento di coppa con orlo estroflesso dipinto in rosso
e decorazione "a corda" che trova confronti con forme della XXII dinastia98, due ciotole
in Nile Silt Clay datate al periodo compreso fra il IX e il VII sec. a.C. e una Beer Bottle
attribuibile ad un ampio arco cronologico compreso fra la XXII e la XXVII dinastia. Le
sepolture che si succedettero in G, probabilmente fra la fine della XX e l'inizio della
XXV dinastia, vennero poi sconvolte dall'azione dei saccheggiatori antichi, ai quali si de-
ve sicuramente la distruzione dei sarcofagi e degli oggetti di corredo e la profanazione
delle mummie. La dispersione iniziale dei frammenti del letto votivo, delle stele e della

95
Si impiega qui l'espressione "ladri moderni" per distinguere le azioni di saccheggio collocabili ap-
prossimativamente nel XIX secolo da quelle prodottesi nell'antichità già dopo qualche generazione dal pe-
riodo di utilizzo (o riutilizzo) della tomba.
96
Bisogna tuttavia notare che frammenti di ushabti analoghi a questi e a quelli in faience sono stati rin-
venuti anche nella tomba adiacente, MIDAN.05. Essendo tale tomba fisicamente collegata a TT 14, quindi,
gli ushabti rinvenuti nello stretto ambiente G potrebbero anche esservi giunti dagli ambienti di MIDAN.05
o dall'esterno, trascinati dalle alluvioni.
97
Fra cui due maschere femminili in stucco. Per una di esse si veda Betrò-Del Vesco-Miniaci 2009: cat.
n. 200+201.
98
Per la datazione delle forme ceramiche rinvenute in G si fa riferimento all'esame preliminare della ce-
ramica proveniente da TT 14 e MIDAN.05 del contributo di M. Cristina Guidotti in Betrò-Del Vesco 2007.
CONTESTI E COLLEZIONI ꞏ 63

figurina femminile deve risalire a questo momento. I resti sconvolti delle sepolture furono
poi investiti e trascinati dalle correnti fangose delle inondazioni e ricoperti dai sedimenti.
I frammenti del letto votivo rinvenuti in G, provenendo dalle unità stratigrafiche più anti-
che, potrebbero essere dunque attribuiti al periodo compreso fra la XX e t'inizio della
XXII dinastia.
Dall'area meridionale della necropoli di Dra Abu el Naga proviene un ulteriore esem-
plare di letto votivo, anch'esso ritrovato insieme ad una stele e ad una figurina femminile.
Si tratta di reperti inediti, "riscoperti" solo grazie ad una ricerca condotta nei magazzini
dello University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology in occasio-
ne di un soggiorno-studio a Philadelphia99 . In base a quanto indicato nelle schede di regi-
strazione, gli oggetti provengono dalla "Coxe Exp. 1922", cioè dagli scavi condotti da Fi-
sher, per conto del museo, in un settore di Dra Abu el Naga, nell'arco di due campagne
invernali negli anni 1921-22 e 1922-23. I frammenti del letto votivo, registrati come
"fragments of stool", derivano da un contesto indicato nella scheda con la sigla: "L.C. VI,
2-3, 59, x/6". Le schede della stele e della figurina femminile indicano come provenienza
due sigle analoghe, che differiscono solo per l'ultimo elemento: "x/5" nella prima e
"x/22" nella seconda. In un rapporto preliminare sui risultati delle due campagne, pubbli-
cato nel 1924, Fisher indica chiaramente quali erano i limiti della sua concessione: "from
the long causeway leading up to the tempie of Hatshepsut at Der-el-Bahri, eastward along
the main cliff as far as the deep ravine which cuts deeply into it at the village of Dra-
Abul-Neggah. The northern boundary followed the watershed of the cliff, adjoining Lord
Carnarvon's concession to the Valley of the Tombs of the Kings (...) The east and west
boundaries gradually converged towards the south until they just included the small mor-
tuary tempie of Queen Aahmes-nefret-ari at the edge of the cultivation near Seti I Tem-
pie" (Fisher 1924: 34). Entro questi limiti vennero selezionate per l'esplorazione archeo-
logica due aree principali, denominate "Upper Cemetery" e "Lower Cemetery", caratte-
rizzate dalla presenza di tombe di tipologia e datazione diversa. Le due lettere iniziali del-
le sigle che indicano la provenienza dei reperti si riferiscono ovviamente al "Lower Ce-
metery". Questo settore della necropoli, situato fra i piedi del rilievo e il limite dei terreni
coltivati, "including the whole of Aahmes-nefret-ari Tempie and a small part of a mound
called the Mandara situated at the mouth of the deep ravine forming the eastern boun-
dary" (Fisher 1924: 34), venne esplorato solo durante la seconda campagna. L'aspetto del
"lower Cemetery" era decisamente scoraggiante, "shallow pits marking the excavations
made by tomb robbers, interspersed with the heaps of debris thrown out by them" (Fisher
1924: 47), ma l'area venne indagata sistematicamente, quasi passata al setaccio, alla ri-
cerca delle tombe. In tutto vennero identificate, scavate, misurate e disegnate 86 sepoltu-
re. La sigla che è stata registrata, per il letto votivo, la stele e la figurina femminile, sulle
schede del museo in corrispondenza della voce "Locality" e che specifica dunque la pro-
venienza dei reperti, rappresenta una sorta di "field number" associato ai reperti al mo-
mento dello scavo che indica: il settore della concessione di Dra Abu el Naga, L[ower]
C[emetery]; le coordinate che identificano il quadrato o i quadrati interessati, VI (lungo
l'asse delle ordinate, cioè quello N-S), 2-3 (sull'asse delle ascisse: in questo caso due
quadrati adiacenti); il numero della tomba, 59; il numero progressivo degli oggetti di uno

99
Nn. Inv. 29-87-572 A-E (frammenti del letto votivo), 29-86-603 (stele) e 29-86-583 (figurina femmi-
nile). La stessa ricerca ha portato anche all'identificazione dei due frammenti di letto votivo (E 1983, E
2167) provenienti dagli scavi di Petrie e Quibell nell'area del Ramesseum dei quali si è già parlato.
64 LETTI VOTIVI

stesso lotto-contesto, x/5, x/6, x/22. I tre oggetti dovevano essere dunque in qualche modo
associati o quantomeno sappiamo che provengono dalla stessa sepoltura. Quasi tutte le
tombe rinvenute da Fisher in questa area appartenevano alla stessa semplice tipologia: "a
vaulted brick superstucture, a vertical shaft in the rock with a small rough chamber for the
body at the bottom" (Fisher 1924: 47). Inoltre, l'archeologo specifica che tali tombe
"were built around and often inside the remains of larger tombs of the Middle Empire,
which had been so often cleared out and reused that nothing of the originai contents was
left in situ" (Fisher 1924: 47, 49). Si tratta dunque di sepolture molto semplici con corredi
funerari che comprendevano per lo più solo "the ornaments of the deceased and some jars
of food and drink", oltre alle numerose piccole stele rinvenute sul fondo dei pozzi, "pro-
bably fallen from their positions in the superstructures". In un altro punto del report: Fi-
sher riferisce di aver trovato, durante lo scavo della corte di una tomba del Medio Regno,
altre tre tombe "of about the XXIIth Dynasty, which had been cut in the rock scarp of the
facade". Tuttavia, l'errore di stampa ("XXIIth" per "XXIInd") e il fatto che Fisher affermi
successivamente che tali tombe erano formate da una camera esterna per le offerte e da
una cappella interna, che conservavano ancora sulle pareti "abundant remains of rituali-
stie scenes", rende la datazione di queste tre sepolture assai incerta100. Grazie agli appunti
di scavo originali, alle piante, ai rilievi e al registro dei reperti conservati negli archivi del
museo di Philadelphia 101 è possibile per fortuna sapere qualcosa di più rispetto al contesto
di rinvenimento del letto votivo e degli oggetti associati. I lavori di scavo presso il Lower
Cemetery iniziarono il 6 novembre del 1922 con la delimitazione dell'area. Venne quindi
fissata sul terreno una griglia di riferimento disassata rispetto al nord di circa 30° verso
ovest (vale a dire orientata grosso modo SE-NO) con parallelogrammi di 10 metri per 15,
numerati con cifre arabe da est verso ovest e numéri romani da sud a nord. L'angolo su-
dorientale della griglia coincideva con il limite delle strutture del tempio di Ahmosi-
Nefertari, mentre nell'angolo nordoccidentale (105 m verso NO e 30 m verso O a partire
da questo) si trovavano le tre tombe tebane 305, 306 e 307. Gli ingressi di queste tre tom-
be si aprivano sulla corte di una più grande tomba di epoca precedente, probabilmente del
Medio Regno, indicata da Fisher con il numero 78, e circa 1O metri verso est da tale corte
si apriva l'ingresso della tomba 59. Una serie di gradini conducevano all'accesso vero e
proprio che immetteva in un corridoio lungo 14,5 metri e largo 1,5. Circa a metà del cor-
ridoio si aprivano due nicchie laterali che ospitavano dei pozzi dai quali si accedeva a due
camere funerarie per lato. Più avanti lungo il lato sinistro del corridoio si apriva un terzo
pozzo. La tipologia della tomba rientra nella tradizione architettonica del Medio Regno,
ma gli scarsi reperti recuperati da Fisher appartengono per lo più ad una fase di occupa-
zione e di riutilizzo dell'ipogeo databile al Terzo Periodo Intermedio. Fra essi delle perli-
ne in faience e cornalina e degli ushabti in faience blu smaltati di una nb.t pr, It-t3bnyt.
Del letto votivo, della stele e della figurina femminile conservati a Philadelphia, quin-
di, possiamo dire con certezza che provengono da uno stesso contesto funerario situato a
Dra Abu el Naga e possiamo avanzare l'ipotesi che tale contesto sia databile all'inizio del
Terzo Periodo Intermedio. È interessante, in ogni caso, notare che alcuni elementi colle-
gano direttamente questi oggetti al "set" rinvenuto in TT 14. I due letti votivi risultano

10
°
Come notato anche da Aston (1987: 316) "in view of the rarity of decorated tombs which can be at-
tributed to the Third Intermediate Period at Thebes, the attribution is somewhat dubious".
101
Desidero ringraziare l'archivista del museo, Alessandro Pezzati, per il lavoro di ricerca del materiale
e per avermi concesso il permesso di studiarlo.
CONTESTI E COLLEZIONI 65

accomunati dal fatto di non avere sul pannello frontale la tipica scena con figure femmini-
li, presente su tutti gli altri esemplari noti, ma una decorazione alternativa 102, e allo stesso
tempo dal fatto di presentare le due figure laterali di Bes modellate direttamente sui piedi
frontali, quasi fungessero esse stesse da sostegno del letto. Inoltre, la stele proveniente
dagli scavi di Fisher (Figg. 11-12) e le due stele rinvenute in TT 14 hanno in comune il
tipo di decorazione, caratterizzato soprattutto dall'assenza della raffigurazione a stampo
che mostrano invece tutte le stele di questo tipo rinvenute a Medinet Habu. Sebbene oggi,
sulla stele di Philadelphia, le tracce di colore non siano quasi più visibili, la scheda del
museo indica "traces of white stucco on which has been picture in red, black, blue and
yellow". I colori sono gli stessi presenti sulle due stele provenienti da TT 14 e, probabil-
mente, erano stati impiegati per rendere un analogo motivo a linee orizzontali. Un quarto
esemplare di stele, rinvenuto anch'esso a Dra Abu el Naga, contribuisce a generare
l'impressione di una forte omogeneità tipologica dei materiali rinvenuti in questo settore
della necropoli tebana. Si tratta di una stele ritrovata il 2 febbraio 2007 dalla missione ar-
cheologica spagnola diretta da Josè Manuel Galan, all'interno della cappella funeraria di
Djehuty (TT 11), purtroppo in un contesto troppo disturbato per essere databile. L'oggetto
presenta tutte le caratteristiche tipiche delle stele associate ai letti votivi e una decorazio-
ne, sia sulla fronte che sul retro, a semplici linee rosse orizzontali (Figg. 13-14), che la
differenzia dagli esemplari di Medinet Habu e la accomuna invece alle altre stele di que-
sto tipo fino ad ora note, tutte provenienti da Dra Abu el Naga. L'uniformità tipologica
appena evidenziata, per quanto riguarda sia i letti votivi che le stele, potrebbe essere in-
terpretata come l'espressione di caratteristiche distintive cronologicamente antecedenti a
quelle mostrate dagli altri esemplari appartenenti a queste categorie di oggetti. Potrebbe,
però, anche rappresentare l'esito dì eventuali dinamiche di accesso differenziato ai motivi
iconografici. In pratica, se i materiali rinvenuti a Dra Abu el Naga risalgono ad un'epoca
(anche di poco) precedente a quella degli altri esemplari noti, il motivo decorativo con la
barca e le figure femminili probabilmente non si era ancora sviluppato e dunque non po-
teva essere utilizzato né per i letti votivi né per le stele. Se, invece, tutti gli oggetti sono
cronologicamente contemporanei, allora bisogna pensare che una parte della popolazione,
o una classe sociale, o un gruppo di artigiani, non avesse accesso a - o non fosse in gra-
do di produrre - determinati motivi iconografici.

- Tempio funerario di Sethi I -


Un frammento di letto votivo (n. 13 del corpus) è stato recuperato dalla missione ar-
cheologica tedesca durante la campagna di scavo del 1984-85 presso l'area del tempio fu-
nerario di Sethi I a Gurna103• Il contesto di rinvenimento e la ipotetica datazione del
frammento sono espressi in modo chiaro al principio della pubblicazione dedicata
all'interpretazione della decorazione presente sui letti votìvi. La "placchetta di argilla",
come è stata definita nella pubblicazione (Stadelmann 1985: 265), è stata ritrovata durante
la pulitura superficiale dei resti molto rovinati dei magazzini nord-orientali del tempio.
Stadelmann afferma inoltre che il tipo di decorazione presente sul frammento e il contesto
di origine permettono, "zweifelsfrei", di attribuire l'oggetto al periodo dell'occupazione

102
Vale a dire la ripetizione dell'immagine di tipo Bes anche al centro del pannello.
103
Stadelmann 1985.
66 LETTI VOTIVI

più tarda e dell'ultimo utilizzo dei magazzini templari. Tale occupazione è databile, in ba-
se all'analisi della ceramica e dei livelli di abitazione conservatisi in condizioni migliori,
quelli rinvenuti nel settore occidentale dei magazzini, all'arco cronologico compreso fra
la XX e la XXIV dinastia. Sebbene Stadelmann (1985: 265) affermi che "eine genauere
zeitliche Bestimmung erlaubt der Oberflachenbefund nicht", la successiva pubblicazione
della ceramica proveniente sia dagli scavi realizzati dalla missione tedesca che da quelli
precedentemente condotti da Petrie ha proposto una datazione decisamente più tarda e
l'attribuzione di alcune forme ceramiche all'epoca Persiana (Mysliwiec 1987: 61-62, nn.
87, 92). Recentemente, infine, Aston (1996: 48) è ritornato sulla datazione della ceramica
rinvenuta presso il tempio di Seti I e ha proposto di collocarla in epoca Saitica, in partico-
lare "no earlier than the second half of the seventh century BC". ,
Concludendo, quindi, il frammento di letto votivo dovrebbe provenire dalle strutture
domestiche realizzate riutilizzando i resti dei magazzini del tempio funerario ed occupate
fino alla XXVI dinastia.

- Kamak, Abu el Gud -


A proposito del contesto di rinvenimento del frammento proveniente da Abu el Gud (n.
20 del corpus) non si può, purtroppo, dire molto. In effetti il letto votivo venne rinvenuto
durante uno scavo di emergenza realizzato a partire dal 1962, in un'area situata 200 metri
a Sud del muro di cinta esterno del complesso di Karnak, ma pubblicato da Mahmud Ab-
der-Raziq (1984-1985a: 9) più di venti anni dopo, sulla base della documentazione dispo-
nibile. Lo scavo aveva portato alla luce una serie di piccole unità abitative raggruppate in-
torno ad un ampio spazio aperto e databili, in base alle forme ceramiche rinvenute, alla
fine del Nuovo Regno104 e al Terzo Periodo Intermedio.
Il letto votivo proviene dunque sicuramente da un contesto domestico, di cui però non
è possibile stabilire con precisione la datazione.

- Kamak Nord, Tesoro di Thutmosi I -


Dai livelli più tardi dell'area del cosiddetto Tesoro di Thutmosi I provengono almeno
19 frammenti di letti votivi105 . Negli stessi strati sono inoltre state rinvenute numerose fi-
gurine femminili, che dovrebbero appartenere al tipo 6c di Pinch (1993: 209), insieme a
"plaques without decoration", che potrebbero essere simili alle stele prive di decorazione
a stampo, note da Ora Abu el Naga, e ad altre figurine fittili di vario tipo. Purtroppo gli
strati in questione rappresentano i livelli sovrapposti di una discarica realizzata sui resti
delle strutture templari sorte nell'area del Tesoro, che erano ormai da tempo abbandonate
e cadute in rovina. Risulta dunque difficile, anche in questo caso, attribuire ai frammenti

104
Si ricorda che sempre dalla località di Abu el Gud, ma da un'area situata a circa 300 ma Sud del mu-
ro di cinta del complesso templare dedicato alla dea Mut, proviene anche un gruppo statuario attribuito al
celebre Ramses-Nakht, Primo Profeta di Amon alla fine della XX dinastia (Abder-Raziq 1984-1985b).

Jean e Helen Jacquet in quest'area per conto dell'IFAO. Le schede di inventario dei letti votivi e i dati di-
sponibili riguardanti il contesto di rinvenimento sono stati gentilmente forniti da Helen Jacquet. .

I
105
Tutti i frammenti di letti votivi e gli oggetti associati sono inediti e derivano dagli scavi condotti da
CONTESTI E COLLEZIONI 67

di letti votivi una datazione precisa, soprattutto in mancanza di una pubblicazione siste-
matica delle forme ceramiche e degli altri oggetti rinvenuti 106.
Lo smantellamento sistematico della struttura del Tesoro di Thutmosi I si deve a Ram-
ses Il, che in seguito fece costruire un nuovo edificio templare che occupava tutta la metà
settentrionale dell'area racchiusa dalla cinta muraria originale {Jacquet 2001: 9-10).
Nell'angolo sud-orientale di tale area venne edificata da Ramses III un'altra struttura
templare 107, mentre l'edificio di Ramses II continuò ad essere rinnovato nel tempo fino
alla XXI dinastia (Jacquet 2001: 10), perpetuando fino a quell'epoca un culto dedicato al
faraone Amenhotep I divinizzato (Jacquet-Gordon 1999: 442-447). Nella porzione meri-
dionale dell'area racchiusa dal temenos, ampliata fin dalla XIX dinastia con
l'abbattimento e lo spostamento più a Sud di un tratto del muro di cinta, si svilupparono
delle strutture produttive dipendenti dai santuari e specializzate nella panificazione. Dopo
l'abbandono e la rovina delle strutture templari e di quelle artigianali, nell'area sorsero
delle abitazioni. Le strutture domestiche si svilupparono sopra i resti del santuario sud-
occidentale e coprirono i forni per il pane, ma non occuparono l'area del santuario setten-
trionale, lasciata allo stato di rudere e "peu à peu envahi par des déblais venus d'ailleurs"
(Jacquet 2001: 10). Probabilmente è da questi contesti domestici che si originarono i
frammenti di letti votivi, poiché secondo Helen Jacquet-Gordon108 : "it was at least partly
from the debris thrown out from these houses that the vacuum left over the Treasury area
itself was filled", ed è dalla stratificazione di questi scarti che provengono i frammenti.

Considerazioni generali su contesti e datazioni


Riassumendo i dati a nostra disposizione possiamo dire che la maggior parte degli e-
semplari di letti votivi e degli oggetti ad essi associati deriva da contesti genericamente
domestici (Medinet Habu, Deir el Medina, Tempio Sethi I, Abu el Gud e Kamak Nord) e
che l'utilizzo di tali materiali in ambito funerario (Assasif, Dra Abu el Naga e forse Ra-
messeum) doveva costituire solo un loro impiego secondario, come oggetti appartenuti al
defunto e depositati nella tomba insieme agli altri elementi del corredo, per accompagnar-
lo nel viaggio ultramondano. Per ironia della sorte, fra tutti i letti votivi fino al momento
noti, l'esemplare che possiede il contesto più affidabile dal punto di vista cronologico è
proprio quello che deriva da una sepoltura (TT 14) e che appartiene, inoltre, ad una tipo-
logia che fino ad oggi comprende un unico altro esemplare. Anche se non è possibile
quindi incrociare i dati cronologici dei diversi contesti, si può verosimilmente ipotizzare
- in base al fatto che la datazione risulta fra le più antiche attestate - che il letto votivo
rinvenuto in TT 14 insieme all'altro esemplare dello stesso Tipo costituiscano dei prototi-
pi di quella che sarà poi la tipologia più comune per questa categoria di oggetti.

106
Lo studio della ceramica è attualmente in corso e la pubblicazione di alcune categorie di oggetti sem-
bra essere prevista per i prossimi anni (Jacquet 2001: 57).
107
In base ad una serie di blocchi su cui sono raffigurate, su due registri, una scena di offerta ad una di-
vinità femminile e l'immagine di una vacca con il disco solare tra le coma ed un amuleto a testa hathorica
appeso al collo che avanza in un fitto papireto, è stato ipotizzato che in questa struttura vi fosse anche una
cappella dedicata al culto della dea Hathor (Jacquet-Gordon 1999: 439-441).
e
10s . .
omum caz1 0ne persona1e.
68 LETTI VOTIVI

Bisogna comunque notare che, mentre i frammenti provenienti da contesti funerari


possono essere collocati cronologicamente in un arco assai ristretto, compreso fra la XXI
e la XXII dinastia, per quelli rinvenuti in contesti domestici sembra possibile arrivare -
in base alla datazione delle strutture e degli oggetti associati - anche fino alla XXV e
XXVI dinastia. È chiaro che l'ambito domestico implica in genere per ogni categoria di
materiali una durata di vita più dilatata ed espansa, anche per l'alternanza di possibili fasi
evolutive in un quadro di sostanziale continuità del tipo di manufatto. Il contesto funera-
rio è invece un contesto "chiuso" per definizione e quindi "congela" la situazione al mo-
mento della realizzazione della sepoltura. Per quale motivo dunque non sono stati rinve-
nuti frammenti di letti votivi in sepolture della XXV o XXVI dinastia? Purtroppo questa
domanda non possiede un'unica risposta, ma una serie di risposte diverse a seconda'del
diverso punto di vista. La spiegazione potrebbe risiedere nella mancata registrazione o
pubblicazione della presenza di frammenti di letto votivo da parte degli archeologi che
hanno scavato tombe di quel periodo. Come abbiamo visto, infatti, anche in scavi condotti
negli anni '20, se pure è stato documentato durante i lavori il ritrovamento di frammenti
particolari, nessuna menzione dei materiali è poi stata inserita nella pubblicazione. Lo
stesso è accaduto per i frammenti rinvenuti nei recenti scavi a Karnak Nord, che fino alla
presente trattazione - dopo la pubblicazione di nove volumi sui risultati dei lavori - e-
rano ancora inediti.
Una spiegazione alternativa è che il fenomeno potrebbe essere dovuto ad un cambia-
mento nel costume funerario: l'oggetto ha continuato ad essere prodotto, ma si è deciso ad
un certo punto di non inserirlo più nel corredo 109 . Un tale scenario sarebbe assolutamente
plausibile, soprattutto considerando le numerose trasformazioni repentine che risultano
attestate proprio nell'ambito delle pratiche funerarie tebane fra il 950 ed il 650 a.C. (A-
ston 1987: 636-640) e, oltre a ciò, il fatto che i letti votivi sicuramente non possedevano
legami così significativi con l'ideologia funeraria da poter essere considerati un elemento
indispensabile del corredo del defunto.
L'impressione, in generale, è che questi oggetti fossero connessi ad un gruppo sociale
ben determinato, forse legato alla gerarchia sacerdotale ed attivo soprattutto nel periodo
compreso fra la XXII e la XXVI dinastia. Una interpretazione di questo tipo sarebbe in
accordo sia con la limitata diffusione spaziale (Tebe) e cronologica (TPI) dei letti votivi
che con il fatto che siano stati rinvenuti concentrati in due aree principali, corrispondenti
al tempio di Medinet Habu e al Tesoro di Thutmosi I a Karnak Nord.
Che esistesse un'attività artigianale di produzione, o almeno di decorazione, di letti vo-
tivi entro la cinta muraria di Medinet Habu sembra confermato dal ritrovamento in
quell'area degli unici due stampi per letti votivi fino ad oggi noti110 • Rimane difficile, pe-
rò, stabilire al momento se si trattava dell'unico centro di produzione/decorazione.

109
In effetti non risulta essere parte del corredo funerario neanche durante la XXII dinastia e sembra che
l'inserimento di letti votivi nella sepoltura fosse una pratica assolutamente saltuaria. Probabilmente legata al
basso numero di persone che avevano posseduto in vita un oggetto di questo tipo.
110
Teeter c.d.s.: cat. nn. 271-272.
CONTESTI E COLLEZIONI 69

4.2. Oggetti di provenienza incerta


Alcuni esemplari di letti votivi e stele sono oggi conservati presso musei che custodi-
scono collezioni di oggetti egiziani e non possiedono l'indicazione di una provenienza
certa da un particolare sito.

Londra, University College - Petrie Museum of Egyptian Archaeology


Come abbiamo visto, i sette frammenti (i letti votivi nn. 11, 21, 31, 36, 40, 53 del corpus e
il frammento di stele in Fig. 16) conservati in questo museo dovrebbero essere riferiti alla
stagione di lavoro 1895-1896, nella quale Petrie e Quibell affrontarono l'esplorazione del
Ramesseum e di altri sei complessi templari della riva occidentale di Luxor. Difficile
dunque ricavare con certezza una provenienza, oltre a quella generica dall'area della ne-
cropoli tebana, anche perché bisogna considerare che spesso molti oggetti non venivano
rinvenuti durante i lavori di scavo, ma acquistati da Petrie dagli abitanti del luogo. I
frammenti di questa collezione, quindi, potrebbero provenire da uno dei sette templi fune-
rari indagati durante la stagione di scavo, ma anche da uno degli altri siti circostanti, sca-
vati clandestinamente dai contadini egiziani o sottratti dagli operai impiegati in esplora-
zioni ufficiali condotte in quegli stessi anni da altre missioni111. Questa seconda ipotesi
acquisisce un certo valore alla luce dei confronti puntuali che per due letti votivi londinesi
è possibile rintracciare fra i frammenti rinvenuti nell'area templare di Medinet Habu dalla
missione di Chicago durante gli anni trenta del novecento. Si tratta in particolare del
frammento UC 55180 (n. 40 del corpus tipologico presentato di seguito), la cui decora-
zione si avvicina in ogni dettaglio a quella del frammento JE 59845 (n. 41 del corpus) e il
frammento UC 55178 (n. 21) che risulta decorato con il medesimo stampo, anch'esso ri-
trovato negli scavi di Medinet Habu, impiegato per la decorazione di altri sei letti votivi
(22-27 del corpus) e di una stele (Fig. 16) provenienti dal medesimo complesso templare.
Esiste quindi, insieme all'eventualità di una produzione dei due letti londinesi nell'area
del tempio funerario di Ramses III e di un loro impiego finale in un'area diversa della riva
occidentale, la possibilità che i due frammenti siano stati ritrovati presso Medinet Habu e
successivamente venduti a Petrie. A far propendere per questa seconda ipotesi contribui-
sce anche la constatazione che negli anni immediatamente precedenti alla missione tebana
di Petrie e Quibell e contemporaneamente ad essa, si svolgevano a Medinet Habu ampie
attività di scavo ad opera del francese Daressy. In particolare negli anni 1892-95 e 1895-
96 i lavori furono concentrati nell'area antistante il primo pilone del tempio, in quella del
grande accesso fortificato orientale e all'esterno del tempio nella parte occidentale (Hol-
111
I furti perpetrati ai danni delle missioni archeologiche dagli stessi operai non dovevano essere rari,
vista la difficoltà oggettiva di controllare continuativamente l'attività di scavo di un gran numero di lavora-
tori dispersi su aree molto ampie. Del resto, la sottrazione di materiali così "poveri" come dei frammenti di
terracotta decorati a stampo e privi di qualsiasi iscrizione non era probabilmente neanche degna di suscitare
l'interesse del direttore dei lavori o una qualche reazione punitiva nei confronti dei ladri. Un caso di furto è
segnalato dallo stesso Petrie proprio in relazione alla stagione di scavo qui considerata. Alcuni degli oggetti
appartenenti a tre depositi di fondazione rinvenuti presso il tempio funerario di Tauseret andarono, infatti,
perduti a causa di furti realizzati dagli operai (Petrie 1897: 14). Interessante come Petrie tenga a precisare
che si trattava degli operai ingaggiati sul posto ("local") e non dei lavoratori originari di Coptos che
l'archeologo portò sempre con sé in tutti gli scavi, sia in Egitto che in Palestina, perché ben addestrati eri-
tenuti estremamente affidabili ed onesti.
70 LETTI VOTIVI

scher 1934: 1), in zone molto prossime a quelle dei contesti di rinvenimento dei frammen-
ti recuperati nel 1928 e nel 1929 dalla missione dell'Orientai Institute di Chicago. Nelle
pagine del diario tenuto da Petrie durante la sua campagna di scavo a Tebe del 1895-1896
si trova, in effetti, un riferimento all'attività di scavo che Daressy stava contemporanea-
mente conducendo nell'area del tempio di Medinet Habu112 . In altri punti del medesimo
diario Petrie annota i problemi avuti in seguito a furti di piccoli oggetti commessi dai suoi
stessi operai: "We have now cleared out six deposits, and got 1245 objects; but the earlier
lots were pilfered by the locai men I employed, and about 200 pieces got out to dealers;
They are so anxious to get stuff to sell here, that they will steal"; "I have succeeded in
tuming out all the thieves so far"; "Luckily all this stuff is duplicate" (Petrie Joumals
1895-1896, p. 24). Per evitare questo tipo di furti Petrie aveva introdotto il sistema di èor-
rispondere agli operai, sotto forma di mancia, una somma equivalente al valore che i pic-
coli oggetti rinvenuti durante lo scavo avrebbero avuto sul mercato illecito di antichità.
Alcuni operai, tuttavia, allo scopo di guadagnare un maggior numero di mance, erano
spinti in questo modo a consegnare a Petrie quanti più oggetti fossero riusciti a trovare,
recuperandoli a volte anche fuori dallo scavo. Tra le altre annotazioni, Petrie inserisce in
effetti un riferimento al tentativo di un suo operaio di consegnarli, come proveniente dagli
scavi, un oggetto in realtà ritrovato altrove, con lo scopo di ricevere dall'archeologo la
somma corrispondente al suo valore: "Scarabs and small things have been handed up to
me without hesitations, and I have given what is received with thanks and satisfaction.
One man tried to foist in a bit of stone from outside" (Petrie Joumals 1895-1896, p. 12).

Cairo, Museo Egizio


Oltre ai frammenti di letti votivi e stele ritrovati durante le esplorazioni archeologiche
condotte in vari siti tebani (vedi sopra), sono conservati presso questo museo anche due
letti quasi completi la cui provenienza risulta non facilmente determinabile. Si tratta dei
letti JE 30124 e JE 30125 (nn. 9-10) per i quali la scheda di registrazione indica solo un
generico "Alto Egitto 1892". Per uno dei due (JE 30125, n. 10 del corpus) si può avanzare
l'ipotesi che sia stato realizzato impiegando lo stesso stampo decorativo utilizzato per uno
dei frammenti di pannello frontale conservati al Petrie Museum (UC 55181, n. 11 del cor- !
pus). Nulla si può però affermare sull'esatto luogo di origine di questi due letti votivi m,
né su una loro datazione più precisa. Altri due esemplari (nn. 12 e 54), molto più fram-
mentari, sono conservati presso questo museo e sebbene siano assai interessanti dal punto

l
di vista iconografico non possiedono purtroppo alcuna indicazione di provenienza. Il
frammento più grande (JE 25720, n. 12 del corpus), che conserva la raffigurazione
dell'imbarcazione con la figura femminile al centro affiancata dagli steli di papiro e da
due animali accovacciati, deriva da un acquisto sul mercato antiquario effettuato nel
1884. Per quanto riguarda il frammento più piccolo (TR 6/6/25/7), la provenienza' da Me-
dinet Habu indicata sullo Special Register del museo deve essere considerata puramente
1
i
112
"Daressy is in charge of the immense clearing and repairs of Medinet Habu, which is being thor-
oughly done" (Petrie Journals 1895-1896, p. 15; per gentile concessione degli archivi del Griffith Institute
di Oxford).
113
Tranne che, dall'indicazione della data di acquisizione, il 1892, si potrebbe risalire ad una ipotetica -
'
'
provenienza da una generica "stagione di scavi" a Tebe, e da questa ricavare quali missioni erano attive in
quel periodo e presso quali siti.
CONTESTI E COLLEZIONI 71

ipotetica 114 e potrebbe essere stata ricostruita a posteriori in base al confronto con gli altri
esemplari rinvenuti in quel sito.

Bruxelles, Musées royaux d'Art et d'Histoire


Presso questo museo sono custoditi oggi due frammenti di letti votivi: uno (n. 38), di
cui si è già parlato, proveniente dagli scavi condotti da Quibell presso il Ramesseum nel
1896, l'altro (n. 11) acquistato, secondo la scheda descrittiva del museo, a Tebe il 25 di-
cembre 1905.
Per quanto riguarda il frammento donato dall'Egyptian Research Account al termine
degli scavi al Ramesseum è curioso il fatto che il museo di Bruxelles non compaia in nes-
suna delle liste di distribuzione di materiali che Petrie compilava con apparente precisione
a scavo ultimato e che stabilivano come sarebbero stati suddivisi i reperti fra i vari enti,
pubblici o privati, che avevano finanziato la sua attività di ricerca. Il motivo potrebbe es-
sere legato semplicemente ad una inesattezza della lista di Petrie115 o, come già detto, alla
volontà di mantenere distinti gli oggetti rinvenuti e donati da Quibell da quelli di cui di-
spose Petrie.

Hannover, Museo August Kestner


Un pannello frontale di letto votivo in buono stato di conservazione (n. 33 del corpus)
fa oggi parte della collezione di questo museo di Hannover, ma risulta privo di qualsiasi
dato relativo alla sua provenienza. Sebbene presenti una tipologia molto particolare della
decorazione, che vede la fusione delle caratteristiche normalmente presenti sugli altri e-
semplari e la presenza di figure Bes rappresentate di profilo, grazie al confronto con un
altro frammento di letto votivo (n. 34) può essere associato all'area della struttura templa-
re di Medinet Habu. Una sua datazione rimane tuttavia assai difficile116•

Firenze, Museo Egizio


Un frammento di letto votivo (n. 14) è conservato anche presso questa collezione, ma
risulta privo di qualsiasi riferimento ad un luogo di provenienza, ad un anno di accessione
o ad una datazione. Non possiede numero di inventario ed è stato ritrovato in modo asso-
lutamente casuale in una delle cassette che contenevano "terracotte figurate" di epoca

114
Dal momento che sul Joumal d'Entrée non è invece registrata alcuna provenienza.
115
Secondo Quirke (comunicazione personale), infatti, la precisione delle liste di distribuzione e degli
elenchi di oggetti compilati da Petrie era solo apparente. In molteplici casi sono state riscontrate incon-
gruenze fra quanto scritto e la reale destinazione degli oggetti, o vere e proprie omissioni. In particolare,
proprio per il museo di Bruxelles, risulta spesso difficile rintracciare l'origine dei reperti donati da Petrie.
116
I dati d'inventario del museo indicano come provenienza dell'oggetto la collezione Bissing e ne regi-
strano l'acquisto nel 1935 (ringrazio Christian Loeben per avermi fornito questi dati), mentre nella breve
scheda dell'oggetto pubblicata nel catalogo del museo, Peter Munro attribuisce al reperto una generica col-
locazione nell'amplissimo arco cronologico "Neues Reich/Spatzeit".
72 LETTI VOTIVI

greco-romana. Per il tipo particolare di decorazione, che presenta alcuni dettagli non co-
muni, può essere posto in relazione stretta con un frammento conservato a Londra
(UC55181, n. 11 del corpus) e con due conservati al Cairo (JE 30125 e JE 25720, nn. 10 e
12 del corpus), dei quali però non si conosce con precisione l'origine117• Alcuni elementi,
tuttavia, richiamano molto da vicino anche la decorazione dell'esemplare rinvenuto pres-
so l'area del tempio funerario di Sethi I dagli archeologi tedeschi (n. 13 del corpus) e
quella di due letti votivi molto frammentari rinvenuti nell'area del cosiddetto Tesoro di
Thutmosi I a Karnak Nord (nn. 15 e 16).

Berlino, Àgyptische Museum


Tre esemplari di letto votivo, nn. inv. 10808, 13696 e 23002 (corrispondenti ai nn. 79-
81 del corpus), erano conservati presso la collezione egizia di Berlino, della quale erano
entrati a far parte rispettivamente nel 1890, nel 1903 e nel 1930. Purtroppo, come la mag-
gior parte dei reperti che sono stati presentati, non si hanno dati precisi circa la loro origi-
ne. Tuttavia, dalle informazioni registrate sulle schede del catalogo del museo è possibile
ricavare almeno una provenienza generica, ed anche in questo caso risulta essere Tebe118.
I tre oggetti, dei quali non risultano esistere fotografie, sono andati persi a seguito di un
bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale.

117
Si veda quanto già detto sopra in rapporto a tali frammenti.
118
Il n. 13696 è stato acquistato a Tebe da Borchardt e per il n. 23002, anch'esso derivante da un acqui-
sto, è stata registrata una ipotetica provenienza da Deir el Medina.
5. TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI DEI LETTI VOTIVI

5.1. Definizione dei Tipi


La suddivisione in due Tipi elaborata da Holscher al momento della pubblicazione di
alcuni degli esemplari di letti votivi rinvenuti a Medinet Habu119, non può più essere ap-
plicata, alla luce dei "nuovi" frammenti conservati nelle collezioni museali di Londra e
Philadelphia e degli esemplari rinvenuti durante l'esplorazione archeologica della Tomba
Tebana 14 a Dra Abu el Naga e dell'area del Tesoro di Thutmosi I a Kamak Nord, senza
un sostanziale aggiornamento ed una ridefinizione.
Si propone, dunque, in questa sede una nuova suddivisione tipologica di tutti i letti vo-
tivi fino ad oggi noti, che tenga in considerazione da un lato la variabilità degli elementi
iconografici selezionati e del sistema combinatorio che ne ha determinato l'accostamento,
dall'altro le ipotesi di evoluzione diacronica di questa categoria di oggetti che è possibile
sviluppare attraverso l'analisi dei contesti di rinvenimento di più sicura datazione.
I letti votivi, come abbiamo detto, si configurano come oggetti "orientati" e caratteriz-
zati da un asse di fruizione principale, nel senso che prediligono un approccio frontale ri-
spetto ad uno dei lati lunghi. Presentano una faccia principale, sulla quale sono raggrup-
pati gli elementi simbolici che convogliano il significato, ed un lato secondario, lasciato
privo di qualsiasi decorazione, che doveva rimanere nascosto. La fruizione di questi og-
getti da parte del devoto può essere assimilata a quella delle stele, normalmente caratte-
rizzate da una fronte e un retro. I letti votivi, in quanto riproduzioni in scala di letti real-
mente esistenti, devono sicuramente essere considerati anche nella loro tridimensionalità,
capace di moltiplicare i valori semantici ad essi associati. Tuttavia, offrono la possibilità
di assimilare il significato generale dell'intero oggetto a quello veicolato dalla loro por-
zione più significativa, il pannello frontale. Traendo ispirazione dalla classificazione tipo-
logica delle stele votive in onore di Hathor realizzata da Pinch (1993: 83)120, si presenta,
di seguito, una classificazione dei letti votivi realizzata secondo le caratteristiche compo-
sitive della decorazione posta sui loro pannelli.
Si definiscono due tipi principali impiegando come elemento discriminante la presenza
o l'assenza della raffigurazione centrale con barca e figure femminili e assegnando
all'ordine di successione dei due tipi una valenza di sviluppo diacronico, basata sulla da-
tazione più antica, come visto nel paragrafo 4.1, degli esemplari privi di tale scena:

119
Holscher 1954: 11-12. Tale tipologia è stata ripresa anche da Teeter nel volume di prossima pubbli-
cazione dedicato ad una presentazione completa delle figurine in terracotta, dei letti votivi e delle stele pro-
venienti dal tempio di Medinet Habu (Teeter c.d.s.). La studiosa si è limitata a definire un ulteriore tipo di
decorazione del pannello frontale di alcuni letti votivi come una "conflation of Type 1 and Type 2", senza
attribuire ad esso una numerazione distinta.
120
A sua volta derivata, probabilmente, dalla classificazione delle stele provenienti da Abido realizzata
da Vandier(1954: 510-514).
74 LETTI VOTIVI

Il Tipo A, privo quindi della scena di navigazione, può essere a sua volta distinto in
due sottotipi:
Al - presenta al centro la ripetizione della figura di tipo Bes che su tutti gli esem-
plari di letti votivi noti si trova normalmente confinata ai due margini laterali della
scena. Le tre raffigurazioni del demone possono essere realizzate a stampo su una su-
perficie liscia o alternarsi, in una decorazione realizzata a giorno, ad elementi vegetali
modellati a mano;
A2 - mostra una figura femminile frontale, affiancata o completamente circondata
da elementi vegetali. Anche in questo caso la decorazione può essere realizzata a
giorno con alcuni elementi modellati a mano o impressa su un piano uniforme.

Il Tipo B, caratterizzato dalla presenza della scena di navigazione, può essere distinto
in quattro sottotipi:
B1121 - presenta la raffigurazione della figura femminile frontale in piedi e da sola
al centro della barca, con i bouquet di papiri nelle due mani. Ai lati della scena centra-
le le due figure di Bes.
B2 - presenta la stessa raffigurazione del tipo B1, ma la figura frontale centrale è
accompagnata da altre due figure femminili, una a prua che protende le braccia verso
gli steli di papiro e una a poppa che manovra un lungo remo.
B3 - presenta la stessa raffigurazione del tipo B2, ma la figura femminile frontale
stante è sostituita da una figura femminile ra figurata di profilo e seduta su un alto
sgabello che stringe in una mano lo stelo di un fiore di loto e solleva l'altra verso il vi-
so.
B4122 - presenta una raffigurazione con le stesse caratteristiche generali di B3 e B2,
ma la figura femminile al centro della barca è rappresentata di profilo, seduta e con un
liuto in mano.
B sottotipo non determinabile - comprende tutti i frammenti che conservano solo
una porzione della decorazione, in base alla quale non è possibile assegnare i fram-
menti ad uno dei sottotipi sopra indicati. In questa sezione sono stati inseriti anche i
letti votivi rinvenuti a Karnak-Nord, perché non è stato al momento possibile esami-
nare le relative fotografie e la breve descrizione presente nelle schede non permette
una loro attribuzione certa.

Un corpus che raccolga tutti i letti votivi al momento noti, organizzati in base ai criteri
tipologici esposti, può aiutare a valutare globalmente questa categoria di oggetti così par-
ticolare. Si presenta qui di seguito un catalogo di riferimento che non vuole avere alcuna
pretesa di completezza, né rappresentare una raccolta di schede dettagliate per ogni singo-
lo oggetto, ma offrire per la prima volta un corpus tipologico di tutti gli esemplari al mo-
mento noti, insieme ad alcune informazioni generali circa il luogo di rinvenimento o quel-
lo di conservazione, l'eventuale numero di inventario o di catalogo del museo nel quale
sono conservati o dello scavo nel corso del quale sono stati rinvenuti, le dimensioni e in-
121
Corrispondente al "Type 2" di Holscher (1954: 11-12) e Teeter (c.d.s.).
122
Corrispondente al "Type l" di Holscher (1954: 11) e Teeter (c.d.s.).
TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 75

fine eventuali osservazioni particolari come i confronti fra esemplari con decorazioni rea-
lizzate a partire da medesimi stampi o la presenza di dettagli insoliti.
TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 119

1 - 29-87-572A+c (copyright University of Pennsylvania Museum of Archaeology and


Antbropology, Philadelphia; foto di P. Del Vesco)

2 - TT1407.2003 (copyright Missione Italiana a Dra Abu el-Naga, Università di Pisa; foto
di M. Kacicnik)
120 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

3 - KN 3669, vista laterale e frontale (copyright lnstitut Français d' Archéologie Orientale,
Cairo)

5 - MM.A 31.3.108 (copyright The Metropolitan Museum of Art, New York; foto Scala,
Firenze, 2010)
TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 121

7 - JE 56284 (copyright Museo Egizio del Cairo, foto di P. Del Vesco)

8 - E 1983 (copyright University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthro-


pology, Philadelphia; foto di P. Del Vesco)
122 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

9 - JE 30124 (copyright Museo Egizio del Cairo, foto di P. Del Vesco)

10 - JE 30125 (copyright Museo Egizio del Cairo, foto di P. Del Vesco)


TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI ꞏ 123

11 - UC 55181 (copyright Petrie Museum of Egyptian Archaeology, University College


di Londra)

12 - JE 25720 (copyright Museo Egizio del Cairo)


124 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

14 - senza numero (copyright Museo Egizio di Firenze; foto di P. Del Vesco)

15 - KN 2261 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)


TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 125

16 - KN 4104 (copyright lnstitut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)

18 - OIM 14780 (copyright The Orientai lnstitute of the University of Chicago)


126 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

19 - MRAH E 2399 (copyright Musées royaux d'Art et d'Histoire, Bruxelles)

21 - UC 55178 (copyright Petrie Museum of Egyptian Archaeology, University College


di Londra)
TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 127

28 - OIM 14782a-e (copyright Tue Orientai Institute of the University of Chicago)

30 - KN 4098 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)


128 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

31- UC 55179 (copyright Petrie Museum of Egyptian Archaeology, University College


di Londra)

32- - KN 3259 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)


TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 129

33 - KM 1935.200.331 (copyright Museum August Kestner, Hannover; foto di Christian


Tepper)

36 - UC 55184 A-C (copyright Petrie Museum of Egyptian Archaeology, University Col-


lege di Londra)
130 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

38 - MRAH E 2398 (copyright Musées Royaux d' Art et d'Histoire, Bruxelles)

39 - KN 4138 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)


TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 131

42 - OIM 14778 (copyright The Orientai Institute ofthe University of Chicago)

53 - UC 55182 (copyright Petrie Museurn of Egyptian Archaeology, University College


di Londra)
132 CORPUS TIPOLOGICO - TAVOLE

55 - E 2167 (copyright University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthro-


pology, Philadelphia; foto di P. Del Vesco)

56- JE 41552 (copyright Museo Egizio del Cairo, foto di P. Del Vesco)
TIPOLOGIA DELLE DECORAZIONI 133

61 - KN 547 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)

69 - KN 3274 (copyright Institut Français d'Archéologie Orientale, Cairo)


134 CORPUS TIPOLOGICO -TAVOLE

72 - KN 3774 (copyright lnstitut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)

78 - KN 4259 o 4234 (copyright Institut Français d' Archéologie Orientale, Cairo)


6. INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI DEI LETTI VOTIVI

6.1. Metodologia di analisi


La metodologia che si intende adottare nel presente studio per l'analisi delle decora-
zioni dei pannelli frontali dei letti votivi trae in parte spunto dalle teorie elaborate da Pa-
nofsky nel saggio pubblicato, originariamente, come introduzione a Studies in Icono/ogy:
Humanistic Themes in the Art of the Renaissance del 1939. In particolare, è sembrato qui
utile impiegare la distinzione dei tre gradi di significato presenti nell'opera d'arte e la
suddivisione del processo interpretativo in altrettante operazioni di ricerca, caratterizzate
da strumenti di analisi e di espressione diversi. Come noto, Panofsky (1999: 33-36) di-
stingue nel soggetto di un'opera figurativa tre livelli di significato separati: quello del
soggetto primario, che è possibile evidenziare riconoscendo in una determinata composi-
zione di linee o colori la rappresentazione di un oggetto, di un essere umano, di un anima-
le o di una pianta, e un carattere o un atteggiamento ad essi associato; quello del soggetto
secondario, che si esplicita nell'attribuzione ai motivi artistici precedentemente indivi-
duati di un ulteriore valore interpretativo attraverso la connessione con temi o concetti
specifici, e si realizza, dunque, riconoscendo in un motivo, un'immagine precisa123 ; quel-
lo, infin,è, del significato intrinseco o contenuto, che "si apprende individuando quei prin-
cipi di fondo che rivelano l'a tteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una
classe, una concezione religiosa o filosofica". La comprensione del secondo livello di si-
gnificato rappresenta l'obiettivo principale dello studio iconografico, mentre dell'analisi
dei simboli del terzo livello si occupa l'iconologia. Sintetizzando in una tavola sinottica
gli ambiti dei tre processi della ricerca storico-artistica, Panofsky (1999: 44) chiarisce che
l'iconologiadovrebbe rappresentare lo "studio del modo in cui in diverse condizioni sto-
riche le tendenze essenziali dello spirito umano" vengono trasmesse attraverso iconogra-
fie specifiche. A tal proposito lo storico Ginzburg, in un saggio comparso per la prima
volta nel 1966, riporta la critica rivolta da Gombrich all'analisi iconologica, vale a dire
alla possibilità reale di cogliere in uno stile artistico l' espressione della " personalità" di un
periodo o della mentalità di una civiltà. Lo storico ricorda il netto rifiuto da parte di Gom-
brich dell'individuazione troppo spesso acritica di parallelismi e analogie storico-culturali
e, in pratica, una sua vera e propria diffidenza verso "il tentativo di servirsi delle testimo-
nianze figurate considerate dal punto di vista dello stile, come di una fonte per la ricostru-
zione storica generale" (Ginzburg 1992: 64). D'altra parte, lo stesso Ginzburg tende poi a
sfumare una simile posizione critica che, seppure originata da principi metodologici cor-
retti, "finiva col negare la possibilità stessa della ricostruzione di nessi storici generali"
(Ginzburg 1992: 60), che, per loro stessa natura, non sempre si originano da paralleli e
collegamenti diretti, ma spesso attraverso la mediazione di un contesto sociale, culturale o

123
Nel nostro caso, ad esempio, riconoscendo nella figura femminile frontale che stringe i mazzi di pa-
piro, la rappresentazione di una divinità.
136 LETTI VOTIVI

religioso comune ai fenomeni considerati. Anche Gombrich, poi, attraverso l'introduzione


del concetto di "funzione" dell'opera figurativa, affermerà l'importanza dell'analisi del
contesto nel quale il linguaggio visivo dell'opera è ritenuto valido e, ponendo l'accento
sul compito della storia dell'arte di ricostruire i legami e i rapporti di dipendenza o oppo-
sizione che connettono le singole opere, rileverà il ruolo fondamentale rivestito in tal sen-
so dalla tradizione (Ginzburg 1992: 73). La storia, quindi, intesa come la definizione dei
"rapporti tra fenomeni artistici e storia politica, religiosa, sociale, della mentalità, estro-
messa silenziosamente dalla porta, rientra dalla finestra" (Ginzburg 1992: 79).
I principi della ricerca iconologica rimangono comunque alla base di un'analisi filolo-
gica dell'opera figurativa, intesa quindi come un testo e come un fenomeno che rientra nel
sistema semiotico di una cultura (Appiano 2006: 200). In effetti, proprio tra i metodi' ana-
litici della semiotica si possono riscoprire feconde "aperture" interpretative e nuovi ap-
procci al documento figurativo 124• La rappresentazione può essere letta attraverso l'analisi
del dettaglio, inteso come elemento che riflette uno stile e svolge una funzione estetica,
come elemento dotato di un valore compositivo e che allo stesso tempo conserva una pro-
pria autonomia semantica. Ogni dettaglio, inoltre, per il proprio carattere "additivo" si
pone in relazione con gli altri dettagli della raffigurazione in "un sistema in cui l'insieme
eccede la sommatoria dei singoli elementi" (Appiano 2006: 201). Il dettaglio, infine, con-
siderato in prospettiva diacronica, diviene motivo iconografico che può essere analizzato
non solo in rapporto ad una propria evoluzione stilistica nel corso del tempo, ma anche
come unità semantica che modifica il proprio valore in relazione al contesto del corredo
espressivo di una determinata opera e di un periodo specifico. Ovviamente, non si posso-
no analizzare i motivi iconografici in questa prospettiva senza valutare, di volta in volta,
la "relatività" di un dettaglio stilistico o di un tema a seconda del periodo storico conside-
rato. Nell'Egitto del Terzo Periodo Intermedio ad esempio, soprattutto durante la XXI di-
nastia, il forte sviluppo dell'artigianato funerario legato all'adozione diffusa di un corredo
tradizionale con doppio sarcofago portò al proliferare di nuove botteghe specializzate nel-
la realizzazione di tale prodotto, a discapito di una qualità stilistica generale. Le botteghe
secondarie produssero decorazioni per sarcofagi che conservavano quasi interamente gli
elementi del "bagaglio" iconografico originario, modificandone però la resa stilistica, i
rapporti dimensionali o le relazioni spaziali, dimostrando così di aver perso ormai la co-
noscenza del valore simbolico di ogni elemento (Niwinski 1988: 97-99). Nell'ambito del-
la produzione di sarcofagi del Terzo Periodo Intermedio, gli elementi della decorazione
conservarono invariato il loro significato simbolico, indipendentemente dalla maggiore o
minore consapevolezza dell'artista. Semmai, la difficoltà insita nell'analisi di tale reperto-
rio stilistico è per noi quella di attribuire il giusto valore ad ogni elemento, considerando
il fattore "relatività" della produzione artigianale, e di rintracciare l'archetipo da cui si so-
no originate le rielaborazioni seguenti. Un elemento originariamente secondario, dal pun-
to di vista della composizione dell'immagine e quindi del valore simbolico, può assumere
un ruolo stilistico dominante nella ripresa del motivo in una raffigurazione successiva, ed
essere causa di una interpretazione falsata del suo valore (Niwinski 1988: 99-101). Ugua-
le attenzione deve essere posta, inoltre, nell'impiego di confronti e paralleli appartenenti a
periodi storici molto distanti nel tempo per valutare il valore simbolico di un motivo ico-
nografico. Seguendo una metodologia di analisi "verticale" (Goff 1979: 9), infatti, oltre

124
Come la possibilità di applicare alla lettura di un quadro i quattro gradi dell'analisi dell'identità del
segno espressi nel modello semiotico del linguista danese Hjelmslev (Appiano 2006: 198).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI . 137

ad imbattersi nella difficoltà di rintracciare e gestire in modo esaustivo la mole di docu-


mentazione dispersa su un arco di tempo molto ampio, si rischia di non considerare il mo-
tivo stilistico in prospettiva diacronica, cioè nell'evoluzione del significato simbolico ad
esso associato. Un'analisi "orizzontale", viceversa, che prenda cioè in considerazione solo
il sistema di simboli appartenenti ad un unico periodo storico (Goff 1979: 10-11) può di-
mostrarsi in molti casi di difficile applicazione e non pienamente soddisfacente. Infatti,
nel caso di iconografie complesse o scarsamente attestate, la ricerca di confronti stilistici
in altri periodi, condotta con l'accortezza di valutarne di volta in volta la pertinenza se-
mantica, può rappresentare l'unica via percorribile per giungere alla comprensione dei si-
gnificati simbolici.
Al VI Congresso Internazionale di Egittologia del 1991, Maya Miiller (1993: 337) la-
mentava la mancanza di un manuale di iconografia egiziana, e proponeva l'adozione di un
glossario di termini base standardizzati per la descrizione di scene, "sottoscene" ed ele-
menti compositivi, strutturato secondo un ordine gerarchico. L'importanza di una tale si-
stematizzazione, con la successiva proposta da parte della Miiller di un ulteriore diziona-
rio "controllato" dei motivi stilistici, è forse stata sottostimata. La strutturazione gerarchi-
ca degli elementi che compongono l'immagine, infatti, rappresenta il livello base di una
sua corretta analisi: lo sforzo organizzativo presuppone la capacità di individuare i detta-
gli e scomporre l'insieme della raffigurazione in unità discrete di significato; la gerarchiz-
zazione dei dettagli porta all'attribuzione di un valore di importanza relativa ad ogni unità
individuata e quindi ad una valutazione bilanciata dei significati veicolati dall'immagine.
Con l'introduzione dell'ulteriore strutturazione dei motivi stilistici, la Miiller propone al-
tre interessanti prospettive di analisi. Accanto alla domanda "WHAT is represented in a
specific picture?", viene ad aggiungersi così quella su "HOW is a specific picture desi-
gned?" (Miiller 2002: 1) e si introducono parametri di analisi, come le regole di composi-
zione delf'immagine, le proporzioni, la definizione delle linee, il colore, che possono fun-
zionare in sinergia con i parametri di definizione dei contenuti e contribuire
all'approfondimento dei reali significati dell'immagine. Così, ad esempio, la costante as-
sociazione, nell'insieme dei confronti stilistici raccolti per l'analisi del motivo di Horus
sui coccodrilli 125, dell'elemento compositivo dell'antithetical gesture con gli elementi di
contenuto relativi alla nudità, seminudità e giovane età, porta la Miiller (2002: 6) a identi-
ficare un legame fra tale associazione (elemento stilistico/compositivo - elementi conte-
nutistici) e i temi della sessualità e della fecondità. Per concludere, quindi, con le parole
stesse della studiosa: "criteria of design can be used effectively in combination with crite-
ria of contents in a retrieval, giving new insight in the meaning of pictures. Specific com-
binations of the criteria of design and contents as found in a series of pictures lead us to
the conclusion that they must have, even when superficially different, an inner relation-
ship" (Miiller 2002: 6)126 •
125
Interessante notare che tra i confronti considerati, che rispondano cioè ai criteri stilistici "antithetical
gesture", "antithetical group", "two figurative components on the vertical axis", "frontal view", e ai criteri
di contenuto "naked" e "juvenile", la Miiller (2002: 4) indica tanto le rappresentazioni della dea Qadesh in
piedi sul leone quanto quella della figura femminile al centro della barca presente sul pannello frontale del
letto votivo conservato presso il Kestner Museum di Hannover (n. 33 del corpus tipologico inserito nel pre-
sente studio).
126
La Miiller è ritornata anche recentemente sull'importanza che l'elemento stilistico/compositivo può
rivestire nell'ambito dell'interpretazione iconografica: "Criteria of design are far from being decorative only:
they carry their own share of the message of a picture, modifying or complementing the message of the su-
bject" (Miiller 2009: 51).
138 LETTI VOTIVI

Tornando all'oggetto di questa parte del nostro studio, vale a dire l'analisi delle raffi-
gurazioni presenti sui pannelli frontali dei letti votivi, dopo aver preso le mosse da una
presentazione del soggetto primario raffigurato (si veda il paragrafo 3.1.), essa verrà con-
dotta attraverso la scomposizione della decorazione nei singolì motivi iconografici e la
definizione delle diverse unità semantiche così individuate, in rapporto al valore che o-
gnuna ha assunto anche in contesti artistici e cronologici diversi (paragrafo 6.2.).
L'analisi, infine, tenterà di indagare il significato intrinseco delle raffigurazioni ricompo-
nendo il mosaico semantico degli elementi del messaggio visivo alla luce del valore ag-
giunto ricavato dalla loro sommatoria e dell'apporto di ulteriori prospettive, derivanti ad
esempio dall'integrazione delle fonti testuali. Le caratteristiche proprie delle raffigurazio-
ni analizzate hanno imposto la scelta di un approccio di questo tipo, che potrebbe sembra-
re complesso, ma che risponde pienamente alle problematiche di interpretazione affronta-
te. Le raffigurazioni, come si è visto, sono prive di iscrizioni che possano offrire suggeri-
menti o indicazioni di qualsiasi genere. Sono cronologicamente limitate ad un lasso di
tempo relativamente ristretto e non possiedono confronti puntuali in nessuna raffigurazio-
ne dello stesso periodo, né in quelle di epoca più antica o più recente. Anche i singoli e-
lementi di cui sono composte presentano attributi o rimandano ad atteggiamenti che a vol-
te possono essere di interpretazione incerta. Inoltre, l'organizzazione strutturata e gerar-
chica dei significati attribuiti ai singoli motivi iconografici, insieme all'esplicitazione del
percorso mentale che ha condotto a tali attribuzioni, contribuiscono ad evidenziare per
ogni singolo passaggio i dubbi e le limitazioni del meccanismo interpretativo. Rendendo
più chiaro un processo normalmente compresso nell'unico passaggio dell'utilizzo di un
termine per descrivere una figura, un oggetto o unJema, si vuole offrire qui la possibilità
di associare immediatamente un valore di affidabiiità all'interpretazione di ogni elemento
e, di conseguenza, a quella dell'intera decorazione.

6.2. Analisi iconografica: confronti e interpretazione


L'ordine con il quale si affronta l'analisi dei diversi elementi che compongono le raffi-
gurazioni presenti sui pannelli frontali dei letti votivi deriva da considerazioni relative al
ruolo svolto da ogni elemento nella veicolazione del significato generale.
Se si è deciso di iniziare l'analisi dall'immagine del dio Bes127 è proprio per sottoline-
arne l'importanza.

127
Con la consapevolezza che, per maggiore precisione, bisognerebbe parlare di immagine "di tipo
Bes", in quanto la stessa iconografia è comune a numerose entità divine cui si fa riferimento nei testi impie-
gando nomi diversi (Romano 1998: 89), da questo punto in poi si adotterà per semplicità il riferimento di-
retto al dio Bes.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 139

Bes
L'immagine del demone/dio ricopre un ruolo assolutamente primario nell'economia
generale della decorazione, come si può facilmente evincere dal fatto che essa costituisce
l'unico elemento costantemente presente su tutti gli esemplari noti di letti votivi e, in un
caso, sostituisce perfino l'intera scena normalmente posta al centro del pannello frontale
(nn. 1-2 del corpus). Le raffigurazioni di Bes presenti sui letti votivi sono sempre in rap-
presentazione frontale: la divinità è nella posizione canonica, le gambe arcuate e le mani
ai fianchi, in piedi spesso su un piedistallo tronco-conico e con indosso il tipico copricapo
piumato. Anche quando il dio è raffigurato apparentemente nell'atto di danzare, a diffe-
renza delle immagini note dalle raffigurazioni sia del Nuovo Regno che di epoca greco-
romana128 , solo le due gambe sono rappresentate di profilo e ruotate verso il centro del
pannello, mentre il busto e il volto continuano ad essere rappresentati frontalmente 129 e le
braccia rimangono nella stessa posizione 130 . In generale, la rappresentazione totalmente
frontale di una figura sembra essere un mezzo per attribuire ad essa un valore simbolico o
sacro (Muller 2009: 58). Considerando l'impiego che della raffigurazione frontale viene
fatto in relazione alle iconografie divine, inoltre, Volokhine (2000: 57) ha evidenziato
come essa sia quasi sempre connessa all'associazione fra le divinità ed alcune tematiche
specifiche, quali l'infanzia, la nudità, l'erotismo e la nascita. In particolare, nel caso del
dio Bes, la tipica raffigurazione frontale che lo caratterizza sembra essere riconducibile ai
temi della nascita e dell'infanzia (Volokhine 2000: 57) - strettamente legati a questa fi-
gura divina - e alla funzione essenzialmente apotropaica che la sua immagine doveva ri-
vestire (Volokhine 2000: 74-75) e perpetuare in eterno.
Cercare di rintracciare in queste raffigurazioni delle caratteristiche stilistiche che pos-
sano dirci, in base allo studio sull'evoluzione dell'iconografia di questa divinità realizzato
da Romano (1998), qualcosa di più sulla datazione dei frammenti, appare purtroppo assai
difficile. Le immagini presenti sui letti votivi sono infatti per lo più molto stilizzate e, an-
che a causa delle ridotte dimensioni, i dettagli del volto - che sono i più importanti per
cogliere lo stadio evolutivo della raffigurazione - non sono quasi mai ben delineati. Ciò
nonostante si possono avanzare alcune considerazioni. Non sembrano, ad esempio, essere
presenti le caratteristiche tipiche che quest'immagine divina mostra soprattutto durante la
XXII dinastia: vale a dire l'abbondanza delle linee rette, l'enfasi posta sull'orizzontalità e
la sovrapposizione degli allineamenti formati dalle parti del corpo o un'accentuata com-
pressione verticale di torso e arti inferiori (Romano 1998: 99; Bulté 1991). Al contrario,
la maggior parte delle immagini presenti sui letti votivi risultano essere abbastanza allun-
gate131, e sia i Bes danzanti, soprattutto nei dettagli della muscolatura di braccia e gambe
o della coda, che i Bes raffigurati al massimo grado di stilizzazione (ad esempio nn. 21,
128
Si pensi ai Bes raffigurati mentre danzano accompagnandosi con il suono del tamburello, sul pannel-
lo laterale della sedia della principessa Sitamon (Wilkinson 2005: 102-103) o sulle colonne. dei propilei del
tempio di Hathor a File (Daumas 1969: tav. V, colonna I).
129
Le uniche eccezioni sembrano essere la figura di Bes del letto votivo conservato al Kestner Museum
di Hannover (n. 33 del corpus) ed il Bes di un frammento ritrovato a Medinet Habu (n. 82), che presentano
il volto raffigurato di profilo.
130
Da notare che anche alcuni Bes di epoca greco-romana, raffigurati con le gambe di profilo che ac-
cennano un passo di danza, quando sorreggono e suonano l'arpa sono rappresentati con il busto e il volto in
prospettiva frontale (Daumas 1969: tav. III, colonna E; tav. V colonna K).
131
Tranne certo le tre rappresentazioni, relativamente compresse, presenti sull'esemplare rinvenuto da
Fisher a Dra Abu el Naga (n. 1 del corpus).
140 LETTI VOTIVI

24 e 25 del corpus), mostrano la netta predilezione per le linee curve che costituisce la ti-
pica caratteristica delle rappresentazioni della XXVI dinastia (Romano 1998: 101). Inol-
tre, l' immagine presente su un frammento proveniente da Medinet Habu (n. 28 del cor-
pus), trova ottimi confronti, soprattutto per le orecchie sporgenti ed il copricapo stretto e
molto allungato, in riproduzioni di questa divinità, in faience e bronzo, datate alla XXVI
dinastia (Hodjash 2004: 78-79, nn. 30-32; 135, n. 175) o in quella presente su una colonna
del mammisi di Nectanebo I a Dendera (Romano 1998: 100, fig. 8). In ahneno tre esem-
plari (nn. 37, 51 e 55 del corpus) la presenza di due tratti verticali quasi paralleli che si o-
riginano immediatamente al di sotto del capo e terminano all'altezza del bacino fa pensare
alla raffigurazione di un doppio flauto. E.d è stato notato che, in generale, l' immagine del
Bes che danza o che suona uno strumento di questo tipo compare per la prima vol.ta nel
tardo Nuovo Regno (Romano 1998: 99). Infine, su alcuni esemplari (nn. 1, 2, 8, 36) sui
quali è stato possibile osservare resti di pittura, si sono notate delle tracce di colore giallo
circoscritte sempre alle medesime aree delle figure di Bes: sopra il capo, all'altezza delle
spalle, nell'area del bacino e sotto i piedi. L'esame autoptico dei due letti votivi conserva-
ti al Metropolitan Museum di New York (on. 5-6 del corpus) e di quello esposto presso il
Museo Egizio del Cairo (n. 9), che conservano maggiori dettagli pittorici e presentano in
corrispondenza delle aree gialle poste sul corpo anche dei piccoli punti neri, ha permesso
di determinare che in tutti i letti tali tracce dovevano rappresentare la pelle maculata di le-
opardo132 a volte indossata dal dio sulle spalle e intorno ai fianchi. In realtà, gli esempi
appena citati mostrano chiaramente che non si tratta semplicemente della pelle di leopar-
do, la cui coda solitamente ricade all'indietro ed è visibile tra le gambe arcuate del dio,
ma di veri e propri indumenti fatti con la pelle dell'animale selvatico: una sorta di copri-
spalle ed un corto gonnellino. Questi elementi contribuiscono ad anticipare notevolmente
la datazione dell'iconografia, poiché, come notato da Wilson (1975: 78, 80), le immagini
della divinità vestita con un gonnellino di questo tipo sono frequenti durante il Nuovo
Regno, ma assai rare nelle epoche successive. L'insieme degli elementi insomma colloca
le raffigurazioni dei letti votivi in posizione intermedia fra il Nuovo Regno e la XXVI di-
nastia. Uno degli esempi più tardi di immagine del dio vestito compare, infatti, su uno dei
caratteristici calici di faience a rilievo prodotti probabilmente _ad_Hermopoli e databili in-
torno alla XXII dinastia (Tait 1963: tav. XXI.2). Le altre tracce di colore giallo, quelle
poste sotto i piedi e sopra la testa di Bes, rappresentano invece il dettaglio cromatico as-
sociato di solito al piedistallo troncoconico sul quale è spesso raffigurata la divinità e al
basso modio che costituisce il punto di attacco delle piume del tipico copricapo133 • È inte-
ressante notare che il confronto iconografico migliore per l' immagine di Bes presente sui
letti votivi - con basso modio, coprispalle, gonnellino e piedistallo in giallo, figura abba-
stanza slanciata e mani ai fianchi o che, in alcuni casi, impugnano il doppio flauto - è
rappresentato dalle immagini di Bes intagliate nel legno che costituivano parti di arredi
mobili134 (Fig. 25).

132
Un buon esempio di questa pelle è raffigurato su una statuina porta-trucco in faience con le sembian-
ze del dio Bes, databile all'inizio della XIX dinastia, che fa parte della collezione Norbert Schimmel (Mu-
scarella 1974: n. 21 I).
133
Nelle raffigurazioni dei letti votivi tali piume sono ben delineate solo in alcuni esemplari (nn. 9, lO,
11 , 33, 38 , 43, 46 del corpus), e risultano invece rese in modo stilizzato, nella maggior parte dei casi, con un
semplice tronco di cono rovesciato.
134
Alcuni esemplari sono conservati presso il museo di Leiden e quello di Bruxelles (E.7416) e due so-
no pubblicati nel catalogo Soteby's del 13 giugno 1996.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI 141

Figura 25: parti di mobili in legno intagliate a forma di Bes (Soteby's june 13, 1996)

Queste deliziose sculture lignee costituivano, con ogni probabilità, le gambe di un par-
ticolare tt'p_o di letto che è possibile vedere raffigurato su numerosi ostraka databili al
Nuovo Regno135 e, che era destinato in modo specifico alle donne in procinto di partorire
o che dovevano prendersi cura di un figlio appena nato136 . Intorno alla madre e al figlio
appena nato, nel momento critico della maggiore debolezza e vulnerabilità di entrambi, si
concentravano verosimilmente tutti gli sforzi di cura e protezione che la comunità poteva
esprimere (Robins 1995). Fra questi rientravano le formule di scongiuro specifiche per la
nascita, recitate stringendo particolari amuleti e statuine in terracotta di nani137 (Bor-
ghouts 1971: 12-13, 28-31; Borghouts 1978: 39-40, 42-44) o oggetti particolari come
questo tipo di letto, sostenuto e protetto da immagini del dio Bes. In effetti su un ostrakon
(O.Gardiner 9) si è conservata un'iscrizione che attesta l'acquisto di un lotto di materiali
di questo genere, e nella quale troviamo, insieme ai slw msw appunto, l'indicazione di

135
Si tratta in maggior parte di ostraka provenienti da Deir el Medina (Vandier D'Abbadie 1936: tav. L,
2337, 2340; tav. LI, 2343; tav. LII, 2347; tav. LIII, 2344, 2346; tav. LIV, 2359-63; tav. LVII, 2353; Vandier
D'Abbadie 1937: tav. CXX, 2859; tav. CXXI, 2863; Vandier D'Abbadie 1946a: 81, nota 2), ma lo stesso
tipo di letto si trova raffigurato anche su un ostrakon conservato a Berlino (n. inv. 21461) o, ad esempio, su
due ostraka (n. inv. MM14005 e MM14070) della collezione Gayer-Anderson di Stoccolma (Peterson 1973:
103, nn. 132-133, tav. 70).
136
Sono queste, infatti, le tematiche raffigurate sugli ostraka. Si tratta delle cosiddette scene con birth
arbour o Wochenlaube ("pergola della nascita"), poiché sempre ambientate sotto una sorta di pergolato sor-
retto da colonnette a stelo di papiro, nelle quali una giovane donna è seduta su un letto, dalle gambe inta-
gliate a forma di Bes, mentre allatta il figlio o riceve le cure di varie fanciulle (forse inservienti), da sola o
insieme al figlio adagiato sul letto.
137
Anche tali statuine dovevano probabilmente evocare l' intervento protettivo del dio Bes.
142 LETTI VOTIVI

due tipi di letto ben precisi: bt rti st e rti st ss, un letto in legno per donna e un letto per
donna decorato (Toivari-Viitala 2001: 178). In modo analogo, un altro documento
(O.Varille 13) riporta un pagamento effettuato a compensazione di un lavoro di intaglio di
un "letto per donna" (Toivari-Viitala 2001: 178). Dal momento che normalmente per
l'acquisto di letti di tipo comune non veniva aggiunta al termine alcuna ulteriore defini-
zione, è chiaro che in questo caso si tratta di letti di tipo speciale e le espressioni "letto per
donna" e "letto per donna decorato" potrebbero verosimilmente fare riferimento ad un let-
to con gambe intagliate e dipinte ad immagine di Bes138, acquistato in prossimità di una
nascita139 e simile a quelli rappresentati sugli ostraka figurati di cui si è parlato. Il caratte-
ristico taglio obliquo che è possibile osservare all'estremità superiore delle gambe in le-
gno intagliate a forma di Bes, in corrispondenza della parte sornrnitale del modio (Fig. 25)
posto sul capo del dio, dovrebbe rappresentare il punto di inserzione e giuntura con
l'intelaiatura del letto. In esemplari di letto conservatisi completamente si può notare che,
in corrispondenza della giuntura, la gamba ha in alcuni casi questo tipo di taglio obliquo,
perché i lati lunghi dell'intelaiatura risultano leggermente incurvati in modo da permettere
alla parte su cui poggerà la testa di essere leggermente più in alto di quella su cui pogge-
ranno i piedi (Killen 1980: tavv. 39-40). L'allineamento del taglio obliquo presente sulle
gambe a forma di Bes indica che le immagini della divinità, a differenza di quanto accade
sempre per le gambe intagliate, ad esempio a forma di zampe di animali, dei letti più co-
muni, erano posizionate parallelamente all'asse longitudinale del letto, vale a dire orienta-
te verso chi osservava il lato lungo del letto, esattamente come sono rappresentate sugli
ostraka con scene di nascita. Questo elemento conferma ulteriormente l'ipotesi che esi-
stessero veramente letti uguali a quelli raffigurati nelle scene del cosiddetto "birth arbour"
e fossero considerati degli oggetti in certo senso'rituali, conservati in casa probabilmente
smontati, riassemblati in occasione di una nascita (Toivari-Viitala 2001: 178) e approntati
per ospitare la madre e il neonato nelle prime due settimane dopo la nascita140 (Toivari-
Viitala 2001: 179).
Il fatto che l'esemplare di letto votivo rinvenuto nella tomba tebana 14 a Dra Abu el-
Naga e quello conservato presso il museo di Philadephia (nn. 1 e 2 del corpus) presentino
la figura di Bes esattamente in corrispondenza dei due sostegni frontali dell'oggetto e che,
nella maggior parte degli esemplari, Bes sia raffigurato su un piedistallo a tronco di cono
rovesciato in tutto simile alle basi delle gambe dei particolari letti in legno di cui si è par-
lato, sembra indicare un'originaria interpretazione delle raffigurazioni di Bes presenti sui
letti votivi come trasposizioni bidimensionali e in scala delle gambe in legno intagliate e
dipinte di quei letti. In effetti, soprattutto per l'esemplare rinvenuto in TT 14, la somi-

138
Interessante a tal proposito anche la raffigurazione di una immagine di Bes, accompagnata
dall'indicazione di una quantità numerica, insieme a quella di altri oggetti, fra cui la gamba di un mobile, su
un ostrakon interpretato come un promemoria o un ordine per la realizzazione di alcuni oggetti in più esem-
plari, destinato ad un falegname o ad un altro artigiano (Krauspe 1997: 98).
139
Come indicherebbe, nell'ostrakon Gardiner 9, l'acquisto contestuale di amuleti specifici per la nasci-
ta, sJw msw.
140
Il momento critico della nascita può essere visto come un faticoso "rito di passaggio" che deve essere
affrontato tanto dal nascituro, quanto dalla madre. Che esistesse un periodo di esclusione o separazione dal
normale ambiente circostante, secondo Van Gennep (2006: 10-11, 43) il primo stadio tipico dei riti di tran- /
sizione, in occasione di una nascita e per il periodo immediatamente successivo, sembra essere indicato sia
da alcuni riferimenti contenuti in documenti provenienti da Deir el Medina, che dalla storia di Rudjedet nel
papiro Westcar (Bresciani 1999: 191) o dal racconto mitologico della nascita di Horo e della ricerca di un
riparo nelle paludi di Chemmis (Loose 1993: 286).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 143

glianza con i letti raffigurati sugli ostraka è notevole e la presenza al centro del pannello
degli elementi vegetali a giorno che richiamano le decorazioni ondulate del bordo del let-
to raffigurate su uno degli ostraka di Deir el Medina (Vandier D' Abbadie 1936: tav. L,
2337) o la coperta decorata a petali che pende dal letto presente su un ostrakon di Berlino
(n. inv. 21461), sembra confermare tale interpretazione. Con l'evoluzione del letto votivo
le due immagini di Bes sono state in seguito sollevate dall'incarico di sorreggere l'oggetto
e portate più in alto ai lati della scena centrale, che, inꞏbase alle datazioni dei reperti e dei
contesti precedentemente discusse, sembra comparire solo in un secondo tempo. Le due
figure sono state, in pratica, progressivamente inglobate nella raffigurazione centrale del
pannello, perdendo in alcuni casi anche il piedistallo originario e divenendo in un certo
senso elementi accessori e di cornice della decorazione.
La combinazione di una doppia immagine di Bes, del tutto analoga a quella presente
sui pannelli frontali dei letti votivi, si ritrova anche su alcuni specchi votivi in bronzo da-
tabili all'incirca al VII secolo a.C. (CGC 44076 e 44080, BM 49729). In questo caso però
le due figure racchiudono al centro una scena di offerta dello specchio stesso alla dea
Mut, Signora del cielo, assisa in trono all'interno di un triplo naos con colonne papirifor-
mi e capitelli hathorici (Munro 1969: 92; tavv. II, VI, VII). Proprio l'impiego combinato
delle due immagini di Bes, a racchiudere, circoscrivere e forse proteggere un elemento
centrale, doveva sicuramente possedere, nell'insieme della decorazione dei letti votivi, un
significato particolare. Curiosamente, non è affatto semplice trovare altri esempi, oltre a
quello degli specchi appena citato, di associazione di una doppia raffigurazione di Bes.
Gli unici altri paralleli sembrano essere rappresentati da alcuni esemplari di poggiatesta in
legno, sui quali però compare solo il volto del dio, dai pilastri scolpiti a forma di Bes nel
tempio B 300 del Gebel Barkal e dalle immagini di Bes raffigurate - e forse intese come
tatuaggiꞏ-. durante il Nuovo Regno, sulle cosce di giovani fanciulle1 41 , come la suonatri-
ce nuda di'flauto doppio rappresentata sulla parete di un "letto chiuso" di Deir el Medina
(Meskell 2002: 115, fig. 4.7), la nuotatrice nuda scolpita in avorio e ebano sul manico di
un cucchiaio porta-trucco (Hodjash 2004: 151-152, fig. 215a), la piccola scultura in calca-
re, rappresentante una fanciulla distesa su un letto accanto ad un bambino, conservata
presso il British Museum (n. inv. EA 2371) e la suonatrice di liuto raffigurata su una cop-
pa in faience del museo di Leiden (Schneider 1981: 69, n. 14). Di epoca greco-romana
sono invece due lucerne in terracotta a doppio beccuccio conservate a Francoforte (n. inv.
X.11.534) e a Parigi (E 2402) che mostrano Isi seduta su un cesto all'interno di un naos
sorretto da due immagini di Bes danzanti (Ballet 1994: 22-23, fig. 2).
Se si considera, invece, l'immagine singola del dio sul piedistallo, raffigurata sui letti
votivi, essa richiama subito alla mente le numerose rappresentazioni in "faience a punti
scuri" di Bes sul fiore di loto e con corona piumata, tipiche dell'area del Delta e databili
alla XXII dinastia (Bulté 1991). In effetti, la forma tronco conica rovesciata del piedistal-
lo potrebbe essere intesa anche come una rappresentazione stilizzata di un loto e quindi
l'immagine del dio potrebbe richiamare l'iconografia della divinità che fuoriesce dal fio-
re142, sottolineando così i collegamenti simbolici al potere di creazione della divinità sola-
141
Recentemente, Nagy (2009) ha avanzato l'ipotesi che tali immagini, soprattutto in base alle affinità
da lei individuate fra Bes e la divinità mesopotamica Huwawa, fossero intese come una protezione contro
"damaging forces that could enter the opening nether gates ofthe female body".
142
Una statuina in legno di Bes rappresentato in questa forma è stata rinvenuta a Medinet Habu tra i resti
delle case, precisamente nel quadrato D/6, dalle quali provengono anche i letti votivi, le stele e le figurine
femminili (Holscher 1954: tav. 34.A). Per un confronto puntuale Doetsch-Amberger 1991: 128, fig. 1.
144 LETTI VOTIVI

re e quindi alla fertilità (Doetsch-Amberger 1991: 126). Infine, il Bes raffigurato nell'atto
di danzare sul piedistallo ricorda l'analoga immagine dipinta su una pelle di tamburo cir-
colare conservata al Cairo (CGC 69352). Tale rappresentazione, databile all'epoca tole-
maica e proveniente da Akhmim, mostra la divinità intenta in una danza rituale, al ritmo
di un tamburo circolare percosso da una musicista, al cospetto di una Isi assimilata ad
Anukis, come indica il tipico copricapo ad alte piume, che siede su un trono posto sotto
un alto baldacchino e solleva con la mano sinistra una coppa (Borchardt 1934).
L'immagine fa chiaramente riferimento al potere rasserenante comunemente attribuito al-
la danza e alla musica, e in particolare nell'ambito del mito cosiddetto "della dea lonta-
na". Grazie ai testi iscritti sulle pareti del Mammisi di Dendera e alle immagini scolpite
sulle colonne si evince, infatti, che Bes non rivestiva solamente la funzione apotropaica di
allontanare gli influssi maligni dalla dea nel momento delicatissimo del parto; il demone
aveva anche il compito di accompagnare la dea "lontana" nel suo viaggio di ritorno nella
valle dalle distese desertiche del Sud, placandola proprio con l'azione rasserenatrice della
danza e della musica (Daumas 1958: 143). Danza e musica sono, del resto, le occupazioni
predilette dal dio Bes, almeno a partire dal Nuovo Regno (Dasen 1993: 77), in base alle
raffigurazioni che ci sono pervenute. E la musica risulta strettamente legata al ruolo pro-
tettivo rivestito da Bes durante e dopo il parto (Dasen 1993: 78).

Elementi vegetali
Il primo problema da affrontare nella descrizione degli elementi vegetali presenti nelle
raffigurazioni, è rappresentato dall'identificazione di tali elementi. La resa generalmente
schematica e stilizzata di tutti i dettagli delle decorazioni non facilita, infatti, un ricono-
scimento sicuro delle specie vegetali incluse nella composizione. Ciò detto, si può co-
munque affermare che l'elemento predominante in tutti gli esemplari di letti votivi sem-
bra essere rappresentato dalla pianta del papiro. Papiri sembrano, infatti, gli elementi della
decorazione a giorno presenti al centro del pannello frontale del letto n. 2 e nella fascia
inferiore del pannello del letto n. 5: l'elemento verticale sarebbe lo stelo della pianta e
l'elemento a ventaglio con piccoli tratti radiali dipinti rappresenterebbe un ombrello di
papiro dall'apertura molto pronunciata 143 . Possono essere poi identificati, con una certa
sicurezza, come papiri, gli elementi rappresentati fra le figure femminili che si trovano
sulla barca: sono infatti dotati di un alto stelo e di un ombrello, raffigurato sia aperto che
chiuso a bocciolo, tipici di questa pianta. Anche i bouquet stretti dalla figura femminile
centrale in rappresentazione frontale sembrano essere formati da papiri. La raffigurazione
più comune di tali bouquet mostra tre piante144, i cui steli sono riuniti insieme, con gli
ombrelli che si dispongono a ventaglio, ma su alcuni esemplari (nn. 31, 33, 34) è possibile
vedere dei veri e propri mazzi floreali complessi, composti da più elementi - di difficile
interpretazione - dai quali spuntano le tre estremità sommitali dei papiri o da più om-

143
Un'apertura così ampia dell'ombrello non è molto comune nelle raffigurazioni di papiri, sebbene in
alcuni casi la pianta sia rappresentata perfino completamente circolare come se fosse vista dall'alto, mentre
è tipica dei ventagli piumati. Gli stessi ventagli sono però spesso realizzati ad imitazione dell'ombrello del
papiro, come in un esemplare conservato al Petrie Museum ofEgyptian Archaeology (UC 7197).
144
Il numero tre era normalmente impiegato dagli egiziani per indicare la pluralità, ed anche in questo
caso la raffigurazione di tre papiri doveva rimandare ad una quantità indefinita e abbondante di piante.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 145

brelli sovrapposti alternati a corti steli con fiori campaniformi - forse identificabili con
loti - che si aprono ai lati. A delle piante di papiro appartengono, infine, sicuramente i
due lunghi steli che la figura femminile posta a prua dell'imbarcazione - nelle decora-
zioni dei letti classificati come B2 e B4 - sembra afferrare con entrambe le mani protese
in avanti. Più difficile è identificare il grande elemento vegetale, affiancato da uno stelo
con bocciolo, che è raffigurato sopra la prua a testa di anatra dell'imbarcazione di un
gruppo di esemplari di letti votivi (nn. 21, 23-25). Lo stelo è sicuramente più corto di
quello dei papiri di cui si è parlato, ma le dimensioni complessive sono decisamente mag-
giori. Potrebbe rappresentare tanto la stilizzazione di un fiore e di un bocciolo di loto, resi
fuori proporzione, quanto quella di un ombrello e di un bocciolo di papiro, dal momento
che entrambe le piante sono raffigurate, in modo analogo, in molte scene di offerta. Senza
la definizione dei dettagli interni, come la lunghezza e la forma dei petali, non è possibile
proporre una identificazione certa, ma è interessante notare che un motivo iconografo.;o
identico compare in un tessuto votivo della XVIII dinastia, rinvenuto a Deir el Bahari, a
prua di una barca sulla quale compare Hathor in forma di vacca (Pinch 1993: 106, n. 4;
fig. llb).
La pianta del papiro, quindi, compare nelle decorazioni dei letti votivi sia come motivo
puramente decorativo, che come elemento di connotazione dell'ambiente in cui si svolge
la scena, che come attributo fondamentale della figura femminile centrale in visione fron-
tale. Anche ai lati della figura femminile rappresentata di profilo mentre suona il liuto, si
trovano spesso quattro ombrelli di papiro sovrapposti. Questo motivo, simile a quello dei
bouquet impugnati dalla figura frontale ai quali abbiamo appena accennato, richiama da
vicino i mazzi di papiri inseriti l'uno dentro l'altro presenti in numerose scene di offerta
alle divinità o nelle rappresentazioni che mostrano la celebrazione delle grandi festività 145
- in qu st'ultimo caso situati ad esempio di fronte al naos delle barche processionali di-
vine - ma anche le gambe di un letto di una scena di "birth arbour" raffigurata su un o-
strakon da Deir el Medina (Vandier D' Abbadie 1937: 70, tav. L, 2338), intagliate a forma
di ombrelli sovrapposti.
La decorazione di alcuni letti (ad esempio i nn. 41, 42 e 44) mostra la presenza di un
fiore di loto adagiato sul capo della figura femminile che suona il liuto, che ricade con i
petali sulla fronte, secondo una moda estremamente diffusa fra le giovani fanciulle egi-
ziane, ed un fiore di loto sembra essere l'elemento svasato impugnato con la mano destra
dalla figura femminile seduta su un alto sgabello della decorazione del letto n. 36. Infine,
i letti n. 5 e n. 8 presentano alcune enigmatiche linee rosse ramificate affiancate su en-
trambi i lati da file di punti scuri e alcune tracce di colore blu, che potrebbero rappresenta-
re degli elementi vegetali. La presenza di file di punti scuri dello stesso tipo anche ai lati
di alcuni steli di papiro e l'andamento irregolare delle linee rosse fanno pensare ad una
raffigurazione molto semplificata della pianta rampicante del convolvolo146 . Si tratta di

145
Per entrambe le tipologie di scena si vedano, a titolo esemplificativo, le raffigurazioni situate nella
corte del tempio di Khonsu a Kamak o quelle del festival dell'Opet nel tempio di Luxor (Epigraphic Survey
1979 e 1994).
146
Potrebbero essere interpretate in questo modo anche le linee orizzontali con punti scuri visibili sul
letto votivo n. 7. Raffigurazioni di questo tipo potevano essere in origine presenti su molti altri esemplari,
ma le poche tracce di pittura che si sono conservate non permettono purtroppo di confermare una simile
ipotesi.
146 LETTI VOTIVI

una pianta147, formata da vere e proprie liane sottili con piccole foglie lanceolate che si
dipartono da esse sui due lati, che veniva comunemente rappresentata, ad esempio, attor-
cigliata intorno allo stelo di un papiro o di un bouquet di papiri (Hugonot 1994: 75, fig. 6;
76, fig. 7; Angenot 2007: 24, fig. 4) o sospesa alle braccia di giovani fanciulle e musiciste
(Vandier 1964: 445, fig. 238; Meskell 2002: 115, fig. 4.7) o anche di divinità (Walters
2003: 561, fig. 4).
Nell'insieme della decorazione, agli elementi vegetali sembra affidato il compito,
tutt'altro che secondario, di connettere il valore semantico complessivo ad un ambito ben
determinato, attraverso una caratterizzazione precisa delle figure femminili e dell'am-
biente in cui si svolge la scena. Il contesto ambientale cui tali elementi fanno chiaramente
riferimento è quello palustre tipico delle rive del Nilo, ricoperte dalla macchia di pap1ri. II
fiore di loto sul capo della suonatrice di liuto, oltre a mettere in risalto questa figura ri-
spetto alle altre presenti sull'imbarcazione, sembra rimandare a concetti legati al ringio-
vanimento e alla rinascita, ma anche all'avvenenza femminile e alla freschezza. La figura
frontale, allo stesso modo, risulta strettamente - e anche fisicamente - connessa ai pa-
piri e inglobata in un reticolo di convolvolo. Ma quali sono i significati che queste due
piante dovevano trasmettere? Il papiro, come è noto, ha rivestito un ruolo importantissimo
nella civiltà dell'antico Egitto, fin dai periodi più antichi, sia per gli innumerevoli usi ai
quali bene si prestava - ad esempio come supporto per la scrittura o come materia prima
per imbarcazioni, cesti e funi - ma anche per i valori simbolici che gli vennero attribuiti.
Il papiro rappresentava l'emblema della porzione settentrionale del Paese ed era associato
alla dea Wadjet, patrona del Basso Egitto, ma allo stesso tempo, e in special modo nella
regione tebana, esso era considerato come la pianta hathorica per eccellenza (Lopez Mon-
cet 2001: 68). Lo scettro a forma di papiro era l'attributo tipico delle divinità femminili. Il
papiro racchiudeva in sé l'essenza di ogni cosa verde, giovane, fresca e nuova (Wilson
2004-2005) e doveva aver rivestito, soprattutto nelle epoche più antiche, anche un impor-
tante ruolo alimentare: ci si poteva infatti cibare, come nella trasposizione mitologica do-
veva aver fatto anche il dio fanciullo Horus nascosto nella foresta di papiri di Chemmis,
del succo che si estraeva da esso, che nel papiro Ebers è paragonato, per il suo colore
biancastro, al latte materno (Erroux-Morfin 2001: 24). Quasi un grembo materno rappre-
sentava il papireto che era stato rifugio, protezione e "nido" del giovane falco divino, "u-
ne protection vivifiante" (Erroux-Morfin 2001: 25). E strettissimo era il legame fra il pa-
piro e l'inondazione, dal momento che la crescita rigogliosa del manto vegetale si situava
proprio dopo il ritiro delle acque alluvionali (Erroux-Morfin 2001: 26).
Anche alla pianta del convolvolo erano legati significati e valori.simbolici. Le raffigu-
razioni che mostrano questo vegetale compaiono fin dal Medio Regno, ma fino alla XVIII
dinastia presentano un carattere abbastanza convenzionale e sono caratterizzate da una re-
sa stilizzata delle foglie148 , rappresentate ai lati degli steli di papiro. Una raffigurazione
naturalistica di questa pianta non compare che in età amamiana, ma è con l'epoca rames-
side che si trovano gli esempi iconografici più belli. Il convolvolo compare in numerose
raffigurazioni, sia in contesto funerario - in tombe di privati come in tombe regali -
che templare, ed è quasi costantemente associato al papiro in scene di offerta di vegetali
147
Su tale pianta e le numerose raffigurazioni egiziane in cui compare si vedano Keimer (1967: 45, 102-
103, 179) e Hugonot (1994), ma soprattutto il recente e completo studio pubblicato da Aufrère e Lopez-
Moncet nel 2001.
148
Un elenco di alcuni esempi di raffigurazione del convolvolo databili a questo periodo è fornito in Lo-
pez Moncet 2001: 41.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 147

al defunto o alle divinità. Fra le divinità a cui vengono presentati tali doni troviamo per lo
più la dea Anukis, o l'intera triade di Elefantina, e la dea Hathor, ma anche Toeris, Amon
accompagnato da Amentit, il faraone Amenhotep I, Ptah nb M3rt e le barche processionali
di Mute Khonsu (Lopez Moncet 2001: 46-48). Nei casi in cui le liane di convolvolo sono
invece raffigurate da sole, separate dagli steli di papiro, esse risultano essere connesse,
quasi in modo esclusivo, con I'universo femminile. Le troviamo infatti rappresentate sui
coperchi dei sarcofagi della dama Isi, sposa di Khabekhent, della XIX dinastia e della
cantante di Arnon Hatshepsut della XXI dinastia (Lopez Moncet 2001: 54) o in scene in
cui pendono dalle braccia di danzatrici, come quelle raffigurate nell'ambito di un rituale
in onore di Isi sulle pareti della tomba di Horrnose a Hierakonpolis (Walters 2003: 558,
fig. 1). Sulle pareti di altre tombe (TT 31, TT 45, TT 277, TT 296) troviamo liane e papiri
impugnati insieme a dei sistri e a delle collane menat dalle spose dei defunti, che spesso
possiedono il titolo di.cantanti di Amon (Lopez Moncet 2001: 52-53). Il convolvolo com-
pare poi su una scodella di faience da Gurob, che presenta una scena di navigazione in
mezzo alla macchia di papiri, con una giovane rematrice nuda che trasporta delle anatre
sulla propria barca (Petrie 1891: tav. XX, n. 6) e costituisce l'elemento principale dei
chioschi vegetali, sotto i quali è raffigurata la coppia regale amarniana (Lopez Moncet
2001: 49). Il convolvolo è, inoltre, l'elemento con cui sono realizzate le cosiddette "per-
gole della nascita", o birth arbour, che, come abbiamo visto, proteggono la giovane ma-
dre mentre si prende cura del figlio appena nato149; compare sul papiro erotico di Torino,
associato nuovamente a giovani fanciulle e sistro hathorico (Mysliwiec 2004: 121); e
riempie completamente lo sfondo della scena con suonatrice di doppio flauto, con tatuag-
gi di Bes sulle cosce, raffigurata su una parete di un letto chiuso di Deir el Medina (Me-
skell 2002: 115, fig. 4.7). Il significato di questa pianta era dunque strettamente legato a
quello d l papiro: presentata alle divinità femminili - soprattutto ad Hathor - come
simbolo dèlla speranza di una nascita o di una rinascita dopo la morte, sembra avesse un
valore benaugurante e protettivo, in rapporto essenzialmente alla procreazione. Il fatto che
la pianta fosse caratterizzata da un accentuato eliotropismo, che la spingeva a ricercare la
luce del sole, sfruttando il fusto di altri vegetali - come il papiro ad esempio - per in-
nalzarsi verso l'alto, deve aver contribuito alla creazione di legami simbolici con gli a-
spetti solari dell'ideologia religiosa (Lopez Moncet 2001: 71). Le convolvulacee, infine,
in quanto piante annuali, erano anch'esse legate, sia fisicamente che simbolicamente, ad
uno dei fenomeni più rilevanti della vita dell'uomo egiziano, l'arrivo dell'inondazione, ed
accompagnavano, a partire da tale evento, la crescita dei nuovi cespugli di papiri.

Figura femminile frontale


Se si osserva l'immagine della figura femminile nuda in rappresentazione frontale, che
stringe nelle mani mazzi di papiri al centro della barca, ci si rende immediatamente conto
che si tratta di una iconografia unica nel suo genere per l'Egitto antico. Ed è infatti al
momento impossibile ritrovare dei confronti precisi di questo complesso motivo icono-
grafico in altre raffigurazioni egiziane. Allo stesso tempo, però, per i singoli elementi che
caratterizzano la composizione è possibile rintracciare vari paralleli e nessuno di essi

149
Interessante, riguardo a ciò, il fatto che in Grecia il Convolvulus arvensis fosse impiegato come erba
medicinale per rendere più agevole e rapido il parto (Lopez Moncet 2001: 69).
148 LETTI VOTIVI

sembra essere totalmente estraneo alla cultura figurativa egiziana. La frontalità della raf-
figurazione, come abbiamo visto anche per l'immagine di Bes, sebbene costituisca in E-
gitto un'eccezione alle comuni regole iconografiche (Miiller 2009: 52), appare ampiamen-
te attestata, soprattutto nell'ambito delle rappresentazioni degli esseri divini150 (Volokhi-
ne 2000: 57). Anche la nudità non rappresenta un elemento anomalo per la cultura figura-
tiva egiziana e si ritrova anzi associata a numerose immagini e a significati diversi: dagli
indigenti e affamati, agli sconfitti in battaglia, dai lavoratori nei campi ai bambini, dai
simboli della rinascita ad alcune divinità "specializzate" (Goelet 1993). In particolare, fra
le divinità, quelle associate in modo specifico alla nudità sono ad esempio gli dei fanciulli
Horus e Nefertem, il dio Bes151, la coppia Geb e Nut e alcune divinità di origine asiatica
come Astarte e Qadesh (Goelet 1993: 24-25). La posizione della figura femminile,ꞏ poi,
con le braccia aperte a sorreggere i due bouquet floreali, un atteggiamento definito da
Miiller (2002: 6; 2009: 52) "antithetical gesture", richiama la simmetria compositiva di
varie raffigurazioni di divinità femminili, diffuse nel Vicino Oriente durante il secondo
millennio, come quelle presenti sui sigilli cilindrici (Collon 1988: 166-170, figg. 776,
777) o sulle placchette in terracotta o in avorio e lamine metalliche (Comelius 2004; Mo-
orey 2003), o su alcune stele egiziane del Nuovo Regno da Deir el Medina. Si tratta dello
stesso atteggiamento che, insieme alla sovrapposizione di più piani lungo l'asse verticale
(piedistallo152 - barca - figura femminile - copricapo), si ritrova in Egitto nelle tipiche raf-
figurazioni di Epoca Tarda del cosiddetto motivo di "Horus sui coccodrilli". Come giu-
stamente affermato da Miiller (2002: 6) "such a symbolic arrangement suggests that the
deity has command over beneficia! as well as over aggressive or destructive powers" e
quindi, nel caso delle raffigurazioni dei letti votivi, l'associazione di gesto antitetico e
composizione verticale attribuiscono alla figura fémminile rappresentata tanto una conno-
tazione divina, quanto il potere di controllare la vegetazione (mazzi di papiri) e le acque
(imbarcazione), con una possibile estensione di tale potere a tutti i concetti cui questi e-
lementi possono essere collegati (fertilità, rinascita, freschezza, salute, vita, ecc.). A que-
sto aspetto della composizione, la figura femminile dei letti votivi aggiunge l'elemento
della frontalità, che chiaramente "may be interpreted as a provocation of the beholder"
(Miiller 2002: 6), e quello della nudità, "deren Absicht nur die Verfiihrung sein kann"
(Miiller 2003: 103). Attraverso l'evocazione di aspetti come la sensualità, l'erotismo,
l'attrazione fisica153, la raffigurazione presente sui letti votivi rimanda ancora una volta
alle immagini di divinità generalmente identificate con il nome di Qadesh o Astarte154
diffuse sia nel Levante che in Egitto, e appare connessa alle immagini di fanciulle nude

150
Si pensi, ad esempio, oltre all'immagine del dio Bes, a quella del volto di Hathor, di Horus fanciullo,
della dea Nut, ad alcune raffigurazioni del dio Osiri e a quelle di alcuni geni guardiani.
151
Anche se abbiamo visto che può essere rappresentato in alcuni casi con un corto gonnellino.
152
Questo elemento, in tutto analogo al piedistallo sul quale si trovano spesso le figure di Bes, è rappre-
sentato, in alcuni casi, sotto l'imbarcazione, ma solo in decorazioni appartenenti al Tipo Bl (nn. 9-12, 14-
15).
153
Tutti aspetti che erano visti come la naturale premessa alla relazione sessuale e dunque anche al con-
cepimento e risultavano legati al più ampio concetto di fertilità. "Sexuality was inextricably linked to do-
mesticity and ritual: to procreation, childbirth, nursing, various life stages, death and even beyond to the af-
terlife" (Meskell 2000a: 260).
154
Sebbene non sia ancora completamente risolto il problema dell'identificazione chiara di queste divi-
nità, esse appaiono comunque essere generalmente connesse alla sessualità e alla fertilità (Shoemaker 2001:
6).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 149

raffigurate su ostraka, vasi o cucchiai portatrucco o modellate tridimensionalmente in ter-


racotta o in metallo, che allo stesso tempo costituiscono anche i confronti migliori dal
punto di vista iconografico. Un buon parallelo per quanto riguarda il gesto antitetico, la
frontalità e nudità del corpo e i mazzi floreali è rappresentato dalla dea raffigurata su una
lamina d'oro, rinvenuta a Lachish, nella Palestina meridionale, e databile probabilmente
al XIII secolo a.C. (Seipel 1997: 54-55, cat. n. 72). La divinità vi è però raffigurata con il
volto di profilo ed i lunghi capelli arricciati sulla schiena, i bouquet che sorregge non so-
no di papiri ma di fiori di loto, il copricapo che ha indosso presenta due corte coma latera-
li e due alte piume e non si trova in piedi su una barca, ma su un cavallo. Su due placchet-
te in terracotta decorate a stampo è, invece, raffigurata la divinità canaanea in rappresen-
tazione pienamente frontale, nuda, con una collana e una corta parrucca hathorica 155• In
un caso si porta le mani ai seni ed è incorniciata da steli di fiori di loto, nell'altro allarga
le braccia ad afferrare due piante che potrebbero rappresentare dei papiri. In effetti, quan-
do raffigurata con maggior dettaglio156 , l'immagine femminile dei letti votivi mostra di
possedere una parrucca corta che cade ai due lati del volto, simile a quella hathorica, e
degli ornamenti intorno al collo e alla vita, simili alle collane e cinture di conchiglie pre-
senti su alcune figurine femminili egiziane in faience o terracotta. Le due raffigurazioni
della dea cananea non mostrano alcun copricapo, né tantomeno sono raffigurate su una
imbarcazione. L'iconografia della dea Qadesh, nota sia da raffigurazioni levantine che da
alcune stele rinvenute a Deir el Medina, rimane quella che maggiormente si avvicina alla
rappresentazione della figura frontale nuda dei letti votivi, sia per frontalità e nudità che
per il gesto antitetico e la sovrapposizione di piani sull'asse verticale. Proprio in questi
termini, cioè come una variante iconografica delle raffigurazioni della dea Qadesh, è stata
interpretata l'immagine dei letti votivi da alcuni studiosi157 . Nonostante le notevoli somi-
glianze, che potrebbero anche derivare da una parziale assimilazione di caratteristiche e
significati propri della dea Qadesh, la figura dei letti votivi rimane ben distinta dalla dea
semitica. L'iconografia di Qadesh, infatti, è caratterizzata in modo pressoché costante
dall'atto di stringere nelle mani fiori di loto e serpenti e dal fatto di trovarsi in piedi su un
leone (Lahn 2005: 212). Qadesh indossa, inoltre, una corona158 che può avere la forma di
un sistro o di una combinazione di falce e disco lunare poggianti su un modio (Lahn
2005: 211), ma che in nessun caso assume la forma di un tronco di cono rovesciato più o
meno sviluppato in altezza. In un'unica raffigurazione, presente su una stele di prove-
nienza ignota oggi conservata al Museo Egizio del Cairo (JE 26049), la dea Qadesh, rap-
presentata in questo caso di profilo, indossa uno strano copricapo formato da un elemento
svasato dal quale, però, fuoriescono delle ramificazioni vegetali (Cornelius 2004: 128,
cat. n. 5.15; Lahn 2005: 215).
Ritornando ad una tradizione figurativa pienamente egiziana, la decorazione di una
giaretta a corpo ovoide conservata presso il museo di Brooklyn (n. inv. 59.2) e databile
all'epoca di Amenhotep III (Freed 1982: 28-29, fig. 51), presenta uno dei confronti mi-

155
Si tratta di una placchetta rinvenuta a Gezer e conservata presso l' Ashrnolean Museum di Oxford
(Moorey 2003: tav. 10) e del frammento superiore di un'altra placchetta di provenienza ignota e conservata
presso l'Israel Museum di Gerusalemme (Seipel 1997: 56, cat. n. 73).
156
Come ad esempio sui letti n. 5 e 9 del corpus tipologico, che conservano ancora varie tracce di pittu-
ra.
157
Così Stadelmann (1985: 268) e Lahn (2005: 212).
158
Il copricapo costituisce un elemento simbolico estremamente importante per qualsiasi divinità (Lahn
2005: 215).
150 LETTI VOTIVI

gliori tanto per il motivo della figura femminile nuda su una imbarcazione che per il gesto
antitetico con le mani che stringono mazzi floreali. Intorno alla figura, inoltre, si ritrovano
degli elementi vegetali dipinti con sottili rami rossi e foglie nere o blu, che sembrano in
tutto analoghi a quelli, precedentemente descritti, presenti su alcuni letti votivi (nn. 5 e 8
del corpus) intorno alla figura centrale frontale e identificati come liane di convolvolo.
Anche in questo caso, tuttavia, vi sono alcune discrepanze: la figura presente sul vaso di
Brooklyn non è infatti rappresentata in piedi, ma inginocchiata; il capo è reso di profilo e
non indossa alcuna corona; infine l'imbarcazione non ha prua e poppa a forma di volatile.
Sebbene tale figura non sia dotata di chiari attributi divini, M-Uller (2003: 78) ritiene che il
parziale schema antitetico realizzato dalla posizione della braccia sia sufficiente a collo-
carla in un ambito divino e che, se pure sia difficile considerarla come una vera e prÒpria
personificazione di una divinità femminile, sicuramente potrebbe essere vista come la
personificazione del fascino sensuale divino.
Un significato analogo potrebbe avere un particolare tipo di figurine femminili in ter-
racotta, quello che presenta una giovane donna nuda adagiata su un letto o semplicemente su
una superficie piana1 59 . Queste rappresentazioni sono state accostate da Pinch (1993:
207) a quelle presenti sui letti votivi, ma probabilmente solo per affinità formale fra gli
oggetti, entrambi rappresentanti dei modellini di letto. In realtà le somiglianze potrebbero
essere anche altre: le figure femminili in terracotta rappresentano un'immagine femminile
nuda e in visione frontale e sulle placche o sui letti su cui sono adagiate si trovano a volte
dei dettagli dipinti che possono essere interpretati come elementi vegetali simili a papiri
con liane di convolvolo (Pinch 1993: 209). M-Uller (2003: 1O1) ritiene che queste figurine
femminili, databili per lo più all'epoca Ramesside, debbano essere considerate come veri
e propri precursori dei letti votivi. Sebbene anché'queste immagini femminili siano prive
di qualsiasi attributo divino, sono state considerate da alcuni studiosi come rappresenta-
zioni della dea Hathor in veste di divinità materna (Desroches Noblecourt 1953: 15) e se-
condo M-Uller (2003: 1O1) condividerebbero con i letti votivi proprio un comune legame
alla sfera di influenza di questa divinità. Vi è un'altra categoria di oggetti che risulta stret-
tamente connessa alla dea Hathor e presenta varie affinità con la figura femminile frontale
nuda raffigurata sui letti votivi: quella degli specchi160 con manico in bronzo modellato a
forma di figura femminile. In effetti, quello che caratterizza in modo specifico
l'immagine presente sui pannelli frontali dei letti è lo strano copricapo svasato che si può
osservare bene ad esempio sui letti nn. 5 e 28: è più basso ma si apre a ventaglio
sull'esemplare n. 10 e arriva ad assumere quasi una forma circolare negli esemplari nn. 20
e 18161. Si tratta di un copricapo particolare, la cui identificazione inspiegabilmente non è
stata fino ad oggi affrontata da nessuno studioso162, e che non si ritrova in nessuna delle
raffigurazioni note della dea Qadesh o della dea Hathor. Durante il periodo compreso fra
la XVIII e la XIX dinastia si diffuse l'impiego di un tipo di specchio che aveva un manico

159
Si tratta del cosiddetto Tipo 6 di Pinch (1993: 207-209).
16
° Che gli specchi fossero associati alla dea Hathor (Robins 1996: 32) e fossero considerati come un suo
attributo (Fekri 2005) sembra oggi ormai appurato.
161
In questi casi la forma è probabilmente dovuta all'utilizzo di uno stampo realizzato con meno cura o
comunque con caratteristiche in generale più stilizzate.
162
Teeter (c.d.s.) non considera neanche la questione e si limita a descrivere il copricapo come "conical
headdress". Stadelmann (1985: 267) ugualmente si limita ad una descrizione della figura femminile nella
quale indica che sul capo porta un "hohen Kopfbedeckung". Muller (2003: 100) afferma semplicemente che
si tratta di una "unkenntliche Krone".
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 151

forgiato a forma di figura femminile stante. Tale tipologia, preceduta cronologicamente,


ma durante la XVIII dinastia anche affiancata, da quelle con manico in forma di papiro, di
testa hathorica e di figura Bes (Capel-Markoe 1996: 76), mostra la figura nuda con le
braccia distese lungo i fianchi (Lilyquist 2007: 96, fig. 3), con un braccio piegato e la ma-
no portata al seno a sorreggere un piccolo di anatra o un altro animale (Robins 1996: 32,
fig. 12) o con le braccia aperte (Capel-Markoe 1996: 78; Spurr-Reeves-Quirke 1999: 31,
n. 36; Lilyquist 2007: 97, fig.4) in un gesto che ricorda molto quello raffigurato sui letti
votivi. Queste piccole cariatidi, inoltre, portano in molti casi una parrucca corta, una col-
lana ed una sottile cintura di conchiglie in vita, allo stesso modo delle figure femminili
frontali. Infine, sul capo sorreggono un elemento svasato a tronco di cono rovesciato che,
grazie ai dettagli incisi, è possibile riconoscere come un ombrello di papiro. La somi-
glianza con il copricapo della figura femminile presente sui letti votivi è davvero notevo-
le. Queste giovani fanciulle nude sono state interpretate da alcuni come inservienti di bas-
so rango (Lilyquist 2007: 97) o come raffigurazioni delle ancelle preposte alla cura della
padrona di casa (Capel-Markoe 1996: 79), ma anche come personificazioni della dea Ha-
thor (Capel-Markoe 1996: 79) o come nfrwt (Lilyquist 2007: 99), giovani donne del pa-
lazzo che non abbiano ancora avuto figli, secondo la definizione presente nel racconto
della festa in barca contenuto nel papiro Westcar (Bresciani 1999: 185), che risultano as-
sociate al culto della dea Hathor163.
Due figure femminili intagliate nel legno, ritrovate nella tomba H25 di Buhen e proba-
bilmente in origine parte di un mobile decorato (Randall-Maclver-Wooley 1911: 131,
149-150, 225), presentano tutte le caratteristiche tipiche delle figure dei manici di spec-
chio, ma aggiungono ad esse due immagini di Bes sulle cosce ed un copricapo alto e sva-
sato inciso con sottili linee verticali e piccoli tratti a spina di pesce (Lilyquist 2007: 97,
fig. 6). Sebbene tale copricapo sia stato interpretato come un cesto o come una serie di
rami di pàlma, risulta invece essere in tutto analogo al copricapo piumato tipico della dea
Anukis (Valbelle 1981: 115, fig. 5 nn. 259, 261a; tav. VII n. 389).
In effetti l'elemento a tronco di cono rovesciato di altezza variabile, presente sul capo
della figura femminile frontale nuda dei letti votivi, potrebbe essere interpretato come una
resa stilizzata del tipico copricapo di questa divinità. Anche il copricapo di Bes, analoga-
mente a quello di Anukis, è normalmente costituito da una serie di alte piume e, infatti,
sui letti votivi anche il copricapo delle figure di Bes è reso quasi sempre come un sempli-
ce elemento svasato. Inoltre, in molte raffigurazioni della dea, non solo il copricapo varia
spesso in altezza, ma è anche reso in molti casi solamente con la linea di contorno esterna
(Valbelle 1975: fig. 4; Valbelle 1981: 115, fig. 5 n. 328; 117, fig. 6 n. 188; tav. VI). Molte
rappresentazioni di questa divinità mostrano che condivideva con Hathor la caratteristica
raffigurazione frontale del volto (Valbelle 1981: 117, fig. 6; tav. V; Miiller 2003: 96) ed è
particolarmente interessante che al suo nome sia stato attribuito il significato di "colei che
abbraccia" (Wilkinson 2005: 138), un appellativo che richiama proprio l'atteggiamento
tipico della figura femminile dei letti votivi, e che ad esso possa essere anche accostato il
termine 'n che possiede i significati: "l'avvicinarsi dell'inondazione" e "provocare
l'alluvione" 164 (Wb I: 206.2-3).
163
Tale associazione è resa esplicita nel racconto della "Distruzione dell'umanità", nel quale la trasfor-
mazione di Hathor-Sekhmet produce la generazione delle nfrwt di 1mJw (Troy 1986: 78).
164
Secondo Valbelle (1981: 140) il termine potrebbe essere stato derivato artificialmente dal nome della
divinità per le caratteristiche del ruolo associato ad essa in Epoca Tarda, quello di presiedere al controllo
della piena del Nilo.
152 LETTI VOTIVI

Infine, l'immagine della dea Anukis è strettamente connessa con le imbarcazioni, è


l'unica, insieme a quella di Ahmosi Nefertari, che viene raffigurata sulla propria barca
processionale all'interno di un naos aperto alla vista dei fedeli {Milller 2003: 97) e che du-
rante i festeggiamenti in suo onore veniva trasportata in barca e accompagnata dalla popo-
lazione festante in un vero e proprio corteo fluviale (Valbelle 1981: 16-17, doc. 132). Le
interessanti sculture lignee di Buhen testimoniano dell'esistenza, nell'ambito dell'im-
maginario figurativo egiziano, della possibilità di accostare l'iconografia tipica della gio-
vane figura femminile nuda con corta parrucca, probabilmente associata alla dea Hathor,
a quella delle due immagini di Bes165 e a quella di un copricapo tipico invece della dea
Anukis.
Su una lastra di calcare conservata al Petrie Museum of Egyptian Archaeology (UC
14702), purtroppo di provenienza e datazione ignote, è raffigurata una divinità femminile
nuda in visione frontale, con le braccia lungo i fianchi e le mani che stringono un pesce ed
un uccello palustre. La parrucca è assolutamente hathorica, così come le larghe orecchie
bovine, ma il copricapo è a tronco di cono rovesciato, estremamente simile a quello della
dea dei letti votivi o a quello di Anukis, e sembra avere anche due urei laterali 166 •
Un'identificazione certa della figura è impossibile, ma l'immagine rimane importante per
il suo valore iconografico e come ulteriore attestazione dell'esistenza di figure composite
che rappresentano una divinità femminile nuda frontale con i tratti di una Hathor/Anukis
che esprime il proprio controllo sugli elementi naturali dell'ambiente palustre.
Se poi la gestualità e lo schema compositivo della figura presente sui letti votivi ri-
chiama l'iconografia tipica della dea Qadesh, non bisogna stupirsi eccessivamente: le tre
divinità infatti appaiono comunque legate dall'as imilazione con l'Occhio di Ra e del re-
sto, secondo la citazione di Loprieno riportata da Lahn (2005: 210) "die Grenzen der
Theologie der unterschiedlichen weiblichen Gottheiten in Àgytpen immer flie end (blie-
ben)".

Suonatrice di liuto
Sebbene Stadelmann (1985: 267) descriva questa figura come "gleichfalls nackte
Frauengestalt in Vorderansicht", osservando i frammenti sui quali essa è delineata in
maggiore dettaglio, risulta chiaro che sia le gambe che il capo sono rappresentati di profi-
lo e solo il busto è reso frontalmente per la necessità di mostrare il liuto che la figura sor-
regge con le due mani. Quanto alla sua nudità, è plausibile ipotizzarla grazie alle rare raf-
figurazioni che hanno conservato tracce di colore, come quella presente sulla placchetta
JE 59848 del museo del Cairo (Fig. 18). Questa figura, per la posizione centrale occupata
sulla barca, corrispondente a quella della figura in visione frontale, risulta rivestire un
ruolo simbolico decisamente importante nell'ambito della decorazione dei letti votivi. Ta-
le ruolo appare inoltre sottolineato dal copricapo svasato che la figura indossa (Fig. 26) e

165
Questo accostamento risulta espresso anche nella figura di nuotatrice scolpita in un manico di cuc-
chiaio portatrucco (Hodjash 2004: 151-152, fig. 215a), cui si è già accennato.
166
L'adozione del doppio ureo è un elemento tipico, ma non esclusivo, dell'iconografia regale della diꞏ
nastia kushita. In questo caso potrebbe quindi attribuire alla divinità femminile un'origine o una connotaꞏ
zione meridionale.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI 153

che sui pannelli di alcuni esemplari (nn. 37 e 46 del corpus) è reso in modo meno schema-
tico come una sorta di corona a più punte.

Figura 26: letto votivo JE 59845 (n. 41 del corpus) rinvenuto presso Medinet Habu ed oggi conservato nel Museo Egi-
zio del Cairo (da Teeter-Johnson 2009: 30, fig. 22; disegno di Angela Altenh ofen; copyright The Orientai lnstitute of
the University ofChicago)

Il liuto era uno strumento molto diffuso in Egitto, poteva essere suonato sia da uomini
che da donne e veniva impiegato sia durante le celebrazioni o le festività religiose che du-
rante occasioni più mondane, come i banchetti (Manniche 1975: 80). La decorazione della
parte terminale del manico dello strumento con una testa di anatra intagliata, elemento
che anche i liuti dei letti votivi mostrano di possedere, è stata interpretata come
un'associazione fra lo strumento ed il dio Amon (Manniche 1975: 80), ma anche come un
richiamo agli aspetti erotici e riproduttivi connessi con il volatile.
Il motivo iconografico che lega la suonatrice di liuto con l'ambiente palustre del papi-
reto era già stato sviluppato durante il Nuovo Regno. Si ritrova infatti su una coppa in
faience conservata presso il museo di Leiden (Schneider 1981: 69, n. 14), sulla quale la
musicista è accovacciata in posizione analoga a quella presente sui letti votivi ed è cir-
condata da bouquet di papiri e tralci di vite. Altre raffigurazioni di questo tipo sono poi
presenti sui manici intagliati dei cucchiai portatrucco in legno della XVIII e XIX dinastia:
qui le fanciulle nude sono rappresentate con il liuto in mano mentre avanzano a piedi in
mezzo ad alti steli di papiro (Vandier D' Abbadie 1972: 17, n. 22; Berlev-Hoqjasb 2004:
154 LETTI VOT IV I

493, n. 212), ma anche in piedi al centro di una piccola imbarcazione con prua e poppa
terminanti a forma di testa di anatra che sembra muoversi sull' acqua fra steli di papiri
con ombrelli aperti e chiusi, nidi di uccelli e fiori di loto (Delange 1993: 26-27; Robin
1993: 184, fig. 81). Tutti gli elementi presenti in questi cucchiai, nota Miiller (2003: 74),
risultano essere delle metafore strettamente intrecciate le une con le altre che concorrono
a dare espressione ad una visione della vita fortemente connotata dall'elemento femmini-
le. In sostanza la composizione sembra esprimere la capacità femminile di generare nuova
vita e di farla germogliare e crescere, e in modo particolare di stimolare la procreazione
attraverso la forza di attrazione erotica dei corpi (Miiller 2003: 74). Da alcuni studiosi
questi cucchiai sono stati considerati dei veri e propri oggetti cultuali e nelle musiciste si
sono viste delle rappresentazioni della dea Hathor. Miiller (2003: 75) ritiene piuttosto che
le fanciulle raffigurate su di essi si avvicinino molto all'essenza divina, soprattutto per la
nudità, la rappresentazione parzialmente frontale, la barca con le teste di anatra e i nidi
degli uccelli - metafora del grembo materno - senza però raggiungerla.
Presso la collezione Myers dell'Eton College di New York si trova il confronto miglio-
re per la suonatrice di liuto dei letti votivi. Si tratta di una raffigurazione realizzata sulla
presa di una vaschetta per cosmetici in steatite (n. inv. ECM 1793) datata alla XVIII dina-
stia (Spurr-Reeves-Quirke 1999: 31, n. 35). La musicista è rappresentata al centro di una
barca con prua a testa di anatra e poppa a coda di volatile sullo sfondo di steli di papiro.
La figura femminile nuda è nella stessa posizione della suonatrice presente sui letti votivi,
sul capo porta una sorta di modio svasato e il manico del liuto termina a testa di anatra. La
raffigurazione sembra quasi prodotta con gli stampi usati per imprimere nell'argilla la de-
corazione dei letti votivi. Ma a cosa allude il copricapo presente in queste decorazioni?
Una possibilità è che assolva proprio la funzione dÌ connotare in senso divino le immagini
di queste musiciste.
Su un raro esempio di membrana di tamburello circolare, databile al tardo Nuovo Re-
gno o all'epoca immediatamente successiva, conservato presso il museo Ashmolean di
Oxford (n. inv. 1890.543) è rappresentata una scena di festeggiamenti musicali suddivisa
su quattro registri (Manniche 1973). Purtroppo lo stato di conservazione della membrana
non permette di comprendere in modo chiaro la scena raffigurata, poiché mancano pro-
prio le parti centrali. Ciò nonostante è possibile vedere sul secondo registro dall'alto due
file di divinità rivolte verso il centro della scena e della membrana, purtroppo mancante,
che innalzano e suonano dei tamburelli circolari. Fra le divinità si riconoscono a destra un
Osiri - di cui è visibile solo il copricapo - due divinità femminili con coma hathoriche
e disco solare, una con il copricapo tipico di Anukis ed una con Sokar, mentre a sinistra vi
sono un Thot, una dea con coma e disco solare ed un'altra divinità femminile con alto co-
pricapo piumato o vegetale. Del terzo registro si conserva solo una piccola porzione che
però mostra delle figure femminili vestite solo con un corto gonnellino, che suonano tam-
burelli, eseguono passi di danza e portano un copricapo svasato e con tratti verticali che
richiama proprio quello della dea Anukis o del dio Bes. Queste figure di musiciste che in-
dossano copricapi analoghi a quelli portati dalle suopatrici di liuto dei letti votivi, sem-
brano compartecipare, sebbene forse in modo subordinato (come potrebbe essere indicato
dalla gerarchia dei registri), della natura divina dei protagonisti della scena. In questo ruo-
lo di figure semidivine le musiciste/danzatrici erano probabilmente considerate,
nell'ambito di particolari rituali, delle personificazioni di divinità come Bes, Hathor, A-
nukis o Meret, delle quali assumevano gli attributi.
lNTERPRETAZIONE DELLE DECORAZlONI 155

Figura 27: archi trave in calcare da Medinet Habu, conservato presso il Museo Egizio del Cairo (JE 32016)

La chiara associazione fra il copricapo svasato e le musiciste si trova anche su un inte-


ressante architrave in calcare del museo del Cairo (n. inv. JE 32016). La scena raffigurata
è divisa in due parti dalla rappresentazione centrale del volto della dea Hathor in visione
frontale (Fig. 27). Nei pannelli laterali due musiciste 167 , identificate in modo esplicito con
il titolo di smr-yt n 1mn Rr- nswt nfrw e con indosso il particolare copricapo, suonano dei
tamburelli al cospetto di due divinità assise, Hathor Signora di Tebe e Mut Signora del
cielo, alle quali sono offerti vari bouquet compositi di papiri e fiori di loto. L'importanza
dell'archi trave, databile in base ai riferimenti interni e allo stile del rilievo fra la fine della
XX e l'inizio della XXI dinastia, risiede anche nel fatto che proviene proprio dall'area
templare di Medinet Habu (nella quale è stata rinvenuta la maggiore concentrazione di
letti votivi) e mostra come la venerazione di divinità che incarnano il principio femminile
e presiedono alla fertilità e alla maternità da parte di una cantante di Amon 168 potesse e-
sprimersi nell'atto musicale e nell'impiego di un copricapo in tutto analogo a quello di
Anukis e Bes.
Allo stesso modo, un ulteriore confronto iconografico per i copricapi delle figure
femminili dei letti votivi, e questa volta pressapoco contemporaneo a tali raffigurazioni, è
costituito da una scena presente su uno dei blocchi del portale monumentale di Osorkon Il
rinvenuto a Bubastis (Fazzini 1988: 18, tav. Xll.1; Fischer 2001: 4, fig. 7). Il rilievo mo-

1 67
Una di esse potrebbe essere identificata con Ikhtay (Cemy 1973: 357, 362), prima moglie dello scriba
della necropoli Butehamon, destinataria, quando ormai defunta, di una celebre lettera scritta dal marito
(Cemy 1973 : 370 ; Frandsen 1992 ; Heerma van Voss 1982 : 13- 14, fig. 17). Uno studio completo di questo
importante architrave verrà presentato in una pubblicazione futura.
168
Per il legame fra le cantanti di Amon e i letti votivi si vedano le considerazioni conclusive.
156 LETTI VOTIVI

stra delle musiciste e danzatrici con dei copricapi svasati a più spighe che ricordano da vi-
cino quello della suonatrice di liuto - anche nella sua resa più dettagliata, a varie punte
- e intendono probabilmente richiamare il tipico copricapo ad elementi vegetali della
dea Meret (Blackman 1921: 8, fig. 1; Kakosy-Moussa 1998: 144, fig. 1) con lo scopo di
attribuire alle musiciste un ruolo divino (Onstine 2005: 12). Se infatti la dea Hathor è ri-
conosciuta come la divinità della musica e della danza per eccellenza, Meret, considerata
comunque come una manifestazione di tale dea, è stata definita come la "personification
of the priestess as a singer" (Troy 1986: 87) o anche come: "officiante devenue déesse qui
vivifie par la puissance musicale de sa voix les textes sacrés" (Berlandini 1982: 80-8I).
Durante la partecipazione a rituali specifici le sacerdotesse musiciste si identificavano con
le divinità musicali, in particolare con le Meret, e recitavano nelle drammatizzazioni del
mito di Osiri o di quello della dea lontana, impersonificando i membri del corteo musicale
che accompagnavano la dea temibile nel suo viaggio di ritorno dalle terre lontane e deser-
tiche (Naguib 1990: 237).

Alto sgabello
Sui pannelli frontali n. 36 e n. 37 è possibile osservare che la figura femminile centrale
appare seduta, nel primo caso con un fiore di loto nella mano destra e la mano sinistra
portata alla bocca e nel secondo con un liuto sorretto con entrambe le mani, su un alto
sgabello di forma bitroncoconica e dotato di un cuscino che, nel primo esemplare, si piega
adattandosi al corpo. Si tratta di un tipo non comune di sedile che risulta attestato quasi
esclusivamente in scene connesse alla cosiddetta "pergola della nascita" o birthing ar-
bour. Tutte le altre attestazioni note si trovano, infatti, su alcuni ostraka provenienti da
Deir el Medina, su un papiro satirico, su una pittura murale rinvenuta in una casa di Deir
el Medina e su un rilievo frammentario probabilmente proveniente da una tomba menfita
(Schulman 1985: 98, figg. la, b), nelle quali si vedono giovani donne che allattano i pro-
pri figli o che sono accudite da inservienti1 69 . Secondo Ballet (1994: 25-26) questo parti-
colare tipo di sedile, originariamente realizzato con un intreccio di rami di palma, potreb-
be essere all'origine della successiva iconografia di epoca greco-romana di Isi accovac-
ciata sul cesto (Ballet 1994: 23, figg. 1-5), che potrebbe aver conservato la stretta relazio-
ne esistente durante il Nuovo Regno fra questo alto sgabello e il parto, la nascita o la cura
del corpo.

Figura femminile a prua


La figura femminile che è possibile vedere, in alcuni esemplari di pannelli frontali, sul-
la prua dell'imbarcazione, sembra sporgersi in avanti, estendendo entrambe le braccia, per
afferrare gli steli dei papiri della macchia palustre nella quale la barca è raffigurata. I letti
n. 33, 41 e 46 mostrano tale figura nell'atto di afferrare i papiri subito sotto l'ombrello e

169
In queste scene è spesso presente lo specchio, che viene presentato alla figura femminile seduta dalle
inservienti. Specchio ed inservienti sono spesso raffigurati anche sui letti di alcune figurine femminili in ter-
racotta (Berlev-Hodjash 2004: 466, n. 188), che sono state considerate da alcuni studiosi come la trasposi-
zione tridimensionale delle scene raffigurate sugli ostraka o sui dipinti murali (Pinch 1983).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI 157

di piegarne gli steli, mentre sul letto n. 38 sembra che la figura abbia effettivamente sradi-
cato le piante e che le stia sorreggendo con le due mani o porgendo in avanti. L'azione
raffigurata sui letti votivi richiama alcune scene, raffigurate soprattutto durante l'Antico
Regno 170, connesse con un antico rituale dedicato alla dea Hathor171• In esse, il testo i-
scritto quasi in forma di didascalia alle raffigurazioni, sss w3çl, n lfwt-Jfr, indica che le fi-
gure rappresentate stanno compiendo il "sss dei papiri di Hathor" (o per Hathor, in onore
di Hathor). La comprensione di queste raffigurazioni rimane ovviamente legata al signifi-
cato che si intende attribuire al termine sss. Le interpretazioni proposte sono numerose 172
e hanno oscillato dalla raccolta dei papiri per offrirli in cerimonie funebri, all'intreccio
degli steli per formare un arco che fungesse da portale simbolico per l'apparizione della
dea (Montet 1957: 108), dallo scuotimento dei fusti per scovare e cacciare gli uccellina-
scosti nella vegetazione 173, ad un vero e proprio pellegrinaggio nelle foreste di papiri in
onore di Hathor (Harpur 1980: 58; Dittmar 1986: 156). Difficile stabilire quale possa es-
sere l'interpretazione più corretta, ma nell'analisi delle scene che raffigurano questo sin-
golare rituale non è stato forse considerato a sufficienza il ruolo svolto dalle figure di pa-
renti, per lo più la moglie o i figli, spesso presenti sull'imbarcazione accanto al personag-
gio che compie l'azione. Non si deve dimenticare che ci troviamo in un ambito stretta-
mente funerario e che è stato ampiamente dimostrato, per contesti analoghi anche se cro-
nologicamente assai distanti, il valore simbolico-religioso delle cosiddette scene di "vita
quotidiana" raffigurate sulle pareti delle tombe del Nuovo Regno. Un valore simbolico
che, nel caso delle scene di ambientazione palustre, attiene in modo abbastanza chiaro ad
una sfera erotico-rigenerativa (Manniche 2003: 42-45). Come in queste ultime, anche nel-
le raffigurazioni dell'Antico Regno, il personaggio principale indossa abiti e ornamenti
per nulla adatti all'attività fisica (caccia, pesca, raccolta del papiro) svolta in un reale con-
testo p<J.lustre (Harpur 1980: 57), elemento questo che rimanda chiaramente ad un signifi-
cato simbolico delle scene. Nelle scarse scene di epoca successiva 174 , provenienti sempre
da ambiti funerari, nelle quali sembra possibile rintracciare la raffigurazione del rituale
connesso al sss w3çl,, un'evoluzione appare subito evidente: non compare più alcun riferi-
mento testuale ai termini impiegati durante l'Antico Regno per descrivere l'azione o il ri-
tuale, né alcuna citazione della dea Hathor. Le scene raffigurate mostrano sempre perso-
naggi di rango elevato che si inoltrano in un papireto con piccole imbarcazioni e che af-
ferrano, da esse, gli steli delle piante. La persistenza dei modelli iconografici antichi ap-
pare evidente e, nonostante forse il significato originario del termine sss, e quindi del ri-

170
Si trovano infatti per la prima volta in tombe di personaggi di alto rango dell'Antico Regno o del
Primo Periodo Intermedio, come la mastaba di Mrj=s-'nb (Dunham-Simpson 1974: fig. 4), la mastaba di
JJzn (Simpson 1980: fig. 30), o la tomba di Jzj a Deir el-Gebrawi (Davis 1902: tav. XVII).
171
Già Wettengel (1992: 328, 333) considerava le scene dei letti votivi genericamente connesse a tale ri-
tuale. Per una valutazione di questa interpretazione si veda anche Del Vesco (2007a).
172
Per una sintesi delle varie interpretazioni e una discussione sull'argomento si veda Munro (1993: 95-
118, 126-136).
173
Secondo tale interpretazione (Vandier 1964: 741), l'azione di scuotere i fusti di papiro possedeva, ac-
canto al valore utilitaristico (la buona riuscita della caccia), anche una valenza religiosa: l'offerta alla dea
Hathor del piacevole suono dei papiri agitati, simile a quello prodotto dal sistro (ssst).
174
Una sola scena è nota per l'XI dinastia, nella tomba di BJ!f,tj a Beni Hassan, e due raffigurazioni
compaiono nella XVIII e nella XIX dinastia, rispettivamente nella tomba di Ay a Tebe (KV 23) e in quella
di Pt -ms a Saqqara (Dittmar 1986: 152). Per le scene nella tomba di Ay si veda Piankoff (1958: 247-248,
tav. XXI 2).
158 LETTI VOTIVI

tuale ad esso connesso, non fosse probabilmente più compreso1 75, il valore simbolico ge-
nerale della raffigurazione con la particolare ambientazione palustre doveva risultare an-
cora legato ad un ambito erotico-rigenerativo.
Alla stessa sfera semantica devono essere ricondotte anche le immagini di giovane
donne raffigurate sui manici di alcuni cucchiai porta-trucco in legno della XVIII dinastia
che rappresentano un altro ottimo parallelo iconografico per la figura femminile presente'
sulla prua della barca nelle decorazioni dei letti votivi: anche esse infatti sono rappresen-
tate in un ambiente palustre nell'atto di afferrare e probabilmente strappare alcuni steli di
papiro o dei fiori di loto (Vandier D'Abbadie 1972: 17, n. 23; Baud 1978: tav. XXI).
Avvicinandosi ulteriormente all'epoca delle raffigurazioni presenti sui letti votivi, tro-
viamo infine altri due ottimi confronti per le figure femminili poste a prua in due pannelli
della decorazione della tomba di Hormose a Hierakonpolis, datata all'XI secolo a.C.. In
essi (Walters 2003: 561, fig. 4) è possibile vedere, infatti, due piccole imbarcazioni in un
ambiente palustre che presentano al centro, in un caso, una divinità femminile assisa in
trono e con un fiore di loto in mano che porta una corona di tipo hathorico ed è accompa-
gnata da un'iscrizione tradotta da Walters (2003: 562) con "Isis the Great the Mother of
the God", nell'altro una figura ranicchiata e con una mano alla bocca che potrebbe rap-
presentare un Horus fanciullo. Sulla prua delle barche, in entrambi i casi, troviamo una
figura femminile stante con le braccia in avanti a sorreggere o afferrare degli steli di papi-
ro, che inoltre indossa un copricapo simile ad un basso modio, che ricorda quello svasato
presente sul capo delle figure dei letti votivi. Questi pannelli decorativi fanno da cornice
ad un naos che culmina con un fregio di teste di Hathor alternate a segni w3s e 'nb, nel
quale è seduta la moglie di Hormose, che possedeva i titoli di "Cantante di Amon" e "Su-
periore delle Nutrici di Isi la Grande", raffigurata'nell'atto di allattare un bambino tenuto
sulle ginocchia. È evidente, in questo caso, che i pannelli laterali avevano la funzione di
richiamare il racconto mitologico della nascita e della protezione di Horus nei papireti di
Khemmis offrendo una cornice, non solo decorativa ma anche simbolica, perfetta per la
scena raffigurata al centro e contribuendo a realizzare una sorta di precocissima rappre-
sentazione di mammisi (Walters 2003: 562).

Rematrice
La figura femminile che si trova a poppa dell'imbarcazione nelle decorazioni dei Tipi
B2, B3 e B4 e che è rappresentata nell'atto di fare leva su una lunga pertica risulta sicu-
ramente essere un'immagine di secondaria importanza nell'insieme della raffigurazione
- il ruolo primario è chiaramente svolto dalla figura in visione frontale e dalla suonatrice
di liuto - e tuttavia appare al contempo assolutamente indispensabile alla composizione.
È solo grazie a questa figura infatti che la scena acquisisce una connotazione di maggiore

175
Molto interessante, a tal proposito, sarebbe però comprendere quale valore avessero le scene dello
stesso tipo raffigurate nei rilievi che decoravano elementi architettonici (architravi, stipiti e pareti) di epoca
saitica. Quanto cioè fossero delle semplici copie delle scene dell'Antico Regno, realizzate nell'ambito del
più ampio fenomeno arcaizzante tipico di questa epoca, o delle rielaborazioni consapevoli arricchite di nuo-
vi significati. In esse ricompare, dopo la parentesi del Nuovo Regno, la didascalia con il termine sss, ma
vengono introdotte anche immagini che richiamano in modo diretto le figure di fanciulle nude e le nuotatri-
ci così diffuse sugli oggetti di toeletta e sulle scodelle in faience della XVIII e XIX dinastia (Keimer 1952:
64, tav. II).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 159

realismo e riesce a trasmettere perfino una sensazione di movimento. La postura stessa


della rematrice, inoltre, spezza la rigidità dello schema nel quale le altre figure sembrano
imprigionate: con le braccia leggermente piegate e disposte in modo antitetico lungo
l'asse obliquo segnato dal palo, il corpo si flette all'indietro e, completamente sbilanciato,
sposta tutto il proprio peso sulla pertica.
Anche questa non è un'iconografia estranea alla cultura figurativa egiziana e trova al-
cuni precisi confronti, ad esempio, nelle decorazioni di soggetto nilotico presenti su alcu-
ne ciotole in faience. Su due di queste, rinvenute a Gurob (Petrie 1891: tav. XX, nn. 3 e 6;
Thomas 1981: 48, n. 236; tav. 46) e databili alla XIX dinastia, ritroviamo l'immagine del-
la rematrice, raffigurata in modo assolutamente analogo a quella presente sui letti votivi.
In questi esempi la figura femminile, anche qui nuda, si trova in un papireto su una picco-
la imbarcazione sulla quale trasporta in un caso un grosso vitello (n. inv. UC 16049) e
nell'altro una sorta di gabbia per uccelli. Su un'altra scodella di faience, risalente all'età
del bronzo e rinvenuta presso il sito di Enkomi sull'isola di Cipro, si vede invece un per-
sonaggio maschile che fa avanzare una piccola imbarcazione azionando un lungo remo
nel medesimo modo della nostra rematrice, vale a dire con un braccio allungato in basso
nella direzione del remo e l'altro sollevato ad afferrarlo al di sopra della testa. Anche qui
sull'imbarcazione trova posto un piccolo vitello e alte piante di papiro, che sembrano ori-
ginarsi da essa. La simbologia rimanda, secondo Fourrier (2004: 31, fig. 1) al tema della
rinascita e alla dea Hathor, il cui volto è spesso inserito nella decorazione di questi reci-
pienti.
Un altro confronto per questo motivo iconografico risale alla XVIII dinastia e si trova
sulla giaretta a corpo ovoide conservata presso il museo di Brooklyn (n. inv. 59.2), sulla
quale si trova anche la figura femminile che stringe i due mazzi floreali nel gesto antiteti-
co preceçlentemente citato (Freed 1982: 28-29, fig. 51). Tale decorazione mostra infatti
una piccola barca di papiro spinta da una fanciulla nuda che, stando in piedi, fa leva su un
lungo palo. La figura è qui affiancata da una grossa anatra ad ali spiegate e da un vitello
che spicca un balzo al di sopra di un grosso fiore di loto, ed è circondata da corti e sottili
rami rossi con foglie scure ai lati, che potrebbero essere interpretati come liane di convol-
volo. Altri esempi di una figura femminile nuda che rema in una barca, questa volta con
la prua a forma di testa di anatra, si trovano su due ostraka di Deir el Medina (Vandier
D' Abbadie 1946a: 224, nn. 3019 e 3020): in un caso (n. 3020) la figura è in piedi sulla
barca mentre aziona una lunga pertica, ma senza sbilanciare il corpo all'indietro, ed è cir-
condata da vari steli di papiro, da due uccelli in volo e da un nido che custodisce delle uo-
va; nell'altro (n. 3019) la rematrice è accovacciata nella barca e sembra utilizzare una sor-
ta di pagaia. Una raffigurazione analoga a quest'ultima è presente su un ostrakon rinvenu-
to nel 1998 nell'area della tomba di Ramses X, nella Valle dei Re, ma mostra al posto del-
la figura femminile un'immagine di Bes accovacciato nella barca con prua a testa diana-
tra mentre impiega il corto remo (Muller 2003: 77).
Che l'azione di remare potesse essere considerata uno stimolo di natura erotica, soprat-
tutto se realizzata da giovani fanciulle nude, sembra evidenziato anche dal racconto della
festosa uscita in barca del re Snefru contenuto nel papiro Westcar (Bresciani 1999: 185).
La decorazione della vasca di una scodella in scisto nero con fondo ad anello, conservata
presso il museo del Cairo (n. inv. CGC 18682), esprime in modo chiaro lo stretto legame
esistente fra la navigazione nella macchia di papiri e gli aspetti legati alla sensualità e
all'erotismo. La raffigurazione mostra infatti una barca con prua a testa di anatra e poppa
in forma di coda di uccello. Su di essa trovano posto una figura femminile nuda che sor-
160 LETTI VOTIVI

regge un lungo remo terminante a testa di anatra, che costituisce;,un altro confronto con
l'immagine presente sui letti votivi, una figura femminile nuda:con corta parrucca, una
collana e due bracciali, che sta in piedi al centro della barca e stringe nella mano sinistra
due anatre per le ali, e a prua un uomo nudo, con barba e capelli lunghi ed il pene eretto
che protende il braccio destro in avanti stringendo in mano due boccioli di ninfea cerulea'
(Von Bissing 1904: 144-145).

Testa di volatile - largo collare


Il motivo dell'imbarcazione a testa di anatra, come abbiamo visto, risulta attestato nel-
le decorazioni di alcuni cucchiai portatrucco, nelle quali però sia la prua che la poppa mo-
strano questo tipo di terminazione, e nelle raffigurazioni presenti su alcuni ostraka del
Nuovo Regno. Delle imbarcazioni di questo tipo sono inoltre raffigurate, sia nel tempio di
Luxor che in quello di Khonsu a Kamak, tra quelle del corteo che.segue la barca sacra del
dio Amon nella processione fluviale della festa dell'Opet (Epigraphic Survey 1979: tav.
21; Epigraphic Survey 1994: tavv. 77-79). In questo caso, però, le barche sono di dimen-
sioni decisamente maggiori, presentano a poppa due lunghi timoni ed una fila di rematori,
e sono cariche di offerte di cibo e bouquet vegetali compositi. In lcuni esemplari di pan-
nello (nn. 5-6, 8-12, 33 del corpus) la bocca dell'anatra è raffigurata aperta, un dettaglio
che trova confronto in un ostrakon da Deir el Medina (Vandier D'Abbadie 1946a: 224-
225, tav.155, n. 3021) e nei cucchiai portatrucco a forma di nuotatrice nuda che afferra il
corpo di un'anatra (si veda ad esempio Keimer 1952: tav. 5). Altre imbarcazioni con prua
a testa di anatra sono presenti su una coppa in argento di produzione egiziana, rinvenuta
presso Golgoi, a Cipro (Markoe 1951: 31,361; Gubel 1987: tavv. XLI-XLII, n. 159) e nei
rilievi della battaglia navale contro i Popoli del Mare raffigurata sulle pareti del tempio di
Medinet Habu (Hermann 1932: 104, fig. 14). Il confronto migliore è rappresentato dalla
barca raffigurata sulla scodella in scisto nero del museo di Berlino cui si è già accennato
(Von Bissing 1904: 144-145).
In nessun parallelo noto, tuttavia, la prua della barca presènta un largo collare come
quello che è possibile vedere sui letti votivi e che richiama direttamente il collare usekh
posto a prua e a poppa delle barche processionali divine come decòrazione dell'egida176
La presenza di questo elemento attribuisce all'imbarcazione ed ai suoi occupanti -
quindi anche alla musicista-ꞏ una connotazione divina e conferisce all'insieme delle sce-
ne un'aura di sacralità.

Animali accovacciati
Nelle decorazioni di alcuni esemplari di letti votivi compaiono, sull'imbarcazione, due
animali accovacciati ai lati della figura femminile centrale rappresentata frontalmente.
Compaiono solo in letti che presentano tale figura e normalmente sono posizionati esat-
tamente in corrispondenza della base dei bouquet floreali sorretti da essa. In un caso, nel

176
Sulla barca processionale del dio Amon compare per la prima volta all'epoca di Hatshepsut (Karls-
hausen 2009: 169).
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 161

letto n. 33 che appartiene al caratteristico tipo B2, gli animali si trovano più distanti dalla
figura centrale, in corrispondenza, a prua e a poppa dell'imbarcazione, delle altre figure
femminili. Non è semplice identificare di che tipo di animale si possa trattare, dal mo-
mento che non è quasi mai raffigurato in modo sufficientemente dettagliato. Le raffigura-
zioni presenti sui letti nn. 1O, 11 e 13 risultano inoltre troppo erase per essere di qualche
aiuto in tale identificazione. Un frammento conservato presso il Museo Egizio del Cairo
(n. 12) ed uno del museo egizio di Firenze (n. 14), che mostrano una decorazione del tutto
analoga a quella presente sugli esemplari appena citati, si rivelano invece a questo scopo
preziosissimi. Tali frammenti presentano infatti due delle rappresentazioni di questo ani-
male accovacciato più chiare e meglio conservate fra quelle al momento note. Grazie ad
esse, e al confronto con le immagini presenti sul letto n. 33177, è possibile avanzare
l'ipotesi che gli animali accovacciati rappresentino dei vitellini. La loro posizione ed il
fatto che si trovino su.una imbarcazione richiama subito alla mente le numerose raffigura-
zioni presenti nelle mastabe dell'Antico Regno, con scene di attraversamento del fiume da
parte del bestiame, nelle quali i vitelli vengono portati in spalla dai mandriani, legati alle
piccole barche di papiro o issati su di esse per proteggerli da pericolosi predatori.
L'immagine richiama inoltre, e forse volutamente, la rappresentazione della dea Hathor,
in forma di vacca, sulla barca in mezzo ai papiri178. Ma i confronti iconografici più vicini
alle raffigurazioni dei letti votivi si trovano su una scodella di faience del Nuovo Regno
rinvenuta a Gurob (Petrie 1891: 19; tav. XX, n. 3; Thomas 1981: 48, n. 236; tav. 46) e
conservata presso il Petrie Museum of Egyptian Archaeology (n. inv. UC 16049), su una
fiasca ovoide in faience del Metropolitan Museum of Art (n. inv. 17.194.2260) e su alcuni
esemplari di calici lotiformi a rilievo in faience (Tait 1963: 105, fig. 2; tavv. XIV; XV, n.
3; XVI, n. 1; XVII, n. l; XVIII; XXII, n. 5). La scodella in faience rappresenta
l' evoluzi9ne di epoca Ramesside delle scodelle chiamate "marsh bowls" (Pinch 1993:
308-315) b anche "Nun bowls" (Schneider 1996: 103, n. 161) diffuse dal tardo Medio
Regno fino al termine della XVIII dinastia. Rispetto a quelle, le scodelle ramessidi si dif-
ferenziano per una maggiore profondità della vasca, per la forma più arrotondata, per la
presenza di punti scuri dipinti sul lato superiore dell'orlo e per la sostituzione dei motivi
iconografici precedenti - flora nilotica, uccelli, antilopi e gazzelle, maschere hathoriche,
pozze d'acqua rettangolari - con figure umane che navigano in barca, che suonano liuti
o flauti, che danzano o trasportano animali o offerte (Pinch 1993: 312). In quella conser-
vata al Petrie Museum, come abbiamo già visto, è raffigurata una giovane donna nuda con
lunghi capelli ed un fiore di loto sul capo, che aziona una pertica per far avanzare in un
papireto una piccola imbarcazione sulla quale è accovacciato un grosso vitello maculato.
Secondo Pinch (1993: 313) la decorazione delle "marsh bowls" doveva rappresentare "the
life-giving properties of the inundation" ed essere in generale legata all'associazione fra
l'ambiente palustre e i temi della fecondità e della nascita. Probabilmente, queste scodelle
erano oggetti dal carattere magico-rituale adoperati per libagioni cultuali, durante le quali
potevano essere riempite con acqua pura, con vino179 o anche con latte180 .Ancora più in-

177
Nelle raffigurazioni presenti su questo letto sembra possibile scorgere anche altri dettagli anatomici,
come ad esempio delle pieghe della pelle all'altezza del collo.
178
Per tale motivo iconografico si veda la recente e interessante analisi di Muller (2003: 61-70).
179
Su alcune scodelle ramessidi sono infatti inclusi nella decorazione anche tralci di vite. Il vino poteva
inoltre essere considerato un simbolo delle acque rossastre dell'inondazione e rappresentava anche il liquido
"intossicante" per definizione, durante lo svolgimento dei rituali connessi all'accoglienza e riappacificazio-
162 LETTI VOTIVI

teressante la presenza delle figure di vitelli accovacciati su una barca che naviga in un pa-
pireto che si ritrovano nella decorazione a rilievo di alcuni calici di faience, prodotti pro-
babilmente ad Hermopoli (Tait 1963). Le immagini presenti su di essi costituiscono forse
il confronto migliore, dal punto di vista iconografico, per quelle raffigurate sui letti votivi
e, inoltre, risultano databili alla stessa epoca, cioè intorno alla XXII dinastia.
Osservando gli animali rappresentati sull'esemplare di letto n. 28, si può notare come
il collo sia qui leggermente allungato e le orecchie affusolate e piegate all'indietro.
L'iconografia presente su questo letto si discosta da quelle di cui si è già parlato e fa pen-
sare che l'animale raffigurato possa rappresentare più un cucciolo di bubalo che un vitel-
lo. Come chiaramente evidenziato da uno studio di Keimer (1943), è questo l'animale
raffigurato nella medesima postura di quello presente sul letto n. 28, che è possibile iden-'
tificare nel segno geroglifico cui è associato il valore fonetico iw (E 9). In realtà, secondo
l'extended library di Hannig (1995: 1136) il segno si presenta anche in una variante (E
9a) che raffigura un animale accovacciato con piccole orecchie, muso più schiacciato di
quello del bubalo e zampa anteriore destra distesa in avanti, anziché ripiegata sotto il cor-
po, secondo un'iconografia che si avvicina molto all'immagine del vitello presente sui let-
ti votivi conservati presso i musei di Firenze e del Cairo181 (nn. 12 e 14 del corpus). Gli
animali accovacciati presenti sulle barche di alcuni letti votivi, insomma, potrebbero ave-
re anche la funzione di richiamare foneticamente un concetto connesso al significato sim-
bolico veicolato dall'iconografia dell'animale o della decorazione nel suo insieme. Il se-
gno geroglifico corrispondente a tali animali è infatti adoperato nella resa grafica dei ter-
mini iwr, "concepire" (Wb I: 56.1) o "essere incinta" (Wb I: 56.4), iw , "inondare i cam-
pi" (Wb I: 57.3), "allagare la terra secca" (Wb I: 5?.4), o iw w "inondazione".

Altri elementi dipinti


Che i colori non avessero esclusivamente un valore decorativo ed estetico nell'antico
Egitto sembra appurato (Pinch 2001). Più difficile è però distinguere di volta in volta i ca-
si in cui un semplice motivo geometrico, realizzato impiegando tonalità di colore diverse,
assume una connotazione ed un valore magico-simbolico o si limita a costituire un ele-
mento figurativo. Venendo al nostro caso, il contesto di impiego dei colori appare carico
di valenze religiose e simboliche, sia per la particolare tipologia del supporto, che per le
raffigurazioni realizzate su tale supporto. È possibile, dunque, che anche i colori compar-
tecipino a veicolare o rafforzare tali significati. Il blu, ad esempio, visibile su vari esem-
plari di letti votivi, era comunemente associato al cielo e all'acqua e dunque evocava fe-
condità e vita (Waraksa 2007: 132), mentre il rosso, che normalmente era connesso a tutti

ne della "dea lontana", la divinità alla quale spesso gli elementi iconografici presenti sulle scodelle sembra-
no alludere (Pinch 1993: 314).
180
In una "marsh bowl" rinvenuta in una tomba di Deir el Medina si sono conservate tracce di una so-
stanza biancastra che in origine doveva essere latte (Pinch 1993: 314). In effetti Miiller (2003: 79) collega
anche questa decorazione al tema della procreazione, che a sua volta risulta strettamente legato al papireto
grazie al mito di Horus fanciullo nelle paludi di Khemmis, e nota come la grossa figura del vitello, avvolta
dalla macchia di papiri, sia quasi racchiusa dalla barca di papiro e inglobata nella curvatura della scodella
come se questa richiamasse simbolicamente l'utero femminile.
181
Su questi letti, infatti, l'immagine presenta anche il dettaglio della zampa anteriore dell'animale por-
tata in avanti.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI - 163

gli aspetti negativi ed alle divinità più pericolose, poteva anche essere legato a significati
positivi: "red things were dangerous, but they might, if handled in the right way, provide
the most powerful protection available" (Pinch 2001: 184).
Oltre alle fasce di colori diversi, altri elementi risultano dipinti sulla superficie dei
pannelli, anziché resi a rilievo.
Nell'esemplare rinvenuto nella Tomba Tebana 14 (n. 2) la decorazione della superficie
superiore mostra una cornice formata dall'associazione di una linea nera e di una gialla;
nella parte centrale un fondo bianco con doppie linee trasversali (nera e gialla) che divi-
dono l'area in quadranti campiti poi da punti neri. Si tratta dello stesso pattern di fondo
bianco, linee gialle e nere e punti neri utilizzato per la decorazione della figurina di fertili-
tà rinvenuta nello stesso contesto.
Inoltre, lungo il margine superiore di alcuni pannelli (nn. 2, 6, 8 e 9) è possibile vedere
dei corti tratti verticali, per lo più neri, che rimandano in modo abbastanza preciso ai tratti
visibili sui letti della nascita raffigurati in alcuni ostraka (Vandier D'Abbadie 1937: 71,
tav. L, n. 2340; 72, tav. LII, n. 2347; Peterson 1973: 135) e che dovrebbero rappresentare
una decorazione del materasso posto sul letto.
Infine, in più casi troviamo una decorazione a punti scuri che ricopre la cornice o an-
che le gambe del pannello. L'utilizzo di punti scuri rimanda alla caratteristica decorazione
degli amuleti in forma di Bes, Beset, scimmia o gatto rinvenuti nell'area del Delta e data-
bili al Terzo Periodo Intermedio (Bulté 1991) ed in effetti l'ambito semantico cui quegli
oggetti sono stati collegati risulta in tutto simile a quello cui sembra connessa la decora-
zione dei letti votivi.

6.3. Significato delle raffigurazioni


Come abbiamo visto, i confronti iconografici per i singoli elementi che compongono il
complesso delle decorazioni dei letti votivi ci riconducono in modo insistente al patrimo-
nio figurativo del Nuovo Regno. Non esistono paralleli di tale periodo che manifestino in
maniera puntuale tutte le caratteristiche presenti nelle raffigurazioni dei letti votivi, piut-
tosto, l'impressione è che siano stati selezionati alcuni motivi della tradizione del Nuovo
Regno e riassemblati in uno schema organico atto a veicolare una sorta di coerente con-
centrato di significati.
In effetti, la tendenza a rivolgersi alla cultura figurativa del Nuovo Regno, nella ricerca
di modelli artistici da emulare, sembra rappresentare una caratteristica tipica della produ-
zione artistica del Terzo Periodo Intermedio, e in modo particolare del periodo compreso
fra la XXI e la XXIII dinastia:"[...] the artists of the Third Intermediate Period were per-
fectly conscious of the various iconographic traditions of the past. They did not copy the
most popular or typical schemes, but chose arche-types which they considered the best
and the most appropriate for the sake of their religious and politica! propaganda. Trying to
restare the best models of the past, they clearly preferred those of the XVIIlth and early
XIXth Dynasties [...]" (Mysliwiec 1991: 115).
L'ambito semantico al quale le raffigurazioni dei letti votivi, nel loro complesso, fanno
riferimento è molto omogeneo e può in realtà essere ricomposto in modo abbastanza age-
vole, proprio grazie all'estrema coerenza esistente fra i significati associati alle singole
164 LETTI VOTIVI

componenti. Tali significati potrebbero essere sintetizzati nella definizione adottata da


Pinch (1993: 313) per le raffigurazioni presenti sulle cosiddette "marsh bowls": "the life-
giving properties of the inundation" o "the association of marshes with fecundity, birth
and rebirth". In effetti, come abbiamo visto, i concetti che ritornano con maggiore fre-
quenza sono quelli di erotismo, fecondità, nascita, protezione della nascita, inondazionee
crescita rigogliosa.
Se cerchiamo di risalire ora al significato intrinseco delle decorazioni dei pannelli fron-
tali dei letti votivi ci rendiamo conto che questo mosaico di significati appare declinato in
base a prospettive diverse per le varie tipologie decorative individuate. Le raffigurazioni
del Tipo Al, per la stretta relazione con i letti delle scene di birth arbour, sembrano sotto-
lineare l'associazione con il tema della procreazione e della protezione del parto, Ìnentre
quelle appartenenti ai Tipi A2 e B, introducendo in modo diffuso l'elemento divino, sem-
brano apparentemente distaccarsi da una dimensione così umana per connettersi a signifi-
cati simbolici che si perdono nei territori remoti del mito182. In verità si tratta di
un'impressione errata, derivante da un contrasto solo apparente fra le varie tipologie. Gli
elementi dipinti e soprattutto il fregio con piante di papiro presente sul letto n. 2 costitui-
scono un vero e proprio trait d'union fra i significati associati ai diversi tipi di pannello. I
significati connessi alle varie tipologie di decorazione intrattengono la stessa relazione,
esistente anche a livello mitologico, fra nascita e foresta di papiri, una relazione già espli-
citata a livello figurativo, in epoca precedente, negli spazi domestici di Deir el Medina. In
essi infatti era già presente la commistione di pratiche magico-rituali (letti e pergole della
nascita, amuleti e statuine per incantesimi per il parto) e decorazioni parietali legate al dio
Bes con pitture murali che mostravano scene di navigazione tra i papiri e musiciste nude
tra liane di convolvolo (Kleinke 2007: 22-23). Al di là delle differenze esteriori fra le va-
rie tipologie, le decorazioni dovevano essere in realtà tutte connesse con lo stesso ambito
semantico.
La ricerca dei confronti iconografici ha portato ad individuare dei paralleli precisi per
ogni singola figura, ma ha anche evidenziato l'esistenza di un certo grado di rielaborazio-
ne dei motivi di partenza. L'impressione è che i messaggi veicolati dalle figure del Nuovo
Regno - rematrici e suonatrici di liuto nude, figure femminili in visione frontale, anatre
e barche fra i papiri, ecc. - siano stati sottoposti ad una sorta di processo di sacralizza-
zione o di accentuazione degli aspetti simbolico-religiosi legati a tali figure. Una elabora-
zione di questo tipo sembra essere infatti alla base dell'attribuzione alle figure femminili
di copricapo particolari o di posture ieratiche e della decorazione della prua della barca
con un largo collare.
Se si volesse dunque tentare di fornire un'interpretazione esplicita delle raffigurazioni
presenti sui pannelli del Tipo B si potrebbe dire che sembrano rappresentare una divinità
femminile con caratteristiche tipiche sia di Hathor che di Anuk:is.
Un culto alla dea Anukis risulta del resto attestato a Tebe dal Nuovo Regno e presso il
villaggio di Deir el Medina doveva esistere una cappella dedicata a tale divinità (Valbelle
1981: 29 e ss.; Valbelle 1985: 317,326, 329-330). La sua assimilazione con Hathor appa-
re essere ad uno stadio già avanzato nel Nuovo Regno e la si può facilmente rilevare ad
esempio nella venerazione di Anukis sotto forma di sistro (Valbelle 1981: tav. V; Valbel-
le 1985: 317, nota 5; Andreu 2002: 272-273, cat. 221a), nella caratterizzazione della sua
182
A loro volta poi i sottotipi Bl-3 sottolineano l'associazione con l'elemento divino femminile dispen-
satore di fecondità, mentre il sottotipo B4 sembra legato in qualche modo all'essenza divina della musica e
al suo importante ruolo nell'ambito delle pratiche rituali e delle narrazioni mitologiche.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI 165

barca sacra e di un naos a lei dedicato con emblemi a protomi hathoriche (Valbelle 1972:
fig. 4, tav. XLV-XLVI) o nei fregi a teste di Hathor con corona di Anukis presenti in al-
cune tombe tebane (Miiller 2003: 96), ma anche, e soprattutto, negli epiteti, tipici di Ha-
thor, attribuiti a questa dea (Valbelle 1981: 112). Anukis, venerata anche sotto forma di
gazzella, si appropria perfino dell'iconografia più tipica della Hathor tebana ed è raffigu-
rata in forma di animale mentre esce dalla montagna occidentale, in modo del tutto analo-
go alla Signora dell'Occidente sotto forma di vacca (Strandberg 2009: 176-177, fig. 81).
Le due dee sono inoltre associate nella loro identificazione con l'Occhio del Sole, la dea
Tefnut-Sekhmet della tradizione mitologica di epoca tolemaica. Entrambe sono caratte-
rizzate da tale epiteto e dunque assimilate alla figlia di Ra che, adiratasi con il padre, ave-
va abbandonato l'Egitto per ritirarsi nella regione di Bukem in Etiopia (Bresciani 1992:
9). Inoltre, quando la "dea lontana" venne ricondotta in patria, grazie all'intercessione de-
gli dei Thot e Shu, durante il tragitto verso Menfi assunse forme diverse ed in prossimità
di Tebe prese proprio le sembianze di una gazzella (De Cenival 1988: 65; Bresciani 1992:
74). Secondo vari studiosi, il ritorno della dea dai deserti inospitali del sud potrebbe allu-
dere al ciclico ritorno dell'inondazione che trasporta il fertile limo dei paesi meridionali e
riporta periodicamente in Egitto la prosperità e la vita (Bresciani 1992: 12). Secondo una
variante di questo mito, nota come la "Distruzione dell'umanità" e databile al Nuovo Re-
gno, è chiaramente Hathor ad essere inviata da suo padre Ra sulla terra per punire gli uo-
mini che si erano ribellati. La dea, sotto le sembianze della leonessa Tefnut-Sekhmet,
compie un tale massacro da indurre il padre a distoglierla da una simile strage inviando i
suoi messaggeri Shu-Onuris e Thot per placarla. Con uno stratagemma le leonessa viene
inebriata 183 , placata e riportata in Egitto dai deserti meridionali nei quali si era ritirata. La
dea, riappacificatasi con l'umanità, diviene allora dea dell'amore, della fertilità, della gio-
ia, della musica e della danza e "son retour est marquée par le plaines verdoyantes,
l'abondance de la nature, la joie de vivre" (Naguib 1990: 38). Secondo questa lettura,
quindi, la divinità raffigurata sui letti votivi potrebbe rappresentare Hathor nella sua mani-
festazione di "dea lontana" (Tefnut) riportata in Egitto, ed il copricapo piumato tipico di
Anukis, da lei indossato, potrebbe quindi essere interpretato come un attributo impiegato
per sottolineare il suo carattere di divinità delle lande meridionali184 e di divinità preposta
al controllo dell'inondazione185. Del resto, già nel piccolo tempio di Abu Simbel Hathor e
Anukis sono strettamente associate nei rituali celebrati in loro onore dalla coppia dei so-
vrani divinizzati, Ramses II e Nefertari, ed invocate in quanto garanti del ciclico ritorno
dell'inondazione e del periodico rinnovamento della vita in Egitto (Desroches Noble-
court-Kuentz 1968: 120). Sulle pareti del vestibolo che precede il sancta sanctorum, inol-

183
Un riferimento a tale ebrezza si potrebbe forse scorgere in un dettaglio della decorazione presente sul
pannello frontale del letto votivo UC 55184 A-C (n. 36 del corpus): la divinità è qui seduta su un alto sga-
bello e, se con la mano destra sembra stringere un fiore di loto, con la sinistra sembra portare qualcosa alla
bocca, forse una coppa.
184
Allo stesso modo il copricapo piumato indossato dalla Isi raffigurata sulla pelle del tamburo circolare
di epoca tolemaica conservato al Cairo (n. inv. CGC 69352) è impiegato per assimilare la dea all'Occhio del
Sole, alla "divinità lontana" ritiratasi nei deserti meridionali.
185
In Epoca Tarda, in effetti, Anukis precisa le proprie caratteristiche e funzioni: diviene allora la dea
che si occuppa dell'allattamento del sovrano, ma soprattutto è la divinità preposta al controllo del riflusso
dell'inondazione. Proprio in questo secondo ruolo la vediamo assumere un'importanza notevole, dal mo-
mento che, se è l'arrivo della piena che inonda i campi e li feconda, è solo quando le acque si ritirano che le
piante germogliano, il grano cresce e "tout ce qui était susceptible de vie se manifeste à l'existence" (Val-
belle 1981: 140).
166 LETTI VOTIVI

tre, vediamo il sovrano e la regina impegnati nell'offerta di bouquet di papiri ad Hathor


sotto forma di vacca, su una barca che naviga nella vegetazione (Desroches Noblecourt
Kuentz 1968: tav. CIII, CX-CXI).
Il sottotipo B4 mostra apparentemente il seguito delle musiciste e delle sacerdotesse della
divinità, impegnate nel culto ad essa dedicato. Se in generale, infatti, l'elemento musicale
era parte integrante della liturgia templare (Robins 1993: 148-149), Hathor era altresì
considerata la patrona della musica, della danza e del canto e possedeva un vero e proprio
seguito di musicisti e cantanti (Naguib 1990: 60). Alla musica si attribuiva, tra l'altro, il
potere di allontanare la collera delle divinità e di placare le loro manifestazioni più perico-
lose (Ayad 2009: 35). Nel tempio di Hathor a File, di epoca tolemaica, si venerava la di-
vinità nella sua forma di Tefnut, la selvaggia leonessa dei deserti meridionali che Shu e
Thot ricondussero in Egitto (Daumas 1969: 3). Al suo ritorno in patria la dea viene accol-
ta con grandi manifestazioni di gioia e sulle colonne del tempio Shu e Bes sono raffigurati
mentre danzano al suono del liuto e suonano tamburelli e arpe (Daumas 1969: 5). Su una
delle colonne, che mostra un sacerdote intento a suonare l'arpa, si legge: "avanza o Signo-
ra( ...) egli suona un accompagnamento musicale per te. Tu sei la Amata venerabile, Si-
gnora delle provviste..." (Daumas 1969: 7). Su un'altra, una forma del dio Bes suona il
tamburello "pour sa maitresse, qui contente son coeur au moyen de ce qu'elle aime
(Daumas 1969: 9).
In tutte le scene raffigurate sui pannelli frontali dei letti votivi il demone/dio Bes offre
alla potenziale espressione dell'atto generativo la sua protezione ed ai lati dell'imbarca-
zione che trasporta la dea o il corteo delle musiciste si produce in una danza festosa di ac-
coglienza.
In alcuni esemplari, nei quali la barca sacra è 'fappresentata su un piedistallo di forma
troncoconica, risulta chiaro che nella raffigurazione si intendeva rappresentare non tanto
la navigazione della divinità, quanto la dea sulla barca sotto forma di immagine cultuale.
Negli altri casi, però, l'associazione delle diverse raffigurazioni186 invita a considerarle
quasi come elementi di un ciclo figurativo rappresentante una festività in onore di Ha-
thor/Tefnut - Anukis celebrata con una processione fluviale ed un corteo di barche.
Anche nel caso del mito dell'Occhio del Sole, è possibile che alla base del racconto vi
fosse una sorta di drammatizzazione del rituale che poteva essere rappresentato, ad esem-
pio, durante la cosiddetta festa "Ella (la dea) è ricondotta", durante la quale un corteo di
barche attraversava tutte le città che erano state le tappe del viaggio di ritorno di Ha-
thor/Tefnut dal deserto meridionale, ma in senso inverso (Bresciani 1992: 13). Questa
particolare festa è descritta nel dettaglio nei testi presenti sulle pareti del tempio di Den-
dara e di quello di Efdu: si doveva svolgere durante il mese di Epiphi e prevedeva una
processione fluviale con la quale l'immagine della dea Hathor veniva trasportata fino al
tempio di Edfu, per incontrare il dio Horus ed unirsi a lui come sua sposa. La descrizione
dei preparativi della dea Hathor, prima della sua partenza, mostra le varie divinità intente
nel servirla, nella realizzazione del trucco e dell' acconciatura187 e nel cospargerla con oli
profumati (Cauville 2002: 115). Sui rilievi posti nella prima corte del tempio di Edfu si
trova poi la descrizione del viaggio. La barca fluviale sulla quale navigava la dea era
chiamata nb(t) mrw.t ed è descritta e raffigurata nei rilievi di Edfu al momento del suo ar-

186
Il rinvenimento, soprattutto a Medinet Habu, di più letti votivi decorati con scene diverse nei mede-
simi contesti domestici permette di ipotizzare che un accostamento fisico delle varie raffigurazioni potesse
essere realizzato.
187
Ed è Anukis ad occuparsi di quest'ultima.
INTERPRETAZIONE DELLE DECORAZIONI ꞏ 167

rivo al tempio di Horus. Ad accompagnare la barca della dea vi era un vero e proprio cor-
teo di fedeli che sulle loro imbarcazioni seguivano il vascello sacro intonando canti festo-
si (Alliot 1954: 448). La prima tappa della flottiglia doveva essere il tempio di Kamak,
presso il quale la dea Hathor rendeva visita alla dea Mut, nel suo tempio di Isheru. Questa
tappa non viene descritta nei dettagli dai testi di Edfu, ma doveva trattarsi di una sosta re-
lativamente lunga durante la quale la dea lasciava la sua barca per raggiungere in proces-
sione il santuario di Mut e molte altre persone provenienti da tutta la tebaide probabil-
mente si univano al corteo sacro (Alliot 1954: 449). La seconda tappa avveniva presso il
borgo minore di Pr-mr188, nel quale venivano raccolte le provviste necessarie a sfamare
tutta la gente che prendeva parte al corteo189. La terza sosta veniva fatta presso N!Jn, per
rendere omaggio alla forma locale di Horus. Una volta giunti a destinazione, i viveri rac-
colti a Pr-mr venivano distribuiti alla gente che aveva partecipato al corteo processionale:
il capo di Pr-mr presentava le sue forniture (100 giare di birra, 500 pani e carne) per "la
gente dei villaggi" (Alliot 1954: 475) affinché passassero le giornate seduti a bere e a fe-
steggiare, a cospargersi di unguenti e a battere i tamburi insieme alla gente di Edfu.
La lettura dei soggetti delle decorazioni dei letti votivi come la raffigurazione di una
processione rituale compiuta durante una festività dedicata ad Hathor/Tefnut - Anukis ri-
sulterebbe inoltre incoraggiata sia dagli apparenti riferimenti ad una scena reale - la pre-
senza della rematrice o l'ambientazione naturale - che dall'attestazione documentata di
celebrazioni, svolte in onore di Anukis, caratterizzate da cortei festanti di barche (Valbel-
le 1981: 16-17, doc. 132; Gasse 2004: 75-78).
Occorre precisare che l'analisi iconografica precedentemente esposta evidenzia come
le raffigurazioni siano state composte a partire da singoli motivi e figure che non erano
considerate come rappresentazioni di situazioni o ambientazioni reali, ma come icone i-
deali e irµmutabili collegate a specifici valori e significati. Le scene presenti sui letti voti-
vi risultano quindi costituite dall'accorpamento di elementi simbolici e per questo motivo
potrebbero non offrire affatto la raffigurazione di uno specifico rituale, quanto piuttosto il
semplice riferimento ad un complesso di significati. Questo ovviamente non implica, am-
pliando il campo visivo oltre i confini iconografici, che il supporto sul quale si trovano ta-
li raffigurazioni, l'oggetto in sé, non fosse impiegato in un qualche rituale specifico, ma
solo che non appare del tutto corretto ricercare la descrizione del rituale all'interno della
decorazione stessa dell'oggetto.
A questo punto, considerare tali decorazioni come un mosaico di motivi iconografici
dotati di un valore simbolico generale e attestati in molti siti diversi190 e in diverse epo-
che, pone però la questione di giustificare il legame di tipo esclusivo che sembra associare
queste raffigurazioni alla Tebe del Terzo Periodo Intermedio. È probabile che la spiega-
zione risieda tanto nella originaria connessione dell'oggetto e della sua decorazione ai let-
ti della nascita di Deir el Medina e all'insieme di credenze e culti domestici incentrati, a

188
Interessante notare che si tratta del sito di Kommir, nel quale è attestato almeno dal Nuovo Regno un
tempio dedicato in modo specifico alla dea Anukis.
189
Può forse vedersi qui un legame fra la divinità del luogo, Anukis, garante della fecondità e
dell'inondazione, e la scelta di questa località per procurarsi viveri e bevande da elargire in quantità alla po-
polazione?
190
Si pensi ad esempio alle scodelle in faience provenienti da Gurob, agli specchi e alle sculture lignee
di Buhen, ai calici a rilievo di Hermopolis o alle pitture murali di Hierakonpolis.
168 LETTI VOTIVI

Tebe, intorno alla figura della dea Hathor191, quanto all'appropriazione e rielaborazione
dell'intero bagaglio iconografico-simbolico da parte di uno specifico gruppo sociale lega-
to in modo particolare a Tebe e ad una istituzione che in questa città conobbe il suo apo-
geo proprio durante il Terzo Periodo Intermedio 192.

191
Le raffigurazioni dei letti votivi sono infatti caratterizzate, rispetto a qualsiasi altra iconografia analo-
ga, dalla presenza della divinità femminile.
192
Per un'esposizione più articolata di questo punto si rimanda alle considerazioni del capitolo finale.
7. INTERPRETAZIONE DELLE STELE E DELLE FIGURINE
FEMMINILI IN TERRACOTTA

Non è possibile al momento rintracciare, per le piccole placchette o stele in terracotta


rinvenute insieme ai letti votivi, alcun confronto preciso. Apparentemente nessuna delle
stele in pietra, terracotta o legno - commemorative, funerarie o votive - comunemente
diffuse in Egitto193 risultano possedere i caratteristici elementi morfologici o decorativi di
tali oggetti. Fino ad oggi, inoltre, non è stato possibile reperire altri esemplari di placchet-
te/stele di questo tipo che non fossero associati ai letti votivi. Questo non significa che
non siano mai state rinvenute in contesti diversi o che non esistano nei musei del mondo
altre stele dello stesso tipo. Per motivi pratici si è reso necessario limitare la ricerca agli
scavi e alle collezioni principali e, d'altra parte, si è ampiamente mostrato nei capitoli 3 e
4 che questi oggetti hanno sempre ricevuto una scarsa attenzione da parte degli studiosi,
che raramente sono stati citati nei rapporti di scavo e ancor più difficilmente hanno trova-
to posto nelle vetrine o nei cataloghi dei musei. Per questo non è qui possibile presentare
un'interpretazione certa o definitiva di questi materiali, ma solo avanzare alcune conside-
razioni preliminari e offrire qualche spunto per successive ricerche.
Due piccole stele in legno conservate presso il museo di Liverpool1 94 e datate generi-
camente all'Epoca Tarda presentano, su uno solamente dei lati, un rivestimento di colore
bianco Sl cui sono state tracciate due linee orizzontali e, in un caso, due vipere cornute
orientate verso destra e potrebbero ricordare, ma solo in modo generico, le placchet-
te/stele decorate con le sole linee orizzontali rinvenute a Dra Abu el Naga.
Per le ridotte dimensioni esse potrebbero essere accostate ad alcune stele miniaturisti-
che conservate presso il museo Fitzwilliam di Cambridge (Martin 2005). Alcuni esempla-
ri di piccole stele votive in terracotta, dedicate ad Upuaut, sono state rinvenute a Salakha-
na, presso Asyut, all'interno della tomba di un nomarca locale della XII dinastia195 (Du-
Quesne 2005: 57, figg. 13-14; DuQuesne 2007b: 45-46, nn. S05-08; 71-74, nn. S47-54) e
risultano assai vicine, per come sono concepite, alle placchette/stele che sono state qui
presentate. Le dimensioni sono anche in questo caso ridotte, il materiale impiegato è lo

193
In particolare, come evidenziato dall'approfondita ricerca condotta da Mare Loth (comunicazione
personale) nell'ambito di un dottorato svolto presso l'Università Humboldt di Berlino, questi oggetti non
trovano paralleli nel consistente corpus di stele funerarie, di donazione o votive prodotte sia a Tebe che in
altri siti egiziani durante il Terzo Periodo Intermedio. Nessun confronto è poi identificabile fra tutte le stele
funerarie in legno del Periodo Libico, come si può facilmente ricavare dall'esame del recentissimo studio di
Saleh (2007).
194
Si tratta delle stele l 973.4.234a-b, di cui purtroppo non si conosce né il contesto di provenienza, né la
funzione. Ringrazio Mare Loth per averle segnalate alla mia attenzione.
195
Si tratta di circa un centinaio di stele votive in terracotta rinvenute insieme a più di 500 stele di altro
tipo, a papiri demotici di contenuto legale-amministrativo datati alla XXVI-XXVII dinastia, ad un numero
imprecisato di mummie di canidi e ad una serie di figurine in argilla, connesse con il riutilizzo della tomba
come cappella dedicata al culto della divinità locale del nomo licopolita, databile soprattutto dall'epoca ra-
messide in poi (DuQuesne 2007b: 23-30).
170 LETTI VOTIVI

stesso ed inoltre anche queste stele di Salakhana sono spesso anepigrafi. La decorazione
che le caratterizza mostra immagini di canidi dipinte o modellate a stampo separatamente
e poi applicate sulla superficie della stele prima della cottura (DuQuesne 2007a: 466
470). Sebbene queste piccole stele votive costituiscano al momento il parallelo più pros
simo per le placchette/stele dei letti votivi, tuttavia, anch'esse si differenziano nettamente
da queste ultime sia per il tipo di decorazione che per l'assenza del caratteristico dettaglio
morfologico dei due piedini sporgenti ad aletta.
Le raffigurazioni impresse direttamente con uno stampo o i pattern a righe multicolori
orizzontali dipinti su entrambe le superfici di queste placchette in terracotta non sembrano
avere paralleli. E se nel caso delle linee orizzontali ben spaziate tracciate sul lato posterio-
re (Fig 19) della placchetta appartenente al lotto MH 28.132 di Medinet Habu e conserva-
ta oggi al Cairo (JE 59848) è possibile vedere una somiglianza con le nette linee di de-
marcazione dei registri con immagini e iscrizioni presenti sulle stele lignee delle dinastie
XXIII (El-Leithy 2007: tav. I, fig. 2) e XXV-XXVI (tipo Bild-Schrift di Munro 1973; A-
ston 1987: 571, fig. 26.tipo VII; El-Leithy 2007: tav. I, figg. 3-4), per le fasce a più colori
delle placchette rinvenute a Dra Abu el Naga trovare un collegamento di questo tipo risul-
ta decisamente difficile.
In ogni caso, la caratteristica principale che distingue questi oggetti è sicuramente rap-
presentata dalle due piccole sporgenze angolari che sembrano avere la funzione di soste-
nere in verticale la stele. In effetti è questo l'elemento che accomuna le stele pri:7e di raf-
figurazioni e quelle che presentano le decorazioni tipiche dei letti votivi e allo stesso tem-
po distingue questo gruppo di oggetti da ogni altro esempio di stele al momento noto.
Sebbene tutte le stele egizie fossero concepite per stazionare in posizione verticale, in
nessun caso è stata prevista la presenza di due sporgenze simili. Normalmente, infatti, la
stele veniva collocata contro una parete o all'interno di una nicchia e non necessitava
dunque di alcun sostegno aggiuntivo. In altri casi, come per le stele che presentavano en-
trambi i lati decorati e iscritti e che presupponevano quindi un tipo di fruizione diversa,
doveva essere previsto l'inserimento del loro lato di base in un incavo realizzato in un ba-
samento in pietra o direttamente nel terreno. Per altri esemplari si conservano dei sostegni
in legno impiegati per sorreggere in verticale le stele (Munro 1973: tav. 17, fig. 61; tav.
18, fig. 65; tav. 20, figg. 70-71; Martin 2005: p.125, n. cat. 85) o sono visibili le tracce
chiaramente lasciate da sostegni di questo tipo posti alla loro base (Munro 1973: tav. 17,
fig. 59; tav. 18, fig. 64; tav. 19, figg. 66-68; tav. 20, figg. 72-73; tav. 21, fig. 76). I soste-
gni di questo tipo si trovano applicati esclusivamente ad alcune stele lignee, provenienti
dall'area tebana e databili al Terzo Periodo Intermedio o all'Epoca Tarda e rappresentano
il confronto migliore, ma non certo per tipologia o materiale, con i piedini sporgenti delle
placchette qui esaminate. I sostegni erano forse applicati alle stele in legno per la maggio-
re leggerezza, e quindi instabilità, di queste ultime rispetto agli esemplari in pietra196. Per
lo stesso motivo, e ad imitazione di quelli, potrebbero essere stati modellati i piedini delle
piccole placchette di terracotta. Tuttavia, tali piedini non compaiono su nessun'altra stele
in terracotta a me nota, non ricordano minimamente nella forma o nella posizione i soste-
gni delle stele lignee e risultano nella maggior parte dei casi inglobati nella decorazione
pittorica delle placchette, come se fossero stati cosiderati parte integrante di esse.

196
Per le quali, inoltre, sarebbero serviti degli appoggi in pietra di dimensioni eccessive per ottenere il
medesimo risultato.
INTERPRETAZIONE DI STELE E FIGURINE - 171

È possibile che la funzione di queste sporgenze fosse quella di sostenere in verticale la


placchetta, ma tale funzione non può essere impiegata per attribuire di conseguenza
l'oggetto alla categoria delle stele, poiché, come visto, per le stele non veniva comune-
mente impiegato un sistema di supporto di questo tipo. La posizione verticale della plac-
chetta non faceva di questa una stele, con le implicazioni simboliche e di significato che
risultano strettamente connesse a tale categoria materiale, ma doveva probabilmente esse-
re funzionale al suo utilizzo. Tale oggetto doveva "funzionare" in modo tridimensiona-
le197 e, probabilmente, in "sistema" con altri oggetti ugualmente caratterizzati da una mul-
tilateralità di impiego, come possono essere considerate, ad esempio, le figurine femmini-
li. In base a questo ragionamento, un'altra possibile interpretazione di questi oggetti por-
terebbe a considerarli non come stele, ma come riproduzioni in scala di un elemento ap-
partenente ad una specifica categoria di letti. Le raffigurazioni dei letti della nascita pre-
senti su molti ostraca provenienti da Deir el Medina mostrano, infatti, la presenza presso-
ché .costante di un'alta sponda sorretta e raccordata all'intelaiatura del letto per mezzo di
un elemento triangolare che ricorda appunto la forma dei due sostegni "a pinna" delle
piccole placche in terracotta. Queste potrebbero essere quindi considerate come modelli
in terracotta di sponde di letti di nascita, strettamente legati, a questo punto, ai letti votivi
anche per i richiami ad un significato comune. Le raffigurazioni stampate su di esse rap-
presenterebbero in tal caso una decorazione dei cuscini-materasso o delle coperte che su-
gli ostraca si vedono ricoprire entrambi i lati della testiera. Le linee orizzontali dipinte sa-
rebbero una resa stilizzata di tali cuscini-materasso o coperte prive di decorazione e ri-
chiamerebbero la medesima raffigurazione stilizzata a semplici righe presente su vari mo-
dellini di letto in terracotta. In effetti, alcuni modellini di letto in terracotta198 che presen-
tano una figura femminile sdraiata che allatta un bambino sono caratterizzati dalla note-
vole alte za della sponda posta ai piedi del letto. In questi esemplari tale sponda si rac-
corda al piano del letto mediante due alette sporgenti del tutto analoghe a quelle delle
placchette/stele. In tali esemplari anche il piano del letto risulta assai rilevato e su una del-
le facce laterali (o su entrambe) è presente un pannello verticale che sembra riprodurre
una coperta che scende dal letto ed avvicina molto questi modellini di letto con figura
femminile ai letti votivi veri e propri.

Come già ricordato (paragrafo 3.3) la figurina femminile rinvenuta nella Tomba Teba-
na 14 a Dra Abu el Naga mostra un tipo di decorazione pittorica del tutto analogo a quello
presente sulla superficie superiore del letto votivo ritrovato nello stesso contesto. Questo
dato, insieme alla compatibilità dimensionale dei due oggetti, fa pensare che fossero lega-
ti da un utilizzo associato. In tutti i contesti dai quali provengono frammenti di letti votivi,
provengono anche figurine femminili in terracotta199. È interessante notare che anche in
ambito vicino-orientale è stata riscontrata l'associazione fra un tipo particolare di figuri-
ne, le cosiddette "Judean Pillar-Figurines", e dei modellini di letto in terracotta (Kletter
1996: 66) e che fra le figurine del Tardo Bronzo e della prima Età del Ferro rinvenute in
Palestina ve ne sono alcune che rappresentano donne sdraiate su letti. È possibile dunque

197
Non, cioè, secondo un'unica direzione preferenziale, come nel caso di una stele addossata ad una pa-
rete o inserita in una nicchia.
198
Si vedano ad esempio quello conservato presso il museo di Leiden (n. inv. F 1982/8.3), qui riprodotto
nelle figure 2 e 3, o quello del museo egizio del Cairo (SR 9878 = TR 25/12/24/1).
199
Non è ovviamente vero il contrario. Del resto, anche la generale varietà tipologica e dei contesti di
origine delle figurine femminili in terracotta indica la possibilità di un loro utilizzo molto diversificato.
172 LETTI VOTIVI

che alcune delle figurine rinvenute negli stessi contesti da cui provengono i letti votiv•1
fossero intese per essere collocate su di essi. Ad avvalorare tale ipotesi contribuisce anch
la probabile derivazione dei letti votivi dai modellini di letto con figurine femminili ripro
dotte a stampo che mostrano un piano molto rialzato e un pannello verticale laterale e dei
quali si è già parlato precedentemente (paragrafo 3.1). Inoltre, il fatto stesso che i letti vo-
tivi presentino la decorazione principale a stampo su uno dei lati verticali e non sulla su-
perficie superiore, oltre ad essere probabilmente legato alla.volontà di collocare la scena
più importante in una posizione simile a quella comunemente assunta dalle raffigurazioni
presenti su stele, rilievi templari o pareti dipinte, potrebbe anche derivare dalla volontà di
utilizzare il piano orizzontale dell'oggetto come supporto per le figurine femminili. Alla
luce di quanto affermato a proposito della derivazione della forma dei letti votivi da' quel-
la dei letti della nascita e della connessione delle decorazioni con aspetti legati alla fertili-
tà, alla protezione del parto, alla procreazione e ad una manifestazione della dea Hathor
- gli stessi temi connessi da molti studiosi alle figurine femminili - un impiego asso-
ciato di letti e figurine femminili appare quasi scontato. Allo stesso modo è verosimile i-
potizzare un uso congiunto di figurine e placchette/stele - intese quasi come sineddoche
dei letti votivi - come sembra indicare anche il rinvenimento, in uno dei contesti dome-
stici di Medinet Habu (lotto MH 28.140), di un gruppo di sette stele e sette figurine fem-
minili.
Nella valutazione di tale lotto di materiali è però meglio essere molto cauti, soprattutto
nell'attribuire un significato particolare o un valore specifico all'insieme di oggetti nel
suo complesso. Bisogna infatti ricordare che non esiste alcuna sicurezza che il contesto di
rinvenimento rappresentasse anche il reale contesto di utilizzo primario degli oggetti. È
questo un esempio classico di come possa essere 'problematica, quando il contesto archeo-
logico è costituito da spazi domestici, non solo l'attribuzione di un valore cultuale a de-
terminati oggetti, ma anche l'identificazione della funzione degli ambienti. Come dimo-
strato da Stevens (2006: 247-248) per gli oggetti cultuali rinvenuti negli spazi ricavati al
di sotto della scala di accesso al piano superiore, probabilmente adibiti a magazzino - e
non esclusivamente per oggetti rituali - "we might be witnessing the materia! remnants
of abandonment processes, rather than everyday activity". Anche nel caso delle stele e
delle figurine di Medinet Habu, gli oggetti potrebbero essere stati raccolti da luoghi diver-
si ed accatastati in una stessa area, quando ormai non erano più utilizzati. Rimane comun-
que significativo il dato numerico che induce a considerare le figurine e le stele legate a
coppie.
In ogni caso, il significato ultimo che sembra possibile attribuire alle figurine femmini-
li associate ai letti votivi ed alle piccole stele è quello legato alla definizione di "fertility
figurines", proposta da Pinch (1993: 198-225): oggetti appartenenti alla sfera delle prati-
che magico-rituali di promozione e protezione della fertilità nella vita quotidiana.
8. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Letti votivi, figurine femminili e piccole placchette/stele in terracotta formavano una


sorta di set di oggetti rituali impiegati in pratiche cultuali domestiche connesse con la sol-
lecitazione della fertilità e la protezione dai pericoli del parto e possono dunque essere
considerati come una traccia delle manifestazioni di religiosità personale dell'area tebana
durante il Terzo Periodo Intermedio. Probabilmente questi oggetti erano connessi ad uno
specifico gruppo sociale del ceto medio, come farebbe pensare l'adozione di un patrimo-
nio figurativo che durante il Nuovo Regno caratterizzava la produzione di oggetti cultuali
o indirizzati alla cura del corpo che certo non si possono considerare di uso comune o di
vasta diffusione. Anche i rimandi simbolici, del resto, ai temi dei piaceri della navigazio-
ne nel papireto, della musica o del potere fecondante dell'inondazione, sembrano apparte-
nere più ad una cultura, in un certo senso, "elitaria", che a quella delle classi sociali più
povere. L'ipotesi che questo gruppo fosse legato a qualche titolo alla gerarchia sacerdota-
le, che durante il Terzo Periodo Intermedio conobbe a Tebe un continuo processo di pro-
mozione sociale, potrebbe spiegare sia la circoscritta diffusione areale di letti votivi e ste-
le e il limitato arco cronologico della loro vita, che la connessione dei significati delle de-
corazioni con alcune tematiche mitologico-religiose forse maggiormente comprensibili ed
accessibili a individui vicini alla cerchia del personale templare. Per il forte legame, di
motivi iconografici e relativi significati, con il mondo femminile nel suo complesso -
seduzione: sessualità, procreazione - e per la centralità del ruolo rivestito dal motivo del-
la suonatrice "divina" di liuto, si sarebbe tentati di identificare il gruppo sociale associato
a questa categoria di oggetti con quello delle musiciste, cantanti o strumentiste, annesse ai
servizi cultuali.
I due gruppi più cospicui di letti votivi provengono da due siti ben definiti dell'area teba-
na: l'area del cosiddetto Tesoro di Thutmosi I a Karnak Nord ed il tempio funerario di
Ramses III a Medinet Habu. In entrambi i casi, i contesti di rinvenimento indicano che si
trattava di aree che, durante il Terzo Periodo Intermedio, erano state progressivamente
occupate da abitazioni. La presenza di strutture abitative all'interno della cinta muraria di
un complesso templare risulta attestata anche in altri siti2°0• In genere si tratta di costru-
zioni in mattoni crudi di metratura relativamente modesta ma con fondazioni sufficiente-
mente profonde da permettere un rilevante sviluppo in altezza. Purtroppo la mancata con-
servazione dei livelli pavimentali e dei relativi depositi stratificati impedisce quasi sempre
una chiara comprensione dell'utilizzo degli spazi e l'assoluta omogeneità planimetrica e
costruttiva che si evidenzia dal confronto fra le strutture situate all'interno della cinta mu-
raria templare e quelle situate all'esterno non facilita la distinzione fra spazi in qualche
modo connessi alle attività religiose del tempio e spazi adibiti esclusivamente ad usi resi-
denziali. Le abitazioni costruite in un'area templare possono essere distinte, secondo le
definizioni di Traunecker, in tre categorie principali: dimore private, "maisons de service"
e "demeures de fonction" (Traunecker 1988: 89). Il grande sacerdote Panehesy, ad esem-

200
Ad esempio a Tanis, Mendes o Tel1 el Balamun (Kemp 2004: 272).
174 LETTI VOTIVI

pio, disponeva ad Akhetaton di una residenza privata situata nel quartiere meridionale e di
una "abitazione di servizio" costruita in prossimità dell'angolo sud-orientale del grande
tempio dell'Aton. Quando fra la fine della XX dinastia e l'inizio della XXI vi fu
l'abbandono del villaggio di Deir el Medina e lo spostamento dell'amministrazione della
necropoli a Medinet Habu, alcuni artigiani con le loro famiglie si insediarono probabil-
mente all'interno della cinta muraria del tempio (Naguib 1990: 113; Haring 1997: 278-
280). Qui venne sicuramente edificata una "maison de service", una sorta di ufficio o spa-
zio di rappresentanza, per lo scriba della necropoli Butehamon (Holscher 1954: 4-5) e qui
dovette risiedere la cantante di Amon e responsabile dell'Harem di Amon, Herere, una
delle mogli del generale Piankhy, quando, in assenza del marito, si adoperò nella gestione
dell'amministrazione della necropoli occupandosi di richiedere e registrare le fornifure di
provviste201. Ma chi occupò in seguito le abitazioni, sorte nel quadrante sud-orientale del
complesso templare di Medinet Habu, dalle quali provengono i letti votivi, le placchet-
te/stele e le figurine femminili?
Alcune strutture, edificate in prossimità dei magazzini del complesso di Karnak e a sud
del lago sacro fra IX e VIII sec. a.C., quindi contemporaneamente a quelle di Medinet
Habu, furono riservate al clero del tempio. Tuttavia, l'esiguità degli spazi e la totale as-
senza di ambienti utilizzabili come cucine, invita ad escludere un impiego residenziale
delle strutture (Anus - Sa'ad 1971: 237). Si tratta probabilmente anche in questo caso di
"maisons de service" impiegate dai sacerdoti esclusivamente nei periodi di attività nel
tempio. Le strutture sorte invece intorno al tempio funerario di Ramses III mostrano pla-
nimetrie articolate che in alcuni casi permettono di ipotizzare anche l'esistenza di piani
superiori e dovettero probabilmente essere impiegate come "demeures de fonction", cioè
come vere e proprie abitazioni attribuite a titolari di specifiche funzioni o cariche. Allo
stesso modo dalle liste dei residenti nelle abitazioni sorte a Karnak Nord in epoca tole-
maica si evince che i proprietari appartenevano ad una classe sacerdotale media fatta di
sacerdoti lettori, profeti, cantanti e musicisti del tempio, scriba regali, etc. (Redford 2004:
128).
I due siti nei quali è stato rinvenuto il numero maggiore di letti votivi risultano avere in
comune anche uno stretto legame con l'istituzione della Sposa Divina di Amon202. A
Karnak Nord questi alti membri del clero hanno innalzato una serie di cappelle dedicate a
varie manifestazioni del dio Osiri, mentre a Medinet Habu hanno approntato le loro sepol-
ture e le relative cappelle funerarie. Intorno a queste ultime è inoltre sorto nel tempo un
vero e proprio cimitero riservato quasi esclusivamente a membri femminili del clero di
Amon, vale a dire cantanti e musiciste del dio, che erano alle dirette dipendenze
dell'istituzione della Sposa Divina (Aston 2003: 145; Teeter 2009: 26). Sembra ragione-
vole pensare che le musiciste e cantanti seppellite nelle tombe situate all'interno della cin-
ta muraria di Medinet Habu avessero vissuto nelle abitazioni sorte nella medesima area
(Kemp 2004: 273) e avessero svolto qui il loro servizio. La diversificazione delle strutture
abitative precedentemente evidenziata potrebbe allora essere spiegata come un riflesso
della differenziazione fra livelli e cariche propria della struttura fortemente gerarchica dei
gruppi di musiciste (Teeter 2009: 26). Dopo la fine del Nuovo Regno nessuna sacerdotes-
sa sembra aver ricoperto la carica di Sposa Divina203 fino all'insediamento di Shepenupet
201
Si vedano ad esempio Haggman 2002: 279-281; Onstine 2005: 24; Teeter 2009: 27.
202
Su questa istituzione si veda il recente studio di Ayad 2009.
203
Anche se a molte altre donne fu attribuito il titolo di Divina Adoratrice durante il Terzo Periodo In-
termedio, l'ultima a fregiarsi del titolo di Sposa Divina sembra essere stata una figlia di Ramses VI, lsi.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ꞏ 175

I, figlia di Osorkon III, penultimo sovrano della XXIII dinastia (Ayad 2009: 15). Solo in
questa epoca tale istituzione si espresse compiutamente come sommo potere religioso e
politico. Le grandi Spose Divine della XXV e XXVI dinastia, Amenirdis I, Shepenupet II,
Amenirdis II e Nitocris diedero vita ad una sorta di dinastia parallela a quella dei faraoni,
nella quale la carica si trasmetteva secondo il meccanismo dell'adozione del successore
designato e tutta la regione di Tebe divenne sostanzialmente un loro possedimento (Le-
clant 1965: 353; Teeter 2009: 17). In questo periodo le tradizionali gerarchie sacerdotali
maschili (primo o secondo profeta di Amon) persero qualsiasi prerogativa ed il controllo
economico delle cospicue proprietà fondiarie e risorse appartenenti alle Spose Divine
venne affidato ad una nuova figura, quella del mr pr wr dw3t-nJr, il Grande Maggiordomo
della Divina Adoratrice. Queste sacerdotesse acquisirono nel periodo compreso fra la
XXIII e la XXVI dinastia un potere sconfinato che si espresse in modo esplicito anche
nell'iconografia. Nei rilievi incisi in tutti i templi tebani la Sposa Divina è a fianco del so-
vrano a compiere i rituali di offerta, spesso inoltre compare direttamente al cospetto delle
divinità più importanti e risulta raffigurata alla medesima scala di tali divinità. La Sposa
Divina è la rappresentante della dea Mut sulla terra, ed è anche la "figlia del dio" e la
"mano del dio"204 • Inoltre, in quanto manifestazione di Mut, è anche assimilata alla dea
Hathor e in numerose iscrizioni la Sposa Divina viene identificata con la dea Tefnut: "fil-
le de Rè, c'est Tefnout elle-mème", "apparaissant sur le siège de Tefnout" (Leclant 1957).
Quest'ultimo elemento appare particolarmente interessante se si considera il legame che
sembra esistere fra le raffigurazioni presenti sui letti votivi ed una manifestazione della
dea Hathor assimilabile all'Occhio del Sole e a Tefnut205• Alle dipendenze dirette dell'isti-
tuzione della Sposa Divina di Amon vi era un vero e proprio collegio di sacerdotesse mu-
siciste (Graefe 1982: 133; Naguib 1990: 236). A partire dal regno di Takelot II (XXII di-
nastia) e fino alla fine della XXVI dinastia (Graefe 1982: 133; Teeter 1999: 406) è poi at-
testata la nuova carica di sy.t nt bnw n 1mn, "Cantante negli Interni di Amon", le cui de-
tentrici rivestivano il ruolo di "assistente" della Sposa Divina206 ed avevano alle loro di-
pendenze gruppi di musiciste di grado inferiore. Con l'epoca persiana, l'importante istitu-
zione tebana della Sposa del Dio cessa di esistere.
Il collegamento di letti votivi, figurine e placchette/stele con le musiciste appartenenti
alla cerchia della Sposa Divina di Amon potrebbe chiarire molti elementi: la distribuzione
di tale oggetti limitata all'area tebana ed in particolare ai contesti abitativi racchiusi nei
complessi templari di Medinet Habu e Karnak Nord; il ristretto arco cronologico della lo-
ro diffusione, coincidente con la parabola seguita dall'istituzione della Sposa Divina nel
Terzo Periodo Intermedio; la presenza, nella decorazione, di riferimenti alla dea Anukis,
divinità particolarmente venerata dalla dinastia kushita; la connessione con Hathor-Tefnut
e il ciclo dell'Occhio del Sole; la presenza e la rilevanza del motivo iconografico della
suonatrice di liuto; l'inclusione di riferimenti al dio Amon come la protome a testa diana-
tra posta sulla prua dell'imbarcazione o la terminazione a becco di anatra del manico del
liuto.

204
Il titolo di g,rt ntr sembra sottolineare il ruolo generativo rivestito dalla Sposa Divina in relazione al
dio creatore (Naguib 1992).
205
Si veda in proposito l'interpretazione delle decorazioni dei letti votivi al paragrafo 6.3.
206
Alcune titolari di questa carica portavano nomi composti derivanti dal nome della loro patrona, se-
condo Yoyotte (1962: 49) risiedevano insieme alle Spose Divine presso il tempio nel quale svolgevano le
loro mansioni e si fecero seppellire a Medinet Habu (Teeter 1999: 406).
176 LETTI VOTIVI

Fin dai primi semplici esemplari, che derivavano i propri elementi morfologicie 1
propria decorazione dai cosiddetti "letti della nascita", i letti votivi hanno mantenuto ne
corso della loro evoluzione il legame con un preciso ambito semantico: quello della pro
mozione della fertilità e della protezione dai pericoli del parto. Particolarmente interes
sante a tal proposito e alla luce della connessione fra i letti votivi e il collegio delle musi-
ciste alle dipendenze della Sposa Divina risulta l'iscrizione apposta sulla facciata del pilo-
ne delle cappelle funerarie di queste alte sacerdotesse, erette presso il tempio di Medinet
Habu207•
L'iscrizione presenta una versione del cosiddetto "appello ai viventi", un testo funera-
rio tradizionale con il quale il defunto, dalle pareti della sua cappella, da una sua statua 0
stele, si rivolgeva ai passanti chiedendo di pronunciare la formula di offerta in suo 'favore
e di perpetuare in questo modo il proprio culto funerario (Sainte Fare Gamot 1938). Tut-
tavia, il testo iscritto sul pilone delle cappelle di Medinet Habu differisce fortemente nella
formulazione dagli altri testi di questo genere208 poiché attribuisce alla Sposa Divina il
potere di intercedere direttamente presso Hathor in favore dei viventi per questioni legate
nello specifico alla fertilità, alla maternità e al parto:
(...) le vostre mogli compiono (riti) in favore di Hathor, Signora dell'Occidente; affin-
ché Lei conceda loro di concepire a voi figli maschi e femmine senza dolore o conse-
guenze nefaste, senza che il vostro cuore sia afflitto per loro, senza malattie per loro e sof-
ferenza per voi, pronunciate la formula...209
Il testo, inoltre, si conclude lanciando un vero e proprio anatema: "Se non direte queste
parole [quelle della formula di offerta] la Signora dell'Occidente [vale a dire Hathor] sarà
causa del vostro male e della sofferenza delle vostre donne".

Questo è probabilmente il limite estremo cui si può giungere nell'analisi della docu-
mentazione archeologica a nostra disposizione. Nel corso della ricerca fin qui condotta si
è dovuto spesso chiedere aiuto alle fonti scritte, per confermare o sviluppare ipotesi inter-
pretative, ma si è cercato comunque di ricavare il nucleo maggiore delle informazioni li-
mitandosi ai dati materiali disponibili. Durante lo studio è risultato evidente come un ap-
proccio archeologico alla religione sia condizionato da fattori molteplici, legati soprattutto
alla tipologia, all'accuratezza e al grado di dettaglio della documentazione disponibile e al
contesto al quale tale documentazione si riferisce. L'interazione di tutte queste variabili
definisce e conforma i limiti posti alla ricostruzione dei fenomeni religiosi, così come fa
anche per tutti gli altri campi di applicazione delle metodologie archeologiche. Ovvia-
mente si tratta di variabili che si trovano alla base di qualsiasi processo interpretativo, an-
che di quelli basati esclusivamente sulle fonti scritte. Come anticipato nel capitolo due,
abbiamo potuto ricostruire il contesto di utilizzo degli oggetti, assegnare loro un ruolo de-
finito nell'ambito dei culti domestici e interpretare, grazie all'analisi iconograficae
all'aiuto di confronti sia materiali che testuali, i significati associati ai motivi decorativi
207
Per una trascrizione del testo si veda Daressy 1898: 74-75, CLI. Due traduzioni del testo sono presen-
tate in Daressy 1897: 31 e Mumane 1980: 83.
208
Per un'analisi diacronica di numerosi "appelli" databili fra l'Antico Regno e la XXVI dinastia si veda
Lichtheim 1992: 155-190.
209
Traduzione dell'autore.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 177

presenti su di essi, ma non è stato possibile determinare in modo completo le procedure di


impiego di tali oggetti nell'ambito di specifiche pratiche cultuali - per carenze nella do-
cumentazione archeologica - e non sarebbe stato possibile arrivare a ricostruire le cre-
denze religiose cui questi oggetti e le loro raffigurazioni rimandano, senza impiegare le
fonti scritte disponibili.
Come abbiamo detto, le decorazioni presenti sui letti votivi non costituiscono la rap-
presentazione di un rituale e, tuttavia, le pratiche cultuali domestiche nelle quali questi
oggetti erano impiegati potrebbero anche essere poste in relazione a rituali ufficiali di
ambito templare connessi con i significati trasmessi attraverso i motivi iconografici delle
raffigurazioni. In pratica, si potrebbero forse reperire nei testi della religione ufficiale altri
riferimenti alla divinità raffigurata sui letti votivi, che siano in grado di gettare maggiore
luce sul valore attribuito alle raffigurazioni. Interessanti appaiono, a tal proposito, alcuni
rituali di epoca successiva iscritti sulle pareti dei templi tolemaici di Dendera ed Edfu, ma
vengono presentati di seguito unicamente come suggestioni circa possibili legami esisten-
ti fra specifiche credenze religiose e le decorazioni dei letti votivi.
Le scene e i testi raffigurati sulle pareti del Per-Nu del tempio di Dendera mostrano un
rituale d'offerta in onore di Hathor, quello dei sedici vasi, che risulta chiaramente evocare
l'inondazione: offrire i sedici vasi equivale a richiedere un'alluvione ideale e la divinità
che presiede ai sedici vasi è quella che produrrà una tale inondazione (Preys 1999: 263). I
riti svolti per assicurare il ritorno dell'inondazione erano eseguiti al momento della festi-
vità che celebrava il ritorno della dea dai deserti lontani nei quali si era recata.
Sui montanti del Per-Nu troviamo una delle descrizioni dell'apparizione della dea che
è tornata per riunirsi a suo padre. Alla sua vista le divinità si sollevano per adorarla ed in
primo luogo si manifestano le espressioni di giubilo legate alla musica: le dee innalzano
canti di lpde e battono i tamburi, le Meret suonano l'arpa (Preys 2000: 197) e tutti gli uo-
mini e le Gonne annunciano la sua bellezza. Poi le varie divinità si occupano di lavarla e
rivestirla, di truccarla e profumarla e proprio ad Anukis spetta il compito di sistemare la
sua acconciatura (Preys 2000: 197). Dopo l'adorazione centrale, infine, vi è una nuova
invocazione alle divinità affinché giungano a suonare per la dea, che è definita, con gli
appellativi della dea lontana, riappacificata e libera da qualsiasi collera (Preys 2000: 211).

Alcune questioni riguardanti i letti votivi ed i culti domestici ad essi legati rimangono
sicuramente aperte ad altre interpretazioni o ad ulteriori sviluppi ed approfondimenti eta-
le "apertura" rappresenta, del resto, un elemento connaturato nel lavoro di ricerca. Spero
che il presente studio abbia assolto almeno ad uno dei suoi obiettivi principali, quello cioè
di portare all'attenzione degli studiosi una categoria di materiali così particolare e così ric-
ca di significati e connessioni.

I believe that any attempt to establish a totalizing framework, accomodating as many


observations as possible with, ideally, nothing left out, is doomed to failure. There is al-
ways a surplus of meaning. (..) I think we can all agree that there is no one meaning to
the present, to any cultura! artefact (a car or a house). Why should you expect there to be
one meaning in the past? Archaeology (or any other human science) is not about cer-
tainty. If you expect certainty you are in the wrong boat.
(Tilley 1991: 173-174)

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