Corso integrato di
TECNICHE DI RADIOTERAPIA
APPUNTI RELATIVI
AGLI
ARGOMENTI DI ESAME
Prima di effettuare una radioterapia è indispensabile anche conoscere il paziente, quindi la sua storia clinica e
sintomatologia, i pregressi interventi chirurgici, le pregresse terapie, ecc.
LA RADIOTERAPIA ONCOLOGICA
La cura dei tumori, in particolare dei tumori maligni, ha subito notevoli evoluzioni negli anni più recenti,
tanto che tumori 50 anni fa giudicati inguaribili sono ora controllati con le terapie e i pazienti possono
raggiungere la guarigione o lunghi periodi di benessere.
La massima efficacia viene raggiunta quando le terapie antineoplastiche si integrano tra loro.
Le terapie antineoplastiche sono:
- chirurgia: terapia loco-regionale con la quale si asporta tutto o una parte del tumore, eventualmente le
stazioni linfonodali;
- radioterapia: terapia loco-regionale con la quale si può irradiare il tumore o il residuo di tumorale o le-
stazioni linfonodali satelliti o eventuali metastasi a distanza;
- terapia medica: consiste in chemioterapia o terapia con target molecolari o ormonoterapia: sono terapie
sistemiche con le quale si cura il tumore primitivo o, a scopo precauzionale, si curano le micrometastasi non
evidenziabili clinicamente al momento della diagnosi.
La radioterapia e la chemioterapia possono anche essere utilizzate per ridurre il volume di un tumore che sarà
poi aggredito chirurgicamente (radioterapia neoadiuvante).
L’efficacia terapeutica delle terapie è differente nei diversi tumori, inoltre è differente anche in base alle
caratteristiche del paziente "ospite" del tumore.
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Il massimo dei risultati si ottiene quando le terapie sono adeguatamente associate, tanto che si deve ritenere
che un paziente portatore di tumore sia curato al meglio quando la sua terapia viene decisa di comune
accordo dagli specialisti chirurgo, oncologo medico e radioterapista oncologo.
TECNICHE DI IRRADIAZIONE
Esistono tre tipi principali di irradiazione del paziente: radioterapia dall'esterno, brachiterapia e terapia
metabolica.
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Si sono anche ottenuti significativi sviluppi nella valutazione della malattia, in particolare mediante lo
sviluppo del sofisticato imaging diagnostico della TC, della RM e della PET e con l’impiego preliminare
delle tecnologie di fusione di immagini nel processo di treatment planning. L’informatizzazione ha
comportato il bisogno di una maggiore comprensione di questi principi, di maggior capacità di riflessione e
di intervento in ogni possibile situazione. Anche quest’aspetto quindi deve essere presente nei programmi
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didattici, tali da garantire la competenza degli studenti nell’uso di queste nuove metodiche nonché di fornire
loro la capacità di adeguamento continuo all’evoluzione tecnologica. La necessità di un continuo
aggiornamento professionale quale parte integrante dello sviluppo di un qualsiasi programma didattico è la
chiave per garantire dei professionisti competenti per il futuro.
trattamento e assicurarsi che non si muova, inserire gli eventuali filtri, comandare l’irradiazione,
annotare sulla cartella di trattamento la dose giornaliera, curare i rapporti con i pazienti.
Visita al termine della terapia: il medico al termine del ciclo di terapia compila un apposita tessera
riguardante il trattamento eseguito e lo consegna al paziente, unitamente alle eventuali prescrizioni
terapeutiche e alla lettera per il Medico di medicina generale.
Visite di follow-up: eseguite allo scopo di assistere il paziente dopo il trattamento e verificare l’efficacia
della terapia, effettuate di norma a 3 - 6 - 12 mesi dal termine della terapia e proseguite per 5 - 10 ani.
Ognuna di queste fasi comporta la creazione di documentazione da conservare in archivio.
Il TSRM cura l’archiviazione dei dati a l’aggiornamento dei documenti di sua competenza.
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coinvolto nella simulazione e ricopre un ruolo essenziale nel rilevare e riferire qualsiasi reazione anomala nel
paziente o malfunzionamenti delle apparecchiature.
Pertanto il tecnico di radioterapia ha un ruolo importante nella prevenzione degli incidenti.
L’assenza di un titolo univoco crea delle difficoltà sia in termini di identità professionale sia nella libera
circolazione della professione, parte integrante dello sviluppo futuro della Comunità Europea oltre che una
evidente aspirazione dei professionisti. Tutte le professioni riconosciute hanno una denominazione, accettata
internazionalmente, che ne definisce, con limiti nazionali, i ruoli. Non è il caso dei professionisti
direttamente coinvolti nella somministrazione della radioterapia ai pazienti. Attualmente molti differenti
titoli sono impiegati in Europa per indicare gli appartenenti alla nostra professione.
Alla consensus conference del primo core curriculum nel 1995 (Core curriculum = il complesso di contenuti
essenziali ovvero conoscenze, competenze, abilità, comportamenti, che tutti i neolaureati devono aver
acquisito in modo completo e permanente per l’esercizio della professione), si era convenuto che la
denominazione “Radiation Technologist” sarebbe stata usata per ricomprendere tutti i titoli in uso in Europa.
Questa denominazione era di fatto apparsa inaccettabile per il gruppo di lavoro e si era pertanto deciso di
usare le lettere RT quale compromesso.
L’attuale gruppo di lavoro ritiene che un titolo univoco sia necessario per esprimere la professione e fornire
una identità internazionale. La denominazione “Radiotherapy Technologist” è apparsa, tuttavia, ancora
inaccettabile per la maggioranza dei partecipanti. La discussione ha portato a focalizzare due opzioni:
“Radiotherapist” o “Radiation Therapist”. Il termine “Radiation Therapist” è impiegato in Australia e negli
Stati Uniti ed è stato recentemente adottato in Irlanda in seguito alla pubblicazione delle raccomandazioni di
un Gruppo di Esperti sulla professione. Vi sono delle difficoltà con “Radiotherapist” in quanto usato in molti
paesi dell’Unione Europea per designare i clinici (Medici Specialisti in Radioterapia) ed è inoltre la loro
propria denominazione professionale da Statuto Europeo. La denominazione “Radiation Therapist” è stata
la decisione finale del gruppo di lavoro. In considerazione delle difficoltà associate alla modifica di
denominazioni professionali si è deciso che le lettere RT saranno ancora utilizzate quale descrittore generico
e che ogni nazione continuerà ad impiegare il titolo riconosciuto a livello nazionale fino a quando un
cambiamento uniforme non sarà raggiunto a livello Europeo.
In considerazione del livello di responsabilità assunto dai RT durante lo svolgimento del proprio ruolo,
appare rilevante che lo standard formativo sia tale da permettere l’autonomia professionale nel contesto di un
approccio multidisciplinare alla gestione del paziente, ad esempio, nell’assumersi la responsabilità personale,
nell’accurata impostazione, erogazione e controllo di un trattamento radiante durante il lavoro alle unità di
terapia.
IL PROCESSO RADIOTERAPICO
La radioterapia è un procedimento complesso costituito da diversi stadi, con l’impegno di molteplice
personale e con l’impiego di diverse apparecchiature. L’accuratezza con cui ogni fase viene attuata ha un
impatto sia sul controllo tumorale sia sulle complicazioni ai tessuti sani o sulla morbidità. In termini di
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risultati pubblicati, la letteratura indica che modifiche nella dose di trattamento nell’ordine del 5-10% sono
clinicamente rilevabili nei pazienti. Inoltre, è anche riconosciuto che variazioni della dose dell’ordine del 5%
possono comportare una drastica riduzione nella risposta tumorale e quindi nella guarigione del paziente.
Questi dati indicano la necessità di un alto livello di precisione nel sistema di erogazione dei trattamenti.
Inoltre i trattamenti devono essere effettuati ad un altissimo livello di accuratezza geometrica.
L’aumentata complessità delle apparecchiature e delle metodiche, nonché l’aumentata consapevolezza delle
aspettative dei pazienti, non possono essere sottovalutate.
I recenti sviluppi nella tecnologia radioterapica e nella pratica clinica, evidenziano la tendenza ad aumentare
le sotto-specializzazioni all’interno della disciplina. Questa tendenza, inoltre, testimonia e supporta la
necessità di sviluppare vasti team clinici multidisciplinari che possano gestire i molteplici aspetti richiesti
dalla terapia integrata del paziente oncologico. La crescita futura di tali team dipenderà, per un grado
considerevole, dall’allocazione di appropriate risorse e strutture organizzative che assicurino lo sviluppo di
team clinici con un adeguato numero di professionisti sanitari ed infrastrutture per la terapia.
Ciò è importante per l’evoluzione professionale della radioterapia in genere e dei RT in particolare. I
programmi didattici devono promuovere evoluzioni di questo tipo fornendo la conoscenza base e le abilità
cliniche per permettere la sotto specializzazione nella professione. Ad esempio in diversi dipartimenti la
pratica clinica è già stata modificata con dei RT che assumono la responsabilità diretta per uno specifico
gruppo di pazienti, controllandone gli effetti collaterali, svolgendo la revisione clinica dei trattamenti, e la
revisione post terapia per specifiche sedi tumorali. Lo scopo di ogni cambiamento nella pratica lavorativa è,
ovviamente, favorire il paziente ma anche motivare il personale mediante l’offerta di ulteriori percorsi di
carriera.
Questi propositi miglioreranno il servizio offerto, potranno ridurre gli errori o la potenzialità di errore,
permetteranno un efficiente ed efficace impiego delle capacità di crescita di ogni gruppo professionale.
Un programma didattico per l’ RT deve assicurare che le specifiche abilità ed esperienze siano
appropriatamente sviluppate per facilitare l’introduzione di una nuova pratica lavorativa ed uno spostamento
verso un servizio guidato dalla qualità basata sull’evidenza piuttosto che sulla quantità.
L'RT partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro e all’elaborazione di progetti nell’ambito
della struttura in cui opera nel rispetto delle proprie competenze
L'RT programma e gestisce l’erogazione delle prestazioni di sua competenza in collaborazione diretta con il
medico radioterapista e con l’esperto in fisica medica secondo protocolli preventivamente definiti
Medico radioterapista
Valuta l’indicazione al trattamento radioterapico secondo protocolli stilati;
Illustra al paziente accuratamente il programma di terapia da seguire, insieme agli effetti collaterali ad esso
correlati, con relativa firma del consenso informato;
Visita il paziente, compila la cartella clinica e la cartella di terapia stabilendo la programmazione relativa
all’esecuzione del piano di trattamento in accordo con l’esperto in fisica medica e il tecnico sanitario di
radiologia medica;
Il medico visita il paziente in trattamento almeno una volta a settimana, aggiorna la cartella clinica
registrando la dose erogata, gli eventuali effetti collaterali e ogni eventuale cambiamento effettuato rispetto
al programma originario;
Programma il follow-up del paziente in accordo con il medico ematologo e con l’oncoematologo pediatrico.
Tecnico di radiologia
Collabora con il medico radioterapista oncologo e l’esperto in fisica medica,
Esegue e coordina tutte le operazioni relative al posizionamento del paziente e all’introduzione di dispositivi
ausiliari (schermature, compensatori personalizzati, ecc…) necessari alla corretta esecuzione del trattamento;
Effettua il trattamento radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento e registra i
dati di ogni singola frazione;
È responsabile dello stato e dell’efficienza del sistema di immobilizzazione utilizzato dal centro;
È responsabile del comfort del bunker in collaborazione con il medico radioterapista oncologo, l’esperto in
fisica medica e l’infermiere professionale.
Infermiere
È responsabile della preparazione del bunker per minimizzare l’esposizione alle infezioni;
Prepara farmaci di supporto da somministrare dietro indicazione medica in caso di manifestazione di effetti
collaterali; È responsabile dell’allestimento di contenitori in caso di vomito.
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– collabora con l’esperto in fisica medica alla verifica del funzionamento delle apparecchiature dopo ogni
intervento di manutenzione e di riparazione;
– cura l’archiviazione e l’aggiornamento della documentazione prodotta nell’espletamento della propria
attività e degli strumenti e dei materiali di consumo direttamente utilizzati;
– nei reparti nei quali si svolge attività di brachiterapia, cura:
a) allestimento dei preparati radioattivi
b) recupero e l’immagazzinamento delle sorgenti
c) esecuzione delle operazioni di controllo delle eventuali contaminazioni
d) esecuzione delle operazioni di decontaminazione degli oggetti e degli ambienti
e) tenuta e aggiornamento del registro di carico e scarico del materiale radioattivo del reparto;
– contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente alle attività di
aggiornamento, ricerca e didattica in relazione al proprio profilo professionale;
– espleta ogni altra operazione tecnica concordata con il medico oncologo radioterapista.
In tutte le UO deve essere individuato un TSRM con funzione di coordinamento.
(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Medicina legale”, 1° anno).
Il tecnico di radiologia è tutt’altro che una figura periferica nel quadro della gestione organizzativa del
paziente.
Il Codice Deontologico (edizione 2004, 11 paragrafi, 58 articoli) è un documento di grande importanza e di
riferimento per la figura professionale del TSRM.
Art.1.1: “il TSRM è il professionista sanitario responsabile nei confronti della persona degli atti tecnici e
sanitari degli interventi radiologici aventi finalità di prevenzione, diagnosi e terapia.”
Art. 3: rapporti con la persona
... egli è il responsabile degli atti compiuti …
… ascolto della persona ….
… riservatezza …
… garantisce l’erogazione delle prestazioni sanitarie secondo la migliore scienza ed esperienza …
… cura la qualità della relazione …
… fornisce informazioni su materie di propria competenza …
… segreto professionale …
… attraverso la tecnologia traduce il bisogno di salute della persona …
… studio dei tempi ideali necessari all’effettuazione …
… partecipa attivamente alle attività formative …
Il TSRM è dunque chiamato a svolgere un ruolo rilevante sull’equilibrio psicologico del paziente.
Vedi anche Rapporto ISTISAN 02/20: Garanzia di qualità in radioterapia, per le attribuzioni del tecnico di
radiologia in Radioterapia oncologica.
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5 – INFORMAZIONE E CONSENSO
6 – “PRIVACY” IN RADIOTERAPIA
La privacy in radioterapia riguarda tutte le informazioni cliniche relative al paziente, il tecnico come tutti gli
altri operatori sanitari è tenuto al segreto professionale, come indica il Codice Deontologico (2004):
Art. 2.8 “... consapevole che ogni prestazione sanitaria ha come presupposto il rapporto di fiducia tra
operatore e persona, garantisce la riservatezza di tutte le informazioni assunte sulla persona ed in particolare
quelle raccolte durante l’anamnesi.”
Art. 3.7 “… riconosce il segreto professionale come un dovere e un diritto oltre che come espressione del
rapporto di fiducia; si adopera affinché il segreto professionale sia conservato anche dagli altri operatori.”
Art. 3.8 “ rispetta e tutela la privacy della persona”.
Esiste un documento scritto che registra il consenso del paziente con un documento scritto che è raccolto
nella cartella clinica: il paziente può autorizzare ad esempio il Medico di medicina generale o un parente
stretto o un amico, … In caso di dubbio il TSRM deve chiedere al medico radioterapiasta come comportarsi.
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Assolutamente da non trascurare è il clima della sala d’attesa: limitare i tempi d’attesa si è rivelato essenziale
in particolar modo nei confronti di pazienti sottoposti a evidente trattamento chemioterapico (assenza dei
capelli), sondati o semplicemente più suscettibili o condizionabili dall’esperienza altrui.
I trattamenti radioterapici, oltre ad essere sempre personalizzati, variano notevolmente secondo la tipologia,
la sede e la stadiazione della neoplasia; vi sono trattamenti che necessitano di numerose sedute ed altri che si
risolvono in pochi incontri ma nel corso dell’esperienza sino ad ora fatta posso sicuramente dire che il
legame con il paziente è indipendente dalla quantità di tempo trascorso insieme, in diverse situazioni è stato
breve ma intenso, caratterizzato da uno sguardo, da scambi veloci che si ‘attaccano’ al nostro vissuto e da cui
nascono fantasie e angosce.
L’approccio con il paziente pediatrico oncologico è senza ombra di dubbio un capitolo a parte: la
complessità è legata non solo al tipo di patologia, nelle sue componenti di soma e psiche, ma anche alla
particolare costellazione in cui è inserito il paziente, che ovviamente non si presenta mai solo, ma sempre
all'interno delle sue relazioni di accudimento.
L'istituzione radioterapica tende a condividere col nucleo genitoriale la gestione del bambino, lasciando che
la famiglia eserciti un'attività di mediazione tra il paziente e l'équipe per una parte dell'assistenza.
Al paziente pediatrico giungono informazioni selezionate, concordate con le figure di riferimento: il tecnico
di radioterapia durante l’intero corso del trattamento e delle singole sedute che lo compongono deve prendere
in considerazione la coppia genitoriale tenendo ben presente che modalità comunicative deficitarie incidono
sulla disponibilità dei genitori e dei pazienti a collaborare con l’iter terapeutico, intralciando
conseguentemente l’operatività. Gioco e fantasia spesso fanno da cornice a tale esperienza.
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(Vedi Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Fisica applicata e radioattività”, 1°
anno).
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Curve di sopravvivenza
I modelli per danno da radiazione tentano di prevedere quantitativamente l’effetto biologico indotto da
radiazioni ionizzanti. Tra gli scopi dei modelli matematici uno è quello di rendere i dati sperimentali
trasferibili all’ambito terapeutico per l’elaborazione di strategie atte a migliorare l’effetto sul tumore e a
risparmiare gli organi sani.
1 - Modello Single Target Single Hit
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In ogni cellula esiste un solo bersaglio la cui inattivazione produce la morte della cellula.
L’inattivazione della cellula richiede dunque un solo evento
in questo bersaglio in ogni cellula.
La curva che descrive l’andamento della sopravvivenza
cellulare in funzione delle dose somministrata è di tipo
esponenziale; la radiosensibilità della popolazione è espressa
dalla pendenza della retta.
D0 è la dose che produce una media di un evento per target.
Fs = e – D / D0
– D / D1
Il fattore e è in realtà un fattore riduttore della frazione di sopravvivenza, in misura tanto più grande
quanto più D si avvicina a D1.
La componente ad urto singolo viene di solito attribuita all’azione delle radiazioni ad alto Let, quali ad
esempio le particelle dotate di carica. Questi eventi ad alto Let possono avere energia sufficiente ad inattivare
tutti i bersagli in una cellula all’improvviso, oppure causare urti multipli su un bersaglio singolo, se ciò è
quanto richiede l’uccisione della cellula.
Componente β: è la componente quadratica del danno, corrisponde al danno riparabile e può essere
identificato con gli effetti a singola rottura della catena di DNA (ssb). Essa risente molto del frazionamento
delle dosi.
Rapporto α / β: dose in Gy alla quale il contributo del danno di tipo lineare corrisponde a quello di tipo
quadratico. Applicato alla radioterapia, questo rapporto è un parametro tessuto specifico, che varia anche per
tessuti a risposta rapida o tardiva, spostandosi verso i bassi valori di dose - frazione per i tessuti a risposta
tardiva. Nella rappresentazione grafica indica a quale dose la curva di sopravvivenza incomincia a flettersi in
maniere importante.
Se α / β è alto vi è prevalenza del danno non riparabile e la curva dose – effetto tende ad essere rettilinea
all’origine.
Se α / β è basso vi è prevalenza di danno riparabile e la curva ha una spalla iniziale più evidente.
dell’ordinata corrispondente al prolungamento del tratto rettilineo verso l’ascissa. Nel modello teorico a
bersagli multipli e colpo singolo, N equivale al numero di bersagli nel contesto della singola cellula.
La spalla è quantificabile mediante il parametro Dq, la dose quasi soglia, dipendente da D0 e da N. Dq
corrisponde all’intersezione fra il prolungamento della parte esponenziale della curva e la linea orizzontale
passante per il 100% di sopravvivenza. Rappresenta, in Gy, una misura della grandezza della spalla e
corrisponde all’accumulo di danno subletale e all’insieme dei processi di recupero messi in atto dalle cellule.
FATTORI DI RADIOSENSIBILITA’
Il concetto di radiosensibilità intrinseca si va oggi estendendo grazie alla migliore comprensione di possibili
meccanismi genetici di regolazione della stessa.
Radiosensibilità intrinseca:
Spermatozoi
Linfociti, eritroblasti, granulociti, mieloblasti
Cellule basali e delle cripte intestinali, stomaco e colon
Cellule ovariche, cutanee, delle ghiandole, alveolari polmonari, dotti biliari
Cellule endoteliali
Cellule connettivali
Cellule tubulari renali
Cellule ossee
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Cellule nervose
Cellule muscolari
La radioresistenza sembra essere infatti una priorità stabile di alcune linee cellulari tumorali, e che questa
caratteristica possa essere mantenuta anche quando queste linee cellulari vengono poste in coltura.
I fattori di radiosensibilità cellulare e tissutale sono i seguenti:
La dose somministrata
Il volume irradiato
La natura delle radiazioni utilizzate
Le modalità di somministrazione della dose
Fattori fisici
Con l’aumento della dose vi è generalmente un aumento dei danni biologici, ma è necessario tenere in
considerazione l’intensità, il frazionamento e il LET (trasferimento lineare di energia: rapporto tre dE e dL,
tra l’energia tot trasferita alla materia lungo un cammino e la lunghezza del cammino percorso) delle
radiazione.
L’importanza della dose può essere esemplificata esaminando la diversa gravità delle sindromi cliniche da
irradiazione globale per differenti dosi di irradiazioni X o gamma:
Forma asintomatica: dose inferiore a 2 Gy
Forma ematologica: dose compresa tra 2 e 6 Gy
Forma gastroenterologica: dose superiore a 10 Gy
Forma neurologica: dose superiore a 50 Gy
Anche nel caso di irradiazione focale, a parità di tutti gli altri parametri, la dose assume le caratteristiche di
una variabile indipendente: 5 Gy producono un eritema cutaneo, 25 Gy una necrosi acuta.
L’aumento del numero di frazioni d’irradiazione consente di aumentare la dose totale, mantenendo inalterato
l’effetto, in quanto viene favorita la riparazione del danno ai tessuti normali.
I cicli di radioterapia prevedono più sedute settimanali (cinque) con somministrazione di 2 Gy per seduta
sino ad un massimo di 4-7 settimane.
Anche l’intensità (il cosiddetto rateo di dose) ha una sua ben nota influenza. L’irradiazione ad elevata
intensità (più di 2 Gy al minuto) determina una maggiore quantità di danno; mentre l’irradiazione a intensità
più basse consente una maggiore sopravvivenza, in quanto è maggiore il periodo di tempo disponibile perché
avvenga la riparazione
Radiazioni ad alto LET producono più danni poiché una maggiore densità di ionizzazione può provocare più
rotture contemporanee sulle molecole di DNA.
Radiazioni alto LET: neutroni, protoni, α
Radiazioni basso LET: X, γ, elettroni veloci
Fattori chimici
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Il secondo differisce dal primo per la possibilità di effettuare, contemporaneamente a una simulazione
tradizionale, anche scansioni TC.
Il simulatore è una macchina in tutto simile a un’unità di terapia e cioè è in grado di ripeterne fedelmente
tutti i movimenti. Anziché essere provvisto di una testata in grado di produrre la radiazione radiante
terapeutica, possiede un generatore di raggi x di tipo radiodiagnostico.
Altra funzione tipica della radiodiagnostica posseduta da simulatore radiologico è la possibilità di procedere
a radioscopia con intensificatore di brillanza.
Gli elementi costituenti essenziali di un simulatore sono essenzialmente 5:
stativo rotante
È costituito da una colonna rotante alle cui estremità sono fissati superiormente il tubo radiogeno ed il
sistema di collimazione, mentre inferiormente un portacassette radiografiche ed il sistema di intensificazione
di brillanza. Tutto il sistema può ruotare di 360° attorno al paziente che è sdraiato sul lettino mobile che si
colloca fra le due estremità dello stativo.
Il sistema rappresenta quello che correntemente viene definito come gantry.
A loro volta sorgente e portacassetta possono scorrere verticalmente sul braccio che li unisce in modo da
poter variare la distanza sorgente-cute (SSD) e la distanza fra paziente e cassetta, in modo da ridurre al
minimo gli effetti dell’ingrandimento radiografico. Il tubo radiogeno è un normale tubo per radiodiagnostica,
esso è capace di ruotare su un angolo di 360, ma su un piano perpendicolare a quello del gantry, è, come i
normali tubi per radiodiagnostica, provvisto di diaframmi (riduzione penombra).
Il sistema di collimazione è rappresentato da un reticolo costituito da 4 fili radioopachi a due a due
contrapposti e capaci di muoversi parallelamente a due a due (su un asse x ed uno y) intorno ad un punto
centrale (anche esso radioopaco) e in modo tale da costruire figure geometriche di forma quadrata o
rettangolare (e, cioè, in ultima analisi, i campi di trattamento).
L’ampiezza del movimento viene misurata in cm. dalla macchina stessa, ecco che vengono così costruiti con
le loro misure i campi di trattamento.
Le misure esprimono, quindi, l’ampiezza dei lati del campo di terapia che vengono individuati con le lettere
x e y, come negli assi cartesiani. Sempre a livello della sorgente è montato un diaframma a tendine che
presenta le stesse caratteristiche e funzioni dei corrispondenti della radiodiagnostica (riduzione penombra).
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Sempre a livello del sistema di collimazione sono presenti due sistemi ottici:
-uno luminoso che aiuta ad individuare il campo di trattamento costruito coi reticoli
-telemetro che individua la distanza fuoco-pelle (dfp) cui si è scelto di lavorare
lettino con tastiera di comando
È interposto fra sorgente/sistema di collimazione e portacassette/intensificatore di brillanza.
Accoglie il paziente che vi si accomoda nella posizione predeterminata dal radioterapista al momento della
pianificazione del trattamento, è radiotrasparente, è mobile:
- verticalmente in alto e in basso, in modo da individuare la corrette DFP
- orizzontalmente è consentito un doppio movimento rotatorio su due piani sovrapposti e paralleli, entrambi
su di un doppio arco di 360°.
Convenzionalmente questi ultimi due movimenti rotatori vengono indicati con le lettere dell’alfabeto greco:
alfa e beta.
tavolo di comando per la gestione di tutte le funzioni operative della macchina
Visualizza e gestisce tutte le funzioni della macchina: gantry, collimatore, reticoli, sistema ottico, telemetro,
diaframmi, movimenti del la sorgente, del portacassetta, del lettino.
tavolo di comando per la gestione radiografico/radioscopica del sistema
Il secondo tavolo di comando regola e gestisce il funzionamento dell’unità di radiodiagnostica di cui è dotato
il simulatore (radioscopia e radiografia).
monitor
Consente la visualizzazione dell’immagine radioscopica.
Questi metodi diagnostici per immagini e il precedente esame per l’accertamento della diagnosi precisa (TC,
RM, PET) serviranno al radio-oncologo per inserire, in un secondo tempo, il volume bersaglio nelle sezioni
della tomografia di pianificazione.
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L’acceleratore (detto anche LINAC) produce radiazioni di alta energia; l’energia viene dispersa nelle pareti
dell’acceleratore e in parte in calore (10%) nella zona di impatto sul bersaglio a seconda della traiettoria
seguita dalle particelle nella fase di accelerazione.
Gli acceleratori lineari si distinguono in semplici e complessi e in base all’energia dei fotoni si possono
classificare in:
grandi: 18-20 MV, molto costosi, delicati e necessitano di molta manutenzione;
medi: 6-10 MV, compromesso fra grandi e piccoli;
piccoli: 4-6 MV, rendimento in profondità un poco superiore alla Telecobaltoterapia, affidabili, non
possono emettere elettroni.
Nella stessa unità vi è anche la possibilità di emettere fotoni X ed elettroni di diversa energia.
Un acceleratore lineare accelera elettroni prodotti dall’applicazione di una differenza di potenziale secondo
una traiettoria rettilinea utilizzando il campo elettrico di un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto
lungo una guida d’onda contenuta in un tubo a sezione circolare di lunghezza variabile (anche alcuni metri)
la cosiddetta sezione acceleratrice. In questa sezione di onda elettromagnetica viene amplificata in frequenza
fino a 3000 MHz da un cassetto pilota e in potenza (fino a 100 volte al secondo) da un klystron. Sempre nella
sezione acceleratrice di elettroni da 50 kv vengono trasportati dall’onda elettromagnetica immessa
contemporaneamente nella sezione acceleratrice dal klystron, acquisendo energia cinetica sempre maggiore
fino al limite previsto. Generalmente la sezione acceleratrice possiede una disposizione orizzontale, per cui
gli elettroni devono essere deflessi e indirizzati verso il paziente. Ciò si ottiene mediante l’impiego di
opportuni campi magnetici. La deflessione migliora anche l’omogeneità energetica del fascio. Di solito
l’angolo di deflessione è di 270°; se si vogliono produrre fotoni X si deve interporre una lamina di tungsteno
che frena bruscamente il fascio di elettroni (radiazioni di frenamento). Gli elettroni, una volta espulsi,
subiscono una prima collimazione da parte del collimatore fisso o primario e vengono monitorati da due
camere di ionizzazione il cui compito è quello di verificare la simmetria del fascio, l’intensità di dose e la
dose integrata (Unità Monitor). Le dimensioni del fascio vengono regolate da un collimatore mobile simile a
quello dell’unità di telecobatoterapia. Per gli elettroni si aggiunge un ulteriore collimatore supplementare al
fine di ridurre la diffusione. Esistono altri sistemi per collimare gli elettroni: mediante lamine di diffusione
(di solito due) e mediante limitatori simili a quelli della plesioterapia, nei quali l’estremità distale viene
appoggiata direttamente sulla cute del paziente. È necessario il vuoto spinto affinché l’onda elettromagnetica
possa essere accelerata: questo viene creato mediante il funzionamento di una pompa aspirante. Dal
momento che tale funzione di produzione di radiazioni ionizzanti produce calore, è necessario che esso
venga smaltito attraverso un impianto di raffreddamento a circuito chiuso con acqua tridistillata, a sua volta
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raffreddata dalla rete idrica urbana grazie ad uno scambiatore di calore. Senza pompa aspirante e un adeguato
impianto di raffreddamento non è possibile far funzionare l’acceleratore. Un terzo elemento indispensabile
alla gestione funzionale di un acceleratore è la dotazione di un computer che controlla e comanda
contemporaneamente tutti gli elementi della macchina e che è in grado di segnalare la presenza di eventuali
anomalie di funzionamento. Esso potrebbe essere anche impostato con una funzione di controllo dell’operato
del tecnico (per esempio segnalando un errore di impostazione di un parametro quali ampiezza del campo,
energia del fascio e tempo di esposizione).
Gli elementi che costituiscono un acceleratore lineare sono: il gantry contenente la testata, il lettino e il
tavolo di comando.
potenziale. All’uscita da ogni elettrodo, gli elettroni si trovano sotto l’azione di un campo elettromagnetico
che conferisce a loro un’energia corrispondente alla differenza di potenziale stabilita. Generalmente la
sezione acceleratrice è disposta orizzontalmente, per questo gli elettroni devono essere deflessi (di 270°) per
essere indirizzati verso il paziente. Ciò si ottiene mediante un campo magnetico all’interno del magnete di
deflessione.
La testata di trattamento è caratterizzata da due diverse configurazioni, a seconda che si voglia
rilasciare al paziente un fascio terapeutico di fotoni o di elettroni. Nel primo caso gli elettroni accelerati
incidono su una lamina di elevato Z, tungsteno, che frena bruscamente il fascio di elettroni producendo
fotoni per effetto “Bremsstrahlung” (radiazione di frenamento). Una volta prodotto il fascio di fotoni, esso
deve essere collimato (collimazione fissa o primaria) e incide su un filtro di appiattimento che serve ad
omogeneizzarlo. L’uniformità e la simmetria del fascio è misurata da una coppia di camere a ionizzazione
che controlla la simmetria, l’intensità di dose e la dose integrata (unità monitor). Per gli elettroni si aggiunge
un ulteriore collimatore supplementare al fine di ridurre la diffusione. Questi applicatori sono posizionati a
diretto contatto con la cute del paziente.
All’interno della testata di irradiazione, al di fuori del percorso del fascio terapeutico, è inserita
anche una lampada che invia luce su uno specchio, posto sul percorso del fascio con un’opportuna
inclinazione, al fine di trasmettere il campo luce coincidente al campo di irradiazione. Ciò permette al TSRM
di utilizzare il campo luminoso per la centratura del paziente.
Un dispositivo importante, sempre all’interno della testata è il telemetro, costituito da una scala
graduata luminosa che viene proiettata perpendicolarmente all’asse del fascio e serve a definire la distanza
fuoco-pelle (DFP).
Infine, un elemento di grande importanza è il collimatore multilamellare (multileaf), costituito da 50
lamelle metalliche, su ognuno dei lati opposti, che vengono retratte per formare un volume di irradiazione
quanto più possibile simile al volume bersaglio.
Sala bunker
È la sala in cui avviene il trattamento e nella quale si trova l’acceleratore lineare. Lo scopo
fondamentale del bunker è quello di impedire che le radiazioni possano uscire all’esterno. Le sue pareti,
pertanto devono essere di spessore adeguato e costituite da materiali altamente schermanti (cemento baritato)
di 1-1, 5 metri di spessore per un acceleratore lineare. Per poter ridurre lo spessore delle pareti è possibile
inserire all’interno di esse lamine di acciaio e piombo. Altre caratteristiche del bunker sono quelle di avere
una superficie ampia e un microclima adeguato, cioè deve possedere una buona aerazione per garantire un
ricambio di aria continuo, una temperatura ed umidità che consentano un buon confort del paziente e un
buon funzionamento delle macchine. È necessario inoltre un sistema di accesso comodo, ma nello stesso
tempo schermante, per questo motivo si impiegano percorsi a labirinto.
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Questa metodica è utilizzata nel trattamento esclusivo di neoplasie in stadio iniziale di numerosi distretti
corporei, in particolare testa – collo, ginecologici, prostata; è può essere utilizzata come sovradosaggio
associato a radioterapia esterna.
In base alla sorgente si distingue in:
Interstiziale: che consiste nell’impianto di piccole sorgenti radioattive all’interno del tessuto
tumorale con aghi dedicati, detti cateteri vettori, mediante tecniche chirurgiche relativamente poco
invasive. Si utilizza per il trattamento di tumori della prostata, di neoplasie piccole della testa o del
collo e di tumori della mammella già operati. La sorgente radioattiva utilizzata può essere Iridio 192,
Cesio 137, Iodio 125; gli isotopi vengono portati all’interno del tessuto neoplastico.
Endocavitaria: in cui le sorgenti radioattive (Iridio 192 e in particolare Cesio 137) sono inserite
tramite vettori o opportuni cateteri in organi cavi (es. cervice uterina, esofago, trachea e bronchi). Il
paziente effettua il trattamento in condizioni di sedazione o in anestesia generale.
In base alle modalità di erogazione della dose è possibile un'altra classificazione, dove per rateo di dose si
intende la quantità di dose erogata nell’unita di tempo:
Brachiterapia ad alto rateo di dose (HDR)
Le sorgenti radioattive vengono inserite ed estratte per un certo numero di volte, fino all’erogazione della
dose stabilita.
Il caricamento delle sorgenti si può effettuare prima del loro posizionamento con un maggior rischio di
esposizione per gli operatori oppure dopo il loro posizionamento all’interno della neoplasia; inoltre il
caricamento può essere manuale, se effettuato dall’operatore o telecomandato (remote after loading)
automaticamente e in modo computerizzato tramite le unità di trattamento.
Brachiterapia a basso rateo di dose (LDR)
Le sorgenti vengono lasciate in sede per tutto il tempo necessario ad erogare la dose necessaria e una volta
terminata la loro azione rimarranno all’interno dell’organo senza causare alcun fastidio al paziente; viene
eseguita in una unica seduta che dura dalle 12 alla 48 ore.
Vedi nel citato Rapporto ISTISAN per le attribuzioni del tecnico di radiologia.
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Ipertermia
Questa metodica esplica un effetto sinergico alla radioterapia che vede potenziati i suoi effetti.
Il riscaldamento fino a 43 - 45° può portare a morte della cellula neoplastica; inoltre la cellula neoplastica è
più termosensibile della cellula sana.
Le sorgenti utilizzate per generare calore sono: ultrasuoni (profondità 1-3 cm), microonde (profondità 2-4
cm), radiofrequenze (profondità 5-6 cm), perfusione (profondità variabile con la vascolarizzazione).
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15 - IMRT
Terapia ad intensità modulata (IMRT) costituisce una evoluzione delle tecniche conformazionali ed è basata
sempre sull’utilizzo dei collimatori multilamellari con lo scopo di erogare dosi variabili su volumi irregolari.
Durante ogni singola seduta i campi diversamente conformati vengono accesi e spenti in modo da modulare
l’intensità della dose che viene erogata nel contesto del volume da trattare. Tale terapia offre vantaggi in
situazioni cliniche che richiedono la esposizione di volumi irregolari e complessi in stretta contiguità con
organi critici.
Entrambe queste tecnologie, la 3-DCRT e la IMRT, hanno portato ad una riduzione della morbidità sia nel
breve che nel lungo termine ed hanno migliorato l’indice terapeutico per molti tumori.
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16 - IORT
La IORT o Radioterapia Intra-Operatoria, è una tecnica che permette l’erogazione di una dose di radiazioni
durante l’intervento chirurgico, subito dopo l’exeresi, direttamente sull’area anatomica che conteneva la
neoplasia. L’effetto di una dose singola elevata ha un valore radiobiologico superiore rispetto alla stessa dose
frazionata in modo convenzionale; inoltre la precocità dell’irradiazione e la stessa visualizzazione e
delimitazione del letto operatorio, potrebbero migliorare il controllo locale della neoplasia a fronte di una
tossicità a carico degli organi critici comparabili o addirittura ridotta rispetto alla tecnica tradizionale di
irradiazione a fasci esterni. RIVEDERE IL TESTO
La IORT deve essere eseguita dal radioterapista oncologo in collaborazione con l’esperto in fisica medica,
come indicato nel Rapporto ISTISAN 03/1, all’interno di protocolli di ricerca.
La IORT può essere eseguita con fasci di elettroni prodotti da acceleratori lineari convenzionali (non
dedicati), utilizzando opportuni accessori per la collimazione del fascio, diversi dagli applicatori di elettroni
impiegati per la radioterapia a fasci esterni.
Questo però comporta il trasporto della paziente anestetizzata dalla sala operatoria al bunker di trattamento;
nei casi più favorevoli il bunker è attiguo alla sala operatoria in modo da ridurre al minimo il prolungamento
dei tempi operatori e di anestesia.
Con l’avvento di apparecchi mobili dedicati alla sala operatoria, che sono in grado di produrre fasci di
elettroni ad alta energia o raggi X a bassa energia, si è avuta una semplificazione delle procedure di
intervento.
Il PTV è costituito dal letto operatorio, individuato visivamente, più un margine radiale di almeno 1-2 cm,
per sterilizzare le aree anatomiche prossime alla zona asportata chirurgicamente e tenendo presente le curve
di isodose nella regione di penombra del fascio.
Il diametro dell’applicatore e l’energia del fascio di elettroni devono essere scelti in modo da assicurare
un’adeguata copertura del volume bersaglio.
La dose viene erogata in un’unica seduta.
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17 - GAMMA KNIFE
Il Gammaknife, dotato di un casco con 201 sorgenti di cobalto 60, risulta dedicato esclusivamente a
stereotassi cranica. I trattamenti in stereotassi non possono essere estesi a tutti i pazienti ma hanno una
indicazione ben definita in alcune patologie e in particolari situazioni cliniche.
Gamma-knife: questo tipo di terapia è per lo più indicato nella cura dei tumori cerebrali e di alcune patologie
benigne di natura vascolare (ad esempio, le malformazioni artero-venose) del cervello.
Il trattamento gamma knife o bisturi a raggi gamma consiste in un fascio di raggi gamma orientato in modo
molto preciso ed emesso da centinaia di angoli diversi.
È sufficiente una sola seduta di radioterapia, che può durare da quattro a cinque ore.
Per questo tipo di trattamento la testa sarà collegata ad uno speciale sistema di metallo. Il paziente viene
sottoposto a diverse radiografie per stabilire qual è esattamente l’area da irradiare. Durante la seduta la testa
dovrà rimanere perfettamente ferma e per tale motivo si applicherà uno speciale sistema di immobilizzazione
simile ad un enorme casco, con centinaia di fori attraverso i quali penetreranno le radiazioni.
Il trattamento gamma knife è disponibile solo presso centri di alta specializzazione e non è indicato per tutti i
pazienti affetti da tumori cerebrali.
18 - TOMOTERAPIA.
La Tomoterapia rappresenta una tecnologia recente. Essa integra l’imaging diagnostico 3D, la
pianificazione e l'erogazione di terapia in un unico processo e in una unica apparecchiatura.
Tomoterapia: tecnica di irradiazione ad intensità modulata con erogazione elicoidale della dose,
analogamente a quanto avviene in ambito diagnostico nell’esecuzione di una TC spirale.
La tomoterapia è la tecnica più moderna e sofisticata di radioterapia a fasci esterni, cosiddetta perché unisce
la tecnologia di irradiazione ad intensità modulata (IMRT) con la tecnica della tomografia computerizzata
(TC) spirale. L’apparecchiatura per la tomoterapia è costituita da un rilevatore TC accoppiato ad un
acceleratore lineare. Durante il trattamento la fonte radiogena ruota in sincronia con i movimenti
longitudinali continui del lettino, creando un fascio ad intensità modulata con andamento spirale, che è
conformato tramite un collimatore multilamellare. La stessa macchina si utilizza prima di ogni trattamento
per acquisire le immagini necessarie per-verificare con precisione la posizione del tumore e degli organi a
rischio e, se necessario, aggiustare automaticamente la posizione del paziente al fine di garantire le
condizioni ottimali per il successivo irraggiamento.
Rispetto ai trattamenti convenzionali (radioterapia conformazionale o IMRT seriale), la tomoterapia permette
un’ irradiazione molto più selettiva del tumore e un elevato risparmio dei tessuti sani, con possibilità di
erogare dosi più elevate in un numero di frazioni nettamente ridotto. Quando il piano di cura è preparato
sulle immagini ottenute dalla “fusione” delle immagini anatomiche fornite dalla TAC con le immagini
funzionali della PET si parla di tomoterapia a guida metabolica. La combinazione di PET/CT e tomoterapia
potenzia complessivamente il successo del trattamento radiante in quanto consente, da un lato, il
riconoscimento accurato e precoce dell’estensione tumorale e, dall’altro, l’esatto controllo del
posizionamento, permettendo così di erogare al PTV una dose elevata di radiazioni con aumentata
probabilità di controllo della malattia.
La tomoterapia è teoricamente applicabile a gran parte dei tumori solidi, anche se attualmente si è ancora in
una fase sperimentale per cui sono stati attivati solo trattamenti previsti da protocolli clinici.
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19 - ART
Gli errori casuali si possono prevenire evitando una posizione scomoda per il paziente, utilizzando sistemi di
immobilizzazione ed appoggio, posizionando il lettino con centratori laterali e a soffitto.
Errori di posizionamento
il paziente deve stare comodo, evitare ad esempio la contrazione dei muscoli del dorso o dei glutei;
particolare attenzione a pazienti con cifosi o scoliosi;
i reperi con i laser laterali (concetto di allineamento laterale) permettono correttezza nell’allineamento ed
esattezza della DFP; i laser laterali portano sempre all’isocentro anche quando il paziente diminuisce o
aumenta di peso durante la irradiazione;
utilizzare per il posizionamento i tatuaggi di riferimenti e fuscina;
piano di terapia e centratura possibilmente sempre isocentrica;
i reperi cutanei centrali in pazienti obesi sono ancora più critici e inaffidabili se unici;
controllare la situazione fisiologica del paziente (vescica piena e non, retto vuoto o pieno, stomaco pieno
e non);
differente elasticità dei lettini condiziona il posizionamento; criticità del Mylar.
addome;
collo per l’estensione scomoda e per difficoltà a deglutire per la forzatura di estensione.
In generale questi errori possono essere ridotti con spiegazioni al paziente in un rapporto ideale tecnico-
paziente.
Inoltre prima di eseguire la terapia sul campo posteriore o laterale dovrebbe essere ricontrollata la centratura.
Per evitare i movimenti possono anche venire impiegate attrezzature collaterali particolari:
supporto per l’esofago in modo che l’organo sia perpendicolare al fascio;
culle o supporti specifici per bambini.
Con una contenzione non rigida il paziente è più comodo e la terapia più precisa.
Sono utilizzate-maschere termoplastiche per il posizionamento dei pazienti che devono essere irradiati al-
distretto testa-collo.
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Il corretto posizionamento del paziente al momento della simulazione, del rilevamento della sezione
corporea e poi di ogni singola seduta, è una dei punti più difficili e delicati dell’intero trattamento, e perciò il
tecnico deve porvi attenzione ed utilizzare le tecniche e gli strumenti più adatti.
Limitazioni relative alle macchine:
Collisione macchina-paziente
Collisione macchina-lettino di terapia
Intersezione sul fascio
A parte le attrezzature già descritte alcune precauzioni possono aumentare la riproducibilità del
posizionamento e diminuire la possibilità e l’entità degli spostamenti durante la seduta.
Diminuire il tempo di terapia-razionalizzando le operazioni tecniche dopo il posizionamento.
Non forzare il paziente ad assumere posizioni eccessivamente scomode o innaturali.
In generale l’eventuale stato ansioso del paziente ostacola sia il posizionamento sia l’immobilità ma
anche la svagatezza e la sottovalutazione dell’importanza dell’atto che si sta compiendo sono
controproducenti. Il TSRM deve fare in modo che il paziente sia: rilassato, concentrato e conscio della
delicatezza del momento.
Riguardo l’immobilità del paziente è consigliabile verificare a corrispondenza del campo al termine
dell’irradiazione.
Immobilizzazione e sistemi di immobilizzazione devono essere:
semplici
personalizzati
efficaci
comodi per il paziente
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Piano sagittale,
Piano coronale,
Piano assiale.
Per il posizionamento si seguono i reperi cutanei (tatuaggi) indicati nella cartella di trattamento, solitamente
si hanno a disposizione 3 reperi, uno centrale e due laterali; la posizione del paziente viene indicata nella
scheda di trattamento e per il posizionamento ci si avvale dei laser laterali e a soffitto, del telemetro e del
centratore luminoso presente sulla testata del gantry.
Si deve riprodurre il più precisamente possibile la posizione utilizzata in prima simulazione ad ogni seduta di
radioterapia, assicurando il confort del paziente per evitare movimenti.
Viene dunque eseguita una tomografia di pianificazione TC, nella quale il paziente viene posizionato con
estrema precisione.
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Il paziente non solo deve essere correttamente posizionato, ma, sempre al fine di garantire la ripetitività del
trattamento deve necessariamente rimanere immobile per tutta la durata della seduta.
Il posizionamento si realizza mediante un opportuno allineamento tramite l’impiego di laser che sono fissati
alle pareti del bunker, da entrambi i lati del lettino e sul soffitto.
In alcuni casi si rende necessario immobilizzare il paziente.
Esistono in commercio numerosi sistemi di immobilizzazione/contenzione, in linea di massima si deve
ricercare in un tale sistema, un buon compromesso fra semplicita’ e rapidita’ di impiego da una parte ed
efficacia e costi dall’altra.
Sistemi di contenzione: cuscini, materassi a vuoto, fasce, cerotti, ecc.
Sistemi di riferimento e contenzione: maschere termoplastiche o di acetato di cellulosa.
Maschere: è rappresentata da un presidio rigido che si adatta con precisione al profilo corporeo, ripetendone
la forma, consente: immobilizzazione, posizionamento e riproducibilità.
È particolarmente indicata nella immobilizzazione del distretto testa-collo, nel trattamento di campi molto
piccoli, nei pazienti poco collaboranti.
Comporta: tempi abbastanza lunghi di preparazione e disagevole per il paziente.
Preparazione:
mediante bende gessate si ottiene il calco negativo della regione corporea interessata.
il calco viene riempito di gesso e si ottiene cosi’ un calco positivo.
su questo calco viene modellato a caldo un foglio di acetato di cellulosa o analogo e in questo modo si
ottiene la maschera.
Oggi molto piu’ pratici e rapidi e meno costosi, sono sistemi che utilizzano materiali termoplastici che si
modellano, a caldo, direttamente sulla regione corporea, i quali raffreddandosi diventano rigidi e conservano
la forma loro data (sistema termoplastico).
L'RT prepara i dispositivi ausiliari da applicare per il trattamento quali i mezzi di immobilizzazione del
paziente, le schermature e i compensatori personalizzati
Provvede alla loro regolazione, in base alle necessità del paziente, affinchè sia possibile riposizionarlo
correttamente ad ogni nuova sessione (ad es. il mammaboard per le irradiazioni del seno e il bellyboard per
le irradiazioni della regione addominale).
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Oltre a questi ausili si può ricorrere in caso di necessità anche a cuscini in schiuma poliuretanica su misura:
essi stabilizzano il corpo e permettono il posizionamento identico sul tavolo portapaziente per le sessioni
giornaliere (per es. cuscino sottovuoto per il torace).
Per le irradiazioni della testa e del viso si utilizza solitamente una maschera speciale fatta su misura dallo
stesso TSRM.
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Il paziente viene posizionato in decubito supino, che si ritiene la posizione più comoda e di più facile
riproduzione. Le braccia sono tenute lungo i fianchi con le mani in pronazione. Un supporto sotto le
ginocchia aiuta a rilassare la schiena, ciò è molto importante soprattutto quando il paziente in cura giace su
un lettino di trattamento che è particolarmente rigido.
La testa viene immobilizzata con maschera termoplastica a 3 o 5 punti (che ferma anche le spalle), la quale
viene agganciata ad un apposito supporto dotato di supporto in gomma piuma di polietilene, a bassa densità
di assorbimento, per il posizionamento supino comodo in cinque modelli codificati dal colore:
rosso: il più basso, posiziona la testa con il collo diritto per impedire la curvatura anteriore del midollo
spinale nel campo di trattamento;
nero: usato per i tumori del collo, ha la stessa curvatura del rosso ma si estende in senso caudale;
blu: permette che il mento sia flesso verso il torace;
bianco e giallo: permettono al mento di estendersi per spostare la cavità orale e la mandibola dal campo
di radiazione.
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Il paziente viene posizionato in decubito supino, che si ritiene la posizione più comoda e di più facile
riproduzione.
Per l’immobilizzazione degli arti superiore si utilizza il dispositivo Posirest, il quale è costituito da una
piastra di base su cui è porto un supporto per il capo in gomma piuma di polietilene e per gli arti superiori,
che vengono portati in alto; nel caso il paziente non riesca a portare le braccia in alto, possono essere tenute
lungo i fianchi con le mani in pronazione, a condizione che i campi di terapia siano contrapposti (ap e pa) e
non obliqui. Un supporto sotto le ginocchia aiuta a rilassare la schiena, ciò è molto importante soprattutto
quando il paziente in cura giace su un lettino di trattamento che è particolarmente rigido.
Gli organi critici suscettibili di maggior danno da radiazioni sono il parenchima polmonare, il cuore,
l’esofago e il midollo spinale. La DFP è di 100 cm.;
Il CTV è costituito dal volume tumorale e dai linfonodi del mediastino e dell’ilo e dalle fosse sopraclaveari
(qualora fossero infiltrate dalla neoplasia).
Si deve schermare con protezioni sagomate il parenchima polmonare sano con fusioni in lega bassofondente.
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In questo caso sarebbe opportuno che il paziente mantenesse una posizione prona per una migliore
visualizzazione del sacro e per favorire l’allontanamento dell’intestino tenue al di fuori della pelvi.
Per l’immobilizzazione si usa il Belly Board: questo dispositivo viene appoggiato sopra il lettino ed è
sagomato con un’apertura che elimina la pressione del lettino sull’addome del paziente prono, in tal modo si
agevola lo scivolamento del tenue al di fuori dei campi pelvici irradiati. La DFP è di 100 cm., la tecnica
preferita è a BOX, gli organi a rischio sono: la vescica e le teste femorali.
Il CTV è rappresentato dall’intero volume pelvico che comprende la sede della neoplasia primitiva e le
stazioni linfonodali infiltrate. Bisogna calcolare un margine di sicurezza geometrica di 2 cm.
È necessario sagomare i campi in modo da ridurre l’irradiazione della parete vescicale e si deve escludere il
più possibile l’intestino tenue dal volume irradiato. La simulazione dopo piano TC e la terapia devono essere
svolte vescica piena in modo da ridurre il volume di mucosa vescicale irradiato e da farle comprimere il più
possibile l’intestino tenue al di fuori del fascio primario.
Nelle pazienti donne, è vantaggioso evidenziare la vagina con l’inserzione di un repere cilindrico radiopaco.
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Durante la TC di simulazione il paziente viene posizionato utilizzando gli stessi sistemi di immobilizzazione
e nella stessa posizione che sono stati individuati durante la simulazione iniziale e che in seguito verranno
utilizzati ad ogni seduta di trattamento.
La simulazione iniziale serve a stabilire un sistema di coordinate per individuare l’isocentro, che viene
individuato durante le scansioni TC sulla cute del paziente ponendo piccoli reperi radiopachi che non creano
artefatti sull’immagine TC. I dati così ottenuti vengono trasferiti via rete o con dischi magnetici o con CD al
sistema per i piani di trattamento dove verranno elaborati.
La TC di simulazione viene eseguita per la stesura del piano computerizzato e quindi seguita da una ulteriore
simulazione prima della terapia. La TC di simulazione viene eseguita quando è necessaria una maggior
precisione o ci si trova in prossimità di organi critici.
La TC è basale senza mezzo di contrasto.
Vengono eseguiti due topogrammi in AP e LL (utili per la valutazione del volume).
Lo spessore e l’avanzamento delle scansioni TC vengono decise al momento del posizionamento, in base alla
patologia, alla sede del tumore (o linfonodi o metastasi) e alle dimensioni del GTV o CTV.
Alla TC si definisce, con i laser mobili, la posizione dell’isocentro provvisorio sul paziente e si procede
all’acquisizione di una serie di sezioni TC ravvicinate del distretto anatomico di interesse.
Non appena le immagini sono state registrate il medico addetto procede con la fase di contornamento del
target: questa operazione da effettuarsi su tutte le scansioni TC richiede tempo proporzionato al numero delle
scansioni stesse. Il software dei laser mobili, in base ai limiti geometrici del target, calcola le coordinate del
nuovo isocentro definitivo, quindi comanda lo spostamento dei laser mobili che identificano sulla cute del
paziente i punti in cui fare i tatuaggi. Il paziente ha completato la fase di preparazione.
Si raccomanda al pz di non cancellare i segni marcati sulla sua pelle prima dell’irradiazione iniziale poichè
sono necessari per il posizionamento esatto nelle successive sessioni.
Questi segni possono essere protetti da un adesivo trasparente.
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Questi metodi diagnostici per immagini e il precedente esame per l’accertamento della diagnosi precisa (TC,
RM, PET) serviranno al radio-oncologo per inserire, in un secondo tempo, il volume bersaglio nelle sezioni
della tomografia di pianificazione.
CT/MR
Fusion
Vedi anche allegato 3 Tesi di laurea: La PET – TC nel piano di trattamento in radioterapia oncologica
La TC di posizionamento per il rilevamento delle immagini corporee con la metodica PET-TC richiede una
preparazione del paziente adeguata all’indagine ed in base al radiofarmaco impiegato, nel caso del 18F-FDG,
il monitoraggio della glicemia.
Il protocollo per l’esecuzione di un esame PET con 18F-FDG e TC senza mezzo di contrasto prevede che il
paziente sia a digiuno da 6 – 8 ore con valori di glicemia di 80 – 110 mg/dl e limitata attività muscolare. La
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dose di radiofarmaco impiegata è in media di 37 MBq/10 kg di peso corporeo per i farmaci con F. Al
momento dell’esame, il paziente viene invitato ad urinare per svuotare la vescica e rendere minima la
radioattività di fondo. Dopo l’iniezione del radiofarmaco e l’attesa per la captazione dello stesso da parte dei
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tessuti (1 ora per F-FDG), avviene il posizionamento del paziente sul lettino del tomografo, a seconda
dell’area anatomica in esame. Per ovviare a possibili errori derivanti dalla concavità del lettino, questo viene
reso piano mediante l’interposizione di un supporto rigido in fibra di carbonio.
La posizione deve essere la stessa tenuta al simulatore pertanto il TR, utilizzando gli stessi supporti e sistemi
di immobilizzazione, dovrà far corrispondere i tatuaggi con i punti d’intersezione dei laser, laterali e a
soffitto.
Una volta posizionato, si procede alla determinazione di un punto partenza delle scansioni, definito
landmark. L’esame TC inizia con l’acquisizione di un topogramma. Si tratta di un’immagine non
tomografica del paziente ottenuta mantenendo fissi il tubo radiogeno e il sistema di rivelazione. Tramite il
topogramma si determina il range di scansione anatomico e si stabilisce il corrispondente numero di bed
(“posizione di lettino”) PET da acquisire, necessari a ricoprire la lunghezza di scansione desiderata.
Terminata l’acquisizione del topogramma, si prosegue con l’acquisizione della trasmissiva TC, che consente
di ottenere sia le immagini TC utilizzate per la fusione con le immagini PET, sia i fattori di correzione per
correggere l’attenuazione dei dati emissivi.
Al termine dell’esame TC, il lettino porta-paziente viene portato nel campo di vista del tomografo PET per la
successiva scansione emissiva PET. Il lettino si sposta automaticamente al FOV successivo quando termina
il precedente. Ciascun FOV è di 15.8 cm con sovrapposizione tra un FOV ed il successivo.
18
La durata complessiva di un esame total body con F-FDG è di circa 25-30 minuti. Infatti, la durata
dell’acquisizione TC è di circa 40 – 50 secondi, mentre l’acquisizione PET prevede un tempo di 4 min per
posizione del lettino (in generale, uno studio whole body prevede 5 – 7 spostamenti di lettino, ma varia in
relazione alla patologia e all’altezza del paziente).
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Vista la durata dell’esame PET, che non permette di mantenere l’apnea respiratoria per tutto il tempo dello
studio, il paziente, anche durante l’esame TC, viene invitato a respirare normalmente al fine di avere una
migliore correlazione tra immagini TC e immagini PET, con artefatti respiratori ridotti al minimo.
Le immagini vengono inviate alla consolle dedicata alla pianificazione ed alla consolle per i piani di terapia
in Radioterapia. I dati verranno poi utilizzati dai Medici Radioterapisti per il contornamento dei volumi
critici e, successivamente, anche dagli Esperti in fisica medica per lo studio del piano di terapia.
58
E’ la più semplice delle metodche di terapia e di pianificazione: consiste nel porre direttamente il paziente
sul simulatore o sulla TC e scegliere i parametri geometrici del campo di irradiazione e l’isocentro.
Viene misurato lo spessore del paziente e viene effettuato il calcolo della dose da parte degli Esperti in fisica
medica.
Il medico radioterapista approva il calcolo di pianificazione.
Il paziente è immediatamente posizionato sull’apparecchiatura per la verifica di trattamento e per la prima
terapaia.
Implica un tempo operatore e un tempo apparecchiatura piuttosto breve e viene utilizzato per pazienti
sofferenti e nei quali si deve far iniziare rapidamente la terapia.
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I recenti sviluppi nella tecnologia informatica e nella costruzione degli acceleratori lineari, unitamente al
miglioramento dell’imaging in oncologia, hanno permesso lo sviluppo e la diffusa implementazione clinica
della Radioterapia Conformazionale tridimensionale (3-DCRT).
Terapia conformazionale: distribuzione della dose “conforme” al volume da irradiare, ricostruito
tridimensionalmente su immagini di tomografia computerizzata (TC). In alcuni casi è possibile ricorrere
all’ausilio di immagini radiologiche più idonee alla definizione del volume da trattare quali la risonanza
magnetica (RMN) o la tomografia a emissione di positroni (PET). Grazie all’impiego delle lamelle
schermanti, ciascuna dotata di motore proprio, e pertanto mosse indipendentemente fra di loro in maniera
automatica e sotto controllo informatico, è possibile modificare il profilo del fascio di radiazioni al fine di
proteggere in maniera ottimale i tessuti sani circostanti e di ridurre conseguentemente gli effetti collaterali.
La terapia conformazionale costituisce oggi lo standard dei trattamenti.
La radioterapia conformazionale è una tecnica di irradiazione che mira ad adattare il più possibile la forma
del volume irradiato a quella del volume bersaglio, cercando di risparmiare al massimo i tessuti sani
circostanti.
Gli obiettivi della radioterapia conformazionale sono essenzialmente due:
quello di aumentare la dose al volume bersaglio (maggior controllo locale)
quello di ridurre la dose ai tessuti sani circostanti (minori effetti collaterali)
Solitamente entrambi gli obiettivi vengono posti alla base del trattamento radioterapico.
Lo sviluppo della radioterapia conformazionale è stato a sua volta favorito dai progressi avvenuti in altri
settori medicali come quello dell’imaging e dei nuovi sistemi per il calcolo dei piani di trattamento.
Nuove modalità di imaging come la SPECT permettono oggi una miglior definizione tra, per esempio,
linfonodi patologici e ipertrofici.
La RNM permette, per alcune sedi anatomiche, una miglior definizione d’organo.
Le tecniche di fusione d’immagine e gli algoritmi di calcolo della dose debbono essere ancora migliorati.
La riproducibilità della posizione di trattamento è stata resa possibile dai nuovi materiali di
immobilizzazione (fogli termoplastici ecc.)
Il flusso di operazioni da eseguire per la preparazione ed esecuzione di un trattamento radiante
conformazionale è molto più complesso e parimenti è anche parecchio più dispendioso sia in termini di
tempo che di risorse rispetto al trattamento convenzionale.
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Solo a questo punto il fisico medico e il Medico Radioterapista potranno cominciare la pianificazione. Per
mezzo di un computer si calcolano gli angoli precisi di penetrazione dei raggi, le dimensioni e la forma dei
campi di irradiazione e la tecnica esatta dell’irradiazione vera e propria.
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ICRU International commission on radiation units and measurement, è stata fondata nel 1925 dal
International Congress of Radiology, allo scopo di sviluppare raccomandazioni internazionalmente
condivise:
quantità ed unità di misura per radiazioni e radioattività
procedure adeguate di misurazione ed applicazione delle stesse in radiodiagnostica, radioterapia,
radiobiologia e per scopi industriali
dati fisici necessari nella applicazione delle procedure il cui uso permette uniformità di registrazione.
Organizzazione:
13 Commission Members
20 Report Committees composti da 4 a 8 membri che producono bozze di rapporti su soggetti specifici
Le bozze dei rapporti sono rivisti molte volte dalla Commissione prima della pubblicazione definitiva.
L’ICRU mantiene stretti rapporti con molteplici organizzazioni nazionali ed internazionali.
Diversi report relativi ai protocolli dosimetrici per fotoni ed elettroni (17, 23 e 24), nonché per nuovi tipi di
particelle (report 45 per dosimetria di neutroni; report 59 per dosimetria di protoni)
Report 50, 1993, contiene le linee guida per definire il tumore ed i target nonché definisce delle
raccomandazioni per la completa registrazione del trattamento con fotoni.
Report 62, 1999, aggiorna il report 50 con lo stato dell’arte
Altri report riguardano la radioterapia endocavitaria (38) e interstiziale (58).
34 - ORGANI A RISCHIO
Organs at risk (OR): tessuto sano collocato in prossimità del PTV, la cui radiosensibilità può influenzare il
piano di trattamento e la dose prescritta
Esiste una dose di tolleranza per i vari organi a rischio:
TD 5/5 che esprime la probabilità del 5% di complicanze a 5 anni
TD 50/5 (che esprime la probabilità del 50% di complicanze a 5 anni)
Esistono tabelle che esprimono la DT 5/5 o DT 50/5 dei vari organi e tessuti, calcolate riferendosi al
volume di organo irradiato e a frazionamento convenzionale.
Dosi tolleranza 5/5 (in Gy)
Cristallino 10
N. ottico – chiasma 50
Midollo spin. – osseo 40 – 50
Reni 23
Polmone 30
Fegato 30
Intestino tenue 40
Teste femorali 52
Retto 60
Vedi anche allegato 9: Immagini dalle lezioni: Preparazione dei blocchi personalizzati
A volte non è sufficiente la regolazione dell’apertura del collimatore per delimitare la forma del campo di
irradiazione, quindi si ricorre all’uso di schermi sagomati aggiuntivi.
La costruzione e l’uso degli schermi sagomati richiede attrezzature relativamente sofisticate e operatori
esperti, poiché la loro preparazione è complessa e richiede molto tempo; inoltre un eventuale errore nella
preparazione introduce un errore sistematico, quindi temibile.
I blocchi di protezione sono pesanti e il loro posizionamento è critico.
Si procede in questo modo:
Al simulatore, in posizione e a distanza di trattamento, si esegue una immagine della regione da irradiare
e si tatuano sulla cute del paziente alcuni punti di repere.
Nell’ambito dell’immagine, il medico delimita col pennarello la zona o le zone da schermare.
Il tecnico pone l’immagine sul supporto orizzontale del sagomature e posiziona un blocco di polistirolo
espanso sulla mensola del sagomature, poi con la massima precisione fa scorrere sui limiti disegnati dal
medico la punta di un’asta, che sottende un filo portato elettricamente a incandescenza il quale taglia il
blocco di polistirolo. Si ottiene così uno stampo di polistirolo, i cui vuoti (che verranno riempiti di
materiale schermante) hanno una forma uguale a quella della zona da schermare.
Il materiale schermante (lega di piombo a basso punto di fusione 80°) viene colato nei vuoti dello stampo
di polistirolo, lo schermo è pronto.
Infine viene incollato su una mensola di plexiglass.
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Il tecnico è responsabile dei controlli giornalieri sull’acceleratore: qualità del fascio, controlli meccanici,
funzionamento delle telecamere e del citofono, luci di sicurezza, funzionamento e allineamento dei laser,
controllo del telemetro e delle luci di campo. Inoltre deve riscaldare la macchina con 500 UM circa e
successivamente effettuare la valutazione energetica con sistema “Check mate”, eseguendo una misurazione
standardizzata e variabile in ogni Centro, per ogni energia con gantry a 0°, DFP 100 cm e campo 10x10 cm.
Per quanto riguarda i controlli settimanali, mensili e annuali il tecniche è chiamato a collaborare con il fisico
sanitario.
(vedi Rapporto ISTISAN 02/20: Garanzia di qualità in radioterapia).
Tutte le informazioni riguardanti la terapia e la patologia del paziente sono contenute nella scheda di
trattamento personale del paziente. Tale documento deve essere sempre aggiornato ad ogni seduta di terapia.
Su di esso sono riportati: Nome e Cognome – Neoplasia (TNM) – terapia Curativa/Palliativa – Distretto
corporeo – Numero dei Campi di trattamento – Angolazione del collimatore – Angolazione del gantry –
Unità monitor – DFP – Mezzi di contenzione – Filtri usati – Numero delle sedute – Dose per seduta – Dose
complessiva – Centratura e tatuaggi.
Le terapie ambulatoriali si effettuano in genere tutti i giorni dal lunedì al venerdì. La sessione dura circa 15
minuti, ma l’irradiazione vera e propria solo qualche minuto o qualche decina di secondi.
In determinati casi la radioterapia viene somministrata più volte al giorno (cosiddetto iperfrazionamento
della dose). Nella radioterapia a intensità modulata (IMRT) le singole sessioni possono durare molto di più
(fino a un’ora).
il tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM) lo assisterà durante tutte le sessioni di terapia
all'interno del bunker il paziente rimane solo ma il TSRM controlla nella sala accanto tutte le fasi sul
monitor e può comunicare con il paziente attraverso il citofono
durante la radioterapia i tecnici sanitari di radiologia medica sono le principali persone di riferimento.
Insieme ai medici sono a disposizione per qualsiasi tipo di informazione su tutto ciò che riguarda le
irradiazioni
comunicare senza esitare ansie e paure, non esitare a porre domande
informare su eventuali disturbi, in caso di necessità possono essere richiesti dei controlli e consultazioni
d’urgenza per valutare reazioni acute improvvise (ad es. arrossamenti cutanei, difficoltà di deglutizione o
diarrea).
Al termine della terapia avrà luogo l’ultima visita medica e verrà fissato l’appuntamento per la prossima
visita di controllo (follow up).
In occasione della prima irradiazione l’équipe di radio-oncologia controllerà tutte le impostazioni e si fanno
naturalmente anche radiografie di controllo.
Immediatamente prima dell’irradiazione il paziente viene posizionato con cura e correttamente, i segni sulla
pelle e i fasci di luce devono coincidere.
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In particolare sono state le tecniche IMRT (Intensity Modulated Radiation Therapy) e di IGRT (Imaging
Guided Radio Therapy) a modificare il ruolo del TSRM nella pratica clinica, rendendolo sempre più
partecipe del processo di cura del paziente.
IMRT => trattare il paziente con un numero elevato di fasci, con fasci a intensità non uniforme, ottimizzati
per erogare una dose estremamente alta al target e una dose accettabile ai tessuti circostanti.
La possibilità di erogare una dose conformata al target è data da un sistema multilamellare MLC, costituito
da due bancali contrapposti di lamelle in tungsteno.
Il trattamento con IMRT volumetrica è motivo di nuove competenze e responsabilità per gli stessi TSRM.
Obiettivo principale del TSRM in Radioterapia
Nel caso specifico di Radioterapia ad Guidata dalle Immagini (IGRT) il Tecnico seguirà tale protocollo:
si effettua l’eventuale correzione on line ovvero lo shift del lettino per i tre movimenti (longitudinale,
laterale, verticale) riducendo così errori interfrazione (tra una frazione di dose e l'altra) e intrafrazione
(durante la stessa frazione) .
Il Tecnico di radiologia deve essere in grado di effettuare secondo i protocolli di correzione di set up:
strategie on line dove gli errori sistematici e random vengono eliminati
strategie off line dove in virtù di una media dei valori di errore sistematico, si effettua la correzione alla
frazione successiva
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La cute può essere considerata come un organo intero, con una superficie totale di circa 2 mq e costituisce
una robusta membrana che riveste la superficie del corpo.
Si continua con la tonaca mucosa a livello degli orifizi naturali.
Vi si riconoscono tre strati:
l'epidermide: deriva dall'ectoderma è costituita da epitelio pavimentoso stratificato corneificato;
il derma: deriva dal mesoderma, è di natura connettivale e può avere spessore variabile:
Lo strato più superficiale, cioè quello a diretto contatto con l'epidermide, presenta delle
sporgenze ed è detto derma papillare
Più profondamente c'è il derma reticolare dove si reperiscono formazioni pilifere e ghiandolari
che dall'epidermide si spingono fino all'ipoderma.
l'ipoderma: (deriva dal mesoderma) è in continuità con la parte profonda del derma e costituisce
un piano di svincolo dalla fascia comune. Se presenta grosse quantità di grasso costituisce il
pannicolo adiposo sottocutaneo.
Il grado di radiosensibilità varia in rapporto ai vari strati che la compongono.
L’epidermide, struttura a rapido rinnovamento, manifesta rapidamente la sua risposta alle radiazioni
sottoforma di un eritema.
Il derma e l’ipoderma, strutture a rinnovamento più lento, subiscono invece lesioni più tardive, spesso
cumulative in caso d’irradiazioni ripetute.
Le radiodermiti hanno avuto in passato una grande importanza ed hanno rappresentato il modello per la
valutazione dei danni somatici per i primi 40 anni di storia della radiobiologia mediante la cosiddetta “dose
eritema”.
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L’uso delle radiazioni di alta energia, quali quelle prodotte da acceleratori lineari di 4 – 25 MV, determina un
risparmio degli strati più superficiali del corpo per il maggior effetto penetrante di queste radiazioni.
Gli elettroni determinano invece una esposizione elevata della cute.
L’eritema è la manifestazione più precoce ed evidente. Per esposizione ad una dose singola di 5 – 8 Gy esso
compare dopo uno o due giorni, tende ad aumentare nelle due settimane successive, a volte
accompagnandosi ad edema e vasodilatazione, per poi risolversi entro un mese.
Dosi più elevate determinano la comparsa di danni maggiori: con 10 Gy si osserva una epidermite secca
seguita da desquamazione dolorosa, depilazione e assenza di secrezione sebacea transitorie; a 15 Gy si ha
una radiodermite essudativa, con flittene, epilazione e scomparsa della sudorazione; a dosi ancora più elevate
(25 – 30 Gy) si può verificare una necrosi acuta.
Con il frazionamento della dose si registra un notevole aumento dei livelli di tolleranza sino a parecchie
decine di Gy.
I fenomeni desquamativi sono in genere limitati e reversibili.
Fattori importanti che possono influenzare l’entità degli effetti riguardano il volume irradiato e la sede: una
maggior sensibilità è stata riscontrata per esposizione di aree superiori a 20 cm2 oppure a livello della regione
ascellare, degli inguini, o di altre pliche cutanee.
Dosi frazionate superiori a 30 Gy possono determinare alterazioni della pigmentazione ed altri effetti tardivi,
quali atrofia, fibrosi, cheratosi, acne e teleangectasie.
A carico degli annessi si possono osservare una temporanea (da tre a sei mesi) perdita dei peli e dei capelli,
riduzione della sudorazione e della produzione di sebo, alterazione delle unghie.
Oltre 60 Gy questi effetti possono diventare definitivi.
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TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
10 30 100 10 30 100 Necrosi /
2 2 2 2 2 2
cm cm cm cm cm cm ulcerazione
CUTE (superficie irradiata) 70 60 55 70
Vedi anche allegato 11 Appunti dalle lezioni: I tumori del sistema nervoso centrale (SNC)
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Alcuni tumori, quali quelli del rinofaringe, hanno una distribuzione geografica e dei fattori
eziologici diversi (elevata frequenza nei paesi dell'Africa del nord e nel sud della Cina) con, come
fattore incriminante, il virus Epstein-Barr. Gli adenocarcinomi dell'etmoide sono frequenti nei
laboratori del legno e del cuoio.
1. La cavità orale è limitata anteriormente dalle labbra, in basso dal pavimento orale, in alto dal
palato duro e posteriormente dalla giunzione tra palato duro e palato molle.
3. L'ipofaringe o piano inferiore del faringe ha una forma ad imbuto la cui parte superiore si
situa in corrispondenza dell'osso ioide e la parte inferiore in corrispondenza del bordo inferiore
della cartilagine cricoidea che corrisponde al livello dell'adito esofageo. L'ipofaringe circonda il
laringe lateralmente e posteriormente ed è separato da quest'ultimo lateralmente dalla piega
ariepiglottica e dall'aritenoide e posteriormente dalla cartilagine crocoidea.
6. Le fosse nasali ed i seni paranasali: Questa entità anatomica raggruppa ilvestibolo nasale, la
cavità nasale, il seno sfenoidale, i seni mascellari, i seni etmoidali e iseni frontali.
I carcinomi epidermoidi e loro varianti costituiscono circa il 95% delle neoplasia della sfera ORL. I
rimanenti 5% raggruppano i tumori delle ghiandole salivari, i linfomi, le neoplasie di origine
nervosa, i melanomi, i plasmocitomi e i tumori osteocartilaginei. Il carcinoma epidermoidale che
nasce a parte dalla mucosa delle vie areodigestive può avere diversi gradi di differenziazione che
vanno dal carcinoma in situ fino al carcinoma poco differenziato che include le varianti tali quali il
linfoepitelioma, il carcinoma a cellule fusiformi, il carcinoma verrucoso e il carcinoma
indifferenziato. L'aspetto macroscopico deve essere precisato, specie in presenza di un aspetto
tumorale gemmante o infiltrante. Bisognerà ugualmente differenziare le forme ben delimitate
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(infiltranti, ulcerati, vegetanti) dalle forme superficiali mal delimitati che sono spesso e volentieri
multifocali e corrispondono ad una cancerizzazione diffusa delle mucose. Questi tumori multipli
simultanei si manifestano nel 10% dei casi.
Anatomia patologica
I carcinomi epidermoidi e loro varianti costituiscono circa il 95%.delle neoplasia della sfera ORL.
I rimanenti 5%
Modalità di disseminazione
Questi carcinomi hanno soprattutto una diffusione locoregionale. Allo stadio precoce lo sviluppo di
un’area di maggiore indurimento o di un'ulcera possono essere del tutto asintomatici. In seguito
possono estendersi rapidamente alle strutture adiacenti quali i muscoli e la cartilagine, causando
disfonia, disfagia e/o, allo stadio tardivo, un interessamento dei nervi cranici ed una dispnea. I
tumori ORL sono molto linfofili. Ogni sito tumorale ha un drenaggio linfatico preferenziale. La
frequenza delle metastasi linfonodali è legata al sito anatomico ed allo stadio della malattia (vedi
figure 3, tabella 1.2).
Ad esempio, nella cavità orale, la frequenza delle metastasi linfonodali può rappresentare il 5% per
il labbro inferiore fino al 65% per il pavimento orale, La frequenza più elevata è riscontrata nei
carcinomi del nasofaringe. (90%) seguita dal quella dell'ipofaringe (78%) mentre la frequenza la
meno elevata si riscontra nei.carcinomi della corda vocale (fra 1.5 e 3%)t I linfonodi cervicali.
interessati sono in gener quelli dello stesso lato rispetto alla neoplasia primitiva ma metastasi
controlaterali o bilaterali possono svilupparsi; specie nei tumori che interessano anche la linea
mediana. Le metastasi a distanza si manifestano in circa l' 11% dei casi e la loro frequenza è
soprattutto legata allo stadio della malattia, andando dal 5% per lo stadio I al 27% per lo stadio IV e
ad una localizzazione anatomica con 28% per il nasofaringe seguita dall'ipofaringe 23%, mentre le
corde vocali non danno che 3% di metastasi (vedi tabella no. 3).
E' importante classificare, in base al sistema TNM le neoplasie primitive e l'estensione linfonodale
regionale o le metastatisi a distanza a fine di valutare e di confrontare il risultato terapeutico dei
diversi cancri. Per le neoplasie del cavo orale e dell'orofaringe, lo stadio T è determiato dalla
dimensione del tumore mentre per il nasofaringe, l'ipofaringe ed il laringe, è determinato
dall'interessamento delle strutture anatomiche e dal grado di invasione in profondità delle strutture
adiacenti. La classificazione dell'interessamento linfonodale è identico per tutte lo localizzazioni ed
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è funzione della dimensione e del numero dei linfonodi interessati così come della localizzazione
omolaterale o controlaterale.
Terapia
La chirurgia e la radioterapia rimangono gli unici trattamenti curativi dei carcinomi della vie
areodigestive. La chemioterapia da sola non è. curativa ma il suo ruolo, in associazione con la
chirurgia e la radioterapia, è ancora in corso di valutazione. La maggior parte dei carcinomi
squamocellulari allo stadio precoce può essere controllata sia dalla chirurgia sia dalla radioterapia e
ciascuna modalità in genere ha un tasso di successo uguale per i tumori della stessa dimensione.
Una terapia chirurgica presenta i seguenti vantaggi. solo una quantità limitata di tessuto è esposta al
terapia, quest'ultimo è di breve durata e altre terapie possono essere tenute in riserva per una
eventuale recidiva o una seconda localizzazione in pazienti ad alto rischio. L'estensione tumorale è
meglio conosciuta tramite un esame patologico, che modula così l'indicazione ad una radioterapia
post-operatoria.
I vantaggi di una radioterapia sono quelli che permette di evitare una chirurgia mutilante, di evitare
la mortalità post-operatoria, di rispettare le strutture anatomiche con migliori risultati funzionali e
cosmetici per certe localizzazioni.
In genere, le lesioni allo stadio T1-T2 sono trattate o tramite radioterapia, o tramite chirurgia (tranne
per il rinofaringe dove queste lesioni sono trattate esclusivamente mediante radioterapia). I tumori
allo stadio T3 e T4 sono trattati medianti associazione di chirurgia e radioterapia ed eventualmente
chemioterapia
L'estensione linfonodale allo stadio N1 N2 può essere trattata sia mediante radioterapia o chirurgia
o associazione delle due modalità. Allo stadio N3 è preferibile coniugare le due modalità
terapeutiche
rapida di carie dentaria. Questa complicanza può essere prevenuta tramite un'igiene orale
meticolosa e l'applicazione giornaliera di un gel fluorato con delle protezione dentarie
personalizzate.
Durante l'irradiazione una infiammazione delle mucose può manifestarsi (mucosite) e i disturbi del
paziente saranno funzione del grado di queste mucositi. E' quindi consigliato al paziente di non
mangiare alimenti troppo caldi né speziati e di astenersi da qualsiasi consumo di tabacco o di alcool
in considerazione del loro effetto irritativo. Talvolta alimenti freddi sono meglio tollerati. In caso di
dolore al contatto, un gel di anestetico locale sarà prescritto. L’antimicotico orale viene
somministrato per prevenire o trattare una micosi orofaringea.
E' importante conservare un aspetto nutrizionale del paziente in modo corretto con un apporto
calorico e proteico adeguato necessari per riparare le lesioni cellulari ed aumeritare la tolleranza del
paziente al terapia. Se l'alimentazione orale è difficile si può prendere in considerazione il
posizionamento di una sonda naso-gastrica o di una sonda gastrica percutanea (PEG) per evitare un
calo ponderale, specie dovuto alla disfagia, alla perdita dell'appetito e alla modificazione del gusto
durante la radioterapia.
La radioterapia è la prima terapia dei carcinomi del rinofaringe. Dopo un'irradiazione convenzionale
il controllo locale per tutti gli stadi varia tra 55 e 60% e la sopravvivenza a cinque anni tra 30 e
50%. Per i pazienti NO la sopravvivenza è vicina al 60% mentre per i pazienti N+ la sopravvivenza
è stimata a 40%.
4. Ipofaringe
Il seno piriforme rappresenta la sede della maggior parte dei tumori dell'ipofaringe. La radioterapia
sola può essere utilizzata agli stadi T 1 e T2 con un controllo locale tramite radioterapia esclusiva
debole per le lesioni allo stadio avanzato (vedi tabella 4).
5. Laringe
La radioterapia è la terapia di prima scelta per gli stadi T 1 e T2 del laringe glottico. Per gli stadi
T3-T4 il controllo locale sembra essere migliore mediante l'associazione di chirurgia e radioterapia.
6. Linfonodi cervicali
Nei casi NO un'irradiazione profilattica di 45-50 Gy sui linfonodi cervico- sovraclavicolari permette
di prevenire una recidiva linfonodale in più del 95% dei casi a 5 anni quando iltumore primitivo è
controllato.
Per gli stadi N+ un controllo locale del 94% è osservato negli N1 e N2 e del 72% negli N3. La
sopravvivenza a 5 anni diminuisce in funzione dello stadio linfonodale. Ad es. per i carcinomi del
rinofaringe, della base della lingua e della loggia tonsillare la sopravvivenza era del 44% per gli
NO, del 26% per gli Nl-N2 e del 17% per gli N3.
Le mucose delle vie aerodigestive reagiscono con un eritema durante la prima settimana di
radioterapia che può evolvere verso una mucosite confluente che si manifesta a partire dalla terza
settimana. Gli effetti tardivi sulle mucose consistono anche in un’atrofia e telangiectasie ed una
certa secchezza della membrana mucosa e, in certi casi, dopo dosi di 75-80 Gy, un’ulcerazione e/o
una fibrosi importanti può manifestarsi.
3. Ghiandole salivari
Una iposcialia può essere osservata già nel corso della prima settimana di irradiazione. Dopo
un'irradiazione con 50 Gy delle due parotidi, una diminuzione di quasi 1'80% del flusso salivare è
osservata ed a dosi di 65-70 Gy la funzionalità ghiandolare può cessare in modo permanente.
4. Muscoli masticatori
Dosi èlevate (70 Gy o più) possono causare una fibrosi dei muscoli masticatori responsabili di un
trisma, specie quando questi muscoli sono stati inizialmente invasi dal tumore.
5. Osso
Le complicanze ossee sono dominate dall'osteoradionecrosi della mandibola che si manifesta in
genere tra 3 e 12 mesi dopo l'irradiazione sono spesso legate a problemi dentari durante l'avulsione
sita nei campi di irradiazione.
6. Cartilagine
La condronecrosi della cartilagine laringea sopravviene in circa I' 1% dei pazienti che hanno
ricevuto dosi tra 60 e 70 Gy e si manifesta in genere dell'anno che segue il terapia.
7. Midollo spinale
La mielite radica è una complicanza tardiva rara che si manifesta tra sei mesi e due anni dopo
l'irradiazione. A dosi inferiori a 50 Gy, in frazionamento classico (2 Gy/seduta), il rischio di mielite
è minimo fintanto che un breve segmento del midollo spinale è irradiato.
8. Tiroide
L'ipotiroidismo è osservato m circa il 5% dei cast dopo irradiazione cervico- sopraclavicolare.
Controverse terapeutiche
Le controverse che animano le decisioni terapeutiche in cancerologia ORL sono di due tipi: in
prima analisi specifica per ciascuna localizzazione poi di ordine generale che concerne la scelta del
frazionamento della radioterapia o l'associazione o non di una chemioterapia..
Per la cavità orale, benché la radioterapia e la chirurgia offrono speranze di controllo similari per gli
stadi precoci, la scelta dell'una o l'altra terapia rimane difficile in considerazione degli inconvenienti
da una parte della chirurgia (risultato inestetico e perdita funzionale) e d'altra parte della
radioterapia (reazioni acute, problemi dentari ed osteoradionecrosi). se la radioterapia è ritenuta, la
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questione rimane aperta sull'interesse di una brachiterapia interstiziale o di una elettroterapia intra-
orale che sembra aumentare il controllo locale.
Per i carcinomi dell'orofaringe, se la radioterapia è la terapia di prima scelta per le lesioni precoci, la
terapia delle lesioni allo stadio T3 e T4 rimane controversa tra una radioterapia esclusiva ed una
associazione con la chirurgia.
Per i carcinomi laringei, la controversa esiste per gli stadi T3 e T4 tra una strategia di terapia
conservativo con chirurgia di salvataggio o chirurgia non conservatrice e radioterapia post-
operatoria. La sopravvivenza nei due casi sembra essere identica.
A fine di migliorare l'indice terapeutico della radioterapia, si è resa necessaria una modifica al
frazionamenti sia utilizzando un iperfrazionamento, che consiste a dare una dose inferiore a 2 Gy
due volte al giorno, il che permette di aumentare la dose totale e di conservare la stessa durata di
terapia nonché lo stesso tasso di complicazioni eventuali. L'altra alternativa è la radioterapia
accelerata che consiste a somministrare una dose totale identica o più debole in un tempo molto più
corto. Lo studio randomizzato dell'EORTC ha dimostrato un controllo locale significativamente
elevato per il braccio iperfrazionato. Gli studi piloti della radioterapia accelerata sembrano
confermare l'interesse per questo approccio, specie nei tumori a rinnovamento cellulare rapido. Allo
stato attuale la scelta del frazionamento in pratica corrente è difficile e forse una risposta chiara sarà
evidenziata nei prossimi anni quando studi randomizzati in corso arriveranno a maturità.
In considerazione del risultato poco soddisfacente della chirurgia e della radioterapia negli stadi
avanzati dei tumori ORL si è investigato, e ciò a partire dagli anni 1970, l'interesse di una
chemioterapia per il controllo locoregionale e a distanza nella speranza di migliorare la
sopravvivenza. Diversi schemi di integrazione di questa chemioterapia sono stati utilizzati: la
chemioterapia neoadiuvante (prima di qualsiasi terapia locale) concomitante alla radioterapia e la
chemioterapia adiuvante (post-operatoria o post-radioterapica). L'impatto della chemioterapia
neoadiuvante sul controllo locoregionale e sulla sopravvivenza, benché non dia tassi di risposta
importanti, non è dimostrata in modo categorico. La chemioterapia adiuvante che ha provato la sua
efficacia in altre localizzazioni (mammelle e sarcomi osteogenici) non ha dimostrato il suo valore
sulla sopravvivenza nei tumori ORL. La chemioterapia concomitante alla radioterapia sembra
essere una modalità più promettente con dimostrazione, mediante numerosi studi per un miglior
controllo locale che si traduce talvolta con un miglioramento della sopravvivenza. All'ora attuale
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nessun schema è considerato come standard e bisognerà sicuramente aspettare di studi randomizzati
in corso per meglio definire il post della chemioterapia in cancerologia ORL.
Vedi anche allegato 4 Tesi di laurea: La radioterapia del carcinoma della mammella
RADIOTERAPIA PALLIATIVA
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TECNICHE DI IRRADIAZIONE
RADIOTERAPIA CONFORMAZIONALE
L’irradiazione a scopo curativo della mammella deve essere eseguita con la RT conformazionale. Essa è una
tecnica di irradiazione che mira ad adattare il più possibile la forma del volume irradiato a quella del volume
bersaglio, cercando di risparmiare al massimo i tessuti sani circostanti. È una forma di RT ad alta precisione
basata sulla definizione volumetrica, tridimensionale del tumore e dell’anatomia degli organi critici. Ciò si
rende possibile mediante l’utilizzo di collimatori ”multileaf”, costituiti da una serie di lamelle metalliche,
fissate alla testata dell’acceleratore lineare. Ogni lamella può essere regolata in modo da conformare il fascio
di radiazione all’area da trattare.
TRATTAMENTO RADIANTE DELLA MAMMELLA IN TOTO
Definizione del PTV e degli OAR
Il PTV, nel trattamento post-chirurgico conservativo, è costituito dall’intera mammella, fino a 0, 5 cm al di
sotto della superficie cutanea. La cute non è parte del PTV, ma deve essere inclusa se ne è provata
l’infiltrazione. Gli OAR (organi critici) sono rappresentati dal polmone omolaterale, mammella
controlaterale, e nel caso dell’irradiazione della mammella di sinistra, dal cuore. Al fine del risultato
cosmetico, anche la cute, il sottocute e il connettivo mammario, sono considerati tessuti critici.
L’irraggiamento del polmone e del cuore può essere ridotto mediante una scelta appropriata dell’inclinazione
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dei fasci, della rotazione dei fasci, e con l’uso di blocchi. La quantità di volume polmonare irradiato
dovrebbe essere generalmente pari a 1, 5-2, 5 cm e non deve superare 3 cm.
chirurgica. I limiti del campo di irradiazione sono generalmente comprese tra il limite inferiore della
clavicola, il solco sottomammario, la linea medio-ascellare e la linea medio-sternale. L’irradiazione di questa
regione viene eseguita nella maggior parte dei casi con un campo diretto di elettroni o con campi tangenziali
di fotoni da 4-6 MV. Si possono inoltre utilizzare bolus di 5-10 mm di spessore per alzare la dose alla pelle e
al tessuto sottocutaneo, e filtri a cuneo per assicurare l’uniformità di dose. La dose è compresa, di solito, tra
45-50 Gy con frazionamento standard; non è trascurabile la dose che ricevono il polmone e il cuore.
Linfonodi ascellari
Le indicazioni al trattamento radiante dell’ascella in toto sono la presenza di malattia residua o un’inadeguata
dissezione chirurgica. Nell’ambito di un trattamento di RT conformazionale, l’identificazione del volume da
irradiare si esegue su immagini TC. Per quanto riguarda la tecnica radioterapica, si possono utilizzare campi
contrapposti di fotoni, antero-posteriore e postero-anteriore, con una dose di 50-60 Gy, con frazionamento
convenzionale. Si considerano organi a rischio il plesso brachiale e la testa omerale.
Linfonodi sovraclaveari
I linfonodi sovraclaveari sono situati nella fossa omonima, immersi in un tessuto adiposo, in vicinanza dei
vasi giugulari interni e carotidei. Sono anatomicamente meglio identificabili, ma anche in questo caso sono
indispensabili le immagini TC. Sono considerati organi a rischio: il plesso brachiale, l’articolazione scapolo-
omerale, il midollo spinale. La dose prescrivibile è di 45-50 Gy, erogata con frazionamento convenzionale,
ed è consigliato un campo diretto di fotoni da 4-10 MV.
Linfonodi mammari interni
La catena linfonodale mammaria interna è situata entro i 4 cm laterali allo sterno, nei primi 3-5 spazi
intercostali. Il PTV dovrebbe essere individuato su scansioni TC, utilizzando l’immagine dei vasi mammari
interni per la localizzazione dei linfonodi omonimi. La dose prescrivibile, in assenza di malattia
microscopicamente evidenziabile, è di 45-50 Gy, somministrati con frazionamento convenzionale.
L’irradiazione, solitamente, si esegue mediante un campo diretto di fotoni da 4-6 MV, isolato o integrato con
il campo sovraclaveare o può essere compresa nei campi tangenziali, utilizzati dopo chirurgia conservativa.
Per contenere la dose somministrata al miocardio e alle strutture toraco-mediastiniche, l’irradiazione può
avvenire anche mediante fasci di elettroni di energia adeguata.
questa fase che tutto lo staff e soprattutto il TR che incontrerà la paziente nelle varie sedute, offriranno tutta
la loro disponibilità, cercando di agevolare, quanto più possibile, il processo di adattamento della paziente.
Lo scopo dei controlli clinici durante la RT, di solito settimanali, è quello di valutare le condizioni di salute
della paziente, la tolleranza dei tessuti sani, registrare eventuali reazioni o sintomi riferiti, ed impostare la
terapia di supporto. Il monitoraggio degli effetti collaterali deve anche essere eseguito, seppur in minima
parte, dal TR osservando la paziente durante il posizionamento e ponendo alla paziente alcune domande
sullo stato di salute o su eventuali alterazioni o modificazioni da lei notate. Le informazioni così raccolte dal
TR devono essere comunicate al medico che le valuterà e prenderà conseguentemente provvedimenti.
Sporadicamente possono essere riferiti sintomi di lieve entità (nausea, vomito), che non interferiscono con il
proseguimento della RT.
La mammografia mostra un opacamento diffuso dell’organo, dovuto alla vasodilatazione e al lieve stato
infiammatorio, che persiste per diversi mesi. Una sicura ripresa del quadro mammografico normale si ha in
genere dopo circa un anno.
Le tossicità elencate di seguito non sono invece rilevabili direttamente dal TR in quanto si manifestano nella
maggior parte dei casi a distanza di tempo dalla fine del trattamento radiante e spesso sono asintomatiche.
TOSSICITÀ POLMONARE
L’entità del danno polmonare, in seguito ad un trattamento radioterapico della mammella e soprattutto nel
trattamento delle stazioni linfonodali, è correlata al volume polmonare irradiato, alla dose totale e per
frazione, all’uso di chemioterapia, al timing chemio-radioterapico ed eventuali patologie concomitanti. La
polmonite acuta da radiazione, si può riscontrare nell’1-6% delle pazienti; spesso è asintomatica, ma talvolta
può manifestarsi con tosse, espettorato, febbre. Si presenta generalmente 4-12 settimane dalla fine della RT,
e tardivamente può seguire un quadro di fibrosi polmonare.
TOSSICITÀ CARDIACA
93
Il cuore rappresenta un organo a rischio nel trattamento della mammella di sinistra; tuttavia le nuove tecniche
di irradiazione e gli opportuni accorgimenti consentono di ridurne il volume irraggiato, anche se
nell’irradiazione della parete toracica e dei linfonodi della catena mammaria interna tale volume può essere
relativamente ampio. Il meccanismo del danno cardiaco da radiazioni sembra essere principalmente di
tipo ischemico. L’irradiazione del miocardio, successiva alla somministrazione di farmaci chemioterapici
contenenti derivati antraciclinici e taxani, può indurre la comparsa di miocardiopatie.
PLESSOPATIA BRACHIALE
L’irradiazione della regione sovraclaveare o ascellare con dosi superiori a 50 Gy può causare danni al plesso
brachiale (plessopatia post-attinica). Con il miglioramento tecnico e dosimetrico attualmente disponibile, la
sofferenza del plesso è rara e quando questa insorge, deve far pensare più ad una ripresa di malattia che a
tossicità. Il rischio di plessopatia è correlato alla dose totale, al frazionamento e al volume di plesso brachiale
irradiato. I primi sintomi di plessopatia sono costituiti da disturbi quali formicolio a livello della cute
dell’arto interessato, senso di pesantezza, presenza di contratture crampiformi, con frequente concomitanza
di linfedema. Il linfedema dell’arto superiore è correlato alla chirurgia del cavo ascellare, alla RT o ad
entrambe. Può insorgere immediatamente dopo i trattamenti o presentarsi a distanza di anni.
FRATTURE COSTALI
L’irradiazione della parete toracica per neoplasia mammaria può determinare foci di necrosi ossea a livello
costale. Sono descritte in letteratura fratture costali patologiche (cioè non dovute a traumi efficienti) in
pazienti sottoposte a RT della parete toracica. Anche in questo caso le moderne tecniche di irradiazione
rendono comunque tali complicanze sempre più rare, infatti, somministrando una dose di 50 Gy, l’incidenza
di fratture costali è del 2-3%. Si considerano fattori correlati l’energia utilizzata, la dose totale, l’associazione
con la chemioterapia.
CARCINOGENESI
Il rischio di sviluppare secondi tumori dopo RT per carcinoma della mammella è minimo. Le neoplasie
secondarie sono rappresentate da sarcomi, leucemie acute e tumori della mammella controlaterale. Il rischio
di sviluppare sarcomi è stato stimato pari a 0, 2% a dieci anni; il rischio di leucemia è stato correlato
all’utilizzo di alcuni chemioterapici in combinazione con la RT. I dati della letteratura non dimostrano una
chiara associazione tra RT della mammella/parete toracica e il tumore della mammella controlaterale,
tuttavia si raccomanda di minimizzare la porzione di mammella controlaterale che riceve una dose
significativa, soprattutto nelle pazienti giovani.
94
1. EPIDEMIOLOGIA:
Prima causa di mortalità negli uomini. Seconda causa dopo il carcinoma del seno nelle donne.
Tendenza: stabile-regrediente negli uomini.
- In aumento nelle donne (in USA raggiunge quasi il carcinoma del seno).
- In netta progressione nei paesi del terzo mondo.
Incidenza massima: 60-70 anni.
Frequenza:
- United Kingdom: 40.000 casi all'anno.
- USA: 101.000 nuovi casi all'anno per gli uomini, 60.000 nuovi casi all'anno per le donne.
2. ANATOMIA:
Il drenaggio linfatico polmonare
Non procede parallelo ai vasi sanguigni.
Non resta confinato nei limiti di uno lobo.
Non segue solo l'albero bronchiale.
C'è una connessione diretta con
- l'ascella
- organi dell'addome superiore.
Incrocia contro lateralmente e può prendere anche 1'altro polmone.
4. PRESENTAZIONE CLINICA:
Polmonare:
- Tosse secca o produttiva.
- Dispnea.
- Emottisi.
- Polmonite o ascesso post-ostruttivo.
- Versamento pleurico, ev. emorragico
Per compressione o infiltrazione locoregionale:
- Odino-disfagia (l'esofago): impedimento della deglutizione
- Una disfonia (nervo ricorrente)
- L'elevazione dell'emidiaframma (nervo frenico)
- Triade di Horner (enoftalmo, ptosi, miosi) (nervo simpatico)
- L'ostruzione tracheale.
- L'infiltrazione della parete toracica (dolori)
- Sindrome della vena cava superiore (gonfiore diffuso zona toracica)
- L'aritmia o l'insufficienza cardiaca fino a tamponamento.
I sintomi aspecifici:
- Perdita ponderale.
- Cattivo stato generale.
- Affaticamento.
Sindrome paraneoplastica(cattiva prognosi)
Di diverso tipo
- endocrino
- Coagulotica (tromboflebite)
- Cutanea (acanthosis nigrans)
- Renale
- Ematologico (anemia, trombocitosi)
- Embolia polmonare
5. EVOLUZIONE NATURALE
1. La crescita locale:
Per continuità
- nella parete toracica soprattutto apicale. - nelle strutture mediastinali: l'esofago, i vasi, i nervi, il
pericardio.
2. Metastatizzazione linfonodale
96
Non segue un ordine stretto ma di regola vede: ileo polmonare, mediastino, sovraclaveare
Adenopatie ilari: 60% del lobo superiore medio; 75% del lobo inferiore. Adenopatie mediastiniche: 50%.
Adenopatia sovraclaveare: 2-37% (tumore del lobo superiore ipsilaterale)
3. Metastatizzazione a distanza (vasi sanguigni, vasi linfatici)
Potenzialmente dappertutto ma soprattutto
- al fegato
- allo scheletro
- ai reni e surreni
- al cervello (molto frequente)
E' prognosticamente importante distinguere il carcinoma non microcitoma (non a piccole cellule) e il
carcinoma microcitoma (piccole cellule): i tumori microcitomi evolvono molto più rapidamente e hanno una
predilezione per la metastatizzazione ematogena e a livello del midollo osseo.
6. ISTOLOGIA:
Carcinoma piattocellulare: 40% Adenocarcinoma: 20% gruppo dei non-microcitoma a grandi cellule:
20%
A piccole cellule: microcitoma 20% gruppo dei microcitoma bronchiolo-alveolare: 1%
La localizzazione più frequente del tumore primario è secondo l'istologia: squamocellulare sono in
genere a localizzazione centrale, il microcitoma e l’adenocarcinoma sono a localizzazione periferica.
Stadiazione:
Esami di laboratorio, marker tumorale NSE, CEA, TC addominale TC cerebrale Biopsia ossea e
midollo osseo (solo per microcitoma) Scintigrafia ossea
Dopo una stadiazione completa, il 50% dei pazienti hanno già una malattia metastatica mentre
il 20% sono operabili radicalmente.
97
98
9. CHIRURGIA, TECNICA:
1. I non microcitomi:
Criteri di operabilità: -
Medicina interna.
Funzione polmonare.
Resecabilita (esclusa se adenopatie contralaterali, adenopatie sovraclaveari, versamento pleurico
maligno, paresi nel nervo ricorrente).
Tipo di intervento:
- Pneumonectomia (di regola)
- Lobectomia (per i casi selezionati con un tumore sufficiente periferico).
2. I microcitomi:
NESSUNA CHIRURGIA.
La chirurgia è indicata solo per casi molto selezionati e anche in questi casi le indicazioni sono
ancora oggetto di studio.
- Se la resezione non dovesse essere radicale la sopravvivenza è < 2 anni. - Se c' e l'infiltrazione della
pareti toracica la prognosi dipende da:
- la profondità dell'infiltrazione
- la possibilità di resezione radicale (2 cm margine)
2 Neoadiuvante (preoperatoria)
- Alcun vantaggio sulla chirurgia esclusiva.
- Eccezione è la sindrome di Pancoast (tumore del lobo superiore)
3. Esclusiva
Solo se il tumore è inoperabile o il paziente è inoperabile.
Condizione di curabilità:
- Nessuna metastasi. - Il tumore < 8 cm - Nessun versamento pleurico o pericardico - Stato generale
e funzione polmonare adeguati.
Risultati:
Controllo locale migliora la sopravvivenza
Controllo locale dipende dalla dose applicabile
- La recidiva locale dopo 40 Gy è di ca. 50%
- La recidiva locale dopo 60 Gy è di 35%
2. Radioterapia
Risultati:
- Aumenta il numero di risposta del tumore primario rispetto alla chemioterapia solo dal punto di
vista di controllo locale.
- Aumenta l'intervallo alla recidiva locale.
- Aumenta la sopravvivenza globale e libero da malattia.
- Resta controverso il timing fra chemioterapia e radioterapia
RADIOTERAPIA:
simultaneamente con la CT:
- Sembra più efficace
- Aumenta la tossicità soprattutto 1'esofagite e la
mielosopressione.
Sequenziale con la CT:
- Chemioterapia poi radioterapia, permette l'uso più efficace della chemioterapia (la tossicità è
minore).
Tecnica di RT:
Dosaggio: dose totale attualmente non ancora stabilita, classicamente 45 Gy in frazioni di 1.8 Gy.
Volume: - non ancora definito
- classicamente: estensione regione (prima della chemioterapia) del tumore seguito da un boost (dose
+ alta) sul residuo tumorale.
Radioterapia:
- da 24 Gy fino a 30 Gy.
Risultati:
- aumenta la neurotossicità (SNC)
- se la dose frazionata è più di 2 Gy
- se è concomitante con chemioterapia
- diminuzione della scomparsa di metastasi cerebrali
- controverso effetto sulla sopravvivenza
Problema aperto: l’associazione con la chemioterapia e il tempo in cui attuare una o l’altra.
Procedere terapeutico:
1. chirurgia se operabile
2. "sandwich” quando non e operabile: RT - CHIR - RT
3. radioterapia postoperatoria solo se i linfonodi sono positivi e la resezione non è stata radicale.
4. radioterapia di 40 Gy preoperatoria, poi rivalutazione.
Rivalutazione:
1. chirurgia se operabile con radioterapia postoperatoria (sandwich)
2. se non operabile completare con la radioterapia.
Volume:
- le fosse sovraclaveari bilaterali;
- ili polmonari bilaterali;
- lobo superiore dx o sx;
- corpi vertebrali adiacenti.
103
A. PANCREAS
1. Anatomia e modalità di disseminazine
Localizzazione retroperitoneale (Ll-L2)
Stretto contatto con altri organi (figura 1) quali stomaco, duodeno, reni, milza e vasi.
La neoplasia interessa quasi sempre la testa del pancreas e comprime le vie biliari (ittero).
I vasi linfatici sono molto abbondanti e drenano nel duodeno, nei linfonodi sovrapancreatici, nella
rete portale e nei linfonodi para-aortici (estensione posteriore).
Il sistema venoso è drenato del sistema della vena "porta" verso il fegato.
L'interessamento peritoneale è più frequente quando la localizzazione della neoplasia è a livello
della coda e del corpo del pancreas.
2. Epidemiologia
Questa neoplasia è la quarta causa di decessi negli USA e la sua incidenza è in aumento.
3. Quadro clinico
I carcinomi del pancreas raramente vengono scoperti ad una stadio resecabile (i sintomi non sono
specifici).
Il sintomò più frequente è l'ittero, i dolori, l'anoressia ed il calo ponderale.
Se la massa tumorale è palpabile clinicamente (conseguenza dell'ostruzione biliare o
dell'interessamento dei linfonodi sovracanalicolari) ci troviamo di fronte ad uno stadio avanzato.
4. Esami diagnostici
TC addominale per definire l'estensione della malattia.
Colangiografia trans-epatica e colangiografia retrograda (ERCP) che permette di valutare la
componente biliare.
Le metastasi epatiche o peritoneali (di un diametro di almeno 1 cm) sono diagnosticabili solo
tramite una risonanza magnetica.
5. Patologia
105
La maggior parte dei carcinomi pancreatici sono degli adenocarcinomi (90%). TNM tabella 1.
6. Terapia
6a. Chirurgia
Ad intento curativo (10-25%) Mortalità per intra-operatoria 10-30%
6b. Chemioterapia
Sostanze semplici come il 5-FU, la Mitomicina e la Streptomycina hanno una risposta di circa il
20% (risposta parziale), le sostanze combinate hanno una risposta di circa il 40% (risposta parziale)
ma le risposte complete sono inferiori al 5% e durano meno di un anno.
6c. Radioterapia
Gli organi limitanti (figura 2) per quanto riguarda il dosaggio sono:
- l'intestino tenue, lo stomaco, il fegato, i reni e il midollo spinale.
E’ richiesta una tecnica "conformazionale" di alta precisione.
La sopravvivenza molto breve dei pazienti non permette di valutare le complicanze a lungo termine.
Dosi e valori bersaglio
Dopo chirurgia importanza dei clips. 4 campi AP/PA e 2 laterali.
Dose: 45-50 Gy (una volta al giorno)
Volume: dal piatto superiore della vertebra dorsale D 11. Il margine posteriore è di 1.5 cm
posteriormente la parte anteriore delle vertebre (linfonodi para-aortici). Il margine anteriore è di 2
cm davanti al tumore. (figura 3).
B. RETTO
1. Anatomia (figura 1)
Il retto è la continuazione del colon sigmoideo, si trova davanti alla III vertebra sacrale. Il drenaggio
linfatico del retto segue:
i vasi rettali superiori che vanno nei linfonodi mesenterici inferiori.
i vasi rettali maggiori che drenano nei linfonodi iliaci interni (retto medio e distale)
i vasi rettali inferiori e le arterie pudende interne e drenano nei linfonodi iliaci interni il retto distale
ed il canale anaÌe superiore.
2. Epidemiologia
155'000 individui/anno negli USA 61'000 morti/anno negli USA
Il rapporto dell'incidenza maschio/femmina è identico
Il rischio aumenta con un'anamnesi di malattia infiammatoria dell'intestino 100% nei casi di
sindrome di Gardner o di poliposi familiare.
Possibile ruolo delle fibre alimentari nella carcinogenesi.
4. Quadro clinico
Il sintomo più frequente è la melena. Gli altri sintomi sono le modificazioni dell'alvo, la nausea, il
vomito, l'astenia e la presenza di una massa addominale.
- mobile o fissa.
- presenza di linfonodi perirettali palpabili
Per le donne: => esplorazione vaginale (setto rettovaginale)
Laboratorio => CEA (carcino embrionic antigen) pre-operatorio (+ post-operatorio) Radiologia =>
TC addome
=> ecografia del fegato (o TC)
6. Patologia
Nell'istologia troviamo un adenocarcinoma e nel 33% dei casi si ha un interessamento linfonodale.
Sistemi di staging (figura 2 e tabella 2)
Dukes => basato sull'estensione della penetrazione attraverso la parete rettale e presenza o assenza
di linfoadenopatia
Astler -Coller => basato sull'estensione della penetrazione e dell'interessamento dei linfonodi e
dell'aderenza ai tessuti adiacenti
7. Fattori prognostici
- il grado di penetrazione nella parete e l'interessamento dei linfonodi (aumento della recidiva
locale) e questo giustifica i candidati ad un terapia di radioterapia
- il numero dei linfonodi interessati è uguale a fattore prognostico
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- con i pazienti con un interessamento del retto distale la mobilità clinica del tumore, la dimensione
e la sua morfologia sono dei fattori prognostici importanti per una prima chirurgia conservativa
(tabella 3)
Modalità di terapia
1. Chirurgia
- Nella maggior parte dei pazienti è il terapia di scelta.
resezione del tumore + drenaggio linfatico con dei margini tanto larghi quanto possibile. resezione
anteriore bassa con una tecnica fattibile per i tumori superiori ai 6 cm al di sopra del margine anale.
Questo intervento permettere di mantenere la funzione anale naturale.
AAP = amputazione addomino peritoneale che prevede una colostomia definitiva (sacchetto).
Le clips sono utili al momento della chirurgia per la radioterapia post-operatoria che definiscono sia
il retto che il residuo tumorale.
Tabella 4
2. Radioterapia
Lo scopo della radioterapia è di diminuire il rischio di recidiva Iocoregionale.
Post-operatoria
Pre-operatoria (che non impedisce la chirurgia conservativa)
Tecniche (figura 3)
3-4 campi: AP + 2 laterali
AP-PA + 2 laterali
B2 13 74
B3 17 55
Cl 24 62
C2 23 41
C3 77 10
C. CANALE ANALE
1. Anatomia (figura I)
circa 3-4 cm di lunghezza
il drenaggio linfatico passa tramite tre stazioni:
- la cute perineale
- il margine anale
- verso i linfonodi inguinali ed i linfonodi iliaci esterni
- il canale anale
- al di sopra della linea dentata verso i linfonodi pudendi, ipograstrici ed otturatori quindi ai
linfonodi iliaci interni
- canale anale prossimale verso i linfonodi del sistema mesenterico inferiore
110
2. Epidemiologia
Più frequente nella donna che nel maschio. Il rischio aumenta con l'età verso i 60 anni
3. Patologia
- > 70/80% sono neoplasie squamocellulari
- 20-30% sono squamocellulari basaloidi
- 1% sono dei mucoepidermoidi
- 20% sono degli adenocarcinomi
5. Fattori prognostici
Le dimensioni del tumore influenzano negativamente la prognosi
Interessamento linfonodale negativo
Grado di differenziazione (grado III)
6. Presentazione clinica
Sanguinamenti e disturbi anali sono i sintomi più comuni; meno frequenti sono la sensazione di
massa anale, il prurito e le perdite anali.
7. Esami diagnostici
Anamnesi + esame clinico + digito esplorazione rettale
Biopsia della neoplasia primitiva
Anoscopia e proctoscopia
Ecografia trans-rettale per l'identificazione della profondità della penetrazione del tumore
TC pelvica
Radiografia del torace
111
8. Terapia
Attualmente è la radio-chemioterapia che permette di conservare la funzione anorettale con una
sopravvivenza identica a quella della chirurgia. Tossicità severa inferiore al I 0% dei casi.
I campi di radioterapia includono i linfonodi emorroidali inferiori, gli iliaci interni e i linfonodi
inguinali (figura 2).
Dose totale circa 60 Gy
Radioterapia
Campi: => limite superiori: lombo-sacrale
=> limite inferiore 3 cm al bordo inferiore del tumore
=> limite laterale copre i linfonodi iliaci esterni
Raccomandazioni
Se il tumore è inferiore a 2 cm di diametro, radioterapia solo dopo escissione locale (65 Gy)
Se il tumore è superiore a 2 cm di diametro, chemio-radioterapia associata.
9. Risultati
Vedi tabella 1-2.
A livello dell’esofago gli effetti possono essere simili a quelli riscontrabili alla mucosa del cavo orale e del
faringe, anche se compaiono con dosi superiori.
Oltre il livello cumulativo di 60 Gy possono comparire ulcerazioni.
Le manifestazioni tardive sono caratterizzate da atrofia delle mucose, fibrosi delle sottomucose e
degenerazione della tunica muscolare e possono avere come conseguenza la stenosi.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
Stomaco
A livello dello stomaco, basse dosi frazionate (<20 Gy) determinano la riduzione dell’acidità, effetto che può
permanere anche per oltre un anno.
La comparsa di una gastrite erosiva si verifica per dosi di 45 Gy.
Nausea e vomito sono sintomi frequenti di accompagnamento.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
Intestino tenue
L’intestino tenue è piuttosto radiosensibile, specie a livello dell’epitelio delle cripte del Lieberkuhn che
hanno un ciclo di rinnovamento molto rapido (24 ore circa).
Dosi di 20-30 Gy comportano una sintomatologia caratterizzata da nausea, vomito, crampi, diarrea, e
sindrome da malassorbimento.
Dosi superiori possono causare perforazione
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
Colon / retto
Lesioni del colon e del retto si hanno solo per dosi superiori a 60 Gy.
L’effetto tardivo più importante è l’ulcerazione con sanguinamento.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
Colon 55 45 65 55 Ostruzione, perforazione,
ulcerazione, fistola
(54) (45) (66) (55)
Retto 60 80 Proctite grave, necrosi, stenosi,
Fegato
Per quanto attiene il fegato, una epatite si verifica a dosi relativamente basse se l’intero organo è irradiato.
Porzioni epatiche tollerano dosi intermedie.
Trombosi delle vene epatiche sono descritte con dosi di 30-40 Gy.
A questi livelli di esposizione è anche possibile una necrosi epatica differita a 3-6 mesi, circoscritta o estesa,
potenzialmente letale.
TD 5/5 Gy TD 50/5 Gy
ORGANO O VOLUME 1/3 2/3 3/3 1/3 2/3 3/3
IRRADIATO
50 35 30 55 45 40 Insufficienza
FEGATO epatica
(43) (34) (30) (57) (46) (40)
114
Epidemiologia
Secondo tumore dopo quello polmonare nei paesi sviluppati.
UK 19/100'000 abitanti
USA: - bianchi 58/100'000 abitanti, neri 95/100'000 abitanti
Raro prima dei 50 anni, frequente dopo gli 80 anni.
Nelle autopsie la maggior parte presenta un carcinoma della prostata localizzato.
Anatomia
1. Prostata
2. Vescicole seminali
3. Vescica urinaria
4. Sinfisi ubica
5. Cresta iliaca
6. Sacro e coccige.
7. Retto e ano.
Vie linfatiche:
a. Linfonodi para-aortali
b. Linfonodi iliaci comuni
c. Linfonodi iliaci esterni
d. Linfonodi iliaci interni
e. Linfonodi otturatori
f Linfonodi pre-ischiatici
g. Linfonodi pre-sacrali
Presentazione clinica
1. Segni di ostruzione ureterale (prostatismo):
- Pollachiuria
- Nicturia
- Diminuzione della forza del getto urinario
- Esitazione iniziale alla minzione
Istopatologia
Adenocarcinoma 95%
Adenocarcinoma intraduttale 2-3%
Carcinoma transizionale
Altri 0.3% (sarcomi, melanomi ecc.)
Evoluzione naturale
1. Crescite locali con:
- invasione delle vesciche seminali
- estensione diretta attraverso la capsula dell'organo nei tessuti organici adiacenti
2. Metastatizzazione linfonodale
- linfonodi otturatori ± 3 1%
- linfonodi iliaci interni ± 24%
- linfonodi iliaci esterni ± 22%
- linfonodi iliaci comuni ± 17%
- linfonodi para-aortici ± 18%
- linfonodi pre-sacrali ± 53%
- linfonodi pre-ischiatici ± 47%
- linfonodi ipogastrici ± 14%
116
3. Metastatizzazione ematogena
- ossea soprattutto del tronco
- viscerale soprattutto epatica e polmonare
Stadiazione
Esami di laboratorio completi
Radiografia del torace
Marker tumorale PSA (prostate specific antigen)
Scintigrafia ossea corpo intero
TC o RM addomino pelvica
Se il PSA è sotto 20 ng/ml la metastatizzazione ossea è poco probabile ma la scintigrafia è in ogni
caso da eseguire come esame di partenza per confrontare dopo l'evoluzione.
117
Secondari
- PSA specialmente se è ancora elevato a sei mesi dalla fine del terapia
Anaploidia
L'anaploidia correla generalmente con una cattiva differenziazione.
Chirurgia
Tecnica: prostatectomia radicale quale l'asportazione completa della prostata della capsula delle
vesciche seminali dei vasi differenti: due approcci: retropubico e perineale
118
Risultati
Prostatectomia radicale = prostatectomia radicale con conservazione della fibre nervose, con la
preservazione della potenza al ± 70%.
Sopravvivenza
A 10-15 anni equivalente chirurgia-radioterapia
- 80% a 5 anni
- 60% a 10 anni
% a 15 anni di sopravvivenza globale per stadi Tl e T2
Recidive post-operatorie Tlb-T2a ± 20%
T2b ± 55%.
Tecnica di radioterapia
Standard 4 campi "box"
limiti: - con un grosso volume di tumore a livello superiore al LS/S 1 a livello inferiore bordo
inferiore della tuberosità ischiatica.
Laterale 1.5-2 cm alla linea terminale pelvica.
Dorsale S2-S3.
Ventrale la faccia anteriore della sinfisi pubica.
Problemi
Nel 25% delle volte il margine inferiore è insufficiente perché non copre tutta la prostata. Piccolo
volume= boost.
Limiti inferiori ventrali (vedere il grosso volume).
Dosaggio
119
Grosso volume: dose totale 45 Gy con frazionamento di 1.8 Gy, boost di 20-25 Gy con una dose di
frazionamento di 1.8 Gy.
La radioterapia conformazionale:
E' il tipo di radioterapia nella quale i margini di ognuno dei campi impiegati sono "conformi" alla
proiezione su di un piano perpendicolare al raggio centrale del fascio associato ai contorni
dell'organo e alle strutture irradiate. Questo tipo di radioterapia tiene conto di un margine di
sicurezza.
Il vantaggio rispetto al procedimento standard è di risparmiare il tessuto sano con minimi effetti
collaterali e con possibilità di aumentare la dose totale che ha un vantaggio sul controllo locale.
I linfomi NH di basso grado di malignità localizzati (stadio I-II) sono sia trattati mediante
radioterapia esclusiva, sia mediante radio-chemioterapia. Gli stadi avanzati (III-IV) sono spesso
incurabili malgrado qualsiasi terapia.
Il LH è più raro rispetto ai LNH, e non solo una minoranza di pazienti con linfomi sono colpiti dal
morbo di Hodgkin (negli USA tra 7'000 e 7'500 individui all'anno), in effetti il morbo di Hodgkin è
conosciuto da tempo (è stato descritto per la prima volta nel 1832 da Thomas Hodgkin).
Per la diagnosi anatomo-patologica si distinguono 4 gruppi:
- ricco in linfociti
- sclerosi nodulare
- cellularità mista
- deplezione linfocitaria
Stadio I
Stadio II
Stadio III
Stadio IV
Stadio A Stadio B
asintomatico
febbre (>38) o sudorazioni notturne o calo ponderale > 10% (prognosi peggiore).
La terapia del Linfoma di Hodgkin viene eseguita a seconda dello stadio. E' da notare che ci sono
delle controversie soprattutto per quanto concerne la terapia degli stadi precoci (IA). (tabella 2).
Inizialmente si possono trattare gli stadi IA, IB e IIA senza fattori di rischio mediante una
radioterapia classica: mantellina, barra para-aortica + pedicolo della milza, +/- interessamento di
altre regioni colpite, in altri termini "extended field" (figura 3- 4). Con questi volumi di radioterapia
molto importanti bisogna sorvegliare i pazienti molto accuratamente (esame ematochimico
settimanale). Da notare che i pazienti dopo splenectomia sono più suscettibili di sviluppare delle
infezioni.
Visto l'ottima prognosi degli stadi I e IlA bisogna anche pensare agli effetti secondari a lungo
termine: la funzionalità cardiaca è alterata nel 50% dei casi, un ipotiroidismo si stabilisce nel 30%
dei casi, sterilita e secondo tumore.
Gli stadi avanzati del morbo di Hodgkin sono trattati mediante chemio e radioterapia. Quest'ultima
è più focalizzata (involved field) rispetto agli stadi precoci e si somministra ad esempio su residui
dopo chemioterapia (figura 6) o su lesioni che presentano della grandi masse iniziali (figura 7). La
sopravvivenza dipende in larga misura dallo stadio iniziale nonché dai sintomi iniziali (figura 8).
Nei pazienti allo stadio I-IIA si osservano senza fattori di rischio una remissione nel 90% dei casi,
negli stessi stadi con fattori di rischio e stadio IIIA nel 70% dei casi e per le malattie avanzate il
50%. (tabella 3 e 4)
124
Vedi anche allegato 1 Tesi di laurea: L'influenza delle protesi d'anca sulla radioterapia
Vedi anche allegato 2 Tesi di laurea: Messa a punto delle procedure di irradiazione di pazienti con metastasi
vertebrali
Vedi anche allegato 6 Appunti dalle lezioni: Radioterapia nelle metastasi ossee
Vedi anche allegato 8 Appunti dalle lezioni: Radioterapia antalgica
4. Evitare le sequele radio-indotte evitando ulteriori effetti secondari ai sintomi già presenti.
1. Polmone
L'ostruzione delle vie respiratorie è frequente nei pazienti con malattia avanzata: bassa saturazione
d'ossigeno
capacità respiratorie diminuite emottisi su invasione tumorale
2. Esofago
Ostruzione delle vie digestive => disfagia => afagia. La radioterapia dà una palliazione temporanea.
Possibilità di piazzare una protesi intraluminale. Pericolo di aspirazione se non si fa niente.
4. Dolori pelvici
Cause: sciatica, infiltrazione del plesso, dolori ossei. Bisogna ben definire la sede del dolore prima
di irradiare.
La dose totale, il numero del frazionamento dipende dallo stato del paziente e dalla dimensione dei
campi (es. 14 x 2.5 Gy = 35 Gy).
127
METASTASI OSSEE:
- un candidato ideale è un paziente ambulatoriale con dei dolori localizzati, una radiologia positiva
per metastasi, < di 4 localizzazioni e non segni di ipercalcemia.
- se il paziente ha metastasi visibili alla radiologia, nessun dolore osseo e nessun rischio di frattura
si adotta un atteggiamento di tipo "wait and see"
METASTASI CEREBRALI:
- se una metastasi è unica si può operare, quindi chirurgia + radioterapia post-operatoria "
- se non è operabile, radioterapia cerebrale
- se metastasi non è unica, radioterapia cerebrale Dosi raccomandate sono: 5 x 4 Gy
10 X 3 Gy
14 x 2.5 Gy (permette una reirradiazione).
COMPRESSIONE: MIDOLLARE:
E' un evento raro ma con conseguenze devastanti.
Indicazione per una consulenza in neurochirurgia:
- in assenza di malattia tumorale
- le immagini radiologiche suggeriscono dei frammenti ossei nel canale spinale
- se il paziente è già stato trattato in altre sedi per interessamento tumorale senza risposta al
terapia (es.: rene, colon, melanoma).
- se non ci sono lesioni litiche a livello della compressione midollare con
L’Adroterapia è una modalità di cura più giovane nella radioterapia (Hadrontherapy dal 1993) che utilizza
fasci di:
protoni (fine anni 80 primi anni ’90)
neutroni (a partire dagli anni ’40)
ioni carbonio (fine anni ’80 primi ’90)
pioni negativi (a partire dai primi anni ’70)
Questa metodica permette di irradiare tumori molto profondi, di seguire il contorno con precisione
millimetrica e di risparmiare maggiormente i tessuti sani circostanti.
Gli Adroni sono particelle subatomiche più pesanti degli elettroni, costituite da Quark: protoni, neutroni, ioni
leggeri (fino all’Argon).
Gli Adroni per terapia sono particelle che portate ad alta energia in una macchina acceleratrice sono in grado
di depositare energia per lo più alla fine del loro percorso nel corpo del paziente in corrispondenza del
volume bersaglio tumorale con minimo danno ad organi e tessuti sani circostanti al tumore.
In particolare: protoni accelerati a 200-250 MeV e ioni di carbonio accelerati a 4.500 MeV permettono di
irradiare, con dosi più elevate rispetto alle tecniche tradizionali, tumori profondi seguendone il contorno con
grande precisione risparmiando i tessuti circostanti.
Diversamente dalle tecniche convenzionali basate sui raggi X:
I raggi X rilasciano solo parte dell’energia sul tumore e coinvolgono anche i tessuti sani
La dose somministrata non può essere elevata
Per aumentare la dose al bersaglio-si usano più fasci di fotoni X incrociati (IMRT=Intensity Modulated
Radiation Therapy)
129
Produrre protoni da 200-250 MeV e ioni carbonio da 4500 MeV è più complesso e costoso che produrre
fotoni da 10-20 MV necessari per la terapia convenzionale a raggi X
I protoni da 200 MeV penetrano nel corpo fino 25-35cm (permettendo una migliore irradiazione dei tumori
profondi. Gli ioni carbonio cedono alla materia un’energia 23 volte superiore (4.500 MeV) rispetto ai fotoni;
hanno pertanto effetti qualitativamente diversi e sono elettivi nella cura dei tumori radio resistenti.
Permettono terapie ipofrazionate (8-10 sedute invece di 25-35) con beneficio per i pazienti.
Per la produzione di protoni si impiegano Ciclotroni di circa 3-4 metri di diametro e per gli ioni C sincrotroni
di 6-25 metri di diametro.
A Pavia è attivo il Centro Nazionale di Adroterapia Onologica (CNAO) che effettua irradiazione con protoni
e ioni carbonio.
VANTAGGI
1 Picco di Bragg: dose limitata ai tessuti sani
Per coprire un tumore di qualche cm bisogna sommare molti picchi stretti, ciò si ottiene variando l’energia
del fascio di Adroni carichi riducendola in piccoli passi (SOBP = Spread Out Bragg Peak). Con tecniche di
modulazione del fascio si allarga il picco fino a 15cm (tumore a dose uniforme pur con aumento dose nel
pianerottolo)
Questa specifica selettività fisica permette irraggiamenti mirati al bersaglio con cessione di energia a fine
percorso, maggiore risparmio dei tessuti sani limitrofi (minor effetti collaterali precoci e tardivi), possibilità
di modulazione (“spread out”) dell’ampiezza del picco di Bragg.
Ulteriore vantaggio dell’Adroterapia con particelle cariche, in particolare con ioni carbonio:
130
uno ione carbonio rilascia in ogni cellula attraversata un’energia ~20 volte maggiore di un protone
ciò comporta per la maggior parte dei tessuti maggior efficacia biologica dei protoni e dei raggi X
nel danneggiare le cellule “radioresistenti” del tumore
Quasi abbandonato è invece l’uso dei neutroni. Per molti sistemi biologici i fasci di neutroni hanno EBR
superiore ai raggi X con ampia variabilità.
Da studi radiobiologici risulta che le cellule sane hanno minor capacità di riparare lesioni prodotte da
neutroni rispetto a quelle prodotte da raggi X e i neutroni hanno EBR più alta per tumori differenziati (a
crescita lenta) rispetto a quelli indifferenziati(rapidi).
Quindi i neutroni sono adatti per trattare tumori radioresistenti ma possono causare danni ai tessuti sani a
causa delle caratteristiche della distribuzione della dose.
Gli ioni C, in virtù dell’elevata selettività fisica rispetto ai neutroni (simile ai protoni) insieme alla minor
diffusione laterale rispetto ai protoni “combinano la selettività balistica dei protoni con l’elevato Let dei
neutroni”.
Svantaggi e problemi:
difficoltà alla discriminazione tra problemi dosimetrici e problemi legati all’effetto biologico
costruzioni di gantry per l’irradiazione umana molto grandi e costosi
necessario ulteriore perfezionamento della dosimetria
131
“concorrenza” delle attuali sofisticate tecniche di RT ad alta onformazionalità (IMRT, image guided RT,
…)
necessità di trials clinici omogenei per valutare l’efficacia in tumoeri o pazienti selezionati.
132
Vedi anche allegato 14 Appunti dalle lezioni: Irradiazione corporea totale (TBI)
Il TSRM collabora con il medico radioterapista oncologo e l’esperto in fisica medica, esegue e coordina tutte
le operazioni relative al posizionamento del paziente e all’introduzione di dispositivi ausiliari (schermature,
compensatori personalizzati, ecc…) necessari alla corretta esecuzione del trattamento. Effettua il trattamento
radioterapico secondo le indicazioni contenute nella cartella di trattamento e registra i dati di ogni singola
frazione. È responsabile dello stato e dell’efficienza del sistema di immobilizzazione utilizzato dal centro. È
responsabile del comfort del bunker in collaborazione con il medico radioterapista oncologo, l’esperto in
fisica medica e l’infermiere.
Il tecnico è altresì responsabile di:
confezionamento di schermi protettivi (TSRM)
verifica del piano di cura su acceleratore lineare (TSRM, medico, fisico, infermiere)
esecuzione del trattamento (TSRM, medico, fisico, infermiere)
simulazione del paziente (TSRM, medico, fisico, infermiere): il TSRM allestisce nel bunker, alla
distanza prestabilita, il supporto necessario per la TBI; verifica lo stato e l’efficienza dello stesso e
controlla la presenza sul carrello per TBI di tutti i presidi necessari per la preparazione della stessa (croci
di centratura, triangoli di Pb, pelvimetro, forbici, biadesivo, pennarelli, cerotto, cassette porta pellicola).
Il TSRM inoltre provvede alla massima apertura dei collimatori dell’acceleratore lineare (40 x 40) e
alla rotazione degli stessi di 315 gradi.
A seconda della posizione scelta per l’irradiazione, il paziente viene posizionato dall’equipe di
terapia sul lettino dove verrà effettuato il trattamento.
Il giorno precedente l’esecuzione della TBI, il TSRM deve verificare che nella sala di terapia tutto sia
organizzato in modo da garantire la più appropriata condizione di terapia.
Il TSRM deve verificare la corretta posizione del supporto, incollare con biadesivo gli schermi polmonari sul
portaschermi, controllare spoiler e compensatori.
Parte fondamentale del trattamento stesso è la dosimetria in vivo che consente di verificare la dose assorbita
nel punto di riferimento e valutare l’omogeneità dosimetrica lungo il corpo del paziente (principalmente
lungo la linea mediana, con particolare attenzione agli organi critici).
133
Supina / Prona Verticale Indicata per bambini di statura inferiore a 1 m circa È limitata dalla statura
che devono essere sedati. del paziente.
Stabiliti i parametri di base della TBI bisogna considerare l’esecuzione del trattamento che richiede una serie
di procedure che sono state oggetto anche della stesura di linee guida per l’assicurazione di qualità (QA).
Procedure TBI:
visita di radioterapia (personale dedicato: medico, infermiere): prima di avviare la procedura TBI e
valutare la fattibilità della stessa, il medico radioterapista oncologo visita il paziente eprende visione
degli accertamenti bioumorali e strumentali effettuati dallo stesso. Se non emergono ostacoli al
trattamento radiante, il paziente viene informato delle procedure che dovranno essere eseguite e
degli eventuali effetti collaterali.
scelta del regime di condizionamento (medico): Il medico radioterapista stabilisce il tipo di schema
di terapia da somministrare al paziente in funzione della patologia trattata, del tipo di trapianto
(autologo o allogenico), del tipo di donatore (familiare compatibile, familiare parzialmente
compatibile, non consanguineo) e del grado di istocompatibilità.
Tipi di frazionamento delle dosi:
12 Gy (due frazioni giornaliere di 2 Gy per 3 giorni con dose al polmone di 9 Gy);
9.99 Gy (una frazione giornaliera di 3.33 Gy per 3 giorni con dose al polmone di 7 Gy) in caso
di pazienti pediatrici che necessitano di anestesia generale;
8 Gy per i trapianti mismatched (una frazione giornaliera con dose-rate di 18-20 cGy/minuto con
dose al polmone di 4 Gy).
135
definizione del PTV e degli organi critici, prescrizione della dose e stesura del piano di cura (medico,
fisico): Il volume bersaglio (PTV = planning target volume) della TBI è rappresentato dall’intero corpo
compresa la cute.
La prescrizione della dose e la stesura del piano di terapia vengono fatte dal radioterapista oncologo.
La dose deve essere somministrata all’emispessore dell’ addome e del polmone sulla base dei dati geometrici
e densitometrici forniti dalla tomografia computerizzata.
La variazione della dose nei diversi punti di riferimento deve essere compresa tra ± 10%; nei casi in cui, per
le disomogeneità di spessore del paziente non rientra in tale range, deve essere previsto l’impiego di
compensatori per le aree a minor spessore.
Nella prescrizione della dose viene indicato il frazionamento della stessa, il valore della dose singola totale e
il rateo di dose.
simulazione del paziente (TSRM, medico, fisico, infermiere):
Posizione paziente: supino o decubito laterale destro.
Topogramma in AP e LL
Scansioni: spessore 10 mm (cranio, collo, parete toracica, polmone, ombelico, pube, arti inferiori)
Richiamo scansioni: calcolo spessori corporei e densità polmonare.
Invio immagini via rete per elaborazione piano di terapia.
confezionamento di schermi protettivi (TSRM): vedi domanda 56
verifica del posizionamento su acceleratore lineare (TSRM, medico, fisico, infermiere): dopo aver
costruito la sagoma dello schermo polmonare, il Paziente viene nuovamente posizionato nella posizione
prescelta per il trattamento. Lo schermo viene posizionato sotto l’ascella del Paziente per il decubito
laterale o su appositi supporti di plexigalss da attaccare alle pareti del lettino per il decubito laterale.
Gammagrafia con incidenza del fascio a sinistra (decubito supino) o posteriore (decubito laterale). Come
reperi si possono utilizzare nei visibili, o in loro assenza si utilizzano tatuaggi.
esecuzione del trattamento (TSRM, medico, fisico, infermiere): il giorno precedente l’esecuzione della
TBI, il TSRM deve verificare che nella sala di terapia tutto sia organizzato in modo da garantire la più
appropriata condizione di terapia.
Il TSRM deve verificare la corretta posizione del supporto, incollare con biadesivo gli schermi polmonari sul
portaschermi, controllare spoiler e compensatori.
Parte fondamentale del trattamento stesso è la dosimetria in vivo che consente di verificare la dose assorbita
nel punto di riferimento e valutare l’omogeneità dosimetrica lungo il corpo del paziente (principalmente
lungo la linea mediana, con particolare attenzione agli organi critici).
In stazione semieretta: il paziente, in posizione AP, viene fatto appoggiare dal TSRM con il dorso al
plexiglass porta-film alla distanza stabilita durante la preparazione; il TSRM posiziona poi il
plexiglass porta-schermi alla distanza stabilita durante la simulazione di terapia. Il medico
radioterapista controlla la posizione delle schermature verificando che le croci sul portaschermi
136
corrispondano ai tatuaggi sullo xifoide e sul manubrio sternale; l’equipe di terapia con la luce campo
verifica che il posizionamento del diodo polmonare sia corretto. Il decubito seduto nella S.C. di
Radioterapia Oncologica della Fondazione San Matteo è stato da anni abbandonato.
L’equipe di terapia effettua una gammagrafia in AP; si correggono eventuali errori nel
posizionamento degli schermi polmonari dopo aver visionato l’immagine digitale o lo sviluppo del
film.
Inoltre il Medico e il Fisico valutano sull’immagine digitale o sul film il corretto posizionamento dei
diodi.
In decubito laterale destro: il paziente viene poi fatto appoggiare dal TSRM con il dorso al plexiglass
in decubito laterale destro con il braccio destro sopra il capo e il braccio sinistro lungo il fianco.
L’equipe di terapia provvede ad allineare il piano sagittale del paziente con il laser orizzontale a
livello dell’isocentro sulle creste iliache.
Il piano medio del paziente viene allineato alla DNT dal TSRM secondo i parametri stabiliti durante
la simulazione e descritti da un’apposita tabella presente nella cartella clinica.
Il TSRM provvede, prima dell’inizio del trattamento, alla massima apertura dei collimatori
dell’acceleratore lineare (40 x 40) e alla rotazione degli stessi di 315 gradi.
Il Medico Radioterapista e il TSRM posizionano le schermature polmonari facendo corrispondere le
croci di centratura con i tatuaggi o i nei marcati col pennarello sul dorso del paziente.
Il TSRM, coadiuvato dal Medico, su indicazione dell’Esperto in Fisica Medica, provvede al
posizionamento corretto di eventuali compensatori per il cavo orale, l’encefalo, il collo e gli arti
inferiori dello spessore di 1-3 mm.
L’equipe di terapia effettua una gammagrafia in PA; si correggono eventuali errori nel
posizionamento degli schermi polmonari e dei compensatori per l’encefalo, il cavo orale e il collo,
dopo aver visionato l’immagine digitale o lo sviluppo del film.
A paziente supino: Il bambino viene posizionato dal TRSM sul lettino in decubito supino con le
braccia lungo i fianchi e le mani incrociate sull’addome; sotto le braccia del bambino vengono
posizionati cuscinetti in spugna per portare gli omeri all’altezza dei polmoni e allontanarli dalla
colonna vertebrale.
L’equipe di terapia provvede ad allineare il piano sagittale del paziente con il laser orizzontale a
livello dell’isocentro sull’ombelico.
Il piano medio del paziente viene allineato alla DNT dal TSRM secondo i parametri stabiliti durante
la simulazione e descritti sull’apposito modulo presente nella cartella clinica.
Il Medico Radioterapista posiziona la schermatura polmonare sotto l’ascella del paziente.
Il TSRM, coadiuvato dal Medico, su indicazione dell’Esperto in Fisica Medica, provvede al
posizionamento corretto di eventuali compensatori per l’encefalo, il collo e gli arti inferiori dello
spessore di 1-3 mm.
137
Per l’esecuzione: si inizia il trattamento vero e proprio, per ogni seduta vengono eseguite 2 emifrazioni di;
ogni emifrazione viene ulteriormente suddivisa in due irradiazioni con verifica intermedia delle UM da parte
del fisico e film di verifica lasciato durante lo svolgimento di ogni irradiazione. Il TSRM procede su
indicazione del fisico all’erogazione delle UM e insieme al medico procede ad eventuali correzioni della
posizione del paziente dopo lo sviluppo del film alla fine di ogni emifrazione.
follow-up (medico, infermiere):
Gli effetti collaterali acuti sono: Astenia, nausea, vomito (possono comparire dopo 3 Gy e restare intense per
24-48 ore), diarrea, eritema cutaneo, mucosite, alopecia, tumefazione transitoria bilaterale delle parotidi
(puo’ insorgere entro 12 ore anche dopo basse dosi di radiazione ed esaurirsi entro 48 ore) associato ad
innalzamento dell’amilasi serica.
Gli effetti sub-acuti e tardivi sono: insufficienza renale, polmonite interstiziale, cataratta, ritardo della
crescita, ritardo puberale, amenorrea definitiva, sterilità maschile, malattia veno-occlusiva epatica, deficit
cognitivi, tossicità neurologica, ipotiroidismo compensato e/o manifesto.
La Brachiterapia è una tecnica radioterapia che utilizza sorgenti radioattive in forma sigillata utilizzate in
regime di dose continuo e che prevedono tecniche di applicazione a caricamento radioattivo differito o
remotizzato.
Tale tipo di cura si rivolge, quasi esclusivamente, a neoplasie localizzate e che quindi conservano alte
possibilità di guarigione locale.
La Brachiterapia si esegue introducendo la sorgente radioattiva in forma sigillata direttamente nel tessuto
neoplastico o nelle sue immediate vicinanze.
Si riconoscono tre tipi di brachiterapia:
Brachiterapia endocavitaria: in cui le sorgenti radioattive (cesio, iridio) sono inserite tramite vettori o
opportuni cateteri in organi cavi (es. cervice uterina)
Brachiterapia endoluminale: in cui le sorgenti radioattive (cesio, iridio) sono inserite tramite vettori o
opportuni cateteri in organi dotati di lume (esofago, trachea e bronchi);
Brachiterapia interstiziale, che consiste nell’impianto di piccole sorgenti radioattive (cesio, iridio, iodio,
palladio) all’interno di un tessuto mediante tecniche chirurgiche poco invasive. Si utilizza per il trattamento
di tumori della prostata, di neoplasie piccole della testa o del collo, di tumori della mammella già operati.
Negli ultimi anni la Brachiterapia della prostata ha riscosso un rinnovato interesse come trattamento
alternativo nei casi di tumore localizzato della prostata.
Esiste una modalità di impianto temporaneo-ad alte dosi (HDR) e una modalità di impianto permanente a
basse dosi (LDR). In entrambi è prevista l’applicazione per via transperineale della sorgente radioattiva sotto
guida ecografica, ma nella Brachiterapia a basse dosi la sorgente radioattiva (semi di Iodio 125 o Palladio
103, quest’ultimo meno utilizzato) rimane permanentemente nella prostata, mentre in quella ad alte dosi i
semi (Iridio 192) devono poi essere rimossi.
Caratteristiche fisiche dell’Iridio 192
Energia 310 KeV
T½ 74 gg
Dose / frazione 38 Gy / 4 fr
54 Gy / 9 fr
Per gli impianti permanenti a basso dose rate (LDR), gli isotopi impiegati sono il Palladio (Pd – 103) (meno
utilizzato) e lo Iodio (I – 125), attualmente più utilizzato.
Il Palladio ha un tempo di dimezzamento più breve rispetto allo Iodio, esplicando la sua azione con
emissione di energia in un tempo più breve; per questo motivo, il Palladio potrebbe essere più efficace nel
trattamento dei tumori più aggressivi, a crescita più veloce.
Le caratteristiche dei due isotopi sono riassunte nella seguente tabella.
139
Gleason 4–6 7
Il numero di semi utilizzato varia in relazione alle dimensioni della ghiandola ed è in media compreso tra 80
e 100 semi e il numero medio di aghi è di circa 30.
La dose prescritta alla prostata è di 145 Gy e i criteri dosimetrici da rispettare nella realizzazione
dell’impianto sono i seguenti.
interesse; inoltre fissa il numero totale di semi radioattivi da impiantare e la loro suddivisione nei singoli
aghi, che possono essere caricati con un numero variabile da 1 a 6 semi.
141
(Vedi anche Materie di insegnamento degli anni precedenti, in particolare “Controlli di qualità”, 2° anno).
L'RT cura l’archiviazione e l’aggiornamento della documentazione prodotta nell’espletamento della propria
attività, degli strumenti e dei materiali di consumo direttamente utilizzati.
L'RT nei reparti nei quali si svolge attività di brachiterapia, cura:
a) allestimento dei preparati radioattivi
b) recupero e immagazzinamento delle sorgenti
c) esecuzione delle operazioni di controllo delle eventuali
contaminazioni
d) esecuzione delle operazioni di decontaminazione degli oggetti e
degli ambienti
e) tenuta e aggiornamento del registro di carico e scarico del
materiale radioattivo del reparto
Controlli di qualità
L'RT tiene in efficienza la strumentazione dosimetrica in dotazione al Servizio di fisica sanitaria utilizzata in
radioterapia, con i relativi accessori, secondo il programma di CQ stabilito dall’esperto in fisica medica.
Esegue le operazioni di controllo di efficienza degli impianti a lui affidati ed effettua la loro predisposizione
all’uso;
Partecipa direttamente all’espletamento del programma di CQ delle unità di trattamento e di simulazione e
dei relativi sistemi accessori, effettuando misure dosimetriche di uso corrente e la rilevazione degli altri
parametri geometrici secondo procedure definite su indicazione dell’Esperto in fisica medica;
Collabora con l’Esperto in fisica medica alla verifica del funzionamento delle apparecchiature dopo ogni
intervento di manutenzione e di riparazione;
Basilare, per gli RT, è la verifica quotidiana dei parametri fondamentali per la pratica clinica quali:
sicurezza elettrica e meccanica (es. interblocco porta accesso bunker)
dispositivi di avvertimento ottici e acustici, spie luminose
indicatori ottici dell'isocentro (laser)
142
Inoltre il sistema di acquisizione di immagini OBI® necessita di controlli di qualità in grado di verificare la
stabilità dei parametri che permettono di garantire la sua efficienza e stabilità. A tale scopo sono stesi
protocolli, ispirati ai controlli dell'Acceptance Test stesso, tali da permettere la valutazione della:
sicurezza
funzionalità
geometria
qualità dell'immagine
Rischio: probabilità che sia raggiunto un livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o di
esposizione, nonché dimensioni possibili del danno stesso; accezione descrittiva in espressioni quali
stima del rischio ed eccesso di rischio relativo (I.C.R.P. 60)
Pericolo: proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità (per es. materiali, attrezzature, metodi e
pratiche di lavoro) avente la potenzialità di causare danni (UE)
Le moderne leggi che costituiscono la base normativa per l’esposizione a sorgenti di radiazioni ionizzanti, in
Italia sono applicazioni di disposizioni comunitarie europee (Direttive EURATOM).
La normativa protezionistica stabilisce che tutte le pratiche che comportino un’esposizione alle radiazioni
ionizzanti debbano essere preventivamente giustificate dai loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo,
rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare. Tali pratiche, inoltre, debbono essere attuate in modo da
mantenere l’esposizione al livello più basso ragionevolmente possibile.
Disposizioni legislative italiane relative al recepimento di norme europee relative alla radioprotezione:
D.lgs. 230/95
D.lgs. 187/00
migliori possibili di espletamento della procedura diagnostica o terapeutica, ai fini del contenimento del
danno. Ogni esposizione deve essere preventivamente giustificata.
Le radiazioni ionizzanti esplicano la loro azione lesiva a livello molecolare, cellulare e tissutale dei vari
organi. A livello molecolare le radiazioni ionizzanti provocano danni sugli acidi nucleici, sulle proteine sui
lipidi causando una alterazione strutturale che può dar origine ad una mutazione genetica, una denaturazione
proteica ed una rottura di catene lipidiche. A livello cellulare le radiazioni agiscono sia sul nucleo che sul
citoplasma producendo una grave alterazione delle loro funzioni soprattutto riproduttive, per cui si può avere
anche la morte della cellula. Le conseguenze della irradiazione sui vari organi dipendono dal tessuto
interessato e certamente gravi sono le lesioni prodotte sulle gonadi e sul prodotto del concepimento, proprio
in funzione di quanto detto prima.
L'azione delle radiazioni si svolge soprattutto a livello del nucleo cellulare con lesioni cromosomiche che
possono portare alla scomparsa della capacità riproduttiva della cellula, alla morte cellulare o alla comparsa
di mutazioni genetiche. Da queste può derivare in taluni casi una degenerazione neoplastica della cellula
stessa e quindi dalle lesioni da radiazioni ionizzanti possono risultare talora forme neoplastiche come gli
epiteliomi della cute delle "mani dei radiologi" o le leucemie da radiazioni.
Le piccole quantità di radiazioni assorbite pressochè quotidianamente dal personale medico, tecnico ed
infermieristico che svolge le proprie mansioni in prossimità delle fonti radiogene possono provocare nel
tempo, e con l'accumulo, lesioni e danni che vanno sotto il nome di danni professionali.
Dal punto di vista clinico, i danni professionali possono essere distinti in:
1) danni locali soprattutto a carico della cute delle mani (cute secca, distrofica con aree di discheratosi da cui
possono derivare tumori epiteliali a lenta evoluzione);
2) danni generali a carico delle cellule del sangue e del midollo osseo con mielopenia. Nelle forme più gravi
si ritrovano nel sangue periferico forme immature della serie bianca ed è possibile si instauri una forma
leucemica;
3) danni della ghiandole riproduttive (testicolo e ovaio) con possibilità di sterilità per distruzione della cellula
della serie germinativa oppure con comparsa di mutazioni geniche nelle cellule germinali e possibile nascita
di prole con gravi alterazioni.
Dal punto di vista delle modalità di esposizione, i danni possono essere suddivisi in:
1) Sindrome da irradiazione generale acuta: è conosciuta come malattia da esplosioni atomiche. Le lesioni,
oltre che dalla radioattività, sono causate dal calore e dalla energia meccanica. Il calore è responsabile di
ustioni spesso gravissime; l'energia meccanica di ferite e fratture di diverso tipo e gravità sia per azione
diretta che indiretta (crolli, macerie, ecc.); le lesioni dovute alla radioattività variano da forme rapidamente
mortali per danno nervoso a forme con acuzie minore con lesioni del sistema ematopoietico (anemia,
147
leucopenia, emocitopenia da aplasia midollare). Questi segni possono presentarsi anche tardivamente e
spesso la malattia assume l'andamento della forma sistemica di tipo leucemico;
2) Sindromi da irradiazioni ripetute a piccole dosi: si tratta di malattie professionali che colpiscono i
radiologi, i tecnici di radiologia e gli addetti alla lavorazione del materiale radioattivo. Le parti più colpite
sono i tegumenti, le mucose e le cellule più giovani di tutti gli altri apparati. Le lesioni sono di tipo cronico e
per lo più interessano le mani: la cute è secca, i peli cadono, insorgono delle piccole ulcerazioni periungueali
("mano da radiologo"). Le gonadi sono particolarmente sensibili alle radiazioni trattandosi di organi costituiti
da cellule giovani rapidamente rinnovantisi.
3) Sindromi da irradiazioni ripetute a forti dosi circoscritte: sono quasi sempre dovute a forti irradiazioni
effettuate a scopo terapeutico. A carico della cute si possono avere forme acute o gravi dermatiti bollose o
necrosanti cui spesso residuano ulcere che non hanno alcuna tendenza alla guarigione.
4) Danno della irradiazione sul feto: dosi anche assai modeste di raggi possono esercitare un'azione dannosa
sul feto. Le radiografie dovrebbero essere eliminate nella donna gravida soprattutto nei primi mesi, ed il loro
impiego lasciato solamente a quei casi di assoluta necessità.
L'uso delle radiazioni ionizzanti è regolamentato da numerose leggi dello Stato, che prevedono anche
sanzioni penali per chi non effettua una corretta radioprotezione. Per il personale adibito all'uso delle
radiazioni ionizzanti la legge prevede tra l'altro una particolare sorveglianza delle condizioni di lavoro, con
controlli fisici sulle apparecchiature e sanitari sui lavoratori.
Le precauzioni da adottare da parte del lavoratore che opera a contatto con le radiazioni ionizzanti sono
indicate a cura del datore di lavoro (amministrazione dell'ospedale o, per delega, Direttore sanitario) e dal
preposto al servizio o alla divisione (primario o suo delegato, quale aiuto o capo sala) e ogni lavoratore deve
obbligatoriamente conoscerle ed attenersi ad esse.
148
NORME DI RADIOPROTEZIONE
IMPIEGO DEL DOSIMETRO PERSONALE
Il personale sottoposto a controllo dosimetrico nell'uso del dosimetro deve attenersi alle seguenti
raccomandazioni:
149
- Portare sempre il dosimetro personale durante lo svolgimento delle attività che comportano rischio di
irradiazione (servizio in zone controllate e zone sorvegliate);
- Portare sempre il dosimetro in corrispondenza del torace o della parte superiore e anteriore di un braccio.
- Non porre mai il dosimetro nel taschino del camice ove normalmente sono contenuti altri oggetti (penne,
matite, ecc.).
- Si raccomanda di predisporre un apposito taschino nel camice che viene impiegato durante le attività che
comportano rischio da radiazioni;
- Il dosimetro non deve essere schermato da oggetti di qualsiasi natura. Dovendo indossare il grembiule
protettivo, il dosimetro non deve trovarsi sotto il grembiule stesso (per tale motivo per chi esplica attività di
radiodiagnostica è più indicata la parte alta del braccio);
- Il dosimetro deve essere un documento veritiero della dose assorbita dalla persona. Non deve essere
lasciato durante le pause del lavoro in ambienti con pericolo di esposizioni a radiazioni, fonti di calore,
umidità;
- Il dosimetro può essere indossato solo dalla persona cui è affidato, non può essere prestato ad altri;
- Il dosimetro non deve essere sottoposto volontariamente ad irradiazioni. Si ricorda che tale atto è d'altra
parte facilmente identificabile;
- La perdita, rottura o deterioramento del dosimetro deve essere comunicata all'Esperto Qualificato che
provvederà alla sostituzione;
- Non bisogna manomettere il dosimetro in dotazione (aprire, svitare, o fare qualsiasi azione anche solo
spinti dalla curiosità). La manomissione altera o distrugge l'informazione fornita dal dosimetro e lo rende
inutilizzabile;
- Ognuno deve aver cura del proprio dosimetro e provvedere a consegnarlo all'incaricato di reparto alla
scadenza prefissata. In caso di assenza per ferie o malattia il dosimetro deve essere affidato all'incaricato di
reparto che provvederà a riporlo in luogo adatto;
- Si ricorda che esistono precise norme di legge che prevedono pene pecuniarie per chi non osserva le
presenti disposizioni e non impiega correttamente i mezzi di protezione in dotazione.
guasto all'Esperto Qualificato; mai utilizzare l'apparecchiatura con i sistemi di controllo non perfettamente
funzionanti;
- Nell'assistenza a pazienti portatori di preparati radioattivi mantenersi in loro presenza il minor tempo ed
alla massima distanza possibile;
- Evitare che altri pazienti, visitatori o personale non addetto sosti in vicinanza di pazienti con materiale
radioattivo; si ricorda che è proibito fare visite da parte di parenti o conoscenti a pazienti con preparati
radioattivi, come pure è proibito a tali pazienti recarsi fuori dalla zona controllata se non espressamente
accompagnati;
- Segnalare ai responsabili di reparto ogni guasto o alterazione dei sistemi e dei segnali di protezione;
- Nell'impiego delle apparecchiature di brachiterapia con "afterloading" seguire le relative "norme di
impiego" e segnalare ogni eventuale guasto o cattivo funzionamento al responsabile di reparto;
- Per l'impiego di apparecchiature afterloading funzionanti ad aria compressa assicurarsi che sia completata
la scorta di aria compressa e verificare il funzionamento del compressore.
Vedi anche allegato 7 Tesi di laurea: La rivoluzione digitale in radiologia, i sistemi RIS PACS e il TSRM
amministratore di sistema
Sono attualmente disponibili in commercio programmi che vengono incontro a queste esigenze, si tratta di
pacchetti software molto spesso forniti dalle stesse Aziende che producono le apparecchiature per i
trattamenti (Elekta, Varian, Toshiba, Mitsubishi, ecc.).
Si tratta di prodotti costosi che tuttavia spesso poco si adattano alle esigenze particolari delle singole
Strutture di Radioterapia oppure che si integrano con difficoltà con il software di gestione aziendale già
presente nei singoli Ospedali.
Il nostro obiettivo è quello di costruire, con le risorse disponibili, un sistema software modulare che tenga
conto delle esigenze particolari dellle nostre Strutture di Radioterapia e che contemporaneamente non
precluda l’interattività con altri software implementati o implementabili nell’ambito dell’Ospedale.
Attualmente la nostra attenzione è rivolta principalmente allo sviluppo del “modulo clinico” anche se è già
stato realizzato ed è funzionante il modulo di gestione ambulatoriale e prenotazione delle visite.
PACS
Il recente sviluppo delle apparecchiature diagnostiche è stato in gran parte legato alla evoluzione della loro
componente informatica. L’introduzione della TC spirale e lo sviluppo delle nuove sequenze ultra - veloci in
RM per fare solo due esempi non sarebbe stato possibile se non fossero stati disponibili computer di
adeguate capacità elaborative. Ma anche in questo settore il progresso tecnologico ha avuto diverse fasi: in
un primo tempo le apparecchiature digitali di diagnostica per immagini sono state inserite nelle Radiologie in
un modo simile ai primi "mini-elaboratori" nell'informatizzazione. Le macchine eseguivano le loro funzioni
ma erano isolate dal resto della radiologia e dell'ospedale: per tale ragione la visualizzazione delle immagini,
la loro elaborazione e archiviazione venivano eseguite sulla stessa apparecchiatura utilizzata per
l'acquisizione. La tecnologia delle reti informatiche ha rivoluzionato anche questo settore dando un impulso
nuovo all'integrazione fra le varie apparecchiature. Per questo, negli anni '80 si iniziò a delineare il concetto
di PACS, come sistema integrato per la gestione digitale delle immagini diagnostiche, finalizzato
all'eliminazione delle pellicole radiografiche. Naturalmente per ottenere questo scopo il sistema doveva
garantire il trasferimento delle immagini su sistemi di archiviazione digitali, nei quali fosse possibile
reperire, in ogni momento e da ogni luogo, le informazioni desiderate. L'architettura del PACS è stata perciò
basata su una rete in grado di connettere le apparecchiature di acquisizione delle immagini, le stazioni di
visualizzazione e l'archivio digitale. Le motivazioni economico - organizzative alla base dell'introduzione del
PACS sono le seguenti: aumentare la produttività delle apparecchiature (eseguendo l'analisi e l'elaborazione
delle immagini su consolle secondarie); realizzare un archivio digitale di tutte le immagini prodotte,
riducendo il rischio di perdita delle informazioni; distribuire le immagini diagnostiche ai reparti in forma
digitale con risparmio di tempo e di pellicole. La prima conferenza internazionale con oggetto il Picture
Archiving and Communication System si tenne in Newport Beach, California, nel gennaio 1982. In
Giappone, nel luglio 1982, si tenne invece il primo Simposio Internazionale sul PACS; da allora questa
conferenza è divenuta un evento annuale. Meetings sullo sviluppo del PACS in Europa sono tenuti
annualmente dal 1984. In tutto quest'arco di tempo, si sono sviluppati ed evoluti in vari paesi differenti
154
modelli di PACS e numerosi progetti di ricerca. In Italia, circa una decina di centri hanno installato un
PACS, tra cui l'università di Pisa, il Policlinico Careggi di Firenze, il Cattinara di Trieste, l'Istituto Nazionale
Studio e Cura Tumori di Milano, il CNR di Napoli.
3.1 Architettura
Per realizzare le funzioni tipiche del PACS sono necessari vari componenti hardware e software, che
possono essere classificate come segue; (A) dispositivi di acquisizione delle immagini provenienti dalle
differenti modalità diagnostiche (o imaging systems). Sono fondamentalmente rappresentati dai computer di
acquisizione; B) dispositivi di archiviazione delle immagini diagnostiche su supporti digitali (archive
system); C) dispositivi di visualizzazione, elaborazione e stampa delle immagini, rappresentati dalle stazioni
di lavoro (o workstations) e dalle loro periferiche.
Archive server
Un archive server dovrebbe essere dotato di capacità di archivio notevoli, con multiple unità centrali di
processori (CPU), con numerose interfacce per sistemi di computer ed interfacce di rete (Ethernet e ATM).
Con questa vasta dotazione di hardware, l'archive server può supportare numerosi processi che avvengono in
contemporanea. In aggiunta alla sua primaria funzione, di archivio delle immagini, l'archive server ha il
compito di gestire il flusso delle immagini che provengono al PACS dai computer di acquisizione e di
inviarle alle varie workstations.
Database System
Innanzitutto, le informazioni presenti nel database devono essere codificate in un linguaggio standard. Il
sistema poi dovrebbe avere in memoria due copie dei dati presenti nel database. Questi possono essere
richiesti da qualche computer presente nella struttura tramite la rete di comunicazione. Il fatto di avere due
copie di dati assicura il sistema dalla possibilità che la trasmissione delle informazioni non vada a buon fine
e che vadano irrimediabilmente perdute. Oltre a questa funzione principale, di supporto alla richiesta di
immagini in archivio, il database system dovrebbe essere interfacciato con il Radiology Information System
(RIS) e con l'Hospital Information System (HIS), in modo così da acquisire addizionali informazioni del
paziente dai loro rispettivi database.
La libreria a dischi ottici
La libreria dovrebbe essere ingegnata con dispositivi atti a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi
ottici, che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui
dischi. La libreria dovrebbe pure essere fornita di un'ampia capacità di archivio.
La rete di comunicazione
Il PACS archive system dovrebbe essere in grado di connettersi sia alla rete locale che a quella vasta. La rete
locale (LAN) è connessa al PACS mediante Ethernet e ATM networks. La rete vasta (WAN) mediante ATM
network. Il PACS LAN si avvale dell'alta velocità di rete ATM per trasmettere l'ampio volume di immagini
proveniente dall'archive server e diretto alle workstations. Ethernet viene invece usata per interconnettere i
vari componenti del PACS, includendo i computer di acquisizione, il RIS e l'HIS, e le workstations. Ethernet
è altresì impiegata come rete sostitutiva di ATM quando questa per motivi vari non è funzionale; l'archive
server medesimo "rendendosi conto" di un'eventuale indisponibilità di ATM, predispone nuovi collegamenti
tramite Ethernet.
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Software
Tutti i sistemi di software dovrebbero essere implementati nell'archive server codificati in un linguaggio
standard. Nell'archive server avvengono simultaneamente varie operazioni indipendenti le une dalle altre, e si
stabiliscono comunicazioni, come ad esempio con le workstations, anch'esse indipendentemente le une dalle
altre; per fare questo ci si avvale di software o programmi definiti "client-server".
Ricevimento di immagini
Le immagini acquisite dai computer di acquisizione dagli imaging systems vengono convertite nel formato
ACR-NEMA o DICOM. Da questi le immagini sono quindi trasmesse via Ethernet o ATM all'archive server
utilizzando software client-server e avvalendosi del protocollo standard TCP\IP. L'archive server può
stabilire nello stesso tempo varie connessioni atte a gestire e direzionare secondo le necessità i dischi ottici,
che consentano le opportune operazioni di archivio e di trasmissione delle immagini operando sui dischi. La
libreria dovrebbe pure avere un'ampia capacità di archivio (per almeno di 1000 miliardi di byte).
tutti questi parametri e determina le destinazioni delle immagini. Le immagini sono trasmesse alle
workstations locali tramite Ethernet o ATM LAN, alle workstations remote mediante ATM WAN.
table", nei referti diagnostici dei singoli esami. Queste tabelle sono continuamente aggiornate da processi
autonomi e indipendenti intercorrenti all'interno dell'archive server unitamente alle informazioni estratte
dalle annotazioni presenti in testa alle immagini o dall'interfaccia con il RIS.
Recupero di immagini
L'intera operazione ha inizio a livello della workstation, che è connessa all'archive system tramite le reti di
comunicazione. La libreria a dischi ottici così com'è configurata nell'archive system, può fare fronte a
multiple richieste di ricerca delle immagini ivi impresse. Queste ultime vengono trasmesse dalla libreria a
dischi ottici all'archive server. L'archive server gestisce le richieste di ricerca delle immagini, provenienti
dalle workstations, stabilendo un livello di priorità nel soddisfare queste singole richieste. Questa priorità
viene accordata ad una singola workstation e a singoli utenti, basandosi su differenti gradi di necessità. Per
richiedere le immagini dalla libreria a dischi ottici, l'utente, dalla workstation, può attivare la cosiddetta
"funzione di richiesta" (vedi dopo nel paragrafo dedicato al DICOM 3), e ricercare il numero di immagini
volute dal sistema di archivio.
immagini (per esempio le ultime due radiografie al torace relative a uno stesso paziente) in un preciso
momento ed ad una determinata workstation (o a più determinate workstations). Il prefetching, per esempio,
può essere attivato a seguito dell'ingresso in ospedale del paziente, o in ordine alla programmazione di un
esame del paziente. L'algoritmo, in seguito valuterà in base ad alcuni parametri prestabiliti quali immagini di
esami precedentemente eseguiti dovranno essere estrapolate dall'archivio.
lentezza nel recupero delle informazioni: per recuperare un esame registrato in coda al nastro occorre
leggere per intero il nastro;
ingombro;
smagnetizzazione graduale dei nastri con perdita delle informazioni contenute;
scarsa capacità di memorizzazione.
3.2.3 DAT
Il dispositivo DAT può essere visto come la moderna evoluzione del nastro magnetico. Esso è infatti
costituito da un nastro ricoperto da uno strato magnetico di elevato spessore rinchiuso in una cassetta di
dimensioni molto contenute. La velocità del dispositivo di lettura \ registrazione è cresciuta enormemente
facilitando il recupero di dati localizzati in coda al nastro. La capacità di memorizzazione è cresciuta
anch'essa, arrivando a superare i 7 Gbyte.
limitato dall'assenza di formati standard per la precocità della tecnologia. Questo mezzo di archiviazione
offrirebbe il vantaggio di potere cancellare le immagini e riutilizzare i dischi stessi dopo che siano passati i
tempi prescritti dalla legge per la conservazione dei dati.
dati e protocolli con i quali HIS, RIS e PACS possono comunicare tra loro agevolmente. Nel HL7 standard
l'unità base dei dati è un messaggio. Ciascun messaggio è a sua volta comprensivo di segmenti multipli. Il
primo segmento del messaggio è il "segmento di testa", che definisce l'intento, il tipo di ricerca, e altre
rilevanti informazioni. Gli altri segmenti rappresentano eventi collegati. All'interno di ogni segmento, altri
pezzi di informazione sono raggruppati insieme basandosi sul HL7 protocollo. A titolo di esempio, un tipico
messaggio, come l'ammissione di un paziente, può contenere i segmenti seguenti: MSH (segmento di testa
del messaggio EVN (segmento che qualifica il tipo di caso (evento) PID (segmento relativo
all'identificazione del paziente NK1 (segmento relativo al parente più prossimo PV1 (segmento relativo alla
visita del paziente La comunicazione dei dati tra un HIS e un RIS è un evento guidato. Quando un evento
nuovo accade al paziente l'HIS invia un messaggio in formato HL7 al RIS. Il RIS procede all'analisi del
messaggio, a modificare a seconda dell'evento il database relativo a quel paziente. Parimenti il RIS invierà in
un secondo tempo sempre in formato HL7 il messaggio al PACS, il quale a sua volta aggiornerà il database
alla nuova situazione, predisponendosi, se del caso, all'esecuzione delle necessarie azioni che gli sono state
richieste dal RIS medesimo.
digitalizzato e un altro. Anche le classi di servizio sono associate a codici di comando, tramite i quali
appunto, si possono richiedere i servizi voluti (vedi tabelle). Tecnicamente, nell'uso di queste classi di
sevizio ci si avvale normalmente del cosiddetti "push mode" e "pull mode". L'uso del "push mode" è più
comune: semplicemente, un apparecchio invia informazioni ad un altro utilizzando il comando STORE,
associato alla classe del Storage Service. Con il "pull mode" invece, sempre lo stesso apparecchio digitale
invia una richiesta di ricerca di informazioni a un altro mediante il comando FIND appartenente alla classe
del Query Service e le ottiene tramite il comando MOVE associato alla classe del Retrieve Service.
Riassumendo quindi, la trasmissione di un messaggio in DICOM viene effettuata utilizzando un comando
(relativo alla classe servizi) specifico in relazione all'informazione contenuta nella classe oggetto che si
desidera acquisire. La struttura di un PACS conforme allo standard DICOM è generalmente basata su un
server centrale, dove vengono archiviati tutti gli esami del reparto, collegato alle apparecchiature
diagnostiche, alle stazioni di refertazione. Tutti i dispositivi collegati in rete hanno un comportamento di tipo
client verso il server centrale, potendo eseguire operazioni di invio di informazioni (funzione C-STORE in
DICOM) o di ricerca esame (C-FIND). Le case produttrici di apparecchiature rilasciano dei documenti di
conformità, nei quali sono presenti tutti i riferimenti alle parti dello standard DICOM implementati
sull'apparecchiatura. La dichiarazione di conformità DICOM è un documento molto importante che deve
essere studiato attentamente durante la fase di progettazione del PACS, per evitare che vi siano dispositivi
non collegabili fra loro o privi di alcune importanti funzioni. Se per esempio si vogliono delle stazioni di
refertazione in grado di richiamare esami dal server oppure direttamente dalla strumentazione radiologica, ci
si deve assicurare che il server supporti la modalità C-FIND e la strumentazione la modalità C-GET. Oltre
alle specifiche di interconnessione di rete, DICOM implementa la descrizione per la creazione dei file
contenenti immagini per un archivio.
DICOM però presenta anche dei limiti relativi alla sicurezza:
non garantisce la riservatezza dei dati trasmessi;
non utilizza meccanismi di verifica dell'accesso attraverso password.
A tale riguardo è peraltro necessario osservare che lo standard DICOM non consente di verificare l'identità
del chiamante; è stato concepito con lo scopo di servire reti informatiche private o per comunicazioni "punto
a punto" tra due elaboratori. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e l'affermazione di Internet su scala
mondiale hanno invece portato all'impiego dello standard DICOM da una rete con tipologia globale, facendo
emergere queste problematiche - inizialmente non previste - di sicurezza e confidenzialità dei dati.
3. Consultazione
resto il programmatore fornisce al radiologo gli strumenti di lavoro, assicurando un'assistenza in tempo reale
sia sul prodotto finito, anche per eventuali aggiornamenti.
Inoltre il software gestionale della workstation è a impegno limitato finalizzato soprattutto alla archiviazione
ed elaborazione delle immagini.
elemento importante nel progettare un PACS, specie nelle questioni medico - legali, al fine di tutelare la
privacy del paziente. I tre maggiori meccanismi per garantire un grado di privacy accettabile sono
rappresentati dal "controllo accordato", dal "controllo privilegiato", e dal "riconoscimento a vista". I più
sofisticati sistemi di controllo ed organizzazione dei dati hanno meccanismi di identificazione e di
autorizzazione che si avvalgono di permessi e di passwords. Le applicazioni di software ad hoc possono
completare il sistema di protezione ed accesso dei dati e delle immagini. Un’addizionale misura di sicurezza
è l'uso del criptaggio durante la trasmissione delle informazioni.