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Storia del cristianesimo

di Gherardo Fabretti
Riassunto del testo "Il cristianesimo antico. Dalle origini al concilio di Nicea". Il
riassunto tratta la storia della nascita del cristianesimo, le origini, la sua
diffusione nel mondo pagano e cristiano, la nascita della letteratura cristiana e i
suoi esponenti, gli attacchi alla religione e i problemi disciplinari e teologici
annessi.

Università: Università degli Studi di Catania


Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia del cristianesimo
Titolo del libro:Il cristianesimo antico - Dalle origini al concilio di
Nicea.
Autore del libro: Giorgio Jossa
Gherardo Fabretti Sezione Appunti

1. La Palestina al tempo di Gesù


All'arrivo di Gesù la Palestina era un territorio sotto controllo romano. Due grandi territori, la Batanea e la
Galilea, godevano di una certa indipendenza, mentre la Galilea era diventata, nel 6 d.C. provincia romana,
controllata da un prefetto (non un procuratore) mandato da Roma o dal Governatore.
La Palestina era amministrativamente controllata da tre grandi gruppi: i sommi sacerdoti, gli anziani e gli
scribi, che insieme formavano il Sinedrio.
Religiosamente erano divisi in vari gruppi giudaici tra cui spiccano i SADDUCEI, i FARISEI, gli ESSENi e
i SEGUACI DI GIUDA IL GALILEO.
Non dimentichiamo però nemmeno il giudaismo ellenistico, un giudaismo della diaspora che risente delle
influenze ellenistiche.
La predicazione di Gesù.
La predicazione di Gesù è immediatamente successiva a quella di Giovanni Battista. Se il Battista inizia la
sua predicazione nel 26 e termina nel 27, quella di Gesù, che dura ipoteticamente o uno o tre anni, inizia nel
28 e termina tra il 29 e il 30. Siamo sotto l'imperatore Tiberio, Caifa è il sommo sacerdote del Sinedrio e
Pilato è il prefetto della Giudea. Non ci sono eventi molto importanti che fanno da cornice alla predicazione
di Gesù, dato che la rivoltà di Giuda il Galileo era terminata da vent'anni e la grande guerra giudeo – romana
sarebbe avvenuta nel 66 e terminata nel 73.
Giovanni Battista era un predicatore itinerante che annunciava l'imminente fine del mondo, predicando
l'espiazione dei propri peccati con un battesimo nel fiume Giordano. Pare che Gesù si unisca ai seguaci del
Battista me le Scritture non ne parlano molto perchè l'argomento dava dei problemi (Giovanni ad esempio
dice che il Battista quasi non lo vorrebbe battezzare).
Battista è l'ELIA che precede il MESSIA.
Gesù veste i ruoli di:
- Predicatore itinerante, soprattutto per la Galilea ma anche a Cafarnao, al lago di Genezaret, a Tiro e
Sidone, Cesarea e Decapoli.
- Taumaturgo.Ne parlano Marco,Luca e Giuseppe Flavio.
- 3. Nabi o profeta.Ne parla Marco, indicando in Gesù un uomo ispirato e posseduto da Dio. Gesù reca una
nuova salvezza e per tutta l'umanità, non solo per Israele. Non predica ritorni della dinastia di Davide né
liberazioni dal dominio romano ma la salvezza celeste. La sua idea salvezza è riservata in special modo ai
poveri.
- Rabbi o dottore della Legge. Gesù conosce bene l'Antico Testamento e svolge attività didattica itinerante,
spiegando la legge di Mosè anche nelle sinagoghe. Sostiene molti dibattiti con i farisei e gli scribi in
generale, e corregge la Legge, non si limita ad interpretarla (vd. polemica sul sabato.
- Messia. Gesù all'inizio non si proclama Messia e la sua predicazione riguarda maggiormente la salvezza
ultraterrena. Dopo la confessione di Pietro, sostiene Marco, Gesù inizia ad affermare il suo carattere
messianico entrando a dorso d'asino a Gerusalemme. Infine, alla domanda di Caifa durante il processo del
Sinedrio, dichiara apertamente la sua messianicità. Lui non è il messia dei Salmi e del Libro dei Profeti ma il
messia del Libro di Daniele.
Annunciando la sua necessaria morte Gesù porterà lo sgomento tra i discepoli e subito dopo la sua morte, la
delusione si impadronirà di molti di loro come testimonia Luca: “noi speravamo fosse lui quello che avrebbe
salvato Israele”.

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2. La comunità primitiva di Gerusalemme (30 – 49)


Gesù muore probabilmente nel 30. La comunità primitiva di Gerusalemme si forma più o meno dal 30 al 49
ed è il periodo più oscuro per gli studiosi. Scritti di questo ventennio non ne possediamo e i testi più vicini a
cui fare riferimento sono le Lettere di Paolo di Tarso e gli Atti degli Apostoli. Dopo la morte di Gesù
abbiamo visto come lo sgomento si appropri dei seguaci, troppo culturalmente lontani dall'idea di un Messia
sofferente e redentore. Ma qualcosa succede. Gesù risorge. Qualcosa che possiamo indicare scientificamente
come una serie di apparizioni di Gesù dopo la morte, e che furono interpretata e raccontate come una
oggettiva e concreta risurrezione. Gesù è passato da una forma di esistenza nella carne a una forma di
esistenza nello spirito.
La Resurrezione è il sigillo della vera messianicità di Gesù. Gesù è veramente colui nel quale si sono
concretizzate le profezie della Torah: Gesù si è seduto a destra della potenza, dice Marco; Dio ha compiuto
la promessa fatta a Israele: nato dalla stirpe di David secondo la carne, è stato costituito figlio di Dio
secondo lo spirito, dice Paolo nella Lettera ai Romani.
Da questo momento le comunità di credenti, unite dalla speranza nella parusia (vd. maranathà
dell'eucarestia), si riuniscono a Gerusalemme e formano la neonata Chiesa primitiva di Cristo. La Pentecoste
è l'atto ufficiale della nascita della Comunità di Dio secondo Luca, perchè in quel giorno è sceso lo Spirito
Santo con i suoi doni straordinari.
Negli Atti degli Apostoli troviamo descritta la comunità primitiva giudaica come una comunità unita dalla
fede in Gesù come Signore e Messia alla quale si è ammessi tramite battesimo e che culmina con la
ripetizione della cena del Signore, l'eucarestia. La prima comunità, segnata da una fortissima solidarietà, era
diretta naturalmente dai Dodici Apostoli (Mattia al posto di Giuda) assieme a Sette Diaconi, nati in seguito
alle proteste delle vedove degli “ellenisti” che pur credenti si ritenevano escluse dalla distribuzione dei
viveri, e ai Presbiteri. Si aggiunge infine Giacomo, il “fratello del Signore”, che dopo la morte di Pietro
diverrà il capo effettivo della Comunità di Gerusalemme.
La Comunità di Gerusalemme non è molto dissimile dalle altre comunità di Giudei all'apparenza, ma se ne
distingue per l'idea diversa di salvezza e di restaurazione.
In realtà la comunità cristiana primitiva è lacerata sin dall'inizio in due partiti:
- Apostolica = sostanzialmente fedeli alle tradizioni e alle istituzioni giudaiche, con a capo Giacomo, l'ala
più tradizionale.
- Ellenista = messa in crisi radicale del giudaismo, anche perchè meno impregnati, per motivi geografici, di
giudaismo. Saranno gli ellenisti i primi predicatori del messaggio di Cristo.

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3. Paolo di Tarso e la diffusione del cristianesimo


Paolo di Tarso era di famiglia genuinamente ebraica, fariseo e rigorosamente osservante. Studiò col famoso
rabbino Gamaliele. Partecipò alla prima persecuzione degli ellenisti. Non possiamo dare una intepretazione
unilaterale di Paolo, cioè non possiamo né passare sopra il Paolo giudeo osservante di Luca né sopra il Paolo
greco. Paolo era di Tarso, nella greca Cilicia, quindi la sua lingua era il greco prima dell'aramaico e la sua
formazione è prima di tutto ellenistica, tant'è vero che quando cita le Scritture lo fa tramite la Bibbia dei
Settanta. Paolo era anche cittadino romano. Non conosce il Gesù terreno ma il Gesù celeste, nel famoso
episodio di Damasco (avvenuto forse nel 33) e da allora si convince che la salvezza non poteva venire
dall'osservanza della legge mosaica ma dalla fede in Cristo morto e risorto. Nel 47 – 48 inizia la sua attività
apostolica sostenendo che l'offesa fatta a Dio da Adamo è stata cancellata col sacrificio vittorioso di Gesù.
Ma Paolo non ha mai smesso di meditare sulla salvezza del popolo ebraico e il rifiuto del suo popolo per la
figura di Cristo come Messia è sempre stata per lui un problema angoscioso. Paolo dice che Dio non ha
ritirato l'antica alleanza ma la salvezza viene ora dalla fede in Cristo e se gli ebrei rimangono il popolo
eletto, rimangono l'Israele secondo la carne, mentre i cristiani sono
l'Israele di Dio (lettera ai Galati). Paolo sosterrà molti altri scontri come spiega Luca negli Atti degli
Apostoli: con Pietro sul problema dei rapporti rituali (la comunione della tavola) con i pagani; nel Concilio
di Gerusalemme (49?) dove si affronterà il problema della libertà dei pagani dalla legge mosaica.
La prima diffusione del cristianesimo nell'Impero Romano.
Da Paolo in poi il cristianesimo inizia a diffondersi fino all'estremità della terra (Grecia e Roma) come dice
Luca negli Atti. Il racconto di Luca è certamente parziale ma analizziamolo. Luca dice che Paolo inizia la
sua predicazione presso i giudei, dove trova un'accoglienza fredda. Passa così ai pagani dove riscuote ben
altro successo e la chiesa inizia a ellenizzarsi e arriva a Roma. Va icordato che Luca sente molto il fascino
della cultura ellenistica e che questa sua versione è troppo semplicistica. La componente giudaica ha
continuato ad avere un ruolo molto forte per tutto il I secolo e anche nel II secolo; il partito di Giacomo
esprime proprio questa tendenza si è detto prima, e dopo la guerra contro Roma molte comunità giudaico –
cristiane sopravviveranno, dando vita alla letteratura apocrifa del Nuovo Testamento di cui si parlerà più in
là. Ci sono poi le comunità dell'Osroene e dell'Adiabene, che adottano un cristianesimo risalente alla
missione palestinese, di impronta giudaica e lingua aramaica.
Come si diffonde quindi il cristianesimo con l'attività apostolica di Paolo? Paolo segue le grandi vie di
comunicazione romane: Siria, Cilicia, Asia Minore, Grecia e Italia; queste sono le aree fondamentali della
predicazione paolina e i luoghi dove nascono le prime importanti comunità cristiane: Antiochia prima di
tutte, poi Efeso, Smirne, Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto e Roma.
Luca parla anche dei modi di diffusione e della reazione che suscita nella popolazione locale, ed è credibile
quanto dice, cioè che Paolo prima si rivolga alla comunità giudea del luogo tentando di dimostrare che Gesù
è il Messia, una predica che suscita molte resistenze. Si rivolge così ai pagani, specialmente i convertiti al
giudaismo che non tenevano troppo in conto l'osservanza della Torah.
Le rimostranze dei giudei sono interessanti perchè controbattono dal punto di vista religioso ma di fronte ai
Romani pongono il problema dal punto di vista politico, additandoli come sediziosi e disturbatori. Ma anche

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molti pagani protestano, temendo danni commerciali derivanti dalla predicazione. Le autorità romane non
reagiscono con troppa veemenza considerato anche il fatto che Paolo era cittadino romano.

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4. Le prime comunità cristiane nel mondo pagano


Bousset e Reitzenstein sostengono che all'inizio ci fosse una contrapposizione tra comunità ellenistica e
comunità palestinese. La comunità ellenistica (Antiochia, Asia Minore, Grecia) poneva al centro della
propria vita religiosa la venerazione cultuale del Cristo Risorto, mentre la comunità palestinese era di
stampo apocalittico e la sua fede centrale era nell'attesa del prossimo ritorno del Cristo. Posta in questi
termini la contrapposizione è inaccettabile.
Nelle principali città dell'Asia e della Grecia sorgono delle comunità che sono molto lontane dalle speranze
messianiche e dalla tradizione legalistica della religione giudaica e tendono a organizzarsi secondo il
modello delle sinagoghe ellenistiche o di altre associazioni cultuali. Sono le chiese che Paolo ha fondato o
con cui è entrato in relazione: Efeso, Filippi, Tessalonica, Corinto, e che esprimono la sua predicazione.
Ci sono poi chiese improntate alla predicazione successiva dell'apostolo Giovanni: Efeso, Smirne, Pergamo,
Sardi, Filadelfa, Laodicea, tutte citate nell'Apocalisse, che esprimono una tradizione diversa e in contrasto
con quella paolina perchè più impregnate di tradizione giudaica.
Luca e Paolo spiegano come in generale comunque le comunità cristiane vivano come corpo separato dalle
comunità cittadine e facciano proselitismo personale. I ceti maggiormente raggiunti sono quelli medi e degli
stranieri. Le comunità si distinguno per la forte solidarietà che lega i membri anche se le tensioni e i
contrasti non mancano. Si ritirano in una casa di un membro della comunità dove esercitano i riti
dell'eucarestia e del battesimo.
L'origine dell'eucarestia, il sacramento della memoria e della salvezza, è sciolta da Paolo nella I lettera ai
Corinzi e avviene ogni primo giorno della settimana. All'inizio si svolgeva nella cornice di un banchetto
comune in un clima festoso di attesa escatologica, ma con il tempo, dati i numerosi incidenti, il rito si staccò
dall'agape.
L'origine del battesimo è più misteriosa. Non risulta che Gesù abbia mai battezzato e se l'ha fatto, l'ha fatto
all'inizio della sua vicenda terrena. I Vangeli mettono in bocca al Cristo risorto il rito del battesimo (Marco e
Matteo) che è la realizzazione della comunicazione di salvezza operata dalla morte e dalla risurrezione di
Gesù e attua la remissione dei peccati e comunica il dono dello Spirito Santo.
A questi due riti si aggiungono poi:
- La celebrazione della domenica come giorno del Signore, non più come giorno del riposo dalla creazione
ma come giorno del ricordo, memoria della risurrezione e attesa della parusia.
- La pasqua, non più soltanto ricordo dell'uscita degli Ebrei dall'Egitto e della liberazione del peccato, ma la
celebrazioone della morte e della risurrezione di Gesù come vero agnello pasquale col cui sacrificio ha
sostituito e abrogato il sacrificio materiale degli agnelli.
Per quanto riguarda le origini e gli sviluppi della gerarchia ecclesiastica, sappiamo ben poco. Prima il ruolo
di direzione, dopo gli apostoli, era affidato a profeti e predicatori itineranti ma ben presto subentrarono
esigenze di organizzazione che cedettero il passo a presbiteri e vescovi stabili, un collegio dei quali finirà
per dirigere le singole comunità e da cui gradatamente emergerà la figura del vescovo monarchico.

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5. La formazione del Nuovo Testamento

La nuova comunità cristiana deve darsi un nuovo insieme di regole che però non vengono immediatamente
messe per iscritto. Sono tutti d'accordo sulla necessità di dare una nuova intepretazione della Scrittura ma
questa è all'inizio solo in forma orale. Le prime forme di reinterpretazione scritta sono, a partire dagli anni
Trenta, le storie della passione, che verranno poi inserite nel Nuovo Testamento. Il motivo è da ricercarsi
nella straordinarietà di quell'evento, così imprevedibile per i Giudei, che portano a indagare, a cercare di
capire le ragioni di quell'evento. Successivamente si aggiungono una serie di raccolte di detti e parole di
Gesù, e narrazioni su eventi salienti della sua vita. Sono però le Lettere di Paolo, nella loro stesura
definitiva, le più antiche testimonianze del canone neotestamentario. Sono lettere che esprimono la necessità
di istruire, correggere e confortare sulla dottrina cristiana. Esse, dunque, rappresentano il momento del
consolidamento della comunità, non la sua fondazione. Delle Tredici lettere di Paolo solo Sette sono da
attribuire effettivamente a Paolo:
- I lettera ai Tessalonicesi = tratta principalmente del problema della parusìa.
- Lettera ai Filippesi = Dove Paolo tratta del fatto che Gesù non si vanta della sua uguaglianza con Dio ma
utilizza il suo status per redimere l'umanità.
- Lettera ai Galati = dove tratta del problema dell'imposizione ai pagani convertiti della Scrittura e
dell'Israele secondo la carne dell'Israele secondo lo spirito.
- Le due Lettere ai Corinzi
- La lettera a Filemone
- La lettera ai Romani.
Dopo le lettere di Paolo si aggiungono i quattro Vangeli, nell'ordine Marco, Luca, Matteo e Giovanni. I
Vangeli non sono da considerare come vite di Gesù o come opere di storia ma come opere di teologia, che
devono testimoniare e confessare la fede della comunità in Gesù di Nazaret Messia e Figlio di Dio.
Il Gesù dei Vangeli non è dunque la figura che apparve agli abitanti di Palestina durante la sua vicenda
terrena, il Gesù secondo la carne, ma la figura di Gesù come è stata compresa dai discepoli nella fede dopo
la risurrezione, il Gesù secondo lo spirito. Ma come si formano i vangeli? La loro natura e i loro rapporti
sono molto complessi. I primi tre presentano somiglianze così grandi nel racconto da poter essere stampati
su tre colonne parallele per abbracciarli con un solo sguardo (appunto sinossi, e quindi Sinottici), ma
rivelano anche significative differenze. È questa la cosiddetta questione sinottica.
Il fatto che Matteo e Luca nell'ordine della narrazione vadano d'accordo tra loro fino a quando vanno anche
d'accordo con Marco e che Luca e Matteo contengono in forma letterariamente più elaborata quanto detto da
Marco, ha fatto stabilire che quello di Marco sia il vangelo più antico. Il vangelo di Marco, dunque, è stato
composto probabilmente dopo il 70, presumibilmente negli anni 80. Marco però non è l'iniziatore della
tradizione scritta, perchè prima di lui ce ne erano state altre. Il suo merito è quello di avere organizzato,
sincretizzato, i precedenti materiali in un unicum nuovo, il genere del vangelo.
Ma Luca e Matteo non prendono spunto solo da Marco. Tutta una parte di questi due vangeli non trova
corrispondenza nel vangelo di Marco: specialmente la parte dei lògia. Si è pensato così ad una seconda
fonte, la fonte Q, la cui età dovrebbe essere anche più antica del vangelo di Marco. Questa fonte doveva
essere in aramaico e successivamente deve essere stata tradotta in greco.

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6. Il quarto vangelo e gli atti degli apostoli


Il quarto vangelo, quello di Giovanni, ha un carattere diverso. Indipendente dai Sinottici, che probabilmente
non conosce, anch'esso contiene certamente notizie di valore storico: il rapporto tra Gesù e Battista; il
processo di Gesù. Ma l'immagine di Gesù che emerge dal quarto Vangelo è molto diversa da quella dei
Sinottici così che la ricerca moderna sul Gesù storico fa distinzione tra il Gesù dei Sinottici e il Gesù di
Giovanni, considerando quello di Giovanni il meno storicamente attendibile. La ragione della differenza del
vangelo di Giovanni sta non tanto nella sua distanza storica (dato che un frammento di papiro contenente dei
brani risale al 130) quanto nella sua natura teologica. Questo Giovanni è certamente un teologo di alto
livello, più dei precedenti evangelisti, e non vuole raccontare la vicenda del Gesù storico ma la fede e
l'interpretazione della sua persona così come circolavano nella sua comunità, giudaica. Il vangelo di
Giovanni non mostra grande interesse né per gli aspetti escatologici né per i contenuti etici della
predicazione, punta la sua attenzione sulla riflessione teologica sulla figurà di Gesù divino.
Dopo i Vangeli si aggiungono:
- le lettere di Paolo non autentiche o discusse: II lettera ai Tessalonicesi, agli Efesini, ai Colossesi, I e II
lettera a Timoteo, a Tito, le ultime tre chiamate anche Lettere pastorali. Le lettere pastorali insegnano
soprattutto una serie di regole di condotta e rappresentano una chiesa ormai abbastanza organizzata.
- Lettere Cattoliche: I e II lettera di Pietro, di Giacomo, di Giuda, I, II e III lettera di Giovanni.
- Lettera agli Ebrei
- Atti degli Apostoli. Sono fondamentali per la nostra conoscenza del cristianesimo antico perchè anche se
non possiamo considerarli come fonte storiografica in senso stretto (perchè la intenzione principale è sempre
teologica) ci trasmettono l'immagine della chiesa di Luca (80) e ci forniscono una serie di dati preziosi sulla
predicazione di Paolo e sulla comunità primitiva di Gerusalemme.
- Apocalisse. É l'unico testo neotestamentario che riprende la tradizione apocalittica giudaica (che nella
Torah troviamo nel Libro di Daniele e a cui l'Apocalisse si ispira) e si caratterizza per la sua concezione
drammatica della storia, un teatro perenne di scontri tra giusti e peccatori, immagine dello scontro celeste tra
Dio e Satana. È anche il testo che pone le basi del conflitto tra credenti e potere politico romano, dato che si
parla delle due bestie (potere politico e religioso) che perseguita i santi.

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7. I primi conflitti della comunità cristiana con l'autorità politica


La comunità cristiana dovette ben presto confrontarsi con l'autorità politica. Ricordiamo il famoso quesito
che fu rivolto a Gesù sull'opportunità o meno di pagare il tributo ai romani, al quale Gesù rispose di dare a
Cesare quel che era di Cesare MA a Dio quel che era di Dio. Il problema era reale e concreto e Gesù
legittima il pagamento del testatico solo perchè non implica nessuna attribuzione di divinità a Cesare.
Con Paolo nascono nuovi sviluppi. Essendo cittadino romano era profondamente convinto della necessità
del potere politico e riconosceva spesso l'equità del diritto romano. La sua predicazione quindi fu più
favorevole di quella di Gesù. La posizione di Paolo nei confronti del potere romano è duplice e solo
apparentemente contraddittoria: nella Lettera ai Romani da un lato afferma che i cristiani devono essere leali
con i romani, che devono esserlo perchè questa è la volontà di Dio. Il governo romano è opera di Dio che
governa il mondo e l'organizzazione della comunità cristiana: un modo intelligente di evitare anarchie
all'interno delle comunità. Da un altro lato lascia intendere che questa autorità politica, pur di origine divina,
deve svolgere un compito puramente profano: spingere gli uomini a fare il bene e ad evitare il male. Lo
Stato è Stato ma non è Chiesa. Deve limitarsi a creare le condizioni favorevoli per una vita tranquilla e
dignitosa.
Il terzo assioma, fondamentale, è che la cittadinanza dei cristiani però non è qui sulla terra ma in Cielo. Non
è la sua partecipazione alla comunità politica che lo rende libero ma la sua appartenenza a Cristo Signore.
Essendo loro cittadini del cielo, sulla terra sono solo stranieri in condizioni di estraneità. È questo il
fondamento dell'obiezione di coscienza cristiana e il motivo cardine delle persecuzioni.
All'iniziom nei primi trent'anni, l'autorità romana non ha granchè da rimostrare ai cristiani e si pone solo
come sedatrice del disordine pubblico. Nel 64 però arriva Nerone e la prima persecuzione romana. Perchè? I
pretesti sono noti ma Tacito stesso smentisce le voci. Il vero pretesto a cui si attaccherà Nerone per
sterminare i cristiani sarà quell'odium humani generis di cui parla Tacito. Nel 95 scatta la persecuzione di
Domiziano, più difficile da spiegare. La fonte pagana più antica è Svetonio, che ci racconta che Domiziano
fece uccidere, per un leggerissimo sospetto, il console Flavio Clemente, suo cugino. Clemente era uomo di
“contemptissimae inertiae”, riferibile sia a un cristiano che non partecipa alla vita pubblica, sia a un
oppositore politico, sia a uno stoico.
Le fonti cristiane più antiche sono la I lettera ai Corinzi e l'Apocalisse che però non parlano di persecuzioni.
Ne parlano invece il palestinese Egesippo e il vescovo di Sardi Melitone. Cassio Dione poi rivela che
Clemente e sua moglie erano inclini ai costumi dei giudei e furono condannati per ateismo, accusa rivolta
spesso ai cristiani. Ma sono tutte fonti poco attendibili che lasciano pensare che in realtà Domiziano abbia
scatenato una violenta persecuzione verso tutti gli oppositori del regime utilizzando ogni pretesto utile.

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8. La reazione pagana e le accuse al cristianesimo


- Accuse filosofico – religiose, nate in nome della difesa dei valori tradizionali della romanità. Troviamo
dunque Luciano, Epitteto e Galeno.
- Accuse sociali – religiose, nate sulla base di più concrete preoccupazioni di ordine politico. Troviamo qui
Plinio il giovane, Svetonio e Tacito.
Epitteto critica la mancanza di paura della morte dei cristiani, enumerando varie categorie di persone che
nutrono lo stesso sentimento: bambini, pazzi, depressi, filosofi stoici. I cristiani però non hanno paura della
morte solo per abitudine e non per un ponderato ragionamento.
Luciano ne parla a proposito della morte di Peregrino, un filosofo considerato da Luciano un ciarlatano, che
dopo essere stato cristiano per un po', si fa cinico e per dimostrare il suo disprezzo verso la morte si getta nel
fuoco a Olimpia. I fratelli cristiani che lo vanno a trovare sono dei creduloni e dei fanatici che non temono la
morte.
Galeno infine ammira la loro moralità, la loro continenza, ma batte anche lui sulla credulità e l'assenza di
paura dalla morte.
Plinio, Tacito e Svetonio concordano sul fatto che il cristianesimo sia SUPERSTITIO, ovvero non faccia
parte del mos maiorum, sia una manifestazione di fanatismo e non sia riconosciuta dall'autorità. Il
cristianesimo è anche religio PRAVA, EXITIABILIS, NOVA e MALEFICA.
Plinio scrivendo a Traiano nel 112, quando Plinio era governatore della Bitinia, chiede istruzioni
all'imperatore su come comportarsi con questi cristiani, che non sa davvero per quale reato condannarli.
Tacito a proposito dell'incendio di Nerone pur giustificando i cristiani lascia intendere che essi si sono
comunque macchiati di FLAGITIA (infamie) per il loro odium humani generis.
Svetonio accusa anche di magia e non vede per niente di buon occhio questa religio nova, nova e dunque
senza tradizione.
Il fondamento giuridico delle persecuzioni (98 – 138 Traiano e Adriano 138 – 161 Antonino Pio) Perchè
questo accanimento contro i cristiani se persino il giudaismo, definito superstitio externa e barbara, è
religione di stato? Abbiamo individuato tre soluzioni.
1. Esisteva forse una legge speciale, fatta risalire a Nerone, che vietava la professione del cristianesimo in
tutto il territorio romano. Tertulliano la liquida con una formula generale: non licet esse christianos. Una
ipotesi peregrina come testimonia la lettera di Plinio a Traiano.
2. Altri hanno invece affermato che i cristiani non venivano perseguitati in quanto cristiani ma per flagitia,
per reati comuni. Equivoci sui loro riti potevano farli accusare di antropofagia, infanticidio, lesa maestà,
sacrilegio. Può andare, ma la maggior parte di loro non veniva accusata di avere commesso flagitia ma di
essere semplicemente cristiani.
3. Altri ancora affermano che le persecuzioni furono semplici azioni repressive per calmare l'ordine
pubblico affidate ai singoli governatori delle province. È possibile ma non spiega l'enorme quantità di
condanne e comunque il punto 2 smentisce anche il punto 3.
Una risposta soddisfacente può arrivare da una mescolanza dei tre punti. La loro abitudine di escludersi dalla
vita pubblica faceva si che il nomen christianum fosse sempre unito all'odium humani generis e data la

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discrezionalità enorme del magistrato romano, non è difficile capire che non era necessaria una norma
specifica per la loro condanna, anche se le lettere di Traiano e Adriano indicano che non vi fosse un
particolare accanimento nei loro confronti.

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9. L'apologetica cristiana

Ormai nel II secolo i cristiani sentono il bisogno di giustificarsi dalle continue accuse rivolte a loro. I primi
scritti erano infatti preoccupati dell'organizzazione delle comunità e non fu prodotta letteratura apologetica.
Ricordiamo la Didachè (fine del I secolo) che forniva indicazioni sulle prime celebrazioni liturgiche delle
comunità siro – palestinesi. La I lettera di Clemente ai Corinzi che fu scritta dal Vescovo di Roma subito
dopo la persecuzione di Domiziano per ricondurre la comunità di Corinto alla pace e alla concordia che è
testimonianza dell'inizio del predominio della chiesa romana. La lettera di Barnaba (scritta nel 130 c.a.
all'epoca di Adriano) che è un primo tentativo do definire l'identità cristiana in opposizione a quella
giudaica. Il Pastore di Erma, scritto sono Antonio Pio, che testimonia la ripresa di motivi apocalittici della
tradizione giudaica.
Gli apologisti invece iniziano a confrontarsi con i pagani in discorsi anche letterariamente ambiziosi.
Distinguiamo:
- Apologetica greca di Aristide, Giustino, Taziano, Atenagora e Teofilo. Preparati neoplatonicamente e
generalmente in campo filosofico. Sono attenti agli aspetti culturali del confronto coi pagani.
- Apologetica latina di Tertulliano, Minucio Felice, Cipriano e poi Lattanzio. Sono più sensibili ad aspetti
politici e giuridici condannando la politica religiosa dei romani e sottolineando le incertezze della
legislazione romana sui cristiani.
Aristide di Atene scrive alla fine dell'impero di Adriano e la sua Apologia non è opera di grande profondità.
È una preziosa polemica contro la divinizzazione degli elementi e delle credenze politeistiche dei pagani,
sostenendo che i cristiani possseggono una idea di Dio più razionale e una vita morale più elevata dei giudei
e dei greco – romani.
Giustino è pensatore di altro livello. È nato in Palestina, a Flavia Neapolis, e si sposta poi a Roma, dove
scrive tra il Scrive due Apologie e un Dialogo con Trifone e ci ha lasciato una importante riflessione sui
rapporti tra cristianesimo e cultura greco – romana.
Nel Dialogo con Trifone racconta il suo travaglio spirituale che lo ha portato, prima di arrivare al
cristianesimo, ad abbracciare quattro scuole filosofiche; stoica, peripatetica, pitagorica e platonica. Sarà lo
spettacolo eroico dei martiri a contribuire alla sua conversione. Il cristianesimo per Giustino è il
compimento della filosofia greca. Fa suoi uno dei concetti fondamentali del pensiero stoico, quello del logos
spermaticos, della ragione seminale, e lo fonde con le premesse del quarto vangelo, affermando che Gesù è
il Logos divenuto carne. Il Logos esisteva già da prima e diffondeva i suoi semi di verità su Mosè, sui
profeti ebrei,sui filosofi e sui legislatori pagani. Gesù
ha compiuto il processo.
Taziano, allievo di Giustino, scrive il Discorso ai Greci, che contiene una valutazione completamente
diversa della civiltà greco – romana. Taziano era siro di nascita e fiero di esserlo, e capovolge interamente
gli argomenti di Giustino, accomunando tutte le conquiste intellettuali greche come un coacervo di
immoralità e contraddizione, ispirato non dal Logos ma dai demoni.

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10. Il distacco del cristianesimo dal giudaismo


La figura di Marcione
Il cristianesimo nasce dal giudaismo ma subito se ne allontana per il non riconoscimento in Gesù del Messia.
Così il cristianesimo deve sancire la sua diversità dal giudaismo. Questo era già stato l'argomento principale
del Concilio di Gerusalemme del 49 di cui si è già discusso. Paolo aveva sancito che fermo restando il
valore di parola e di promessa di Dio della Torah, essa era privata del valore salvifico, ora incarnato in Gesù.
Ma non tutti erano naturalmente d'accordo.
C'era chi riconosceva in Gesù il Messia ma sentiva ancora vincolante il rapporto con la Torah = tendenza
giudeo cristiana o pagano giudeo cristiana, espressa soprattutto dalla letteratura apocrifa.
C'era poi chi, all'opposto, contestava interamente il giudaismo, come la Lettera di Barnaba, che precorre
ulteriori sviluppi. La Lettera legge la Torah come intera prefigurazione neotestamentaria. Arriva così
Marcione, che porta a compimento i propositi della Lettera di Barnaba. Marcione sostiene che c'è un
contrasto insanabile tra antico e nuovo testamento. Le sue idee erano pericolose per una coabitazione
pacifica delle due religioni e viene allontanato dall'Asia, finendo a Roma dove finanzia la comunità cristiana
con 200.000 sesterzi. Cerdone gli trasmette una cultura accentuatamente gnostica. Nel 144 viene cacciato da
Roma e fonda una serie di chiese marcioniste che per lungo tempo daranno noie. Ma qual è il messaggio di
Marcione?
Non possediamo testi suoi e ciò che sappiamo lo prendiamo dalla letteratura polemica contro di lui,
Tertulliano e l'Adversus Marcionem. Il contrasto tra legge mosaica che esige la giustizia e legge vangelica
che esige la grazia sono inconciliabili. Il Dio degli ebrei è un dio inferiore, un demiurgo creatore e giusto
che ha dispensato una Legge severa e crudele. Il Dio vero si è rivelato con Cristo, ed è un Dio salvatore e
buono che ha mandato il Cristo a salvare l'umanità e liberarla dalla Legge. La morte in croce era voluta dal
Dio buono ma non era prevista dalla Torah e questo accentua la condanna.
Secondo Marcione l'unico ad avere avvertito questo contrasto è stato Paolo, e le sue Lettere, quelle che
sottolineano maggiormente la novità del Vangelo rispetto alla Legge, che devono formare l'ossatura portante
del Nuovo Testamento.
Secondo von Harnack Marcione non è uno gnostico ma il più coerente interprete di Paolo, che con le sue
antitesi di Legge e grazia, Legge e vangelo, anticiperebbe la riforma protestante.
Non molti la pensavano come lui e i teorici cristiani, per evitare strappi, dovevano formulare una teologia
della storia che facesse fronte allo stesso tempo alle obiezioni dei giudei e di Marcione, che conservasse
l'essenziale della tradizione giudaica e la novità della rivelazione cristiana. Ci pensa Giustino che scrive un
Contro Marcione che noi non possediamo, ma la soluzione è già presente nel Dialogo con Trifone. Il Dio
della Torah è il creatore del mondo e signore della storia, Dio di giudei e cristiani. La Scrittura contiene la
sua rivelazione ma il valore della Scrittura è essenzialmente quello di annunciare Cristo.

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11. Lo gnosticismo come forma di religione


Lo gnosticismo è una forma di religione dualistica che pone al suo centro la conoscenza (la gnosi) del
mondo e dell'uomo, ottenuta attraverso una rivelazione divina.
- Harnack dice che lo gnosticismo è una forma di ellenizzazione acuta del cristianesimo; una eresia. Nata in
seno al cristianesimo, deriva dall'incontro del messaggio cristiano con la cultura greca a partire dal secondo
quarto del secondo secolo.
- Bousset e Reitzenstein sostengono, invece, che esso sia un fenomeno solo parzialmente legato al
cristianesimo. Non di eresia cristiana si tratta ma di un fenomeno di storia delle religioni sviluppatosi in
Oriente, mediato dal giudaismo, in una forma che pescava dalla mitologia iranica e diffusosi poi in
Occidente dove sarà influenzato da elementi filosofici della Grecia.
Fino al 1945 lo gnosticismo era conosciuto solo sulla base delle notizie e dagli estratti contenuti nelle
confutazioni dei Padri della Chiesa, in particolare dall'Adversus Haereses di Ireneo di Lione e dalla
Refutatio omnium haeraesium di Ippolito di Roma. Nel 1945 si scopre a Nag Hammadi una intera biblioteca
gnostica in copto che però non sembra avere modificato radicalmente la valutazione della natura e delle
origini del movimento gnostico, dato che purtroppo risalgono alla seconda metà del II secolo, non dicendo
dunque nulla a proposito di una ipotetica gnosi precristiana.
Ireneo ed Ippolito dicono che lo gnosticismo risale a Simon Mago, il personaggio di cui parlano gli Atti
degli Apostoli. Ireneo parla anche di un altro gnostico importante, Saturnino, di cui sappiamo solo che operò
ad Antiochia nella prima metà del II secolo. Dice Ireneo che la sua dottrina consiste in una interpretazione
della Genesi in chiave dualistica.
C'è poi un altro famoso scritto gnostico, l'Apocrifo di Giovanni che parla di Iadalboth, il dio dei Giudei di
Saturnino, identico a Saclas, il diavolo. Caino e Abele nascono dall'unione di Iadalboth con Eva. La Genesi
quindi, dicono gli gnostici, non è come la interpretano gli Ebrei ma come gli gnostici illuminati la rileggono
esotericamente.

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12. Lo Gnoticismo cristiano


Parliamo poi del cosiddetto Gnosticismo Cristiano. Si sviluppa ad Alessandria con Basilide e i testi come la
Ipostasi degli Arconti e L'origine del mondo (che è un grande dramma cosmologico fondato sulla
intepretazione esotetica di Genesi 1 - 6), ritrovati a Nag Hammadi. Basilide si alimenta del pensiero greco e
in particolare del platonismo medio, affermando la trascendenza assoluta di Dio, che non esiste dunque.
Insiste poi sul processo di degradazione del divino, da cui deriva, per emanazione, tutta la realtà spirituale.
Arriva poi lo gnosticismo di Valentino, di cui si sa poco. Pare che sia nato ad Alessandria, che sia stato
cacciato da Roma e che abbia fondato una scuola divisa in ramo occidentale (Tolomeo ed Eracleone) e ramo
orientale (Teodoto e Marco). Siamo qui ad una evoluzione della dottrina gnostica che da reinterpretazione in
chiave dualistica ed esoterica della Genesi intrisa di neoplatonismo, assume caratteri più definiti. Ed è con
questo stadio che si misurano gli eresiologi cristiani come Tertullaino, Ireneo eccetera. Quali sono le
carreristiche della scuola valentiniana,che non è l'unica scuola gnostica evoluta?
- Un profondo senso di estraneità dal mondo; il desiderio di allontanarsene per recuperare la loro natura
perduta. Lo gnostico si sente radicalmente straniero, gettato in un universo materiale che non accetta. È
convinto di appartenere ad un altro mondo, un mondo divino, da cui è decaduto alle origini e la cui
conoscenza possiede per mezzo di una rivelazione.
- Una concezione dualistica del mondo secondo cui, per effetto di un dramma cosmico originario che ha
degradato o disintegrato la realtà celeste, ha dato vita ad uno scontro tra la potenza divina suprema e le
potenze inferiori contrapposte. Così il pleroma, lo spirito celeste dell'uomo, è finito in balia del creatore del
mondo materiale, dove ora giace prigioniero del corpo e in mano alle potenze del male. La salvezza arriva
con la gnosi della propria natura divina, che è estranea a questo mondo materiale. Non è una conoscenza
razionale ma rivelata, da un redentore celese, agli uomini eletti. Il redentore celeste non è Gesù terreno ma il
Cristo ultraterreno proveniente dall'alto, che è morto solo apparentemente, doceticamente.
Lo gnosticismo avrà molta influenza sul processo di formazione del canone neotestamentario.

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13. La letteratura apocrifa (II sec.)


Anzitutto apocrifo non è sinonimo di eretico o di falso. Con apocrifo si dovrebbe intendere uno scritto non
canonico, in seguito alla formazione del canone neotestamentario, anche se non tutto ciò che non è canonico
può definirsi apocrifo. Approfondiamo il discorso. Possiamo definire apocrifi solo quegli scritti che non
sono diventati canonici ma per la loro forma letteraria e per l'autorità dottrinale che rivendicano appaiono in
concorrenza con i testi canonici.
Il fenomeno degli apocrifi nasce dalla varietà e dalla flessibilità della tradizione apostolica nei riguardi di
Gesù, che essendo all'inizio orali, erano suscettibili di cambiamenti più o meno vasti. Un esempio del genere
è quello del papiro Egerton 2, fine del II secolo, che contiene quattro episodi evangelici in una forma
leggermente diversa da quella dei vangeli canonici.
Il fenomeno si amplia quando nascono testi dottrinali dotati di una certa autorità. La Chiesa non ha ancora
adottato una forma canonica così gruppi cristiani di orientamenti diversi possiedono forme orientate di un
medesimo scritto. Prendiamo come esempio il Vangelo di Matteo. I Padri della Chiesa citano molti testi
usati da gruppi giudeo cristiani di Siria che appaiono in stretto rapporto con questo Vangelo: lo Judaicon, il
Vangelo secondo gli Ebrei, il Vangelo dei Nazareni, il Vangelo degli Ebioniti. Conosciamo poco questi
scritti ma una considerazione la possiamo fare: vi sono stati certamente in Siria dei gruppi giudeo – cristiani
che utilizzano e rielaborano ai propri fini il Vangelo di Matteo, o apportando semplicemente delle varianti, o
sviluppando ed elaborando alcuni episodi in chiave apologetica, correggendo il testo con tagli e ampliamenti
che esprimono il punto di vista teologico del proprio gruppo. Dagli inizi del secondo secolo questi gruppi
rielaborano anche gli altri tre vangeli.
Un altro caso è quello del Vangelo di Tommaso, una raccolta di 114 detti di Gesù scoperta nella biblioteca
gnostica di Nag Hammad, Alto Egitto. Sembra che anche questo Vangelo sia passato per redazioni
successive, utilizzando e rielaborando i detti contenuti nei quattro Vangeli Canonici in una forma letteraria
simile alla cosiddetta Fonte Q.
Il Vangelo di Pietro proviene anch'esso dalla chiesa di Siria ma non possiamo darne una valutazione
compiuta.
Dal II secolo avanzato però inizia a formarsi un vero e proprio canone ed è proprio questa formazione ad
aumentare la produzione di testi apocrifi. Proprio il tentativo di ottenere, infatti, un riconoscimento
canonico, generava molta letteratura apocrifa, di forma letteraria ugualmente avanzata. Proprio il fatto che
molti di questi testi vengano attribuiti a personaggi di origine apostolica (Pietro, Giovanni, Paolo, Filippo)
esprimono la volontà di entrare in concorrenza con i testi canonici, affermando nuove rivelazioni di Cristo.
Ci sono poi quegli scritti apocrifi che nascono dal desiderio popolare di conoscere, di raccontare episodi più
numerosi e suggestivi della vita dei propri eroi, abbellendo con caratteri novellistici i dati, originariamente
molto sobri, della tradizione apostolica. Nascono così gli Atti di Pietro, di Giovanni, di Andrea e di
Tommaso.

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14. La formazione del canone neotestamentario


Come si formò il canone neotestamentario? Non è chiaro. Non è una decisione della gerarchia ecclesiastica
che indica autorevolmente i testi canonici. È la logica stessa dello sviluppo della tradizione che porta
all'affermazione di un corpus di testi normativi; gli scritti che appaiono autentici testimoni della tradizione.
È anche vero che il moltiplicarsi di testi che pretendono di avere autorità dottrinale, obbliga la Chiesa a
operare una selezione. Marcione e il suo tentativo di dare un suo corpus di testi normativi sarà
probabilmente stata la molla decisiva. Alla fine del II secolo ci sono due importanti testimonianze che ci
forniscono l'elenco dei libri considerati canonici:
- L'Adversus Haereses di Ireneo di Lione. Composto tra il 180 e il 190 cita, anche se non li definisce ancora
come Nuovo Testamento: i Quattro Vangeli, le Tredici lettere di Paolo, gli Atti degli Apostoli, la I lettera di
Pietro, I e II lettera di Giovanni, Apocalisse, Lettera agli Ebrei e Pastore di Erma.
- Il Frammento Muratoriano, forse di Ippolito, scoperto nel 1740 da Ludovico Muratori. Qui si citano: i
Quattro Vangeli, le Tredici lettere di Paolo, gli Atti degli Apostoli, I e II lettera di Giovanni, Apocalisse,
Apocalisse di Pietro (seppur con qualche riserva).
Non esplicitano i criteri dell'accoglimento dei testi ma lasciano chiaramente intendere che sono quelli che
corrispondono all'autenticità della tradizione apostolica accolta universalmente dalla Chiesa, quella
tradizione di cui poi parleremo con Ireneo e Tertulliano: la regula fidei.

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15. La persecuzione sotto Marco Aurelio (161 – 180): nuove forma


di spiritualità

Con l'imperatore Marco Aurelio la repressione si fa ancora più dura. Aurelio, nonostante l'immagine che ha
lasciato ai posteri, non ha alcuna simpatia per i cristiani, anzi nutre una profonda antipatia per loro. A
differenza di Galeno ed Epitteto, rispettivamente suo medico e suo maestro di filosofia, vede la totale
assenza di paura della morte dei cristiani senza alcuna bonarietà, giudicandola teatrale e leggera.
Ma non è da vedere tanto in questo il motivo della loro persecuzione quanto nel progressivo allontamento
della popolazione romana dal servizio militare, proprio in un momento in cui i barbari premevano ai confini
dell'impero. Questa parataxis, come viene definito l'atteggiamento di opposizione frontale alla leva, risulta
naturalmente particolarmente odioso nei cristiani.
Giustino muore nel 165. Policarpo nel 166 o 167 a Smirne. Come reagiscono i cristiani? Aumentano la
produzione di scritti apologetici che cercando di convincere i romani della loro assoluta lealtà. Risale a
questo momento la famosa Apologia di Melitone, il vescovo di Sardi che in questo scritto sostiene la
comunanza di destino della Chiesa e dell'Impero, provvidenziale quest'ultimo anche per la salvezza della
Chiesa. Troviamo poi la famosa Supplica di Atenagora di Atene che desidera provare l'equilibrio e la lealtà
dei cristiani. Atenagora mostra tutta la sua fiducia nella ragione impostando un dialogo moderato e posato
che termina appoggiando l'idea della successione dinastica, che poi in effetti si avvererà con Commodo. Il
terzo famoso scritto, anonimo, è A Diogneto, che pur contenendo una delle più forti affermazioni
dell'estraneità dei cristiani nei confronti del mondo, appare contraddistinto da un atteggiamento di
sostanziale lealtà di fronte all'impero: i cristiani partecipano a tutto come cittadini; obbediscono alle leggi
stabilite; mantengono il mondo; Dio gli ha dato un posto così nobile che non è loro lecito sottrarvisi.
Appaiono forme di spiritualità segnate dal difficile momento che stava attraversando l'impero.
Gli Atti dei Martiri. Sono di due tipi: o in forma di verbali dei processi condotti contro i cristiani dai
magistrati romani, come gli Atti di Giustino; o in forma di lettere inviate da una chiesa all'altra per
raccontare le vicende drammatiche della persecuzione come il Martirio di Policarpo. Sono accomunati
dall'idea del martirio senza paura, come un evento di salvezza, un dono di grazia, una liturgia sacra. I martiri
con la loro idea di regno celeste, con le loro risposte ai magistrati che gli chiedevano nome, nazione e
cittadinanza, liquidati con un laconico christianum sum, possiamo considerarli come un vero e proprio
primo schieramento militare antimperiale che suscitava le preoccupazioni dell'imperatore.
Gli Encratiti. Di tendenze anarchiche, esprimono la forma più acuta di diffidenza dei cristiani nei confronti
del mondo e della carne; quasi un nucleo primordiale di monachesimo. Predicano la continenza sessuale ed
alimentare, condannano il matrimonio, adottano uno stile di vita di fuga dal mondo e disprezzo per il corpo.
Le origini dell'encratismo derivano forse da una parte dal dualismo etico – escatologico della tradizione
giudaica, dall'altra dal dualismo cosmico – antropologico della tradizione platonica. Ireneo non vede di buon
occhio questi eccessi, e in lui è forte lo spirito urbano dei romani. Indica come fondatore dell'encratismo
Taziano, che vede vicino a Marcione, Valentino e Saturnino. Ma l'encratismo, o per lo meno la sua idea,
veniva certo prima di Taziano. L'encratismo non è una eresia, lo diventa solo quando accentua il suo
carattere gnostico.
I Montanisti. Hanno una caratterizzazione sicuramente più polemica e politica. La data ufficiale di
formazione del movimento montanista è probabilmente quella indicata da Eusebio, tra il 171 e il 172.

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Conosciamo male il montanismo originario, perchè i suoi scritti erano spesso sotto forma di oracoli di leader
raccolti da seguaci come testi ispirati, e sono andati quasi completamente perduti. Pare che nasca da un certo
Montano, un profeta frigio che predicava assieme a due donne di nome Priscilla e Massimilla. Il
montanismo sembra un revival dell'entusiasmo apocalittico. Si presenta come una nuova profezia che prende
spunto dall'Apocalisse di Giovanni quando parla di Gesù che promette di inviare il Paràclito (lo Spirito
Santo). In nome di ciò sancisce che la fine del mondo è vicina e invita i suoi seguaci a riunirsi nella valle di
Pepuza. Il montanismo è considerato non tanto un movimento dottrinale ed eretico quanto ascetico e
profetico, protestatario nei confronti di una Chiesa sempre più secolarizzata.

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16. La critica di Celso ai cristiani (177-180)

Celso è un intellettuale pagano che dedica per la prima volta un intero libro alla polemica contri i cristiani.
Non la conosciamo direttamente e sappiamo solo che si intitolava Alethes Logos, cioè la vera dottrina.
Probabilmente è stato composto tra il 177 e il 180. Il contenuto lo conosciamo solo grazie al Contra Celsum
di Origene, del 248, che ribatteva punto per punto le idee di Celso.
Sono critiche intelligenti e posate, inquadrate in un discorso organizzato e organico di carattere
principalmente filosofico. Celso è convinto che il mondo sia un tutto ordinato di cui l'uomo è un infinitesimo
frammento. Dunque per lui l'antropocentrismo cristiano è inconcepibile. I cristiani sono paragonati a
grappoli di pipistrelli, formiche uscite dalla tana, rane in riunione in uno stagno fangoso.
Inconcepibile è pure l'idea di un Dio che abbandona la sua quiete perfetta e si incarna in un uomo. A che
scopo? Apprendere ciò che accade tra gli uomini? Sa già tutto no? E se lo sa che fa? Scend e a correggerli?
O non sa farlo o ha bisogno di un uomo in carne e ossa per farlo? Allora non è perfetto.
Celso poi sfrutta i dati dei Vangeli in maniera abile per disegnare una immagine caricaturale di Gesù e dei
discepoli, dei suoi miracoli (opere di magia o di millanteria), la cui testimonianza di risurrezione è affidata a
gente poco affidabile (una invasata come la Maddalena o qualche compagno di stregoneria.
Celso odia i cristiani perchè li vede come un gruppo che si sottrae ai suoi doveri civici, un vero e proprio
inno alla rivolta.

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17. La teologia di Ireneo di Lione (130 – 202)


Tra la fine del II secolo e l'inizio del III si assiste ad un poderoso sforzo della Chiesa per darsi un assetto
dottrinale e organizzativo più definito. Dovrà affrontare innanzitutto tre grandi problemi.
- Il problema della Pasqua. Questo problema è un riflesso dei conflitti col giudaismo. Si trattava di stabilire
se il 14 del mese di nisan era ancora il giorno della celebrazione del banchetto pasquale con l'agnello, o se il
rito era completamente da abolire in quanto Gesù era l'agnello pasquale vero e unico. I giudeo cristiani
infatti non volevano abolire il banchetto. Melitone e Apollinare, invece, che pure erano quattordecimani,
sostenevano che la Pasqua cristiana aveva completamente abolito il rito giudaico della Pasqua. Nella Pasqua
non si celebra più la consumazione dell'agnello ma la morte del Signore al posto dell'agnello. Ippolito
conclude dicendo che quel giorno Cristo la Pasqua non l'ha mangiata ma sofferta.
- Il problema del montanismo. Era necessaria anche una presa di posizione contro molti vescovi montanisti.
Il montanismo aveva suscitato notevole fascino sulle chiese d'Asia, per la loro sostanziale ortodossia, per
l'entusiasmo profetico, per l'intransigenza morale. I maggiori vescovi del tempo temevano una
degenerazione settaria del montanismo, che del resto suscitava numerose proteste dell'impero romano.
- Il problema dello gnosticismo. Era certamente il problema più importante. I seguaci degli gnostici
dilagavano oramai dappertutto. La confutazione più organica e completa e organica dello gnosticismo viene
proprio da Ireneo da Lione.
Ireneo nasce a Smirne nel 130 e la sua confutazione anti gnostica si compie tra il 180 e il 190 con i suoi
cinque libri del suo Adversus Haereses. Fu allievo di Policarpo, vescovo quattordecimano messo a morte da
Marco Aurelio. La teologia di Ireneo conserva molti elementi asiatiche (come l'accettazione della tesi
millenaristica) ma l'orientamento della sua teologia è tipicamente romano. L'importanza di Ireneo è
sicuramente in particolare nella dottrina antignostica, soprattutto valentiniana, che lo porta a fondare la
prima vera teologia della storia del pensiero cristiano, dando una vistosa accentuazione a tutti quegli
elementi teologici di carattere istituzionale (canone neotestamentario, tradizione ecclesiastica, poteri
episcopali, primato romano) che saranno l'ossatura della nascente Chiesa cattolica.

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18. La teologia di Ireneo di Lione rivolta al fedele


Ireneo comincia prendendo spunto dalla polemica antimarcione sul problema dell'unità di Dio e della
continuità dei testamenti. Un unico Dio regge e governa il mondo, accompagnandolo dalla creazione
all'incarnazione di Cristo attraverso le tappe dei due testamenti. Il vecchio testamento + una preparazione
all'avvento di Cristo. Cristo non ha abolito la Legge ma l'ha completata.
La polemica si sposta poi sugli pneumatici, che affermavano che con venuta di Cristo e il dono dello Spirito
Santo l'uomo ha raggiunto la perfezione finale. Ireneo nega, dicendo che il processo dell'uomo terminerà
quando l'uomo sarà a totale somiglianza di Dio. Dopo l'incarnazione, infatti, lo Spirito Santo continua a
guidare l'uomo verso la perfezione finale, con una crescita tranquilla nel tempo della Chiesa. Prima
dell'avvento del regno di Dio, ci saranno mille anni di regno di Cristo durante i quali i giusti si abitueranno a
comprendere Dio.
La polemica contro i valentiniani parte dal proclama di identità di Gesù con Cristo. La redenzione è opera
del Verbo fatto carne, che è quello stesso Gesù Cristo che ha patito, è morto ed è risorto, Figlio di Dio
divenuto Figlio dell'uomo. I valentiniani, dice Ireneo, scindono le due nature di Cristo perchè sono ostili nei
confronti della realtà materiale, che è invece cosa buona. Il mondo è creato da Dio e non dal demiurgo. La
carne non viene abbandonata ma salvata con lo spirito.
Ireneo ringrazia infine i romani. Sotto Commodo i cristiani possono viaggiare in tutta serenità e senza alcun
timore. Quindi l'Impero è buono per i cristiani, non può essere l'Anticristo.
La teologia di Ireneo costituisce già il primo tentativo in grande di sistemazione organica del pensiero
cristiano, la prima vera apparizione di una teologia cattolica che si preoccupa del semplice fedele più che
dell'intellettuale. Ireneo afferma due principi fondamentali per la lettura e l'interpretazione della Scrittura: il
rispetto dei testi nella loro unità materiale e l'esigenza di una lettura d carattere ecclesiale. Questo non fanno
marcioniti e valentiniani, che preferiscono tagliare a loro piacimento i libri dei due testamenti e cambiare a
loro piacimento ciò che salvano.
Sono i vescovi a custodire e garantire il deposito della dottrina perchè sono i vescovi che con la successione
degli apostoli ne hanno ereditato il dono della verità. La chiesa di Roma possiede poi una antichità
particolarmente eminente perchè proviene da Pietro e Paolo. È questa la prima base teologica per le pretese
di Roma sulle altre chiese.
All'epoca di Ireneo le Chiese hanno ormai una solida organizzazione, con delle liste episcopali che
testimoniano la diretta discendenza di un vescovo da un determinato apostolo. Addirittura la Chiesa Romana
nel 190 col vescovo Vittore vorrà imporre anche alle chiese d'Asia la nuova interpretazione della Pasqua,
che sancirà la rottura definitiva col giudaismo.

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19. La rottura definitiva del cristianesimo col giudaismo (fine del II


secolo)
Si esplica in tre argomenti fondamentali.
L'accusa di deicidio
Chi ha messo a morte Gesù? Una corrente afferma che il Sinedrio all'epoca aveva ancora facoltà di mettere a
morte. Altri dicono che sia stato Pilato a ratificare la condanna. Il Vangelo di Marco, che è la nostra fonte
più antica, indica che il popolo giudaico non aveva nessuna colpa. La predicazione di Gesù ebbe molto
successo (ma un successo che Marco esagera) e intere folle lo seguivano. In realtà furono gli scribi e i farisei
del Sinedrio a ad accusarlo e Pilato ratificò la morte per ragioni politiche.
Ma i cristiani, affamati di lealismo nei confronti dei romani, iniziarono ad addossare interamente le colpe
agli ebrei. Matteo e Luca già attenuano un po' le responsabilità di Pilato; Luca fa dire tre volte a Pilato di
non trovare motivo d'accusa. Negli Atti degli Apostoli e nel Vangelo di Giovanni si afferma esplicitamente
che l'unica responsabilità è degli ebrei. Nel II secolo si peggiora. Nel Vangelo di Pietro è Erode a ratificare
la condanna, non Pilato. Giustino dice che sono stati gli ebrei e non i romani a metterlo a morte. Nell'Omelia
di Melitone da Sardi i romani scompaiono direttamente, fino a alla cristianizzazione di Pilato di Tertulliano
e la sua canonizzazione nelle chiese copte ed etiopiche. Si inizia a fare strada la pericolosa idea che siano
tutti gli Ebrei gli assassini di Cristo e che questo sia stato l'ultimo di una lunga serie di atti infedeli di Israele.
- La giusta punizione dei Giudei per il deicidio
Ma la giustizia è arrivata. Trentasei anni dopo scoppia la rivolta dei Giudei contro Roma, che finisce in un
bagno di sangue e la distruzione dei templi. I polemisti cristiani sfruttano abilmente la coincidenza vicina
della morte di Gesù con la distruzione di Gerusalemme, un castigo di Dio. La seconda conseguenza
pericolosa è che si fa strada l'idea dei romani come strumento inconsapevole della volontà di Dio e degli
ebrei giustamente condannati per le loro continue infedeltà. Giustino arriva a dire che la circoncisione era il
giusto segno che indicava gli ebrei, gente da condannare. Melitone dice che mentre Gesù era crocifisso, gli
ebrei gioivano e danzavano nelle case.
- La lettura del Vecchio Testamento alla luce esclusiva del Nuovo Testamento.
I cristiani sono il nuovo Israele. Gli ebrei sono la discendenza carnale, i cristiani quella spirituale. È la
Chiesa, non Israele, il nuovo popolo di Dio, perchè i Giudei hanno perso i loro privilegi. Il privilegio ebraico
ancora sostenuto da Paolo finisce per scomparire. La promessa fatta ad Israele ha trovato compimento nella
Chiesa. La vecchia alleanza sul monte Sinai è sostituita da quella fatta con il sangue di Gesù. Gli ebrei non
capiscono la Scrittura perchè la leggono letteralmente e non spiritualmente.
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20. I problemi di carattere dottrinale nel '200

Dalla lotta contro giudei, marcioniti, gnostici e montanisti è emersa la figura della Chiesa Cattolica. Già con
l'imperatore Commodo (180 – 192) la Chiesa gode di un lungo periodo di pace; la concubina di Commodo,
Marcia, mostra anzi una aperta simpatia per il cristianesimo, così Commodo interviene a mitigare le
conseguenze della persecuzione paterna.
La dinastia dei Severi (192 – 235) amplia ancora di più il clima di pace. Di origine afro – siriana, dunque
non legato troppo alla tradizione romana, vide salire al trono nell'ordine Settimio Severo, Caracalla,
Eliogabalo e Alessandro Severo. L'influenza delle potentissime donne della corte, in particolare Giulia
Domna – moglie di Settimio Severo – e Giulia Mammea – nipote di Settimio Severo e madre di Alessandro
Severo, apre al pensiero e alla cultura orientale l'impero romano. Il cristianesimo, di origine orientale, non
poteva non beneficiarne. Addirittura Giulia Mammea fece venire da Antiochia Origene per discutere di
religione.
In questo clima di pace la Chiesa può lavorare al suo consolidamento. L'innovazione più importante è
sicuramente quella del catecumenato: il periodo di preparazione ufficiale al battesimo sotto la direzione
ecclesiastica, motivato dalla necessità di sorvegliare l'esatto culto cristiano, da sottrarre alle varie eresie, e
dalla necessità di dare una fede più solida al credente in vista di nuove possibili persecuzioni per scongiurare
possibili rinnegamenti. Si analizzavano le qualità morali del candidato, che doveva avere una condotta
ineccepibile e doveva essere garantito da un uomo di provata fede. Andavano poi abbandonate tutte le
professioni ritenute inconciliabili con la fede cristiana: indovino, sacerdote, astrologo, attore. Erano tollerate
le professioni di maestro e soldato a condizione che non professassero idolatria.
I candidati andavano poi istruiti. Ireneo e Tertulliano parlano della famosa regula fidei, l'insieme delle verità
fondamentali della religione cristiana, espresso principalmente in formule di confessione che costituiscono i
primi simboli della fede. Su queste verità il candidato viene interrogato, e viene istruito anche sulla Traditio
apostolica e sulla lettura di brani della Scrittura.il catecumenato durava tre anni.
Il battesimo e la sua liturgia vanno anche perfezionandosi. Il sacramento si impartiva alla vigilia pasquale,
accentuando quindi il suo carattere di passaggio dalla morte alla vita. Si battezzavano in ordine: bambini,
uomini, donne. Si ungeva la fronte e si imponevano le mani rinunziando a Satana, poi si professava una
triplice professione di fede letto dalla Tradizione apostolica.
Ma problemi di carattere dottrinale continuavano a rimanere aperti.
La persona di Gesù Cristo. Chi era e quale era il suo rapporto col padre? Giustino e Teofilo avevano
intelligentemente sistemato la faccenda ispirandosi al prologo del Vangelo di Giovanni, identificando Gesù
con il Logos. Il Logos era prima immanente (endiatheos) al Padre; poi viene proferito dal padre
(prophorikos) all'atto della creazione. Cristo era dunque il Logos, il verbo, proferito e incarnato tramite
Maria. Ma questo non risolveva i problemi dell'unità divina e del rapporto del Figlio e dello Spirito Santo
col Padre.

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21. Caratteristiche del Monarchianismo

Alla fine del II secolo vengono date due soluzioni, entrambe definite MONARCHIANE ma che in realtà
sono antitetiche.
- Monarchianismo dinamistico, detto anche Adozionismo. L'adozionsimo porta alle estreme conseguenze la
posizione subordazionistica degli apologisti. Teodoto sosteneva che Gesù era soltanto un uomo sul quale il
battesimo aveva fatto sì che scendesse la forza di Dio elevandolo al rango di figlio adottivo. Si salvava
dunque l'unità divina sacrificando la divinità di Gesù e vedendolo solo come un figlio adottivo. Posizione
razionalistica che rifiuta l'incarnazione, fu accolta solo dai ceti più intellettuali e condannata dal vescovo
Vittore.
- Monarchianismo modalistico, detto anche Modalismo. Ebbe una diffusione molto più vasta ed è la vera
forma di monarchianismo. La gente semplice rifuggiva le soluzioni troppo intellettuali (Logos,
Adozionismo) e non accettava comunque di rinunciare alla divinità di Gesù. Noeto, un cristiano di Smirne,
sembra l'ideatore di una nuova soluzione, che conosciamo solo perchè Ippolito ne parla nel Contra Noetum e
nella Refutatio omnium haeresium. Noeto affermava con forza la divinità di Gesù e salvava l'unità di Dio
riducendo il Padre e il Figlio a forme, a modi di essere, della divinità, quindi Dio stesso aveva sofferto sulla
croce. Epigono e Cleomene, suoi discepoli, portarono il modalismo a Roma, sostenuto anche da un certo
Prassea, di cui parla Tertulliano nel suo Adversus Praxean. Il modalismo non considera lo Spirito Santo,
dato che Ippolito lo accusa di bestemmiare contro lo Spirito Santo e si impegna a difendere il trinitarismo.
Una dottrina certamente più vicina ai ceti popolari e che per questo ebbe molta diffusione. Attenuava però
molto la paradossalità del vivere cristiano e il contrasto ideologico col mondo romano. Fu duramente
contrastata a Roma da Tertulliano e da Ippolito in Oriente.

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22. Tertulliano e Ippolito (II sec.)

Parliamo dunque di Ippolito e Tertulliano.


Ippolito è maturato in Asia Minore, probabilmente a Smirne, nel clima di entusiasmo apocalittico della fine
del II secolo. Dunque i suoi primi problemi sono esegetici e sono puntati sui libri che trattano la fine del
mondo: il Libro di Daniene e l'Apocalisse di Giovanni. Ippolito,a differenza di Ireneo, riconosce nei romani
la bestia che sale dal mare e vede in cristiani e romani due eserciti contrapposti, uno secondo la potenza di
Satana e l'altro secondo la potenza di Dio.
Quando compare il monarchianismo, Ippolito prende a cuore il problema trinitario e scrive il Contra Noetum
dove sostiene la concezione della divinità non monarchica ma economica (cioè in tre unità distinte). A Roma
la posizione di Ippolito si fa però difficile. Ippolito pensa che papa Callisto sia troppo incerto nel prendere
posizione contro i monarchiani e che sia in generale troppo generoso: con gli abiuratori della fede in seguito
alle persecuzioni che venivano riammessi; i preti che potevano sposarsi eccetera. L'intransigenza di Ippolito
rivela la ormai avvenuta secolarizzazione della Chiesa. Si giunge così al violentissimo scontro tra Ippolito e
il vescovo Callisto, che Ippolito pone come uno scontro tra la Chiesa (la sua) e una scuola (quella di
Callisto) nei Philosophumena.
Tertulliano era uno scrittore africano di Cartagine che ha numerose affinità con Ippolito. Sarà uno dei più
tenaci difensori delle violenze romane sui cristiani e nel suo famoso Apologetico difenderà con veemenza il
cristianesimo dalle accuse dei pagani, inaugurando la letteratura cristiana di origine latina. Le
argomentazioni di Tertulliano sono di origine giuridica e contestano ai romani la sostanziale illegalità della
loro legislazione religiosa. Confuta pesantemente la lettera di Plinio a Traiano. Alla critica di essere contro i
valori più sacri del mos maiorum, risultando dunque improduttivi e infruttuosi, Tertulliano risponde
appellandosi alla verità e alla moralità della religione cristiana che impedisce loro di partecipare alla vita
pubblica. Se la società romana si aprisse ai valori cristiani, i cristiani prenderebbero parte alla vita civile. Ma
per Tertulliano gran parte delle attività pubbliche sono intrise di idolatria e nel De Spaectaculis giudica
immorali, osceni e idolatrici i giochi. La veritas è al di sopra della consuetudo. Se la legge è sbagliata si
modifica.
Si scaglia anche contro le eresie, forte di una tradizione ormai consolidata. Nel De praescriptione
haereticorum invita anzi a prescrivere gli eretici perchè solo nella Chiesa Cattolica è stata trasmessa la vera
dottrina. Confuta così le dottrine eretiche e scrive contro il marcionismo il già citato Adversus Marcionem
tra il 207 e il 212, che però non appare molto originale e si serve degli scritti di autori precedenti come il
Dialogo con Trifone di Giustino o l'Adversus Haereses di Ireneo.
Sul piano teologico Tertulliano difende strenuamente il Logos e non rifiuta innovazioni audaci per la
costruzione del dogma trinitario. Nell'Adversus Praxean insiste sulla pluralità delle persone divine,
introducendo quei termini di “trinitas” e “persona” che avranno tanto successo in futuro, ed è lui a esprimere
al meglio la teoria del dogma trinitario: una substantia, tres personae.
Ma Tertulliano è simile a Ippolito nella sua condanna di una Chiesa ormai secolarizzata e troppo incline ai
patteggiamenti col mondo. Nell'ultima parte della sua vita, proprio per questo, probabilmente aderirà al
movimento montanista scagliandosi contro il lassismo chiesastico su argomenti delicati come il servizio
militare (De Corona), le seconde nozze (De monogamia), la fuga in seguito a persecuzione (De fuga in
persecutione).

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23. Clemente e la tradizione cristiana

Non c'è stata una missione paolina in Egitto quindi il cristianesimo approda tardi qui. Non sappiamo nulla
delle origini del cristianesimo di Alessandria ma sappiamo che quando appaiono i primi scrittori cristiani
alessandrini, il loro livello di preparazione dottrinale e letteraria è molto alto. Non esiste una vera e propria
scuola di Alessandria e parleremo solo di Clemente e Origene, gli unici ad avere attuato un tentativo serio di
aprire la tradizione cristiana ad un reale dialogo con la cultura ellenistica.
Di Clemente sappiamo poco. Era nato ad Atene da famiglia pagana intorno al 150. Da adulto si converte al
cristianesimo e giunge ad Alessandria alla fine del secolo. Svolge qui attività di maestro privato fino alla
persecuzione di Settimio Severo che lo costringe a rifugiarsi in Asia Minore dove muore intorno al 215.
La sua prima opera non è una apologia ma un protrettico, cioè un'esortazione alla vita virtuosa nello stile
della tradizione aristotelica. Ha un andamento costruttivo e poco polemico. Affronta certo i temi principali
dell'apologetica cristiana (critica alla religione pagana,limiti della cultura greca, crudeltà delle persecuzioni)
ma lo fa con un tono di tranquilla superiorità, invitando a considerare il cristianesimo come la realizzazione
più perfetta della tradizionale aspirazione greca alla conoscenza e alla cultura.
La seconda opera di Clemente è il Pedagogo. È la presentazione della morale cristiana sotto la guida di
Cristo. Cristo è il Logos inviato da Dio, punto principale dell'orientamento morale. Clemente vuole dare ai
suoi lettori, di solito di buona estrazione sociale e culturale, una direttiva sicura su tutti i mille problemi
della esistenza quotidiana. Offre così molteplici consigli su come comportarsi in tutti i momenti e tutti gli
aspetti della vita di ogni giorno.
Gli Stromati (Tappezzerie) sono la sua opera più importante. Il coronamento ideale dei due libri precedenti.
Clemente qui affronta una serie di questioni che sono una concreta introduzione a quella che egli vuole
presentare come la vera gnosi cristiana: l'approfondimento dei temi della fede da parte del cristiano perfetto,
gnostico.
Questo libro enuclea i due aspetti più caratteristici del pensiero di Clemente:
- preparazione notevolissima nel campo della cultura profana, in particolare della filosofia stoica, tenuta in
altissima considerazione e ritenuta un vero e proprio avviamento al Vangelo.
- Padronanza assoluta della Sacra Scrittura che con lui si apre all'applicazione sistematica del metodo
allegorico.

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24. Origene pensatore e teologo


Origene è un pensatore di tempra molto più dura. Uno dei più grandi teologi di tutti i tempi. Conosciamo
bene la sua vita perchè Eusebio era un suo grande ammiratore e nel VI libro della sua Storia Ecclesiastica
me da ampie notizie. Nasce verso il 185 ad Alessandria, da famiglia cristiana. Il padre Leonida era stato
martirizzato durante la persecuzione di Settimio Severo e in questa occasione il diciottenne Origene scrisse
per lui una esortazione al martirio. Il vescovo Demetrio lo chiamò a dirigere il catecumenato che divise in
due livelli: il più elementare lo affidò all'amico Eracla, mentre il più avanzato lo tenne per sé. Nasce così la
prima vera Scuola Superiore di Alessandria. Origene con un sotterfugio fu escluso dal didaskaleion proprio
per opera del geloso vescovo Demetrio e si trasferisce in Cesarea di Palestina dove apre una nuova scuola.
Sarà torturato nel 250 durante la persecuzione di Decio, ma sopravviverà. Morirà nel 253.
Riconosciuto da ammiratori e avversari come grandissimo teologo, bisogna innanzitutto liberarsi dal clichè
che lo vuole un platonista autore del De principiis, primo trattato di filosofia cristiana. Origene è soprattutto
un interprete della Bibbia e si forma esegeticamente sul testo sacro: è lui a collazionare il testo ebraico e le
versioni greche dell'Antico Testamento per verificare la traduzione greca dei Settanta che era considerata la
versione ufficiale dei cristiani. Origene dispone su sei colonne il testo ebraico, la trascrizione greca, la
versione di Aquila, di Simmaco, dei Settanta e di Teodozione, inserendo un obelòs o un asterisco per
segnalare i passi che i Settanta avevano aggiunto o tolto.
Origene ha soprattutto svolto un lavoro immane di predicatore e commentatore della Scrittura. Possediamo
solo una piccola parte delle sue Omelie e dei suoi Commentari, spesso in traduzione latina, che testimoniano
lo sforzo di offire una spiegazione della Bibbia a tutti i livelli. Origene distingue infatti due livelli della
Scrittura: il letterale e lo spirituale. Pur adottando un allegorismo a volte eccessivo che gli sarà rimproverato,
il suo merito è quello di avere liberato la Scrittura dagli eccessi del letteralismo, del fondamentalismo
diremmo oggi, giudaico e marcionita. Con Origene, anche se la Bibbia perde parte della concreta storicità
giudaica, diventa comunque quel grande poema cristologico e morale che alimenterà per secoli la spiritualità
cristiana dei secoli successivi.
Origene interpreta tutta la creazione in senso spirituale ed è questo il punto che lo accomuna maggiormente
ai platonisti, che comunque utilizza. La realtà materiale sembra a Origene una immensa figura che rinvia
perennemente ad una realtà superiore. Origene contribuisce anche al fondamento della teologia trinitaria.
Afferma con grande vigore la concezione economica ma non usa il termine prosopon ma hypostasis, che
svincola la generazione del Verbo dal momento della creazione cui l'aveva legata la riflessione degli
apologisti, mantenendone la subordinazione al Padre (il Verbo è sempre un “secondo dio”) ma
affermandone chiaramente l'eternità. Origene non presta particolare attenzione ai rapporti coi romani.

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25. La vita dei cristiani nella prima metà del terzo secolo

I cristiani non vivono ghettizzati, né in catacombe, ma rimangono qualcosa di separato. Partecipano alla vita
cittadina, condividono usi e costumi ma rimangono qualcosa di diverso. Perchè?
- Vita familiare e sessuale. Non c'è ancora una forma cristiana di matrimonio ma c'è comunque un nuovo
modo di concepire la vita familiare e sessuale. Sessualità, procreazione e matrimonio sono indissolubili. La
sessualità non ha valore autonomo. Matrimonio e famiglia hanno un carattere fortemente istituzionalizzato.
Il matrimonio cristiano realizza una comunanza di vita religiosa, e Tertulliano nel suo Ad Uxorem, pur
usando espressioni molto belle sul rapporto di coppia, pone l'accento sul comune assolvimento dei doveri
religiosi. È per questo che i matrimoni coi pagani non erano visti di buon occhio. La verginità è preferibile,
aspetto inedito e assurdo per un pagano. La verginità aveva la sua motivazione più profonda nell'idea di
precarietà del mondo terreno e di tutte le sue forme ma coi secoli si unisce a motivazioni ascetiche. Il
matrimonio è l'unico che argina il suo carattere disordinato e peccaminoso.
Nelle relazioni familiari i cristiani seguono in tutto i romani, senza cambiare una virgola dei precedenti
rapporti gerarchici anche se vengono trasfigurati in chiave religiosa: la sottomissione è come se avvenisse al
Signore.
- La morale. I cristiani seguono una vita particolarmente virtuosa. Grande solidarietà tra i membri: non
dimentichiamo la cassa comune diaconale. Questi aiuti ai poveri suonavano curiosi ai pagani.
Ma non era tutto rose e fiori e si è già detto come la Chiesa abbia abbandonato il suo rigore primitivo. Il
problema della ricchezza ad esempio: Clemente tenta di diluire le prescrizioni della Scrittura sulla ricchezza,
dicendo che è delle passioni che bisogna liberarsi e che accumulare denaro in fondo non è male se lo si dona
ai poveri.
Parliamo infine del possesso da parte della Chiesa di propri edifici di culto nel III secolo. Ce ne sono ma si
tratta solitamente di case private diventate edifici pubblici di culto. Compaiono anche i primi cimiteri
cristiani. Si comincia con gli ipogei delle ricche famiglie e si passa poi alle Catacombe (le più antiche sono
quella di Callisto sulla via Appia e quella di Domitilla sulla via Ardeatina e quella di Priscilla sulla via
Salaria) decorate con motivi pagani e poi con storie della Bibbia.

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26. Le persecuzioni di Decio e Valeriano ('200)


Le persecuzioni di Decio (imperatore dal 249 al 251) e Valeriano (imperatore dal 253 al 260) .
Il cristianesimo conservava ancora quell'odium humani generis e quella sua forte coscienza di popolo che lo
rendeva un nemico pericoloso per l'impero romano. Così diverso dai romani, offriva un'alternativa reale alla
società greco – romana, dandogli una innegabile valenza politica. Un nemico invisibile e capillare, con cui
l'impero non può trattare come con un popolo o una nazione perchè senza forma, diffuso capillarmente in
tutto l'impero. I cristiani erano ormai organizzati e le singole chiese legate a doppio filo. I lasciti ai fedeli e
l'attività imprenditoriale di alcuni di loro avevano arricchito le casse vescovili che facevano gola alle
dissestate casse imperiali.
Così con Decio scoppia un altra persecuzione, molto diversa dalle altre perchè sancita con un atto imperiale
esplicito che riguardava tutto il territorio imperiale. Le motivazioni di fondo però rimangono sempre quelle:
Decio è un conservatore tradizionalista che vorrebbe restaurare quei valori della tradizione che il
cristianesimo sembrava avere compromesso. La persecuzione di Decio si divide in due momenti:
- Fine 249 – inizi 250. La popolazione assale e perseguita i cristiani a Roma confortata dalle idee di Decio.
- Marzo – aprile 250. Decio, sicuro dell'appoggio popolare, emana un editto apertamente in contrasto con la
politica religiosa romana. È un gigantesco censimento della popolazione che richiede ai sudditi non la
semplice partecipazione al culto pubblico ma una personale professione religiosa. In cambio veniva
consegnato il libellum.
Una persecuzione che getta nel panico i cristiani, tra cui escono moltissimi delatori che testimoniano le
parole di Tertulliano, Ippolito e Origene sulla integrità dei fedeli. Non sarà una persecuzione rigorosa perchè
Decio morirà presto e non sarà mai molto amato dal popolo.
Valeriano tenta uno stiramento all'inizio ma le pressioni barbariche ai confini danubiani e orientali, le
carestie, la fame sconvolgono gli animi delle popolazioni e se i cristiani vi vedono l'imminente fine del
mondo, i romani vi vedono l'effetto della presenza dei cristiani. La persecuzione di Valeriano aprirà
paradossalmente le porte al riconoscimento della Chiesa con il successivo imperatore Gallieno ma
Valeriano, spinto forse dal tesoriere Macriano, attua la prima persecuzione verso la Chiesa nel suo
complesso.
Nel 257 fa chiudere gli edifici di culto, fa confiscare i cimiteri e gli altri luoghi di culto, esilia gli
ecclesiastici. Nel 258 fa uccidere i vescovi arrestati e confisca le loro sostanze. Valeriano vuole annientare la
Chiesa e le sue strutture. Ma anche Valeriano muore, nel 259 per mano del re persiano Sapore.
Gallieno capisce che è ora di cambiare strategia ed emana un editto riparatore nel 260. Iniziano quarant'anni
di pace.

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27. Problemi disciplinari e teologici a Roma e Cartagine


Il quarantennio di pace permette alla Chiesa di affrontare nuovi problemi disciplinari e teologico. Il primo è
sempre quello della difesa dagli attacchi dei pagani. Ricordiamo: Cipriano con:
- Ad Donatum: sulla contrapposizione tra immoralità dei costumi pagani e sulla santità di quelli cristiani.
- Ad Demetrianum: la responsabilità dei pagani per le disgrazie dell'impero e il tema dell'invecchiamento del
mondo e della prossimità della fine.
- Quod idola dii non sint: la critica delle divinità pagane identificate con uomini divinizzati. Commodiano
con il Carmen Apologeticum, un poema in lingua latina.
Il problema principale della Chiesa era come comportarsi con gli abiuratori durante le persecuzioni di Decio
e Valeriano. Si distinguevano in:
- sacrificati = avevano senza dubbio sacrificato
- thurificati = avevano solo bruciato incenso
- libellatici = si erano solo procurati il certificato
C'erano poi quelli che pur non avendo abiurato non avevano patito le torture e c'erano quelli che invece
l'avevano patita (i confessores) e pretendevano una parte significativa nel decidere la riammissione dei
caduti.
A Cartagine Cipriano nel 251 dice che i sacrificati potevano essere riammessi solo se erano in pericolo di
vita. Le altre due categorie erano riammesse dopo un piccolo atto di penitenza.
A Roma la situazione è invece più complessa. Alla morte del vescovo Fabiano, la chiesa di Roma era retta
da un collegio di presbiteri tra cui spiccava Novaziano, possibile prossimo vescovo. Novaziano approvava
per lettera il comportamento prudente di Cipriano. Novaziano non verrà invece eletto papa, e al suo posto
sarà scelto Cornelio che assumerà un atteggiamento abbastanza indulgente. A quel punto è Novaziano che
assume un atteggiamento più rigido. Nasce un conflitto teologico che è anche tra vescovi. Cipriano
sosteneva che i seguaci di Novazioano se volevano essere riammessi nella comunità dovevano essere
ribattezzati perchè il battesimo dell'antipapa Novaziano non aveva valore. Con Stefano, successore di
Cornelio, la polemica si seda e il battesimo viene ritenuto valido.
Cipriano scrive poi il De catholicae Ecclesiae unitae. Abbiamo due versioni di questo scritto: uno, in più
versioni, dove si afferma che il primato autoritario della Chiesa di Roma è solo onorifico, e un altro dove il
primato è effettivo. Probabilmente non si tratta di interpolazioni ma di un effettivo irrigidimento della
posizione di Cipriano.
Intanto Novaziano perfeziona il tema della trinità nel suo De Trinitate, opera che difende la cristologia del
Logos ed è fortemente influenzata da Tertulliano, anche se si elimina la distinzione tra Logos immanente e
Logos proferito e la generazione del Logos è indipendente dalla creazione del mondo. Lo Spirito Santo è
solo una potenza divina di santificazione.
Ricordiamo infine la Scuola di Antiochia che contro Origene propendeva per una esegesi più letterale del
testo biblico.

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28. Gli attacchi alla religione cristiana (III sec.)


Alla fine del III secolo, dopo i quarant'anni di pace trascorsi, arrivano e persecuzioni e gli attacchi più duri.
Culturalmente parlando l'attacco più duro viene da un filosofo neoplatonico allievo di Plotino: Porfirio di
Tiro. Nel 270 compone un'opera in quindici libri intitolata Contro i cristiani. Non conosciamo l'opera come
si deve perché Costantino una decina d'anni dopo l'Editto di Milano (313) lo fa distruggere (e Teodosio II un
secolo più tardi conferma la condanna). È questo il primo caso di proscrizione di uno scritto anticristiano da
parte dello Stato. Ciò che sappiamo lo prendiamo da estratti di Girolamo ed Eusebio e dalla confutazione di
Macario di Magnesia. Non sappiamo quasi nulla dunque, ma da quel poco è chiara sia la virulenza
dell'attacco sia il carattere della critica.
Ma la polemica di Porfirio è diversa da quella di Celso. Non ci sono motivazioni politiche nel suo attacco,
solo religiose. Sono in gioco due concezioni del mondo anche se la concezione di Porfirio è meno organica
di quella di Celso. Quella di Porfirio è una religione che riflette un'epoca in crisi; un sistema dottrinario
pieno di tensioni e contraddizioni, tra ansia di razionalità ed eccessi di superstizione, tra acribia filologica e
ingenuità superstiziose. Ha però una grande conoscenza del cristianesimo: ha letto sicuramente Vecchio e
Nuovo Testamento e forse è stato catecumeno.
Manca però qualsiasi intenzione di comprendere l'avversario. La sua critica è malevola e il tono più
utilizzato è il sarcasmo. Le critiche di Porfirio sono simili a quelle di Celso. È ancora una volta il
neoplatonismo che si scontra con il cristianesimo. Porfirio non comprende il disprezzo del mondo, la
presunzione di essere i soli salvati, l'origine rozza della gran parte di loro; erano aspetti assolutamente
inconciliabili con le idee plotiniane. Il monoteismo cristiano non ha senso, perché Dio, se governa, governa
suoi simili quindi devono esserci dei suoi simili, altre divinità. Il monoteismo cristiano è un politeismo
mascherato perché accanto a Dio pone gli angeli come esseri divini. L'incarnazione del figlio di Dio è
altrettanto assurda. Se i cristiani accusano i pagani di credere che nelle statue abitino le divinità, è più folle
pensare che la divinità abiti nel seno della vergine Maria. E poi non si capisce perché l'incarnazione del
figlio di Dio sia avvenuta così tardivamente. E come si può pensare che un Figlio di Dio possa soffrire?
È inconcepibile anche l'escatologia cristiana concepita da Paolo, perché è assurdo credere nella risurrezione
dei morti e nella fine del mondo; se anche scomparisse la terra non potrebbe scomparire il cielo.
Inconcepibili poi sono i comportamenti e i riti dei cristiani sono del resto immorali e ripugnanti. Se la
salvezza è riservata ai peccatori, i peccatori sono migliori? E il battesimo? Non è concepibile che una sola
abluzione elimini per sempre ogni turpitudine.
Ci sono poi le critiche ai fondatori del cristianesimo, dei poveracci saltimbanchi che si arricchivano ai danni
dei pù creduli. Pietro ha rinnegato tre volte il maestro e Paolo è ancora peggio con le sue affermazioni
contraddittorie sul valore della legge mosaica, sulla natura della verginità e del matrimonio, sulla liceità e
illiceità dei cibi.

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29. La restaurazione di Diocleziano


Ci sono poi le critiche alle Scritture. Porfirio doveva avere condotto una serrata critica dell'Antico
Testamento. Sappiamo che considerava la Torah un insieme di favole. Girolamo in effetti dimostra come il
Libro di Daniele non risalga a Nabucodonosor ma a Antioco Epifane e quindi le sue profezie erano solo ex
eventu.
Analoga critica al Nuovo Testamento dove gli evangelisti vengono considerati confusionari e privi di
competenza storica. Non ci si può mascherare dietro le allegorie continua. Una critica così capillare e serrata
diede vita al filone delle Quaestiones et responsiones di scrittori che avvertita la pericolosità delle teorie di
Porfirio scrissero decine di libri, oggi perduti, per confutarle.
Politicamente ci fu invece la persecuzione di Diocleziano, la “grande persecuzione”. Inizialmente anche
Diocleziano non prende posizione contro i cristiani. Sono nel 300 si affaccia una concreta intenzione
persecutoria. Alcuni, come Lattanzio, affermano che il suo futuro Cesare Galerio abbia contribuito in
maniera decisiva ma è difficile credere che in un momento storico come quello lo stesso Diocleziano non
avesse ritenuto inevitabile la persecuzione, considerato pure che le idee di Porfirio giravano a corte
divulgate dall'importante teorico ed erudito Ierocle.
Il programma di restaurazione di Diocleziano non può ammettere che si metta in discussione la religione
romana e la Chiesa, diffusa capillarmente ormai fino alla Spagna e alla Britannia, con credenti anche tra le
file della famiglia reale e con un solido impianto dottrinario, fa paura. Sollecitato da Galerio e Ierocle ,
Diocleziano abbandona la prudenza politica degli anni di impero passati e riprende in grande stile il
programma di Decio. Prima epura l'esercito dai soldati cristiani e dal febbraio del 303 al febbraio del 304
emana quattro editti.
- Distruzione degli edifici cristiani e consegna dei libri sacri.
- Arresto dei “capi delle chiese”, ossia l'intera gerarchia ecclesiastica.
- Test per i prigionieri: sacrificare per ottenere la liberazione.
- Sacrificio generale agli dei a tutti gli abitanti dell'impero.
La persecuzione durante la tetrarchia ha svolgimenti diversi nelle varie regioni.
- Gallia e Britannia. Con il cesare Costanzo Cloro la persecuzione fu blanda.
- Roma e Africa. L'augusto Massimiano mostra maggiore severità ma il suo successore Massenzio
riconosce già nel 306 libertà ai cristiani.
- Balcani e Grecia. Il cesare Galerio fu spietato e sistematico. Lattanzio lo definisce come il più bestiale
persecutore.
- Province orientali e Egitto. Diocleziano fu altrettanto sistematico e utilizzò metodi di propaganda che si
potrebbero definire moderni.
Moltissime furono ancora una volte le defezioni ma l'Impero ne uscì comunque sconfitto. Il cristianesimo
era ormai troppo diffuso per essere smantellato. Il primo riconoscimento ufficiale di religio licita arriva
proprio dallo spietato Galerio, che nel 311 emana un editto con cui non solo pone fine alla persecuzione
cristiana ma riconosce ai cristiani il diritto di esistere. Galerio ribadisce però che il motivo della
persecuzione stava nell'abbandono dei veterum instituta da parte dei cristiani che metteva in pericolo la
salute dello Stato. Riconosce però che ciò non è stato possibile perchè la maggior parte dei cristiani è
rimasta nella loro follia. Non si prevede però la restituzione ai cristiani degli edifici confiscati ma si
riconosce esplicitamente il loro diritto di esistere e di riunirsi.

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Indice
1. La Palestina al tempo di Gesù 1
2. La comunità primitiva di Gerusalemme (30 – 49) 2
3. Paolo di Tarso e la diffusione del cristianesimo 3
4. Le prime comunità cristiane nel mondo pagano 5
5. La formazione del Nuovo Testamento 6
6. Il quarto vangelo e gli atti degli apostoli 7
7. I primi conflitti della comunità cristiana con l'autorità politica 8
8. La reazione pagana e le accuse al cristianesimo 9
9. L'apologetica cristiana 11
10. Il distacco del cristianesimo dal giudaismo 12
11. Lo gnosticismo come forma di religione 13
12. Lo Gnoticismo cristiano 14
13. La letteratura apocrifa (II sec.) 15
14. La formazione del canone neotestamentario 16
15. La persecuzione sotto Marco Aurelio (161 – 180): nuove forma di spiritualità 17
16. La critica di Celso ai cristiani (177-180) 19
17. La teologia di Ireneo di Lione (130 – 202) 20
18. La teologia di Ireneo di Lione rivolta al fedele 21
19. La rottura definitiva del cristianesimo col giudaismo (fine del II secolo) 22
20. I problemi di carattere dottrinale nel '200 23
21. Caratteristiche del Monarchianismo 24
22. Tertulliano e Ippolito (II sec.) 25
23. Clemente e la tradizione cristiana 26
24. Origene pensatore e teologo 27
25. La vita dei cristiani nella prima metà del terzo secolo 28
26. Le persecuzioni di Decio e Valeriano ('200) 29
27. Problemi disciplinari e teologici a Roma e Cartagine 30
28. Gli attacchi alla religione cristiana (III sec.) 31
29. La restaurazione di Diocleziano 32

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