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Accademia Editoriale

In cerca di una forma: vicende dell'epillio (e di alcuni suoi personaggi) in età augustea. Appunti
su Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi
Author(s): Marco Fucecchi
Source: Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici, No. 49 (2002), pp. 85-116
Published by: Fabrizio Serra Editore
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Marco Fucecchi

In cerca di una forma: vicende dell 'epillio


(e di alcuni suoi personaggi) in età augustea.
Appunti su Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi*

La produzione di una serie di eredi, atipici e in scala ridotta,


della grande tradizione narrativamitologica in esametri è uno
dei fenomeni più notevoli nel panorama della poesia elleni-
stica. UEcale di Callimaco, alcuni carmi del corpus teocriteo
(Eracle bambino. Eracle e il leone. Ila), poemetti come l'Eu-
ropa di Mosco e altri ancora, pur intrinsecamentemolto di-
versi fra loro per dimensioni e per ambizioni, vengono asso-
ciati mediante la definizione discussa ma ormai convenzionale
di epillì (epyllion è parola notoriamente attestata solo molto
più tardi nel senso di 'breve componimento poetico') e nel-
l'insieme contribuiscono a fornire un'idea di quella che è stata
definita la problematica oscillazione dello sperimentalismo
alessandrinofra attitudine al recupero 'museale' e aspirazione
costruttiva1.L'indubbia varietà di impegno, di estensione, di
rapportifra stili espressivi e modalità di rappresentazione(per
es. nella proporzione di diegesi e mimesi) anche entro un sin-
golo poemetto (Cameron 1995, pp. 447 ss.), ha pregiudicato
numerosi tentativi di fissare i tratti costitutivi di questa forma
letteraria,che fin dall'inizio appare caratterizzatada notevole
fluidità2.In risposta ad arbitrariegeneralizzazionidi preroga-
tive individuali, una parte della critica (per es. Allen 1940;
Vessey 1970) ha negato da tempo all'epillio un proprio e defi-

* II
presente lavoro è una versione riveduta e ampliata di una comunicazione
tenuta in occasione del Convegno internazionale di studi Generi minori ed ere-
dità ellenistica nella poesia augustea> Firenze (Facoltà di Lettere) 18-19 giugno
2001.
1. Fantuzzi 1993, p. 62 e passim.
2. Riflessi indiretti di oggettive difficoltà di classificazione sono, fra gli altri, la
tendenza ricorrente ad inserire nel novero degli epilli componimenti poetici
ascrivibili ad altri generi (cf. per es. Gutzwiller 1981, pp. 6 s., che tratta anche
YInno a Demetra di Callimaco), e quella ad impiegare il termine 'epillio* anche
per carmi in distici elegiaci (per es. Crump 1931; su questo cf. ora Fantuzzi 1998,
coli. 31 s.).

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nito status di genere, destinandogli uno spazio forzatamente


marginale nel sistema letterario greco-latino. Lo stato fram-
mentario della documentazione (in particolarequella relativa
all'ellenismo più tardo, da Euforione a Partenio), non per-
mette poi di saldarefacilmente l'epillio greco ai suoi eredi la-
tini dell'ultima età repubblicana3:le affinità tra l'Europa di
Mosco e il carme 64 di Catullo non vanno molto oltre la pre-
senza dell'ekphrasis di un manufatto, nelle cui istoriazioni
(spesso raccontate, più che semplicemente descritte) la vi-
cenda-cornice si riflette in modo speculare.
Abbiamo detto che al filone latino si tende a riconoscere
maggiore omogeneità di caratterie orientamenti,una conclu-
sione cui indirizzano, se non l'apporto della documentazione
materiale (solo relativamente consistente), quanto meno la
possibilità di riunire gli auctores sotto il denominatore dell'e-
sperienza neoterica e la verifica di una continuità 'di maniera'
in epigoni come il poeta della Ciris. La forte accentuazionedel
pathos, i frequenti interventi personali del narratore, che
vuole apparire emotivamente coinvolto nella vicenda senti-
mentale dei personaggi (Thill 1979), l'impegno morale verso i
contenuti (Permeili 1979), la predilezione per una narrazione
sbilanciata,ellittica e asimmetrica,composta essenzialmentedi
scene slegate, e su cui influiscono generi come lirica e tragedia,
sono i fattori principali che rendono Catullo 64 (e, con ogni
probabilità,anche la Zmyrna di Cinna e Ylo di Calvo) qual-
cosa di diverso dai poemetti alessandrini,e che hanno fatto
ipotizzare il precedente verificarsi di un avvicinamento tra i
modi dell'epillio e quelli di un'elegia narrativa,di soggetto mi-
tologico e tematica amorosa, peraltro ricostruibile con diffi-
coltà e spesso a posteriori. I poemetti latini testimonierebbero
così uno stadio evolutivo in cui l'epillio ha ormai rinunciatoa
un criterio di rappresentazioneoggettiva, mostrando la ten-
denza ad emanciparsidall'epos, che costituiva ancora il refe-
rente primario delle scelte tecniche e stilistico-espressive (in-

3. Al crescente scetticismo sull'opportunità di raggnippare i cosiddetti epilli


alessandrini sotto un'unica etichetta non corrisponde un uguale atteggiamento
nella valutazione dei poemetti latini (cf. Permeili 1979 e 2000, e le riflessioni
svolte più oltre): il fatto stesso che Catullo, Cinna, Calvo, il poeta della Ciris
sembrino consapevoli di continuare una forma ellenistica ben riconoscibile può
indurre maggiore fiducia nella genuinità della categoria (Hollis 1990, pp. 24
s.).

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novative, pur nell'ottica di un ostentato rapporto con la tradi-


zione) operate da Callimaco e Teocrito nella loro produzione
in esametri4.
Oltre ai problemi posti da un quadro di riferimento varie-
gato e non privo di lacune, il compito di seguire il percorso
delPepillio in età augusteadeve far fronte anche al dato ogget-
tivo di una Visibilità' relativamenteminore. Il progetto di co-
struire una biblioteca di classici latini, promosso dal principe
e coordinato da Mecenate, aveva tra i suoi obiettivi qualifi-
canti il revival del poema epico tradizionale di matrice ome-
rica: Enéide dimostra che nel recupero del genere grande in-
cise in modo rilevante anche la lezione di esperienze estetico-
letterarie moderne, ma la sua natura di opera in cui si sedi-
mentano i valori di un'interacollettività significa altresì che le
ambizioni dei poeti erano cambiate rispetto all'epoca di Ca-
tullo e dei neoteroi. Su un piano diverso, Fepillio trovavaforte
concorrenza anche in un altro genere programmaticamente
'minore' come l'elegia, ormai canonizzata (Labate 1990) e non
più così renitente ad aprirsi a contenuti ufficiali e a sviluppi
(soprattutto narrativi)armonizzabili con le linee di un pro-
getto celebrativo:un esempio della tendenza a conciliare que-
sti interessi con la tematicaerotico-sentimentale(non esente -
come già negli epilli neoterici - da venaturepatologiche e con-
taminazioni contenutistiche con altri 'miti') è l'elegia 4, 4 di
Properzio. Non escluderei, infine, che un ostacolo ulteriore
allo sviluppo dell'epillio sia stato posto da scelte come quella
operata da Virgilio che, isolando gli idilli bucolici all'interno
del corpus teocriteo (dove occupavano uno spazio di per sé
ben delimitato), ha modellato su questa base un altro genere
poetico minore nello stesso metro dell'epos.
Dopo l'intensa fioritura tardo-repubblicanal'epillio subi-
sce, insomma, una specie di marginalizzazione.Prima di Ciris
e Culex, documenti residuali- oggi per lo più datati in età po-

4. Hollis 1990, pp. 23 ss.; Hunter 1993, p. 115; Cameron 1995, pp. 439 ss. (già
Heinze 1919 individuava nei poeti alessandrini una precisa coscienza della distin-
zione generica fra epillio ed elegia narrativa). Altrove, per es., in La Penna 1982,
p. 117 (sulla scorta di Wilamowitz 1906), troviamo una posizione più sfumata ed
aperta a ipotesi di interazione fra i modi delle narrazioni epica ed elegiaca già in
età alessandrina, anche in un'opera come VEcale (sulla stessa linea mi pare si col-
lochino anche alcune osservazioni puntuali di D'Alessio 1996, per es., in nota ai
frr. 15 e 65 Hollis).

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staugustea5- di una sopravvivenza csotto traccia' di questa


esperienza alessandrino-neoterica,se ne registrano soltanto
apparizioni rare e di tipo particolare.Esse vengono a collo-
carsi proprio nell'ambito del genere grande, come segmenti
contestualizzati di opere (le Georgiche e le Metamorfosi)par-
ticolarmente predisposte ad esplorare le tensioni fra unità e
discontinuità, votate a uno stile digressivo (in senso descrit-
tivo le Georgiche, narrativo le Metamorfosi: Conte 1996
[1998], p. 105), in cui il modello omerico finisce per passarein
secondo piano dietro a quello, così congeniale alla poetica
alessandrina,di Esiodo6.È in questo tipo di epica che l'epillio
trova un terreno adatto a valorizzare certe caratteristiche
come il gusto per l'episodio e la nobilitazione di soggetti
umili, lontani dall'universo eroico tradizionale. Con 'margi-
nalizzazione' si intende definire il processo per cui l'epillio
viene a inscriversi in un progetto narrativodi ampio respiro:
non per questo dobbiamo pensare a uno svilimento di prero-
gative. Nella nuova situazione l'epillio può, per es., sintetiz-
zare per via simbolica temi e valori del macrocontesto, e tra-
durre così in atto aspirazionidel proprio passato: oltre ad as-
similare la tecnica dell'epillio neoterico (racconto-corniceche
racchiude una patetica storia d'amore, composizione per
scene separate, 'stile soggettivo', ecc), la fabula di Aristeo e
Orfeo riflette la materia del poema didascalico (aggancio alla
bugonia, confronto fra ideologia dell'agricoltore-allevatoree
destino del solitario e 'improduttivo' cantore dell'amore per-
duto) in un modo che richiamail rapporto, intriso di pathos
nostalgico e moralismo,fra il carme64 di Catullo e il resto del
canzoniere per Lesbia7.

5. Fra i regni di Tiberio e di Claudio, anche se di recente si è tentato (peraltro


con argomenti poco convincenti) di riproporne una datazione alta (Gali 1999). In
età neroniana poi si colloca un altro prodotto interessante in questo senso, seb-
bene per troppi lati oscuro, come YOrpheus di Lucano. Per Petà augustea ci dob-
biamo limitare alla galleria di nomi e 'titoli* fornita da Ovidio in Ex Pont. 4, 16:
per es., al v. 20, la Fillide di Tusco (cui forse allude velatamente già Prop. 2, 22;
Permeili 2000, p. 73).
6. Convincono meno i tentativi di chi (per es. Mendell 1951) ha voluto indivi-
duare epilli neìYEneide, un'opera dove la continuità narrativarimane - a prescin-
dere da certe 'tentazioni digressive*- un dato fuori discussione, un marchio asso-
luto di qualità epica genuina e tradizionale.
7. Pur stigmatizzando gli eccessi di psicologismo che caratterizzano alcuni la-
vori di critici americani (per es. Harkins 1959 e Putnam 1961), Pennelli 1979, pp.

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Da parte loro le Metamorfosihanno suggerito piuttosto una


riflessione sulle potenzialità costruttive delPepillio mitolo-
gico, cui è stato talora attribuito il ruolo di unità elementare
della complessa architetturadell'opera8.L'unica storia dell'e-
pos 'in miniatura'greco-latino scritta ormai settant'annifa da
M.M. Crump culmina proprio nel poema di Ovidio, conce-
pito come originale assemblaggio di poco più di cinquanta
'grandi' epilli («complete epyllia»), che ospitano a loro volta
altri racconti minori9.La tesi di fondo di questo saggio appare
oggi invecchiata, anche in virtù di una concezione troppo
esclusiva e meccanicadel genere come sistematicamentecarat-
terizzato dall'incastrodi una digressione (in particolarel'ek-
phrasis di un oggetto) entro un racconto-cornice. Conser-
vano, viceversa, maggiore attualità ed efficacia operativa al-
cune osservazioni sullo spiccato interesse dell'opera per l'atto
narrativo e le sue implicazioni (racconto nel racconto, fun-
zione connettiva di riferimentiintratestualiecc.)10,oltre all'in-
dividuazione di quella che (secondo la studiosa anglosassone)
costituiva un'anomalia propria della tecnica dell'epillio ovi-
diano: il fatto, cioè, che gli sviluppi narrativi'laterali' (Lyne
1978 li chiama «tangential developments», e li distingue da
«formai digressions» come l'ekphrasis)appaiano non di rado
inseriti in modo informale (situazioni di racconto a banchetto,
conversazioni ecc), senza rappresentareun omaggio alla tra-
dizione del genere e senza la pretesa di attivarerelazioni di pa-
rallelismo contrasto col racconto principale11.L'acquisita
consapevolezza dell'attitudine riflessiva delle Metamorfosi
41 s. mostra di credere all'esistenza di «un sistema di rimandi che fanno del la-
mento accorato di Arianna l'eco delle effusioni liriche cui si abbandona il poeta
di Lesbia».
8. Questo aspetto si collega in parte al dibattito fra i sostenitori della natura
discontinua e centrifuga del poema, secondo le modalità del Kollektivgedicht (cf.
per es. Knox 1986, impegnato a valorizzare la presenza elegiaca nello stile epico
delle Metamorfosi), e coloro che propendono per una sua fondamentale unità di
struttura, all'insegna della continuità narrativa dell'epica (per una recente presa
di posizione in tal senso, cf. Wheeler 2000).
9. Una proposta interpretativa già avanzata per es. da Lafaye 1904.
10. La scarna documentazione rende difficile verificare la diffusione di simili
procedimenti in poesia catalogica ellenistica: a proposito della metadiegesi, l'a-
mico Enrico Magnelli (cui devo non pochi suggerimenti preziosi) mi segnala un
possibile caso nell'Apollo di Alessandro Etolo (fr. 3 Pow. = Magn.).
11. Su questo problema, cf. ora le efficaci osservazioni di Barchiesi 1997, pp.
137 s.

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verso i meccanismi della produzione letteraria (Rosati 1981;


1994 e 2002), la valorizzazione del loro carattereantologico,
'postgenerico' (Barchiesi 1989, Labate 1990), confermano del
resto nella convinzione che esse possano offrire un terreno
promettenteanche alla ricercadi tracce dell'epillio12e della sua
evoluzione funzionale.
Ovidio, osserva Barchiesi (1997, p. 138), «allude e riela-
bora» pressoché tutti i testi che conosciamo come epilli: sem-
bra cioè aver adattatoper la prima volta all'internodel grande
epos soggetti e temi trattatinei poemetti greco-latini.In parti-
colare, per le storie di personaggi femminili protagonisti di
passioni lacerantie 'scandalose',il contributo dell'epillio - al-
meno quello neoterico - non può essere trascurato, accanto
all'influsso di altri generi (già praticatida Ovidio) come la tra-
gedia e l'elegia, quest'ultimamagarinella veste di contenitore
di patetiche vicende d'amore del mito (Partenio, Gallo)13.Se,
insomma, quel che resta dei poemetti esametricidi Euforione
(considerato, forse con qualche eccesso, una figura essenziale
nella formazione del gusto neoterico) non basta a fornire in-
dizi sicuri, almeno per storie come quella di Mirrasaràimpos-
sibile rinunciare all'idea che Ovidio abbia tenuto presente il
modello di un auetor come Cinna. L'ostacolo principale sarà
stato costituito dall'attritodi stili e tecniche di racconto. Si è
osservato che il narratoredelle Metamorfositende a rispettare
la consequenzialità degli eventi e a mantenere, nei confronti
delle vicende dei personaggi, un distacco emotivo (interpre-
tato come riflesso di disimpegno etico) che lo differenziadagli
autori latini di epilli e, in molti casi, dallo stesso narratore
primo deìYEneide.Distanza ironica non significa, comunque,
impersonalitàomerica e la stessa propensione per l'analisi dei
risvolti psicologici favorisce ugualmente alcune intrusioni da
parte della voce narrante.Talvolta il commento esibisce una
familiarità,quasi di maniera, con i modi patetici dello 'stile
soggettivo'14.Altrove - più discretamentecelato in espressioni
ornamentali parentetiche, situate magari in segmenti con-

12. Lyne 1978, p. 33; Hollis 1990, p. 25.


13. «Heroine-centred, tragic, erotically motivateci», così Lyne (1978, p. 7) qua-
lifica Pepillio tardo-ellenistico e neoterico (cf. anche Morgan 1999, pp. 165
ss.).
14. Accenni di stile indiretto libero (1, 617; 2, 827 quid faciatf; Laird 1999, p.

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nettivi del racconto - esso potrebbe segnalare un intervento


operato sulla tradizione (e giustificare, per es., un 'vuoto',
provocato dallo scarto di una variante)o, al contrario, sugge-
rire potenzialità intertestuali finora inattivate (e aprire la
strada a un arricchimentodell'intreccio). Prendiamo ad es. la
storia di Scilla {met. 8, 6-151), un brano sotto molti aspetti
esemplare delle differenze che intercorrono fra i modi della
narrazione ovidiana e la tecnica di un epillio postneoterico
come la Ciris (Pennelli 1979, pp. 69 ss. e 94 ss.). Il racconto
delle Metamorfosinon procede secondo il ritmo frammentario
del poemetto, ma contempla le varie fasi in cui si articolala vi-
cenda, compresa la teichoscopìa che illustra le modalità del-
l'innamoramentodi Scilla per Minosse15.D'altra parte, il let-
tore non vi trova lunghe pause come l'incontro notturno di
Scilla con la nutrice Carme, che nella Ciris offrirà a quest'ul-
tima lo spunto di una patetica digressione narrativa(w. 206-
385). È possibile, però, che una spia di questa presunta va-
riante del mito (Lyne 1978, p. 10), che Ovidio avrebbe qui
scartatoe che sarebbestata poi ripropostaper esteso nell'epil-
lio (forse anche sulla scorta di analogie con la vicenda di
Mirra:Cinna e Ov. met. 10, 382 ss.)16,sia da scorgere proprio
nella metafora con cui il narratoreprimo delle Metamorfosi
impreziosisce la rapidapresentazionedella notte in cui la gio-
vane troveràla forza di commettere il crimine ai danni del pa-
dre (met. 8, 81 s.):

talia dicenti, curarum maxima nutrix,7

181 n. 59); apostrofe (9, 581 e 649 ss. ecc; di narratori secondari: per es. 10, 311
ss.).
15. Dopo aver affiancato (non sovrapposto) al suo il punto di vista del perso-
naggio, il narratore lascia la parola a quest'ultimo, tornando a gestire in prima
persona il racconto solo per brevi tratti, al fine di garantire almeno un'esposi-
zione consequenziale.
16. Ma cf. anche trist. 2, 293 s. ed Ehlers 1954, p. 80.
17. In Ovidio è attestato l'impiego di nutrire nel senso traslato di 'alimentare'
l'amore (ars 3, 579; rem. 543; cf. Prop. 1, 12, 5) e il fuoco della passione (met. 6,
490 ss. At rex Odrysius ... in Ma / aestuat et ... / quaIta vult, fingit, quae nondum
vidity et ignes / ipse suos nutrii cura removente soporem; cf. Sii. 1, 79 sollers nu-
trire furores): si tratta di un uso meno comune, specie in poesia, rispetto a quello
di alere (Pease a Verg. Aen. 4, 2; Brown a Lucr. 4, 1068; Borner a Ov. met. 10,
173; Th.L.L. 1, 1709, 75 ss.; cf. anche l'analogo uso di in passi come Soph.
Trach. 28). Per l'espressione 'nutrire angoscie' si può confrontare, per es., Val.

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nox intervenittenebrisqueaudaciacrevit.

Difficile non pensarealla nutrice in carne ed ossa che nella Ci-


ris compare accanto alla giovane: l'espressione assumerebbe
così una valenza metatestuale, quale indice di un intervento
selettivo di marcaalessandrinaoperato dal poeta sulla materia
mitografica.In alternativavi si potrebbe leggere l'accenno im-
plicito all'affinitàcon una situazione tragica (cf., per es., Vip-
polito di Euripide) che qui peraltro non si realizza:una situa-
zione di cui il narratoresembrasuggerirela pertinenzaal con-
testo e che l'autore della Ora avrebbe sviluppato operando
una contaminazione con la storia di Mirra18.

Malgradola tendenza di fondo a preservarela continuità e ad


evitare gli effetti macroscopici della composizione 'a blocchi'
che a vario titolo accomunapoemetti alessandrinie neoterici19,
le Metamorfosimostrano una certa aperturaa principi di se-
lettività e asimmetriafamiliari all'epillio e all'elegia narrativa.
Sommarie ricapitolazioni accelerano, talora, il ritmo del rac-
conto, per lasciare poi ampio spazio a momenti forti (in ge-
nere di non elevata risonanza epica) di una storia: monologhi
retorico-patetici situazioni di conversazione e dialogo (pre-
testo per l'inserimento di racconti interni)20.
Selezione e disposizione orientata della materia possono,
altresì, condizionare il modo in cui personaggi di provata

Fi. 6, 660 quas alii inscia (= Medea) curas, in una situazione che presenta affinità
con la 'teichoscopia amorosa* di Scilla. Sulla metafora della notte 'nutrice* ho
trovato solo Eur. El. 54 , .
18. Lo stesso procedimento già sperimentato in occasione dell'eziologia della
colpa di Scilla modellata su quella di Io (Lyne 1978, introd.)·
19. La tesi che riconduce questa modalità alla tecnica narrativadella lirica greca
arcaica (in particolare Pindaro e Bacchilide) è stata finemente sviluppata da Per-
rotta 1923. Hunter 1998, pp. 120 ss. tende a distinguere la narrazione 'a blocchi'
di Ecale e Catullo 64 (eredi, appunto, della tradizione lirica) da quella, pur sem-
pre caratterizzata da un procedimento di antologizzazione della storia (ma di
matrice 'rapsodico-drammatica'), degli idilli 24-25 (e anche 22) del corpus teocri-
teo: questi ultimi non vengono assimilati da Hunter ai «so called epyllia», poiché
- malgrado l'adozione di un criterio selettivo - in essi il tempo del racconto se-
gue un andamento linearmente progressivo (cf., per es., il trittico di scene in cui è
organizzato il racconto interno della vicenda di Io nell'Europa di Mosco).
20. Da ultimo, proprio riguardo all'episodio di Scilla, Tissol 1997, pp. 143 ss.
traccia una linea che unisce - all'insegna delle tecniche di condensazione e asim-
metria narrativa - Callimaco, Properzio 4, 4 e Ovidio met. 8.

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qualità eroica vengono integratiin un contesto che tende a far


retrocedere in secondo piano Leitmotive epici come Paristia.
La figuradi Teseo, per es., è quella di un eroe 'di fama'più che
'di fatto', quasi sempre confinato ai margini dell'azione prin-
cipale nella veste di spettatore-ascoltatoredi racconti (magari
legati più meno esplicitamentea momenti della sua vicenda
gloriosa). La sua presenza incornicia le apparizioni di inediti
protagonisti epici (Minosse, Cefalo e Procri, Scilla, Dedalo, e
ancora Meleagro e i cacciatori del cinghiale calidonio21,Al-
thea, il dio-fiume Acheloo, ecc.) e funge da sottile filo di rac-
cordo di numerose digressioni e parentesi narrative.Il profilo
'borghese' che ne scaturisce è un esito estremizzato (e in
buona parte autonomo) della tendenza deìYEcaledi Callimaco
a contrarre lo spazio della dimensione epica e marziale del
personaggio22.Cerchiamo, quindi, di verificare le modalità di
un dialogo intertestualeche, pur mantenendo un andamento
desultorio, risulta spesso motivato da intenzioni competi-
tive.
Quando appare per la prima volta sulla scena, all'arrivoin
Attica, Teseo è un giovane in cerca del padre che ha già alle
spalle un consistente numero di imprese (per adesso non me-
glio precisate: met. 7, 405 et virtute sua bimarem pacaverat
Isthmon). Subito dopo che l'attentato ordito da Medea ai suoi
danni è fallito grazie al riconoscimento da parte di Egeo (met.
7, 406-24; Hec. frr. 3 ss.), i cittadini di un'Atene in festa elen-
cano, in forma di aretalogia innodica, i mostri e i criminali
sanguinarida lui sconfitti duranteil viaggio da Trezene (433b-
450)23.Non si può escludere che già in Callimaco la rievoca-
zione di qualche impresa dell'eroe trovasse posto nella fase

21. La partecipazione di Teseo alla caccia è segnalata con enfasi inversamente


proporzionale al ruolo minore che la sceneggiatura dell'evento gli riserverà di lì a
poco: met. 8, 262b ss. di contro a 403-410; cf. Anderson 1972, pp. 357 s.
22. Tissol 1997, p. 156 s. sostiene che Ovidio diminuisce la statura eroica di Te-
seo: ì'Ecale, infatti, riservava almeno uno spazio marginale alla lotta contro il
toro di Maratona, e Teseo - come Giasone in Apollonio - appariva comunque
impegnato in un'impresa eroica. (I passi àtìYEcale menzionati d'ora in poi nel te-
sto e nelle note seguono la numerazione di Hollis).
23. Da accostare a Hec. fr. 69 (vd. sotto): il peana e la trionfale in
suo onore dopo la vittoria sul toro; ma cf. già Bacchii. 17: il peana dei giovani in
viaggio per Creta; Galasso 2000 segnala il confronto con Hec. fr. 78, inizio di un
inno per Etra.

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94 Marco Fucecchi

iniziale del racconto24;certo è che all'arrivo presso Egeo il


personaggio ovidiano ha compiuto - senza che il lettore abbia
potuto ammirarnealcuna - una cospicua serie di gesta. Forse
anche troppe, se consideriamo che addiritturaal primo posto
del catalogo figura l'uccisione del toro di Maratona,un evento
che di norma la tradizione situa dopo il riconoscimento fra
padre e figlio25.Questa nuova attivazione del rapporto col
modello alessandrino, la cui prima 'emergenza' si era regi-
strata nell'episodio della cornacchiae del corvo di 2, 531-632,
risulta quindi marcatada uno scarto significativo, esso stesso
un indizio della particolarenatura'secondaria'del racconto di
Ovidio.
Anche nelle Metamorfosi Egeo può godere della presenza
del figlio solo per poco (453 ss.): Minosse muove guerra per
vendicare a sua volta la morte di Androgeo (456 ss.). L'in-
gresso di questa figura paterna antagonistica,segnata dal do-
lore e animatada sete di vendetta, allontanaTeseo dalla scena.
La voce del narratoreaccompagnal'amarezza del vecchio re
ateniese (453 ss. nee tarnen(usqueadeo nulla est sinceravolup-
tasj sollicitumque aliquid laetis intervenit) Aegeusl gaudia
percepii nato securarecepto)26, ma nel testo non rimane traccia
di dialoghi patetici né di scene di addio, in cui il padre cerca di
frenare gli eroici impulsi del figlio appena ritrovato27:Teseo
scompare (e nulla sappiamo di un suo coinvolgimento in ope-
razioni militari)per riappariresolo nel libro successivo (8, 169

24. Cf. D'Alessio 1996 a Hec. fr. 60. Sembra molto probabile che Teseo stesso
parlasse ad Ecale delle proprie imprese durante la conversazione a tavola (Hollis
1990, p. 209).
25. Cf. met. 7, 433b s. ...Te, maxime Theseu, / mirata est Marathon Cretaei san-
guine tauri...
26. Borner, ad loc, richiama opportunamente, insieme ad altri paralleli, un
frammento deìYEcale (forse da collocare dopo la morte di quest'ultima) dove si
svolge una topica analoga (115, 1 s. «perché il dio neanche di ridere / senza pian-
gere agli egri mortali concesse»). Cf. Hollis 1990, ad loc. e ora anche Tissol 1997,
p. 157, n. 51.
27. Come accade, invece, neh"Ecale (fr. 17), dove Teseo sembra invitare con
una certa decisione il padre a deporre i timori e a lasciarlo partire (v. 4: «Perciò,
padre, lasciami andare; e potrai dopo accogliermi salvo»), fidando anche nella
protezione di Atena (vv. 9 ss.: ma non è chiaro se siano parole di Teseo di
Egeo, cf. la n. 29). Il diniego del padre (verosimilmente successivo) doveva poi
costringere l'eroe a partire di nascosto. Alla scena, di cui è difficile quantificare il
contenuto patetico, si è tentato di attribuire, in via subordinata, anche il fr. 8
(D'Alessio 1996, ad loc).

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 95

ss.), nel rapido riassunto a cui si riduce l'impresacontro il Mi-


notauro. Forse si tratta di una prova ulteriore della tendenza
di Ovidio a non riproporre parti del mito già sviluppate da
auctores precedenti28.In questo caso egli sembra, effettiva-
mente, voler dissimulare il rapporto con YEcale più di Ca-
tullo, che nel carme 64 aveva elaborato sul testo di Callimaco
l'addio e le vane raccomandazionidi Egeo al figlio in partenza
per Creta, dove avrebbe appunto affrontato e sconfitto il Mi-
notauro (w. 215-237)29.Nel più celebre epillio neoterico Ovi-
dio poteva trovare un primo esempio autorevole di adatta-
mento implicito del testo ellenistico a un diverso capitolo
della vicenda dell'eroe. D'altra parte, il carme 64 presenta an-
che altri punti di contatto con VEcale™, quasi a voler indicare
nello stesso modello-genere la predisposizione a condensare
momenti diversi del mito relativo a un personaggio31.
Quando, per es., durante la passerellatrionfale con il mostro
incatenato,il Teseo di Callimaco si ricordadel padre in ansia e
dispone affinchè egli venga a sapere del felice esito dell'im-
presa, il lettore è invitato a pensare per contrasto alla fatale
smemoratezza che l'eroe avrebbe dimostrato al ritorno da
Nasso (Hec. fr. 69, 5 ss.: «...qualcunoa mio padre Egeo - / il
più rapido recandosi nunzio alla rocca - / così dica (di molte
ansie gli darebbe sollievo): / 'Non è lontano Teseo - eccolo!

28. Più avanti avremo modo di verificarla confrontando la sua trattazione della
fabuL· di Orfeo ed Euridice con quella del IV delle Georgicbe: Permeili 1995, p.
204, ma in generale cf. già, per es., Crump 1931, pp. 239 ss.
29. La situazione frammentaria del modello impedisce una stima anche appros-
simata del suo apporto al passo di Catullo: va detto, tuttavia, che il poeta latino
ha optato per un monologo, ovvero una struttura passibile per tradizione di un
approfondimento in chiave patetica. Forse merita una segnalazione la presenza
del richiamo (sempre mediante una perifrasi erudita) alla protezione di Atena
{Catull. 64, 228 sancii ... incoL· Itoni Cali. Hec. Fr. 17, 10 s. «[10] arbitra [11] che
[...] siede dov'è il Glaucopio [...] [12] sempre signora per (?) la te[rra] [...]»}. L'i-
potesi di un influsso trasversale deWEcale su Catullo 64 mi sembra metodica-
mente da preferire a quella (invocata, per es., da Kroll a Catull. 64, 111) di postu-
lare un modello greco perduto delFepillio latino.
30. Appare sicuro, per es., che la rapida sequenza di lotta fra Teseo e il Mino-
tauro presuppone la descrizione del combattimento col toro di Maratona conte-
nuta nell' Ecale: il v. Ili nequiquam vanis iactantem cornua venus richiama da vi-
cino Hec. fr. 165 (attribuito al poemetto da M. Haupt) «spesso invano con le
corna infuriando nell'aria». Pfeiffer rimanda anche a Ov. met. 7, 786 ...vanos
exercet in aera motus (uno dei cani di Cefalo sta inseguendo la volpe), cf. Galasso
2000, ad loc.
31. Così Hollis 1990, p. 221.

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96 Marco Fucecchi

da Maratona irrigua / vivo trascina il toro'...»)32.Un'ultima


annotazione ci permette di chiudere la parentesi e tornare a
Ovidio. Dalle parole con cui viene ricordata la vittoria sul
toro di Maratona(7, 433b s. «Te, maxime Thesen,I mirata est
Marathon Cretaei sanguine tauri..»), sembra di capire che le
Metamorfosipresuppongano il sacrificio cruento dell'animale
da parte dell'eroe33.Ciò potrebbe significare un ulteriore
spunto competitivo (di tipo 'erudito') rispetto alla versione
delVEcale,i cui frammenti restituiscono l'immagine del toro
prigioniero,ma vivo (frr. 68 e 69, 8b s.), senza che vi siano ele-
menti per ipotizzare una sia pur successiva rappresentazione
della sua morte34.
Si è detto che nelle MetamorfosiTeseo ricompare(per così
dire) solo dopo il racconto delle imprese di Minosse in Grecia
(spunto di digressioni e narrazioni tangenziali) e quello del-
l'infelice amore concepito da Scilla per lo stesso re di Creta (8,
6-151)35.Questa tragedia della passione relega sullo sfondo
proprio la vicenda di Teseo e Arianna,peraltro recepita come
paralleladalla tradizione elegiaca (per es. Prop. 4, 4, 39-42).
Dopo aver trasferito al lamento-invettivadella figlia di Niso
non pochi motivi del lamento dell'Ariannadi Catullo, Ovidio

32. ... / ' /' -


- - / « , '
/ ...».
33. Anche ammettendo che Paccostamento, a una prima lettura ambiguo, dei
due toponimi, non sia funzionale ad attivare qualche strana sovrapposizione (la
tradizione vuole che il toro di Maratona fosse stato catturato, a Creta, da Èrcole,
che l'aveva portato a Tirinto e quindi lasciato libero: Paus. 1, 27, 10; Apollod. 2,
5, 7), l'espressione Cretaei sanguine taun (v. 434) fa pensare che Ovidio abbia ac-
colto la versione testimoniata, per es., da Hyg. fab. 38 e Serv. a Verg. Aen. 8, 294,
secondo cui Teseo sacrifica il toro: cf. [Apollod.] epit. Vat. 1, 6 - fonti probabili
le due tragedie dal titolo Aegeus attribuite a Sofocle e Euripide -, Strab. 9, 1, 22;
Eustath. ad Hom. //. 2, 547. Pausania (1, 27, 9) dice che Teseo catturò il toro di
ritorno da Creta - dove aveva ucciso il Minotauro! - e lo sacrificò poi ad Atena
sull'Acropoli, mentre Diod. 4, 59 sostiene che fu Egeo a sacrificare il toro ad
Apollo. Destinatario del sacrificio, secondo Plut. Tbes. 14, 1 s., fu Apollo
Delfinio.
34. Cf., per es., Livrea 1993, p. 15, che - in relazione a Hec. fr. 40, 1 - propone
'sollevare di peso*. Per le versioni che contemplano l'uccisione dell'ani-
male, vd. la nota precedente.
35. È pressoché impossibile determinare moventi e funzioni della menzione di
Scilla neìVEcale (fr. 90 «Scilla, donna di bordello, non falsamente nomata, / recise
il crine purpureo»).

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 97

non indugia troppo su un episodio già trattato più volte (8,


169-182)36.Nello specifico, il ruolo di Teseo (il cui nome non
viene neppure menzionato) risulta sacrificato,e addiritturaas-
soggettato a una lettura 'di parte' (169-176a):

quo postquamgeminartitauriiuvenisquefigurarti
clausit37et Actaeobis pastumsanguinemonstrum
tertiasors annisdomuitrepetitanovenis,
utque ope virgineanullis iteratapriorum
ianuadifficilisfilo est inventarelecto
protinusAegidesraptaMinoideDiam
vela dedit comitemquesuamcrudelisin ilio
litore destituit...

La statura eroica del personaggio è fortemente relativizzata,


anche in virtù dell'attenuazionedel contrasto che in Catullo
64 ancora distinguevail vincitore del mostro dall'amantefedi-
frago: soggetto di domuit (v. 171) non è Teseo (contra cf. Ca-
tull. 64, 110 sic domito saevumprostrava corporeTheseus),ma
l'astratto tertia sorsyquasi a sottolineare uno slancio minore,
se non addiritturaun'esitazione eccessiva38.Per giunta, il nar-
ratore si lascia sfuggire una nota di solidarietàverso l'eroina,
stigmatizzando il comportamento di Teseo in modo ancora
più incisivo che in Catullo, dove l'assimilazione di voce nar-
rante (64, 58 immemor, 123) e voce della fanciulla (135) non
sorprende:l'intenzione di mimare un'apostrofe di gusto neo-
terico (met. 8, 175 crudelis) trova conferma nel fatto che in

36. Anche da lui, nella produzione elegiaca: her. 10; ars 1, 525 ss., e infine fast. 3,
459 ss.
37. Probabilmente ha ragione Borner di attribuire l'impresa al prodigioso arte-
fice Dedalo, soggetto del periodo precedente e verosimilmente esecutore della
volontà di Minosse (157 s. destinât hune Minos thalamis removere pudorem /
multipliàque domo caecisque includere tectis). Di seguito, merita segnalare l'im-
piego dell'aggettivo Actaeus, già noto in poesia latina, ma che richiama in ultima
analisi l'esordio deìYEcale.
38. Sulla fierezza e lo spirito di sacrificio di Teseo, cf. invece Catull. 64, 73; 81
s.; 101 s. e 218 fervida virtus - quest'ultimo caso all'interno del discorso di Egeo.
L'impiego di tertia sors mostra che Ovidio segue qui una tradizione attestata an-
che da Plut. Thes. 15, 1 e [Apollod.] epit. 1, 7; secondo Diod. 4, 61 si trattava, in-
vece, del primo sorteggio. Malgrado ciò, Plutarco evidenzia ugualmente l'abne-
gazione di Teseo (17, 9) segnalando che egli si offrì pur non essendo sorteggiato
(contra cf. [Apollod.] cit. supra; di sorteggio parla anche Ferecide FGrHist 3 F
148).

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98 Marco Fucecchi

Catullo 64 l'indignazione è prerogativadi Arianna(136 s. nul-


lane respotuit crudelisflettere mentis / consiliume 175 s. cru-
delia [...] consilia)39.
Malgradoquesto, non sono i riconoscimentiche mancano a
Teseo: ora che al suo palmarès si è ufficialmente aggiunto il
Minotauro (met. 8, 263 Thesealaude), la sua presenza è richie-
sta ovunque ci sia un mostro da sconfiggere (267 ss.)40.Si di-
rebbe che nelle Metamorfosila gloria dell'eroe cresce in modo
inversamente proporzionale all'entità oggettiva delle perfor-
mances che è in grado di produrre. Anche il suo tanto atteso
contributo nella caccia al cinghiale calidonio si rivela tutt'altro
che decisivo: con fare paterno, egli raccomandaprudenza a
Piritoo (8, 403 ss., part. 406b s. licei eminus esse I fortibus)A\
ma quando passa lui all'azione il risultato è deludente (408 ss.:
la lancia manca il bersaglio e si conficca in un ramo).
Di ritorno ad Atene, Teseo sosta presso il dio-fiume Ache-
loo, dove lo attende un ricco banchetto allietato da conversa-
zioni e racconti42.La funzione-cornice è qui esplicitamente
formalizzata mediante l'attribuzione al personaggio del ruolo
di ascoltatore 'interessato',mentre il modello dell'Ecale si ri-
vela una volta di più fattore di organizzazione complessiva
della sua presenza nelle Metamorfosi.Com'è noto, la storia di
Filemone e Bauci (618-724) pone Teseo davanti all'immagine
inconfondibile di un preciso momento del suo passato lettera-
rio (il soggiorno nella povera capannadella vecchia: 725 s. ...
cunctosqueet res et moverai auctor I Theseapraecipue...)43e

39. Borner chiosa: '' e rimanda a 3, 442 e 7, 26, rispettivamente all'in-


terno di patetici discorsi diretti (non segmenti di narrazione) pronunciati da
Narciso e Medea.
40. Uimitatio Herculis è un aspetto essenziale della vita letteraria del personag-
gio, e sarà particolarmente sviluppato nella vita plutarchea.
41. Un atteggiamento che ricorda ... Egeo (per l'appunto, Ovidio ha introdotto
Teseo col semplice patronimico Aegides, al v. 405). Per la duplice interpretazione
di 406b s., cf. Hollis 1970, ad loc.
42. Le parole con cui inizia il racconto del ritorno (8, 547 s.) contengono un ri-
chiamo generico al contributo di Teseo alla missione appena terminata (547b s.
sodati parte laboris I functus): la sfumatura ironica non dovrebbe sfuggire al let-
tore che ricorda la prova incolore fornita dal personaggio in tale occasione. Sulle
implicazioni poetologiche e metaletterarie dell'intero episodio ambientato nella
dimora del dio-fiume, cf. Hinds 1987, e soprattutto Barchiesi 1989, pp. 57 ss.
della cui analisi tengo conto a più riprese.
43. Kenney 1986, p. xxvm; Barchiesi 1989, p. 58. Mi chiedo se già nell'Ecale non

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 99

costituisce il fulcro di una relazione speculare('da epillio') fra


la situazione-cornice elaborata da Ovidio e la sceneggiatura
del poemetto di Callimaco. Nell'episodio di Acheloo l'antico
tema dell'ospitalitàsemplice e modesta ricevutada un dio da
un eroe44è in parte rovesciato (un dio accoglie esseri umani,
anche se tra loro c'è un eroe)45,ma anche questa variazionenei
rapporti di forza non è priva di significato, come vedremo, al
fine di produrre altre interazioni fra i due testi. Mentre sta
tornando in Attica da un'impresa (non prima, questa volta),
Teseo subisce nuovamente l'ostacolo delle intemperie (Hec.
frr. 18-19): ma qui uno stesso personaggio è, in qualità di
agente naturale(Acheloo è un fiume ingrossato dalla pioggia:
8, 550 imbre tumens), causa della sosta e al contempo, in
quanto personificazione divina, ospite accogliente e assai più
largo di risorse rispetto all'umile vecchietta46.

venisse studiato l'effetto che il racconto di un personaggio suscitava nell'ascolta-


tore. Per i frr. 59-62 Hollis ipotizza, per es., una collocazione nell'ambito di una
risposta di Teseo al racconto di Ecale: l'eroe annuncerebbe alla vecchia di aver
ucciso il brigante Cercione, responsabile della morte di uno dei figli di lei (fr. 49,
4 ss.). Ma, ipotesi per ipotesi, si potrebbe pensare che anche Callimaco analiz-
zasse la reazione di Teseo (conscio di aver 'giustiziato' il brigante) dopo la rivela-
zione delle disgrazie che la povera Ecale aveva subito a causa di quel losco perso-
naggio. In Ovidio l'oggettiva portata degli effetti di ascolto è da valutare non solo
al livello del personaggio-spettatore. Teseo rimane sì colpito più di altri dalla sto-
ria, ma al lettore si chiede di conoscere il perché: apparentemente l'eroe ne ha ri-
cavato un gran desiderio di facta audire [...] mira deum (726 s.), di saperne in-
somma di più su coloro che materialmente realizzano i prodigi. Sul ruolo cen-
trale dell'ascoltatore-destinatario nelle Metamorfosi (funzione costante del testo
che si modella in molti casi proprio in rapporto ad esso), cf. Rosati 1981, p. 304 e
ora anche Wheeler 1999.
44. Che la storia di Filemone e Bauci ripropone in versione canonica, addirit-
tura potenziata: due esseri umani di bassa condizione ospitano delle divinità. In
età ellenistica non si contano le riedizioni di questo motivo, che risale all'arrivo
di Ulisse alla capanna di Eumeo nell'Odissea: in Callimaco, oltre uYEcale, c'è
l'episodio di Eracle e Molorco nell'elegia inziale del libro III degli Aitiay la Victo-
ria Bérénices; quindi abbiamo almeno l'Idillio 25 del corpus teocriteo (Eracle uc-
cisore del leone\ un frammento narrativo in esametri ambientato presso le terre
di Diomede di Argo (P. Berol. 10566; Powell 1925, pp. 72 ss.) e Icario nell'£n-
gone di Eratostene (Hollis 1990, pp. 345 ss. e Rosokoki 1995).
45. Certo, si tratta di un dio di rango inferiore e molto 'alla buona' (un genti-
luomo di campagna l'ha definito Hollis 1970).
46. Cf., per es., la descrizione del salone che ospita il banchetto (8, 562 ss.) e il
breve ma significativo accenno alla ricchezza della mensa imbandita (8, 571 ss.):
la frugale tavola di Ecale doveva presentarsi ben diversa (cf., per es., Hec. fr. 82
). Sarà solo un caso che, anche fra i racconti che seguiranno, si

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100 Marco Fuceccbi

Acheloo invita, dunque, Teseo ad entrare nella grotta, au-


spicando che egli si degni di apprezzarele sue doti di 'umani-
tà', le sue buone maniere.La premuracon cui cerca di dissua-
derlo dal proseguire (550 ss.) - prospettandogli in caso con-
trario la necessità di sostenere un rischioso confronto con la
propria facies violenta47- potrebbe al limite significare l'in-
tento di scongiurareun'epica tra l'eroe e il
fiume (551 nec te committe rapacibusundis, «non ti affidare
alle onde rapaci», ma anche «non misurarti con...» OLD §
5b)48.La risposta conciliante di Teseo (560 s. Adnuit Aegides
«Utor» que «Acbeloe,domoque I consilioquetuo» responditet
usus utroque est) si colloca perfettamentein linea col tempera-
mento rilassato del personaggio ovidiano: la sosta non è an-
cora una soluzione obbligata (come nelYEcale: fr. 18, 9:
, 10 s. e 15 s.), né il preludio di un'impresagloriosa. D'al-
tra parte Acheloo, malgrado un certo sussiego e la vena epi-
cheggiante del linguaggio49,proviene da un'esperienza amara,
che sembra aver frustrato le sue ambizioni eroiche. La riferi-
sce egli stesso in una sorta di appendicenarrativa(quasi un bis
su richiesta)che conclude l'intero episodio. Incuriosito dal la-
mento del dio per il corno spezzato che ne deturpa la fronte
(8, 883 s.), Teseo - che, pur essendosi mostrato interlocutore
intraprendente(8, 573 ss. e 726 ss.), non aveva ancoraposto al
suo ospite una domanda di caratterecosì strettamenteprivato

richiami implicitamente il confronto fra una povera mensa (quella di Filemone e


Bauci) e la fame insaziabile di un personaggio (Erisittone) che invoca pasti
pantagruelici?
47. A 552 ss. la voce 'umana' di Acheloo sembra paradossalmente prendere le
distanze dalla propria natura di fiume (le onde rapaci che ferre trabes solidas
obliquaque volvere magno / murmure saxa soient), assumendo il punto di vista di
uno spettatore inorridito dalla furia di un'inondazione (553b vidi... ; 556 s. multa
quoque hic torrens [... / ...] mersit, ecc). Più oltre, viceversa, il tono imbarazzato
lascia il posto all'autocompiacimento, quando il dio rivendica la paternità dei di-
sastri prodotti dalle sue acque contro le Echinadi (583 ss. intumui, quantusque
feror cum plurimus umquam, I tantus eram...). Buone osservazioni generali in
Hollis 1970, p. 99. Sullo sdoppiamento di Acheloo, cf. ora Li Causi 2000, pp. 49
ss.
48. È stato da tempo notato che il saluto di Acheloo a Teseo manifesta tratti
ostentati di epicità (550 inclite; 551 Cecropida).
49. Un tratto, questo, opportunamente rilevato nella sua narrazione del mito di
Erisittone rispetto al modello callimacheo. Ma un certo colore epico non è as-
sente neppure nei frammenti conservati deìVEcale che riportano il racconto della
vecchia: cf. Hec. frr. 41-54.

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 101
- lo interrogasulle circostanze dell'infortunio(9, 1 s. quae ge-
mitus truncaequedeo Neptunius heros I causa rogatfrontis...).
Questo segmento, che prelude al racconto di una triste vi-
cenda personale dell'ospite, ha una funzione simile alla richie-
sta con cui lo stesso Teseo aveva indotto Ecale a rievocare il
suo passato dolce-amaro- Hec. fr. 40, in part. 3b ss.: «...e an-
che tu, nonnina, /[...] desiderio di ascoltareun pochino di te /
[...] vecchia abiti in un luogo deserto / [...] la stirpe». Il tono
patetico con cui Acheloo inizia a raccontarela sfortunatacon-
tesa tra lui ed Èrcole per Deianira (9, 4 s. Tristepetis munus.
Quis enim sua proelia victus I commemorareveliti...) si col-
lega, in prima istanza, a una precisa tradizione epica di esordi
di flashback narrativi50: qui il referente diretto è l'attacco del
racconto di Enea a Cartagine(Verg.Aen. 2, 3 ss.), ma la stessa
modalità omerica era già stata recepita nell'Ecale, forse all'ini-
zio del racconto della vecchia, se ha ragione Hollis di unire il
fr. 158 ... («perché risvegli la lacrima
dormiente?») al fr. 41 («non è atavica la mia miseria, né dai
miei nonni / ho ereditatola mia povertà;ah, ah se <ancora>la
terza (parte?)io avessi...»)51.Il dio ovidiano tradisceil ramma-
rico di aver osato volare troppo in alto: spinto da passione e
orgoglio, si accorse tardi di non avere scelta e di dover accet-
tare la sfida del rivale (9, 31 s. puduit modo magna locutum/
cedere).Dopo una dura lotta, esauritele risorse metamorfiche
(ultima trasformazionefu quella in un toro), dovette cedere a
Èrcole e subire l'umiliante menomazione (9, 80 ss.):

Sic quoquedevictorestabattertiatauri
formatrucis:tauromutatusmembrarebello.
Induitille toris a laevapartelacertos
admissumque trahenssequiturdepressaquedura
cornuafigit humo mequealta sternitharena.
Nec satis hoc fuerat:rigidumfera dexteracornu
dum tenet, infregittruncaquea fronterevellit.

Anche qui Teseo si trova, in qualche modo, posto davanti a


un'immaginedel suo passato, un'immaginelegata a un'awen-

50. Si parte, naturalmente, dall'Odissea (7, 241 s.; 9, 12 s.; 19, 116 ss.).
51. Rispetto agli antecedenti epici (Ulisse, Enea), il confronto con Ecale ha il
vantaggio di riferirsi a una situazione in cui è il padrone di casa a raccontare le
proprie vicissitudini.

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102 Marco Fucecchi

tura da lui vissuta in prima persona in un'altra epoca e in un


altro testo: si tratta della lotta contro il toro di Maratona,se-
guita dal ritorno trionfale con la vittima mutilata e incatenata
(Hec frr. 67-68-69, 1):

, '

* 52

La sovrapponibilitàdelle due scene suggerisce,per un attimo,


l'impressione di uno slittamento d'identità. Da ospite con cui
solidarizzare (com'era Ecale), Acheloo finisce per assumere i
connotati di un toro (la sua ultima metamorfosi nella lotta)
che recrimina sulla sconfitta subita, mentre Teseo potrebbe
trame l'impressione di ascoltare il lamento di una delle sue
vittime più illustri53.La possibile relazione intertestualeconfe-
risce al racconto del combattimento fra il dio-fiume ed Èr-
cole54una valenza superiore a quella di conclusivo: esso
costituisce il culmine di un percorso che ha condotto l'ospite
di Teseo a trascorrereattraversouna pluralità di ruoli (inizia
come Ecale e termina come toro). Il verificarsidi simili feno-
meni di risonanza implicita fra racconti (non sempre chiara-
mente 'motivati')55e situazione-cornice,nel corso di un episo-
dio architettato sulla base di un modello autorevole come il
poemetto callimacheo,offre un esempio interessante,mi pare,
di come Ovidio riutilizzi, sia sotto il profilo tematico che
strutturale,l'esperienza dell'epillio.

52. 67: «tirando indietro della fiera il corno funesto» (cf. anche Cic. Tusc. 4, 50
an etiam Theseus Marathonii tauri cornua comprehendit iratus); 68: «quegli tra-
scinava, e (il toro) seguiva, pigro viandante»; 69, 1: «con un solo corno: l'altro l'a-
veva spezzato la clava». I frr. 68 e 69 sono uniti da Barigazzi 1971 e Hollis
1972.
53. Va detto, comunque, che nelle Metamorfosi la lotta contro il toro, anch'essa
attratta nella dimensione-racconto, perde il contenuto di 'attualità' che in Calli-
maco, pur costretta entro ridotti limiti di spazio, doveva conservare.
54. Per l'ennesima volta (dopo la lotta contro il toro di Creta, poi divenuto 'di
Maratona' e vinto infine da Teseo) vittorioso su un toro (Galasso 2000, pp. 1214
ss.). Cf. anche Theocr. Idill. 25, 145 ss., dove il figlio di Zeus e Alcmena sconfigge
Phaethon, capobranco della mandria di Augìa, afferrandolo per il corno sinistro
e atterrandolo di forza: sulla possibilità che il testo di Teocrito (insieme ad Ap.
Rh. 3, 1306 ss.) richiami una scena de\\yEcale, cf. Hunter 1998, p. 117.
55. Barchiesi 1997, pp. 138 s.

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 103

All'incircafra la metà del libro VII e l'inizio del IX delle Me-


tamorfosi^la figura di Teseo e la sceneggiaturadi un epillio
'pionieristico' (VEcale di Callimaco) forniscono, dunque,
l'impalcaturadi un complesso edificio narrativo,in cui il sus-
seguirsi delle storie - pur generando nell'insieme una sensa-
zione di spontaneitàarbitraria- non risulta privo di un certo
grado di pertinenza con lo sfondo. L'interesse di Ovidio a
sottolineare la funzionalità dell'epillio in quanto luogo privi-
legiato di elaborazione di situazioni-racconto trova svariate
conferme:poco oltre, nell'episodio di Alcmena e Iole (met. 9,
273 ss.), assistiamo addirittura alla trasposizione 'letterale'
della cornice di un poemetto ellenistico (la Megara)56.
Invece la storia di Orfeo e Euridice, distribuita fra l'inizio
del X e dell'XI libro (e involucro di una lunga performance
del cantore), costituisce piuttosto un caso di 'trasferimentodi
competenze' rispetto alla situazione del modello. Già inserita
nell'epillio che chiude le Georgiche come digressione narra-
tiva attribuitaa un personaggio, la fabula assume qui la fun-
zione di racconto-cornice, gestito direttamente dal narratore
primo. Lo smontaggio dell'originale collegamento virgiliano
con la vicenda di Aristeo esclude, infatti, la presenza di Proteo
(il narratore del mito di Orfeo nelle Georgiche)57,che nelle
Metamorfosi appariràsuccessivamente (11, 221 ss.) nell'am-
bito di un episodio anch'esso legato al filone dell'epillio, dove
funge da ispiratore della scena di violenza sessuale che porta
alle nozze di Peleo e Tetide (250 ss.)58.Oltre a questo scambio
di funzioni, che produce dislocazione di materia narrativae
forme diverse di interazione fra racconto esterno e interno, è

56. Dove la coppia narratricecomprende ancora la madre di Èrcole, Alcmena, e


la moglie Megara appunto. Contro la tradizionale attribuzione a Mosco di que-
sto epillio cf. gli argomenti avanzati da Breitenstein 1966 a sostegno di una data-
zione più alta.
57. Ovidio racconta l'incontro fra Aristeo e Proteo nei Fasti (1, 362-380), dove
però l'indovino - a differenza che nelle Georgiche - svolge in pieno il proprio
dovere di 'precettore'.
58. Il vecchio indovino non viene qui assoggettato al desiderio di informazioni
altrui: ormai esperto suo malgrado, è proprio lui che istruisce Peleo su come vin-
cere la resistenza di Tetide (altra, più celebre, divinità marina) e realizzare così il
proprio sogno d'amore. Nel poema delle forme in movimento l'affresco mon-
dano e borghese di Catullo 64 assume i connotati di una delle tante scene di vio-
lenza sessuale: anche se questa volta è una divinità a rimanere vittima della libi-
dine di un essere umano.

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104 Marco Fuceccbi

stato osservato che la riletturaovidiana della storia di Orfeo e


Euridice sviluppa zone trascurate trasfiguratedalla narra-
zione simpatetica del vate marino virgiliano59.Nella prima
parte del racconto-cornice (met. 10, 1-85) risulta attenuato in
modo consistente lo spessore patetico del modello, in cui la
solidarietà emotiva del narratore sottolineava puntualmente
Poggettiva condizione tragica dei personaggi. Un tono di sa-
pore vagamente cronachistico contribuisce a sdrammatizzare
la situazione (per es. Ils. quam satis ad superas postquam
Rhodopeius auras I deflevit vates)60, confermando la tendenza
della voce narrante primaria delle Metamorfosi a evitare la
sympàtheia con l'oggetto di rappresentazionee a privilegiare
un'esposizione consequenziale. Tale effetto è consolidato an-
che da accenni di polemica giocosa nei confronti del testo di
Virgilio: come quando il narratoregioca a raffreddarela ten-
sione mediante una provocatoria attestazione di solidarietà a
Orfeo (61 ...quid enim nisi se querereturamatam?)h\in rispo-
sta a Verg. georg. 4, 488 ss. Ma il tratto che forse stemperadi
più il potenziale tragico è P'umanizzazione' dell'oltretomba,
ridotto a un registro familiare(Segai 1995). Il pubblico che ri-
mane affascinato dalla suasoria cantata dal poeta (17-39 e 40
ss.)62non colpisce per l'aspetto terrificante(contra, cf. Verg.
georg. 4, 481 ss.), quanto per la disponibilità a concedersi una

59. Sulla ricerca di autonomia di Ovidio rispetto alla tradizione, cf. Permeili
1995, pp. 205 e 211 s., un saggio cui rimando anche per la bibliografia vastissima
sul rapporto fra il brano delle Georgiche e quello delle Metamorfosi (cf. in part,
p. 203 s.n. 7).
60. Dove è da notare il curioso accostamento tra Rhodopeius (un aggettivo che
di per sé evoca altezze sublimi; cf., proprio in questo brano, 76 s.) e ad supe-
ras...auras. Si vedano anche il telegrafico annuncio della morte di Euridice, cau-
sato dal morso del serpente (8b-10) e il sommario informativo di 72-7 di contro
aireffusione lirico-soggettiva, aperta dal discorso indiretto libero e suggellata da
una similitudine, di Verg. georg. 4, 504 ss.
61. Sulla spiccata 'simpatia* di Ovidio per Orfeo, cf. Segai 1995, pp. 88 s.
62. Un risultato sicuramente atteso (Verg. georg. 4, 471 ss.) ma che qui un po'
sorprende in ragione della tecnica argomentativa serrata, priva di ornamenti par-
ticolari e viziata magari da una topica retorico-filosofica un po' trita, impiegata
dal poeta, poco incline a fare concessioni . Bene Perutelli 1995, p. 204
s.; Norden 19662, p. 515 richiamava la versione del libro III della Leonzio di Er-
mesianatte ( ); Diod. 4, 25, 4; Ps. Apollod. bibl. 1, 14.
Da notare anche la diversa qualità dell'uditorio presupposto da Ovidio: è signifi-
cativa, a tale proposito, la fiducia con cui il cantore si appella alla sensibilità del
pubblico verso il tema d'amore (10, 27 ss.); cf. anche Segai 1995, pp. 83 s.

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 105

pausa dalle sue eterne 'occupazioni'. L'umbra recens Euridice


è ancora claudicante per la ferita: peculiare manifestazione,
questa, della persistente corporeità, delP'umanità'che conti-
nua a caratterizzaregli abitatori degli Inferi (49 ...et incessa
passu de vulnere tardo, è corrispettivo ironico e antisublime
della Didone 'ferita' in Verg. Aen. 6, 450 s. recens a volnere
Dido I errabat silva in magna). Sarà anche questo a causare
l'errore fatale del coniuge, vittima - prima ancora della pas-
sione - della propria apprensione (56 hic, ne deficeret, me-
tuens avidusque videndi)63.Sono tutti elementi che, su piani
diversi, relativizzano il senso di 'alterità', se non indiretta-
mente suggeriscono la possibilità di un'osmosi fra i due
mondi.
Dopo che il lutto di Orfeo è servito solo in parte a marcarei
toni del pathos (mancano tratti espliciti di 'solidarietà'64
e-
della pederastiasi giustifica quasi come l'escogitazione di
un remedium), Ovidio, sviluppando un accenno del modello,
da ancora una volta la parola al mitico cantore, artefice di un
ampio inserto metadiegetico65.Ma oggetto del canto non è la
storia del suo amore infelice (contra, Verg. georg. 4, 509 ...et

63. Banalizzazione di questo motivo in Culex 293 oscula cara petens, a fronte di
Verg. georg. 4, 490 s. restitit, Eurydicenque suam iam luce sub ipsa / immemor
heul victusque animi respexit.
64. Permeili 1995, p. 206 nota che il personaggio «mantiene una sua freddezza
anche nei momenti più dolorosi».
65. Interpretato da alcuni come un specie di miniaturizzazione del poema ovi-
diano. Indicativi, in tal senso, la presenza di un proemio (10, 148 ss., con un'ap-
pendice a 300 ss.), l'ordinamento cronologico delle storie (raggnippate, in parte,
per area geografica) e la tecnica del racconto a cornice (Leach 1974, p. 106). Non
trascurerei la stessa convergenza che il canto di Orfeo sembra mostrare, talora,
con tecniche impiegate dall'epillio alessandrino-neoterico (come la presenza fi-
nale del racconto a cornice nella storia di Venere e Adone, in cui è inserito il
mito di Atalanta e Ippòmene: un racconto esemplare che non sortisce l'effetto
sperato). Forte di un orientamento tematico ben definito (10, 152 ss. pueros ... /
dilectos superis inconcessisque puellas I ignibus attonitas) - che pure malgrado
tutto conosce una divagazione significativa (la celebrazione dell'arte che prevale
sulla natura nella storia di Pigmalione) - il canto di Orfeo non condivide la ten-
sione onnicomprensiva e agglutinante che caratterizza il procedere inarrestabile
della diegesi ovidiana (su cui Rosati 1981, pp. 302 s.). Sta di fatto che esso stesso,
a livello di macrocontesto, rivela in definitiva la propria natura 'inessenziale' ai
fini dell'azione primaria, continuamente esposta nelle Metamorfosi alle pressioni
prevaricatrici e centrifughe della metadiegesi. Su questi problemi torna ora Ro-
sati 2002, pp. 275 s., con bibliografia; cf. in part. Holzberg 1997, pp. 134
ss.

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106 Marco Fucecchi

gelidis haec evolvisse sub antris). Pronto a lasciarele tematiche


dell'epos sublime (la gigantomachia)per la musa leggera, per-
correndo una sorta di carrierapoetica a rovescio (10, 148-154
in part. 150 ss. ...ceciniplectro graviore Gigantas I sparsaque
Phlegraeis victricia fulmina campis; I nunc opus est leviore
lyra...)66,Orfeo non mira a realizzare un prototipo di dolore
elegiaco67,ma si accinge a intrattenereil suo pubblico straor-
dinario con altre storie d'amore, in cui trova ampio spazio il
motivo dell'incompatibilitàe dove l'esito infelice (a eccezione,
come si è detto, della vicenda di Pigmalione, un caso di com-
patibilita miracolosa ottenuta grazie a Venere) è appena miti-
gato dalla metamorfosi finale (Giacinto, Adone, ma cf. già
Ciparisso).
Il ritorno alla situazione-cornice (11, 1-66) coincide con
un'ulteriore espansione narrativa,che riguarda la sceneggia-
tura della morte del poeta: essa completa e, a suo modo, cor-
regge la visione disperatacon cui si chiudeva il racconto in-
terno nell'epillio delle Georgicbe (4, 526 s.). Nella fantastica
scena dell'assalto delle Menadi68- i cui proiettili (tirsi, pietre
ecc), dapprimaneutralizzatidal potere del canto (11, 7b ss.),
ritrovano efficacia quando il frastuono sovrasta l'armonia
della voce (15 ss.)69- si nota, a un certo punto, la presenza di

66. Forse un riflesso della tradizione epica che attribuisce a Orfeo-personaggio


dapprima canti cosmogonici (Ap. Rh. 1, 496-511, seguita dalla notazione dell'ef-
fetto ammaliante prodotto dal canto sul pubblico), quindi - con Virgilio - il
canto della propria sfortunata passione d'amore. Non bisogna, d'altra parte, di-
menticare che Orfeo è figlio di Calliope, musa della poesia epica. Per il passaggio
da un tema sublime a uno più basso il classico termine di confronto è costituito
dall'epilogo degli Aitia (112, 7 ss. Pf.).
67. Verg. georg. 4, 525 s. Eurydicen... a miseram Eurydicen vs. met. 11, 52 flebile
nescioquid queritur lyra. Le concessioni al patetico che pure emergono nelle sto-
rie narrate da Orfeo, quasi mai (a parte quella di Pigmalione) allietate da un esito
positivo, rimandano alla maniera dell'epillio neoterico. Un caso emblematico si
trova alla fine del 'secondo proemio', che introduce la storia di Mirra (311 ss.): la
prolungata apostrofe alla protagonista suggerisce la partecipazione emotiva della
voce del cantore, il cui atteggiamento differisce dal modo in cui il narratore
primo presenta, altrove, il racconto di amori incestuosi (per es. quello di Biblide:
9, 454 s.; ma cf. tuttavia 581 e 649-651).
68. Sulla ricerca dell'elemento meraviglioso e magico-fiabesco, cf. A.H.F. Grif-
fin 1997, p. 65.
69. Cunctaque teh forent cantu mollita, sed ingens/ clamor et infracto Berecyn-
tia tibia cornu/ tympanaque et plausus et Bacchaei ululatusl obstrepuere sono ci-
tharae. Tum denique saxal non exauditi rubuerunt sanguine vatis.

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi di Ovidio 107

alcune figure di contorno. Mentre il variegatopubblico di ani-


mali, ancora 'in trance', appare del tutto incapace di resistere
alla foga sanguinaria delle donne (20 ss.), un malcapitato
gruppo di contadini trova a fatica una via di scampo nella
fuga, abbandonandoin tutta fretta opere e strumentiagricoli70:
questi ultimi diventano 'armi'71con cui operare il rituale -
, prima a spese dei buoi da lavoro e, subito dopo, del
poeta (30 ss.):
...neudesinttela furori,
forte boves pressosubigebantvomereterram,
nec proculhinc multo fructumsudoreparantes
duralacertosifodiebantarvacoloni;
agminequi viso fugiuntoperisquerelinquunt
armasui, vacuosqueiacentdispersaper agros
sarculaquerastriquegraveslongiqueligones.
Quae postquamrapuereferaecornuqueminaci
divulsereboves,ad vatis fata recurrunt...72

L'obiettivo è così raggiunto: Orfeo muore supplicando in-


vano pietà73,come uno di quei vati-guerrieridell'epica cui a
nulla valgono le sacre bende (11, 39 ss.)7\ Ma la violenta irru-
zione delle menadi ha anche turbato la quiete operosa (e osti-
natamente sorda al richiamo della voce del cantore) del
mondo georgico75e dei suoi abitatoriche, malgradoi muscoli,

70. Che rimangono 'sparsi' qua e là (11, 35 s.), come poi le membra di Orfeo
(11, 50; cf. Verg. georg. 4, 522).
71. L'uso degli strumenti agricoli come 'armi' improprie gioca anche con l'uso
delle Georgiche di definire arma gli strumenti agricoli (per es. a 1, 160 ss.; cf. Far-
rell 1991, pp. 70 ss.). Per l'uso metaforico già consolidato in questo senso del gr.
, cf. M. Del Freo, «Riv. Cult. Class. e Medioev.» 36 (1994), p. 101.
72. Griffin 1997, p. 62 nota l'analogia con la scena della morte di Penteo, nar-
rata nel III delle Metamorfosi, e indica in Eur. Bacch. 714 ss. un possibile antece-
dente del confronto - che però in Ovidio di fatto non ha luogo - tra contadini e
menadi infuriate.
73. Griffin 1997, p. 75 rimanda a met. 3, 716 ss.; Eur. Bacch. 1118 ss.
74. Un indizio della distanza 'ironica' assunta dal narratore può essere ravvi-
sato nel commento alla scena (39 ss. tendentemque manus atque ilio tempore pri-
mum I inrita dicentem nec quicquam voce moventem I sacrilegae peri-
munt...).
75. Quando, nelle Georgiche·, Proteo spiega ad Aristeo la colpa che ha com-
messo, l'eroe pastore-agricoltore si limita a non reagire (Griffin 1985, p. 175). Ma
nell'epillio virgiliano l'emergenza forse più significativa di questo tema sembra

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108 Marco Fucecchi

sì danno alla fuga in modo un po' troppo precipitoso76.In un


recente lavoro A. Cucchiarelli (2000, p. 214 n. 8) ha giusta-
mente ribadito l'allusività di 31 ss. al tema virgiliano del la-
bof\ segnalandoil curioso effetto che scaturisceda quella che
sembra la paradossaleversione dionisiaca di una bugonìa: lo
strazio feroce dei buoi richiama per contrasto il sacrificio
georgico dell'animale, dalla cui carcassa rinascono le api di
Aristeo. Aggiungerei solo che il raro nesso boves divellere
sembra garantirel'influsso concomitante di un altro modello
illustre nella lignée dell'epillio: l'arrivo del tiaso bacchico in
Catullo 64 (257 pars e divolso iactabant membra iu-
venco)78.
Nell'impiego bellicoso degli attrezzi agricoli si è suggerito

risiedere nella similitudine di 511 ss. qualis populea maerens philomela sub um-
bra/ amissos queritur fetus, quos durus aratori observans nido implumis detraxit...
(un passo a cui Thomas 1988, ad loc. accosta opportunamente 2, 207 ss.)·
76. L'aggettivo lacertosi possiede una connotazione di rustica mimicità (Cic.
Phil. 8, 26; Varr. rust. 3, 9, 5; Sen. epist. 66, 24; Colum. 1, 9, 4; 8, 2, 10; contra cf.
Eur. Bacch. 714 ss. cit. alla n. 72).
77. La presenza delle Georgiche in met. 11, 31-36 mi pare inequivocabile, ma
nei commenti essa risulta un po' dispersa: cf. per es. 31 presso [...] vomere terram
~ georg. 2, 203 presso pinguis sub uomere terra, e 356; 31
subigebant + 33 ...fodie-
bant arva coloni ~ georg. 1, 125 ante Iouem nulli subigebant arua coloni; 33 dura
[...] arva ~ georg. 2, 340 s. ...virumque I terrea progenies duris caput extulit arvis;
35 arma, riferito agli attrezzi ma evocativo dell'uso che presto ne faranno le bac-
canti: georg. 1, 160 e 177; cf. anche 36 sarculaque rastrique graves longique ligones
che, con fast. 1, 699 sarcuL· cessabant versique in pila ligones / factaque de rastri
pondère cassis erat^ suggerisce l'idea dell'abbandono dei campi e il riuso bellico
degli attrezzi agricoli: Verg. georg. 1, 506-508; Aen. 7, 505 ss.
78. Non si tratta, naturalmente, dell'unico punto di contatto fra il testo di Ovi-
dio e la scena che chiude il racconto interno nel poemetto catulliano (A.H.F.
Griffin 1997, ad loc): cf. per es. la descrizione delle menadi a 261 ss. plangebant
aliae procens tympana palmis I aut tereti tenues tinnitus aere ciebant, I multis
raucisonos efflabant cornua bombos I barbaraque horribili stndebat tibia cantu;
affinità espressive come 254 lymphata mente ~ met. 11, 3 s. lymphata pectora, la
concordanza arcaizzante di pars al plurale: 257 pars [...] iactabant ~ met. 11, 30
pars torquent silices. A quest'ultimo proposito cf. anche Verg. Aen. 6, 642 ss. In
Ovidio il frastuono dionisiaco, più efficace delle semplici 'armi', svolge la precisa
funzione di soffocare e frustrare la voce del vate apollineo (11, 8): forse è da no-
tare un piccolo richiamo anulare all'inizio della storia di Orfeo (10, 2 s. ...Cico-
numque Hymenaeus ad oras I tendit et Orphea nequiquam voce vocatur); sulla
composizione ad anello quale caratteristica della tecnica narrativa delPepillio, cf.
Permeili 1995, p. 202. Si può notare en passant che - a differenza di quella di Or-
feo in Virgilio - la storia catulliana di Arianna termina, dopo una peripezia, con
un lieto fine (Permeili 1979, p. 40 n. 9): più oltre cercheremo di verificare se e in

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosi di Ovidio 109

di vedere una rivincita dell'agricoltura su Orfeo, che nelle


Georgiche si era reso responsabile di una vera e propria inva-
sione di campo (M. Reeve in A.H.F. Griff in 1997, p. 62): l'im-
pressione, però, è che anche qui l'agricoltura paghi un prezzo,
senza ottenere una gratificazione paragonabile a quella che
alla fine riceve il suo eroe Aristeo in Virgilio. Al contrario,
nell'ultima sezione del racconto-cornice è proprio il poeta a
ottenere quella che potremmo, a suo modo, definire una
forma di gratificazione. Dopo la sua efferata uccisione, l'unico
possibile 'lieto fine' che fa da pendant contrastivo alla dispera-
zione della natura (11, 44 ss.)79è il ricongiungimento delle om-
bre di Orfeo ed Euridice nella domus ultima (10, 34), dove la
comune natura sembra favorirne il contatto, la reciproca e fi-
nalmente ritrovata compatibilita (11, 61 ss.):

Umbra subit terras et, quae loca viderat ante,


cuncta recognoscit quaerensqueper arva piorum
invenit Eurydicen cupidisque amplectiturulnis.
Hic modo coniunctis spatianturpassibus ambo:
nunc praecedentemsequitur, mine praevius anteit
Eurydicenque suam iam tuto respicit Orpheus.
La tensione tragica si risolve (ammettiamo pure, in modo un
po' paradossale) in questo epilogo oltremondano, soffuso di
un pathos in tono ridotto, ma certo tenero e intimo80, e co-
munque ugualmente lontano da due estremi quali il pathos
eroico del personaggio virgiliano e la patologia maniacale che
in analogo contesto aveva dimostrato per es. l'ombra di Nar-
ciso, impegnata anche dopo la morte a rimirare, nelle acque
dello Stige, il riflesso della propria immagine {met. 3, 504 s.).
L'innovativa appendice sul destino dell'umbra di Orfeo si
giustappone materialmente (ma idealmente le si contrappone)
alla narrazione della morte81.S. Viarre (1968, p. 242) ha com-
mentato che «non si tratta di una vera morte». Sulla scia di una

che modo sia possibile affermare qualcosa di simile anche per la storia di Orfeo
in Ovidio.
79. In cui sembrano prendere voce gli abitanti (animati e no) del bosco. Cf. an-
cora Ps. Mosch. Epit. Bion. 28 s.; A.H.F. Griffin 1997, ad loc.
80. Espressione àzWhumanitas umile e semplice dellOrfeo delle Metamorfosi'.
Segai 1995, p. 78 e, in part., pp. 92 ss. Giudizi positivi sulla 'soluzione* ovidiana
esprimono anche Norden 19662, p. 518; Otis 1970, p. 185; Borner, ad loc.
81. Le due sequenze sono collegate mediante la storia della metamorfosi del

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110 Marco Fucecchi

tradizione molto lunga, sebbene piuttosto sporadica82,la sto-


ria coniugale 'continua', per così dire, sotto altra forma, come
se anche qui una particolare (e peraltro del tutto implicita)
metamorfosi impedisse l'annullamento definitivo83.Il feno-
meno che di norma scongiural'esito tragico di una storia mo-
strerebbeanche qui la sua potenza pervasivaoccupando diret-
tamente, e riscattandolodal dolore, il dominio di competenza
della morte84.La paradossale corporeità suggerita da cupidis
ulnis (63) rovescia il senso di frustrazioneche nell'epica scatu-

serpente di Lesbo, che cerca di mordere la testa del cantore e viene punito da
Apollo {met. 11, 54-60).
82. È il destino che in Euripide (Bacch. 1338 s.) Dioniso annuncia a Cadmo e
Armonia dopo la trasformazione in serpenti (1330 ss.), che troviamo auspicato
in una raccomandazione di Admeto ad Alcesti (Ale. 363 s. ' -
', , / ' ', ), peraltro dopo l'e-
spressione del rammarico di non possedere il canto di Orfeo, con cui egli sarebbe
sicuramente riuscito a riportare la sua sposa alla luce del giorno (357 ss.). Per il
motivo elegiaco dell*Elysium come sede oltremondana degli amanti, cf. Tib. 1, 3,
57 ss.: in part. 65 s. Mie est, cuicumque rapax mors venit amanti, / et gerii insigni
myrtea serta coma con la nota ad loc. di Murgatroyd 1980; Prop. 4, 7, 59 ss. e 93
s.; ma anche Culex 261 ss. (dove peraltro non si accenna a un ricongiungimento
'di coppia' degli amanti). La riunione post mortem di Orfeo e Euridice può far
pensare anche a quella di Sicheo e Didone, che ha però luogo nei Campi Lugen-
tes, di Verg. Aen. 6, 472 ss. tandem corripuit sese atque inimica refugit I in nemus
umbriferum, coniunx ubi pristinus Mi I respondet curis aequatque Sycbaeus amo-
rem, dove è significativa ai nostri fini anche la nota sulla reciprocità degli affetti.
G. Rosati mi segnala un confronto con l'Antonio e Cleopatra di Shakespeare
(atto IV, scena 14), dove il protagonista maschile, che ritiene la sua amata ormai
morta, la invoca dichiarando il proposito di raggiungerla e immagina già di pas-
seggiare con lei, mano nella mano, nei luoghi in cui «le anime si posano sui fiori»:
«...e con lo splendente nostro aspetto meraviglieremo quei fantasmi: Didone e il
suo Enea resteranno senza seguito, perché tutti accorreranno da noi».
83. La maggior parte degli altri casi della sequenza morte-metamorfosi (raccolti
bene da Viarre 1968, p. 245) sono concentrati curiosamente proprio all'interno
dell'episodio di Orfeo: Ciparisso (10, 136 ss.), Giacinto (10, 209 ss.), Adone (10,
731 ss.). L'altro caso (quello di Ceice ed Alcyone: 11, 736 ss.) è altrettanto signifi-
cativo in quanto costituisce un esempio di riscatto di un amore coniugale tragica-
mente interrotto dalla morte di uno degli sposi (questa volta il marito).
84. Anche Pigmalione, in fondo, esprime il desiderio di trovare una forma di
compatibilita con la statua di cui è innamorato: si tratta di un'inversione del tipo
noto all'epillio? Cf. ancora Viarre 1968, p. 246 «l'on est ainsi amené à se deman-
der si la réussite de Pygmalion - qui anime la statue - ne représente pas d'une
certaine façon la réussite qui fut celle d'Orphée, puisque le livre XI des Méta-
morphoses suggère une rencontre définitive avec Eurydice». Cf. in generale an-
che Barchiesi 1997, p. 139, secondo cui la metamorfosi è il freno che impedisce
«il precipitare del tragico e la collusione del pathos»: è notevole che egli dica

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 111

risce solitamente dall'abbracciofra un vivente e uno spettro.


L'immagine finale dei coniugi liberi di passeggiareassieme e
giocare a precedersil'un l'altro85si affiancacosì a quella di al-
tre coppie che la metamorfosiconsegna a una nuova esistenza
in cui il premio di un ritrovato affetto reciproco funge da ele-
mento di continuità col passato86:Cadmo e Armonia (4, 599
ss. ...at illa I lubricapermulcetcristaticolla draconis,I et subito
duo sunt iunctoque volumine serpunt,I donec in adpositi ne-
moris subiere latebras. I Nunc quoque nec fugiunt hominem
nec vulnere laedunt, I quidquepriusfuerint, placidi meminere
dracones)*7; Ceice e Alcione [dopo la metamorfosi di Alcione
(11, 731 ss.) e le sue effusioni affettuose sul cadaveredel ma-
rito (736 ss.) si verificala seconda metamorfosi(739 ss.): sense-
rit hoc Ceyx an vultum motibus undae I tollere sit visus,popu-
lus dubitabat; at ille I senserat, et, tandem superis miseranti-
bus, ambo I alite mutantur. Fatis obnoxius isdem I tunc quo-
que mansit amor, nec coniugiale solutum est I foedus in aliti-
bus...]; infine Filemone e Bauci, esempio di una rara tipologia
di metamorfosi 'in contemporanea'88, secondo quanto richie-
sto espressamenteagli dei dai due anziani coniugi (8, 709 s.
auferat bora duos eadem, nec coniugis umquam / busta meae
videam neu sim tumulandusab illa): la trasformazionegiunge
insieme alla morte (712a donec vita data est) e in sostanza si
sostituisce ad essa (712b ss. ...annis aevoque soluti I ante gra-
dus sacroscum starentforte locique I narrarentcasus,frondere
Philemona Baucis, I Baucida conspexitsenior frondere Phile-
mon. I Iamque supergeminos crescentecacuminevultus I mu-
tua, dum licuit, reddebant dieta «Vale» que « coniunx» di-
xere simul, simul abdita texit I ora frutex: ostendit adhuc

questo per mostrare come Ovidio riesca a spiazzare le aspettative di un lettore


cui la tradizione ellenistico-neoterica dell'epillio è familiare.
85. Particolarmente apprezzata, per es., da Otis 1970, p. 185. Cf. a questo pro-
posito anche Tib. 1, 3, 59 passimque vagantes.
86. Cf. Labate 1975, pp. 122 ss., per il concetto di aequalitas e reciprocità in
amore.
87. Cf. Eur. Baccb. 1330 ss., già menzionato qui sopra, alla n. 82.
88. Forse un altro caso, minore ma interessante perché collocato all'interno dei
racconti di Orfeo (anche se, nello specifico, narratrice della fabuh è Venere), è
quello di Atalanta e Ippòmene, mutati in leoni e poi aggiogati al carro della Ma-
gna Mater (10, 698 ss.).

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112 Marco Fucecchi

Thyneius Ulk I incola de gemino vicinos corpore truncos,


ecc.)89.
Il passaggio dalla posizione di Binnenerzählung (nelle
Georgiche) a quella di Rahmenerzählung(nelle Metamorfosi)
coincide, dunque, con un'attenuazionedei tratti più irresolu-
bilmente tragici della figura di Orfeo, amante prostrato dal
destino, ma poeta capace di sublimareil dolore privato grazie
all'autocoscienzadi artista,e alla fine - malgradol'impossibi-
lità di sfuggire alla morte mediante le stesse risorse dell'arte-
di nuovo amante 'premiato',pur nell'aldilà, con la possibilità
di riappropriarsidi una passione che sembrava perduta per
sempre. Secondo una tendenza chiaroscuraletipica dell'epillio
latino, in cui una cornice di luminosa grazia alessandrina
spesso delimita il pathos intenso e oscuro del racconto inse-
rito90,la fabula si chiude su un'immagine di relativa serenità.
La nuova versione dell'amore tra Orfeo ed Euridice risulta
così sotto certi aspetti valorizzata come esempio di eros legit-
timo e 'costruttivo', che - anche dopo il discidium causato
dalla morte - può trovare una peculiare forma di realizza-
zione. Forse implicitamentel'eros coniugale, celebrato anche
nella storia di Pigmalione, si oppone proprio a quegli amori
innaturali, 'incompatibili' (e dall'esito infelice) che costitui-
scono l'argomento principaledella digressione narrativa.Eroe
culturale e civilizzatore91,figura di cantore archetipico e per-

89. Anche la 'tenacia' dell'amore di Orfeo per Euridice potrebbe sorprendere il


lettore di Ovidio, informato della nuova inclinazione pederotica del poeta: il pre-
potente ritorno dell'affetto coniugale, da collegare a mio parere allo stesso feno-
meno della morte-metamorfosi, potrebbe riflettere anche la tenacia caratteristica
del modello-Aristeo rispetto all'Orfeo virgiliano (Conte 1996 [1998], p. 116). Di-
versamente, Segai 1995, p. 91 sottolinea il significato di 10, 79 ss. ...omnemque re-
fugerat Orpheus I femineam Venerem, seu quod male cesserai UH, I sive /idem
deaerai, come suggestione che gli amori omosessuali possono addirittura essere
la conseguenza di una devozione profonda alla moglie.
90. La Penna 1982, pp. 121 s.; cf. l'andamento di Catullo 64 e Verg. georg. 4,
315-558. Ma forse - afferma sempre La Penna - uno spunto in tal senso si può ri-
scontrare già nell'Ecale mettendo a confronto la vicenda di Teseo col racconto
della vecchia. Aggiungerei, d'altra parte, che anche in Mosco la storia di Europa,
meno patetica di quella di Io, costituisce il racconto-cornice. Sembrano già pun-
tare in una direzione simile alcune fini osservazioni di Otis 1963, pp. 190 ss. sul
rapporto «frame ~ inset» nell'epillio di Aristeo e Orfeo, ma la sua equazione fi-
nale (Aristeo/omerico/oggettivo vs. Orfeo/neoterico-elegiaco/soggettivo) ap-
pare troppo rigida e, in fondo, riduttiva.
91. Un aspetto valorizzato soprattutto da Hor. ars 391 ss. La funzione civiliz-

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Teseo e Orfeo nelle Metamorfosidi Ovidio 113

ciò legato a valori portanti dell'intero poema (l'amore, il culto


dell'artee la potenza créatricedella poesia), l'Orfeo delle Me-
tamorfosisegue un percorso che dallo scacco iniziale, seguito
da un fallimento ancora più bruciante, lo conduce - proprio
attraversoil passaggio definitivo nel regno delle ombre - ad
una paradossaleforma di riscatto. Questa sua parabola pre-
senta qualche analogia con quella di Aristeo, l'eroe agricol-
tore-allevatore inizialmente prostrato dalla perdita delle api,
ma il cui successo finale nell'epillio delle Georgichestride evi-
dentemente col definitivo insuccesso dello stesso Orfeo (tema
del nucleo centraledel componimento). Il rapporto di paralle-
lismo contrastivo tra i due personaggi virgiliani92diviene nelle
Metamorfosi (in assenza dell'uno) un rapporto di 'sostitu-
zione funzionale', che consente ad Orfeo di affrancarsi(a suo
modo!) dall'etichetta di amante condannato a un'eterna
infelicità.

Università di Udine

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orfico: met. 10, 300 dira canam: procul hinc natae, procul este parentes; cf.
Barchiesi 1989, pp. 67 e 72 s.).
92. Conte 1996 [1998] pp. 110 ss. e 120 s.

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