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Il DNA

L’essere umano possiede all’interno delle cellule il DNA che si avvolge su se stesso costituendo i
cromosomi. La maggior parte del DNA si trova a livello del nucleo e una parte del DNA si trova
all’interno dei mitocondri; quest’ultimo è di derivazione materna. Le mutazioni del DNA
mitocondriale è causa di problemi di intensità abbastanza elevata.
La doppia elica si avvolge intorno a delle proteine, dette istoni, con spiralizzazione estrema fino
alla formazione del cromosoma.

La struttura di base del DNA prevede un gruppo fosforico, il deossiribosio e la base azotata.
Esistono quattro diversi tipi di basi azotate: adenina, guanina, timina e citosina. I legami tra le basi
azotate sono estremamente specifici in quanto l’adenina si lega esclusivamente con la timina e la
guanina con la citosina. La doppia elica è costituita da legami ad idrogeno tra le basi azotate.

L’esame cromosomico viene anche definito cariotipo, il quale in caso di normalità (sia in sesso
maschile che femminile) deve avere 46 cromosomi i quali sono suddivisi in 23 coppie. Si parla di
autosomi riferendosi ai cromosomi appartenenti alle prime 22 coppie di cromosomi.

Geni e mutazioni
Un gene presenta un promotore, ovvero colui che regola la trascrizione del gene, delle sezioni di
gene vero e proprio (ovvero gli esoni) intervallate da introni. Dal DNA mediante la trascrizione si
ha la formazione di mRNA con la perdita degli introni. L’mRNA passa la barriera nucleare e va nel
citoplasma dove avviene la traduzione. Attraverso i ribosomi si ha il riconoscimento dei codoni con
produzione della proteina mediante i vari aminoacidi.

Quando si trova una mutazione nel DNA di un paziente non è sempre facile sostenere l’importanza
della mutazione: è necessario capire se la specifica mutazi one andrà ad interferire sui passaggi
della trascrizione e della traduzione del DNA. Per questo esistono programmi informatici che
cercano di riprodurre il processo per comprendere quali siano le effettive cause.

Non tutte le mutazioni sono clinicamente importanti, spesso esse non danno una vera e propria
malattia.

Codice genetico
Il codice genetico viene letto a triplette o codoni e si ha una corrispondenza tra una certa tripletta
e l’aminoacido associato. La timina non è presente nel codice, in quanto nel RNA è presente
l’uracile al posto della timina.

Le triplette possibili sono 64 e gli aminoacidi sono 20: ne risul ta che più codoni corrispondono a un
aminoacido. Alcune triplette, ovvero AUG (codone d’inizio) e AUG, UAA e UAG (codoni di stop)
non codificano per aminoacidi.
Nel caso di una mutazione si può incorrere in una mutazione silente, ovvero la mutazione è un
codone che codifica per lo stesso aminoacido per cui codificava il codone di partenza non mutato,
o in una mutazione missenso, con cambiamento dell’aminoacido codificato, o in una mutazione
senza senso, ovvero con la presenza di un codone di stop che interrompe la cate na.
Replicazione del genoma
La replicazione fedele del DNA permette di trasmettere inalterata l’informazione genetica di
cellula in cellula (riproduzione cellulare) e di generazione in generazione (riproduzione sessuale).
Per mitosi si intende la riproduzione cellulare che dà origine alle cellule somatiche, mentre per
meiosi si intende la generazione delle cellule germinali.

I due tipi di riproduzione presentano una fase identica di duplicazione di DNA, mentre differiscono
nei processi di divisione attraverso cui il materiale duplicato viene ripartito nelle cellule figlie.
La duplicazione del DNA è semi-conservativa: i due filamenti della doppia elica si separano e
fungono ciascuno da stampo per la sintesi di una nuova catena. Quindi le due nuove moleco le
figlie che si vengono a formare sono costituite ciascuna da un filamento originario e da uno
neopolimerizzato.

Mitosi
Si tratta del processo attraverso cui la cellula somatica diploide (2n, ovvero con 46 cromosomi) si
duplica dando origine a due cellule figlie con corredo genetico identico alla cellula madre diploide.
La fase di preparazione prende il nome di interfase durante la quale avviene anche la duplicazione
del DNA. Seguono poi la profase, la prometafase, la metafase, l’anafase, la telofase e la citodieresi.

La metafase è la fase in cui i cromosomi si organizzano nella zona centrale della cellula, ovvero la
piastra equatoriale, e in cui il DNA è maggiormente condensato e quindi osservabile a microscopio.

Meiosi
Meccanismo che è alla base della gametogenesi, la quale è il processo che dà origine alla
formazione delle cellule germinali (spermatozoo o oocita) che contengono un numero aploide (n)
di cromosomi. Prende il nome di spermatogenesi, se dà origine a spermatozoi, o ovogenesi, se dà
origine agli oociti.

La meiosi presenta il meccanismo particolare che è il crossing over, che è un meccanismo per cui si
ha uno scambio di DNA tra cromosomi. I due cromosomi si avvicinano e si scambiano del materiale
durante la fase diplotene della profase I. (=> garantisce la variabilità genetica)

Altro elemento fondamentale è che alla fine si ha la formazione di quattro cellule con corredo
aploide.

Variabilità genetica e meiosi


Il riassortimento dei caratteri genici si realizza attraverso due meccanismi:

1. Ricombinazione (riassortimento dei caratteri tra cromosomi omologhi)


Ogni omologo di una coppia si appaia con il suo partner. I cromatidi, all’interno della coppia, si
scambiano reciprocamente regioni omologhe di DNA.
Questo fenomeno comporta la rottura della doppia elica di DNA di ciascuno dei due cromatidi
e il ricongiungimento tramite un processo di ricombinazione detto crossing-over.
2. Assortimento indipendente degli omologhi paterni e materni
Ciascuna coppia di omologhi segrega in maniera indipendente dalle altre, per cui ogni gamete
conterrà una diversa mescolanza di cromosomi materni e paterni.
Con la spermatogenesi si vengono a formare quattro spermatozoi, mentre con l’ovogenesi una
cellula uovo e tre globuli polari. Nella donna si ha una cellula uovo per ciclo mestruale, mentre
nell’uomo si hanno oltre 100 milioni di spermatozoi per eiaculato.

La spermatogenesi avviene all’interno dei tubuli seminiferi del testicolo, presenta una prima fase
di divisioni mitotiche e poi due divisioni meiotiche con la formazione degli spermatozoi. Questo
meccanismo dura circa 60 giorni e inizia alla pubertà.
Con il passare degli anni le mitosi sono sempre in numero maggiore e ciò porta a un aumento del
rischio di mutazioni geniche. Un esempio è l’acondroplasia, che è dovuta a una mutazione di un
gene e si è osservato che il rischio di avere bambini con questa malattia aumenta quanto maggiore
è l’età del babbo.

L’ovogenesi comincia quando la donna è ancora nell’utero della genitrice. In ogni ciclo mestruale
si ha la maturazione di una cellula uovo. Il fattore di rischio per la corretta separazione dei
cromosomi appaiati o dei cromatidi fratelli è importante all’aumentare dell’età della donna con
conseguente aumento delle probabilità di incorrere in patologie di numero dei cromosomi nella
prole (ad esempio la sindrome di Down).

Gene
Con locus si intende la regione cromosomica unica che corrisponde ad un gene o a qualche altra
sequenza di DNA. Con allele si intende una o più forme alternative di un gene o di una seque nza
di DNA. Se un individuo presenta alleli diversi allo stesso locus si tratta di un individuo eterozigote,
mentre se presenta due alleli identici ad uno stesso locus prende il nome di omozigote.
Il genotipo è la costituzione genica di un individuo o più specificamente gli alleli presenti ad ogni
particolare locus.
Una mutazione in passato era un’alterazione della sequenza nucleotidica di una molecola di DNA,
attualmente il termine mutazione è in disuso ed è preferito il termine variante. Il polimorfismo è
una variazione della sequenza nucleotidica di un gene senza effetto fenotipico ed esiste nella
popolazione con una frequenza di almeno 1%.

L’albero genealogico usa una determinata simbologia (in immagine).

Classificazione delle malattie genetiche


Le malattie genetiche grossolanamente sono distinguibili in malattie:

 cromosomiche (divisibili in numeriche e strutturali),


 monogeniche a eredità mendeliana (autosomiche o x-linked),
 multifattoriali (almeno il 60% delle nostre malattie),
 geniche a eredità non mendeliana,
 mitocondriali.

La prevalenza di malattie genetiche alla nascita è di circa il 3-7% in totale, di cui difetti congeniti
per il 2-5%. Congenito significa difetto presente alla nascita.
Eredità mendeliana
I principi ereditati dal sistema Mendeliano sono che i geni sono ereditati in coppia (uno dal padre e
uno dalla madre); ogni gene possiede diversi alleli, alcuni dei quali (dominanti) agiscono su altri
(recessivi); alla meiosi gli alleli segregano singolarmente ed indipendentemente nei gameti.

Malattie autosomiche dominanti


Le caratteristiche principali delle malattie autosomiche dominanti sono:

 singola dose dell’allele mutato (Aa) necessaria per trasmettere la patologia;


 trasmissione verticale dell’allele mutato all’interno dell’albero genealogico;
 uguale rapporto maschi/femmine che ereditano l’allele mutato;
 il rischio è del 50% dei figli nati da genitori affetti manifestano la stessa malattia.

Trasmissione verticale
significa che generalmente
i casi degli affetti sono
presenti nelle varie
generazioni a partire dai
nonni, dai genitori.
In alcuni casi è possibile
una diagnosi prenatale
attraverso la villocentesi
(durante la 12 settimana di gravidanza) o l’amniocentesi (tra le 16 e le 18 settimane di gravidanza).

La villocentesi è il prelievo di una porzione di materiale placentare, mentre l’amniocentesi è il


prelievo di liquido amniotico.

Salto di generazione
Per “salto di generazione” si intende il fatto che in un albero
genealogico un soggetto, facente parte di una generazione
che deriva da un genitore affetto, non presenta la malattia
autosomica dominante e genera un figlio malato.

Apparentemente si ha un salto di generazione nella


manifestazione clinica, ma l’individuo è eterozigote. Il motivo
di questo salto apparente si ha in quanto esiste la penetranza
incompleta.

La penetranza è un concetto matematico che consiste nella frazione di individui con un dato
genotipo (Aa) che manifestano il carattere associato con quel genotipo. Ad esempio
l’acondroplasia ha una penetranza del 100%.

L’espressività variabile esprime la gravità fenotipica di un certo genotipo nell’ambito di una


famiglia. Ad esempio nella distrofia miotonica alcuni pazienti possono avere solo dei sintomi
clinici, quali la cataratta, ed altri pazienti con sintomi di maggiore gravità.
Mutazione de novo
Inoltre si può presentare un improvviso caso di patologia da due soggetti sani. Ad esempio
l’acondroplasia. Questo tipo di mutazione viene definito “mutazione de novo”.
Questo si verifica perché:

1. durante la meiosi delle cellule uovo o degli spermatozoi si ha una mutazione casuale. Questo
caso viene definito mosaicismo germinale.
2. è avvenuta una mutazione nelle prime divisioni dello zigote, ovvero mutazione post-zigotica.
In entrambi i casi il bambino è un classico soggetto con una malattia dominante autosomica.

I rischi di ricorrenza sono che se entrambi i genitori sono sani il rischio di malattia è trascurabile:
nel caso di mutazione post-zigotica il rischio e la probabilità sono molto bassi, mentre nel caso di
mosaicismo germinale di un genitore il rischio e la probabilità sono leggermente più alte (intorno
all’1%). Non si può sapere quale dei due meccanismi è avvenuto, per questo nella gravidanza
successiva sono necessarie la villocentesi e l’amniocentesi.

Esempi di malattie autosomiche dominanti


Sindrome di Marfan
Si tratta di una malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, ovvero il
tessuto che costituisce l’impalcatura del corpo, importante per la struttura e
la funzione di quasi tutti i tessuti dell’organismo. I pazienti tendono ad
essere alti, hanno spesso dita lunghe e affusolate con articolazioni lasse.
La gravità delle manifestazioni cliniche varia da caso a caso. Spesso è
presente il piede piatto. Si possono avere anche deformità della gabbia
toracica come il petto carenato e il petto escavato, e problemi alla spina
dorsale come scoliosi e lordosi di gravità variabile. Un altro difetto frequente
è la lussazione del cristallino.

Il dato clinico più significativo avviene a livello cardiovascolare. La


dilatazione dell’aorta avviene progressivamente nel tempo e può passare
inosservata anche per molti anni. Quando le pareti dell’aorta si allargano
(aneurisma aortico), c’è il rischio di rottura, la quale può essere prevenuta
da frequenti controlli cardiologici (ecocardiogrammi) ed opportuni interventi
chirurgici preventivi. Quando si ha la rottura dell’aorta si ha un violento
dolore toracico o alla schiena spesso con perdita di conoscenza.

Dal punto di vista molecolare la complessità di questa patologia è dovuta al


fatto che non esiste il gene della sindrome di Marfan, ma è il risultato della
mutazione di diversi geni. Per questo l’analisi molecolare complessa con
pannelli multigenici è fondamentale. La patologia è causata da alterazione
del gene della fibrillina-1 (FBN1) e altri geni.
La fibrillina-1 è una glicoproteina che costituisce una componente
importante delle fibre elastiche presenti nel tessuto connettivo.
Le mutazioni che causano la MFS sono numerose: a tutt’oggi sono note centinaia di diverse
mutazioni del gene FBN1 e questo rende particolarmente difficile effettuare una diagnosi genetica
per identificare la presenza di una mutazione. Mutazioni nel gene della fibrillina-1 sono
responsabili anche di altre malattie come la lussazione isolata familiare del cristallino e, in parte,
dell’aneurisma aortico-toracico familiare.

Acondroplasia
Essa è la più comune causa di nanismo dell’uomo con una prevalenza di 1/25000 nati vivi.
È caratterizzata da un mancato sviluppo armonico della cartilagine di accrescime nto delle ossa
lunghe degli arti con quindi gravi disturbi della crescita.

La diagnosi avviene in epoca avanzata di gravidanza. Già alla nascita i bambini hanno la testa
grande e gli arti corti e tozzi, rispetto al resto del corpo. Presentano inoltre una fronte prominente,
la radice del naso infossata, mano e dita corte e tozze (“mano a tridente”) e lordosi lombare.

Il gene coinvolto si trova sul cromosoma 4 e contiene l’informazione per produrre la proteina
chiamata “recettore del fattore di crescita dei fibroblasti di tipo 3” (FGFR3).

Questo recettore, in condizioni normali quando interagisce con la sua molecola segnale cioè l’FGF,
esplica il controllo di tipo negativo sulle cellule della cartilagine di accrescimento.

Le mutazioni nel gene dell’FGFR3 lo rendono costitutivamente attivato (sono infatti mutazioni
definite come “guadagno di funzione”. L’FGFR3 mutato è in grado di segnalare continuamente alla
cellula un segnale negativo, col risultato di inibire l’allungamento dell’osso.
La penetranza di questa malattia è del 100%, per quanto non esistono portatori sani. Una coppia
in cui entrambi i genitori sono affetti da ACP ha 1 probabilità su 4 di concepire un figlio/a affetto
da una grave forma di acondroplasia letale alla nascita (ovvero ACP omozigote), una probabilità su
quattro di avere figli normali e 1 su 2 di avere un figlio affetto come loro.

Carcinoma mammario e ovarico ereditari (HBOC)


In questa forma i maschi (tumore della mammella maschile e tumore della prostata) hanno un
rischio di tumori aumentato, ma più lievi rispetto a quello delle donne (tumore della mammella e
tumore ovarico).

Eredità autosomica recessiva


Si tratta di malattie che si trovano collocate su un autosoma e per questo non presentano
differenze tra i due sessi. Le loro caratteristiche base sono:

 sono necessarie due copie dell’allele mutato (aa) per causare la malattia,
 in un incrocio tra due portatori sani (o due eterozigoti) vi è il 25% di rischio di avere figli affetti
(rischio riproduttivo),
 maschi e femmine sono ugualmente affetti.

La consanguineità, ovvero nelle coppie di parenti, ad esempio cugini di primo grado, vi è un


aumento di rischio di specie dal 3% al 6%. Con rischio di specie si intende il rischio che ogni coppia
ha di avere un bambino con delle problematiche più o meno gravi: in ogni coppia della
popolazione il rischio è pari al 3%, mentre una coppia di due cugini primi rischia il 6% di avere un
figlio omozigote affetto da qualsiasi tipo di patologia autosomica recessiva. L’aumento di rischio è
dovuto all’aumentato rischio di bambini omozigoti per una patologia recessiva.

In queste situazioni si ricercano le patologie recessive studiabili in sede e in tempi brevi, scartando
il rischio di patologie più frequenti nel genere umano come la fibrosi cistica, l’atrofia muscolare
spinale e l’ipoacusia congenita.
L’utilità di questi esami è discutibile
in quanto il rischio si abbatte di
poco.

Nelle malattie recessive si parla di


albero genealogico con
trasmissione orizzontale della
malattia, nel senso che si hanno
soggetti affetti che appartengono
alla stessa generazione.

Per le malattie autosomiche


recessive gli eterozigoti sono normali come aspetto fenotipico, ma sono dei “portatori sani” del
carattere patologico.

Quando un individuo affetto nasce da genitori normali si deve ritenere che entrambi i genitori
siano eterozigoti e che, con media statistica: ¼ della prole risulterà affetta, ½ portatrice sana e ¼
normale (rischio riproduttivo).
Quando un individuo affetto contrae matrimonio con una persona genotipicamente normale, la
prole sarà genotipicamente eterozigote e fenotipicamente normale. Mentre, se contraggono in
matrimonio due ammalati, tutta la prole risulterà affetta.

La malattia autosomica recessiva colpisce indifferentemente sia maschi che femmine.


Il rischio di ricorrenza nelle generazioni successive è basso, a meno che non si verifichino
particolari circostanze che favoriscono l’unione tra due eterozigoti (quali consanguineità e alta
frequenza di eterozigoti).

Esempi di patologie autosomiche recessive


Beta talassemia
Definita anche come anemia mediterranea, in quanto vi è una
frequenza altamente elevata nel bacino del mediterraneo. Le
mutazioni avvengono nel genere della beta globina.
Dal quarto al sesto mese di vita si registra una difficoltà di
crescita e pallore, con difficoltà di alimentazione. Se non si
eseguono trasfusioni si ha un ritardo di crescita,
epatosplenomegalia, modificazione scheletriche e febbricola.
La morte avviene intorno ai 3 e ai 6 anni di vita se la malattia
non viene curata. La diagnosi prevede una grave anemia
microcitica con alterazioni del quadro elettroforetico
emoglobine. La terapia prevede trasfusioni e trapianto di midollo.

Per inquadrare i portatori sani sono necessari: emocromo, sideremia, transferrina e ferritina.
Inoltre con l’assetto emoglobinico è fondamentale. Nel caso in cui entrambi i genitori siano
portatori sani possono effettuare un’analisi prenatale tramite villocentesi e amniocentesi con
ricerca delle specifiche mutazioni.

Fibrosi cistica
Si tratta di una malattia genetica ereditaria ed è dovuta a una mutazione del gene CFTR che
codifica per una proteina che regola il canale di passaggio del cloro. Di questo gene si possono
avere oltre 1500 mutazioni note nel mondo.

È la più frequente malattia genetica ereditaria. La frequenza di portatori è del 4% circa. L’incidenza
varia da 1:2500 neonati.
In presenza di questa malattia si verifica un’anomalia di secrezione delle ghiandole esocrine.
L’ostruzione delle vie respiratorie, pancreatiche e biliari, con progressivo danno degli organi
coinvolti sono alcune delle più frequenti problematiche derivanti dalla malattia. Gli organi sono
colpiti in modo diffuso: nei polmoni si ha una riduzione del lume delle vie aeree.
Malattie X-linked
Nella specie umana sono presenti, oltre ai 44 autosomi (22 coppie), 2 cromosomi sessuali che
determinano il sesso, ovvero XX nella femmina e XY nel maschio. La presenza del cromosoma Y
orienta il tutto in senso maschile. Per il fatto che i maschi hanno metà del contributo delle X
rispetto alle femmine, i maschi vengono detti emizigoti. Se una mutazione è presente in un gene
localizzato sul cromosoma X vi è un’assoluta differenza nello sviluppo della patologia nei maschi e
nelle femmine.

Rispetto alla dimensione dei cromosomi sessuali nel maschio, in cui il cromosoma X è molto più
grande rispetto al cromosoma Y, e dei cromosomi sessuali nella pianta Melandrium album, in cui il
cromosoma Y è il più grande tra i due cromosomi sessuali. Un altro aspetto
che ci differenzia rispetto ad altre specie è che, mentre ne i maschi si ha una X e nelle femmine due
X e nei mammiferi si ha un compenso andando ad inattivare una delle due X delle donne, nella
Drosofila (un moscerino) si ha una ipertrascrizione della X del maschio.
Nell’uomo una delle due X non è attiva, ovvero è presente il fenomeno della lyonizzazione; la X
che non è attiva costituisce il corpo di Barr. Nelle situazioni patologiche in cui per esempio si
hanno tre X, siccome una sola X deve essere attiva, si avranno due corpi di Barr. Il numero di corpi
di Barr varia quindi con il numero di cromosomi X.

In questo fenomeno, scoperto dalla ricercatrice Mary Lyon, abbiamo un’attivazione di una delle
due X: cioè le donne che hanno due X durante il loro sviluppo avranno un’inattivazione casuale in
ogni cellula di una delle due X. Quindi tutte le cellule della donna avranno una X attiva e una X
inattiva.
Normalmente questo processo di inattivazione è del tutto casuale, quindi noi ci aspettiamo che
una donna adulta sia un mosaico ovvero metà delle cellule ha attiva la X paterna e l’altra metà
delle cellule ha attiva la X materna.
Questo fenomeno non è applicabile
esclusivamente all’uomo, ad il colore
rosso e nero del gatto è legato al
cromosoma X e quindi è una
dimostrazione
dell’attivazione/inattivazione dell’X.

Nelle famiglie in cui si ha una malattia


legata all’X si parla di trasmissione
diagonale perché i soggetti affetti
sono un po’ sparpagliati in tutto
l’albero genealogico e non sono così
presenti in modo lineare, come nelle
malattie dominanti e recessive.

La maggior parte delle mutazioni presenti sul cromosoma sono recessive e quindi si manifestano
solo nei maschi, per le loro condizioni di emizigoti, mentre nel caso delle femmine in esse spesso il
cromosoma X inattivo compensa la malattia.

Di conseguenza le principali caratteristiche di un albero genealogico dove segrega una malattia


recessiva legata all’X sono:

 presenza della malattia dipende dal sesso (i maschi sono malati);


 la malattia non si trasmette mai da un maschio malato al figlio malato, ma vi è una
trasmissione così detta a “zig-zag” da maschio malato a circa la metà dei nipoti maschi
attraverso femmine sane, che sono portatrici.

Nelle malattie legate al cromosoma X si possono avere le seguenti situazioni:

– 𝑋𝐴 𝑋𝐴 (femmina normale),
– 𝑋𝐴 𝑋𝑎 (femmina portatrice),
– 𝑋𝑎 𝑋𝑎 (femmina malata = evento raro)
– 𝑋𝐴 𝑌 (maschio normale),
– 𝑋𝑎 𝑌 (maschio malato).
Il caso più raro è quello in cui si abbia una femmina malata in quanto una donna può essere affetta
se il padre è affetto e la madre è portatrice sana della mutazione. La probabilità che si verifichi ciò
è però eccezionale; inoltre in questa coppia, in caso di figlia femmina, si ha una probabilità del 50%
(1/2) che la figlia manifesti la malattia.
La situazione più comune prevede la presenza del padre malato e della mamma clinicamente e
genotipicamente sana, dalla cui prole si ha lo 0% di probabilità di avere un figlio malato.
Per quanto riguarda le figlie femmine esse saranno sicuramente portatrici sane.

Il caso di una gravidanza di una signora portatrice con partner sano è la situazione con cui si ha più
familiarità per le analisi genetiche e in questo caso si ha: in caso di figlio maschio la probabilità che
sia malato è del 50%, mentre nel caso di figlia femmina la probabilità che essa sia portatrice sana è
del 50%. A livello di controlli in caso di gravidanza già avviata si può fare o una villocentesi
(preferita all’amniocentesi perché la villocentesi viene effettuata prima), si vede il sesso del
bambino e nel caso il bambino sia maschio si può procedere con la ricerca della malattia estraendo
il DNA dal villo o dal liquido amniotico. Nel caso in cui il feto è femmina non si va oltre, in quanto
potrà essere nel più grave dei casi solo portatrice sana.

Le precedenti analisi comportano un rischio d’aborto che va aggiunto al normale rischio


riproduttivo, per questo motivo si può decidere di utilizzare un’altra tecnica che permette di
analizzare dei tratti del DNA fetale con un prelievo del sangue della mamma.
Questa tecnica prende il nome di analisi del DNA fetale circolante ed è resa possibile perché
tramite la placenta passano tracce del DNA fetale nel sangue della mamma.
Si tratta di un test abbastanza attendibile, però se non si trova il cromosoma Y nel sangue materno
vi è un margine di errore intorno al 3%, che però può essere chiarito tramite un’ecografia i cui dati
comunque non sono assoluti al 100%.
Se invece l’esame DNA fetale circolante nel sangue materno identifica il cromosoma Y si va ad
effettuare l’amniocentesi o villocentesi.

In generale possiamo quindi dire che:


1. La malattia è sempre trasmessa attraverso una femmina eterozigote che appare
fenotipicamente normale.
2. La femmina eterozigote trasmette il gene mutato a metà della prole: statisticamente i figli
maschi sono per metà affetti e per metà normali, mentre le figlie femmine presentano tutte
un aspetto normale ma sono per metà portatrici.
3. Le figlie di un maschio affetto sono tutte portatrici.
4. Gli individui affetti sono in prevalenza di sesso maschile.

Esempi di malattie genetiche legate al cromosoma X


SINDROME DELL’X FRAGILE = è la più frequente causa di ritardo mentale nei maschi: quando vi
è un maschio con disabilità intellettiva viene analizzato il gene in cui si verifica la mutazione per l’X
fragile. Gli individui affetti da questa sindrome non hanno caratteristiche del volto molto
particolari: possono avere un aspetto del volto più allungato, le orecchie più grandi, ma non
caratteristiche molto lampanti.

DISTROFIA MUSCOLARE = i bambini affetti da questa particolare distrofia alla nascita sono
normali, però intorno ai 3-4 anni iniziano ad avere difficoltà a camminare, ad alzarsi da terra e a
stare eretto. L’aspettativa di vita è molto ridotta perché vi è un interessamento muscolare anche a
livello polmonare e cardiaco e quindi generalmente questi soggetti muoiono intorno ai 20-30 anni.
Questa malattia è dovuta ad una mutazione del gene della distrofina che è situata nel cromosoma
X.

FAVISMO = la condizione in cui vi è una sorta di allergia ai baccelli da cui si scatena un’anemia
importante.

EMOFILIA = un difetto della coagulazione del sangue per cui si ha una tendenza alle emorragie.
I rischi per le malattie legate al cromosoma X non vi sono solo se sappiamo che la donna è
portatrice, ma anche se durante una consulenza risulta che è presente nella famiglia una malattia
legata all’X.
Esami sui cromosomi
Cariotipo umano normale e patologico
Il cariotipo è un esame che si continua a effettuare ancora in moltissime situazioni nonostante sia
un esame un po’ antiquato. La prima volta che sono stati analizzati cromosomi erano gli anni ’50:
nel 1956 Tijo e Levan definirono il corredo cromosomico umano.

Il nostro DNA è despiralizzato, mentre in alcune fasi del ciclo cellulare si spiralizza e va a formare i
cromosomi. In particolare la fase in cui i cromosomi si riescono a vedere meglio è la metafase, in
cui sono più spiralizzati.
L’esame dei cromosomi si può effettuare in vari modi, ma il più semplice è quello da sangue
periferico. L’esame dei cromosomi può essere fatto anche a partire da altri tessuti come ad
esempio i tessuti fetali.
Facendo il prelievo venoso sono presenti una serie di passaggi: le cellule vengono messe a crescere
artificialmente in coltura, dopo un certo periodo le cellule vengono bloccate in modo da avere le
metafasi, si fanno delle colorazioni e infine i cromosomi sono visibili al microscopio. L’operatore
riconosce i singoli cromosomi e li mette in ordine per realizzare il cariotipo.

I cromosomi vengono ordinati in base a:

– dimensioni,
– posizione del centromero => i cromosomi presentano tutti un centromero, che li divide, e in
base alla sua posizione si hanno i cromosomi metacentrici, cromosomi submetacentrici e i
cromosomi acrocentrici;
– lunghezza relativa delle due braccia => nei cromosomi si distingue un braccio corto e un
braccio lungo che dipendono dalla posizione del centromero;
– colorazione e bandeggio.
I cromosomi presentano delle zone più chiare
e delle zone più scure e all’interno di ogni
zona si hanno delle sottobande. La loro
importanza è dovuta al fatto che quando si
effettua un esame cromosomico non si
analizza solo il loro numero ma si verifica
anche che ogni singolo cromosoma abbia
tutte le zone che deve avere. Lo stesso
cromosoma può essere visualizzato con
tecniche sempre più raffinate in base al
numero di bande che vogliamo vedere si può
essere più precisi. Quando un operatore
esegue l’analisi dei cromosomi deve
effettuare la presenza delle bande nella
posizione corretta facendo riferimento al
diagramma del cariotipo.
Ci sono delle patologie dei cromosomi ed esistono delle caratteristiche in realtà fisiologiche, che
vengono definite varianti perché non influiscono sul fenotipo di un individuo e sono frequenti
nella popolazione generale.
Le varianti si possono avere in varie posizioni dei cromosomi e ormai alcune di queste non
vengono neanche refertate, perché si sa che non hanno alcun significato sia per la persona
portatrice sia per eventuali gravidanze della persona.

Le applicazioni mediche della citogenetica umana sono la diagnosi clinica, la diagnosi prenatale e
la citogenetica oncologica.

Diagnosi clinica
L’esame dei cromosomi è fortemente consigliato in caso di:

– aborti ripetuti (due o tre più aborti spontanei),


– sterilità o infertilità,
– genitali ambigui,
– oligospermia,
– azospermia,
– amenorrea primaria o secondaria o menopausa precoce,
– coppie con diagnosi prenatale di riarrangiamento cromosomico e/o varianti cromosomiche ,
– coppie candidate alla fecondazione assistita,
– quadro clinico riconducente a una sindrome cromosomica nota (per conferma),
– ritardo mentale (del bambino o in famiglia),
– anomalie congenite multiple,
– fenotipo dismorfico associato o meno a un ritardo dello sviluppo,
– aborto o nato morto con quadro dismorfico/malformativo,
– ipostaturalità (=bassa statura),
– sospetto clinico di sindrome da instabilità cromosomica,
– sospetto clinico di sindrome genomica da microdelezione/microduplicazione,
– anamnesi familiare positiva per la presenza di riarrangiamento cromosomico,
– patologia x-linked recessiva presente in una femmina.

L’aborto è una situazione frequente (circa una gravidanza su 5 ha un aborto spontaneo) e se viene
eseguita un’analisi sul materiale abortivo si nota che circa il 50% presenta un’anomalia dei
cromosomi.

La maggior parte delle gravidanze che iniziano con un’anomalia dei cromosomi in realtà esita in un
aborto spontaneo.
Andando ad analizzare i cromosomi di coppie che hanno avuto più aborti spontanei si vede che
circa il 3-6% delle coppie presenta un’anomalia dei cromosomi che può dare dei problemi in caso
di gravidanza mentre agli individui in sé può non arrecare danno. Generalmente l’ereditabilità di
un’aberrazione cromosomica da parte dello zigote è maggiore se è la madre ad esserne portatrice
bilanciata, in quanto vi è una maggiore selezione degli spermatozoi.

La sterilità maschile è uno dei principali sintomi di implicazioni cromosomiche perché si è visto
che quanto minore è il numero di spermatozoi tanto maggiore è la probabilità di trovare
un’anomalia dei cromosomi. L’incidenza di anomalie cromosomiche nei maschi infertili è
compresa tra il 2% e l’8% ed aumenta fino al 15% nei soggetti azoospermici, tra i quali l’anomalia
più frequente è rappresentata dalla aneuploidia 47 (XXY). Nella popolazione generale circa lo
0,05% presenta un’anomalia cromosomica. Generalmente nei casi di sterilità maschile l’anomalia
cromosomica riguarda i cromosomi sessuali, ma si possono anche riscontrare altre anomalie
strutturali quali le traslocazioni Robertsoniane, inversioni, duplicazioni e delezioni.

Nella sterilità femminile la frequenza delle anomalie cromosomiche è variabile nei diversi
studi, ma può essere stimata intorno a 5%, con il 2,8% di anomalie numeriche dei cromosomi
sessuali e con il 2,1% di anomalie strutturali degli autosomi.

Diagnosi fetale
Ci sono una serie di situazioni in cui è indicato fare il cariotipo fetale con villocentesi o
amniocentesi:

– età materna avanzata (oltre i 35 anni entro il parto) => motivo più frequente, in quanto con
l’aumentare dell’età materna aumenta il rischio di malattie dei cromosomi. Si sta discutendo
se eliminare l’età materna come motivo per fare la villocentesi e l’amniocentesi perché
esistono dei test di screening che permettono di valutare il rischio in modo molto più
sensibile.
– genitore con precedente figlio affetto da una patologia cromosomica;
– genitore portatore di riarrangiamento cromosomico bilanciato, ovvero ha un’anomalia che
nella persona stessa non comporta niente ma può provocare problemi nel bambino;
– genitore con aneuploidia cromosomica del sesso compatibile con la fe rtilità;
– malformazioni fetali eco-evidenziate => tra le più frequenti;
– positività a test di screening per sindrome di Down => esistono dei test, come il test
combinato, che permette di valutare meglio il rischio di Down in quella gravidanza e mediante
ecografia. Nel caso in cui il rischio risulti positivo la donna ha il diritto di fare una villocentesi o
un’amniocentesi. Anche il DNA fetale circolante nel sangue materno è analizzabile per
verificare o meno la presenza della sindrome di Down.

Anomalie cromosomiche
Le anomalie cromosomiche possono essere numeriche o strutturali. Le anomalie numeriche si
suddividono a loro volta in:

 trisomie, che sono le più frequenti e in questi casi un cromosoma anziché essere in doppia
copia è in triplice copia;
 monosomie, di cui quella del cromosoma X è l’unica compatibile con la vita;
 poliploidia, la quale si verifica quando tutti i cromosomi sono presenti in numero superiore a
due.

Le anomalie cromosomiche sono più frequenti al concepimento, ma la maggior parte viene


eliminata con un aborto spontaneo o con morte alla nascita. La frequenza dei nati vivi è di circa
l’1% e rappresentano una delle principali cause di mortalità neonatale e infantile.

Trisomia 21 o sindrome di Down


Essa è stata la prima anomalia cromosomica ad essere identificata (1959) ed è caratterizzata da un
cromosoma numero 21 in più. Il cariotipo è di 47 cromosomi ed è la più frequente condizione
genetica associato a ritardo psicomotorio compatibile con la sopravvivenza.
La frequenza di questa condizione è di circa 1:600 neonati, ma se si analizzano tutte le gravidanze
la frequenza è di 1:222 al concepimento. Il rischio è direttamente correlato con l’età della madre
in quanto la meiosi femminile inizia già in età fetale.
Nella maggior parte dei casi (88%) l’errore avviene per un errore della meiosi materna che può
avvenire sia nella prima fase che nella seconda. La trisomia 21 può accadere anche per un errore
della meiosi paterna (7% dei casi).

Raramente possono avvenire dei casi a mosaico, ovvero persone che hanno alcune cellule con i
cromosomi in numero di 46 e anche cellule con cariotipo patologico. I soggetti che hanno una
sindrome di Down a mosaico possono avere quadri clinici estremamente variabili. Il problema si ha
quando si trova in un’amniocentesi una situazione di mosaicismo: questa situazione è delicata
perché non si è in grado di prevedere il cariotipo del bambino in quanto le cellule analizzate a
livello dell’amniocentesi sono rappresentative di solo alcune porzioni del bambino p er questo
motivo la quantità delle cellule patologiche trovate non può essere presa come modello.

Ancora più raramente, ma è molto importante per il rischio della famiglia, ci può essere una
sindrome di Down dovuta a una trisomia del cromosoma 21 da traslocazione. Vi sono dei
cromosomi acrocentrici, come il cromosoma 21 (ma anche il 13, 14, 15 e 22), che tendono ad
incollarsi tra di loro e formano un cromosoma che deriva dalla fusione dei due. Ad esempio si può
riscontrare un soggetto in cui uno dei tre cromosomi 21 si è incollato a una porzione di uno dei
due cromosomi 14: anche in questo caso la trisomia è sempre presente e l’individuo sarà affetto
dalla sindrome di Down.
La sindrome di Down da traslocazione non comporta caratteristiche diverse rispetto alla sindrome
classica ma il problema è che i bambini che nascono con questa patologia generalmente hanno un
genitore che è portatore della traslocazione, che non manifesta sintomi ma è ad alto rischio di
avere altri bambini con la sindrome di Down perché il suo cariotipo generalmente prevede un
cromosoma 21, un cromosoma 14 e un cromosoma 21 incollato a un cromosoma 14.

CARATTERISTICHE CLINICHE

È presente una disabilità intellettiva di grado variabile, che è associata a un’ipotonia (= scarsa
capacità di contrazione muscolare), un riflesso di moro, il viso rotondo, l’ipertelorismo, una
macroglossia, un profilo appiattito, una rima palpebrale obliqua verso l’alto.

A livello delle mani hanno le dita tendenzialmente più corte (=brachidattilia), clinodattilia del
mignolo e alterazioni dei dermatoglifi (ovvero le impronte digitali). Circa nel 40% dei casi hanno
cardiopatie congenite e anomalie gastrointestinali gravi. Sulla base di questa ultime caratteristiche
si può avere un sospetto in gravidanza, però possono esserci anche ecografie perfette.

Negli affetti dalla sindrome di Down si ha un’aumentata suscettibilità alle infezioni, un aumento
del rischio di leucemia di 20-30 volte e attualmente la sopravvivenza può superare i 55 anni.

Con il prolungamento della vita media si assiste alla comparsa di patologie senili, tra cui quelle
causate da fenomeni autoimmuni (ipotiroidismo) e dopo i 30 anni si assiste ad un aumento di
rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.
Trisomia 13 o sindrome di Patau
Questa anomalia provoca una situazione molto più grave della sindrome di Down e la possibilità di
sopravvivenza è molto ridotta: il 97% dei feti concepiti viene abortito spontaneamente. La
frequenza è di 1:20000.
Quadro clinico in epoca prenatale: malformazioni cerebrali e facciali; difetti cardiaci e anomalie
renali; oloprosencefalia di varia gravità (60%); malformazioni nasali e del palato; polidattilia. Alla
nascita si ha basso peso, compromissione neurologica (ipo-ipertonia, crisi convulsive), dismorfismi
cranio-facciali (microcefalia, fontanella ampia, cataratta, alterazioni retiniche, ipotelorismo, naso
largo e piatto, padiglioni auricolari bassi, labiopalatoschisi, cecità e sordità), polidattilia,
malformazioni intestinali, renali e genitali, cardiopatie (>80% casi). Per quanto
riguarda la causa della mutazione nel 75% dei casi è presente una trisomia 13 libera, causata dalla
non disgiunzione meiotica prevalentemente di origine materna, mentre nel restante 15% è dovuto
a traslocazione robertsoniana sbilanciata che coinvolge il cromosoma 13 e prevalentemente i
cromosomi 14 o 15, alterazione presente in uno dei genitori o essere de novo. Il 5% circa dei casi è
a mosaico.

Trisomia 18 o sindrome di Edward


Ha una frequenza di 1 su 7000 nati, di cui il 97,5% dei concepimenti con trisomia 18 viene abortito
spontaneamente. In epoca prenatale tra le anomalie più frequenti si riscontrano: polidramnios (+
liquido amniotico del normale), placenta piccola, ritardo di crescita intrauterino, difetti cardiaci,
difetti degli arti, ossa frontali strette e occipite piatto.

Alla nascita tra le anomalie più frequenti si riscontrano: peso sotto la norma, mani chiuse a pugno
con le dita accavallate, malformazioni del SNC, malformazioni cardiache, anomalie oculari,
gastrointestinali e genitourinarie, malformazioni cranio-facciali, piede torto congenito.

Nella maggior parte dei casi si ha una trisomia libera che nel 90% dei casi deriva da non
disgiunzione materna e nel 10% dei casi è a mosaico. Può essere molto difficile, in caso di trisomia
a mosaico definire lo sviluppo del bambino in caso non si trovino problemi a livello ecografico.

Monosomia X o sindrome di Turner


Nell’ambito delle anomalie cromosomiche di numero,
un’altra è la monosomia X o sindrome di Turner.

La frequenza è di 1 su 2500 neonate. La sindrome è


caratterizzata da una bassa statura, un collo più
slargato (primo dettaglio che emerge alla ecografia
del primo semestre), un torace un po’ bombato,
scarso sviluppo del seno, iperdistanziamento dei
capezzoli, ovaie rudimentali, nei scuri con maggior
frequenza.
È tipica un’amenorrea primitiva, ovvero infertilità. La
statura è bassa, mani e piedi paffuti, capelli con
attaccature a tridente.

Durante la gravidanza l’accumulo di liquido (idrope)


può essere anche a livello del corpo dovuto a
un’ostruzione della comunicazione tra vasi linfatici cervicali e sistema venoso giugulare con
conseguente igroma cistico del collo.

L’aborto ha una frequenza altissima (oltre il 99%) e le cause sono varie:

 nella maggior parte dei casi (55%) si ha una monosomia omogenea, ovvero la bambina ha solo
un cromosoma sessuale (ovvero una X) dovuto a un errore meiotico alla spermatogenesi;
 circa il 13% la bambina presenta un cariotipo a mosaico;
 nel restante 32% la situazione è determinata da riarrangiamenti strutturali del cromosoma X,
perché in realtà le X sono due ma una ha difetti strutturali.

Trisomia X (47, XXX)


Hanno una frequenza di 1 su 12000 neonate e il 30% dei concepimenti viene spontaneamente
abortito. Il cariotipo può essere omogeneo o a mosaico. Il fenotipo risulta essere femminile,
talvolta si ha un’irregolarità del ciclo mestruale mentre la fertilità è normale. Spesso non si sa
nemmeno di averla, se non in seguito ad opportuni esami.
Non è una caratteristica di disabilità intellettiva, anche se si possono riscontrare difficoltà
nell’apprendimento. Ed è legata all’età materna avanzata.

In una ragazza che ha un X in più è da valutare se eseguire la villocentesi, perché è stato


dimostrato che il rischio di avere figli con anomalie cromosomiche non aumenta ma nella teoria
potrebbe succedere.
I cromosomi X aggiuntivi possono presenti anche in numero di 2 e 3 (quindi 4 o 5 cromosomi X
totali), ma sono situazioni molto rare.

Sindrome di Klinefelter o 47, XXY


Un individuo maschio avente una X in più tra i cromosomi sessuali. Questi ragazzi non hanno
caratteristiche così eclatanti e riconoscibili: spesso vi è un’alta statura, una lieve ginecomastia,
atrofia testicolare e scarsa crescita della barba. La frequenza è di 1 su 900 neonati maschi, con
sopravvivenza fetale di circa il 50%, mentre la frequenza tra i maschi azoospermici è di 10%. Lo
sviluppo intellettivo è nella norma anche se si trovano difficoltà nell’apprendimento,
nell’espressione verbale e nell’integrazione sociale.
Molto spesso la diagnosi viene effettuata in età adulta, magari in casi di scarsa fertilità.

Maschio XYY
Ha una frequenza di 1 su 1000 e questa aneuploidia non è associata ad alcuna mortalità prenatale
selettiva. Il cariotipo, in genere omogeneo, deriva da non disgiunzione in II divisione meiotica alla
spermatogenesi o da non disgiunzione alla I divisione mitotica postzigotica. In quanto il fenotip o è
di un maschio normale e lo sviluppo sessuale e la fertilità sono normali ci si può chiedere in
gravidanza se fare la villocentesi o l’amniocentesi.

Triploidia
In questo caso il cariotipo a 69 cromosomi: tutti i cromosomi sono tripli. Essa si origina per tre
meccanismi: il primo è legato al fatto che due spermatozoi vanno a fecondare una cellula uovo; il
secondo è il caso in cui uno spermatozoo va a fecondare una cellula uovo ancora diploide e il terzo
prevede una cellula uovo normale fecondata da uno spermatozoo con corredo doppio.
Questi errori sono tendenzialmente casuali: se una coppia ha avuto una gravidanza con triploidia è
veramente bassa la probabilità che ricapiti, però è necessario fare una villocentesi e
un’amniocentesi in una successiva gravidanza.
In gravidanza si ha una tendenza all’aborto spontaneo e nel 90% dei casi la triploidia è letale entro
le 24 ore di nascita. La gravidanza è complicata da emorragie nel primo trimestre, polidramnios o
oligoidramnios.

I rarissimi casi che nascono sono prematuri, hanno basso peso, asimmetrie cranio-facciali e
corporee, difetti di ossificazione del cranio (fontanelle posteriori larghe nel 50% casi); spina bifida
(25%); microftalmia, palatoschisi (25%) sindattilia cutanea delle dita delle mani; ernia ombelicale,
malformazioni intestinali e pancreatiche, difetti renali, anomalie dei genitali nei maschi e ovaie
ipoplasiche nelle femmine; cardiopatie.

Anomalie strutturali
In queste anomalie è la forma dei cromosomi che subisce variazioni e non il numero. Durante il
cariotipo si analizza sia il numero e la struttura.
I riarrangiamenti cromosomici strutturali sono dovuti a mutazioni che portano a perdita o
aumento o trasferimento di segmenti cromosomici con conseguente cambiamento della
costituzione e, quasi sempre, della morfologia dei cromosomi. I riarrangiamenti sono:

 intracromosomici = se interessano lo stesso cromosoma (es. inversioni);


 intercromosomici = se coinvolgono cromosomi diversi (es. traslocazioni reciproche) ;
 di forma bilanciata = qualora non si abbia apparentemente acquisto o mancanza di
materiale genetico;
 di forma sbilanciata = quando si ha aumento o perdita di cromatina (si possono avere
patologie malformative e/o disabilità intellettiva).

Le anomalie di tipo strutturale bilanciato sono più frequenti nelle persone nate che negli aborti,
mentre in quelle di forma sbilanciata avviene il contrario.
Nella popolazione generale circa una persona su 200 è portatore di un riarrangiamento di tipo
bilanciato e non lo sa, in quanto generalmente sono fenotipicamente normali anche se hanno una
maggiore probabilità di produrre gameti sbilanciati dando luogo a una possibile patologia fetale. In
tutti i soggetti che sanno di possederla si deve fornire l’indicazione di poter eseguire la villocentesi
o l’amniocentesi perché si potrebbero formare zigoti con un riarrangiamento di tipo sbilanciato.
Generalmente le persone sanno di avere un’anomalia cromosomica strutturale bilanciata perché
in famiglia sono presenti dei casi e fanno un controllo, oppure perché in gravidanza sono presenti
patologie fetali o perché si tratta di coppie con molti aborti.

Le anomalie strutturali dei cromosomi si realizzano perché il nostro DNA ha caratteristiche tali che
presuppongono a queste anomalie: è quasi fisiologico in quanto il nostro DNA è costituito in modo
tale da avere zone con rischio di mutazione. Il fatto che le anomalie strutturali si realizzano in
punti particolari del nostro DNA è un ulteriore prova.

Le diagnosi possono essere eseguite con

 cariotipo standard = bisogna considerare che l’anomalia è visibile solo nel caso in cui abbia
dimensioni notabili;
 cariotipo ad alta risoluzione = in cui si vede il cromosoma con maggiore o minore
risoluzione, però è meno diffuso attualmente;
 ibridazione in situ (FISH) = si tratta di una tecnica che prevede l’utilizzo di molecole marcate
precise per il cromosoma che si vuole analizzare. Le molecole verdi sono specifiche per la
zona terminale, mentre le molecole rosse sono specifiche per la parte terminale del braccio
lungo. Nel caso in cui un cromosoma abbia entrambe le lucine vuol dire che è completo,
mentre se è presente solo una colorazione significa che la molecola non ha trovato dove
attaccarsi indicando la mancanza di una porzione del cromosoma.
 CGH arrays = tecnica estremamente moderna che è di carattere comparativa. Essa compara
un DNA normale e il DNA del paziente, permettendo di notare la presenza di delezioni o
duplicazioni di frammenti di DNA, che altrimenti non sarebbero visibili con l’esame
cromosomico standard. Questi frammenti potrebbero comunque essere dannosi,
nonostante siano piccoli.
Applicare questa tecnica permette l’individuazione di particolari la cui gravità non sempre è
nota perché non è nota, magari, il loro significato in quanto la tecnica è molto recente. Ciò
comporterebbe il rischio di creare disordine e ansia nella coppia in attesa.
Questa tecnica è eseguita in casi di anomalie ecografiche o in casi di genitori portatori di
anomalie cromosomiche bilanciate.

Delezioni
Si tratta della perdita di segmenti cromosomici e quindi di materiale più o meno ricco di geni. Il
nostro DNA è costituito da zone di esso che non possiedono geni e quindi le varie forme di
delezione possono essere più o meno significative in base al numero di geni che contengono.

Le delezioni possono essere terminali, ovvero si hanno dei cromosomi più corti, o delezioni
interstiziali, in cui la parte mancante è centrale. I primi hanno una frequenza di 1 su 5000, mentre
i secondi di 1 su 4000. Se si prendono 100 soggetti con disabilità intellettiva e dismorfismi si
osserva che il 6% presente delezioni e quindi sono frequenti in certe situazioni cliniche.

Per capire il significato di una delezione si deve analizzare la dimensione, il cromosoma coinvolto e
l’eventuale associazione con sindromi cliniche. In caso di genitori con cariotipo normale e il figlio
precedente a una delezione de novo, il rischio di ricorrenza è più o meno lo stesso di quello della
popolazione generale. Mentre negli individui portatori di traslocazioni bilanciate o inversioni, si ha
una maggiore probabilità di concepire prole con delezione.

MALATTIA DEL CRI DU CHAT => il nome è dovuto dal pianto caratteristico dei neonati alla nascita,
che è simile al miagolio di un gatto, dalla microcefalia, da ipertelorismo, padiglioni auricolari e
grave ritardo mentale. È dovuta dalla mancanza di un 5p nel braccio corto cr 5. La frequenza è di 1
su 50000 neonati.

SINDROME DI WOLF-HIRSCHHORN => dovuta alla delezione del braccio corto del cromosoma 4. In
questo caso si hanno dismorfismi faciali, coloboma oculare, labio/palatoschisi, anomalie viscerali e
grave ritardo psicomotorio.
Duplicazioni

Dovute alla presenza di due copie di un segmento di cromosoma e ha una frequenza di 1 su 5000
nati. Tendenzialmente tra duplicazione e delezione comporta maggiori problematiche la
delezione. Le duplicazioni si distinguono in duplicazioni adiacenti e duplicazioni non adiacenti ed
entrambe sono mostrate in figura.
Le duplicazioni possono derivare da un crossing over ineguale tra due cromosomi omologhi, da
una ricombinazione meiotica di un’inversione o da una segregazione anomala di una traslocazione.

Gli effetti possibili sono ritardo dello sviluppo psicomotorio pre e post-natale, dismorfismi e
malformazioni.

La diagnosi è effettuabile in base alla dimensione con un esame cariotipo standard, un cariotipo ad
alta risoluzione, un esame FISH o un esame CGH Arrays.

In caso di una coppia che ha avuto una gravidanza con duplicazione non si ha un aumento del
rischio di ricorrenza della duplicazione; mentre nel caso di individui portatori di traslocazioni
bilanciate o inversioni si ha una maggiore probabilità di concepire prole con l’anomalia della
duplicazione.

Inserzioni
Sono costituite dal fatto che una porzione di cromosoma si stacca e si inserisce all’interno del
braccio di un altro cromosoma.

Sono rarissime e la loro frequenza non è nota ed è molto rara. In caso di inserzione bilanciata si
ha un fenotipo normale, mentre in caso di inserzione sbilanciata si ha un fenotipo patologico. Le
diagnosi sono effettuabili tramite il cariotipo standard e la FISH.

Chi ha un’inserzione può anche non avere alcuna conseguenza clinica. Ad esempio in caso di un
soggetto portatore di un’inserzione, i suoi gameti possono essere variabili:

1. può trasmettere il cromosoma 1 normale e il cromosoma 2 normale formando un gamete


normale;
2. il cromosoma 1 può essere trasmesso con delezione e il cromosoma 2 può contenere il
pezzettino mancante del cromosoma 1 =gamete che ha l’inserzione in forma bilanciata;
3. il cromosoma 1 normale e il cromosoma 2 con il pezzettino di un cromosoma 1 aggiuntivo = il
gamete ha una duplicazione e quindi l’inserzione è sbilanciata;
4. il cromosoma 1 ha una delezione e il cromosoma 2 è normale.
Gli eterozigoti per tali riarrangiamenti sono di solito normali ma a rischio di produrre gameti
sbilanciati.

Traslocazioni
Si tratta delle anomalie cromosomiche
strutturali più frequenti nei pazienti. Per
traslocazione si intende lo scambio di
segmenti di cromosomi tra cromosomi
non omologhi. Essa può essere
bilanciata o sbilanciata: nel primo caso
il riarrangiamento non altera il
contenuto genico dei cromosomi interessati, mentre nel secondo caso il riarrangiamento altera il
contenuto genico dei cromosomi interessati. Le traslocazioni si distinguono in:

 TRASLOCAZIONI RECIPROCHE , in cui si ha lo scambio reciproco di parti di cromosoma tra


un cromosoma e l’altro. Sono dovute allo scambio di tratti di cromosomi, che possono
interessare sia gli autosomi sia i cromosomi del sesso.
In soggetti che sono portatori di una traslocazione di questo tipo si ha un fenotipo normale e
possono avere spesso problemi di infertilità, di poliabortività e di sterilità.
Un genitore portatore di una traslocazione reciproca bilanciata ha il 25% di possibilità di
trasmettere una coppia normale, il 25% di trasmettere una coppia di entrambi traslocati e il 50% di
trasmettere una coppia costituita da un cromosoma traslocato e uno normale (traslocazione
sbilanciata).
In realtà la probabilità di un bambino che nasca con una traslocazione sbilanciata è mino re di
quanto ci aspettiamo perché i gameti che hanno una patologia cromosomica tendenzialmente non
vanno avanti nella fecondazione, perché gli zigoti con uno sbilanciamento tendono ad abortire
spontaneamente e perché la probabilità di avere un’anomalia cromosomica sbilanciata dipende
anche da chi dei due genitori è portare (se il maschio è portatore la selezione è maggiore, mentre
se è la madre la portatrice la selezione è quasi nulla perché la cellula uovo è unica).
La frequenza è di 1 su 1000. Se è portatore il padre il rischio è di circa il 3%, mentre se è portatrice
la madre il rischio di progenie con cariotipo sbilanciato è del 7%.
 TRASLOCAZIONI ROBERTSONIANE , in cui si hanno dei cromosomi acrocentrici che si separano e
i pezzi si incollano tra di loro. Queste traslocazioni originano dalla fusione delle braccia lunghe di
due cromosomi acrocentrici (ovvero i cromosomi 13, 14, 15, 21 e 22) e le traslocazioni più
frequenti sono tra il 13 con il 14 e il 14 con il 21.
In un soggetto con la traslocazione robertsoniana si nota che ha 45 cromosomi: se si analizza più
nel dettaglio il quadro si nota che i cromosomi sono in numero di 46 solo che due sono uniti tra
loro.

Ad esempio in un soggetto portatore di questo tipo di traslocazione si possono formare gameti


normali, gameti con traslocazione 14/21, gameti con trisomia 21 (molto rara) oppure gameti che
portano a situazioni letali.
Spesso le persone vengono a sapere di avere una traslocazione robertsoniana perché stanno
incominciando un percorso di fecondazione assistita o in caso di infertilità o di aborti frequenti.
La frequenza è di 1 su 1000. Se la portatrice è la mamma il rischio di feto affetto è del 15%, mentre
se è il babbo il rischio è dell’1%. In caso di traslocazioni tra acrocentrici omologhi (14;14 – 21;21 –
13;13) il rischio di prole affetta è del 100%.
La questione delicata è quella in cui si controlla una traslocazione in gravidanza. È fondamentale la
differenza tra una traslocazione bilanciata e una traslocazione sbilanciata: nel primo caso non ci si
aspettano grandi problematiche cliniche, mentre nel secondo caso si devono analizzare i
cromosomi coinvolti che possono portare ad aborto o malformazioni f etali con disabilità
intellettive.

Quando si trova una traslocazione in gravidanza si deve capire se è ereditata da un genitore


oppure no. Generalmente se la traslocazione è ereditata non comporta problemi nel soggetto che
l’ha ereditata nella forma bilanciata. Vi è un piccolo rischio in più rispetto a quella de lla
popolazione generale (+1%) e si esegue il CGH arrays.

Quando la traslocazione non è ereditata da un genitore ma si è realizzata nella gravidanza vi è un


rischio aggiuntivo alla nascita pari a circa il 3-5% rispetto al rischio generale per malformazioni
congenite e/o disabilità intellettiva.

Inversioni
Situazioni in cui un cromosoma si rompe in
due punti e la parte compresa tra i due punti
di rottura ruota su stessa. Si verrà a formare
un cromosoma che ha lo stesso punto del
precedente però è in posizione ruotata. La
zona coinvolta può essere pericentrica
oppure paracentrica.

Alcune inversioni sono molto frequenti (in più


dell’1% della popolazione mondiale) ma non
vengono più nemmeno refertate dai
laboratori perché molto comuni, come la
inversione del cromosoma 9,1 e 16 i quali sono definiti degli eteromorfismi cromosomici e non
comportano un aumentato rischio riproduttivo e neppure il rischio di avere anomalie sbilanciate.

Queste inversioni possono dare, a volte, problemi anche a chi ne è portatore perché nei due punti
in cui il cromosoma si è rotto possono esserci dei geni danneggiati. Il secondo motivo è che vi sono
dei geni che funzionano correttamente perché si trovano l’uno accanto all’al tro: in seguito alla
rotazione i geni non sono più nella loro posizione corretta.

Le inversioni pericentriche generalmente segregano nell’ambito familiare senza effetti fenotipici


ma possono dare patologia malformativa, sterilità e abortività. E il rischio di avere feto patologico
sono del 7,5% se la madre è portatrice e del 4% se padre è portatore.
Nelle inversioni paracentriche i gameti anomali contengono cromosomi dicentrici o acentrici,
generalmente instabili -> la probabilità che nasca prole con corredo cromosomico sbilanciato è
bassa (<3%).

Cromosomi ad anello (ring)


Sono caratterizzati dalla formazione di una struttura chiamata ring: si ha la perdita delle due parti
terminali del cromosoma e le zone terminali si incollano tra di loro. Si tratta di anomalie
cromosomiche estremamente rare e gli effetti clinici (ritardo psicomotorio, dismorfismi e
malformazioni) dipendono da quanto sono grandi i frammenti eliminati. Nel caso di ring senza
centromero sono in genere instabili e si perdono nelle prime divisioni cellulari, con

perdita di materiale genetico; mentre nel ring con centromero si può trasmettere nelle divisioni
mitotiche, perdersi o avere ulteriori riarrangiamenti.
Per genitori che hanno avuto un precedente figlio con ring de novo, il rischio di ricorrenza è
trascurabile; mentre in caso di ring derivato da un riarrangiamento strutturale bilanciato parentale
il rischio procreativo è aumentato.

Isocromosomi
Essi derivano da un errore durante la metafase: normalmente un cromosoma è costituito da un
braccio lungo e un braccio corto e durante la metafase si ha la rottura in verticale all’asse del
cromosoma, per cui si viene a formare un cromosoma che ha un braccio lungo e un braccio corto e
viceversa. Nel caso di isocromosomi vi è un errore: la rottura avviene in modo perpendicolare e
quindi si ha un cromosoma costituito da due braccia corte e un altro costituito da due braccia
lunghe.

Queste sono situazioni rarissime e i più frequenti riguardano il cromosoma X (dando luogo alla
sindrome di Turner), riguardano il braccio corto dell’Y (-> sterilità), per autosomi (sono rari e non
sono compatibili con la sopravvivenza fetale).
Mutazioni e polimorfismi
Il genoma umano è un’entità dinamica e le variazioni sono mutazioni della sequenza nucleotidica.
Una variante è un cambiamento permanente della sequenza di DNA genomico di riferimento ed è
molto frequente perché il nostro DNA è dinamico e in continuo mutamento. Esistono dei
meccanismi che tendono a correggere queste varianti.

Il genotipo è la costituzione genetica di un individuo, mentre il fenotipo è l’insieme delle


caratteristiche osservabili o misurabili derivanti dall’interazione del genotipo con l’ambiente.

Con polimorfismo si intende una mutazione del DNA che è frequente nella popolazione con una
frequenza di almeno l’1%. Esso non causa malattie, ma può predisporre a una malattia. In genetica
i termini più adatti sarebbero variante (patogenetica o benigna o allelica) o alterazione del DNA.

Mutazioni
Le mutazioni o varianti si classificano in base all’origine (spontanee, che insorgono in assenza di
agenti mutageni esterni, e indotte, che sono dovute all’azione di agenti esterni), alla sede
(germinali, in cui la mutazione si verifica a livello dei gameti e quindi sono trasmissibili, e
somatiche, che avvengono a livello di zone specifiche che non sono trasmissibili), alla tipologia e
all’estensione (cromosomiche o geniche).

In base all’effetto funzionale sul fenotipo si hanno mutazioni letali, subletali, condizionali, neutre,
vantaggiose, svantaggiose e plelotropiche. L’anemia falciforme e la talassemia sono mutazioni
vantaggiose, in cui i soggetti eterozigoti hanno minor rischio di sviluppare la malaria perché il
plasmodio (l’agente della malaria) non riesce a crescere nei loro globuli rossi.

Negli ultimi anni si è osservato uno sviluppo tecnologico enorme e si è anche passati alla
possibilità di analizzare contemporaneamente centinaia di ge ni. Il conoscere meglio i geni e le
mutazioni ha permesso di fare diagnosi prenatali e postnatali per molte condizioni geneticamente
determinate e fornire ai pazienti e alle famiglie una più accurata consulenza genica. Ad oggi sono
descritte circa 190 mila mutazioni del nostro DNA: un numero enorme e le missenso sono le più
comuni.

Struttura genica
Il gene è costituito da un promotore, che regola la lettura, da esoni e introni. Gli esoni verranno
trascritti mentre gli introni verranno rimossi con il meccanismo dello splicing alternativo.
Le alterazioni genetiche possono essere di vario tipo, come le delezioni, l’inserzioni, le duplicazioni,
le inversioni e le sostituzioni. Ci possono anche essere transizioni tra purina e purina e tra
pirimidina e pirimidina; oppure trasversioni se avviene tra purina e pirimidina.
Le sostituzioni di basi possono avvenire sia a livello degli esoni che a livello degli introni, e nel
secondo caso può anche regolare la trascrizione del gene.

 Le mutazioni silenti o sinonime sono le sostituzioni che


danno origine ad un nuovo codone che comunque codifica
per il medesimo aminoacido del codone originale; si tratta di
mutazioni neutre.
Esse sono tendenzialmente innocue ma possono interferire
con lo splicing.
 Le mutazioni missenso sono mutazioni in cui si crea un
nuovo aminoacido: si dà origine a un nuovo codone che
codifica per un aminoacido diverso da quello presente nella
proteina originale.
Le conseguenze sono varia perché dipende dal tipo di
aminoacido inserito: se il nuovo aminoacido è simile a quello
di partenza la mutazione potrebbe avere conseguenze più
blande (=>mutazione conservativa); mentre se il nuovo è
molto diverso dal precedente la mutazione comporta
conseguenze più dure (=> mutazione non conservativa).
Se la mutazione si verifica a carico di uno dei tre codoni di
stop può generare un codone significativo e determinare un proseguimento della traduzione
fino al codone stop successivo: la proteina è quindi allungata.
 La mutazione nonsenso prevede la sostituzione della sequenza porta alla trasformazione
dell’aminoacido in un codone di stop riducendo la dimensione della proteina che si viene a
formare.
 La mutazione frameshift è un tipo di mutazione in cui si
ha l’inserimento o la perdita di uno o più nucleotidi che non
sia multiplo di tre nella regione codificante del gene. Ciò
provoca lo slittamento del modulo di lettura delle triplette
dei codoni seguenti, alterando completamente la sequenza
aminoacidica della proteina codificata. Tale situazione esita,
prima o poi, nella comparsa di un codone di stop prematuro.
Questa mutazione ha sicuramente una complicanza
patologica.
Le mutazioni nonsenso e frameshift danno un mRNA non stabile che viene eliminato con
sintesi di un polipeptide tronco.
 Le mutazioni di splicing , ovvero il meccanismo per cui vengono riconosciuti gli introni e
vengono eliminati in modo da avere la formazione di una struttura costituita da soli esoni. Gli
introni possiedono due zone di passaggio, che sono riconosciute dagli enzimi e possono essere
mutate. Una mutazione di queste zone può comportare l’annullamento della funzione
dell’enzima, con un errore del normale meccanismo di splicing: ad esempio può succedere che
venga eliminato un esone in più.

Effetti delle varianti


L’impatto finale delle varianti è molto variabile e dipende dalla natura del cambiamento e dalla
sua localizzazione sulla catena polipeptidica. La mutazione può avere effe tto sulla funzione e/o
sulla stabilità della proteina o non avere alcuna influenza.

Attualmente vi sono regole internazionali su come classificare le varianti ritrovate in esame


genetico, che sono: benigne, probabilmente benigne, patogenetica, probabilmente patogenetica e
a significato incerto.

Le varianti a significato incerto possono modificarsi nel tempo, nel senso che limitatamente alle
conoscenze attuali quella variante ha un significato incerto, e per questo motivo la situazione è
molto delicata ed è doveroso mantenere un contatto nel tempo con il paziente che registra una
variante a significato incerto.

Per capire se un’alterazione ha un significato clinico esiste una serie di criteri che si basano su un
precedente riscontro in altri pazienti affetti dalla stessa condizione, se una mutazione è de novo,
oppure se la sostituzione aminoacidica non è conservativa, oppure se la mutazione è in una
regione conservata della proteina, se vi sono studi funzionali oppure tramite l’u so di programmi
(come varsom) informatici che simulano sull’effetto della funzione della proteina.

Mutazioni dinamiche
Le mutazioni dinamiche sono mutazioni dovute alla presenza di alcune sequenze nucleotidiche
ripetute che tutti noi abbiamo. Può succedere che queste triplette (sia di regioni codificanti sia di
regioni non codificanti) modifichino il loro numero spesso durante le gravidanze, comportando il
fatto che oltre un certo numero l’alterazione comporta una patologia. Verosimilmente
l’ampliamento delle triplette avviene più frequente nella gametogenesi femminile. Ad esempio la
corea di Huntington è una malattia dovuta a una mutazione dinamica delle triplette CAG.

Polimorfismi
Ognuno di noi può potenzialmente differire dagli altri individui per quasi l’8% del genoma, anche
se mediamente il nostro DNA differisce meno dell’1%.
 Polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), che sono polimorfismi dovuti alla sostituzione di una
singola lettera, e sono presenti a milioni nel nostro DNA. Da un punto di vista tecnico si
possono analizzare molto facilmente perché gli alleli possibili sono solo due. Gli SNP sono i
polimorfismi più studianti e conosciuti.
 Polimorfismi di lunghezza, in cui si hanno ripetizioni che si ripetono nel DNA e si dividono in
micro-satelliti e nei mini-satelliti in base alle dimensioni. Nel primo caso si hanno 1-6 paia di
basi ripetute, mentre nel secondo caso si hanno dalle 10 alle 100 paia di basi ripetute.
 Varianti di numero di copie (CNV), le quali sono il prodotto di ricombinazione non omologa
tra sequenze ripetitive intersparse che determinano duplicazioni o delezioni segmentali.

Le patologie multifattoriali o malattie complesse sono molto difficili da inquadrare rispetto alle
malattie monogeniche. Attualmente è possibile fare esami genetici, la cui interpretazione è la
reale difficoltà. È necessario avere cautela nell’eseguire i test genici: l’interpretazione migliore è
fondamentale.

Nelle malattie legate a più geni è difficile stabilire la probabilità di trasmettere la malattia perché
sono frequenti, hanno un modello di ereditarietà non ben definito, in quanto si tratta di geni con
suscettibilità, e la definizione della malattia non è chiara (a causa della eterogeneità fenotipica).

Malattie complesse o multifattoriali


Interazione = in queste malattie non esiste una sola causa genetica, ma vi è una situazione di più
varianti che interagiscono con l’ambiente, che è tutto ciò che non è genetico.

Comuni = circa il 60% della popolazione generale ha una patologia multigenerale e non vi sono
fasce d’età.

Le malattie multifattoriali derivano dall’interazione tra fattori genetici e ambientali con ulteriore
presenza di fattori protettivi, ovvero polimorfismi che riducono il rischio di certe patologie. Esse
sono molto più frequenti delle malattie mendeliane monogeniche e rappresentano una delle
maggiori cause di morbilità cronica e di mortalità nella popolazione generale. Un maggiore
conoscenza dei meccanismi di queste condizione comporta migliori approcci terapeutici.

Chi eredita i geni di suscettibilità ad una data malattia, non eredita la certezza di ammalarsi, bensì
un rischio maggiore rispetto alla popolazione generale di svilupparla.
L’eredità poligenica vuol dire che la patologia è dovuta a modifiche di più geni, l’eredità
multifattoriale è quella in cui non sono coinvolti solo i geni ma anche l’ambiente. Le patologie
multifattoriali si trovano spesso all’interno della stessa famiglia e possiedono una genetica non
mendeliana.

La complessità della patologia è legata a geni diversi da persona a persona: non sempre la stessa
malattia è dovuta a caratteristiche degli stessi geni. Inoltre si possono osservare delle differenze di
coinvolgimento tra i vari paesi: in Italia vi sono caratteristiche genetiche che portano a una
patologia, mentre in Giappone le stesse caratteristiche genetiche possono ridurre il rischio di
contrarre la stessa patologia.
Quando si parla di malattie genetiche se prendiamo una patologia legata a un solo gene si possono
avere solo tre possibilità, se invece consideriamo una situazione dovuta a più geni si hanno sempre
più possibilità suddividendo la popolazione in distribuzione normale o gaussiana. Per condizioni
legate a polimorfismi si ha ad esempio anche l’altezza di un individuo.
Tutte le malformazioni possono essere legate a sindromi cromosomiche o a malattie
multifattoriali, quindi non è possibile classificare in modo stagno tutti i possibili difetti. Però è
necessario cercare di capirne la causa soprattutto nel caso di feti.
Il modello delle malattie multifattoriali è un modello a soglia: a un certo punto si raggiunge un
livello di polimorfismi tale che si sviluppa una malattia.

I parenti di primo grado di un soggetto affetto da una malattia complessa ha un numero maggiore
di geni in comune con il soggetto affetto partendo da una predisposizione genetica più alta.

Per definire una malattia multifattoriale ci si basa su studi di adozione, su determinazione del
grado di familiarità e sull’analisi comparata di gemelli monozigoti (un solo evento di fecondazione)
o dizigoti (due eventi di fecondazione indipendenti).

 Analisi comparata di gemelli monozigoti o dizigoti = il metodo dei gemelli consiste


nella valutazione della presenza di uno specifico carattere in entrambi i gemelli, che prende il
nome di concordanza. Un più alto grado di concordanza fenotipica tra coppie di gemelli MZ
rispetto a quella riscontrata tra coppie di gemelli DZ indica che questa differenza è da
attribuire a fattore genici.
Se un tratto è interamente genico il 100% dei gemelli MZ saranno concordanti per il tratto, il
50% dei gemelli DZ che mostrano il 50% dei loro geni (ma hanno un ambiente in comune)
saranno concordanti.
Se un tratto è completamente non genico la concordanza tra gemelli MZ e DZ sarà uguale ed
inferiore al 100%; mentre se un tratto è multifattoriale con componente genetica significativa
i gemelli MZ saranno concordanti in una proporzione inferiore al 100%, ma significativamente
più alta rispetto a quella dei gemelli DZ.
 Studi di adozione = teoricamente prevede la valutazione di un soggetto adottativo, dei suoi
genitori biologici e dei suoi genitori adottivi. In questo tipo di ricerche l’analisi è di tipo
anamnestico più che laboratoristico, spesso per la non rintracciabilità.
In teoria si può valutare persone adottate con una certa malattie e vedere se questa malattia
è più frequente nella famiglia adottiva o nella biologica; oppure si può partire da soggetti
affetti i cui figli siano stati adottati e verificare se l’essere adottati abbia evitato la malattia ai
figli.
 Determinazione del grado di familiarità , in cui una delle caratteristiche principali delle
malattie ad ereditarietà complessa è che i soggetti tendono a concentrarsi in famiglie.
Si va a vedere com’è la prevalenza della malattia in un parente di un soggetto affetto rispetto
al rischio nella popolazione generale.
Unendo i dati degli studi ci si orienta a definire una condizione su base genetica o meno. Una volta
ottenuto ciò si devono determinare le caratteristiche genetiche coinvolte, ed è una ricerca
(attuale) molto difficile poiché vi sono decine di polimorfismi in decine di molti geni.
Per cercare di capire le basi genetiche si eseguono gli studi di associazione o studi caso-controllo:
in passato si partiva con il coinvolgimento di geni candidati andando a ragionare considerando
quali geni potevano essere coinvolti, adesso non si seleziona un gene candidato ma si analizzano
migliaia di polimorfismi lungo tutto il DNA. Si prendono due gruppi di soggetti, un gruppo casi e un
gruppo controlli. Il primo ha la patologia e il secondo non ha la patologia.

Si studiano i polimorfismi in questi soggetti e si nota se uno dei due alleli è più frequente nei
pazienti e nei controlli. In questo modo si osserva come nei pazienti sia più facile trovare un allele
rispetto a quantità di quell’allele che si può trovare nei controlli: in questo modo siamo portati a
dire che questo allele maggiormente presente nei pazienti ha un ruolo nella malattia complessa
con evidenza di associazione.

Adesso si studiano migliaia di polimorfismi tra pazienti e controlli vedendo se ci sono zone in cui si
ha una particolare associazione, mentre in passato ci si limitava a un gene campione.

Rischio empirico
Durante una consulenza genetica vi è un rischio empirico, che è una misura statistica derivata da
studi di osservazionali di popolazione. Questo tipo di rischio è quindi la frequenza di un evento
osservato in una popolazione ed esso aumenta per un individuo con la gravità della condizione,
con il numero di familiari affetti e con il grado di parentela con i familiari affetti.

Il rischio empirico medio è del 2-5% per i parenti di primo grado dei probandi e la cosa che si può
fare in caso di gravidanza sono le ecografie di secondo livello. Non si effettua l’amnio centesi o la
villocentesi perché l’area da analizzare è troppo vasta e variabile.
Ad esempio i difetti del tubo neurale, associati a carenza di acido folico, e sono la spina bifida,
l’encefalocele e l’anencefalia. L’acido folico andrebbe sempre assunto i n una donna che prevede
una gravidanza perché il tubo neurale si chiude al 28esimo giorno di gravidanza.

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