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Capitolo 37

Approfondimento 37.3
Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina e loro azione nelle patologie
cardiovascolari
Francesco Clementi, Guido Fumagalli

Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori, ACEi) rappresentano una
delle scoperte più rilevanti nel settore della terapia farmacologica delle malattie cardiovascolari. Sono
farmaci capaci di incidere considerevolmente nella terapia dell’ipertensione, dello scompenso cardiaco e
dell’infarto del miocardio.
Il loro meccanismo d’azione fondamentale è quello di inibire l’enzima di conversione dell’angiotensina
I (ACE), una metallo proteasi localizzata sulla membrana esterna delle cellule endoteliali, epiteliali e
neuronali e presente anche in forma libera nel sangue e in altri liquidi corporei. Questo enzima taglia un
dipeptide C-terminale dall’angiotensina I e dalla bradichinina, portando in un caso alla formazione di
angiotensina II e nell’altro a inattivazione della bradichinina. Le due proteine non sono gli unici substrati
dell’ACE, ma certamente sono quelli di cui più si conoscono i ruoli fisiologici e patologici nei confronti
del sistema cardiovascolare.
Il precursore dell’angiotensina II, l’angiotensina I, è prodotto per proteolisi limitata dell’angiotensinogeno
attuata dalla renina, l’enzima secreto dalle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare sotto il controllo del
recettore adrenergico β1. La bradichinina deriva dal chininogeno attraverso l’azione della callicreina ed è
degradata a prodotti inattivi dall’ACE (Figura 37.3.1).
L’angiotensina II agisce attraverso due recettori: i recettori AT1 e AT2; il recettore AT1, accoppiato a
proteine G, attiva la fosfolipasi Cb e la fosfolipasi A2 e, in alcune cellule, è accoppiato negativamente
con l’adenilato ciclasi. L’attivazione del recettore AT1 comporta anche effetti trofici soprattutto su cellule
muscolari cardiache, mediati da attivazione di MAP chinasi. I meccanismi di trasduzione del segnale del
recettore AT2 sono ancora da definire bene. L’angiotensina II è di diversi ordini di grandezza più potente
dell’angiotensina I sui recettori AT.
La renina è un enzima proteolitico della classe delle idrolasi, che viene secreto dalle cellule
iuxtaglomerulari del rene, ed è deputata all’attivazione del processo che trasforma l’angiotensinogeno in
angiotensina scindendo la molecola di angiotensinogeno a livello di un residuo di leucina.

Effetti dell’angiotensina sul sistema circolatorio


L’attivazione dei recettori AT comporta numerosi effetti a livello del sistema cardiocircolatorio
schematizzabili nei tre seguenti livelli: resistenze periferiche, funzione renale, cuore e vasi.
• Resistenze periferiche. L’angiotensina è un potente vasocostrittore. L’effetto è sia diretto, dovuto ad
aumento del tono della muscolatura liscia vasale, sia indiretto attraverso un aumento del tono centrale
dei nuclei vasomotori simpatici e un incremento della secrezione di catecolamine dai terminali nervosi e
dalla midollare del surrene e dall’inibizione del “reuptake” delle catecolamine.
• Funzione renale. L’angiotensina stimola la liberazione di aldosterone e di ormone antidiuretico. La
conseguente ritenzione di sodio e acqua porta a un aumento sensibile del volume plasmatico a cui
partecipa anche una riduzione del filtrato glomerulare dovuta a vasocostrizione renale.
• Cuore e vasi. La stimolazione dei recettori AT1 cardiaci è associata all’attivazione di proto-oncogeni,
sintesi di proteine della matrice extracellulare, produzione di fattori di crescita. Nel complesso, questi
eventi hanno significato trofico e portano all’aumento del volume del tessuto cardiaco. Un’attivazione
cronica dei recettori AT1, come nello scompenso cardiaco, porta a un rimodellamento del cuore
responsabile della sua inefficienza funzionale. L’angiotensina inoltre ha un effetto proliferativo sulle
cellule muscolari lisce vasali e aumenta il post-carico e le resistenze periferiche.

Effetti della Bradichinina sul sistema circolatorio.


La bradichinina genera vasodilatazione (soprattutto attraverso la produzione di prostaglandine e NO),
aumenta la permeabilità vascolare, stimola le fibre sensitive periferiche e contrae la muscolatura uterina.
La maggioranza di questi effetti è mediata dal recettore B2 che, accoppiato a proteine G, stimola le
fosfolipasi C e A2 con produzione di IP3 e derivati dell’acido arachidonico.

Meccanismo d’azione degli ACEi

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Farmacologia generale e molecolare – V edizione
© 2018 – EDRA S.p.A
Gli ACEi, riducendo la conversione dell’angiotensina I ad angiotensina II, riducono l’entità degli effetti
emodinamici e ormonali della angiotensina II. Nonostante vi siano prove sperimentali consistenti, non è
però ancora chiaro quanto dell’effetto degli ACEi nell’uomo sia dovuto anche alla ridotta degradazione
della bradichinina, anche se non vi è correlazione tra i livelli ematici di bradichinina ed effetti clinici.
Gli ACEi nascono non dal caso, ma sono il frutto di un ragionamento farmacologico preciso basato
sia sull’osservazione che il veleno di alcune vipere potenziava gli effetti della bradichinina, sia sulla
biologia delle convertasi, sia su una moderna chimica farmaceutica. Sono state sintetizzate molte
molecole di ACEi, diverse delle quali hanno un uso clinico consolidato. Pur avendo una struttura chimica
assai diversa tra loro, gli ACEi possono essere raggruppati in tre famiglie: quelli contenenti un gruppo
sulfidrilico (capostipite il captopril); quelli contenenti un dicarbossile (capostipite l’enalapril); quelli
contenenti un gruppo fosfinico (capostipite il fosinopril) (Figura 37.3.2). In genere si può dire che
essi non si distinguono per meccanismo d’azione e indicazioni terapeutiche. Alcuni di questi sono dei
profarmaci e divengono attivi solo dopo metabolizzazione, tra questi enalapril, fosinopril e ramipiril.

Indicazioni cliniche degli ACEi


Le principali indicazioni cliniche per un impiego degli ACEi sono descritte di seguito.
• Ipertensione. Nei pazienti ipertesi, come il loro nome indica, gli ACEi, diminuendo la produzione
di angiotensina II, abbassano la pressione media, la sistolica e la diastolica attraverso la riduzione
delle resistenze periferiche. A differenza di molti antipertensivi vasodilatatori, gli ACEi non causano
tachicardia riflessa.
• Scompenso circolatorio. I risultati di numerosi trial clinici dimostrano concordemente che gli ACE
inibitori riducono la mortalità in pazienti con scompenso cardiaco congestizio e migliorano la qualità
della vita. Tali effetti sono dovuti alla riduzione del post-, del pre-carico e dello stress del ventricolo
sinistro con un aumento della gittata senza incremento della frequenza cardiaca. Inoltre, la riduzione
dell’attivazione dei recettori AT1, aumentati nello scompenso, è responsabile della marcata riduzione
dello spessore della parete ventricolare e del rimodellamento cardiaco, fatto che è di notevole
importanza per l’adeguata irrorazione e ossigenazione delle cellule cardiache. Gli ACEi sono stati i
primi farmaci che si dimostrano capaci di interferire con la progressione dello scompenso cardiaco, con
meccanismi emodinamici ma anche cellulari, favorendo inoltre la protezione degli organi. Questi dati
clinici molto favorevoli suggeriscono che il trattamento con ACEi sia da iniziare molto precocemente
nello scompenso anche senza segni conclamati di disfunzione del ventricolo sinistro. Dati recenti
dimostrano anche una loro certa efficacia nello scompenso cardiaco con preservata la frazione di
eiezione.
• Infarto e aterosclerosi. Gli ACEi riducono del 20% l’incidenza della ricomparsa di infarto e di angina in
pazienti con moderato scompenso o con disfunzione del ventricolo sinistro. Dati iniziali suggeriscono
che gli ACEi possano essere utili anche nel prevenire i reinfarti in pazienti senza disfunzione
ventricolare. Infine evidenze sperimentali, non ancora suffragate da esperienze cliniche conclusive,
indicano un loro effetto protettivo sullo sviluppo della aterosclerosi.
• Insufficienza renale. Infine questi farmaci sono indicati nell’insufficienza renale perché riducono la
progressione di questa patologia, ritardando anche di molto la necessità di un trapianto renale. Questo
effetto benefico è evidenziabile soprattutto nella nefropatia diabetica. Tuttavia, dato il ruolo importante
del sistema renina-angiotensina nel controllo della perfusione glomerulare, l’uso di questi farmaci è
generalmente controindicato nei pazienti affetti da stenosi delle arterie renali.

Altri possibili meccanismi d’azione degli ACEi sul sistema cardiovascolare


I meccanismi completi per i quali gli ACEi mostrano un così ampio spettro di effetti benefici in patologie
cardiovascolari differenti non sono del tutto chiariti. Non è ancora chiaro quanto sia dovuto agli effetti
emodinamici, quanto alla mancanza degli effetti ormonali dell’angiotensina e quanto agli effetti sulla
bradichinina. Infatti, si è osservato che il sistema renina-angiotensina è presente in molti tessuti (rene,
cervello, pancreas, tessuto adiposo e riproduttivo) con enzimi e recettori intracellulari. Gli effetti
intracellulari dell’angiotensina II sono diversi a seconda delle cellule e i più comuni sono: aumento del
Ca2+ intracellulare, attivazione di CREB via ERK1 e 2, modulazione dell’espressione di geni. I recettori
intracellulari che mediano questi effetti sembrano essere analoghi ai recettori AT1e AT2, ma anche altri
recettori non ancora conosciuti sono presenti sia nel citoplasma sia nel nucleo. Gli effetti intracellulari
dell’angiotensina possono spiegare in parte gli effetti clinici favorevoli, che si ottengono inibendo
cronicamente il sistema renina-angiotensina, che vanno al di là di quanto si potrebbe prevedere in base
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agli effetti emodinamici e che si traducono in una maggiore protezione degli organi agli insulti della
patologia cardiovascolare.
Gli ACEi stimolano però la sintesi e la secrezione di renina in quanto inibiscono il feed-back negativo
che regola questo circuito (Figura 37.3.1), dato riscontrato in clinica dopo trattamenti cronici. La renina
potrebbe essere convertita in angiotensina attraverso vie alternative rappresentate dagli enzimi catepsina
G ed elastasi, e questo potrebbe spiegare la riduzione degli effetti terapeutici in trattamenti cronici.

Ulteriori effetti degli ACEi in patologie non del sistema cardiovascolare


La presenza del sistema renina-angiotensina in molti altri tessuti, oltre a quello cardiovascolare, ha fatto
ipotizzare che esso sia coinvolto anche se non come movente principale in molte patologie tra le quali,
patologie infiammatorie, del sistema nervoso, nell’abuso di droghe, nei tumori, nell’obesità e nel diabete.
Questa attività pleiotropica sarebbe sostenuta dalle proprietà antiossidanti degli ACEi.

Gli effetti collaterali degli ACE


Gli effetti collaterali degli ACEi sono estremamente limitati. Tuttavia, nell’1-10% dei pazienti trattati
si osserva la comparsa di angioedema e tosse secca e stizzosa che talvolta impongono la sospensione
della terapia. La tosse secca sembra sia dovuta a un’eccessiva produzione polmonare di sostanza
P, bradichinina e prostaglandine, mentre l’angioedema è probabilmente dovuto a meccanismi che
coinvolgono l’istamina, i leucotrieni e anche la bradichinina.
A livello renale, gli ACEi possono condurre a uno scompenso renale soprattutto nei pazienti con
scompenso cardiaco dovuto essenzialmente a disturbi dell’asse angiotensina-aldosterone o con una cattiva
funzionalità renale. Gli ACEi possono anche causare una iperpotassiemia.

Gli inibitori della renina


Altri interventi recenti sul sistema renina-angiotensina sono da ricordare al di là degli ACEi e tra questi i
più importanti sono quelli con gli inibitori dei recettori per l’angiotensina I e con gli inibitori della renina.
Accenniamo qui a questi ultimi farmaci che più sono correlati con gli ACEi.
Gli inibitori della renina sono farmaci molto recenti, già approvati da FDA e MEA e introdotti in clinica
nella terapia dell’ipertensione, con una farmacocinetica e tollerabilità particolarmente favorevoli. I
capostipiti sono il remikiren e l’aliskiren (Figura 37.3.3).
Essi agiscono a monte del sistema renina-angiotensina bloccando l’attivazione della renina e quindi sono
potenzialmente più attivi degli ACEi, in quanto bloccherebbero anche le vie alternative di produzione
di angiotensina e non avrebbero effetto sul metabolismo della bradichinina. La loro efficacia clinica
è paragonabile a quella degli ACEi, ma forse sono meglio tollerati. Tuttavia, gli studi sugli inibitori
della renina non sono così completi e definitivi come quelli sugli ACEi. Il loro impiego clinico è come
monoterapia, ma soprattutto in associazione agli ACEi o ai bloccanti dei recettori AT1 o altri farmaci
antipertensivi nella terapia dell’ipertensione.

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