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Patologia generale 2a lezione 06/10/2007

1a Parte

L’altra volta abbiamo incominciato a vedere quelli che sono i principali meccanismi di adattamento della
cellula allo stress. Premettiamo che lo studio di ciò che accade alla cellula è fondamentale per comprendere
poi i meccanismi con cui si instaurano le varie malattie o patologie; quindi è necessario partire dalla cellula
per cercare di capire ciò che poi eventualmente può riguardare anche patologie che non sono solo d’organo
ma addirittura sistemiche.
L’altra volta abbiamo visto come la cellula si può adattare a brusche variazioni dell’ambiente esterno in
maniera diversa a seconda della causa, della natura dello stress. Abbiamo visto come di fronte ad una
aumentata richiesta funzionale la cellula risponde con un aumento del volume o aumentando il numero di
cellule, cioè l’organo risponde con un aumento del numero di cellule con un processo di iperplasia. Alcuni
tipi cellulari rispondono allo stress principalmente tramite ipertrofia altri dividendosi quindi con iperplasia
questo dipende quasi sempre dal fatto che alcune cellule non sono in grado di replicare e l’unica capacità di
adattamento è rappresentata dall’aumento del volume; ricordiamoci che in questi casi l’aumento del volume
è accompagnato anche da un aumento della funzione; non sempre il fatto di osservare delle cellule più
grosse di quelle normali significa che quella cellula sta rispondendo meglio ad uno stress perché in molti
casi questo ingrossamento, abbiamo visto il caso della degenerazione idropica dove quello che abbiamo in
più nella cellula, rispetto alla situazione normale, è rappresentato da acqua e questo non corrisponde
sicuramente ad un aumentata risposta funzionale della cellula.(Qui il prof. non è stato molto chiaro).
Abbiamo visto diversi altri tipi di adattamento della cellula: atrofia, la metaplasia, la displasia, e abbiamo
incominciato a parlare di quel fenomeno detto di accumulo (storage).
Abbiamo incominciato ad analizzare l’accumulo di lipidi in particolare dei trigliceridi. Abbiamo definito
quella situazione di accumulo intracellulare di trigliceridi col termine di steatosi.
La steatosi può “colpire” diversi organi parenchimali ma possiamo dire che il fegato rappresenta l’essenza
di questo tipo di accumulo tanto è vero che la steatosi viene anche definita come fegato grasso. Abbiamo
visto diverse cause che possono giustificare questo accumulo di trigliceridi. Vi ricordo. Molte delle cause
della steatosi derivano per esempio da un aumentato reuptake di acidi grassi liberati presumibilmente dal
tessuto adiposo; quindi è chiaro che quando una quota di acidi grassi liberi proveniente dall’esterno aumenta
noi potremo anche andare incontro ad un accumulo di trigliceridi. Noi sappiamo che gli acidi grassi una
volta che finiscono nel fegato possono andare incontro a diverse vie metaboliche: essere utilizzati per la
sintesi del colesterolo e dei suoi esteri, per la sintesi dei fosfolipidi, ma anche andare incontro a processi di
ossidazione per cui in questo caso gli acidi grassi vengono rapidamente metabolizzati; altri acidi grassi
coniugandosi col glicerolo (3 acidi grassi + glicerolo) formano i trigliceridi, quindi è chiaro che se aumenta
di molto questa quota, anche in assenza di modificazioni di tutte queste vie, è chiaro che aumenterà anche
quella che porta alla sintesi di trigliceridi e quindi, eventualmente al loro accumulo.
Un altro fatto molto importante è rappresentato dalla escrezione dei trigliceridi: i trigliceridi una volta che si
formano vengono coniugati con delle particolari proteine che si chiamano apoproteine che vengono
sintetizzate a livello epatico e si forma una particolare classe di lipoproteine le VLDL che sono lipoproteine
a bassissima densità; diciamo che la quota di lipidi rispetto a quella proteica è molto alta, e siccome la
densità è data dal peso soprattutto delle proteine è chiaro che quanto più lipidi ci sono tanto meno densa sarà
quella lipoproteina e questo spiega il termine di VLDL. Allora noi possiamo anche trovarci nella situazione
in cui tutto questo è normale ma è ovvio che se non viene sintetizzata una adeguata quota di lipoproteine
anche in questa situazione noi avremo un accumulo di trigliceridi; al limite le lipoproteine possono essere,
anche, sintetizzate in maniera normale ma se i trigliceridi sono troppi noi avremo uno sbilanciamento tra
sintesi trigliceridi e quote di lipoproteine e anche in questo caso avremo un accumulo.

Perchè la steatosi è importante? Ricordiamoci che la steatosi è stata studiata moltissimo negli anni ’70 con
dei modelli sperimentali particolari con cui si è riusciti a chiarirne i meccanismi, dopodichè è stata quasi
dimenticata fino quando ci si è resi conto del fatto che per esempio l’abitudine all’alcool era una causa
molto importante di steatosi che poi evolveva in steatoepatite, cirrosi ecc., ma soprattutto ha ripreso
interesse da quando è aumentato il numero di steatosi cosiddette non alcoliche nella quali la causa non è
l’alcool ma tutta una serie di altre cause alcune delle quali ora si iniziano a conoscere.
Col termine NAFLD si intende un danno epatico non alcolico (cioè fegato grasso non causato da alcool); col
termine NASH si intende una fase successiva di questo processo, NASH vuol dire steatoepatite non alcolica
quindi una fase successiva a quella iniziale che è rappresentata da un puro accumulo di trigliceridi; in questa
caso noi abbiamo già in parte necrosi degli epatociti quindi una steatoepatite perché una necrosi in presenza
di accumulo di grasso.
La steatosi colpisce dal 10 al 25 % della popolazione mondiale, e presente soprattutto nei paesi
industrializzati, è presente in una percentuale altissima negli obesi: dal 57% al 74% degli obesi hanno il
fegato grasso.
Sta aumentando, anche molto, in età infantile; una quota di bambini circa il 2,6% soffre già di steatosi, e
arriviamo a percentuali di 52,8% nei bambini obesi.
Il 100% dei diabetici presentano una lieve steatosi; circa il 50% di questi presentano la fase successiva la
steatoepatite; il 19% evolvono in cirrosi.
Il dato preoccupante è che la steatosi è in aumento. Noi non dobbiamo preoccuparci della steatosi che è un
fenomeno reversibile, ma dobbiamo preoccuparci se la steatosi permane; la steatosi permane perché
permane la causa di accumulo di trigliceridi; la gravità e data dal fatto che in una quota di questi individui, e
non sappiamo bene il perché, si ha la progressione a steatoepatite, quindi non tutti i pazienti steatotici vanno
avanti, ma una certa quota va incontro a un processo evolutivo degenerativo, dopodichè vanno incontro a
fibrosi: evidentemente gli epatociti non riescono più a replicare gli altri epatociti che sono morti e quindi
cominciamo ad osservare una proliferazione di fibroblasti che naturalmente non possono svolgere le
funzioni dell’epatocita quindi pian piano si va incontro ad una situazione in cui anche la funzionalità epatica
viene compromessa, e soprattutto questo accade quando si arriva allo stadio successivo quello cirrotico che
gia può essere causa di morte. Un altra percentuale,ancora più piccola di questi pazienti può andare incontro
a sviluppo di epatocarcinoma; epatocarcinoma che, probabilmente, compare perchè c’è tutto questo danno
cronico a livello epatico che ad un certo punto favorisce la selezione di cellule con delle mutazioni
particolari che vanno incontro ad un processo di tipo neoplastico.
Come è che si passa dalla steatosi alla steatoepatite quindi al proseguo di questo processo? Non è del tutto
chiaro, si parla di due stadi nel primo c’è un accumulo di trigliceridi; il secondo è dovuto a stress
ossidativi( che vedremo dopo), comunque una situazione in cui si ha produzione di ROS (specie reattive
dell’ossigeno) che a loro volta sono in grado di uccidere le cellule e quindi il processo va avanti.
Abbiamo parlato dell’accumulo di trigliceridi ma abbiamo altre alterazioni, altre malattie dovute
all’accumulo di altri lipidi come ad esempio il colesterolo.
C’è una patologia, ugualmente molto diffusa, che è l’aterosclerosi in cui una delle cause principali sembra
essere l’accumulo di colesterolo. L’iperlipidemia (riferita al colesterolo) porta ad una situazione in cui altre
lipoproteine, che sono le LDL che contengono molto colesterolo, vengono captate da macrofagi, finiscono
nell’intima delle grande arterie e questo eccesso di colesterolo nelle arterie poi provoca tutta un’altra serie di
reazioni che contribuisce all’evoluzione della placca fino alle conseguenze più estreme.
Un accumulo di colesterolo lo si osserva anche nei xantomi che rappresentano un accumulo di colesterolo
nei macrofagi del connettivo subendoteliale della pelle; gli xantomi sono localizzati in particolari regioni del
corpo e rappresentano un accumulo di colesterolo.
Le Cellule schiumose che appaiono nel processo aterosclerotico vengono definite così (di solito sono
macrofagi ma possono essere anche cellule muscolari lisce), perché nel portarsi dentro il colesterolo
presentano un aspetto con bolle trasparenti che danno l’idea della schiuma.
Un'altra componente che tende ad accumularsi, a volte con risultati molto gravi, sono le proteine.
L’accumulo di proteine noi lo possiamo osservare in patologie renali associate a proteinuria perché si ha un
riassorbimento, a livello renale, troppo elevato di proteine; è questo diciamo un accumulo secondario dovuto
ad un altro tipo di alterazione; possiamo avere questo accumulo per un’ eccessiva sintesi di proteine
normali: qualche gene che lavora troppo e produce troppa proteina rispetto alla capacita della cellula di
smaltimento della proteina stessa; possiamo avere questo accumulo, anche, per un’alterazione delle proteine
nella loro struttura finale, è un’ alterazione dovuta ad un difetto nella capacità di ripiegamento (in inglese:
Folding). Una proteina quando viene sintetizzata, ha un aspetto che non è quello della proteina finale, deve
subire diciamo dei processi di “maturazione” per assumere il suo aspetto finale. Come la proteina è
organizzata è molto importante sia perché una proteina che ha subito un processo di maturazione alterato
non funziona e quindi non serve a niente, sia perché deve favorire il trasporto della proteina stessa attraverso
gli organuli. Ad esempio una proteina plasmatica per poter uscire fuori dalla cellula deve fare tutta una serie
di passaggi: RER → Apparato del Golgi → passare attraverso la membrana; se la proteina ha un difetto
nella struttura questa proteina tende ad accumularsi in qualche organulo della cellula e non può essere
trasferita all’esterno. Ci sono anche dei casi in cui il difetto impedisce a questa proteina, qualora questa
proteina sia un recettore di membrana, di essere trasferita nella membrana, per cui non può compiere la sua
funzione; questa funzione a volte è molto importante, ci sono dei casi di malattie genetiche, ad esempio
l’ipercolesterolemia familiare, in cui c’è un particolare recettore per le LDL, questo recettore è determinante
per legare la lipoproteina col colesterolo portarsela nel fegato e far “fuori” il colesterolo. Se queste proteine
recettoriali sono mal formate e non possono arrivare alla membrana le LDL non possono essere portate
dentro il fegato, il quale, non avvertendo la presenza di queste LDL nel sangue, perchè non si legano al
recettore, si “convince” che ci sia necessità di sintetizzare colesterolo; quindi sintesi di colesterolo per via
endogena, colesterolo che poi viene riversato all’esterno dove ci sarà un accumulo esagerato dello stesso
colesterolo che può arrivare fino a concentrazioni di 1000 mg/dL quando in genere è intorno ai 180 mg/dL;
per questo motivo gli individui affetti da questa malattia genetica muoiono ad una certa età perché vanno
incontro ad aterosclerosi precoce.
Quindi il ripiegamento delle proteine è fondamentale per la loro funzione e per il loro trasporto.
Di solito la maturazione delle proteine avviene attraverso una serie di reazioni nelle quali giocano un ruolo
fondamentale altre proteine che si chiamano Chaperones. Questi aiutano la proteina che si sta formando a
raggiungere la struttura finale in maniera corretta e servono anche per favorirne il trasporto attraverso i vari
organuli della cellula. Questi Chaperones possono essere costitutivi quindi ci sono sempre, sono sempre
disponibili, oppure possono essere inducibili questi vengono contrassegnati con il termine “hsp” (hsp70, 90,
ecc.) che significa proteine da shock termico (da calore), perché sono state riscontrate la prima volta in
situazioni in cui improvvisamente veniva aumentata la temperatura e il topolino rispondeva producendo un
enorme quantità di queste proteine.
Cosa fanno questi Chaperones? Fanno si che nel caso in cui ci sia stato un danno nelle proteine che si
stanno formando, ad esempio dovuto al calore (o dovuto a metalli), proteggono queste proteine affinché non
assumano un ripiegamento sbagliato. Se il danno è stato particolarmente grave, per cui i Chaperones non
riescono a proteggere le proteine, interviene un'altra proteina che è l’ubiquitina la quale riconosce la
proteina sbagliata la attacca, la porta nel proteosoma dove viene degradata.
Quali sono le situazioni che favoriscono un accumulo intracellulare di proteine? Una cosa che abbiamo visto
per i lipidi ed è valida anche per le proteine, ed è la situazione in cui abbiamo più proteine prodotte rispetto
alla capacità della cellula di liberarsene; oppure difetti genetici che impediscono la degradazione, il
trasporto o la secrezione da parte delle cellule; oppure l’accumulo può essere dovuto al fatto che non
esistono enzimi in grado di fare fuori le sostanze che si stanno accumulando, ad esempio: il carbone o i
pigmenti dei tatuaggi che vengono presi dalla cellula e sottratti all’ambiente circostante, se ne fa carico ma
questo può portare alla distruzione della cellula stessa.
Vediamo l’alterazione del trasporto cellulare. Una situazione abbastanza particolare è quella rappresentata
dall’accumulo di una proteina detta α1–antitripsina, questa proteina ha una funzione antielastasica, quindi è
una proteina che viene prodotta dagli epatociti e liberata in circolo; a livello polmonare questa proteina
tende a inibire l’azione di elastasi; quando non viene liberata si accumula negli epatociti e quindi non c’è più
questa proteina in circolo e le elastasi possono agire senza controllo, è le conseguenze sono quelle che
succedono quando a causa di un difetto genetico la α1–antitripsina non viene liberata e si va incontro a
processi di enfisema polmonare, quindi un polmone che non ha più capacità funzionali. La α1–antitripsina
non arriva al polmone perchè c’è un difettoso ripiegamento dovuto ad una mutazione ciò provoca poi la
formazione di aggregati nel RE e quindi non può essere escreta e si accumula mentre manca dove c’è ne
bisogno.
La stessa cosa vale per una altra malattia la fibrosi cistica: in questo caso parliamo di una proteina-canale
del cloro che deve posizionarsi sulla membrana anche in questo caso per un difetto nel ripiegamento non
arriva alla membrana e si verificano alterazioni funzionali; c’è una mancata dissociazione tra proteina e
Chaperones che porta a favorirne il trasporto alla membrana.
Ricordiamoci che questo difettoso ripiegamento ha a che fare con tutta una serie di patologie (Alzhaimer,
Huntighton, Parkinson, Amiloidosi) che vengono raggruppate con il termine di proteinopatie o malattie da
aggregazione proteica.

Anche l’accumulo di glicogeno può causare malattie importanti, la maggior parte delle quali sono genetiche
e riguardano principalmente il fegato e i muscoli. La conseguenza di questo accumulo sarà diversa a
seconda dell’organo di cui parliamo.
Deposito di sostanze anormali, lo abbiamo già accennato, riguarda i pigmenti esogeni: accumulo di carbone
a livello del polmone che da luogo ad antracosi e che può evolvere nella più grave pneumoconiosi perché in
questo caso abbiamo già degli evidenti segni di fibrosi polmonare quindi compromissione dell’organo; un
altro caso è quello dei tatuaggi dove il pigmento del tatuaggio si accumula nei macrofagi che non sanno
come liberarsene e lo trattiene li. Il tatuaggio può scomparire nel caso in cui ci sia un processo
infiammatorio talmente violento che richiede l’intervento anche dei macrofagi del derma che in genere
stanno in loco e quindi si spostano portando con se il pigmento e questo spiega perché in qualche caso i
tatuaggi non hanno più una definizione completa in quanto il pigmento si è trasferito altrove.

Due parole sui pigmenti endogeni: uno di questi è la melanina che serve per proteggere dalle radiazioni
ultraviolette. La melanina è prodotta nei melanociti e conservata nei melanosomi, l’abbronzatura (non il
rossore del primo giorno dovuto a processi infiammatori) consiste nel fatto che i melanociti riescono a
trasferire la melanina nei cheratinociti con un meccanismo che è una sorta di trapianto. Ci sono delle
alterazioni che non sono tanto dovute ad un eccesso della melanina ma ad una sua carenza. Una di questa
patologie è la vitiligine nella quale parte del tessuto del viso (e non solo) ha un colore più chiaro rispetto al
resto dovuto al fatto che c’è stata una distruzione autoimmunitaria dei melanociti. Un danno più grave è
rappresentato dall’albinismo, una malattia ereditaria; nell’albino non si forma la melanina è suscettibile alla
luce perchè risente dei danni indotti dalle radiazioni ultraviolette e va incontro anche a gravi alterazioni del
DNA mutazioni, e quindi anche questi individui hanno aspettative di vita ridotte.
Un altro pigmento endogeno è la lipofuscina questa è una cosa abbastanza strana legata all’invecchiamento
perché è il prodotto di danni di tipo ossidativi a carico di proteine e lipidi si formano questi complessi che i
nostri enzimi non riescono a smaltire e si accumulano ma non c’è nessuna evidenza sperimentale che la
lipofuscina faccia male. La lipofuscina viene considerato un marcatore dell’invecchiamento es. a 90 anni il
30% del peso del cuore è rappresentato dalla lipofuscina. Di solito la lipofuscina viene conservata nei
lisosomi , che dovrebbero degradarla ma non ci riescono.
Diverso è il caso dell’accumulo di ferro sottoforma di emosiderina, che è ferritina denaturata e solo
parzialmente digerita, può portare a conseguenze molto gravi soprattutto quando si passa da uno stato di
emosiderosi, quindi di accumulo di ferro, fino all’emocromatosi che è una malattia molto brutta può essere
sia ereditaria oppure non essere legata a fattori genetici. Ricordiamoci che il ferro è si molto utile, ma
favorisce, anche, reazioni in cui si producono specie radicaliche e quindi l’emocromatosi porta ad un danno
epatico molto grave che può evolvere a carcinoma epato-cellulare.
Il ferro viene conservato nelle cellule in forma di emosiderina. E’ come abbiamo detto molto utile ma al
tempo stesso abbiamo grosse difficoltà nello smaltirlo per cui può rappresentare un problema: ad esempio
nei talassemici dove in seguito a trasfusioni aumenta la concentrazione di ferro c’è la necessita di utilizzare
dei chelanti del ferro stesso.
L’emosiderosi può avere diverse cause: può essere dovuta ad un aumentato assorbimento di ferro a livello
intestinale, oppure ad anemie emolitiche nelle quali il globulo rosso scoppia e libera il ferro; o come si
diceva prima si può manifestare con le trasfusioni. La situazione diventa particolarmente grave quando il
ferro si accumula in organi nei quali non dovrebbe esserci: pancreas, rene, cuore. L’emocromatosi è la
situazione estrema può essere acquisita o ereditaria colpisce soprattutto gli uomini( nel rapporto di 6:1), in
questo caso il ferro può, determinando la liberazione di specie reattive dell’ossigeno, danneggiare il DNA,
può anche favorire la produzione di altri radicali liberi, è stimola la sintesi di collagene determinando quindi
anche un aumento della fibrosi. Si ha un danno cellulare che poi diventa anche tissutale questo danno è
ovviamente cronico (nel caso di malattia ereditaria) e richiede quindi una continua rigenerazione cellulare e
favorisce quindi una aumentata proliferazione in un organo come il fegato, che normalmente è quiescente,
favorendo la formazione di cellule neoplastiche quindi il carcinoma epato-cellulare.

Chiudiamo la parte dell’accumulo di sostanze diverse nelle cellule.

Se la cellula in seguito ad una situazione di stress riesce a superare l’adattamento torna allo stato normale se
il danno è reversibile.
Se la severità del danno supera la capacità di adattamento si va incontro ad un processo di danno
irreversibile che termina poi con la morte della cellula che chiamiamo necrosi. La necrosi a parte dei casi
particolari viene definita coagulativa.
Quindi la morte cellulare la possiamo considerare come l’evento conclusivo di un danno. Si verifica quando
la cellula non è più in grado di adattarsi alle mutate condizioni ambientali e perde del tutto la propria
capacità funzionale e arriva al punto di non ritorno passando da una situazione di sofferenza (teoricamente
ancora reversibile) alla sua distruzione. Ricordiamoci un conto è la morte della cellula ciò che noi
definiamo come necrosi è quello che succede dopo che la cellula è già morta dal punto di vista funzionale

2a Parte

Cominciamo a vedere quali sono le cause che possono causare la morte delle cellule. Le cause più frequenti
nell’uomo sono rappresentati da situazioni caratterizzate da ipossia cioè diminuzione del contenuto di
ossigeno, o ancora più grave è l’ischemia che consiste non solo nella mancanza di ossigeno ma anche di tutti
gli elementi nutritivi, questa è ad esempio la situazione che causa l’infarto cardiaco e cerebrale.
Cause di danno e di morte cellulare sono rappresentati da:
- Agenti fisici: radiazioni, aumenti elevati di temperatura o causa di necrosi può essere anche
l’abbassamento eccessivo della temperatura.
- Agenti chimici: sono tantissimi anche i farmaci (il paracetamolo può portare alla distruzione del
tessuto epatico)
- Agenti infettivi: tantissimi
- Complemento: (quindi qualcosa presente in noi) ricordiamo è utile nella difesa immunitaria e viene
attivato nei processi infiammatori e lo scopo finale del complemento è costruire il complesso di
attacco alla membrana che ad esempio si attacca alla membrana ad esempio di un batterio che ha
causato la risposta infiammatoria causando un buco attraverso la membrana in modo da uccidere la
cellula. Quindi il complemento è prodotto a scopo difensivo ma può rivelarsi come una trappola per
cellule normali sempre con lo stesso meccanismo.
- Danni genetici: mutazioni che portano alla produzione di sostanze che sono lesive o alla mancata
produzione di sostanze che sono difensive nei confronti della cellula
- Malnutrizione

Le cause che provocano danno-morte sono quindi molte ma i meccanismi patogenetici sono 5
- 1) Deplezione di ATP
- 2) Produzione “esagerata” di R.O.S. (specie reattive dell’ossigeno)
- 3) Aumento del calcio libero intracellulare
- 4) Perdita della permeabilità della membrana
- 5) Danno mitocondriale irreversibile

1) Deplezione di ATP
L’ ATP è, come sappiamo fondamentale per tutta una serie di funzioni di reazioni e attività della cellula. La
generazione di questa molecola energetica avviene grazie alla fosforilazione ossidativa che avviene nei
mitocondri. Qualsiasi cosa che alteri tale processo porta ad una deplezione di ATP; quando questo si
verifica la cellula non necessariamente perde completamente l’ATP, cerca di reagire e uno dei meccanismi
alternativi con cui si produce ATP è dato dalla glicolisi, anche nel caso di assenza di ossigeno per un po’ di
tempo la glicolisi può andare avanti producendo una quota di ATP che naturalmente sarà inferiore rispetto a
quella prodotta con la fosforilazione ossidativa.

2) Specie reattive dell’ossigeno (R.O.S.)


In generale tutte le cellule generano energia riducendo l’ossigeno ad acqua, nel corso di questo processo
però si ha la generazione di specie dell’ossigeno parzialmente ridotte che sono quelle definite R.O.S. Questi
ROS sono molto reattivi e tendono a reagire subito con qualche componente cellulare sia che si tratti di
proteine o di lipidi, o addirittura molecole di acido nucleico. Quindi questi ROS vengono prodotti sempre ad
esempio nel metabolismo che si svolge a livello microsomiale quello con il quale sostanze endogene ed
esogene vengono biotrasformate ad esempio un farmaco che arriva deve essere metabolizzato formare un
metabolita reattivo, anche in questo processo che comunque richiede un trasferimento di elettroni si
producono ROS. Questi ROS vengono normalmente contrastati dagli antiossidanti, e quindi normalmente
c’è un bilancio tra ROS e antiossidanti che fa si che i ROS non vadano a danneggiare proteine lipidi DNA,
perchè gli antiossidanti si “sacrificano” andando a legarsi ai ROS neutralizzandoli.
Parliamo di stress ossidativo quando questo rapporto viene alterato a favore dei ROS. Poi vedremo quali
sono le specie reattive dell’ossigeno importanti nell’indurre il danno.

3) Aumento del calcio intracellulare


Il calcio è normalmente presente all’interno della cellule in concentrazioni molto più basse (0,1μM) rispetto
all’esterno (1,3mM); altra considerazione è che il calcio che si trova all’interno e conservato in certi depositi
cellulari (RE e mitocondri) per cui la maggior parte del calcio all’interno della cellula non si trova libero nel
citoplasma.
In seguito alla somministrazione di sostanze tossiche che possono agire sulla membrana e favorire un
maggiore afflusso di calcio dall’esterno verso l’interno determinando un aumento del calcio libero, oppure
possono determinare un rilascio del calcio immagazzinato per esempio nel RE. Avremo quindi un aumento
del calcio libero ciò può dare problemi perchè come sappiamo il calcio e necessario per attivare tutta una
serie di enzimi (fosfolipasi, ATPasi, proteasi, endonucleasi), per cui un suo aumento andrà ad interagire con
questi enzimi attivandoli di continuo; ad esempio l’attivazione della fosfolipasi che scinde i fosfolipidi di
membrana una sua attivazione eccessiva porta ad una membrana che non funziona si danneggia questo
favorisce a sua volta un ingresso di calcio dall’esterno e il danno si aggrava.
La stessa cosa avviene in seguito all’attivazione dell’ATPasi che scinde l’ATP questo diminuisce la sua
concentrazione, ATP che ad esempio è importante per mantenere attive le pompe presenti nella membrana
da cui si ha una maggiore entrata di sodio che per concentrazione favorisce l’entrata di acqua la cellula si
rigonfia e anche questo può portare alla distruzione della cellula.
Il calcio attiva anche delle proteasi che degradano le proteine incluse quelle del citoscheletro. Il
citoscheletro come sappiamo è un continuum con la membrana per cui la distruzione del citoscheletro porta
anche a delle alterazioni della membrana, questo spiega il fatto che ad esempio in un processo di necrosi noi
cominciamo a vedere queste bolle che si formano a livello di membrana che sono un segno di sofferenza,
fino a quando queste bolle si spaccano e a quel punto il danno è fatto e la membrana viene a perdere le sue
capacità di filtro, la cellula entra in diretta comunicazione con l’ambiente esterno e quindi non c’è più niente
da fare.
Può attivare delle endonucleasi che sono enzimi in grado di degradare il DNA per cui anche in questo caso
la cellula va incontro a morte, oppure può comunque indurre danni al DNA che possono generare sofferenza
cellulare.

4) Perdita di permeabilità della membrana


Questo danno può avvenire sia direttamente che indirettamente. Direttamente come abbiamo visto prima il
complemento che è rappresentato da un complesso che si attacca alla membrana e la rompe ( formando un
canale) aprendo un passaggio tra esterno ed interno senza più il filtro della membrana. Può essere dovuta
anche alla presenza di tossine batteriche che fanno più o meno la stessa cosa. Anche le perforine fanno lo
stesso perforano la membrana, sono proteine che intervengono ad esempio in processi dove sono implicati
certi virus: i linfociti secernono queste perforine che utilizzano per uccidere un virus all’interno della cellula
ma distruggono la cellula stessa e un sistema che non va tanto per il sottile visti i risultati (la morte della
cellula stessa).
Indirettamente la membrana viene danneggiata quando si ha deplezione di ATP come abbiamo gia visto: la
mancanza di ATP determina una non funzionalità delle pompe; oppure, anche questo già visto,
un’attivazione eccessiva delle fosfolipasi per aumentata concentrazione del calcio libero intracellulare.

5) Danno mitocondriale irreversibile


All’interno del mitocondrio nella membrana mitocondriale ci sono dei pori che normalmente sono chiusi,
controllati, ci sono però delle situazioni (un danno) in cui quello che succede porta all’apertura di questi pori
e da questi pori escono diverse sostanze tra i quali il citocromo C (normalmente presente nella catena
mitocondriale), e questo citocromo C si è scoperto che è in grado di attivare un processo che porta alla
distruzione della cellula stessa.

Allora abbiamo detto prima che nell’uomo il tipo di necrosi più frequente è quello legato alla necrosi
coagulativa, c’è ne sono altre necrosi caseosa che ha un altro tipo di frequenza c’è la necrosi colliquativa.
Quindi la necrosi coagulativa è la più frequente in particolare la necrosi da ischemia/ipossia, prendiamo in
considerazione per esempio il caso di un occlusione delle arterie coronariche. In questo caso non arriva
ossigeno e non arrivando l’ossigeno noi abbiamo una dissociazione della fosforilazione ossidativa che non
può andare avanti questo porta ad una deplezione di ATP che abbiamo gia visto porta ad un’alterata
funzione di quelle pompe Na/K che regolano gli scambi ionici tra esterno ed interno, quindi il sodio riesce
ad entrare con molta maggiore efficacia e aumenta la pressione osmotica di questa cellula che tende a
richiamare dall’esterno altri ioni come il calcio (e abbiamo visto cosa può fare questo ione), “richiama”
acqua, e questo spiega perchè una cellula che sta andando incontro a necrosi noi la vediamo rigonfiata,
abbiamo un processo che viene definito proprio di rigonfiamento cellulare, e questo tipo di processo spiega
perché quando andiamo a vedere un tessuto al microscopio elettronico noi vediamo i mitocondri rigonfi
(anche loro hanno una membrana provvista di pompe ioniche) e lo stesso anche per gli altri organuli; si
formano delle bolle a livello della membrana (le Blebs), perchè il calcio che entra abbiamo detto ha effetti
anche sul citoscheletro.
La diminuita produzione di ATP crea una situazione per cui vengono indotti particolari enzimi che in
qualche modo indirizzano la cellula all’utilizzo della via della glicolisi questa in assenza di ossigeno ha
come risultato finale un aumento di lattato che porta un aumento di acidità all’interno della cellula; questa
acidosi, questa diminuzione del pH, a sua volta può portare a sua volta ad una situazione di enzimi
lisosomiali che successivamente possono contribuire alla distruzione della cellula. La deplezione di ATP ha
ancora un altro effetto che è impedire la formazione di poliribosomi che è necessaria per la sintesi proteica, i
ribosomi isolati non riescono a sintetizzare proteine: quindi inibizione sintesi proteica.
Tutte queste cose possono essere considerate reversibili fino al punto di non ritorno, da questo punto in poi
si ha la perdita della funzione e la morte della cellula. Una volta che la cellula non sta più funzionando e
muore si hanno quella serie di processi che osserviamo al microscopio e che definiamo come necrosi:
liberazione enzimi lisosomiali che escono dal lisosomi e distruggono tutto ciò che trovano. Questo ci spiega
alcuni aspetti della necrosi visti al microscopio e ci spiega anche perché abbiamo dei quadri necrotici
differenti e distinguiamo ad esempio la necrosi coagulativa e quella colliquativa. La seconda è una necrosi
in cui l’azione idrolitica degli enzimi lisosomiali e talmente violenta che distruggono tutto in brevissimo
tempo e non riconosciamo niente del tessuto di origine della cellula e stato digerito tutto. Nella necrosi
coagulativa, invece, l’aumento della acidità della cellula ha anche l’effetto di denaturare delle proteine e
rallenta anche l’attività degli enzimi lisosomiali per cui la cellula è, si morta, ma si distinguono ancora i
contorni, cioè un quadro meno grave rispetto alla necrosi colliquativa.
Tutto ciò che si osserva dopo : aumento LDH (che si osserva in seguito a infarto cardiaco), i livelli di CK
aumentati sono cose che si verificano dopo che la cellula è morta.
C’è una situazione paradossale definita necrosi da riperfusione nella quale non è la carenza dell’ossigeno
che è causa di morte cellulare ma un suo aumento o meglio un aumento delle specie reattive dell’ossigeno.
Questo è quello che succede per esempio quando un individuo è andato incontro ad un infarto viene portato
prontamente all’ospedale si rinstaura l’afflusso di sangue al cuore e questa azione che dovrebbe produrre
effetti positivi si risolve nel contrario cioè si ha una necrosi molto violenta e spesso porta alla morte del
paziente e anche quello che si verifica in seguito a certi trapianti perché appunto si liberano queste specie
reattive dell’ossigeno che diventano molto dannose.
Le specie reattive dell’ossigeno sono: lo ione superossido, il perossido di idrogeno e il radicale idrossilico
che è il peggiore di tutti.
Nel danno da riperfusione perchè anche le cellule che non erano morte muoiono dopo che operiamo la
riperfusione? Ci sono due teorie: la prima riguarda soprattutto le cellule endoteliali: una volta che c’è
l’ischemia si ha la deplezione di ATP, la xantina che dovrebbe essere metabolizzata con una reazione in
presenza di ossigeno viene accumulata, la xantina normalmente dovrebbe essere attaccata dall’enzima
xantina-deidrogenasi e portare alla produzione di acido urico: in assenza di ossigeno abbiamo l’accumulo
della xantina, la idromerizzazione (?) dell’enzima che diventa una xantina ossidata che pero in assenza di
ossigeno non può fare un tubo per cui la xantina continua accumularsi; in questo stato le cellule sono
sofferente ma non sono morte; quando noi facciamo la riperfusione arriva l’ossigeno a questo punto le
cellule e l’enzima si trovano grandi quantità di ossigeno e di xantina la reazione si innesca in maniera brusca
e si produce una grande quantita di specie dell’ossigeno solo parzialmente degradate i ROS. Questi ROS
aggrediscono le cellule siamo in situazione di stress ossidativo la quantità di ROS formati supera gli
antiossidanti e quindi le cellule muoiono.
L’altra ipotesi che spiega il danno da riperfusione vede implicati i polimorfonucleati o granulociti neutrofili
che hanno il compito principale di uccidere agenti estranei per fare questo utilizzano soprattutto i ROS,
nell’infiammazione dove c’è un processo infiammatorio prodotta dalla presenza di un batterio i granulociti
vanno incontro ad un processo di attivazione che porta non solo alla loro migrazione nel sito dove ci sono i
microrganismi da distruggere ma nel corso di questo processo i granulociti si preparano a produrre una
grande quantità di ROS per distruggere i microrganismi;nel nostro caso noi abbiamo un processo che ha
portato ad una sofferenza di queste cellule si sono prodotti, anche, tutta una serie di fenomeni che
favoriscono il legame dei granulociti all’endotelio, cosa che normalmente non deve succedere perché hanno
cariche negative che tendono a respingersi generalmente la cellule endoteliale non vuole legare cellule che
circolano perchè questo potrebbe portare per es. alla formazione di trombi o altre cose. In questo caso però
le alterazioni dovute all’assenza di ossigeno iniziale hanno portato a delle alterazioni di queste cellule che
fanno si che nel momento che noi facciamo la riperfusione i granulociti vanno a legarsi alle cellule
endoteliali e le trattano come se fossero dei batteri e quindi gli scaricano addosso una quantità enorme di
ROS che non possono essere compensate da sostanze dotate di capacità antiossidanti per cui sono i
granulociti che uccidono le nostre cellule.
Questa ipotesi è suffragata dal fatto che se noi togliamo i granulociti prima della riperfusione questi
fenomeni non si verificano.
Quindi abbiamo visto due tipi di necrosi una causata dall’assenza di ossigeno una dalla presenza di specie
reattive dell’ossigeno.
Possiamo concludere dicendo che se noi abbiamo dei periodi di ischemia relativamente brevi e poi il flusso,
l’apporto di ossigeno vengono restaurati normalmente questo processo è reversibile; quindi quella cellula
che pure era andata incontro a modificazioni: rigonfiamento, rigonfiamento organuli se il periodo di
ischemia è relativamente breve questa cellula può tornare allo stato normale quindi fenomeno reversibile.
Periodo di ischemia molto prolungato in questo caso la cellula non c’è la fa, abbiamo detto che può resistere
15/20 minuti, partono tutta quella serie di reazioni viste in precedenza e la cellula muore perchè l’accumulo
di calcio dovuto ai fenomenici cui abbiamo detto prima attiva tutta quella serie di enzimi che abbiamo
menzionato precedentemente che portano alla distruzione della cellula.
Ultimo caso è quello del danno da riperfusione qui abbiamo una ischemia che ha una durata non
sufficientemente lunga da uccidere la cellule ma nello stesso tempo modifica il comportamento e la struttura
delle cellule stesse; quando noi operiamo la riperfusione questa sofferenza cellulare si traduce in qualche
modo nell’induzione di processi che portano alla generazione ROS; in questo caso non è tanto il calcio
come catalizzatore di reazioni mortali ma è la eccessiva produzione di ROS che è causa della necrosi stessa.

L’ossigeno è implicato in tantissime reazioni sia normali che patologiche, per cui la produzione di specie
parzialmente ridotte dell’ossigeno la possiamo osservare in tantissime situazioni per cui è inevitabile che
queste si formano. Abbiamo visto che i ROS che si possono formare sono principalmente tre e sono dei
radicali liberi in quanto hanno un elettrone spaiato nell’orbita esterna per cui tendono a trovare un partner
per avere un assetto più tranquillo. Nel fare ciò tendere ad interagire con tutto ciò che trovano, non sono
molto selettivi, quindi reagiscono con proteine, lipidi DNA, ecc. Iniziano delle reazioni che sono dette
autocatalittiche perchè una volta che agiscono su un target praticamente formano una specie reattiva, un
radicale che non necessariamente è quello dell’ossigeno, ma è un radicale ad esempio un acido grasso che
attivato da un radicale rappresentato da una specie reattiva dell’ossigeno l’acido grasso diventa un radicale
reattivo a sua volta. Quindi sono reazioni autocatalittiche che si concludono generalmente in maniera
positiva per la cellula se gli antiossidanti intervengono prontamente e bloccano questi radicali che si sono
prodotti, ma se la quota prodotta eccede la quantità di antiossidanti, o se l’individuo è in carenza di
antiossidanti allora per la cellula è un guaio.
Come si formano questi ROS? Per assorbimento di energia radiante (UV); per reazioni ossidative del
metabolismo, abbiamo detto che il sistema del citocromo P450, che nel REL è indispensabile per
metabolizzare molte sostanze, ma nello stesso tempo, produce costantemente ROS; se ne formano a livello
mitocondriale; si possono formare anche radicali che non sono specie reattive dell’ossigeno è il caso del
tetracloruro di carbonio (CCl4) che è un solvente organico una volta che arriva al fegato viene metabolizzato
e si forma CCl3. che è un radicale libero che fa esattamente quello che fa un ROS.
Nel processo di formazione dei ROS il ferro è importante (ricordiamo quello detto per emosiderosi
emocromatosi). Perchè il ferro è importante? Perchè può catalizzare una reazione detta di Fenton che
partendo dal perossido di idrogeno si arriva alla formazione del radicale idrossilico quello che ha l’azione
più potente tra i radicali dell’ossigeno. Queste specie reattive dell’ossigeno vengono prodotte un po’
dappertutto: citosol, mitocondri, lisosomi, perossisomi nella plasmamembrana.
Ione superossido: viene prodotto a livello mitocondriale ma anche nel citoplasma come abbiamo visto prima
dalla xantina ossidasi che innesca delle reazioni dove vengono prodotte anche specie parzialmente ridotte
come appunto lo ione superossido, e anche a livello del REL ad opera del sistema P450 dipendente; possono
essere prodotte anche da enzimi che sono la cicloossigenasi e la lipoossigenasi che ritroveremo poi
nell’infiammazione acuta.

Perossido di idrogeno: questo viene generalmente prodotto dalla reazione catalizzata dall’enzima
superossidodismutasi che vuol dire che prende due di superossido e lo dismuta in perossido di idrogeno.
Quindi questa reazione parte da una specie reattiva dell’ossigeno per formarne un'altra, la reazione avviene
nei mitocondri, anche se è vero che il perossido di idrogeno viene formato anche in altri organuli che sono i
perossisomi.

Radicale idrossilico: viene prodotto da un processo di radiolisi operato per esempio dalle radiazioni
ionizzanti che quindi agiscono sull’acqua presente nelle cellule portando alla formazione del radicale
idrossilico; viene prodotto nella reazione di FENTON dove è importante la presenza di ferro che reagendo
in presenza del perossido di idrogeno porta alla formazione del radicale idrossilico; viene formato infine in
un'altra reazione detta di Haber-Weiss in cui il substrato è rappresentato dal perossido di idrogeno e dallo
ione superossido.

Come ci liberiamo dei ROS? Innanzitutto le specie reattive dell’ossigeno essendo appunto molto reattive
tendono anche a decomporsi spontaneamente, per cui hanno una vita media molto breve. I nostri sistemi di
difesa sono rappresentati da sistemi in cui intervengono degli enzimi, e sistemi in cui non c’è una azione
enzimatica. Antiossidanti di natura non enzimatica sono ad esempio la vitamina E che si lega a queste specie
reattive dell’ossigeno inattivandole; la stessa cosa fa la cisteina e anche il glutatione ridotto (si trasforma
legandosi in glutatione ossidato); poi ci sono tutta una serie di proteine circolanti nel siero (albumina,
ceruloplasmina, transferrina) che sono lo stesso in grado di tamponare in qualche modo queste specie
reattive dell’ossigeno e quindi di sottrarre le altre componenti cioè quelle che potrebbero essere danneggiate
in quanto sono loro che pensano a neutralizzare questi ROS.
Invece i sistemi enzimatici consistono: nella superossidodismutasi che abbiamo visto prima; nella catalisi
che agisce sul perossido di idrogeno dando luogo ad ossigeno normale più acqua; nella glutatione
perossidasi che utilizza glutatione ridotto e perossido di idrogeno per ottenere acqua.
(La vitamina C non è un forte ossidante rispetto alla E)

Com’è che i ROS danneggiano le molecole? Vediamo ad esempio un danno al DNA: le radiazioni ionizzanti
operano un processo di radiolisi nei confronti dell’acqua e generano il radicale idrossilico; questo può
legarsi proteine, lipidi, carboidrati,DNA ecc.
Vediamo il danno che provoca al DNA considerando due casi:1) DNA in replicazione e 2) DNA in stato di
riposo. 1) se il radicale si forma mentre la cellula si divide succede che si lega alla timina formando dei
dimeri di timina che impediscono la replicazione del DNA perchè impedisce alla DNA-polimerasi di
attaccare la base complementare dall’altra parte per cui si blocca la replicazione;se tutto va bene
intervengono i sistemi di riparazione del DNA che intervengono sul dimero di timina e portano via il pezzo
che è stato danneggiato che viene sintetizzato di nuovo e la replicazione può ripartire; ma se il danno è
particolarmente grave avremo un DNA danneggiato, mentre la cellula si sta dividendo, la cellula muore è
chiaro perchè non può stare con un DNA a pezzi per lungo tempo la cellula va incontro ad un processo di
morte che viene definito come apoptosi è un ciclo abortivo.
2) DNA quiescente mentre si producono queste specie reattive dell’ossigeno, cosa succede? Innanzitutto
un danno al DNA con rottura dei filamenti; la cellula fa partecipare sistemi di riparazione che richiedono
l’attivazione dell’enzima Poli-ADPRT la cui attivazione richiede pero NAD, se la reazione è
particolarmente violenta tutto l’NAD viene utilizzato per attivare questo processo di riparazione il che vuol
dire che si arriva anche ad un esaurimento delle scorte di ATP e per tutto quello che abbiamo detto sulla
deplezione dell’ATP la cellula muore (necrosi)

Queste specie reattive dell’ossigeno sono anche in grado di danneggiare le proteine: Esempio:ossidazione
delle proteine il cui compito è quello di trasportare il calcio, per tutto quello che abbiamo detto il calcio è
abbastanza pericoloso per cui ci sono tutta una serie di proteine che complessano il calcio in modo da
impedire che questo circoli libero ed evitare cosi che possa attivare impunemente tutte quelle reazioni
potenzialmente dannose. L’azione dei ROS su queste proteine può essere tale da impedire a queste proteine
di legarsi al calcio; se le proteine non legano il calcio aumenta la concentrazione di calcio libero che va ad
attivare tutti quegli enzimi responsabili della distruzione della cellula.

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