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1 Marzo 2012: Giornata di studi

Medioevo veneto, medioevo europeo


Identità e alterità
Progetto strategico 2009-2012

Laura Capuzzo

L'antropologia di Pietro d'Abano: corpo, anima, passioni, vizi e virtù morali

Come è noto Pietro d'Abano è un medico padovano attivo tra la fine del Duecento prima metà del
Trecento. L'interesse per lo studio della sua antropologia scaturisce da diversi fattori, da un lato
metodologici, dall'altro strettamente contenutistici. Innanzitutto, è interessante il metodo che Pietro
d'Abano impiega nella costruzione della sua antropologia: egli, infatti, si propone di compiere una
sintesi tra il sapere medico e la filosofia greca, in particolare tra Galeno ed Aristotele. Inoltre lungi
dall'essere semplicemente un erudito, egli è un fine sperimentatore interessato a verificare con
l'osservazione naturalistica e l'esperienza quelle che sono le teorie biologiche e mediche di Aristotele e
di Galeno.

La sua antropologia risulta particolarmente interessante anche – e soprattutto direi – dal punto di vista
contenutistico. La sua attitudine fortemente naturalistica lo porta ad elaborare una concezione
dell'uomo concepito quasi esclusivamente all'interno dello spazio della vita terrena e del tutto slegato
da una qualsivoglia prospettiva escatologica. Pietro d'Abano, infatti, propone un'interpretazione
naturale di questioni che solitamente vengono risolte dalla teologia. Unico collegamento tra l'uomo
sublunare e il mondo extraterreno è messo in atto dagli astri e dalla loro influenza sulla vita umana;
argomento che - secondo la storiografia più recente – rappresenterebbe una delle ragioni dei processi
intentati contro il medico padovano. Accenno brevemente che l'Aponense stesso dichiara di che
furono 55 gli errori rintracciati nelle sue dottrine, ma che si sarebbe salvato dalla condanna grazie
all'aiuto del Papa. Secondo Tommaso di Strasburgo, unico testimone quattrocentesco delle condanne
contro Pietro, egli sarebbe stato condannato per la tesi materialista secondo cui l'anima intellettiva è

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ricavata dalla potenza della materia e anche per aver derivato i miracoli divini fornendo una
spiegazione naturalistica della resurrezione di Lazzaro. Gli studi intorno al numero e alle modalità della
condanna di Pietro sono riprese solo recentemente e gli studiosi ritengono che possano derivare da un
insieme di fattori tra cui proprio dalla sua strenua difesa dell'astrologia.

Un contributo essenziale nella costruzione della propria teoria sull'uomo, gli deriva dall'esame delle
teorie generative antiche e dalla formulazione della propria teoria embriologica. Pietro affronta il tema
della generazione investigandone tutti i suoi aspetti, dalle modalità in cui la generazione e il
concepimento avvengono, al funzionamento e l'anatomia degli organi coinvolti, allo sviluppo
dell’embrione, fino alle modalità della differenziazione sessuale. Abbracciando la posizione di Galeno,
l'Aponense ritiene che siano due i principi che permettono la generazione, uno maschile e uno
femminile, rifiutando parzialmente la posizione aristotelica, e maggiormente diffusa, secondo cui
l'unico principio attivo e formale nella generazione sarebbe quello maschile mentre al principio
femminile sarebbe riservato solo il ruolo di causa materiale. In particolare, il principio maschile si
identifica con quella che Pietro definisce la virtus informativa che viene immessa nell'essere umano
direttamente da Dio in una fase piuttosto avanzata dello sviluppo prenatale, che non è la forma
sostanziale ma che in un certo senso la sostituisce, poiché la virtus organizza la materia e presiede allo
sviluppo dell'embrione fino al momento in cui Dio non immetterà in esso l'anima ovvero la vera forma.

Altro fattore essenziale nell'antropologia di Pietro è il ruolo dell'astrologia. Il processo generativo,


l'atto stesso della nascita e l'intera vita umana, sono sottoposti all'influenza astrale. Va detto però che
tale influenza non si esprime nella determinazione del destino ineluttabile, ma si svolge ad livello più
elementare e fondamentale, cioè a livello fisiologico. Il momento del concepimento, il tempo dello
sviluppo prenatale, l'atto della nascita sono presieduti da pianeti che influenzeranno lo sviluppo
fisiologico dell'individuo.
I pianeti, infatti, influenzano quella che viene definita la complexio dell'individuo, ovvero la struttura
organizzata che costituisce e presiede le funzioni del vivente. Essa consiste in una proporzione delle
qualità naturali che formano ogni ente. La teoria della complessione ha come presupposto la tesi
secondo cui tutti gli enti sono formati da una diversa mescolanza dei quattro elementi fondamentali
(acqua, aria, terra, fuoco). Da questi quattro elementi derivano quattro qualità fondamentali ovvero
caldo, freddo, secco e umido, dalla cui proporzione risulta la complexio, che rappresenta, dunque, la

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costituzione psicofisica per mezzo della quale il vivente può esercitare le sue funzioni.

La dottrina della complexio, che Pietro d'Abano ricava in primis da Galeno, risale ad Aristotele e prima
ancora ad Ippocrate. Dalle qualità poi, derivano gli umori presenti nel corpo ovvero sangue, flemma,
bile gialla, bile nera. Nell'essere umano, la prevalenza di uno dei quattro umori genera inoltre anche i
vari temperamenti (ovvero sanguigno, flemmatico, collerico, malinconico) secondo una dottrina di
Aristotele ripresa in seguito da Galeno. Per cui l'influenza degli astri determina la complessione
dell'individuo e in maniera secondaria il temperamento.
La complexio, per quanto armonica ed equilibrata, presenta spesso la prevalenza di una delle qualità e
quindi di un umore. Essa determina la durata della vita, lo stato di salute e la predisposizione per certe
malattie o disturbi.
In questo frangente assume un ruolo importante la pratica medica. L'Aponense infatti ritiene che, il
medico, avvalendosi dei tre principali metodi di cura: dieta, potio e chirurgia, sia in grado non solo
curare le malattie e i disturbi, ma anche modificare radicalmente eventuali complessioni negative,
intervenire sulla durata della vita, prolungandola o modificare la predisposizione verso certi disturbi.
Del resto non solo per Pietro, ma per i medici dell'epoca e fino almeno al Rinascimento manca il
concetto ontologico di malattia, ovvero l'idea che ciascun male possieda delle cause determinate, dei
sintomi e un decorso preciso, ma prevale la tesi, elaborata da Ippocrate, che la malattia sia solo il
sintomo di un alterazione dell'equilibrio organico.
Per queste ragioni, l'agire medico avrà una portata globale, ovvero sull'organismo nel suo complesso e
non sulla singola parte malata.

Perciò uno strumento indispensabile per il medico è rappresentato dalla fisiognomica. La fisiognomica
si definisce genericamente come l'arte di leggere il volto e in generale l'aspetto di un individuo al fine
di scoprirne tratti caratteriali e comportamentali. Pietro ritiene che etimologicamente la parola
fisiognomica sia l'insieme delle parole physis e nomos, natura e legge, e tale scienza si costituirebbe
come la scienza che indaga le leggi di natura, in particolare la legge che determina i rapporti tra anima
e corpo. La forma del corpo, infatti, e la potenza dell'anima sono impressi l'una nell'altra
vicendevolmente, in modo tale che le qualità dell'anima condizionano l'aspetto e la forma del corpo e
viceversa. Tra anima e corpo c'è insomma un rapporto di proporzionalità che proprio la fisiognomica ha
il compito di indagare. Analizzando i connotati fisici del soggetto, i tratti del volto, la corporatura e in

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particolare gli occhi, se ne comprendono tratti psicologici e caratteriali e a partire da questi può dare
ragione del temperamento del soggetto.
Per Pietro, dunque, la fisiognomica ha senso solo se collegata a una duplice serie di rapporti: quello tra
anima e corpo, e quello tra gli astri e il mondo sublunare. Il collegamento tra anima e corpo è messo in
atto dai principi generativi che a loro volta subiscono l'influenza degli astri. Pietro così fornisce ragione
e validità scientifica alla fisiognomica, per mezzo del collegamento con la generazione e l'astrologia.
La fisiognomica, infatti, indaga quella legge di proporzionalità, perciò una legge matematica, che
regola le influenze degli astri, e che sussiste tra anima e corpo.

L'influenza degli astri tuttavia non si svolge solo a livello del soggetto considerato nella sua
complessità, Pietro ritiene che il corpo umano sia suddivisibile in 12 parti, ciascuna delle quali si trovi
sotto l'influenza di un pianeta, nella prospettiva dell'uomo inteso come microcosmo che riflette in sé la
ricchezza del macrocosmo e dell'universo.
Tuttavia, come accennavo prima, una prospettiva antropologica così astrologicamente orientata non
comporta per il medico padovano il pericolo di una caduta nel determinismo astrologico, dal momento
che l'Aponense ribadisce spesso come proprio il legame tra anima e corpo e in particolar modo le
capacità volitive dell'anima permettono di trattenere e modificare tutte le inclinazioni del corpo.
L'anima, pur essendo strettamente legata al corpo, infatti, è divina e separata da esso e dunque può
porre freno o controllare gli impulsi del corpo.

Per fornire un quadro generale dell'antropologia di Pietro d'Abano è utile fare riferimento alla sua teoria
dei vizi e delle virtù morali esposta da Pietro nel suo commento ai Problemata dello Pseudo-Aristotele.
Pietro ritiene che non solo le virtù inferiori, ma anche quelle che dipendono dalle più alte facoltà
razionali siano strettamente legate agli stati fisiologici. Questa sorta di fisiologizzazione delle virtù
morali trova ragione nell'importanza che l'Aponense attribuisce alla spiegazione naturalistica dei
fenomeni e alla filosofia naturale. Le virtù sono definite come degli abiti che regolano le nostre azioni e
passioni (o emozioni) e sono definite come il medio tra due vizi che rappresentano l'eccesso e il difetto.
Attraverso il possesso dell'habitus virtuoso, possiamo superare quelle passioni che conducono al vizio e
raggiungere la felicità. L'approccio di Pietro alle virtù morali presta una forte attenzione alle condizioni
materiali che sono necessarie ai comportamenti virtuosi, e si basa su un approccio di tipo medico. I vizi
e le virtù sono esaminati infatti a partire dalle manifestazioni fisiche nel corpo, per esempio Pietro

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esamina la virtù del coraggio a partire dal calore fisico che caratterizza il coraggioso o il timore a
partire dal tremolio. Pochissima importanza viene riservata – nella teoria morale di Pietro – al valore
della scelta volontaristica e della razionalità nell'acquisizione degli habita virtuosi. Tuttavia, la
convinzione di Pietro di aver esposto una vera e propria teoria morale ci segnala che siamo di fronte ad
un approccio veramente inusuale rispetto ai suoi contemporanei. Sappiamo infatti che le discussioni
prevalenti all'interno dell'Università di Parigi erano legate alla determinazione del primato fra intelletto
e volontà. Mentre, solo per fare un esempio, Pietro si interessa di tematiche quali 'perché i coraggiosi
sono amanti del vino' e vi risponde in una lunga questione in cui fornisce spiegazioni esclusivamente
fisiologiche – il calore prodotto dal sangue porterebbe la sete e il bisogno di bere.
Dunque, anche la teoria delle passioni ci fornisce la cifra dell'approccio naturalistico dell'Aponense che
proprio a partire da questa prospettiva e da un approccio di tipo sperimentale sostiene altre teorie
piuttosto inusuali per la sua epoca, prima fra tutte la sua concezione dell'omosessualità.
Invece di impiegare, secondo il costume del tempo, il lessico della vergogna e del peccato, Pietro ne
formula una spiegazione puramente naturalistica. In certi soggetti, secondo Pietro, essa
rappresenterebbe un'attitudine del tutto naturale poiché sarebbe derivante da cause strettamente
fisiologiche.

Questo è sicuramente un esempio di come Pietro sia una sorta di physicus nel senso antico del termine.
Egli non si ferma alle fonti mediche greche e arabe riportandone pedissequamente il pensiero ma
analizza ogni cosa dal punto di vista naturalistico attraverso un approccio di tipo sperimentale. Solo da
poco gli studiosi hanno intrapreso lo studio dell'immensa opera conosciuta sotto il titolo di Expositio
Problematum Aristotelis in cui emergono costanti e nuovi spunti di ricerca. Per esempio, prendendo
spunto al carattere interdisciplinare dell'occasione, accenno al fatto che in numerosi passaggi di questa
opera, Pietro mostra il suo apprezzamento nei confronti di Giotto e della sua arte. Altri accenni sono
legati al concetto di uomo microcosmo che rappresenta una delle linee principali su cui ho intenzione di
sviluppare una nuova fase della mia ricerca.

Pietro d'Abano è un personaggio sicuramente originale, secondo molti studiosi per certi versi
anticipatore di alcune istanze che saranno tipiche del Rinascimento, ma ancora fortemente legato ad un
sentire medievale.
Inoltre con la sua lunga permanenza a Padova, ma anche i suoi numerosi viaggi in Europa, da Parigi a

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Costantinopoli, in Germania, in Scozia e in Sardegna, egli rappresenta proprio quella commistione fra
la realtà locale e la più ampia prospettiva europea che fornisce il titolo al nostro progetto.

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