I loro territori raggiungono, come si è detto in precedenza, il Reno.
Tra i Treveri due uomini lottavano per il
potere: Induziomaro e Cingetorige. Quest'ultimo, non appena giunge notizia dell'arrivo di Cesare con le legioni, gli si presenta e, confermandogli che lui e tutti i suoi avrebbero rispettato gli impegni assunti senza tradire l'amicizia del popolo romano, lo mette al corrente della situazione. Induziomaro, invece, inizia a raccogliere cavalieri e fanti e a prepararsi alla guerra; chi, per ragioni d'età, non poteva combattere, era stato posto al sicuro nella selva delle Ardenne, una foresta enorme, che dal Reno attraverso la regione dei Treveri si estende sino al confine dei Remi. Ma quando alcuni principi dei Treveri, spinti dai loro legami di amicizia con Cingetorige e spaventati dall'arrivo del nostro esercito, si recarono da Cesare e, non potendo provvedere per la nazione, cominciarono a presentargli richieste per se stessi, anche Induziomaro, nel timore di rimaner completamente solo, gli inviò emissari: non aveva voluto abbandonare i suoi e presentarsi di persona a Cesare soltanto per poter garantire, con maggior facilità, il rispetto degli impegni assunti; c'era il rischio che il popolo, una volta lontani tutti i nobili, commettesse imprudenze; i Treveri, dunque, erano sotto la sua autorità ed egli, se Cesare lo permetteva, si sarebbe recato nell'accampamento romano per porre se stesso e la propria gente sotto la sua protezione. IV Cesare, anche se capiva i motivi che avevano spinto Induziomaro a parlare in tali termini e che cosa lo inducesse a rinunciare al piano intrapreso, tuttavia, per non trovarsi costretto, con la spedizione per la Britannia già pronta, a passare l'estate nelle terre dei Treveri, gli ordinò di presentarsi con duecento ostaggi. Dopo che Induziomaro ebbe consegnato gli ostaggi, tra cui suo figlio e tutti i suoi parenti, espressamente richiesti, Cesare lo trattò con benevolenza, lo invitò a rispettare gli impegni; comunque, convocati i capi dei Treveri, li riconciliò uno a uno con Cingetorige, non solo in considerazione dei meriti da lui acquisiti, ma anche perché riteneva molto importante favorire al massimo l'autorità di Cingetorige tra i Treveri, data la straordinaria devozione del Gallo nei suoi confronti. Fu un duro colpo per Induziomaro veder diminuito il suo prestigio tra i Treveri: se già prima il suo animo ci era ostile, adesso l'ira lo inasprì maggiormente. V Sistemata la questione, Cesare con le legioni raggiunse Porto Izio. Qui apprese che sessanta navi, costruite nelle terre dei Meldi, erano state respinte da una tempesta e non avevano potuto tenere la rotta, per cui erano rientrate alla base di partenza; trovò, però, le altre pronte a salpare ed equipaggiate di tutto punto. Qui lo raggiunsero contingenti di cavalleria da ogni parte della Gallia, per un complesso di circa quattromila uomini, insieme ai principi dei vari popoli: ne lasciò in Gallia ben pochi, quelli di provata lealtà; gli altri aveva deliberato di portarseli dietro in qualità di ostaggi, perché temeva, in sua assenza, una sollevazione della Gallia. VI Tra gli altri c'era l'eduo Dumnorige, di cui abbiamo già parlato. Fu uno dei primi che Cesare decise di tenere con sé, conoscendone il desiderio di rivolgimento, l'ambizione di comandare, la forza d'animo e il grande prestigio tra i Galli. Inoltre, nell'assemblea degli Edui, Dumnorige aveva detto che Cesare gli aveva offerto il regno: ciò non piaceva affatto agli Edui, ma non osavano inviare messi a Cesare per opporsi o per invitarlo a desistere. Della faccenda Cesare era stato informato dai suoi ospiti. Dumnorige, in un primo tempo, ricorse a ogni sorta di preghiere per riuscire a restare in Gallia: disse di aver paura del mare, inesperto com'era di navigazione, addusse come scusa un impedimento d'ordine religioso. Quando vide le sue richieste tenacemente respinte, persa ogni speranza di raggiungere il suo scopo, cominciò a sobillare i principi della Gallia e a terrorizzarli; li prendeva in disparte, li spingeva a non lasciare il continente: non era un caso se la Gallia veniva privata di tutti i nobili; si trattava di un piano di Cesare, che, non avendo il coraggio di eliminarli sotto gli occhi dei Galli, li portava in Britannia per ucciderli; come garanzia per loro, Dumnorige dava la propria parola, ma ne esigeva la promessa, con giuramento solenne, di provvedere di comune accordo a ciò che ritenevano l'interesse della Gallia. Le mosse di Dumnorige vennero riferite a Cesare da più d'uno.