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L’opera è stata ideata e progettata da Marta Sambugar che ha anche coordinato il lavoro dei collaboratori.
Nel presente volume, Gabriella Salà ha curato la realizzazione dei seguenti moduli: “Dall’età del Positivismo alle
Avanguardie”, “Il romanzo fin de siècle tra passione e descrizione”, “Giovanni Verga”, “Giovanni Pascoli”, “La
letteratura dell’impegno”, “La poesia tra le due guerre”, “Eugenio Montale”, “La narrativa italiana tra le due guerre”,
“Dal secondo dopoguerra ai giorni nostri”, “Se questo è un uomo di Primo Levi”.
ISBN 88-221-5338-3
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compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS, e CNA,
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Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume,
solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe 2, 20121 Milano, tel. e fax 02 809506, e-mail aidro@iol.it
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Marta Sambugar
Gabriella Salà
INDICE GENERALE
Sezione 1 – Tra fin de siècle e primo Novecento
alle
Modulo 1 Avanguardie
– Storia e cultura La narrativa di consumo e pedagogica 35
IV Indice generale
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Indice generale V
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C. Sbarbaro, Pianissimo
Percorso 2 – La lirica italiana TACI, ANIMA STANCA DI GODERE 253
tra Ottocento IN SINTESI 255
e Novecento Itinerario multimediale 256
Gli scapigliati 203
Il Decadentismo italiano 203
Giosue Carducci e la restaurazione Modulo 5 – L’autore
del classicismo 204
I crepuscolari 204 Giovanni Pascoli
I futuristi 205
Altre espressioni poetiche 205
LA VITA, LE OPERE, IL PENSIERO
La ribellione dei poeti tra Otto e Novecento 206 E LA POETICA
AUTOVALUTAZIONE 206 L’infanzia, la formazione, l’impegno politico 260
L’attività poetica e critica 260
A. Boito
Il pensiero e la poetica 261
DUALISMO 208
Pascoli e la poesia italiana del Novecento 264
E. Praga Linguaggio, stile e temi in Pascoli 265
PRELUDIO 211 AUTOVALUTAZIONE 265
LINEA DEL TEMPO 266
G. Carducci, Rime nuove 214
PIANTO ANTICO 215 Il fanciullino
Le figure retoriche in Pianto antico 216 «È DENTRO DI NOI UN FANCIULLINO» 269
Odi barbare Myricae 271
NEVICATA 217 LAVANDARE 272
L’autore – Gabriele D’Annunzio 219 NOVEMBRE 273
LA STRUTTURA SI NTATTICA 275
Poema paradisiaco
X AGOSTO 276
CONSOLAZIONE 223
L’ASSIUOLO 279
Laudi del cielo, della terra, del mare, Liriche a confronto: Il corvo di E. Allan Poe 281
degli eroi 226 TEMPORALE 282
LA SERA FIESOLANA 227 IL LAMPO 284
LA PIOGGIA NEL PINETO 230 IL TUONO 285
LA CRITICA – LA MUSICALITÀ DI D’ANNUNZIO 234
Canti di Castelvecchio
LE STIRPI CANORE 235
LA MIA SERA 287
S. Corazzini 236 LA METRICA 289
DESOLAZIONE DEL POVERO POETA SENTIMENTALE 237 Le figure retoriche della Mia sera 290
Collegamento a... – Giovanni Pascoli 239 L’ORA DI BARGA 293
IL GELSOMINO NOTTURNO 295
A. Palazzeschi, L’incendiario
LA METRICA 298
E LASCIATEMI DIVERTIRE 240
NEBBIA 298
G. Gozzano, I colloqui 243 LA CRITICA – UNA POESIA OLTRE LA MORTE 300
TOTÒ MERUMENI 244 Poemi conviviali
LA CRITICA – L’AMABILE POESIA DI GOZZANO 246 IL VERO 301
F.T. Marinetti, Zang Tumb Tumb 247 Nuovi poemetti
IL BOMBARDAMENTO DI ADRIANOPOLI 248 LA VERTIGINE 304
D. Campana, Canti orfici 250 IN SINTESI 307
LA CHIMERA 251 Itinerario multimediale 308
VI Indice generale
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Indice generale IX
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Storia dell’arte – DALL’ETÀ DEL REALISMO ALLA SECONDA METÀ DEL NOVECENTO 691
Percorso tematico 1 – IMMAGINI DELLA CITTÀ DAL SECONDO OTTOCENTO
AL NOVECENTO 727
Percorso tematico 2 – ARTE E CIVILTÀ DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA
NEL NOVECENTO 741
X Indice generale
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Indice generale XI
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Modulo 21 – Il genere
Il teatro del secondo
Novecento
LA RIVOLUZIONE TEATRALE
DEL SECONDO NOVECENTO
Il teatro europeo 986
Il teatro statunitense 989 I termini sottolineati rimandano al glossario a p. 1029
e:
co
SEZIONE 1
p. 3 H. Van de Velde, p. 3 Khnopff, Maschera p. 57 G. D’Annunzio alla p. 59 Giovanni Papini in p. 67 G. Seurat, La grande p. 74 Ritratto fotografico
Accademia di Belle Arti, con cortina nera, 1909. guida del suo aeroplano. una fotografia giovanile. Jatte, 1884-1886. di É. Zola.
Weimar, 1904-1911 (inter-
no).
p. 81 Guy de Maupassant. p. 86 Bianchi, G. Verga, p. 87 G. Deledda in una p. 97 Ritratto di J.-K. p. 107 O. Wilde in una p. 127 Giovanni Verga.
1912. fotografia giovanile. Huysmans. fotografia giovanile.
p. 200 V. Majakovskij nel p. 208 Arrigo Boito. p. 211 Emilio Praga. p. 214 G. Carducci, foto- p. 236 Sergio Corazzini. p. 239 G. Pascoli nella
1913. grafia del 1900 ca. maturità.
p. 240 Palazzeschi in una p. 243 Guido Gozzano. p. 247 F.T. Marinetti all’e- p. 250 Dino Campana, in p. 253 Sbarbaro negli anni p. 259 Il professor Pascoli
fotografia di Mario Nunes poca del lancio del una fotografia del 1912. di Pianissimo. al tempo del suo primo
Vais, 1913. Futurismo. incarico, Matera (1882-84).
p. 309 P. Picasso, Donna p. 320 J. Conrad. p. 325 M. Proust. p. 330 J. Joyce. p. 337 Ritratto di H. Hesse, p. 341 Thomas Mann.
seduta appoggiata sul 1946.
gomito, 1939.
p. 347 F. Kafka. p. 359 V. Woolf a vent’an- p. 367 G. Klimt, Nuda p. 370 I.U. Tarchetti. p. 376 Ritratto di H. James. p. 388 K. Mansfield.
ni; fotografia di G.C. Veritas, particolare, 1899.
Beresford.
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Modulo 1 Storia
e cultura
Prerequisiti
• Saper individuare i concetti fondamentali espressi in un testo
• Saper sintetizzare il contenuto informativo di un testo
Obiettivi
Conoscenze
• Conoscere le caratteristiche fondamentali dell’epoca attraverso
le figure e le opere più rappresentative
• Conoscere per grandi linee le ideologie, le filosofie e le scoperte
scientifiche emergenti dell’epoca
• Conoscere l’intreccio tra l’atmosfera culturale e la produzione
letteraria
• Conoscere le poetiche più rappresentative dell’epoca
Competenze
• Individuare l’intreccio tra l’atmosfera culturale dell’epoca, i
mutamenti sociali e la produzione letteraria
• Ricavare dai testi l’ideologia e i principi di poetica di un autore
• Cogliere differenze e analogie tra poetiche, autori e opere
• Saper analizzare i testi
• Saper approfondire i contenuti tematici di un testo
• Saper collegare le tematiche di un testo a tematiche più vaste,
legate alle condizioni socioculturali delle diverse epoche
• Saper inserire le tematiche di un testo in un contesto
multidisciplinare
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Il contesto
Il quadro economico
Queste ultime, in pratica, raccoglievano i risparmi dei privati e li mobilitavano verso il fi-
nanziamento di nuovi impianti industriali. Un ulteriore canale di approvvigionamento di
capitali fu il ricorso agli investimenti esteri. Il trasferimento di capitali da un paese al-
l’altro, facilitato dalla libertà di commercio, divenne un fenomeno diffuso.
LA GRANDE DEPRESSIONE
A partire dal 1873 e fino alla metà degli anni Novanta dell’Ottocento l’economia mondia-
le fu contrassegnata da una grave crisi. Ciò avveniva nonostante la produzione conti-
nuasse a crescere impetuosamente, come pure il commercio internazionale. Anzi, fu pro-
prio negli ultimi decenni dell’Ottocento che le economie industriali americana e tedesca
fecero passi da gigante e la rivoluzione industriale si estese a nuovi paesi quali la Svezia
e la Russia. Ciò nondimeno si parla, per questo periodo, di grande depressione.
Crollo ● Che cos’era dunque accaduto? Ad entrare in crisi non era stata la produzione, ma la
dei prezzi sua redditività, dovuta a un forte calo dei prezzi, dapprima dei prodotti agricoli, poi
dei prodotti
agricoli anche industriali. La caduta dei prezzi agricoli fu determinata dall’invasione dei grani
d’oltreoceano che inondarono i mercati europei. Le conseguenze per gli agricoltori, ma
in generale per l’intera società, furono drammatiche, giacché i contadini costituivano an-
cora il 40-50% della popolazione lavoratrice maschile nei paesi sviluppati (eccetto la Gran
Bretagna) e fino al 90% negli altri. La crisi di sovrapproduzione agricola finì per estendersi
anche all’industria e al commercio. Si verificò così, durante gli anni Ottanta dell’Otto-
cento e oltre, un immane flusso migratorio dall’Europa verso gli Stati Uniti.
Ritorno al ● Una soluzione alla crisi fu trovata nel protezionismo. I governi incominciarono ad
protezio- adottare misure per proteggere i produttori nazionali dalla concorrenza delle merci d’im-
nismo
portazione. Finiva così la lunga era liberistica, almeno rispetto al movimento delle merci.
La formazione ● Un’altra risposta alla crisi fu la concentrazione industriale. Al capitali- Monopolio
di monopoli smo fondato sulla libera concorrenza tra le imprese, si venne sempre più so- Mercato con-
stituendo un regime caratterizzato dal peso crescente di gruppi monopoli- trollato da una
unica impresa.
stici. Specialmente nei paesi di più recente industrializzazione, come gli Sta-
ti Uniti e la Germania, si crearono rapidamente situazioni di monopolio o Oligopolio
di oligopolio. Le imprese rimaste sul mercato spesso costituivano tra loro Mercato con-
dei cartelli, cioè si accordavano per praticare prezzi uguali, vanificando di trollato da un
fatto il regime di concorrenza. ristretto nume-
ro di imprese.
In altri casi si formarono dei trust, cioè delle società operanti in più settori
produttivi. In pratica uno stesso gruppo industriale copriva l’intero ciclo
produttivo, dall’approvvigionamento di materie prime alla distribuzione sul
mercato del prodotto finito.
La crescita ● Anche nel settore bancario, un manipolo di gigantesche banche a capitale azionario
del sistema con reti nazionali di succursali sostituì rapidamente le banche minori. Parallelamente
bancario
si verificò una sempre maggiore compenetrazione tra banche e imprese. Compenetra-
Date le dimensioni degli impianti e i costi delle tecnologie, le industrie do- zione
Profonda par-
vettero sempre più ricorrere ai prestiti bancari. tecipazione re-
Il finanziamento industriale si attuò anche tramite l’emissione di azioni e ciproca.
lo sviluppo del mercato azionario. Le Borse dei paesi capitalistici si apriro-
no alla negoziazione di valori industriali.
La corsa ● Una terza via d’uscita dalle difficoltà economiche fu ricercata nell’imperialismo. Se-
all’accapar- condo diversi storici è innegabile, infatti, la coincidenza cronologica fra la depressione
ramento
di mercati e la fase dinamica della spartizione coloniale del globo. Così come è innegabile che la
pressione del capitale in cerca di investimenti più proficui e quella delle industrie in cer-
ca di nuovi mercati e di materie prime contribuirono alla politica espansionistica.
LA BELLE ÉPOQUE
Dalla metà degli anni Novanta dell’Ottocento fino allo scoppio della prima guerra mon-
diale l’economia mondiale attraversò una fase di grande prosperità. Questo provocò un
sentimento diffuso di fiducia e di benessere. Tutto concorreva ad alimentare la sensa-
zione che ci si trovasse di fronte a una nuova fase di sviluppo stabile e duraturo. La bor-
ghesia europea quindi percepiva il proprio tempo come una belle époque, un’«epoca bella».
Il mercato ● L’espansione economica favorì l’aumento della popolazione e l’innalzamento dei red-
di massa diti. Una nuova e vasta gamma di beni e servizi, la cui produzione era favorita dai pro-
gressi tecnologici, si riversò nei mercati, disponibile all’acquisto da parte di ampi strati
della popolazione. Il commercio, fino a quel momento limitato ai beni di prima neces-
sità, come i generi alimentari e il vestiario, cominciò a estendersi a beni non stretta-
mente necessari ma che tali non tardarono a diventare (anche grazie al diffondersi del-
la pubblicità).
Lo scientific ● All’avvento della produzione di massa contribuì anche lo scientific management, cioè
management il ricorso a metodi più razionali, o scientifici, nel controllo e nella programmazione delle
grandi aziende, al fine di aumentare il rendimento. Paese guida in tale direzione furono
gli Stati Uniti, e il settore che per primo si avvalse di tali innovazioni fu quello delle au-
tomobili.
L’applica- ● Seppure più avanti cronologicamente, nel 1908, Henry Ford introdusse nei suoi sta-
zione bilimenti la catena di montaggio, applicazione diretta dello scientific management stu-
della catena
di montaggio diato dall’ingegnere americano Frederick Taylor. L’idea di Taylor era di dividere il pro-
cesso produttivo in segmenti di operazioni quanto più semplici possibile, da compiere
in un tempo cronometrato; proponeva pertanto di organizzare il lavoro di fabbrica in
modo che ogni operaio dovesse compiere una sola operazione, ripetendola meccanica-
mente, con un solo gesto; in questo modo si eliminavano i «tempi morti», cioè gli spo-
stamenti all’interno dello stabilimento. I pezzi da lavorare, scorrendo su un nastro tra-
sportatore, si arrestavano dinanzi all’operaio e, dopo che questi aveva compiuto l’opera-
zione assegnatagli nei tempi previsti, passavano davanti all’operaio successivo e così via.
Tanti ● Questo sistema, che in Europa si diffuse solo dopo il 1914, consentiva la creazione di
prodotti, prodotti tutti perfettamente uguali (standardizzazione) e in numero molto maggiore ri-
tutti uguali
spetto a prima. Consentiva anche di addestrare in breve una grande quantità di mano-
Il quadro sociale
I FLUSSI MIGRATORI
La crescita ● Nel corso dell’Ottocento in Europa si verificò un’imponente crescita demografica, do-
demografica vuta al maggiore benessere di più larghi strati di popolazione, al miglioramento dell’ali-
mentazione, delle condizioni abitative e igieniche. La popolazione europea aumentò più
del doppio, passando dai 200 milioni del 1800 ai 430 milioni del 1900. Anche a livello
mondiale la popolazione aumentò del doppio, attestandosi alla fine del secolo intorno al
miliardo e mezzo. I paesi più popolati erano quelli asiatici, seguiti da quelli europei.
L’emigra- ● Gran parte della popolazione europea si riversò nelle Americhe, dove nel corso del se-
zione colo il numero degli abitanti passò da 30 milioni a 170 milioni (da 7 a 80 milioni sol-
europea
verso gli tanto nell’America settentrionale). Si trattò di una delle più grandi emigrazioni di mas-
Stati Uniti sa. L’emigrazione italiana aveva cominciato a farsi consistente dopo l’Unità fino a rag-
giungere punte elevatissime nell’ultimo decennio dell’Ottocento e nel primo del Nove- M
cento. Allo scoppio della prima guerra mondiale (1914) circa 16 milioni di italiani vive- ?
vano fuori dal loro paese di origine. ?
Dalle ● Insieme alla crescita demografica proseguì per tutta la seconda metà del secolo lo svi-
campagne luppo delle città. Nel 1800 esistevano in Europa solo 17 città con 100.000 abitanti o più.
alle città:
l’urbanesimo Nel 1893 ce n’erano 103. Nel 1900 Londra, Parigi e Vienna avevano superato il milione
di abitanti. Ma la novità che caratterizzava il fenomeno dell’urbanesimo non stava tanto
nella nascita delle megalopoli quanto nella proliferazione di grandi e me- Megalopoli
di centri urbani in vaste zone industriali, come la Ruhr in Germania. Nel- Grande agglo-
merato urba-
le città affluivano soprattutto i contadini, che abbandonavano la terra a fa- no con alta
vore dei settori industriale e terziario. densità di po-
polazione.
industriali (come quella tedesca dei Krupp, magnati dell’acciaio), che si trasmettevano
le aziende di padre in figlio. Nobiltà e alta borghesia spesso si fondevano attraverso i ma-
trimoni. C’era poi una media borghesia, costituita da alti funzionari dell’amministra-
zione pubblica, da dirigenti industriali, da ricchi commercianti e liberi professionisti
(medici, avvocati ecc.) e una piccola borghesia, che si andava progressivamente espan-
dendo. Ai tradizionali artigiani e commercianti si affiancavano ora i lavoratori dipendenti,
sia del settore privato sia pubblico, come commessi, tecnici, impiegati.
Nuovi scenari ● Per adeguare il volto e i servizi delle città al tenore di vita della ricca borghesia, molte
urbani capitali europee dettero avvio alla realizzazione di grandi opere pubbliche, o addirittura
per i ricchi
borghesi a ristrutturazioni radicali. Furono costruite grandi stazioni ferroviarie; partirono i pri-
mi progetti di metropolitane (la prima fu quella di Londra, inaugurata nel 1863); antichi
quartieri divenuti fatiscenti furono rasi al suolo per far posto ad ampie strade alberate
e a lussuosi palazzi; furono ampliate le reti fognarie e idriche.
e: Anche nell’Italia industrializzata le città acquistarono una nuova fisionomia: le secolari
co mura medioevali furono abbattute per essere sostituite da ampi viali di circonvallazio-
ne, oltre i quali sorgevano i quartieri operai, vicini agli insediamenti industriali.
Haussmann ● Emblematico il caso di Parigi, dove Napoleone III, al potere dal 1853 al 1870, promos-
e la ristrut- se una serie di iniziative urbanistiche che stravolsero il tradizionale assetto della città. La
turazione
di Parigi ristrutturazione, affidata a Georges Haussmann, comportò la cancellazione di buona
parte del precedente tessuto urbano, in particolare dei quartieri del centro storico. Sorsero
al loro posto i boulevards, i viali che tutt’oggi rappresentano il cuore viario di Parigi; ret-
tilinei, molto larghi, forniti di ampi marciapiedi per il passeggio, essi si andarono via via
completando di edifici imponenti, che ai piani superiori ospitavano le residenze borghe-
si, e al pianterreno caffè, negozi, ritrovi alla moda e, ultima novità, grandi magazzini, le
nuove cattedrali del commercio. Per le passeggiate e gli svaghi del bel mondo furono crea-
ti anche numerosi parchi e giardini.
Le condizioni ● Come la borghesia anche il proletariato industriale non costituiva un ceto omogeneo.
della classe Col tempo si erano create stratificazioni che andavano dagli operai specializzati, ricerca-
operaia
ti per le loro capacità e che godevano di un lavoro stabile, agli operai non qualificati, ad-
detti a mansioni ripetitive, poco o niente garantiti sulla continuità del loro lavoro, spesso
soggetti a lunghi periodi di disoccupazione.
In generale la condizione operaia non era sostanzialmente mutata rispetto alla prima
metà del secolo. Gli operai continuavano a essere alla completa mercè dei loro datori
di lavoro; non c’erano leggi che definissero l’età minima per il lavoro in fabbrica, la lun-
ghezza della giornata lavorativa, il diritto al riposo settimanale. Anche lo sciopero, giuri-
dicamente, era considerato un reato. Solo verso la fine dell’Ottocento, con ritmi diversi da
un paese all’altro, lo Stato cominciò con apposite leggi a regolamentare i rapporti di la-
voro. Ma fu una conquista lenta e difficile. Solo alla fine della prima guerra mondiale, nel
1918, si impose la giornata lavorativa di otto ore.
Altrettanto pessime erano rimaste le condizioni abitative dei ceti operai, costretti a vive-
re in luoghi sovraffollati e degradati, spesso scantinati umidi e malsani. La situazione
peggiorò in particolare nelle maggiori città sedi di governo o centri di attività industriali,
in conseguenza della massiccia immigrazione di persone in cerca di lavoro.
Il quadro culturale
L’INFLUENZA DEL METODO SCIENTIFICO NELL’ARTE E LA RAPPRESENTAZIONE DEL “VERO”
Il Positi- ● La seconda metà dell’Ottocento fu caratterizzata, come abbiamo visto, da grandi muta-
vismo e la menti economici, politici e sociali. Questi cambiamenti, anche se a volte traumatici, por-
fiducia nel
progresso tarono la società ad essere attraversata da un’ondata di fiducia nel progresso: l’inven-
zione della ferrovia favorì le comunicazioni e i trasporti, le condizioni igieniche miglio-
rarono, alcune malattie prima incurabili furono sconfitte. Il metodo scientifico, basato
sull’osservazione e la sperimentazione, venne considerato in grado di comprendere e
precisare ogni fenomeno; da questo clima culturale, favorito come vedremo anche dal
Positivismo filosofico di Auguste Comte (vedi p. 13), nacquero le correnti prima del Rea-
lismo e quindi del Naturalismo, che si basavano sul concetto di rappresentare “il vero”,
anche quando esso fosse sgradevole o lontano dall’ideale estetico.
Realismo e ● Il Realismo nell’arte figurativa nacque in realtà prima del Realismo letterario: caposti-
Naturalismo pite e maggior rappresentante di questo movimento fu il francese Gustave Courbet
nell’arte
(1819-1877), poi seguito da Honoré Daumier (1808-1879) e Jean-François Millet (1814-
1875); l’arte di Courbet, che tra l’altro partecipò all’esperienza della Comune di Parigi,
aveva un forte intento polemico nei confronti della società del suo tempo. Altro impor-
tante esponente del Realismo fu Camille Corot (1796-1875). A partire dal 1860, questa
corrente artistica si diffuse in tutta Europa, generando il Naturalismo e, in Italia, il mo-
vimento dei Macchiaioli tra cui ricordiamo Giovanni Fattori (1825-1908).
La rappre- ● In letteratura, dall’atmosfera del Positivismo nacque il Realismo letterario, da cui, co-
sentazione me vedremo, discesero il Naturalismo e, in Italia, il Verismo. Queste correnti letterarie
del “vero” in
letteratura si ispirarono al metodo scientifico: se è possibile osservare gli insetti al microscopio o
studiare i comportamenti degli animali, doveva essere altrettanto possibile descrivere l’uo-
mo nelle sue azioni e nei suoi comportamenti in relazione all’ambiente. A supportare l’i-
dea dell’uomo come oggetto di studio, arrivavano anche gli studi di Charles Darwin
(vedi p. 15) che, in quegli anni, affermava tra lo scandalo generale, che l’essere umano è
anch’esso un animale: non una creatura di origine divina, bensì il risultato dell’evoluzio-
ne di un mammifero molto simile alla scimmia.
Nuovi germi ● Metodo scientifico applicato all’arte quindi, ma non solo: l’arte non sempre si allinea al-
artistici: l’atmosfera sociale o culturale dell’epoca; a volte, anzi, sono proprio gli artisti coloro che
la ribellione
al “vero” si ribellano alle convenzioni e ai conformismi del loro tempo. Così, accanto alle correnti
artistiche e letterarie che si ispirarono a un metodo “scientifico” di osservazione e di nar-
razione, in questo periodo storico troviamo anche i germi di una ribellione rappresenta-
ta sia da singoli artisti che dai movimenti del Simbolismo e della Scapigliatura, dai qua-
li trasse poi origine, come vedremo, la grande stagione del Decadentismo.
L’INDUSTRIA CULTURALE
Il capitalismo ● Nel corso della seconda metà dell’Ottocento la diffusione dell’istruzione fece aumenta-
investe re il pubblico dei lettori e dei fruitori di letteratura, che ora comprendeva strati sempre
anche
il mondo più ampi di popolazione, in particolare dei ceti medi e piccoli e di alcune frange del pro-
della cultura letariato. Si allargò di conseguenza il campo della produzione culturale. Per quanto ri-
guarda la letteratura, accanto a quella “alta” se ne affermò una di tipo popolare, tesa a
realizzare profitto per editori e autori. Si posero così le basi di quella che sarebbe stata
chiamata industria culturale o cultura di massa.
La mercifica- ● Scrittori e artisti si videro esposti al rischio di veder i frutti del loro impegno ridotti a
zione della merce. Fare cultura era diventato difficile in un mondo dominato dagli interessi econo-
cultura
mici, in cui il valore dell’arte e della letteratura era determinato dal successo di pubblico.
Il lavoro ● Una conseguenza della nascita dell’industria culturale fu che sempre più gente cerca-
intellettuale va di guadagnarsi da vivere svolgendo un lavoro intellettuale. Era diventato più facile che
diventa una
professione in passato essere artisti di professione, grazie allo straordinario sviluppo della stampa
quotidiana e periodica (compresi i giornali illustrati) e all’avvento dell’industria pubbli-
citaria e del design. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, prima di svilupparsi
potentemente nel Novecento utilizzando i progressi della tecnologia e delle comunica-
zioni, la pubblicità creò una nuova forma di arte visiva che visse una piccola età dell’o-
ro: il manifesto o cartellone. Senza dubbio tutto questo generò una quantità di lavoro in-
tellettuale di secondo ordine, o almeno giudicato tale, ma era lavoro pagato molto bene.
gli succede
della
coscienza
P E R C O R S O 1
Le idee
Auguste ● Un precursore di tale indirizzo fu il filosofo e sociologo francese Auguste Comte (1798-
Comte e la 1857), che utilizzò il termine «positivo» per designare una fase evolutiva della storia del-
nascita della
sociologia l’umanità. Per Comte, infatti, l’umanità aveva superato lo stadio teologico e metafisico,
in cui attribuiva i fenomeni della natura a esseri soprannaturali o a forze occulte, ed era
approdata allo stadio scientifico, per merito di scienziati come Bacone, Galileo e Carte-
sio. È a partire da loro che l’uomo ha incominciato a interrogarsi non tanto sul perché dei
fenomeni, quanto sul come essi si manifestino, a studiarne cioè i rapporti di causa-effetto
(la concatenazione dei fatti) e a formulare le leggi della natura che consentono a loro vol-
ta di prevedere altre concatenazioni (vedere per prevedere). Questo stadio positivo del-
l’umanità si sarebbe del tutto attuato, secondo Comte, appena il metodo sperimentale o
scientifico, di pertinenza esclusiva delle scienze naturali e matematiche, si fosse esteso a
tutti i settori del sapere e dell’attività umana, in particolare alle discipline storiche, politi-
che e sociali. Era questa la “missione” che Comte affidava alla filosofia positiva: unifica-
re tutti i risultati delle scienze particolari in una scienza della società, la sociologia.
Compito della sociologia era l’osservazione e l’analisi dei fenomeni sociali e la scoperta
delle cause che li determinano. In quegli anni nacque anche la statistica, un’altra disci-
plina che forniva gli strumenti per l’indagine dei fenomeni sociali.
Auguste Comte
che cosa significa la parola «positivo» (1844)
(da DISCORSO SULLO SPIRITO POSITIVO)
Il brano che presentiamo della fondazione della me progresso continuo ticolare a chiarire i diver-
è tratto da un discorso Società positivista. Il fi- dell’umanità verso la co- si significati del termine
che Comte pronunciò losofo vi esprime la sua noscenza vera e raziona- «positivo».
nel 1844, in occasione filosofia della storia co- le, soffermandosi in par-
Concetti
Positivo è ciò che è reale, utile, certo, preciso
LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
Un rilievo centrale assunse nell’ambito del pensiero positivista l’evoluzionismo, per l’in-
fluenza che esercitò in tutti i campi del sapere e in particolare sulle nuove scienze uma-
ne (economia, sociologia, psicologia, antropologia). A formularla fu il biologo e naturali-
sta inglese Charles Robert Darwin (1809-1882) nelle opere L’origine della specie (1859) e
L’origine dell’uomo (1871).
Darwin ● Studiando le somiglianze e le differenze osservate nella flora e nella fauna di diverse
e l’analisi regioni del mondo, e tra le specie scomparse e quelle attuali, Darwin giunse ad afferma-
delle
differenze re che le specie non sono fisse e che il loro diversificarsi dipende da variazioni che inter-
delle specie vengono a livello individuale: tra i tratti nuovi che compaiono tra gli individui di una
stessa specie, alcuni vengono selezionati e trasmessi ereditariamente da una generazio-
ne all’altra, dando così origine a una specie diversa da quella di partenza.
Le teorie di Charles vando le forme embrio- tifico, è impensabile ipo- L’uomo, quindi, come le
Darwin sull’origine della nali di altre specie, lo tizzare che la specie altre specie, non è appar-
specie umana partono scienziato nota quanto umana sia nata “dal so sulla terra nella forma
dal presupposto che ogni esse siano simili a quel- nulla”, come risultato di in cui si presenta ora,
specie vivente sia in con- la umana; ne deriva che, «un atto separato di ma è il risultato di
tinua evoluzione. Osser- dal punto di vista scien- creazione». un’evoluzione.
Concetti
Gli embrioni di tutti i mammiferi presentano notevoli somiglianze
Queste somiglianze fanno ipotizzare un’origine comune a tutti i mammiferi
L’uomo non è il risultato di un atto creativo divino, ma il risultato di un’evoluzione
Il progenitore dell’uomo appartiene a un quadrumane simile alla scimmia
Chi non si contenta di guardare, come fanno i selvaggi, i fenomeni della na-
tura in modo slegato, non può più pensare che l’uomo sia il risultato di un at-
to separato di creazione. Costui sarebbe costretto a riconoscere che la stret-
ta somiglianza di un embrione umano con quello per esempio di un cane –
la struttura del cranio, delle membra e di tutto lo scheletro con una base
COMPRENSIONE uguale a quella degli altri mammiferi, indipendentemente dall’uso cui le sin-
gole parti sono adibite – la riapparizione occasionale di diverse strutture,
1 Quali elementi, se- per esempio di parecchi muscoli, che l’uomo normalmente non possiede,
condo Darwin, acco- ma che sono comuni ai quadrumani1, e una serie di fatti analoghi – portano
munano l’uomo ad tutti nel modo più evidente alla conclusione che l’uomo è codiscendente2,
altri animali? insieme ad altri mammiferi, da un progenitore comune. [...]
2 Come spiega Darwin Abbiamo visto che l’uomo presenta sempre differenze individuali in tut-
l’evoluzione delle fa- te le parti del corpo e nelle facoltà intellettuali. Queste differenze o variazio-
coltà intellettuali nel-
l’uomo? E quella del- 1. quadrumani: animali con passato per designare le scim- deriva da, insieme ad altri.
le qualità morali? quattro organi prensili parago- mie.
nabili a mani. Termine usato in 2. codiscendente: discende,
VERSO L’ESAME ni sembra che siano provocate dalle stesse cause generali, e che obbedisca-
no alle stesse leggi cui obbediscono gli animali inferiori. In entrambi i casi
1a prova – tema di ordine prevalgono leggi simili di ereditarietà. L’uomo tende a incrementarsi in pro-
generale
Conflitti fra scienza e ra - porzione maggiore ai suoi mezzi di sussistenza3; di conseguenza egli è oc-
gione casionalmente sottoposto a una dura lotta per l’esistenza, e la selezione na-
turale agirà su qualsiasi cosa entri nel suo ambito. [...] Possiamo star certi
3 La spiegazione sull’o-
rigine dell’uomo of- che gli effetti ereditari del lungo uso o disuso delle parti agiranno nella stes-
ferta dalla Bibbia era sa direzione della selezione naturale4. Modificazioni precedentemente im-
ancora ritenuta vali- portanti, anche se non più di uso particolare, rimangono a lungo ereditarie.
da all’epoca di Dar- [...]
win, nonostante fin Considerando la struttura embriologica dell’uomo – le omologie5 che ha
dal XVII secolo l’idea con gli animali inferiori, i rudimenti6 che mantiene e la reversione7 di cui è
di una creazione divi-
suscettibile – possiamo parzialmente ricostruire nella nostra mente la con-
na fosse stata supe-
rata dagli approdi dizione primitiva dei nostri progenitori [...]. Impariamo in tal modo che l’uo-
della scienza moder- mo è disceso da un quadrupede peloso, con la coda, probabilmente di abi-
na, in particolar mo- tudini arboree, e abitante del vecchio mondo8. [...]
do degli studi cosmo- Dopo essere giunti a questa conclusione sull’origine dell’uomo, l’alto li-
logici. E se guardia- vello delle nostre facoltà intellettuali e della disposizione morale è la mag-
mo a quanto succede giore difficoltà che si presenta. Ma chiunque ammetta il principio di evolu-
ai nostri giorni, ci ac-
zione, deve rendersi conto che le facoltà mentali degli animali superiori, che
corgiamo che in
realtà questo conflit- sono dello stesso genere di quelle dell’uomo, anche se di grado inferiore, so-
to è ancora aperto e no suscettibili di avanzamento. Così la differenza tra le facoltà mentali di
che su molte questio- una scimmia superiore e di un pesce è immensa, come quella tra le facoltà
ni mediche, morali e di una formica e di un acaro; tuttavia il loro sviluppo non presenta nessuna
sociali (dall’eutana- difficoltà particolare, in quanto nei nostri animali domestici le facoltà men-
sia alla libertà di spe- tali sono sicuramente variabili, e le variazioni sono ereditarie. Nessuno du-
rimentazione degli
bita che esse siano di estrema importanza per animali allo stato di natura.
scienziati, dalla rego-
lamentazione delle Quindi le condizioni sono favorevoli al loro sviluppo attraverso la selezione
leggi sulla feconda- naturale. La stessa conclusione può estendersi all’uomo [...]. Le facoltà in-
zione assistita al- tellettuali superiori dell’uomo, quali quelle di raziocinio, astrazione, auto-
l’aborto, alla legisla- coscienza, ecc. probabilmente derivano dal continuo miglioramento ed eser-
zione sulla famiglia cizio delle altre facoltà mentali.
ecc.) le due mentali- Lo sviluppo delle qualità morali è un problema più interessante. La base
tà, quella religiosa e
si trova negli istinti sociali, che includono sotto questo nome i vincoli fami-
quella laica nata sot-
to il segno della scien- liari. Questi istinti sono assai complessi, e nel caso degli animali inferiori de-
za moderna, conti- terminano tendenze particolari verso certe azioni definite; ma gli elementi
nuano a confrontarsi, più importanti sono l’amore e l’emozione distinta della simpatia. Gli animali
spesso con toni an- cresciuti con istinti sociali traggono piacere dalla reciproca compagnia, si
che molto violenti. Af- avvisano del pericolo, si difendono e aiutano l’un l’altro in vari modi. Questi
fronta questo argo- istinti non si estendono a tutti gli individui della specie, ma solo a quelli del-
mento facendo rife-
la stessa comunità. Poiché sono assai utili per la specie, probabilmente sono
rimento anche ad
esempi tratti dall’at- stati acquisiti attraverso la selezione naturale.
tualità o dalla cronaca.
da L’origine dell’uomo, in A. Somenzi (a cura di), L’evoluzionismo, Torino, Loescher, 1976
L’evoluzio- ● Il principio evolutivo fu alla base anche del pensiero del filosofo inglese Herbert Spen-
nismo cer (1820-1903). L’evoluzionismo per Spencer era una legge generale dell’universo, va-
naturale
e sociale lida tanto per la materia inorganica, quanto per le società umane.
di Spencer Dappertutto si può constatare il formarsi di un ordine che va dal semplice al comples-
so, dal disorganico all’organico, dall’omogeneo all’eterogeneo. Per quanto riguarda le so-
cietà umane, anch’esse mutano, si evolvono, si consolidano e mutano di nuovo per l’in-
sorgere di nuove esigenze. Tale mutamento, secondo Spencer, sarebbe stato un progres-
so qualora si fosse lasciato libero gioco alla concorrenza tra le classi; qualsiasi forma di
intervento o dirigismo statale, anche se motivato da esigenze di democrazia o umanitarie,
in realtà avrebbe impedito il progresso, frenando il libero evolversi di nuovi ordinamenti
e assetti.
Il darwinismo ● Le teorie di Darwin furono utilizzate anche in prospettive molto diverse: alcuni pensa-
sociale tori estesero le nozioni di lotta per l’esistenza e di sopravvivenza del più forte al cam-
po delle relazioni sociali e dei rapporti tra i popoli, giungendo a teorizzare come legittimo
e necessario il trionfo dei forti sui deboli, delle aristocrazie sulle masse, dell’Occidente ci-
vilizzato sui popoli “selvaggi”. Fu questo il cosiddetto «darwinismo sociale», piattaforma
ideologica per movimenti antidemocratici, colonialisti e razzisti.
Karl Marx
«proletari di tutti i paesi, unitevi!» (1848)
(da MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA)
In questo brano Marx una classe subalterna, il Dato che, come afferma la guida della società, eli-
analizza l’evoluzione del- proletariato, che si trova Marx, la storia di ogni minerà le differenze di
la classe borghese e la al grado più basso della società è stata attraver- classe.
funzione che essa ha scala sociale e, invece di sata dalla lotta di classe, Il Manifesto si chiude
avuto nel distruggere la trarre giovamento dal- la borghesia è destinata a con l’appello «Proletari
società feudale. Ora la l’arricchimento dei bor- soccombere grazie alla di tutti i Paesi, unitevi!».
borghesia è la classe do- ghesi, diventa sempre ribellione del proletaria-
minante e ha prodotto più povera. to, il quale, una volta al-
Concetti
La borghesia ha rotto i legami feudali e ha instaurato la libera concorrenza
Il sistema economico su cui si regge la borghesia è instabile e quindi incontrolla-
bile
La borghesia sopravvive grazie al proletariato
Il proletariato deve impossessarsi dei mezzi di produzione
Il proletariato è l’unica classe rivoluzionaria
1. patrizio e plebeo: nell’antica istituto giuridico medioevale, stria o una libera professione; re («ciclico») di crisi di sovrap-
Roma, il primo è titolo attribui- secondo il quale il lavoratore si in passato tale classe si con- produzione durante le quali le
to ai membri delle famiglie ap- trovava legato alla terra che trapponeva all’aristocrazia, ora merci restano invendute, e
partenenti alla classe domi- coltivava, passando di padrone alla classe operaia. quindi diminuisce l’occupazio-
nante dei proprietari terrieri; il in padrone, e nell’impossibilità 5. società feudale: la società ne, calano i profitti ecc.
secondo termine indica invece i di abbandonarla. medioevale caratterizzata dal 7. capitale: l’insieme di denaro
membri della plebe, che erano 3. corporazione: erano asso- rapporto di vassallaggio e dal- e mezzi in possesso dell’im-
dediti alle attività commerciali ciazioni medioevali organizza- l’economia curtense (cioè della prenditore che sono all’origine
e non godevano dei diritti civili te per la salvaguardia di fini curtis, organismo economico e della sua attività. L’intero pro-
riservati appunto ai patrizi. economici nell’ambito di un politico per lo più autosuffi- cesso produttivo è finalizzato
2. barone e servo della gleba: il determinato settore della pro- ciente e chiuso agli scambi ad aumentare il capitale origi-
titolo di barone è il più alto gra- duzione. esterni). nario attraverso lo sfruttamen-
do della scala feudale attribui- 4. borghesia: classe sociale 6. le crisi commerciali... ciclico: to delle risorse tecniche, mate-
to direttamente dal sovrano. La formata da individui che eser- nella teoria marxiana il capita- riali e umane.
servitù della gleba, invece, è un citano o il commercio o l’indu- lismo soffre in maniera regola-
VERSO L’ESAME luppa anche il proletariato, la moderna classe dei lavoratori, i quali vivono
solo fin quando trovano lavoro e trovano lavoro solo in quanto il loro lavo-
1a prova – tema di argo- ro accresce il capitale. Questi lavoratori, che devono vendersi un poco alla
mento storico
Dal feudalesimo al capita- volta, sono una merce come qualsiasi altro articolo in commercio e sono
lismo: i mutamenti nel perciò ugualmente esposti a tutte le alterne vicende della concorrenza, a tut-
mondo del lavoro te le oscillazioni del mercato.
Prendendo spunto Il lavoro dei proletari ha perso ogni tratto di autonomia e quindi ogni sti-
4
dall’analisi marxia- molo [...]. Il lavoratore diventa un mero accessorio della macchina. Da lui si
na, illustra l’evolu- pretende solamente il più facile, il più monotono, il più elementare movi-
zione dell’organizza- mento. [...]
zione del lavoro e la Quanto meno il lavoro manuale richiede abilità e forza, cioè quanto più
sua influenza sulla si sviluppa l’industria moderna, tanto più il lavoro degli uomini viene sosti-
composizione della
tuito da quello delle donne e dei bambini. Per la classe operaia le differenze
società nel passag-
gio dal mondo me- di sesso e di età non hanno più alcuna rilevanza sociale. Non esistono ormai
dioevale a quello che strumenti di lavoro, distinti per il diverso costo relativo all’età e al sesso.
moderno, tenendo [...] Ma con lo sviluppo dell’industria il proletariato non solo cresce di nu-
presente quanto hai mero; esso si coagula in grandi masse, diventa più forte e più consapevole
appreso dallo studio della sua forza. [...] I lavoratori cominciano a formare coalizioni contro il
della storia e di altre borghese; si uniscono per difendere il salario. Fino a costituire associazioni
discipline da te in-
permanenti, in modo da prepararsi per queste periodiche battaglie. In qual-
contrate.
che caso la lotta si muta in rivolta. [...]
Tra tutte le classi che oggi si contrappongono alla borghesia, solo il pro-
letariato è una vera classe rivoluzionaria. Le altre classi vanno in rovina e
tramontano con la grande industria; il proletariato ne è il prodotto più pro-
prio. [...]
La condizione essenziale per l’esistenza e per il dominio della borghesia
è l’accumulazione della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e la
moltiplicazione del capitale. La condizione necessaria a creare il capitale è
il lavoro salariato. Il lavoro salariato riposa esclusivamente sulla concorren-
za fra i lavoratori. Il progresso dell’industria, di cui la borghesia è portatrice
involontaria e passiva, produce, invece dell’isolamento dei lavoratori pro-
dotto dalla concorrenza, la loro unificazione rivoluzionaria sotto forma di
associazione. Con lo sviluppo della grande industria viene dunque sottratta
sotto i piedi della borghesia la base stessa su cui essa produce e si appropria
dei prodotti. Essa produce soprattutto i suoi propri becchini. Il suo tramon-
to e la vittoria del proletariato sono ugualmente inevitabili.
da Il Manifesto del Partito comunista, trad. E. Cantimori Mezzomonti, Torino, Einaudi, 1979
La critica al Positivismo
Il nichilismo ● Sul finire del secolo si affermarono orientamenti di pensiero caratterizzati da compo-
di Friedrich nenti irrazionalistiche, che mettevano in discussione le conclusioni ottimistiche del pen-
Nietzsche
siero positivista circa l’orientamento naturale dell’uomo e della società al miglioramento.
Una forma di irrazionalismo è rappresentata dal nichilismo di Friedrich Nietzsche
(1844-1900), il filosofo che meglio interpretò la crisi della fiducia assoluta nella ragione di
impronta borghese. Nichilistiche (dal latino nihil, «nulla») sono definite quelle dottrine
che negano la consistenza di qualsiasi valore e l’esistenza di qualsiasi verità. Nietzsche fu
uno dei più grandi contestatori del suo tempo, oltre che un acuto profeta delle tragedie
che stavano per abbattersi sull’Europa e sul mondo. Non c’è stato aspetto della vita e del
costume contemporanei, della personalità umana, del patrimonio di idee della tradizione
occidentale che la sua opera non abbia affrontato allo scopo di distruggere le vecchie
credenze, di svelarne le comode illusioni e le mistificazioni.
Il concetto ● In Così parlò Zarathustra (1883-85) egli formulò il concetto di superuomo, cioè di un
di superuomo uomo nuovo, libero dai condizionamenti da parte di ogni idea di trascendenza e di legge
imposta dall’alto. Il superuomo è quello che si impegna a realizzare totalmente se stes-
so, superando tutti gli ostacoli, compresi quelli della morale, se la loro funzione è quella
di reprimere i desideri e le aspirazioni individuali a vantaggio dell’opinione comune do-
minante. Una uguale lettura della vita umana e dei condizionamenti sociali e moralistici
che imbrigliano la libertà individuale è contenuta nelle opere Al di là del bene e del male
(1886) e Genealogia della morale (1887), opera in cui così si espresse:
È tempo di sottoporre a una critica spregiudicata gli stessi valori morali in quanto tali, e di por-
tare alla luce tutto ciò su cui poggiano. Si troveranno allora tutta una serie di divieti che mirano
ad impedire la libera esplicazione delle potenzialità degli individui più dotati, a favore dei me-
diocri.
Friedrich Nietzsche
dio è morto (1887)
(da LA GAIA SCIENZA, aforisma 125 «l’uomo folle»)
In questo brano tratto una figura che ricorda già stato affrontato dal lori che deve essere af-
dalla raccolta di aforismi quella del profeta prota- filosofo tedesco in que- frontato attraverso la na-
(brevi pensieri o senten- gonista di Così parlo Za- st’ultima opera e viene scita del superuomo.
ze) La gaia scienza, rathustra. Il tema della qui riproposto per allu-
Nietzsche ci presenta morte di Dio, infatti, era dere al crollo di tutti i va-
Concetti
Dio simboleggia l’insieme dei valori conoscitivi, morali e spirituali dell’Occidente
L’uomo ha “ucciso Dio”, cioè ha svuotato quei valori e li ha abbandonati nel
momento in cui ha sottoposto a critica la ragione, la morale, la filosofia, la religio-
ne ecc.
L’uomo quando prenderà coscienza di questo fatto dovrà elevarsi ad una condi-
zione superiore e fondare nuovi valori
Avete sentito di quel folle uomo1 che accese una lanterna alla chiara luce del
mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: «Cerco Dio!
Cerco Dio!». E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non
credevano in Dio, suscitò grandi risa. «È forse perduto?» disse uno. «Si è per-
COMPRENSIONE duto come un bambino?» fece un altro. «Oppure sta ben nascosto? Ha pau-
ra di noi? Si è imbarcato? È emigrato?» – gridavano e ridevano in una gran
1 Cosa simboleggia
l’assassinio di Dio? confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguar-
di: «Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad uc-
2 Quali sentimenti con- ciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto que-
trastanti prova il folle sto? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima goccia? Chi
che annuncia la mor- ci dètte la spugna per strusciare via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a
te di Dio?
sciogliere questa terra dalla catena del suo sole2? Dov’è che si muove ora?
1. folle uomo: si tratta del supe- za del pensiero filosofico. corata la razionalità e la mora-
ruomo, che è considerato folle 2. sciogliere... sole: metafora le, attorno a cui la vita umana
perché ha rifiutato i princìpi del- che esprime l’abbandono di ruotava come la terra attorno
la razionalità e della conoscen- tutte le certezze a cui era an- al sole.
VERSO L’ESAME Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno pre-
cipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un
1a prova – saggio breve o alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nul-
articolo di giornale
La rivolta contro i valori la? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non segui-
tradizionali ta a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la
mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non
3 «Un tempo il peccato
contro dio era il pec- udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazio-
cato più grande, ma ne? Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo
dio è morto e quindi abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassi-
sono scomparsi an- ni? Quanto di più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si
che i peccatori». è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con
Commenta questa quale acqua potremo noi lavarci? Quali riti espiatòri, quali giochi sacri do-
provocatoria presa di
vremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa
posizione di Nietz-
sche contro i valori azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno degni di
tradizionali, anche essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro che verranno dopo di
alla luce dei testi che noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quan-
ti indichiamo: to siano mai state tutte le storie fino ad oggi!». A questo punto il folle uomo
3. Vengo... tempo: l’avvento del 4. Requiem aeternam Deo: è la preghiera che viene recita-
superuomo è ancora lontano. «Pace eterna a Dio»; il requiem ta per i defunti.
del genitore prediletto. Da questa dinamica scaturisce un senso di colpa nei confronti del
genitore dello stesso sesso e la paura della castrazione. La scoperta della sessualità in-
fantile portò, come conseguenza, all’affermazione di una sessualità slegata dall’istinto
di procreazione, il che fu rivoluzionario per l’epoca, giacché andava decisamente a met-
tere in discussione la morale comune e il sapere del tempo. E difatti vi furono reazioni
violentissime, anche da parte del mondo accademico, quando Freud pubblicò i Tre saggi
sulla teoria sessuale (1905).
I tre livelli ● Freud riconosceva tre livelli nella vita psichica dell’individuo: Es, Io, Super-Io. L’Es
della vita corrisponde all’inconscio, a quella parte dell’Io dove risiedono gli istinti, le pulsioni, ma
psichica
anche le paure e i traumi che la coscienza non ha accettato e ha censurato (rimosso). L’Io
è la coscienza della propria identità, fatta di ricordi e distinta da altre identità e dal mon-
do esterno; l’Io mira a raggiungere un equilibrio con l’ambiente che lo circonda, eserci-
tando una funzione di mediazione tra l’Es (il mondo istintuale) e il Super-Io, che è inve-
ce l’insieme delle norme morali e degli insegnamenti che fin dall’infanzia ci vengono im-
partiti. Il Super-Io, in altre parole, controlla la nostra coscienza e svolge di solito una fun-
zione repressiva. Il mancato equilibrio tra questi tre livelli genera la nevrosi. Compito
dell’analista è decodificare l’inconscio, per liberare l’individuo dalla nevrosi. Una via d’ac-
cesso all’inconscio era per Freud il sogno; di qui l’interpretazione dei sogni come metodo
fondamentale della psicanalisi freudiana.
Sigmund Freud
sogni: nuova frontiera (1915-1917)
(da INTRODUZIONE ALLA PSICOANALISI)
L’Introduzione alla psi- 1917. In questo brano il conosca il significato del il suo spiccato senso del-
coanalisi è un volume padre della psicanalisi suo sogno pur non es- l’umorismo e la sua ca-
che raccoglie le numero- spiega, con parole sem- sendone consapevole. pacità di spiegare con
se conferenze che Freud plici ed esempi tratti da Dalle sue spiegazioni si parole semplici i com-
tenne per divulgare le sedute psicanalitiche, può anche notare la faci- plessi fenomeni psichici.
proprie scoperte nell’arco come sia possibile ipo- lità che Freud dimostra-
di tempo tra il 1915 e il tizzare che il sognatore va nel parlare alla gente,
Concetti
Il sogno è un fenomeno psichico, non fisico
Il sognatore conosce il significato del sogno, ma non ne è consapevole
Il sognatore è paragonabile a un soggetto ipnotizzato
COMPRENSIONE sa fate voi nel caso che io mi esprima in modo per voi incomprensibile? Mi
interrogate, non è vero? Perché non dovremmo fare lo stesso e chiedere al so-
1 Per quale motivo gnatore che cosa il suo sogno significhi?
Sigmund Freud ritie-
ne che sia necessa- Vi ricorderete che già un’altra volta ci siamo trovati in questa situazione.
rio indagare sui so- Fu nell’esame di certi atti mancati2, in un caso di lapsus verbale. [...] Così, an-
gni? che il sognatore deve dirci cosa significhi il suo sogno.
Ma questo, come è noto, non è così semplice nel caso del sogno. [...] Eb-
2 Cosa hanno in co- bene, se volete, rinunciate pure al tentativo. Ma se invece non è questa la vo-
mune il sogno e il
lapsus verbale?
stra intenzione, potete proseguire il cammino con me. Io vi dico infatti che
è effettivamente possibile, anzi molto probabile, che il sognatore sappia che
cosa significhi il suo sogno, solo non sa di saperlo e per questo crede di non
saperlo. [...] Dove, in quale campo è stata portata la prova che vi è un sape-
re di cui l’uomo non sa nulla, come abbiamo stabilito di supporre nel caso
del sognatore? [...]
La prova è stata portata nel campo dei fenomeni ipnotici. Quando, nel-
l’anno 1889, assistetti alle dimostrazioni straordinariamente impressionan-
ti di Liébeault e Bernheim a Nancy3, fui anche testimone del seguente espe-
rimento. Un uomo veniva trasposto in stato di sonnambulismo e in tale sta-
to gli si faceva vivere in forma allucinatoria ogni possibile esperienza. Poi lo
si svegliava, e dapprima egli sembrava non sapere nulla di quanto era avve-
nuto durante il sonno ipnotico. [...] Ma Bernheim insisteva, faceva pressio-
ne su di lui, gli assicurava che lo sapeva, che doveva ricordarsene; ed ecco,
l’uomo diveniva titubante, cominciava a riflettere, si ricordava dapprima ne-
bulosamente una delle esperienze suggeritegli, poi un altro pezzo, il ricordo
diveniva sempre più chiaro, sempre più completo, e alla fine veniva portato
2. atti mancati: sono una serie alla luce senza lacune. Ma, poiché dopo costui sapeva, nonostante nel frat-
di atti che rivelano un conte- tempo non avesse appreso alcunché da nessun’altra fonte, è giustificato con-
nuto inconscio, come per cludere che anche prima egli sapesse di questi ricordi. Essi gli erano solo
esempio un lapsus verbale.
3. Liébeault... Nancy: Freud inaccessibili, non sapeva di saperli, credeva di non saperli. Dunque, in tutto
trascorse alcune settimane a e per tutto il caso che noi supponiamo nel sognatore. [...] È dunque molto
Nancy (città francese nella Lo- probabile che il sognatore sappia qualcosa del suo sogno; si tratta solo di
rena) allo scopo di perfeziona-
metterlo in grado di scoprire quello che sa e di comunicarcelo. Non preten-
re la propria tecnica di ipnosi
alla scuola dei medici A. Lié- diamo che ci dica subito il senso del suo sogno, ma egli potrà scoprirne l’o-
beault e H. Bernheim. rigine, la cerchia di pensieri e di interessi da cui proviene.
da Introduzione alla psicoanalisi, trad. M. Tonin Dogana, E. Sagittario, Torino, Boringhieri, 1978
La razionalità ● La nascita della psicanalisi, con la scoperta di un universo sommerso nella mente uma-
perde la sua na, mise in luce il dato, allora sconvolgente, che l’essere umano non è guidato solamente
supremazia
o prevalentemente dalla ragione, ma che è anche soggetto a forze istintuali profonde
che agiscono in lui e intervengono in tutti gli ambiti della vita umana: non solo la ses-
sualità è guidata da forze occulte e irrazionali, ma perfino la creazione artistica, la spe-
culazione filosofica, la fede religiosa, il credo politico, insomma tutto l’ambito delle atti-
vità umane. La ragione non era più la forza trainante dell’uomo, ma solo una delle sue
componenti, e nemmeno la più importante.
La filosofia antipositivista
Henri Bergson
la memoria e il flusso della coscienza (1907)
(da L’EVOLUZIONE CREATRICE)
In questo brano Bergson teriore («vita psichica») piamo i nostri ricordi, bile che le unisce («il fi-
cerca di definire quali attraverso la contrappo- come una serie di fatti lo»), e il modo in cui la
sono le caratteristiche sizione fra il modo co- (le «perle») collegati dal- memoria funziona vera-
della nostra esistenza in- mune in cui noi conce- la presenza di un Io sta- mente.
Concetti
Il nostro cervello divide il materiale delle nostre esperienze in momenti distinti per
motivi logici e pratici, e poi immagina che ci sia un Io stabile che li unisce
In realtà noi siamo costituiti da un flusso ininterrotto di esperienze e stati psichici
che si sommano
Quindi in ogni nostra esperienza sopravvivono elementi delle precedenti anche se
di solito non ne siamo consapevoli
Le teorie positiviste
Studio
Fiducia Critica Studio Nuova
TEMI
dell’uomo
nella scienza della della società concezione
come parte
e nel progresso religione e dell’economia dell’arte
della natura
A U T O V A L U T A Z I O N E
Ecco alcune domande campione su cui esercitarti per 7 Quale teoria espresse C. Lombroso?
valutare la tua preparazione. Le risposte sono a p. 1023. Da chi fu teorizzato il cosiddetto «socialismo
8
scientifico»? In quali opere?
I personaggi, le idee e le correnti
9 Come viene definita la forma di irrazionalismo di
1 In quale stato europeo nasce il Posivitismo? Friedrich Nietzsche?
2 Qual è il filosofo che, per primo, ha utilizzato il ter- 10 In quale opera formulò il concetto del superuomo?
mine Positivismo per indicare il metodo seguito
dalle scienze positive? 11 Che cosa intende Sigmund Freud, con il termine
“inconscio”?
3 Quale particolare scienza sviluppa Auguste Comte?
12 Quali sono i tre livelli nella vita psichica dell’indi-
4 Nel saggio di Hyppolite Taine, Filosofia dell’arte viduo riconosciuti da Freud?
del 1865, l’autore individua tre fattori determinan- Quale conseguenza genera, secondo Freud, la
13
ti per la nascita di un’opera d’arte. Quali? mancanza di equilibrio tra questi tre livelli?
5 Chi è il padre della teoria dell’evoluzionismo? In 14 Qual è, secondo Freud, la via d’accesso all’incon-
quali opere e in quali anni l’ha formulato? scio degli uomini?
6 Con quale scienza, in particolare, entrarono in con- 15 Cosa intende Bergson con i concetti di «durata» e
trasto le teorie evoluzioniste? «intuizione»?
P E R C O R S O 2
Le poetiche
I fratelli ● I fratelli Goncourt scrissero in collaborazione numerosi romanzi ambientati nella Pa-
Goncourt rigi del tempo che descrivevano soprattutto la vita quotidiana delle classi inferiori, prin-
cipali vittime dei processi di industrializzazione. La loro attenzione fu attratta in parti-
colare dagli aspetti più degradati di questa realtà sociale, dal brutto, dal deforme, dai
casi clinici, realtà che rappresentarono oggettivamente, così com’erano, secondo il ca-
none flaubertiano dell’impersonalità dell’opera letteraria.
La prefazione al loro romanzo più celebre, Germinie Lacerteux (1865), è considerata uno
dei primi manifesti del Naturalismo francese; in esso si definiscono le caratteristiche che
il nuovo romanzo deve possedere:
• essere vero;
• raccontare fatti raccolti dalla strada;
• sconvolgere, turbare il pubblico con vicende anche tristi e violente.
I Goncourt rifiutarono, in sintesi, la letteratura puramente di evasione e promossero una
letteratura di impegno democratico e di valore morale.
Concetti
Il romanzo ha la stessa dignità della storia, della scienza, dello studio della società
Il romanzo non deve narrare vicende false, allettanti o consolanti, ma riflettere i
cambiamenti storici e sociali dell’epoca
Dobbiamo chiedere scusa al pubblico per questo libro che gli offriamo e av-
vertirlo di quanto vi troverà.
Il pubblico ama i romanzi falsi: questo romanzo è un romanzo vero.
Ama i romanzi che dànno l’illusione di essere introdotti nel gran mondo:
questo libro viene dalla strada.
COMPRENSIONE Ama le operette maliziose, le memorie di fanciulle, le confessioni d’alco-
va, le sudicerie erotiche, lo scandalo racchiuso in un’illustrazione nelle ve-
1 Spiega in che cosa trine di librai: il libro che sta per leggere è severo e puro. Che il pubblico non
si differenziano i ro-
si aspetti la fotografia licenziosa del Piacere: lo studio che segue è la clinica
manzi «falsi» da
quelli «veri», secon- dell’Amore1.
do gli autori. Il pubblico apprezza ancora le letture anodine2 e consolanti, le avventu-
re che finiscono bene, le fantasie che non sconvolgono la sua digestione né
2 Qual è il ruolo del la sua serenità: questo libro, con la sua triste e violenta novità, è fatto per
romanzo nella nuo- contrariare le abitudini del pubblico, per nuocere alla sua igiene.
va epoca? Che cosa
deve ricercare chi Perché mai dunque l’abbiamo scritto? Proprio solo per offendere il letto-
scrive romanzi? re o scandalizzare i suoi gusti?
No.
Vivendo nel diciannovesimo secolo, in un’epoca di suffragio universale3,
di democrazia, di liberalismo, ci siamo chiesti se le cosiddette «classi infe-
riori» non abbiano diritto al Romanzo; se questo mondo sotto un mondo, il
popolo, debba restare sotto il peso del «vietato» letterario e del disdegno de-
gli autori che sino ad ora non hanno mai parlato dell’anima e del cuore che
il popolo può avere. Ci siamo chiesti se possano ancora esistere, per lo scrit-
1. clinica dell’Amore: analisi tore e per il lettore, in questi anni d’uguaglianza che viviamo, classi indegne,
dell’amore condotta utilizzan-
do il metodo scientifico pro- infelicità troppo terrene, drammi troppo mal recitati, catastrofi d’un terrore
prio dell’analisi medica. troppo poco nobile. Ci ha presi la curiosità di sapere se questa forma con-
2. anodine: tranquillizzanti. venzionale di una letteratura dimenticata e di una società scomparsa, la Tra-
3. suffragio universale: il suf-
fragio universale maschile era
gedia, sia definitivamente morta; se, in un paese senza caste e senza aristo-
stato introdotto in Francia nel crazia legale, le miserie degli umili e dei poveri possano parlare all’interesse,
1848, dopo la Restaurazione. all’emozione, alla pietà, tanto quanto le miserie dei grandi e dei ricchi; se, in
VERSO L’ESAME una parola, le lacrime che si piangono in basso possano far piangere come
quelle che si piangono in alto.
3a prova – trattaz. sinte- Queste meditazioni ci hanno indotto a tentare l’umile romanzo di Suor
tica
Il naturalismo dei fratelli Filomena4, nel 1861; e adesso ci inducono a pubblicare Le due vite di Germi-
Goncourt nia Lacerteux.
Ed ora, questo libro venga pure calunniato: poco c’importa. Oggi che il
3 Senza superare le
20 righe esponi la Romanzo si allarga e ingrandisce, e comincia ad essere la grande forma se-
poetica dei fratelli ria, appassionata, viva, dello studio letterario e della ricerca sociale, oggi che
Goncourt sottoli- esso diventa, attraverso l’analisi e la ricerca psicologica, la Storia morale con-
neandone gli aspet- temporanea, oggi che il Romanzo s’è imposto gli studi e i compiti della scien-
ti realistici. za, può rivendicarne la libertà e l’indipendenza. Ricerchi dunque l’Arte e la
Verità; mostri miserie tali da imprimersi nella memoria dei benestanti di Pa-
rigi; faccia vedere alla gente della buona società quello che le dame di carità
hanno il coraggio di vedere, quello che una volta le regine facevano sfiorare
appena con gli occhi, negli ospizi, ai loro figli: la sofferenza umana, presen-
4. Suor Filomena: la vicenda di
questo romanzo si svolge in
te e viva, che insegna la carità; il Romanzo abbia quella religione, che il se-
un ospedale e ha come prota- colo scorso chiamava con il nome largo e vasto di Umanità; basterà questa
gonisti un medico e una suora. coscienza: ecco il suo diritto.
da Germinie Lacerteux, trad. O. Del Buono, Milano, Rizzoli, 1957
Il romanzo ● Sempre nel 1880 Zola pubblicò Il romanzo sperimentale, una raccolta di scritti teorici
sperimentale sul Naturalismo, nel cui saggio di apertura è esposto il programma letterario dello scrit-
di Zola
tore. Questo, in sintesi, il nucleo centrale di tale programma:
• il romanziere deve far proprio il metodo sperimentale delle scienze fisiche, per ap-
plicarlo ai fenomeni morali e spirituali;
• deve osservare con il massimo scrupolo i caratteri e i comportamenti degli individui,
calandoli in precisi contesti ambientali, e deve procedere come uno scienziato nel suo
laboratorio, in modo che il romanzo diventi il «verbale di un esperimento» ripetuto
sotto gli occhi del pubblico;
• deve essere totalmente impersonale, non far trasparire i propri sentimenti;
• deve essere «padrone dei fenomeni della vita intellettuale e passionale, per poterli gui-
dare», contribuendo al miglioramento della società (funzione sociale della letteratura).
Émile Zola
osservazione e sperimentazione (1880)
Testo teorico fondamen- esso l’autore sostiene che Fiducioso nella possibi- te l’autore descrive il pro-
tale per capire il pro- il romanzo deve far pro- lità di un miglioramento cesso attraverso il quale
gramma letterario di Zo- prio il metodo sperimen- della società, Émile Zola il narratore arriva a co-
la, Il romanzo speri- tale delle scienze, per ap- vede nel romanzo uno struire un romanzo
mentale (1880) viene plicarlo «alla conoscen- strumento atto a incide- sperimentale.
considerato un manife- za della vita passionale e re positivamente sulla
sto del Naturalismo. In intellettuale» dell’uomo. realtà. Nel brano seguen-
Concetti
Compito del romanziere è osservare e sperimentare
Nel romanzo naturalista l’esperimento consiste nel collocare il personaggio in un
ambiente e nell’osservare gli effetti che l’ambiente scelto produce su di lui
VERSO L’ESAME produce in lui, nella sua famiglia e nella società. Scelto l’argomento, l’auto-
re ha preso le mosse dai fatti osservati, poi ha preparato l’esperimento sot-
3a prova – risposta singola toponendo Hulot ad una serie di prove, facendolo passare per alcuni am-
Zola e Balzac
bienti, in modo da evidenziare il funzionamento del meccanismo della sua
3 Rintraccia nel testo passione. È dunque evidente che non vi è solo osservazione ma anche espe-
una definizione del
rimento, perché Balzac non si comporta come un semplice fotografo dei fat-
procedimento bal-
zachiano data da ti da lui accertati, ma interviene direttamente collocando il suo personaggio
Zola e riassumila in all’interno di situazioni di cui tiene le fila. Il problema è conoscere le conse-
un massimo di 5 ri- guenze che una simile passione, agendo in quell’ambiente e in quelle circo-
ghe. stanze, produrrà dal punto di vista dell’individuo e della società; ed un ro-
manzo sperimentale, ad esempio La Cousine Bette, è nient’altro che il ver-
bale dell’esperimento che il romanziere ripete sotto gli occhi del pubblico. In
conclusione il procedimento consiste nel prendere i fatti nella realtà e nello
studiarne la concatenazione agendo su di essi, modificando, cioè, circo-
stanze e ambienti senza mai allontanarsi dalle leggi della natura. Ne deriva
la conoscenza scientifica dell’uomo nella sua azione individuale e sociale.
Senza dubbio siamo ben lontani dalle certezze della chimica ed anche
della fisiologia. Non si conoscono ancora i reagenti4 capaci di scomporre le
passioni permettendo di analizzarle. Spesso, in questo scritto, ricorderò an-
che che il romanzo sperimentale è più giovane della medicina sperimentale
che, tuttavia, è appena nata. Ma il mio scopo non è quello di constatare dei
risultati già acquisiti, desidero solo esporre con chiarezza un metodo. Se il
romanziere sperimentale cammina ancora a tentoni entro la scienza più
4. reagenti: sono così chiama-
te le sostanze che concorrono
oscura e più complessa, ciò non toglie che questa scienza esista. È innegabile
a produrre una trasformazione che il romanzo naturalista, quale ora lo intendiamo, è un vero e proprio espe-
chimica. rimento che il romanziere compie sull’uomo, con l’aiuto dell’osservazione.
di Studi sulla letteratura contemporanea (1880 e 1882), Capuana se ne allontanò poi a par-
tire dal saggio Per l’arte (1885), in cui riaffermava i valori della fantasia e dell’immagi-
nazione.
I principi ● Queste le indicazioni fondamentali della poetica verista elaborate da Capuana:
del Verismo • abbandonare il romanzo storico-politico per il «romanzo di costumi contemporanei»;
secondo
Capuana • scegliere la vita italiana come materia di rappresentazione artistica e ritrarla «dal vero»;
• seguire il canone dell’impersonalità privilegiando la tecnica narrativa del dialogo;
• non rinnegare la fantasia e l’immaginazione, facoltà che creano nella narrazione «un
effetto di colorito, di rilievo, di movimento, di vita vera».
Capuana ● Di Capuana scrittore ricordiamo il suo primo romanzo naturalista, Giacinta (1879), de-
scrittore dicato a Zola; in esso si narra la storia di una donna che, violentata da bambina, ne subi-
sce il trauma per tutta la vita, fino al suicidio. Il romanzo fu riscritto secondo il canone del-
l’impersonalità e riedito nel 1886. Il capolavoro di Capuana è Il marchese di Roccaverdi-
na (1901), opera in cui l’autore, sotto l’influsso del Realismo russo, rappresenta la crisi
spirituale di un uomo attanagliato dal rimorso di aver compiuto un omicidio.
Luigi Capuana
verità e immaginazione (1885)
(da PER L’ARTE)
Nel saggio critico Per emergere «il pensiero in- considerato il manifesto vivacità e di pungente
l’arte (1885) lo scrittore dividuale dell’autore», ri- del Verismo italiano, per- ironia nei confronti di
Luigi Capuana espose la conosceva che la fanta- ché contiene alcuni tra i un pubblico legato alla
sua concezione del ro- sia e l’immaginazione più importanti princìpi tradizione aulica e reto-
manzo che, pur attenen- sono due «divine fa- teorici della poetica veri- rica della nostra lettera-
dosi al canone realistico coltà» dalle quali il nar- sta. È un brano interes- tura, con il quale Capua-
dell’osservazione della ratore non può prescin- sante non solo dal pun- na immagina di discu-
realtà, secondo il quale dere. Il brano che segue, to di vista delle idee, ma tere.
nel romanzo non deve tratto da questo saggio, è anche dello stile, ricco di
Concetti
La materia d’arte deve essere tratta dalla vita italiana
La materia d’arte deve essere tratta dal vero
La fantasia e l’immaginazione sono elementi essenziali di una narrazione viva
Noi abbiamo avuto forse il torto di far un gran salto e pretendere che il pub-
blico lo facesse dietro di noi. Dal romanzo storico-politico, siam sbalzati, di
lancio, al romanzo di costumi contemporanei; dalla forma tutta personale
(dovremmo forse dire semplicemente: da un pretesto di forma) alla vera for-
ma dove l’opera d’arte non vuol essere altro o, almeno, vuol essere innanzi
tutto un’opera d’arte; e n’è nato un putiferio. La gente avrebbe dovuto [...] in-
coraggiarci nell’arduissimo tentativo di ridurre a materia d’arte la vita italia-
na, ritraendola direttamente dal «vero», e non co’ soliti cieli di carta turchi-
na o colle solite campagne di verde inglese brizzolato di rosso e di giallo per
simulare i crisantemi e i rosolacci, e non colle contadinelle di terra cotta e le
signore vestite di cencio, dalla testina di cartone verniciato1; e invece ha ri-
sposto col voltarsi in là, turandosi il naso col fazzoletto... Che si aspettavano
1. ritraendola... verniciato: Ca-
puana condanna la falsità del- dunque? Si aspettavano delle cose divertenti, da toccargli la corda sensibile;
le descrizioni di maniera. insomma non volevano annoiarsi in compagnia di certa gentaglia [...].
ANALISI – Ma noi [...] non abbiamo molto tempo da perdere, e già ne perdiamo un
buon poco stando a sentire le vostre eterne questioni di realismo, di natura-
1 Che relazione deve lismo, di sperimentalismo, di arte personale o impersonale... Una musica da
esistere fra verità e
fantasia nell’opera gatti! Non siete di accordo fra voialtri critici e scrittori, e vorreste che noi vi
degli scrittori? si desse retta?
– Qui avete centomila ragioni!
– Per esempio: i vostri documenti umani...2
APPROFONDIMENTO
– Ah, non me ne parlate!
2 Analizza i testi che Se un romanzo, una novella vi fa esclamare: «Questo è impossibile! Que-
vengono considerati sto non è vero!» state sicuri che, novantanove volte fra cento, la colpa è tut-
i “manifesti” della ta dello scrittore. I romanzi più “impossibili” sono quelli che accadono ogni
letteratura naturali- giorno sotto i nostri occhi, attorno a noi, in alto e in basso.
sta e verista qui ri-
portati. Evidenzia i Non ci sarà mai né un romanziere «naturalista», né un novelliere «veri-
punti chiave di cia- sta» il quale abbia tanto coraggio da «inventar» nulla che rassomigli, da lon-
scuno dei tre testi e tano, alle continue e terribili assurdità della vita reale. [...]
mettili, poi, a con- Certamente il carattere di un’opera d’arte moderna – restringiamoci alla
fronto sottolineando novella e al romanzo – non è più quello di prima. L’opera d’arte – può darsi
LA SCUOLA VERISTA
I princìpi ● Se il teorico del Verismo fu Luigi Capuana, il caposcuola fu considerato il siciliano
del Verismo Giovanni Verga (1840-1922), che espresse i princìpi della sua poetica nella prefazione
secondo
Verga alla novella L’amante di Gramigna (1879) e in quella al romanzo I Malavoglia, nella novella
Fantasticheria e in varie lettere inviate nel 1881 a Capuana e ai critici Felice Cameroni e
Francesco Torraca, recensori dei Malavoglia. Essi possono così riassumersi:
• il racconto deve avere la caratteristica di fatto realmente accaduto;
• lo scrittore deve sostituire agli effetti romanzeschi una ricostruzione scientifica dei
processi psicologici;
• la psicologia dei personaggi deve emergere dai loro gesti e comportamenti: «il letto-
re deve vedere il personaggio [...] qual è, dov’è, come pensa, come sente, da dieci paro-
le e dal modo di soffiarsi il naso»;
• lo scrittore deve sparire dal racconto e mettere il lettore «faccia a faccia» con il fatto
«nudo e schietto» (canone dell’impersonalità);
• dal canone dell’impersonalità deriva la scomparsa del narratore onnisciente; il punto
di vista si trasferisce all’interno dell’ambiente descritto e il narratore assume la
mentalità e il linguaggio dei suoi personaggi: «ho cercato di mettermi nella pelle dei
miei personaggi, vedere le cose coi loro occhi ed esprimerle colle loro parole» (regres-
sione, narratore popolare);
• ne deriva anche il divario fra la visione delle cose del narratore (personaggio) e quella
dello scrittore (autore); questo procedimento è lo straniamento.
La teoria dell’impersonalità, però, non nega ogni rapporto tra lo scrittore e l’opera; è so-
lo un procedimento tecnico che gli permette di conseguire l’effetto artistico per il quale
nella narrazione non si avverte la sua presenza (eclissi dell’autore).
Qui di seguito ricordiamo altri scrittori veristi.
Matilde ● Nata in Grecia ma vissuta a Roma e a Napoli, Matilde Serao (1856-1927) fu giornali-
Serao sta e scrittrice. Nelle sue opere ci offre un’immagine concreta e viva della città partenopea,
anche per l’influsso dei veristi siciliani. Animata da un forte impegno sociale e culturale,
fu attenta alle condizioni di vita delle classi povere, ma descrisse anche i salotti bor-
ghesi e aristocratici.
Federico ● Formatosi alla scuola di Capuana e di Verga, il napoletano Federico De Roberto (1861-
De Roberto 1927) fu scrittore di novelle e di romanzi nei quali studiò soprattutto la natura del senti-
mento amoroso e i caratteri della femminilità. Il suo romanzo più celebre è I Viceré (1894),
in cui si narrano le vicende di una nobile famiglia siciliana sullo sfondo degli avvenimenti
storici che portarono all’Unità d’Italia. Talora nell’opera, pur improntata al canone del-
l’impersonalità, traspare la condanna dell’autore contro la meschinità e l’arrivismo della
nobiltà.
Grazia ● Grazia Deledda (1871-1936), nata in Sardegna e vissuta a lungo a Roma, pose al cen-
Deledda tro delle sue pagine il mondo rurale e pastorale della sua isola, descrivendone le tradi-
zioni arcaiche e la natura selvaggia.
Nell’indagine psicologica dei protagonisti delle novelle e dei romanzi deleddiani si sente
l’influenza della narrativa realista francese e inglese, ma soprattutto il fascino della lette-
ratura realista russa. Il successo, in Italia e all’estero, della sua vastissima produzione le
valse il premio Nobel nel 1926.
Federigo ● Il senese Federigo Tozzi (1883-1920), pur essendo vicino alla letteratura naturalista e
Tozzi verista, manifesta le inquietudini tipiche di una nuova sensibilità, che la critica avvicina
a quella di Svevo e di Pirandello.
Antonio ● Antonio Fogazzaro (1842-1911) presenta tendenze sia romantiche, sia realistiche, sia
Fogazzaro decadenti. Uno dei suoi romanzi più fortunati, Malombra, fu pubblicato, con grande con-
senso di pubblico, nel 1881, lo stesso anno dei Malavoglia di Verga.
REALISMO
Balzac (1799-1850)
Flaubert (1821-1880)
NATURALISMO
Italia
VERISMO
Capuana (1839-1915)
Verga (1840-1922)
Serao (1856-1927)
De Roberto (1861-1927)
Deledda (1871-1936)
francese Jules Verne. Stevenson (1850-1894), scrittore versatile e ingegnoso, nella trama
avventurosa e fantastica dei suoi racconti cela talora la problematica dello sdoppiamen-
to della personalità e del conflitto tra il bene e il male. Tra le sue opere più famose ri-
cordiamo L’isola del tesoro (1883) e Lo strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde (1886). Ki-
pling (1865-1936) viaggiò moltissimo, soprattutto in Oriente; di qui il gusto per l’esotico,
presente nei suoi Libri della giungla (1894-95), o nel lungo racconto Capitani coraggiosi
(1897), incentrato sulla storia di un ragazzo che, caduto in mare durante una crociera,
viene raccolto da alcuni pescatori con i quali vivrà e che egli riconoscerà, appunto, come
capitani coraggiosi.
I romanzi di Verne (1828-1905) contribuirono alla divulgazione scientifica soprattutto
tra i più giovani. Di Verne basti ricordare i famosi Viaggio al centro della terra (1864), Dal-
la terra alla luna (1865) e Ventimila leghe sotto i mari (1870), opere alle quali si è ispirata
una parte della produzione cinematografica del Novecento.
La narrativa ● Una particolare forma di letteratura popolare fu, intorno agli anni Ottanta, quella pe-
italiana dagogica. Nella produzione di storie per ragazzi, in Italia si distinsero Carlo Collodi,
per ragazzi
pseudonimo di Carlo Lorenzini (1826-1890), autore conosciuto in tutto il mondo per Le
avventure di Pinocchio, pubblicate a puntate sul «Giornalino per i bambini» tra il 1881 e
Il teatro ● Il teatro europeo più innovativo fu quello dei paesi scandinavi, con le opere di Henrik
scandinavo Ibsen e di August Strindberg. La prima opera importante di Ibsen (1828-1906) fu il dram-
ma in versi Brand (1866), incentrato sulle vicende di un sacerdote che sacrifica gli affetti
familiari al suo rigorismo morale. Nel 1867 fu rappresentato Peer Gynt, il cui protagoni-
sta è una creatura che vive in un universo fantastico, animato dagli spiriti delle foreste. In
seguito Ibsen si volse a rappresentare, con realismo fotografico, le forti passioni umane
soffocate dal perbenismo borghese. Nacque così il teatro delle idee e, con esso, i dram-
mi più famosi, tra i quali Casa di bambola (1879). I drammi di Strindberg (1849-1912) –
si ricordano La signorina Giulia, 1888; Verso Damasco, 1898-1904; Danza macabra, 1901 –
sono caratterizzati da una visione cupa della vita centrata sul conflitto tra uomo e don-
na e tra singolo e società.
Il teatro ● Vicino al Naturalismo, ma più attento alla psicologia, è, in Russia, il teatro di Anton
di Čechov Čechov (1860-1904). I suoi drammi (ricordiamo Il gabbiano, 1898; Lo zio Vanja, 1899; Le
tre sorelle, 1901; Il giardino dei ciliegi, 1903) sono storie di sconfitte umane, di personag-
gi oppressi dal grigiore della vita quotidiana e incapaci di reagire.
IL TEATRO ITALIANO
Il dramma ● Celebri autori italiani di drammi borghesi furono Giuseppe Giacosa e Marco Praga.
borghese Giacosa (1847-1906), che ebbe contatti con la Scapigliatura piemontese, nel dramma Tri-
sti amori (1887, interpretato da Eleonora Duse) rappresentò il tipico triangolo borghese
(marito-moglie-amante), e in Come le foglie (1900), seguendo il modello di Ibsen, evocò
tra silenzi e sottintesi, l’atmosfera di crepuscolo di una famiglia. Marco Praga (1862-1929),
figlio di Emilio ed esponente della Scapigliatura, portò sulla scena numerose commedie di
spirito verista; tra le più riuscite La moglie ideale (1890), la cui protagonista divide i propri
sentimenti tra il marito e l’amante, con paradossale sincerità nei confronti di entrambi.
Il teatro ● Sollecitato dalla poetica naturalista, ebbe successo in Italia il teatro dialettale i cui
dialettale maggiori rappresentanti furono:
• Vittorio Bersezio (1828-1900), autore di un testo in dialetto torinese dal titolo Le mi-
serie d’Monssù Travet (Le miserie del signor Travetti, 1863), che rappresenta la triste
condizione di modesto impiegato, succube sia in famiglia che sul lavoro;
• Giacinto Gallina (1852-1897), drammaturgo veneziano che portò sulla scena ambienti
e tipi della sua città, con una capacità di analisi dei personaggi che ricorda quella di
Goldoni. Tra le sue opere ricordiamo La famegia del santolo (La famiglia del padrino,
1892);
• Eduardo Scarpetta (1853-1925), attore, capocomico e autore napoletano, divenuto
celebre per aver inventato il personaggio di don Felice Sciosciammocca, protagonista
della farsa Miseria e nobiltà (1887);
• Salvatore di Giacomo (1860-1934), voce molto significativa del teatro dialettale na-
poletano, nelle cui opere si intrecciano miseria, passione, malinconia e sentimentali-
smo; ricordiamo ’O voto (1889) e Assunta Spina (1909).
Il teatro ● Ad ambienti popolari si ispirano i drammi veristi di Giovanni Verga, come Cavalleria
verista rusticana (1884), La lupa (1896), Dal tuo al mio (1903), tutti tratti dalle sue novelle, ma
spesso intrisi di un patetismo e di una melodrammaticità tali da renderli poeticamente in-
feriori alla narrativa corrispondente.
Il teatro ● Di impronta simbolista sono i drammi del belga Maurice Maeterlinck (1862-1949):
decadente La Principessa Malena, 1889; I ciechi, 1890; Pélleas e Melisanda, 1892; L’uccellino azzurro,
europeo
e italiano 1909. In Inghilterra spiccano le commedie ricche di espedienti di Oscar Wilde (1854-
1900): Un marito ideale, 1895; L’importanza di chiamarsi Ernesto, 1895; e quelle anti-
conformiste e polemiche di George Bernard Shaw (1856-1950): Le case del vedovo
(1892); La professione della signora Warren (1894); Candida (1895); Il Maggiore Barbara
(1905); Pigmalione (1914). In Germania operò Frank Wedekind (1864-1918); sua l’ope-
• Teatro naturalista:
H. Becque
V. Sardou
A. Dumas
• Vaudeville, pochade, farsa galante:
Inghilterra E. Labiche
G. Feydeau
Belgio Russia
TEATRO
Germania
RUSSO
Francia TEATRO ITALIANO
• A. C̆echov
• M. Gorkij • Dramma borghese:
G. Giacosa
Italia
M. Praga
TEATRO • Teatro dialettale:
TEDESCO V. Bersenzio
G. Gallina
Teatro decadente E. Scarpetta
di F. Wedekind S. di Giacomo
• Teatro verista:
G. Verga
• Teatro decadente:
G. D’Annunzio
filosofia di Nietzsche invita a superare i limiti della propria umanità, mentre Freud e la
psicanalisi dimostrano quanto scarse ancora siano le conoscenze relative alla psiche
umana, mettendo in crisi l’idea che l’uomo ha di se stesso.
Dal Simbo- ● Se in letteratura, alla corrente materialista che serpeggia nella società si possono ri-
lismo al condurre il Naturalismo e il Verismo, alle correnti che più sentivano i richiami di uno
Decaden-
tismo smarrimento della ragione e delle certezze si può ricondurre il Decadentismo, animato da
una poetica complessa e piena di sfaccettature. I critici sono concordi nella difficoltà di sta-
bilire un limite cronologico a questa corrente. Le radici del Decadentismo sono da ricer-
carsi infatti, intorno alla metà dell’Ottocento, nel Parnassianesimo (vedi sotto) e nella poe-
sia simbolista di Charles Baudelaire, che aveva rivoluzionato la lirica con le sue imma-
gini oniriche e i suoi versi “maledetti”. Sempre in Francia, alla fine degli anni Ottanta,
Paul Verlaine e Arthur Rimbaud accolsero la sua lezione, dando vita a versi estrema-
mente moderni e intrisi di pessimismo, visioni allucinatorie, simboli, metafore e allegorie.
IL SIMBOLISMO DI BAUDELAIRE
L’inizio ● Alla scuola del Parnaso appartenne anche Charles Baudelaire (1821-1867), se pure in
della poesia una posizione del tutto singolare e autonoma. Profondamente critico nei confronti della
moderna
società borghese e industriale, cui contrappose uno stile di vita all’insegna della sre-
golatezza, Baudelaire non fu solo poeta, ma anche un grande critico e un geniale stu-
dioso di problemi estetici. Egli contribuì all’elaborazione del concetto di «poesia pura»,
libera da ogni preoccupazione di contenuto e da intenti civili o morali, nella quale la sug-
gestione delle parole e dei simboli può essere oggetto di ispirazione, aprendo così la
strada al Simbolismo, allo sperimentalismo di Mallarmé e più in generale ai movimenti
che fanno da ponte tra la poesia romantica e quella del Novecento. Fu il primo a defini-
re la specificità della poesia, separandola da tutti gli altri campi (morale, filosofia, storia)
con i quali fino allora si era confusa. In questo senso, ma non solo per questo, è conside-
rato l’iniziatore della poesia moderna.
Come si può ricavare dalla sua principale raccolta poetica I fiori del male (1857) – per la
quale l’autore e l’editore furono processati con l’accusa di pubblicazione oscena, e con-
dannati a pene pecuniarie e alla soppressione di sei poesie –, Baudelaire introdusse nel re-
gistro lirico il tema della grande metropoli moderna e le forme del quotidiano, del
sordido, dell’abietto e del vizioso, nel tentativo, oltre che di “modernizzare” la lirica ar-
ricchendola di tematiche umane, di riscattare il “vile” attraverso uno stile impeccabile e
sublime, allusivo e musicale.
Baudelaire ● Precorritrice del Simbolismo è anche la poetica delle corrispondenze teorizzata da
e la poesia Baudelaire nella lirica che reca appunto il titolo Corrispondenze, una riflessione sulla con-
delle corri-
spondenze dizione dell’uomo nella natura e sulla funzione del poeta. La natura vi è rappresentata
come un tempio, luogo del sacro e del mistero, da cui emanano «confuse parole», che
l’uomo può sentire ma non comprendere. L’uomo vive nella natura, è compartecipe del
suo mistero («foreste di simboli dagli occhi familiari»); avverte che tra i profumi, i colo-
ri, i suoni esistono corrispondenze, che si perdono lontano come echi. Sta al poeta sco-
prire e celebrare le originarie corrispondenze di tutte le cose, le analogie sotterranee che
legano tra loro i diversi fenomeni sensibili in una unità profonda. Sta a lui decifrare, me-
diante l’intuizione e l’immaginazione, l’universale analogia che i sensi e la razionalità
non permettono di cogliere. Ma può raccontarlo solo ricorrendo a sua volta a un lin-
guaggio simbolico, a una magia verbale. Se la natura è sacra e la realtà è simbolica, an-
che la poesia è sacra, perché rivela il linguaggio segreto dell’universo.
I “POETI MALEDETTI”
Paul Verlaine ● La poesia di Baudelaire influenzò l’opera di Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e Stépha-
ne Mallarmé. Fin da ragazzo Verlaine (1844-1896) iniziò a comporre poesie e a fre-
quentare i poeti della cosiddetta «seconda generazione» del Parnasse (vedi p. 176). La sua
prima raccolta di liriche apparve nel 1866 con il titolo Poesie saturnine, in omaggio alla
sua musa ispiratrice, la Malinconia, ritenuta una emanazione del pianeta Saturno. Le sue
opere più famose, però, furono pubblicate nel 1884, anno in cui videro la luce la raccolta
Allora e ora e il volume I poeti maledetti, dedicato alla nuova generazione di poeti (Rim-
baud, Mallarmé, Corbière, Villiers, lo stesso Verlaine, dietro l’anagramma di Pauvre Le-
lian). Tra le liriche di Allora e ora, figura Arte poetica, un componimento del 1874, in cui
si possono individuare i princìpi della poetica di Verlaine.
I princìpi ● Essi si allacciano a certi aspetti del Simbolismo, corrente nella quale il poeta finì per es-
della poetica sere collocato, e possono così essere riassunti:
di Verlaine
• la poesia è prima di tutto musica;
• il poeta deve evitare i toni eloquenti e declamatori, gli artifici retorici, gli elementi in-
tellettualistici e le componenti didascaliche;
• il poeta non deve descrivere la realtà, ma cogliere e trasmettere le impressioni più vaghe
e indefinite, suggerire emozioni e stati d’animo, penetrare l’intima essenza delle cose;
• per fare ciò occorrono accordi musicali lievi, immagini sfumate, parole non de-
scrittive, ma evocatrici di molteplici significati.
Arthur ● Esemplare incarnazione del «poeta maledetto» fu Rimbaud (1854-1891), anch’egli in
Rimbaud rivolta contro la sua classe, la ricca borghesia, contro l’Europa industriale, come pure in-
sofferente a ogni costrizione e legame. La prima raccolta degli scritti di Rimbaud uscì po-
stuma, nel 1898, con il titolo Opere. Comprendeva i Primi versi, le Illuminazioni e Una sta-
gione all’inferno; più tardi si sarebbero aggiunte le Lettere e pochi Abbozzi. Una “illustra-
zione” di poetica è considerata Il battello ebbro (1871), poesia scritta sull’onda del falli-
mento della Comune di Parigi del 1870, di cui era stato entusiasta sostenitore. La novità
che essa annunciava non era tanto nel tema – un battello disancorato discende i fiumi fi-
no al mare aperto dove lo attendono sfolgoranti visioni, per poi ritornare all’«Europa dai
parapetti antichi» (l’immagine simboleggia il distacco dalle tradizioni borghesi, il sogno
di una rivoluzione totale della società, il brusco risveglio e il triste ritorno alla situazione
di prima) – quanto nel linguaggio, nell’eloquenza visionaria di qualità altissima, nell’in-
calzare delle immagini sciolte da ogni rapporto logico con la realtà.
I princìpi ● È il linguaggio del poeta veggente teorizzato da Rimbaud nella Lettera del veggente
della poetica (1871) e che costituisce una vera e propria dichiarazione di poetica i cui principi si pos-
di Rimbaud
sono così sintetizzare:
• compito del poeta è «farsi veggente», «esplorare l’ignoto», «indagare l’invisibile e udi-
re l’inaudito»;
• il poeta si fa veggente mediante «un lungo, immenso e ragionato disordine di tutti i
sensi»;
• il ritrovamento di cose ignote richiede forme nuove: «chiediamo ai poeti del nuovo
idee e forme»;
• il poeta veggente deve «trovare una lingua [...] questa lingua sarà dell’anima per l’a-
nima, riassumerà tutto».
Arthur Rimbaud
il disordine dei sensi (1871)
(da LETTERA DEL VEGGENTE)
Ti proponiamo alcuni il giovane poeta aveva già che. In questo scritto ni che non simboleggia-
passi della Lettera del scritto la raccolta Prime spiega all’amico la nuova no concetti, ma sono già
veggente, scritta da Rim- poesie (1870) ma racco- estetica del «poeta veg- per se stesse concetti.
baud all’amico Paul De- mandò proprio a De- gente», che si esprime,
meny nel 1871. All’epoca meny di bruciare le liri- cioè, attraverso immagi-
Concetti
La necessità di una nuova poesia
La nuova poesia deve essere diretta a tutti i sensi
Il poeta deve farsi veggente
Ed eccole ora della prosa sull’avvenire della poesia [...]. Dalla Grecia al mo-
vimento romantico, medioevo, ci sono letterati, versificatori. [...] tutto è pro-
sa rimata, giuochetto, smidollamento e gloria di innumerevoli generazioni
idiote [...] il giuochetto1 fa la muffa. Dura da duemila anni!
COMPRENSIONE Non è uno scherzo né un paradosso. [...] io assisto allo sbocciare del mio
1 Secondo Rimbaud, pensiero: lo guardo, lo ascolto: do un colpo d’archetto: la sinfonia si agita nel-
attraverso quali espe- le profondità, oppure salta con un balzo sulla scena. Se i vecchi imbecilli non
rienze si raggiunge la avessero trovato dell’Io che il significato falso, non avremmo da spazzar via
vera poesia, si diven- questi milioni di scheletri che, da tempo infinito, hanno accatastato i pro-
ta poeti? dotti del loro guercio2 intelletto, proclamandosene fieramente gli autori!
Che cosa si aspetta In Grecia versi e lire ritmano l’Azione. Dopo, musica e rime sono giuochi,
2
Rimbaud dalla don- svaghi. Lo studio di questo passato seduce i curiosi: parecchi si lasciano an-
na? A quale condi- dare con gioia a rinnovare queste anticaglie: – facciano pure. L’intelligenza
zione essa potrà di- universale ha sempre sparso le sue idee naturalmente; gli uomini raccoglie-
ventare poetessa a vano una parte di questi frutti del cervello: agivano in conseguenza, scriveva-
sua volta? no libri con esse: così andava avanti la faccenda, poiché l’uomo non si trava-
gliava non essendo ancora desto, o non ancora nella pienezza del gran sogno.
Funzionari, scrittori: autore, creatore, poeta, quest’uomo non è mai esistito!
Il primo studio dell’uomo che voglia esser poeta è la sua propria cono-
1. il giuochetto: la poesia. scenza, intera; egli cerca la sua anima, l’indaga, la tenta, l’impara. Appena
2. guercio: cieco, in senso di- la sa, deve coltivarla; la cosa sembra semplice: in ogni cervello si compie uno
spregiativo.
3. comprachicos: nel Seicento,
sviluppo naturale; tanti egoisti si proclamano autori; ce ne sono molti altri
bande organizzate di zingari che si attribuiscono il proprio progresso intellettuale! – Ma si tratta di fare l’a-
che compravano i bambini per nima mostruosa: come i comprachicos3 insomma! Immagini un uomo che si
poi mutilarli e farne dei mostri pianti verruche sul viso e le coltivi.
che venivano esibiti per il di-
vertimento del pubblico. Io dico che bisogna esser veggente, farsi veggente.
4. quintessenza: secondo la fi- Il Poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato disordine
sica aristotelica, la quintes- di tutti i sensi. Tutte le forme d’amore, di sofferenza, di pazzia; egli cerca se
senza è l’etere che, insieme stesso, esaurisce in sé tutti i veleni, per non conservarne che la quintessen-
agli elementi di base (aria, ac-
qua, fuoco, terra) sarebbe il za4. Ineffabile tortura nella quale ha bisogno di tutta la fede, di tutta la for-
quinto elemento (quinta es- za sovrumana, nella quale diventa il grande infermo, il grande criminale, il
senza) con cui è formata la grande maledetto, – e il sommo Sapiente! – Egli giunge infatti all’ignoto! Poi-
materia. Per estensione, gli al- ché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Egli giunge al-
chimisti definivano quintes-
senza l’estratto più puro di l’ignoto, e quand’anche, smarrito, finisse col perdere l’intelligenza delle pro-
una sostanza. prie visioni, le avrà pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inau-
VERSO L’ESAME dite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli
orizzonti sui quali l’altro si è abbattuto! [...]
3a prova – risposta singola Dunque il poeta è veramente un ladro di fuoco5.
Il “poeta veggente” di
Rimbaud Ha l’incarico dell’umanità, degli animali addirittura; dovrà far sentire,
palpare, ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta di laggiù ha forma,
3 Nel 1871 Arthur Rim-
egli dà forma; se è informe, egli dà l’informe. Trovare una lingua; – Del resto,
bau scrive all’amico
Paul Demeny la Let- dato che ogni parola è idea, verrà il tempo di un linguaggio universale! Bi-
tera del veggente. sogna essere un accademico, – più morto di un fossile, – per portare a ter-
In cosa consiste la mine un dizionario, di qualunque lingua sia. Se dei deboli si mettessero a
nuova estetica del pensare sulla prima lettera dell’alfabeto, rovinerebbero subito nella pazzia!
“poeta veggente”? Questa lingua sarà dell’anima per l’anima, riassumerà tutto: profumi,
Rispondi senza su- suoni, colori; pensiero che uncina il pensiero e che tira. Il poeta definirebbe
perare le 12 righe.
la quantità di ignoto che nel suo tempo si desta nell’anima universale [...].
Enormità che si fa norma, assorbita da tutti, egli sarebbe veramente un mol-
tiplicatore di progresso! [...]
Questi poeti saranno! Quando sarà spezzata l’infinita schiavitù della don-
5. ladro di fuoco: riferimento a na, quando ella vivrà per sé e grazie a sé, dopo che l’uomo, – finora abomi-
Stephane ● Pure se “catalogato” da Verlaine tra i «poeti maledetti», Mallarmé (1842-1898) con-
Mallarmé dusse una vita lontana dagli eccessi che caratterizzarono l’esistenza di questi ultimi.
Mallarmé concepiva la poesia come una sorta di rivelazione attuata attraverso le parole
(che non dovevano essere però quelle «della tribù», cioè del linguaggio comune), attraver-
so l’espressione liberata da ogni contingenza, la trama sottile di immagi- Contingenza
ni e di simboli che accostano tra loro realtà lontanissime. «Nominare una Circostanza
cosa», scrisse Mallarmé, «significa guastare tre quarti del godimento di una particolare.
poesia, che consiste nell’indovinarla a poco a poco: suggerire la cosa, ecco il
sogno». Le estreme conseguenze di questa ricerca poetica, che sarà ripresa nel Novecen-
to, portano al silenzio della pagina bianca. Tra le opere più famose di Mallarmé ricor-
diamo il poemetto Il pomeriggio di un fauno (1876), musicato da Debussy, in cui si accu-
mulano le suggestioni di poesia, musica e pittura insieme.
IL PRERAFFAELLISMO IN INGHILTERRA
Dante ● Fondato nel 1848 da un gruppo di artisti, poeti e pittori, il movimento preraffaellita
Gabriel nacque in opposizione al Realismo e come riscoperta dell’autenticità creativa ed espressi-
Rossetti
e William va dell’arte medioevale, quella anteriore a Raffaello. I principali preraffaelliti furono il
Morris poeta e pittore Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), figlio di un esule italiano, e il suo di-
scepolo William Morris (1834-1896). Rossetti si richiamava alla letteratura italiana me-
dioevale, Morris elaborò romanticamente l’antica poesia inglese, germanica e scandinava.
La poetica preraffaellita propugnava un «ritorno alla natura», nelle forme del misticismo
e di un simbolismo erudito, anticipando per tale via l’estetismo decadente inglese.
LA SCAPIGLIATURA IN ITALIA
L’origine ● Negli anni tra il 1860 e il 1890, specialmente in Lombardia e Piemonte, si manifestò nel-
del termine la letteratura, nella pittura e nella musica il fenomeno culturale della Scapigliatura. La pa-
«scapi-
gliatura» rola «scapigliatura» – traduzione del termine francese bohème (che a sua volta deriverebbe
da «boemo», cioè «zingaro»), con cui si indicava uno stile di vita anticonformista –, ebbe
fortuna grazie al titolo del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862).
Il movimento della Scapigliatura era assai vario e raccoglieva letterati, musicisti, sculto-
ri e pittori, tutti accomunati dall’identificazione tra vita e arte, dal desiderio di essere ori-
ginali e diversi dagli altri, dal condurre una vita disordinata, dedita all’alcol e all’assenzio,
la droga più diffusa in quell’epoca.
La poetica ● La Scapigliatura espresse la crisi della cultura romantica risorgimentale, in partico-
della Scapi- lare della letteratura tardo-romantica e manzoniana, cui contrappose:
gliatura
• le esperienze della vita di ogni giorno come fonte di ispirazione di un’arte nuova,
orientata verso forme di concretezza e di positività;
• la predilezione per il patologico, per l’abnorme, per il macabro e il funereo, recupe-
rando temi che erano stati propri del Romanticismo europeo.
Per questa via gli scapigliati contribuirono a sprovincializzare la cultura italiana, pro-
ponendo la lettura di scrittori e poeti europei e riservando nuova attenzione all’umori-
smo, alla satira, al sogno e alla favola. Inoltre rinnovarono la lingua, proponendo un
lessico spigliato, arricchito dai modi dialettali e libero da rigidi canoni letterari. I model-
li più importanti per gli scapigliati furono Baudelaire, la cui opera I fiori del male fu defi-
nita da Emilio Praga «un’imprecazione cesellata nel diamante», e lo statunitense Edgar Al-
lan Poe (1809-1849), autore di racconti fantastici e dell’orrore.
Se da una parte con il loro culto del vero, con l’attenzione all’orrido e al patologico, gli
scapigliati contribuirono a introdurre in Italia alcuni aspetti del Naturalismo francese,
dall’altra anticiparono gli atteggiamenti irrazionalisti propri del Decadentismo.
I più ● Tra gli esponenti più significativi della Scapigliatura ricordiamo:
importanti • Emilio Praga (1839-1875), pittore e poeta milanese morto giovane in miseria e di-
scapigliati
strutto dall’alcol; nella poesia Preludio (1864), considerata una sorta di manifesto del-
la Scapigliatura, sono contenuti il rifiuto della tradizione (rappresentata dal «casto
poeta», cioè il Manzoni, liquidato con un «tu puoi morir! [...] Degli anticristi è l’ora!»);
il tema, baudelairiano, della noia, che sembra tormentare tutti gli scapigliati; l’inte-
resse per la realtà desolata della vita moderna.
• Igino Ugo Tarchetti (1839-1869), romanziere e poeta piemontese, anticonformista e
solitario. La sua opera più importante è il romanzo Fosca (1869), rimasto incompiuto
e portato a termine dall’amico Salvatore Farina. Protagonista è una donna bruttissima
e isterica, che si innamora perdutamente di Giorgio e muore dopo averlo conquistato,
lasciandolo contagiato dalla sua stessa malattia.
• Arrigo Boito (1842-1918), musicista (collaboratore di Giuseppe Verdi nei libretti di
Otello e del Falstaff) e poeta veneto; la sua produzione in versi è caratterizzata da un
umorismo macabro e grottesco.
• Giovanni Camerana (1845-1905), poeta piemontese colto e raffinato, morto suicida. La
sua raccolta Versi fu pubblicata postuma dagli amici nel 1907. La sua poesia ama le
descrizioni paesaggistiche, ricche di cromatismi e di accenti impressionistici, spesso
evocanti motivi religiosi e segni cupi di morte.
• Carlo Dossi (1849-1910), poeta e prosatore lombardo, elaborò una prosa, linguistica-
mente originale, ricca di colore e di tensione, in cui convivono rappresentazione reali-
stica e deformazione fantastica e surreale.
GIOSUE CARDUCCI
Realismo ● Contro gli sviluppi fiacchi e misticheggianti del Romanticismo reagì anche Giosue
e ritorno Carducci (1835-1907), ma in modo diverso dalla Scapigliatura. Realismo e rigore for-
alla clas-
sicità male si fusero nella sua opera; a questo realismo classicistico si associò l’attenzione al-
la moderna poesia europea, soprattutto a quella di Victor Hugo e Heinrich Heine. Egli
andò ricercando soluzioni linguistiche e formali sempre più eleganti, che potessero far
rivivere la bellezza classica.
Alla tradizione classicistica carducciana si ricollegano le opere di altri letterati come quel-
le di Giacomo Zanella (1820-1888), sacerdote e poeta vicentino, che cercò di conciliare
la fiducia nella scienza con la fede religiosa e di Vittorio Betteloni (1840-1910), poeta ve-
ronese apprezzato da Carducci, che fece oggetto dei suoi componimenti i fatti della vita
quotidiana e le sue esperienze private, rappresentate con tono colloquiale.
Il Decadentismo
Tutte le correnti che abbiamo visto con-
NATURALISMO DECADENTISMO
trapporsi decisamente alle poetiche del
“reale”, ovvero basate sul tentativo di
Rifiuto del Romanticismo Recupero del Romanticismo creare una poetica “scientifica” e ogget-
tiva, erano i germi di un’inquietudine
Contrasto fra reale e ideale,
Analisi della realtà sociale fra finito e infinito che sfociò nella corrente del Decaden-
tismo e della quale furono, in un certo
Importanza data al sogno, senso, i precursori.
Scientificità al surreale e al fantastico Il termine «decadente» fu inizialmente
usato con significato spregiativo da par-
Arte e letteratura come Arte e poesia fini te della critica tardo-ottocentesca in ri-
denuncia sociale a se stessi (poesia pura) ferimento a una nuova generazione di
poeti che si ponevano al di fuori della
Atteggiamento oggettivo Atteggiamenti irrazionalistici norma sia nella produzione artistica
del narratore o misticheggianti
sia nella pratica di vita. Il termine fu
Contributo al miglioramento Fuga dalla realtà poi utilizzato da quegli stessi poeti per
della società (eroismo e titanismo) indicare la propria diversità nei ri-
guardi del presente e la propria estra-
neità nei riguardi della società, secondo un sentire non diverso da quello dei Romani del-
la decadenza nei confronti dei Barbari. Il paragone è di Paul Verlaine (1844-1896), il poe-
ta francese teorico del Decadentismo. In una lirica intitolata Languore, pubblicata nel
maggio del 1883 sul periodico parigino «Il gatto nero», egli affermò di identificarsi con il
senso di stanchezza spirituale che sembrava pervadere i Romani del tardo impero: «Sono
l’Impero alla fine della decadenza, / che guarda passare i grandi Barbari bianchi / compo-
nendo acrostici indolenti dove danza / il languore del sole in uno stile d’oro». A commen-
to dei versi di Verlaine il critico H. Hauser scrive:
La simpatia per antiche epoche, stanche e ultraraffinate, come [...] la tarda roma- Senescenza
nità [...] è un tratto essenziale del Decadentismo [...]. Il concetto di senescenza e Decadimento
stanchezza, di saturazione culturale e degenerazione si unisce a un’idea di nobiltà fisico tipico
spirituale. S’impadronisce degli uomini una vera ebbrezza di rovina [...]. Per i de- della vecchiaia.
cadenti tutto è “abisso”, tutto è pervaso dall’insicurezza e da un’angoscia mortale.
Le affinità ● A differenza degli scrittori naturalisti, i decadenti non si riconoscevano nelle tendenze po-
tra Decaden- sitivistiche, materialistiche e progressiste della società borghese. All’«ordine» borghese, es-
tismo
e Romanti- si contrapponevano atteggiamenti irrazionalistici e misticheggianti; all’impegno sociale
cismo e politico dell’artista, i supremi valori dell’arte e della poesia fini a se stessi. Sotto questo
aspetto, i decadenti si rifacevano ad alcune esperienze romantiche e tardo-romantiche, per
il valore da queste attribuito al sogno, al surreale, al fantastico. Con i romantici, inoltre,
condividevano la percezione del contrasto tra il reale e l’ideale, tra il finito e l’infinito, da
cui derivò l’oscillare tra la fuga dalla realtà, nelle forme dell’eroismo e del titanismo, e il
ripiegamento su se stessi, complici i sentimenti della malinconia e dell’essere incompresi.
capace di vivere, che lo priva di ogni energia, e perciò lo condanna o al suicidio o al rifu-
gio nel sogno e nella fantasia.
Il superuomo ● Alla tendenza a considerare la malattia, la corruzione e la morte come condizioni di
privilegio e di distinzione dalla massa, si contrappone spesso, anche nell’ambito di uno
stesso autore, uno sfrenato vitalismo. Ecco allora il superuomo, l’individuo votato a im-
prese eccezionali, alla realizzazione di una vita piena, in omaggio al Nietzsche della «vo-
lontà di potenza».
Il dandy, ● Nato per indicare un individuo abbigliato in modo stravagante, il termine inglese dandy
raffinato assunse un significato nuovo in Francia alla metà dell’Ottocento: i dandies erano gli espo-
esteta
nenti della cultura dell’apparenza, dell’Estetismo decadente. Tra i cultori di un dandi-
smo estenuato figura il francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907), il cui romanzo À re-
bours (A ritroso), del 1884, è considerato la “Bibbia” del Decadentismo. Nella figura del
protagonista, perfetto esteta, l’autore sembra codificare proprio questo carattere della
sensibilità decadente. L’opera si incentra sul giovane aristocratico Jean Floressas Des Es-
seintes, un dandy che, sopraffatto dalla noia e disgustato dalla mediocrità della vita co-
mune, si ritira nella periferia di Parigi, in una casa che è lo specchio dei suoi gusti eccen-
IL DECADENTISMO IN INGHILTERRA
La lirica ● Già alla metà dell’Ottocento il movimento del Preraffaellismo, fondato dal poeta e pit-
tore Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), aveva anticipato una tendenza dell’Estetismo,
promuovendo, in contrasto con il materialismo borghese, un’arte naturale, semplice e ca-
rica di religiosità (vedi p. 42). Un grande esponente dell’Estetismo inglese fu Algernon
Charles Swinburne (1837-1909), la cui raccolta Poesie e ballate (1866), che suscitò scan-
dalo per l’esaltazione delle perversioni sessuali, si caratterizza per l’intensa musicalità. Al
Decadentismo e al Simbolismo francese si ricollegò il cosiddetto Rinascimento celtico,
rappresentato soprattutto dal dublinese William Butler Yeats (1865-1939), «supremo
nella musicalità, nella tecnica e nella sottigliezza del pensiero, i cui simboli sono sempre
stupendi se pure talvolta reconditi» (M. Wollmann). Nel 1923 gli venne conferito il premio
Nobel, a riconoscimento del valore innovativo della sua opera.
La narrativa ● Tra i narratori decadenti inglesi ricordiamo Walter Pater (1839-1894) e Oscar Wilde
(1854-1900). Pater fu il teorico dell’Estetismo inglese. Da lui (in particolare con l’opera Ri-
tratti immaginari, 1887) prese le mosse il culto della bellezza intesa come sintesi di per-
fezione estetica. Egli affermò che «tutte le arti tendono costantemente alla condizione del-
la musica», indicando la musicalità come la tecnica espressiva che meglio può creare se-
grete suggestioni.
Wilde fu il più celebre dei decadenti inglesi. Con i suoi modi raffinati ed eleganti, con il suo
comportamento eccentrico e anticonformista fece scandalo nella società perbenista
dell’epoca vittoriana (la regina Vittoria regnò dal 1837 al 1901).
IL DECADENTISMO IN ITALIA
Il rinnovamento della sensibilità poetica e la ricerca di un linguaggio simbolico nuovo si
devono, in campo lirico, a Giovanni Pascoli (1855-1912) e, soprattutto, a Gabriele D’An-
nunzio (1863-1938) il quale, insieme ad Antonio Fogazzaro (1842-1911) (vedi in parti-
colare il suo romanzo Malombra, del 1881), è anche uno dei massimi esponenti della nar-
rativa decadente.
Il Deca- ● Poeta di formazione positivista, Giovanni Pascoli (vedi M.5) maturò, tuttavia, una for-
dentismo ma di sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e di indagine. Gli aspetti
nel Pascoli
decadenti della sua produzione lirica si rintracciano, in particolare, in un’evasione dal-
la realtà che si concretizza nel rifugiarsi nel proprio intimo per dare ascolto ai moti del-
l’anima di fronte alle piccole cose (poetica del fanciullino) e, soprattutto, alla tendenza
a caricare gli oggetti e le esperienze di significati simbolici, fortemente allusivi. Attra-
verso l’utilizzo di un linguaggio ricco di suggestioni musicali e, anch’esso, fortemente
simbolico, Pascoli esprime una libera ricerca di immagini e di suoni con intenti antilet-
terari, che ottiene, ad esempio, usando nei suoi componimenti le onomatopee, le asso-
nanze, le consonanze, figure retoriche che richiamano un linguaggio elementare.
La lirica ● È difficile sintetizzare i princìpi della poetica di D’Annunzio, in quanto vari e mai ugua-
dannunziana li a se stessi. Qui di seguito riportiamo le tappe più significative del suo percorso poetico:
• dalla tradizione carducciana all’estetismo decadente: nella raccolta giovanile Primo
vere (1879) il poeta usa le forme metriche «barbare» di Carducci, ma già si manifesta
in essa una grande sensibilità per le forme fisiche della natura. Nelle successive rac-
colte (dal Canto novo, 1882, alle Elegie romane, 1887-1892) sono più evidenti i caratte-
ri decadenti: la «languidezza sensuale»; le «sensazioni acri e violente»; l’interesse per i
temi del peccato e della lussuria; il gusto estetizzante di un’arte raffinatissima, in-
fluenzata sia dal Simbolismo sia dal Preraffaellismo inglese;
• l’aspirazione alla «bontà»: nel Poema paradisiaco (1893) i motivi dominanti sono l’a-
more e un vagheggiato ritorno all’innocenza perduta. È questa l’opera più tipica-
mente simbolista di D’Annunzio.