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III

LA MASCHERA DI MEDUSA
Considerazioni sull’iconografia arcaica di Gorgo

Igor Baglioni

Come è noto le prime raffigurazioni di Medusa, databili in base ai reperti ar-


cheologici tra la fine del VIII sec. e gli inizi del VII a.C., non presentano uno
schema iconografico preciso; si tratta di tipi diversi, che si caratterizzano per
l’aspetto mostruoso dell’entità extra-umana, la sua rappresentazione frontale e la
grandezza degli occhi1.
In una fase successiva, databile all’incirca alla metà del VII sec a. C., l’iconografia
dell’entità viene a delinearsi in ambiente corinzio2, in maniera tendenzialmente nor-
mativa per tutto il mondo ellenico, come un tipo iconografico caratterizzato da una
enorme bocca curva verso il basso, fornita di zanne, dalla quale penzola sul mento
una lingua. Le guance vengono rappresentate increspate, gli occhi enormi, mentre
i capelli (che a volte si trasformano in serpenti) presentano riccioli sulla fronte. Il
volto è sempre raffigurato di pieno prospetto, mentre il corpo, fornito di due o
quattro ali, è documentato nel tipo della corsa in ginocchio vestito di un corto chi-
tone, stretto a volte alla cintura da serpenti. In pratica, si ha il formarsi di quello
che viene convenzionalmente denominato “tipo arcaico”3 (Fig. 3.1), il quale, rap-
presentato sulle armi, sui templi, sulle monete, e su oggetti da ornamento, svolgeva
una funzione apotropaica della quale si giovavano sia gli uomini che gli dei4.
Ora, il ruolo rilevante attribuito alla testa di Medusa quale maschera apotro-
paica ha portato gli studiosi, tramite un approccio comparativo spesso orientato
in senso evoluzionista5, a sottolineare che maschere mostruose, con gli elementi

1
Giuliano 1960: 983.
2
Sulla formazione della tipologia a Corinto si veda Payne 1931: 79-89.
3
Sul “tipo arcaico” si veda: Glotz 1886; Furtwängler 1886-1890; Payne 1931: 81; Giuliano 1960: 984.
4
Sulla funzione apotropaica del Gorgoneion: Elworthy 1895: 413 sgg.; Pettazzoni 1922; Besig 1937; Howe
1954; Croon 1955; Harrison 1957: 192; Giuliano 1960: 984; Riccioni 1960: 158; Vernant 1987: 39; Frontisi-
Ducroux 1988; Burkert 1990: 27.
5
Si veda in particolare: Six 1885; Elworthy 1895 (testo contenente una ampia casistica consultata ed utilizzata
dagli studiosi successivi); Riccioni 1960: 130 sgg.

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Storia delle religioni e archeologia. Discipline a confronto

facciali deformati, si potevano riscontrare presso numerose società tradizionali


dall’America latina alla Nuova Zelanda. Esse si caratterizzavano, da una parte,
per essere in relazione con le danze rituali e le pratiche religiose, dall’altra, per es-
sere impiegate come emblema apotropaico sia nella decorazione di edifici che
sugli oggetti legati alla sfera bellica. Insomma, presso le società tradizionali, con-
siderate di fatto come dei sedimenti fossili conservanti concezioni ed usanze pri-
mitive, si individuava la caratteristica univoca e qualificante del Gorgoneion nella
funzione apotropaica. Il volto di Gorgo, come il volto mostruoso di altre entità
extra-umane del Vicino Oriente Antico quali Hubaba6 (Fig. 3.2) e Bes7 (Fig. 3.3),
veniva considerato una delle tante espressioni di un viso spaventoso e ghignante,
avente in un certo senso esistenza autonoma e una “sostanza” separata dal con-
testo culturale nel quale trovava espressione. Medusa stessa in quest’ottica perdeva
il suo carattere di entità originalmente greca, di elemento connesso struttural-
mente alla cultura ellenica, essendo concepita come la manifestazione contingente
di un “universale”. Si teorizzava, pertanto, in via congetturale, una evoluzione,
per la quale dalla semplice testa di Gorgo si sarebbe giunti alla elaborazione sia
della figura di Medusa come entità, che al suo inserimento nelle tradizioni mitiche
riguardanti Perseus per dare fondamento al Gorgoneion8.

Figura 3.1. Rilievo di terracotta dal tempio di Athena a


Siracusa Siracusa, Museo Regionale.

6
Riccioni 1960: 130 sgg.. Sulle affinità formali dei due tipi raffigurativi si veda: Hopkins 1934; Howe 1954;
Croon 1955: 12; Giuliano 1960: 984; Hopkins 1961.
7
Six 1885: 20 sgg.. Sulle affinità formali dei due tipi figurativi si veda anche Glotz 1886: 1618. Una possibile
influenza iconografica di Bes per il formarsi della figura di Medusa viene esclusa da Pettazzoni in quanto la
derivazione del tipo figurativo di Gorgo dall’iconografia della dea egizia Hathor, proposta dallo studioso,
eliminerebbe la necessità di ricorrere all’immagine di Bes per spiegare il formarsi di taluni elementi figurativi
(Pettazzoni 1922: 505).
8
Hopkins 1934: 343; Besig 1937: 37 sgg.; Croon 1955: 13; Harrison 1957: 187; Riccioni 1960: 130, 144, 150 sg..

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I. Baglioni – La maschera di Medusa

Figura 3.2. Testa di terracotta proveniente da Sippar Figura 3.3. Immagine di Bes presso Dendera (Egitto).
raffigurante Hubaba. Londra, British Museum.

Insomma, la comparazione, nel modo in cui è stata applicata ha comportato un


“livellamento” dei fenomeni culturali presi in considerazione. In linea di massima,
per quanto riguardo il Gorgoneion, il riscontro etnologico di oggetti aventi una simile
funzione, fu “sentito” come un punto di arrivo della ricerca, non come un nuovo
punto di partenza da cui si potesse tentare di indagare, nei limiti del possibile, la spe-
cifica funzionalità all’interno del sistema culturale nel quale trovava espressione.
Ciò ha comportato che spesso, in base all’analogia del volto mostruoso o della
rappresentazione della sola testa, venissero considerati strutturalmente e genetica-
mente affini a Gorgo prodotti culturali di differente funzione, aventi nello specifico
caratteristiche nettamente diverse rispetto a quelle di Medusa come entità mitica.
Si pensi, ad esempio, alle Praxidikai, entità raffigurate con una sola testa, esecutrici
di spietate vendette e garanti di giuramenti solenni, o al culto di Demeter Kidaria a
Feneo, dove il sacerdote della dea indossava una maschera mentre batteva con un
bastone il suolo, entrando in contatto con coloro che sono sotto terra, i morti9.
Ora, noi riteniamo sia una domanda legittima chiedersi se effettivamente le mo-
dalità di rappresentazione dell’entità siano solamente espressione dell’intento di
creare un volto orribile in vista della funzionalità apotropaica. In pratica, è possibile
che il principio guida, come anche è stato esplicitamente affermato da una archeo-
logia orientata dall’antropologia evoluzionista e dalla fenomenologia religiosa, sia
che, siccome l’orrido scaccia l’orrido, i Greci ebbero cura di realizzare con tutti i

9
Harrison 1957: 188; Kerényi 1979; Vernant 1987: 73-81.

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Storia delle religioni e archeologia. Discipline a confronto

mezzi a loro disposizione quanto di più terrificante si poteva immaginare, arric-


chendo volta a volta l’originario volto ghignante di questo o di quell’elemento te-
ratomorfo o di diversi insieme, come la barba, i serpenti, le zanne o altro?
Al riguardo, cercando di rispondere a questa domanda, intendiamo proporre
alcune ipotesi di lettura che mettono in relazione la tipologia arcaica di Medusa
con la tradizione mitologica ad essa inerente e, più in generale, con le “qualità”
che nel mondo classico a questa entità, come agli elementi che ne caratterizzano
il volto, venivano attribuite. Si terrà presente, inoltre, l’apporto degli studi che si
sono incentrati sui singoli aspetti dell’entità o sulle “qualità” ad essa connesse.
Medusa appartiene alla stirpe di Pontos, entità che, come ha sottolineato bril-
lantemente Carla Costa in un suo articolo del 196810, rappresenta il mare nel suo
aspetto di alterità totale, di estraneità all’ordine culturalmente utilizzabile dal-
l’uomo. Questa caratteristica di rappresentare l’acosmico e il precosmico, trova
espressione, più o meno esplicita, anche nei discendenti di Pontos, giungendo ad
essere, in taluni casi, un’essenza anticosmica che si manifesta in un aspetto mo-
struoso e in facoltà distruttrici.
Nell’iconografia di Medusa, nel suo aspetto mostruoso, trovano rilievo parti-
colari che ricorrono frequentemente come singoli elementi nelle entità apparte-
nenti alla stirpe di Pontos. Mi riferisco all’ibridismo ofiomorfo e ornitomorfo, ed
al volto scavato da rughe profonde, riscontrabili in entità come Chimaira,
Echidna, le Graiai, le Harpyiai, Hydra, Iris, Kerberos, Ophis e Sphinx11. Pertanto,
da una prima analisi, sembrerebbe che alcuni dei tratti di Gorgo non siano stati
scelti solo in quanto capaci di incutere un senso di orrido, ma in quanto sembre-
rebbero anche sottolineare l’appartenenza dell’entità ad una determinata stirpe.
Ora, è da chiedersi se questi elementi indichino anche delle “qualità” di Me-
dusa inerenti alla stirpe stessa. Se, in pratica, essi vengano rappresentati in quanto
capaci di qualificarne le caratteristiche. Al riguardo, possiamo notare, per quanto
concerne i serpenti che “adornano” il volto di Gorgo, che, in varie fonti di lingua
latina12, forse sottolineando il legame con la sfera marina definita da Pontos, il
termine utilizzato per designare i serpenti che compongono la chioma dell’entità
è hydrae, termine che indica propriamente il serpente d’acqua. Il legame che sem-
brerebbe emergere, potrebbe anche trovare una conferma nelle interpretazioni
in chiave naturalistica, elaborate da esponenti dello stoicismo che intendevano
Medusa come simbolo del mare13.

10
Costa 1968.
11
Per le caratteristiche delle entità appartenenti alla stirpe di Pontos si veda Costa 1968.
12
Luc. IX 673; Val. Fl. VI 397; Claud. Rapt. Pros. II 225; Prudent. Perist. X 275.
13
Schol. Hes. Th. 276 dove la vicenda di Perseus e di Gorgo viene interpretata come simboleggiante l’azione
del sole sul mare. Al riguardo si veda anche Moreau 1988. In generale sulle interpretazioni naturalistiche
dello stoicismo si veda Sabbatucci 1998: 127 sgg..

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I. Baglioni – La maschera di Medusa

Dall’altra parte, i testi in lingua greca14 nell’usare generalmente il termine


dr£kwn, termine legato al verbo dšrkomai “vedere”15, sembrano voler sottolineare
il terribile sguardo del mostro, il potere nocivo che dai suoi occhi promana, un
potere nocivo che alcune creature serpentiformi come il basilisco sembrerebbero
condividere con Gorgo16. Insomma, la rappresentazione del serpente sul corpo
della gorgone sembrerebbe poter alludere a molteplici aspetti dell’entità, anche
se bisogna comunque sottolineare, per quanto riguarda il termine dr£kwn, che,
nonostante il significato principale del termine, l’eventualità che anche in questo
caso si sia voluto mantenere un legame con l’elemento marino, non vada scartata,
in quanto il termine dr£kwn, in autori come Epicarmo17 ed Aristotele18, poteva
indicare anche una tipologia di animali marini.
Per quanto riguarda il volto scavato dalle rughe, esso sembra rimandare im-
mediatamente alle raffigurazioni di altre entità appartenenti alla stirpe di Pontos
ovvero alle Graiai, sorelle delle Gorgones, giovani fanciulle che nel volto senile
sottolineavano in chiave mostruosa l’aspetto primordiale del loro padre Phorkys,
spesso indicato dalle fonti come il Vecchio del Mare, aspetto che in loro rivela
completamente il suo lato acosmico19. Peraltro, questo rimandare alle epoche pri-
mordiali dove tutto, in un certo senso, era ancora indistinto e mescolato, emerge
in altri tratti dell’iconografica gorgonica. Si pensi alla “caotica” indistinzione tra
maschile e femminile marcata, ad esempio, dalla raffigurazione della barba o del
chitone, veste che poteva essere indossata sia da uomini20 che da donne21. Anche
i tratti ornitomorfi sono una generale caratteristica mostruosa delle entità appar-
tenenti alla dimensione caotica primordiale (si veda, ad esempio, Nix), così come
all’oscillazione tra mondi opposti (si veda, ad esempio, il caso di Hermes).
Un altro dato estremamente significativo è il latente ippomorfismo dell’entità,
il quale, anche se appare esplicitamente solo in un noto pithos beotico22 (Fig. 3.4),
emerge spesso nella presenza di un cavallo nelle raffigurazioni di Gorgo. Una
presenza così descritta da Vernant: «nelle rappresentazioni figurate il cavallo – o
i cavalli quando sono due in posizione simmetrica – si associa alla Gorgone talora
come una parte di lei, un suo prolungamento o una sua emanazione, talora infine,
sulla linea del mito di Perseo, come il cavallo Pegaso che balza, mentre ella muore,
14
Si veda, ad esempio, Hom. Il. XI 39; Apollod. II 4,2.
15
Sancassano 1996: 56-57.
16
Plin. N.H. XXIX 66. Peraltro, secondo una tradizione il basilisco sarebbe nato dal sangue caduto dalla
testa recisa di Medusa (Luc. IX 724).
17
Epich. 36 Ahr.
18
Arist. Hist. An. VIII 13,3.
19
Costa 1968: 79.
20
Hom. Il. XXIV 580, Od. I 437, XIV 72, XV 60, XIX 234; Hdt. I 195.
21
Hdt. I 8, V 87.
22
Si veda Hampe 1934: tav. 38/1.

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Storia delle religioni e archeologia. Discipline a confronto

dal suo collo troncato»23. Al riguardo, se da una parte, l’ippomorfismo può essere
ricondotto alle caratteristiche della stirpe pontica, si pensi alle Harpyai madri di
mitici cavalli24 e al nome di alcune tra le Nereides25, dall’altra il cavallo, nell’ambito
della cultura greca, all’esame delle fonti, si dimostra collegato agli stessi settori
della realtà a cui Medusa è strettamente associata26. Ci riferiamo alla sfera “ma-
rina”, a cui il cavallo si trova collegato, ad esempio, sul piano mitico, dalla tradi-
zione che attribuiva la creazione dell’animale a Poseidon27, alla sfera “infera”, a
cui Medusa è legata da quelle fonti che la ritraggono come una creatura del regno
di Hades28 e a cui il cavallo appare connesso tramite il suo apparire sulla simbo-
logia funeraria e come attributo delle divinità infere29. Peraltro, il termine gorgÒj,
si trova spesso ad indicare, in senso tecnico, quasi ne fosse l’essenza, la natura
del cavallo, la sua irruenza, la sua tendenza ad imbizzarrirsi di colpo e a diventare,
in alcuni casi, frenetico e selvaggio fino a divorare la carne umana30. E che, d’al-
tronde, Medusa sia associata alla furia e alla follia, lo testimonia Euripide quando
descrive e definisce Lyssa, l’entità che presiede alla follia, come una gorgone31.

Figura 3.4. Rilievo su anfora. Parigi, Louvre.

23
Vernant 1987: 46.
24
Costa 1968: 75 sgg..
25
Costa 1968: 69.
26
Al riguardo, si veda Baglioni 2010.
27
Si veda, ad esempio, Schol. Pind. P. IV 246.
28
Hom. Od. XI 634; Apollod. II 5,12; Verg. Aen. VI 289. Il legame di Medusa con gli inferi era così forte
che Plutarco (Plut. De Face 944b) poteva sostenere l’identificazione del volto che si vede sulla luna con quello
di Gorgo perché proprio sulla luna si troverebbero gli spiriti dei morti. Si veda anche Clem. Alex. Strom. V
49 dove si rimanda per questa opinione all’ambiente orfico.
29
Si veda Malten 1914; Jeanmaire 1972: 281 sgg.; Blázquez 1967; Garland 1985: 35 sgg..
30
Si veda il trattato sull’Equitazione di Senofonte ai capitoli I 10, 14, X 17, XI 12. Sul tema si veda anche De-
tienne-Vernant 1978: 143 sgg.; Vernant 1987: 61 sg..
31
Eur. Her. 880-883. Sul rapporto di Medusa con la furia e la follia si veda Vernant 1987: 47 sgg..

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Quindi, le modalità rappresentative di Medusa sembrerebbero rivelarsi sempre


meno guidate dalla sola legge che vuole che l’orrido scacci l’orrido, per investire
questioni più ampie, strettamente legate alla cultura greca e al suo modo di “or-
dinare” il mondo. Peraltro, quando in alcuni studi inerenti all’iconografia della
gorgone si menzionava la necessità della mostruosità, e della sua generica casua-
lità, affinché la rappresentazione potesse svolgere la sua funzione apotropaica,
sembrava implicitamente emergere una concezione “universale” del mostruoso
non tenente in considerazione la specificità culturale dell’oggetto in questione32.
Ogni cultura sceglie secondo propri parametri quali elementi possono contribuire
a caratterizzare una figura come piacevole alla vista oppure orrida. Parametri che
possono ovviamente mutare a seconda dei periodi storici o dei contesti sociali.
Pertanto, anche una linea esegetica, che tenesse solamente come parametro la
concezione del mostruoso, avrebbe potuto distinguere le specificità culturali delle
maschere apotropaiche.
Comunque, per concludere, ci soffermiamo su altre due caratteristiche, che di
fatto testimoniano ancora una volta, come il tipo arcaico di Medusa si presti ad
essere un valido esempio di come gli elementi che rendono una immagine apo-
tropaica vadano sempre contestualizzati culturalmente. Mi riferisco alle zanne di
cinghiale e ai riccioli. Infatti, per quanto riguarda questi ultimi, la cura con la quale
viene realizzata di Gorgo la chioma animalesca, caratterizzata nelle raffigurazioni
arcaiche da numerosi riccioli, più che essere un aspetto meramente decorativo,
potrebbe trovare un collegamento alla tradizione che vede nel ricciolo dell’entità
uno strumento apotropaico, donato, a seconda delle varianti, da Athena33 o da
Herakles34 a Kepheus, re di Tegea, per la difesa della sua città, e il cui potere sem-
bra ricordare per certi versi i tremendi effetti dell’egida di Athena35. Ciò potrebbe
far supporre che i riccioli venissero rappresentati in maniera così minuziosa per-
ché essi concorrevano a donare al Gorgoneion il suo potere. In quest’ottica andreb-
bero probabilmente analizzate le zanne ferine. Mettendo in connessione, infatti,
la descrizione di Medusa in Apollodoro36, dove le zanne vengono dichiarate simili
a quelle di un cinghiale, ed un passo di Omero37, dove l’immagine del cinghiale
che affila le zanne prima di attaccare un avversario viene utilizzata metaforica-
mente per indicare un atteggiamento bellicoso, si potrebbe supporre che la loro
raffigurazione sul Gorgoneion potesse rafforzare il carattere di ostilità insito nella
funzione della maschera.

32
Si veda, ad esempio, Riccioni 1960: 127 sgg..
33
Paus. VIII 47,5.
34
Apollod. II 7,3; Suid. s. v. plÒkion Gorg£doj.
35
Hom. Il. V 738 sgg., VIII 348 sgg., XI 36 sg..
36
Apollod. II 4,2.
37
Hom. Il. XI 416. Si veda anche Ael. V. H. V 45.

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Bibliografia

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