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Corso integrato di
TECNICHE DI RADIOTERAPIA

APPUNTI RELATIVI
AGLI
ARGOMENTI DI ESAME

Anno accademico 2013 - 2014

Questi appunti sono stati raccolti da alcuni studenti,


potrebbero contenere imprecisioni o errori
e non rappresentano un testo ufficiale.
21 aprile 2014
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Indice e argomenti di esame

1. Cura del cancro, basi cliniche e indicazioni cliniche alla radioterapia.


2. Equipe di radioterapia, operatori e loro ruoli; ruolo dell' RT (Radiation Therapist) riconosciuto nel
rapporto del 2000 dall'ICRP, necessità e scopi delle sotto-specializzazioni interne alla disciplina.
3. Attribuzioni professionali del tecnico di radiologia in radioterapia oncologica.
4. Deontologia del Tecnico e rapporto Tecnico – Paziente.
5. Informazione e consenso in radioterapia.
6. “Privacy” in radioterapia.
7. Aspetti psicologici del paziente curato con radioterapia e ruolo della psicooncologia.
8. Basi fisiche della radioterapia.
9. Basi radiobiologiche della radioterapia.
10. Simulatore per radioterapia: aspetti tecnici e abilità specifiche del Tecnico nella fase di simulazione.
11. Acceleratore lineare: aspetti tecnici, abilità specifiche del tecnico nella fase di esecuzione del
trattamento radioterapico.
12. Acceleratore lineare: principi fisici e funzionamento del “multileaf collimator”.
13. Brachiterapia e compiti specifici del tecnico.
14. Tecnologie innovative in radioterapia.
15. IMRT.
16. IORT.
17. Gamma knife.
18. Tomoterapia.
19. ART.
20. Errori in radioterapia: tipologia e modalità di correzione.
21. Accuratezza e precisione in radioterapia.
22. Posizionamento del paziente (piani di riferimento e riferimenti sul paziente, errori di posizionamento
e modalità di correzione, obiettivo principale del Tecnico: competenze e responsabilità nei controlli
di posizionamento).
23. Sistemi di immobilizzazione del paziente e ruolo del Tecnico nella loro preparazione.
24. Posizionamento di un paziente sottoposto a radioterapia nella regione della testa e del collo.
25. Posizionamento di un paziente sottoposto a radioterapia nella regione toracica.
26. Posizionamento di un paziente sottoposto a radioterapia nella regione pelvica per carcinoma del retto.
27. Posizionamento nella TC per il rilevamento delle immagini del paziente.
28. Posizionamento nella PET - TC per il rilevamento delle immagini del paziente.
29. Radioterapia con “calcolo a mano”.
30. Radioterapia conformazionale tridimensionale e piano di terapia.
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31. Volumi di terapia secondo ICRU.


32. Diagnostica per immagini nella definizione dei volumi di terapia.
33. Fusione di immagini nella pianificazione della radioterapia.
34. Organi a rischio.
35. Ruolo del Tecnico nella preparazione dei blocchi di protezione.
36. Ruolo del Tecnico alla prima frazione di terapia e durante il ciclo di terapia: informazioni essenziali
da ribadire al paziente.
37. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei tumori della cute.
38. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei tumori dell’encefalo.
39. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi della testa e
del collo.
40. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi della
mammella.
41. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi del
polmone.
42. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi
dell’apparato gastroenterico.
43. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi della
prostata.
44. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei carcinomi dell’utero.
45. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei linfomi.
46. Tecniche di radioterapia, tossicità della cura e ruolo del Tecnico nella cura dei tumori maligni
pediatrici.
47. La radioterapia palliativa e antalgica.
48. Adroterapia: principi fisici e vantaggi rispetto alla radioterapia conformazionale.
49. Irradiazione corporea totale (TBI): indicazioni cliniche e ruolo del Tecnico nella preparazione del
paziente e delle protezioni.
50. Tecniche di brachiterapia per carcinoma della prostata.
51. Compiti specifici del tecnico nei controlli di qualità in radioterapia oncologica
52. Radioprotezione del paziente in radioterapia oncologica.
53. Radioprotezione del lavoratore in radioterapia oncologica.
54. HIS, PACS e RIS nell’attività clinica in radioterapia e in generale nell’ambito ospedaliero.
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1 – CURA DEL CANCRO, BASI CLINICHE E INDICAZIONI CLINICHE


ALLA RADIOTERAPIA ONCOLOGICA

PREMESSE CLINICHE ALLA RADIOTERAPIA


Prima di effettuare una radioterapia è indispensabile conoscere il tumore
Il cancro può essere curato con maggiore successo se è individuato o diagnosticato nelle fasi iniziali, prima
delle metastasi. La diagnosi deve essere completa (ossia devono essere studiati il tumore primitivo e le sue
possibili diffusioni). Sono quindi indispensabili:
Esame istologico o citologico
Esami strumentali (endoscopia, radiologia tradizionale, TC, RM, PET, scintigrafia, ecografia, ecc.)
Esami ematologici (routinari e dei marcatori neoplastici)
Esame clinico
Tutti questi accertamenti consentono di effettuare la classificazione di un tumore.

Prima di effettuare una radioterapia è indispensabile anche conoscere il paziente, quindi la sua storia clinica e
sintomatologia, i pregressi interventi chirurgici, le pregresse terapie, ecc.

LA RADIOTERAPIA ONCOLOGICA
La cura dei tumori, in particolare dei tumori maligni, ha subito notevoli evoluzioni negli anni più recenti,
tanto che tumori 50 anni fa giudicati inguaribili sono ora controllati con le terapie e i pazienti possono
raggiungere la guarigione o lunghi periodi di benessere.
La massima efficacia viene raggiunta quando le terapie antineoplastiche si integrano tra loro.
Le terapie antineoplastiche sono:
- chirurgia: terapia loco-regionale con la quale si asporta tutto o una parte del tumore, eventualmente le
stazioni linfonodali;
- radioterapia: terapia loco-regionale con la quale si può irradiare il tumore o il residuo di tumorale o le-
stazioni linfonodali satelliti o eventuali metastasi a distanza;
- terapia medica: consiste in chemioterapia o terapia con target molecolari o ormonoterapia: sono terapie
sistemiche con le quale si cura il tumore primitivo o, a scopo precauzionale, si curano le micrometastasi non
evidenziabili clinicamente al momento della diagnosi.
La radioterapia e la chemioterapia possono anche essere utilizzate per ridurre il volume di un tumore che sarà
poi aggredito chirurgicamente (radioterapia neoadiuvante).
L’efficacia terapeutica delle terapie è differente nei diversi tumori, inoltre è differente anche in base alle
caratteristiche del paziente "ospite" del tumore.
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Il massimo dei risultati si ottiene quando le terapie sono adeguatamente associate, tanto che si deve ritenere
che un paziente portatore di tumore sia curato al meglio quando la sua terapia viene decisa di comune
accordo dagli specialisti chirurgo, oncologo medico e radioterapista oncologo.

CONCETTI GENERALI DI RADIOTERAPIA


La radioterapia moderna trova applicazione ormai quasi esclusivamente nei casi di tumori maligni, mentre è
pressochè abbandonato il suo impiego nelle forme di tumori benigni o nelle forme infiammatorie.
È già stato ricordato che la radioterapia ha efficacia locale, in analogia alla chirurgia, mentre la
chemioterapia è sistemica.
L'intento della radioterapia è quello di ottenere il massimo risultato con minimo danno locale.
La radioterapia viene oggi effettuata con tecniche moderne e sofisticate, presenti in genere solamente in
centri attrezzati.
In alcuni tipi di tumori e per alcuni distretti corporei la radioterapia può essere impiegata in alternativa alla
chirurgia, con conservazione delle funzioni (ad esempio: mammella, retto, prostata, corde vocali).

La radioterapia può essere attuata con i seguenti intenti clinici:


1. radioterapia curativa: si vuole raggiungere la guarigione del tumore: può essere in alternativa alla chirurgia
o per cancri inaccessibili alla chirurgia o ancora per pazienti nei quali le condizioni generali controindicano
la chirurgia;
2. radioterapia adiuvante: la radioterapia è utilizzata in stretta associazione con le altre terapie oncologiche:
2.1. radioterapia preoperatoria (per ridurre la massa del tumore e renderlo operabile o per ridurre il numero di
cellule che potrebbero allontanarsi dal tumore - metastatizzazione - durante l'intervento chirurgico;
2.2. radioterapia postoperatoria per ridurre la probabilità di recidiva dopo l'intervento chirurgico o per
eliminare il tumore residuo che non è stato possibile asportare con la chirurgia;
2.3. radioterapia neodiuvante, prima della chirurgia o della chemioterapia per ridurre dimensionalmente il
tumore;
2.4. radioterapia contemporanea o successiva alla chemioterapia: per ridurre ulteriormente il volume del
tumore, mentre la chemioterapia ha provveduto al controllo delle metastasi a distanza;
3. radioterapia palliativa: l'intento è quello di curare i sintomi, senza volere guarire il tumore; si attua quando
il tumore ha sede o dimensioni per cui purtroppo non appare ragionevole una guaribilità: viene attuata nelle
metastasi ossee o nelle compressioni dolorose di alcuni nervi,
4.radioterapia d’urgenza: nelle sindromi mediastiniche da compressione sulla vena cava, nelle ulcerazioni
della cute o nei sanguinamenti o nelle emorragie dell'utero o della vescica o del polmone.

TECNICHE DI IRRADIAZIONE
Esistono tre tipi principali di irradiazione del paziente: radioterapia dall'esterno, brachiterapia e terapia
metabolica.
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1 - radioterapia a fasci esterni o dall'esterno o teleterapia:


è la tecnica più diffusa di radioterapia e può essere effettuata con differenti apparecchiature, che inviano le
radiazioni verso il paziente. Quando il paziente ha terminato la terapia non è pericoloso per gli altri in quanto
le radiazioni non vengono rimandate all'esterno da parte del paziente. La scelta dell’appareccchiatura più
opportuna al trattamento viene effettuata dal medico radioterapista e si possono distinguere varie tecniche, in
base alla minore o maggiore energia delle radiazioni e quindi in base alla possibilità di curare tumori in
superficie o in profondità nel paziente. Viene effettuata con acceleratori lineari: si raggiungono tumori in
profondità con relativo risparmio dei tessuti sani circostanti al tumore.
2 - brachiterapia: con questa tecnica la sostanza radioattiva (isotopo) viene portata a contatto del tumore
oppure viene infissa nel tumore o ancora situata in una cavità nella quale si trova il tumore. Quando il
paziente è portatore di una sostanza radioattiva emana delle radiazioni per tutto il tempo in cui rimane al suo
interno la sostanza radioattiva e pertanto deve essere confinata in stanze schermate dalle quali non possano
uscire radiazioni. Una volta veniva utilizzato il radium 226, ora vengono impiegati il cesio 137, l'iridio 192 o
il cobalto 60. Sono utilizzate anche particolari apparecchiature dette "afterloading" che permettono di
richiamare all'esterno del paziente le sorgenti radioattive quando il personale infermieristico o medico deve
avvicinarsi al paziente.
3 - radioterapia metabolica: vengono iniettati nel paziente isotopi radioattivi che seguono particolari vie
metaboliche, fermandosi quindi in particolari organi, nei quali vegono metabolizzati, e rilasciando quindi le
radiazioni per un certo periodo di tempo; anche in questo caso il paziente diventa fonte di irraggiamento per
il personale di assistenza che si avvicina. La terapia metabolica ha una particolare efficacia con lo iodio 131
nel caso del cancro della tiroide. Viene effettuata dai medici nucleari e non dai radioterapisti oncologi.

TERAPIA CURATIVA E PALLIATIVA


Si possono distinguere due scopi della radioterapia:
Curativa: completa eradicazione della malattia, conseguente guarigione del paziente;
Palliativa: riduzione del volume del tumore, dei linfonodi e/o delle metastasi, ai fini di migliorare la
qualità della vita del paziente, ormai inguaribile Indicazioni: dolore, emorragia, ulcerazione cutanea,
dispnea, emergenze oncologiche, sintomi da compressione in tumori voluminosi. La decisione di
somministrare una RT palliativa dipende: dai sintomi lamentati dal paziente, dal tempo di sopravvivenza
ragionevolmente prevedibile, dalla severità degli effetti collaterali radioindotti, dall’analisi del rapporto
rischio-beneficio per il paziente, da valutazioni economiche e sociali.

Si sono anche ottenuti significativi sviluppi nella valutazione della malattia, in particolare mediante lo
sviluppo del sofisticato imaging diagnostico della TC, della RM e della PET e con l’impiego preliminare
delle tecnologie di fusione di immagini nel processo di treatment planning. L’informatizzazione ha
comportato il bisogno di una maggiore comprensione di questi principi, di maggior capacità di riflessione e
di intervento in ogni possibile situazione. Anche quest’aspetto quindi deve essere presente nei programmi
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didattici, tali da garantire la competenza degli studenti nell’uso di queste nuove metodiche nonché di fornire
loro la capacità di adeguamento continuo all’evoluzione tecnologica. La necessità di un continuo
aggiornamento professionale quale parte integrante dello sviluppo di un qualsiasi programma didattico è la
chiave per garantire dei professionisti competenti per il futuro.

Evoluzione futura della Radioterapia


I risultati dei più recenti studi sul frazionamento, basati su di una maggiore comprensione della radiobiologia
e dell’oncologia molecolare, sostengono l’introduzione di innovativi regimi di frazionamento per specifiche
sedi tumorali. Questi sviluppi, quando saranno introdotti nella realtà lavorativa, avranno un impatto sulla
pratica professionale, pertanto i diplomati (RT) devono essere in grado di comprendere le basi scientifiche,
gli effetti sulla pratica clinica ed i metodi per monitorare i risultati, degli sviluppi stessi.

L’ITER DEL PAZIENTE IN RADIOTERAPIA


Diagnosi: il paziente viene inviato alla visita di radioterapia oncologica da medici di altre specialità,
quando è stata fatta la diagnosi di neoplasia maligna.
Dal reparto di degenza o dall'ambulatorio specialistico o medico o chirurgico viene inviata una richiesta
di radioterapia alla radioterapia;
invio del paziente con documentazione clinica completa;
accettazione in radioterapia della richiesta e della documentazione clinica;
Prima visita da parte del medico radioterapista: in base alla visione degli esami effettuati ed alla visita
clinica, il medico deve decidere se la radioterapia è utile e possibile, quale modalità di radioterapia è più
adatta, se è opportuna l’associazione con altre terapie (chirurgica, ormonale, immunologica, antiblastica).
Richiesta di eventuali ulteriori accertamenti e visita medica.
Preparazione della terapia:
o Acquisizione di immagini TC o PET-TC per definire il tumore e gli organi a rischio.
o Piano di terapia: vengono definiti dal medico radioterapista i volumi da irradiare e gli organi a
rischio; il fisico sanitario ottimizza la natura (fotoni o/e elettroni) e l’energia delle radiazioni, i
fasci (dimensione, punto di incidenza, inclinazione, distanza dalla sorgente, isocentro), eventuali
filtri e poi il medico approva il paino di terapia ottimale..
o Simulazione: preparazione del trattamento radioterapico utilizzando gli stessi parametri che
verranno poi impiegati sull’unità di terapia.
o Verifica all’apparecchiatura: viene eseguita dal tecnico, in collaborazione con il medico, prima
dell’inizio della terapia per verificare la correttezza del piano di terapia; una volta iniziato il
trattamento, dovrebbe essere effettuata prima di ogni frazione.
Trattamento con l’apparecchiatura: il TSRM è il responsabile della corretta esecuzione della terapia; i
compiti del tecnico sono: posizionare il paziente secondo il piano di terapia riportato sulla cartella di
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trattamento e assicurarsi che non si muova, inserire gli eventuali filtri, comandare l’irradiazione,
annotare sulla cartella di trattamento la dose giornaliera, curare i rapporti con i pazienti.
Visita al termine della terapia: il medico al termine del ciclo di terapia compila un apposita tessera
riguardante il trattamento eseguito e lo consegna al paziente, unitamente alle eventuali prescrizioni
terapeutiche e alla lettera per il Medico di medicina generale.
Visite di follow-up: eseguite allo scopo di assistere il paziente dopo il trattamento e verificare l’efficacia
della terapia, effettuate di norma a 3 - 6 - 12 mesi dal termine della terapia e proseguite per 5 - 10 ani.
Ognuna di queste fasi comporta la creazione di documentazione da conservare in archivio.

Il TSRM cura l’archiviazione dei dati a l’aggiornamento dei documenti di sua competenza.
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2 - L’EQUIPE DI RADIOTERAPIA: OPERATORI E LORO RUOLI; RUOLO


DEL TECNICO RICONOSCIUTO NEL RAPPORTO DEL 2000 DALL’ICRP,
NECESSITA’ E SCOPI DELLE SOTTTOSPECIALIZZZAZIONI INTERNE
ALLA DISCIPLINA

RUOLO DEL TSRM


Il TSRM ha un ruolo fondamentale nell’organizzazione e nella produttività di una struttura complessa di
Radiologia, di Radioterapia, di Medicina Nucleare e anche di Fisica Sanitaria. È un professionista che
collabora quotidianamente con tutte le figure professionali della Struttra di appartenenza e assume la
responsabilità dell’atto tecnico all’interno della stessa. Da semplice operatore ausiliario che posizionava il
paziente e utilizzava l’apparecchiatura al fine di esporre e sviluppare una “lastra”, o esponendo lo stesso a
fini terapeutici, il TSRM con il tempo ha compreso l’importanza della propria professionalità assumendo un
ruolo di profondo conoscitore della tecnologia e delle metodologie, avendo come titolo di studio la laurea
universitaria triennale di “Tecnico di radiologia per immagini e radioterapia” e frequentando centri a fianco
di colleghi esperti durante il periodo di tirocinio obbligatorio. E’ poi previsto anche l’accesso alla laurea
specialistica di due anni.

SITUAZIONE ATTUALE DELLA FORMAZIONE


L’attuale situazione dei programmi didattici è estremamente variegata: Regno Unito, Irlanda, Portogallo e
Spagna offrono programmi formativi specifici per la radioterapia, Olanda, Austria, Italia, Finlandia, Francia,
Grecia e Germania hanno programmi integrati (radioterapia, radiodiagnostica e medicina nucleare), Belgio,
Svezia e Danimarca offrono programmi post diploma di base.

LA PROFESSIONE DI RT (RADIATION THERAPIST)


Gli RT sono l’insieme dei professionisti che hanno responsabilità diretta nella somministrazione di
trattamenti radioterapici a pazienti oncologici. Ciò comprende l’impostazione tecnica dell’erogazione
dell’irradiazione, l’assistenza clinica e psicosociale su base quotidiana al paziente durante la preparazione del
trattamento, il trattamento stesso e le fasi post terapia. Il RT è parte del team multidisciplinare che
comprende essenzialmente, oltre ad esso, il medico ed il fisico. Dato che il RT si rapporta con il paziente
quotidianamente è, per questi, la persona di collegamento con il team multidisciplinare. Tale professionista
collabora con gli altri operatori sanitari per garantire la soddisfazione dei bisogni del paziente. L’I.C.R.P.
(International Commission on Radiological Protection), nel rapporto del 2000, riconosce tale ruolo: “Il
tecnico di radioterapia ha la responsabilità per la predisposizione e l’erogazione del trattamento radiante, è
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coinvolto nella simulazione e ricopre un ruolo essenziale nel rilevare e riferire qualsiasi reazione anomala nel
paziente o malfunzionamenti delle apparecchiature.
Pertanto il tecnico di radioterapia ha un ruolo importante nella prevenzione degli incidenti.
L’assenza di un titolo univoco crea delle difficoltà sia in termini di identità professionale sia nella libera
circolazione della professione, parte integrante dello sviluppo futuro della Comunità Europea oltre che una
evidente aspirazione dei professionisti. Tutte le professioni riconosciute hanno una denominazione, accettata
internazionalmente, che ne definisce, con limiti nazionali, i ruoli. Non è il caso dei professionisti
direttamente coinvolti nella somministrazione della radioterapia ai pazienti. Attualmente molti differenti
titoli sono impiegati in Europa per indicare gli appartenenti alla nostra professione.
Alla consensus conference del primo core curriculum nel 1995 (Core curriculum = il complesso di contenuti
essenziali ovvero conoscenze, competenze, abilità, comportamenti, che tutti i neolaureati devono aver
acquisito in modo completo e permanente per l’esercizio della professione), si era convenuto che la
denominazione “Radiation Technologist” sarebbe stata usata per ricomprendere tutti i titoli in uso in Europa.
Questa denominazione era di fatto apparsa inaccettabile per il gruppo di lavoro e si era pertanto deciso di
usare le lettere RT quale compromesso.
L’attuale gruppo di lavoro ritiene che un titolo univoco sia necessario per esprimere la professione e fornire
una identità internazionale. La denominazione “Radiotherapy Technologist” è apparsa, tuttavia, ancora
inaccettabile per la maggioranza dei partecipanti. La discussione ha portato a focalizzare due opzioni:
“Radiotherapist” o “Radiation Therapist”. Il termine “Radiation Therapist” è impiegato in Australia e negli
Stati Uniti ed è stato recentemente adottato in Irlanda in seguito alla pubblicazione delle raccomandazioni di
un Gruppo di Esperti sulla professione. Vi sono delle difficoltà con “Radiotherapist” in quanto usato in molti
paesi dell’Unione Europea per designare i clinici (Medici Specialisti in Radioterapia) ed è inoltre la loro
propria denominazione professionale da Statuto Europeo. La denominazione “Radiation Therapist” è stata
la decisione finale del gruppo di lavoro. In considerazione delle difficoltà associate alla modifica di
denominazioni professionali si è deciso che le lettere RT saranno ancora utilizzate quale descrittore generico
e che ogni nazione continuerà ad impiegare il titolo riconosciuto a livello nazionale fino a quando un
cambiamento uniforme non sarà raggiunto a livello Europeo.
In considerazione del livello di responsabilità assunto dai RT durante lo svolgimento del proprio ruolo,
appare rilevante che lo standard formativo sia tale da permettere l’autonomia professionale nel contesto di un
approccio multidisciplinare alla gestione del paziente, ad esempio, nell’assumersi la responsabilità personale,
nell’accurata impostazione, erogazione e controllo di un trattamento radiante durante il lavoro alle unità di
terapia.

IL PROCESSO RADIOTERAPICO
La radioterapia è un procedimento complesso costituito da diversi stadi, con l’impegno di molteplice
personale e con l’impiego di diverse apparecchiature. L’accuratezza con cui ogni fase viene attuata ha un
impatto sia sul controllo tumorale sia sulle complicazioni ai tessuti sani o sulla morbidità. In termini di
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risultati pubblicati, la letteratura indica che modifiche nella dose di trattamento nell’ordine del 5-10% sono
clinicamente rilevabili nei pazienti. Inoltre, è anche riconosciuto che variazioni della dose dell’ordine del 5%
possono comportare una drastica riduzione nella risposta tumorale e quindi nella guarigione del paziente.
Questi dati indicano la necessità di un alto livello di precisione nel sistema di erogazione dei trattamenti.
Inoltre i trattamenti devono essere effettuati ad un altissimo livello di accuratezza geometrica.

L’aumentata complessità delle apparecchiature e delle metodiche, nonché l’aumentata consapevolezza delle
aspettative dei pazienti, non possono essere sottovalutate.
I recenti sviluppi nella tecnologia radioterapica e nella pratica clinica, evidenziano la tendenza ad aumentare
le sotto-specializzazioni all’interno della disciplina. Questa tendenza, inoltre, testimonia e supporta la
necessità di sviluppare vasti team clinici multidisciplinari che possano gestire i molteplici aspetti richiesti
dalla terapia integrata del paziente oncologico. La crescita futura di tali team dipenderà, per un grado
considerevole, dall’allocazione di appropriate risorse e strutture organizzative che assicurino lo sviluppo di
team clinici con un adeguato numero di professionisti sanitari ed infrastrutture per la terapia.
Ciò è importante per l’evoluzione professionale della radioterapia in genere e dei RT in particolare. I
programmi didattici devono promuovere evoluzioni di questo tipo fornendo la conoscenza base e le abilità
cliniche per permettere la sotto specializzazione nella professione. Ad esempio in diversi dipartimenti la
pratica clinica è già stata modificata con dei RT che assumono la responsabilità diretta per uno specifico
gruppo di pazienti, controllandone gli effetti collaterali, svolgendo la revisione clinica dei trattamenti, e la
revisione post terapia per specifiche sedi tumorali. Lo scopo di ogni cambiamento nella pratica lavorativa è,
ovviamente, favorire il paziente ma anche motivare il personale mediante l’offerta di ulteriori percorsi di
carriera.
Questi propositi miglioreranno il servizio offerto, potranno ridurre gli errori o la potenzialità di errore,
permetteranno un efficiente ed efficace impiego delle capacità di crescita di ogni gruppo professionale.
Un programma didattico per l’ RT deve assicurare che le specifiche abilità ed esperienze siano
appropriatamente sviluppate per facilitare l’introduzione di una nuova pratica lavorativa ed uno spostamento
verso un servizio guidato dalla qualità basata sull’evidenza piuttosto che sulla quantità.

ABILITÀ SPECIFICHE DEL TSRM IN RADIOTERAPIA


L’attività del tecnico sanitario di radiologia medica operante in radioterapia è regolamentato da:
DM n. 746 del 26 settembre 1994 in conformità a quanto disposto dalla Legge del 31 gennaio 1983
n. 25;
DL.vo n. 187/2000;
leggi n. 42 del 26 febbraio 1999 e n. 251 del 10 agosto 2000;
Codice deontologico approvato dal Ministero della Sanità nel 1993.
L'Istituto Superiore di Sanità nel Rapporto ISTISAN 02/20 "Garanzia di qualità in Radioterapia" si rivolge al
TSRM operante in Radioterapia secondo tali punti:
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L'RT partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro e all’elaborazione di progetti nell’ambito
della struttura in cui opera nel rispetto delle proprie competenze
L'RT programma e gestisce l’erogazione delle prestazioni di sua competenza in collaborazione diretta con il
medico radioterapista e con l’esperto in fisica medica secondo protocolli preventivamente definiti

Medico radioterapista
Valuta l’indicazione al trattamento radioterapico secondo protocolli stilati;
Illustra al paziente accuratamente il programma di terapia da seguire, insieme agli effetti collaterali ad esso
correlati, con relativa firma del consenso informato;
Visita il paziente, compila la cartella clinica e la cartella di terapia stabilendo la programmazione relativa
all’esecuzione del piano di trattamento in accordo con l’esperto in fisica medica e il tecnico sanitario di
radiologia medica;
Il medico visita il paziente in trattamento almeno una volta a settimana, aggiorna la cartella clinica
registrando la dose erogata, gli eventuali effetti collaterali e ogni eventuale cambiamento effettuato rispetto
al programma originario;
Programma il follow-up del paziente in accordo con il medico ematologo e con l’oncoematologo pediatrico.

Esperto in fisica medica


È responsabile della stesura del piano dosimetrico e della sua ottimizzazione secondo le indicazioni cliniche
fornite dal radioterapista,
È responsabile della verifica dosimetrica (dosimetria in vivo, controlli di qualità dell’unità di radioterapia).

Tecnico di radiologia
Collabora con il medico radioterapista oncologo e l’esperto in fisica medica,
Esegue e coordina tutte le operazioni relative al posizionamento del paziente e all’introduzione di dispositivi
ausiliari (schermature, compensatori personalizzati, ecc…) necessari alla corretta esecuzione del trattamento;
Effettua il trattamento radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento e registra i
dati di ogni singola frazione;
È responsabile dello stato e dell’efficienza del sistema di immobilizzazione utilizzato dal centro;
È responsabile del comfort del bunker in collaborazione con il medico radioterapista oncologo, l’esperto in
fisica medica e l’infermiere professionale.

Infermiere
È responsabile della preparazione del bunker per minimizzare l’esposizione alle infezioni;
Prepara farmaci di supporto da somministrare dietro indicazione medica in caso di manifestazione di effetti
collaterali; È responsabile dell’allestimento di contenitori in caso di vomito.
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3 – ATTRIBUZIONI PROFESSIONALI DEL TECNICO DI RADIOLOGIA IN


RADIOTERAPIA ONCOLOGICA

Attribuzioni del TSRM secondo:


Istituto Superiore di Sanità, Rapporto ISTISAN 02/20, “Garanzia di qualità in radioterapia”

Capitolo 3.3. TSRM operante in radioterapia


L’attività del tecnico sanitario di radiologia medica operante in radioterapia è regolamentato dal DM n. 746
del 26 settembre 1994 (25) in conformità a quanto disposto dalla Legge del 31 gennaio 1983 n. 25 (24)
nonché dal DL.vo n. 187/2000 (7), dalle Leggi n. 42 del 26 febbraio 1999 (27) e n. 251 del 10 agosto 2000
(28) e dal Codice deontologico approvato dal Ministero della Sanità (26) nel 1993.
In particolare, il TSRM operante in radioterapia:
– partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro e all’elaborazione di progetti nell’ambito della
struttura in cui opera nel rispetto delle proprie competenze;
– programma e gestisce l’erogazione delle prestazioni di sua competenza in collaborazione diretta con il
medico radioterapista e con l’esperto in fisica medica secondo protocolli preventivamente definiti;
– esegue e coordina tutte le operazioni necessarie ad iniziare il piano di trattamento secondo le indicazioni
del medico radioterapista e dell’esperto in fisica medica, provvedendo in particolare all’acquisizione dei dati
relativi al posizionamento del singolo paziente e delle immagini per la determinazione dei volumi e per lo
studio della disposizione dei fasci;
– collabora alla determinazione della distribuzione di dose che viene congiuntamente approvata dal medico
oncologo radioterapista e dall’esperto in fisica medica;
– prepara i dispositivi ausiliari da applicare per il trattamento quali i mezzi di immobilizzazione del paziente,
le schermature e i compensatori personalizzati, ecc.;
– effettua il controllo della centratura e dei dispositivi di schermatura e di immobilizzazione al simulatore;
– effettua il trattamento radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento ed è
responsabile della loro corretta applicazione;
– registra i dati di ogni singolo trattamento e tutte le eventuali modifiche secondo modalità definite;
– tiene in efficienza la strumentazione dosimetrica in dotazione al Servizio di fisica sanitaria e utilizzata in
radioterapia, con i relativi accessori, secondo il programma di CQ stabilito dall’esperto in fisica medica;
– esegue le operazioni di controllo di efficienza degli impianti a lui affidati ed effettua la loro
predisposizione all’uso;
– partecipa direttamente all’espletamento del programma di CQ delle unità di trattamento e di simulazione e
dei relativi sistemi accessori, effettuando misure dosimetriche di uso corrente e la rilevazione degli altri
parametri geometrici secondo procedure definite su indicazione dell’esperto in fisica medica;
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– collabora con l’esperto in fisica medica alla verifica del funzionamento delle apparecchiature dopo ogni
intervento di manutenzione e di riparazione;
– cura l’archiviazione e l’aggiornamento della documentazione prodotta nell’espletamento della propria
attività e degli strumenti e dei materiali di consumo direttamente utilizzati;
– nei reparti nei quali si svolge attività di brachiterapia, cura:
a) allestimento dei preparati radioattivi
b) recupero e l’immagazzinamento delle sorgenti
c) esecuzione delle operazioni di controllo delle eventuali contaminazioni
d) esecuzione delle operazioni di decontaminazione degli oggetti e degli ambienti
e) tenuta e aggiornamento del registro di carico e scarico del materiale radioattivo del reparto;
– contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente alle attività di
aggiornamento, ricerca e didattica in relazione al proprio profilo professionale;
– espleta ogni altra operazione tecnica concordata con il medico oncologo radioterapista.
In tutte le UO deve essere individuato un TSRM con funzione di coordinamento.

Riferimenti legislativi citati:


7. Italia. Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187. Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione
sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche. Gazzetta Ufficiale -
Serie Generale n. 157, 7 luglio 2000.
24. Italia. Legge 31 gennaio 1983, n. 25. Modifiche e integrazioni alla legge 4 agosto 1965, n.1103, e al decreto del
Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n.680, sulla regolamentazione giuridica dell’esercizio della attività di
tecnico sanitario di radiologia medica. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 38, 9 febbraio 1983.
25. Italia. Decreto Ministeriale 26 settembre 1994, n. 746. Regolamento concernente l’individuazione della figura e del
relativo profilo professionale del tecnico sanitario di radiologia medica. Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 6, 9
gennaio 1995. Rettifica relativa nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 20, 25 gennaio 1995.
26. Associazione Italiana di Radioterapia Oncologica (AIRO). Codice deontologico del tecnico sanitario dl radiologia
medica. Approvato dal comitato centrale nella seduta del 16 -17 luglio 1993.
Nota: Il Codice Deontologico citato è stato sostituito dal “Codice deontologico del Tecnico Sanitario di Radiologia
Medica 2004” a cura della Federazione Nazionale Collegi Professionali Tecnici Sanitari di Radiologia Medica.
27. Italia. Legge 26 febbraio 1999, n. 42. Disposizioni in materia di professioni sanitarie. Gazzetta Ufficiale - Serie
Generale n. 50, 2 marzo 1999.
28. Italia. Legge 10 agosto 2000, n. 251. Disciplina delle professioni infermieristiche, tecniche, della riabilitazione,
della prevenzione nonché della professione ostetrica. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 208, 6 settembre 2000.
15

4 - DEONTOLOGIA DEL TECNICO E RAPPORTO TECNICO-PAZIENTE

(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Medicina legale”, 1° anno).

Il tecnico di radiologia è tutt’altro che una figura periferica nel quadro della gestione organizzativa del
paziente.
Il Codice Deontologico (edizione 2004, 11 paragrafi, 58 articoli) è un documento di grande importanza e di
riferimento per la figura professionale del TSRM.
Art.1.1: “il TSRM è il professionista sanitario responsabile nei confronti della persona degli atti tecnici e
sanitari degli interventi radiologici aventi finalità di prevenzione, diagnosi e terapia.”
Art. 3: rapporti con la persona
... egli è il responsabile degli atti compiuti …
… ascolto della persona ….
… riservatezza …
… garantisce l’erogazione delle prestazioni sanitarie secondo la migliore scienza ed esperienza …
… cura la qualità della relazione …
… fornisce informazioni su materie di propria competenza …
… segreto professionale …
… attraverso la tecnologia traduce il bisogno di salute della persona …
… studio dei tempi ideali necessari all’effettuazione …
… partecipa attivamente alle attività formative …

Il TSRM è dunque chiamato a svolgere un ruolo rilevante sull’equilibrio psicologico del paziente.

Vedi anche Rapporto ISTISAN 02/20: Garanzia di qualità in radioterapia, per le attribuzioni del tecnico di
radiologia in Radioterapia oncologica.
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5 – INFORMAZIONE E CONSENSO

Consenso significa partecipazione, consapevolezza, libertà di scelta e di decisione; il medico ha l’obbligo di


informare il paziente e prima di procedere è necessario che il paziente firmi il consenso informato.
Il principio su cui si basa tale consenso, trova ampio riscontro nella giurisprudenza italiana: Art. 13 della
Costituzione e Art. 50 del Codice Penale.
Il consenso è ottenuto dall’assistito dopo opportuna informazione circa l’atto medico cui deve sottoporsi, al
fine di ottenere la libera scelta e la consapevolezza del paziente.
Nel caso di minore, infermo di mente o soggetto incapace di intendere e di volere, il consenso deve essere
ottenuto da chi ne è legale rappresentante.
Affinché il consenso sia ritenuto giuridicamente valido, deve essere:
Informato
Esplicito
Libero
Autentico
Immune da vizi
Il medico ha il dovere di informare il paziente prima di qualsiasi terapia o di procedura diagnostica; deve
chiarire la natura della sua prestazione, la finalità della terapia, i rischi connessi, le eventuali complicazioni,
le possibili alternative, i risultati prevedibili e gli effetti collaterali del trattamento.
L’informazione deve essere semplice, esauriente, personalizzata e veritiera; infatti è dovere del medico
accertarsi che il paziente abbia compreso il contenuto dell’informazione, cioè deve saper valutare il grado di
istruzione dell’assistito ed adoperarsi per rendere al meglio comprensibile il contenuto di questo documento.
Tutto ciò è finalizzato alla libera scelta di sottoporsi al trattamento da parte del paziente.
Infine tale consenso deve contenere il vero, deve essere presentato direttamente alla persona interessata o
avente diritto e deve esserci una necessità clinica che lo giustifichi.
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6 – “PRIVACY” IN RADIOTERAPIA

La privacy in radioterapia riguarda tutte le informazioni cliniche relative al paziente, il tecnico come tutti gli
altri operatori sanitari è tenuto al segreto professionale, come indica il Codice Deontologico (2004):
Art. 2.8 “... consapevole che ogni prestazione sanitaria ha come presupposto il rapporto di fiducia tra
operatore e persona, garantisce la riservatezza di tutte le informazioni assunte sulla persona ed in particolare
quelle raccolte durante l’anamnesi.”
Art. 3.7 “… riconosce il segreto professionale come un dovere e un diritto oltre che come espressione del
rapporto di fiducia; si adopera affinché il segreto professionale sia conservato anche dagli altri operatori.”
Art. 3.8 “ rispetta e tutela la privacy della persona”.
Esiste un documento scritto che registra il consenso del paziente con un documento scritto che è raccolto
nella cartella clinica: il paziente può autorizzare ad esempio il Medico di medicina generale o un parente
stretto o un amico, … In caso di dubbio il TSRM deve chiedere al medico radioterapiasta come comportarsi.
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7 – ASPETTI PSICOLOGICI DEL PAZIENTE CURATO CON


RADIOTERAPIA E RUOLO DELLA PSICOONCOLOGIA

Relazione con il paziente


Il sostegno sociale rappresenta un elemento costitutivo del trattamento del paziente oncologico e rientra nelle
responsabilità di ciascuna figura terapeutica, dal medico di medicina generale all’èquipe curante nel suo
complesso: radioterapista, tecnico di radiologia, infermiere.
L’adattamento alla malattia ed ai trattamenti dipende in larga misura dalla qualità dell’approccio relazionale
dell’èquipe curante, che ne è artefice soprattutto tramite il controllo degli effetti collaterali delle terapie, il
controllo del dolore, della sintomatologia ansiosa e depressiva.
Ciò è possibile attraverso una presa in carico individualizzata del paziente, tramite l’informazione sui vari
aspetti del trattamento radioterapico così come tramite la valutazione dei suoi bisogni, delle sue possibilità di
scelta, della sua situazione familiare e sociale; ma tutto questo comporta anche un investimento personale
dell’operatore, un sovraccarico di ruolo evidente per chiunque frequenti una Struttura complessa di
Radioterapia oncologica.
Gli RT devono di volta in volta saper tollerare e contenere quotidianamente le reazioni emozionali ed
affettive dei pazienti e delle loro famiglie, sviluppando una particolare sensibilità rispetto alla percezione dei
segni di disagio e dei limiti insiti nelle possibilità di adattamento del paziente stesso alla malattia. La costante
collaborazione con gli psichiatri e con gli psicologi che hanno acquisito una specifica esperienza sulla
comunicazione in campo oncologico permette di affrontare meglio tali questioni.
La psiconcologia deve quindi fornire strumenti utili all’organizzazione della formazione di tutte le figure
professionali coinvolte e proporre strategie efficaci nel sostegno psicologico del malato.

Esperienze personali in qualità di Tecnico di Radioterapia


Ogni operatore, nell’approccio con il paziente oncologico, deve essere necessariamente in grado di capire
l’ammalato, di comprenderne i bisogni e soddisfare quelli che rientrano nelle proprie competenze e
possibilità, attivando un intervento che si inserisca in quel lavoro di èquipe multidisciplinare che a tutt’oggi
sembra essere il più efficace.
Personalmente ritengo basilare una ulteriore condivisione delle esperienze, dei dubbi e dei successi lavorativi
con l’ èquipe tecnica, in un’ottica di sostegno e collaborazione.
Nella pratica clinica con i pazienti malati di tumore, uno degli aspetti indicato come prioritario è l’attenzione
costante al corpo, vale a dire che, come operatori non dobbiamo mai dimenticare che di fronte a noi si trova
una persona che prima di tutto ha un problema fisico, un tumore, il quale si ripercuote immancabilmente
sulla sfera psichica. Lo sforzo di affinare la capacità di ascolto è grande ma solo questo permette di
“sintonizzarmi sulla stessa lunghezza d’onda” del paziente.
19

Assolutamente da non trascurare è il clima della sala d’attesa: limitare i tempi d’attesa si è rivelato essenziale
in particolar modo nei confronti di pazienti sottoposti a evidente trattamento chemioterapico (assenza dei
capelli), sondati o semplicemente più suscettibili o condizionabili dall’esperienza altrui.
I trattamenti radioterapici, oltre ad essere sempre personalizzati, variano notevolmente secondo la tipologia,
la sede e la stadiazione della neoplasia; vi sono trattamenti che necessitano di numerose sedute ed altri che si
risolvono in pochi incontri ma nel corso dell’esperienza sino ad ora fatta posso sicuramente dire che il
legame con il paziente è indipendente dalla quantità di tempo trascorso insieme, in diverse situazioni è stato
breve ma intenso, caratterizzato da uno sguardo, da scambi veloci che si ‘attaccano’ al nostro vissuto e da cui
nascono fantasie e angosce.
L’approccio con il paziente pediatrico oncologico è senza ombra di dubbio un capitolo a parte: la
complessità è legata non solo al tipo di patologia, nelle sue componenti di soma e psiche, ma anche alla
particolare costellazione in cui è inserito il paziente, che ovviamente non si presenta mai solo, ma sempre
all'interno delle sue relazioni di accudimento.
L'istituzione radioterapica tende a condividere col nucleo genitoriale la gestione del bambino, lasciando che
la famiglia eserciti un'attività di mediazione tra il paziente e l'équipe per una parte dell'assistenza.
Al paziente pediatrico giungono informazioni selezionate, concordate con le figure di riferimento: il tecnico
di radioterapia durante l’intero corso del trattamento e delle singole sedute che lo compongono deve prendere
in considerazione la coppia genitoriale tenendo ben presente che modalità comunicative deficitarie incidono
sulla disponibilità dei genitori e dei pazienti a collaborare con l’iter terapeutico, intralciando
conseguentemente l’operatività. Gioco e fantasia spesso fanno da cornice a tale esperienza.
20

8 - BASI FISICHE DELLA RADIOTERAPIA

(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Fisica applicata e radioattività”, 1°
anno).
21

9 - BASI RADIOBIOLOGICHE DELLA RADIOTERAPIA

(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Radiobiologia”, 2° anno).

Le tecniche fondamentali della radiobiologia sono fondate sull’esame di:


curve di sopravvivenza cellulare dopo irradiazione in vitro mediante le quali è anche possibile
comprendere gli effetti su organi, sistemi od apparati;
analisi degli effetti clinici negli individui o nelle popolazioni sottoposte ad esposizione per cause
professionali, radioterapia, incidenti negli impianti nucleari o esplosioni di ordigni nucleari.

Teoria del bersaglio


Nel 1924 venne prospettata l’ipotesi che urti diretti a carico di bersagli radiosensibili potessero spiegare
l’inattivazione da radiazioni di molecole e cellule. Questa teoria del bersaglio tenta di mettere in relazione tra
loro due fenomeni: i fenomeni fisici dell’assorbimento e i fenomeni biologici espressi dall’andamento
esponenziale delle curve di sopravvivenza.
La Teoria del bersaglio ipotizza che all’interno delle cellule vi siano alcune molecole fondamentali sedi
critiche o bersagli, che devono essere colpite dalla radiazione affinché la cellula venga uccisa.
Le curve di sopravvivenza cellulari possono essere sviluppate teoricamente se si assume l’ipotesi che sia
sufficiente un solo colpo in un singolo bersaglio per provocare la morte della cellula. Tale cinetica a colpo
singolo può essere applicata alle molecole, ai virus ed ad alcuni batteri.
La curva di sopravvivenza esponenziale è descritta mediante l’equazione:
N = N0 × e- D//D0
N0 = numero iniziale di virus
N = numero di virus che rimane indenne dopo una dose di radiazioni D
e = base dei logaritmi naturali
D0 = costante che indica la pendenza della curva. Potrà essere piccola (grande pendenza della curva) o
grande (piccola pendenza della curva), ma esprimerà sempre l’incremento di dose che riduce la popolazione
esistente al 37% del suo valore iniziale nel tratto rettilineo della curva di sopravvivenza.

Curve di sopravvivenza
I modelli per danno da radiazione tentano di prevedere quantitativamente l’effetto biologico indotto da
radiazioni ionizzanti. Tra gli scopi dei modelli matematici uno è quello di rendere i dati sperimentali
trasferibili all’ambito terapeutico per l’elaborazione di strategie atte a migliorare l’effetto sul tumore e a
risparmiare gli organi sani.
1 - Modello Single Target Single Hit
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In ogni cellula esiste un solo bersaglio la cui inattivazione produce la morte della cellula.
L’inattivazione della cellula richiede dunque un solo evento
in questo bersaglio in ogni cellula.
La curva che descrive l’andamento della sopravvivenza
cellulare in funzione delle dose somministrata è di tipo
esponenziale; la radiosensibilità della popolazione è espressa
dalla pendenza della retta.
D0 è la dose che produce una media di un evento per target.
Fs = e – D / D0

2 - Modello Multi Target Single Hit


In ogni cellula esistono n bersagli sensibili in ognuno dei
quali deve verificarsi almeno un evento per avere la perdita
della capacità riproduttiva (la capacità di suddividersi cinque
o più volte dopo l’irradiazione viene usata come indice di sopravvivenza della cellula).
La curva che descrive l’effetto ha una spalla iniziale e una seconda parte esponenziale, la larghezza della
spalla dipende dal numero di bersagli che devono essere colpiti prima di determinare la morte della cellula,
mentre la larghezza della spalla condiziona l’effetto del frazionamento della dose.
Fs = 1 – (1 – e – D / D0) N
N è il numero di estrapolazione che definisce il numero di bersagli, D0 esprime la pendenza del tratto
esponenziale.
Le cellule che hanno, dopo esposizione, un numero di bersagli inferiore e N possono riparare il danno entro
alcune ore.

3 - Modello Multi Hit Single Target


L’unico bersaglio vitale dovrà essere colpito n volte.
Il tratto iniziale della spalla è quello più critico delle curve
poiché corrisponde alle dosi più basse.
Fs = e – D / D1 [ 1 – (1 – e – D / D0)N ]
D1 indica il reciproco della pendenza del tratto iniziale della
spalla, pertanto è molto maggiore di Do.
La componente di inattivazione ad urto singolo rappresentata
– D / D1
dal fattore e che esprime una curva rettilinea su carta
semilogaritmica. Questa componente a urto singolo
interesserebbe solo la parte iniziale della spalla, a pendenza
molto bassa, ma non nulla e con grande D1.
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– D / D1
Il fattore e è in realtà un fattore riduttore della frazione di sopravvivenza, in misura tanto più grande
quanto più D si avvicina a D1.
La componente ad urto singolo viene di solito attribuita all’azione delle radiazioni ad alto Let, quali ad
esempio le particelle dotate di carica. Questi eventi ad alto Let possono avere energia sufficiente ad inattivare
tutti i bersagli in una cellula all’improvviso, oppure causare urti multipli su un bersaglio singolo, se ciò è
quanto richiede l’uccisione della cellula.

4 - Modello lineare quadratico


L’inattivazione della capacità riproduttiva può avvenire sia per un singolo evento, che per più eventi nello
stesso Target.
Il Modello Lineare Quadratico è rappresentato da una curva continua corrispondente alla seguente formula:
Fs = e – (αD + βD²)
Essa indica che il logaritmo naturale della sopravvivenza cellulare non è semplicemente la dose D, ma la
somma di due componenti della dose: una componente lineare ed una componente quadratica rappresentate
rispettivamente dai coefficienti α e β.
La prima modalità di danno (componente α) ha andamento lineare con la dose, mentre la seconda modalità di
danno (componente β) ha andamento quadratico, per cui l’effetto è proporzionale al quadrato della dose. La
curva dose effetto è priva di tratto rettilineo, la prevalenza della prima o della seconda modalità di danno
determina la forma della curva. La morfologia della curva può essere descritta dal rapporto α/β.
Componente α: è la componente lineare del danno e corrisponde al danno direttamente letale e non
riparabile. Può essere identificata con eventi di rotture doppia della catene di DNA (dsb). Essa è prevalente
con radiazioni ad alto Let a basso dose rate e risente poco del frazionamento.
24

Componente β: è la componente quadratica del danno, corrisponde al danno riparabile e può essere
identificato con gli effetti a singola rottura della catena di DNA (ssb). Essa risente molto del frazionamento
delle dosi.
Rapporto α / β: dose in Gy alla quale il contributo del danno di tipo lineare corrisponde a quello di tipo
quadratico. Applicato alla radioterapia, questo rapporto è un parametro tessuto specifico, che varia anche per
tessuti a risposta rapida o tardiva, spostandosi verso i bassi valori di dose - frazione per i tessuti a risposta
tardiva. Nella rappresentazione grafica indica a quale dose la curva di sopravvivenza incomincia a flettersi in
maniere importante.
Se α / β è alto vi è prevalenza del danno non riparabile e la curva dose – effetto tende ad essere rettilinea
all’origine.
Se α / β è basso vi è prevalenza di danno riparabile e la curva ha una spalla iniziale più evidente.

Curve di sopravvivenza delle cellule di mammifero


Le curve di sopravvivenza delle cellule di mammifero sono
in buon accordo con il il modello matematico a bersagli
multipli e colpo unico, il che significa presenza nel contesto
della cellula di più bersagli in ciascuno dei quali dovrà essere
depositato almeno un colpo, per produrre la morte della
cellula.
L’aumentare della dose di radiazione aumenta il numero di
colpi lesivi depositati nella singola cellula e la curva diviene
sempre più rapida: quando questa diviene rettilinea il danno
subletale può considerarsi massimale; in ogni caso la cellula
sopravvissuta è danneggiata.
Il tratto iniziale non rettilineo della curva di sopravvivenza,
la spalla, può considerarsi la dimostrazione grafica
dell’esistenza di un range di dose entro la quale ha luogo
l’accumulo di danno subletale predisponente la cellula
all’effetto letale indotto da un ulteriore colpo.
La curva rappresenta in ascissa la dose in scala naturale e in
ordinata la frazione di cellule sopravviventi (Na/N0) in scala
logaritmica.
La curva ha un primo tratto curvilineo (spalla) e un secondo
tratto rettilineo.
Do è la dose media efficace, che riduce a 1/e, cioè al 37%, la
frazione sopravvivente nel tratto rettilineo.
N è il numero di estrapolazione, che rappresenta il valore
25

dell’ordinata corrispondente al prolungamento del tratto rettilineo verso l’ascissa. Nel modello teorico a
bersagli multipli e colpo singolo, N equivale al numero di bersagli nel contesto della singola cellula.
La spalla è quantificabile mediante il parametro Dq, la dose quasi soglia, dipendente da D0 e da N. Dq
corrisponde all’intersezione fra il prolungamento della parte esponenziale della curva e la linea orizzontale
passante per il 100% di sopravvivenza. Rappresenta, in Gy, una misura della grandezza della spalla e
corrisponde all’accumulo di danno subletale e all’insieme dei processi di recupero messi in atto dalle cellule.

Curve di sopravvivenza nei trattamenti frazionati


Poiché la dose singola somministrata in ciascuna frazione ricade nell’ambito della spalla, nell’intervallo tra
le singole frazioni, ha luogo un recupero pressoché totale del danno subletale e la curva risultante ripete la
spalla stessa ad ogni nuova frazione di dose ed è tanto più ripida quanto più questa è elevata.
Il frazionamento aumentare la tolleranza da parte dei tessuti normali, per i fenomeni di riparazione e
ripopolamento e nello stesso tempo consente di eliminare gli eventi radioprotettivi dell’ipossia sul tumore.

FATTORI DI RADIOSENSIBILITA’
Il concetto di radiosensibilità intrinseca si va oggi estendendo grazie alla migliore comprensione di possibili
meccanismi genetici di regolazione della stessa.
Radiosensibilità intrinseca:
Spermatozoi
Linfociti, eritroblasti, granulociti, mieloblasti
Cellule basali e delle cripte intestinali, stomaco e colon
Cellule ovariche, cutanee, delle ghiandole, alveolari polmonari, dotti biliari
Cellule endoteliali
Cellule connettivali
Cellule tubulari renali
Cellule ossee
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Cellule nervose
Cellule muscolari
La radioresistenza sembra essere infatti una priorità stabile di alcune linee cellulari tumorali, e che questa
caratteristica possa essere mantenuta anche quando queste linee cellulari vengono poste in coltura.
I fattori di radiosensibilità cellulare e tissutale sono i seguenti:
La dose somministrata
Il volume irradiato
La natura delle radiazioni utilizzate
Le modalità di somministrazione della dose
Fattori fisici
Con l’aumento della dose vi è generalmente un aumento dei danni biologici, ma è necessario tenere in
considerazione l’intensità, il frazionamento e il LET (trasferimento lineare di energia: rapporto tre dE e dL,
tra l’energia tot trasferita alla materia lungo un cammino e la lunghezza del cammino percorso) delle
radiazione.
L’importanza della dose può essere esemplificata esaminando la diversa gravità delle sindromi cliniche da
irradiazione globale per differenti dosi di irradiazioni X o gamma:
Forma asintomatica: dose inferiore a 2 Gy
Forma ematologica: dose compresa tra 2 e 6 Gy
Forma gastroenterologica: dose superiore a 10 Gy
Forma neurologica: dose superiore a 50 Gy
Anche nel caso di irradiazione focale, a parità di tutti gli altri parametri, la dose assume le caratteristiche di
una variabile indipendente: 5 Gy producono un eritema cutaneo, 25 Gy una necrosi acuta.
L’aumento del numero di frazioni d’irradiazione consente di aumentare la dose totale, mantenendo inalterato
l’effetto, in quanto viene favorita la riparazione del danno ai tessuti normali.
I cicli di radioterapia prevedono più sedute settimanali (cinque) con somministrazione di 2 Gy per seduta
sino ad un massimo di 4-7 settimane.
Anche l’intensità (il cosiddetto rateo di dose) ha una sua ben nota influenza. L’irradiazione ad elevata
intensità (più di 2 Gy al minuto) determina una maggiore quantità di danno; mentre l’irradiazione a intensità
più basse consente una maggiore sopravvivenza, in quanto è maggiore il periodo di tempo disponibile perché
avvenga la riparazione
Radiazioni ad alto LET producono più danni poiché una maggiore densità di ionizzazione può provocare più
rotture contemporanee sulle molecole di DNA.
Radiazioni alto LET: neutroni, protoni, α
Radiazioni basso LET: X, γ, elettroni veloci

Fattori chimici
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possono essere divisi in due gruppi:


sensibilizzanti: sono fattori che aumentano l’efficacia di una determinata dose di radiazioni, tra questi i più
noti sono l’ossigeno, i farmaci sensibilizzanti della cellula ipossica, le piramidone alogenate;
protettivi: fattori che riducono l’effetto di una data dose di radiazioni e comprendono la cisteina, la ciste
amina e il glucagone, che possiedono tutti il gruppo sulfidrile (-sh).

EFFETTI DELLE RADIAZIONI SULLA MATERIA VIVENTE


Gli effetti delle radiazioni sono distinti in stocastici (o probabilistici) e graduati (o deterministici).
Gli effetti stocastici si rendono manifesti:
o nel soggetto esposto, in seguito ad alterazione del patrimonio genetico delle cellule
somatiche, con comparsa di leucemie e/o neoplasie solide
o nella discendenza del soggetto esposto, in seguito ad alterazione del patrimonio genetico
delle cellule germinali, con comparsa di malformazioni o malattie trasmesse geneticamente.
Gli effetti graduati (deterministici) sono invece quasi sempre chiaramente definibili nella relazione di un
evento causale che può determinarsi:
o nel soggetto sottoposto a dosi terapeutiche di radiazioni quali quelle in corso di radioterapia;
o nel soggetto che riceve una esposizione accidentale od una contaminazione con dosi
significative per uso improprio di apparecchiature utilizzate a scopo pacifico o in seguito ad
uso bellico delle radiazioni;
o nel soggetto esposto a radiazioni per ragioni professionali per dosi cumulative.
Gli effetti graduati sono caratterizzati da una dose soglia, che è diversa da tessuto a tessuto, oltre la quale
cominciano a manifestarsi e la cui gravità è in rapporto con l’aumento della quantità della dose ricevuta.
Altri fattori che influenzano la comparsa e l’entità degli effetti graduati sono:
il volume irradiato (un organo tollera dosi molto più elevate se l’irradiazione colpisce solo una parte
dello stesso);
la qualità dell’irradiazione (differenti valori di EBR);
la durata dell’esposizione (dosi singole elevate o dosi limitate, ma protratte o ripetute nel tempo);
oltre che una serie di condizioni biologiche, genetiche o di esposizione a sostanze chimiche od agenti
fisici.
Gli effetti graduati possono manifestarsi precocemente, giorni o mesi dopo l’irradiazione, od essere ritardati
di mesi od anni; il ritardo nella loro comparsa dipende principalmente dalla velocità di rinnovamento della
popolazione cellulare dell’organo colpito.
Nel caso di tessuti complessi la risposta può essere diversa in rapporto alle differenti caratteristiche delle
componenti parenchimale (in genere a risposta precoce), vascolare (responsabile del danno più tardivo) e
stromale (poco radiosensibile).
In fase acuta si osserva generalmente necrosi degli elementi cellulari a più elevato indice di proliferazione,
accompagnata da dilatazione dei vasi sanguigni ed alterazione della loro permeabilità.
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Più raramente si osserva la comparsa di un vero e proprio essudato.


Successivamente si assiste ad una riduzione del lume vascolare per proliferazione intimali e fenomeni
trombotici.
A queste alterazioni seguono la riduzione della cellularità del connettivo, con la progressiva comparsa della
fibrosi. La fibrosi è il risultato di un edema seguito da essudato fibrinoso, deposizione di fibrina e formazione
di collagene.
I danni possono essere classificati in base al tempo di latenza:
danni acuti, che compaiono entro 6 mesi dalla esposizione;
danni subacuti, tra 6 e 12 mesi;
danni cronici, dal secondo al quinto anno
danni tardivi, dopo i cinque anni.
Per i differenti organi esistono dosi di tolleranza minime e massime in rapporto alla probabilità di
manifestarsi delle relative complicanze.
Tali dati fanno riferimento alla esposizione terapeutica in radioterapia oncologica con un frazionamento
convenzionale (2 Gy/giorno/5 volte la settimana
DT5/5 (dose di tolleranza minima) = Dose in Gy che dopo 5 anni dalla irradiazione produce la complicanza
indicata, in modo grave, in non più del 5% (1-5%) dei soggetti irradiati.
DT50/5 (dose di tolleranza massima) = Dose in Gy che dopo 5 anni dalla irradiazione produce la
complicanza indicata, in modo grave, in non più del 50% (25-50%) dei soggetti irradiati.
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10 - SIMULATORE PER RADIOTERAPIA: ASPETTI TECNICI E ABILITA’


SPECIFICHE DEL TECNICO NELLA FASE DI SIMULAZIONE

Esistono due tipi di simulatore:


Simulatore radiologico tradizionale
TC simulatore

Il secondo differisce dal primo per la possibilità di effettuare, contemporaneamente a una simulazione
tradizionale, anche scansioni TC.

Il simulatore è una macchina in tutto simile a un’unità di terapia e cioè è in grado di ripeterne fedelmente
tutti i movimenti. Anziché essere provvisto di una testata in grado di produrre la radiazione radiante
terapeutica, possiede un generatore di raggi x di tipo radiodiagnostico.
Altra funzione tipica della radiodiagnostica posseduta da simulatore radiologico è la possibilità di procedere
a radioscopia con intensificatore di brillanza.
Gli elementi costituenti essenziali di un simulatore sono essenzialmente 5:
stativo rotante
È costituito da una colonna rotante alle cui estremità sono fissati superiormente il tubo radiogeno ed il
sistema di collimazione, mentre inferiormente un portacassette radiografiche ed il sistema di intensificazione
di brillanza. Tutto il sistema può ruotare di 360° attorno al paziente che è sdraiato sul lettino mobile che si
colloca fra le due estremità dello stativo.
Il sistema rappresenta quello che correntemente viene definito come gantry.
A loro volta sorgente e portacassetta possono scorrere verticalmente sul braccio che li unisce in modo da
poter variare la distanza sorgente-cute (SSD) e la distanza fra paziente e cassetta, in modo da ridurre al
minimo gli effetti dell’ingrandimento radiografico. Il tubo radiogeno è un normale tubo per radiodiagnostica,
esso è capace di ruotare su un angolo di 360, ma su un piano perpendicolare a quello del gantry, è, come i
normali tubi per radiodiagnostica, provvisto di diaframmi (riduzione penombra).
Il sistema di collimazione è rappresentato da un reticolo costituito da 4 fili radioopachi a due a due
contrapposti e capaci di muoversi parallelamente a due a due (su un asse x ed uno y) intorno ad un punto
centrale (anche esso radioopaco) e in modo tale da costruire figure geometriche di forma quadrata o
rettangolare (e, cioè, in ultima analisi, i campi di trattamento).
L’ampiezza del movimento viene misurata in cm. dalla macchina stessa, ecco che vengono così costruiti con
le loro misure i campi di trattamento.
Le misure esprimono, quindi, l’ampiezza dei lati del campo di terapia che vengono individuati con le lettere
x e y, come negli assi cartesiani. Sempre a livello della sorgente è montato un diaframma a tendine che
presenta le stesse caratteristiche e funzioni dei corrispondenti della radiodiagnostica (riduzione penombra).
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Sempre a livello del sistema di collimazione sono presenti due sistemi ottici:
-uno luminoso che aiuta ad individuare il campo di trattamento costruito coi reticoli
-telemetro che individua la distanza fuoco-pelle (dfp) cui si è scelto di lavorare
lettino con tastiera di comando
È interposto fra sorgente/sistema di collimazione e portacassette/intensificatore di brillanza.
Accoglie il paziente che vi si accomoda nella posizione predeterminata dal radioterapista al momento della
pianificazione del trattamento, è radiotrasparente, è mobile:
- verticalmente in alto e in basso, in modo da individuare la corrette DFP
- orizzontalmente è consentito un doppio movimento rotatorio su due piani sovrapposti e paralleli, entrambi
su di un doppio arco di 360°.
Convenzionalmente questi ultimi due movimenti rotatori vengono indicati con le lettere dell’alfabeto greco:
alfa e beta.
tavolo di comando per la gestione di tutte le funzioni operative della macchina
Visualizza e gestisce tutte le funzioni della macchina: gantry, collimatore, reticoli, sistema ottico, telemetro,
diaframmi, movimenti del la sorgente, del portacassetta, del lettino.
tavolo di comando per la gestione radiografico/radioscopica del sistema
Il secondo tavolo di comando regola e gestisce il funzionamento dell’unità di radiodiagnostica di cui è dotato
il simulatore (radioscopia e radiografia).
monitor
Consente la visualizzazione dell’immagine radioscopica.

Questi metodi diagnostici per immagini e il precedente esame per l’accertamento della diagnosi precisa (TC,
RM, PET) serviranno al radio-oncologo per inserire, in un secondo tempo, il volume bersaglio nelle sezioni
della tomografia di pianificazione.
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11 - ACCELERATORE LINEARE: ASPETTI TECNICI, ABILITA’


SPECIFICHE DEL TECNICO NELLA FASE DI ESECUZIONE DEL
TRATTAMENTO RADIOTERAPICO

L’acceleratore (detto anche LINAC) produce radiazioni di alta energia; l’energia viene dispersa nelle pareti
dell’acceleratore e in parte in calore (10%) nella zona di impatto sul bersaglio a seconda della traiettoria
seguita dalle particelle nella fase di accelerazione.
Gli acceleratori lineari si distinguono in semplici e complessi e in base all’energia dei fotoni si possono
classificare in:
grandi: 18-20 MV, molto costosi, delicati e necessitano di molta manutenzione;
medi: 6-10 MV, compromesso fra grandi e piccoli;
piccoli: 4-6 MV, rendimento in profondità un poco superiore alla Telecobaltoterapia, affidabili, non
possono emettere elettroni.
Nella stessa unità vi è anche la possibilità di emettere fotoni X ed elettroni di diversa energia.
Un acceleratore lineare accelera elettroni prodotti dall’applicazione di una differenza di potenziale secondo
una traiettoria rettilinea utilizzando il campo elettrico di un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto
lungo una guida d’onda contenuta in un tubo a sezione circolare di lunghezza variabile (anche alcuni metri)
la cosiddetta sezione acceleratrice. In questa sezione di onda elettromagnetica viene amplificata in frequenza
fino a 3000 MHz da un cassetto pilota e in potenza (fino a 100 volte al secondo) da un klystron. Sempre nella
sezione acceleratrice di elettroni da 50 kv vengono trasportati dall’onda elettromagnetica immessa
contemporaneamente nella sezione acceleratrice dal klystron, acquisendo energia cinetica sempre maggiore
fino al limite previsto. Generalmente la sezione acceleratrice possiede una disposizione orizzontale, per cui
gli elettroni devono essere deflessi e indirizzati verso il paziente. Ciò si ottiene mediante l’impiego di
opportuni campi magnetici. La deflessione migliora anche l’omogeneità energetica del fascio. Di solito
l’angolo di deflessione è di 270°; se si vogliono produrre fotoni X si deve interporre una lamina di tungsteno
che frena bruscamente il fascio di elettroni (radiazioni di frenamento). Gli elettroni, una volta espulsi,
subiscono una prima collimazione da parte del collimatore fisso o primario e vengono monitorati da due
camere di ionizzazione il cui compito è quello di verificare la simmetria del fascio, l’intensità di dose e la
dose integrata (Unità Monitor). Le dimensioni del fascio vengono regolate da un collimatore mobile simile a
quello dell’unità di telecobatoterapia. Per gli elettroni si aggiunge un ulteriore collimatore supplementare al
fine di ridurre la diffusione. Esistono altri sistemi per collimare gli elettroni: mediante lamine di diffusione
(di solito due) e mediante limitatori simili a quelli della plesioterapia, nei quali l’estremità distale viene
appoggiata direttamente sulla cute del paziente. È necessario il vuoto spinto affinché l’onda elettromagnetica
possa essere accelerata: questo viene creato mediante il funzionamento di una pompa aspirante. Dal
momento che tale funzione di produzione di radiazioni ionizzanti produce calore, è necessario che esso
venga smaltito attraverso un impianto di raffreddamento a circuito chiuso con acqua tridistillata, a sua volta
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raffreddata dalla rete idrica urbana grazie ad uno scambiatore di calore. Senza pompa aspirante e un adeguato
impianto di raffreddamento non è possibile far funzionare l’acceleratore. Un terzo elemento indispensabile
alla gestione funzionale di un acceleratore è la dotazione di un computer che controlla e comanda
contemporaneamente tutti gli elementi della macchina e che è in grado di segnalare la presenza di eventuali
anomalie di funzionamento. Esso potrebbe essere anche impostato con una funzione di controllo dell’operato
del tecnico (per esempio segnalando un errore di impostazione di un parametro quali ampiezza del campo,
energia del fascio e tempo di esposizione).
Gli elementi che costituiscono un acceleratore lineare sono: il gantry contenente la testata, il lettino e il
tavolo di comando.

IL MAGNETRON E IL KLYSTRON IN UN ACCELERATORE LINEARE.


Il MAGNETRON è uno dei due dispositivi utilizzati per produrre microonde. Essenzialmente, il Magnetron
funziona come un oscillatore ad alta energia, che genera impulsi di microonde della durata di alcuni
microsecondi e con un rate di ripetizione di alcune centinaia di impulsi per secondo; la frequenza delle
microonde all’interno di ciascun impulso è circa 3000 MHz.
Il magnetron è un tipo di valvola termoionica ad alta potenza destinata alla produzione di microonde. Esso è
costituito da una camera con sezione circolare in cui è stato creato il vuoto e circondata da lobi. Al centro
della camera è collocato un filo mantenuto incandescente (catodo) ad un potenziale elettrico negativo,
parallelamente all’asse longitudinale della camera è mantenuto una capo magnetico prodotto da un magnete
permanente.
Gli elettroni emessi dal filamento tendono a muoversi verso le pareti della camera a potenziale elettrico nullo
(anodo). La presenza del campo magnetico fa assumere agli elettroni una traiettoria a spirale. Sul perimetro
della camera sono ricavate delle aperture comunicanti con la cavità che una volta raggiunte da un gruppo di
elettroni permettono la produzione, tramite vibrazione degli sessi, di forte campo magnetico. Parte di questo
campo magnetico viene convogliato da una speciale antenna a guida d’onda nella giusta direzione.
Il KLYSTRON non è propriamente, come il Magnetron (un generatore di microonde), ma piuttosto un
amplificatore di microonde. È un dispositivo ad alta precisione formato da un tubo a vuoto di tipo a elettroni
liberi. Rispetto al magnetron esso ha la caratteristica di mantenere la coerenza del segnale amplificato, così il
segnale in uscita può essere controllato in ampiezza fase e frequenza.
Magnetron o klystron producono onde elettromagnetiche nel range di frequenza delle microonde (circa 3
GHz), necessarie per accelerare gli elettroni iniettati dal cannone elettronico nella guida di accelerazione.
Acceleratore lineare
Le radiazioni utilizzate per la cura dei pazienti sono generate da un’apparecchiatura molto sofisticata
che prende il nome di “Acceleratore Lineare” (Linac). L’acceleratore lineare produce radiazioni ad alta
energia e le energie più impiegate comunemente nell’irradiazione della mammella sono quelle di 6 MV.
Gli elettroni prodotti dal generatore vengono immessi, ad impulsi, in un tubo acceleratore sotto
vuoto spinto, e si spostano lungo l’asse di una serie di elettrodi, tra i quali è stabilita una differenza di
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potenziale. All’uscita da ogni elettrodo, gli elettroni si trovano sotto l’azione di un campo elettromagnetico
che conferisce a loro un’energia corrispondente alla differenza di potenziale stabilita. Generalmente la
sezione acceleratrice è disposta orizzontalmente, per questo gli elettroni devono essere deflessi (di 270°) per
essere indirizzati verso il paziente. Ciò si ottiene mediante un campo magnetico all’interno del magnete di
deflessione.
La testata di trattamento è caratterizzata da due diverse configurazioni, a seconda che si voglia
rilasciare al paziente un fascio terapeutico di fotoni o di elettroni. Nel primo caso gli elettroni accelerati
incidono su una lamina di elevato Z, tungsteno, che frena bruscamente il fascio di elettroni producendo
fotoni per effetto “Bremsstrahlung” (radiazione di frenamento). Una volta prodotto il fascio di fotoni, esso
deve essere collimato (collimazione fissa o primaria) e incide su un filtro di appiattimento che serve ad
omogeneizzarlo. L’uniformità e la simmetria del fascio è misurata da una coppia di camere a ionizzazione
che controlla la simmetria, l’intensità di dose e la dose integrata (unità monitor). Per gli elettroni si aggiunge
un ulteriore collimatore supplementare al fine di ridurre la diffusione. Questi applicatori sono posizionati a
diretto contatto con la cute del paziente.
All’interno della testata di irradiazione, al di fuori del percorso del fascio terapeutico, è inserita
anche una lampada che invia luce su uno specchio, posto sul percorso del fascio con un’opportuna
inclinazione, al fine di trasmettere il campo luce coincidente al campo di irradiazione. Ciò permette al TSRM
di utilizzare il campo luminoso per la centratura del paziente.
Un dispositivo importante, sempre all’interno della testata è il telemetro, costituito da una scala
graduata luminosa che viene proiettata perpendicolarmente all’asse del fascio e serve a definire la distanza
fuoco-pelle (DFP).
Infine, un elemento di grande importanza è il collimatore multilamellare (multileaf), costituito da 50
lamelle metalliche, su ognuno dei lati opposti, che vengono retratte per formare un volume di irradiazione
quanto più possibile simile al volume bersaglio.
Sala bunker
È la sala in cui avviene il trattamento e nella quale si trova l’acceleratore lineare. Lo scopo
fondamentale del bunker è quello di impedire che le radiazioni possano uscire all’esterno. Le sue pareti,
pertanto devono essere di spessore adeguato e costituite da materiali altamente schermanti (cemento baritato)
di 1-1, 5 metri di spessore per un acceleratore lineare. Per poter ridurre lo spessore delle pareti è possibile
inserire all’interno di esse lamine di acciaio e piombo. Altre caratteristiche del bunker sono quelle di avere
una superficie ampia e un microclima adeguato, cioè deve possedere una buona aerazione per garantire un
ricambio di aria continuo, una temperatura ed umidità che consentano un buon confort del paziente e un
buon funzionamento delle macchine. È necessario inoltre un sistema di accesso comodo, ma nello stesso
tempo schermante, per questo motivo si impiegano percorsi a labirinto.
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12 - ACCELERATORE LINEARE: PRINCIPI FISICI E FUNZIONAMENTO


DEL “MULTILEAF COLLIMATOR”

In un acceleratore lineare il collimatore è rappresentato da un reticolo costituito da 4 fili radioopachi a due a


due contrapposti e capaci di muoversi parallelamente a due a due (su un asse x ed uno y) intorno ad un punto
centrale (anche esso radioopaco) e in modo tale da costruire figure geometriche di forma quadrata o
rettangolare (i campi di trattamento).
A livello del sistema di collimazione sono presenti due sistemi ottici
- uno luminoso che aiuta ad individuare il campo di trattamento costruito coi reticoli
- il telemetro che individua la distanza fuoco-pelle (DFP) cui si è scelto di lavorare
Il progresso tecnologico degli apparati di collimazione dei fasci consente oggi di ottenere collimazioni
personalizzate (radioterapia conformazionale) per ogni fascio (multileaf collimator) e anche collimazioni
variabili del fascio durante il trattamento stesso. Il fascio viene modellato in tempo reale e nel modo voluto
dal piano di trattamento studiato.
Il controllo di queste modifiche di collimazione è possibile solo grazie ai sistemi automatizzati, Lantis
provvede a posizionare ogni lamella del collimatore in modo da riprodurre la sagoma studiata durante il
treatment planning.
I filtri sono apparecchiature atte a modificare il fascio di radiazione, possono essere:
incorporati nella testata
fissati alla estremità inferiore della testata
Vengono distinti in:
filtri omogeneizzatori di energia e intensità del fascio
filtri degradatori di energia o diffusori
filtri a cuneo
filtri compensatori
bolus
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13 - BRACHITERAPIA E COMPITI SPECIFICI DEL TECNICO DI


RADIOLOGIA

Questa metodica è utilizzata nel trattamento esclusivo di neoplasie in stadio iniziale di numerosi distretti
corporei, in particolare testa – collo, ginecologici, prostata; è può essere utilizzata come sovradosaggio
associato a radioterapia esterna.
In base alla sorgente si distingue in:
Interstiziale: che consiste nell’impianto di piccole sorgenti radioattive all’interno del tessuto
tumorale con aghi dedicati, detti cateteri vettori, mediante tecniche chirurgiche relativamente poco
invasive. Si utilizza per il trattamento di tumori della prostata, di neoplasie piccole della testa o del
collo e di tumori della mammella già operati. La sorgente radioattiva utilizzata può essere Iridio 192,
Cesio 137, Iodio 125; gli isotopi vengono portati all’interno del tessuto neoplastico.
Endocavitaria: in cui le sorgenti radioattive (Iridio 192 e in particolare Cesio 137) sono inserite
tramite vettori o opportuni cateteri in organi cavi (es. cervice uterina, esofago, trachea e bronchi). Il
paziente effettua il trattamento in condizioni di sedazione o in anestesia generale.
In base alle modalità di erogazione della dose è possibile un'altra classificazione, dove per rateo di dose si
intende la quantità di dose erogata nell’unita di tempo:
Brachiterapia ad alto rateo di dose (HDR)
Le sorgenti radioattive vengono inserite ed estratte per un certo numero di volte, fino all’erogazione della
dose stabilita.

Il caricamento delle sorgenti si può effettuare prima del loro posizionamento con un maggior rischio di
esposizione per gli operatori oppure dopo il loro posizionamento all’interno della neoplasia; inoltre il
caricamento può essere manuale, se effettuato dall’operatore o telecomandato (remote after loading)
automaticamente e in modo computerizzato tramite le unità di trattamento.
Brachiterapia a basso rateo di dose (LDR)
Le sorgenti vengono lasciate in sede per tutto il tempo necessario ad erogare la dose necessaria e una volta
terminata la loro azione rimarranno all’interno dell’organo senza causare alcun fastidio al paziente; viene
eseguita in una unica seduta che dura dalle 12 alla 48 ore.

Vedi nel citato Rapporto ISTISAN per le attribuzioni del tecnico di radiologia.
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14 - TECNOLOGIE INNOVATIVE IN RADIOTERAPIA

IMRT o radioterapia ad intensità modulata.


Rappresenta un’evoluzione della 3D-RT e si basa sull’impiego di fasci di radiazioni non uniformi con
intensità differenti.
Queste tecniche sono più complesse di quelle tradizionalmente impiegate, ottengono un grado più alto di
conformazione della dose e col vantaggio di un maggior risparmio dei tessuti sani.

IGRT o radioterapia guidata da immagini


È frutto della recente integrazione della radioterapia con tecniche di acquisizione di immagini; permette di
controllare in tempo reale l’esecuzione del trattamento radioterapico e di modificare le caratteristiche del
fascio in rapporto ad eventuali modificazioni morfologiche del bersaglio legate a movimenti fisiologici quali
la respirazione, la digestione, l’attività cardiaca, modificazioni geometriche e/o dimensioni della neoplasia
dovute alla eventuale risposta o progressione e a modifiche del peso corporeo e della costituzione fisica del
paziente.
Tutti i sistemi IGRT consentono l’acquisizione di immagini pretrattamento che vengono comperate con le
immagini TC del piano di trattamento, permettendo l’accertamento dell’eventuale variazione dovuta al
movimento del target o a errori di set-up e la successiva correzione della posizione del paziente.
In ultima analisi si ottiene un aumento della dose totale al volume bersaglio, un ulteriore riduzione dei
margini del volume trattato, minori complicazioni (tossicità) e riduzione degli errori geometrici.

ART radioterapia adattativa


Segue anche il movimento, introducendo un quarto parametro, il fattore tempo, si parla di 4D-RT o ART.
Tomoterapia
IORT
GammaKnife
Adroterapia

Ipertermia
Questa metodica esplica un effetto sinergico alla radioterapia che vede potenziati i suoi effetti.
Il riscaldamento fino a 43 - 45° può portare a morte della cellula neoplastica; inoltre la cellula neoplastica è
più termosensibile della cellula sana.
Le sorgenti utilizzate per generare calore sono: ultrasuoni (profondità 1-3 cm), microonde (profondità 2-4
cm), radiofrequenze (profondità 5-6 cm), perfusione (profondità variabile con la vascolarizzazione).
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15 - IMRT

IMRT o Radioterapia ad Intensità Modulata


Rappresenta un’evoluzione della 3D-RT e si basa sull’impiego di fasci di radiazioni non uniformi con
intensità differenti.
Queste tecniche sono più complesse di quelle tradizionalmente impiegate, ottengono un grado più alto di
conformazione della dose e col vantaggio di un maggior risparmio dei tessuti sani.

Terapia ad intensità modulata (IMRT) costituisce una evoluzione delle tecniche conformazionali ed è basata
sempre sull’utilizzo dei collimatori multilamellari con lo scopo di erogare dosi variabili su volumi irregolari.
Durante ogni singola seduta i campi diversamente conformati vengono accesi e spenti in modo da modulare
l’intensità della dose che viene erogata nel contesto del volume da trattare. Tale terapia offre vantaggi in
situazioni cliniche che richiedono la esposizione di volumi irregolari e complessi in stretta contiguità con
organi critici.

Entrambe queste tecnologie, la 3-DCRT e la IMRT, hanno portato ad una riduzione della morbidità sia nel
breve che nel lungo termine ed hanno migliorato l’indice terapeutico per molti tumori.
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16 - IORT

La IORT o Radioterapia Intra-Operatoria, è una tecnica che permette l’erogazione di una dose di radiazioni
durante l’intervento chirurgico, subito dopo l’exeresi, direttamente sull’area anatomica che conteneva la
neoplasia. L’effetto di una dose singola elevata ha un valore radiobiologico superiore rispetto alla stessa dose
frazionata in modo convenzionale; inoltre la precocità dell’irradiazione e la stessa visualizzazione e
delimitazione del letto operatorio, potrebbero migliorare il controllo locale della neoplasia a fronte di una
tossicità a carico degli organi critici comparabili o addirittura ridotta rispetto alla tecnica tradizionale di
irradiazione a fasci esterni. RIVEDERE IL TESTO
La IORT deve essere eseguita dal radioterapista oncologo in collaborazione con l’esperto in fisica medica,
come indicato nel Rapporto ISTISAN 03/1, all’interno di protocolli di ricerca.
La IORT può essere eseguita con fasci di elettroni prodotti da acceleratori lineari convenzionali (non
dedicati), utilizzando opportuni accessori per la collimazione del fascio, diversi dagli applicatori di elettroni
impiegati per la radioterapia a fasci esterni.
Questo però comporta il trasporto della paziente anestetizzata dalla sala operatoria al bunker di trattamento;
nei casi più favorevoli il bunker è attiguo alla sala operatoria in modo da ridurre al minimo il prolungamento
dei tempi operatori e di anestesia.
Con l’avvento di apparecchi mobili dedicati alla sala operatoria, che sono in grado di produrre fasci di
elettroni ad alta energia o raggi X a bassa energia, si è avuta una semplificazione delle procedure di
intervento.
Il PTV è costituito dal letto operatorio, individuato visivamente, più un margine radiale di almeno 1-2 cm,
per sterilizzare le aree anatomiche prossime alla zona asportata chirurgicamente e tenendo presente le curve
di isodose nella regione di penombra del fascio.
Il diametro dell’applicatore e l’energia del fascio di elettroni devono essere scelti in modo da assicurare
un’adeguata copertura del volume bersaglio.
La dose viene erogata in un’unica seduta.
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17 - GAMMA KNIFE

Il Gammaknife, dotato di un casco con 201 sorgenti di cobalto 60, risulta dedicato esclusivamente a
stereotassi cranica. I trattamenti in stereotassi non possono essere estesi a tutti i pazienti ma hanno una
indicazione ben definita in alcune patologie e in particolari situazioni cliniche.

Gamma-knife: questo tipo di terapia è per lo più indicato nella cura dei tumori cerebrali e di alcune patologie
benigne di natura vascolare (ad esempio, le malformazioni artero-venose) del cervello.
Il trattamento gamma knife o bisturi a raggi gamma consiste in un fascio di raggi gamma orientato in modo
molto preciso ed emesso da centinaia di angoli diversi.
È sufficiente una sola seduta di radioterapia, che può durare da quattro a cinque ore.
Per questo tipo di trattamento la testa sarà collegata ad uno speciale sistema di metallo. Il paziente viene
sottoposto a diverse radiografie per stabilire qual è esattamente l’area da irradiare. Durante la seduta la testa
dovrà rimanere perfettamente ferma e per tale motivo si applicherà uno speciale sistema di immobilizzazione
simile ad un enorme casco, con centinaia di fori attraverso i quali penetreranno le radiazioni.
Il trattamento gamma knife è disponibile solo presso centri di alta specializzazione e non è indicato per tutti i
pazienti affetti da tumori cerebrali.

La radiochirurgia stereotassica è strettamente correlata alle tecnologie 3-DCRT e IMRT e inoltre


comprende la fusione di tecniche neurochirurgiche stereotassiche, della tecnologia degli acceleratori lineari e
della pianificazione del trattamento computerizzata. Vi è ormai l’evidenza che le recidive tumorali sono
ridotte dall’applicazione delle elevate dosi di irradiazione rese possibili dall’impiego delle tecnologie 3-D e
IMRT.
Stereotassica: tecnica che permette di somministrare un’elevata dose di radiazioni, in una singola o in poche
sedute ad un piccolo volume, con risparmio del tessuto sano circostante. Con l’ausilio di una ancora più
accurata immobilizzazione può essere eseguita con gli acceleratori lineari su bersagli sia cranici che
extracranici. Sono disponibili attrezzature dedicate quali il Cyberknife e il Gammaknife. Il Cyberknife è un
acceleratore robotizzato in grado di eseguire trattamenti stereotassici sia cranici che extracranici;
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18 - TOMOTERAPIA.

La Tomoterapia rappresenta una tecnologia recente. Essa integra l’imaging diagnostico 3D, la
pianificazione e l'erogazione di terapia in un unico processo e in una unica apparecchiatura.
Tomoterapia: tecnica di irradiazione ad intensità modulata con erogazione elicoidale della dose,
analogamente a quanto avviene in ambito diagnostico nell’esecuzione di una TC spirale.
La tomoterapia è la tecnica più moderna e sofisticata di radioterapia a fasci esterni, cosiddetta perché unisce
la tecnologia di irradiazione ad intensità modulata (IMRT) con la tecnica della tomografia computerizzata
(TC) spirale. L’apparecchiatura per la tomoterapia è costituita da un rilevatore TC accoppiato ad un
acceleratore lineare. Durante il trattamento la fonte radiogena ruota in sincronia con i movimenti
longitudinali continui del lettino, creando un fascio ad intensità modulata con andamento spirale, che è
conformato tramite un collimatore multilamellare. La stessa macchina si utilizza prima di ogni trattamento
per acquisire le immagini necessarie per-verificare con precisione la posizione del tumore e degli organi a
rischio e, se necessario, aggiustare automaticamente la posizione del paziente al fine di garantire le
condizioni ottimali per il successivo irraggiamento.
Rispetto ai trattamenti convenzionali (radioterapia conformazionale o IMRT seriale), la tomoterapia permette
un’ irradiazione molto più selettiva del tumore e un elevato risparmio dei tessuti sani, con possibilità di
erogare dosi più elevate in un numero di frazioni nettamente ridotto. Quando il piano di cura è preparato
sulle immagini ottenute dalla “fusione” delle immagini anatomiche fornite dalla TAC con le immagini
funzionali della PET si parla di tomoterapia a guida metabolica. La combinazione di PET/CT e tomoterapia
potenzia complessivamente il successo del trattamento radiante in quanto consente, da un lato, il
riconoscimento accurato e precoce dell’estensione tumorale e, dall’altro, l’esatto controllo del
posizionamento, permettendo così di erogare al PTV una dose elevata di radiazioni con aumentata
probabilità di controllo della malattia.
La tomoterapia è teoricamente applicabile a gran parte dei tumori solidi, anche se attualmente si è ancora in
una fase sperimentale per cui sono stati attivati solo trattamenti previsti da protocolli clinici.
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19 - ART

L’ART o Adaptive radiotherapy o radioterapia adattativa, è in grado di selezionare con grande


precisione la massa tumorale da colpire, dal momento che prende in considerazione non solo i tre piani dello
spazio, ma anche il piano del tempo (4D-RT). In pratica, segue il tumore e tiene conto dei suoi spostamenti
dovuti al movimento degli organi provocato dalla respirazione, dal battito cardiaco, dalla peristalsi
intestinale.
Consente di essere più selettivi e di irradiare il bersaglio con maggior precisione. Ciò darà la possibilità di
operare molti pazienti giudicati non operabili, ovvero con tumori del polmone, del fegato, del pancreas, della
prostata, del retto e quelli ginecologici.
Inoltre, il nuovo strumento permette anche di effettuare trattamenti ad intensità modulata (IMRT): alcune
zone metabolicamente più attive potranno essere attaccate con maggior intensità rispetto a quelle meno
attive.

Radioterapia immagine guidata (IGRT)


L’accresciuta precisione dei trattamenti tridimensionali radioterapici ha sviluppato la necessità di controllo
più accurato della ripetibilità del trattamento in ogni singola seduta mediante la identificazione della
esattezza del posizionamento della sede da trattare. Sistemi di imaging tridimensionali integrati con gli
acceleratori sono oggi disponibili nelle sale di terapia con lo scopo di garantire maggiore precisione del
controllo delle terapie.
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20 - ERRORI IN RADIOTERAPIA: TIPOLOGIA E MODALITA’ DI


CORREZIONE

Le possibili cause di errore in radioterapia sono:


Parametri fisici del fascio e geometrici della macchina
Posizionamento del paziente
Taratura del fascio (2.5-5%)
Distribuzione della dose nel paziente (3.5-5%)
Somministrazione del trattamento (3-4%)
Errori sistematici e casuali (meno gravi e più ovviabili)
Difficilmente gli errori derivano da una sola causa, in genere derivano da più cause concomitanti; il massimo
ideale deve essere inferiore al 5%.

Gli errori casuali si possono prevenire evitando una posizione scomoda per il paziente, utilizzando sistemi di
immobilizzazione ed appoggio, posizionando il lettino con centratori laterali e a soffitto.

Errori di posizionamento
il paziente deve stare comodo, evitare ad esempio la contrazione dei muscoli del dorso o dei glutei;
particolare attenzione a pazienti con cifosi o scoliosi;
i reperi con i laser laterali (concetto di allineamento laterale) permettono correttezza nell’allineamento ed
esattezza della DFP; i laser laterali portano sempre all’isocentro anche quando il paziente diminuisce o
aumenta di peso durante la irradiazione;
utilizzare per il posizionamento i tatuaggi di riferimenti e fuscina;
piano di terapia e centratura possibilmente sempre isocentrica;
i reperi cutanei centrali in pazienti obesi sono ancora più critici e inaffidabili se unici;
controllare la situazione fisiologica del paziente (vescica piena e non, retto vuoto o pieno, stomaco pieno
e non);
differente elasticità dei lettini condiziona il posizionamento; criticità del Mylar.

Errori per movimento


Il movimento spesso non è quantizzabile, ma è fonte di grossi errori.
Il movimento è più probabile quando il tempo di permanenza del paziente sul lettino è più lungo; talora è
legato all’interesse del paziente a quanto succede intorno, almeno nelle prime frazioni.
Movimenti particolari:
movimento del torace in pazienti giovani, longilinei, scapole alate, cifosi dorsale, scoliosi; questo errore
viene ridotto con centratura accurate con i laser laterali;
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addome;
collo per l’estensione scomoda e per difficoltà a deglutire per la forzatura di estensione.
In generale questi errori possono essere ridotti con spiegazioni al paziente in un rapporto ideale tecnico-
paziente.
Inoltre prima di eseguire la terapia sul campo posteriore o laterale dovrebbe essere ricontrollata la centratura.
Per evitare i movimenti possono anche venire impiegate attrezzature collaterali particolari:
supporto per l’esofago in modo che l’organo sia perpendicolare al fascio;
culle o supporti specifici per bambini.
Con una contenzione non rigida il paziente è più comodo e la terapia più precisa.
Sono utilizzate-maschere termoplastiche per il posizionamento dei pazienti che devono essere irradiati al-
distretto testa-collo.
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21 - ACCURATEZZA E PRECISIONE IN RADIOTERAPIA

Il corretto posizionamento del paziente al momento della simulazione, del rilevamento della sezione
corporea e poi di ogni singola seduta, è una dei punti più difficili e delicati dell’intero trattamento, e perciò il
tecnico deve porvi attenzione ed utilizzare le tecniche e gli strumenti più adatti.
Limitazioni relative alle macchine:
Collisione macchina-paziente
Collisione macchina-lettino di terapia
Intersezione sul fascio
A parte le attrezzature già descritte alcune precauzioni possono aumentare la riproducibilità del
posizionamento e diminuire la possibilità e l’entità degli spostamenti durante la seduta.
Diminuire il tempo di terapia-razionalizzando le operazioni tecniche dopo il posizionamento.
Non forzare il paziente ad assumere posizioni eccessivamente scomode o innaturali.
In generale l’eventuale stato ansioso del paziente ostacola sia il posizionamento sia l’immobilità ma
anche la svagatezza e la sottovalutazione dell’importanza dell’atto che si sta compiendo sono
controproducenti. Il TSRM deve fare in modo che il paziente sia: rilassato, concentrato e conscio della
delicatezza del momento.
Riguardo l’immobilità del paziente è consigliabile verificare a corrispondenza del campo al termine
dell’irradiazione.
Immobilizzazione e sistemi di immobilizzazione devono essere:
semplici
personalizzati
efficaci
comodi per il paziente
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22 – POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE (PIANI DI RIFERIMENTO E


RIFERIMENTI SUL PAZIENTE, ERRORI DI POSIZIONAMENTO E
MODALITA’ DI CORREZIONE, OBIETTIVO PRINCIPALE DEL
TECNICO: COMPETENZE E RESPONSABILITA’ NEI CONTROLLI DI
POSIZIONAMENTO).

(Vedi anche argomenti 21 e 23).

Piano sagittale,
Piano coronale,
Piano assiale.
Per il posizionamento si seguono i reperi cutanei (tatuaggi) indicati nella cartella di trattamento, solitamente
si hanno a disposizione 3 reperi, uno centrale e due laterali; la posizione del paziente viene indicata nella
scheda di trattamento e per il posizionamento ci si avvale dei laser laterali e a soffitto, del telemetro e del
centratore luminoso presente sulla testata del gantry.
Si deve riprodurre il più precisamente possibile la posizione utilizzata in prima simulazione ad ogni seduta di
radioterapia, assicurando il confort del paziente per evitare movimenti.

Impostazione tecnica del trattamento


L' RT esegue e coordina tutte le operazioni necessarie ad iniziare il piano di trattamento secondo le
indicazioni del medico radioterapista e dell’esperto in fisica medica, provvedendo in particolare
all’acquisizione dei dati relativi al posizionamento del singolo paziente e delle immagini per la
determinazione dei volumi e per lo studio della disposizione dei fasci
Le modalità tecniche con cui sarà eseguito il trattamento radioterapico vengono definite attraverso la
procedura di simulazione
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In tale momento vengono definiti i seguenti aspetti:


Posizione del paziente per il trattamento (Set up ed immobilizzazione)
Distretto anatomico sede di malattia
Estensione clinica e sub clinica di malattia (Target)
Organi a rischio coinvolti nel trattamento (OAR)
Volumi di terapia
Dosi di radiazioni da somministrare (dosi/frazione e dosi totali)
Stima delle tossicità attese

Viene dunque eseguita una tomografia di pianificazione TC, nella quale il paziente viene posizionato con
estrema precisione.
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23 - SISTEMI DI IMMOBILIZZAZIONE DEL PAZIENTE E RUOLO DEL


TECNICO NELLA LORO PREPARAZIONE

Il paziente non solo deve essere correttamente posizionato, ma, sempre al fine di garantire la ripetitività del
trattamento deve necessariamente rimanere immobile per tutta la durata della seduta.
Il posizionamento si realizza mediante un opportuno allineamento tramite l’impiego di laser che sono fissati
alle pareti del bunker, da entrambi i lati del lettino e sul soffitto.
In alcuni casi si rende necessario immobilizzare il paziente.
Esistono in commercio numerosi sistemi di immobilizzazione/contenzione, in linea di massima si deve
ricercare in un tale sistema, un buon compromesso fra semplicita’ e rapidita’ di impiego da una parte ed
efficacia e costi dall’altra.
Sistemi di contenzione: cuscini, materassi a vuoto, fasce, cerotti, ecc.
Sistemi di riferimento e contenzione: maschere termoplastiche o di acetato di cellulosa.
Maschere: è rappresentata da un presidio rigido che si adatta con precisione al profilo corporeo, ripetendone
la forma, consente: immobilizzazione, posizionamento e riproducibilità.
È particolarmente indicata nella immobilizzazione del distretto testa-collo, nel trattamento di campi molto
piccoli, nei pazienti poco collaboranti.
Comporta: tempi abbastanza lunghi di preparazione e disagevole per il paziente.
Preparazione:
mediante bende gessate si ottiene il calco negativo della regione corporea interessata.
il calco viene riempito di gesso e si ottiene cosi’ un calco positivo.
su questo calco viene modellato a caldo un foglio di acetato di cellulosa o analogo e in questo modo si
ottiene la maschera.
Oggi molto piu’ pratici e rapidi e meno costosi, sono sistemi che utilizzano materiali termoplastici che si
modellano, a caldo, direttamente sulla regione corporea, i quali raffreddandosi diventano rigidi e conservano
la forma loro data (sistema termoplastico).

L'RT prepara i dispositivi ausiliari da applicare per il trattamento quali i mezzi di immobilizzazione del
paziente, le schermature e i compensatori personalizzati
Provvede alla loro regolazione, in base alle necessità del paziente, affinchè sia possibile riposizionarlo
correttamente ad ogni nuova sessione (ad es. il mammaboard per le irradiazioni del seno e il bellyboard per
le irradiazioni della regione addominale).
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-
49
50

Oltre a questi ausili si può ricorrere in caso di necessità anche a cuscini in schiuma poliuretanica su misura:
essi stabilizzano il corpo e permettono il posizionamento identico sul tavolo portapaziente per le sessioni
giornaliere (per es. cuscino sottovuoto per il torace).

Per le irradiazioni della testa e del viso si utilizza solitamente una maschera speciale fatta su misura dallo
stesso TSRM.
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24 - POSIZIONAMENTO DI UN PAZIENTE SOTTOPOSTO A


RADIOTERAPIA NELLA REGIONE DELLA TESTA E DEL COLLO

(Vedi anche Argomenti 22 e 23).

Il paziente viene posizionato in decubito supino, che si ritiene la posizione più comoda e di più facile
riproduzione. Le braccia sono tenute lungo i fianchi con le mani in pronazione. Un supporto sotto le
ginocchia aiuta a rilassare la schiena, ciò è molto importante soprattutto quando il paziente in cura giace su
un lettino di trattamento che è particolarmente rigido.
La testa viene immobilizzata con maschera termoplastica a 3 o 5 punti (che ferma anche le spalle), la quale
viene agganciata ad un apposito supporto dotato di supporto in gomma piuma di polietilene, a bassa densità
di assorbimento, per il posizionamento supino comodo in cinque modelli codificati dal colore:
rosso: il più basso, posiziona la testa con il collo diritto per impedire la curvatura anteriore del midollo
spinale nel campo di trattamento;
nero: usato per i tumori del collo, ha la stessa curvatura del rosso ma si estende in senso caudale;
blu: permette che il mento sia flesso verso il torace;
bianco e giallo: permettono al mento di estendersi per spostare la cavità orale e la mandibola dal campo
di radiazione.
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25 - POSIZIONAMENTO DI UN PAZIENTE SOTTOPOSTO A


RADIOTERAPIA NELLA REGIONE TORACICA

(Vedi anche Argomenti 22 e 23).

Il paziente viene posizionato in decubito supino, che si ritiene la posizione più comoda e di più facile
riproduzione.
Per l’immobilizzazione degli arti superiore si utilizza il dispositivo Posirest, il quale è costituito da una
piastra di base su cui è porto un supporto per il capo in gomma piuma di polietilene e per gli arti superiori,
che vengono portati in alto; nel caso il paziente non riesca a portare le braccia in alto, possono essere tenute
lungo i fianchi con le mani in pronazione, a condizione che i campi di terapia siano contrapposti (ap e pa) e
non obliqui. Un supporto sotto le ginocchia aiuta a rilassare la schiena, ciò è molto importante soprattutto
quando il paziente in cura giace su un lettino di trattamento che è particolarmente rigido.
Gli organi critici suscettibili di maggior danno da radiazioni sono il parenchima polmonare, il cuore,
l’esofago e il midollo spinale. La DFP è di 100 cm.;
Il CTV è costituito dal volume tumorale e dai linfonodi del mediastino e dell’ilo e dalle fosse sopraclaveari
(qualora fossero infiltrate dalla neoplasia).
Si deve schermare con protezioni sagomate il parenchima polmonare sano con fusioni in lega bassofondente.
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26 - POSIZIONAMENTO DI UN PAZIENTE SOTTOPOSTO A


RADIOTERAPIA NELLA REGIONE PELVICA PER CARCINOMA DEL
RETTO.

(Vedi anche Argomenti 22 e 23).

In questo caso sarebbe opportuno che il paziente mantenesse una posizione prona per una migliore
visualizzazione del sacro e per favorire l’allontanamento dell’intestino tenue al di fuori della pelvi.
Per l’immobilizzazione si usa il Belly Board: questo dispositivo viene appoggiato sopra il lettino ed è
sagomato con un’apertura che elimina la pressione del lettino sull’addome del paziente prono, in tal modo si
agevola lo scivolamento del tenue al di fuori dei campi pelvici irradiati. La DFP è di 100 cm., la tecnica
preferita è a BOX, gli organi a rischio sono: la vescica e le teste femorali.
Il CTV è rappresentato dall’intero volume pelvico che comprende la sede della neoplasia primitiva e le
stazioni linfonodali infiltrate. Bisogna calcolare un margine di sicurezza geometrica di 2 cm.
È necessario sagomare i campi in modo da ridurre l’irradiazione della parete vescicale e si deve escludere il
più possibile l’intestino tenue dal volume irradiato. La simulazione dopo piano TC e la terapia devono essere
svolte vescica piena in modo da ridurre il volume di mucosa vescicale irradiato e da farle comprimere il più
possibile l’intestino tenue al di fuori del fascio primario.
Nelle pazienti donne, è vantaggioso evidenziare la vagina con l’inserzione di un repere cilindrico radiopaco.
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27 - POSIZIONAMENTO NELLA TC PER IL RILEVAMENTO DELLE


IMMAGINI DEL PAZIENTE

Durante la TC di simulazione il paziente viene posizionato utilizzando gli stessi sistemi di immobilizzazione
e nella stessa posizione che sono stati individuati durante la simulazione iniziale e che in seguito verranno
utilizzati ad ogni seduta di trattamento.
La simulazione iniziale serve a stabilire un sistema di coordinate per individuare l’isocentro, che viene
individuato durante le scansioni TC sulla cute del paziente ponendo piccoli reperi radiopachi che non creano
artefatti sull’immagine TC. I dati così ottenuti vengono trasferiti via rete o con dischi magnetici o con CD al
sistema per i piani di trattamento dove verranno elaborati.
La TC di simulazione viene eseguita per la stesura del piano computerizzato e quindi seguita da una ulteriore
simulazione prima della terapia. La TC di simulazione viene eseguita quando è necessaria una maggior
precisione o ci si trova in prossimità di organi critici.
La TC è basale senza mezzo di contrasto.
Vengono eseguiti due topogrammi in AP e LL (utili per la valutazione del volume).
Lo spessore e l’avanzamento delle scansioni TC vengono decise al momento del posizionamento, in base alla
patologia, alla sede del tumore (o linfonodi o metastasi) e alle dimensioni del GTV o CTV.

Alla TC si definisce, con i laser mobili, la posizione dell’isocentro provvisorio sul paziente e si procede
all’acquisizione di una serie di sezioni TC ravvicinate del distretto anatomico di interesse.
Non appena le immagini sono state registrate il medico addetto procede con la fase di contornamento del
target: questa operazione da effettuarsi su tutte le scansioni TC richiede tempo proporzionato al numero delle
scansioni stesse. Il software dei laser mobili, in base ai limiti geometrici del target, calcola le coordinate del
nuovo isocentro definitivo, quindi comanda lo spostamento dei laser mobili che identificano sulla cute del
paziente i punti in cui fare i tatuaggi. Il paziente ha completato la fase di preparazione.
Si raccomanda al pz di non cancellare i segni marcati sulla sua pelle prima dell’irradiazione iniziale poichè
sono necessari per il posizionamento esatto nelle successive sessioni.
Questi segni possono essere protetti da un adesivo trasparente.
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Le immagini TC vengono utilizzate al TPS per il PdT.

Questi metodi diagnostici per immagini e il precedente esame per l’accertamento della diagnosi precisa (TC,
RM, PET) serviranno al radio-oncologo per inserire, in un secondo tempo, il volume bersaglio nelle sezioni
della tomografia di pianificazione.

CT/MR
Fusion

GTV (Gross Tumor Volume) con PET/CT


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28 - POSIZIONAMENTO NELLA PET - TC PER IL RILEVAMENTO


DELLE IMMAGINI DEL PAZIENTE

Vedi anche allegato 3 Tesi di laurea: La PET – TC nel piano di trattamento in radioterapia oncologica

La TC di posizionamento per il rilevamento delle immagini corporee con la metodica PET-TC richiede una
preparazione del paziente adeguata all’indagine ed in base al radiofarmaco impiegato, nel caso del 18F-FDG,
il monitoraggio della glicemia.
Il protocollo per l’esecuzione di un esame PET con 18F-FDG e TC senza mezzo di contrasto prevede che il
paziente sia a digiuno da 6 – 8 ore con valori di glicemia di 80 – 110 mg/dl e limitata attività muscolare. La
18
dose di radiofarmaco impiegata è in media di 37 MBq/10 kg di peso corporeo per i farmaci con F. Al
momento dell’esame, il paziente viene invitato ad urinare per svuotare la vescica e rendere minima la
radioattività di fondo. Dopo l’iniezione del radiofarmaco e l’attesa per la captazione dello stesso da parte dei
18
tessuti (1 ora per F-FDG), avviene il posizionamento del paziente sul lettino del tomografo, a seconda
dell’area anatomica in esame. Per ovviare a possibili errori derivanti dalla concavità del lettino, questo viene
reso piano mediante l’interposizione di un supporto rigido in fibra di carbonio.
La posizione deve essere la stessa tenuta al simulatore pertanto il TR, utilizzando gli stessi supporti e sistemi
di immobilizzazione, dovrà far corrispondere i tatuaggi con i punti d’intersezione dei laser, laterali e a
soffitto.
Una volta posizionato, si procede alla determinazione di un punto partenza delle scansioni, definito
landmark. L’esame TC inizia con l’acquisizione di un topogramma. Si tratta di un’immagine non
tomografica del paziente ottenuta mantenendo fissi il tubo radiogeno e il sistema di rivelazione. Tramite il
topogramma si determina il range di scansione anatomico e si stabilisce il corrispondente numero di bed
(“posizione di lettino”) PET da acquisire, necessari a ricoprire la lunghezza di scansione desiderata.
Terminata l’acquisizione del topogramma, si prosegue con l’acquisizione della trasmissiva TC, che consente
di ottenere sia le immagini TC utilizzate per la fusione con le immagini PET, sia i fattori di correzione per
correggere l’attenuazione dei dati emissivi.
Al termine dell’esame TC, il lettino porta-paziente viene portato nel campo di vista del tomografo PET per la
successiva scansione emissiva PET. Il lettino si sposta automaticamente al FOV successivo quando termina
il precedente. Ciascun FOV è di 15.8 cm con sovrapposizione tra un FOV ed il successivo.
18
La durata complessiva di un esame total body con F-FDG è di circa 25-30 minuti. Infatti, la durata
dell’acquisizione TC è di circa 40 – 50 secondi, mentre l’acquisizione PET prevede un tempo di 4 min per
posizione del lettino (in generale, uno studio whole body prevede 5 – 7 spostamenti di lettino, ma varia in
relazione alla patologia e all’altezza del paziente).
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Vista la durata dell’esame PET, che non permette di mantenere l’apnea respiratoria per tutto il tempo dello
studio, il paziente, anche durante l’esame TC, viene invitato a respirare normalmente al fine di avere una
migliore correlazione tra immagini TC e immagini PET, con artefatti respiratori ridotti al minimo.
Le immagini vengono inviate alla consolle dedicata alla pianificazione ed alla consolle per i piani di terapia
in Radioterapia. I dati verranno poi utilizzati dai Medici Radioterapisti per il contornamento dei volumi
critici e, successivamente, anche dagli Esperti in fisica medica per lo studio del piano di terapia.
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29 – RADIOTERAPIA CON “CALCOLO A MANO”

E’ la più semplice delle metodche di terapia e di pianificazione: consiste nel porre direttamente il paziente
sul simulatore o sulla TC e scegliere i parametri geometrici del campo di irradiazione e l’isocentro.
Viene misurato lo spessore del paziente e viene effettuato il calcolo della dose da parte degli Esperti in fisica
medica.
Il medico radioterapista approva il calcolo di pianificazione.
Il paziente è immediatamente posizionato sull’apparecchiatura per la verifica di trattamento e per la prima
terapaia.
Implica un tempo operatore e un tempo apparecchiatura piuttosto breve e viene utilizzato per pazienti
sofferenti e nei quali si deve far iniziare rapidamente la terapia.
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30 - LA RADIOTERAPIA CONFORMAZIONALE TRIDIMENSIONALE E


PIANO DI TERAPIA.

I recenti sviluppi nella tecnologia informatica e nella costruzione degli acceleratori lineari, unitamente al
miglioramento dell’imaging in oncologia, hanno permesso lo sviluppo e la diffusa implementazione clinica
della Radioterapia Conformazionale tridimensionale (3-DCRT).
Terapia conformazionale: distribuzione della dose “conforme” al volume da irradiare, ricostruito
tridimensionalmente su immagini di tomografia computerizzata (TC). In alcuni casi è possibile ricorrere
all’ausilio di immagini radiologiche più idonee alla definizione del volume da trattare quali la risonanza
magnetica (RMN) o la tomografia a emissione di positroni (PET). Grazie all’impiego delle lamelle
schermanti, ciascuna dotata di motore proprio, e pertanto mosse indipendentemente fra di loro in maniera
automatica e sotto controllo informatico, è possibile modificare il profilo del fascio di radiazioni al fine di
proteggere in maniera ottimale i tessuti sani circostanti e di ridurre conseguentemente gli effetti collaterali.
La terapia conformazionale costituisce oggi lo standard dei trattamenti.

La radioterapia conformazionale è una tecnica di irradiazione che mira ad adattare il più possibile la forma
del volume irradiato a quella del volume bersaglio, cercando di risparmiare al massimo i tessuti sani
circostanti.
Gli obiettivi della radioterapia conformazionale sono essenzialmente due:
quello di aumentare la dose al volume bersaglio (maggior controllo locale)
quello di ridurre la dose ai tessuti sani circostanti (minori effetti collaterali)
Solitamente entrambi gli obiettivi vengono posti alla base del trattamento radioterapico.
Lo sviluppo della radioterapia conformazionale è stato a sua volta favorito dai progressi avvenuti in altri
settori medicali come quello dell’imaging e dei nuovi sistemi per il calcolo dei piani di trattamento.
Nuove modalità di imaging come la SPECT permettono oggi una miglior definizione tra, per esempio,
linfonodi patologici e ipertrofici.
La RNM permette, per alcune sedi anatomiche, una miglior definizione d’organo.
Le tecniche di fusione d’immagine e gli algoritmi di calcolo della dose debbono essere ancora migliorati.
La riproducibilità della posizione di trattamento è stata resa possibile dai nuovi materiali di
immobilizzazione (fogli termoplastici ecc.)
Il flusso di operazioni da eseguire per la preparazione ed esecuzione di un trattamento radiante
conformazionale è molto più complesso e parimenti è anche parecchio più dispendioso sia in termini di
tempo che di risorse rispetto al trattamento convenzionale.
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CONTRIBUTO DELL’ESPERTO IN FISICA MEDICA


Il fisico sanitario è il responsabile della stesura del piano dosimetrico e della sua ottimizzazione secondo le
indicazioni cliniche fornite dal medico radioterapista, è inoltre responsabile della verifica dosimetrica in vivo
e dei controlli di qualità sull’unità di radioterapia.
Il suo compito inizia una volta che il medico termina il contornamento del volume bersaglio e degli organi a
rischio sulla matrice 3D.
Il suo compito è quello di studiare il modo migliore per portare il massimo della dose nel volume bersaglio,
risparmiando gli organi a rischio e i tessuti sani; calcola il valore di build-up (strato di tessuto che assorbe la
maggior quantità di energia), definisce la curva di isodose e le dosi di tolleranza.
È anche tenuto a calcolare lo spessore di lega bassofondente necessario per la protezione dei tessuti sani, il
tipo di filtro qualora sia necessario, la disposizione dei collimatori, l’utilizzo del bolus utilizzato per
compensare irregolarità di spessore corporeo e per aumentare la dose in superficie.
61

Solo a questo punto il fisico medico e il Medico Radioterapista potranno cominciare la pianificazione. Per
mezzo di un computer si calcolano gli angoli precisi di penetrazione dei raggi, le dimensioni e la forma dei
campi di irradiazione e la tecnica esatta dell’irradiazione vera e propria.
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31 - VOLUMI DI TERAPIA SECONDO I.C.R.U.

ICRU International commission on radiation units and measurement, è stata fondata nel 1925 dal
International Congress of Radiology, allo scopo di sviluppare raccomandazioni internazionalmente
condivise:
quantità ed unità di misura per radiazioni e radioattività
procedure adeguate di misurazione ed applicazione delle stesse in radiodiagnostica, radioterapia,
radiobiologia e per scopi industriali
dati fisici necessari nella applicazione delle procedure il cui uso permette uniformità di registrazione.
Organizzazione:
13 Commission Members
20 Report Committees composti da 4 a 8 membri che producono bozze di rapporti su soggetti specifici
Le bozze dei rapporti sono rivisti molte volte dalla Commissione prima della pubblicazione definitiva.
L’ICRU mantiene stretti rapporti con molteplici organizzazioni nazionali ed internazionali.
Diversi report relativi ai protocolli dosimetrici per fotoni ed elettroni (17, 23 e 24), nonché per nuovi tipi di
particelle (report 45 per dosimetria di neutroni; report 59 per dosimetria di protoni)

Report 50, 1993, contiene le linee guida per definire il tumore ed i target nonché definisce delle
raccomandazioni per la completa registrazione del trattamento con fotoni.
Report 62, 1999, aggiorna il report 50 con lo stato dell’arte
Altri report riguardano la radioterapia endocavitaria (38) e interstiziale (58).

Prima dell’inizio del piano di trattamento devono essere definiti i volumi:


il Gross Tumor Volume (GTV), che rappresenta l’estensione o localizzazione palpabile o visibile del
tumore; esso comprende il tumore primitivo (GTV primary), le possibili linfoadenopatie metastatiche
(GTV nodal) e le metastasi a distanza (GTVM);
il Clinical Target Volume (CTV) è un volume tissutale che contiene il GTV ben identificato e/o un
interessamento tumorale microscopico subclinico intorno al GTV, che deve essere eliminato per
raggiungere lo scopo della terapia;
Internal Target Volume (ITV), che include il CTV e il margine interno (IM), il quale è aggiunto al CTV
per compensare i movimenti fisiologici e le variazioni di grandezza, forma e posizione degli organi o
tessuti contenuti nel Clinical Target Volume o adiacenti ad esso;
Il Set up margin (SM) rappresenta il margine necessario per ciascun fascio per ridurre l’inaccuratezza nel
posizionamento del paziente e nell’allineamento dei fasci di terapia;
Organs at risk (OR) è il tessuto sano collocato in prossimità del PTV, la cui radiosensibilità può
influenzare il piano di trattamento e la dose prescritta.
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Durante le stesura del piano vengono invece definiti:


Planning Target Volume (PTV): è un concetto geometrico e rappresenta il volume definito per garantire
al CTV la dose necessaria per raggiungere gli obiettivi della terapia. Nella delimitazione del PTV si deve
tener conto oltre che del CTV anche dei margini interni e di set up;
Planning Organs at Risk Volume (PRV): anche per gli organi a rischio, si deve tener conto dei
movimenti e delle variazioni di forma e/o grandezza e delle inaccuratezze del set up.

Dai risultati ottenuti si definiscono due ulteriori volumi:


Treated Volume è il volume racchiuso da una superficie di isodose (linee che in un piano racchiudono i
punti di uguale dose), indicata dal radioterapista come appropriata per raggiungere gli scopi del
trattamento;
Irradiated Volume è il volume che riceve una dose considerata significativa, in relazione alla tolleranza
del tessuto normale.

PARAMETRI DA TENERE IN CONSIDERAZIONE NELLA DEFINIZIONE DEL PTV


Il PTV o volume bersaglio pianificato, è un concetto geometrico e rappresenta il volume definito per
garantire al CTV la dose necessaria per raggiungere gli obiettivi della terapia. Nella delimitazione del PTV si
deve tener conto:
del CTV;
dei margini interni e di set up;
degli organi critici e dei loro movimenti;
del movimento degli organi e del paziente;
delle inaccuratezze del fascio di radiazioni;
degli errori di posizionamento;
di eventuali accessori.
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32 - DIAGNOSTICA PER IMMAGINI NELLA DEFINIZIONE DEI VOLUMI


DI TERAPIA

Per definire i volumi di trattamento in caso di radioterapia conformazionale è necessario eseguire


un’indagine TC, necessaria alla preparazione del piano di terapia. Il paziente viene posizionato sul lettino TC
nella stessa posizione tenuta in simulatore e con gli stessi apparati di immobilizzazione. Viene eseguita una
scansione del volume(i) di trattamento con sezioni tanto più ravvicinate e sottili quanto più piccolo è il
volume da trattare. Le immagini TC prodotte vengono riversate nel PACS ospedaliero e poi lette dalla
stazione di elaborazione dei piani di radioterapia computerizzati, mediante una connessione di rete. Le
immagini cosi scaricate devono essere elaborate per poter essere utilizzate ai fini radioterapici. Di questa
rielaborazione si occupa il software del sistema di planning. La prima fase di elaborazione è parzialmente
manuale e prevede la creazione dei contorni esterni di ogni singola slice del paziente. Tale procedura è
assistita da un algoritmo che individua automaticamente il margine esterno del paziente disegnando e
interpolando su di esso una sequenza di punti (outlining). Se il risultato fornito dall’algoritmo è
soddisfacente si procede al processing successivo, altrimenti è necessaria una correzione manuale. Una volta
fatto l’outlining il sistema provvede alla creazione di una matrice 3D e al suo salvataggio nel database. La
fase successiva prevede il contouring degli organi a rischio, questa operazione determina nell’ambito della
matrice 3D del paziente da trattare quei volumi di organi o di altre strutture anatomiche (organi critici) che
sono soggetti a limitazioni della dose assorbibile senza incorrere in danni permanenti (midollo spinale, reni,
cuore, ecc.). In alcuni reparti di Radioterapia tali operazioni di contornamento (e la gestione delle prime fasi)
sono eseguite anche da personale tecnico. È prerogativa del Medico Radioterapista definire i contorni del
volume(i) di trattamento (PTV). La matrice di densità così rielaborata viene memorizzata nel database del
programma, il Fisico si occupa successivamente di studiare quale strategia radioterapica mettere in atto per
portare la dose terapeutica (stabilita dal Medico) al Volume Bersaglio pur risparmiando gli organi critici
delineati. Il risultato ottenuto e scelto tra quelli elaborati sarà quello che poi verrà impiegato per il
trattamento effettivo del paziente. Il sistema di Planning memorizza i parametri di posizionamento e di
collimazione dei fasci nel database di Lantis, sempre in corrispondenza del record del paziente. L’ultima fase
della simulazione prevede un nuovo passaggio sul simulatore radiologico per ridefinire i reperi da utilizzare
per il trattamento. Il paziente viene risistemato sul lettino di simulazione nella stessa posizione iniziale,
vengono scaricati i dati di setting dal database di Lantis e vengono ridefiniti i reperi da utilizzare per il
trattamento (sono possibili ulteriori aggiustamenti di questi parametri).
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33 - FUSIONE DI IMMAGINI NELLA PIANIFICAZIONE DELLA


RADIOTERAPIA.

La possibilità di integrare le informazioni ottenute con modalità di immagine differenti è di fondamentale


importanza nella definizione dei volumi da irradiare (GTV, CTV, PTV) e dei volumi degli organi a rischio
(OAR), in particolare nella radioterapia conformazionale dinamica e stereotassica.
Infatti il vantaggio dell’utilizzo di tali tecniche di irradiazione così selettive, può essere vanificato da una non
corretta individuazione del volume bersaglio e degli organi critici.
L’integrazione multimodale può essere realizzata seguendo differenti tecniche di registrazione, ognuna con i
suoi vantaggi e vincoli nell’applicazione, che permettono il riallineamento dei diversi sistemi di riferimento
spaziali relativi ai diversi tomografi di acquisizione. L’impiego clinico di un pacchetto software dedicato alla
fusione delle immagini IFS (Image Fusion System) presente nel sistema commerciale per piani di
trattamento conformazionali, dinamici e stereotassici, consente al radioterapista una più precisa definizione
del volume bersaglio e degli organi a rischio.
Il modulo IFS offre un insieme di funzioni per la visualizzazione e l’integrazione di immagini CT, RM, PET
e anche di altre modalità compatibili con il formato DICOM. Esso consente sia la fusione automatica delle
immagini utilizzando i reperi stereotassici di un casco localizzatore per la radioterapia stereotassica che la
fusione manuale di immagini mediante l’uso di reperi puntiformi (markers) anatomici o esterni visualizzabili
nelle diverse metodiche diagnostiche. Inoltre permette la sovrapposizione parziale o completa delle immagini
durante la visualizzazione, la scelta di diverse tabelle di colori per le immagini sovrapposte, il trasferimento
di contorni tra le immagini delle due serie di studi, la visualizzazione delle immagini sovrapposte controllata
dall’utente, la sovrapposizione di immagini ricostruite 3D appartenenti a studi differenti. Le funzioni di
contrasto e manipolazione immagini di IFS, consentono all’utente di distinguere in modo accurato i confini
dei vari organi e del bersaglio per poterne acquisire al meglio i contorni.

La fusione manuale di immagini CT-RM


L’integrazione delle immagini è stata realizzata utilizzando un insieme di reperi esterni, disponibili in
commercio e visibili nelle due modalità. I reperi sono stati fissati, in numero variabile da caso a caso, sulla
cute del paziente prima dell’acquisizione delle immagini CT e mantenuti anche durante l’acquisizione delle
immagini RM, eseguite in successione. Le immagini CT costituiscono tuttavia la modalità di riferimento per
il calcolo della distribuzione spaziale della dose relativa al piano di trattamento. Una volta identificati e
marcati nelle due serie di studi i reperi esterni corrispondenti, il programma determina la
matrice di roto-traslazione per la trasformazione delle coordinate cartesiane da un sistema di riferimento
all’altro. I risultati della trasformazione vengono visualizzati in un’apposita tabella in termini di accuratezza.
In generale continuando a marcare i reperi è stato possibile migliorare notevolmente l’accuratezza ed
ottenere quindi una soddisfacente corrispondenza delle stesse strutture anatomiche nei diversi studi.
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Fusione di immagini PET-TC con TC per radioterapia.


La PET è una metodica di imaging funzionale che può essere associata alla immagini morfologiche ottenute
con TC e RM nella diagnostica oncologica.
Negli ultimi anni si sono diffusi i tomografi integrati PET/TC che consentono una co – acquisizione di
immagini PET e TC.
La PET/TC può essere utilizzata in radioterapia per la stadiazione di malattia, per la valutazione della massa
tumorale e per la valutazione dopo il trattamento. In particolare nel treatment – planning consente una
migliore definizione del target, permettendo una modificazione del trattamento, con possibilità di ridurre la
tossicità per gli organi critici. L’introduzione di questa metodica conduce alla scomparsa della definizione
strettamente morfologica del target, secondo il tradizionale concetto di GTV, in favore di una definizione
morfo – funzionale, secondo il nuovo concetto di GTV-PET (o BTV o biological target volume).
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34 - ORGANI A RISCHIO

Organs at risk (OR): tessuto sano collocato in prossimità del PTV, la cui radiosensibilità può influenzare il
piano di trattamento e la dose prescritta
Esiste una dose di tolleranza per i vari organi a rischio:
TD 5/5 che esprime la probabilità del 5% di complicanze a 5 anni
TD 50/5 (che esprime la probabilità del 50% di complicanze a 5 anni)
Esistono tabelle che esprimono la DT 5/5 o DT 50/5 dei vari organi e tessuti, calcolate riferendosi al
volume di organo irradiato e a frazionamento convenzionale.
Dosi tolleranza 5/5 (in Gy)
Cristallino 10
N. ottico – chiasma 50
Midollo spin. – osseo 40 – 50
Reni 23
Polmone 30
Fegato 30
Intestino tenue 40
Teste femorali 52
Retto 60

Gli organi a rischio si possono classificare come segue:


1. seriali (es midollo spinale: una dose sopra il limite di tolleranza anche ad un piccolo volume può
compromettere totalmente la funzione dell’organo con-mieliti)
2. paralleli (polmone: il principale parametro per la compromissione della funzionalità polmonare è la
porzione di organo che riceve una dose al di sopra del limite di tolleranza
3. seriali-paralleli (es cuore: le arterie coronariche sono subunità seriali, il miocardio è una subunità
parallela)
4. combinazione di strutture parallele e seriali (es. rene)
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35 - RUOLO DEL TECNICO NELLA PREPARAZIONE DEI BLOCCHI DI


PROTEZIONE

Vedi anche allegato 9: Immagini dalle lezioni: Preparazione dei blocchi personalizzati

A volte non è sufficiente la regolazione dell’apertura del collimatore per delimitare la forma del campo di
irradiazione, quindi si ricorre all’uso di schermi sagomati aggiuntivi.
La costruzione e l’uso degli schermi sagomati richiede attrezzature relativamente sofisticate e operatori
esperti, poiché la loro preparazione è complessa e richiede molto tempo; inoltre un eventuale errore nella
preparazione introduce un errore sistematico, quindi temibile.
I blocchi di protezione sono pesanti e il loro posizionamento è critico.
Si procede in questo modo:
Al simulatore, in posizione e a distanza di trattamento, si esegue una immagine della regione da irradiare
e si tatuano sulla cute del paziente alcuni punti di repere.
Nell’ambito dell’immagine, il medico delimita col pennarello la zona o le zone da schermare.
Il tecnico pone l’immagine sul supporto orizzontale del sagomature e posiziona un blocco di polistirolo
espanso sulla mensola del sagomature, poi con la massima precisione fa scorrere sui limiti disegnati dal
medico la punta di un’asta, che sottende un filo portato elettricamente a incandescenza il quale taglia il
blocco di polistirolo. Si ottiene così uno stampo di polistirolo, i cui vuoti (che verranno riempiti di
materiale schermante) hanno una forma uguale a quella della zona da schermare.
Il materiale schermante (lega di piombo a basso punto di fusione 80°) viene colato nei vuoti dello stampo
di polistirolo, lo schermo è pronto.
Infine viene incollato su una mensola di plexiglass.
69

36 - RUOLO DEL TECNICO ALLA PRIMA FRAZIONE DI TERAPIA E


DURANTE IL CICLO DI TERAPIA

Il tecnico è responsabile dei controlli giornalieri sull’acceleratore: qualità del fascio, controlli meccanici,
funzionamento delle telecamere e del citofono, luci di sicurezza, funzionamento e allineamento dei laser,
controllo del telemetro e delle luci di campo. Inoltre deve riscaldare la macchina con 500 UM circa e
successivamente effettuare la valutazione energetica con sistema “Check mate”, eseguendo una misurazione
standardizzata e variabile in ogni Centro, per ogni energia con gantry a 0°, DFP 100 cm e campo 10x10 cm.
Per quanto riguarda i controlli settimanali, mensili e annuali il tecniche è chiamato a collaborare con il fisico
sanitario.
(vedi Rapporto ISTISAN 02/20: Garanzia di qualità in radioterapia).

Tutte le informazioni riguardanti la terapia e la patologia del paziente sono contenute nella scheda di
trattamento personale del paziente. Tale documento deve essere sempre aggiornato ad ogni seduta di terapia.
Su di esso sono riportati: Nome e Cognome – Neoplasia (TNM) – terapia Curativa/Palliativa – Distretto
corporeo – Numero dei Campi di trattamento – Angolazione del collimatore – Angolazione del gantry –
Unità monitor – DFP – Mezzi di contenzione – Filtri usati – Numero delle sedute – Dose per seduta – Dose
complessiva – Centratura e tatuaggi.

L'RT effettua il controllo della centratura e dei dispositivi di schermatura e di immobilizzazione al


simulatore
Prima della prima seduta di radioterapia si procede ad un controllo di set-up per verificare l’esattezza della
pianificazione.

Esecuzione del trattamento


L'RT effettua il trattamento radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento ed è
responsabile della loro corretta applicazione.
Registra inoltre i dati di ogni singolo trattamento e tutte le eventuali modifiche secondo modalità definite

Le terapie ambulatoriali si effettuano in genere tutti i giorni dal lunedì al venerdì. La sessione dura circa 15
minuti, ma l’irradiazione vera e propria solo qualche minuto o qualche decina di secondi.
In determinati casi la radioterapia viene somministrata più volte al giorno (cosiddetto iperfrazionamento
della dose). Nella radioterapia a intensità modulata (IMRT) le singole sessioni possono durare molto di più
(fino a un’ora).

È importante, da parte dell'RT, ribadire al paziente che:


70

il tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM) lo assisterà durante tutte le sessioni di terapia
all'interno del bunker il paziente rimane solo ma il TSRM controlla nella sala accanto tutte le fasi sul
monitor e può comunicare con il paziente attraverso il citofono
durante la radioterapia i tecnici sanitari di radiologia medica sono le principali persone di riferimento.
Insieme ai medici sono a disposizione per qualsiasi tipo di informazione su tutto ciò che riguarda le
irradiazioni
comunicare senza esitare ansie e paure, non esitare a porre domande
informare su eventuali disturbi, in caso di necessità possono essere richiesti dei controlli e consultazioni
d’urgenza per valutare reazioni acute improvvise (ad es. arrossamenti cutanei, difficoltà di deglutizione o
diarrea).
Al termine della terapia avrà luogo l’ultima visita medica e verrà fissato l’appuntamento per la prossima
visita di controllo (follow up).

In occasione della prima irradiazione l’équipe di radio-oncologia controllerà tutte le impostazioni e si fanno
naturalmente anche radiografie di controllo.
Immediatamente prima dell’irradiazione il paziente viene posizionato con cura e correttamente, i segni sulla
pelle e i fasci di luce devono coincidere.
71

In particolare sono state le tecniche IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy) e di IGRT (Imaging
Guided Radio Therapy) a modificare il ruolo del TSRM nella pratica clinica, rendendolo sempre più
partecipe del processo di cura del paziente.
IMRT => trattare il paziente con un numero elevato di fasci, con fasci a intensità non uniforme, ottimizzati
per erogare una dose estremamente alta al target e una dose accettabile ai tessuti circostanti.
La possibilità di erogare una dose conformata al target è data da un sistema multilamellare MLC, costituito
da due bancali contrapposti di lamelle in tungsteno.

Le tecniche IMRT si distinguono in:


statiche  con gantry fisso
Step and Shoot
Sliding Window dove ad ogni step o angolazione del gantry vi è la possibilità di erogare la dose al target
variando continuamente la conformazione del campo e quindi delle lamelle.

Dinamiche  con gantry in movimento es. Rapid Arc ®


dove la tecnica Sliding Window si somma alla
rotazione del gantry attorno al paziente descrivendo un arco fino a 360°, comportando una riduzione del
tempo di permanenza del paziente sul lettino di terapia con la possibilità di inserire un maggior numero di
controlli di set up on line, senza incidere sul tempo totale di terapia.

Il trattamento con IMRT volumetrica è motivo di nuove competenze e responsabilità per gli stessi TSRM.
Obiettivo principale del TSRM in Radioterapia

RIDURRE L’ERRORE GLOBALE DI SET UP


sia in fase di simulazione
sia durante il trattamento

I controlli di set up sono consentiti dall’impiego di sistemi di acquisizione di immagini


ad es. nell'acceleratore Rapid Arc® è integrato con un sistema di acquisizione di immagini OBI ® (On Board
Imager) costituito da due braccia robotiche Exact montanti:
un KV Source, ovvero un vero e proprio tubo radiogeno
un KV imager, un detettore composto da particelle di silicio amorfo

Nel caso specifico di Radioterapia ad Guidata dalle Immagini (IGRT) il Tecnico seguirà tale protocollo:

si acquisiscono immagini radiologiche,


si rilevano e valutano gli scostamenti tra queste e le immagini di riferimento (match)
72

si effettua l’eventuale correzione on line ovvero lo shift del lettino per i tre movimenti (longitudinale,
laterale, verticale) riducendo così errori interfrazione (tra una frazione di dose e l'altra) e intrafrazione
(durante la stessa frazione) .
Il Tecnico di radiologia deve essere in grado di effettuare secondo i protocolli di correzione di set up:
strategie on line dove gli errori sistematici e random vengono eliminati
strategie off line dove in virtù di una media dei valori di errore sistematico, si effettua la correzione alla
frazione successiva
73

37 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI TUMORI DELLA CUTE

Vedi anche allegato 13 Appunti dalle lezioni: I tumori della cute

La cute può essere considerata come un organo intero, con una superficie totale di circa 2 mq e costituisce
una robusta membrana che riveste la superficie del corpo.
Si continua con la tonaca mucosa a livello degli orifizi naturali.
Vi si riconoscono tre strati:
l'epidermide: deriva dall'ectoderma è costituita da epitelio pavimentoso stratificato corneificato;
il derma: deriva dal mesoderma, è di natura connettivale e può avere spessore variabile:
Lo strato più superficiale, cioè quello a diretto contatto con l'epidermide, presenta delle
sporgenze ed è detto derma papillare
Più profondamente c'è il derma reticolare dove si reperiscono formazioni pilifere e ghiandolari
che dall'epidermide si spingono fino all'ipoderma.
l'ipoderma: (deriva dal mesoderma) è in continuità con la parte profonda del derma e costituisce
un piano di svincolo dalla fascia comune. Se presenta grosse quantità di grasso costituisce il
pannicolo adiposo sottocutaneo.
Il grado di radiosensibilità varia in rapporto ai vari strati che la compongono.
L’epidermide, struttura a rapido rinnovamento, manifesta rapidamente la sua risposta alle radiazioni
sottoforma di un eritema.
Il derma e l’ipoderma, strutture a rinnovamento più lento, subiscono invece lesioni più tardive, spesso
cumulative in caso d’irradiazioni ripetute.
Le radiodermiti hanno avuto in passato una grande importanza ed hanno rappresentato il modello per la
valutazione dei danni somatici per i primi 40 anni di storia della radiobiologia mediante la cosiddetta “dose
eritema”.
74

L’uso delle radiazioni di alta energia, quali quelle prodotte da acceleratori lineari di 4 – 25 MV, determina un
risparmio degli strati più superficiali del corpo per il maggior effetto penetrante di queste radiazioni.
Gli elettroni determinano invece una esposizione elevata della cute.

L’eritema è la manifestazione più precoce ed evidente. Per esposizione ad una dose singola di 5 – 8 Gy esso
compare dopo uno o due giorni, tende ad aumentare nelle due settimane successive, a volte
accompagnandosi ad edema e vasodilatazione, per poi risolversi entro un mese.
Dosi più elevate determinano la comparsa di danni maggiori: con 10 Gy si osserva una epidermite secca
seguita da desquamazione dolorosa, depilazione e assenza di secrezione sebacea transitorie; a 15 Gy si ha
una radiodermite essudativa, con flittene, epilazione e scomparsa della sudorazione; a dosi ancora più elevate
(25 – 30 Gy) si può verificare una necrosi acuta.
Con il frazionamento della dose si registra un notevole aumento dei livelli di tolleranza sino a parecchie
decine di Gy.
I fenomeni desquamativi sono in genere limitati e reversibili.
Fattori importanti che possono influenzare l’entità degli effetti riguardano il volume irradiato e la sede: una
maggior sensibilità è stata riscontrata per esposizione di aree superiori a 20 cm2 oppure a livello della regione
ascellare, degli inguini, o di altre pliche cutanee.
Dosi frazionate superiori a 30 Gy possono determinare alterazioni della pigmentazione ed altri effetti tardivi,
quali atrofia, fibrosi, cheratosi, acne e teleangectasie.
A carico degli annessi si possono osservare una temporanea (da tre a sei mesi) perdita dei peli e dei capelli,
riduzione della sudorazione e della produzione di sebo, alterazione delle unghie.
Oltre 60 Gy questi effetti possono diventare definitivi.
75

TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
10 30 100 10 30 100 Necrosi /
2 2 2 2 2 2
cm cm cm cm cm cm ulcerazione
CUTE (superficie irradiata) 70 60 55 70

(71) (63) (56) (70)


76

38 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI TUMORI DELL’ENCEFALO

Vedi anche allegato 11 Appunti dalle lezioni: I tumori del sistema nervoso centrale (SNC)
77

39 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI TUMORI DELLA TESTA E
COLLO

Generalità e nozioni epidemiologiche.


Le neoplasie del distretto testa collo raggruppano le neoplasie delle vie aerodigestive superiori, le
neoplasie delle ghiandole salivari e della tiroide. L'incidenza delle neoplasie di questa sede
anatomica sarebbero di circa 48 per 100'000 abitanti e per anno per gli uomini e di circa 16 per le
donne. Ciò rappresenta circa il 5.5% della totalità dei cancri diagnosticati. Questa incidenza è molto
variabile da una regione all'altra. Ad esempio per le localizzazioni della cavità orale del
faringolaringe nell'uomo, l'incidenza è in Svizzera di 20.2 e invece per la regione del basso Reno in
Francia del 68.3. Questa differenza molto sensibile è legata alle diverse abitudini alimentari,
igieniche e socio-economico di queste regioni. Per i cancri delle vie aerodigestive superiori, di gran
lunga le più frequenti nella nostra pratica quotidiana, l'epidemiologia ha permesso di definire un
certo numero di fattori eziologici. Così, i cancri dell'orofaringe, della cavità orale, del laringe e
dell'ipofaringe si manifestano principalmente nell'uomo dopo l'età di 50 anni e il principale fattore
che favorisce questi tumori è l'associazione alcool-tabacco in considerazione del fatto che solo il
2% dei pazienti che sviluppano una simile neoplasia in queste localizzazioni non hanno mai fumato.
L'associazione di questi due fattori predispone soprattutto ai tumori dell'orofaringe, dell'ipofaringe e
del margine laringeo mentre il solo consumo di tabacco o in associazione predispone ai tumori
dell'endolaringe. Il meccanismo esatto della carcinogenesi non è conosciuto con precisione al
momento.

Alcuni tumori, quali quelli del rinofaringe, hanno una distribuzione geografica e dei fattori
eziologici diversi (elevata frequenza nei paesi dell'Africa del nord e nel sud della Cina) con, come
fattore incriminante, il virus Epstein-Barr. Gli adenocarcinomi dell'etmoide sono frequenti nei
laboratori del legno e del cuoio.

Nozioni anatomiche sui cancri delle vie aerodigestive


Questi cancri nascono a partire dalla mucosa delle vie digestive che comprende la cavità orale,
l'orofaringe e l'ipofaringe e dalle mucose della via respiratoria che comprende le fosse nasali, i seni
paranasali, il rinofaringe, l'orofaringe ed il laringe. Le due vie si incrociano a livello dell'orofaringe
che costituisce un vero crocevia aerodigestivo (fig. 1-2)
78

1. La cavità orale è limitata anteriormente dalle labbra, in basso dal pavimento orale, in alto dal
palato duro e posteriormente dalla giunzione tra palato duro e palato molle.

2. L'orofaringe. La parete superiore è costituita dal velupendulo molle, lateralmente dalla


loggia tonsillare e dalla parete laterale del faringe e, verso il basso, si termina con le vallecole. La
parete posteriore è costituita dal piano pre-vertebrale che corrispondono ai limiti superiori ed
inferiori già citati.

3. L'ipofaringe o piano inferiore del faringe ha una forma ad imbuto la cui parte superiore si
situa in corrispondenza dell'osso ioide e la parte inferiore in corrispondenza del bordo inferiore
della cartilagine cricoidea che corrisponde al livello dell'adito esofageo. L'ipofaringe circonda il
laringe lateralmente e posteriormente ed è separato da quest'ultimo lateralmente dalla piega
ariepiglottica e dall'aritenoide e posteriormente dalla cartilagine crocoidea.

4. Il rinofaringe o epifaringe è una cavità grossolanamente quadrangolare la cui parete


anteriore è costituita dalle coane, la parete superiore dalla base del cranio e la parete posteriore dalla
parete pre-vertebrale a livello delle due prime vertebre cervicali.

5. Il laringe è un tubo muscolo membranoso sospeso all'osso ioide e protetto lateralmente ed


anteriormente dalla cartilagine tiroidea. Posteriormente è delimitato dalla commessura posteriore.
Anatomicamente viene suddiviso in tre piani: il sovraglottico, il glottico ed il sottoglottico.

6. Le fosse nasali ed i seni paranasali: Questa entità anatomica raggruppa ilvestibolo nasale, la
cavità nasale, il seno sfenoidale, i seni mascellari, i seni etmoidali e iseni frontali.

I carcinomi epidermoidi e loro varianti costituiscono circa il 95% delle neoplasia della sfera ORL. I
rimanenti 5% raggruppano i tumori delle ghiandole salivari, i linfomi, le neoplasie di origine
nervosa, i melanomi, i plasmocitomi e i tumori osteocartilaginei. Il carcinoma epidermoidale che
nasce a parte dalla mucosa delle vie areodigestive può avere diversi gradi di differenziazione che
vanno dal carcinoma in situ fino al carcinoma poco differenziato che include le varianti tali quali il
linfoepitelioma, il carcinoma a cellule fusiformi, il carcinoma verrucoso e il carcinoma
indifferenziato. L'aspetto macroscopico deve essere precisato, specie in presenza di un aspetto
tumorale gemmante o infiltrante. Bisognerà ugualmente differenziare le forme ben delimitate
79

(infiltranti, ulcerati, vegetanti) dalle forme superficiali mal delimitati che sono spesso e volentieri
multifocali e corrispondono ad una cancerizzazione diffusa delle mucose. Questi tumori multipli
simultanei si manifestano nel 10% dei casi.

Anatomia patologica
I carcinomi epidermoidi e loro varianti costituiscono circa il 95%.delle neoplasia della sfera ORL.
I rimanenti 5%

Modalità di disseminazione
Questi carcinomi hanno soprattutto una diffusione locoregionale. Allo stadio precoce lo sviluppo di
un’area di maggiore indurimento o di un'ulcera possono essere del tutto asintomatici. In seguito
possono estendersi rapidamente alle strutture adiacenti quali i muscoli e la cartilagine, causando
disfonia, disfagia e/o, allo stadio tardivo, un interessamento dei nervi cranici ed una dispnea. I
tumori ORL sono molto linfofili. Ogni sito tumorale ha un drenaggio linfatico preferenziale. La
frequenza delle metastasi linfonodali è legata al sito anatomico ed allo stadio della malattia (vedi
figure 3, tabella 1.2).
Ad esempio, nella cavità orale, la frequenza delle metastasi linfonodali può rappresentare il 5% per
il labbro inferiore fino al 65% per il pavimento orale, La frequenza più elevata è riscontrata nei
carcinomi del nasofaringe. (90%) seguita dal quella dell'ipofaringe (78%) mentre la frequenza la
meno elevata si riscontra nei.carcinomi della corda vocale (fra 1.5 e 3%)t I linfonodi cervicali.
interessati sono in gener quelli dello stesso lato rispetto alla neoplasia primitiva ma metastasi
controlaterali o bilaterali possono svilupparsi; specie nei tumori che interessano anche la linea
mediana. Le metastasi a distanza si manifestano in circa l' 11% dei casi e la loro frequenza è
soprattutto legata allo stadio della malattia, andando dal 5% per lo stadio I al 27% per lo stadio IV e
ad una localizzazione anatomica con 28% per il nasofaringe seguita dall'ipofaringe 23%, mentre le
corde vocali non danno che 3% di metastasi (vedi tabella no. 3).

E' importante classificare, in base al sistema TNM le neoplasie primitive e l'estensione linfonodale
regionale o le metastatisi a distanza a fine di valutare e di confrontare il risultato terapeutico dei
diversi cancri. Per le neoplasie del cavo orale e dell'orofaringe, lo stadio T è determiato dalla
dimensione del tumore mentre per il nasofaringe, l'ipofaringe ed il laringe, è determinato
dall'interessamento delle strutture anatomiche e dal grado di invasione in profondità delle strutture
adiacenti. La classificazione dell'interessamento linfonodale è identico per tutte lo localizzazioni ed
80

è funzione della dimensione e del numero dei linfonodi interessati così come della localizzazione
omolaterale o controlaterale.

Terapia
La chirurgia e la radioterapia rimangono gli unici trattamenti curativi dei carcinomi della vie
areodigestive. La chemioterapia da sola non è. curativa ma il suo ruolo, in associazione con la
chirurgia e la radioterapia, è ancora in corso di valutazione. La maggior parte dei carcinomi
squamocellulari allo stadio precoce può essere controllata sia dalla chirurgia sia dalla radioterapia e
ciascuna modalità in genere ha un tasso di successo uguale per i tumori della stessa dimensione.

Una terapia chirurgica presenta i seguenti vantaggi. solo una quantità limitata di tessuto è esposta al
terapia, quest'ultimo è di breve durata e altre terapie possono essere tenute in riserva per una
eventuale recidiva o una seconda localizzazione in pazienti ad alto rischio. L'estensione tumorale è
meglio conosciuta tramite un esame patologico, che modula così l'indicazione ad una radioterapia
post-operatoria.

I vantaggi di una radioterapia sono quelli che permette di evitare una chirurgia mutilante, di evitare
la mortalità post-operatoria, di rispettare le strutture anatomiche con migliori risultati funzionali e
cosmetici per certe localizzazioni.

Obiettivi della radioterapia e scelta terapeutica


Nei carcinomi della sfera ORL, la radioterapia può essere utilizzata come terapia curativa o
palliativa o in combinazione con la chirurgia quale terapia preventivo di recidiva.
Prima di prendere una decisione a favore di una radioterapia nel terapia dei carcinomi
squamocellulari, certi principi devono essere conosciuti:
1. I carcinomi squamocellulari sono in genere radiosensibili e gli stadi precoci sono
radiocurabili.
2. Più il tumore è differenziato, meno rapida è la risposta alla irradiazione.
3. I tumori esofitici ben ossigenati sono più radiosensibili che i tumori ulceranti, infiltranti,
ipossici.
4. I tumori limitati alle mucose sono estremamente radiosensibili.
5. L'interessamento osseo o dei muscoli da parte di questi carcinomi diminuisce le speranze di
radiocurabilità.
81

6. Le piccole metastasi linfonodali possono essere controllate mediante radioterapia esclusiva


mentre una malattia cervicale allo stadio avanzato è meglio trattata tramite una combinazione di
chirurgia e radioterapia.

La scelta della terapia si farà in funzione di più parametri:


1. Il tipo istologico ed il grado di differenziazione.
2. Il sito anatomico e lo stadio della lesione.
3. Lo stato metastatico linfonodale.
4. L'aspetto macroscopico del tumore (esofitico, superficiale versus infiltrante).
5. Presenza di un interessamento muscolare od osseo.
6. La possibilità di mantenere un organo funzionale.
7. Lo stato generale, sociale e la funzione del paziente.
8. L'esperienza del chirurgo e del radio-oncologo.
9. Il grado di cooperazione ed i desideri de paziente.

In genere, le lesioni allo stadio T1-T2 sono trattate o tramite radioterapia, o tramite chirurgia (tranne
per il rinofaringe dove queste lesioni sono trattate esclusivamente mediante radioterapia). I tumori
allo stadio T3 e T4 sono trattati medianti associazione di chirurgia e radioterapia ed eventualmente
chemioterapia
L'estensione linfonodale allo stadio N1 N2 può essere trattata sia mediante radioterapia o chirurgia
o associazione delle due modalità. Allo stadio N3 è preferibile coniugare le due modalità
terapeutiche

Cure prima, durante e dopo la radioterapia.


Una volta che l'indicazione ad un radioterapia è ritenuta valida, è essenziale praticare un esame
stomatologico per valutare lo stato bucco-dentario ed evidenziare qualsiasi processo infettivo
attorno al dente o presenza di carie dentaria. Qualsiasi dente che non può essere curato a causa di un
infezione peridentale o di un'importante carie, deve essere avulso e l'irradiazione non può
cominciare che dopo la cicatrizzazione della gengiva, abitualmente dopo due settimane. E' da notare
che un'avulsione dentaria non previene comunque sistematicamente una osteoradionecrosi. Il
deterioramento dello stato dentario dopo radioterapia è dovuto alla xerostomia osservata dopo
irradiazione di una gran parte delle ghiandole salivarle. La diminuzione del flusso salivare e
l'aumento della sua viscosità creano dei cambiamenti a livello della flora orale. Così microrganismi
possono accumularsi attorno al dente, in particolare lungo la gengiva, e ciò risulta nella comparsa
82

rapida di carie dentaria. Questa complicanza può essere prevenuta tramite un'igiene orale
meticolosa e l'applicazione giornaliera di un gel fluorato con delle protezione dentarie
personalizzate.

Durante l'irradiazione una infiammazione delle mucose può manifestarsi (mucosite) e i disturbi del
paziente saranno funzione del grado di queste mucositi. E' quindi consigliato al paziente di non
mangiare alimenti troppo caldi né speziati e di astenersi da qualsiasi consumo di tabacco o di alcool
in considerazione del loro effetto irritativo. Talvolta alimenti freddi sono meglio tollerati. In caso di
dolore al contatto, un gel di anestetico locale sarà prescritto. L’antimicotico orale viene
somministrato per prevenire o trattare una micosi orofaringea.

E' importante conservare un aspetto nutrizionale del paziente in modo corretto con un apporto
calorico e proteico adeguato necessari per riparare le lesioni cellulari ed aumeritare la tolleranza del
paziente al terapia. Se l'alimentazione orale è difficile si può prendere in considerazione il
posizionamento di una sonda naso-gastrica o di una sonda gastrica percutanea (PEG) per evitare un
calo ponderale, specie dovuto alla disfagia, alla perdita dell'appetito e alla modificazione del gusto
durante la radioterapia.

Risultato dei trattamenti con radioterapia esclusiva


In questo capitolo parleremo delle indicazioni e dei principali localizzazioni.

Risultati della radioterapia nelle


1. Cavo orale
La radioterapia è una modalità efficace nel terapia dei tumori T 1 e T2. Il terapia richiamerà sia una
irradiazione esterna, sia una curieterapia o una associazione delle due modalità. Per i tumori allo
stadio avanzato della cavità orale, la radioterapia sola è in genere poco. efficace ed un terapia
combinato alla chirurgia è da preferire. Anche dopo un terapia combinato la sopravvivenza rimane
bassa, tra 10 e 55%. Per i risultati in termini di controllo locale e di sopravvivenza vedere tabella 4.
2. Orofaringe
La radioterapia rimane il terapia di scelta per lesioni precoci della loggia tonsillare e della base della
lingua. Agli stadi avanzati i risultati sono molto variabili e sembrano favoreggiare l'associazione di
chirurgia e di radioterapia.
3. Rinofaringe
83

La radioterapia è la prima terapia dei carcinomi del rinofaringe. Dopo un'irradiazione convenzionale
il controllo locale per tutti gli stadi varia tra 55 e 60% e la sopravvivenza a cinque anni tra 30 e
50%. Per i pazienti NO la sopravvivenza è vicina al 60% mentre per i pazienti N+ la sopravvivenza
è stimata a 40%.
4. Ipofaringe
Il seno piriforme rappresenta la sede della maggior parte dei tumori dell'ipofaringe. La radioterapia
sola può essere utilizzata agli stadi T 1 e T2 con un controllo locale tramite radioterapia esclusiva
debole per le lesioni allo stadio avanzato (vedi tabella 4).
5. Laringe
La radioterapia è la terapia di prima scelta per gli stadi T 1 e T2 del laringe glottico. Per gli stadi
T3-T4 il controllo locale sembra essere migliore mediante l'associazione di chirurgia e radioterapia.
6. Linfonodi cervicali
Nei casi NO un'irradiazione profilattica di 45-50 Gy sui linfonodi cervico- sovraclavicolari permette
di prevenire una recidiva linfonodale in più del 95% dei casi a 5 anni quando iltumore primitivo è
controllato.

Per gli stadi N+ un controllo locale del 94% è osservato negli N1 e N2 e del 72% negli N3. La
sopravvivenza a 5 anni diminuisce in funzione dello stadio linfonodale. Ad es. per i carcinomi del
rinofaringe, della base della lingua e della loggia tonsillare la sopravvivenza era del 44% per gli
NO, del 26% per gli Nl-N2 e del 17% per gli N3.

Le complicanze della radioterapia ORL


Si distinguono due tipi di effetti dell'irradiazione sui tessuti normali. Da una parte le reazioni acute
che sopravvengono in corso di radioterapia e durante il periodo immediatamente susseguente
all'irradiazione e d'altra parte gli effetti tardivi che si manifestano mesi, o anche anni dopo il terapia.
Ci sono poche correlazioni tra la gravità delle reazioni acute e quelle tardive sui tessuti normali.
I. Cute
Le reazioni acute della cute iniziano con un eritema che può evolvere verso la terza o quarta
settimana verso una radioepitelite con desquamazione umida. In certi casi queste reazioni possono
evolvere verso una ulcerazione della cute. Gli effetti tardivi consistono in una atrofia e
teleangectasie della cute con fibrosi sottocutanea. Se la dose per frazione era elevata e la dose totale
ugualmente si possono osservare delle zone di necrosi cutanee.
2. Mucose
84

Le mucose delle vie aerodigestive reagiscono con un eritema durante la prima settimana di
radioterapia che può evolvere verso una mucosite confluente che si manifesta a partire dalla terza
settimana. Gli effetti tardivi sulle mucose consistono anche in un’atrofia e telangiectasie ed una
certa secchezza della membrana mucosa e, in certi casi, dopo dosi di 75-80 Gy, un’ulcerazione e/o
una fibrosi importanti può manifestarsi.
3. Ghiandole salivari
Una iposcialia può essere osservata già nel corso della prima settimana di irradiazione. Dopo
un'irradiazione con 50 Gy delle due parotidi, una diminuzione di quasi 1'80% del flusso salivare è
osservata ed a dosi di 65-70 Gy la funzionalità ghiandolare può cessare in modo permanente.
4. Muscoli masticatori
Dosi èlevate (70 Gy o più) possono causare una fibrosi dei muscoli masticatori responsabili di un
trisma, specie quando questi muscoli sono stati inizialmente invasi dal tumore.
5. Osso
Le complicanze ossee sono dominate dall'osteoradionecrosi della mandibola che si manifesta in
genere tra 3 e 12 mesi dopo l'irradiazione sono spesso legate a problemi dentari durante l'avulsione
sita nei campi di irradiazione.
6. Cartilagine
La condronecrosi della cartilagine laringea sopravviene in circa I' 1% dei pazienti che hanno
ricevuto dosi tra 60 e 70 Gy e si manifesta in genere dell'anno che segue il terapia.
7. Midollo spinale
La mielite radica è una complicanza tardiva rara che si manifesta tra sei mesi e due anni dopo
l'irradiazione. A dosi inferiori a 50 Gy, in frazionamento classico (2 Gy/seduta), il rischio di mielite
è minimo fintanto che un breve segmento del midollo spinale è irradiato.
8. Tiroide
L'ipotiroidismo è osservato m circa il 5% dei cast dopo irradiazione cervico- sopraclavicolare.

Controverse terapeutiche
Le controverse che animano le decisioni terapeutiche in cancerologia ORL sono di due tipi: in
prima analisi specifica per ciascuna localizzazione poi di ordine generale che concerne la scelta del
frazionamento della radioterapia o l'associazione o non di una chemioterapia..
Per la cavità orale, benché la radioterapia e la chirurgia offrono speranze di controllo similari per gli
stadi precoci, la scelta dell'una o l'altra terapia rimane difficile in considerazione degli inconvenienti
da una parte della chirurgia (risultato inestetico e perdita funzionale) e d'altra parte della
radioterapia (reazioni acute, problemi dentari ed osteoradionecrosi). se la radioterapia è ritenuta, la
85

questione rimane aperta sull'interesse di una brachiterapia interstiziale o di una elettroterapia intra-
orale che sembra aumentare il controllo locale.

Per i carcinomi dell'orofaringe, se la radioterapia è la terapia di prima scelta per le lesioni precoci, la
terapia delle lesioni allo stadio T3 e T4 rimane controversa tra una radioterapia esclusiva ed una
associazione con la chirurgia.

Per i carcinomi laringei, la controversa esiste per gli stadi T3 e T4 tra una strategia di terapia
conservativo con chirurgia di salvataggio o chirurgia non conservatrice e radioterapia post-
operatoria. La sopravvivenza nei due casi sembra essere identica.
A fine di migliorare l'indice terapeutico della radioterapia, si è resa necessaria una modifica al
frazionamenti sia utilizzando un iperfrazionamento, che consiste a dare una dose inferiore a 2 Gy
due volte al giorno, il che permette di aumentare la dose totale e di conservare la stessa durata di
terapia nonché lo stesso tasso di complicazioni eventuali. L'altra alternativa è la radioterapia
accelerata che consiste a somministrare una dose totale identica o più debole in un tempo molto più
corto. Lo studio randomizzato dell'EORTC ha dimostrato un controllo locale significativamente
elevato per il braccio iperfrazionato. Gli studi piloti della radioterapia accelerata sembrano
confermare l'interesse per questo approccio, specie nei tumori a rinnovamento cellulare rapido. Allo
stato attuale la scelta del frazionamento in pratica corrente è difficile e forse una risposta chiara sarà
evidenziata nei prossimi anni quando studi randomizzati in corso arriveranno a maturità.

In considerazione del risultato poco soddisfacente della chirurgia e della radioterapia negli stadi
avanzati dei tumori ORL si è investigato, e ciò a partire dagli anni 1970, l'interesse di una
chemioterapia per il controllo locoregionale e a distanza nella speranza di migliorare la
sopravvivenza. Diversi schemi di integrazione di questa chemioterapia sono stati utilizzati: la
chemioterapia neoadiuvante (prima di qualsiasi terapia locale) concomitante alla radioterapia e la
chemioterapia adiuvante (post-operatoria o post-radioterapica). L'impatto della chemioterapia
neoadiuvante sul controllo locoregionale e sulla sopravvivenza, benché non dia tassi di risposta
importanti, non è dimostrata in modo categorico. La chemioterapia adiuvante che ha provato la sua
efficacia in altre localizzazioni (mammelle e sarcomi osteogenici) non ha dimostrato il suo valore
sulla sopravvivenza nei tumori ORL. La chemioterapia concomitante alla radioterapia sembra
essere una modalità più promettente con dimostrazione, mediante numerosi studi per un miglior
controllo locale che si traduce talvolta con un miglioramento della sopravvivenza. All'ora attuale
86

nessun schema è considerato come standard e bisognerà sicuramente aspettare di studi randomizzati
in corso per meglio definire il post della chemioterapia in cancerologia ORL.

TOSSICITA’ DELLA RADIOTERAPIA NEL DISTRETTO TESTA COLLO


Cavo orale e faringe
A livello delle mucose del cavo orale e del faringe la reazione precoce è rappresentata dall’enantema, già
durante la prima o la seconda settimana di terapia, e prosegue con la comparsa di aree di disepitelizzazione, a
volte confluenti. La mucosa appare facilmente sanguinante e ricoperta di pseudomembrane.
Sono presenti spesso alterazioni del gusto, oltre che, ovviamente, dolore e disfagia. Tardivamente la mucosa
si presenta atrofica.
Ghiandole salivari
Nel corso dell’irradiazione frazionata a scopo terapeutico l’iniziale aumento della salivazione non è spesso
evidente.
Più significativa è invece la riduzione del flusso salivare, che in rapporto alla dose, può tradursi in una vera e
propria xerostomia irreversibile con valori superiori a 60 Gy.
Oltre alla riduzione del flusso totale, che è maggiore nei soggetti che già inizialmente presentano una scarsa
produzione di saliva, si assiste invariabilmente ad una modificazione della qualità della stessa, con
prevalenza della componente più densa a scapito di quella fluida.
Questo effetto si verifica in conseguenza del maggior grado di radiosensibilità delle cellule acinose,
produttrici della parte serica, nei confronti di quelle mucose, poco modificate da dosi anche elevate di
radiazioni.
La xerostomia ha poche possibilità di rimedio se la durata supera i 12 – 18 mesi e rappresenta un importante
agente favorente le alterazioni dentarie e la necrosi dell’osso mandibolare.
87

40 - TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI CARCINOMI DELLA
MAMMELLA.

Vedi anche allegato 4 Tesi di laurea: La radioterapia del carcinoma della mammella

La RT permette, in una buona percentuale di pazienti, integrata con la chirurgia, la conservazione


dell’organo, con un conseguente impatto positivo sulla qualità della vita. La RT viene anche largamente
utilizzata per un’efficace palliazione, cioè per alleviare la sintomatologia in una grande varietà di situazioni
cliniche.
RADIOTERAPIA DOPO CHIRURGIA CONSERVATIVA
Nel trattamento del tumore della mammella, la RT viene utilizzata dopo la chirurgia conservativa, allo scopo
di ottenere un maggiore controllo locale della malattia. Nella cura conservativa, quadrantectomia e RT
adiuvante, si ottiene la riduzione di circa il 75% delle recidive locali. L’irradiazione della mammella dopo
chirurgia conservativa è quindi parte integrante del trattamento conservativo stesso e pertanto da esso non
scindibile.
RADIOTERAPIA DOPO MASTECTOMIA RADICALE
Anche in caso di malattia più avanzata, trattata con chirurgia demolitiva, è stata dimostrata l’utilità della RT
post-operatoria, che è in grado di ridurre il rischio di recidive loco-regionali, definite come la ripresa
evolutiva della malattia sulla parete toracica ipsilaterale e/o a livello delle stazioni linfonodali di drenaggio.
RADIOTERAPIA DELLE RECIDIVE LOCOREGIONALI
Il ruolo della RT nel trattamento delle recidive neoplastiche locali è diverso a seconda delle varie
presentazioni della recidiva stessa:
In caso di recidiva sovraclaveare e/o della catena mammaria interna il ruolo della RT è fondamentale
in quanto la chirurgia non ha possibilità di radicalità totale.
In caso di recidiva parietale unica, dopo mastectomia, l’integrazione della chirurgia con la RT
costituisce il trattamento di scelta.
In caso di recidiva intramammaria dopo terapia conservativa è consigliata l’asportazione in toto
della mammella residua; evitando il ricorso ad una seconda irradiazione.
In caso di recidiva ascellare, l’asportazione chirurgica del nodulo è da preferire al ricorso al
trattamento radiante, che è da riservare solo ai casi inoperabili.
RADIOTERAPIA ESCLUSIVA
La RT esclusiva può essere eseguita in caso di pazienti non operabili per estensione di malattia o per
concomitanti patologie che controindicano la chirurgia e l’anestesia.

RADIOTERAPIA PALLIATIVA
88

La RT palliativa svolge un ruolo di grande importanza nell’alleviare alcuni sintomi, riducendoli o


eliminandoli temporaneamente per rendere meno problematica la vita di un paziente affetto da neoplasia. Il
carcinoma mammario metastatico rappresenta, con i presidi terapeutici attualmente a disposizione, una
patologia trattabile in senso palliativo. La RT è utilizzata in particolare nel trattamento delle metastasi ossee,
in quello delle metastasi cerebrali e nelle sindromi da compressione midollare. La localizzazione metastatica
più frequentemente associata a compressione midollare è a livello dorsale.

ASSOCIAZIONE RADIOTERAPIA- CHEMIOTERAPIA


La RT e la chemioterapia possono essere integrate con diversa modalità: sequenziale (RT seguita da
chemioterapia o viceversa), concomitante o a sandwich (chemioterapia-RT-chemioterapia).
Il trattamento concomitante, difficilmente è attuabile, soprattutto se il chemioterapico è un derivato
antraciclinico e/o sono taxani, in quanto porta a una elevata sommazione delle tossicità.
L’obiettivo clinico di ogni associazione terapeutica è ottenere un miglioramento del controllo tumorale locale
e l’eradicazione delle metastasi. È prassi consolidata che nei casi ad alto rischio di metastasi, la
chemioterapia preceda la RT.

ASPETTI TECNICI E COMPITI DEL TECNICO DI RADIOLOGIA NEL TRATTAMENTO


RADIANTE

TECNICHE DI IRRADIAZIONE
RADIOTERAPIA CONFORMAZIONALE
L’irradiazione a scopo curativo della mammella deve essere eseguita con la RT conformazionale. Essa è una
tecnica di irradiazione che mira ad adattare il più possibile la forma del volume irradiato a quella del volume
bersaglio, cercando di risparmiare al massimo i tessuti sani circostanti. È una forma di RT ad alta precisione
basata sulla definizione volumetrica, tridimensionale del tumore e dell’anatomia degli organi critici. Ciò si
rende possibile mediante l’utilizzo di collimatori ”multileaf”, costituiti da una serie di lamelle metalliche,
fissate alla testata dell’acceleratore lineare. Ogni lamella può essere regolata in modo da conformare il fascio
di radiazione all’area da trattare.
TRATTAMENTO RADIANTE DELLA MAMMELLA IN TOTO
Definizione del PTV e degli OAR
Il PTV, nel trattamento post-chirurgico conservativo, è costituito dall’intera mammella, fino a 0, 5 cm al di
sotto della superficie cutanea. La cute non è parte del PTV, ma deve essere inclusa se ne è provata
l’infiltrazione. Gli OAR (organi critici) sono rappresentati dal polmone omolaterale, mammella
controlaterale, e nel caso dell’irradiazione della mammella di sinistra, dal cuore. Al fine del risultato
cosmetico, anche la cute, il sottocute e il connettivo mammario, sono considerati tessuti critici.
L’irraggiamento del polmone e del cuore può essere ridotto mediante una scelta appropriata dell’inclinazione
89

dei fasci, della rotazione dei fasci, e con l’uso di blocchi. La quantità di volume polmonare irradiato
dovrebbe essere generalmente pari a 1, 5-2, 5 cm e non deve superare 3 cm.

Prescrizione della dose


La dose totale prescritta di 50 Gy, calcolata e registrata al centro del PTV deve essere compresa tra 47, 5 e
53, 5 Gy, con frazionamento convenzionale di 1, 8-2 Gy/die per cinque giorni, per un totale di 25 sedute. La
tecnica di irradiazione consiste in due fasci contrapposti, tangenziali, di fotoni ad alta energia, tra 4-8 MV,
generati dall’acceleratore lineare. Le inclinazioni che possiamo definire standard e con i quali si irradia sono
orientativamente per la mammella di destra, 60° e 240°, per quella di sinistra, 300° e 120°. L’angolazione dei
fasci è scelta in modo che i campi coprano tutto il PTV. I due campi non devono mai puntare verso l’interno
della mammella. Il primo campo per convenzione è quello mediano, il secondo è il laterale. L’inclinazione
dei collimatori è di solito 5° o 10°
Si utilizzano inoltre dei modificatori del fascio di radiazione, i cosiddetti “filtri a cuneo”, soprattutto nelle
mammelle medio-grandi, inclinati in modo da compensare le variazioni di spessore, per ottimizzare la
distribuzione di dose nell’intero organo sulla macchina di terapia.

SOVRADOSAGGIO (BOOST) SUL LETTO OPERATORIO


L’erogazione di un sovradosaggio al letto operatorio continua ad essere una pratica routinaria presso la
maggior parte dei centri di RT, poiché il maggior numero di recidive locali è documentato in corrispondenza
del letto tumorale.
Il PTV è costituito, dunque, dal letto operatorio, e gli organi a rischio sono quelli descritti nell’irradiazione
della mammella in toto. La dose somministrata varia tra 10-16 Gy, con frazionamento convenzionale, in
modo che nel totale, l’irradiazione del letto operatorio, compreso il sovradosaggio sia di 60-66 Gy. Per il
trattamento, si utilizzano fasci di elettroni, di energia solitamente compresa tra 9-15 MeV; per il campo di
elettroni viene costruito un piano di cura con calcolo a mano e viene scelta l’energia in base allo spessore
della mammella valutato sulla TC. In taluni centri se la paziente ha i margini di resezione positivi, si esegue
un boost con due campi tangenziali ridotti di fotoni, per una dose di 6 Gy e poi ancora il sovradosaggio di 10
Gy con elettroni, oppure solo un boost di fotoni per una dose di 16 Gy. Si raccomanda che la posizione della
paziente sia la stessa di quella mantenuta durante l’intero trattamento. Il trattamento deve essere eseguito in
modo da rendere la superficie cutanea, corrispondente alla porta di ingresso, perpendicolare all’asse del
fascio.

TRATTAMENTO DELLA PARETE TORACICA E DELLE STAZIONI LINFONODALI


Parete toracica
Il trattamento radioterapico della parete toracica si effettua generalmente in seguito ad un intervento di
mastectomia, con lo scopo di aumentare il controllo locale. Il PTV, in questo caso è costituito dal tessuto
cutaneo e sottocutaneo della parete stessa, fino al piano costale, e deve comprendere l’intera cicatrice
90

chirurgica. I limiti del campo di irradiazione sono generalmente comprese tra il limite inferiore della
clavicola, il solco sottomammario, la linea medio-ascellare e la linea medio-sternale. L’irradiazione di questa
regione viene eseguita nella maggior parte dei casi con un campo diretto di elettroni o con campi tangenziali
di fotoni da 4-6 MV. Si possono inoltre utilizzare bolus di 5-10 mm di spessore per alzare la dose alla pelle e
al tessuto sottocutaneo, e filtri a cuneo per assicurare l’uniformità di dose. La dose è compresa, di solito, tra
45-50 Gy con frazionamento standard; non è trascurabile la dose che ricevono il polmone e il cuore.
Linfonodi ascellari
Le indicazioni al trattamento radiante dell’ascella in toto sono la presenza di malattia residua o un’inadeguata
dissezione chirurgica. Nell’ambito di un trattamento di RT conformazionale, l’identificazione del volume da
irradiare si esegue su immagini TC. Per quanto riguarda la tecnica radioterapica, si possono utilizzare campi
contrapposti di fotoni, antero-posteriore e postero-anteriore, con una dose di 50-60 Gy, con frazionamento
convenzionale. Si considerano organi a rischio il plesso brachiale e la testa omerale.
Linfonodi sovraclaveari
I linfonodi sovraclaveari sono situati nella fossa omonima, immersi in un tessuto adiposo, in vicinanza dei
vasi giugulari interni e carotidei. Sono anatomicamente meglio identificabili, ma anche in questo caso sono
indispensabili le immagini TC. Sono considerati organi a rischio: il plesso brachiale, l’articolazione scapolo-
omerale, il midollo spinale. La dose prescrivibile è di 45-50 Gy, erogata con frazionamento convenzionale,
ed è consigliato un campo diretto di fotoni da 4-10 MV.
Linfonodi mammari interni
La catena linfonodale mammaria interna è situata entro i 4 cm laterali allo sterno, nei primi 3-5 spazi
intercostali. Il PTV dovrebbe essere individuato su scansioni TC, utilizzando l’immagine dei vasi mammari
interni per la localizzazione dei linfonodi omonimi. La dose prescrivibile, in assenza di malattia
microscopicamente evidenziabile, è di 45-50 Gy, somministrati con frazionamento convenzionale.
L’irradiazione, solitamente, si esegue mediante un campo diretto di fotoni da 4-6 MV, isolato o integrato con
il campo sovraclaveare o può essere compresa nei campi tangenziali, utilizzati dopo chirurgia conservativa.
Per contenere la dose somministrata al miocardio e alle strutture toraco-mediastiniche, l’irradiazione può
avvenire anche mediante fasci di elettroni di energia adeguata.

TOSSICITÀ DEL TRATTAMENTO RADIANTE DELLA MAMMELLA


Come qualsiasi altro trattamento medico, la RT può produrre effetti indesiderati. Questi variano anche molto
da una paziente all’altra, e dipendono dalla dose di radiazione e dal frazionamento, dalla zona curata e dalla
sensibilità individuale. È bene ricordare che ogni trattamento deve essere costruito in modo tale che i
benefici attesi per la paziente siano maggiori rispetto agli eventuali danni o alle complicanze. La maggior
parte degli effetti collaterali sono quasi sempre prevedibili nell’ambito della cura, e generalmente sono
localizzati al particolare distretto che si irradia. Tuttavia, la paziente può presentare sintomi generali che
spesso derivano dall’ansia, dal disagio psicologico e da una situazione di stress legata alla diagnosi di cancro
e alla insicurezza della guarigione, che possono emergere prima dell’inizio del trattamento terapeutico. È in
91

questa fase che tutto lo staff e soprattutto il TR che incontrerà la paziente nelle varie sedute, offriranno tutta
la loro disponibilità, cercando di agevolare, quanto più possibile, il processo di adattamento della paziente.
Lo scopo dei controlli clinici durante la RT, di solito settimanali, è quello di valutare le condizioni di salute
della paziente, la tolleranza dei tessuti sani, registrare eventuali reazioni o sintomi riferiti, ed impostare la
terapia di supporto. Il monitoraggio degli effetti collaterali deve anche essere eseguito, seppur in minima
parte, dal TR osservando la paziente durante il posizionamento e ponendo alla paziente alcune domande
sullo stato di salute o su eventuali alterazioni o modificazioni da lei notate. Le informazioni così raccolte dal
TR devono essere comunicate al medico che le valuterà e prenderà conseguentemente provvedimenti.
Sporadicamente possono essere riferiti sintomi di lieve entità (nausea, vomito), che non interferiscono con il
proseguimento della RT.

REAZIONI CUTANEE E MAMMARIE


Sono quelle che anche il TR può osservare durante le settimane di cura e compito del tecnico è anche quello
di tranquillizzare la paziente sottolineando che tali effetti regrediscono nel periodo di 4-6 settimane senza
lasciare reliquati.
La RT effettuata con una dose totale di 50 Gy, con l’aggiunta di 10 Gy sul letto operatorio, quest’ultima
eseguita con fasci di elettroni, può provocare un eritema cutaneo più o meno intenso sulla regione trattata, la
cui entità varia da paziente a paziente e talvolta non è percepibile. L’epidermide, infatti, è una struttura a
rapido rinnovamento cellulare e manifesta rapidamente la sua risposta alle radiazioni; il derma e l’ipoderma
sono invece strutture a rinnovamento più lento e subiscono lesioni che si manifestano tardivamente. L’uso
delle alte energie, quali quelle dell’acceleratore lineare, determina un risparmio degli strati superficiali del
corpo, ad esempio l’epidermide, per il maggior effetto penetrante di queste radiazioni. Contrariamente,
l’irradiazione con fasci di elettroni, determina invece una dose elevata alla cute. Con il frazionamento della
dose, si registra un aumento dei livelli di tolleranza da parte della cute, infatti, i fenomeni di desquamazione
sono in genere limitati e reversibili. Inoltre, l’entità delle reazioni cutanee è maggiore se irradiamo zone più
sensibili, quali la regione ascellare e la regione inguinale. Tra gli effetti tardivi, relativi alla cute, che si
possono presentare vi sono: alterazioni della pigmentazione, atrofia, fibrosi, telangiectasie soprattutto nella
sede del sovradosaggio con elettroni.
Durante il trattamento si rileva di norma un aumento di temperatura al termotatto. Alcune pazienti lamentano
moderate sensazioni di dolore, legate alle conseguenze dell’intervento operatorio e non dovute alle
radiazioni.
Al termine della radioterapia si nota in alcuni casi un lieve aumento delle dimensioni dell’organo, per la
presenza di un discreto stato edematoso. Tale edema, insieme all’eritema, scompare nelle settimane che
seguono il trattamento; talvolta una lieve pigmentazione persiste per un tempo più lungo, ma non vi sono
altri postumi.
92

La mammografia mostra un opacamento diffuso dell’organo, dovuto alla vasodilatazione e al lieve stato
infiammatorio, che persiste per diversi mesi. Una sicura ripresa del quadro mammografico normale si ha in
genere dopo circa un anno.

Tossicità di grado I. Tossicità di grado III.

Risultato cosmetico ottimale.

Le tossicità elencate di seguito non sono invece rilevabili direttamente dal TR in quanto si manifestano nella
maggior parte dei casi a distanza di tempo dalla fine del trattamento radiante e spesso sono asintomatiche.

TOSSICITÀ POLMONARE
L’entità del danno polmonare, in seguito ad un trattamento radioterapico della mammella e soprattutto nel
trattamento delle stazioni linfonodali, è correlata al volume polmonare irradiato, alla dose totale e per
frazione, all’uso di chemioterapia, al timing chemio-radioterapico ed eventuali patologie concomitanti. La
polmonite acuta da radiazione, si può riscontrare nell’1-6% delle pazienti; spesso è asintomatica, ma talvolta
può manifestarsi con tosse, espettorato, febbre. Si presenta generalmente 4-12 settimane dalla fine della RT,
e tardivamente può seguire un quadro di fibrosi polmonare.

TOSSICITÀ CARDIACA
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Il cuore rappresenta un organo a rischio nel trattamento della mammella di sinistra; tuttavia le nuove tecniche
di irradiazione e gli opportuni accorgimenti consentono di ridurne il volume irraggiato, anche se
nell’irradiazione della parete toracica e dei linfonodi della catena mammaria interna tale volume può essere
relativamente ampio. Il meccanismo del danno cardiaco da radiazioni sembra essere principalmente di
tipo ischemico. L’irradiazione del miocardio, successiva alla somministrazione di farmaci chemioterapici
contenenti derivati antraciclinici e taxani, può indurre la comparsa di miocardiopatie.

PLESSOPATIA BRACHIALE
L’irradiazione della regione sovraclaveare o ascellare con dosi superiori a 50 Gy può causare danni al plesso
brachiale (plessopatia post-attinica). Con il miglioramento tecnico e dosimetrico attualmente disponibile, la
sofferenza del plesso è rara e quando questa insorge, deve far pensare più ad una ripresa di malattia che a
tossicità. Il rischio di plessopatia è correlato alla dose totale, al frazionamento e al volume di plesso brachiale
irradiato. I primi sintomi di plessopatia sono costituiti da disturbi quali formicolio a livello della cute
dell’arto interessato, senso di pesantezza, presenza di contratture crampiformi, con frequente concomitanza
di linfedema. Il linfedema dell’arto superiore è correlato alla chirurgia del cavo ascellare, alla RT o ad
entrambe. Può insorgere immediatamente dopo i trattamenti o presentarsi a distanza di anni.

FRATTURE COSTALI
L’irradiazione della parete toracica per neoplasia mammaria può determinare foci di necrosi ossea a livello
costale. Sono descritte in letteratura fratture costali patologiche (cioè non dovute a traumi efficienti) in
pazienti sottoposte a RT della parete toracica. Anche in questo caso le moderne tecniche di irradiazione
rendono comunque tali complicanze sempre più rare, infatti, somministrando una dose di 50 Gy, l’incidenza
di fratture costali è del 2-3%. Si considerano fattori correlati l’energia utilizzata, la dose totale, l’associazione
con la chemioterapia.

CARCINOGENESI
Il rischio di sviluppare secondi tumori dopo RT per carcinoma della mammella è minimo. Le neoplasie
secondarie sono rappresentate da sarcomi, leucemie acute e tumori della mammella controlaterale. Il rischio
di sviluppare sarcomi è stato stimato pari a 0, 2% a dieci anni; il rischio di leucemia è stato correlato
all’utilizzo di alcuni chemioterapici in combinazione con la RT. I dati della letteratura non dimostrano una
chiara associazione tra RT della mammella/parete toracica e il tumore della mammella controlaterale,
tuttavia si raccomanda di minimizzare la porzione di mammella controlaterale che riceve una dose
significativa, soprattutto nelle pazienti giovani.
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41 - TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI CARCINOMI DEL POLMONE

1. EPIDEMIOLOGIA:
Prima causa di mortalità negli uomini. Seconda causa dopo il carcinoma del seno nelle donne.
Tendenza: stabile-regrediente negli uomini.
- In aumento nelle donne (in USA raggiunge quasi il carcinoma del seno).
- In netta progressione nei paesi del terzo mondo.
Incidenza massima: 60-70 anni.
Frequenza:
- United Kingdom: 40.000 casi all'anno.
- USA: 101.000 nuovi casi all'anno per gli uomini, 60.000 nuovi casi all'anno per le donne.

2. ANATOMIA:
Il drenaggio linfatico polmonare
Non procede parallelo ai vasi sanguigni.
Non resta confinato nei limiti di uno lobo.
Non segue solo l'albero bronchiale.
C'è una connessione diretta con
- l'ascella
- organi dell'addome superiore.
Incrocia contro lateralmente e può prendere anche 1'altro polmone.

3. FATTORI DI RISCHIO DI SVILUPPO DELLA MALATTIA:


FUMO (ATTIVO)
La quantità gioca un ruolo:
- 10-20 sigarette al giorno = 54.3 morti/100.000 fumatori.
- > 40 sigarette al giorno = 217.3 morti/100.000 fumatori.
- l'uso di filtro o l'inalazione
- la durata dell'abuso

Il fumo passivo è un fattore di rischio.


Asbesto (sostanza cancerogena) ha un'azione sinergica con il fumo.
Nikel.
L'arsenico.
Il materiale radioattivo, per esempio il radon e l'uranio.
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L'inquinamento atmosferico e i fattori genetici sono in discussione.

4. PRESENTAZIONE CLINICA:
Polmonare:
- Tosse secca o produttiva.
- Dispnea.
- Emottisi.
- Polmonite o ascesso post-ostruttivo.
- Versamento pleurico, ev. emorragico
Per compressione o infiltrazione locoregionale:
- Odino-disfagia (l'esofago): impedimento della deglutizione
- Una disfonia (nervo ricorrente)
- L'elevazione dell'emidiaframma (nervo frenico)
- Triade di Horner (enoftalmo, ptosi, miosi) (nervo simpatico)
- L'ostruzione tracheale.
- L'infiltrazione della parete toracica (dolori)
- Sindrome della vena cava superiore (gonfiore diffuso zona toracica)
- L'aritmia o l'insufficienza cardiaca fino a tamponamento.
I sintomi aspecifici:
- Perdita ponderale.
- Cattivo stato generale.
- Affaticamento.
Sindrome paraneoplastica(cattiva prognosi)
Di diverso tipo
- endocrino
- Coagulotica (tromboflebite)
- Cutanea (acanthosis nigrans)
- Renale
- Ematologico (anemia, trombocitosi)
- Embolia polmonare

5. EVOLUZIONE NATURALE
1. La crescita locale:
Per continuità
- nella parete toracica soprattutto apicale. - nelle strutture mediastinali: l'esofago, i vasi, i nervi, il
pericardio.
2. Metastatizzazione linfonodale
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Non segue un ordine stretto ma di regola vede: ileo polmonare, mediastino, sovraclaveare
Adenopatie ilari: 60% del lobo superiore medio; 75% del lobo inferiore. Adenopatie mediastiniche: 50%.
Adenopatia sovraclaveare: 2-37% (tumore del lobo superiore ipsilaterale)
3. Metastatizzazione a distanza (vasi sanguigni, vasi linfatici)
Potenzialmente dappertutto ma soprattutto
- al fegato
- allo scheletro
- ai reni e surreni
- al cervello (molto frequente)

E' prognosticamente importante distinguere il carcinoma non microcitoma (non a piccole cellule) e il
carcinoma microcitoma (piccole cellule): i tumori microcitomi evolvono molto più rapidamente e hanno una
predilezione per la metastatizzazione ematogena e a livello del midollo osseo.

6. ISTOLOGIA:
Carcinoma piattocellulare: 40% Adenocarcinoma: 20% gruppo dei non-microcitoma a grandi cellule:
20%
A piccole cellule: microcitoma 20% gruppo dei microcitoma bronchiolo-alveolare: 1%
La localizzazione più frequente del tumore primario è secondo l'istologia: squamocellulare sono in
genere a localizzazione centrale, il microcitoma e l’adenocarcinoma sono a localizzazione periferica.

7. DIAGNOSI DEL TUMORE PRIMARIO:


- Radiografia del torace.
- TC toracico (MRI superiore per valutazione del canale spinale)
- Broncoscopia con lavaggio e biopsia.

Stadiazione:
Esami di laboratorio, marker tumorale NSE, CEA, TC addominale TC cerebrale Biopsia ossea e
midollo osseo (solo per microcitoma) Scintigrafia ossea
Dopo una stadiazione completa, il 50% dei pazienti hanno già una malattia metastatica mentre
il 20% sono operabili radicalmente.
97
98

8. FATTORI DI RISCHIO CON VALORE PROGNOSTICO:


Principali:
- Stato generale.
Stadio.
- Perdita ponderale negli ultimi 6 mesi.
- Presenza di sintomatologia sistemica.
Secondari:
- Istologia
- Grandezza del tumore primario
- Sesso

9. CHIRURGIA, TECNICA:
1. I non microcitomi:
Criteri di operabilità: -
Medicina interna.
Funzione polmonare.
Resecabilita (esclusa se adenopatie contralaterali, adenopatie sovraclaveari, versamento pleurico
maligno, paresi nel nervo ricorrente).

Tipo di intervento:
- Pneumonectomia (di regola)
- Lobectomia (per i casi selezionati con un tumore sufficiente periferico).

2. I microcitomi:
NESSUNA CHIRURGIA.
La chirurgia è indicata solo per casi molto selezionati e anche in questi casi le indicazioni sono
ancora oggetto di studio.

10. RISULTATI DELLA CHIRURGIA PER I NON MICROCITOMI


1. Stadio precoce (stadio Tl-2 NO o Tl-2 N1): - Nl è peggio di NO con una soppravvivenza di 5 anni
da 50% verso 65%. - Carcinomi piattocellulari sono meglio dell'adenocarcinoma. - Nessuna differenza per Tl
NO o T2 N0. - Linfadenectomia mediastinica - Pneumonectomia verso "la sleewe risection "con lobectomia.
(tumore piccolo e periferico)
2. Stadio localmente avanzato (stadio IIIA (T3 N2) e stadio IIIB (T4 N3) - Stadio IIIB operato solo
in casi speciali, T4N0. - Stadio IVA (T3 NO) > T3 N1-N2 con una soppravvivenza a 5 anni da 50%
rispettivamente < 20% per le N1-2.
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- Se la resezione non dovesse essere radicale la sopravvivenza è < 2 anni. - Se c' e l'infiltrazione della
pareti toracica la prognosi dipende da:
- la profondità dell'infiltrazione
- la possibilità di resezione radicale (2 cm margine)

3. Recidiva locale o metastasi post-chirurgiche:


Stadio I ==> raro
Stadio II => recidiva locale 10-15%, metastasi a distanza 30-35%
Stadio IIIa => recidiva locale e/o metastasi 25% anche se l'intervento è stato radicale.

11. INDICAZIONE E RISULTATI DELLA RADIOTERAPIA PER I CARCINOMI NON


MICROCITOMI:
1. Adiuvante (postoperatoria)
- Alcun vantaggio di controllo locale sopravvivenza nello stadio I (T1-2 NO) -Maggiore controllo
locale negli stadi II e III. - Controversi risultati per la sovravvivenza negli stadi II e III. Stadio I: nessuna
radioterapia postoperatoria.
Stadio II e III: radioterapia postoperatoria.

2 Neoadiuvante (preoperatoria)
- Alcun vantaggio sulla chirurgia esclusiva.
- Eccezione è la sindrome di Pancoast (tumore del lobo superiore)

3. Esclusiva
Solo se il tumore è inoperabile o il paziente è inoperabile.

Condizione di curabilità:
- Nessuna metastasi. - Il tumore < 8 cm - Nessun versamento pleurico o pericardico - Stato generale
e funzione polmonare adeguati.

Risultati:
Controllo locale migliora la sopravvivenza
Controllo locale dipende dalla dose applicabile
- La recidiva locale dopo 40 Gy è di ca. 50%
- La recidiva locale dopo 60 Gy è di 35%

4. Associata ad una chemioterapia (da vedere capitolo sulla chemioterapia)


100

12. TECNICA DI RADIOTERAPIA PER IL CARCINOMA NON MICROCITOMA:


Volume:
1. Lobo superiore: - Fossa sovraclavicolare, mediastino e ileo contro-laterale - 2 Corpi vertebrale
sotto la carena tracheale - 2 cm di margine lateralmente al tumore.
2. Lobo medio inferiore:
- Mediastino e ileo contro-laterale. - 2 cm di margine
- Fino al diaframma per il lobo inferiore
Con un bulky mediastinico (grosse masse) comunque RT anche sulla fossa sovraclavicolare.
Dosaggio:
Frazionamento: 1.8 - 2 Gy [-c.
Dose totale:
- post-operatoria 54 Gy
- esclusiva > 60 Gy

13. CHEMIOTERAPIA PER I CARCINOMI NON MICROCITOMA:


1. Neoadiuvante (preoperatoria):
L'agente di maggiore efficacia è il Cisplatino (con 40% di risposta).
2. Possibilità:
Chemioterapia esclusiva o Chemioterapia e Radioterapia Non ci sono vantaggi solo con la
chemioterapia, con combinazione chemio-radioterapia, quindi nessun risultato chiaro a favore della terapia
neoadiuvante.
3. Adiuvante (postoperatoria):
La monochemioterapia (1 farmaco) è inefficace.
La polichemioterapia

Risposta parziale o completa:


- stadio III > stadio IV.
- Gli schemi a base di Cisplatino sono i più efficaci.
- La risposta (CT) però è meno di 50%.
- Effetto sulla sopravvivenza < 5 mesi.
Associata alla radioterapia:
In genere i risultati sono migliori della sola radioterapia tanto per il controllo locale quanto per la
sopravvivenza, la loro rilevanza clinica è comunque ancora dibattuta.

13. CHEMIOTERAPIA PER IL MICROCITOMA:


1. Considerazione generale:
101

- la chirurgia non gioca un ruolo importante.


- Carcinoma a crescita molto rapida con metastatizzazione soprattutto ematogena precoce (già in fase
iniziale della malattia).
- Chemioterapia primaria
- Sensibile a molti citostatici
- Polichemioterapia più efficace della monochemioterapia con induzione di una risposta completa
- 40-70% dei "limited disease".
- 20-40% dei "extended disease".

2. Radioterapia
Risultati:
- Aumenta il numero di risposta del tumore primario rispetto alla chemioterapia solo dal punto di
vista di controllo locale.
- Aumenta l'intervallo alla recidiva locale.
- Aumenta la sopravvivenza globale e libero da malattia.
- Resta controverso il timing fra chemioterapia e radioterapia

RADIOTERAPIA:
simultaneamente con la CT:
- Sembra più efficace
- Aumenta la tossicità soprattutto 1'esofagite e la
mielosopressione.
Sequenziale con la CT:
- Chemioterapia poi radioterapia, permette l'uso più efficace della chemioterapia (la tossicità è
minore).

Tecnica di RT:
Dosaggio: dose totale attualmente non ancora stabilita, classicamente 45 Gy in frazioni di 1.8 Gy.
Volume: - non ancora definito
- classicamente: estensione regione (prima della chemioterapia) del tumore seguito da un boost (dose
+ alta) sul residuo tumorale.

14. RADIOTERAPIA PROFILATTICA ENCEFALICA (NEL MICROCITOMA)


Definizione (RT profilattica): radioterapia del cranio intero con C2 per il microcitoma (in assenza di
metastasi cerebrali, accessibili all'indagine clinica).
Evidenza:
102

- con l'aumento dell'efficacia della chemioterapia aumentano anche i casi di


metastasi cerebrale.
- circa il 50% dei pazienti che sviluppano metastasi cerebrale muoiono di cose ad esse direttamente
correlate alla metastatizzazione cerebrale.

Radioterapia:
- da 24 Gy fino a 30 Gy.

Risultati:
- aumenta la neurotossicità (SNC)
- se la dose frazionata è più di 2 Gy
- se è concomitante con chemioterapia
- diminuzione della scomparsa di metastasi cerebrali
- controverso effetto sulla sopravvivenza

Problema aperto: l’associazione con la chemioterapia e il tempo in cui attuare una o l’altra.

15. TUMORI DELL'APICE POLMONARE


Clinica: sindrome di pancoast ( dolenzia alla spalla e al braccio, spesso disestesia e atrofia, triade di
Horner).

Procedere terapeutico:
1. chirurgia se operabile
2. "sandwich” quando non e operabile: RT - CHIR - RT
3. radioterapia postoperatoria solo se i linfonodi sono positivi e la resezione non è stata radicale.
4. radioterapia di 40 Gy preoperatoria, poi rivalutazione.

Rivalutazione:
1. chirurgia se operabile con radioterapia postoperatoria (sandwich)
2. se non operabile completare con la radioterapia.

Volume:
- le fosse sovraclaveari bilaterali;
- ili polmonari bilaterali;
- lobo superiore dx o sx;
- corpi vertebrali adiacenti.
103

TOSSICITA’ DELLA RADIOTERAPIA AL POLMONE


Gli effetti a carico di questo apparato possono verificarsi per irradiazione in corso di radioterapia,
esposizione acuta accidentale o esplosione nucleare, od anche per inalazione di sostanze radioattive (plutonio
o radon).
L’edema è l’effetto precoce più frequente a livello della laringe. Può determinare riduzione dello spazio
glottico con dispnea. In qualche caso l’edema si protrae per settimane o mesi.
Dosi frazionate elevate causano necrosi a livello delle cartilagini.
Trachea e bronchi hanno manifestazioni simili a quelli di altri organi cavi rivestiti da mucosa.
Una dose superiore ai 7-8 Gy al polmone è un fattore limitante per l’irradiazione corporea totale, quale
quella praticata nel condizionamento per il trapianto di midollo osseo (TBI, total body irradiation).
In caso di radioterapia frazionata una dose superiore a 30 Gy in 4 settimane somministrata ad entrambi i
polmoni determina una polmonite acuta seguita da fibrosi tardiva.
Nel caso di irradiazioni di parti più limitate del polmone a dosi superiori a 40 Gy si manifestano segni
radiologici tipici di una opacità alveolare nel territorio irradiato in più del 50% dei pazienti trattati.
La fase precoce della polmonite da raggi si rivela con tosse, espettorato, dolore toracico, febbre moderata. Il
quadro è dovuto alla comparsa di un essudato a livello degli alveoli e successivo ispessimento della parete.
Si associano iperemia dei capillari, eccessiva produzione di surfactante, edema e congestione.
La fase tardiva è caratterizzata da collasso degli alveoli e riduzione della secrezione di surfactante.
Segue la fibrosi polmonare progressiva e irreversibile nell’arco di alcuni mesi, con riduzione di tutti i
parametri di funzionalità respiratoria; si registra una maggiore sensibilità alle infezioni opportunistiche.
L’esame radiologico dimostra una sindrome interstiziale, atelettasia e retrazione pleurica. Clinicamente il
quadro varia in rapporto al volume polmonare compromesso.
Nei casi estremi si osserva dispnea e cuore polmonare cronico.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
Laringe 79 70 70 90 80 80 Necrosi cartilaginea
(79) (73) (70) (90) (84) (80)
55 55 50 70 70 70 Edema laringeo
(55) (52) (50) (76) (72) (70)
Polmone 45 30 17, 5 65 40 24, 5 polmonite
(45) (25) (17) (64) (35) (25)
104

42 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI CARCINOMI
DELL’APPARATO GASTROENTERICO.

A. PANCREAS
1. Anatomia e modalità di disseminazine
Localizzazione retroperitoneale (Ll-L2)
Stretto contatto con altri organi (figura 1) quali stomaco, duodeno, reni, milza e vasi.
La neoplasia interessa quasi sempre la testa del pancreas e comprime le vie biliari (ittero).
I vasi linfatici sono molto abbondanti e drenano nel duodeno, nei linfonodi sovrapancreatici, nella
rete portale e nei linfonodi para-aortici (estensione posteriore).
Il sistema venoso è drenato del sistema della vena "porta" verso il fegato.
L'interessamento peritoneale è più frequente quando la localizzazione della neoplasia è a livello
della coda e del corpo del pancreas.

2. Epidemiologia
Questa neoplasia è la quarta causa di decessi negli USA e la sua incidenza è in aumento.

3. Quadro clinico
I carcinomi del pancreas raramente vengono scoperti ad una stadio resecabile (i sintomi non sono
specifici).
Il sintomò più frequente è l'ittero, i dolori, l'anoressia ed il calo ponderale.
Se la massa tumorale è palpabile clinicamente (conseguenza dell'ostruzione biliare o
dell'interessamento dei linfonodi sovracanalicolari) ci troviamo di fronte ad uno stadio avanzato.

4. Esami diagnostici
TC addominale per definire l'estensione della malattia.
Colangiografia trans-epatica e colangiografia retrograda (ERCP) che permette di valutare la
componente biliare.
Le metastasi epatiche o peritoneali (di un diametro di almeno 1 cm) sono diagnosticabili solo
tramite una risonanza magnetica.

5. Patologia
105

La maggior parte dei carcinomi pancreatici sono degli adenocarcinomi (90%). TNM tabella 1.

6. Terapia
6a. Chirurgia
Ad intento curativo (10-25%) Mortalità per intra-operatoria 10-30%

6b. Chemioterapia
Sostanze semplici come il 5-FU, la Mitomicina e la Streptomycina hanno una risposta di circa il
20% (risposta parziale), le sostanze combinate hanno una risposta di circa il 40% (risposta parziale)
ma le risposte complete sono inferiori al 5% e durano meno di un anno.

6c. Radioterapia
Gli organi limitanti (figura 2) per quanto riguarda il dosaggio sono:
- l'intestino tenue, lo stomaco, il fegato, i reni e il midollo spinale.
E’ richiesta una tecnica "conformazionale" di alta precisione.
La sopravvivenza molto breve dei pazienti non permette di valutare le complicanze a lungo termine.
Dosi e valori bersaglio
Dopo chirurgia importanza dei clips. 4 campi AP/PA e 2 laterali.
Dose: 45-50 Gy (una volta al giorno)
Volume: dal piatto superiore della vertebra dorsale D 11. Il margine posteriore è di 1.5 cm
posteriormente la parte anteriore delle vertebre (linfonodi para-aortici). Il margine anteriore è di 2
cm davanti al tumore. (figura 3).

Risultati della radioterapia


Tumori resecabili con sopravvivenza alla radio- e chemioterapia del 10-40% a due anni
Tumori non resecabili: terapia palliativa mediante radioterapia esterna con una dose di 40-60 Gy.
Esiste un vantaggio in termini di sopravvivenza con il terapia combinato radio- chemioterapico.
106

B. RETTO

1. Anatomia (figura 1)
Il retto è la continuazione del colon sigmoideo, si trova davanti alla III vertebra sacrale. Il drenaggio
linfatico del retto segue:
i vasi rettali superiori che vanno nei linfonodi mesenterici inferiori.
i vasi rettali maggiori che drenano nei linfonodi iliaci interni (retto medio e distale)
i vasi rettali inferiori e le arterie pudende interne e drenano nei linfonodi iliaci interni il retto distale
ed il canale anaÌe superiore.

2. Epidemiologia
155'000 individui/anno negli USA 61'000 morti/anno negli USA
Il rapporto dell'incidenza maschio/femmina è identico
Il rischio aumenta con un'anamnesi di malattia infiammatoria dell'intestino 100% nei casi di
sindrome di Gardner o di poliposi familiare.
Possibile ruolo delle fibre alimentari nella carcinogenesi.

3. Modalità di disseminazione e storia naturale


Si annoverano quattro meccanismi di disseminazione: L'invasione diretta del peritoneo
La disseminazione linfatica (linfonodi locoregionali) La disseminazione ematica (metastasi a
distanza) L'innesto chirurgico
Nei cancri limitati alla mucosa hanno un basso rischio di disseminazione (figura 1) Interessamento
linfonodale nel 50% dei pazienti

4. Quadro clinico
Il sintomo più frequente è la melena. Gli altri sintomi sono le modificazioni dell'alvo, la nausea, il
vomito, l'astenia e la presenza di una massa addominale.

5. Esami diagnostici cliniche (Tabella l) (stadiazione)


La digitoesplorazione rettale con esame rettale evidenzia una lesione:
- ulcerante
- infiltrante
- di dimensione ….
107

- mobile o fissa.
- presenza di linfonodi perirettali palpabili
Per le donne: => esplorazione vaginale (setto rettovaginale)
Laboratorio => CEA (carcino embrionic antigen) pre-operatorio (+ post-operatorio) Radiologia =>
TC addome
=> ecografia del fegato (o TC)

6. Patologia
Nell'istologia troviamo un adenocarcinoma e nel 33% dei casi si ha un interessamento linfonodale.
Sistemi di staging (figura 2 e tabella 2)
Dukes => basato sull'estensione della penetrazione attraverso la parete rettale e presenza o assenza
di linfoadenopatia
Astler -Coller => basato sull'estensione della penetrazione e dell'interessamento dei linfonodi e
dell'aderenza ai tessuti adiacenti

7. Fattori prognostici
- il grado di penetrazione nella parete e l'interessamento dei linfonodi (aumento della recidiva
locale) e questo giustifica i candidati ad un terapia di radioterapia
- il numero dei linfonodi interessati è uguale a fattore prognostico
108

- con i pazienti con un interessamento del retto distale la mobilità clinica del tumore, la dimensione
e la sua morfologia sono dei fattori prognostici importanti per una prima chirurgia conservativa
(tabella 3)

Modalità di terapia
1. Chirurgia
- Nella maggior parte dei pazienti è il terapia di scelta.
resezione del tumore + drenaggio linfatico con dei margini tanto larghi quanto possibile. resezione
anteriore bassa con una tecnica fattibile per i tumori superiori ai 6 cm al di sopra del margine anale.
Questo intervento permettere di mantenere la funzione anale naturale.

AAP = amputazione addomino peritoneale che prevede una colostomia definitiva (sacchetto).
Le clips sono utili al momento della chirurgia per la radioterapia post-operatoria che definiscono sia
il retto che il residuo tumorale.

Tabella 4

2. Radioterapia
Lo scopo della radioterapia è di diminuire il rischio di recidiva Iocoregionale.
Post-operatoria
Pre-operatoria (che non impedisce la chirurgia conservativa)
Tecniche (figura 3)
3-4 campi: AP + 2 laterali
AP-PA + 2 laterali

- se la resezione è stata addomino-perineale bisogna mettere la cicatrice nel campo della


resezione
- se la resezione è stata conservativa il limite inferiore deve essere sotto i forami otturatori
- importanza di includere tutto il sacro, includere i linfonodi delle catene iliache interne e i
linfonodi presacrali
- dose pari a 45 Gy + un boost di 5.4 Gy in 5-6 settimane (figura 4-5)

Vantaggi della radioterapia pre-operatoria (tabella 5)


109

- distruggere le cellule maligne che potrebbero durante l'intervento disseminarsi


- diminuire le complicanze ed aumentare la risposta tumorale quando si tratta un tumore in situ
Vantaggi della radioterapia post-operatoria (tabella 5)
- permette di prendere in considerazione l'aspetto patologico per selezionare i pazienti che
potrebbero trarne un beneficio adiuvante.

Risultati con RT postoperatoria


Stadio Tasso recidiva (%) Sopravivenza 5 anni (%)

B2 13 74
B3 17 55
Cl 24 62
C2 23 41
C3 77 10

C. CANALE ANALE

1. Anatomia (figura I)
circa 3-4 cm di lunghezza
il drenaggio linfatico passa tramite tre stazioni:
- la cute perineale
- il margine anale
- verso i linfonodi inguinali ed i linfonodi iliaci esterni
- il canale anale
- al di sopra della linea dentata verso i linfonodi pudendi, ipograstrici ed otturatori quindi ai
linfonodi iliaci interni
- canale anale prossimale verso i linfonodi del sistema mesenterico inferiore
110

2. Epidemiologia
Più frequente nella donna che nel maschio. Il rischio aumenta con l'età verso i 60 anni

3. Patologia
- > 70/80% sono neoplasie squamocellulari
- 20-30% sono squamocellulari basaloidi
- 1% sono dei mucoepidermoidi
- 20% sono degli adenocarcinomi

4. Storia naturale e modalità di disseminazione


Più frequentemente tramite estensione diretta e linfatica mentre la disseminazione ematologica è
rara. Interessamento linfonodale pelvico nel 30% dei pazienti in post-operatorio:
- 30% nei linfonodi perirettali
- 20% nei linfonodi inguinali

5. Fattori prognostici
Le dimensioni del tumore influenzano negativamente la prognosi
Interessamento linfonodale negativo
Grado di differenziazione (grado III)

6. Presentazione clinica
Sanguinamenti e disturbi anali sono i sintomi più comuni; meno frequenti sono la sensazione di
massa anale, il prurito e le perdite anali.

7. Esami diagnostici
Anamnesi + esame clinico + digito esplorazione rettale
Biopsia della neoplasia primitiva
Anoscopia e proctoscopia
Ecografia trans-rettale per l'identificazione della profondità della penetrazione del tumore
TC pelvica
Radiografia del torace
111

8. Terapia
Attualmente è la radio-chemioterapia che permette di conservare la funzione anorettale con una
sopravvivenza identica a quella della chirurgia. Tossicità severa inferiore al I 0% dei casi.
I campi di radioterapia includono i linfonodi emorroidali inferiori, gli iliaci interni e i linfonodi
inguinali (figura 2).
Dose totale circa 60 Gy

Chemioterapia: 5-FU e Mytomicina

Radioterapia
Campi: => limite superiori: lombo-sacrale
=> limite inferiore 3 cm al bordo inferiore del tumore
=> limite laterale copre i linfonodi iliaci esterni

Grande volume: AP/PA => 45 Gy


Boost 3 campi => 60 Gy

Raccomandazioni
Se il tumore è inferiore a 2 cm di diametro, radioterapia solo dopo escissione locale (65 Gy)
Se il tumore è superiore a 2 cm di diametro, chemio-radioterapia associata.

9. Risultati
Vedi tabella 1-2.

TOSSICITA’ DELLA RADIOTERAPIA SULL’APPARATO


GASTROENTERICO
Gli effetti dell’irradiazione sull’apparato gastroenterico differiscono dei diversi tratti, essendo gli estremi
(esofago e retto) più resistenti.
Per quanto attiene la irradiazione segmentale e frazionata degli effetti gastroenterici si manifestano
praticamente sempre in corso di radioterapia per l’impossibilità di escludere questi organi dal campo
d’irradiazione.
Esofago
112

A livello dell’esofago gli effetti possono essere simili a quelli riscontrabili alla mucosa del cavo orale e del
faringe, anche se compaiono con dosi superiori.
Oltre il livello cumulativo di 60 Gy possono comparire ulcerazioni.
Le manifestazioni tardive sono caratterizzate da atrofia delle mucose, fibrosi delle sottomucose e
degenerazione della tunica muscolare e possono avere come conseguenza la stenosi.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy

ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3


IRRADIATO
60 58 55 72 70 68 Stenosi /
ESOFAGO perforazione
(60) (57) (56) (73) (70) (68)

Stomaco
A livello dello stomaco, basse dosi frazionate (<20 Gy) determinano la riduzione dell’acidità, effetto che può
permanere anche per oltre un anno.
La comparsa di una gastrite erosiva si verifica per dosi di 45 Gy.
Nausea e vomito sono sintomi frequenti di accompagnamento.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy

ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3


IRRADIATO
60 55 50 70 67 65 Ulcerazione /
STOMACO perforazione
(59) (53) (50) (77) (69) (65)

Intestino tenue
L’intestino tenue è piuttosto radiosensibile, specie a livello dell’epitelio delle cripte del Lieberkuhn che
hanno un ciclo di rinnovamento molto rapido (24 ore circa).
Dosi di 20-30 Gy comportano una sintomatologia caratterizzata da nausea, vomito, crampi, diarrea, e
sindrome da malassorbimento.
Dosi superiori possono causare perforazione
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy

ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3


IRRADIATO
50 40 60 55 Ostruzione /
PICCOLO INTESTINO perforazione
113

(48) (40) (65) (55)

Colon / retto
Lesioni del colon e del retto si hanno solo per dosi superiori a 60 Gy.
L’effetto tardivo più importante è l’ulcerazione con sanguinamento.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
Colon 55 45 65 55 Ostruzione, perforazione,
ulcerazione, fistola
(54) (45) (66) (55)
Retto 60 80 Proctite grave, necrosi, stenosi,

(60) (80) fistole

Fegato
Per quanto attiene il fegato, una epatite si verifica a dosi relativamente basse se l’intero organo è irradiato.
Porzioni epatiche tollerano dosi intermedie.
Trombosi delle vene epatiche sono descritte con dosi di 30-40 Gy.
A questi livelli di esposizione è anche possibile una necrosi epatica differita a 3-6 mesi, circoscritta o estesa,
potenzialmente letale.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO

50 35 30 55 45 40 Insufficienza
FEGATO epatica
(43) (34) (30) (57) (46) (40)
114

43 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEL CARCINOMA DELLA
PROSTATA

Epidemiologia
Secondo tumore dopo quello polmonare nei paesi sviluppati.
UK 19/100'000 abitanti
USA: - bianchi 58/100'000 abitanti, neri 95/100'000 abitanti
Raro prima dei 50 anni, frequente dopo gli 80 anni.
Nelle autopsie la maggior parte presenta un carcinoma della prostata localizzato.

Anatomia
1. Prostata
2. Vescicole seminali
3. Vescica urinaria
4. Sinfisi ubica
5. Cresta iliaca
6. Sacro e coccige.
7. Retto e ano.

Vie linfatiche:
a. Linfonodi para-aortali
b. Linfonodi iliaci comuni
c. Linfonodi iliaci esterni
d. Linfonodi iliaci interni
e. Linfonodi otturatori
f Linfonodi pre-ischiatici
g. Linfonodi pre-sacrali

Fattori di rischio di sviluppo della malattia


1. Genetico: Cumulazione familiare con modalità autosomale dominante.
2. Ormonali: - ruolo del testosterone: non si riscontra fra gli eunuco.
- bassa frequenza fra i cirrotici (fegato)
115

Presentazione clinica
1. Segni di ostruzione ureterale (prostatismo):
- Pollachiuria
- Nicturia
- Diminuzione della forza del getto urinario
- Esitazione iniziale alla minzione

2. Segni di infiltrazione uretrale


- Ematuria, ematospermia
3. Digitoesplorazione rettale sospetta
4 Marker tumorali, PSA elevato
5. TUR-P patologico

Istopatologia
Adenocarcinoma 95%
Adenocarcinoma intraduttale 2-3%
Carcinoma transizionale
Altri 0.3% (sarcomi, melanomi ecc.)

Evoluzione naturale
1. Crescite locali con:
- invasione delle vesciche seminali
- estensione diretta attraverso la capsula dell'organo nei tessuti organici adiacenti

2. Metastatizzazione linfonodale
- linfonodi otturatori ± 3 1%
- linfonodi iliaci interni ± 24%
- linfonodi iliaci esterni ± 22%
- linfonodi iliaci comuni ± 17%
- linfonodi para-aortici ± 18%
- linfonodi pre-sacrali ± 53%
- linfonodi pre-ischiatici ± 47%
- linfonodi ipogastrici ± 14%
116

3. Metastatizzazione ematogena
- ossea soprattutto del tronco
- viscerale soprattutto epatica e polmonare

Valutazione del tumore primario


1. Esplorazione digitale trans-rettale
- Sensibilità 80%
- Specificità 50%
2. RM endorettale in valutazione sembrerebbe la metodica la più accurata.
3. Agobiopsia trans-uretrale e trans-rettale guidata col dito
4. TUR-P: indicata solo in caso di problemi minzionali maggiori

Stadiazione
Esami di laboratorio completi
Radiografia del torace
Marker tumorale PSA (prostate specific antigen)
Scintigrafia ossea corpo intero
TC o RM addomino pelvica
Se il PSA è sotto 20 ng/ml la metastatizzazione ossea è poco probabile ma la scintigrafia è in ogni
caso da eseguire come esame di partenza per confrontare dopo l'evoluzione.
117

Fattore di rischio con valore prognostico


Principali
- Stadio T N M
- Grado istologico G (differenziazione)

Secondari
- PSA specialmente se è ancora elevato a sei mesi dalla fine del terapia

Anaploidia
L'anaploidia correla generalmente con una cattiva differenziazione.

T1 T2 NO raramente metastatizzazione a distanza a cinque anni


T3 T4 NO 50% delle metastasi a distanza a cinque anni
N+ il 75% dei pazienti hanno metastasi a distanza a cinque anni

Chirurgia
Tecnica: prostatectomia radicale quale l'asportazione completa della prostata della capsula delle
vesciche seminali dei vasi differenti: due approcci: retropubico e perineale
118

La prostatectomia con conservazione della terminazione nervosa permette di conservare la potenza,


è possibile ma difficile.
Il 70% dei patienti dopo prostatectomia radicale sono impotenti e incontinenti
Indicazione della prostatectomia radicale:
Solo per gli stadi intracapsulari (Tl-T2 NO e GI-II)

Risultati
Prostatectomia radicale = prostatectomia radicale con conservazione della fibre nervose, con la
preservazione della potenza al ± 70%.

Sopravvivenza
A 10-15 anni equivalente chirurgia-radioterapia
- 80% a 5 anni
- 60% a 10 anni
% a 15 anni di sopravvivenza globale per stadi Tl e T2
Recidive post-operatorie Tlb-T2a ± 20%
T2b ± 55%.

Tecnica di radioterapia
Standard 4 campi "box"
limiti: - con un grosso volume di tumore a livello superiore al LS/S 1 a livello inferiore bordo
inferiore della tuberosità ischiatica.
Laterale 1.5-2 cm alla linea terminale pelvica.
Dorsale S2-S3.
Ventrale la faccia anteriore della sinfisi pubica.

Problemi
Nel 25% delle volte il margine inferiore è insufficiente perché non copre tutta la prostata. Piccolo
volume= boost.
Limiti inferiori ventrali (vedere il grosso volume).

Dosaggio
119

Grosso volume: dose totale 45 Gy con frazionamento di 1.8 Gy, boost di 20-25 Gy con una dose di
frazionamento di 1.8 Gy.

Dose finale: 66-74 Gy.

La radioterapia conformazionale:
E' il tipo di radioterapia nella quale i margini di ognuno dei campi impiegati sono "conformi" alla
proiezione su di un piano perpendicolare al raggio centrale del fascio associato ai contorni
dell'organo e alle strutture irradiate. Questo tipo di radioterapia tiene conto di un margine di
sicurezza.
Il vantaggio rispetto al procedimento standard è di risparmiare il tessuto sano con minimi effetti
collaterali e con possibilità di aumentare la dose totale che ha un vantaggio sul controllo locale.

Proposta di strategia terapeutica Tl/G I: sorveglianza


Tl/G II-III: radioterapia o chirurgia ((III radioterapia e blocco androgenico) T2a-b/G I-II:
radioterapia o chirurgia
T2a-b/G III: radioterapia con blocco androgenico T2c-T4: radioterapia con blocco androgenico
Tx/Nl-N3/Ml: terapia palliativo
120

44 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI CARCINOMI DELL’UTERO

Vedi anche allegato 12 Appunti dalle lezioni: I tumori dell'utero


121

45 – TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI LINFOMI

Vedi anche allegato 10 Appunti dalle lezioni: La radioterapia dei linfomi

LINFOMI NON HODGKIN (LNH)

L'incidenza dei LNH nell'adulto è di 17 su 100'000 individui o circa il 5% delle neoplasie


dell'adulto. Questo tasso rischia di aumentare in considerazione dell'associazione dell’AIDS e dei
linfomi. I LNH sono considerati come una malattia sistemica con turbe e proliferazione non
controllata di un clone di linfocito B o T. La classificazione dei linfomi NH si basa su criteri
morfologici, e su tecniche immunologiche o molecolari.
Tra le classificazioni compaiono quella di Rappaport, Kiel o la cosiddetta IWF. In maniera generale
si raggruppano i linfomi NH a seconda del grado di malignità "low", "intermediate" e "high grade"
e si classifica secondo gli stadi I-IV a seconda del numero di sedi colpite come per la malattia di
Hodgkin (vedi capitolo sulla malattia di Hodgidn). Si nota ugualmente l'assenza o la presenza dei
sintomi B. Inoltre nei linfomi si osservano anche degli interessamenti extralinfonodali ad es.
dell'osso, della milza, dell'orbita, del sistema nervoso centrale, dello stomaco del testicolo... Di
fronte a questa diversità di possibili manifestazioni, esistono diverse opzioni terapeutiche.
La tabella 1 mostra il gruppo diagnostico.

I linfomi NH di basso grado di malignità localizzati (stadio I-II) sono sia trattati mediante
radioterapia esclusiva, sia mediante radio-chemioterapia. Gli stadi avanzati (III-IV) sono spesso
incurabili malgrado qualsiasi terapia.

Terapia: prima la CT poi RT.


La radioterapia gioca un ruolo importante per il controllo locale delle grandi masse (bulk) o delle
masse residue. I linfomi NH intermedi o ad alto grado di malignità localizzati sono stati
classicamente trattati mediante radioterapia esclusiva (figura 1 e 2).
Ciò nonostante di fronte ad una malattia sistemica grosse masse possono essere difficili da
controllare, onde il terapia combinato mediante radio-chemioterapia. La sopravvivenza a 5 anni per
gli stadi I-II è del 75% e del 40-50% per gli stadi avanzati. Questi ultimi sono in primo luogo trattati
122

mediante chemioterapia, la radioterapia viene somministrata piuttosto sulle masse residue o


"bulky".
Siccome le dosi di radioterapia sono a pari a 30-40 Gy, la radioterapia è ben tollerata e ci sono
pochi effetti collaterali (figura 3)

LINFOMA DI HODGKIN (LH)

Il LH è più raro rispetto ai LNH, e non solo una minoranza di pazienti con linfomi sono colpiti dal
morbo di Hodgkin (negli USA tra 7'000 e 7'500 individui all'anno), in effetti il morbo di Hodgkin è
conosciuto da tempo (è stato descritto per la prima volta nel 1832 da Thomas Hodgkin).
Per la diagnosi anatomo-patologica si distinguono 4 gruppi:
- ricco in linfociti
- sclerosi nodulare
- cellularità mista
- deplezione linfocitaria

Gli stadi sono indicati mediante


staging clinico.
staging patologico

Classificazione di ANN ARBOR


Sono raggruppati a seconda del seguente schema (come per i linfomi NH) (figura 1 e 2a-2h)

Stadio I
Stadio II
Stadio III
Stadio IV

1 regione linfonodale o 1 organo extralinfonodale


2 sedi colpite ma da un solo lato del diaframma (sopra o sotto) linfonodi o organi dai due lati del
diaframma
malattia disseminata: ad es. infiltrazione midollare
123

Stadio A Stadio B
asintomatico
febbre (>38) o sudorazioni notturne o calo ponderale > 10% (prognosi peggiore).

La terapia del Linfoma di Hodgkin viene eseguita a seconda dello stadio. E' da notare che ci sono
delle controversie soprattutto per quanto concerne la terapia degli stadi precoci (IA). (tabella 2).
Inizialmente si possono trattare gli stadi IA, IB e IIA senza fattori di rischio mediante una
radioterapia classica: mantellina, barra para-aortica + pedicolo della milza, +/- interessamento di
altre regioni colpite, in altri termini "extended field" (figura 3- 4). Con questi volumi di radioterapia
molto importanti bisogna sorvegliare i pazienti molto accuratamente (esame ematochimico
settimanale). Da notare che i pazienti dopo splenectomia sono più suscettibili di sviluppare delle
infezioni.
Visto l'ottima prognosi degli stadi I e IlA bisogna anche pensare agli effetti secondari a lungo
termine: la funzionalità cardiaca è alterata nel 50% dei casi, un ipotiroidismo si stabilisce nel 30%
dei casi, sterilita e secondo tumore.
Gli stadi avanzati del morbo di Hodgkin sono trattati mediante chemio e radioterapia. Quest'ultima
è più focalizzata (involved field) rispetto agli stadi precoci e si somministra ad esempio su residui
dopo chemioterapia (figura 6) o su lesioni che presentano della grandi masse iniziali (figura 7). La
sopravvivenza dipende in larga misura dallo stadio iniziale nonché dai sintomi iniziali (figura 8).

Nell'ambito dei fattori associati a una cattiva prognosi figurano:


l'istologia cellularità mista o deplezione linfocitaria lo stadio avanzato
i sintomi B
il bulky mediastinico
una velocità di sedimentazione elevata

Nei pazienti allo stadio I-IIA si osservano senza fattori di rischio una remissione nel 90% dei casi,
negli stessi stadi con fattori di rischio e stadio IIIA nel 70% dei casi e per le malattie avanzate il
50%. (tabella 3 e 4)
124

46 - TECNICHE DI RADIOTERAPIA, TOSSICITA’ DELLA CURA E


RUOLO DEL TECNICO NELLA CURA DEI TUMORI PEDIATRICI

Vedi anche allegato 5 Appunti dalle lezioni: I tumori pediatrici


125

47 – LA RADIOTERAPIA PALLIATIVA E ANTALGICA

Vedi anche allegato 1 Tesi di laurea: L'influenza delle protesi d'anca sulla radioterapia
Vedi anche allegato 2 Tesi di laurea: Messa a punto delle procedure di irradiazione di pazienti con metastasi
vertebrali
Vedi anche allegato 6 Appunti dalle lezioni: Radioterapia nelle metastasi ossee
Vedi anche allegato 8 Appunti dalle lezioni: Radioterapia antalgica

RADIOTERAPIA NELLA PRESA A CARICO PALLIATIVA DEI PAZIENTI


Lo scopo nei pazienti incurabili è di migliorare la qualità della sopravvivenza e del "nihil nocere".
La decisione di somministrare una radioterapia palliativa dipende:
- dal tempo di sopravvivenza del paziente
- dalla severità degli effetti radio-indotti
- dall'analisi del rapporto costo/beneficio
- dai sintomi dei pazienti.

Instaurare una terapia palliativa esige di:


1. Stabilire lo scopo della terapia
- paziente con metastasi unica e lungo intervallo libero: può essere curato con una dose più
alta.
- paziente con multipli siti metastatici ed un intervallo libero breve dovrebbe essere trattato
con una terapia breve ed efficace

2. Far sapere lo scopo del terapia al paziente ed alla famiglia.

3. Essere sicuri che la metastasi è la causa dei sintomi esempio:


a. dolori alla costa possono essere:
una metastasi costale, una compressione del fegato o metastasi retroperitoneali
h. dolori di tipo sciatico possono essere:
compressione radicolare, o metastasi al corpo vertebrale, o altre metastasi sconosciute al medico.

4. Evitare le sequele radio-indotte evitando ulteriori effetti secondari ai sintomi già presenti.

5. Considerare la complessità della terapia


126

- più campi a più localizzazioni


- dati tecnici mal definiti

6. Considerare e rispettare la condizione del paziente.

PALLIAZIONE DEl TUMORI LOCALMENTE AVANZATI


I grossi tumori necessitano di alte dosi.
Se lo stato generale non è buono bisogna valutare la risposta al terapia poi decidere se continuare.

1. Polmone
L'ostruzione delle vie respiratorie è frequente nei pazienti con malattia avanzata: bassa saturazione
d'ossigeno
capacità respiratorie diminuite emottisi su invasione tumorale

2. Esofago
Ostruzione delle vie digestive => disfagia => afagia. La radioterapia dà una palliazione temporanea.
Possibilità di piazzare una protesi intraluminale. Pericolo di aspirazione se non si fa niente.

3. Emorragie urinarie, ostruzione


La causa più frequente è una recidiva di un adenocarcinoma del retto, carcinoma della vescica,
carcinoma della prostata o del collo uterino.
Per i pazienti "terminali", né la chirurgia né un terapia ormonale né chemioterapia sono
raccomandati.
L'irradiazione deve essere fatta con molta cura. Rivalutare gli effetti del terapia e decidere in
conseguenza della dose.

4. Dolori pelvici
Cause: sciatica, infiltrazione del plesso, dolori ossei. Bisogna ben definire la sede del dolore prima
di irradiare.
La dose totale, il numero del frazionamento dipende dallo stato del paziente e dalla dimensione dei
campi (es. 14 x 2.5 Gy = 35 Gy).
127

PALLIAZIONE DELLE MALATTIE METASTATICHE

METASTASI OSSEE:
- un candidato ideale è un paziente ambulatoriale con dei dolori localizzati, una radiologia positiva
per metastasi, < di 4 localizzazioni e non segni di ipercalcemia.
- se il paziente ha metastasi visibili alla radiologia, nessun dolore osseo e nessun rischio di frattura
si adotta un atteggiamento di tipo "wait and see"

RECIDIVA SOPRACLAVEARE (MAMMELLA, ORL, POLMONE)

- Metastasi nella regione orbitale (ossa dei tessuti molli) (figura 2)

METASTASI CEREBRALI:
- se una metastasi è unica si può operare, quindi chirurgia + radioterapia post-operatoria "
- se non è operabile, radioterapia cerebrale
- se metastasi non è unica, radioterapia cerebrale Dosi raccomandate sono: 5 x 4 Gy
10 X 3 Gy
14 x 2.5 Gy (permette una reirradiazione).

COMPRESSIONE: MIDOLLARE:
E' un evento raro ma con conseguenze devastanti.
Indicazione per una consulenza in neurochirurgia:
- in assenza di malattia tumorale
- le immagini radiologiche suggeriscono dei frammenti ossei nel canale spinale
- se il paziente è già stato trattato in altre sedi per interessamento tumorale senza risposta al
terapia (es.: rene, colon, melanoma).
- se non ci sono lesioni litiche a livello della compressione midollare con

EMERGENZE PER LA RADIOTERAPIA:


1. Compressione midollare (conseguenza funzionale)
2. Sindrome della vena cava superiore (conseguenze vitali)
128

48 – ADROTERAPIA: PRINCIPI FISICI E VANTAGGI RISPETTO ALLA


RADIOTERAPIA CONFORMAZIONALE

L’Adroterapia è una modalità di cura più giovane nella radioterapia (Hadrontherapy dal 1993) che utilizza
fasci di:
protoni (fine anni 80 primi anni ’90)
neutroni (a partire dagli anni ’40)
ioni carbonio (fine anni ’80 primi ’90)
pioni negativi (a partire dai primi anni ’70)
Questa metodica permette di irradiare tumori molto profondi, di seguire il contorno con precisione
millimetrica e di risparmiare maggiormente i tessuti sani circostanti.

Gli Adroni sono particelle subatomiche più pesanti degli elettroni, costituite da Quark: protoni, neutroni, ioni
leggeri (fino all’Argon).

Gli Adroni per terapia sono particelle che portate ad alta energia in una macchina acceleratrice sono in grado
di depositare energia per lo più alla fine del loro percorso nel corpo del paziente in corrispondenza del
volume bersaglio tumorale con minimo danno ad organi e tessuti sani circostanti al tumore.
In particolare: protoni accelerati a 200-250 MeV e ioni di carbonio accelerati a 4.500 MeV permettono di
irradiare, con dosi più elevate rispetto alle tecniche tradizionali, tumori profondi seguendone il contorno con
grande precisione risparmiando i tessuti circostanti.
Diversamente dalle tecniche convenzionali basate sui raggi X:
I raggi X rilasciano solo parte dell’energia sul tumore e coinvolgono anche i tessuti sani
La dose somministrata non può essere elevata
Per aumentare la dose al bersaglio-si usano più fasci di fotoni X incrociati (IMRT=Intensity Modulated
Radiation Therapy)
129

Produrre protoni da 200-250 MeV e ioni carbonio da 4500 MeV è più complesso e costoso che produrre
fotoni da 10-20 MV necessari per la terapia convenzionale a raggi X
I protoni da 200 MeV penetrano nel corpo fino 25-35cm (permettendo una migliore irradiazione dei tumori
profondi. Gli ioni carbonio cedono alla materia un’energia 23 volte superiore (4.500 MeV) rispetto ai fotoni;
hanno pertanto effetti qualitativamente diversi e sono elettivi nella cura dei tumori radio resistenti.
Permettono terapie ipofrazionate (8-10 sedute invece di 25-35) con beneficio per i pazienti.
Per la produzione di protoni si impiegano Ciclotroni di circa 3-4 metri di diametro e per gli ioni C sincrotroni
di 6-25 metri di diametro.
A Pavia è attivo il Centro Nazionale di Adroterapia Onologica (CNAO) che effettua irradiazione con protoni
e ioni carbonio.

VANTAGGI
1 Picco di Bragg: dose limitata ai tessuti sani

Per coprire un tumore di qualche cm bisogna sommare molti picchi stretti, ciò si ottiene variando l’energia
del fascio di Adroni carichi riducendola in piccoli passi (SOBP = Spread Out Bragg Peak). Con tecniche di
modulazione del fascio si allarga il picco fino a 15cm (tumore a dose uniforme pur con aumento dose nel
pianerottolo)

Questa specifica selettività fisica permette irraggiamenti mirati al bersaglio con cessione di energia a fine
percorso, maggiore risparmio dei tessuti sani limitrofi (minor effetti collaterali precoci e tardivi), possibilità
di modulazione (“spread out”) dell’ampiezza del picco di Bragg.
Ulteriore vantaggio dell’Adroterapia con particelle cariche, in particolare con ioni carbonio:
130

uno ione carbonio rilascia in ogni cellula attraversata un’energia ~20 volte maggiore di un protone
 ciò comporta per la maggior parte dei tessuti maggior efficacia biologica dei protoni e dei raggi X
nel danneggiare le cellule “radioresistenti” del tumore
Quasi abbandonato è invece l’uso dei neutroni. Per molti sistemi biologici i fasci di neutroni hanno EBR
superiore ai raggi X con ampia variabilità.
Da studi radiobiologici risulta che le cellule sane hanno minor capacità di riparare lesioni prodotte da
neutroni rispetto a quelle prodotte da raggi X e i neutroni hanno EBR più alta per tumori differenziati (a
crescita lenta) rispetto a quelli indifferenziati(rapidi).
Quindi i neutroni sono adatti per trattare tumori radioresistenti ma possono causare danni ai tessuti sani a
causa delle caratteristiche della distribuzione della dose.
Gli ioni C, in virtù dell’elevata selettività fisica rispetto ai neutroni (simile ai protoni) insieme alla minor
diffusione laterale rispetto ai protoni “combinano la selettività balistica dei protoni con l’elevato Let dei
neutroni”.

2 Collimazione del fascio


La collimazione molto elevata fino all’arresto necessita elevata precisione di puntamento sul bersaglio (circa
1mm) e un corretto posizionamento del paziente.

3 Dose rilasciata al DNA


I principali meccanismi di distruzione cellulare sono la produzione di radicali liberi (azione chimica) e la
rottura meccanica (azione fisica).
L’impiego di radiazioni ad alto LET (rispetto a fotoni e elettroni a basso LET) consente di ridurre la
radioresistenza dei tumori poco ossigenati.
Causa: per radiazioni ad alto LET gli effetti sono dovuti alle elevate cessioni locali di energia con
conseguenti più frequenti rotture del DNA delle cellule colpite.
L’Adroterapia consente di trattare casi difficili, tumori vicino agli organi critici, grazie alla migliore
conformazione al volume tumorale e al maggiore risparmio dei tessuti sani circostanti.
L’Adroterapia con ioni carbonio permette di trattare tumori radio resistenti per la maggior efficacia biologica
degli ioni carbonio rispetto alla radioterapia convenzionale e ai protoni. Inoltre ha una maggiore precisione
per i tumori profondi rispetto ai protoni.
Gli ioni carbonio sono preziosi perché lasciano 24 volte più energia in ogni cellula, riescono a controllare i
tumori radio resistenti che rappresentano più del 10% di tutti i tumori trattati.

Svantaggi e problemi:
difficoltà alla discriminazione tra problemi dosimetrici e problemi legati all’effetto biologico
costruzioni di gantry per l’irradiazione umana molto grandi e costosi
necessario ulteriore perfezionamento della dosimetria
131

“concorrenza” delle attuali sofisticate tecniche di RT ad alta onformazionalità (IMRT, image guided RT,
…)
necessità di trials clinici omogenei per valutare l’efficacia in tumoeri o pazienti selezionati.
132

49 - IRRADIAZIONE CORPOREA TOTALE (TBI): INDICAZIONI


CLINICHE E RUOLO DEL TECNICO NELLA PREPARAZIONE DEL
PAZIENTE E DELLE PROTEZIONI

Vedi anche allegato 14 Appunti dalle lezioni: Irradiazione corporea totale (TBI)

Il TSRM collabora con il medico radioterapista oncologo e l’esperto in fisica medica, esegue e coordina tutte
le operazioni relative al posizionamento del paziente e all’introduzione di dispositivi ausiliari (schermature,
compensatori personalizzati, ecc…) necessari alla corretta esecuzione del trattamento. Effettua il trattamento
radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento e registra i dati di ogni singola
frazione. È responsabile dello stato e dell’efficienza del sistema di immobilizzazione utilizzato dal centro. È
responsabile del comfort del bunker in collaborazione con il medico radioterapista oncologo, l’esperto in
fisica medica e l’infermiere.
Il tecnico è altresì responsabile di:
confezionamento di schermi protettivi (TSRM)
verifica del piano di cura su acceleratore lineare (TSRM, medico, fisico, infermiere)
esecuzione del trattamento (TSRM, medico, fisico, infermiere)
simulazione del paziente (TSRM, medico, fisico, infermiere): il TSRM allestisce nel bunker, alla
distanza prestabilita, il supporto necessario per la TBI; verifica lo stato e l’efficienza dello stesso e
controlla la presenza sul carrello per TBI di tutti i presidi necessari per la preparazione della stessa (croci
di centratura, triangoli di Pb, pelvimetro, forbici, biadesivo, pennarelli, cerotto, cassette porta pellicola).
Il TSRM inoltre provvede alla massima apertura dei collimatori dell’acceleratore lineare (40 x 40) e
alla rotazione degli stessi di 315 gradi.
A seconda della posizione scelta per l’irradiazione, il paziente viene posizionato dall’equipe di
terapia sul lettino dove verrà effettuato il trattamento.
Il giorno precedente l’esecuzione della TBI, il TSRM deve verificare che nella sala di terapia tutto sia
organizzato in modo da garantire la più appropriata condizione di terapia.
Il TSRM deve verificare la corretta posizione del supporto, incollare con biadesivo gli schermi polmonari sul
portaschermi, controllare spoiler e compensatori.
Parte fondamentale del trattamento stesso è la dosimetria in vivo che consente di verificare la dose assorbita
nel punto di riferimento e valutare l’omogeneità dosimetrica lungo il corpo del paziente (principalmente
lungo la linea mediana, con particolare attenzione agli organi critici).
133

TECNICHE DI IRRADIAZIONE NELLA IRRADIAZIONE CORPOREA TOTALE (TBI)


L’irradiazione corporea totale (TBI) fu descritta per la prima volta all’inizio degli anni ‘90 come “bagno di
raggi x” ed è una metodica radioterapica che riveste un ruolo di primaria importanza per il condizionamento
al trapianto di cellule staminali emopoietiche.
Le tecniche di TBI sono:
TBI mieloablativa dosi variabili da 7 a 15, 75 Gy (dosi sopraletali) nel condizionamento BMT.
TBI non mieloablativa con dosi di 1-2 Gy in un’unica somministrazione nel condizionamento, BMT
allogenici in pazienti in età avanzata o già sottoposti a BMT non trattati con TBI, o in pazienti pediatrici
con malattie ematologiche non maligne.
TBI basso dosaggio con dosi di 1-1, 5 Gy in regime ipofrazionato (10-15 cGy/die per 2-3 sedute
settimanali) nei LNH basso grado o nella LLC.
La scelta della tecnica d’irradiazione è una fase di stretto rapporto collaborativo tra esperto in fisica medica e
radioterapista oncologo al fine di garantire un’omogenea distribuzione di dose sull’intero corpo del paziente.
Non esiste una tecnica ottimale e comune a tutti i centri di radioterapia.
La scelta della tecnica d’irradiazione è determinata da alcuni aspetti quali:
Condizioni geometriche del bunker.
Sistemi di contenzione del paziente.
Unità di terapia.
Tipo d’incidenza del fascio.
Posizionamento di schermi, compensatori, spoiler.
Sistemi di verifica per il posizionamento di schermi e compensatori.
Distribuzione dispositivi per dosimetria in vivo.
Set-up (ridurre i tempi di posizionamento, garantire normale svolgimento di ogni seduta,
standardizzare il comportamento dell’equipe, garantire accurata distribuzione della dose).
Nella definizione della tecnica d’irradiazione vengono considerati:
Volume bersaglio.
Organi a rischio.
Punto di riferimento della dose.
Dose prescritta al volume bersaglio e al polmone.
Di solito vengono utilizzate tecniche a due campi contrapposti.
I grandi campi di irradiazione vengono ottenuti mediante la rotazione a 90° della testata e a 45° del
collimatore per sfruttare la diagonale del campo con DFP da 3 a 6 metri.
Presso la Struttura Complessa di Radioterapia Oncologica della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo
di Pavia la DFP è fissata a 4, 70 metri.
134

Posizione del Direzione del Vantaggi e indicazioni. Svantaggi.


paziente fascio
Decubito laterale Orizzontale Incidenza anteriore e posteriore, possibile Richiede un’accurata
posizionamento di schermi e compensatori, indicata verifica della posizione
nei trattamenti a dose singola perché può essere degli schermi.
mantenuta a lungo.
Semi-eretta Orizzontale Incidenza anteriore e posteriore, facile Non può essere
posizionamento di schermi e compensatori, indicata mantenuta per lungo
nei trattamenti frazionati. tempo.

Supina / Prona Verticale Indicata per bambini di statura inferiore a 1 m circa È limitata dalla statura
che devono essere sedati. del paziente.

Supina / Supina Orizzontale Confortevole e riproducibile. Incidenza laterale e


in posizione Indicata per pazienti pediatrici. difficoltà di
raccolta posizionamento di
schermi e
compensatori.

Stabiliti i parametri di base della TBI bisogna considerare l’esecuzione del trattamento che richiede una serie
di procedure che sono state oggetto anche della stesura di linee guida per l’assicurazione di qualità (QA).
Procedure TBI:
visita di radioterapia (personale dedicato: medico, infermiere): prima di avviare la procedura TBI e
valutare la fattibilità della stessa, il medico radioterapista oncologo visita il paziente eprende visione
degli accertamenti bioumorali e strumentali effettuati dallo stesso. Se non emergono ostacoli al
trattamento radiante, il paziente viene informato delle procedure che dovranno essere eseguite e
degli eventuali effetti collaterali.
scelta del regime di condizionamento (medico): Il medico radioterapista stabilisce il tipo di schema
di terapia da somministrare al paziente in funzione della patologia trattata, del tipo di trapianto
(autologo o allogenico), del tipo di donatore (familiare compatibile, familiare parzialmente
compatibile, non consanguineo) e del grado di istocompatibilità.
Tipi di frazionamento delle dosi:
12 Gy (due frazioni giornaliere di 2 Gy per 3 giorni con dose al polmone di 9 Gy);
9.99 Gy (una frazione giornaliera di 3.33 Gy per 3 giorni con dose al polmone di 7 Gy) in caso
di pazienti pediatrici che necessitano di anestesia generale;
8 Gy per i trapianti mismatched (una frazione giornaliera con dose-rate di 18-20 cGy/minuto con
dose al polmone di 4 Gy).
135

definizione del PTV e degli organi critici, prescrizione della dose e stesura del piano di cura (medico,
fisico): Il volume bersaglio (PTV = planning target volume) della TBI è rappresentato dall’intero corpo
compresa la cute.
La prescrizione della dose e la stesura del piano di terapia vengono fatte dal radioterapista oncologo.
La dose deve essere somministrata all’emispessore dell’ addome e del polmone sulla base dei dati geometrici
e densitometrici forniti dalla tomografia computerizzata.
La variazione della dose nei diversi punti di riferimento deve essere compresa tra ± 10%; nei casi in cui, per
le disomogeneità di spessore del paziente non rientra in tale range, deve essere previsto l’impiego di
compensatori per le aree a minor spessore.
Nella prescrizione della dose viene indicato il frazionamento della stessa, il valore della dose singola totale e
il rateo di dose.
simulazione del paziente (TSRM, medico, fisico, infermiere):
Posizione paziente: supino o decubito laterale destro.
Topogramma in AP e LL
Scansioni: spessore 10 mm (cranio, collo, parete toracica, polmone, ombelico, pube, arti inferiori)
Richiamo scansioni: calcolo spessori corporei e densità polmonare.
Invio immagini via rete per elaborazione piano di terapia.
confezionamento di schermi protettivi (TSRM): vedi domanda 56
verifica del posizionamento su acceleratore lineare (TSRM, medico, fisico, infermiere): dopo aver
costruito la sagoma dello schermo polmonare, il Paziente viene nuovamente posizionato nella posizione
prescelta per il trattamento. Lo schermo viene posizionato sotto l’ascella del Paziente per il decubito
laterale o su appositi supporti di plexigalss da attaccare alle pareti del lettino per il decubito laterale.
Gammagrafia con incidenza del fascio a sinistra (decubito supino) o posteriore (decubito laterale). Come
reperi si possono utilizzare nei visibili, o in loro assenza si utilizzano tatuaggi.
esecuzione del trattamento (TSRM, medico, fisico, infermiere): il giorno precedente l’esecuzione della
TBI, il TSRM deve verificare che nella sala di terapia tutto sia organizzato in modo da garantire la più
appropriata condizione di terapia.
Il TSRM deve verificare la corretta posizione del supporto, incollare con biadesivo gli schermi polmonari sul
portaschermi, controllare spoiler e compensatori.
Parte fondamentale del trattamento stesso è la dosimetria in vivo che consente di verificare la dose assorbita
nel punto di riferimento e valutare l’omogeneità dosimetrica lungo il corpo del paziente (principalmente
lungo la linea mediana, con particolare attenzione agli organi critici).
In stazione semieretta: il paziente, in posizione AP, viene fatto appoggiare dal TSRM con il dorso al
plexiglass porta-film alla distanza stabilita durante la preparazione; il TSRM posiziona poi il
plexiglass porta-schermi alla distanza stabilita durante la simulazione di terapia. Il medico
radioterapista controlla la posizione delle schermature verificando che le croci sul portaschermi
136

corrispondano ai tatuaggi sullo xifoide e sul manubrio sternale; l’equipe di terapia con la luce campo
verifica che il posizionamento del diodo polmonare sia corretto. Il decubito seduto nella S.C. di
Radioterapia Oncologica della Fondazione San Matteo è stato da anni abbandonato.
L’equipe di terapia effettua una gammagrafia in AP; si correggono eventuali errori nel
posizionamento degli schermi polmonari dopo aver visionato l’immagine digitale o lo sviluppo del
film.
Inoltre il Medico e il Fisico valutano sull’immagine digitale o sul film il corretto posizionamento dei
diodi.
In decubito laterale destro: il paziente viene poi fatto appoggiare dal TSRM con il dorso al plexiglass
in decubito laterale destro con il braccio destro sopra il capo e il braccio sinistro lungo il fianco.
L’equipe di terapia provvede ad allineare il piano sagittale del paziente con il laser orizzontale a
livello dell’isocentro sulle creste iliache.
Il piano medio del paziente viene allineato alla DNT dal TSRM secondo i parametri stabiliti durante
la simulazione e descritti da un’apposita tabella presente nella cartella clinica.
Il TSRM provvede, prima dell’inizio del trattamento, alla massima apertura dei collimatori
dell’acceleratore lineare (40 x 40) e alla rotazione degli stessi di 315 gradi.
Il Medico Radioterapista e il TSRM posizionano le schermature polmonari facendo corrispondere le
croci di centratura con i tatuaggi o i nei marcati col pennarello sul dorso del paziente.
Il TSRM, coadiuvato dal Medico, su indicazione dell’Esperto in Fisica Medica, provvede al
posizionamento corretto di eventuali compensatori per il cavo orale, l’encefalo, il collo e gli arti
inferiori dello spessore di 1-3 mm.
L’equipe di terapia effettua una gammagrafia in PA; si correggono eventuali errori nel
posizionamento degli schermi polmonari e dei compensatori per l’encefalo, il cavo orale e il collo,
dopo aver visionato l’immagine digitale o lo sviluppo del film.
A paziente supino: Il bambino viene posizionato dal TRSM sul lettino in decubito supino con le
braccia lungo i fianchi e le mani incrociate sull’addome; sotto le braccia del bambino vengono
posizionati cuscinetti in spugna per portare gli omeri all’altezza dei polmoni e allontanarli dalla
colonna vertebrale.
L’equipe di terapia provvede ad allineare il piano sagittale del paziente con il laser orizzontale a
livello dell’isocentro sull’ombelico.
Il piano medio del paziente viene allineato alla DNT dal TSRM secondo i parametri stabiliti durante
la simulazione e descritti sull’apposito modulo presente nella cartella clinica.
Il Medico Radioterapista posiziona la schermatura polmonare sotto l’ascella del paziente.
Il TSRM, coadiuvato dal Medico, su indicazione dell’Esperto in Fisica Medica, provvede al
posizionamento corretto di eventuali compensatori per l’encefalo, il collo e gli arti inferiori dello
spessore di 1-3 mm.
137

Per l’esecuzione: si inizia il trattamento vero e proprio, per ogni seduta vengono eseguite 2 emifrazioni di;
ogni emifrazione viene ulteriormente suddivisa in due irradiazioni con verifica intermedia delle UM da parte
del fisico e film di verifica lasciato durante lo svolgimento di ogni irradiazione. Il TSRM procede su
indicazione del fisico all’erogazione delle UM e insieme al medico procede ad eventuali correzioni della
posizione del paziente dopo lo sviluppo del film alla fine di ogni emifrazione.
follow-up (medico, infermiere):

Gli effetti collaterali acuti sono: Astenia, nausea, vomito (possono comparire dopo 3 Gy e restare intense per
24-48 ore), diarrea, eritema cutaneo, mucosite, alopecia, tumefazione transitoria bilaterale delle parotidi
(puo’ insorgere entro 12 ore anche dopo basse dosi di radiazione ed esaurirsi entro 48 ore) associato ad
innalzamento dell’amilasi serica.
Gli effetti sub-acuti e tardivi sono: insufficienza renale, polmonite interstiziale, cataratta, ritardo della
crescita, ritardo puberale, amenorrea definitiva, sterilità maschile, malattia veno-occlusiva epatica, deficit
cognitivi, tossicità neurologica, ipotiroidismo compensato e/o manifesto.

PROCEDURE PER CONFEZIONAMENTO DELLE PROTEZIONI.


Esperto in fisica medica, medico radioterapista, TSRM.
Disegno degli schermi polmonari su radiogramma (medico).
Riproduzione dello stesso su carta da lucido (TSRM).
Calcolo fattore di riduzione (fisico)
Fotocopia disegno degli schermi secondo fattore di riduzione (TSRM).
Ingrandimento stampe gammagrafia con disegno dello schermo polmonare ottenuto tramite sistema CR dei
fattori d’ingrandimento calcolati dal fisico.
Riproduzione sagoma su polistirolo con matita o pennarello.
Taglio del polistirolo.
Colata lega bassofondente.
Verifica immediata degli schermi, senza tener conto dello spessore reale calcolato dal fisico per gli stessi, per
controllare l’esatta corrispondenza della colata provvisoria alla schermatura dei polmoni. (Paziente
collaborante).
Pazienti in decubito supino: una sola fusione.
138

50 – TECNICHE DI BRACHITERAPIA PER CARCINOMA DELLA


PROSTATA

La Brachiterapia è una tecnica radioterapia che utilizza sorgenti radioattive in forma sigillata utilizzate in
regime di dose continuo e che prevedono tecniche di applicazione a caricamento radioattivo differito o
remotizzato.
Tale tipo di cura si rivolge, quasi esclusivamente, a neoplasie localizzate e che quindi conservano alte
possibilità di guarigione locale.
La Brachiterapia si esegue introducendo la sorgente radioattiva in forma sigillata direttamente nel tessuto
neoplastico o nelle sue immediate vicinanze.
Si riconoscono tre tipi di brachiterapia:
Brachiterapia endocavitaria: in cui le sorgenti radioattive (cesio, iridio) sono inserite tramite vettori o
opportuni cateteri in organi cavi (es. cervice uterina)
Brachiterapia endoluminale: in cui le sorgenti radioattive (cesio, iridio) sono inserite tramite vettori o
opportuni cateteri in organi dotati di lume (esofago, trachea e bronchi);
Brachiterapia interstiziale, che consiste nell’impianto di piccole sorgenti radioattive (cesio, iridio, iodio,
palladio) all’interno di un tessuto mediante tecniche chirurgiche poco invasive. Si utilizza per il trattamento
di tumori della prostata, di neoplasie piccole della testa o del collo, di tumori della mammella già operati.
Negli ultimi anni la Brachiterapia della prostata ha riscosso un rinnovato interesse come trattamento
alternativo nei casi di tumore localizzato della prostata.
Esiste una modalità di impianto temporaneo-ad alte dosi (HDR) e una modalità di impianto permanente a
basse dosi (LDR). In entrambi è prevista l’applicazione per via transperineale della sorgente radioattiva sotto
guida ecografica, ma nella Brachiterapia a basse dosi la sorgente radioattiva (semi di Iodio 125 o Palladio
103, quest’ultimo meno utilizzato) rimane permanentemente nella prostata, mentre in quella ad alte dosi i
semi (Iridio 192) devono poi essere rimossi.
Caratteristiche fisiche dell’Iridio 192
Energia 310 KeV
T½ 74 gg
Dose / frazione 38 Gy / 4 fr
54 Gy / 9 fr
Per gli impianti permanenti a basso dose rate (LDR), gli isotopi impiegati sono il Palladio (Pd – 103) (meno
utilizzato) e lo Iodio (I – 125), attualmente più utilizzato.
Il Palladio ha un tempo di dimezzamento più breve rispetto allo Iodio, esplicando la sua azione con
emissione di energia in un tempo più breve; per questo motivo, il Palladio potrebbe essere più efficace nel
trattamento dei tumori più aggressivi, a crescita più veloce.
Le caratteristiche dei due isotopi sono riassunte nella seguente tabella.
139

Caratteristiche fisiche I – 125 Pd – 103


degli isotopi
Energia 28 keV 21 keV
T½ 60 giorni 17 giorni
Rateo di dose 8 cG / h 24 cG /h
Dose totale 145 Gy 125 Gy

Tumore trattato Lenta crescita Rapida crescita

Gleason 4–6 7

Il numero di semi utilizzato varia in relazione alle dimensioni della ghiandola ed è in media compreso tra 80
e 100 semi e il numero medio di aghi è di circa 30.
La dose prescritta alla prostata è di 145 Gy e i criteri dosimetrici da rispettare nella realizzazione
dell’impianto sono i seguenti.

DEFINIZIONE DEL VOLUME DI TRATTAMENTO NELLA BRACHITERAPIA PER CARCINOMA


DELLA PROSTATA.
Circa 3 – 4 settimane prima dell’impianto viene eseguita in regime ambulatoriale un ecografia transrettale
per la valutazione morfologica e del volume della ghiandola e degli archi pubici; questo studio serve a
calcolare il numero delle sorgenti radioattive necessarie per il trattamento e l’ordine presso la ditta fornitrice.
La procedura di impianto è effettuata in regime di day surgery o con un ricovero di due giorni; viene eseguita
in sala operatoria in anestesia generale, dura circa 90 minuti.
Il paziente viene posto sul letto operatorio in decubito ginecologico ed è sottoposto ad anestesia.
Per prima cosa viene posizionato un catetere endovescicale, che consentirà di identificare il tragitto
dell’uretra e la base della vescica.
Una sonda ecografica transrettale consente di acquisire una serie di scansioni assiali della ghiandola
prostatica.
La sonda ecografica è montata su un apposito supporto, fissato al letto operatorio, che consente il movimento
lungo i tre assi spaziali x, y, z, fino a quando non si è raggiunta un’ottima visualizzazione della ghiandola
prostatica. Fissata questa posizione è possibile, con fine regolazione e mediante una scala graduata, ottenere
tutte le scansioni necessarie alla valutazione delle dimensioni della prostata.
Le scansioni ecografiche vengono contornate, una alla volta, sullo schermo dell’ecografo dal Medico
Radioterapista, per delineare i volumi di interesse, cioè meglio la prostata e gli organi a rischio; i dati
acquisiti sono trasferiti al sistema informatico, con il quale il Fisico Sanitario elabora il piano di terapia.
Il piano di trattamento 3D, realizzato in circa 15 minuti dal Fisico Sanitario in collaborazione con il Medico
Radioterapista, fornisce un’accurata dosimetria al Planning Target Volume (PTV) e agli organi a rischio, con
l’individuazione del numero di aghi vettori necessari al trattamento e la loro posizione nel volume di
140

interesse; inoltre fissa il numero totale di semi radioattivi da impiantare e la loro suddivisione nei singoli
aghi, che possono essere caricati con un numero variabile da 1 a 6 semi.
141

51 - COMPITI SPECIFICI DEL TECNICO NEI CONTROLLI DI QUALITA’


IN RADIOTERAPIA ONCOLOGICA

(Vedi anche Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Controlli di qualità”, 2° anno).

Il TSRM (o RT) in Radioterapia ha come obiettivo la valutazione della qualità del


trattamento non solo come controllore di sé stesso ma anche dell’intero procedimento in
termini di qualità.

L'RT cura l’archiviazione e l’aggiornamento della documentazione prodotta nell’espletamento della propria
attività, degli strumenti e dei materiali di consumo direttamente utilizzati.
L'RT nei reparti nei quali si svolge attività di brachiterapia, cura:
a) allestimento dei preparati radioattivi
b) recupero e immagazzinamento delle sorgenti
c) esecuzione delle operazioni di controllo delle eventuali
contaminazioni
d) esecuzione delle operazioni di decontaminazione degli oggetti e
degli ambienti
e) tenuta e aggiornamento del registro di carico e scarico del
materiale radioattivo del reparto

Controlli di qualità
L'RT tiene in efficienza la strumentazione dosimetrica in dotazione al Servizio di fisica sanitaria utilizzata in
radioterapia, con i relativi accessori, secondo il programma di CQ stabilito dall’esperto in fisica medica.
Esegue le operazioni di controllo di efficienza degli impianti a lui affidati ed effettua la loro predisposizione
all’uso;
Partecipa direttamente all’espletamento del programma di CQ delle unità di trattamento e di simulazione e
dei relativi sistemi accessori, effettuando misure dosimetriche di uso corrente e la rilevazione degli altri
parametri geometrici secondo procedure definite su indicazione dell’Esperto in fisica medica;
Collabora con l’Esperto in fisica medica alla verifica del funzionamento delle apparecchiature dopo ogni
intervento di manutenzione e di riparazione;

Basilare, per gli RT, è la verifica quotidiana dei parametri fondamentali per la pratica clinica quali:
sicurezza elettrica e meccanica (es. interblocco porta accesso bunker)
dispositivi di avvertimento ottici e acustici, spie luminose
indicatori ottici dell'isocentro (laser)
142

indicatore ottico della distanza di trattamento (telemetro)


corrispondenza tra campo luminoso e campo nominale
eventuale degradazione della qualità dell’immagine

Inoltre il sistema di acquisizione di immagini OBI® necessita di controlli di qualità in grado di verificare la
stabilità dei parametri che permettono di garantire la sua efficienza e stabilità. A tale scopo sono stesi
protocolli, ispirati ai controlli dell'Acceptance Test stesso, tali da permettere la valutazione della:
sicurezza
funzionalità
geometria
qualità dell'immagine

Non dimentichiamo inoltre che l'RT:


contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente alle attività di aggiornamento,
ricerca e didattica in relazione al proprio profilo professionale
espleta ogni altra operazione tecnica concordata con il medico oncologo radioterapista
In tutte le Strutture di Radioterapia onoclogica deve essere individuato un tecnico con funzione di
coordinamento
143

52 - RADIOPROTEZIONE DEL PAZIENTE IN RADIOTERAPIA


ONCOLOGICA

(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Radioprotezione”, 2° anno).

Ottimizzazione: le attività devono essere periodicamente riconsiderate e ottimizzate


Giustificazione: le esposizioni devono essere mantenute al livello più basso possibile in rapporto a fattori
economici e sociali
Limitazione delle dosi: la somma delle dosi ricevute non deve superare i limiti prescritti

Rischio: probabilità che sia raggiunto un livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di
esposizione, nonché dimensioni possibili del danno stesso; accezione descrittiva in espressioni quali
stima del rischio ed eccesso di rischio relativo (I.C.R.P. 60)
Pericolo: proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità (per es. materiali, attrezzature, metodi e
pratiche di lavoro) avente la potenzialità di causare danni (UE)
Le moderne leggi che costituiscono la base normativa per l’esposizione a sorgenti di radiazioni ionizzanti, in
Italia sono applicazioni di disposizioni comunitarie europee (Direttive EURATOM).
La normativa protezionistica stabilisce che tutte le pratiche che comportino un’esposizione alle radiazioni
ionizzanti debbano essere preventivamente giustificate dai loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo,
rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare. Tali pratiche, inoltre, debbono essere attuate in modo da
mantenere l’esposizione al livello più basso ragionevolmente possibile.
Disposizioni legislative italiane relative al recepimento di norme europee relative alla radioprotezione:
D.lgs. 230/95
D.lgs. 187/00

I pazienti esposti a radiazioni ionizzanti in ragione di esami e cure mediche.


In questo caso, si distinguono due diverse situazioni, relative agli ambiti diagnostico e terapeutico. Nel primo
caso, si fa ancora riferimento al rischio stocastico e vengono stabiliti dei livelli di esposizione da non
superare per ciascun singolo esame. I limiti (livelli diagnostici di riferimento) sono cautelativi.
Nel caso della radioterapia, invece, il danno alle strutture sane dell’organismo avviene comunque, e si tratta
anche di effetti di tipo non stocastico, quindi in larga misura prevedibili nel singolo paziente, ma che possono
essere considerati accettabili a fronte della guarigione o del miglioramento della condizione patologica: non
vengono quindi stabiliti livelli di esposizione da non superare.
Nell’uno e nell’altro caso, tuttavia, accanto alla norma della “giustificazione” della procedura sulla base della
prescrizione specialistica, esiste quella della “ottimizzazione” di essa, cioè dell’adeguamento alle condizioni
144

migliori possibili di espletamento della procedura diagnostica o terapeutica, ai fini del contenimento del
danno. Ogni esposizione deve essere preventivamente giustificata.

Art. 3 Il principio di giustificazione del trattamento DL N. 187, 26 MAGGIO 2000


La prescrizione del trattamento radiante, come in ogni altra specialità medica ed a maggior ragione per la
gravità della patologia e per la potenziale iatrogenia del mezzo di cura, deve essere uniformata a criteri
aggiornati di evidenza clinica. A questo riguardo, è necessario il riferimento a testi di letteratura medica
recenti ed autorevoli, da parte dello specialista, o ad articoli scientifici di significato rilevante e
metodologicamente ineccepibili, editi anch’essi negli ultimi anni.
È invocato da molti il riferimento a linee guida, specifiche per ogni tipo di patologia, situazione clinica o
procedura, formulate da organismi scientifici riconosciuti dalle autorità nazionali, regionali o dalle istituzioni
locali. La radioterapia dei tumori maligni è giustificata, in genere, quando ricorre quanto definito dall’art. 3,
comma 2: deve essere sufficientemente efficace nella specifica situazione clinica, alla luce del potenziale
beneficio da essa prodotto sulla salute del paziente, tenendo conto del danno che potrebbe derivarne al
paziente stesso e ad altri e tenendo conto, inoltre, dell’efficacia, dei vantaggi e dei rischi di tecniche
alternative disponibili per la stessa indicazione clinica, non comportanti l’esposizione a radiazioni ionizzanti.
“La radioterapia con intento radicale (o di cura definitiva) dei tumori maligni è giustificata quando si
prefigge lo scopo della guarigione del paziente dalla malattia neoplastica. In questo caso è accettabile, previo
consenso informato da parte del paziente, anche la prospettiva concreta di un danno grave …. essa è
giustificata solo se eseguita con le modalità tecniche e dosimetriche più sofisticate possibili, in funzione
dell’evidenza scientifica e della tecnologia al momento disponibile. La radioterapia con intento palliativo o
sintomatico è giustificata quando si prefigge lo scopo di migliorare la condizione sintomatologia e, in genere,
la qualità e l’attesa di vita del paziente. In questo caso non è accettabile la prospettiva di un danno grave o il
rischio di lesioni non
compatibili con la vita
La radioterapia, praticata a pazienti nell’ambito di programmi di ricerca (art. 1, coma 2, capo d), se con
indicazioni, parametri tecnici o dosimetrici differenti da quelli contenuti in testi di riferimento e nella
letteratura medica degli ultimi anni, o se in associazioni non consuete con altre metodiche non radioterapiche
di cura, è giustificata solo se esistono valide premesse scientifiche …….
La radioterapia praticata a pazienti pediatrici o a donne in stato di gravidanza è giustificata, con criteri di
indicazione il più possibile restrittivi….. È necessaria, per le donne in stato di gravidanza al I e II trimestre,
la comunicazione alla paziente del rischio per il prodotto del concepimento, ed è talvolta auspicabile
l’eventuale interruzione della gravidanza prima del trattamento radiante. È necessario, comunque,
l’ottenimento di un consenso informato specifico …
… non è giustificata in alcuna circostanza l’esposizione in corso di trattamento di persone che assistono
coscientemente e volontariamente i pazienti sottoposti a radioterapia.
145

Art. 4 Principio di ottimizzazione DL N. 187, 26 MAGGIO 2000


Tutte le dosi dovute a esposizioni mediche per scopi radiologici devono essere mantenute al livello piu' basso
ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell'informazione diagnostica richiesta o con
il fine terapeutico perseguito, tenendo conto anche di fattori economici e sociali
Per la radioterapia, non vengono ovviamente definiti dei livelli di dose di riferimento, per il motivo già
enunciato che il danno alle strutture sane dell’organismo avviene comunque, e si tratta anche di effetti di tipo
non stocastico, quindi in larga misura prevedibili nel singolo paziente (NTCP), ma che possono essere
considerati accettabili a fronte della guarigione di una malattia che ha quasi sempre prognosi grave, se non
curata, o del miglioramento della condizione patologica. La norma enuncia però il principio secondo cui le
dosi a volumi non coinvolti dalla patologia di interesse devono essere le più basse ragionevolmente
ottenibili. Il risultato del minimo danno possibile, però, è ottenibile non solo con la tecnologia estremamente
avanzata che è oggi disponibile per la definizione dei volumi di interesse e lo sviluppo, attuazione e verifica
dei piani di trattamento, ma anche con il possesso degli elementi culturali di radiobiologia e di clinica, che
consentano di ottenere il miglior indice terapeutico (rapporto fra risultato terapeutico e danno iatrogeno) nel
singolo paziente. Si può fare riferimento, a questo proposito, a tutto quello che è stato enunciato circa il
frazionamento della dose, nella prima parte di questi appunti. Più ancora che per la radiodiagnostica, per la
radioterapia buona pratica clinica e buona pratica protezionistica del paziente coincidono.
146

53 - RADIOPROTEZIONE DEL LAVORATORE IN RADIOTERAPIA


ONCOLOGICA

(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Radioprotezione”, 2° anno).

Le radiazioni ionizzanti esplicano la loro azione lesiva a livello molecolare, cellulare e tissutale dei vari
organi. A livello molecolare le radiazioni ionizzanti provocano danni sugli acidi nucleici, sulle proteine sui
lipidi causando una alterazione strutturale che può dar origine ad una mutazione genetica, una denaturazione
proteica ed una rottura di catene lipidiche. A livello cellulare le radiazioni agiscono sia sul nucleo che sul
citoplasma producendo una grave alterazione delle loro funzioni soprattutto riproduttive, per cui si può avere
anche la morte della cellula. Le conseguenze della irradiazione sui vari organi dipendono dal tessuto
interessato e certamente gravi sono le lesioni prodotte sulle gonadi e sul prodotto del concepimento, proprio
in funzione di quanto detto prima.
L'azione delle radiazioni si svolge soprattutto a livello del nucleo cellulare con lesioni cromosomiche che
possono portare alla scomparsa della capacità riproduttiva della cellula, alla morte cellulare o alla comparsa
di mutazioni genetiche. Da queste può derivare in taluni casi una degenerazione neoplastica della cellula
stessa e quindi dalle lesioni da radiazioni ionizzanti possono risultare talora forme neoplastiche come gli
epiteliomi della cute delle "mani dei radiologi" o le leucemie da radiazioni.
Le piccole quantità di radiazioni assorbite pressochè quotidianamente dal personale medico, tecnico ed
infermieristico che svolge le proprie mansioni in prossimità delle fonti radiogene possono provocare nel
tempo, e con l'accumulo, lesioni e danni che vanno sotto il nome di danni professionali.
Dal punto di vista clinico, i danni professionali possono essere distinti in:
1) danni locali soprattutto a carico della cute delle mani (cute secca, distrofica con aree di discheratosi da cui
possono derivare tumori epiteliali a lenta evoluzione);
2) danni generali a carico delle cellule del sangue e del midollo osseo con mielopenia. Nelle forme più gravi
si ritrovano nel sangue periferico forme immature della serie bianca ed è possibile si instauri una forma
leucemica;
3) danni della ghiandole riproduttive (testicolo e ovaio) con possibilità di sterilità per distruzione della cellula
della serie germinativa oppure con comparsa di mutazioni geniche nelle cellule germinali e possibile nascita
di prole con gravi alterazioni.
Dal punto di vista delle modalità di esposizione, i danni possono essere suddivisi in:
1) Sindrome da irradiazione generale acuta: è conosciuta come malattia da esplosioni atomiche. Le lesioni,
oltre che dalla radioattività, sono causate dal calore e dalla energia meccanica. Il calore è responsabile di
ustioni spesso gravissime; l'energia meccanica di ferite e fratture di diverso tipo e gravità sia per azione
diretta che indiretta (crolli, macerie, ecc.); le lesioni dovute alla radioattività variano da forme rapidamente
mortali per danno nervoso a forme con acuzie minore con lesioni del sistema ematopoietico (anemia,
147

leucopenia, emocitopenia da aplasia midollare). Questi segni possono presentarsi anche tardivamente e
spesso la malattia assume l'andamento della forma sistemica di tipo leucemico;
2) Sindromi da irradiazioni ripetute a piccole dosi: si tratta di malattie professionali che colpiscono i
radiologi, i tecnici di radiologia e gli addetti alla lavorazione del materiale radioattivo. Le parti più colpite
sono i tegumenti, le mucose e le cellule più giovani di tutti gli altri apparati. Le lesioni sono di tipo cronico e
per lo più interessano le mani: la cute è secca, i peli cadono, insorgono delle piccole ulcerazioni periungueali
("mano da radiologo"). Le gonadi sono particolarmente sensibili alle radiazioni trattandosi di organi costituiti
da cellule giovani rapidamente rinnovantisi.
3) Sindromi da irradiazioni ripetute a forti dosi circoscritte: sono quasi sempre dovute a forti irradiazioni
effettuate a scopo terapeutico. A carico della cute si possono avere forme acute o gravi dermatiti bollose o
necrosanti cui spesso residuano ulcere che non hanno alcuna tendenza alla guarigione.
4) Danno della irradiazione sul feto: dosi anche assai modeste di raggi possono esercitare un'azione dannosa
sul feto. Le radiografie dovrebbero essere eliminate nella donna gravida soprattutto nei primi mesi, ed il loro
impiego lasciato solamente a quei casi di assoluta necessità.

RADIOPROTEZIONE DEL LAVORATORE


La possibilità di insorgenza di danni da radiazioni nel personale che lavora a contatto con le fonti radiogene
fa si che si rendano necessarie alcune precauzioni di tipo protezionistico.
Fortunatamente nel corpo esistono numerosi meccanismi di riparazione dei danni fisici, chimici o infettivi
che vengono a colpire il corpo stesso, per cui solamente in pochi casi le lesioni riescono ad evidenziarsi
nell'organismo. Inoltre le apparecchiature utilizzate negli ultimi 30 anni posseggono migliori caratteristiche
tecniche, tanto da esporre il personale a più basso irraggiamento. Tuttavia, proprio per la potenziale
pericolosità delle radiazioni, i lavoratori devono proteggersi il più possibile, senza peraltro enfatizzare il
pericolo dei danni da radiazioni. Il lavoratore deve conoscere i mezzi di protezione dalle radiazioni e metterli
in opera nel lavoro quotidiano, con lo stesso metodo rigoroso che applica il tutti i settori del proprio operato.
Se è infatti normale per un lavoratore accudire il paziente con i guanti, che evitano o riducono la possibilità
di contagio infettivo, altrettanto normale deve essere l'impiego dei mezzi di protezione dalle radiazioni.

L'uso delle radiazioni ionizzanti è regolamentato da numerose leggi dello Stato, che prevedono anche
sanzioni penali per chi non effettua una corretta radioprotezione. Per il personale adibito all'uso delle
radiazioni ionizzanti la legge prevede tra l'altro una particolare sorveglianza delle condizioni di lavoro, con
controlli fisici sulle apparecchiature e sanitari sui lavoratori.
Le precauzioni da adottare da parte del lavoratore che opera a contatto con le radiazioni ionizzanti sono
indicate a cura del datore di lavoro (amministrazione dell'ospedale o, per delega, Direttore sanitario) e dal
preposto al servizio o alla divisione (primario o suo delegato, quale aiuto o capo sala) e ogni lavoratore deve
obbligatoriamente conoscerle ed attenersi ad esse.
148

Il personale viene classificato da appositi esperti di radioprotezione in lavoratori professionalmente esposti e


lavoratori di gruppi particolari. Il personale medico e tecnico di radiologia della radiologia, medicina
nucleare, radioterapia è "esposto di categoria A o B", mentre il restante personale medico o infermieristico o
altro è in generale assegnato ad uno degli altri gruppi, ma in particolari casi può essere classificato esposto.
A queste differenti classificazioni competono benefici contrattuali differenti, ma resta l'obbligo, ai fini della
tutela della propria salute, di un corretto modo di proteggersi dalle radiazioni. I concetti fondamentali da
rammentare in tema di radioprotezione sono:
1 - il tempo: più breve è l'esposizione alle radiazioni, minore è la quantità di radiazioni assorbite;
2 - la distanza: più ci si allontana dalla sorgente di radiazioni, minore è la quantità di radiazioni assorbita e
questa diminuzione varia con il quadrato della distanza (pertanto raddoppiando la distanza si diminuisce di
quattro volte la irradiazione);
3 - le schermature: con questo termine si indicano le protezioni di piombo o di materiali assorbenti le
radiazioni, esse possono essere:
3.1. - schermature fisse: sono quelle poste nelle pareti all'atto della costruzione della stanza nella quale si
trova l'apparecchiatura;
3.2. - schermature delle apprecchiature: sono poste attorno all'apparecchiatura stessa a cura della casa
costruttrice e non evono assolutamente essere rimosse, anche se talvolta rendono un poco più lento il lavoro
o pesante l'apparecchiatura;
3.3. - schermature personali: sono portate direttamente dal lavoratore e sono grembiuli o guanti piombiferi in
grado di ridurre a valori minimi la irradiazione al di sotto di essi. Non sempre il lavoro con tali protezioni
risulta agevole, tuttavia devono essere sempre portate durante il lavoro a contatto con radiazioni ionizzanti.
Il mezzo per la misurazione dell’esposizione alle radiazioni-è rappresentato dal dosimetro, che è uno
strumento affidato periodicamente alle persone esposte alle radiazioni. Esso è esposto nella zona del corpo
maggiormente soggetta al pericolo di irradiazione.
Attualmente come dosimetri vengono impiegati film badge, piccole camere di ionizzazione tascabili,
dosimetri termoluminescenti.
Un lavoratore può essere dotato anche di più dosimetri per la misura della dose assorbita in parti diverse del
corpo.
L'impiego del dosimetro è assoggettato ad alcune norme precise che devono essere conosciute dal lavoratore.
Il personale che si trova a lavorare in ambienti dove sono utilizzate le radiazioni ionizzanti deve conoscere
le norme di radioprotezione e nel capitolo seguente vengono riportate le norme di radioprotezione
fondamentali, suddivise in base al tipo di lavoro.

NORME DI RADIOPROTEZIONE
IMPIEGO DEL DOSIMETRO PERSONALE
Il personale sottoposto a controllo dosimetrico nell'uso del dosimetro deve attenersi alle seguenti
raccomandazioni:
149

- Portare sempre il dosimetro personale durante lo svolgimento delle attività che comportano rischio di
irradiazione (servizio in zone controllate e zone sorvegliate);
- Portare sempre il dosimetro in corrispondenza del torace o della parte superiore e anteriore di un braccio.
- Non porre mai il dosimetro nel taschino del camice ove normalmente sono contenuti altri oggetti (penne,
matite, ecc.).
- Si raccomanda di predisporre un apposito taschino nel camice che viene impiegato durante le attività che
comportano rischio da radiazioni;
- Il dosimetro non deve essere schermato da oggetti di qualsiasi natura. Dovendo indossare il grembiule
protettivo, il dosimetro non deve trovarsi sotto il grembiule stesso (per tale motivo per chi esplica attività di
radiodiagnostica è più indicata la parte alta del braccio);
- Il dosimetro deve essere un documento veritiero della dose assorbita dalla persona. Non deve essere
lasciato durante le pause del lavoro in ambienti con pericolo di esposizioni a radiazioni, fonti di calore,
umidità;
- Il dosimetro può essere indossato solo dalla persona cui è affidato, non può essere prestato ad altri;
- Il dosimetro non deve essere sottoposto volontariamente ad irradiazioni. Si ricorda che tale atto è d'altra
parte facilmente identificabile;
- La perdita, rottura o deterioramento del dosimetro deve essere comunicata all'Esperto Qualificato che
provvederà alla sostituzione;
- Non bisogna manomettere il dosimetro in dotazione (aprire, svitare, o fare qualsiasi azione anche solo
spinti dalla curiosità). La manomissione altera o distrugge l'informazione fornita dal dosimetro e lo rende
inutilizzabile;
- Ognuno deve aver cura del proprio dosimetro e provvedere a consegnarlo all'incaricato di reparto alla
scadenza prefissata. In caso di assenza per ferie o malattia il dosimetro deve essere affidato all'incaricato di
reparto che provvederà a riporlo in luogo adatto;
- Si ricorda che esistono precise norme di legge che prevedono pene pecuniarie per chi non osserva le
presenti disposizioni e non impiega correttamente i mezzi di protezione in dotazione.

RADIOTERAPIA, IMPIEGO DI APPARECCHIATURE PER RADIOTERAPIA


Raccomandazioni per il personale
- Il personale addetto ad operazioni di qualsiasi tipo in prossimità delle apparecchiature (medici
radioterapisti, fisici, tecnici di radiologia) deve essere munito di dosimetro personale;
- Durante l'irradiazione nessuna persona deve rimanere nella sala di irradiazione. Per l'irradiazione dei
pazienti non autosufficenti (neonati, bambini, handicappati psichici) l'immobilizzazione deve avvenire con
mezzi meccanici e, se indispensabile, con anestesia generale;
- Il personale addetto all'apparecchiatura non deve lasciare il tavolo di comando durante l'irradiazione;
- In caso di cattivo funzionamento dell'apparecchiatura o dei sistemi di sicurezza e protezione, l'addetto deve
provvedere ad avvisare il responsabile di reparto che a sua volta a seconda delle competenze segnalerà il
150

guasto all'Esperto Qualificato; mai utilizzare l'apparecchiatura con i sistemi di controllo non perfettamente
funzionanti;

Raccomandazioni per l'impiego delle apparecchiature


- giornalmente prima di iniziare la terapia devono essere effettuati dal personale addetto i seguenti controlli:
1) controllo ottico della centratura dell'asse di pendolazione (per le unità fornite di dispositivo di
pendolazione);
2) controllo ottico della centratura del campo;
3) taratura dei sistemi dosimetrici incorporati per le apparecchiature acceleratrici di elettroni;
4) controllo del funzionamento delle sicurezze e degli strumenti posti sul tavolo di comando;
- mensilmente, semestralmente e annualmente vengono effettuati controllo più approfonditi, tra i quali:
1) controllo della corrispondenza tra fascio luminoso e fascio di radiazioni e relativa centratura ottica;
2) controllo centratura limitatori per elettroni con il fascio di radiazione;
3) controllo del rendimento in aria ed in fantoccio.

Raccomandazioni per i responsabili di reparto


- Segnalare all'Esperto Qualificato ogni guasto o cattivo funzionamento dei dispositivi di protezione e dei
sistemi di misure dei rendimenti delle unità di terapia;
- Segnalare all'Esperto Qualificato ogni intervento di personale non addetto alle apparecchiature in zona
controllata, sia questi dipendente o non dipendente; personale non professionalmente esposto non può entrare
in zona controllata senza l'autorizzazione dell'Esperto Qualificato e senza essere munito di dosimetro
personale;
- Segnalare all'Esperto Qualificato ogni variazione o modifica che riguardi sorgenti di radiazioni di qualsiasi
tipo.

IMPIEGO DI APPARECCHIATURE PER BRACHITERAPIA


Raccomandazioni per il personale
Durante le operazioni di qualsiasi tipo effettuate in presenza di sorgenti di radiazioni o in ambienti soggetti a
controllo (zone controllate e sorvegliate):
- Munirsi di un sistema per dosimetria personale;
- Mantenersi alla massima distanza dalle sorgenti radioattive anche se poste in contenitori protetti;
- Trattenersi il minor tempo possibile in ambienti con sorgenti di radiazioni;
- Durante la manipolazione porre e mantenere sempre le sorgenti dietro le apposite barriere protettive; non
esporre alcuna parte del corpo a radiazione diretta;
- Nel trasporto di materiale radioattivo impiegare contenitori protetti; nell'estrazione dei contenitori usare
pinze ponendosi ove possibile dietro barriere protettive;
151

- Nell'assistenza a pazienti portatori di preparati radioattivi mantenersi in loro presenza il minor tempo ed
alla massima distanza possibile;
- Evitare che altri pazienti, visitatori o personale non addetto sosti in vicinanza di pazienti con materiale
radioattivo; si ricorda che è proibito fare visite da parte di parenti o conoscenti a pazienti con preparati
radioattivi, come pure è proibito a tali pazienti recarsi fuori dalla zona controllata se non espressamente
accompagnati;
- Segnalare ai responsabili di reparto ogni guasto o alterazione dei sistemi e dei segnali di protezione;
- Nell'impiego delle apparecchiature di brachiterapia con "afterloading" seguire le relative "norme di
impiego" e segnalare ogni eventuale guasto o cattivo funzionamento al responsabile di reparto;
- Per l'impiego di apparecchiature afterloading funzionanti ad aria compressa assicurarsi che sia completata
la scorta di aria compressa e verificare il funzionamento del compressore.

Raccomandazioni per i responsabili di reparto


- Mantenere giornalmente segnalato su apposito registro l'esatta ubicazione di ogni sorgente radioattiva;
- Effettuare settimanalmente il controllo delle sorgenti radioattive in dotazione;
- Assicurarsi che il personale in servizio sia sempre munito dei necessari sistemi di dosimetria personale;
- Verificare che solo personale professionalmente od occasionalmente esposto frequenti zone controllate;
- Segnalare all'Esperto Qualificato ogni guasto nei sistemi e segnali di protezione;
- Segnalare all'Esperto Qualificato le necessità di intervento di personale non sottoposto a sorveglianza fisica
in zona con rischio da radiazione, sia questo da personale dipendente o non dipendente; può avere accesso in
zona controllata solo personale sottoposto a controllo dosimetrico o autorizzato dall'Esperto Qualificato;
- Segnalare all'Esperto Qualificato ogni variazione o modifica delle sorgenti di radiazioni o di impianti atti a
contenere le sorgenti di radiazioni stesse.
152

54 - HIS, PACS E RIS NELL’ATTIVITA’ CLINICA IN RADIOTERAPIA E IN


GENERALE NELL’AMBITO OSPEDALIERO

Vedi anche allegato 7 Tesi di laurea: La rivoluzione digitale in radiologia, i sistemi RIS PACS e il TSRM
amministratore di sistema

HIS: SISTEMA INFORMATIVO OSPEDALIERO


Un Sistema Informativo Ospedaliero (HIS, Hospital Information System) ha lo scopo di gestire in modo
unitario le informazioni necessarie per i vari aspetti della vita di un ospedale.
In realtà solo pochi sistemi riescono ad assolvere compiutamente a questa funzione: generalmente gli aspetti
più curati sono quelli amministrativi.
Per quanto riguarda i contenuti informativi gestiti dal sistema, in generale in uno HIS esistono tre principali
classi di dati:
quelli relativi ai pazienti (anagrafica del paziente, storia amministrativa e clinica, ecc.)
quelli relativi alle attività (servizi che la struttura ospedaliera fornisce ai pazienti: giorni di ricovero,
esami diagnostici, prestazioni terapeutiche, ecc.)
quelli relativi alle risorse (personale, attrezzature, risorse finanziarie).
Questo insieme di dati viene utilizzato:
a livello operativo per assistere il personale sanitario e amministrativo nello svolgimento dell'attività
quotidiana;
a livello di gestione per pianificare l'organizzazione dell'attività ed analizzare il lavoro svolto;
a livello di coordinamento e supervisione, per ottenere informazioni ancora più aggregate.
Per quanto attiene all’attività della Struttura complessa di Radioterapia l’HIS si occupa prevalentemente
della raccolta a fini amministrativi delle prestazioni radioterapiche (tramite modulo dedicato).
Tali dati raccolti quotidianamente dal personale tecnico, medico e infermieristico, vengono poi
periodicamente verificati dal personale amministrativo prima di essere definitivamente riversati nel modulo
informatico generale di raccolta prestazioni ambulatoriali.
Tale raccolta consente una rendicontazione mensile dell’attività ambulatoriale attualmente richiesta dagli
Uffici Regionali di Sanità.
La buona gestione di una Struttura complessa di Radioterapia Oncologica necessita di una crescente mole di
informazioni elaborate di tipo sia clinico che economico-amministrativo che oltretutto devono essere
prodotte in modo sempre più preciso, dettagliato e con periodicità il più possibile frequente
Anche la gestione del flusso di lavoro che dalla prenotazione delle visite porta al trattamento del paziente,
passando attraverso i numerosi e necessari momenti di elaborazione del trattamento radiante, necessita di un
controllo che funga da monitoraggio e al tempo stesso regoli questo flusso.
153

Sono attualmente disponibili in commercio programmi che vengono incontro a queste esigenze, si tratta di
pacchetti software molto spesso forniti dalle stesse Aziende che producono le apparecchiature per i
trattamenti (Elekta, Varian, Toshiba, Mitsubishi, ecc.).
Si tratta di prodotti costosi che tuttavia spesso poco si adattano alle esigenze particolari delle singole
Strutture di Radioterapia oppure che si integrano con difficoltà con il software di gestione aziendale già
presente nei singoli Ospedali.
Il nostro obiettivo è quello di costruire, con le risorse disponibili, un sistema software modulare che tenga
conto delle esigenze particolari dellle nostre Strutture di Radioterapia e che contemporaneamente non
precluda l’interattività con altri software implementati o implementabili nell’ambito dell’Ospedale.
Attualmente la nostra attenzione è rivolta principalmente allo sviluppo del “modulo clinico” anche se è già
stato realizzato ed è funzionante il modulo di gestione ambulatoriale e prenotazione delle visite.

PACS
Il recente sviluppo delle apparecchiature diagnostiche è stato in gran parte legato alla evoluzione della loro
componente informatica. L’introduzione della TC spirale e lo sviluppo delle nuove sequenze ultra - veloci in
RM per fare solo due esempi non sarebbe stato possibile se non fossero stati disponibili computer di
adeguate capacità elaborative. Ma anche in questo settore il progresso tecnologico ha avuto diverse fasi: in
un primo tempo le apparecchiature digitali di diagnostica per immagini sono state inserite nelle Radiologie in
un modo simile ai primi "mini-elaboratori" nell'informatizzazione. Le macchine eseguivano le loro funzioni
ma erano isolate dal resto della radiologia e dell'ospedale: per tale ragione la visualizzazione delle immagini,
la loro elaborazione e archiviazione venivano eseguite sulla stessa apparecchiatura utilizzata per
l'acquisizione. La tecnologia delle reti informatiche ha rivoluzionato anche questo settore dando un impulso
nuovo all'integrazione fra le varie apparecchiature. Per questo, negli anni '80 si iniziò a delineare il concetto
di PACS, come sistema integrato per la gestione digitale delle immagini diagnostiche, finalizzato
all'eliminazione delle pellicole radiografiche. Naturalmente per ottenere questo scopo il sistema doveva
garantire il trasferimento delle immagini su sistemi di archiviazione digitali, nei quali fosse possibile
reperire, in ogni momento e da ogni luogo, le informazioni desiderate. L'architettura del PACS è stata perciò
basata su una rete in grado di connettere le apparecchiature di acquisizione delle immagini, le stazioni di
visualizzazione e l'archivio digitale. Le motivazioni economico - organizzative alla base dell'introduzione del
PACS sono le seguenti: aumentare la produttività delle apparecchiature (eseguendo l'analisi e l'elaborazione
delle immagini su consolle secondarie); realizzare un archivio digitale di tutte le immagini prodotte,
riducendo il rischio di perdita delle informazioni; distribuire le immagini diagnostiche ai reparti in forma
digitale con risparmio di tempo e di pellicole. La prima conferenza internazionale con oggetto il Picture
Archiving and Communication System si tenne in Newport Beach, California, nel gennaio 1982. In
Giappone, nel luglio 1982, si tenne invece il primo Simposio Internazionale sul PACS; da allora questa
conferenza è divenuta un evento annuale. Meetings sullo sviluppo del PACS in Europa sono tenuti
annualmente dal 1984. In tutto quest'arco di tempo, si sono sviluppati ed evoluti in vari paesi differenti
154

modelli di PACS e numerosi progetti di ricerca. In Italia, circa una decina di centri hanno installato un
PACS, tra cui l'università di Pisa, il Policlinico Careggi di Firenze, il Cattinara di Trieste, l'Istituto Nazionale
Studio e Cura Tumori di Milano, il CNR di Napoli.

3.1 Architettura
Per realizzare le funzioni tipiche del PACS sono necessari vari componenti hardware e software, che
possono essere classificate come segue; (A) dispositivi di acquisizione delle immagini provenienti dalle
differenti modalità diagnostiche (o imaging systems). Sono fondamentalmente rappresentati dai computer di
acquisizione; B) dispositivi di archiviazione delle immagini diagnostiche su supporti digitali (archive
system); C) dispositivi di visualizzazione, elaborazione e stampa delle immagini, rappresentati dalle stazioni
di lavoro (o workstations) e dalle loro periferiche.

3.1.1 Dispositivi di acquisizione delle immagini


Gli imaging systems (ovvero le modalità diagnostiche) sono rappresentati fondalmentalmente dalla TC, dalla
RM, dalla ECO, dalla RX digitale. I computer di acquisizione delle immagini sono invece computer di
collegamento tra gli imaging systems e il PACS. La necessità di avere dei computer di collegamento deriva
dal fatto che gli imaging systems non possiedono i necessari programmi di comunicazione e di coordinazione
che sono invece standardizzati all'interno del PACS. I computer di acquisizione delle immagini hanno tre
primarie funzioni: acquisiscono le immagini dagli imaging systems, le convertono in un formato standard
(formato ACR-NEMA o DICOM) e le trasferiscono al PACS vero e proprio. Per stabilire un collegamento
tra i computer di acquisizione e le modalità diagnostiche si utilizzano due tipi di interfaccia di connessione:
con il primo tipo di interfaccia di rete, denominato "pari a pari (che si avvale del protocollo TCP/IP
ETHERNET), il processo di trasferimento delle immagini può essere iniziato sia dagli imaging systems
medesimi (push operation), oppure dal computer di acquisizione (pull operation). Il "pull mode" è più
vantaggioso perché se al computer di acquisizione si verifica un guasto tecnico, le immagini possono essere
ritrasferite nel RIS fintanto che il computer riacquisti la piena efficienza o, in alternativa, possono essere
inviate su un computer secondario di acquisizione in rete, in assenza del primario. Il secondo tipo di
interfaccia, permette solo un trasferimento unidirezionale dei dati e delle immagini (dagli imaging systems al
computer di acquisizione), con il rischio di perdita delle informazioni in caso di malfunzionamento del
computer di acquisizione. Molti fattori possono portare a un malfunzionamento dei computer di
acquisizione; per questa ragione è stato previsto un dispositivo di sicurezza, che riporta automaticamente il
sistema di acquisizione al trend operativo consueto se interviene un'avaria. Sempre a tutela dell'effettiva
integrità e completezza del processo di acquisizione delle immagini, è stata pure prevista un'attivazione
permanente di uno "stato d'allerta", durante il quale il computer esamina lo stato del processo in corso,
pronto a ricominciare dall'inizio l'intera operazione se viene riscontrata qualche anomalia.

3.1.2 Dispositivi di archiviazione


155

I dispositivi di archiviazione (archive system) sono costituiti fondalmentalmente da un archive server, da un


database system, da una libreria a dischi ottici, e da una rete (o network) di comunicazione; tramite
quest'ultima l'archive system è collegato ai computer di acquisizione ed alle stazioni di lavoro (workstations
o display stations). Le immagini radiologiche fornite dagli imaging systems sono acquisite dai computer di
acquisizione e quindi trasmesse all'archive server, dal quale sono appunto archiviate nella libreria a dischi
ottici e successivamente inviate alle workstations che ne fanno richiesta.

Archive server
Un archive server dovrebbe essere dotato di capacità di archivio notevoli, con multiple unità centrali di
processori (CPU), con numerose interfacce per sistemi di computer ed interfacce di rete (Ethernet e ATM).
Con questa vasta dotazione di hardware, l'archive server può supportare numerosi processi che avvengono in
contemporanea. In aggiunta alla sua primaria funzione, di archivio delle immagini, l'archive server ha il
compito di gestire il flusso delle immagini che provengono al PACS dai computer di acquisizione e di
inviarle alle varie workstations.

Database System
Innanzitutto, le informazioni presenti nel database devono essere codificate in un linguaggio standard. Il
sistema poi dovrebbe avere in memoria due copie dei dati presenti nel database. Questi possono essere
richiesti da qualche computer presente nella struttura tramite la rete di comunicazione. Il fatto di avere due
copie di dati assicura il sistema dalla possibilità che la trasmissione delle informazioni non vada a buon fine
e che vadano irrimediabilmente perdute. Oltre a questa funzione principale, di supporto alla richiesta di
immagini in archivio, il database system dovrebbe essere interfacciato con il Radiology Information System
(RIS) e con l'Hospital Information System (HIS), in modo così da acquisire addizionali informazioni del
paziente dai loro rispettivi database.
La libreria a dischi ottici
La libreria dovrebbe essere ingegnata con dispositivi atti a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi
ottici, che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui
dischi. La libreria dovrebbe pure essere fornita di un'ampia capacità di archivio.
La rete di comunicazione
Il PACS archive system dovrebbe essere in grado di connettersi sia alla rete locale che a quella vasta. La rete
locale (LAN) è connessa al PACS mediante Ethernet e ATM networks. La rete vasta (WAN) mediante ATM
network. Il PACS LAN si avvale dell'alta velocità di rete ATM per trasmettere l'ampio volume di immagini
proveniente dall'archive server e diretto alle workstations. Ethernet viene invece usata per interconnettere i
vari componenti del PACS, includendo i computer di acquisizione, il RIS e l'HIS, e le workstations. Ethernet
è altresì impiegata come rete sostitutiva di ATM quando questa per motivi vari non è funzionale; l'archive
server medesimo "rendendosi conto" di un'eventuale indisponibilità di ATM, predispone nuovi collegamenti
tramite Ethernet.
156

Software
Tutti i sistemi di software dovrebbero essere implementati nell'archive server codificati in un linguaggio
standard. Nell'archive server avvengono simultaneamente varie operazioni indipendenti le une dalle altre, e si
stabiliscono comunicazioni, come ad esempio con le workstations, anch'esse indipendentemente le une dalle
altre; per fare questo ci si avvale di software o programmi definiti "client-server".

3.1.3 Funzioni principali dell'archive server


Le funzioni principali dell'archive server sono: il ricevimento delle immagini, la registrazione delle immagini
nei dischi ottici, l'archiviazione delle immagini, il raggruppamento degli esami relativi ad un paziente,
l'attivazione del "platter management", l'aggiornamento del PACS database, la ricerca di immagini, il
recupero di immagini radiologiche eseguite nei tempi passati, l' autorouting e il prefetching delle immagini.

Ricevimento di immagini
Le immagini acquisite dai computer di acquisizione dagli imaging systems vengono convertite nel formato
ACR-NEMA o DICOM. Da questi le immagini sono quindi trasmesse via Ethernet o ATM all'archive server
utilizzando software client-server e avvalendosi del protocollo standard TCP\IP. L'archive server può
stabilire nello stesso tempo varie connessioni atte a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi ottici,
che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui dischi. La
libreria dovrebbe pure avere un'ampia capacità di archivio (per almeno di 1000 miliardi di byte).

Registrazione delle immagini


Le immagini giunte presso l'archive server dai computer di acquisizione, sono registrate nei dischi magnetici
locali. La capacità di questi dischi magnetici di contenere immagini è di circa 10-30 Gbyte. Durante la
degenza di un paziente, le immagini degli esami relativi sono mantenuti in archivio fintanto che il paziente
verrà dimesso o trasferito. Tutte le immagini più recenti che non sono ancora presso l'archivio locale delle
workstations, possono essere ricercate dall'archive server nei dischi magnetici ad alta velocità invece che nei
dischi ottici a bassa velocità. Questo risulta particolarmente utile per i radiologi quando devono richiedere
immagini da differenti workstations.

Invio delle immagini


Le immagini pervenute all'archive server dai vari computer di acquisizione sono immediatamente indirizzate
alle workstsations di destinazione. Questo processo di "routing" è regolato da vari parametri: il tipo di esame,
il sito della workstation, il radiologo che ne fa richiesta. Tutte le immagini sono classificate secondo il tipo di
esame (es: CT - capo, CT - total body etc.) così com'è definito nel RIS, mentre le workstations di
destinazione sono indicate con la loro locazione. Il programma di base per quest'operazione, tiene conto di
157

tutti questi parametri e determina le destinazioni delle immagini. Le immagini sono trasmesse alle
workstations locali tramite Ethernet o ATM LAN, alle workstations remote mediante ATM WAN.

Archivio delle immagini


Le immagini acquisite dall'archive server via i computer di acquisizione sono registrate temporaneamente sui
dischi magnetici e poi sui dischi ottici per un archivio di lungo termine. Quando il trasferimento sui dischi
ottici è completato, l'archive server informerà del buon esito dell'operazione il computer di acquisizione
corrispondente, permettendo così a quest'ultimo di procedere alla cancellazione dell'immagine dal suo
archivio locale. In questo modo, il PACS ha sempre due copie di una stessa immagine, impressa in due
dischi magnetici distinti fintanto che questa venga trasmessa nel disco ottico presso l'archive server.

Raggruppamento degli esami del paziente


Durante la degenza il paziente può essere sottoposto ad esami differenti e in giorni diversi. Ciascuno di
questi esami può consistere di studi multipli. Fino alla dimissione o al trasferimento del paziente, le
immagini di questi esami sono raggruppate e conservate in un singolo WORM disk (disco ottico di libreria
per un archivio permanente, vedi dopo).

Platter management (sistema a piatto)


Il raggruppamento delle immagini relative agli esami di un determinato paziente, permette come visto in
precedenza, che le stesse siano archiviate contiguamente in un unico disco ottico. Il "platter management",
invece, consiste nel preservare per un determinato paziente uno spazio predefinito all'interno del WORM
disk per le immagini future di esami a cui lo stesso paziente sarà eventualmente sottoposto. In questa
maniera si possono riunire in un unico disco ottico le immagini di un paziente provenienti pure da più
ospedali, con sensibile riduzione del tempo relativo alla ricerca delle stesse. Risulta comunque molto costoso
preallocare uno spazio su un disco ottico per un singolo paziente; per tale motivo esistono software ad hoc,
per minimizzare lo spazio richiesto all'interno del disco per l'archiviazione di una serie di immagini. In
aggiunta a ciò si possono raccogliere più dischi ottici consecutivi entro un volume ridotto, al fine di ridurre i
tempi morti che si vengono a produrre nel passaggio da un disco all'altro nella visione delle immagini, e per
facilitare la ricerca delle medesime, che risultano così impresse su dischi ottici differenti ma occupanti un
volume minore.

Aggiornamenti del database del PACS


I dati nel PACS database, sono archiviati in tabelle predefinite, ognuna delle quali descrive solo un
particolare tipo di informazioni. Per esempio, la tabella definita come "patient description table", consiste
nell'insieme delle notizie principali relative al paziente, nella quale sono archiviati i dati anagrafici; la "study
description table" (tabella di descrizione degli esami) consiste nelle annotazioni degli esami radiologici
effettuati dal paziente; l'"archive directory table", nella descrizione di singole immagini; la "dignosis history
158

table", nei referti diagnostici dei singoli esami. Queste tabelle sono continuamente aggiornate da processi
autonomi e indipendenti intercorrenti all'interno dell'archive server unitamente alle informazioni estratte
dalle annotazioni presenti in testa alle immagini o dall'interfaccia con il RIS.

Recupero di immagini
L'intera operazione ha inizio a livello della workstation, che è connessa all'archive system tramite le reti di
comunicazione. La libreria a dischi ottici così com'è configurata nell'archive system, può fare fronte a
multiple richieste di ricerca delle immagini ivi impresse. Queste ultime vengono trasmesse dalla libreria a
dischi ottici all'archive server. L'archive server gestisce le richieste di ricerca delle immagini, provenienti
dalle workstations, stabilendo un livello di priorità nel soddisfare queste singole richieste. Questa priorità
viene accordata ad una singola workstation e a singoli utenti, basandosi su differenti gradi di necessità. Per
richiedere le immagini dalla libreria a dischi ottici, l'utente, dalla workstation, può attivare la cosiddetta
"funzione di richiesta" (vedi dopo nel paragrafo dedicato al DICOM 3), e ricercare il numero di immagini
volute dal sistema di archivio.

Recupero di immagini remote


L'operazione viene avviata quando all'archive server giunge l'ADT message (admission discharge transfert
message = messaggio di immissione, dismissione e trasferimento) da parte dell'HIS \ RIS. Le immagini
remote selezionate, le notizie anagrafiche del paziente, e i referti diagnostici rilevanti sono recuperati dalla
libreria a dischi ottici e dal database del PACS. Queste informazioni sono inviate alle workstations a
completamento dell'iter diagnostico e clinico relativo al paziente. Il software relativo alle procedure
operative per eseguire il tutto è basato su parametri predefiniti, come il tipo di esame, la classificazione della
malattia, il nome del radiologo, il nome del medico che deve essere portato a conoscenza del referto, la
localizzazione della workstation interessata, il numero e la datazione delle immagini archiviate relative
all'esame del paziente. Tutti questi parametri determinano quali immagini remote devono essere selezionate.
L'archive system dovrebbe essere operativo per 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. Tutte le operazioni
dovrebbero essere dirette da software che vengono inseriti automaticamente; il sistema non dovrebbe
richiedere alcun intervento manuale

Autorouting e prefetching delle immagini


Il PACS riceve dal RIS le informazioni relative al luogo esatto dove verrà eseguito l'esame del paziente, il
reparto dove il paziente è ospedalizzato e altre notizie circa lo stato del paziente. Una volta effettuato
l'esame, tutte le immagini relative vengono trasmesse dalle modalità diagnostiche direttamente all'archivio
del PACS. Sulla base delle informazioni di carattere amministrativo fornite dal RIS, l'archive server dà avvio
ad un processo di "routing" automatico delle immagini, inviandole selettivamente solo ad alcune determinate
workstations. Il "prefetching" (precaricamento) delle immagini, consiste invece in un set di funzioni per
mezzo delle quali l'archive server predispone e successivamente trasmette una serie ben determinata di
159

immagini (per esempio le ultime due radiografie al torace relative a uno stesso paziente) in un preciso
momento ed ad una determinata workstation (o a più determinate workstations). Il prefetching, per esempio,
può essere attivato a seguito dell'ingresso in ospedale del paziente, o in ordine alla programmazione di un
esame del paziente. L'algoritmo, in seguito valuterà in base ad alcuni parametri prestabiliti quali immagini di
esami precedentemente eseguiti dovranno essere estrapolate dall'archivio.

3.2 L'archivio digitale


In rapporto ai tempi di conservazione delle immagini diagnostiche, si distinguono quattro livelli di archivio:
archivio a brevissimo termine: limitato al tempo che intercorre tra l'acquisizione e la refertazione;
archivio a breve termine: corrisponde alla durata della degenza in ospedale del paziente, in cui la
possibilità di frequenti consultazioni è elevata;
archivio a medio termine: della durata di un anno a partire dal momento in cui un paziente viene
dimesso;
archivio storico: di durata superiore ad un anno.
L'archiviazione sistematica degli esami è di fondamentale importanza in radiologia, per consentire l'accesso
agli esami precedenti, per adempiere ad un preciso obbligo legale, e per creare e mantenere un archivio
didattico. Con l'introduzione nelle diagnostiche dei primi apparecchi digitali TC, ha avuto inizio l'era
dell'archiviazione su un supporto digitale, ma è stato solo con il PACS, che si è delineato l'obiettivo di un
archivio digitale unico per la radiologia, in sostituzione dell'archivio di pellicole. Tale obiettivo fino a
qualche anno fa non era realistico nel nostro Paese, per gli obblighi legali concernenti la conservazione della
documentazione radiografica (che poteva avvenire esclusivamente su pellicola o microfilm). Da qualche
tempo invece è stata legalmente ammessa nel nostro Paese la possibilità di un'archiviazione sostitutiva su un
supporto ottico non cancellabile. Questa evoluzione legislativa avvenuta in Italia rispecchia l'evoluzione
tecnologica dei supporti fisici utilizzati per l'archiviazione, che negli anni hanno beneficiato dei progressi
dell'elettronica di consumo, passando dai primi nastri magnetici agli attuali compact disk. I diversi supporti
digitali per l'archiviazione si differenziano in funzione del tempo di permanenza dei dati archiviati, della
capacità, della velocità di accesso e del costo.

3.2.1 Nastro magnetico


Il nastro magnetico è stato il primo supporto utilizzato per l'archiviazione dei dati digitali in radiologia. Il
principio fisico che caratterizza questo sistema di archiviazione è simile a quello usato per le musicassette: il
dispositivo è composto da una struttura denominata "tape recorder" e da due bobine raccoglitrici il nastro
magnetico. Nel "tape recorder" sono presenti le testine di scrittura e di lettura e l'elettronica per gestire il
sistema. I dati digitali vengono registrati sequenzialmente in modo binario, cioè come successione di zero
(nastro non magnetizzato) ed uno (nastro magnetizzato). Questo tipo di archiviazione ha notevoli
inconvenienti fra i quali:
160

lentezza nel recupero delle informazioni: per recuperare un esame registrato in coda al nastro occorre
leggere per intero il nastro;
ingombro;
smagnetizzazione graduale dei nastri con perdita delle informazioni contenute;
scarsa capacità di memorizzazione.

3.2.2 Dischi magnetici


Dai nastri si passò rapidamente ai dischi magnetici, nei quali la lettura è eseguita da una testina che si muove
sulla superficie magnetizzata del disco. I dati possono essere letti con accesso casuale e non più sequenziale
come nei nastri magnetici. Anche per questo genere di dispositivo, la magnetizzazione di una zona del disco
corrisponde a uno, mentre l'assenza di magnetizzazione corrisponde a zero. I dischi magnetici consentono un
rapido accesso alle informazioni ed hanno un ingombro trascurabile. Del resto, anche i dischi magnetici
presentano il rischio di perdita delle informazioni, dipendente dal fatto che essi possono essere cancellati per
una successiva riscrittura. La tecnologia dei dischi magnetici ha portato all'adozione di due famiglie di
prodotti: la prima, costituita dagli "hard disk" (dischi rigidi), contenuti all'interno del computer (definiti per
questo dischi "fissi"), e la seconda in un primo tempo rappresentata dai "floppy disk" (dischi flessibili), usati
come dispositivo di scambio fra un computer e l'altro di dati memorizzati; in un secondo tempo, anche i
dischi del secondo tipo sono divenuti "rigidi" con l'impiego di dischetti di alta e media densità che oggi
conosciamo, ma la denominazione di "floppy" è rimasta. La capacità di memorizzazione è dell'ordine dei
Mbyte nei floppy e dell'ordine dei Gbyte nei dischi fissi.

3.2.3 DAT
Il dispositivo DAT può essere visto come la moderna evoluzione del nastro magnetico. Esso è infatti
costituito da un nastro ricoperto da uno strato magnetico di elevato spessore rinchiuso in una cassetta di
dimensioni molto contenute. La velocità del dispositivo di lettura \ registrazione è cresciuta enormemente
facilitando il recupero di dati localizzati in coda al nastro. La capacità di memorizzazione è cresciuta
anch'essa, arrivando a superare i 7 Gbyte.

3.2.4 Dischi a tecnologia magneto – ottica


Un supporto di archivio, con caratteristiche specificatamente orientate alla memorizzazione sicura e
affidabile di una grande mole di dati, unitamente alle dimensioni ridotte, è rappresentato dai dispositivi di
registrazione magneto - ottici. Con questo tipo di dischi si possono cancellare i dati in essi archiviati. Il
principio di funzionamento si basa sulla modificazione reversibile dello stato fisico di una pellicola
magnetica impressa sulla superficie di un disco ottico. La variazione dello stato fisico è portata a termine da
un sottilissimo fascio laser che incide la superficie del disco. La capacità di questi dispositivi è variabile a
seconda della casa costruttrice, ma essa è generalmente nell'ordine dei Gbyte. I dischi magneto-ottici hanno
una velocità di trasferimento ed un tempo di accesso circa uguale a quello dei dischi ottici. Il loro impiego è
161

limitato dall'assenza di formati standard per la precocità della tecnologia. Questo mezzo di archiviazione
offrirebbe il vantaggio di potere cancellare le immagini e riutilizzare i dischi stessi dopo che siano passati i
tempi prescritti dalla legge per la conservazione dei dati.

3.2.5 Dischi ottici


I dischi ottici presentano un'elevata capacità di memoria e sono allo stato attuale il mezzo più indicato per la
memorizzazione definitiva dei dati digitali. I dischi attualmente impiegati sono costituiti da una superficie
sensibile sulla quale i dati sono memorizzati sotto forma di piccole perforazioni superficiali realizzate da un
raggio laser focalizzato. L'informazione è pertanto conservata in maniera definitiva e non vi è possibilità di
cancellare i dati. Vengono comunemente definiti come dischi a scrittura singola e lettura multipla (WORM,
Write Once Read Many). La capacità dei dischi ottici più usati, con 5, 25 pollici di diametro, è di 600 Mbyte
per lato. Sono stati anche proposti dischi da 14 pollici, con capacità di memorizzazione di 3-4 Gigabyte. I
dischi ottici hanno lo svantaggio di una ridotta velocità di trasferimento dei dati (0, 3 Mbyte \ sec.) e di un
tempo di accesso di 200-300 msec. Esistono sistemi di seconda generazione che permettono di velocizzare le
suddette operazioni, con velocità di trasferimento di 5 Mbytes \ sec. e tempo di accesso di 100-120 msec.
Tuttavia, allo stato attuale la tecnologia dei dischi ottici è l'unica che può essere proposta per la
memorizzazione definitiva dei dati digitali in Radiologia. Infatti, esiste la possibilità di tenere in linea più
dischi con un assemblaggio definito a "juke box", e così si può raggiungere una dimensione dell'archivio fino
a circa 1 Terabyte. L'accesso ad una immagine richiede un tempo massimo di ricerca 12 secondi e un
successivo tempo di lettura proporzionale alle dimensioni dell'immagine stessa. Si può ovviare ai lunghi
tempi di attesa recuperando le immagini richieste, ed effettuandone il temporaneo trasferimento su dischi
magnetici per una veloce consultazione.

3.3 Interfacce Standard nella trasmissione digitale di dati ed immagini


Le trasmissioni di immagini e comunicazioni testuali tramite i vari HIS è stata da sempre ostacolata dal fatto
che i componenti di questi sistemi differiscono nelle piattaforme, e che sono costruiti da industrie differenti.
Con l'emergere degli standard industriali queste difficoltà si sono a poco a poco appianate. Per interfacciare
due apparecchi occorrono due requisiti: un comune formato per i dati e un protocollo di comunicazione (per
quest'ultimo si veda nel paragrafo dedicato, nel capitolo sulle networks). I due maggiori standard industriali
usati sono l'Health Level Seven (HL7) per la comunicazione testuale, e l'ACR-NEMA e il DICOM per la
trasmissione di immagini. Nell'ambito del HL7 standard, è possibile scambiare informazioni di carattere
medico tra HIS, RIS, e PACS. Immagini prodotte con varie modalità e da varie industrie, a loro volta,
adattate con ACR - NEMA e DICOM standard, possono essere convertite in un formato standard.

3.3.1 HL7 Interface Standard


Usato dal 1987, fu ideato con lo scopo di sviluppare una procedura standard per lo scambio di dati per via
telematica nei centri di cura, in particolare per le applicazioni ospedaliere. Si tratta di un formato standard di
162

dati e protocolli con i quali HIS, RIS e PACS possono comunicare tra loro agevolmente. Nel HL7 standard
l'unità base dei dati è un messaggio. Ciascun messaggio è a sua volta comprensivo di segmenti multipli. Il
primo segmento del messaggio è il "segmento di testa", che definisce l'intento, il tipo di ricerca, e altre
rilevanti informazioni. Gli altri segmenti rappresentano eventi collegati. All'interno di ogni segmento, altri
pezzi di informazione sono raggruppati insieme basandosi sul HL7 protocollo. A titolo di esempio, un tipico
messaggio, come l'ammissione di un paziente, può contenere i segmenti seguenti: MSH (segmento di testa
del messaggio EVN (segmento che qualifica il tipo di caso (evento) PID (segmento relativo
all'identificazione del paziente NK1 (segmento relativo al parente più prossimo PV1 (segmento relativo alla
visita del paziente La comunicazione dei dati tra un HIS e un RIS è un evento guidato. Quando un evento
nuovo accade al paziente l'HIS invia un messaggio in formato HL7 al RIS. Il RIS procede all'analisi del
messaggio, a modificare a seconda dell'evento il database relativo a quel paziente. Parimenti il RIS invierà in
un secondo tempo sempre in formato HL7 il messaggio al PACS, il quale a sua volta aggiornerà il database
alla nuova situazione, predisponendosi, se del caso, all'esecuzione delle necessarie azioni che gli sono state
richieste dal RIS medesimo.

3.3.2 ACR-NEMA Standard


ACR-NEMA, formalmente conosciuto come l'American College of Radiology and the National Electrical
Manifactures Associated, rappresenta il modo standard con cui le aziende costruttrici codificano il formato
per la trasmissione di dati e delle immagini radiologiche, con particolare riferimento alle applicazioni del
PACS. Dell' ACR-NEMA standard si sono avute due versioni: la prima, del 1985, definiva la procedura
standard della trasmissione del messaggio in maniera particolareggiata (punto a punto) nonché il formato
standard dei dati e includeva un set preliminare dei comandi di comunicazione e il dizionario del formato dei
dati. Per chiarire riportiamo qui una tabella che mostra la suddivisione del messaggio da trasmettere in
gruppi, a loro volta suddivisi in elementi. L'iter seguito per la conversione delle immagini nel formato ACR-
NEMA è la seguente. Inizialmente un'immagine viene acquisita con una particolare modalità; se non è già
codificata nel formato ACR-NEMA, una volta giunta al computer d'acquisizione locale, viene convertita nel
formato standard, dopo di che, l'immagine in ACR-NEMA viene inviata al PACS per essere archiviata e
quindi trasferita alle workstations, che provvederanno a visualizzarla.

3.3.3 DICOM 3.0 Standard


Nel DICOM 3.0 standard le informazioni trasmissibili si possono dividere in due classi: classi di oggetto e
classi di servizio. Le classi di oggetto, a loro volta si possono classificare in composite o normalizzate: le
normalizzate includono le informazioni riguardanti specificamente il paziente, gli esami effettuati, gli esiti
etc...le composite invece le immagini relative agli esami del paziente. Nell'ambito di ciascuna delle due classi
sopra menzionate, sono associate i rispettivi codici di comando (DICOM commands) tramite i quali si
possono gestire le informazioni contenute nelle classi medesime. Le classi di servizio, rappresentano invece
un insieme di procedure operative tramite le quali può avvenire lo scambio di dati e immagini tra un sistema
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digitalizzato e un altro. Anche le classi di servizio sono associate a codici di comando, tramite i quali
appunto, si possono richiedere i servizi voluti (vedi tabelle). Tecnicamente, nell'uso di queste classi di
sevizio ci si avvale normalmente del cosiddetti "push mode" e "pull mode". L'uso del "push mode" è più
comune: semplicemente, un apparecchio invia informazioni ad un altro utilizzando il comando STORE,
associato alla classe del Storage Service. Con il "pull mode" invece, sempre lo stesso apparecchio digitale
invia una richiesta di ricerca di informazioni a un altro mediante il comando FIND appartenente alla classe
del Query Service e le ottiene tramite il comando MOVE associato alla classe del Retrieve Service.
Riassumendo quindi, la trasmissione di un messaggio in DICOM viene effettuata utilizzando un comando
(relativo alla classe servizi) specifico in relazione all'informazione contenuta nella classe oggetto che si
desidera acquisire. La struttura di un PACS conforme allo standard DICOM è generalmente basata su un
server centrale, dove vengono archiviati tutti gli esami del reparto, collegato alle apparecchiature
diagnostiche, alle stazioni di refertazione. Tutti i dispositivi collegati in rete hanno un comportamento di tipo
client verso il server centrale, potendo eseguire operazioni di invio di informazioni (funzione C-STORE in
DICOM) o di ricerca esame (C-FIND). Le case produttrici di apparecchiature rilasciano dei documenti di
conformità, nei quali sono presenti tutti i riferimenti alle parti dello standard DICOM implementati
sull'apparecchiatura. La dichiarazione di conformità DICOM è un documento molto importante che deve
essere studiato attentamente durante la fase di progettazione del PACS, per evitare che vi siano dispositivi
non collegabili fra loro o privi di alcune importanti funzioni. Se per esempio si vogliono delle stazioni di
refertazione in grado di richiamare esami dal server oppure direttamente dalla strumentazione radiologica, ci
si deve assicurare che il server supporti la modalità C-FIND e la strumentazione la modalità C-GET. Oltre
alle specifiche di interconnessione di rete, DICOM implementa la descrizione per la creazione dei file
contenenti immagini per un archivio.
DICOM però presenta anche dei limiti relativi alla sicurezza:
non garantisce la riservatezza dei dati trasmessi;
non utilizza meccanismi di verifica dell'accesso attraverso password.
A tale riguardo è peraltro necessario osservare che lo standard DICOM non consente di verificare l'identità
del chiamante; è stato concepito con lo scopo di servire reti informatiche private o per comunicazioni "punto
a punto" tra due elaboratori. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e l'affermazione di Internet su scala
mondiale hanno invece portato all'impiego dello standard DICOM da una rete con tipologia globale, facendo
emergere queste problematiche - inizialmente non previste - di sicurezza e confidenzialità dei dati.

3.4 Workstations (Stazioni di lavoro)


Le stazioni di lavoro o workstations, sono i luoghi deputati alla interpretazione dell'esame e alla elaborazione
delle immagini; sono dotate di un sistema di monitor nei quali vengono visualizzate le immagini
radiologiche. Le workstations possono configurarsi all'interno di tre campi di azione:
1. Refertazione
2. Teleradiologia
164

3. Consultazione

3.4.1 Workstations di refertazione


La refertazione consiste fondalmentalmente nella formulazione della diagnosi. Per una buona riuscita la
qualità delle immagini deve essere paragonabile a quella riportata con la pellicola, una condizione che
purtroppo è assai lontana dalla realtà. A tal fine nelle stazioni si dovrebbero teoricamente installare 1-2
monitor con grandezza compresa tra 17 e 19 pollici e lato maggiore verticale, circa 1Gbyte di memoria
locale (per contenere tutte le immagini di un unico esame), un software mirato alla gestione delle immagini,
cursori diretti manualmente (Trackball o Mouse). Con particolare riferimento al software, al fine di ottenere
un valido supporto alla diagnosi, sono state avanzate le seguenti caratteristiche:
variazione dei livelli di grigio;
inserzione di annotazioni di testo;
inserimento di annotazioni grafiche;
salvataggio dei dati;
modifica dell'orientamento dell'immagine;
misurazione di linee, aree, angoli;
accentuazione dei contorni;
visualizzazione in contemporanea di tutte le immagini dell'esame;
facoltà di modificare l'ordinamento sequenziale delle immagini;
inversione video dei livelli di grigio;
visualizzazione delle informazioni tecniche relative alle immagini (regione anatomica, numero di
immagini, data e ora di esecuzione dell'esame);
elenco delle immagini disponibili;
messaggi di errore;
help in linea, presente ad ogni livello;
opzioni software aggiuntive, quali stampa, ricerca paziente, elaborazione testi.
Per quanto concerne il salvataggio dei dati, questo dovrebbe avvenire nei tempi e nei modi stabiliti
dall'utente della workstation, per consentire di effettuare eventualmente revisioni successive dei dati alfa
numerici e delle immagini, per la possibilità di un errato inserimento dei dati anagrafici o della archiviazione
delle immagini di qualità scadente. Per questo fine è utile un archivio a lungo termine (dischi ottici) alla
conclusione di una sessione giornaliera di lavoro, solo al comando di colui che ha eseguito la refertazione. Le
caratteristiche del software gestionale elencate in precedenza, sono state ad oggi implementate nei pacchetti
applicativi per la refertazione. Il difficile aspetto della conformità del software alle esigenze del radiologo sta
assumendo sempre maggiore rilievo, e porta ad una costruttiva collaborazione tra informatico e radiologo. In
questo rapporto di collaborazione il radiologo propone miglioramenti ed evidenzia eventuali carenze del
software, espone esigenze attuali e future, permettendo al programmatore di rendere migliore il prodotto. Del
165

resto il programmatore fornisce al radiologo gli strumenti di lavoro, assicurando un'assistenza in tempo reale
sia sul prodotto finito, anche per eventuali aggiornamenti.

3.4.2 Workstations di consultazione


Le workstations di consultazione sono adibite allo scambio di informazioni tra il radiologo e il clinico.
Frequentemente, il paziente che viene sottoposto ad un accertamento diagnostico è accompagnato
unicamente dalla richiesta dell'esame e dalla cartella clinica personale (se si tratta di paziente ricoverato). Ciò
che spesso manca al radiologo è l'interscambio informativo con il clinico che ha indirizzato il paziente verso
quel tipo di esame, in modo da condurre un'indagine più mirata su un particolare quesito diagnostico o
eventualmente modificare gli orientamenti dell'esame mentre viene eseguito, riducendo tempi e costi della
prestazione. Del resto, per il clinico una risposta diagnostica rapida e certa rappresenta un valido contributo
per la realizzazione di un piano terapeutico efficace e tempestivo. In questo modo la consultazione telematica
può dispensare il clinico a muoversi dal proprio reparto per raggiungere il reparto radiologico, una pratica
che nella maggioranza degli ospedali è ancora di routine.

3.4.3 Workstations di tele radiologia


Le workstations di teleradiologia sono deputate alla trasmissione / ricezione di immagini diagnostiche. Gli
elementi costitutivi di una stazione di teleradiologia sono: Dispositivo di acquisizione delle immagini,
variabile in funzione delle modalità diagnostiche richieste; Stazione di lavoro con i seguenti requisiti:
monitor con risoluzione minima di 1024 x 1280 pixel, cpu potenti (soprattutto in termini di velocità),
Sistema Operativo Multi tasking (UNIX, XENIX) che consente l'elaborazione di più informazioni
simultaneamente, Memoria locale di massa con buone capacità nel caso in cui la stazione venga utilizzata
come "image server"; Compressore / Decompressore immagini, con un algoritmo di elaborazione
configurato in modo da non alterare la qualità dell'informazione; Software di gestione che assolva alle
seguenti funzioni: gestione delle periferiche (stampante, scanner, telecamera, frame grabber), gestione della
trasmissione, gestione sincronizzata di un cursore sulle due stazioni, gestione dell'archivio temporaneo delle
immagini da trasmettere e di quelle ricevute, gestione dell'archivio permanente delle immagini ricevute,
elaborazione locale dell'immagine.

3.5 Tipologie di PACS


In relazione all'estensione e al numero delle apparecchiature diagnostiche connesse, una classificazione dei
sistemi PACS distingue le seguenti tipologie: PACS parziale, PACS a sviluppo intermedio, PACS globale.

3.5.1 PACS parziale


Il PACS parziale ("modality cluster" o "mini-PACS), è limitato all'acquisizione, la visualizzazione,
l'archiviazione e la trasmissione di immagini provenienti da un'unica modalità diagnostica. E' la forma più
semplice da un punto di vista funzionale: i dati trasmessi non devono percorrere distanze molto elevate.
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Inoltre il software gestionale della workstation è a impegno limitato finalizzato soprattutto alla archiviazione
ed elaborazione delle immagini.

3.5.2 PACS a sviluppo intermedio


Il PACS a sviluppo intermedio, è ancora confinato all'istituto o al reparto di radiologia come nel caso del
PACS parziale, ma rispetto ad esso gestisce più modalità diagnostiche (es: TC, RM, ECO). Questo tipo di
configurazione, quindi, permette una gestione unitaria delle immagini acquisite.

3.5.3 PACS globale


Il PACS globale, non è solo in grado di connettere tutte le apparecchiature presenti in radiologia ma
dovrebbe consentire l'integrazione con i sistemi informativi radiologico ed ospedaliero (RIS e HIS) e con il
mondo esterno all'ospedale tramite teleradiologia. Il possibile passaggio dal PACS parziale ai successivi è
realizzabile con l'aumento delle apparecchiature collegate e con l'ampliamento dell'area di influenza del
sistema.

3.6 Installazione del PACS


Il più importante aspetto da tenere in considerazione nell'installazione di un PACS standard è quello di usare
dei sistemi di computer (hardware) standard e dei programmi (software) standard in modo da agevolare
l'interconnessione ed il collegamento ad altre piattaforme di computer. Gli altri vantaggi, certo non
secondari, nell'utilizzare sistemi standardizzati nell'architettare un PACS sono i seguenti:
risulta facilitato in un secondo tempo l'inserimento opportuno di un nuovo componente nella stessa
struttura;
ne risulta semplificata l'assistenza tecnica poiché ogni modulo è simile all'altro;
risulta diminuito il numero di computer all'interno del sistema, poiché non vi è necessità di usare
computer che codificano per altri.
Se due PACS nello stesso ospedale non possono comunicare tra loro, divengono due sistemi isolati, ciascuno
con proprie informazioni e immagini dei pazienti, e non possono collegarsi con gli altri sistemi in modo da
costituire un PACS complessivo integrato con l'intero ospedale. Un progetto di reti aperte che consenta con
un metodo standardizzato uno scambio di dati e messaggi tra sistemi eterogenei è dunque essenziale. D'altra
parte se un modulo PACS deve essere in grado di trasmettere immagini agli altri sistemi e viceversa, deve
usare necessariamente un formato standard per dati ed immagini, e deve usare un protocollo di
comunicazione standard. Altri fattori notevoli che vanno osservati nell'installazione di un PACS sono
rappresentati dall'affidabilità e dalla riservatezza. L'affidabilità è una priorità per un PACS per due ragioni:
innanzitutto, poiché un PACS è costituito da molte apparecchiature e la probabilità che una di queste abbia
un guasto tecnico è alta; la seconda perché il PACS gestisce e visualizza informazioni relative a pazienti che
possono anche trovarsi in uno stato critico, ed estesi periodi di malfunzionamento non possono essere
tollerati. Nel progettare un PACS è quindi importante adottare misure anti default. La riservatezza infine è un
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elemento importante nel progettare un PACS, specie nelle questioni medico - legali, al fine di tutelare la
privacy del paziente. I tre maggiori meccanismi per garantire un grado di privacy accettabile sono
rappresentati dal "controllo accordato", dal "controllo privilegiato", e dal "riconoscimento a vista". I più
sofisticati sistemi di controllo ed organizzazione dei dati hanno meccanismi di identificazione e di
autorizzazione che si avvalgono di permessi e di passwords. Le applicazioni di software ad hoc possono
completare il sistema di protezione ed accesso dei dati e delle immagini. Un’addizionale misura di sicurezza
è l'uso del criptaggio durante la trasmissione delle informazioni.

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