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Prof.

ssa Aceto

La patologia ambientale studia le conseguenze dell’esposizione ad agenti fisici o chimici (inclusi i farmaci, es.
intossicazione da paracetamolo) nell’ambiente personale. Esempi:

● Contaminazione da metilmercurio della Baia di Minamata in Giappone nel 1860


● Diossina a Seveso nel 1976 con conseguente contaminazione di estese aree della Brianza
● Incidente nucleare di Chernobyl (Ucraina) nel 1986 (effetti visibili nel tempo: aumento di casi di leucemie e
carcinoma papillifero della tiroide)
● Contaminazione della metropolitana di Tokio da parte del pesticida sarin nel 1995

Quindi, si occupa di studiare gli agenti patogeni estrinseci che costituiscono fattori di rischio per la salute dell'uomo e
degli esseri viventi del mondo animale e vegetale ed i meccanismi con i quali essi inducono la comparsa di condizioni
patologiche. Di tali agenti, alcuni sono costantemente presenti nell'ambiente, di cui costituiscono urna parte integrante,
non sono eliminabili e rappresentano fattori di rischio in seguito ad esposizione eccessiva, come avviene per vari fattori
atmosferici (freddo, caldo, umidità, radioattività di base, etc.) o accidentale (ad es. elettricità atmosferica) mentre altri,
che sono industrialmente prodotti dall'uom o, diventano fattori di rischio in conseguenza del loro mancato smaltimento,
che ne determina l'accumulo nell'ambiente. Se si escludono i fattori genetici (di cui una considerevole aliquota è indotta
dall'azione mutagena di fattori ambientali chimici e fisici) ed alcune alterazioni del metabolismo, in buona parte da
questi dipendenti, si può asserire che tutti gli altri agenti patogeni sono presenti nell'ambiente.

PATOLOGIE DA RADIAZIONI

La radiazione è l’energia che viaggia sotto forma di quanti, cioè sotto forma di particelle (radiazioni corpuscolate) o
onde (radiazioni elettromagnetiche) ad alta velocità. L’energia delle radiazioni può essere quindi presente sotto forma
corpuscolata, di massa variabile, e di carica elettrica con velocità prossima a quella della luce (300.000 km/sec), o sotto
forma di fotoni cioè di quanti di energia con massa uguale a zero e velocità prossima o uguale a quella della luce.

L'uomo e tutti gli esseri viventi sono ininterrottamente esposti a vari tipi di radiazioni, che provengono da sorgenti
naturali (radioattività di base) alle quali, a partire dal secolo scorso si sono aggiunte quelle che provengono da sorgenti
artificiali. Le radiazioni originano da variazioni di energia sia a livello del nucleo che dell'orbita elettronica nel contesto
dell'atomo, naturalmente instabile o reso tale. Esse possono essere definite come energia in movimento con velocità
eguale o inferiore a quella della luce nello spazio libero (approssimativamente 3 x IO10 cm/sec.). Sulla base della
velocità del loro movimento e dell'assenza o presenza di massa, esse sono suddivise in:

a) radiazioni elettromagnetiche (con velocità eguale a quella della luce), nelle quali l'energia è presente sotto
forma di fotoni, cioè di quanti di energia per cui la massa di esse è eguale a 0 e
b) radiazioni corpuscolate (con velocità inferiore a quella della luce), che sono costituenti degli atomi e dei loro
nuclei, dai quali possono essere liberati, hi queste radiazioni l'energia è presente sotto forma di massa di entità
varia.

Nella collisione con la materia le radiazioni cedono tutta o parte dell'energia alle molecole ed agli atomi che la
assorbono, con conseguenze che variano a seconda della quantità di energia da esse ceduta ed assorbita dalle molecole
o dagli atomi bersaglio. È, per l'appunto, sulla base della quantità di energia di cui sono fornite e degli effetti indotti
negli atomi delle molecole bersaglio che le radiazioni sono suddivise in

● Eccitanti (con energia < 10 eV). Ha un’energia tale da spostare un elettrone dal proprio orbitale a uno
superiore; per tornare poi allo stato fondamentale rilascerà energia sotto forma di calore. Le radiazioni
eccitanti comprendono le onde radio, le microonde, le radiazioni infrarosse, quelle dello spettro visibile e
quelle ultraviolette (UV).
L'energia è presente in esse in quantità inversamente proporzionale alla loro lunghezza d'onda; per tale
ragione quelle fornite di maggiore energia e, quindi, più penetranti e più attive sotto l'aspetto degli effetti
biologici, sono le radiazioni ultraviolette (A = da 100 a 400 nm) e, nel contesto di queste, quelle con A
compreso tra 100 e 300 nm. Il termine radiazioni eccitanti deriva proprio dal fatto che nella collisione con
la materia l'energia ceduta dalle radiazioni non è sufficiente a determinare l'espulsione di un elettrone
dall'atomo (come fanno le radiazioni ionizzanti), ma è in grado di far saltare l'elettrone da una orbita
interna, dotata di minore energia, ad un'orbita esterna fornita di maggiore energia, con la conseguenza
che si instaura una condizione di eccitazione dell'atomo, che diventa reattivo.
● Ionizzanti (con energia > 1 0 eV). Energia più elevata, in grado di portare l’elettrone fuori dall’atomo con
formazione di uno ione.

La gravità della radiolesione subita dalle molecole bersaglio dipende, difatti, dalla quantità di energia da esse assorbita.
La problematica sulle patologie indotte dall'esposizione alle radiazioni sorse poco dopo la scoperta dei raggi X,
effettuata da Wilhelm Conrad Roentgen nel 1895 nel suo laboratorio dell'Università di Wurzburg, in conseguenza dei
danni subiti dai radiologi, dai tecnici di radiologia e dai pazienti sottoposti all'azione di tali radiazioni in dosi elevate e
suscitò rapidamente l'interesse dei biologi, dei medici, dei fisici e dei chimici, che con le ricerche da essi intraprese
fornirono una serie di preziosissimi dati sugli effetti biologici delle radiazioni. Le radiazioni inoltre si distinguono in:

● Elettromagnetiche: Caratterizzate da un fenomeno ondulatorio dovuto alla propagazione di perturbazioni


periodiche di un campo elettrico e di un campo magnetico. Si ricorda che maggiore è la lunghezza d’onda e
minore sarà l’energia; a sinistra dello spettro ci sono raggi gamma e X che hanno una bassissima lunghezza
d’onda, verso destra diventa maggiore la lunghezza d’onda e minore l’energia. Comprendono raggi cosmici,
raggi gamma, raggi X, UV, luce visibile, infrarossi.
● Corpuscolate: Raggi Alfa, raggi Beta, Neutroni.

Principali fattori determinanti gli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti.

In aggiunta alle proprietà fisiche della radiazione, i suoi effetti biologici dipendono fortemente dai seguenti fattori.

● Tasso di somministrazione. Il tasso di somministrazione modifica sostanzialmente l’effetto biologico. Sebbene


l’effetto dell'energia radiante sia cumulativo, dosi suddivise possono permettere alle cellule di riparare parte
del danno tra le esposizioni. Quindi, dosi frazionate di energia radiante hanno un effetto cumulativo solo nella
misura in cui la riparazione durante gli intervalli “di guarigione” è incompleta. La terapia radiante dei tumori
sfrutta la capacità generale delle cellule normali di autoripararsi e di guarire più rapidamente rispetto alle
cellule tumorali e di non subire altrettanto danno cumulativo da radiazioni.
● Dimensioni del campo. Le dimensioni del campo esposto alle radiazioni hanno una grande influenza sulle sue
conseguenze. Il corpo sopporta dosi relativamente alte di radiazioni se somministrate a piccoli campi
attentamente schermati, mentre piccole dosi somministrate a campi più grandi possono essere letali.
● Proliferazione cellulare. Dal momento che le radiazioni ionizzanti danneggiano il DNA, le cellule in rapida
divisione sono più vulnerabili al danno rispetto alle cellule quiescenti. In cellule non in divisione, come quelle di
encefalo e miocardio, il danno al DNA è compatibile con la sopravvivenza, eccetto che a dosi molto alte che
danneggiano la trascrizione del DNA. Tuttavia, nelle cellule in divisione, alcuni tipi di mutazione e anomalie
cromosomiche sono riconosciute da checkpoint del ciclo cellulare, che danno il via a eventi che portano a un
arresto della crescita e ad apoptosi. Comprensibilmente, quindi, i tessuti con un alto tasso di divisione cellulare,
come gonadi, midollo osseo, tessuto linfatico e mucosa del tratto gastrointestinale, sono estremamente
vulnerabili alle radiazioni, e il danno si manifesta precocemente dopo l’esposizione.
● Effetti dell'ossigeno e ipossia. La produzione di specie reattive dell’ossigeno dovuta alla radiolisi dell’acqua è il
più importante meccanismo di danno al DNA da parte delle radiazioni ionizzanti. Tessuti scarsamente
vascolarizzati con scarsa ossigenazione, come il centro dei tumori in rapida crescita, sono generalmente meno
sensibili alla terapia radiante rispetto ai tessuti non ipossici.
● Danno vascolare. Il danno alle cellule endoteliali, che sono moderatamente sensibili alle radiazioni, può
causare restringimento od occlusione dei vasi sanguigni portando a guarigione alterata, fibrosi e atrofia
ischemica cronica. Queste modificazioni possono comparire mesi o anni dopo I ‘esposizione. Nei tessuti con un
basso tasso di proliferazione cellulare come encefalo, rene, fegato, muscolo e tessuto sottocutaneo, gli effetti
tardivi possono includere morte cellulare, atrofia e fibrosi. Questi effetti sono associati a danno vascolare e al
rilascio di citochine pro-infiammatorie nelle aree irradiate.

Le cellule che sopravvivono al danno da energia radiante mostrano nei cromosomi un ampio spettro di alterazioni
strutturali, incluse delezioni, rotture, traslocazioni e frammentazione. Il fuso mitotico spesso diventa disordinato e si
possono incontrare poliploidia e aneuploidia. Possono comparire rigonfiamento nucleare e condensazione a zolle della
cromatina; talvolta la membrana nucleare si rompe. Può verificarsi apoptosi. Si possono osservare tutte le forme
anomale di morfologia nucleare. Possono comparire cellule giganti con nuclei pleomorfi o più di un nucleo e persistere
per anni dopo I ‘esposizione. A dosi estremamente elevate di energia radiante, appaiono rapidamente i segni di necrosi
cellulare, come picnosi nucleare e lisi. Oltre che colpire il DNA e i nuclei, I ‘energia radiante può indurre una serie di
modificazioni citoplasmatiche, compreso rigonfiamento citoplasmatico, distorsione mitocondriale e degenerazione del
reticolo endoplasmatico. La membrana plasmatica si rompe e si possono osservare difetti focali.
La costellazione istologica del pleomorfismo cellulare, della formazione di cellule giganti, delle modificazioni
conformazionali nei nuclei e delle figure mitotiche anomale crea una somiglianza non casuale tra le cellule danneggiate
dalle radiazioni e le cellule cancerose, un problema che affligge il patologo quando osserva tessuti post-irradiazione per
valutare la possibile persistenza di cellule tumorali.
A livello microscopico, nei tessuti irradiati, prevalgono le alterazioni vascolari e la fibrosi interstiziale. Immediatamente
dopo I'irradiazione, i vasi possono mostrare solo dilatazione. Con il tempo, o con dosi più elevate, compare una serie di
modificazioni degenerative, compresi rigonfiamento e vacuolizzazione delle cellule endoteliali o persino dissoluzione
con necrosi totale delle pareti di piccoli vasi come capillari e venule. l vasi interessati possono rompersi o trombizzarsi.
Inoltre, in seguito, si osservano nei vasi irradiati proliferazione delle cellule endoteliali e ialinizzazione del collagene con
ispessimento della media, con conseguente marcato restringimento o persino obliterazione del lume vascolare.
A questo punto, diviene solitamente evidente un aumento del collagene interstiziale nel campo irradiato, con
cicatrizzazioni e contrazione.

AZIONE PATOGENA DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI


Le radiazioni ionizzanti (quelle di interesse medico sono raggi X e gamma, Particelle alfa, beta e neutroni) sono molto più
penetranti di quelle eccitanti e contengono energia (sempre > 1 0 eV) in quantità superiore a quella presente nei legami
chimici delle molecole bersaglio, i quali per azione di esse vanno incontro a rottura. Sono tanto più pericolose quanto
più sono in grado di penetrare e raggiungere organi e tessuti interni.
● le particelle alfa, costituite di due protoni e due neutroni, hanno un forte potere ionizzante, ma scarsa capacità
di penetrare (una mano le blocca);
● le particelle beta vengono bloccate dall’alluminio;
● le particelle gamma dal piombo (durante le radiografie si usano protezioni in piombo per proteggere gli organi
genitali);
● i neutroni vengono bloccati dal cemento.

L'energia trasmessa dalle radiazioni alle cellule si ripartisce uniformemente tra i vari costituenti cellulari con la
conseguenza che circa l'80% di essa viene assorbita dall'acqua, che rappresenta per l'appunto circa l'80% del contenuto
cellulare. Moltissime molecole cellulari sono bersaglio delle radiazioni, ma, quelle che rivestono la maggiore importanza
sono l'acqua, il DNA e le proteine. La gravità del danno da radiazioni dipende quindi dalla dose, dalla durata
dell’esposizione e dalla sensibilità dei singoli tipi cellulari alle radiazioni (le cellule più sensibili sono quelle in attiva
replicazione, meno sensibili i neuroni più differenziati). Il trasferimento di energia dalle radiazioni ionizzanti alle cellule
induce al loro interno due tipi di effetti, definiti diretti ed indiretti.

● Diretto (per radiazioni corpuscolate): senza molecole intermedie (effetto diretto su proteine, acide nucleici,
glucidi e lipidi). Nelle radiazioni dirette sulla molecola target, l’intensità del danno dipende dall’efficienza dei
meccanismi di riparo. Un effetto diretto, quindi, viene esercitato sul DNA, che va incontro a rottura di uno o di
tutti e due i filamenti, a distruzione di basi, a rottura del legame zucchero-fosfato. In seguito a tali eventi i
cromosomi vanno incontro a gravi alterazioni, cioè delezioni e traslocazioni, oltre che a mutazioni puntiformi,
che, invece, costituiscono la conseguenza prevalente, se non del tutto esclusiva, dell'esposizione alle radiazioni
eccitanti.
● Indiretto (per radiazioni X e gamma): l’acqua fa da molecola mediatrice. Sono quindi conseguenti alla radiolisi
dell’acqua, cioè alla scissione della molecola d’acqua e le molecole intermedie che si formano sono lo ione
superossido e i radicali ossidrilici (specie chimica altamente reattiva, che ha un elettrone spaiato e tende quindi
a raggiungere uno stato di stabilità). Sono la maggior causa di danni biologici, proprio per la quantità di acqua
presente nel nostro organismo che, anche se piccola, ha maggior probabilità di essere colpita dalle radiazioni
(per ogni molecola di DNA ci sono circa 1.2 x 10 7 molecole di acqua). Quindi, la molecola del DNA che, per le
sue notevoli dimensioni, si presenta come un facile bersaglio per le radiazioni, è danneggiata dalle radiazioni
ionizzanti anche indirettamente, dai prodotti che derivano dalla ionizzazione dell'acqua.

È stato calcolato che la somministrazione di 1 Gy produce ben 150.000 eventi ionizzanti nel nucleo e solo un migliaio di
rotture nel doppio filamento del DNA. Questa discrepanza tra entità di produzione di eventi ionizzanti ed entità del
danno del DNA dipende dal fatto che le cellule possono, oltre che riparare il danno subito dal DNA, anche prevenirlo,
neutralizzando i prodotti della ionizzazione dell'acqua prima che essi alterino questa molecola e, ovviamente, anche
altre molecole. Sotto questo aspetto il danno ossidativo è quello più rilevante, come è dimostrato anche dal fatto che i
danni cellulari sono nettamente meno gravi quando, in condizioni sperimentali, l'irradiazione avviene in assenza di
ossigeno.
Tra gli enzimi che riducono il danno da radicali si ricordano:

● la superossido-dismutasi (SOD) che rimuove il radicale superossido


● la catalasi che da due molecole di H202 forma H2O e 02
● la perossidasi che ha la stessa azione della precedente ma richiede la presenza di un co-substrato riducente
diverso dall'H202, come donatore di elettroni

Sono più sensibili le cellule in fase G2 e M (attività mitotica maggiore); meno sensibili quelle con più alto grado di
specializzazione. La maggiore sensibilità delle cellule di mammifero alle radiazioni ionizzanti si ha durante le fasi G2 ed
M e nel periodo post-mitotico, che precede l'ingresso nella fase G; è questo un altro carattere distintivo rispetto alle
radiazioni eccitanti per le quali il picco di maggiore sensibilità è presente in corrispondenza dell'inizio della fase S. Le
radiazioni ionizzanti in dosi adeguate possono attivare provirus integrati nel genoma cellulare con conseguente
comparsa di neoplasie virali. La sensibilità delle cellule alle radiazioni varia da citotipo a citotipo; la spiccata sensibilità
delle cellule emopoietiche e di quelle tiroidee alle radiazioni ionizzanti è verosimilmente alla base della maggiore
incidenza di leucemie e di carcinomi della tiroide fra i tumori indotti dalle radiazioni ionizzanti. Le più sensibili sono
quindi:

● Cellule staminali e precursori emopoietici (linfociti, monociti, neutrofili, piastrine, eritrociti)


● Cellule germinali
● Cellule dello strato basale dell’epidermide
● Cristallino
● Fegato, reni
● Tessuti muscolari
● Tessuto nervoso

Ad esempio, in caso di chemioterapia si ha tra gli effetti nausea e vomito perché la mucosa intestinale è costituita di
cellule in proliferazione particolarmente sensibili.
I danni da radiazioni ionizzanti sono molteplici e sono sempre per gravità direttamente correlati alla dose di radiazioni
assorbita. Nessun costituente cellulare è esente da danno: le cellule dei mammiferi hanno un differente grado di
radiosensibilità, che e molto spiccata per le cellule labili, cioè per quelle cellule che periodicamente si dividono. Gli
effetti somatici dell'irradiazione possono essere suddivisi in precoci e tardivi.
o Gli effetti somatici precoci si manifestano quando l'organismo e sottoposto a dosi molto elevate di radiazioni
ionizzanti. Nel caso delle persone vicine all'epicentro dello scoppio di ordigni nucleari, la morte immediata è
avvenuta in seguito agli effetti termici e traumatici indotti dall'esplosione. Nei sopravvissuti le conseguenze sia
immediate che a distanza sono state tanto più gravi quanto maggiore era la loro vicinanza all'epicentro dello
scoppio.
o L'assorbimento di alte dosi (comprese tra 6 e 10 Gy) provoca, nell'arco di qualche ora, la morte per
rapida caduta della pressione sanguigna ed insufficienza cardiaca, conseguente alla liberazione
massiccia di molecole vasoattive, che inducono perdita di liquidi e di elettroliti, preceduta da
imponenti alterazioni neurologiche e psichiche.
o Nei soggetti che hanno assorbito radiazioni ionizzanti in dosi comprese tra 3 e 6 Gy, gli effetti somatici
precoci consistono in gravi danni delle mucose, causati dalla distruzione degli epiteli di rivestimento
che danno origine a violente stomatiti, a gravissima diarrea e ad alopecia, che possono anch'essi,
risultare mortali, anche se non costantemente. Generalmente, entro due settimane circa
dall'esplosione si manifestano le conseguenze dei gravi danni subiti dalle cellule staminali del midollo
osseo (estremamente sensibili alle radiazioni) consistenti in gravissima leucopenia, che provoca
suscettibilità a malattie infettive batteriche, virali e parassitarie quasi sempre seguite da un esito
mortale.
o La panirradiazione con dosi comprese tra 0,5 e 2 Gy causa alterazioni ematologiche di vario tipo
(anemia, leucopenia, piastrinopenia) in conseguenza del danno subito dalle cellule staminali del
midollo osseo. Queste alterazioni sono generalmente reversibili ma in diversi casi può subentrare a
distanza di tempo lo sviluppo di leucemie. Reversibili sono anche i danni che a questo dosaggio
subiscono le cellule staminali epiteliali.
o L'esposizione a dosi inferiori a 0,5 Gy, è priva di effetti somatici generali immediati, ma determina la comparsa di
effetti somatici tardivi consistenti nella
o comparsa di radiodermiti e/o nello sviluppo di tumori, (carcinomi e leucemia) a causa del danno
subito dalle cellule staminali dello strato basale degli epiteli e di quelle dell'apparato emopoietico.
o A livello delle gonadi può risultare soppressa la gametogenesi con conseguente sterilità; inoltre, le
cellule germinali possono subire mutazioni che vengono trasmesse alla prole.
o Anche la ripetuta irradiazione locale con piccole dosi, come avviene negli interventi radioterapici, può
essere seguita dalla comparsa a distanza di tempo dalle radiodermiti, che vanno dall'eritema fino alla
necrosi con formazione di ulcere torpide, che difficilmente guariscono. Su tali lesioni non è, inoltre,
eccezionale la comparsa di neoplasie. È ovvio che nella terapia dei pazienti neoplastici l'analisi del
bilancio rischio-beneficio fa propendere l'ago della bilancia in favore di quest'ultimo, in quanto la
guarigione di un tumore o la garanzia di sopravvivenza per un tempo superiore a quello che
consentirebbe il mancato intervento terapeutico fa passare in secondo piano il rischio della comparsa
degli effetti indesiderati insiti nella terapia stessa.
Effetti acuti sui sistemi ematopoietico e linfatico. I sistemi ematopoietico e linfatico sono estremamente suscettibili al
danno da radiazione e meritano una trattazione particolare. Ad alti dosaggi e con campi di esposizione ampi, può
comparire una grave linfopenia entro qualche ora dall’irradiazione, insieme a una diminuzione di volume dei linfonodi e
della milza. Le radiazioni distruggono direttamente i linfociti, sia nel sangue circolante sia nei tessuti (linfonodi, milza,
timo, lume intestinale). A dosi sub-letali di radiazioni, la rigenerazione da precursori vitali è rapida, portando al ripristino
della normale conta linfocitaria nel sangue in qualche settimana o mese. I precursori ematopoietici nel midollo osseo
sono a loro volta piuttosto sensibili all’energia radiante, ciò determina un’aplasia midollare dose-dipendente. Dosi molto
alte di radiazione uccidono le cellule staminali del midollo osseo e inducono aplasia permanente (anemia aplastica),
mentre a dosi più basse l’aplasia è transitoria. La conta dei granulociti circolanti può innalzarsi in un primo momento ma
comincia a scendere verso la fine della prima settimana. Durante la seconda settimana possono essere raggiunti livelli
prossimi allo zero. Se il paziente sopravvive, il ripristino della normale conta granulocitica può richiedere da 2 a 3 mesi.
Le piastrine sono colpite in modo simile, con il nadir della conta che si verifica qualche tempo dopo rispetto a quanto
accade per i granulociti; il recupero è ugualmente più tardivo. La conta degli eritrociti si abbassa, l’anemia compare
dopo 2-3 settimane e può persistere per mesi.

Danno al DNA e cancerogenesi. Le radiazioni ionizzanti possono causare molteplici tipologie di danno al DNA, inclusi
danno di singole basi, rotture a singolo e doppio filamento e legami crociati tra proteine e DNA. Nelle cellule che
sopravvivono, i difetti semplici possono essere riparati da vari sistemi enzimatici presenti nella maggior parte delle
cellule dei mammiferi. Tuttavia, il danno più grave al DNA è causato dalle rotture a doppio filamento (Double-Stranded
Breaks, DSB). Due tipi di meccanismo possono riparare i DSB nelle cellule dei mammiferi:

● la ricombinazione omologa
● la saldatura delle estremità non omologhe (NonHomologous End joining, NHEI): è la via di riparazione più
comune. La riparazione del DNA attraverso la NHEI produce spesso mutazioni, comprese piccole delezioni o
duplicazioni, o grossolane aberrazioni cromosomiche come traslocazioni e inversioni. Se la replicazione di
cellule contenenti DSB non viene fermata dai controlli dei checkpoint del ciclo cellulare, le cellule con danno
cromosomico possono dare inizio alla cancerogenesi molti anni più tardi. Più di recente è stato riconosciuto che
queste cellule anomale possono avere anche un “bystander effect” (effetto passante), ovvero, possono
promuovere la crescita di cellule circostanti non irradiate attraverso la produzione di fattori di crescita e
citochine. I bystander effects sono definiti come gli effetti provocati delle radiazioni al di fuori del bersaglio.

La radiosensibilità di un tessuto dipende anche dalla sua localizzazione anatomica e dalla sua composizione atomica;
infatti, tessuti molto esposti sono più radiosensibili, come pelle, retina, cristallino.

● A livello cutaneo
⮚ Eritema (risposta infiammatoria)
⮚ Edema (rigonfiamento del tessuto)
⮚ Vesciche e desquamazione
⮚ Radiodermiti croniche (predisponenti a cancro)
● Anomalie polmonari:
⮚ Edema
⮚ Blocco alveolo-capillare (polmonite da radiazioni)
● Disfunzioni gastrointestinali:
⮚ Diarrea
⮚ Cicatrici con ostruzione intestinale
● Formazione di tumori (mutazioni del DNA a carico di geni che controllano la proliferazione cellulare; le
cellule tumorali continuano a proliferare nonostante non ci sia più stimolo e non rispondono a stimoli
inibitori). Il livello di radiazioni richiesto per aumentare il rischio di sviluppo di cancro è difficile da
determinare, ma vi sono pochi dubbi sul fatto che le esposizioni acute o prolungate in dosi maggiori di 100
mSv causino gravi conseguenze, compreso il cancro. Questo è documentato dalla maggiore incidenza di
leucemie e tumori in vari siti (quali tiroide, mammella e polmoni) nei sopravvissuti dei bombardamenti
atomici di Hiroshima and Nagasaki; dall'alto numero di cancri alla tiroide nei sopravvissuti all'incidente di
Chernobyl; dall’alta incidenza di tumori della tiroide e dall'elevata frequenza di leucemie e difetti alla
nascita negli abitanti delle Isole Marshall esposti alla ricaduta di polveri radioattive; e dallo sviluppo di
“secondi cancri”, quali leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica, linfoma di Hodgkin e tumori
solidi negli individui che si sono sottoposti a una terapia radiante antineoplastica durante l’infanzia.
● Cataratta
● Pericardite, miocardite

Calcio e fosforo sono gli atomi con numero atomico maggiore (cioè il numero di elettroni, uguale a quello dei neutroni in
un atomo neutro); il tessuto osseo, che contiene fosfato di calcio, è quello che assorbe maggiormente la radiazione
ionizzante (su questo principio si basa la radiografia che usa raggi X); inoltre, ha anche una funzione protettiva per i
tessuti degli organi in esso contenuti (encefalo e midollo).

Ci sono 3 tipi di esposizione alle radiazioni ionizzanti

1. Lenta, cumulativa di tutto il corpo: (es. la radioattività naturale a cui tutti noi siamo esposti come il radon che
diffonde dalle rocce dure come il granito e che deriva dal decadimento del radio che a sua volta deriva dal
decadimento dell’uranio o gli scarichi industriali in particolari zone).
2. Improvvisa di tutto il corpo (es. incidenti nucleari). L’esposizione di ampie aree del corpo a dosi anche molto
piccole di radiazioni può avere effetti devastanti. Dosaggi al di sotto di I Sv determinano sintomi scarsi o nulli.
Tuttavia, livelli più elevati di esposizione causano effetti sulla salute noti come sindromi da radiazioni acute,
che a dosi progressivamente più alte coinvolgono i sistemi ematopoietico, gastrointestinale e nervoso centrale.
3. Localizzate ad alto dosaggio (es. radioterapia oncologica utilizzata in soggetti con tumore encefalico
localizzato). Una comune conseguenza della terapia radiante antineoplastica è lo sviluppo di fibrosi nel tessuto
incluso nel campo irradiato. La fibrosi può verificarsi settimane o mesi dopo l’irradiazione come conseguenza
della sostituzione delle cellule parenchimali morte da parte di tessuto connettivo, portando alla formazione di
cicatrici e adesioni. Il danno vascolare, l’uccisione delle cellule staminali tissutali e il rilascio di citochine e
chemochine che promuovono la reazione infiammatoria e attivazione dei fibroblasti sono i principali
responsabili dello sviluppo della fibrosi indotta da radiazioni. Siti comuni di fibrosi dopo iI trattamento radiante
sono i polmoni, le ghiandole salivari dopo terapia radiante per tumori del distretto testa-collo e le aree
colorettale/pelvica dopo il trattamento per il cancro della prostata.

AZIONE PATOGENA DELLE RADIAZIONI ECCITANTI


Le radiazioni eccitanti comprendono le onde radio, le microonde, le radiazioni infrarosse, quelle dello spettro visibile e
quelle ultraviolette (UV).

● Le radiazioni infrarosse producono effetti termici, la cui gravità dipende dalla dose, dalla distanza della
sorgente di esse e dalla durata dell'esposizione: l'effetto termico delle radiazioni infrarosse viene utilizzato fin
dal 1909 nella diatermia, una forma di terapia che ha lo scopo di riscaldare in profondità i tessuti producendo
un effetto benefico. Una produzione di radiazioni infrarosse rapidissima ed estremamente intensa avviene nello
scoppio di ordigni nucleari ed è responsabile di gravissime ustioni, che determinano la morte pressoché
immediata dei soggetti da esse colpiti.
● Le microonde hanno trovato applicazione per la rapida cottura di alimenti: esse non determinano
inconvenienti quando l'utilizzazione dei forni a microonde di uso domestico è corretta. Tuttavia, l'esposizione
delle persone ad una sorgente di microonde di elevata intensità, come accidentalmente può avvenire nelle
industrie radiotelevisive e nell'impiego dei radar per scopi militari, ha provocato l'insorgenza di cataratta ed
effetti termici simili a quelli che si verificano per azione delle radiazioni infrarosse.
● Le radiazioni luminose (visibili, 700/400 nm) risultano di estrema importanza in quanto la vita sarebbe
impossibile in assenza della componente visibile della luce solare, che viene utilizzata dalle piante per i processi
di fotosintesi, da cui deriva la produzione di carboidrati e di proteine, che sono utilizzati da tutti gli animali a
scopo alimentare ed energetico. I tessuti oculari sono tra i più sensibili all'esposizione diretta e prolungata della
luce solare ed è per tale ragione che da tempo è subentrato l'impiego protettivo di occhiali di vetro scuro, che
trattengono una parte di esse. Le lesioni retiniche da radiazioni luminose sono molto gravi e sono determinate
da un effetto Joule espletato sulle cellule epiteliali pigmentate, che trasformano l'energia luminosa in energia
termica che esercita effetto denaturante sulle proteine. Da diversi anni l'energia delle radiazioni luminose e
adoperata a scopo terapeutico con l'impiego del laser. L’effetto patogeno modesto aumenta se associato a
sostanze fluorescenti (es. bergamotto, agrume da cui si estraggono sostanze per profumi o dolci, che, se manca
il processo che elimina il bergaptene (defurocumerinizzazione), può essere nocivo se ci si espone poi al sole
essendo fotodinamico oppure il chinino, antimalarico).
● Le radiazioni ultraviolette (400/200 nm) sono più penetranti e pericolose delle visibili perché assorbite da
proteine e acidi nucleici; quelle che interessano la patologia sono comprese tra i 250 e i 300 nm.

L'azione delle radiazioni UV, a livello cutaneo consegue all'assorbimento diretto di energia da parte delle molecole, in
particolare dagli acidi nucleici e dalle proteine (effetti diretti) e risulta amplificata dalla presenza nel contesto della cute
di sostanze fluorescenti sensibilizzanti di natura endogena (porfirine) o esogena (chinina, tiazine, acridine, idrocarburi,
etc.) responsabili della cosiddetta azione fotodinamica. Si parla in questo caso di effetti indiretti perché le sostanze
fotosensibilizzanti, che sono fluorescenti, assorbono radiazioni di una determinata lunghezza d'onda e le riemettono con
una lunghezza d'onda maggiore insieme ai radicali liberi che si sono formati nel corso della reazione. A livello
molecolare l'assorbimento delle radiazioni UV è condizionato dallo spettro di assorbimento delle molecole bersagliate,
che dipende dalle loro caratteristiche strutturali; esso è tanto maggiore quanto più la lunghezza d'onda delle radiazioni
si avvicina a quella dello spettro massimo di assorbimento del composto bersaglio.

Le radiazioni UV maggiormente assorbite dai tessuti degli organismi viventi sono quelle con lunghezza d'onda comprese
tra 250 e 300 nm, le cosiddette UVB. L'esposizione delle cellule ha come principale bersaglio diretto gli acidi nucleici e le
proteine, i cui spettri massimi di assorbimento sono rispettivamente di 260 e di 280 nm. I microrganismi sono
estremamente sensibili alle radiazioni U.V. perché i loro rivestimenti sono privi di molecole, che le assorbono con
conseguente effetto protettivo ed è per tale ragione che esse sono adoperate per la sterilizzazione di materiali vari ed
anche di ambienti.

● L'esposizione prolungata del corpo alle radiazioni U.V. produce manifestazioni patologiche limitate ai tessuti
superficiali che vanno incontro a manifestazioni infiammatorie con comparsa sulla cute di eritema o al massimo
di flittene e flogosi delle congiuntive. Sulla superficie cellulare sono presenti fotocettori, che trasducono il
segnale tramite l'attivazione di un fattore di trascrizione (generalmente NF-kB, che determina il rilascio di
citochine infiammatorie).
● In caso di esposizione ripetuta, gli epidermiociti rispondono con fenomeni di iperplasia che possono culminare
in cheratosi (aumento dello strato corneo dell'epidermide) ed i melanociti con un incremento della
melaninogenesi. Le radiazioni U.V. sono assorbite dalla melanina che, pertanto, esercita un'azione protettiva,
come dimostrato dal fatto che quanto più chiaro è il colore della pelle tanto maggiore è la sensibilità.
L'abbronzatura, determinata dall'esposizione alla luce solare o a sorgenti artificiali di raggi U.V. è, pertanto, da
considerare una forma di adattamento a particolari condizioni ambientali.
● Nell'esposizione prolungata per ragioni occupazionali o di diporto alla luce solare, la componente U.V. di questa
diventa responsabile di danni maggiori, che possono col tempo determinare l'insorgenza di carcinomi
basocellulari o spinocellulari e di melanomi, specialmente nei soggetti con difetti genetici a carico dei sistemi di
riparazione del DNA.

La superficie terrestre è protetta dall'azione, che potrebbe risultare molto dannosa, dei raggi U.V. della luce solare da
uno strato di ozono che trattiene un'aliquota di tali radiazioni; si comprende, quindi, la ragione per cui dell'aumentata
incidenza delle suddette neoplasie, riscontrata negli ultimi decenni, è stata ritenuta responsabile la riduzione dello
strato di ozono atmosferico prodotto dai clorofluorocarbonati, che trovano applicazione, oltre che negli aerosol, in tutta
un'altra serie di processi industriali. L'esposizione fisiologica alla componente U.V. della luce solare è, tuttavia,
indispensabile l'uomo perché essa induce nella cute la trasformazione dell'ergosterolo in vitamina D, necessaria perché
il deposito di calcio nelle ossa si verifichi normalmente.

Per la patologia umana, quindi, le più importanti sono le UVB, perché le UVC pur essendo di maggiore energia vengono
schermate dallo strato di ozono. Una certa protezione è conferita dai vetri delle finestre che assorbono gli UVB, ma sono
attraversati dagli UVA; le creme solari assorbono sia UVB che UVA.

CANCEROGENESI
UVB: insorgenza di tumori cutanei UVC
Carcinomi squamosi In vitro: Potente azione mutagena se a carico di geni
importanti per la proliferazione e sopravvivenza cellulare
(possibile neoplasia)
Melanomi In vivo: Scarso significato mutageno per protezione da
parte dell’ozono
Carcinomi basocellulari
Gli squamocellulari e i melanomi hanno potere metastatico, hanno cioè la capacità, a partire da un tumore primario, di
colonizzare organi distanti. Non tutti i tumori maligni quindi metastatizzano.

Effetti delle radiazioni UV

● Il più frequente: ustione solare


● I capillari sono dilatati
● Epidermide in necrosi con vescicole (la vasodilatazione e l’aumentata permeabilità nel microcircolo determina
la fuoriuscita di liquidi dai vasi quindi formazione di essudato, edema, rigonfiamento- es. bolle) quindi
desquamazione
● La guarigione avviene per riformazione dell’epidermide da parte dei cheratinociti che migrano dallo strato
basale non danneggiato

Le radiazioni UVB provocano addotto o dimero di pirimidina, in particolare di timina (che si appaia con l’adenina
attraverso due legami idrogeno, la guanina invece si appaia con la citosina attraverso 3 legami idrogeno; il legame
idrogeno è di per sé molto debole ma un loro numero elevato conferisce stabilità e forza al legame). Quando due
pirimidine sono adiacenti, le radiazioni possono rompere il legame tra adenina e timina e due timine formano un
legame a ponte, un addotto.

XERODERMA PIGMENTOSUM

Nei soggetti normali le alterazioni vengono rimosse dai meccanismi di riparo, ma se siamo sottoposti cronicamente alle
radiazioni, i nostri sistemi di riparto ridurranno il proprio grado di efficienza. Si potranno formare quindi carcinomi.
Stesso rischio per soggetti con patologia genetica ereditaria come lo xeroderma pigmentosum (termine coniato dal
dermatologo ungherese Kaposi), un quadro morboso con cute secca e pigmentata. Si tratta di una malattia autosomica
recessiva rara, letale (incidenza di 1 caso su 250.000 in Europa e USA; 1 su 40.000 in Giappone) caratterizzata da
estrema fotosensibilità con danni alla cute e agli occhi (fotofobia, congiuntivite, tumori). Nei bambini affetti una
esposizione anche breve ai raggi solari determina ustioni cutanee con lenta risoluzione, è necessariopertanto evitare
sorgenti di radiazioni UV anche perché gli effetti sono cumulativi nel tempo.

MANIFESTAZIONI CUTANEE: chiazze pigmentate, secchezza cutanea, bolle, cancri della cute in età pediatrica.

È una patologia a trasmissione autosomica recessiva in cui è molto evidente il ruolo del sistema di riparo NER
(nucleotide excision repair) nel meccanismo di riparo degli addotti che si formano tra due pirimidine adiacenti, per
effetto delle radiazioni UV. I tumori associati a difetti a carico di geni che costituiscono il sistema di riparo NER sono:

● Melanomi: tumori maligni a carico dei melanociti, cioè le cellule del derma che producono melanina;
● Sarcomi: tumori maligni di derivazione connettivale (mesenchimale);
● Adenocarcinomi: tumori maligni a carico del tessuto epiteliale ghiandolare;

I bambini affetti da questa patologia non possono assolutamente essere esposti alla luce solare perché la componente
ultravioletta della luce solare determina mutazioni alle quali sono suscettibili per difetto dei geni del meccanismo di
riparo NER. Il NER ripara una varietà di lesioni che distorcono la doppia elica del DNA e che sono indotte dai raggi UV
(dimeri di timina) e dai legami crociati, crosslink, tra le due eliche Nel NER, una volta riconosciuta la lesione, viene
praticata un'incisione in posizione 5' e 3' a distanza di diversi nucleotidi dal danno, seguita da escissione del tratto di
DNA che contiene l'alterazione. Successivamente, viene sintetizzata la porzione di DNA mancante che viene infine legato
all'elica adiacente. La proteina GADD45 è un sensore del danno che partecipa all'attivazione del NER. Mutazioni
inattivanti di otto geni che codificano proteine coinvolte nelle differenti tappe del NER, denominati XPA, XPB, XPC, XPD,
XPE, XPF, XPG e XPV, sono responsabili, appunto, di Xeroderma Pigmentosum (da cui l'acronimo XP dei geni). I pazienti
affetti da XP mostrano una spiccata tendenza (più di 1000 volte rispetto ad un individuo normale) a sviluppare neoplasie
cutanee quali i carcinomi basoceilulari e spinocellulari. Questi tumori si sviluppano precocemente, con età media
intorno a 10 anni, laddove nel resto della popolazione essi compaiono raramente prima della sesta decade. Questo
fenotipo è dovuto all'incapacità di riparare i danni indotti dai raggi UV, in cui i geni XP sono direttamente coinvolti.

Il 20% di questi pazienti ha problemi di natura neurologica tra cui:

● Sordità;
● Microcefalia: cranio piccolo;
● Atassia: difficoltà nel mantenimento dell’equilibrio;
● Corea (significa danza): i soggetti affetti da corea sono caratterizzati da movimenti barcollanti, distonia, atassia;
● Oftalmoplegia: paralisi della muscolatura estrinseca ed intrinseca del bulbo oculare;
● Ritardo mentale;

Le basi azotate coinvolte sono due pirimidine presenti sullo stesso filamento di DNA. L’effetto della radiazione
ultravioletta è la rottura del legame con la base azotata corrispondente.

Ricorda: la timina si lega all’adenina con due ponti idrogeno e che la citosina lega la guanina con tre ponti idrogeno.

Riassumendo:

Esistono almeno sette varianti genetiche di Xeroderma pigmentosum: il quadro clinico è comune, ma ad esso si può
giungere con l'alterazione indipendente di almeno sette differenti geni. Questi vengono identificati mediante la
determinazione dei gruppi di complementazione.
Trattandosi di una patologia pleomorfa, la gravità dei segni clinici e l’età di insorgenza sono molto variabili. Questi
dipendono non solo dalla durata dell’esposizione solare ma anche da fattori di complementazione. I diversi geni
coinvolti (XPA, XPB, XPC, XPD, XPE, XPF, XPG) cooperano ma un difetto a carico di questi geni può essere complementato
da un gene della stessa famiglia non mutato. Per questo motivo la malattia è detta pleomorfa, perché dipende da quale
gene viene mutato.

● Se il gene mutato codifica per una proteina molto importante il difetto sarà molto serio
● Se invece viene colpito un gene che codifica per una proteina la cui funzione può essere assolta da un’altra
proteina della stessa famiglia, il difetto è meno grave.

Il 50% dei pazienti ha una sensibilità elevata alla luce solare già dai primi mesi di vita; infatti, i bambini affetti da questa
malattia vengono detti “children of the moon” in quanto destinati a vivere al di fuori del loro ambiente solo nelle ore
notturne.

Il rischio di sviluppare carcinomi cutanei diversi dal melanoma (carcinoma squamoso e basocellulare) è 10.000 volte
superiore rispetto a quello osservato nella popolazione generale. Il rischio, invece, di sviluppare melanoma prima dei
vent’anni è 2.000 volte superiore.

È importante, quindi, riconoscere il valore di questi meccanismi di riparo, in quanto tutti noi, ogni giorno, siamo soggetti
a mutazioni. I sistemi di riparo sono in grado di riconoscere la mutazione ed eliminarla prima che questa venga
trasmessa alle cellule figlie.

● Se i geni affetti dalle mutazioni sono XPA e XPG i soggetti sviluppano un carcinoma cutaneo prima dei vent’anni
● I pazienti che presentano mutazioni a carico di XPV iniziano a sviluppare carcinoma dopo i 20-30 anni. La
variante XPV ha un difetto nella replicazione del DNA ma fondamentalmente consiste nell’incapacità di
convertire il DNA da basso peso molecolare ad alto peso molecolare, motivo per il quale questa variante è
meno grave.

Le radiazioni ultraviolette a livello molecolare determinano delle mutazioni che prendono il nome di addotti che si
formano facendo un ponte tra due pirimidine, in genere la timina è impegnata nel legame. Il sistema NER riconosce il
danno e mette in attività le proprie proteine.

Le tappe del processo di riparo sono 5:

1. XPA è una proteina che riconosce il dimero di timina (addotto)


2. XPB e XPD sono delle proteine che hanno la funzione di svolgere l’elica (elicasi)
3. XPF e XPG sono delle endonucleasi, ovvero enzimi che catalizzano la rottura dei legami all’interno della
molecola di DNA tramite due tagli all’interno della molecola. Queste si differenziano dalle esonucleasi che
invece tagliano le porzioni terminali; quindi, effettuano un solo taglio;
4. La DNA polimerasi risintentizza il DNA che è stato eliminato basandosi sul filamento opposto;
5. La DNA ligasi ricongiunge le estremità; 3

Se la componente ultravioletta della luce solare ha determinato la formazione di un dimero di pirimidina, in questo caso
la citosina, si è formato l’addotto. Nel successivo step di replicazione del DNA la guanina si appaierà con la citosina ma il
filamento che contiene la citosina, che ha formato l’anello di ciclobutano (addotto), non si appaia con la guanina ma con
l’adenina. In un successivo step di divisione cellulare, l‘adenina si appaierà con la timina mentre la citosina si appaierà
con l’adenina. Si ha quindi una mutazione. Le transizioni maggiormente frequenti nei pazienti affetti da xeroderma sono
transizioni CT. Ricorda: la transizione è lo scambio tra due pirimidine o tra due purine, mentre la trasversione è lo scambio di una purina con una
pirimidina e viceversa

Nel filamento di DNA abbiamo inizialmente la citosina e la citosina metilata che si appaiano normalmente con le
guanine. Una radiazione UV, in particolare UVB, determina la conversione di citosina metilata in timina e di citosina in
uracile, tramite un processo di deaminazione. In seguito a queste deaminazioni si avrà una transizione da C a T. Questo
perché l’uracile si appaia con l’adenina e nei successivi step di replicazione l’adenina si appaierà con la timina. La timina
non è altro che un 5-metil-uracile, motivo per cui l’uracile si lega all’adenina come la timina.

Creme solari contro il foto-danneggiamento cutaneo

SPF: sun protection factor. Viene calcolato sulla base del tempo di esposizione alla luce solare necessario per sviluppare
l’eritema. Più è alto il numero, maggiore è la protezione dai raggi UVB.

PATOLOGIE DA AGENTI TERMICI

Sia calore sia freddo eccessivo sono cause importanti di danno. Le ustioni sono la più comune causa di danno termico.

PATOLOGIE DA ELEVATA TEMPERATURA AMBIENTALE

COLPO DI SOLE O INSOLAZIONE


L'esposizione della testa scoperta al sole per la durata di ore, in particolare nelle regioni tropicali, può essere causa della
comparsa di una sintomatologia, nota col termine di colpo di sole o insolazione, caratterizzata da
● Cefalea
● alterazioni psichiche
● Ipertermia
● esito frequentemente infausto.
All'esame autoptico di soggetti deceduti si riscontrano
● alterazioni delle meningi, che si presentano iperemiche
● alterazioni dei ventricoli cerebrali che risultano turgidi di liquor.
La patogenesi del colpo di sole non è conosciuta. La copertura del capo, soprattutto con materiale isolante (casco di
sughero) costituisce un sicuro mezzo preventivo.

COLPO DI CALORE
Il colpo di calore è dovuto ad alte temperature ambientali, alto tasso di umidità e sforzo fisico. I meccanismi
termoregolatori divengono insufficienti, la sudorazione cessa e la temperatura interna corporea sale a più di 40°C,
portando a una disfunzione multiorgano che può essere rapidamente fatale. Il meccanismo di base è una marcata
vasodilatazione generalizzata, con accumulo periferico di sangue e riduzione del volume efficace di sangue circolante.
Iperkaliemia, tachicardia, aritmia e altri effetti sistemici sono comuni. La necrosi dei muscoli (rabdomiolisi) e del
miocardio può verificarsi come conseguenza della nitrosilazione dei recettori della rianodina di tipo 1 (RYRI) nel muscolo
scheletrico.
Il RYRI è sito nel reticolo sarcoplasmatico e regola il rilascio di calcio nel citoplasma. Si hanno mutazioni ereditarie di
RYRI nella condizione definita ipertermia maligna, caratterizzata da un aumento nella temperatura corporea interna e
da contratture muscolari in risposta all’esposizione ai comuni anestetici. Le mutazioni di RYRI possono anche aumentare
la suscettibilità al colpo di calore. Le persone anziane, i soggetti sottoposti a intenso sforzo fisico (compresi giovani atleti
e reclute militari) e i soggetti con malattie cardiovascolari sono i potenziali candidati al colpo di calore.
Il colpo di calore tropicale colpisce alcuni individui provenienti da paesi a clima temperato o freddo che si recano nelle
regioni tropicali dove la temperatura ambientale elevata, che in alcune ore del giorno può superare i 40°C, si associa ad
un alto grado di umidita. Il rischio di contrarre il colpo di calore tropicale aumenta con gli sforzi muscolari, che
incrementano la produzione endogena di calore (termogenesi). La sintomatologia, che può anche condurre a morte, è
molto grave:
● innalzamento della temperatura corporea fino a 44°C
● vertigini
● convulsioni
● perdita della coscienza
● coma.
Il meccanismo patogenetico consiste nell'alterazione dell'equilibrio idro-salino, che consegue alla perdita di liquidi e di
elettroliti con la profusa sudorazione, che risulta inefficace al fine di una adeguata termodispersione a causa
dell'impossibilità di evaporazione dell'acqua presente nel sudore, dovuta alla saturazione in vapore acqueo dell'aria.
La perdita di acqua e di sali col sudore produce ipovolemia (riduzione della massa di sangue circolante), caduta della
pressione sanguigna e aumento della viscosità del sangue (inspissatio sanguinis). L'ipovolemia si aggrava
progressivamente per il fatto che il cloruro di sodio residuo si concentra nel compartimento extracellulare, da dove
richiama ulteriore acqua dal sangue e dalle cellule. Particolarmente grave è la perdita di potassio, tanto che la
somministrazione di esso e risultata di grande utilità terapeutica e preventiva.
La prevenzione del colpo di calore si ottiene con l'acclimatazione, cioè facendo soggiornare le persone nella regione
tropicale per almeno una settimana durante la quale esse non debbono compiere sforzi muscolari e lavori faticosi.
L'acclimatazione è una peculiare forma di risposta omeostatica dell'organismo, cioè di adattamento a condizioni
ambientali precedentemente assenti. In questo caso, risulta coinvolto anche il rene, che provvede a trattenere cloruro di
sodio, fatto che, a sua volta, provoca sensazione di sete che, facendo aumentare l'introduzione di acqua fa sì che
nell'organismo si incrementi la disponibilità di acqua e di sali.
Dal colpo di calore tropicale si distingue il colpo di calore comune, che può colpire persone che lavorano in locali chiusi e
poco ventilati, ad elevata concentrazione di vapore acqueo (lavanderie, locali con caldaie), avendo però, generalmente
un decorso molto meno pericoloso del precedente.
Meno grave del colpo di calore è il cosiddetto esaurimento da calore, caratterizzato da ipotensione e da insufficienza
cardiocircolatoria, da cefalea e da lipotimie, che subentrano ad una esagerata risposta termodispersiva, con violenta
sudorazione e diffusa vasodilatazione superficiale in soggetti, specialmente se di età avanzata, durante l'afoso periodo
estivo. L'esaurimento da calore è stato descritto anche in alcuni giovani, che compiono, in periodi di elevata
temperatura ambientale, intensi sforzi muscolari nel corso di prestazioni atletiche o di addestramenti militari o di un
lavoro pesante. In questo caso la sintomatologia è più grave a causa dell'attività muscolare responsabile di un
incremento della termogenesi.

PATOLOGIE DA BASSA TEMPERATURA AMBIENTALE

L'organismo risponde alla bassa temperatura ambientale con una serie di atti riflessi mediati dalla branca simpatica del
sistema neurovegetativo, che riducono la termodispersione (vasocostrizione superficiale e orripilazione, assunzione di
una posizione raggomitolata per ridurre ulteriormente la dispersione per via cutanea) ed incrementano la termogenesi
(aumentato rilascio di ormoni tiroidei e contrazioni involontarie dei muscoli scheletrici, note col termine di brivido).

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