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Scoperta dell’elettrone

Le conoscenze più importanti sulla natura e il comportamento degli elettroni


provengono dagli studi sulla scarica dei gas.

Tali esperimenti venivano effettuati in tubi di vetro riempiti di gas rarefatti


1. LA STRUTTURA DELL’ATOMO all'interno dei quali veniva fatta avvenire una scarica elettrica tra due elettrodi
metallici.

In questi tubi si generavano dei raggi the furono chiamati "raggi catodici"
poichè venivano emessi dal polo negativo (catodo) e si dirigevano verso il polo
positivo (anodo).

Scoperta dell’elettrone. Esperimenti di Thomson (I)


LA STRUTTURA DELL’ATOMO

J. J .Thomson (1856-1940) dimostrò che i raggi catodici erano carichi


Alla fine del XIX secolo le conoscenze acquisite nel campo della fisica e della chimica negativamente (applicando un campo elettrico venivano deviati verso
erano tali da poter permettere una conoscenza più approfondita sulla struttura l'elettrodo positivo) ed erano indipendenti dalla natura del gas contenuto nel
dell'atomo.
tubo (erano il costituente comune di ogni tipo di sostanza).
Le esperienze di Faraday (1791-1867) sull'elettrolisi avevano dimostrato in maniera Tali raggi, che in realtà erano costituiti da un fascio di elettroni, venivano
inequivocabile la presenza nella materia di particelle cariche elettricamente. deviati in presenza di campi elettrici o magnetici e la loro deflessione poteva
essere visualizzata su uno schermo fluorescente.
Di conseguenza, essendo l'atomo neutro, esso doveva contenere quantità uguali di Thomson riuscì inoltre a determinare il rapporto carica/massa (e/m)
particelle cariche positivamente e particelle cariche negativamente e quindi l'atomo, dell'elettrone, sottoponendo i raggi catodici all'azione contemporanea di un
contrariamente a quanto pensava Dalton, doveva essere ulteriormente divisibile. campo elettrico e di un campo magnetico.
E’ importante osservare che essendo un singolo atomo di dimensioni estremamente
piccole (la sua massa e dell'ordine di 10-24 g !), le particelle che lo compongono devono
essere di dimensioni ancora più piccole.
Scoperta dell’elettrone

Le conoscenze più importanti sulla natura e il comportamento degli elettroni


provengono dagli studi sulla scarica dei gas.

Tali esperimenti venivano effettuati in tubi di vetro riempiti di gas rarefatti


1. LA STRUTTURA DELL’ATOMO all'interno dei quali veniva fatta avvenire una scarica elettrica tra due elettrodi
metallici.

In questi tubi si generavano dei raggi the furono chiamati "raggi catodici"
poichè venivano emessi dal polo negativo (catodo) e si dirigevano verso il polo
positivo (anodo).

Scoperta dell’elettrone. Esperimenti di Thomson (I)


LA STRUTTURA DELL’ATOMO

J. J .Thomson (1856-1940) dimostrò che i raggi catodici erano carichi


Alla fine del XIX secolo le conoscenze acquisite nel campo della fisica e della chimica negativamente (applicando un campo elettrico venivano deviati verso
erano tali da poter permettere una conoscenza più approfondita sulla struttura l'elettrodo positivo) ed erano indipendenti dalla natura del gas contenuto nel
dell'atomo.
tubo (erano il costituente comune di ogni tipo di sostanza).
Le esperienze di Faraday (1791-1867) sull'elettrolisi avevano dimostrato in maniera Tali raggi, che in realtà erano costituiti da un fascio di elettroni, venivano
inequivocabile la presenza nella materia di particelle cariche elettricamente. deviati in presenza di campi elettrici o magnetici e la loro deflessione poteva
essere visualizzata su uno schermo fluorescente.
Di conseguenza, essendo l'atomo neutro, esso doveva contenere quantità uguali di Thomson riuscì inoltre a determinare il rapporto carica/massa (e/m)
particelle cariche positivamente e particelle cariche negativamente e quindi l'atomo, dell'elettrone, sottoponendo i raggi catodici all'azione contemporanea di un
contrariamente a quanto pensava Dalton, doveva essere ulteriormente divisibile. campo elettrico e di un campo magnetico.
E’ importante osservare che essendo un singolo atomo di dimensioni estremamente
piccole (la sua massa e dell'ordine di 10-24 g !), le particelle che lo compongono devono
essere di dimensioni ancora più piccole.
Scoperta dell’elettrone. Esperimenti di Thomson (II) Esperimenti di Millikan

Passando attraverso i fori dell'anodo e di una piastra metallica che funzionano R. A. Millikan riuscì a misurare con notevole accuratezza la carica
da collimatori, un sottile fascio di raggi catodici si dirige verso il centro dello dell’elettrone:
schermo senza subire alcuna deviazione.
e = - 1.6 x 10-19 C
Applicando un campo magnetico uniforme perpendicolare alla direzione dei
raggi, il fascio subisce una deflessione poichè su un elettrone di massa m e
carica e, agisce una forza uguale ad Hev, dove H rappresenta l'intensità del Essendo noto il rapporto e/m determinato da Thomson fu possibile calcolare la
campo magnetico e v la velocità dell'elettrone. massa dell’elettrone:
In particolare l'elettrone percorre una traiettoria circolare con raggio di m = 9.1 x 10-31 kg
curvatura r che può essere misurato sperimentalmente dalla deviazione del
punto luminoso sullo schermo. m = 9.1 x 10-28 g
La forza dovuta al campo magnetico deve essere pari alla forza centrifuga
mv2/r
per cui:
Hev =mv2/r

Le altre particelle subatomiche


Esperimenti di Thomson (III)
Gli atomi erano elettricamente neutri: dovevano contenere anche particelle
Da tale equaglianza si può ricavare: positive che annullavano la carica negativa degli elettroni.
e/m = v/Hr (H ed r sono noti) Con esperimenti eseguiti con tubi di scarica modificati e impiegando gas
diversi, fu possibile misurare la massa e la carica degli atomi privati della
carica negativa e in particolare dello ione positivo più semplice, ottenuto dalla
Per conoscere la velocità v si applica un campo elettrico E in modo da ionizzazione dell'idrogeno, al quale fu dato il nome di protone.
bilanciare H (nessuna deviazione del fascio di elettroni):
Hev = Ee Il protone aveva, in valore assoluto, la stessa carica elettrica dell'elettrone e
v = E/H la sua massa risultò pari a 1,67 • 10-27 kg, cioè circa 1836 volte più grande di
quella dell'elettrone.
Per cui sostituendo nella relazione precedente:
La massa dell'atomo di idrogeno risultò all'incirca uguale alla massa del
e/m = E/H2r
protone (essendo piccolissimo il contributo della massa dell'elettrone).

Per tutti gli altri elementi si trovò che la massa atomica era maggiore della
somma delle masse dei rispettivi protoni ed elettroni. Questa differenza fu
e/m = -1.76 x 10-11 C/kg attribuita alla presenza nell'atomo di un altro tipo di particella, che fu scoperta
nel 1932 da J. Chadwick e che fu chiamata neutrone.
Tale particella risultò ovviamente priva di carica e con una massa quasi
uguale a quella del protone.
Scoperta dell’elettrone. Esperimenti di Thomson (II) Esperimenti di Millikan

Passando attraverso i fori dell'anodo e di una piastra metallica che funzionano R. A. Millikan riuscì a misurare con notevole accuratezza la carica
da collimatori, un sottile fascio di raggi catodici si dirige verso il centro dello dell’elettrone:
schermo senza subire alcuna deviazione.
e = - 1.6 x 10-19 C
Applicando un campo magnetico uniforme perpendicolare alla direzione dei
raggi, il fascio subisce una deflessione poichè su un elettrone di massa m e
carica e, agisce una forza uguale ad Hev, dove H rappresenta l'intensità del Essendo noto il rapporto e/m determinato da Thomson fu possibile calcolare la
campo magnetico e v la velocità dell'elettrone. massa dell’elettrone:
In particolare l'elettrone percorre una traiettoria circolare con raggio di m = 9.1 x 10-31 kg
curvatura r che può essere misurato sperimentalmente dalla deviazione del
punto luminoso sullo schermo. m = 9.1 x 10-28 g
La forza dovuta al campo magnetico deve essere pari alla forza centrifuga
mv2/r
per cui:
Hev =mv2/r

Le altre particelle subatomiche


Esperimenti di Thomson (III)
Gli atomi erano elettricamente neutri: dovevano contenere anche particelle
Da tale equaglianza si può ricavare: positive che annullavano la carica negativa degli elettroni.
e/m = v/Hr (H ed r sono noti) Con esperimenti eseguiti con tubi di scarica modificati e impiegando gas
diversi, fu possibile misurare la massa e la carica degli atomi privati della
carica negativa e in particolare dello ione positivo più semplice, ottenuto dalla
Per conoscere la velocità v si applica un campo elettrico E in modo da ionizzazione dell'idrogeno, al quale fu dato il nome di protone.
bilanciare H (nessuna deviazione del fascio di elettroni):
Hev = Ee Il protone aveva, in valore assoluto, la stessa carica elettrica dell'elettrone e
v = E/H la sua massa risultò pari a 1,67 • 10-27 kg, cioè circa 1836 volte più grande di
quella dell'elettrone.
Per cui sostituendo nella relazione precedente:
La massa dell'atomo di idrogeno risultò all'incirca uguale alla massa del
e/m = E/H2r
protone (essendo piccolissimo il contributo della massa dell'elettrone).

Per tutti gli altri elementi si trovò che la massa atomica era maggiore della
somma delle masse dei rispettivi protoni ed elettroni. Questa differenza fu
e/m = -1.76 x 10-11 C/kg attribuita alla presenza nell'atomo di un altro tipo di particella, che fu scoperta
nel 1932 da J. Chadwick e che fu chiamata neutrone.
Tale particella risultò ovviamente priva di carica e con una massa quasi
uguale a quella del protone.
Le altre particelle subatomiche (II) Esperimenti di Rutherford

E. Rutherford (1871-1936).
Fascio di particelle α (cariche positivamente) che colpiscono una sottile lamina di
Particella Massa Carica elettrica oro (o di platino): “nonostante la maggior parte delle particelle mantenesse la
(g) (C) traiettoria originale, alcune venivano fortemente deflesse o addirittura
rimbalzavano indietro.”
Elettrone 9,10938 x 10-28 -1,602 x 10-19

Protone 1,67262 x 10-24 +1,602 x 10-19

Neutrone 1,67493 x 10-24 0

Modello atomico di Thomson Esperimenti di Rutherford (II)

Modello per interpretare la costituzione dell’atomo: sfera uniforme di cariche Questo risultato era inaspettato poichè secondo il modello di Thomson la
positive nella quale gli elettroni si distribuiscono come “granelli di pepe in massa e la carica dovevano essere distribuite uniformemente all'interno degli
una balla di cotone” atomi del metallo.

Modello inadeguato!! Sulla base a questi risultati


Rutherford giunse alla
conclusione the l’atomo dovesse
consistere di un "nucleo" carico
positivamente in cui era
concentrata tutta la massa e da
elettroni posti esternamente al
nucleo, in numero tale da
bilanciare la carica positiva.
Le altre particelle subatomiche (II) Esperimenti di Rutherford

E. Rutherford (1871-1936).
Fascio di particelle α (cariche positivamente) che colpiscono una sottile lamina di
Particella Massa Carica elettrica oro (o di platino): “nonostante la maggior parte delle particelle mantenesse la
(g) (C) traiettoria originale, alcune venivano fortemente deflesse o addirittura
rimbalzavano indietro.”
Elettrone 9,10938 x 10-28 -1,602 x 10-19

Protone 1,67262 x 10-24 +1,602 x 10-19

Neutrone 1,67493 x 10-24 0

Modello atomico di Thomson Esperimenti di Rutherford (II)

Modello per interpretare la costituzione dell’atomo: sfera uniforme di cariche Questo risultato era inaspettato poichè secondo il modello di Thomson la
positive nella quale gli elettroni si distribuiscono come “granelli di pepe in massa e la carica dovevano essere distribuite uniformemente all'interno degli
una balla di cotone” atomi del metallo.

Modello inadeguato!! Sulla base a questi risultati


Rutherford giunse alla
conclusione the l’atomo dovesse
consistere di un "nucleo" carico
positivamente in cui era
concentrata tutta la massa e da
elettroni posti esternamente al
nucleo, in numero tale da
bilanciare la carica positiva.
Modello atomico di Rutherford Numero atomico

Secondo Rutherford l’atomo era come un sistema planetario, con il nucleo al


posto del sole e gli elettroni al posto dei pianeti. Tutti gli atomi possono essere identificati dal numero di protoni (o di elettroni):

Limiti del modello: atomo instabile secondo l’elettrodinamica; l'elettrone carico,


nella sua rotazione attorno al nucleo avrebbe dovuto continuamente dissipare Numero atomico (Z) = numero dei protoni = numero degli elettroni
energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche e quindi in brevissimo tempo (l’atomo è elettricamente neutro)
cadere sul nucleo.
Per giustificare il comportamento dei sistemi microscopici occorrerà
abbandonare le teorie della fisica classica e utilizzare i concetti della meccanica Le proprietà chimiche di un atomo dipendono da Z: la chimica è fatta
quantistica.
essenzialmente dagli elettroni

Concetti validi del modello: ordine di grandezza delle dimensioni del nucleo
e dell'atomo.

Dimensioni atomiche nel modello di Rutherford Numero di massa

Nel nucleo è contenuta praticamente tutta la massa Atomo Numero di massa (A) = numero dei nucleoni = numero di protoni + neutroni
dell'atomo, cioè i protoni ed i neutroni (questi ultimi
furono solo previsti da Rutherford) e le sue
dimensioni sono dell'ordine di 10-12 cm. La differenza A-Z rappresenta quindi il numero di neutroni contenuti nel
All'esterno del nucleo vi sono gli elettroni che nucleo.
occupano uno spazio che è circa 10.000 volte più
grande del nucleo.
L’atomo è “vuoto” Nuclìde: specie atomica caratterizzata da una specifica coppia di valori A e Z
In generale:

Rapporto raggi: ra/rn~104-105


Rapporto volumi: Va/Vn~1012-1015 (V=4/3πr3)

Se un recipiente del volume di 1cm3 fosse occupato solo da nuclei di idrogeno


(protoni) il peso corrispondente sarebbe ~109 Kg (un milione di tonnellate!)
Modello atomico di Rutherford Numero atomico

Secondo Rutherford l’atomo era come un sistema planetario, con il nucleo al


posto del sole e gli elettroni al posto dei pianeti. Tutti gli atomi possono essere identificati dal numero di protoni (o di elettroni):

Limiti del modello: atomo instabile secondo l’elettrodinamica; l'elettrone carico,


nella sua rotazione attorno al nucleo avrebbe dovuto continuamente dissipare Numero atomico (Z) = numero dei protoni = numero degli elettroni
energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche e quindi in brevissimo tempo (l’atomo è elettricamente neutro)
cadere sul nucleo.
Per giustificare il comportamento dei sistemi microscopici occorrerà
abbandonare le teorie della fisica classica e utilizzare i concetti della meccanica Le proprietà chimiche di un atomo dipendono da Z: la chimica è fatta
quantistica.
essenzialmente dagli elettroni

Concetti validi del modello: ordine di grandezza delle dimensioni del nucleo
e dell'atomo.

Dimensioni atomiche nel modello di Rutherford Numero di massa

Nel nucleo è contenuta praticamente tutta la massa Atomo Numero di massa (A) = numero dei nucleoni = numero di protoni + neutroni
dell'atomo, cioè i protoni ed i neutroni (questi ultimi
furono solo previsti da Rutherford) e le sue
dimensioni sono dell'ordine di 10-12 cm. La differenza A-Z rappresenta quindi il numero di neutroni contenuti nel
All'esterno del nucleo vi sono gli elettroni che nucleo.
occupano uno spazio che è circa 10.000 volte più
grande del nucleo.
L’atomo è “vuoto” Nuclìde: specie atomica caratterizzata da una specifica coppia di valori A e Z
In generale:

Rapporto raggi: ra/rn~104-105


Rapporto volumi: Va/Vn~1012-1015 (V=4/3πr3)

Se un recipiente del volume di 1cm3 fosse occupato solo da nuclei di idrogeno


(protoni) il peso corrispondente sarebbe ~109 Kg (un milione di tonnellate!)
Isòtopi

Si osserva sperimentalmente che atomi caratterizzati dallo stesso numero


atomico Z possono avere un diverso numero di neutroni (e quindi assumere un
Tabella periodica
differente numero di massa A)

Spettrometro di massa:
il raggio della traiettoria
dipende dal rapporto
carica/massa della
particella carica (generata
per allontanamento di un
elettrone): minore è il
rapporto, maggior il raggio
di curvatura, quindi masse
diverse vengono deflesse
con raggi diversi.

Isotòpi: nuclidi caratterizzati dallo stesso valore di Z (ovvero specie atomiche


aventi lo stesso numero di protoni ma differente numero di neutroni)

Elementi

Elemento: insieme di isotòpi afferenti allo stesso numero atomico Z

Un elemento è costituito da una miscela di isotòpi aventi una loro naturale


abbondanza % (abbondanza isotopica)
Gli atomi di un elemento non sono tutti uguali!
2. MATERIA, LUCE ED ENERGIA
Simbologia degli elementi (esempi: Idrogeno, H; Elio, He; Litio, Li; Boro, B …)
Notazione grafica per la rappresentazione di un nuclìde:
- il simbolo dell'elemento, X;
- Z in basso a sinistra (ridondante);
- A in alto a sinistra: AX, es 2H, 7Li, 235U
(invece, in alto a destra: la carica elettrica; in basso a destra: il numero di atomi
nella molecola).
Composizione isotopica di un elemento:
24Mg, 78.60%
25Mg, 10.11%
26Mg, 11.29%
Isòtopi

Si osserva sperimentalmente che atomi caratterizzati dallo stesso numero


atomico Z possono avere un diverso numero di neutroni (e quindi assumere un
Tabella periodica
differente numero di massa A)

Spettrometro di massa:
il raggio della traiettoria
dipende dal rapporto
carica/massa della
particella carica (generata
per allontanamento di un
elettrone): minore è il
rapporto, maggior il raggio
di curvatura, quindi masse
diverse vengono deflesse
con raggi diversi.

Isotòpi: nuclidi caratterizzati dallo stesso valore di Z (ovvero specie atomiche


aventi lo stesso numero di protoni ma differente numero di neutroni)

Elementi

Elemento: insieme di isotòpi afferenti allo stesso numero atomico Z

Un elemento è costituito da una miscela di isotòpi aventi una loro naturale


abbondanza % (abbondanza isotopica)
Gli atomi di un elemento non sono tutti uguali!
2. MATERIA, LUCE ED ENERGIA
Simbologia degli elementi (esempi: Idrogeno, H; Elio, He; Litio, Li; Boro, B …)
Notazione grafica per la rappresentazione di un nuclìde:
- il simbolo dell'elemento, X;
- Z in basso a sinistra (ridondante);
- A in alto a sinistra: AX, es 2H, 7Li, 235U
(invece, in alto a destra: la carica elettrica; in basso a destra: il numero di atomi
nella molecola).
Composizione isotopica di un elemento:
24Mg, 78.60%
25Mg, 10.11%
26Mg, 11.29%
INTERAZIONE LUCE – MATERIA Spettro elettromagnetico

La maggior parte delle nostre conoscenze sulla effettiva struttura degli atomi (e delle Lo spettro della luce: dalle onde radio ai raggi γ (diminuisce λ, cresce ν). Lo
molecole) proviene da esperimenti basati sull’interazione luce/materia.
spettro della luce visibile: dal rosso (λ = 7 × 10-5 cm) al violetto (4 × 10-5 cm).

La luce è una forma di energia rappresentata da onde elettromagnetiche che si


propagano nello spazio sotto forma di un campo elettrico e di un campo magnetico
oscillanti e perpendicolari tra loro.

La luce come radiazione elettromagnetica Spettri atomici

Le grandezze the caratterizzano un'onda elettromagnetica: Quando una sostanza viene eccitata (per esempio per riscaldamento), essa
- la lunghezza d'onda, λ, che rappresenta la distanza tra due minimi o due massimi emette delle radiazioni che, fatte passare attaverso un prisma (deviazione a
successivi ed e espressa in unità di lunghezza (m, cm, nm, ecc.); seconda della λ) danno luogo ad uno spettro di emissione.
- la frequenza, ν, che rappresenta il numero di onde the passano per un punto in un
secondo (ossia il numero di vibrazioni nell'unita di tempo di un'onda di lunghezza d'onda
λ) ed è espressa in (tempo)-1. 1 s-1 = 1 Hertz (Hz)
La frequenza di un'onda dipende
da λ e dalla velocita di
propagazione dell'onda, v,
secondo la relazione:

ν = v/λ

- l'ampiezza che rappresenta


l’altezza di un massimo ed e
indicativa dell’intensità dell'onda. Nella luce emessa da un corpo solido portato all’incandescenza sono
La velocità di propagazione nel vuoto e indipendente dalla lunghezza d'onda o dalla presenti tutte le lunghezze d'onda, per cui to spettro risultante è “continuo”.
frequenza ed e pari a 300.000 km/s.
Quando un gas rarefatto viene eccitato (per riscaldamento, con una scarica
La velocità della luce viene indicata con c, per cui la relazione tra fre¬quenza e
lunghezza d'onda diventa:
elettrica), si ottiene invece uno spettro “a righe”.
ν = c/λ
INTERAZIONE LUCE – MATERIA Spettro elettromagnetico

La maggior parte delle nostre conoscenze sulla effettiva struttura degli atomi (e delle Lo spettro della luce: dalle onde radio ai raggi γ (diminuisce λ, cresce ν). Lo
molecole) proviene da esperimenti basati sull’interazione luce/materia.
spettro della luce visibile: dal rosso (λ = 7 × 10-5 cm) al violetto (4 × 10-5 cm).

La luce è una forma di energia rappresentata da onde elettromagnetiche che si


propagano nello spazio sotto forma di un campo elettrico e di un campo magnetico
oscillanti e perpendicolari tra loro.

La luce come radiazione elettromagnetica Spettri atomici

Le grandezze the caratterizzano un'onda elettromagnetica: Quando una sostanza viene eccitata (per esempio per riscaldamento), essa
- la lunghezza d'onda, λ, che rappresenta la distanza tra due minimi o due massimi emette delle radiazioni che, fatte passare attaverso un prisma (deviazione a
successivi ed e espressa in unità di lunghezza (m, cm, nm, ecc.); seconda della λ) danno luogo ad uno spettro di emissione.
- la frequenza, ν, che rappresenta il numero di onde the passano per un punto in un
secondo (ossia il numero di vibrazioni nell'unita di tempo di un'onda di lunghezza d'onda
λ) ed è espressa in (tempo)-1. 1 s-1 = 1 Hertz (Hz)
La frequenza di un'onda dipende
da λ e dalla velocita di
propagazione dell'onda, v,
secondo la relazione:

ν = v/λ

- l'ampiezza che rappresenta


l’altezza di un massimo ed e
indicativa dell’intensità dell'onda. Nella luce emessa da un corpo solido portato all’incandescenza sono
La velocità di propagazione nel vuoto e indipendente dalla lunghezza d'onda o dalla presenti tutte le lunghezze d'onda, per cui to spettro risultante è “continuo”.
frequenza ed e pari a 300.000 km/s.
Quando un gas rarefatto viene eccitato (per riscaldamento, con una scarica
La velocità della luce viene indicata con c, per cui la relazione tra fre¬quenza e
lunghezza d'onda diventa:
elettrica), si ottiene invece uno spettro “a righe”.
ν = c/λ
Spettri atomico dell’idrogeno
Il dualismo onda-particella
Il più semplice spettro atomico è quello dell'idrogeno.
Nel 1855, J. Balmer ricavò un'equazione che metteva in relazione le Nel 1924, il fisico francese L. de Broglie ipotizzò che le particelle materiali
lunghezze d'onda di quattro righe dello spettro dell'idrogeno (visibili ad potessero avere un comportamento dualistico, cioè potevano comportarsi
occhio nudo) con una serie di numeri interi: come corpuscoli o come onde a seconda delle condizioni sperimentali.

C = costante; n = 3,4,5,6 Confrontando la relazione di Planck tra energia e frequenza di una


radiazione (E = hν) e l'equazione di Einstein the stabilisce l'equivalenza tra
energia e massa (E = mc2), e possibile ottenere una relazione tra la
L'equazione di Balmer fu modificata da Rydberg in modo da fornire il lunghezza d'onda della radiazione e la quantità di moto della particella
numero d'onda (inverso della lunghezza d'onda e misurato in cm-1) di tutte le corrispondente
serie spettrali osservate:
RH = 109677.6 cost. di Rydberg E = hν = mc2 ν = c/λ
n1, n2 numeri interi, n1>n2 hc/λ = mc2 λ = h/mc (rel. generale di de Broglie λ = h/mv)

Planck e la teoria dei quanti


Il dualismo onda-particella. L’elettrone
L'interpretazione degli spettri atomici è impossibile se non si usa il concetto di
quantizzazione di energia, introdotto per la prima volta da Planck nel 1900 per Ciò implica che a qualunque particella caratterizzata da una determinata
spiegare la legge di distribuzione dell'energia nello spettro del corpo nero. quantità di moto può essere associata un'onda di lunghezza ben definita.

Corpo nero: sostanza capace di assorbire tutte le radiazioni elettromagnetiche Per un’elettrone (m = 9.1 x 10-31 Kg; c = 3 x 108 ms-1; h = 6.62 x 10-34 J s):

Se un corpo nero viene riscaldato, esso emette delle radiazioni che sono il λ = 2.4 x 10-10 m
risultato delle vibrazioni degli atomi del corpo caldo, che si comportano come
degli oscillatori elementari. Se l’elettrone si comportasse come un'onda dovrebbe dar luogo a fenomeni
M. Planck (1858-1947): ipotesi che l'energia dei singoli oscillatori elementari non di diffrazione, come fa la luce quando incide su un reticolo.
fosse una grandezza continua ma discreta e che risultasse sempre multipla di Perchè ciò avvenga le distanze tra le fenditure del reticolo dovrebbero
un certo valore elementare non ulteriormente divisibile, hν (h = costante di essere paragonabili alla lunghezza d'onda associata all‘elettrone che è dello
Planck = 6,626 • 10-34 J• s): stesso ordine di grandezza delle distanze tra gli atomi nei cristalli.
E = hν Nel 1927 Davisson e Germer, ottenendo delle figure di interferenza in
Servendosi di questa ipotesi, Planck derivò un'equazione puramente empirica seguito alla diffrazione di un fascio di elettroni su un cristallo di nickel,
che soddisfaceva perfettamente i risultati sperimentali dell'emissione di confermarono l’ipotesi di de Broglie che la materia possiede sia proprietà
radiazione da parte del corpo nero. Alla quantità elementare di energia Planck corpuscolari che ondulatorie.
dette il nome di quantum, per cui la sua teoria prese il nome di teoria dei
quanti.
Spettri atomico dell’idrogeno
Il dualismo onda-particella
Il più semplice spettro atomico è quello dell'idrogeno.
Nel 1855, J. Balmer ricavò un'equazione che metteva in relazione le Nel 1924, il fisico francese L. de Broglie ipotizzò che le particelle materiali
lunghezze d'onda di quattro righe dello spettro dell'idrogeno (visibili ad potessero avere un comportamento dualistico, cioè potevano comportarsi
occhio nudo) con una serie di numeri interi: come corpuscoli o come onde a seconda delle condizioni sperimentali.

C = costante; n = 3,4,5,6 Confrontando la relazione di Planck tra energia e frequenza di una


radiazione (E = hν) e l'equazione di Einstein the stabilisce l'equivalenza tra
energia e massa (E = mc2), e possibile ottenere una relazione tra la
L'equazione di Balmer fu modificata da Rydberg in modo da fornire il lunghezza d'onda della radiazione e la quantità di moto della particella
numero d'onda (inverso della lunghezza d'onda e misurato in cm-1) di tutte le corrispondente
serie spettrali osservate:
RH = 109677.6 cost. di Rydberg E = hν = mc2 ν = c/λ
n1, n2 numeri interi, n1>n2 hc/λ = mc2 λ = h/mc (rel. generale di de Broglie λ = h/mv)

Planck e la teoria dei quanti


Il dualismo onda-particella. L’elettrone
L'interpretazione degli spettri atomici è impossibile se non si usa il concetto di
quantizzazione di energia, introdotto per la prima volta da Planck nel 1900 per Ciò implica che a qualunque particella caratterizzata da una determinata
spiegare la legge di distribuzione dell'energia nello spettro del corpo nero. quantità di moto può essere associata un'onda di lunghezza ben definita.

Corpo nero: sostanza capace di assorbire tutte le radiazioni elettromagnetiche Per un’elettrone (m = 9.1 x 10-31 Kg; c = 3 x 108 ms-1; h = 6.62 x 10-34 J s):

Se un corpo nero viene riscaldato, esso emette delle radiazioni che sono il λ = 2.4 x 10-10 m
risultato delle vibrazioni degli atomi del corpo caldo, che si comportano come
degli oscillatori elementari. Se l’elettrone si comportasse come un'onda dovrebbe dar luogo a fenomeni
M. Planck (1858-1947): ipotesi che l'energia dei singoli oscillatori elementari non di diffrazione, come fa la luce quando incide su un reticolo.
fosse una grandezza continua ma discreta e che risultasse sempre multipla di Perchè ciò avvenga le distanze tra le fenditure del reticolo dovrebbero
un certo valore elementare non ulteriormente divisibile, hν (h = costante di essere paragonabili alla lunghezza d'onda associata all‘elettrone che è dello
Planck = 6,626 • 10-34 J• s): stesso ordine di grandezza delle distanze tra gli atomi nei cristalli.
E = hν Nel 1927 Davisson e Germer, ottenendo delle figure di interferenza in
Servendosi di questa ipotesi, Planck derivò un'equazione puramente empirica seguito alla diffrazione di un fascio di elettroni su un cristallo di nickel,
che soddisfaceva perfettamente i risultati sperimentali dell'emissione di confermarono l’ipotesi di de Broglie che la materia possiede sia proprietà
radiazione da parte del corpo nero. Alla quantità elementare di energia Planck corpuscolari che ondulatorie.
dette il nome di quantum, per cui la sua teoria prese il nome di teoria dei
quanti.
Il dualismo onda-particella. Il fotone Il principio di indeterminazione (I)

Particelle associate alla luce: fotoni Per descrivere il moto di una particella occorre conoscere i valori della sua
posizione e della sua velocità in qualsiasi istante.
Massa associata ad un singolo fotone: m = h/λc Nel 1927, W. Heisenberg (1901-1976) dimostrò che non è possibile
determinare con sufficiente precisione contemporaneamente la posizione e
(λ = 300 nm o 3 x 10-7 m; c = 3 x 108 ms-1; h = 6.62 x 10-34 J s) la velocità di una particella, enunciando il cosiddetto principio di
m = 7.3 x 10-36 Kg indeterminazione la cui formulazione matematica è la seguente:

Δx e Δp (= Δmv, m = massa e v = velocità della particella) rappresentano gli


errori commessi nella determinazione della posizione e del momento della
particella, ed h è la costante di Planck.
Tanto maggiore sarà la precisione con la quale determiniamo la posizione
della particella, tanto minore sarà la precisione con la quale possiamo
conoscere la sua velocità, e viceversa.

Il dualismo onda-particella. E’ sempre applicabile? Il principio di indeterminazione (II)

Se consideriamo un proiettile di fucile avente una massa di 30,0 g e che si Supponiamo che l'incertezza sulla posizione di un elettrone, Δx, sia pari a 0,1
muove con una velocità di 8,0 • 104 cm • s-1, applicando la relazione Å, cioe 10-9 cm. Ricordando che la massa dell'elettrone è circa 9 • 10-28 g,
generale λ = h/mv si ha: possiamo calcolare l'incertezza sulla sua velocità:
λ = 2.76 x 10-33 cm Δv ≥ h/4π • Δx • m ≥ 5.8 x 108 cm s-1

La lunghezza d'onda associata alla massa del proiettile in movimento è L'indeterminazione della posizione o della velocità di una particella diventa
talmente piccola da non poter essere misurata sperimentalmente! (Inoltre tanto più trascurabile quanto più grande è la sua massa, per cui alle particelle
non e possibile verificare sperimentalmente se essa dia luogo a fenomeni di macroscopiche (es. palla da tennis) è possibile applicare correttamente i
diffrazione). principi della meccanica classica

Quanto più grande e la massa della particella considerate, tanto più piccola Le conseguenze del principio di Heisenberg sono estremamente importanti
sarà la corrispondente lunghezza d'onda. per le particelle microscopiche.
In definitive possiamo concludere che, per particelle non appartenenti al Ad esempio, il Principio di indeterminazione implica che non ha senso
mondo microscopico, il comportamento microscopico non riveste particolare descrivere il comportamento dell'elettrone attorno al nucleo secondo
importanza ed il moto di tali particelle può essere descritto adeguatamente un modello classico, poichè non è possibile determinarne la traiettoria.
dalle leggi della meccanica classica (anche se in linea di principio non si può
escludere la natura ondulatoria anche per il moto di masse enormi come ad Occorre ricorrere, come vedremo, in seguito ad un altro modello the tenga
es. i pianeti) conto del fatto the l’elettrone si comporta anche come un'onda.
Il dualismo onda-particella. Il fotone Il principio di indeterminazione (I)

Particelle associate alla luce: fotoni Per descrivere il moto di una particella occorre conoscere i valori della sua
posizione e della sua velocità in qualsiasi istante.
Massa associata ad un singolo fotone: m = h/λc Nel 1927, W. Heisenberg (1901-1976) dimostrò che non è possibile
determinare con sufficiente precisione contemporaneamente la posizione e
(λ = 300 nm o 3 x 10-7 m; c = 3 x 108 ms-1; h = 6.62 x 10-34 J s) la velocità di una particella, enunciando il cosiddetto principio di
m = 7.3 x 10-36 Kg indeterminazione la cui formulazione matematica è la seguente:

Δx e Δp (= Δmv, m = massa e v = velocità della particella) rappresentano gli


errori commessi nella determinazione della posizione e del momento della
particella, ed h è la costante di Planck.
Tanto maggiore sarà la precisione con la quale determiniamo la posizione
della particella, tanto minore sarà la precisione con la quale possiamo
conoscere la sua velocità, e viceversa.

Il dualismo onda-particella. E’ sempre applicabile? Il principio di indeterminazione (II)

Se consideriamo un proiettile di fucile avente una massa di 30,0 g e che si Supponiamo che l'incertezza sulla posizione di un elettrone, Δx, sia pari a 0,1
muove con una velocità di 8,0 • 104 cm • s-1, applicando la relazione Å, cioe 10-9 cm. Ricordando che la massa dell'elettrone è circa 9 • 10-28 g,
generale λ = h/mv si ha: possiamo calcolare l'incertezza sulla sua velocità:
λ = 2.76 x 10-33 cm Δv ≥ h/4π • Δx • m ≥ 5.8 x 108 cm s-1

La lunghezza d'onda associata alla massa del proiettile in movimento è L'indeterminazione della posizione o della velocità di una particella diventa
talmente piccola da non poter essere misurata sperimentalmente! (Inoltre tanto più trascurabile quanto più grande è la sua massa, per cui alle particelle
non e possibile verificare sperimentalmente se essa dia luogo a fenomeni di macroscopiche (es. palla da tennis) è possibile applicare correttamente i
diffrazione). principi della meccanica classica

Quanto più grande e la massa della particella considerate, tanto più piccola Le conseguenze del principio di Heisenberg sono estremamente importanti
sarà la corrispondente lunghezza d'onda. per le particelle microscopiche.
In definitive possiamo concludere che, per particelle non appartenenti al Ad esempio, il Principio di indeterminazione implica che non ha senso
mondo microscopico, il comportamento microscopico non riveste particolare descrivere il comportamento dell'elettrone attorno al nucleo secondo
importanza ed il moto di tali particelle può essere descritto adeguatamente un modello classico, poichè non è possibile determinarne la traiettoria.
dalle leggi della meccanica classica (anche se in linea di principio non si può
escludere la natura ondulatoria anche per il moto di masse enormi come ad Occorre ricorrere, come vedremo, in seguito ad un altro modello the tenga
es. i pianeti) conto del fatto the l’elettrone si comporta anche come un'onda.
Il modello atomico di Bohr e gli spettri atomici

Sulla base di questo modello Bohr calcolò i raggi e le energie delle orbite
permesse. In particolare per il raggio dell'orbita di più bassa energia detta
stato fondamentale, ottenne il valore di 53 pm
Bohr derivo un'espressione per i numeri d'onda delle linee spettrali
dell'idrogeno the aveva la stessa forma dell'equazione empirica di Rydberg ed
3. MODELLI ATOMICI PER ottenne un valore delta costante RH pari a 109737 cm-1 contro il valore
sperimentale di 109677,6 cm-1.
L’IDROGENO

Il modello atomico di Bohr (I) Limiti del modello atomico di Bohr

L'esistenza degli spettri atomici a righe e molte altre proprietà dell'atomo non
erano spiegabili tramite i modelli atomici di Thomson o di Rutherford. Nel 1913 Presupposti della teoria 'planetaria' di Bohr: possono essere determinate
Niels Bohr, adattando il concetto della quantizzazione dell'energia al modello simultaneamente con precisione sia la posizione nello spazio (x) che la
classico di Rutherford, propose un nuovo modello atomico che permise di velocità (v) dell'elettrone.
ricavare esattamente i dati spettrali dell'atomo di idrogeno. Violazione del principio di indeterminazione (o di Heisenberg)
II modello scelto da Bohr per rappresentare l’atomo di idrogeno si basava sui
seguenti postulati:
- l’elettrone descrive delle orbite circolari, attorno al nucleo; Il modello di Bohr riesce a giustificare anche gli spettri dei sistemi
“idrogenoidi” ( es. He+) ma non quelli degli atomi polielettronici
- sono permesse solo quelle orbite per le quali il momento angolare
Anomalie in alcuni spettri spiegate da Sommerfield ammettendo orbite
dell'elettrone, mvr, e un multiplo intero di h/2π (m rappresenta la massa
dell'elettrone, v la sua velocità, r è il raggio dell'orbita ed h è la costante di ellittiche anziché circolari.
Planck); Tentativo di spiegare il comportamento dell’elettrone mescolando concetti
- l’elettrone non irradia quando si trova in un'orbita permessa (stato di fisica classica con concetti di fisica quantistica.
stazionario). Le emissioni di radiazioni avvengono soltanto se l'elettrone
passa da un'orbita più esterna ad una più interna permessa e la frequenza
della radiazione emessa si può ricavare tramite la relazione:
ν = (E2-E1)/h
Il modello atomico di Bohr e gli spettri atomici

Sulla base di questo modello Bohr calcolò i raggi e le energie delle orbite
permesse. In particolare per il raggio dell'orbita di più bassa energia detta
stato fondamentale, ottenne il valore di 53 pm
Bohr derivo un'espressione per i numeri d'onda delle linee spettrali
dell'idrogeno the aveva la stessa forma dell'equazione empirica di Rydberg ed
3. MODELLI ATOMICI PER ottenne un valore delta costante RH pari a 109737 cm-1 contro il valore
sperimentale di 109677,6 cm-1.
L’IDROGENO

Il modello atomico di Bohr (I) Limiti del modello atomico di Bohr

L'esistenza degli spettri atomici a righe e molte altre proprietà dell'atomo non
erano spiegabili tramite i modelli atomici di Thomson o di Rutherford. Nel 1913 Presupposti della teoria 'planetaria' di Bohr: possono essere determinate
Niels Bohr, adattando il concetto della quantizzazione dell'energia al modello simultaneamente con precisione sia la posizione nello spazio (x) che la
classico di Rutherford, propose un nuovo modello atomico che permise di velocità (v) dell'elettrone.
ricavare esattamente i dati spettrali dell'atomo di idrogeno. Violazione del principio di indeterminazione (o di Heisenberg)
II modello scelto da Bohr per rappresentare l’atomo di idrogeno si basava sui
seguenti postulati:
- l’elettrone descrive delle orbite circolari, attorno al nucleo; Il modello di Bohr riesce a giustificare anche gli spettri dei sistemi
“idrogenoidi” ( es. He+) ma non quelli degli atomi polielettronici
- sono permesse solo quelle orbite per le quali il momento angolare
Anomalie in alcuni spettri spiegate da Sommerfield ammettendo orbite
dell'elettrone, mvr, e un multiplo intero di h/2π (m rappresenta la massa
dell'elettrone, v la sua velocità, r è il raggio dell'orbita ed h è la costante di ellittiche anziché circolari.
Planck); Tentativo di spiegare il comportamento dell’elettrone mescolando concetti
- l’elettrone non irradia quando si trova in un'orbita permessa (stato di fisica classica con concetti di fisica quantistica.
stazionario). Le emissioni di radiazioni avvengono soltanto se l'elettrone
passa da un'orbita più esterna ad una più interna permessa e la frequenza
della radiazione emessa si può ricavare tramite la relazione:
ν = (E2-E1)/h
Modello ondulatorio
Numeri quantici
Nel 1926, il fisico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) propose
un modello ondulatorio per descrivere il comportamento dell’elettrone Per l’equazione associata ad un’onda stazionaria unidimensionale:
nell'atomo di idrogeno.
λ/2 = d/n n = 1,2,3…
Il moto di un'onda è descrivibile matematicamente tramite
un'equazione differenziale che viene chiamata equazione d'onda.
La risoluzione di questa equazione permette di ricavare l’ampiezza Il movimento “ondulatorio” dell’elettrone è in tre dimensioni.
dell'onda sia in funzione delle coordinate spaziali che in funzione del Le soluzioni accettabili per la corrispondente equazione d’onda derivano dalla
tempo. combinazione di tre costanti n, l, m (numeri quantici) legati tra loro da
Nel caso di un'onda stazionaria in alcuni punti l'ampiezza della relazioni ben definite
vibrazione è indipendente dal tempo. Esempio: la corda di una
chitarra; i punti della corda si muovono in alto in basso con
l’eccezione degli estremi vincolati. Modo fondamentale: la
Numero quantico principale: n = 1,2,3….∞
lunghezza d'onda λ è pari al doppio della lunghezza della corda, d
(massimo spostamento della corda al centro della corda stessa) Numero quantico secondario l = 0,1,2,…(n-1)
Altri modi di vibrazione bloccando la corda in altre posizioni Numero quantico magnetico m = -l…,-2,-1,0,1,2,…l
intermedie tra i due estremi: le vibrazioni sono "quantizzate“:

λ/2 = d/n (n = 1,2,3,…..) d = nλ/2


I punti dove l'ampiezza dell'onda risulta uguale a zero prendono il nome di nodi e il loro
numero e uguale a (n + 1). I vari modi di vibrazione, o armoniche superiori, sono ottenuti
attribuendo valori interi diversi ad n

Equazione di Schrödinger Funzioni orbitali


Schrödinger descrisse il comportamento dell’elettrone come quello di un’onda
Ogni funzione d’onda caratterizzata da una terna di numeri quantici ψn,l,m
stazionaria e propose un’equazione che rappresentava l’onda associata
viene detta funzione orbitale o semplicemente orbitale
all’elettrone.
Ogni funzione orbitale corrisponde ad un determinato stato stazionario
(∂2ψ/∂x2 + ∂2ψ/∂y2 + ∂2ψ/∂z2) + (8π2m/h2)(E - e2/r)ψ = 0
possibile per l’elettrone:
Il termine (e2/r) descrive l'energia del sistema: interazione elettrostatica tra
ψ100 è la soluzione dell’equazione d’onda corrispondente allo stato
nucleo ed elettrone a distanza r, secondo la legge di Coulomb
energetico più basso possibile (elettrone dell’atomo di idrogeno)
Le soluzioni dell'equazione di SCHRÖDINGER: infinite coppie di valori di ψ
(la funzione d'onda che descrive l'elettrone) e di E (l'energia che gli Il numero quantico principale determina il livello di energia
corrisponde). dell'elettrone. Al crescere di n aumenta l’energia degli stati elettronici
Tra le infinite funzioni d’onda ψ sono accettabili solo quelle che soddisfano corrispondenti
particolari condizioni (autofunzioni): in particolare ψ deve essere continua e Nel modello ondulatorio a valori di energia non si associano distanze
finita, ad un solo valore in ogni punto dello spazio ed all’infinito deve tendere definite tra elettrone e nucleo (cfr. modello di Bohr).
a zero. Inoltre ψ deve soddisfare la condizione di normalizzazione, cioè la
probabilità di trovare l'elettrone in tutto lo spazio attorno al nucleo deve
essere unitaria (∫ψ2dV = 1)
I valori di energia possono essere confrontati con dati sperimentali (verifica
della correttezza dell’equazione d’onda).
Modello ondulatorio
Numeri quantici
Nel 1926, il fisico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) propose
un modello ondulatorio per descrivere il comportamento dell’elettrone Per l’equazione associata ad un’onda stazionaria unidimensionale:
nell'atomo di idrogeno.
λ/2 = d/n n = 1,2,3…
Il moto di un'onda è descrivibile matematicamente tramite
un'equazione differenziale che viene chiamata equazione d'onda.
La risoluzione di questa equazione permette di ricavare l’ampiezza Il movimento “ondulatorio” dell’elettrone è in tre dimensioni.
dell'onda sia in funzione delle coordinate spaziali che in funzione del Le soluzioni accettabili per la corrispondente equazione d’onda derivano dalla
tempo. combinazione di tre costanti n, l, m (numeri quantici) legati tra loro da
Nel caso di un'onda stazionaria in alcuni punti l'ampiezza della relazioni ben definite
vibrazione è indipendente dal tempo. Esempio: la corda di una
chitarra; i punti della corda si muovono in alto in basso con
l’eccezione degli estremi vincolati. Modo fondamentale: la
Numero quantico principale: n = 1,2,3….∞
lunghezza d'onda λ è pari al doppio della lunghezza della corda, d
(massimo spostamento della corda al centro della corda stessa) Numero quantico secondario l = 0,1,2,…(n-1)
Altri modi di vibrazione bloccando la corda in altre posizioni Numero quantico magnetico m = -l…,-2,-1,0,1,2,…l
intermedie tra i due estremi: le vibrazioni sono "quantizzate“:

λ/2 = d/n (n = 1,2,3,…..) d = nλ/2


I punti dove l'ampiezza dell'onda risulta uguale a zero prendono il nome di nodi e il loro
numero e uguale a (n + 1). I vari modi di vibrazione, o armoniche superiori, sono ottenuti
attribuendo valori interi diversi ad n

Equazione di Schrödinger Funzioni orbitali


Schrödinger descrisse il comportamento dell’elettrone come quello di un’onda
Ogni funzione d’onda caratterizzata da una terna di numeri quantici ψn,l,m
stazionaria e propose un’equazione che rappresentava l’onda associata
viene detta funzione orbitale o semplicemente orbitale
all’elettrone.
Ogni funzione orbitale corrisponde ad un determinato stato stazionario
(∂2ψ/∂x2 + ∂2ψ/∂y2 + ∂2ψ/∂z2) + (8π2m/h2)(E - e2/r)ψ = 0
possibile per l’elettrone:
Il termine (e2/r) descrive l'energia del sistema: interazione elettrostatica tra
ψ100 è la soluzione dell’equazione d’onda corrispondente allo stato
nucleo ed elettrone a distanza r, secondo la legge di Coulomb
energetico più basso possibile (elettrone dell’atomo di idrogeno)
Le soluzioni dell'equazione di SCHRÖDINGER: infinite coppie di valori di ψ
(la funzione d'onda che descrive l'elettrone) e di E (l'energia che gli Il numero quantico principale determina il livello di energia
corrisponde). dell'elettrone. Al crescere di n aumenta l’energia degli stati elettronici
Tra le infinite funzioni d’onda ψ sono accettabili solo quelle che soddisfano corrispondenti
particolari condizioni (autofunzioni): in particolare ψ deve essere continua e Nel modello ondulatorio a valori di energia non si associano distanze
finita, ad un solo valore in ogni punto dello spazio ed all’infinito deve tendere definite tra elettrone e nucleo (cfr. modello di Bohr).
a zero. Inoltre ψ deve soddisfare la condizione di normalizzazione, cioè la
probabilità di trovare l'elettrone in tutto lo spazio attorno al nucleo deve
essere unitaria (∫ψ2dV = 1)
I valori di energia possono essere confrontati con dati sperimentali (verifica
della correttezza dell’equazione d’onda).
Orbitali
Energia degli orbitali atomici
Per convenzione, gli orbitali con l = 0 sono indicate con la lettera s, quelli
con l = 1 con la lettera p, quelli con l = 2 con la lettera d, quelli con l = 3 Nell'atomo l'energia dell'elettrone varia per quantità discrete (quanti).
con la lettera f.
Tali lettere derivano dalle iniziali dei termini inglesi adottati per indicare Il diagramma energetico dell'atomo di idrogeno: i livelli (individuati da n) e i
le righe degli spettri di emissione: sharp, principal, diffuse, fundamental. sottolivelli (individuati da l).

Stato fondamentale e stati eccitati.

Evidenza sperimentale della quantizzazione dell'energia degli orbitali: la


spettroscopia atomica. Spettri di emissione, spettri di righe.

Il modello atomico “ondulatorio” è confermato dai dati sperimentali

Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione di probabilità

Risolvendo l’equazione d'onda corrispondente all'orbitale 1s dell'atomo di


idrogeno si ottiene la funzione:

Orbitale 1s
r = distanza dal nucleo; a0= costante

Il significato fisico di ψ: il valore di ψ2(x,y,z)


fornisce la probabilità di trovare l'elettrone
nel punto (x,y,z).
4. ORBITALI ATOMICI
Riportando Ψ2 in funzione di r, si ottiene
una curva che presenta la distribuzione
di probabilità per l’orbitale 1s

La probabilità ha un valore massimo sul nucleo stesso e decresce


asintoticamente al crescere della distanza dal nucleo.
La probabilità di trovare l’elettrone è diversa da zero anche a grandi
distanze dal nucleo, in netto contrasto con la teoria di Bohr che assegnava
una distanza definita tra nucleo ed elettrone nello stato fondamentale.
Orbitali
Energia degli orbitali atomici
Per convenzione, gli orbitali con l = 0 sono indicate con la lettera s, quelli
con l = 1 con la lettera p, quelli con l = 2 con la lettera d, quelli con l = 3 Nell'atomo l'energia dell'elettrone varia per quantità discrete (quanti).
con la lettera f.
Tali lettere derivano dalle iniziali dei termini inglesi adottati per indicare Il diagramma energetico dell'atomo di idrogeno: i livelli (individuati da n) e i
le righe degli spettri di emissione: sharp, principal, diffuse, fundamental. sottolivelli (individuati da l).

Stato fondamentale e stati eccitati.

Evidenza sperimentale della quantizzazione dell'energia degli orbitali: la


spettroscopia atomica. Spettri di emissione, spettri di righe.

Il modello atomico “ondulatorio” è confermato dai dati sperimentali

Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione di probabilità

Risolvendo l’equazione d'onda corrispondente all'orbitale 1s dell'atomo di


idrogeno si ottiene la funzione:

Orbitale 1s
r = distanza dal nucleo; a0= costante

Il significato fisico di ψ: il valore di ψ2(x,y,z)


fornisce la probabilità di trovare l'elettrone
nel punto (x,y,z).
4. ORBITALI ATOMICI
Riportando Ψ2 in funzione di r, si ottiene
una curva che presenta la distribuzione
di probabilità per l’orbitale 1s

La probabilità ha un valore massimo sul nucleo stesso e decresce


asintoticamente al crescere della distanza dal nucleo.
La probabilità di trovare l’elettrone è diversa da zero anche a grandi
distanze dal nucleo, in netto contrasto con la teoria di Bohr che assegnava
una distanza definita tra nucleo ed elettrone nello stato fondamentale.
Orbitale 2s.
Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione radiale
Per l= 0 orbitali di tipo s; la probabilità di trovare l’elettrone attorno al nucleo
Probabilità di trovare l’elettrone in un guscio sferico di raggio r e spessore dipende solo dal raggio.
dr, centrato sul nucleo. Ad un aumento del numero quantico n corrisponde un aumento dello
Volume del guscio = 4πr2dr; “spazio” a disposizione dell'elettrone.

probabilità di trovare l'elettrone in questo guscio: 4πr2Ψ2 (funzione di Probabilità di distribuzione radiale per l'orbitale 2s: la probabilità si annulla
distribuzione radiale), dipende dalla distanza dal nucleo. per una distanza r1 dal nucleo.
Superfici nodali: superfici sferiche dove la probabilità è zero.

La probabilità di trovare l’elettrone


Orbitale 1s molto vicino al nucleo è bassa
poichè anche se i valori di Ψ2 sono Orbitale 2s
alti i corrispondenti valori di 4πr2
sono molto piccoli.
Al crescere della distanza dal
nucleo la probabilità radiale prima
aumenta, passa per un massimo e
poi diminuisce asintoticamente

Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione radiale (II) La rappresentazione tridimensionale degli orbitali atomici

La probabilità di trovare l’elettrone in un orbitale non si


Per l'orbitale 1s il massimo nella curva di probabilità radiale si ha per una
annulla anche per r = ∞.
distanza dal nucleo pari a 0,53 Å. (vedi raggio orbita circolare dell'elettrone
secondo il modello di Bohr!). Conveniente disegnare una superficie chiusa tale che:
Nel modello di Bohr questa distanza corrisponde allo stato ad energia (i) all'interno di essa esiste il 90% (o il 99%) di probabilità
minore; nel modello ondulatorio rappresenta la distanza dal nucleo dove è di trovare l'elettrone
più probabile trovare l’elettrone.
(ii) su tutti i punti della superficie esiste la stessa
probabilità di trovare l'elettrone.

Ogni orbitale atomico può essere rappresentato


Orbitale 1s graficamente: “forma degli orbitali”
Orbitali s (probabilità dipende solo dal raggio) di
“forma” sferica
Superfici nodali: superfici sferiche con
probabilità = 0.
In un orbitale di numero quantico principale n
esistono (n - 1) superfici nodali (es. orbitale 2s,
1 sup. nod; 3s, 2 sup. nod.)
Orbitale 2s.
Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione radiale
Per l= 0 orbitali di tipo s; la probabilità di trovare l’elettrone attorno al nucleo
Probabilità di trovare l’elettrone in un guscio sferico di raggio r e spessore dipende solo dal raggio.
dr, centrato sul nucleo. Ad un aumento del numero quantico n corrisponde un aumento dello
Volume del guscio = 4πr2dr; “spazio” a disposizione dell'elettrone.

probabilità di trovare l'elettrone in questo guscio: 4πr2Ψ2 (funzione di Probabilità di distribuzione radiale per l'orbitale 2s: la probabilità si annulla
distribuzione radiale), dipende dalla distanza dal nucleo. per una distanza r1 dal nucleo.
Superfici nodali: superfici sferiche dove la probabilità è zero.

La probabilità di trovare l’elettrone


Orbitale 1s molto vicino al nucleo è bassa
poichè anche se i valori di Ψ2 sono Orbitale 2s
alti i corrispondenti valori di 4πr2
sono molto piccoli.
Al crescere della distanza dal
nucleo la probabilità radiale prima
aumenta, passa per un massimo e
poi diminuisce asintoticamente

Rappresentazione degli orbitali atomici. Distribuzione radiale (II) La rappresentazione tridimensionale degli orbitali atomici

La probabilità di trovare l’elettrone in un orbitale non si


Per l'orbitale 1s il massimo nella curva di probabilità radiale si ha per una
annulla anche per r = ∞.
distanza dal nucleo pari a 0,53 Å. (vedi raggio orbita circolare dell'elettrone
secondo il modello di Bohr!). Conveniente disegnare una superficie chiusa tale che:
Nel modello di Bohr questa distanza corrisponde allo stato ad energia (i) all'interno di essa esiste il 90% (o il 99%) di probabilità
minore; nel modello ondulatorio rappresenta la distanza dal nucleo dove è di trovare l'elettrone
più probabile trovare l’elettrone.
(ii) su tutti i punti della superficie esiste la stessa
probabilità di trovare l'elettrone.

Ogni orbitale atomico può essere rappresentato


Orbitale 1s graficamente: “forma degli orbitali”
Orbitali s (probabilità dipende solo dal raggio) di
“forma” sferica
Superfici nodali: superfici sferiche con
probabilità = 0.
In un orbitale di numero quantico principale n
esistono (n - 1) superfici nodali (es. orbitale 2s,
1 sup. nod; 3s, 2 sup. nod.)
Orbitali p Orbitali d
Per l = 1 si ottengono tre orbitali di tipo p, corrispondenti rispettivamente a Per l = 2 esistono cinque orbitali di tipo d: il numero quantico m può
valori di m pari a -1, 0 e +1. assumere cinque diversi valori (m = -2, -1, 0, +1,+2).
Gli orbitali di tipo p non hanno simmetria sferica e la loro distribuzione di La densità elettronica degli orbitali d dipende sia dalla distanza dal nucleo
probabilità dipende dalla direzione. In particolare ciascuno di essi risulta che dall'orientazione nello spazio.
simmetrico rispetto ad uno dei tre assi x, y e z, per cui vengono denominati
Due di questi orbitali si allungano lungo gli assi coordinati, mentre gli assi di
p x , py e p z
simmetria degli altri tre stanno nei piani e giacciono tra gli assi.

In dipendenza delle loro


proprietà di simmetria i
cinque orbitali d sono
denominati dxy, dxz, dyz, dx2-y2
e dz2.

La probabilità di trovare l'elettrone sul nucleo è nulla: piano nodale


perpendicolare all’asse di simmetria. Piani nodali

I tre orbitali p sono equivalenti tra loro ed isoenergetici Segno delle funzioni d’onda

Orbitali p. Rappresentazione spaziale e funzione d’onda


Orbitali f
La funzione d’onda relativa ad un orbitale di tipo s è positiva in ogni regione
dello spazio, mentre le funzioni d’onda relative agli orbitali possono Per l = 3 esistono sette orbitali di tipo f the presentano distribuzioni spaziali
assumere valori sia positivi che negativi. ancora più complicate di quelle degli orbitali di tipo d.
Pertanto gli orbitali p vengono solitamente indicati con due “lobi” di colore
diverso oppure con due lobi contrassegnati da “+” e “-”.
Questi segni sono convenzionali e non hanno nulla a che fare con la
carica elettrica!!

I “segni” che identificano i lobi degli orbitali sono importanti nel momento in
cui si considerano le interazioni tra orbitali atomici di diversi atomi (vedi
formazione di legami).
Orbitali p Orbitali d
Per l = 1 si ottengono tre orbitali di tipo p, corrispondenti rispettivamente a Per l = 2 esistono cinque orbitali di tipo d: il numero quantico m può
valori di m pari a -1, 0 e +1. assumere cinque diversi valori (m = -2, -1, 0, +1,+2).
Gli orbitali di tipo p non hanno simmetria sferica e la loro distribuzione di La densità elettronica degli orbitali d dipende sia dalla distanza dal nucleo
probabilità dipende dalla direzione. In particolare ciascuno di essi risulta che dall'orientazione nello spazio.
simmetrico rispetto ad uno dei tre assi x, y e z, per cui vengono denominati
Due di questi orbitali si allungano lungo gli assi coordinati, mentre gli assi di
p x , py e p z
simmetria degli altri tre stanno nei piani e giacciono tra gli assi.

In dipendenza delle loro


proprietà di simmetria i
cinque orbitali d sono
denominati dxy, dxz, dyz, dx2-y2
e dz2.

La probabilità di trovare l'elettrone sul nucleo è nulla: piano nodale


perpendicolare all’asse di simmetria. Piani nodali

I tre orbitali p sono equivalenti tra loro ed isoenergetici Segno delle funzioni d’onda

Orbitali p. Rappresentazione spaziale e funzione d’onda


Orbitali f
La funzione d’onda relativa ad un orbitale di tipo s è positiva in ogni regione
dello spazio, mentre le funzioni d’onda relative agli orbitali possono Per l = 3 esistono sette orbitali di tipo f the presentano distribuzioni spaziali
assumere valori sia positivi che negativi. ancora più complicate di quelle degli orbitali di tipo d.
Pertanto gli orbitali p vengono solitamente indicati con due “lobi” di colore
diverso oppure con due lobi contrassegnati da “+” e “-”.
Questi segni sono convenzionali e non hanno nulla a che fare con la
carica elettrica!!

I “segni” che identificano i lobi degli orbitali sono importanti nel momento in
cui si considerano le interazioni tra orbitali atomici di diversi atomi (vedi
formazione di legami).
Lo spin dell’elettrone. Numero quantico di spin Limiti dell’equazione di Schrödinger

Nel 1920 Stern e Gerlach, facendo passare un fascio di atomi di argento tra
Gli orbitali degli atomi idrogenoidi (es. He+) hanno la stessa forma degli
i poli di un magnete che creava un campo magnetico fortemente
orbitali dell’idrogeno ma la distribuzione di carica è più vicina al nucleo.
disuniforme, trovarono the il fascio collimato veniva sdoppiato in modo
simmetrico rispetto alla direzione originaria. Impossibile risoluzione dell'equazione di Schrödinger per gli atomi poli-
elettronici: occorre tenere conto non solo delle interazioni attrattive
L'intensità dei due fasci emergenti era la stessa indicando the ciascuno
nucleo/elettrone ma anche di quelle repulsive tra gli elettroni.
conteneva lo stesso numero di atomi. Per spiegare questo fenomeno
Goudsmit e Uhlenbeck nel 1925 ipotizzarono che l’elettrone durante la sua Metodi di approssimazione successiva forniscono funzioni d’onda analoghe
rotazione attorno al nucleo si comportasse come una trottola the durante la a quelle ottenute per gli atomi idrogenoidi
traslazione ruota su se stessa: questa proprietà fu chiamata spin
dell’elettrone.

La rotazione può avvenire sia in senso orario che in senso antiorario, i due
stati di spin elettronico sono specificati da un quarto numero quantico, detto
numero quantico magnetico di spin, ms, che può assumere soltanto i due
valori +1/2 e -1/2.
Simbologia della freccetta

Sequenza dei livelli energetici

Per l’idrogeno l’energia degli orbitali dipende solo dal numero quantico
principale. Orbitali con lo stesso valore di n hanno la stessa energia e si
dicono orbitali degeneri.
Negli atomi polielettronici la presenza di più elettroni attorno al nucleo altera
la sequenza: gli elettroni più interni “schermano” la carica nucleare.
L’energia degli orbitali dipende anche dal numero quantico
secondario.
5. ATOMI POLIELETTRONICI
Lo spin dell’elettrone. Numero quantico di spin Limiti dell’equazione di Schrödinger

Nel 1920 Stern e Gerlach, facendo passare un fascio di atomi di argento tra
Gli orbitali degli atomi idrogenoidi (es. He+) hanno la stessa forma degli
i poli di un magnete che creava un campo magnetico fortemente
orbitali dell’idrogeno ma la distribuzione di carica è più vicina al nucleo.
disuniforme, trovarono the il fascio collimato veniva sdoppiato in modo
simmetrico rispetto alla direzione originaria. Impossibile risoluzione dell'equazione di Schrödinger per gli atomi poli-
elettronici: occorre tenere conto non solo delle interazioni attrattive
L'intensità dei due fasci emergenti era la stessa indicando the ciascuno
nucleo/elettrone ma anche di quelle repulsive tra gli elettroni.
conteneva lo stesso numero di atomi. Per spiegare questo fenomeno
Goudsmit e Uhlenbeck nel 1925 ipotizzarono che l’elettrone durante la sua Metodi di approssimazione successiva forniscono funzioni d’onda analoghe
rotazione attorno al nucleo si comportasse come una trottola the durante la a quelle ottenute per gli atomi idrogenoidi
traslazione ruota su se stessa: questa proprietà fu chiamata spin
dell’elettrone.

La rotazione può avvenire sia in senso orario che in senso antiorario, i due
stati di spin elettronico sono specificati da un quarto numero quantico, detto
numero quantico magnetico di spin, ms, che può assumere soltanto i due
valori +1/2 e -1/2.
Simbologia della freccetta

Sequenza dei livelli energetici

Per l’idrogeno l’energia degli orbitali dipende solo dal numero quantico
principale. Orbitali con lo stesso valore di n hanno la stessa energia e si
dicono orbitali degeneri.
Negli atomi polielettronici la presenza di più elettroni attorno al nucleo altera
la sequenza: gli elettroni più interni “schermano” la carica nucleare.
L’energia degli orbitali dipende anche dal numero quantico
secondario.
5. ATOMI POLIELETTRONICI
Riempimento degli orbitali atomici
Carica nucleare effettiva
La conoscenza dei livelli energetici degli orbitali consente di ricavare la
La carica nucleare effettiva è minore della carica nucleare (Z): gli elettroni distribuzione elettronica di ogni specie atomica (nello stato fondamentale)
esterni sono soggetti ad un’attrazione del nucleo parzialmente schermato
dagli elettroni interni. “Aufbau Prinzip” o principio di costruzione: la configurazione elettronica di
un atomo polielettronico si può ottenere partendo dall’idrogeno e
A parità di numero quantico principale, gli elettroni in orbitali s “penetrano” aggiungendo via via un elettrone (e un protone) fino ad ottenere il numero
maggiormente (più vicini al nucleo) di elettroni in orbitali p o d. atomico desiderato.
Gli effetti congiunti di penetrazione e schermatura determinano la In pratica, dato un atomo, si riempiono i suoi orbitali con tutti i suoi elettroni,
differenziazione in energia degli orbitali. obbedendo a 3 regole.
Regole di riempimento:
1. Il Principio della minima energia (si riempiono prima gli orbitali ad
energia minore).
2. Il principio di esclusione o di PAULI (in un orbitale non possono stare più
di due elettroni e, quando vi stanno, si dispongono a spin opposto; forma
‘corretta’ del principio: due elettroni non possono essere descritti dalla
stessa quaterna di numeri quantici).
3. Il principio della massima molteplicità o regola di HUND (a parità di
energia, gli elettroni occupano il numero massimo di orbitali possibile,
disponendosi a spin parallelo).

Sequenza dei livelli energetici (II) Configurazione elettronica degli elementi

A causa degli effetti di schermo la successione dei livelli energetici mostra


Simbologia livelli e freccette. Esempi:
anche delle “inversioni” (es. energia di 3d superiore a quella di 4s):
H: He: Li: Be:
1s<2s<2p<3s<3p<4s<3d<4p<5s<4d<5p<6s<4f<5d<6p<7s<5f<6d ...
B: C: N.…Ne

Simbologia lettere e numeri. Esempi:


H: 1s1 He: 1s2 Li: 1s2 2s1 Be: 1s2 2s2
B: 1s2 2s2 2p1 C: 1s2 2s2 2p2 N.... Ne

Definizione di gas nobile (o inerte): elemento nel quale si finisce di


riempire un livello (He, Ne) o comunque un sottolivello p (Ar, Xe, Rn): si
finisce con ns2np6
Riempimento degli orbitali atomici
Carica nucleare effettiva
La conoscenza dei livelli energetici degli orbitali consente di ricavare la
La carica nucleare effettiva è minore della carica nucleare (Z): gli elettroni distribuzione elettronica di ogni specie atomica (nello stato fondamentale)
esterni sono soggetti ad un’attrazione del nucleo parzialmente schermato
dagli elettroni interni. “Aufbau Prinzip” o principio di costruzione: la configurazione elettronica di
un atomo polielettronico si può ottenere partendo dall’idrogeno e
A parità di numero quantico principale, gli elettroni in orbitali s “penetrano” aggiungendo via via un elettrone (e un protone) fino ad ottenere il numero
maggiormente (più vicini al nucleo) di elettroni in orbitali p o d. atomico desiderato.
Gli effetti congiunti di penetrazione e schermatura determinano la In pratica, dato un atomo, si riempiono i suoi orbitali con tutti i suoi elettroni,
differenziazione in energia degli orbitali. obbedendo a 3 regole.
Regole di riempimento:
1. Il Principio della minima energia (si riempiono prima gli orbitali ad
energia minore).
2. Il principio di esclusione o di PAULI (in un orbitale non possono stare più
di due elettroni e, quando vi stanno, si dispongono a spin opposto; forma
‘corretta’ del principio: due elettroni non possono essere descritti dalla
stessa quaterna di numeri quantici).
3. Il principio della massima molteplicità o regola di HUND (a parità di
energia, gli elettroni occupano il numero massimo di orbitali possibile,
disponendosi a spin parallelo).

Sequenza dei livelli energetici (II) Configurazione elettronica degli elementi

A causa degli effetti di schermo la successione dei livelli energetici mostra


Simbologia livelli e freccette. Esempi:
anche delle “inversioni” (es. energia di 3d superiore a quella di 4s):
H: He: Li: Be:
1s<2s<2p<3s<3p<4s<3d<4p<5s<4d<5p<6s<4f<5d<6p<7s<5f<6d ...
B: C: N.…Ne

Simbologia lettere e numeri. Esempi:


H: 1s1 He: 1s2 Li: 1s2 2s1 Be: 1s2 2s2
B: 1s2 2s2 2p1 C: 1s2 2s2 2p2 N.... Ne

Definizione di gas nobile (o inerte): elemento nel quale si finisce di


riempire un livello (He, Ne) o comunque un sottolivello p (Ar, Xe, Rn): si
finisce con ns2np6
Configurazione elettronica degli elementi (II)

Elettroni esterni o elettroni di valenza di un elemento: quelli in più rispetto al


gas nobile precedente.
Gli altri elettroni (elettroni interni) costituiscono il “nocciolo” (inglese: core)

Modo più rapido di scrivere la configurazione elettronica completa:


[nocciolo]elettroni esterni 6. IL SISTEMA PERIODICO
Esempi:
Na (Z=11): [Ne]3s1
Fe (Z=26): [Ar]4s23d6.

La configurazione elettronica esterna: come sono distribuiti gli elettroni in più


rispetto al gas nobile precedente.
''La chimica è fatta dagli elettroni esterni''.

Configurazione elettronica degli elementi (III) Proprietà chimiche degli elementi e loro periodicità

Alla fine del diciottesimo secolo, man mano che si scoprivano nuovi
elementi si notò che alcuni di essi presentavano proprietà e comportamenti
Esercizi simili. Ciò spinse i chimici a ricercare dei criteri per la classificazione
sistematica degli elementi

Triadi (J. W. Dobereiner, 1829)


Legge delle ottave (J. Newlands, 1865)
Tavola periodica (D. I. Mendeleev, 1869).
- Classificazione secondo pesi atomici crescenti.
- Previsione di elementi non ancora scoperti
- “Inversione” della posizione per alcuni elementi

Proprietà chimiche degli elementi come funzione periodica del numero


atomico (Z) e non del peso atomico (G. J. Moseley, 1913)
Configurazione elettronica degli elementi (II)

Elettroni esterni o elettroni di valenza di un elemento: quelli in più rispetto al


gas nobile precedente.
Gli altri elettroni (elettroni interni) costituiscono il “nocciolo” (inglese: core)

Modo più rapido di scrivere la configurazione elettronica completa:


[nocciolo]elettroni esterni 6. IL SISTEMA PERIODICO
Esempi:
Na (Z=11): [Ne]3s1
Fe (Z=26): [Ar]4s23d6.

La configurazione elettronica esterna: come sono distribuiti gli elettroni in più


rispetto al gas nobile precedente.
''La chimica è fatta dagli elettroni esterni''.

Configurazione elettronica degli elementi (III) Proprietà chimiche degli elementi e loro periodicità

Alla fine del diciottesimo secolo, man mano che si scoprivano nuovi
elementi si notò che alcuni di essi presentavano proprietà e comportamenti
Esercizi simili. Ciò spinse i chimici a ricercare dei criteri per la classificazione
sistematica degli elementi

Triadi (J. W. Dobereiner, 1829)


Legge delle ottave (J. Newlands, 1865)
Tavola periodica (D. I. Mendeleev, 1869).
- Classificazione secondo pesi atomici crescenti.
- Previsione di elementi non ancora scoperti
- “Inversione” della posizione per alcuni elementi

Proprietà chimiche degli elementi come funzione periodica del numero


atomico (Z) e non del peso atomico (G. J. Moseley, 1913)
La tabella periodica

Rappresentazione del sistema periodico Struttura della tavola periodica. Periodi

Il sistema periodico è stato presentato negli anni sotto diverse forme. Lunghezza crescente dei periodi dovuta all’aumento del numero di orbitali
disponibili all’aumentare del numero quantico principale, n.
Attuale rappresentazione: Tavola Periodica

“Costruzione della Tavola Periodica: (i) si dispongono gli elementi, da Nei periodi 4 e 5 si ha il riempimento degli orbitali 3d e 4d (periodi lunghi):
sinistra a destra, in ordine di Z crescente, (ii) quando si incontra un gas serie di transizione
nobile si va a capo; (iii) si prosegue in modo tale da mettere uno sotto l'altro Nel periodo 6 oltre al riempimento degli orbitali 5d (terza serie di transizione)
gli elementi con la stessa configurazione elettronica esterna. si ha anche il riempimento dei 4f (prima serie di transizione interna o
Lantanidi o Terre rare)
7 righe: periodi Nel periodo 7 si ha il riempimento degli orbitali 5f (seconda serie di
transizione interna o Attinidi). Gli elementi con numero atomico maggiore di
18 colonne: gruppi; elementi con la stessa configurazione elettronica
92 (fino a 111) sono detti transuranici e non esistono in natura.
esterna e quindi con simili proprietà chimiche
La tabella periodica

Rappresentazione del sistema periodico Struttura della tavola periodica. Periodi

Il sistema periodico è stato presentato negli anni sotto diverse forme. Lunghezza crescente dei periodi dovuta all’aumento del numero di orbitali
disponibili all’aumentare del numero quantico principale, n.
Attuale rappresentazione: Tavola Periodica

“Costruzione della Tavola Periodica: (i) si dispongono gli elementi, da Nei periodi 4 e 5 si ha il riempimento degli orbitali 3d e 4d (periodi lunghi):
sinistra a destra, in ordine di Z crescente, (ii) quando si incontra un gas serie di transizione
nobile si va a capo; (iii) si prosegue in modo tale da mettere uno sotto l'altro Nel periodo 6 oltre al riempimento degli orbitali 5d (terza serie di transizione)
gli elementi con la stessa configurazione elettronica esterna. si ha anche il riempimento dei 4f (prima serie di transizione interna o
Lantanidi o Terre rare)
7 righe: periodi Nel periodo 7 si ha il riempimento degli orbitali 5f (seconda serie di
transizione interna o Attinidi). Gli elementi con numero atomico maggiore di
18 colonne: gruppi; elementi con la stessa configurazione elettronica
92 (fino a 111) sono detti transuranici e non esistono in natura.
esterna e quindi con simili proprietà chimiche
Tavola periodica e configurazioni elettroniche
Struttura della tavola periodica. Gruppi

Gruppi: elementi con la stessa configurazione elettronica esterna e quindi Alcune configurazioni elettroniche
con simili proprietà chimiche. anomale (che non rispettano la
sequenza media dei sottolivelli).
Esempi:
Numerazione dei gruppi:
Cr, [Ar]3d54s1;
(i) numerazione IUPAC: da 1 (alcalini) a 18 (gas nobili). [IUPAC =
Cu, [Ar]3d104s1; Ni, [Ar]4s23d8;
International Union of Pure and Applied Chemistry].
Pd, [Kr]4d105s0 ;
(ii) numerazione tradizionale e ormai obsoleta: gruppi A e B.
Pt, [Xe]4f145d94s1.

Proprietà periodiche degli elementi


Descrizione della tavola periodica
Divisione della tabella in blocchi: s, p, d, f Proprietà chimiche e fisiche degli elementi sono determinate dalle loro
configurazioni elettroniche.
Proprietà periodiche ossia funzioni periodiche del numero atomico.

Metalli e non-metalli
Tavola periodica e configurazioni elettroniche
Struttura della tavola periodica. Gruppi

Gruppi: elementi con la stessa configurazione elettronica esterna e quindi Alcune configurazioni elettroniche
con simili proprietà chimiche. anomale (che non rispettano la
sequenza media dei sottolivelli).
Esempi:
Numerazione dei gruppi:
Cr, [Ar]3d54s1;
(i) numerazione IUPAC: da 1 (alcalini) a 18 (gas nobili). [IUPAC =
Cu, [Ar]3d104s1; Ni, [Ar]4s23d8;
International Union of Pure and Applied Chemistry].
Pd, [Kr]4d105s0 ;
(ii) numerazione tradizionale e ormai obsoleta: gruppi A e B.
Pt, [Xe]4f145d94s1.

Proprietà periodiche degli elementi


Descrizione della tavola periodica
Divisione della tabella in blocchi: s, p, d, f Proprietà chimiche e fisiche degli elementi sono determinate dalle loro
configurazioni elettroniche.
Proprietà periodiche ossia funzioni periodiche del numero atomico.

Metalli e non-metalli
Energia di ionizzazione Raggio atomico
I raggi atomici degli elementi possono essere determinati indirettamente da
Energia (o potenziale) di ionizzazione: energia necessaria per allontanare un
misure sperimentali (es. distanza tra i nuclei di due atomi uguali in solidi o
elettrone esterno a distanza infinita da un atomo isolato e allo stato gassoso:
molecole gassose)
A(g) → A+(g) + e-
Fornisce una misura della forza con cui l’elettrone è legato all’atomo. Per gli elementi dei gruppi
principali, i raggi atomici
aumentano dall’alto verso il
basso e diminuiscono da
sinistra verso destra:
-aumento del numero quantico
principale scendendo nel gruppo
(aumenta la distanza tra elettroni
esterni e nucleo)
- aumento della carica nucleare
lungo il periodo (maggiore
attrazione degli elettroni esterni
anche a parità di numero
quantico principale)

Affinità elettronica Raggio atomico (II)

Affinità elettronica: energia liberata da un atomo neutro isolato e allo stato Elementi di transizione: solo piccole variazioni all’aumentare di Z: l’aumento
gassoso quando acquista un elettrone in uno degli orbitali vuoto o semivuoto: della carica nucleare è bilanciato in gran parte dall’effetto schermante degli
elettroni “d” che sono più interni rispetto agli elettroni “s”
A(g) + e- → A-(g)
Difficoltà di misure sperimentali; valori ottenuti in maniera indiretta.
Energia di ionizzazione Raggio atomico
I raggi atomici degli elementi possono essere determinati indirettamente da
Energia (o potenziale) di ionizzazione: energia necessaria per allontanare un
misure sperimentali (es. distanza tra i nuclei di due atomi uguali in solidi o
elettrone esterno a distanza infinita da un atomo isolato e allo stato gassoso:
molecole gassose)
A(g) → A+(g) + e-
Fornisce una misura della forza con cui l’elettrone è legato all’atomo. Per gli elementi dei gruppi
principali, i raggi atomici
aumentano dall’alto verso il
basso e diminuiscono da
sinistra verso destra:
-aumento del numero quantico
principale scendendo nel gruppo
(aumenta la distanza tra elettroni
esterni e nucleo)
- aumento della carica nucleare
lungo il periodo (maggiore
attrazione degli elettroni esterni
anche a parità di numero
quantico principale)

Affinità elettronica Raggio atomico (II)

Affinità elettronica: energia liberata da un atomo neutro isolato e allo stato Elementi di transizione: solo piccole variazioni all’aumentare di Z: l’aumento
gassoso quando acquista un elettrone in uno degli orbitali vuoto o semivuoto: della carica nucleare è bilanciato in gran parte dall’effetto schermante degli
elettroni “d” che sono più interni rispetto agli elettroni “s”
A(g) + e- → A-(g)
Difficoltà di misure sperimentali; valori ottenuti in maniera indiretta.
Volume atomico Massa degli atomi

…… La massa di ciascun nuclide può essere calcolata sommando le masse di


tutti i nucleoni (protoni e neutroni contenuti nel nucleo) ed elettroni che
competono al nuclide
(Protone: 1,6726 x 10-24 g ; Neutrone: 1,6750 x 10-24 g ; elettrone: 9,1095 x 10-28 g)
massa calcolata del nuclide 42He: 6,6970 x 10-24 g
massa sperimentale (spettrometro di massa): 6,6460 x 10-24 g.
difetto di massa, Δm = ΔE/c2.
2p+ + 2n + 2e- 4 He
2 + ΔE

La variazione di massa non è


apprezzabile nelle comuni reazioni
chimiche. Energia “nucleare” molto
elevata: Δm diventa apprezzabile
Diagramma Δm/A (difetto di massa
per nucleone) vs A. Regione di
massima stabilità attorno a 56Fe.
Fusione e fissione nucleari

Scala di pesi atomici

Difficoltà a determinare la massa di un elemento: la massa dei nucleoni


varia al variare del numero di massa A.
Poco utile utilizzare le masse espresse in g (ordine di grandezza 10-24g!)
Necessità di scelta di un’unità di misura (convenzionale) per la massa
atomica.

7. LA MASSA DEGLI ATOMI Prima scala di pesi atomici:idrogeno come riferimento (massa =1)
Convenzione dal 1961: riferimento costituito da 1/12 della massa del 12C.
Unità di massa atomica (uma) : 1 uma = 1/12 della massa del 12C
(= 1.66043 ± 0.00008 x 10-24 g).
Peso atomico relativo (par): massa del nuclide diviso per l'uma (il par è un
numero puro, non ha dimensioni). Il termine massa atomica relativa,
sebbene più idoneo per un numero puro non è mai stato adottato.
Peso atomico relativo di un elemento = par della miscela isotopica (=
media pesata dei par degli isotopi che contribuiscono a formare la miscela
isotopica).
Esempio: Mg 24.30 uma (24Mg 23,993 uma, 78.60%; 25Mg 24.994 uma, 10.11%; 26Mg 25.991
uma, 11.29%)
Volume atomico Massa degli atomi

…… La massa di ciascun nuclide può essere calcolata sommando le masse di


tutti i nucleoni (protoni e neutroni contenuti nel nucleo) ed elettroni che
competono al nuclide
(Protone: 1,6726 x 10-24 g ; Neutrone: 1,6750 x 10-24 g ; elettrone: 9,1095 x 10-28 g)
massa calcolata del nuclide 42He: 6,6970 x 10-24 g
massa sperimentale (spettrometro di massa): 6,6460 x 10-24 g.
difetto di massa, Δm = ΔE/c2.
2p+ + 2n + 2e- 4 He
2 + ΔE

La variazione di massa non è


apprezzabile nelle comuni reazioni
chimiche. Energia “nucleare” molto
elevata: Δm diventa apprezzabile
Diagramma Δm/A (difetto di massa
per nucleone) vs A. Regione di
massima stabilità attorno a 56Fe.
Fusione e fissione nucleari

Scala di pesi atomici

Difficoltà a determinare la massa di un elemento: la massa dei nucleoni


varia al variare del numero di massa A.
Poco utile utilizzare le masse espresse in g (ordine di grandezza 10-24g!)
Necessità di scelta di un’unità di misura (convenzionale) per la massa
atomica.

7. LA MASSA DEGLI ATOMI Prima scala di pesi atomici:idrogeno come riferimento (massa =1)
Convenzione dal 1961: riferimento costituito da 1/12 della massa del 12C.
Unità di massa atomica (uma) : 1 uma = 1/12 della massa del 12C
(= 1.66043 ± 0.00008 x 10-24 g).
Peso atomico relativo (par): massa del nuclide diviso per l'uma (il par è un
numero puro, non ha dimensioni). Il termine massa atomica relativa,
sebbene più idoneo per un numero puro non è mai stato adottato.
Peso atomico relativo di un elemento = par della miscela isotopica (=
media pesata dei par degli isotopi che contribuiscono a formare la miscela
isotopica).
Esempio: Mg 24.30 uma (24Mg 23,993 uma, 78.60%; 25Mg 24.994 uma, 10.11%; 26Mg 25.991
uma, 11.29%)
Pesi atomici degli elementi Pesi molecolari

Il peso molecolare (PM) o massa molecolare (mM) è costituito dalla


somma dei pesi atomici di tutti gli elementi costituenti la molecola.
Esempi: H2, Cl2, HCl

Il peso formula (o peso formale) ha lo stesso significato del peso


molecolare ma si usa per le sostanze formate non da molecole discrete
Esempi: NaCl, SiO2

Elementi e sostanze La mole

Elemento: costituito da atomi (isotòpi) aventi lo stesso numero atomico Z. Mole (mol): unità di misura SI (Sistema Internazionale delle unità di misura)
che esprime la quantità di sostanza.
Sostanza: porzione omogenea di materia che possiede una composizione
definita e costante. Definizione di mole: quantità di sostanza pari a quella contenuta in 12.000 g
Sostanze elementari (es. H2) e sostanze composte (es. H2O) o semplicemente di 12C.
composti. (Sostanze gassose, liquide e solide). Una mole contiene un numero di particelle (es. atomi, molecole) pari al
numero di atomi contenuti in 12.000 g di 12C.
Numero di AVOGADRO (N = 6.023 x 1023 mol–1, non è un numero puro, ma
Gli atomi dei vari elementi tendono a “raggrupparsi” (tranne poche eccezioni, una grandezza dimensionale, espressa in mol–1; dovremmo definirla, a
es. gas nobili) per formare sostanze elementari o composte. rigore: costante di Avogadro)
Quando gli atomi si raggruppano in gruppi discreti e definiti formano molecole
(es. H2, H2O, NH3).
In altri casi non si formano molecole discrete ma aggregati regolari (vedi oltre)
secondo rapporti comunque definiti (es NaCl). Esempi

In ogni caso la composizione viene espressa da una formula.


Pesi atomici degli elementi Pesi molecolari

Il peso molecolare (PM) o massa molecolare (mM) è costituito dalla


somma dei pesi atomici di tutti gli elementi costituenti la molecola.
Esempi: H2, Cl2, HCl

Il peso formula (o peso formale) ha lo stesso significato del peso


molecolare ma si usa per le sostanze formate non da molecole discrete
Esempi: NaCl, SiO2

Elementi e sostanze La mole

Elemento: costituito da atomi (isotòpi) aventi lo stesso numero atomico Z. Mole (mol): unità di misura SI (Sistema Internazionale delle unità di misura)
che esprime la quantità di sostanza.
Sostanza: porzione omogenea di materia che possiede una composizione
definita e costante. Definizione di mole: quantità di sostanza pari a quella contenuta in 12.000 g
Sostanze elementari (es. H2) e sostanze composte (es. H2O) o semplicemente di 12C.
composti. (Sostanze gassose, liquide e solide). Una mole contiene un numero di particelle (es. atomi, molecole) pari al
numero di atomi contenuti in 12.000 g di 12C.
Numero di AVOGADRO (N = 6.023 x 1023 mol–1, non è un numero puro, ma
Gli atomi dei vari elementi tendono a “raggrupparsi” (tranne poche eccezioni, una grandezza dimensionale, espressa in mol–1; dovremmo definirla, a
es. gas nobili) per formare sostanze elementari o composte. rigore: costante di Avogadro)
Quando gli atomi si raggruppano in gruppi discreti e definiti formano molecole
(es. H2, H2O, NH3).
In altri casi non si formano molecole discrete ma aggregati regolari (vedi oltre)
secondo rapporti comunque definiti (es NaCl). Esempi

In ogni caso la composizione viene espressa da una formula.


La mole (II)

La massa di una mole di sostanza corrisponde ad un numero di grammi pari


al peso atomico (o al peso molecolare, o al peso formula) di quella
sostanza.
Esempi

8. Il LEGAME CHIMICO (I)

Le interazioni tra gli atomi


Stechiometria
La materia è formata da atomi che possono aggregarsi o combinarsi tra loro
Il classico problema della chimica: quanti g con quanti g reagiscono? dando luogo alle sostanze che formano l’universo.
Si confronta n, il numero di moli. n = m/PM. Sostanze costituite da atomi uguali: sostanze elementari
La stechiometria (dal greco “elemento” e “misura”) si occupa del calcolo Sostanze costituite da due o più atomi differenti: sostanze composte o
delle quantità di sostanze consumate e prodotte nelle reazioni chimiche. composti

Perché gli atomi interagiscono formando i legami: due o più atomi si legano
I rapporti ponderali tra loro quando la sostanza che si forma ha un contenuto energetico
inferiore dell’insieme degli atomi isolati.
In altre parole si può dire che le interazioni tra gli atomi generano delle forze
Esempi di attrazione.
La mole (II)

La massa di una mole di sostanza corrisponde ad un numero di grammi pari


al peso atomico (o al peso molecolare, o al peso formula) di quella
sostanza.
Esempi

8. Il LEGAME CHIMICO (I)

Le interazioni tra gli atomi


Stechiometria
La materia è formata da atomi che possono aggregarsi o combinarsi tra loro
Il classico problema della chimica: quanti g con quanti g reagiscono? dando luogo alle sostanze che formano l’universo.
Si confronta n, il numero di moli. n = m/PM. Sostanze costituite da atomi uguali: sostanze elementari
La stechiometria (dal greco “elemento” e “misura”) si occupa del calcolo Sostanze costituite da due o più atomi differenti: sostanze composte o
delle quantità di sostanze consumate e prodotte nelle reazioni chimiche. composti

Perché gli atomi interagiscono formando i legami: due o più atomi si legano
I rapporti ponderali tra loro quando la sostanza che si forma ha un contenuto energetico
inferiore dell’insieme degli atomi isolati.
In altre parole si può dire che le interazioni tra gli atomi generano delle forze
Esempi di attrazione.
Composti ionici Anioni

Esiste un gran numero di composti in cui le forze attrattive sono generate Formazione di anioni monoatomici a partire dagli elementi: affinità
semplicemente dall’attrazione elettrostatica tra specie con cariche opposte elettronica.
(ioni)
I composti ionici possono essere definiti come aggregati elettricamente
neutri costituiti da ioni positivi (cationi, es. atomi che hanno formalmente Configurazione elettronica tipo gas nobile.
perso un elettrone) e ioni negativi (anioni, es. atomi che hanno
formalmente acquistato un elettrone), tenuti insieme dalle interazioni
elettrostatiche tra le specie cariche (legame ionico). Nomenclatura: desinenza –uro: cloruro, solfuro, nitruro (N3-; invece N3- è
l’azoturo).
Il legame ha luogo perché le componenti attrattive (tra ioni di carica
opposta) prevalgono su quelle repulsive (tra ioni di stessa carica) Un'eccezione alla nomenclatura -uro: O2-, ossido.

Modello valido per interpretare il legame in composti formati da elementi che


possono dare facilmente ioni positivi e negativi: solitamente elementi alle
estremità opposte della tabella periodica

Cationi Stechiometria e nomenclatura dei composti ionici

Formazione dei cationi dagli elementi. Energie di ionizzazione successiva, Non-metalluro di metallo
In.(vedi proprietà periodiche)
NaCl: cloruro di sodio; MgF2: fluoruro di magnesio
Cationi con configurazione elettronica tipo gas nobile: es. Na+, Mg2+, Al3+:
[Ne]; K+, Ca2+, Sc3+: [Ar]. Nel caso di ioni degli elementi di transizione si possono usare le desinenze
-ico o –oso o la nomenclatura secondo IUPAC.
Nomenclatura: ione sodio, ione calcio, ione alluminio.
CuCl: cloruro rameoso o cloruro di rame(I)
Cationi dei metalli di transizione: es. Fe2+, Fe3+, Cu2+. Attenzione! Nella
…..
ionizzazione, i metalli di transizione perdono prima gli elettroni s: es. Cu+, CuCl2; cloruro rameico o cloruro di rame(II).
Zn2+: [Ar]3d10; Cu2+: [Ar]3d9. Mn2+: [Ar]3d5. FeS: ….., Fe2S3:……
I metalli del blocco p perdono prima gli elettroni s e p, il sottolivello completo
nd10 entra a far parte del nocciolo: es. Ga3+: [Ar]3d10.
Per chiarezza, nei composti si può scrivere ad esempio: FeIISO4,
Nomenclatura tradizionale: Fe2+, ione ferroso; Fe3+, ione ferrico. FeIII2(SO4)3.
Nomenclatura IUPAC: Fe2+, ione ferro(II), leggi ferro-due; Fe3+, ione
ferro(III) (notazione di Stock).
Composti ionici Anioni

Esiste un gran numero di composti in cui le forze attrattive sono generate Formazione di anioni monoatomici a partire dagli elementi: affinità
semplicemente dall’attrazione elettrostatica tra specie con cariche opposte elettronica.
(ioni)
I composti ionici possono essere definiti come aggregati elettricamente
neutri costituiti da ioni positivi (cationi, es. atomi che hanno formalmente Configurazione elettronica tipo gas nobile.
perso un elettrone) e ioni negativi (anioni, es. atomi che hanno
formalmente acquistato un elettrone), tenuti insieme dalle interazioni
elettrostatiche tra le specie cariche (legame ionico). Nomenclatura: desinenza –uro: cloruro, solfuro, nitruro (N3-; invece N3- è
l’azoturo).
Il legame ha luogo perché le componenti attrattive (tra ioni di carica
opposta) prevalgono su quelle repulsive (tra ioni di stessa carica) Un'eccezione alla nomenclatura -uro: O2-, ossido.

Modello valido per interpretare il legame in composti formati da elementi che


possono dare facilmente ioni positivi e negativi: solitamente elementi alle
estremità opposte della tabella periodica

Cationi Stechiometria e nomenclatura dei composti ionici

Formazione dei cationi dagli elementi. Energie di ionizzazione successiva, Non-metalluro di metallo
In.(vedi proprietà periodiche)
NaCl: cloruro di sodio; MgF2: fluoruro di magnesio
Cationi con configurazione elettronica tipo gas nobile: es. Na+, Mg2+, Al3+:
[Ne]; K+, Ca2+, Sc3+: [Ar]. Nel caso di ioni degli elementi di transizione si possono usare le desinenze
-ico o –oso o la nomenclatura secondo IUPAC.
Nomenclatura: ione sodio, ione calcio, ione alluminio.
CuCl: cloruro rameoso o cloruro di rame(I)
Cationi dei metalli di transizione: es. Fe2+, Fe3+, Cu2+. Attenzione! Nella
…..
ionizzazione, i metalli di transizione perdono prima gli elettroni s: es. Cu+, CuCl2; cloruro rameico o cloruro di rame(II).
Zn2+: [Ar]3d10; Cu2+: [Ar]3d9. Mn2+: [Ar]3d5. FeS: ….., Fe2S3:……
I metalli del blocco p perdono prima gli elettroni s e p, il sottolivello completo
nd10 entra a far parte del nocciolo: es. Ga3+: [Ar]3d10.
Per chiarezza, nei composti si può scrivere ad esempio: FeIISO4,
Nomenclatura tradizionale: Fe2+, ione ferroso; Fe3+, ione ferrico. FeIII2(SO4)3.
Nomenclatura IUPAC: Fe2+, ione ferro(II), leggi ferro-due; Fe3+, ione
ferro(III) (notazione di Stock).
Dimensioni degli ioni Geometria dei composti ionici
raggi atomici e raggi ionici:
Come è fatto un composto ionico: sfere positive e negative a stretto
un catione è sempre più piccolo del suo atomo, es. rNa = 1.86 Å, rNa+ = 1.02 Å contatto, disposte secondo un preciso ordine tridimensionale
(maggiore carica nucleare per elettrone)
un anione è sempre più grande del suo atomo, es. rF = 0.72, rF- = 1.33.
(minore carica nucleare per elettrone)

Esempio: la "costruzione" di un cristallo di NaCl a partire da uno ione Na+:


disegno un cubo e nel centro ci metto Na+, poi 6 Cl- al centro delle facce del
cubo, poi 12 Na+ a metà dei lati del cubo, poi 8 Cl- sui vertici del cubo, e così
via.
Il reticolo ionico = insieme di linee intersecantesi, che aiutano a disporre gli
ioni-palline.

Dimensioni degli ioni (II) Geometria dei composti ionici (II)

Possibili tipi di reticolo per composti a stechiometria 1:1.


Il numero di coordinazione n: numero di ioni “a contatto” con lo ione di
carica opposta
Reticoli tipo CsCl (n = 8); tipo NaCl (n = 6); tipo ZnS-blenda (n = 4).

Relazione tra raggio ionico e carica elettrica


Dimensioni degli ioni Geometria dei composti ionici
raggi atomici e raggi ionici:
Come è fatto un composto ionico: sfere positive e negative a stretto
un catione è sempre più piccolo del suo atomo, es. rNa = 1.86 Å, rNa+ = 1.02 Å contatto, disposte secondo un preciso ordine tridimensionale
(maggiore carica nucleare per elettrone)
un anione è sempre più grande del suo atomo, es. rF = 0.72, rF- = 1.33.
(minore carica nucleare per elettrone)

Esempio: la "costruzione" di un cristallo di NaCl a partire da uno ione Na+:


disegno un cubo e nel centro ci metto Na+, poi 6 Cl- al centro delle facce del
cubo, poi 12 Na+ a metà dei lati del cubo, poi 8 Cl- sui vertici del cubo, e così
via.
Il reticolo ionico = insieme di linee intersecantesi, che aiutano a disporre gli
ioni-palline.

Dimensioni degli ioni (II) Geometria dei composti ionici (II)

Possibili tipi di reticolo per composti a stechiometria 1:1.


Il numero di coordinazione n: numero di ioni “a contatto” con lo ione di
carica opposta
Reticoli tipo CsCl (n = 8); tipo NaCl (n = 6); tipo ZnS-blenda (n = 4).

Relazione tra raggio ionico e carica elettrica


Geometria dei composti ionici (III) Il legame ionico. Costante di Madelung

Dimensioni relative degli ioni e scelta del tipo di reticolo.


Principio generale: (i) il catione cerca di essere a contatto (massima
attrazione elettrostatica) con il maggior numero possibile di anioni; (ii) gli
anioni non possono compenetrarsi.
Il criterio del rapporto dei raggi ionici: r+/r- > 0.732 (= √3 - 1): n = 8 (CsCl);
0.732 > r+/r- > 0.414 (= √2 - 1): n = 6 (NaCl); per r+/r- < 0.414: n = 4 (ZnS).

Calcolo dei valori limite di r+/r- compatibili con i diversi numeri di coordinazione (con il
teorema di Pitagora):
n = 8 (CsCl), nella situazione di massimo affollamento la diagonale del cubo d = 2r- +
2r+, il lato del cubo l = 2r- (gli anioni si toccano); d = l√3, da cui r+/r- = (√3 – 1) M = Costante di Madelung (talvolta indicata con A)
= 0.732; Assume valori maggiori di 1 e dipende dal numero di coordinazione dei singoli
n = 6 (NaCl), nella situazione di massimo affollamento la diagonale del quadrato = ioni
2r- + 2r+, il lato del quadrato l = 2r- (gli anioni si toccano). Da cui: r+/r- = (√2 – 1)
= 0.414.

Limiti del cosiddetto 'modello delle sfere dure' (i cationi d10 non sono sfere
dure).

Il legame ionico. Energia di reticolo Ciclo di Born-Haber

L'Energia di Reticolo, Er (talvolta indicata con U), energia in gioco nel Determinazione dell'Energia di Reticolo dalla combinazione di valori
processo: M+(g) + X-(g) → MX(s) sperimentali
L’ Energia del Reticolo Ionico può essere calcolata secondo il modello
Buon accordo tra dati
puramente elettrostatico delle sfere dure (es. NaCl).
calcolati sperimentali e dati
ottenuti applicando il ciclo di
Born-Haber:
Si considerano i termini di
attrazione e di repulsione. NaCl (Er in KJ mol-1):

Ogni catione è circondato da sei Calc: -787; B.-H.: -779


anioni a distanza d, da 12 cationi
a distanza √2d, da 8 anioni a
distanza √3d, etc. (d = r+ + r-) CaO (Er in KJ mol-1):
Calc: -3414; B.-H.: -3401
Geometria dei composti ionici (III) Il legame ionico. Costante di Madelung

Dimensioni relative degli ioni e scelta del tipo di reticolo.


Principio generale: (i) il catione cerca di essere a contatto (massima
attrazione elettrostatica) con il maggior numero possibile di anioni; (ii) gli
anioni non possono compenetrarsi.
Il criterio del rapporto dei raggi ionici: r+/r- > 0.732 (= √3 - 1): n = 8 (CsCl);
0.732 > r+/r- > 0.414 (= √2 - 1): n = 6 (NaCl); per r+/r- < 0.414: n = 4 (ZnS).

Calcolo dei valori limite di r+/r- compatibili con i diversi numeri di coordinazione (con il
teorema di Pitagora):
n = 8 (CsCl), nella situazione di massimo affollamento la diagonale del cubo d = 2r- +
2r+, il lato del cubo l = 2r- (gli anioni si toccano); d = l√3, da cui r+/r- = (√3 – 1) M = Costante di Madelung (talvolta indicata con A)
= 0.732; Assume valori maggiori di 1 e dipende dal numero di coordinazione dei singoli
n = 6 (NaCl), nella situazione di massimo affollamento la diagonale del quadrato = ioni
2r- + 2r+, il lato del quadrato l = 2r- (gli anioni si toccano). Da cui: r+/r- = (√2 – 1)
= 0.414.

Limiti del cosiddetto 'modello delle sfere dure' (i cationi d10 non sono sfere
dure).

Il legame ionico. Energia di reticolo Ciclo di Born-Haber

L'Energia di Reticolo, Er (talvolta indicata con U), energia in gioco nel Determinazione dell'Energia di Reticolo dalla combinazione di valori
processo: M+(g) + X-(g) → MX(s) sperimentali
L’ Energia del Reticolo Ionico può essere calcolata secondo il modello
Buon accordo tra dati
puramente elettrostatico delle sfere dure (es. NaCl).
calcolati sperimentali e dati
ottenuti applicando il ciclo di
Born-Haber:
Si considerano i termini di
attrazione e di repulsione. NaCl (Er in KJ mol-1):

Ogni catione è circondato da sei Calc: -787; B.-H.: -779


anioni a distanza d, da 12 cationi
a distanza √2d, da 8 anioni a
distanza √3d, etc. (d = r+ + r-) CaO (Er in KJ mol-1):
Calc: -3414; B.-H.: -3401
Energia di reticolo (II)

Fattori che influenzano l'Energia di Reticolo:


(i) la carica degli ioni (Er ∝ zn+ x zn-). es. (Er in KJ mol-1): NaCl, -787;
MgO, -3787; Ga2O3, -13694.
(ii) le dimensioni degli ioni (Er ∝ 1/[r+ + r-]). es. (Er in KJ mol-1): NaF, -924;
NaCl, -787; NaBr, -744; NaI, -702.

9. Il LEGAME CHIMICO (II)


Relazione tra energia reticolare ed alcune proprietà dei composti ionici:
- Punto di fusione
- durezza (vedi scala di Mohs)

Le molecole
SCALA DI MOHS
Le molecole: aggregati di atomi tenuti insieme da legami covalenti.
•Teneri (si scalfiscono con l'unghia)
•1. Talco La formula minima (o bruta): esprime il rapporto tra gli elementi presenti
•2. Gesso nella molecola.
•Semi duri (si rigano con una punta d'acciaio)
La formula molecolare: esprime il numero di atomi effettivamente presenti
•3. Calcite
nella molecola.
•4. Fluorite
•5. Apatite Es. perossido di idrogeno (‘acqua ossigenata’: HO (formula minima) e H2O2
•Duri (non si rigano con la punta di acciaio) (formula molecolare); benzene: CH e C6H6; glucosio: CH2O e C6H12O6.
•6. Ortoclasio
•7. Quarzo
•8. Topazio
•9. Corindone
•10. Diamante
Energia di reticolo (II)

Fattori che influenzano l'Energia di Reticolo:


(i) la carica degli ioni (Er ∝ zn+ x zn-). es. (Er in KJ mol-1): NaCl, -787;
MgO, -3787; Ga2O3, -13694.
(ii) le dimensioni degli ioni (Er ∝ 1/[r+ + r-]). es. (Er in KJ mol-1): NaF, -924;
NaCl, -787; NaBr, -744; NaI, -702.

9. Il LEGAME CHIMICO (II)


Relazione tra energia reticolare ed alcune proprietà dei composti ionici:
- Punto di fusione
- durezza (vedi scala di Mohs)

Le molecole
SCALA DI MOHS
Le molecole: aggregati di atomi tenuti insieme da legami covalenti.
•Teneri (si scalfiscono con l'unghia)
•1. Talco La formula minima (o bruta): esprime il rapporto tra gli elementi presenti
•2. Gesso nella molecola.
•Semi duri (si rigano con una punta d'acciaio)
La formula molecolare: esprime il numero di atomi effettivamente presenti
•3. Calcite
nella molecola.
•4. Fluorite
•5. Apatite Es. perossido di idrogeno (‘acqua ossigenata’: HO (formula minima) e H2O2
•Duri (non si rigano con la punta di acciaio) (formula molecolare); benzene: CH e C6H6; glucosio: CH2O e C6H12O6.
•6. Ortoclasio
•7. Quarzo
•8. Topazio
•9. Corindone
•10. Diamante
Il legame covalente Legami multipli

W..Kossel e G. N. Lewis, 1916: gli atomi tendono a combinarsi tra loro in Conseguenze della regola dell’ottetto: alcuni atomi condividono più di una
modo da raggiungere la configurazione elettronica di un gas nobile. coppia di elettroni.
Lewis: formazione di un legame tra due atomi mediante la condivisione di Esempi di legame doppio, O2, e legame triplo, N2.
una coppia di elettroni.
Langmuir, 1919: introduzione del termine legame covalente per indicare la
messa in condivisione di una o più coppie di elettroni tra atomi legati tra loro
(legame a coppia di elettroni) Determinazione della formula di struttura dalla formula molecolare.

Legame covalente omopolare (tra atomi uguali) Esempio delle molecole biatomiche: si contano le coppie di valenza, le si
dispongono in modo da far rispettare la regola dell'ottetto a tutti e due gli
Legame covalente eteropolare (tra atomi differenti) atomi della molecola (o dello ione):
es. CO, CN-, NO+, C22-, O22-.

La notazione di Lewis Carica formale

La notazione di LEWIS: convenzione del puntino (. = un elettrone) e del Carica formale: carica che risulta su un atomo in una molecola, o ione
trattino (⎯ = una coppia di elettroni appaiati, cioè a spin opposto). poliatomico, quando si siano divisi 'equamente' gli elettroni di legame ossia
La formula di struttura. differenza tra gli elettroni esterni dell'elemento e elettroni assegnati all'atomo
nella molecola
Coppie elettroniche di legame e coppie di non-legame (o solitarie). Esempio
H2, Cl2, HCl
Le coppie di valenza = coppie di legame + coppie di non-legame = somma Cariche formali in O22-, CN–, NO+, C22-, CO.
degli elettroni di valenza (o esterni) degli atomi della molecola, diviso due. La somma delle cariche formali uguaglia la carica della specie molecolare.
Molecole biatomiche omonucleari (esempio H2, F2) ed eteronucleari
(esempio HF, HCl).
Molecole poliatomiche semplici: H2O, NH3, CH4

La regola dell'ottetto: un atomo in una molecola darà tanti legami quanti


bastano a fargli avere attorno otto elettroni ossia fino a raggiungere la
configurazione elettronica di un gas nobile (come previsto dalla teoria di
Kossel e Lewis; per l’idrogeno 2 elettroni).
Il legame covalente Legami multipli

W..Kossel e G. N. Lewis, 1916: gli atomi tendono a combinarsi tra loro in Conseguenze della regola dell’ottetto: alcuni atomi condividono più di una
modo da raggiungere la configurazione elettronica di un gas nobile. coppia di elettroni.
Lewis: formazione di un legame tra due atomi mediante la condivisione di Esempi di legame doppio, O2, e legame triplo, N2.
una coppia di elettroni.
Langmuir, 1919: introduzione del termine legame covalente per indicare la
messa in condivisione di una o più coppie di elettroni tra atomi legati tra loro
(legame a coppia di elettroni) Determinazione della formula di struttura dalla formula molecolare.

Legame covalente omopolare (tra atomi uguali) Esempio delle molecole biatomiche: si contano le coppie di valenza, le si
dispongono in modo da far rispettare la regola dell'ottetto a tutti e due gli
Legame covalente eteropolare (tra atomi differenti) atomi della molecola (o dello ione):
es. CO, CN-, NO+, C22-, O22-.

La notazione di Lewis Carica formale

La notazione di LEWIS: convenzione del puntino (. = un elettrone) e del Carica formale: carica che risulta su un atomo in una molecola, o ione
trattino (⎯ = una coppia di elettroni appaiati, cioè a spin opposto). poliatomico, quando si siano divisi 'equamente' gli elettroni di legame ossia
La formula di struttura. differenza tra gli elettroni esterni dell'elemento e elettroni assegnati all'atomo
nella molecola
Coppie elettroniche di legame e coppie di non-legame (o solitarie). Esempio
H2, Cl2, HCl
Le coppie di valenza = coppie di legame + coppie di non-legame = somma Cariche formali in O22-, CN–, NO+, C22-, CO.
degli elettroni di valenza (o esterni) degli atomi della molecola, diviso due. La somma delle cariche formali uguaglia la carica della specie molecolare.
Molecole biatomiche omonucleari (esempio H2, F2) ed eteronucleari
(esempio HF, HCl).
Molecole poliatomiche semplici: H2O, NH3, CH4

La regola dell'ottetto: un atomo in una molecola darà tanti legami quanti


bastano a fargli avere attorno otto elettroni ossia fino a raggiungere la
configurazione elettronica di un gas nobile (come previsto dalla teoria di
Kossel e Lewis; per l’idrogeno 2 elettroni).
Lunghezza di legame Valence bond

La lunghezza di legame, d, rappresenta la distanza tra i nuclei degli atomi La teoria del legame di valenza (VB), basata sulla trattazione di W. Heitler
coinvolti nel legame. e F. London (1927) e successivamente sviluppata da J. C. Slater e L.
Pauling, è una razionalizzazione, in termini di meccanica ondulatoria, del
additività delle lunghezze di legame: dA–B = (dA–A + dB–B)/2 = dA–A/2 + dB–B/2
concetto di legame inteso come condivisione di coppie elettroniche.
= rcov(A) + rcov(B);
La teoria VB consente una buona descrizione delle geometrie molecolari ma
rcov: raggio covalente; noti i raggi covalenti si possono calcolare con buona
è ancora poco adatto a fornire indicazioni quantitative sugli stati energetici
approssimazione le lunghezze di tutti i legami (semplici)
delle molecole.

Come regola generale, per la stessa coppia di atomi, il legame triplo è più
corto di quello doppio che è più corto di quello semplice.

Energia di legame Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (I)

L'energia di legame, D: definizione, D(X–X) = energia in gioco nel processo: Interazione tra due atomi di idrogeno:
sovrapposizione di orbitali s.
X2(g) → 2X(g)
Gli elettroni possono trovarsi dappertutto attorno
non additività delle energie di legame. ai due nuclei ma spendono maggior tempo tra i
due nuclei sfruttando maggiormente le
interazioni attrattive dei protoni
Energia dei legami semplice, doppio e triplo: es. F2, 155 kJ mol-1; O2, 498;
N2, 945; CO, 1072.

Proporzionalità inversa tra lunghezza ed energia di legame: es. C–C, d = Interazione tra due atomi di cloro:
1.54 Å, D = 348 kJ mol-1; C=C, 1.34, 612; C≡C, 1.20, 837. sovrapposizione di orbitali p
semioccupati
Limiti del modello (vedi oltre!)
diagramma D vs d.
Lunghezza di legame Valence bond

La lunghezza di legame, d, rappresenta la distanza tra i nuclei degli atomi La teoria del legame di valenza (VB), basata sulla trattazione di W. Heitler
coinvolti nel legame. e F. London (1927) e successivamente sviluppata da J. C. Slater e L.
Pauling, è una razionalizzazione, in termini di meccanica ondulatoria, del
additività delle lunghezze di legame: dA–B = (dA–A + dB–B)/2 = dA–A/2 + dB–B/2
concetto di legame inteso come condivisione di coppie elettroniche.
= rcov(A) + rcov(B);
La teoria VB consente una buona descrizione delle geometrie molecolari ma
rcov: raggio covalente; noti i raggi covalenti si possono calcolare con buona
è ancora poco adatto a fornire indicazioni quantitative sugli stati energetici
approssimazione le lunghezze di tutti i legami (semplici)
delle molecole.

Come regola generale, per la stessa coppia di atomi, il legame triplo è più
corto di quello doppio che è più corto di quello semplice.

Energia di legame Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (I)

L'energia di legame, D: definizione, D(X–X) = energia in gioco nel processo: Interazione tra due atomi di idrogeno:
sovrapposizione di orbitali s.
X2(g) → 2X(g)
Gli elettroni possono trovarsi dappertutto attorno
non additività delle energie di legame. ai due nuclei ma spendono maggior tempo tra i
due nuclei sfruttando maggiormente le
interazioni attrattive dei protoni
Energia dei legami semplice, doppio e triplo: es. F2, 155 kJ mol-1; O2, 498;
N2, 945; CO, 1072.

Proporzionalità inversa tra lunghezza ed energia di legame: es. C–C, d = Interazione tra due atomi di cloro:
1.54 Å, D = 348 kJ mol-1; C=C, 1.34, 612; C≡C, 1.20, 837. sovrapposizione di orbitali p
semioccupati
Limiti del modello (vedi oltre!)
diagramma D vs d.
Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (II) Relazione tra entità della sovrapposizione degli orbitali ed energia
di legame
Interazione tra un atomo di idrogeno (orbitale 1s) e un atomo di cloro (orbitale
Più grande è la sovrapposizione
3p): formazione di HCl
degli orbitali, maggiore è l’energia di
(limiti del modello, vedi oltre!) legame.

S = ∫ΨAΨBdV
L’entità della sovrapposizione (S)
dipende dalla distanza internucleare
e dalle “dimensioni” relative degli
orbitali
Un legame s-p sarà mediamente √3
volte più forte di un s-s. Un px-px
anche 3 volte più forte di un s-s.
Le funzioni d’onda di orbitali p e d
Legame σ : sovrapposizione degli orbitali lungo l'asse internucleare possono assumere valori negativi e
positivi. Alcuni tipi di sovrapposizione
danno integrali = 0 (non si ha
legame)

Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (III) Geometria delle molecole. Teoria VSEPR

La geometria di una molecola può essere prevista sulla base dell’orientazione


Sovrapposizione di orbitali in molecole contenenti legami multipli. Es. O2, N2.
degli orbitali utilizzati per formare i legami?
Interazione orbitali p semioccupati? (limiti del modello, vedi oltre!)
Esempio: H2O (orientazione orbitali p, angolo 90°; angolo sperimentale
formato dai legami O-H: 104°30’ !!!)
Esempio CH4 (distanze e angoli di legame sperimentali tutti uguali)
La teoria del legame di valenza da sola non è sufficiente a spiegare la
geometria delle molecole.

Teoria della Repulsione delle Coppie Elettroniche di Valenza (Valence Shell


Electron Pair Repulsion, VSEPR).
Previsione della geometria delle molecole sulla base del numero delle coppie
elettroniche di valenza: la struttura di una molecola è determinata
Legame π : sovrapposizione, marginale, fuori dell'asse internucleare.
dall’esigenza di rendere minime le repulsioni tra le coppie elettroniche. Esse
tendono a disporsi il più lontano possibile dando luogo a geometrie che
Quando esiste un solo legame tra due atomi, questo e di tipo σ. Nel caso dipendono essenzialmente dal numero di coppie elettroniche
di legami multipli uno e σ gli altri sono π.
Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (II) Relazione tra entità della sovrapposizione degli orbitali ed energia
di legame
Interazione tra un atomo di idrogeno (orbitale 1s) e un atomo di cloro (orbitale
Più grande è la sovrapposizione
3p): formazione di HCl
degli orbitali, maggiore è l’energia di
(limiti del modello, vedi oltre!) legame.

S = ∫ΨAΨBdV
L’entità della sovrapposizione (S)
dipende dalla distanza internucleare
e dalle “dimensioni” relative degli
orbitali
Un legame s-p sarà mediamente √3
volte più forte di un s-s. Un px-px
anche 3 volte più forte di un s-s.
Le funzioni d’onda di orbitali p e d
Legame σ : sovrapposizione degli orbitali lungo l'asse internucleare possono assumere valori negativi e
positivi. Alcuni tipi di sovrapposizione
danno integrali = 0 (non si ha
legame)

Il legame covalente come sovrapposizione di orbitali atomici (III) Geometria delle molecole. Teoria VSEPR

La geometria di una molecola può essere prevista sulla base dell’orientazione


Sovrapposizione di orbitali in molecole contenenti legami multipli. Es. O2, N2.
degli orbitali utilizzati per formare i legami?
Interazione orbitali p semioccupati? (limiti del modello, vedi oltre!)
Esempio: H2O (orientazione orbitali p, angolo 90°; angolo sperimentale
formato dai legami O-H: 104°30’ !!!)
Esempio CH4 (distanze e angoli di legame sperimentali tutti uguali)
La teoria del legame di valenza da sola non è sufficiente a spiegare la
geometria delle molecole.

Teoria della Repulsione delle Coppie Elettroniche di Valenza (Valence Shell


Electron Pair Repulsion, VSEPR).
Previsione della geometria delle molecole sulla base del numero delle coppie
elettroniche di valenza: la struttura di una molecola è determinata
Legame π : sovrapposizione, marginale, fuori dell'asse internucleare.
dall’esigenza di rendere minime le repulsioni tra le coppie elettroniche. Esse
tendono a disporsi il più lontano possibile dando luogo a geometrie che
Quando esiste un solo legame tra due atomi, questo e di tipo σ. Nel caso dipendono essenzialmente dal numero di coppie elettroniche
di legami multipli uno e σ gli altri sono π.
Geometria delle molecole. Teoria VSEPR (II) Teoria VSEPR. Posizione delle coppie di non legame

specie generica AXy Le coppie di non-legame non


sono contese tra due atomi,
(i) Si contano le coppie di valenza (dal numero di elettroni complessivi degli quindi occupano un maggior
atomi tenendo conto delle eventuali cariche) volume.
(ii) Si dispongono l’atomo centrale (A) ed gli atomi periferici (X). Nella geometria bipiramide
(iii) Si dispongono le coppie di legame trigonale (posizioni equatoriali e
posizioni assiali) le più
(iv) Si dispongono coppie di non-legame sugli atomi periferici X (così da ingombranti coppie solitarie
rispettare l'ottetto), scelgono le più comode
(v) Si dispongono le eventuali coppie di non-legame E sull'atomo centrale. posizioni equatoriali.

(vi) La geometria della molecola AXlEm è determinata dal numero n di coppie Posizionamento delle coppie di
elettroniche (di legame e di non-legame; n = l + m) che si trovano attorno non legame nelle specie AX4E,
all'atomo centrale. Esse si disporranno nello spazio in modo da disturbarsi e (SF4), AX3E2 (BrF3), AX2E3
respingersi reciprocamente il meno possibile (XeF2, I3-)
Coppie solitarie nelle specie
ottaedriche AX4E2 (XeF4)

Geometria delle molecole. Teoria VSEPR (III) Teoria VSEPR. Deviazioni dalla geometria regolare

n = 2, geometria lineare: AX2 (BeCl2 gassoso); Le coppie di non-legame occupano un maggior volume e repellono di più di
quelle di legame: effetto sugli angoli di legame.
n = 3, geometria triangolare : AX3: (BF3), AX2E (SnCl2);
CH4 (angolo di legame: 109.5°), NH3 (107.3°), H2O (104.5°)
n = 4, geometria tetraedrica: AX4 (CH4, SiF4, BF4-, PCl4+), AX3E (NH3, PF3),
AX2E2 (H2O, SF2);
n = 5, bipiramide trigonale (posizioni equatoriali e posizioni assiali, le più
ingombranti coppie solitarie scelgono le più comode posizioni equatoriali):
AX5 (PF5), AX4E (SF4), AX3E2 (BrF3), AX2E3 (XeF2, I3-);
n = 6, geometria ottaedrica: AX6 (SF6), AX5E (BrF5), AX4E2 (XeF4).

Il volume occupato da una coppia di non-legame, e quindi il suo effetto di


repulsione, aumentano al diminuire della elettronegatività (vedi oltre)
dell'atomo che la detiene. Es.
NH3 (107.3°), PH3 (93.0°), AsH3 (91.5°), SbH3 (91.3°);
H2O (104.5°), H2S (92.2°), H2Se (91.0°), H2Te (88.5°)
Geometria delle molecole. Teoria VSEPR (II) Teoria VSEPR. Posizione delle coppie di non legame

specie generica AXy Le coppie di non-legame non


sono contese tra due atomi,
(i) Si contano le coppie di valenza (dal numero di elettroni complessivi degli quindi occupano un maggior
atomi tenendo conto delle eventuali cariche) volume.
(ii) Si dispongono l’atomo centrale (A) ed gli atomi periferici (X). Nella geometria bipiramide
(iii) Si dispongono le coppie di legame trigonale (posizioni equatoriali e
posizioni assiali) le più
(iv) Si dispongono coppie di non-legame sugli atomi periferici X (così da ingombranti coppie solitarie
rispettare l'ottetto), scelgono le più comode
(v) Si dispongono le eventuali coppie di non-legame E sull'atomo centrale. posizioni equatoriali.

(vi) La geometria della molecola AXlEm è determinata dal numero n di coppie Posizionamento delle coppie di
elettroniche (di legame e di non-legame; n = l + m) che si trovano attorno non legame nelle specie AX4E,
all'atomo centrale. Esse si disporranno nello spazio in modo da disturbarsi e (SF4), AX3E2 (BrF3), AX2E3
respingersi reciprocamente il meno possibile (XeF2, I3-)
Coppie solitarie nelle specie
ottaedriche AX4E2 (XeF4)

Geometria delle molecole. Teoria VSEPR (III) Teoria VSEPR. Deviazioni dalla geometria regolare

n = 2, geometria lineare: AX2 (BeCl2 gassoso); Le coppie di non-legame occupano un maggior volume e repellono di più di
quelle di legame: effetto sugli angoli di legame.
n = 3, geometria triangolare : AX3: (BF3), AX2E (SnCl2);
CH4 (angolo di legame: 109.5°), NH3 (107.3°), H2O (104.5°)
n = 4, geometria tetraedrica: AX4 (CH4, SiF4, BF4-, PCl4+), AX3E (NH3, PF3),
AX2E2 (H2O, SF2);
n = 5, bipiramide trigonale (posizioni equatoriali e posizioni assiali, le più
ingombranti coppie solitarie scelgono le più comode posizioni equatoriali):
AX5 (PF5), AX4E (SF4), AX3E2 (BrF3), AX2E3 (XeF2, I3-);
n = 6, geometria ottaedrica: AX6 (SF6), AX5E (BrF5), AX4E2 (XeF4).

Il volume occupato da una coppia di non-legame, e quindi il suo effetto di


repulsione, aumentano al diminuire della elettronegatività (vedi oltre)
dell'atomo che la detiene. Es.
NH3 (107.3°), PH3 (93.0°), AsH3 (91.5°), SbH3 (91.3°);
H2O (104.5°), H2S (92.2°), H2Se (91.0°), H2Te (88.5°)
Ibridazione (o ibridizzazione) degli orbitali atomici Altri orbitali ibridi

La teoria Valence Bond non basterebbe a interpretare le geometrie delle


molecole. Altri tipi di ibridazione:

L’applicazione di VSEPR genera incongruenza con la geometria degli orbitali sp (lineare; s, px),
atomici sp2 (triangolare; s, px, py),
Incongruenze anche rispetto al numero di legami sp3d (bipiramidale triangolare; s, px, py, pz,
formati dagli atomi per ottenere certe molecole dz2),
sp3d2 (ottaedrica; ; s, px, py, pz, dz2, dx2-y2).
Caso del metano

Completamento della teoria Valence Bond:


ibridazione degli orbitali atomici (L. Pauling)
Significato matematico dell'ibridazione: combinazione lineare delle
funzioni orbitali atomici. Da n orbitali atomici si ottengono n orbitali ibridi,
che hanno tutti la stessa forma, la stessa energia e puntano verso i vertici del
poliedro molecolare.

La teoria dell’ibridazione concilia i requisiti geometrici (coppie elettroniche,


VSEPR) con il criterio del legame basato sulla sovrapposizione degli orbitali
atomici)

Orbitali ibridi sp3 Ibridazione degli atomi periferici

¾Combinazione di s, px, py, pz. L’ibridazione degli atomi periferici: es. F in BF3, o PF6: quattro coppie
elettroniche, ibridazione sp3.
¾Geometria tetraedrica.
¾Confronta con geometrie da VSEPR
Ibridazione (o ibridizzazione) degli orbitali atomici Altri orbitali ibridi

La teoria Valence Bond non basterebbe a interpretare le geometrie delle


molecole. Altri tipi di ibridazione:

L’applicazione di VSEPR genera incongruenza con la geometria degli orbitali sp (lineare; s, px),
atomici sp2 (triangolare; s, px, py),
Incongruenze anche rispetto al numero di legami sp3d (bipiramidale triangolare; s, px, py, pz,
formati dagli atomi per ottenere certe molecole dz2),
sp3d2 (ottaedrica; ; s, px, py, pz, dz2, dx2-y2).
Caso del metano

Completamento della teoria Valence Bond:


ibridazione degli orbitali atomici (L. Pauling)
Significato matematico dell'ibridazione: combinazione lineare delle
funzioni orbitali atomici. Da n orbitali atomici si ottengono n orbitali ibridi,
che hanno tutti la stessa forma, la stessa energia e puntano verso i vertici del
poliedro molecolare.

La teoria dell’ibridazione concilia i requisiti geometrici (coppie elettroniche,


VSEPR) con il criterio del legame basato sulla sovrapposizione degli orbitali
atomici)

Orbitali ibridi sp3 Ibridazione degli atomi periferici

¾Combinazione di s, px, py, pz. L’ibridazione degli atomi periferici: es. F in BF3, o PF6: quattro coppie
elettroniche, ibridazione sp3.
¾Geometria tetraedrica.
¾Confronta con geometrie da VSEPR
Ancora sulla regola dell’ottetto Principio di Elettroneutralità

Regola accessoria per gli atomi centrali dal 3° periodo in poi (che abbiano
Interpretazione della regola dell'ottetto sulla base dell'ibridazione degli orbitali orbitali d a disposizione.
atomici dell'atomo centrale: ogni atomo centrale tende a dare più legami
possibili: gli elementi del 2° periodo hanno a disposizione orbitali 2s e 2p, al Si cerca di ridurre il più possibile la carica formale sull’atomo centrale
massimo possono dare ibridazione sp3 ⇒ 4 coppie (8 elettroni) attorno (possibilmente a zero), facendo ‘saltare’ altre coppie di non-legame dagli
all’atomo centrale; da cui: la regola dell'ottetto vale a rigore per gli elementi ossigeni periferici a dare legami π per sovrapposizione tra orbitali d e p.
del 2° periodo (massima ibridazione possibile: sp3)

Gli atomi centrali del 3° periodo e oltre che hanno disponibili orbitali d di
energia accessibile, da impegnare nell'ibridazione, e possono sistemare
attorno a sé 5 e 6 coppie elettroniche (ibridazione sp3d e sp3d2):
“superamento dell’ottetto”. Es. PF5, SF4, SF6.
Perché non esistono NF5, OF4, OF6.
Es. SO3 (tre doppi legami, una sola formula di risonanza), SO2 (due doppi
legami, una sola formula), ClO4- (3 legami Cl=O e 1 legame Cl-O); SO42- (2
legami S=O, 2 legami S-O); PO43- (1 legame P=O, 3 legami P-O)

Formule limite di risonanza Molecole con legami multipli

Etene o Etilene, CH2=CH2


VSEPR per molecole aventi atomi di ossigeno come atomi periferici .

La regola accessoria per la scrittura della formula:


per atomi centrali del Secondo Periodo: se l’atomo centrale non rispetta
l’ottetto, faccio ‘saltare’ una o più coppie di non-legame sull’ossigeno:
formazione di un legame π

e formule limite, la rappresentazione di risonanza: es. CO32-, NO3-

Uso del simbolo ↔

Equivalenza dei legami 'risonanti' (stessa lunghezza e stessa energia).


Ancora sulla regola dell’ottetto Principio di Elettroneutralità

Regola accessoria per gli atomi centrali dal 3° periodo in poi (che abbiano
Interpretazione della regola dell'ottetto sulla base dell'ibridazione degli orbitali orbitali d a disposizione.
atomici dell'atomo centrale: ogni atomo centrale tende a dare più legami
possibili: gli elementi del 2° periodo hanno a disposizione orbitali 2s e 2p, al Si cerca di ridurre il più possibile la carica formale sull’atomo centrale
massimo possono dare ibridazione sp3 ⇒ 4 coppie (8 elettroni) attorno (possibilmente a zero), facendo ‘saltare’ altre coppie di non-legame dagli
all’atomo centrale; da cui: la regola dell'ottetto vale a rigore per gli elementi ossigeni periferici a dare legami π per sovrapposizione tra orbitali d e p.
del 2° periodo (massima ibridazione possibile: sp3)

Gli atomi centrali del 3° periodo e oltre che hanno disponibili orbitali d di
energia accessibile, da impegnare nell'ibridazione, e possono sistemare
attorno a sé 5 e 6 coppie elettroniche (ibridazione sp3d e sp3d2):
“superamento dell’ottetto”. Es. PF5, SF4, SF6.
Perché non esistono NF5, OF4, OF6.
Es. SO3 (tre doppi legami, una sola formula di risonanza), SO2 (due doppi
legami, una sola formula), ClO4- (3 legami Cl=O e 1 legame Cl-O); SO42- (2
legami S=O, 2 legami S-O); PO43- (1 legame P=O, 3 legami P-O)

Formule limite di risonanza Molecole con legami multipli

Etene o Etilene, CH2=CH2


VSEPR per molecole aventi atomi di ossigeno come atomi periferici .

La regola accessoria per la scrittura della formula:


per atomi centrali del Secondo Periodo: se l’atomo centrale non rispetta
l’ottetto, faccio ‘saltare’ una o più coppie di non-legame sull’ossigeno:
formazione di un legame π

e formule limite, la rappresentazione di risonanza: es. CO32-, NO3-

Uso del simbolo ↔

Equivalenza dei legami 'risonanti' (stessa lunghezza e stessa energia).


Molecole con legami multipli Un esempio classico di risonanza : il benzene

Formaldeide CH2O Benzene, C6H6, formula limite con 6 carboni sp2 ai vertici di un esagono: 3
legami singoli C-C e tre legami doppi C=C alternati: d(C-C) = 1.40 Å (d(C-C)
= 1.54 Å; d(C=C) = 1.34 Å).

Molecole con legami multipli


Etino o acetilene, CH=CH

10. Il LEGAME CHIMICO (III)


Molecole con legami multipli Un esempio classico di risonanza : il benzene

Formaldeide CH2O Benzene, C6H6, formula limite con 6 carboni sp2 ai vertici di un esagono: 3
legami singoli C-C e tre legami doppi C=C alternati: d(C-C) = 1.40 Å (d(C-C)
= 1.54 Å; d(C=C) = 1.34 Å).

Molecole con legami multipli


Etino o acetilene, CH=CH

10. Il LEGAME CHIMICO (III)


Teoria degli orbitali molecolari Orbitali molecolari. Il metodo LCAO

La teoria del legame di valenza e molto utile per


spiegare la struttura e la geometria delle molecole ma E' possibile risolvere l'equazione di SCHRÖDINGER in maniera esatta solo
non fornisce informazioni dirette sulle energie di legame per il “semplice” sistema H2+.
e non riesce a spiegare alcune proprietà (es. Soluzioni approssimate: gli orbitali molecolari vengono calcolati come
magnetiche di certe sostanze come O2) combinazioni lineari degli orbitali atomici (LCAO).

La teoria degli orbitali molecolari, (molecular orbitals,


MO), si basa sul presupposto che gli elettroni di una
molecola possano essere rappresentati da funzioni
d'onda Ψ, dette orbitali molecolari, caratterizzate da
appropriati numeri quantici che ne determinano energia
e forma.
Gli MO sono policentrici (e non monocentrici come nel
caso di un atomo) e il loro quadrato, Ψ2, rappresenta la
probabilità di trovare l'elettrone in un determinato punto
dello spazio.

Orbitali molecolari. Analogie con gli orbitali atomici LCAO per la specie H2+

Analogamente agli orbitali atomici, gli orbitali molecolari possono essere


rappresentati tramite superfici limite the delimitano quelle regioni di spazio La specie H2+ costituita da due nuclei (A e B) e da un elettrone: due
nella quali è compresa la maggior parte della nuvola elettronica. funzioni d’onda, ΨA e ΨB descrivono la situazione limite dei due nuclei
isolati (elettrone vicino ad A o a B).
Quando i due nuclei cominciano ad avvicinarsi, l’elettrone interagisce con
La distribuzione degli elettroni in una molecola viene ricavata secondo entrambi, per cui la funzione d'onda Ψ che lo descrive può essere ottenuta
principio dell'Aiifbau, in maniera del tutto analoga a quanto fatto nel caso dalla combinazione lineare dei due orbitali atomici ΨA e ΨB :
degli atomi isolati.
Ψ = N(cAΨA+ cBΨB)
Nel caso di due nuclei uguali i due coefficienti cA e cB sono uguali per cui:
Gli elettroni vengono sistemati uno alla volta nei vari orbitali, in ordine di
energia crescente, tenendo conto sia del principio di esclusione di Pauli che Ψ+ = NcA (ΨA+ ΨB)
della regola della massima molteplicità di Hund. Ψ− = NcA (ΨA- ΨB)

Il numero di orbitali molecolari ottenuti dalla combinazione è uguale al


numero degli orbitali atomici che si combinano.
Teoria degli orbitali molecolari Orbitali molecolari. Il metodo LCAO

La teoria del legame di valenza e molto utile per


spiegare la struttura e la geometria delle molecole ma E' possibile risolvere l'equazione di SCHRÖDINGER in maniera esatta solo
non fornisce informazioni dirette sulle energie di legame per il “semplice” sistema H2+.
e non riesce a spiegare alcune proprietà (es. Soluzioni approssimate: gli orbitali molecolari vengono calcolati come
magnetiche di certe sostanze come O2) combinazioni lineari degli orbitali atomici (LCAO).

La teoria degli orbitali molecolari, (molecular orbitals,


MO), si basa sul presupposto che gli elettroni di una
molecola possano essere rappresentati da funzioni
d'onda Ψ, dette orbitali molecolari, caratterizzate da
appropriati numeri quantici che ne determinano energia
e forma.
Gli MO sono policentrici (e non monocentrici come nel
caso di un atomo) e il loro quadrato, Ψ2, rappresenta la
probabilità di trovare l'elettrone in un determinato punto
dello spazio.

Orbitali molecolari. Analogie con gli orbitali atomici LCAO per la specie H2+

Analogamente agli orbitali atomici, gli orbitali molecolari possono essere


rappresentati tramite superfici limite the delimitano quelle regioni di spazio La specie H2+ costituita da due nuclei (A e B) e da un elettrone: due
nella quali è compresa la maggior parte della nuvola elettronica. funzioni d’onda, ΨA e ΨB descrivono la situazione limite dei due nuclei
isolati (elettrone vicino ad A o a B).
Quando i due nuclei cominciano ad avvicinarsi, l’elettrone interagisce con
La distribuzione degli elettroni in una molecola viene ricavata secondo entrambi, per cui la funzione d'onda Ψ che lo descrive può essere ottenuta
principio dell'Aiifbau, in maniera del tutto analoga a quanto fatto nel caso dalla combinazione lineare dei due orbitali atomici ΨA e ΨB :
degli atomi isolati.
Ψ = N(cAΨA+ cBΨB)
Nel caso di due nuclei uguali i due coefficienti cA e cB sono uguali per cui:
Gli elettroni vengono sistemati uno alla volta nei vari orbitali, in ordine di
energia crescente, tenendo conto sia del principio di esclusione di Pauli che Ψ+ = NcA (ΨA+ ΨB)
della regola della massima molteplicità di Hund. Ψ− = NcA (ΨA- ΨB)

Il numero di orbitali molecolari ottenuti dalla combinazione è uguale al


numero degli orbitali atomici che si combinano.
LCAO per la specie H2+. OM e probabilità
Orbitali di legame e di antilegame (II)
La probabilità di trovare l’elettrone in un certo punto dipende dal valore del
Energia degli orbitali di legame e antilegame.
quadrato della funzione d'onda in quel punto:
OM di legame si trova sempre ad energia più bassa degli OA da cui deriva,
Ψ+2 = [NcA (ΨA+ ΨB)]2 = N2cA2 [ΨA2+2ΨAΨB + ΨB 2]
quello di antilegame ad energia più alta.
Ψ−2 = [NcA (ΨA- ΨB)]2 = N2cA2 [ΨA2 - 2ΨAΨB + ΨB 2]

Gli elettroni della molecola si assegnano agli orbitali secondo energia


crescente (principio di pauli e regola di Hund).
La specie H2+ avrà un unico elettrone nell’OM a più bassa energia.

Orbitali di legame e di antilegame OM nella molecola H2

La molecola H2: combinazione di due orbitali 1s ⇒ un orbitale molecolare di


Ψ+ = Orbitale di legame legame, σ, e un orbitale molecolare di antilegame, σ* (sigma-star).

Ψ− = Orbitale di antilegame Gli OM possono essere identificati anche dall’orbitale atomico da cui
derivano: σ(1s), σ*(1s)
I due elettroni si troveranno nell’OM di legame: guadagno energetico rispetto
ai due atomi isolati

Orbitale di antilegame:
concetto nuovo rispetto alla
teoria VB
Gli orbitali di antilegame si
indicano con un *: es. σ*, π* Superfici di isodensità elettronica
LCAO per la specie H2+. OM e probabilità
Orbitali di legame e di antilegame (II)
La probabilità di trovare l’elettrone in un certo punto dipende dal valore del
Energia degli orbitali di legame e antilegame.
quadrato della funzione d'onda in quel punto:
OM di legame si trova sempre ad energia più bassa degli OA da cui deriva,
Ψ+2 = [NcA (ΨA+ ΨB)]2 = N2cA2 [ΨA2+2ΨAΨB + ΨB 2]
quello di antilegame ad energia più alta.
Ψ−2 = [NcA (ΨA- ΨB)]2 = N2cA2 [ΨA2 - 2ΨAΨB + ΨB 2]

Gli elettroni della molecola si assegnano agli orbitali secondo energia


crescente (principio di pauli e regola di Hund).
La specie H2+ avrà un unico elettrone nell’OM a più bassa energia.

Orbitali di legame e di antilegame OM nella molecola H2

La molecola H2: combinazione di due orbitali 1s ⇒ un orbitale molecolare di


Ψ+ = Orbitale di legame legame, σ, e un orbitale molecolare di antilegame, σ* (sigma-star).

Ψ− = Orbitale di antilegame Gli OM possono essere identificati anche dall’orbitale atomico da cui
derivano: σ(1s), σ*(1s)
I due elettroni si troveranno nell’OM di legame: guadagno energetico rispetto
ai due atomi isolati

Orbitale di antilegame:
concetto nuovo rispetto alla
teoria VB
Gli orbitali di antilegame si
indicano con un *: es. σ*, π* Superfici di isodensità elettronica
OM nelle specie diatomiche del primo periodo. Ordine di legame Sequenza energetica dei livelli MO nelle molecole biatomiche omonucleari (I)

Un OM, come un OA può essere occupato da due elettroni con spin opposto. 1° caso: grande separazione di energia tra i sottolivelli atomici 2s e 2p: molecole
da O2 a Ne2. L’aumento della carica nucleare confina gli OA 2s più vicini al
Elettroni nell’orbitale di antilegame si oppongono alla formazione del legame.
nucleo.
Legame stabile: elettroni in OM di legame > elettroni in OM di antilegame. Sequenza dei livelli MO:
Ordine di legame: ½( e- in OM di legame – e- in OM di antilegame) σ (2s) < σ*(2s) < < π < π* < σ*(2p)

Ordine di legame per H2+, H2,


He2+ e He2 Orbitali π sono degeneri (hanno la stessa
energia).
H2+ : ½ H2: 1
He2+ : ½ He2 : 0
σ (2p) ha energia più bassa di π : OA px
He2 è instabile!! danno migliore sovrapposizione rispetto
a py e pz.

Molecole diatomiche omonucleari del secondo periodo Sequenza energetica dei livelli MO nelle molecole biatomiche omonucleari (II)

Per le molecole omonucleari formate da


atomi del secondo periodo occorre 2° caso: piccola differenza di energia tra i sottolivelli 2s e 2p: repulsione tra i
considerare l’interazione dovuta agli orbitali σ(2s) e i σ(2p). Conseguenza: σ(2p) scavalca in energia π.
atomici 2s e 2p (sovrapposizione degli 1s Sequenza livelli MO per molecole da Li2 a N2:
è scarsa)
Combinazione di orbitali 2s: OM σ(2s) e σ (2s) < σ*(2s) < π < σ (2p) < π* < σ*(2p)
σ*(2s)
Combinazione di orbitali 2px: OM σ(2p)
e σ*(2p)
Combinazione di orbitali 2py o 2pz: OM
π(2p) e π*(2p)

OM per Li2
OM nelle specie diatomiche del primo periodo. Ordine di legame Sequenza energetica dei livelli MO nelle molecole biatomiche omonucleari (I)

Un OM, come un OA può essere occupato da due elettroni con spin opposto. 1° caso: grande separazione di energia tra i sottolivelli atomici 2s e 2p: molecole
da O2 a Ne2. L’aumento della carica nucleare confina gli OA 2s più vicini al
Elettroni nell’orbitale di antilegame si oppongono alla formazione del legame.
nucleo.
Legame stabile: elettroni in OM di legame > elettroni in OM di antilegame. Sequenza dei livelli MO:
Ordine di legame: ½( e- in OM di legame – e- in OM di antilegame) σ (2s) < σ*(2s) < < π < π* < σ*(2p)

Ordine di legame per H2+, H2,


He2+ e He2 Orbitali π sono degeneri (hanno la stessa
energia).
H2+ : ½ H2: 1
He2+ : ½ He2 : 0
σ (2p) ha energia più bassa di π : OA px
He2 è instabile!! danno migliore sovrapposizione rispetto
a py e pz.

Molecole diatomiche omonucleari del secondo periodo Sequenza energetica dei livelli MO nelle molecole biatomiche omonucleari (II)

Per le molecole omonucleari formate da


atomi del secondo periodo occorre 2° caso: piccola differenza di energia tra i sottolivelli 2s e 2p: repulsione tra i
considerare l’interazione dovuta agli orbitali σ(2s) e i σ(2p). Conseguenza: σ(2p) scavalca in energia π.
atomici 2s e 2p (sovrapposizione degli 1s Sequenza livelli MO per molecole da Li2 a N2:
è scarsa)
Combinazione di orbitali 2s: OM σ(2s) e σ (2s) < σ*(2s) < π < σ (2p) < π* < σ*(2p)
σ*(2s)
Combinazione di orbitali 2px: OM σ(2p)
e σ*(2p)
Combinazione di orbitali 2py o 2pz: OM
π(2p) e π*(2p)

OM per Li2
Riempimento degli MO molecole biatomiche omonucleari Molecole biatomiche etero-nucleari.
N2
Riempimento degli MO per le molecole Li2, Per molecola biatomica generica A-B nella combinazione lineare di due
Be2, B2, C2, N2, O2, F2, Ne2: ordine di legame, orbitali atomici ΨA e ΨB :
stabilità, esistenza, proprietà magnetiche.
Ψ = N(cAΨA+ cBΨB)
Schema OM per Li2, Be2, B2, C2, N2 caso II;
i coefficienti cA e cB sono differenti.
per O2, F2, Ne2 caso I

Le molecole Be2 e Ne2: non possono esistere Per una buona combinazione degli OA:
Le molecole B2 e O2 sono paramagnetiche - energie paragonabili;

O2 - massima sovrapposizione
Le proprietà magnetiche non erano - stessa simmetria rispetto all’asse di legame
prevedibili con la teoria del legame di valenza

Riempimento degli MO in specie diatomiche dell’ossigeno Molecole biatomiche etero-nucleari (II)

Riempimento degli MO per le specie O2+ , O2,


O2-, O22-: ordine di legame, stabilità, proprietà Asimmetria del diagramma energetico
O2
magnetiche.

Le lunghezze di legame (valori sperimentali) Esempi (distanze, ordine di legame,


aumentano col diminuire dell’ordine di proprietà magnetiche):
legame: CO (d = 1.13 Å). Analogie con la molecola
O2+ (ossigenile): d = 1.12 Å, di N2

O2 (diossigeno): 1.21
O2- (superossido): 1.26 Molecole dispari (o radicali): NO (ordine di
legame 2.5, d = 1.15 Å)
O22- (perossido): 1.49.
Facile ossidazione di NO a NO+, ione
nitrosonio (ordine di legame 3, d = 1.06 Å).
Riempimento degli MO molecole biatomiche omonucleari Molecole biatomiche etero-nucleari.
N2
Riempimento degli MO per le molecole Li2, Per molecola biatomica generica A-B nella combinazione lineare di due
Be2, B2, C2, N2, O2, F2, Ne2: ordine di legame, orbitali atomici ΨA e ΨB :
stabilità, esistenza, proprietà magnetiche.
Ψ = N(cAΨA+ cBΨB)
Schema OM per Li2, Be2, B2, C2, N2 caso II;
i coefficienti cA e cB sono differenti.
per O2, F2, Ne2 caso I

Le molecole Be2 e Ne2: non possono esistere Per una buona combinazione degli OA:
Le molecole B2 e O2 sono paramagnetiche - energie paragonabili;

O2 - massima sovrapposizione
Le proprietà magnetiche non erano - stessa simmetria rispetto all’asse di legame
prevedibili con la teoria del legame di valenza

Riempimento degli MO in specie diatomiche dell’ossigeno Molecole biatomiche etero-nucleari (II)

Riempimento degli MO per le specie O2+ , O2,


O2-, O22-: ordine di legame, stabilità, proprietà Asimmetria del diagramma energetico
O2
magnetiche.

Le lunghezze di legame (valori sperimentali) Esempi (distanze, ordine di legame,


aumentano col diminuire dell’ordine di proprietà magnetiche):
legame: CO (d = 1.13 Å). Analogie con la molecola
O2+ (ossigenile): d = 1.12 Å, di N2

O2 (diossigeno): 1.21
O2- (superossido): 1.26 Molecole dispari (o radicali): NO (ordine di
legame 2.5, d = 1.15 Å)
O22- (perossido): 1.49.
Facile ossidazione di NO a NO+, ione
nitrosonio (ordine di legame 3, d = 1.06 Å).
La risonanza interpretata con gli orbitali molecolari Il legame π nel benzene
O3, ozono, molecola triatomica in cui i due legami ossigeno-ossigeno hanno la Benzene: tutti gli atomi di C sono ibridati sp2 (vedi capitolo precedente)
stessa lunghezza.
6 OA pz si combinano per dare 6 OM, 3 di legame e tre di antilegame. I 6
Teoria del legame di valenza: due formule limite di risonanza elettroni si dispongono nei tre OM di legame ad energia più bassa
Teoria OM:
Tutti gli atomi di O sono ibridati sp2. Tre OA pz si combinano per dare tre OM Delocalizzazione di 6 elettroni su tutta la molecola
di tipo π: legame, non-legame e anti-legame (energia crescente nell’ordine).

La risonanza interpretata con gli orbitali molecolari (II) Confronto legame ionico – legame covalente
O3, ozono: 7 coppie di sistemano negli OM derivanti dagli sp2, mentre le altre Il legame ionico è adirezionale e si estende a lunga distanza (secondo la
due coppie si sistemano negli OM π. legge di Coulomb
La coppia nell’OM di legame contribuisce a rafforzare il legame. Quella nell’ Il legame covalente è direzionale e si esaurisce alla breve distanza.
OM di non-legame è ininfluente.
Il legame ionico (U, diverse centinaia di kcal.mol-1) è mediamente più forte
Due elettroni si trovano in un orbitale che si estende sui 3 atomi: il concetto di del legame covalente [D(X⎯Y) al massimo 250 kcal mol-1].
elettroni “delocalizzati” invece della risonanza.

NO2- ione nitrito: situazione analoga a quella dell’ozono. Differenza di elettronegatività (vedi oltre) e parziale carattere ionico del
CO32-, ione carbonato: delocalizzazione su 4 atomi legame covalente.
La risonanza interpretata con gli orbitali molecolari Il legame π nel benzene
O3, ozono, molecola triatomica in cui i due legami ossigeno-ossigeno hanno la Benzene: tutti gli atomi di C sono ibridati sp2 (vedi capitolo precedente)
stessa lunghezza.
6 OA pz si combinano per dare 6 OM, 3 di legame e tre di antilegame. I 6
Teoria del legame di valenza: due formule limite di risonanza elettroni si dispongono nei tre OM di legame ad energia più bassa
Teoria OM:
Tutti gli atomi di O sono ibridati sp2. Tre OA pz si combinano per dare tre OM Delocalizzazione di 6 elettroni su tutta la molecola
di tipo π: legame, non-legame e anti-legame (energia crescente nell’ordine).

La risonanza interpretata con gli orbitali molecolari (II) Confronto legame ionico – legame covalente
O3, ozono: 7 coppie di sistemano negli OM derivanti dagli sp2, mentre le altre Il legame ionico è adirezionale e si estende a lunga distanza (secondo la
due coppie si sistemano negli OM π. legge di Coulomb
La coppia nell’OM di legame contribuisce a rafforzare il legame. Quella nell’ Il legame covalente è direzionale e si esaurisce alla breve distanza.
OM di non-legame è ininfluente.
Il legame ionico (U, diverse centinaia di kcal.mol-1) è mediamente più forte
Due elettroni si trovano in un orbitale che si estende sui 3 atomi: il concetto di del legame covalente [D(X⎯Y) al massimo 250 kcal mol-1].
elettroni “delocalizzati” invece della risonanza.

NO2- ione nitrito: situazione analoga a quella dell’ozono. Differenza di elettronegatività (vedi oltre) e parziale carattere ionico del
CO32-, ione carbonato: delocalizzazione su 4 atomi legame covalente.
Elettronegatività (II)

Scala di Pauling sulla base dei valori sperimentali delle energie di legame

11. ELETTRONEGATIVITÀ E
POLARITÀ DELLE MOLECOLE

Periodicità dell’elettronegatività. Elemento più elettronegativo F (χ = 4.0),


elemento meno elettronegativo Cs (χ = 0.8)

Elettronegatività Polarità di legame

Definizione qualitativa di elettronegatività: la capacità di un atomo in una I modelli usati per descrivere il legame covalente e il legame ionico rappresentano
molecola di attrarre a sé gli elettroni di legame. situazioni estreme.
Dipende dalla configurazione elettronica dell’atomo e dalle sue dimensioni. Legame covalente puro solo tra due atomi identici: gli elettroni sono distribuiti in
maniera simmetrica.
Non può essere misurata sperimentalmente.

Nelle molecole eteroatomiche gli elettroni di legame sono condivisi in maniera non
Scala di Mulliken: dai valori di potenziale di ionizzazione e di affinità elettronica: simmetrica: legame covalente polare.
χ = k(I + A)/2 Cariche parziali sugli atomi coinvolti nel legame
Limite: affinità elettronica difficile da determinare
Elettronegatività (II)

Scala di Pauling sulla base dei valori sperimentali delle energie di legame

11. ELETTRONEGATIVITÀ E
POLARITÀ DELLE MOLECOLE

Periodicità dell’elettronegatività. Elemento più elettronegativo F (χ = 4.0),


elemento meno elettronegativo Cs (χ = 0.8)

Elettronegatività Polarità di legame

Definizione qualitativa di elettronegatività: la capacità di un atomo in una I modelli usati per descrivere il legame covalente e il legame ionico rappresentano
molecola di attrarre a sé gli elettroni di legame. situazioni estreme.
Dipende dalla configurazione elettronica dell’atomo e dalle sue dimensioni. Legame covalente puro solo tra due atomi identici: gli elettroni sono distribuiti in
maniera simmetrica.
Non può essere misurata sperimentalmente.

Nelle molecole eteroatomiche gli elettroni di legame sono condivisi in maniera non
Scala di Mulliken: dai valori di potenziale di ionizzazione e di affinità elettronica: simmetrica: legame covalente polare.
χ = k(I + A)/2 Cariche parziali sugli atomi coinvolti nel legame
Limite: affinità elettronica difficile da determinare
Polarità di legame (II) Polarità delle molecole (II)

Polarizzazione del legame covalente come conseguenza della differenza di Dato un dipolo formato dalle cariche +q e –q poste alla distanza d, il momento
elettronegatività. dipolare è così definito:
μ=qxd
Calcolo della percentuale di carattere ionico a partire dalla differenza delle Unità di misura: Debye (D = 3.34 x 10-30 Cm)
elettronegatività (equazione empirica proposta da Pauling).
HF, HBr, HCl, HI: 60, 19, 11, 6% Momento dipolare di molecole polari biatomiche: correlazione con la differenza
di elettronegatività xA - xB.

Differenze elevate di Es. Alogenuri di idrogeno


elettronegatività : legame HF, 1.91 D; HCl, 1.07; HBr, 0.79; HI, 0.38;
ionico (es LiF, Δχ = 3.0)

Polarità delle molecole Polarità delle molecole (III)

La polarizzazione dei legami determina la presenza di cariche parziali sui diversi Previsione della polarità di molecole più che biatomiche che posseggono legami
atomi costituenti la molecola: dipolo elettrico. polarizzati: composizione dei vettori momento dipolare di ciascun legame.
La polarità delle molecole può essere misurata sperimentalmente: le molecole Molecole polari (H2O, 1.87 D; H2S, 1.10; PF3, 1.03; PCl3, 0.78; SO2, 1.60) o
polari in un campo elettrico tendono ad allinearsi nella direzione del campo. apolari (CO2, BF3, CF4, PF5, SF6, μ = 0) a seconda che il vettore risultante abbia
un valore finito o nullo.

Effetto della geometria e della simmetria sulla polarità


Polarità di legame (II) Polarità delle molecole (II)

Polarizzazione del legame covalente come conseguenza della differenza di Dato un dipolo formato dalle cariche +q e –q poste alla distanza d, il momento
elettronegatività. dipolare è così definito:
μ=qxd
Calcolo della percentuale di carattere ionico a partire dalla differenza delle Unità di misura: Debye (D = 3.34 x 10-30 Cm)
elettronegatività (equazione empirica proposta da Pauling).
HF, HBr, HCl, HI: 60, 19, 11, 6% Momento dipolare di molecole polari biatomiche: correlazione con la differenza
di elettronegatività xA - xB.

Differenze elevate di Es. Alogenuri di idrogeno


elettronegatività : legame HF, 1.91 D; HCl, 1.07; HBr, 0.79; HI, 0.38;
ionico (es LiF, Δχ = 3.0)

Polarità delle molecole Polarità delle molecole (III)

La polarizzazione dei legami determina la presenza di cariche parziali sui diversi Previsione della polarità di molecole più che biatomiche che posseggono legami
atomi costituenti la molecola: dipolo elettrico. polarizzati: composizione dei vettori momento dipolare di ciascun legame.
La polarità delle molecole può essere misurata sperimentalmente: le molecole Molecole polari (H2O, 1.87 D; H2S, 1.10; PF3, 1.03; PCl3, 0.78; SO2, 1.60) o
polari in un campo elettrico tendono ad allinearsi nella direzione del campo. apolari (CO2, BF3, CF4, PF5, SF6, μ = 0) a seconda che il vettore risultante abbia
un valore finito o nullo.

Effetto della geometria e della simmetria sulla polarità


Polarità delle molecole (IV) Numero di ossidazione

Il concetto di numero di ossidazione (n.o) ha preso il posto dell’obsoleto


concetto di valenza.

Numero, o stato, di ossidazione


Definizione: data una molecola, o uno ione poliatomico, se ne scrive la formula
di struttura, si assegnano quindi gli elettroni di ciascun legame all'atomo più
elettronegativo; la carica 'virtuale' che risulta su ciascun atomo è il numero
di ossidazione.

Calcolo del numero di ossidazione

Regolette per il calcolo del numero di ossidazione dalla formula molecolare:


(i) nelle sostanze elementari il numero di ossidazione (n.o.) è sempre 0;
(ii) l’ossigeno nei suoi composti ha sempre n.o. –2 (eccezioni: perossidi,
perossocomposti);
(iii) l’idrogeno nei suoi composti ha sempre n.o. +1 (eccezione: idruri);
12. NUMERO DI OSSIDAZIONE E (iv) Il fluoro nei suoi composti ha n.o. -1;
NOMENCLATURA DEI COMPOSTI (v) per gli ioni metallici il n.o. di ossidazione coincide con la carica;

COVALENTI (vi) la somma dei numeri di ossidazione di tutti gli elementi di una formula
coincide con la carica della formula

Calcolo del n.o. di un elemento attraverso una equazione di 1° grado in un


incognita.
Es. H2SO4: +2 + x + [4(-2)] = 0, x, numero di ossidazione di S, = +6.
Polarità delle molecole (IV) Numero di ossidazione

Il concetto di numero di ossidazione (n.o) ha preso il posto dell’obsoleto


concetto di valenza.

Numero, o stato, di ossidazione


Definizione: data una molecola, o uno ione poliatomico, se ne scrive la formula
di struttura, si assegnano quindi gli elettroni di ciascun legame all'atomo più
elettronegativo; la carica 'virtuale' che risulta su ciascun atomo è il numero
di ossidazione.

Calcolo del numero di ossidazione

Regolette per il calcolo del numero di ossidazione dalla formula molecolare:


(i) nelle sostanze elementari il numero di ossidazione (n.o.) è sempre 0;
(ii) l’ossigeno nei suoi composti ha sempre n.o. –2 (eccezioni: perossidi,
perossocomposti);
(iii) l’idrogeno nei suoi composti ha sempre n.o. +1 (eccezione: idruri);
12. NUMERO DI OSSIDAZIONE E (iv) Il fluoro nei suoi composti ha n.o. -1;
NOMENCLATURA DEI COMPOSTI (v) per gli ioni metallici il n.o. di ossidazione coincide con la carica;

COVALENTI (vi) la somma dei numeri di ossidazione di tutti gli elementi di una formula
coincide con la carica della formula

Calcolo del n.o. di un elemento attraverso una equazione di 1° grado in un


incognita.
Es. H2SO4: +2 + x + [4(-2)] = 0, x, numero di ossidazione di S, = +6.
Calcolo del numero di ossidazione (II) Nomenclatura dei composti binari

Stati di ossidazione medi (es. S2O32-) Scrittura della formula molecolare: dei due non-metalli si scrive per primo quello
che compare prima nella serie
2x + [3(-2)] = -2 x=2
Xe, Kr, B, Si, C, Sb, As, P, N, H, Te, Se, S, I, Br, Cl, O, F (1)
Stati di ossidazione frazionari (es. S4O62-).
La serie segue un ordine di elettronegatività crescente ma con alcune “inversioni”
4x + [6(-2)] = -2 x =2.5 (es C e N vengono prima di H anche se hanno elettronegatività più elevata, CH4,
NH3)

Quando, nel dubbio, conviene applicare la definizione: es. S2O82-. Il rapporto tra gli atomi degli elementi presenti nella formula si indicano con i
numeri al pedice dei simboli.
Esempi: XeF4, NH3, H2O, SF2, Cl2O, OF2, HCl
Stati di ossidazione degli elementi (considerazioni generali):
- lo stato di ossidazione massimo eguaglia il numero degli elettroni di esterni,
quindi coincide col numero del gruppo; Nomenclatura: non-metalluro di non-metallo. La IUPAC suggerisce di usare i
prefissi mono- (che solitamente si omette), di-, tri-, tetra-, etc per indicare il
- lo stato di ossidazione minimo è il complemento a 8 degli elettroni esterni, col numero di atomi dell’elemento che compaiono nella formula.
segno meno (es. N: +5, -3).
Es. OF2, difluoruro di ossigeno; Cl2O3, triossido di dicloro; HCl, cloruro di
idrogeno (!!)

Nomenclatura dei composti covalenti Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossidi

Es. Cl2O7
Quando si ha a che fare con un composto è necessario dare ad esso un nome e
poterne scrivere una formula (come già visto per i composti ionici) nomenclatura IUPAC: eptossido di dicloro, ossido di cloro(VII)
Regole stabilite dalla IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) nomenclatura tradizionale: anidride perclorica
con lo scopo che formule e nomi siano comprensibili in tutto il mondo.
Per gli ossidi di non metalli si usava il termine “anidride”.
Esistono ancora molti nomi tradizionali.
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -osa e -ica
Calcolo del numero di ossidazione (II) Nomenclatura dei composti binari

Stati di ossidazione medi (es. S2O32-) Scrittura della formula molecolare: dei due non-metalli si scrive per primo quello
che compare prima nella serie
2x + [3(-2)] = -2 x=2
Xe, Kr, B, Si, C, Sb, As, P, N, H, Te, Se, S, I, Br, Cl, O, F (1)
Stati di ossidazione frazionari (es. S4O62-).
La serie segue un ordine di elettronegatività crescente ma con alcune “inversioni”
4x + [6(-2)] = -2 x =2.5 (es C e N vengono prima di H anche se hanno elettronegatività più elevata, CH4,
NH3)

Quando, nel dubbio, conviene applicare la definizione: es. S2O82-. Il rapporto tra gli atomi degli elementi presenti nella formula si indicano con i
numeri al pedice dei simboli.
Esempi: XeF4, NH3, H2O, SF2, Cl2O, OF2, HCl
Stati di ossidazione degli elementi (considerazioni generali):
- lo stato di ossidazione massimo eguaglia il numero degli elettroni di esterni,
quindi coincide col numero del gruppo; Nomenclatura: non-metalluro di non-metallo. La IUPAC suggerisce di usare i
prefissi mono- (che solitamente si omette), di-, tri-, tetra-, etc per indicare il
- lo stato di ossidazione minimo è il complemento a 8 degli elettroni esterni, col numero di atomi dell’elemento che compaiono nella formula.
segno meno (es. N: +5, -3).
Es. OF2, difluoruro di ossigeno; Cl2O3, triossido di dicloro; HCl, cloruro di
idrogeno (!!)

Nomenclatura dei composti covalenti Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossidi

Es. Cl2O7
Quando si ha a che fare con un composto è necessario dare ad esso un nome e
poterne scrivere una formula (come già visto per i composti ionici) nomenclatura IUPAC: eptossido di dicloro, ossido di cloro(VII)
Regole stabilite dalla IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) nomenclatura tradizionale: anidride perclorica
con lo scopo che formule e nomi siano comprensibili in tutto il mondo.
Per gli ossidi di non metalli si usava il termine “anidride”.
Esistono ancora molti nomi tradizionali.
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -osa e -ica
Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossoanioni

Per gli anioni poliatomici la IUPAc indica di usare la desinenza –ato


accompagnata dai prefissi osso-, diosso- etc o dal numero di ossidazione.
Es. ClO4-
nomenclatura IUPAC: tetraossoclorato o clorato(VII)
nomenclatura tradizionale: perclorato
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -ito e –ato. 12a. CENNI DI TERMODINAMICA
CHIMICA

Nomenclatura dei sali degli ossoanioni: Na2SO4, solfato di sodio o


tetraossosolfato di disodio o solfato(VI) di disodio. 1

Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossoacidi Variazioni di energia nelle reazioni chimiche

Per i composti ternari con ossigeno e idrogeno conosciuti come ossoacidi la Spesso le variazioni di energia che si verificano nel corso delle reazioni chimiche
IUPAC indica di usare la nomenclatura usata per l’anione corrispondente. hanno lo stesso o maggiore interesse pratico delle relazioni tra le masse.
Es. HClO4 Es. Le reazioni di combustione sono più interessanti per l’energia che rilasciano
che per i prodotti che si ottengono:
nomenclatura IUPAC: tetraossoclorato di idrogeno o clorato(VII) di idrogeno
CH4 + 2O2 Æ CO2 + 2 H2O + energia
nomenclatura tradizionale: acido perclorico
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -oso e –ico (esempi ossoacidi di N, S, Le reazioni chimiche assorbono o rilasciano energia spesso sotto forma di
Cl). calore.
Termochimica: studio della variazione di calore nelle reazioni chimiche.
La nomenclatura tradizionale spesso viene ancora usata più frequentemente di
quella proposta da IUPAC.
Reazioni esotermiche: avvengono con emissione di calore
Per ossoacisi o ossoanioni praticamente si usa solo la nomenclatura
L’energia totale dei prodotti è inferiore a quella dei reagenti; la differenza è
tradizionale
rilasciata all’ambiente esterno sotto forma di calore (- q).

Reazioni endotermiche: avvengono con assorbimento di calore


Meta-, orto- e piro-acidi e anioni corrispondenti (per PV, AsV, SbV, Si, B)..
L’energia totale dei prodotti è superiore a quella dei reagenti; la differenza è
assorbita dall’ambiente esterno sotto forma di calore (+ q). 2
Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossoanioni

Per gli anioni poliatomici la IUPAc indica di usare la desinenza –ato


accompagnata dai prefissi osso-, diosso- etc o dal numero di ossidazione.
Es. ClO4-
nomenclatura IUPAC: tetraossoclorato o clorato(VII)
nomenclatura tradizionale: perclorato
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -ito e –ato. 12a. CENNI DI TERMODINAMICA
CHIMICA

Nomenclatura dei sali degli ossoanioni: Na2SO4, solfato di sodio o


tetraossosolfato di disodio o solfato(VI) di disodio. 1

Nomenclatura dei composti dei non-metalli con l'ossigeno. Ossoacidi Variazioni di energia nelle reazioni chimiche

Per i composti ternari con ossigeno e idrogeno conosciuti come ossoacidi la Spesso le variazioni di energia che si verificano nel corso delle reazioni chimiche
IUPAC indica di usare la nomenclatura usata per l’anione corrispondente. hanno lo stesso o maggiore interesse pratico delle relazioni tra le masse.
Es. HClO4 Es. Le reazioni di combustione sono più interessanti per l’energia che rilasciano
che per i prodotti che si ottengono:
nomenclatura IUPAC: tetraossoclorato di idrogeno o clorato(VII) di idrogeno
CH4 + 2O2 Æ CO2 + 2 H2O + energia
nomenclatura tradizionale: acido perclorico
Uso dei prefissi ipo- e per- e dei suffissi -oso e –ico (esempi ossoacidi di N, S, Le reazioni chimiche assorbono o rilasciano energia spesso sotto forma di
Cl). calore.
Termochimica: studio della variazione di calore nelle reazioni chimiche.
La nomenclatura tradizionale spesso viene ancora usata più frequentemente di
quella proposta da IUPAC.
Reazioni esotermiche: avvengono con emissione di calore
Per ossoacisi o ossoanioni praticamente si usa solo la nomenclatura
L’energia totale dei prodotti è inferiore a quella dei reagenti; la differenza è
tradizionale
rilasciata all’ambiente esterno sotto forma di calore (- q).

Reazioni endotermiche: avvengono con assorbimento di calore


Meta-, orto- e piro-acidi e anioni corrispondenti (per PV, AsV, SbV, Si, B)..
L’energia totale dei prodotti è superiore a quella dei reagenti; la differenza è
assorbita dall’ambiente esterno sotto forma di calore (+ q). 2
Variazioni di energia nelle reazioni chimiche (II) Lavoro a volume o pressione costanti

Anche la termochimica obbedisce alle leggi della termodinamica. Processi che si svolgono senza variazione di volume:

Primo principio della termodinamica: “L’energia può essere convertita da una ΔE = q + w


forma all’altra ma non può essere né creata ne distrutta”. ΔE = q – PΔV
ΔEsistema + ΔEambiente = 0 ΔE = qv
Variazioni dell’energia interna di un sistema (es. recipiente in cui avviene una La variazione di energia del sistema è pari al calore scambiato (a volume
reazione chimica) tra lo stato iniziale (es. reagenti) e lo stato finale (es. prodotti): costante)
ΔEsistema = Eprodotti - Ereagenti
Le condizioni di volume costante sono difficili e talvolta impossibili da
raggiungere.
La variazione di energia interna nel corso di un processo in genere è data dalla
somma del calore scambiato, q (fra sistema e ambiente), e il lavoro compiuto , La gran parte delle reazioni chimiche comuni avviene a condizioni di pressione
w, sul (o dal sistema). costante. Es le reazioni chimiche che avvengono in recipienti aperti. L’eventuale
formazione di gas comporta un lavoro svolto direttamente sull’ambiente.
ΔEsistema = q + w
ΔE = q + w
Anche per il lavoro stessa convenzione sui segni
ΔE = qp – PΔV
qp = ΔE + PΔV
3 5

Lavoro nei processi chimici Entalpia


Funzione termodinamica denominata entalpia, H.
Per molti processi chimici è evidente il lavoro compiuto dal o sul sistema in
termini di lavoro meccanico. H = E + PV
Es. la reazione di combustione (benzina-aria) all’interno dei cilindri di un motore a Anche H, come E e PV ha le dimensioni di un’energia.
scoppio.
Come per le variazioni di energia interna di un sistema, anche le variazioni di
Il gas nel cilindro è soggetto alla pressione esterna P; durante l’espansione il entalpia dipendono dallo stato iniziale e finale (es reagenti e prodotti)
volume varia (ΔV) per cui il lavoro svolto sarà:
ΔH = ΔE +Δ(PV)
w = - PΔV (valore negativo, lavoro compiuto dal sistema)
Nei processi in cui non si hanno variazioni di pressione (P costante):
Durante una compressione, il volume varierà di – ΔV, per cui w assumerà valori
ΔH = ΔE + PΔV
positivi (lavoro compiuto sul sistema)
Confrontando questa equazione con la definizione del calore scambiato a P
costante (= ΔE + PΔV) si ottiene che:
ΔH = qp

Le variazioni di energia (di calore) associate a dei processi chimici possono


pertanto essere descritte da ΔH quando avvengano a pressione costante
4 6
Variazioni di energia nelle reazioni chimiche (II) Lavoro a volume o pressione costanti

Anche la termochimica obbedisce alle leggi della termodinamica. Processi che si svolgono senza variazione di volume:

Primo principio della termodinamica: “L’energia può essere convertita da una ΔE = q + w


forma all’altra ma non può essere né creata ne distrutta”. ΔE = q – PΔV
ΔEsistema + ΔEambiente = 0 ΔE = qv
Variazioni dell’energia interna di un sistema (es. recipiente in cui avviene una La variazione di energia del sistema è pari al calore scambiato (a volume
reazione chimica) tra lo stato iniziale (es. reagenti) e lo stato finale (es. prodotti): costante)
ΔEsistema = Eprodotti - Ereagenti
Le condizioni di volume costante sono difficili e talvolta impossibili da
raggiungere.
La variazione di energia interna nel corso di un processo in genere è data dalla
somma del calore scambiato, q (fra sistema e ambiente), e il lavoro compiuto , La gran parte delle reazioni chimiche comuni avviene a condizioni di pressione
w, sul (o dal sistema). costante. Es le reazioni chimiche che avvengono in recipienti aperti. L’eventuale
formazione di gas comporta un lavoro svolto direttamente sull’ambiente.
ΔEsistema = q + w
ΔE = q + w
Anche per il lavoro stessa convenzione sui segni
ΔE = qp – PΔV
qp = ΔE + PΔV
3 5

Lavoro nei processi chimici Entalpia


Funzione termodinamica denominata entalpia, H.
Per molti processi chimici è evidente il lavoro compiuto dal o sul sistema in
termini di lavoro meccanico. H = E + PV
Es. la reazione di combustione (benzina-aria) all’interno dei cilindri di un motore a Anche H, come E e PV ha le dimensioni di un’energia.
scoppio.
Come per le variazioni di energia interna di un sistema, anche le variazioni di
Il gas nel cilindro è soggetto alla pressione esterna P; durante l’espansione il entalpia dipendono dallo stato iniziale e finale (es reagenti e prodotti)
volume varia (ΔV) per cui il lavoro svolto sarà:
ΔH = ΔE +Δ(PV)
w = - PΔV (valore negativo, lavoro compiuto dal sistema)
Nei processi in cui non si hanno variazioni di pressione (P costante):
Durante una compressione, il volume varierà di – ΔV, per cui w assumerà valori
ΔH = ΔE + PΔV
positivi (lavoro compiuto sul sistema)
Confrontando questa equazione con la definizione del calore scambiato a P
costante (= ΔE + PΔV) si ottiene che:
ΔH = qp

Le variazioni di energia (di calore) associate a dei processi chimici possono


pertanto essere descritte da ΔH quando avvengano a pressione costante
4 6
Entalpia delle reazioni chimiche Processi spontanei

La maggior parte delle reazioni chimiche avviene ed è studiata in condizioni di I processi spontanei in linea di principio hanno luogo per diminuire l’energia di un
pressione costante, pertanto le variazioni di calore ad esse associate può essere sistema (es. una palla rotola verso il basso)
espressa in termini di variazioni di entalpia. La combustione del metano avviene spontaneamente e libera calore:
Per una generica reazione: CH4(g) +2O2(g) Æ CO2(g) + 2H2O(l) ΔH° = -890.4 kJ/mol
reagenti Æ prodotti Reazione esotermica e spontanea!
è possibile definire una variazione di entalpia o entalpia di reazione, ΔH: (Entalpia standard, ΔH°: determinata a condizioni “standard”, ovvero a 1 Atm e
25°C).

ΔH = H(prodotti) – H(reagenti)
Altri processi sebbene avvengano spontaneamente sono però endotermici, ossia
avvengono assorbendo calore.
ΔH > 0: calore assorbito dal sistema, processo endotermico Es. fusione del ghiaccio è spontanea sopra 0°C:
ΔH < 0: calore ceduto dal sistema, processo esotermico H2O(s) Æ H2O(l) ΔH° = 6.01 kJ/mol
Es. Il nitrato di ammonio si scioglie spontaneamente in acqua:
NH4NO3(s) Æ NH4+(aq) +NO3-(aq) ΔH° = 25 kJ/mol
La conoscenza delle variazioni di entalpia non è sufficiente a stabilire la
7 9
spontaneità delle reazioni

Entalpia delle reazioni chimiche (II) Entropia


Es. Combustione del metano Entropia, S: misura di come l’energia interna di un sistema sia dispersa tra i
Il metano brucia in presenza di ossigeno sviluppando calore: possibili modi in cui essa può essere contenuta. Misura del “disordine di un
sistema.
CH4(g) +2O2(g) Æ CO2(g) + 2H2O(l) ΔH = -890.4 kJ/mol Maggiore dispersione di energia = aumento di entropia
Reazione esotermica! Maggiore entropia = aumento del disordine del sistema

La reazione in senso contrario avrebbe ΔH positivo e sarebbe endotermica.


Secondo principio della termodinamica: in un processo spontaneo l’entropia
dell’universo aumenta:
Entalpia standard, ΔH°: determinata a condizioni “standard”, ovvero a 1 Atm e ΔSuniv = ΔSsis + ΔSamb > 0
25°C.
Per avere un processo spontaneo non importano le variazioni singole
Entalpia standard di reazione, ΔH°reaz: variazione di entalpia (ossia di calore dell’entropia del sistema o dell’ambiente, è necessario che la somma delle
perché P=1atm=costante) per una reazione condotta a condizioni standard. variazioni sia >0
Entalpia standard di formazione, ΔHf°: variazione di entalpia (ossia di calore Per valutare la spontaneità delle reazioni è necessario considerare non solo le
perché P=1atm=costante) quando si forma 1 mole di un composto a partire dai suoi variazioni di entalpia ma anche quelle di entropia.
elementi a condizioni standard.
Se ΔH < 0 (esotermico) e ΔS > 0 (aumento del disordine) il processo è
Per convenzione l’entalpia standard formazione per ogni elemento nella sua forma certamente spontaneo!
più stabile è = 0.
8 10
Es: per O2(g), ΔHf°: 0; per C(s) + O2(g) Æ CO2(g) ΔHf°: = -393.5 kJ/mol
Entalpia delle reazioni chimiche Processi spontanei

La maggior parte delle reazioni chimiche avviene ed è studiata in condizioni di I processi spontanei in linea di principio hanno luogo per diminuire l’energia di un
pressione costante, pertanto le variazioni di calore ad esse associate può essere sistema (es. una palla rotola verso il basso)
espressa in termini di variazioni di entalpia. La combustione del metano avviene spontaneamente e libera calore:
Per una generica reazione: CH4(g) +2O2(g) Æ CO2(g) + 2H2O(l) ΔH° = -890.4 kJ/mol
reagenti Æ prodotti Reazione esotermica e spontanea!
è possibile definire una variazione di entalpia o entalpia di reazione, ΔH: (Entalpia standard, ΔH°: determinata a condizioni “standard”, ovvero a 1 Atm e
25°C).

ΔH = H(prodotti) – H(reagenti)
Altri processi sebbene avvengano spontaneamente sono però endotermici, ossia
avvengono assorbendo calore.
ΔH > 0: calore assorbito dal sistema, processo endotermico Es. fusione del ghiaccio è spontanea sopra 0°C:
ΔH < 0: calore ceduto dal sistema, processo esotermico H2O(s) Æ H2O(l) ΔH° = 6.01 kJ/mol
Es. Il nitrato di ammonio si scioglie spontaneamente in acqua:
NH4NO3(s) Æ NH4+(aq) +NO3-(aq) ΔH° = 25 kJ/mol
La conoscenza delle variazioni di entalpia non è sufficiente a stabilire la
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spontaneità delle reazioni

Entalpia delle reazioni chimiche (II) Entropia


Es. Combustione del metano Entropia, S: misura di come l’energia interna di un sistema sia dispersa tra i
Il metano brucia in presenza di ossigeno sviluppando calore: possibili modi in cui essa può essere contenuta. Misura del “disordine di un
sistema.
CH4(g) +2O2(g) Æ CO2(g) + 2H2O(l) ΔH = -890.4 kJ/mol Maggiore dispersione di energia = aumento di entropia
Reazione esotermica! Maggiore entropia = aumento del disordine del sistema

La reazione in senso contrario avrebbe ΔH positivo e sarebbe endotermica.


Secondo principio della termodinamica: in un processo spontaneo l’entropia
dell’universo aumenta:
Entalpia standard, ΔH°: determinata a condizioni “standard”, ovvero a 1 Atm e ΔSuniv = ΔSsis + ΔSamb > 0
25°C.
Per avere un processo spontaneo non importano le variazioni singole
Entalpia standard di reazione, ΔH°reaz: variazione di entalpia (ossia di calore dell’entropia del sistema o dell’ambiente, è necessario che la somma delle
perché P=1atm=costante) per una reazione condotta a condizioni standard. variazioni sia >0
Entalpia standard di formazione, ΔHf°: variazione di entalpia (ossia di calore Per valutare la spontaneità delle reazioni è necessario considerare non solo le
perché P=1atm=costante) quando si forma 1 mole di un composto a partire dai suoi variazioni di entalpia ma anche quelle di entropia.
elementi a condizioni standard.
Se ΔH < 0 (esotermico) e ΔS > 0 (aumento del disordine) il processo è
Per convenzione l’entalpia standard formazione per ogni elemento nella sua forma certamente spontaneo!
più stabile è = 0.
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Es: per O2(g), ΔHf°: 0; per C(s) + O2(g) Æ CO2(g) ΔHf°: = -393.5 kJ/mol
Energia Libera

Energia libera di Gibbs, G, o semplicemente Energia Libera:


G = H –TS
La variazione di energia libera per un processo a temperatura costante:
ΔG = ΔH –TΔS

Le variazioni di energia libera danno effettivamente indicazioni sulla spontaneità


13. INTERAZIONI FRA MOLECOLE
di un processo (a P e T costanti):
ΔG < 0 : reazione spontanea nel senso in cui è scritta (verso destra)
ΔG > 0 : reazione spontanea nel senso inverso (verso sinistra)

Energia libera standard : ΔG° (a condizioni standard)

11

Fattori che influenzano la spontaneità Forze di VAN DER WAALS.

ΔG = ΔH –TΔS Interazioni deboli (1÷10 kcal mol-1) di natura elettrostatica che si instaurano tra
le molecole di sostanze covalenti
(a) interazioni dipolo permanente-dipolo permanente: si manifestano tra i dipoli
di molecole polari es. SO2-SO2;

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Energia Libera

Energia libera di Gibbs, G, o semplicemente Energia Libera:


G = H –TS
La variazione di energia libera per un processo a temperatura costante:
ΔG = ΔH –TΔS

Le variazioni di energia libera danno effettivamente indicazioni sulla spontaneità


13. INTERAZIONI FRA MOLECOLE
di un processo (a P e T costanti):
ΔG < 0 : reazione spontanea nel senso in cui è scritta (verso destra)
ΔG > 0 : reazione spontanea nel senso inverso (verso sinistra)

Energia libera standard : ΔG° (a condizioni standard)

11

Fattori che influenzano la spontaneità Forze di VAN DER WAALS.

ΔG = ΔH –TΔS Interazioni deboli (1÷10 kcal mol-1) di natura elettrostatica che si instaurano tra
le molecole di sostanze covalenti
(a) interazioni dipolo permanente-dipolo permanente: si manifestano tra i dipoli
di molecole polari es. SO2-SO2;

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Forze di VAN DER WAALS (II) Interazione tra molecole e stato di aggregazione

(b) interazioni dipolo permanente-dipolo indotto: in una miscela di molecole Lo stato di aggregazione (gassoso, liquido, o solido) come risultato del bilancio
polari e non polari il campo elettrico di ogni singolo dipolo induce una tra l'energia cinetica delle molecole e l'energia delle attrazioni intermolecolari (le
“deformazione” nelle nuvole elettroniche di molecole apolari vicine. Formazione forze di VdW).
di dipoli indotti di natura “temporanea” che scompaiono all’allontanarsi delle
Ekin > EVdW ⇒ gas; Ekin ≅ EVdW ⇒ liquido; Ekin < EVdW ⇒ solido.
molecole polari perturbatrici (es. HF-Ar)
La facilità con cui si può ottenere un dipolo indotto da una molecola apolare si
dice polarizzabilità. Questa aumenta al crescere del numero di elettroni (quindi Es. i composti ionici sono solidi con punti di fusione elevati: forti interazioni
all’aumento di Z) elettrostatiche tra gli ioni.

Forze di VAN DER WAALS (III) Interazione tra molecole e stato di aggregazione

Anomalie nei P.F. e P.Eb. per gli


(c) interazioni tra dipoli istantanei (o 'interazioni per dispersione' o forze di
idruri dei gruppi 14 -17
LONDON) si insaurano tra molecole non polari. Il movimento degli elettroni
genera temporanee asimmetrie nella distribuzione di carica e la conseguente
formazione di dipoli istantanei. Questi a loro volta possono generare dipoli
indotti di tipo istantaneo e l’interazione tra i vari dipoli si traduce in una forza punto di ebollizione degli idruri del
attrattiva gruppo 14 (CH4, -164°C;
SiH4, -118; GeH4, -88; SnH4, -52)
cresce scendendo nel gruppo
perché cresce il peso molecolare e
Formazione di dipoli istantanei e numero di
crescono le interazioni per dipoli
elettroni: al crescere del numero di elettroni
istantanei
cresce la probabilità di formazione di dipoli
istantanei (aumenta la polarizzabilità),
crescono le interazioni di London.
F2 e Cl2 sono gassosi, Br2 è liquido e I2 è
solido. Gruppo 15: NH3, -33; PH3, -88; AsH3, -55; SbH3, -17
Gruppo 16: H2O, 100; H2S, -61; H2Se, -42; H2Te, -2
Gruppo 17: HF, 20; HCl, -85; HBr, -67; HI, -51:
Anomalie di NH3, H2O, HF, anche per i punti di fusione.
Forze di VAN DER WAALS (II) Interazione tra molecole e stato di aggregazione

(b) interazioni dipolo permanente-dipolo indotto: in una miscela di molecole Lo stato di aggregazione (gassoso, liquido, o solido) come risultato del bilancio
polari e non polari il campo elettrico di ogni singolo dipolo induce una tra l'energia cinetica delle molecole e l'energia delle attrazioni intermolecolari (le
“deformazione” nelle nuvole elettroniche di molecole apolari vicine. Formazione forze di VdW).
di dipoli indotti di natura “temporanea” che scompaiono all’allontanarsi delle
Ekin > EVdW ⇒ gas; Ekin ≅ EVdW ⇒ liquido; Ekin < EVdW ⇒ solido.
molecole polari perturbatrici (es. HF-Ar)
La facilità con cui si può ottenere un dipolo indotto da una molecola apolare si
dice polarizzabilità. Questa aumenta al crescere del numero di elettroni (quindi Es. i composti ionici sono solidi con punti di fusione elevati: forti interazioni
all’aumento di Z) elettrostatiche tra gli ioni.

Forze di VAN DER WAALS (III) Interazione tra molecole e stato di aggregazione

Anomalie nei P.F. e P.Eb. per gli


(c) interazioni tra dipoli istantanei (o 'interazioni per dispersione' o forze di
idruri dei gruppi 14 -17
LONDON) si insaurano tra molecole non polari. Il movimento degli elettroni
genera temporanee asimmetrie nella distribuzione di carica e la conseguente
formazione di dipoli istantanei. Questi a loro volta possono generare dipoli
indotti di tipo istantaneo e l’interazione tra i vari dipoli si traduce in una forza punto di ebollizione degli idruri del
attrattiva gruppo 14 (CH4, -164°C;
SiH4, -118; GeH4, -88; SnH4, -52)
cresce scendendo nel gruppo
perché cresce il peso molecolare e
Formazione di dipoli istantanei e numero di
crescono le interazioni per dipoli
elettroni: al crescere del numero di elettroni
istantanei
cresce la probabilità di formazione di dipoli
istantanei (aumenta la polarizzabilità),
crescono le interazioni di London.
F2 e Cl2 sono gassosi, Br2 è liquido e I2 è
solido. Gruppo 15: NH3, -33; PH3, -88; AsH3, -55; SbH3, -17
Gruppo 16: H2O, 100; H2S, -61; H2Se, -42; H2Te, -2
Gruppo 17: HF, 20; HCl, -85; HBr, -67; HI, -51:
Anomalie di NH3, H2O, HF, anche per i punti di fusione.
Il legame (a ponte) di idrogeno Il legame di idrogeno nella chimica organica e in biochimica

Un caso particolare di interazione tra dipoli permanenti: X-H---Y (X, Y: atomi La vita come conseguenza inevitabile della tendenza delle sostanze a dare
fortemente elettronegativi, F, O, N). Es. NH3, H2O, HF: i legami O-H, N-H e F-H legame di idrogeno. La doppia elica del DNA. Interazioni a legame di idrogeno
sono fortemente polarizzati. tra le nucleobasi.

la struttura del ghiaccio, angolo di legame


HOH = 109.5° (cfr. con 104.5° della
molecola gassosa)
Nel ghiaccio ogni atomo di ossigeno è
circondato da quattro atomi di idrogeno
(geometria tetraedrica)

Legame idrogeno convenzionalmente


indicato con -----
Natura del legame di idrogeno: attrazione
elettrostatica tra dipoli permanenti,
esaltata dalla piccolezza dell'atomo di
idrogeno (così che la distanza tra X e Y
risulta particolarmente piccola).

Il legame (a ponte) di idrogeno. Acqua

A causa della tendenza a formare i legami


idrogeno, la struttura dell’acqua solida
mostra molti spazi “vuoti”: come
conseguenza il ghiaccio ha una densità
inferiore all’acqua liquida e galleggia.

14. STATI DI AGGREGAZIONE:


I GAS
Il legame (a ponte) di idrogeno Il legame di idrogeno nella chimica organica e in biochimica

Un caso particolare di interazione tra dipoli permanenti: X-H---Y (X, Y: atomi La vita come conseguenza inevitabile della tendenza delle sostanze a dare
fortemente elettronegativi, F, O, N). Es. NH3, H2O, HF: i legami O-H, N-H e F-H legame di idrogeno. La doppia elica del DNA. Interazioni a legame di idrogeno
sono fortemente polarizzati. tra le nucleobasi.

la struttura del ghiaccio, angolo di legame


HOH = 109.5° (cfr. con 104.5° della
molecola gassosa)
Nel ghiaccio ogni atomo di ossigeno è
circondato da quattro atomi di idrogeno
(geometria tetraedrica)

Legame idrogeno convenzionalmente


indicato con -----
Natura del legame di idrogeno: attrazione
elettrostatica tra dipoli permanenti,
esaltata dalla piccolezza dell'atomo di
idrogeno (così che la distanza tra X e Y
risulta particolarmente piccola).

Il legame (a ponte) di idrogeno. Acqua

A causa della tendenza a formare i legami


idrogeno, la struttura dell’acqua solida
mostra molti spazi “vuoti”: come
conseguenza il ghiaccio ha una densità
inferiore all’acqua liquida e galleggia.

14. STATI DI AGGREGAZIONE:


I GAS
Lo stato gassoso: generalità L’equazione generale di stato dei gas

I gas si presentano privi di forma o volume propri. Le molecole (o gli atomi nel Ricerca di un'equazione generale che descriva lo stato di un gas: V = f(T, P, n).
caso dei gas nobili) danno interazioni molto deboli e possono muoversi
L'equazione generale di stato dei gas ideali (o perfetti): PV = nRT.
liberamente in tutte le direzioni.
La costante universale dei gas
Variabili che definiscono lo stato di un gas: T, P, V, n. R = 0.08206 l atm K-1 mol-1 = 1.987 cal K-1 mol-1 = 8.31 J K-1 mol-1

Condizioni normali:
T0 = 273.15 K P0 = 1 Atm n = 1 mol
V0 = 22.414 l (volume di una mole di gas ideale)

Lo stato gassoso: generalità Applicazione della “legge dei gas”

LEGGI di Charles e Gay-Lussac La determinazione del Peso Molecolare delle sostanze gassose (o facilmente
gassificabili) attraverso l'impiego della legge dei gas
Relazione tra volume e temperatura a pressione costante
n = m(g)/PM(gmol-1).
Relazione tra pressione e temperatura a volume costante
PV = nRT = mRT/PM PM = mRT/PV

Determinazione della densità


LEGGE di Dalton o delle pressioni parziali d = m/V = PM P/RT
La pressione parziale di un componente di una miscela gassosa è quella che
eserciterebbe se da solo occupasse lìintero volume in cui si trova la miscela.
P= p1+ p2 + p3 + p4….+ pi
piV = niRT
pi = niP/n
Lo stato gassoso: generalità L’equazione generale di stato dei gas

I gas si presentano privi di forma o volume propri. Le molecole (o gli atomi nel Ricerca di un'equazione generale che descriva lo stato di un gas: V = f(T, P, n).
caso dei gas nobili) danno interazioni molto deboli e possono muoversi
L'equazione generale di stato dei gas ideali (o perfetti): PV = nRT.
liberamente in tutte le direzioni.
La costante universale dei gas
Variabili che definiscono lo stato di un gas: T, P, V, n. R = 0.08206 l atm K-1 mol-1 = 1