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In cerca di una forma: vicende dell'epillio (e di alcuni suoi personaggi) in età augustea. Appunti
su Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi
Author(s): Marco Fucecchi
Source: Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici, No. 49 (2002), pp. 85-116
Published by: Fabrizio Serra Editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40236227
Accessed: 04-11-2015 02:34 UTC
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Marco Fucecchi
* II
presente lavoro è una versione riveduta e ampliata di una comunicazione
tenuta in occasione del Convegno internazionale di studi Generi minori ed ere-
dità ellenistica nella poesia augustea> Firenze (Facoltà di Lettere) 18-19 giugno
2001.
1. Fantuzzi 1993, p. 62 e passim.
2. Riflessi indiretti di oggettive difficoltà di classificazione sono, fra gli altri, la
tendenza ricorrente ad inserire nel novero degli epilli componimenti poetici
ascrivibili ad altri generi (cf. per es. Gutzwiller 1981, pp. 6 s., che tratta anche
YInno a Demetra di Callimaco), e quella ad impiegare il termine 'epillio* anche
per carmi in distici elegiaci (per es. Crump 1931; su questo cf. ora Fantuzzi 1998,
coli. 31 s.).
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 87
4. Hollis 1990, pp. 23 ss.; Hunter 1993, p. 115; Cameron 1995, pp. 439 ss. (già
Heinze 1919 individuava nei poeti alessandrini una precisa coscienza della distin-
zione generica fra epillio ed elegia narrativa). Altrove, per es., in La Penna 1982,
p. 117 (sulla scorta di Wilamowitz 1906), troviamo una posizione più sfumata ed
aperta a ipotesi di interazione fra i modi delle narrazioni epica ed elegiaca già in
età alessandrina, anche in un'opera come VEcale (sulla stessa linea mi pare si col-
lochino anche alcune osservazioni puntuali di D'Alessio 1996, per es., in nota ai
frr. 15 e 65 Hollis).
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 91
181 n. 59); apostrofe (9, 581 e 649 ss. ecc; di narratori secondari: per es. 10, 311
ss.).
15. Dopo aver affiancato (non sovrapposto) al suo il punto di vista del perso-
naggio, il narratore lascia la parola a quest'ultimo, tornando a gestire in prima
persona il racconto solo per brevi tratti, al fine di garantire almeno un'esposi-
zione consequenziale.
16. Ma cf. anche trist. 2, 293 s. ed Ehlers 1954, p. 80.
17. In Ovidio è attestato l'impiego di nutrire nel senso traslato di 'alimentare'
l'amore (ars 3, 579; rem. 543; cf. Prop. 1, 12, 5) e il fuoco della passione (met. 6,
490 ss. At rex Odrysius ... in Ma / aestuat et ... / quaIta vult, fingit, quae nondum
vidity et ignes / ipse suos nutrii cura removente soporem; cf. Sii. 1, 79 sollers nu-
trire furores): si tratta di un uso meno comune, specie in poesia, rispetto a quello
di alere (Pease a Verg. Aen. 4, 2; Brown a Lucr. 4, 1068; Borner a Ov. met. 10,
173; Th.L.L. 1, 1709, 75 ss.; cf. anche l'analogo uso di in passi come Soph.
Trach. 28). Per l'espressione 'nutrire angoscie' si può confrontare, per es., Val.
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nox intervenittenebrisqueaudaciacrevit.
Fi. 6, 660 quas alii inscia (= Medea) curas, in una situazione che presenta affinità
con la 'teichoscopia amorosa* di Scilla. Sulla metafora della notte 'nutrice* ho
trovato solo Eur. El. 54 , .
18. Lo stesso procedimento già sperimentato in occasione dell'eziologia della
colpa di Scilla modellata su quella di Io (Lyne 1978, introd.)·
19. La tesi che riconduce questa modalità alla tecnica narrativadella lirica greca
arcaica (in particolare Pindaro e Bacchilide) è stata finemente sviluppata da Per-
rotta 1923. Hunter 1998, pp. 120 ss. tende a distinguere la narrazione 'a blocchi'
di Ecale e Catullo 64 (eredi, appunto, della tradizione lirica) da quella, pur sem-
pre caratterizzata da un procedimento di antologizzazione della storia (ma di
matrice 'rapsodico-drammatica'), degli idilli 24-25 (e anche 22) del corpus teocri-
teo: questi ultimi non vengono assimilati da Hunter ai «so called epyllia», poiché
- malgrado l'adozione di un criterio selettivo - in essi il tempo del racconto se-
gue un andamento linearmente progressivo (cf., per es., il trittico di scene in cui è
organizzato il racconto interno della vicenda di Io nell'Europa di Mosco).
20. Da ultimo, proprio riguardo all'episodio di Scilla, Tissol 1997, pp. 143 ss.
traccia una linea che unisce - all'insegna delle tecniche di condensazione e asim-
metria narrativa - Callimaco, Properzio 4, 4 e Ovidio met. 8.
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24. Cf. D'Alessio 1996 a Hec. fr. 60. Sembra molto probabile che Teseo stesso
parlasse ad Ecale delle proprie imprese durante la conversazione a tavola (Hollis
1990, p. 209).
25. Cf. met. 7, 433b s. ...Te, maxime Theseu, / mirata est Marathon Cretaei san-
guine tauri...
26. Borner, ad loc, richiama opportunamente, insieme ad altri paralleli, un
frammento deìYEcale (forse da collocare dopo la morte di quest'ultima) dove si
svolge una topica analoga (115, 1 s. «perché il dio neanche di ridere / senza pian-
gere agli egri mortali concesse»). Cf. Hollis 1990, ad loc. e ora anche Tissol 1997,
p. 157, n. 51.
27. Come accade, invece, neh"Ecale (fr. 17), dove Teseo sembra invitare con
una certa decisione il padre a deporre i timori e a lasciarlo partire (v. 4: «Perciò,
padre, lasciami andare; e potrai dopo accogliermi salvo»), fidando anche nella
protezione di Atena (vv. 9 ss.: ma non è chiaro se siano parole di Teseo di
Egeo, cf. la n. 29). Il diniego del padre (verosimilmente successivo) doveva poi
costringere l'eroe a partire di nascosto. Alla scena, di cui è difficile quantificare il
contenuto patetico, si è tentato di attribuire, in via subordinata, anche il fr. 8
(D'Alessio 1996, ad loc).
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 95
28. Più avanti avremo modo di verificarla confrontando la sua trattazione della
fabuL· di Orfeo ed Euridice con quella del IV delle Georgicbe: Permeili 1995, p.
204, ma in generale cf. già, per es., Crump 1931, pp. 239 ss.
29. La situazione frammentaria del modello impedisce una stima anche appros-
simata del suo apporto al passo di Catullo: va detto, tuttavia, che il poeta latino
ha optato per un monologo, ovvero una struttura passibile per tradizione di un
approfondimento in chiave patetica. Forse merita una segnalazione la presenza
del richiamo (sempre mediante una perifrasi erudita) alla protezione di Atena
{Catull. 64, 228 sancii ... incoL· Itoni Cali. Hec. Fr. 17, 10 s. «[10] arbitra [11] che
[...] siede dov'è il Glaucopio [...] [12] sempre signora per (?) la te[rra] [...]»}. L'i-
potesi di un influsso trasversale deWEcale su Catullo 64 mi sembra metodica-
mente da preferire a quella (invocata, per es., da Kroll a Catull. 64, 111) di postu-
lare un modello greco perduto delFepillio latino.
30. Appare sicuro, per es., che la rapida sequenza di lotta fra Teseo e il Mino-
tauro presuppone la descrizione del combattimento col toro di Maratona conte-
nuta nell' Ecale: il v. Ili nequiquam vanis iactantem cornua venus richiama da vi-
cino Hec. fr. 165 (attribuito al poemetto da M. Haupt) «spesso invano con le
corna infuriando nell'aria». Pfeiffer rimanda anche a Ov. met. 7, 786 ...vanos
exercet in aera motus (uno dei cani di Cefalo sta inseguendo la volpe), cf. Galasso
2000, ad loc.
31. Così Hollis 1990, p. 221.
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 97
quo postquamgeminartitauriiuvenisquefigurarti
clausit37et Actaeobis pastumsanguinemonstrum
tertiasors annisdomuitrepetitanovenis,
utque ope virgineanullis iteratapriorum
ianuadifficilisfilo est inventarelecto
protinusAegidesraptaMinoideDiam
vela dedit comitemquesuamcrudelisin ilio
litore destituit...
36. Anche da lui, nella produzione elegiaca: her. 10; ars 1, 525 ss., e infine fast. 3,
459 ss.
37. Probabilmente ha ragione Borner di attribuire l'impresa al prodigioso arte-
fice Dedalo, soggetto del periodo precedente e verosimilmente esecutore della
volontà di Minosse (157 s. destinât hune Minos thalamis removere pudorem /
multipliàque domo caecisque includere tectis). Di seguito, merita segnalare l'im-
piego dell'aggettivo Actaeus, già noto in poesia latina, ma che richiama in ultima
analisi l'esordio deìYEcale.
38. Sulla fierezza e lo spirito di sacrificio di Teseo, cf. invece Catull. 64, 73; 81
s.; 101 s. e 218 fervida virtus - quest'ultimo caso all'interno del discorso di Egeo.
L'impiego di tertia sors mostra che Ovidio segue qui una tradizione attestata an-
che da Plut. Thes. 15, 1 e [Apollod.] epit. 1, 7; secondo Diod. 4, 61 si trattava, in-
vece, del primo sorteggio. Malgrado ciò, Plutarco evidenzia ugualmente l'abne-
gazione di Teseo (17, 9) segnalando che egli si offrì pur non essendo sorteggiato
(contra cf. [Apollod.] cit. supra; di sorteggio parla anche Ferecide FGrHist 3 F
148).
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 101
- lo interrogasulle circostanze dell'infortunio(9, 1 s. quae ge-
mitus truncaequedeo Neptunius heros I causa rogatfrontis...).
Questo segmento, che prelude al racconto di una triste vi-
cenda personale dell'ospite, ha una funzione simile alla richie-
sta con cui lo stesso Teseo aveva indotto Ecale a rievocare il
suo passato dolce-amaro- Hec. fr. 40, in part. 3b ss.: «...e an-
che tu, nonnina, /[...] desiderio di ascoltareun pochino di te /
[...] vecchia abiti in un luogo deserto / [...] la stirpe». Il tono
patetico con cui Acheloo inizia a raccontarela sfortunatacon-
tesa tra lui ed Èrcole per Deianira (9, 4 s. Tristepetis munus.
Quis enim sua proelia victus I commemorareveliti...) si col-
lega, in prima istanza, a una precisa tradizione epica di esordi
di flashback narrativi50: qui il referente diretto è l'attacco del
racconto di Enea a Cartagine(Verg.Aen. 2, 3 ss.), ma la stessa
modalità omerica era già stata recepita nell'Ecale, forse all'ini-
zio del racconto della vecchia, se ha ragione Hollis di unire il
fr. 158 ... («perché risvegli la lacrima
dormiente?») al fr. 41 («non è atavica la mia miseria, né dai
miei nonni / ho ereditatola mia povertà;ah, ah se <ancora>la
terza (parte?)io avessi...»)51.Il dio ovidiano tradisceil ramma-
rico di aver osato volare troppo in alto: spinto da passione e
orgoglio, si accorse tardi di non avere scelta e di dover accet-
tare la sfida del rivale (9, 31 s. puduit modo magna locutum/
cedere).Dopo una dura lotta, esauritele risorse metamorfiche
(ultima trasformazionefu quella in un toro), dovette cedere a
Èrcole e subire l'umiliante menomazione (9, 80 ss.):
Sic quoquedevictorestabattertiatauri
formatrucis:tauromutatusmembrarebello.
Induitille toris a laevapartelacertos
admissumque trahenssequiturdepressaquedura
cornuafigit humo mequealta sternitharena.
Nec satis hoc fuerat:rigidumfera dexteracornu
dum tenet, infregittruncaquea fronterevellit.
50. Si parte, naturalmente, dall'Odissea (7, 241 s.; 9, 12 s.; 19, 116 ss.).
51. Rispetto agli antecedenti epici (Ulisse, Enea), il confronto con Ecale ha il
vantaggio di riferirsi a una situazione in cui è il padrone di casa a raccontare le
proprie vicissitudini.
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, '
* 52
52. 67: «tirando indietro della fiera il corno funesto» (cf. anche Cic. Tusc. 4, 50
an etiam Theseus Marathonii tauri cornua comprehendit iratus); 68: «quegli tra-
scinava, e (il toro) seguiva, pigro viandante»; 69, 1: «con un solo corno: l'altro l'a-
veva spezzato la clava». I frr. 68 e 69 sono uniti da Barigazzi 1971 e Hollis
1972.
53. Va detto, comunque, che nelle Metamorfosi la lotta contro il toro, anch'essa
attratta nella dimensione-racconto, perde il contenuto di 'attualità' che in Calli-
maco, pur costretta entro ridotti limiti di spazio, doveva conservare.
54. Per l'ennesima volta (dopo la lotta contro il toro di Creta, poi divenuto 'di
Maratona' e vinto infine da Teseo) vittorioso su un toro (Galasso 2000, pp. 1214
ss.). Cf. anche Theocr. Idill. 25, 145 ss., dove il figlio di Zeus e Alcmena sconfigge
Phaethon, capobranco della mandria di Augìa, afferrandolo per il corno sinistro
e atterrandolo di forza: sulla possibilità che il testo di Teocrito (insieme ad Ap.
Rh. 3, 1306 ss.) richiami una scena de\\yEcale, cf. Hunter 1998, p. 117.
55. Barchiesi 1997, pp. 138 s.
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59. Sulla ricerca di autonomia di Ovidio rispetto alla tradizione, cf. Permeili
1995, pp. 205 e 211 s., un saggio cui rimando anche per la bibliografia vastissima
sul rapporto fra il brano delle Georgiche e quello delle Metamorfosi (cf. in part,
p. 203 s.n. 7).
60. Dove è da notare il curioso accostamento tra Rhodopeius (un aggettivo che
di per sé evoca altezze sublimi; cf., proprio in questo brano, 76 s.) e ad supe-
ras...auras. Si vedano anche il telegrafico annuncio della morte di Euridice, cau-
sato dal morso del serpente (8b-10) e il sommario informativo di 72-7 di contro
aireffusione lirico-soggettiva, aperta dal discorso indiretto libero e suggellata da
una similitudine, di Verg. georg. 4, 504 ss.
61. Sulla spiccata 'simpatia* di Ovidio per Orfeo, cf. Segai 1995, pp. 88 s.
62. Un risultato sicuramente atteso (Verg. georg. 4, 471 ss.) ma che qui un po'
sorprende in ragione della tecnica argomentativa serrata, priva di ornamenti par-
ticolari e viziata magari da una topica retorico-filosofica un po' trita, impiegata
dal poeta, poco incline a fare concessioni . Bene Perutelli 1995, p. 204
s.; Norden 19662, p. 515 richiamava la versione del libro III della Leonzio di Er-
mesianatte ( ); Diod. 4, 25, 4; Ps. Apollod. bibl. 1, 14.
Da notare anche la diversa qualità dell'uditorio presupposto da Ovidio: è signifi-
cativa, a tale proposito, la fiducia con cui il cantore si appella alla sensibilità del
pubblico verso il tema d'amore (10, 27 ss.); cf. anche Segai 1995, pp. 83 s.
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63. Banalizzazione di questo motivo in Culex 293 oscula cara petens, a fronte di
Verg. georg. 4, 490 s. restitit, Eurydicenque suam iam luce sub ipsa / immemor
heul victusque animi respexit.
64. Permeili 1995, p. 206 nota che il personaggio «mantiene una sua freddezza
anche nei momenti più dolorosi».
65. Interpretato da alcuni come un specie di miniaturizzazione del poema ovi-
diano. Indicativi, in tal senso, la presenza di un proemio (10, 148 ss., con un'ap-
pendice a 300 ss.), l'ordinamento cronologico delle storie (raggnippate, in parte,
per area geografica) e la tecnica del racconto a cornice (Leach 1974, p. 106). Non
trascurerei la stessa convergenza che il canto di Orfeo sembra mostrare, talora,
con tecniche impiegate dall'epillio alessandrino-neoterico (come la presenza fi-
nale del racconto a cornice nella storia di Venere e Adone, in cui è inserito il
mito di Atalanta e Ippòmene: un racconto esemplare che non sortisce l'effetto
sperato). Forte di un orientamento tematico ben definito (10, 152 ss. pueros ... /
dilectos superis inconcessisque puellas I ignibus attonitas) - che pure malgrado
tutto conosce una divagazione significativa (la celebrazione dell'arte che prevale
sulla natura nella storia di Pigmalione) - il canto di Orfeo non condivide la ten-
sione onnicomprensiva e agglutinante che caratterizza il procedere inarrestabile
della diegesi ovidiana (su cui Rosati 1981, pp. 302 s.). Sta di fatto che esso stesso,
a livello di macrocontesto, rivela in definitiva la propria natura 'inessenziale' ai
fini dell'azione primaria, continuamente esposta nelle Metamorfosi alle pressioni
prevaricatrici e centrifughe della metadiegesi. Su questi problemi torna ora Ro-
sati 2002, pp. 275 s., con bibliografia; cf. in part. Holzberg 1997, pp. 134
ss.
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi di Ovidio 107
70. Che rimangono 'sparsi' qua e là (11, 35 s.), come poi le membra di Orfeo
(11, 50; cf. Verg. georg. 4, 522).
71. L'uso degli strumenti agricoli come 'armi' improprie gioca anche con l'uso
delle Georgiche di definire arma gli strumenti agricoli (per es. a 1, 160 ss.; cf. Far-
rell 1991, pp. 70 ss.). Per l'uso metaforico già consolidato in questo senso del gr.
, cf. M. Del Freo, «Riv. Cult. Class. e Medioev.» 36 (1994), p. 101.
72. Griffin 1997, p. 62 nota l'analogia con la scena della morte di Penteo, nar-
rata nel III delle Metamorfosi, e indica in Eur. Bacch. 714 ss. un possibile antece-
dente del confronto - che però in Ovidio di fatto non ha luogo - tra contadini e
menadi infuriate.
73. Griffin 1997, p. 75 rimanda a met. 3, 716 ss.; Eur. Bacch. 1118 ss.
74. Un indizio della distanza 'ironica' assunta dal narratore può essere ravvi-
sato nel commento alla scena (39 ss. tendentemque manus atque ilio tempore pri-
mum I inrita dicentem nec quicquam voce moventem I sacrilegae peri-
munt...).
75. Quando, nelle Georgiche·, Proteo spiega ad Aristeo la colpa che ha com-
messo, l'eroe pastore-agricoltore si limita a non reagire (Griffin 1985, p. 175). Ma
nell'epillio virgiliano l'emergenza forse più significativa di questo tema sembra
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risiedere nella similitudine di 511 ss. qualis populea maerens philomela sub um-
bra/ amissos queritur fetus, quos durus aratori observans nido implumis detraxit...
(un passo a cui Thomas 1988, ad loc. accosta opportunamente 2, 207 ss.)·
76. L'aggettivo lacertosi possiede una connotazione di rustica mimicità (Cic.
Phil. 8, 26; Varr. rust. 3, 9, 5; Sen. epist. 66, 24; Colum. 1, 9, 4; 8, 2, 10; contra cf.
Eur. Bacch. 714 ss. cit. alla n. 72).
77. La presenza delle Georgiche in met. 11, 31-36 mi pare inequivocabile, ma
nei commenti essa risulta un po' dispersa: cf. per es. 31 presso [...] vomere terram
~ georg. 2, 203 presso pinguis sub uomere terra, e 356; 31
subigebant + 33 ...fodie-
bant arva coloni ~ georg. 1, 125 ante Iouem nulli subigebant arua coloni; 33 dura
[...] arva ~ georg. 2, 340 s. ...virumque I terrea progenies duris caput extulit arvis;
35 arma, riferito agli attrezzi ma evocativo dell'uso che presto ne faranno le bac-
canti: georg. 1, 160 e 177; cf. anche 36 sarculaque rastrique graves longique ligones
che, con fast. 1, 699 sarcuL· cessabant versique in pila ligones / factaque de rastri
pondère cassis erat^ suggerisce l'idea dell'abbandono dei campi e il riuso bellico
degli attrezzi agricoli: Verg. georg. 1, 506-508; Aen. 7, 505 ss.
78. Non si tratta, naturalmente, dell'unico punto di contatto fra il testo di Ovi-
dio e la scena che chiude il racconto interno nel poemetto catulliano (A.H.F.
Griffin 1997, ad loc): cf. per es. la descrizione delle menadi a 261 ss. plangebant
aliae procens tympana palmis I aut tereti tenues tinnitus aere ciebant, I multis
raucisonos efflabant cornua bombos I barbaraque horribili stndebat tibia cantu;
affinità espressive come 254 lymphata mente ~ met. 11, 3 s. lymphata pectora, la
concordanza arcaizzante di pars al plurale: 257 pars [...] iactabant ~ met. 11, 30
pars torquent silices. A quest'ultimo proposito cf. anche Verg. Aen. 6, 642 ss. In
Ovidio il frastuono dionisiaco, più efficace delle semplici 'armi', svolge la precisa
funzione di soffocare e frustrare la voce del vate apollineo (11, 8): forse è da no-
tare un piccolo richiamo anulare all'inizio della storia di Orfeo (10, 2 s. ...Cico-
numque Hymenaeus ad oras I tendit et Orphea nequiquam voce vocatur); sulla
composizione ad anello quale caratteristica della tecnica narrativa delPepillio, cf.
Permeili 1995, p. 202. Si può notare en passant che - a differenza di quella di Or-
feo in Virgilio - la storia catulliana di Arianna termina, dopo una peripezia, con
un lieto fine (Permeili 1979, p. 40 n. 9): più oltre cercheremo di verificare se e in
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi di Ovidio 109
che modo sia possibile affermare qualcosa di simile anche per la storia di Orfeo
in Ovidio.
79. In cui sembrano prendere voce gli abitanti (animati e no) del bosco. Cf. an-
cora Ps. Mosch. Epit. Bion. 28 s.; A.H.F. Griffin 1997, ad loc.
80. Espressione àzWhumanitas umile e semplice dellOrfeo delle Metamorfosi'.
Segai 1995, p. 78 e, in part., pp. 92 ss. Giudizi positivi sulla 'soluzione* ovidiana
esprimono anche Norden 19662, p. 518; Otis 1970, p. 185; Borner, ad loc.
81. Le due sequenze sono collegate mediante la storia della metamorfosi del
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110 Marco Fucecchi
serpente di Lesbo, che cerca di mordere la testa del cantore e viene punito da
Apollo {met. 11, 54-60).
82. È il destino che in Euripide (Bacch. 1338 s.) Dioniso annuncia a Cadmo e
Armonia dopo la trasformazione in serpenti (1330 ss.), che troviamo auspicato
in una raccomandazione di Admeto ad Alcesti (Ale. 363 s. ' -
', , / ' ', ), peraltro dopo l'e-
spressione del rammarico di non possedere il canto di Orfeo, con cui egli sarebbe
sicuramente riuscito a riportare la sua sposa alla luce del giorno (357 ss.). Per il
motivo elegiaco dell*Elysium come sede oltremondana degli amanti, cf. Tib. 1, 3,
57 ss.: in part. 65 s. Mie est, cuicumque rapax mors venit amanti, / et gerii insigni
myrtea serta coma con la nota ad loc. di Murgatroyd 1980; Prop. 4, 7, 59 ss. e 93
s.; ma anche Culex 261 ss. (dove peraltro non si accenna a un ricongiungimento
'di coppia' degli amanti). La riunione post mortem di Orfeo e Euridice può far
pensare anche a quella di Sicheo e Didone, che ha però luogo nei Campi Lugen-
tes, di Verg. Aen. 6, 472 ss. tandem corripuit sese atque inimica refugit I in nemus
umbriferum, coniunx ubi pristinus Mi I respondet curis aequatque Sycbaeus amo-
rem, dove è significativa ai nostri fini anche la nota sulla reciprocità degli affetti.
G. Rosati mi segnala un confronto con l'Antonio e Cleopatra di Shakespeare
(atto IV, scena 14), dove il protagonista maschile, che ritiene la sua amata ormai
morta, la invoca dichiarando il proposito di raggiungerla e immagina già di pas-
seggiare con lei, mano nella mano, nei luoghi in cui «le anime si posano sui fiori»:
«...e con lo splendente nostro aspetto meraviglieremo quei fantasmi: Didone e il
suo Enea resteranno senza seguito, perché tutti accorreranno da noi».
83. La maggior parte degli altri casi della sequenza morte-metamorfosi (raccolti
bene da Viarre 1968, p. 245) sono concentrati curiosamente proprio all'interno
dell'episodio di Orfeo: Ciparisso (10, 136 ss.), Giacinto (10, 209 ss.), Adone (10,
731 ss.). L'altro caso (quello di Ceice ed Alcyone: 11, 736 ss.) è altrettanto signifi-
cativo in quanto costituisce un esempio di riscatto di un amore coniugale tragica-
mente interrotto dalla morte di uno degli sposi (questa volta il marito).
84. Anche Pigmalione, in fondo, esprime il desiderio di trovare una forma di
compatibilita con la statua di cui è innamorato: si tratta di un'inversione del tipo
noto all'epillio? Cf. ancora Viarre 1968, p. 246 «l'on est ainsi amené à se deman-
der si la réussite de Pygmalion - qui anime la statue - ne représente pas d'une
certaine façon la réussite qui fut celle d'Orphée, puisque le livre XI des Méta-
morphoses suggère une rencontre définitive avec Eurydice». Cf. in generale an-
che Barchiesi 1997, p. 139, secondo cui la metamorfosi è il freno che impedisce
«il precipitare del tragico e la collusione del pathos»: è notevole che egli dica
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 111
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112 Marco Fucecchi
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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 113
Università di Udine
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