Sei sulla pagina 1di 8

La ricchezza intangibile

- Capitolo 1
La nozione di capitale umano
Il crescente interesse nei confronti del livello di competenza della popolazione adulta origina dalla
fondata consapevolezza che da esso dipende buona parte dello sviluppo sociale ed economico dei
paesi. Human Capital Investment comprende le conoscenze, le capacità e le competenze e gli
attributi espressi dagli individui che sono rilevanti per le attività economiche. La nozione di capitale
umano è tra i principi economici più longevi.
L’origine
Risale al capostipite della teoria classica, Adam Smith, l’inclusione delle capacità apprese e usate
dagli abitanti di un paese nel conteggio del capitale ad esso disponibile. Il lavoro è il risultato
dell’applicazione di capacità e talenti personali. L’uomo formato a spese di fatica e tempo è tenuto
alla ricostruzione dell’intera spesa impiegata per la sua istruzione. Secondo Smith la prosperità è la
ricompensa degli sforzi e il tesoro di una nazione è il lavoro dei suoi cittadini. Le idee di Smith
avevano già degli antecedenti. Già al volgere del XV secolo, William Petty, per calcolare la capacità
contributiva dell’Inghilterra, aveva proposto di stimare il valore monetario del capitale umano in
quanto facente parte a pieno titolo della contabilità della ricchezza nazionale. Oltre 150 anni dopo,
Farr, indicò il capitale umano come oggetto di pertinenza della finanza pubblica. Egli definì gli
esseri umani beni capitali.
La riscoperta
Nel 1961 Theodore Schultz pubblicò Investment in Human Capital, un articolo di riferimento per gli
studi di settore per molti anni a seguire. Nell’incipit l’autore afferma che è pratica scontata per gli
individui mirare ad acquisire sempre maggiori conoscenze e competenze; non lo è altrettanto il
considerare queste acquisizioni come forme di capitali prodotte da un investimento deliberato.
Investire in se stessi porta non solo maggior benessere individuale e guadagni ma anche a una
migliore crescita economica generale. Secondo Becker il capitale umano equivale ad uno stock di
beni propri accumulati che permette alle persone di ricevere flussi di rendita come se fossero
interessi. Questa concezione fu bersaglio di critiche.
Numerosi fattori oltre alla produttività determinano i salari, tra questi: le trasformazioni del
sistema economico-produttivo; i rapporti di potere tra le diverse coalizioni distributive; l’azione di
diverse forme di discriminazione e le dimensioni dell’azienda.
Gli anni 80’: Nuovi inizi
Una riconsiderazione del ruolo del capitale umano si ebbe negli anni 80’ del secolo scorso quando
tra gli economisti si diffuse l’insoddisfazione nei confronti della capacità esplicativa della teoria
solowiana riguardo la crescita economica. La teoria solowiana non permetteva di apprezzare
l’effettivo stato di povertà di alcuni paesi e ne sovrastimava la futura crescita. A suscitare le
critiche più radicali fu l’ipotesi della cosiddetta convergenza verso un equilibrio dinamico, secondo
cui le economie tendono ad approssimarsi intorno ad un comune tasso di crescita. La
riproposizione del più classico dei quesiti economici stimolò l’approfondimento dei meccanismi
della crescita dei paesi. Ne derivarono le nuove teorie della crescita, secondo cui, qualora si tenga
conto di tutti i fattori che possono essere accumulati, la crescita può essere considerata un
processo a tasso costante. Il capitale è costituito sia da beni fisici e materiali sia da beni intangibili,
anzitutto le conoscenze e le competenze. Di conseguenza il capitale umano stesso venne integrato
tra fattori che contribuiscono allo sviluppo economico. A differenza dei messi fisici, il capitale
umano non tende a perdere la sua forza-traino a seguito di una massiccia accumulazione, e quindi
può essere fattore di sviluppo continuo e costante. Esso, infatti, si accresce e si rigenera con l’uso.
Secondo l’intuizione di Lucas esso inoltre produce ricadute positive apprezzabili in tre
conseguenze distinte: stimolando l’innovazione, maggiore ricerca e sviluppo rende sempre più
importante l’istruzione e la conoscenza da spendere nel mercato del lavoro; migliora la
produttività, l’impiega di personale formato provoca benefici in termini di trasferimento di
conoscenza e esperienza formativa nei confronti dei lavoratori non qualificati; strumento
essenziale per la produzione di capitale umano è lo stesso capitale umano.
Dal concetto alla teoria
Oggi, proprio come suggeriva alla fine del sec. XVIII Adam Smith, le capacità e le attitudini
individuali sono considerate come un effettivo valore a disposizione della persona. La tendenza
attuale concentra l’attenzione sulle capacità, sulle competenze e sui saperi espressi dalla persona.
La distinzione tra gli individui e le loro capacità pare fondamentale. Solo distinguendo tra la
persone e le sue capacità pare infatti legittimo procedere alla scomposizione e alla valutazione del
capitale umano. Accordiamo alla persona in quanto tale un valore inestimabile, ma valutiamo
accuratamente le sue competenze e conoscenze sulla base della loro estensione, profondità e
fecondità di applicazione. Le implicazioni della nozione di capitale umano e le sue possibili
applicazioni hanno fatto sorgere una vere e propria teoria del capitale umano, ovvero un insieme
di proposizioni coerentemente connesse che si pongono a un elevato livello di astrazione e dalle
quali possono essere derivate delle previsioni empiriche. Le ipotesi in cui si articola tale teoria
sono:
1) Un elevato livello di capitale umano connesso a maggior occupabilità
2) Un elevato livello di capitale umano è connesso a un maggiore reddito individuale
3) Un elevato livello di capitale umano della popolazione è connesso a maggior crescita
economica del paese
La prima proposizione affermazione che le qualificazioni mettono al riparo dal rischio
disoccupazione. A parere dei teorici del capitale umano, il fattore che spiega le disuguaglianze del
reddito è il possesso differenziato di conoscenze e competenze applicabili nel mondo del lavoro.
La terza proposizione individua, infine, una relazione positiva tra ammontare dello stock di capitale
umano a disposizione di un paese e prosperità della sua economia. I suoi estimatori, al contrario,
sostengono che la teoria del capitale umano ha fornito nuovi stimoli alla ricerca e rappresenta la
formulazione più parsimoniosa e convincente per la spiegazione di fenomeni composti quali la
produttività, la crescita economica e l’occupazione, utilizzando il segnale (screening) costituito dal
titolo di studio per valutare le attitudini.
- Capitolo II
Esercizi di stima
Il capitale umano è una proprietà complessa, composta da numerose dimensioni. Sfugge a
un’osservazione diretta e le pratiche per la sua inferenza sono controverse. Può senz’altro essere
considerata una ricchezza, ma è una ricchezza di un tipo particolare: risiede nelle persone e la sua
erogazione dipende dalla loro volontà. Molti autori preferiscono sottolineare come la fondazione
teorica della nozione di capitale umano presenti ancor oggi due ordini di difficoltà: l’assenza di una
definizione precisa e l’incerta trasformazione del concetto di un’entità rilevabile. Nella storia del
pensiero economico da tempo è in atto il tentativo di valutare le persone e le loro capacità
acquisite al fine di includerle tra le componenti del capitale.
Numerose procedure
Secondo Huebener, il capitale umano, doveva ricevere lo stesso trattamento scientifico del
capitale convenzionale. Agli inizi del Novecento furono numerosi i tentativi in questa direzione.
Due, in sintesi le procedure cui possono essere ricondotti le principali tecniche di stima del valore
monetario dell’essere umano: la procedura cost of production e la capitalized earning. La prima
attribuisce valore economico al capitale umano detenuto dall’individuo attraverso la
considerazione di tutte le spese affrontate per la sua crescita dalla nascita fino al momento in cui si
rende produttivo. La seconda mediante la stima del valore attuale dei suoi redditi futuri. Boag,
sostenne che le procedure di rilevazione dovevano differenziarsi in relazione agli scopi cui erano
destinate le stime. Le maggiori difficoltà emersero dall’applicazione della procedura cost of
production, ben presto caduta in disuso. La procedura cost of production non produce quindi
valutazioni del capitale umano; è solo utile a stimare i suoi costi di formazione. Anche l’approccio
capitalized earning non risultò, del resto, privo di difficoltà.
L’importanza dell’istruzione formale
Dal momento che il calcolo del capitale umano consiste nella stima delle capacita di una persona a
produrre redditi da lavoro, gli esponenti della scuola economica di Chicago Ritennero che per la
sua rappresentazione potesse essere sufficiente la considerazione dei flussi di formazione, ovvero
l'istruzione formale e l'esperienza. Lavorativa. Le migliori conoscenze e competenze derivanti da
un prolungato corso di studi e dal job training incrementerebbero la produttività del soggetto
assicurandogli una remunerazione più elevata. Il reddito individuale venne quindi descritto da una
formulazione comprendente gli anni di scolarità. Di esperienza lavorativa e un'insieme di variabili
individuali, più un errore casuale. A partire da tali considerazioni fu prodotto un vasto corpo di
studi empirici sugli esiti dell'istruzione formale sul mercato del lavoro. I diversi rendimenti
dell'istruzione non sono tuttavia esclusivamente attuabili alle fluttuazioni della domanda. Essi
sono, anche in relazione con i dispositivi retributivi attuati nei paesi. Esistono infine notevoli
differenze all'interno dell'Europa stessa. La relazione tra istruzione formale, reddito individuale è
stata estesa per analizzare la produttività in generale. Alla base vi è una considerazione piuttosto
semplice, se le persone più istruite producono più reddito, buoni livelli di istruzione della
popolazione avranno come conseguenza una maggiore ricchezza dell'economia generale. In
America Latina gli anni di frequenza scolastica delle forze di lavoro siano aumentati del 2,7%,
mentre la crescita di prodotto per lavoratore è solo dell 1,6. Nello stesso periodo, anche nell'Africa
sub sahariana e nell'Asia del Sud, la crescita annua di prodotto per lavoratori esatto inferiore alla
crescita di istruzione. A parere di Pritchett Sono almeno tre le possibili spiegazioni del fenomeno:
1) La qualità dell’istruzione offerta dai sistemi scolastici è così bassa da non incrementare
consistentemente la dotazione di capitale umano;
2) Il rendimento marginale dell’istruzione decade rapidamente perché l’offerta di lavoratori
qualificati si espande continuamente mentre la domanda rimane stagnante
3) Le condizioni istituzionali sufficientemente perverse proprie di molti paesi hanno favorito
l’applicazione del capitale umano in attività che servono a ridurre la produttività.
Tra gli anni settanta e gli anni Novanta alcuni paesi della costa pacifica asiatica, che molto avevano
investito in istruzione, realizzarono uno sviluppo economico assai rapido e sostenuto. Il successo
economico delle tigri asiatiche risultò dall’azione di molti fattori. A fare la differenza fu soprattutto
la politica economica di apertura dei mercati e di esenzioni fiscali di politica economica di apertura
dei mercati e di esenzioni fiscali sugli investimenti privati perseguita dai governi. Altre circostanze
favorevoli diedero il loro contributo: la globalizzazione del commercio e della finanza avevano
creato una buona base per una rapida crescita delle esportazioni; le nuove tecnologie elettroniche
erano facilmente trasferibili tra gli stati; i manufatti costruiti intorno a microchips erano produzioni
particolarmente adatte a economie prive di un sistema industriale pesante. Queste considerazioni
non sminuiscono l’importanza della diffusione dell’istruzione: nei paesi citati fu proprio il buon
livello d’istruzione della popolazione a rendere possibile l’assimilazione delle tecnologie,
l’adattamento dei processi produttivi e lo sviluppo delle competenze tecniche interne che
contribuirono alla crescita economica.
Grandangolo
Le difficoltà di stima dello stock di capitale umano si semplificano nel tentativo di fornire una
definizione operativa che renda i diversi stati sulla proprietà in questione rilevabili in contesti
diversi, al fine di operare comparazioni transnazionali. Le differenze economiche, demografiche,
politiche tra i diversi paesi sembrano ostacolare una rappresentazione del capitale umano
mediante indicatori comuni. Il potenziamento del capitale umano, nel rapporto del 2000,
evidenzia che gli ambiti selezionati furono: 1) la qualità della vita; 2) le forze di lavoro; 3) la
povertà; 4) la distribuzione dei guadagni e dei consumi; 5) l’istruzione; 6) la salute.
Gli indicatori elaborati dalla Banca Mondiale sono diventati una delle principali fonti cui attingono
gli estensori dei Rapporti sullo Sviluppo Umano, pubblicati annualmente a cura dell’UNDP. L’indice
di sviluppo umano consente di stabilire differenze puntuali tra le condizioni dei paesi in via di
sviluppo o in transizioni e quelle dei paesi a economia avanzata.
Rinnovate Stime
L’educational attainment rappresenta empiricamente la priorità ma non la rileva in modo diretto.
La valutazione dei benefici del capitale umano a partire dai dati relativi al livello di istruzione
produce risultati approssimativi e parziali. La proxy “livello di istruzione formale”:
1) Non indica quali conoscenze e competenze vengono apprese e in quale misura
2) Non considera la svalutazione della conoscenza appresa
3) Ignora la disomogeneità degli esiti in istruzione e in formazione conseguiti anche da istituti
dello stesso tipo
4) Ignora l’istruzione non formale

- Capitolo III
Capitale umano: sviluppi recenti
Le principali definizioni di capitale umano trascurano i numerosi attributi non-cognitivi a
fondamento della capacità degli individui a impegnarsi in attività utili. Se di fatto costituiscono
patrimonio personale il sapere cosa, il sapere perché e il sapere come, in che modo considerare
altrimenti il sapere con chi e caratteristiche quali la motivazione, perseveranza, immaginazione ?
A parziale rimedio di questa lacuna, si sono recentemente registrati numerosi tentativi di
ampliamento dell’elenco di attributi che costituiscono il capitale umano. È stato incluso anche il
capitale biografico ovvero il capitale di coloro che, non possedendone altri, possono unicamente
avvantaggiarsi dell’esperienza costituita dalla propria traiettoria di vita. Si tratta principalmente di
persone prive di qualificazioni: i nuovi proletari o anche dei nuovi poveri che stentano a trovare un
impiego e talvolta ricorrono ai servizi di protezione sociale.
Verso un’accezione più ampia
Da tempo la ricerca psicologica pone in risalto l’importanza delle risorse di tipo precognitivo e non
cognitivo. Gli individui possiedono un insieme di capacità utili ai processi di produzione che, offerti
al mercato del lavoro a un dato prezzo orario generano un reddito. Numerose evidenze
contrastano con questa ipotesi. In primo luogo, individui dal capitale umano apparentemente
simili percepiscono redditi molto diversi. In secondo luogo, il successo nel mondo del lavoro si
trasmette di padre in figlio. Terzo, alcune caratteristiche generalmente giudicate di secondaria
importanza, mostrano una influenza certa sui guadagni percepiti. L’assenza di una definizione
condivisa non ha costituito un impedimento all’indagine empirica. L’importanza delle qualità
personali è accresciuta dall’accertata assenza di correlazione significativa con il livello di
intelligenza.
Basic human capital vs Wider human capital
Sulla scorta dei risultati di queste recenti ricerche, l’OCSE ha provveduto ad ampliare la nozione di
capitale umano definendolo come l’insieme delle conoscenze, capacità, competenze e attributi
espressi dagli individui che facilitano la creazione del benessere personale, sociale ed economico.
Il capitale umano comprende quindi specifiche competenze professionali cui si aggiunge un’ampia
gamma di attribuiti che l’OCSE ha provvisto a classificare:
1) Capacità di comunicazione
2) Capacità logico-matematiche
3) Competenze personali
4) Competenze relazionali
5) Altre capacità ed attributi
Questo elenco, talmente condivisibile da apparire ovvio, è nondimeno frutto di un’opera laboriosa.

Capitolo IV
La cultura degli italiani
Con cultura si indica tutto ciò che deriva dai modi di pensare, di conoscere, di percepire e di
sentire simbolicamente espressi. Una simile concezione di cultura, di derivazione antropologica, è
assai lontana da quella più restrittiva, di stampo classico e umanista, che a lungo è prevista. La
definizione di cultura proposta da Geertz denota una struttura di significati trasmessa
simbolicamente, incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme
simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano e sviluppano la loro conoscenza e
i loro atteggiamenti verso la vita.
La difficile impresa del letteratismo in Italia
Durante il primo censimento del dopoguerra, nel 1951, il 12,9% della popolazione si dichiarò
analfabeta. Tale percentuale sommata al 46.3% rappresentato da coloro che pur dichiarandosi
alfabeti erano privi anche del minimo titolo di istruzione, mostrava un paese dalla profonda
arretratezza culturale. L’obbligo sancito dalla costituzione italiana di frequentare la scuola per otto
anni, era frequentemente evaso. Nel volgere di poco meno di mezzo secolo il quadro è
profondamente cambiato: il boom economico-demografico degli anni sessanta, l’espandersi delle
professioni del settore terziario e l’accresciuta consapevolezza dell’importanza dell’istruzione per
una migliore prospettiva di vita hanno promosso un’imponente espansione del sistema scolastico.
L’istruzione
In media gli adulti italiani, ovvero la popolazione compresa fra i 25 e i 64 anni, hanno calcato le
aule scolastiche per poco più di nove anni, meno della media dei paesi membri dell’OCSE. A lungo
in Italia l’istruzione obbligatoria è coincisa con il primo ciclo dell’istruzione, composto dalla scuola
primaria, dalla scuola secondaria di primo grado.
Le abitudini culturali
La cultura intesa come l’insieme di strumenti simbolici appresi per pensare e per fare, forniscono
una risposta alle numerose statistiche dei consumi culturali che periodicamente vengono prodotte
dall’ISTAT e dal CENSIS. La lettura è un’abitudine che pare principalmente stimolata dalla
frequenza scolastica: più contenuta nei bambini al primo ciclo d’istruzione, essa aumenta con
l’aumentare dell’età, registrano un picco tra i 15-17enni. Molto verosimilmente l’italiano poco
istruito ha serie difficoltà ad affrontare la sfida della lettura di un libro intero. Una definizione di
lettore più stringente e la comparazione con le abitudini di fruizione dei media in altri paesi
europei, rende infatti sconfortanti i consumi culturali degli italiani.

Capitolo V
Italiani incompetenti
I fasti del passato, che ancora oggi ogni anno attirano migliaia di turisti a visitare le nostre città,
sono certo irraggiungibili. Quotidianamente si inaugurano iniziative culturali. Il sistema d’istruzione
ogni anno diploma e laurea un numero sempre più elevato di giovani. È sufficiente rilevare una
carente propensione alla lettura e consumi culturali asfittici per concludere che gli italiani sono
incompetenti? Competenza, infatti, è indicata sia della capacità necessaria al raggiungimento di
uno scopo, sia il repertorio minimo di saperi di base. Giraud parla di competenza come grado di
padronanza raggiunto nell'esecuzione di attività e di competenza funzionale come minimo
necessario per per risolvere senza troppa difficoltà i problemi della vita quotidiana. La competenza
designa la conoscenza abbastanza approfondita di una materia o un'abilità. Riconosciuta la
capacità di portare a termine un compito in maniera soddisfacente. Si è competenti o non lo si EE
riguardo alla prestazione da fornire e non in relazione alle prestazioni altrui? Se la competenza, il
requisito necessario al raggiungimento del risultato atteso non è sempre requisito sufficiente, le
condizioni ambientali possono presentare disturbi e perturbazioni, ostacolare l'esecuzione del
compito.
Un’incompetenza accertata
La sommaria rassegna dei principali significati attribuiti al termine, competenza, evidenze. La
difficoltà stabilirne gli ambiti di riferimento e i parametri per la sua valutazione. Esistono infatti
almeno tre modi per valutare la competenza rispetto alle prestazioni precedenti esibite dal
soggetto rispetto a un livello standard stabilito rispetto alle prestazioni di altri appartenenti alla
stessa popolazione di rilevazione. Ognuno di questi modi richiede che sia fissato un complesso di
regole. Procedure che consentono di rilevare lo stato di ogni caso considerato sulla proprietà in
questione. Im pressante continua crescita e quindi la domanda di dati validi e comparabili sul
grado di competenza della popolazione adulta, dimensione fondamentale della competenza e la
capacità alfabetica. Il letteratismo, ovvero il possesso degli strumenti di decodifica dei simboli
scritti, non solo rende possibile fronteggiare le incombenze della vita. Ma è via di accesso
privilegiata a fonti di conoscenza e di informazione. Esso consente inoltre l'espressione di molte
potenzialità individuali. Il letteratismo non è considerato una mera conoscenza, congiungendo il
sapere al saper fare esso stesso una competenza. Il letteratismo fu rilevato secondo tre
dimensioni. Il letteratismo dei testi in prosa include le conoscenze e le capacità necessarie per
comprendere usare le informazioni contenute in testi, i quali articoli, racconti, istruzioni e fogli
informativi letteratismo dei documenti include le conoscenze, le capacità richieste per
comprendere e usare le informazioni contenute in schede da belle moduli, mappe grafici.
Numeracy include la conoscenza e la capacità richiesta per compiere operazioni aritmetiche,
singole o sequenze prestati in testi scritti.

Capitolo VI
Vecchi e nuovi indicatori
Frequente è il richiamo a una possibile misura del capitale umano. Anche nella letteratura
scientifica è ricorrente il riferimento alla misurazione del capitale umano. Tali espressioni sono
fuorvianti. Sarebbe possibile misurare il capitale umano soltanto possedendone un’unità di
misura, ovvero una sua quantità standard impiegabile come cardine di riferimento. Un’unità di
misura di questo genere ovviamente non esiste. In sua assenza rimarrebbe imprecisata la
dotazione di capitale umano disponibile nei diversi contesti e risulterebbe impossibile vagliarne in
modo puntuale gli effetti derivanti.

Potrebbero piacerti anche