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UNITÀ 1

NOZIONI GENERALI

1) GRAMMATICA

“La grammatica è una disciplina che ha per oggetto la conoscenza sistematica


delle regole che governano il funzionamento di una lingua.” (Dardano-Trifone)1
“Una grammatica è un sistema di regole, intese come meccanismi di
funzionamento di una lingua.” (Balboni)2
Tradizionalmente “grammatica”, al singolare, comprendeva l‟intero complesso
di regole di una lingua, mentre oggi si preferisce usare “grammatiche” al plurale,
precisando di volta in volta l‟ambito: grammatica fonologica, grafemica, testuale,
sociolinguistica, e così via per tutte le componenti che costituiscono la competenza
comunicativa.
La padronanza delle regole di una grammatica viene chiamata “compentenza”.

2) MODELLI GRAMMATICALI TEORICI O TIPI DI GRAMMATICA

Se consideriamo le grammatiche generali, appartenenti a diverse correnti


linguistiche, in ordine cronologico ne troviamo quattro gruppi principali o grandi
“famiglie” :

a) grammatica tradizionale;
b) linguistica strutturale;
c) grammatica generativo-trasformazionale;
d) grammatica testuale.

Le altre grammatiche esistenti appartengono o derivano da alcuni di questi


quattro gruppi o “famiglie”.

a) Grammatica tradizionale

La grammatica tradizionale è la grammatica normativa per antonomasia. La base di


questa corrente è la lingua colta e il suo obiettivo è quello di stabilire delle norme che
colleghino la lingua ad un livello standard concepito come colto. Riguardo le lingue
romanze, è una grammatica che ricalca la grammatica latina e in misura minore quella
greca; una grammatica che a livello teorico cerca di adattare la lingua romanza alla
grammatica latina, con le sue peculiarità ed i suoi errori. È una grammatica incoerente e
antieconomica ma troppo esaustiva che solo lascia fuori i fenomeni della parlata nel suo
tentativo di segnalare il camino a seguire dalla lingua.
Le caratteristiche di una grammatica tradizionale potrebbero essere riassunte così:
1. Netta tendenza a prescrivere, è normativa e, in misura minore,
descrittiva dato che la norma deve basarsi su una descrizione
completa.
2. Ha un grande influsso delle gramamtiche greco-latine, osservabile in
un orientamento essenzialmente morfologico, centrato sullo studio

1
Maurizio Dardano e Pietro Trifone
2
Paolo Balboni
della parola e nell‟uso di un metodo tassonomico al momento di
analizzare le parti della frase, cioè la sintassi.
3. Il suo contenuto è facilmente riducibile a definizioni, regole, elenchi e
paradigme, senza luogo per la riflessione linguistica.
4. Solo si occupa della lingua scritta, lasciando fuori ogni espressione
orale.
Per la grammatica tradizionale la lingua non è oggetto della scienza. È uno stato
di cose suscettibile di essere classificato e ordinato più che analizzato.
Le conseguenze pedagogiche negative più notevoli di questo approccio sono
state:
- un atteggiamento normativo e una visione della lingua come fenomeno
staccato dall‟uso contemporaneo;
- la maggior importanza attribuita allo scritto e al linguaggio letterario;
- una tendenza ad analizzare la lingua in categorie sempre più dettagliate
piuttosto che fornire una visione d‟insieme e a darne definizioni
piuttosto che regole di funzionamento;
- il vedere le regole come portatrici di valore di verità, piuttosto che
semplici e relativi strumenti di descrizione.

b) Linguistica strutturale

La lingusitica strutturale è il frutto di una nuova maniera di concepire il linguaggio,


considerato come oggetto di studio di una scienza: la linguistica. Sorge dai postulati di
Ferdinand di Saussure, raccolti nel Corso di linguistica generale, e durante alcuni anni
coesiste con le tendenze tradizionali fino alla Seconda Guerra Mondiale, momento in
cui le teorie dello strutturalismo americano vengono applicate in modo sistematico
all‟insegnamento delle lingue con l‟obiettivo di addestrare linguisticamente i soldati
degli Stati Uniti che devono lottare in luoghi dove non si parla l‟inglese. Così sorgono
la linguistica applicata di metodologia strutturale ed i metodi audio-linguali
d‟insegnamento delle lingue che hanno avuto tanto successo nei decenni del „50 e del
„60.
Saussure parte dalla considerazione che la lingua è un sistema complesso in cui tutti
i componenti si condizionano a vicenda. Ogni lingua non è insomma una lunga lista di
parole, nella quale ciascun parola corrisponde a una cosa, a un‟azione, a un‟idea. Se il
lessico dell‟italiano si potesse ridurre a una serie di etichette: uomo, cane, bue, tavolo,
scala, ecc., ciascuna apposta alla cosa, all‟azione, all‟idea corrispondente, imparare una
lingua straniera equivarrebbe a sostituire queste etichette con altre. Ma le cose non
stanno in questi termini. Soltanto in alcuni settori del lessico vi è una corrispondenza
esatta tra vocabolo e referente.
Ciascuna lingua ha un suo modo di rappresentare, descrivere e interpretare il mondo
che ci circonda. Ciascuna lingua riflette un modo particolare di vedere la realtà che è
intorno a noi; ciascuna lingua segmenta la realtà in rapporto all‟uso che si è stabilito in
una determinata comunità di parlanti.
Ciascun segno linguistico possiede due facce: l‟immagine acustica, cioè la
successione di suoni linguistici che lo compongono, e il concetto che esso esprime; a
queste due facce del segno linguistico si dà il nome di significante e di significato.
Il segno linguistico risulta quindi sa una somma:

segno linguistico = significante + significato


Non c‟è nessun motivo per cui una lingua associ un determinato significante a un
determinato significato. Si può quindi dire che il legame che unisce il significato al
significante è arbitrario. In realtà il legame tra il significato e il significante ha di solito
una motivazione storica (cioè si ritrova nella storia della lingua); per il parlante comune,
che non conosce la storia della propria lingua, questo legame è una convenzione accolta
da tutta la comunità linguistica alla quale egli appartiene.
In alcuni casi il significato di un segno non è totalmente arbitrario, ma risulta
motivato, almeno parzialmente. Nelle parole composte altopiano e aeroporto, dalla
somma dei singoli significati si può ricostruire il significato complessivo. Lo stesso vale
per i derivati: insegnante si ricollega al verbo insegnare non solo per il significante, ma
anche per il significato.
La lingua è composta da un insieme di elementi tra loro interdependenti; ciascun
elemento ha un valore e un funzionamento in rapporto al valore e al funzionamento
degli elementi che gli sono vicini.
Secondo la linguistica strutturale la lingua è un sistema costituito da più sistemi fra
loro correlati:

Sistema Fonologico Costituito da fonemi

Sistema Morfologico - Costituito da mofermi (o


Sistema della lingua sintattico monemi grammaticali) e
dalle strutture sintattiche
Sistema lessicale Costituito da lessemi
(monemi lessicali)

Insomma, lo strutturalismo concepisce il linguaggio come una struttura complessa in


grado di essere analizzata dal punto di vista delle relazioni stabilite tra i suoi
componenti.
Lo strutturalismo potrebbe essere riassunto in quattro punti:
1. L‟oggetto di studio della linguistica è la lingua, considerata come un sistema
astratto di segni ed opposta alla parlata, che consiste nella realizzazione
concreta del sistema.
2. Tenendo conto del carattere astratto della lingua, l‟analisi deve essere
sincronico, facendo astrazione del momento storico, vincolato alla parlata e
non alla lingua.
3. Lo studio della lingua è immanente e implica che la linguistica è una scienza
autonoma e chiaramente differenziata dalle altre discipline.
4. La lingua è un sistema di elementi coesistenti, solidali tra loro e dipendenti
mutuamente.

La linguistica strutturale si oppone agli studi della lingua da un punto di vista


atomista, cioè che consideri i diversi elementi a modo individuale e senza collegarli con
gli altri e che sostenga che l‟analissi del linguaggio sia una disciplina ausiliare di altre
scienze come la logica.
Le sue principali manifestazioni didattiche, che si sono tradotte nei metodi “audio-
orali”, sono:
- la rivalutazione della lingua orale;
- l‟importanza data all‟ esercitazione pratica nell‟apprendimento della
lingua;
- il principio della selezione e della graduazione dei materiali linguistici
ai fini di un migliore apprendimento;
- l‟uso dei sussidi audio-visivi;
- trasforma l‟apprendimento delle lingue in una serie di processi
meccanici di formazione di abitudini;
- porta all‟abolizione totale e innaturale di qualsiasi riferimento alla
lingua materna nella lezione di lingua straniera;
- evita qualsiasi spiegazione o analisi esplicita di regole grammaticali.

Le teorie dello strutturalismo hanno trovato sviluppo in diverse direzioni nel periodo
1930-1950 presso diverse scuole. Una caratteristica comune di queste scuole è
l‟accentuazione della prospettiva funzionalista, che considera le strutture linguistiche in
stretto rapporto con determinate funzioni. In particolare il funzionalismo si basa sul
presupposto che il sistema linguistico sia finalizzato al perfezionamento delle funzioni
comunicative.

c) Grammatica generativo-trasformazionale

La grammatica generativa sorge tra la fine degli anni cinquanta e gli inizi degli anni
sessanta, soprattutto ad opera di Noam Chomsky che postula una teoria secondo la
quale non esiste una grammatica particolare per ogni lingua ma una grammatica
generale che si è adattata ad ogni lingua. Questa grammatica universale parteciperebbe
ad ogni lingua con delle tracce generali chiamate “universali del linguaggio”(ad
esempio: tutte le lingue possiedono verbi e sostantivi).
La “grammatica universale” sarebbe innata ad ogni essere umano, di modo che al
momento di acquisire un linguaggio determinato, di imparare a parlare, soltanto sarebbe
necessario applicare la grammatica universale a un linguaggio determinato.
Il punto di partenza della teoria di Chomsky è la critica allo strutturalismo, o meglio
alla sua variente americana, il distribuzionalismo. Questa corrente di studi si proponeva
di identificare e classificare gli elementi della lingua in base alla loro distribuzione, cioè
in base all‟insieme dei contesti in cui ciascun elemento compare. I distribuzionalisti
analizzavano un corpus di frasi effettivamente prodotte per giungere a scoprire il
sistema linguistico che è dietro queste frasi. Il metodo distribuzionalistico è induttivo: si
parte dai dati concreti per arrivare all‟individuazione delle unità teoriche, astratte.
A questo procedimento di tipo induttivo Chomsky contrappone un procedimento di
tipo deduttivo. Egli parte da ipotesi teoriche sulla natura e sul funzionamento del
linguaggio e le verifica con le realizzazioni dei parlanti.
Chomsky sostiene che il modello strutturale che descrive l‟aspetto superficiale della
lingua partendo da una serie di dati linguistici, non è sufficiente a spiegare la
competenza del parlante nativo, come, ad esempio, la sua capacità innata di riconoscere
e produrre frasi corrette che non ha mai sentito prima e cogliere delle ambiguità di
significato. I dati empirici di partenza per il suo modello sono dunque le frasi prodotte
dal “parlante”, i suoi giudizi e le sue intuizioni sulla lingua ed il nucleo centrale del
modello sono le regole che permettono di “generare” tutte le frasi possibili di una
lingua. Queste regole sono sintattiche e hanno como unità di base la frase. Le frasi
posseggono una struttura superficiale ma sono riconducibili, attraverso regole di
trasformazione, a strutture profonde, che tendono ad essere comuni a più lingue.
La grammatica generativa ha come scopo generare tutte le realizzazioni linguistiche
possibili ad un parlante, anche quelle che non saranno mai dette. Perciò propone una
serie di regole, genera una serie di enunciati e dopo li esamina per generare nuove
regole che prevedano i risultati non previsti nelle prove anteriori. A tal fine introduce
concetti come accettabilità / inaccettabilità , grammaticale / agrammaticale o
competenza linguistica ed esecuzione linguistica.
Pretende anche la creazione di un dizionario in cui ogni parola sia descritta in modo
non semantico ma strutturale, che renda conto delle sue possibilità d‟uso e di
esecuzione.
La novità di questa corrente generativista è lo studio tanto di quello considerato
corretto a livello linguistico quanto di quello considerato non corretto, fonte inesauribile
della conoscenza del linguaggio.
Chomsky e il cognitivismo, in cui egli si inserisce, hanno una grande influenza
sull‟insegnamento delle lingue straniere non in modo immediato e diretto, ma nel senso
di rivalutare l‟intelligenza e i processi cognitivi in relazione all‟apprendimento
linguistico. Rientrano a poco a poco, nell‟orizzonte degli insegnanti, aspetti che lo
strutturalismo aveva abolito: il valore delle ipotesi fatte dal discente nell‟apprendimento
della lingua straniera e, in quest‟ottica, l‟inevitabilità ed anche l‟utilità dell‟errore, il
riferimento alla lingua materna e al concetto di universali linguistici esistenti nella
struttura profonda di tutte le lingue.
Tra i vari modelli a base semantica sviluppatesi nell‟ambito della semantica
generativa è significativo quello dell‟americano J. Fillmore il quale, come Chomsky,
considera un livello superficiale e un livello profondo della lingua, ma colloca a livello
profondo una serie di “casi” che esprimono relazioni semantiche universali (ad esempio
l‟agente è l‟istigatore dell‟evento, il contro-agente è la forza o resistenza contro la quale
è portata l‟azione).

d) Grammatica testuale

La grammatica testuale nasce negli anni settanta, quando si comincia a considerare


il testo come unità comunicativa, abbandonando l‟idea della frase come unità minima.
Considera che al di là della frase ci sono un rigore e una coesione così effettivi come
quelli che esistono tra i costituenti di una frase. Questo si basa nei fenomeni di tipo
deittico (l‟uso dei dimostrativi per fare riferimento a parole di altre frasi ma dello stesso
testo), le referenze pronominali tra frasi, la connessione dei tempi e dei modi verbali o
le congiunzioni.
Così da una fase di predominio della morfologia, attraverso un periodo in cui gioca
un ruolo centrale la sintassi, dopo l‟inserimento di categorie semantiche, i modelli
grammaticali si avviano a dar conto di altri livelli linguistici tradizionalmente esclusi
dall‟ambito della grammatica.
Si possono dare quattro caratteristiche della linguistica testuale:
1. Il centro dell‟analisi passa dalla frase al testo, considerato come un‟unità con
valore semantico proprio e autonomo.
2. La teoria si presenta come interdisciplinaria e incorpora aspetti della
psicologia, della sociologia, della critica lettraria, ecc. con il fine di dare
un‟idea globale del linguaggio. Di fatto si considera che la teoria del
linguaggio sia parte fondamentale della teoria della conoscenza.
3. Si articola partendo da tre dimensioni, definite da Morris: la sintassi, la
semantica e la pragmatica, ma dando alla pragmatica un peso specifico
maggiore che le permette di collegarsi con gli aspetti psicolinguistici e
sociolinguistici che supereranno i confini tra la linguistica e le altre scienze.
4. Il suo interesse si centra nell‟uso della lingua ed il suo aspetto comunicativo
più che nella tarea di classificare e strutturare la lingua in se stessa
(strutturalismo) o che nella tarea di ellaborare un teoria innata e interiorizzata
della grammatica del parlante (generativismo). Si passa dallo studio della
compentenza linguistica allo studio della competenza comunicativa.

Vengono riprese le affermazioni del linguista inglese Firth sulla necessità di studiare
il linguaggio nel suo contesto di situazione. Austin e Searle considerano la lingua sotto
l‟aspetto degli atti linguistici cioè delle azioni che si compiono parlando (ad esempio:
ordinare, chiedere, convincere). Hymes nel 1971 scrive che ci sono delle “regole d‟uso”
senza le quali “le regole di grammatica” sono inutili e partendo da queste premesse
sviluppa il concetto di compentenza comunicativa (cioè la capacità di esprimersi in
maniera appropriata a una determinata situazione).
Sulla stessa linea si colloca il modello del linguista inglese Halliday che “considera
il linguaggio non dall‟interno, ma dall‟esterno” e parte dalla domanda “perché si usa la
lingua?”. Utilizzando suggerimenti provenienti da altre discipline Halliday pone alla
base del suo modello le funzioni, a cui la lingua è finalizzata.

Queste quattro forme di capire il linguaggio includono tutte le teorie possibili, fino
ad oggi, del linguaggio. La scelta o non di una di queste teorie non deve implicare
l‟esclusione delle altre. Non sono veramente sconnesse tra loro, formano parte di un‟
evoluzione graduale nello studio del linguaggio.

3) PAROLA, FRASE, SINTAGMA, PROPOSIZIONE

Quando parliamo, emettiamo degli ENUNCIATI. Possiamo definire un enunciato come


una qualsiasi emissione fonica fatta da un parlante, e preceduta e seguita da silenzio. Gli
enunciati possono essere analizzati in base agli elementi che li compongono: dal punto
di vista della sintassi, essi sono composti da PAROLE che si organizzano in unità
maggiori cui diamo il nome di FRASI. Queste categorie linguistiche trovano in genere
una chiara rappresentazione nei convenzionali sistemi di scrittura, in cui le parole sono
separate da spazi e le frasi da segni di interpunzione come il punto o il punto e virgola.
Tra le untià fondamentali della parola e della frase è utile distinguere due unità
intermedie che sono anch‟esse essenziali per la comprensione delle strutture della
lingua. Consideriamo i seguenti esempi:

a. Piero arriva.
b. Quel ragazzo arriva
c. L‟amico di Giovanni arriva.

Nella stessa posizione davanti al verbo arriva, troviamo in a) una parola, in b) una
sequenza di due parole, in c) una sequenza di quattro parole; e, intuitivamente, tutte
queste possibili sequenze svolgono, all‟interno della frase, la stessa funzione. Possono
inoltre essere tutte e quante sostituite da una singola forma pronominale:

d. Lui arriva.

(dove lui può corrispondere a Piero, a quel ragazzo o a l’amico di Giovanni) e possono
anche occupare un‟alta posizione all‟interno della frase:

a. Arriva Piero.
b. Arriva quel ragazzo.
c. Arriva l‟amico di Giovanni.

Chiameremo queste sequenze di parole che si comportano come delle unità


SINTAGMI.

Consideriamo ora gli esempi seguenti:

a. Piero dice queste cose.


b. Piero dice che Maria non gli vuole bene.

In a) il verbo dice è seguito da un sintagma (queste cose); in b) invece il verbo è seguito


da una sequenza di parole che, se prescindiamo dall‟elemento che, potrebbe fungere da
frase indipendente: Maria non gli vuole bene. Chiameremo questa unità frasale che
svolge, in una frase più ampia, la stessa funzione che vi svolgerebbe un sintagma,
PROPOSIZIONE.

Chiameremo FRASE SEMPLICE quella frase in cui tutte le unità intermedie tra le
parole e la frase (i COSTITUENTI) sono dei sintagmi e FRASE COMPLESSA quella
frase in cui almeno uno dei costituenti sia una proposizione.

3) IL TESTO

Un testo si può definire come un atto comunicativo che appare orientato verso
un tema e che dimostra di possedere un‟intenzione e una finalità chiaramente definite.
Un testo può avere varia estensione e vario carattere; può essere scritto oppure orale. La
lingua non si presenta in parti isolate; una lingua si presenta in testi.

4) LA FRASE

Nel testo si distinguono le frasi, che sono delle unità di senso compiuto. Una
definizione più rigorosa di frase può essere data in base al concetto di COSTRUZIONE
GRAMMATICALE. La costruzione grammaticale è l‟oggetto specifico di studio della
SINTASSI e può essere definita come una sequenza di parole governata da regole.
Es.:
1.- Luisa ascolta una canzone.
2.- Roberto studia con attenzione la lingua inglese.

Negli esempi compaiono parole che non soltanto hanno senso compiuto singolarmente, ma
che, accostate l'una all'altra, conferiscono senso compiuto all'intera espressione.
Se invece, provassimo a scrivere:

3.- "Gianni chiudono la biribizzi"

salterebbe subito agli occhi non solo che "biribizzi" non vuol dire nulla, ma anche che il
discorso nel suo complesso non ha significato alcuno. Diremo allora che, in questo caso,
abbiamo una semplice `sequenza di parole', priva di significato, mentre nel caso dei primi
due esempi abbiamo espressioni che hanno senso compiuto, che enunciano, attraverso
parole, un pensiero avente senso compiuto. Una espressione così si chiama frase.
Possiamo ora definire la FRASE come l‟unità massima in cui vigono delle relazioni di
costruzione.

Il senso compiuto lo permette la presenza di due elementi: il soggetto e il predicato.


Infatti, se diciamo:

4.- L'ascensore è guasto.

la frase ha senso compiuto, perché contiene il soggetto (L'ascensore) e il predicato (è


guasto). Tuttavia non va confuso il senso compiuto della frase con il suo essere vera o
falsa.

La proposizione e la frase.

Es.: 1.- Il professore interroga.


2.- Il professore interroga e l'alunno risponde.

Nel primo esempio la frase presenta un soggetto (professore) e un predicato (interroga);


nel secondo abbiamo due soggetti (professore; alunno) con i relativi predicati (interroga;
risponde). In questo caso la frase risulta composta da due gruppi distinti, in ognuno dei
quali compare sia il soggetto che il predicato, uniti dalla congiunzione coordinativa `e'.-
Ciascuno di questi gruppi è detto proposizione; quindi la frase può essere composta da
una o più proposizioni, unite fra loro da un legame logico spesso espresso da congiunzioni.
Per riconoscere il numero di proposizioni presenti in un periodo basta generalmente
individuare i verbi che contiene: ad ogni verbo corrisponde una proposizione.

Es.:
3.- Il professore interroga e l'alunno risponde, mentre i suoi compagni attendono
impazientemente che la campanella suoni e le lezioni finiscano.

In questo esempio compaiono cinque verbi (interroga, risponde, ecc.); dunque, il periodo è
composto da cinque proposizioni.

5) LA SINTASSI

La sintassi è lo studio delle costruzioni grammaticali, cioè di quelle sequenze di


parole che sono governate da regole. La frase è l‟unità massima in cui vigono delle
relazioni di costruzione.
L‟analissi sintattica consiste nell‟identificare le categorie sintattiche presenti
nella frase semplice.
L‟analissi sintattica della frase complessa consiste nell‟identificare le varie
specie di proposizioni che compongono la frase complessa (proposizione principale,
coordinata, subordinata, ecc.).

6) IL SINTAGMA

Si chiama sintagma un gruppo di elementi linguistici che formano un‟unità in


una frase.
I due fondamentali tipi di sintagmi sono il sintagma nominale (SN) e il sintagma
verbale (SV); il primo è costituito da un nome accompagnato de uno o più determinanti
(articolo, aggettivo, ecc.); il secondo è costituito da un verbo seguito da altri elementi.
Es.:
Il celebre tenore canta una romanza.

Sintagma nominale: il celebre tenore.


Sintagma verbale: canta una romanza.

Oltre al sintagma nominale e a quello verbale, vi sono altri tipi di sintagmi:

- il sintagma preposizionale (SP), che è costituito da una preposizione


seguita da un nome (o da un sintagma nominale);
- il sintagma aggettivale (SA), che è costituito da un aggettivo
accompagnato da altri elementi.

Es.:
Il celebre tenore dell’Opera canta una romanza molto bella.

Sintagma preposizionale: dell’Opera.


Sintagma aggettivale: molto bella.

Ogni sintagma può consistere di una struttura più o meno complessa. Nel caso
dell‟esempio anteriore troviamo:

a) un sintagma nominale complesso: il celebre tenore dell’Opera, scomponibile in


due unità minori:
- sintagma nominale : il celebre tenore
- sintagma preposizionale: dell’Opera

b) un sintagma verbale complesso: canta una romanza molto bella, scomponibile


anche in due unità minori:
- sintagma verbale: canta una romanza
- sintagma aggettivale: molto bella.

Bibliografía
Simone, Raffaele (2001) – Fundamentos de Lingüística – Ed. Ariel, Barcelona.
Dardano, Maurizio (2005) – Nuovo Manualetto di Lingüística Italiana – Ed. Zanichelli,
Bologna.
Prat Zagrebelsky, María Teresa (1987) – Grammatica e lingua straniera – Ed. La Nuova Italia,
Firenze.
Serianni, Luca (1991) – Grammatica Italiana – Ed. Utet, Torino.
Salvi, Giampaolo – Vanelli, Laura (2004) – “Nuova Grammatica Italiana”, Ed. Il Mulino,
Bologna.

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