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Gestione della qualità delle imprese Agroalimentari -


Riassunti
Gestione Della Qualità Delle Imprese Agroalimentari (Università degli Studi di Napoli
Parthenope)

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LEZIONE 1: INTRODUZIONE
Il sistema agroalimentare contemporaneo si caratterizza per una crescente attenzione alla
qualità, intesa come capacità del bene alimentare di soddisfare le aspettative del
consumatore. Per qualità quindi si intende il grado con cui il bene alimentare soddisfa le
esigenze e le aspettative dei consumatori.
Descritto il bene come paniere di caratteristiche, i consumatori esprimono preferenze su
combinazioni di tali caratteristiche. Nel caso del prodotto alimentare, però, non tutte le
caratteristiche sono osservabili, quindi valutabili in termini qualitativi prima del consumo, e
in molti casi nemmeno dopo di esso. Gli attributi del prodotto alimentare hanno quindi le
caratteristiche visive come aspetto, colore, assenza di danni esteriori; caratteristiche
organolettiche come gusto, grado di maturazione; e attributi non osservabili e non
verificabili dopo il consumo da parte del consumatore.
Il concetto di qualità quindi si estende fino ad includere accanto alle caratteristiche
organolettiche e visive, anche attributi di fiducia non perfettamente osservabili e valutabili
da parte del consumatore nemmeno dopo l’atto di consumo. La qualità infatti nella sua
accezione più ampia comprende aspetti quali la salute, la nutrizione, la qualità ambientale,
la valorizzazione del territorio, gli effetti dei processi produttivi sul benessere degli animali.
La desiderabilità di tali attributi si traduce in domanda nella misura in cui il consumatore è
disposto a pagare per un prodotto che garantisca un livello di qualità superiore.
Secondo la classificazione degli attributi di Nelson (1970) si parla di:
- bene di ricerca: prodotto per il quale la verifica della qualità prima dell’acquisto è possibile
ma costosa
- bene di esperienza: prodotto la cui qualità si rivela esclusivamente dopo l’acquisto, al
momento del consumo
- bene di fiducia o credenza: se la qualità non è perfettamente rivelata neppure dopo
l’acquisto
Secondo la classifica di Nelson le caratteristiche organolettiche del bene alimentare possono
essere riclassificate come caratteristiche di esperienza; tra le caratteristiche di credenza,
invece, troviamo la sicurezza sanitaria, gli effetti dei processi produttivi sull’ambiente, sul
benessere degli animali, sulla salute dei lavoratori, la sostenibilità dei processi produttivi,
ma anche l’origine del prodotto o delle materie prime utilizzate, più in generale possiamo
dire il rispetto dei requisiti minimi di produzione.
L’intervento pubblico in materia di qualità è giustificato dai seguenti fattori:
- la presenza di asimmetrie informative tra la fase di produzione e consumo
- la presenza di esternalità associate al consumo di beni alimentari
- la necessità di assicurare la tutela dei requisiti essenziali (salute, informazione, lealtà
commerciale)
- il mantenimento della qualità nel lungo periodo
Ad esempio per quanto concerne l’asimmetria informativa, dobbiamo partire dalla

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considerazione che i consumatori sono “imperfect problem solvers” che raccolgono cioè
informazioni limitate sulla base delle quali intraprendono le loro scelte di consumo. Il
processo decisionale del consumatore è quindi imperfetto e tale imperfezione, unita al grado
di completezza delle informazioni a disposizione, può generare errori nelle probabilità
soggettive attribuite dal consumatore a differenti esiti rischiosi. I rischi elevati ad esempio
tendono ad essere sottostimati, mentre i rischi minori vengono sovrastimati.
Una possibile giustificazione di ciò risiede nel fatto che l’abilità dei consumatori nel
giudicare le probabilità dipende dall’abilità di immaginare un evento rischioso. Le
probabilità associate a rischi fortemente visibili, improvvisi e fortemente pubblicizzati
(come i rischi connessi agli additivi o al botulismo) tendono pertanto ad essere sovrastimate,
mentre quelle associate a eventi graduali, silenti (ad es. legati a problemi cardiovascolari
dovuti all’alimentazione) tendono ad essere sottostimate. Svariati studi mostrano come la
copertura dei media influenzi significativamente le percezioni del consumatore riguardo alla
sicurezza degli alimenti o l’eccessiva pubblicità possa infine portare a una sovrastima del
rischio.
Inoltre la natura qualitativa dei fattori individuali di rischio, quali il livello percepito di
controllo, il grado di volontarietà, l’immediatezza degli effetti, il livello di paura del
consumatore, la probabilità di effetti non noti, la disponibilità di alternative e reversibilità
delle conseguenze, condizionano la stima della probabilità. Il rischio associato alla presenza
di residui di pesticidi, ad esempio, può essere considerato involontario da parte del
consumatore il che tende ad accrescere il livello di rischio percepito.
L’intervento pubblico si realizza attraverso diversi livelli e modalità di regolazione, come:
- norme pubbliche a carattere obbligatorio
- schemi di certificazione regionali
- schemi di certificazione nazionali
- iniziative di orientamento ed altre forme di certificazione pubblica
E questo per correggere le inefficienze del mercato e garantire il raggiungimento del livello
di qualità socialmente ottimale.
Accanto all’intervento pubblico sono ampiamente diffuse iniziative private di
normalizzazione della qualità che mirano a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto, a
tutelare la reputazione delle imprese, a favorire in alcuni casi in conseguimento di un
vantaggio competitivo di differenziazione sul mercato.
Le iniziative private di normalizzazione della qualità non solo influiscono sul livello di
qualità offerto al consumatore finale, e quindi sull’efficacia dell’intervento pubblico, ma
soprattutto:
- modificano l’organizzazione interna delle imprese
- impongono costi significativi di conformità, che possono portare all’esclusione dei
produttori più deboli dalle transazioni di mercato
- influiscono profondamente sull’organizzazione stessa delle filiere agroalimentari.

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LEZIONE 2: I CAMBIAMENTI DI MERCATO


ED IL RAPPORTO CON LE TEMATICHE
DELLA SICUREZZA ALIMENTARE E DELLA
QUALITA’
Oggi la domanda di mercato agroalimentare europea è molto eterogenea, dinamica ed
incostante; essa varia in funzione di numerosi fattori quali la sensibilità del consumatore al
prezzo dei prodotti, o piuttosto all’informazioni che accompagnano il prodotto e ai processi
di produzione utilizzati. Per comprendere in che modo la domanda riesca ad influenzare il
sistema agroalimentare, si possono osservare tre specifici fattori:
1. la forte reattività dei consumatori ai problemi di sicurezza alimentare
2. la comparsa di nuovi valori nell’acquisto di alimenti
3. la dimensione collettiva della nuova sensibilità dei consumatori europei
Negli ultimi anni con cadenza quasi regolare si succedono crisi alimentari che
contribuiscono ad accrescere la sensibilità dei consumatori riguardo ai rischi sulla sicurezza
degli alimenti. Di fatto, gli avvenimenti che hanno dato un chiaro segnale circa la
percezione del rischio nell'ambito del sistema di produzione degli alimenti sono stati la crisi
del metanolo nel vino (1985-1986) e della BSE (encefalopatia spongiforme bovina, 1996-
2000). Si è trattato di eventi che hanno segnato il mercato evidenziando il ruolo decisivo
della domanda e che hanno spinto gli operatori delle relative filiere a riorganizzarsi
strutturalmente per offrire maggiori garanzie in termini di qualità.
Esempio – La cristi del metanolo nel vino: nel 1985 il governo italiano diminuì le tasse sul
metanolo per abbassare i prezzi ed incentivarne la produzione, infatti dopo la crisi
energetica degli anni ’70 in molti paesi industrializzati si era verificata una notevole ripresa
di interesse per la produzione di metanolo a partire dalla biomassa. Il metanolo era già noto
agli inizi del 1700 ma solo 100 anni dopo con lo scienziato Tylor si scoprì come le proprietà
chimiche dell’alcol metilico e di quello etilico fossero molto simili. Partendo proprio da
questo assunto ha avuto inizio la frode alimentare che condusse all’uso del metanolo nella
vinificazione e agli effetti sulla saluta umana in alcuni casi mortali che ne sono susseguiti. Il
metanolo può essere raffinato per ottenere benzina sintetica, paragonabile alle benzine
tradizionali o impiegato nella produzione di biodiesel. Parallelamente, la politica agricola
comunitaria degli anni ’80 iniziò a sovvenzionare la distillazione per le eccedenze di
produzione. In conseguenza di ciò, nel 1986, alcuni produttori di vino, al fine di ottenere
maggiori aiuti comunitari, decisero di aggiungere parti di metanolo al vino destinato alla
distillazione per aumentarne artificialmente il grado alcolico. Tali aziende vendettero il
vino, che sarebbe stato destinato alla distillazione, al mercato al dettaglio come vino da
tavola ed in alcuni casi come vino denominazione. Da qui ebbe inizio la più grande frode
nell’alimentazione. In Italia il consumo della mistura di vino e metanolo finì per uccidere 19

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persone ed altri 15 persero la vita per danni al sistema nervoso. Tutto ciò portò ad uno shock
del mercato che si tradusse in una presa di coscienza collettiva della vulnerabilità del
sistema agroalimentare.
Anche la filiera della carne è stata interessata da importanti shock di mercato, tra cui oltre
alla nota crisi della BSE del 1996 che interessò la carne bovina, troviamo anche l’epidemia
di afta epizootica del 2001. Ricordiamo inoltre altre crisi dovute alla salmonella, alla
diossina e all’influenza aviaria, che hanno testimoniato l’eccezionale risposta in termini di
crollo dei consumi per le preoccupazioni connesse alla salute e la sfiducia nei sistemi
produttivi di riferimento. Oggi situazioni di inquinamento ambientali di peggioramento delle
condizioni di salute della popolazione globale vedremo che stanno determinando nuovi
sviluppi e nuove risposte dalle filiere agroalimentari anche in essenza di situazioni di crisi.
Per comprendere in che modo la domanda riesca ad influenzare il sistema agroalimentare,
abbiamo detto che occorre anche i valori che a loro volta condizionano l’acquisto di
alimenti. A riguardo, le dinamiche di consumo influenzano il comportamento degli operatori
ed il sistema economico e questo poi condiziona i consumi alimentari, in una logica di
evoluzione circolare del fenomeno.
Le nuove tendenze nei consumi sono fortemente condizionate dal modificarsi
dell’organizzazione sociale del lavoro, dai cambiamenti demografici, dalle condizioni
reddituali, dalle condizioni salute ed altro, ovvero quelle che possiamo definire variabili
socio-economiche. Ma tali tendenze possono essere condizionate anche da variabili
culturali, che si traducono ad esempio in una minore o maggiore attenzione al rispetto
dell’ambiente, al benessere degli animali, al prezzo, agli stili di vita; oppure da variabili di
carattere istituzionale alimentate da strumenti di comunicazione volte a favorire un
determinato consumo piuttosto che un altro.
Un esempio di come gli stili di vita e soprattutto le richieste dei consumatori oggi stiano
influenzando il sistema delle produzioni alimentari è rappresentato dalle richieste di pane
integrale, a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, al kamut, a km 0. Cresce infatti
la richiesta di pane con valenze salutistiche ad alto valore nutrizionale. E mentre il pane
tradizionale mantiene le posizioni, è in crescita quello particolare a valore aggiunto del 7%.
Questi valori emergono dalla ricerca “Il mercato della pizza artigianale, del pane e della
pasticceria industriale e artigianale” promossa da Aibi (Associazione Italiana Bakery
Ingredients) ed elaborata da Databank. Dal fornaio gli italiani sono sempre più attenti alla
forma fisica e alla qualità, in un ottica di risparmio. Naturalmente per contenere i prezzi si
prediligono le piccole pezzature.
Dalla ricerca dell’Aibi emerge anche una crescita dell’interesse per il pane biologico che
aumenta di oltre il 2%. Inoltre l’aumento di disturbi dell’alimentazione ha prodotto un
nuovo filone, quello dei prodotti senza glutine e a base di cereali alternativi al frumento
(kamut, farro) il cui giro d’affari vale oggi circa 250 milioni di euro (+18%). Secondo Aibi,
la tendenza, nei prossimi anni, è quella di un ulteriore aumento del pane particolare. Si
fanno poi strada i sostituivi del pane (grissini, crackers, pani morbidi) che lo scorso anno
hanno segnato un aumento di circa 1%; e la ricerca Databank prevede una crescita del 1.2%

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nel 2015.
Nonostante la crisi faccia ancora sentire i suoi effetti, il pane fresco artigianale resta il più
amato dagli italiani. Negli ultimi sei anni, però, le difficoltà economiche hanno portato ad
un consumo medio pro capite tra gli 85 ed i 90 grammi, con un calo di venti grammi circa
rispetto al 2009. Rispetto al 2014, la riduzione è del 3.8%.

LEZIONE 3: DALLA QUALITA’ ALIMENTARE


ALLA QUALITA’ DELL’ALIMENTAZIONE
(PARTE I)
Oggi parlare di qualità degli alimenti non è più sufficiente a causa delle nuove istanze di
sostenibilità sociale oltre che economiche ed ambientali provenienti dal mondo dei
consumatori. Bisogna far riferimento ad un nuovo concetto, ovvero quello più ampio di
qualità dell’alimentazione capace di riconoscere la qualità come un diritto e non solo come
un vantaggio economico.
Per la natura degli attributi del prodotto agroalimentare e la natura imperfetta del processo
decisionale, il consumatore reagisce in termini di disponibilità a pagare per un dato
prodotto, sulla base della qualità percepita o al contrario del rischio percepito. Il
consumatore, quindi, può sottostimare o sovrastimare la qualità di un bene, o inversamente,
il rischio (d’insoddisfazione delle aspettative) associato all’acquisto o consumo del bene.
Il concetto di rischio associato all’atto di acquisto/consumo di un alimento include tutti i
rischi legati alle scelte di consumo, quindi alla salute intesa come nutrizione (ad esempio, il
contenuto di grasso) o come sicurezza sanitaria (ad esempio, la presenza di residui di
pesticidi); più in generale, include il rischio che le aspettative del consumatore siano
disattese (in termini, ad esempio, di qualità organolettica, gusto, etc.), quindi, il rischio di
perdita di denaro (e di tempo). In linea generale, il rischio, come inversamente la qualità,
corrisponde alla probabilità di non conformità di un dato prodotto alle aspettative.
In tale contesto i consumatori ricorrono ad indicatori esterni di rischio che rivelano il livello
di qualità e sicurezza dei prodotti. Tali rivelatori di rischio sono utilizzati dal consumatore
per massimizzare la probabilità che il bene risponda alle aspettative. L’approccio principale
intrapreso dai consumatori per ridurre il rischio percepito (o incrementare la probabilità di
successo del prodotto) consiste nell’utilizzo di rivelatori di rischio definiti come
informazioni che incrementano la probabilità di successo del prodotto.
Quando si tratta di attributi “credence” i consumatori ripongono la loro fiducia nei segnali
estrinseci della qualità - come: le marche private a forte notorietà, i marchi ecologici, le
indicazioni di origine, le informazioni sul prodotto, sul prezzo, la natura del packaging, le
caratteristiche del punto vendita – che incrementano quindi potenzialmente la loro
soddisfazione. La marca in quest’ottica è definita come una sensazione di sicurezza da parte

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del consumatore che il prodotto soddisferà le aspettative di consumo.


Diversi studi mostrano un miglioramento della disponibilità a pagare del consumatore per
una riduzione del rischio, mentre quest’ultima non è direttamente osservabile. Il particolare,
maggiore è la preoccupazione riguardo al rischio (alto rischio percepito), più aumenta la
frequenza con cui i consumatori ricorrono a rivelatori esterni di rischio e maggiore è la
disponibilità a pagare del consumatore per una riduzione del rischio.
Date queste premesse, si verifica una situazione di asimmetria informativa, tale per cui le
caratteristiche di un dato prodotto non sono completamente o perfettamente osservabili da
parte del consumatore (o lo sono a costi relativamente elevati). Il consumatore affronta
quindi costi di ricerca delle informazioni; d’altra parte per le imprese, il rispetto di requisiti
minimi di produzione o, più in generale, il raggiungimento di un determinato livello di
qualità comporta costi addizionali, quali l’adeguamento dei processi produttivi, investimenti
in infrastrutture, formazione del personale, procedure di certificazione, di
controllo/test/ispezione.
Un mercato nel quale la produzione di un bene di qualità e la segnalazione della qualità al
consumatore finale sono operazioni costose, ha delle proprietà economiche specifiche. In
assenza di sistemi credibili di segnalazione della qualità, i consumatori stimano la qualità
dei prodotti sulla base della qualità media presente sul mercato. Un produttore che offra un
bene di alta qualità sarà allora naturalmente estromesso dal mercato perché non è in grado di
segnalare correttamente la qualità del proprio prodotto al consumatore finale. In ultima
analisi, i beni di alta qualità non adeguatamente remunerati spariscono dal mercato. La
garanzia di un’adeguata remunerazione delle attività produttive è infatti cruciale per il
mantenimento della qualità nel lungo periodo, in mercati in cui la qualità del prodotto non è
osservabile prima dell’atto d’acquisto. I produttori di beni di qualità elevata tenderanno
quindi a scomparire, nel lungo periodo, a causa della concorrenza sleale da parte dei
produttori di beni di qualità inferiore. La difficoltà/impossibilità per il consumatore di
valutare i reali attributi del prodotto può, infatti, disincentivare le imprese a sostenere i costi
addizionali per il miglioramento della qualità/sicurezza (quindi, determinare l’insorgere di
comportamenti opportunistici).
Quindi, se le imprese sono disincentivate a sostenere costi addizionali per il miglioramento
della qualità e della sicurezza, e quindi adottando comportamenti opportunistici, ne
consegue una riduzione della qualità media dei prodotti offerti sul mercato, quindi un
appiattimento verso il basso della qualità (Akerlof, 1970) e l’offerta di un livello di qualità
inferiore a quello desiderato o socialmente desiderabile, oltre che una riduzione del grado di
varietà disponibile per i consumatori. In assenza di adeguati strumenti di garanzia, controllo
e segnalazione della qualità il rischio è, quindi, di una perdita netta di benessere sociale.
Inversamente l’offerta di sicurezza sanitaria da parte dei soggetti privati genera accanto al
beneficio privato dei consumatori, quali un minore rischio per la salute e minori costi di
cure mediche, anche delle esternalità positive per la collettività; o benefici esterni come
minori costi del sistema sanitario, minori costi di sorveglianza e di ispezione il cui valore
non si riflette nel prezzo di mercato. Il consumo di un bene che non corrisponde al livello di

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qualità atteso può determinare:


- costi individuali per il consumatore (dalla perdita di tempo e di reddito, al più generale
rischio di insoddisfazione delle aspettative, ecc.)
- costi per la collettività; nel caso della sicurezza sanitaria, che include le proprietà del bene
pubblico, ad esempio, la malattia risultante da fattori di rischio di contaminazione impone
costi sociali significativi (costi del sistema sanitario, costi di ispezione e sorveglianza, cure
mediche, ecc.)
Inversamente, l’offerta di sicurezza sanitaria da parte dei soggetti privati (imprese) genera:
- un beneficio privato per i consumatori (es. minore rischio per la salute, minori costi di cure
mediche, ecc)
- esternalità positive per la collettività o benefici esterni (es. minori costi del sistema
sanitario, minori costi di sorveglianza/ispezione, ecc), il cui valore non si riflette nel prezzo
di mercato.
A questo punto iniziamo ad analizzare le esternalità positive della produzione e del consumo
di alimenti “sicuri”. Prima abbiamo accennato alle esternalità, adesso ne osserviamo la
definizione. Un’esternalità (ES) si manifesta quando l’attività di produzione o di consumo di
un soggetto influenza, negativamente o positivamente, il benessere di un altro soggetto,
senza che quest’ultimo possa ricevere una compensazione (nel caso di impatto negativo) o
paghi un prezzo (nel caso di impatto positivo) pari al costo o al beneficio
sopportato/ricevuto.
Si manifesta un’esternalità negativa quando all’attività di produzione e/o consumo di un
soggetto sono associati impatti negativi nei confronti di altri soggetti (imprese e/o
consumatori) e il soggetto responsabile degli impatti non corrisponde al danneggiato un
prezzo pari al costo subito (es. inquinamento). In tal caso, l’attività privata
(produzione/consumo) cui è associata la diseconomia esterna, è spinta a un livello superiore
al livello socialmente efficiente (ossia: superiore al livello al quale l’agente l’avrebbe spinta
se avesse dovuto risarcire il danno).
Si manifesta un’esternalità positiva quando all’attività di produzione e/o consumo di un
soggetto sono associati impatti positivi nei confronti di altri soggetti (imprese e/o
consumatori) e questi ultimi non pagano un prezzo pari ai benefici ricevuti (es. al consumo
privato di servizi sanitari sono associati anche impatti positivi ricadenti sull’intera
collettività). In tal caso, l’attività privata (produzione/consumo) cui è associata l’economia
esterna è spinta a un livello inferiore al livello socialmente efficiente (ossia: inferiore al
livello al quale l’agente l’avrebbe spinta se fosse stato remunerato dai beneficiari).
In generale sia la produzione che il consumo di alimenti sicuri generano esternalità positive.
La produzione o il consumo di alimenti sicuri possono generare infatti minori costi del
sistema sanitario, quali: minori costi pubblici di investigazione, minori costi pubblici di
sorveglianza, minori costi pubblici di ripristino.
L’offerta, da parte di un’impresa, di un maggiore livello di sicurezza sanitaria induce
minori costi per l’industria nel suo complesso, ad esempio:
- il minore rischio di una riduzione generalizzata della domanda in caso di un incidente

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sanitario
- il minore rischio di perdita generalizzata di reputazione di un dato settore

LEZIONE 4:LE ESTERNALITA’ POSITIVE


DELLA PRODUZIONE E DEL COSNUMO DI
ALIMENTI SICURI
Nel caso della sicurezza sanitaria il livello di sicurezza sanitaria offerto dal mercato tende ad
essere inferiore rispetto a quello socialmente ottimale. In altri termini, il livello di sicurezza
sanitaria che tiene conto di tutti i costi e benefici sociali, tale per cui il beneficio sociale
marginale eguaglia il costo sociale marginale, ovvero il benessere sociale è massimizzato.
Osserviamo adesso il grafico relativo alle esternalità positive generate dalla produzione di
sicurezza sanitaria in cui:
CMP: costo marginale privato
CMS: costo marginale sociale
BMP: beneficio marginale privato
BMS: beneficio marginale sociale
S: offerta D: domanda
Yi: livello di sicurezza sanitaria (inefficiente),
prodotto dal mercato (e relativo prezzo pi)
all’equilibrio
Y*: livello di sicurezza sanitaria
socialmente ottimale

Osserviamo adesso il grafico relativo alle esternalità positive generate dal consumo di
sicurezza sanitaria.
CMP: costo marginale privato
CMS: costo marginale sociale
BMP: beneficio marginale privato
BMS: beneficio marginale sociale
S: offerta D: domanda
Yi: livello di sicurezza (inefficiente),
prodotto dal mercato (e relativo prezzo
pi) all’equilibrio
Y*: livello di sicurezza sanitaria socialmente ottimale

Come evidenziato in figura, il costo sociale


marginale della sicurezza sanitaria è inferiore

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rispetto al costo marginale privato, poiché


la produzione di sicurezza sanitaria implica
nel contempo una riduzione del costo per
terzi (ad esempio minore rischio, per
l’industria nel suo complesso, di
riduzione generalizzata della domanda
in caso di un incidente sanitario, o
minori costi del sistema sanitario).

Anche il consumo di alimenti sicuri


può generare esternalità positive
sulla collettività, in particolare minori
costi del sistema sanitario; in tal caso
il beneficio sociale marginale è
superiore al beneficio privato.

In entrambi i casi, quindi sia che abbiamo esternalità positive generate dalla produzione e
dal consumo di sicurezza sanitaria, l’esternalità positiva comporta l’offerta, all’equilibrio, di
un livello di sicurezza sanitaria (Yi) inefficiente rispetto a quello socialmente ottimale (Y*)
e di conseguenza una perdita di benessere sociale.
Il surplus sociale è dato da C (surplus dei consumatori) + P (profitto del produttore) + E
(valore dell’esternalità positiva); se si potesse produrre il livello di sicurezza socialmente
ottimale, il benessere sociale sarebbe superiore, poiché si aggiungerebbe l’area L che
rappresenta, quindi, la perdita di benessere sociale dovuta all’esternalità positiva.
La presenza di esternalità giustifica l’intervento pubblico, finalizzato a garantire il livello di
sicurezza socialmente ottimale attraverso:
- standard minimi di qualità
- regolazione ex post o sanzioni

LEZIONE 5:DALLA QUALITA’ ALIMENTARE


ALLA QUALITA’ DELL’ALIMENTAZIONE
(PARTE II)
Prima di guardare agli strumenti di garanzia della qualità utilizzabili dalle imprese, e che
hanno determinato sul mercato l’esistenza di prodotti agroalimentari sicuramente con
caratteristiche di livello rispetto a quelli che invece oggi vengono definiti alimenti
spazzatura, in questa lezione guardiamo ad un nuovo approccio alla food quality che
sostanzialmente si traduce in un passaggio dalla qualità alimentare alla qualità

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dell’alimentazione. Il fondamento di tale nuovo approccio consiste in una rivisitazione


critica dei numerosi studi sulla disponibilità a pagare del consumatore e sul tipo di domande
che in tali studi vengono poste al consumatore stesso. Probabilmente se gli fosse stato
chiesto “E’ giusto pagare di più per un cibo di qualità?” oppure, più specificamente, “E’
giusto pagare di più per far si che i cibi non compromettano la propria salute?”, non si
sarebbe giunti al punto di rottura di oggi tra il mondo produttivo e i fruitori del cibo; mentre
il comparto distributivo assumeva, in virtù del potere contrattuale acquisito, un ruolo sempre
più di orientamento dei modelli produttivi come puro di studio e soddisfazione dei consumi
agroalimentari. Altrettanto non si sarebbe giunti allo svilimento del mondo agricolo, ma si
sarebbe conservato il rapporto naturale tra uomo-terra-lavoro; ma soprattutto si sarebbe
preservato un concetto etico fondamentale del cibo come sistema valoriale oltre che
nutrizionale indispensabile al mantenimento della salute umana, e quindi come diritto
inalienabile degli individui. In altri termini, due sono le domande che oggi un consumatore
critico si dovrebbe autonomamente porre:
1. Perché dovremmo pagare di più per un’alimentazione che non nuoccia alla salute a causa
dei costi più elevati dei prodotti di qualità superiore?
2. Chi è responsabile per un’alimentazione di qualità?
Uno degli approcci possibili alla sostenibilità del benessere è quello della valutazione del
rischio, consistente nell’identificazione di alcuni fenomeni che appunto rischiano di
compromettere le condizioni future. A riguardo, la qualità dell’alimentazione, insieme ad
altri fattori come fumo, alcool, obesità e sedentarietà, rappresentano comportamenti a
rischio del benessere “salute”. In tale ottica, la qualità dell’alimentazione, intesa come dieta
basata su cibo di qualità e sull’apporto bilanciato e variegato di un adeguato livello di fibre,
vitamine e minerali (con pochi grassi e zuccheri ma ricco di frutta e verdure di stagione),
diventa uno dei pilastri su cui la società dovrebbero fondare le strategie per il mantenimento
nel tempo e nello spazio del proprio benessere.
L’attenzione alla qualità dell’alimentazione, però, è suscettibile di un duplice approccio:
- Individual approach: confinando l’attenzione alla qualità dell’alimentazione al tipo di stile
di vita che ciascuno segue, ne delimita costi e responsabilità alla sfera personale
- Collective approcah: tale approccio farebbe rientrare la qualità dell’alimentazione
nell’ambito delle esternalità di un processo socio-economico ed ambientale da gestire con
forme di governance più appropriate, in gradi di estendere le responsabilità “oltre
l’individuo” e rideterminare la formazione e distribuzione dei costi della qualità degli
alimenti.
Con l’approccio collettivo, uno stile di vita sano diventa il risultato di un processo di
promozione ed orientamento volto a nidificare comportamenti sostenibili e ad attivare
circoli virtuosi per cui gli stili di vita poi, a loro volta, possono rappresentare la chiave di
volta per la sostenibilità del benessere in determinati territori.
Nel cibo, attraverso un’opportuna dieta, si può ritrovare un metodo alternativo per curare,
riequilibrare, sostenere, rafforzare o depurare l’organismo. In tale ottica, un regime dietetico
se da un lato viene a costituire uno schema parametrato alle specifiche esigenze salutistiche

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di una persona, dall’altro viene a configurarsi come un elemento determinante del suo stile
di vita. D’altra parte, la stessa etimologia della parola dieta condurrebbe ad un concetto ben
più ampio del semplice dosaggio di elementi, quanto piuttosto al modo di vivere ovvero a
qualcosa che va oltre le semplici abitudini alimentari, rimettendo al centro l’alimentazione
come fattore determinante della propria esistenza. Le scelte alimentari, quindi, sono una
costante quotidiana degli individui visto che ci si alimenta tutti i giorni e più volte durante
una giornata. A questo proposito, la dieta dovrebbe riguardare cibi e bevande che per qualità
e quantità devono essere assunti in modo da soddisfare il fabbisogno energetico, plastico e
regolatore dell’organismo. In tal senso, il cibo dovrebbe essere considerato come funzionale
allo stato di benessere di una persona, ciò non necessariamente trasformando il cibo in
qualche cosa in cui è stato addizionato qualche altra cosa per riparare i danni creati dal
cosiddetto cibo spazzatura, ovvero alimenti ultraraffinati, talvolta inutilmente arricchiti di
grassi idrogenati, di zucchero e sale, con contenuto calorico molto alto in relazione al valore
nutrizionale che può risultare sbilanciato.
Una dieta basata su cibo possibilmente biologico, bilanciato, sufficientemente vario,
assicura al nostro corpo ciò di cui necessita in termini di salute. Purtroppo però sul mercato
esistono prodotti che permettono di mangiare ma non sempre di nutrirsi come si dovrebbe. I
sistemi agroalimentari europei, a partire dallo scorso secolo, hanno visto modificare in
maniera sostanziale il proprio assetto; tali modifiche sono state spesso la conseguenza della
profonda ristrutturazione che ha interessato i sistemi economici globali e che ha determinato
una serie di effetti a catena in campo sociale, ambientale e territoriale. In questo contesto
intorno ai beni destinati all’alimentazione, siano prodotti agricoli che prodotti trasformati, si
è venuta a costruire una dinamica molto articolata e complessa che ha finito col vedere
applicata ad essi strategie imprenditoriali e territoriali paragonabili a quelle messe in campo
per beni non destinati ad essere ingeriti a fini alimentari; o meglio, è divenuta predominante
l’idea che un alimento fosse esclusivamente un bene economico, cioè un oggetto disponibile
in quantità limitate ed utile, nel senso che deve essere capace di soddisfare un bisogno. Un
bisogno del consumatore quindi, non un bene rispondente ad un diritto alla salute.
In tal modo si è giunti al paradosso del cibo dei ricchi, per cui cibi che costano di più sono
quelli a cui in situazioni di crisi economica possono accedere solo fasce informate di
individui che vanno alla ricerca di una dimensione differente da quella del mero
consumatore del bene agroalimentare, ma soprattutto fasce con una maggiore disponibilità
di reddito da destinare alla spesa alimentare di qualità. La qualità alimentare è un diritto di
tutti, mentre il paradosso del cibo dei ricchi supera l’altrettanto insostenibile dilemma tra
ipernutrizione dei paesi industrializzati e denutrizione nei paesi poveri, perché
fondamentalmente esso attesta il disconoscimento di un diritto dell’individuo a disporre di
cibi salutari da cui l’organismo deve estrarre le sostanze utili al suo metabolismo, a fronte
del riconoscimento della possibilità di disporre invece, in qualsiasi punto del globo, di cibi
trasformati, conservati, raffinati, di massa a basso costo e molto spesso dannosi per la salute.
Inoltre, tale paradosso amplifica le diseguaglianze e le esternalità negative delle
discriminazioni economiche in quanto espone le generazioni attuali di uno stesso sistema

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territoriale a scelte inconsapevoli ed inique. Un esempio sarebbe la disponibilità sul mercato


di prodotti con conservanti o di pasta con farine raffinate che secondo numerosi studi
epidemiologici esporrebbero i consumatori ad una perdita di elementi nutritivi essenziali per
la salute, oltre che a una maggiore inclinazione ad incorrere in gravi malattie
cardiovascolari. In tale ottica la malnutrizione, intesa come nutrizione fondata su cibi non di
qualità, non diventa un’esclusiva prerogativa delle classi meno abbienti o dei paesi meno
ricchi, ma un problema di indisponibilità economica anche in presenza di informazioni.
Questo paradosso diviene il simbolo di un modello di produzione e distribuzione di alimenti
che ormai ha creato una platea di consumatori storditi dalla varietà e numerosità dei prodotti
presenti sugli scaffali, che probabilmente non riesce più a riconoscere il prodotto
maggiormente rispondente alle sue preferenze. I sistemi agroalimentari quindi si sono
evoluti in modo tale che nessun consumatore dovrebbe sentirsi più insoddisfatto, perché i
prodotti ci sono e sono altamente e talmente differenziati l’uno dall’altro che ormai sono
indiscusse le possibilità di far si che l’alimentazione sia un importante tassello nella
costruzione del benessere individuale e nel mantenimento delle condizioni di salute. L’unica
cosa discutibile, probabilmente, è che certamente il consumatore che oggi voglia fondare la
propria alimentazione su prodotti ottenuti con metodi biologici o semplicemente non
contaminati, deve pagare di più. Ciò perché fondamentalmente costa di più produrli, ovvero
l’azienda che produce prodotti di qualità sostiene dei costi maggiori e rischia di restare fuori
dal mercato aperto globale se non adotta e certifica attente politiche di gestione.
La disponibilità dei cibi sani sul mercato, il più possibile naturali, senza additivi aggiunti e
non preconfezionati rappresenta un elemento cardine per il mantenimento nel tempo e nello
spazio del benessere individuale e collettivo. Ciò non solo sul piano salutistico, ma anche
sul piano economico ed ambientale. In tale ottica la qualità degli alimenti di cui ci si nutre,
se da un lato fa ricadere sui consumatori la responsabilità della scelta, dall’altra richiama la
responsabilità dei sistemi economico-produttivi dei diversi territori, non solo a creare
un’offerta più salutare di prodotti, ma anche e soprattutto a mettere in campo azioni diffuse
di orientamento collettivo verso stili di vita più sani e salutari fondati su un’alimentazione di
qualità. Molto spesso la scelta dei consumatori cade inconsapevolmente su cibi iper-
trasformati e pre-confezionati a causa di una scarsa informazione in merito, o meglio,
perché il consumatore si affida all’offerta del mercato.
Il concetto di qualità dell’alimentazione, così sintetizzando aspetti attenenti tanto il regime
dietetico quanto la qualità dei prodotti agroalimentari, o l’integrità ambientale, diventa un
intreccio di interessi privati e di interessi pubblici, di responsabilità individuali e collettive.
Esso richiede sostanzialmente non solo un necessario re-innesto delle responsabilità del
consumo e delle produzioni agro-alimentari rispetto alle problematiche di ordine sociale,
ambientale e generazionale di un territorio,ma soprattutto la rideterminazione della
centralità del tipo di stile di vita come fondamento di una migliore qualità
dell’alimentazione di un territorio.

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LEZIONE 6:DIFFERENZA TRA STANDARD


PUBBLICI E STANDARD PRIVATI
Un primo criterio di classificazione delle iniziative pubbliche per la qualità dei prodotto
agroalimentari è il grado di flessibilità degli agenti economici riguardo alla scelta di
conformità alla norma. In base a questo criterio distinguiamo quindi tra norme pubbliche a
carattere obbligatorio e norme pubbliche a carattere volontario.
Gli standard possono essere obbligatori in senso legale o resi necessari nella pratica della
proporzione assoluta di acquirenti che li richiedono.
Gli standard possono essere volontari cosicché i potenziali utilizzatori possono decidere se
adeguarvisi o meno.
Mentre gli standard alimentari sono generalmente riservati unicamente alle istituzioni
pubbliche. Le istituzioni sia pubbliche che private possono essere coinvolte nella gestione
degli standard volontari consensuali.
Gli standard obbligatori, o regolamentari, denominati regolazioni tecniche dall’Accordo
TBT (Technical Barriers to Trade – amministrato dall’organizzazione mondiale del
commercio) sono: standard definiti dalle istituzioni pubbliche (in particolare agenzie
regolamentari) per cui la conformità è obbligatoria in senso legale.
Gli standard volontari consensuali hanno origine da un processo formale coordinato che
coinvolge i partecipanti di un mercato, con o senza la partecipazione del governo. In genere
assumono tale forma gli standard internazionali sviluppati dall’organizzazione
internazionale per la standardizzazione e dagli enti nazionali o regionali. Gli standard
sviluppati dagli enti per la definizione di standard privati, ad esempio l’istituto SQF (Safe
Quality food) e BRC (British Retail Consortium) sono esempi specifici relativi alla
sicurezza e alla qualità alimentare. I membri del gruppo tentano di raggiungere il consenso
sulle migliori specifiche tecniche per il conseguimento delle necessità collettive.
Gli standard de facto obbligatori risultano da un processo non coordinato di competizione
sul mercato tra azioni di imprese private. Quando un particolare insieme di prodotti o
specifiche guadagna quota di mercato, tanto da acquisire autorità o influenza, l’insieme
delle specifiche è considerato uno standard de facto. Un esempio è lo standard Nature’s
Choice di Tesco Stores PLC nel Regno Unito, che controlla una quota di mercato del 30%.
La forma più ricorrente dell’intervento pubblico è costituita dalle regolamentazioni (norme
pubbliche a carattere obbligatorio). In questo caso, l’autorità pubblica interviene a garantire
il raggiungimento del livello di qualità socialmente ottimale, attraverso, ad esempio, la
fissazione di Standard Minimi di Qualità (SMQ) (fissando per esempio limiti massimi di
residui di sostanze nocive nei prodotti destinati all’alimentazione o dei rifiuti tossici). La
desiderabilità di una norma a carattere obbligatorio piuttosto che volontario dipende in larga
misura dalla presenza di esternalità associate al bene in questione.
La trasparenza dell’informazione , la corretta denominazione, l’igiene e la sicurezza
sanitaria dei prodotti alimentari rappresentano beni pubblici la cui salvaguardia ha effetti per

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la collettività e giustifica l’intervento pubblico. L’autorità pubblica interviene quindi nel


caso in cui le strategie degli operatori privati non consentano di raggiungere, in assenza di
intervento pubblico, il livello di qualità socialmente ottimale. La politica di qualità
dell’intervento pubblico svolge un ruolo “normativo” ed è intesa come regolamentazione
riguardante i requisiti cosiddetti essenziali (es. tutela della salute, dell’informazione del
consumatore e della lealtà commerciale).
Lo SMQ è uno strumento regolatore che permette di incrementare la qualità più bassa
offerta sul mercato. L’effetto finale dell’introduzione di uno SMQ sul benessere sociale (in
particolare, sul livello di qualità offerto in fine al consumatore e sul profitto delle imprese)
dipende, tuttavia, dalla reazione strategica delle imprese all’introduzione dello SMQ.
Le autorità pubbliche definiscono anche norme di natura volontaria o “leggi facoltative”.
Tra le norme pubbliche, la cui adesione da parte degli agenti economici è di natura
volontaria, possono essere classificate:
- le indicazioni geografiche
- le specialità tradizionali garantite
- l’agricoltura biologica
- gli schemi di certificazione nazionali o regionali, ad esempio Label Rouge (Francia),
LeafMarque (Regno Unito), Neuland (Germania), etc.
L’intervento pubblico è giustificato dalla necessità di:
- tutelare il consumatore finale, quindi avere una corrispondenza del prodotto a determinati
requisiti sui quali le imprese basano la propria strategia di differenziazione qualitativa.
- garantire la trasparenza dei requisiti prescritti e la credibilità delle indicazioni
- proteggere gli investimenti qualitativi delle imprese garantendo il mantenimento del livello
di qualità nel lungo periodo
La politica di qualità in questo caso ha una valenza strategica e agisce sui beni privati con
l’obiettivo di distinguere (e certificare) le caratteristiche del prodotto offrendo al
consumatore una maggiore possibilità di scelta e alle imprese la possibilità di segnalare
adeguatamente l’impegno qualitativo intrapreso e conseguire un vantaggio competitivo di
differenziazione sul mercato. La certificazione, infatti, permette al consumatore di
identificare i prodotti caratterizzati da particolari attributi riguardo all’origine, i metodi di
produzione, all’impatto del processo produttivo sull’ambiente o sul benessere degli animali,
alla valorizzazione del territorio e altro. In questo caso il segnale di qualità permette di
ridurre le asimmetrie informative esistenti tra la fase di produzione e di consumo e in
particolare permette di ridurre i costi di ricerca dell’informazione da parte del consumatore.

TIMING CLASSIFICATION: Le norme possono essere classificate anche secondo il


“momento” (TIMING) in cui agiscono rispetto al comportamento degli agenti economici.
Questa criterio distingue tra:
- regolazione ex-ante: controlla direttamente il comportamento degli agenti economici e
mira a influire sull’esercizio di un’attività prima che l’eventuale esternalità (cioè il rischio di
inquinamento, contaminazione o rifiuti tossici) sia generata. Rientrano in questa tipologia

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d’intervento SMQ, norme, proibizioni che tendono a modificare il comportamento degli


operatori economici in maniera immediata.
- regolamentazione ex-post: consiste nell’utilizzazione di leve di azione basate sul principio
della sanzione, al fine di responsabilizzare gli attori e dissuadere i comportamenti devianti, a
condizione che questi possano essere identificati (in seguito, ad esempio, a una crisi
sanitaria). La regolamentazione ex-post si basa quindi sull’effetto deterrente delle azioni di
riparazione.
Infine, un importante criterio di classificazione riguarda l’oggetto della regolazione
pubblica; le norme possono quindi essere classificate in:
- obblighi sui mezzi: che disciplinano requisiti inerenti il processo produttivo
- obblighi sui risultati: che disciplinano requisiti inerenti le caratteristiche del prodotto

LEZIONE 7:LA DISPONIBILITA’ A PAGARE


PER GLI ATTRIBUTI DI QUALITA’
Recenti studi hanno mostrato come i consumatori siano disposti a pagare per i diversi
attributi di qualità e la relativa informazione. L'approccio della WTP (Willingness to Pay) in
particolare riguarda la misurazione delle valutazioni ex ante, ovvero le misurazioni
effettuate nel momento in cui si prendono le decisioni. I ricercatori misurano la WTP anche
a partire dalle effettive transazioni di mercato e da una varietà di metodi basati sulle
preferenze dichiarate e rilevate.
Una caratteristica comune agli studi della disponibilità a pagare (WTP) è l'uso di vari tipi di
metodologie di valutazione contingente per ricavare la WTP che includono:
- indagini
- gli esperimenti di scelta, cioè la conjoint analysis
- i mercati sperimentali, cioè la experimental markets.
Per quanto concerne gli studi sulle preferenze dichiarate, come l'indagine sulle scelte
dichiarate, in esse vengono usati attributi di prodotto nuovi o non esistenti e si chiede ai
consumatori di fare delle scelte in sequenza di scenari di possibilità. Il valore dei differenti
attributi è stimato variando gli attributi di prodotti tra scenari di scelta.
Gli studi che misurano le preferenze dei consumatori in termini della loro disponibilità a
pagare per diversi attributi, e che sono basati su scelte e costi effettivi, sono invece
denominati metodi delle preferenze rilevate.
I mercati sperimentali costituiscono una nota categoria dei metodi delle preferenze rivelate,
caratterizzata dal ricorso a incentivi economici reali. I metodi così caratterizzati sono
denominati incentivo - compatibili per dedurre la disponibilità a pagare. Molte ricerche
hanno usato questo metodo per stimare la disponibilità a pagare dei consumatori per diversi
attributi di qualità, ad esempio nel 96 Melton e altri hanno analizzato la disponibilità a

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pagare per le costolette di maiale di qualità e hanno illustrato come attributi quali l'aspetto
influenzino la disponibilità a pagare; oppure la ricerca di Lange ed altri nel 2002 ha
autorizzato gli Experimental Markets per rivelare la WTP per champagne a marchi diversi.
Sin dagli anni Novanta i mercati sperimentali sono divenuti strumento popolare per valutare
le preferenze dei consumatori per gli attributi di fiducia. I mercati sperimentali offrono
l'opportunità :
- di controllare il tipo e la tempistica delle informazioni fornite ai partecipanti ,
- di osservare i cambiamenti nel comportamento di offerta ad un'asta.
Gli attributi di fiducia della qualità , come la sicurezza alimentare, sono stati valutati
utilizzando l'approccio delle preferenze rivelate. La sicurezza alimentare può essere trattata
come una dimensione della qualità (Hooker&Caswell,1996) in cui gli attributi di sicurezza
sono classificati come un sottoinsieme degli attributi di qualità , inclusa l'assenza di
patogeni alimentari, metalli pesanti,residui di pesticidi, additivi alimentari e residui
veterinari.
Nei primi studi empirici sulla sicurezza alimentare, la disponibilità a pagare (WTP) era
valutata frequentemente attraverso indagini di valutazione contingente (contingent valuation
CV). Alcuni di questi studi hanno focalizzato sulla riduzione del rischio di pesticidi negli
alimenti. Altri studi invece hanno focalizzato sulla riduzione di agenti patogeni, come ad
esempio la salmonella. Altri ricercatori invece hanno impiegato esperimenti di scelta per
calcolare la WTP per diversi attributi di sicurezza alimentare. Ad esempio questo metodo è
stato utilizzato da Ennekin nel 2004 per analizzare l'impatto di Labels di sicurezza
alimentare applicati a prodotti di marca. Questo studioso in particolare ha illustrato come le
stime della disponibilità a pagare variano considerevolmente a seconda dei marchi
alimentari, e l'etichettatura della qualità invece influenza il comportamento di scelta del
consumatore.
Vantaggi e limiti degli Experimental Markets nella valutazione degli attributi di sicurezza
alimentare sono stati oggetto di dibattito in letteratura. Studiosi come Buzby, Fox, Ready e
Crutchfield nel 1998 nel loro lavoro denominato " Measuring consumer benefitsof food
safety risk reduction" hanno utilizzato tre diverse tecniche per valutare:
- i costi delle intossicazioni alimentari,
- i benefici per la collettività derivanti da un'offerta alimentare più sicura.
Questi autori hanno illustrato un caso studio per ogni tecnica, ad esempio : indagini di
contingent valutation sui residui di pesticidi, Experimental Markets per un sandwich di pollo
a rischio di contaminazione, e tecnica basata sulla spesa quale l'approccio del costo della
malattia.
Sempre nello studio di Buzby del 1998 gli autori mostrano come la valutazione sotto
condizioni controllate offra vantaggi quali:
- la considerazione dei vincoli di bilancio dei consumatori,
- la rivelazione dei valori reali con l'uso di un meccanismo rivelatore,
- la minimizzazione della distorsione da selezione attraverso il reclutamento per uno studio
generico del consumatore.

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Per quanto riguarda i limiti in effetti Ennekin nel 2004 ha criticato le aste sperimentali e gli
studi di valutazione contingente CV ritenendo che tali approcci individuassero gli attributi
di sicurezza alimentare come tema centrale di indagine, di conseguenza l'attenzione dei
consumatori sarebbe concentrata su tale caratteristica di prodotto determinando, così, una
sovra-rappresentazione rispetto al reale comportamento di mercato, in cui la sicurezza
alimentare costituisce solo uno dei diversi attributi del prodotto.
Grunert nel 2005 invece afferma che :
- i consumatori arbitrano tra diversi attributi di qualità,
- l'importanza dei diversi attributi per i consumatori può variare nel tempo.
Secondo Grunert è possibile che, prima o dopo, gli attributi di fiducia possano perdere
terreno rispetto a quelli di esperienza: il gusto e la salubrità sono ugualmente importanti
prima del consumo, ma non necessariamente ciò è ancora vero dopo il consumo. I
consumatori infatti possono attribuire un'importanza diversa al gusto che è stato
sperimentato mentre la salubrità è ancora intangibile basata sulle informazioni.

LEZIONE 8:I SISTEMI PRIVATI DI


ASSICURAZIONE DELLA QUALITA'.
Le imprese agroalimentari a partire dagli anni Novanta hanno iniziato a sviluppare sistemi
di certificazione della qualità denominati QAS ( QUALITY ASSURANCE SYSTEMS ) e
tali sistemi possono essere classificati in due diversi gruppi:
- Le GOOD PRACTICES : sistemi che mirano alla completa identificazione delle tecniche
utilizzate nelle fasi di produzione, gestione, commercializzazione e marketing.
- Il QUALITY MANAGEMENT SYSTEM : un sistema orientato al miglioramento delle
tecniche di management.
Oltre alle strategie classiche di protezione della marca, negli ultimi anni la grande
distribuzione e le grandi industrie di trasformazione stanno sempre più sviluppando sistemi
di certificazione di sicurezza e di qualità . In generale l'evoluzione degli standard di qualità è
guidata dalla logica della RUOTA DI DEMING. Ovvero, un'impresa, al fine di poter
migliorare le proprie performance aziendali, introduce cambiamenti continui nella propria
organizzazione aziendale (Deming,1986). Il tema della qualità ha un ruolo centrale
nell'ambito della ruota di Deming e ciò spiega i motivi per i quali essa è presa a riferimento
relativamente a numerose norme.
Un breve accenno sulla ruota di Deming ---> Sul finire degli anni '50 , in Giappone, molte
aziende svilupparono la consapevolezza che << realizzare prodotti di qualità non poteva
significare semplicemente effettuare dei collaudi ex-post ma tutto il sistema si doveva
coniugare con delle attività ex-ante alla fase di produzione>>.
Le imprese Giapponesi si affidarono così ad esperti americani, tra cui l'esperto Deming da

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cui deriva il nome RUOTA DI DEMING, che ipotizzarono un processo volto al


miglioramento progressivo. L'elemento innovativo del nuovo approccio è l'idea che per
riuscire a raggiungere il massimo della qualità è necessaria la costante interazione tra:
- RICERCA
- PROGETTAZIONE
- PRODUZIONE
- VENDITE

----------> Per migliorare la qualità e soddisfare il cliente, le quattro fasi devono ruotare
costantemente , tenendo come criterio principale la qualità.
In seguito, il concetto della ruota di Deming per l'ottenimento del miglioramento continuo
della qualità fu esteso a tutte le fasi del management ed i quattro stadi della ruota
corrisposero a precise attività :
P - PLAN – Programmazione
D - DO - esecuzione del programma, dapprima in contesti circoscritti
C - CHECK - Test e controllo, studio e raccolta dei risultati e dei feedback
A - ACT - Azione per rendere definitivo e/o migliorare il processo.
Partendo da queste iniziale la ruota di Deming fu anche rinominata come CICLO DI PDCA.
Il concetto della ruota di Deming è preso a riferimento da numerose norme della ISO.
Quest'ultima rappresenta la più importante organizzazione internazionale che elabora norme
inerenti alla sicurezza sanitaria, al di fuori del CODEX alimentarius.
ISO VERSUS CODEX : Mentre la missione del CODEX consiste nella definizione di
norme, direttive e raccomandazioni internazionali di riferimento per l'elaborazione di norme
nazionali nell'ambito della sicurezza sanitaria e qualità degli alimenti; la missione dell' ISO
invece è quella di stabilire norme internazionali, di natura volontaria, riguardanti una vasta
gamma di prodotti , servizi e sistemi di gestione.
Nell'ambito della sicurezza sanitaria, ISO ha elaborato la norma ISO 22000:2005 "sistemi
di gestione della sicurezza delle derrate alimentari", oltre a una serie di guide generiche sul
funzionamento dei sistemi per l'elaborazione di norme e per la valutazione di conformità, ad
esempio, sulla certificazione da parte di organismo terzo (guida 28) e sul funzionamento
degli organismi d'ispezione e certificazione (guide 62,65).
I sistemi contemporanei agroalimentari ad ogni modo sono pervasi da un numero crescente
di standard privati o volontari di qualità e sicurezza alimentare, che operano accanto alla
normativa pubblica, permettono di soddisfare la crescente domanda di qualità/sicurezza
espressa dal consumatore, costituendo, al tempo stesso, la base della differenziazione di
prodotto nei mercati agroalimentari. Le iniziative private di normalizzazione sono perlopiù
intraprese dalle grandi insegne di distribuzione, dalle industrie di trasformazione e dagli
operatori di servizi, e ne riflettono l'elevato potere di mercato e le strategie competitive,
imperniate su marchi propri che legano la reputazione dell'impresa alla qualità dei suoi
prodotti.
Generalmente le iniziative private sono interpretate come più esigenti rispetto alla
regolamentazione pubblica , e questo da tre diversi punti di vista secondo HENSON E

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HUMPHREY nel 2009:


- in primo luogo gli standard privati fissano un livello più esigente per alcuni attributi del
prodotto alimentare, oppure completano le norme pubbliche di sicurezza sanitaria. Ad
esempio standard come la ISO 22000 integrano le questioni di impatto ambientale o di
responsabilità sociale. Lo standard privato FELK TO FOLK DI MAX E SPENCER integra
la proibizione di 70 pesticidi per i prodotti ortofrutticoli destinati ad essere venduti freschi o
come ingredienti per alimenti pronti per essere venduti a marchio del distributore.
- Quindi gli standard privati tendono ad essere più specifici riguardo ai mezzi e ai processi
rispetto alla legislazione che spesso si limita a prescrivere obblighi di risultato. Se la
legislazione si limita a definire i parametri di base di un sistema di sicurezza sanitaria o a
prescrivere l'obbligatorietà di un sistema di controllo, gli standard privati invece
intervengono a precisare le condizioni di efficacia di tale sistema o istruzione e misure di
sorveglianza dell'applicazione di determinate prescrizioni.
- Gli standard privati inoltre tendono a estendere verticalmente la copertura della
legislazione , standard come Global Gap ad esempio sono standard di processo che mirano
ad assicurare la conformità del prodotto finale ad una norma di prodotto, nello specifico la
regolazione europea che stabilisce i limiti massimi di pesticidi nei prodotti ortofrutticoli .
L'esigenze di processo specificate dalla standard privato sono destinate ad assicurare la
conformità ad una norma di sicurezza sanitaria inerente le caratteristiche del prodotto finale.
L' importanza degli standard privati deriva in particolare dagli effetti che generano
sull'efficacia dell'intervento pubblico in materia di qualità e sicurezza alimentare e
sull'organizzazione stessa delle filiere. In primo luogo alcuni studi recenti riconoscono il
fatto che il rischio sanitario, e più in generale il rischio di insoddisfazione legato all'atto di
consumo rispetto alle aspettative del consumatore, sia appunto un rischio endogeno in
particolare determinato dal comportamento strategico degli operatori sul mercato come
selezione dei fornitori, volume di produzione etc.. Pertanto le scelte strategiche delle
imprese in materia di qualità influiscono sul livello di qualità e sicurezza offerto al
consumatore finale, e quindi in ultima analisi sull'efficacia dell'intervento pubblico. In un
ottica proattiva quindi dell'intervento pubblico è necessario anticipare la reazione strategica
degli operatori privati al contesto regolamentare. Inoltre ciò che rende tali iniziative fattore
cruciale caratterizzante dell'attuale sistema agroalimentare è l'effetto che generano non
soltanto sul livello di qualità e sicurezza del prodotto offerto al consumatore finale ma anche
sull'organizzazione interna delle imprese, sul comportamento degli agenti economici e
sull'organizzazione stessa della filiera agroalimentare.
Gli standard privati sono classificati, secondo il grado di flessibilità degli operatori
economici in termini di adesione allo standard, in quanto volontari. Di fatto, quando si tratta
di standard privati collettivi, e in ragione della dinamica di adesione degli operatori a valle e
del relativo potere di mercato, tali iniziative possono rivelarsi di fatto obbligatorie in
quanto condizione necessaria di accesso al mercato di destinazione.
L'implementazione di standard privati genera costi di conformità fissi o variabili che
possono costituire un vincolo per i produttori agricoli, in particolare di piccola dimensione,

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e determinare una riduzione dei volumi o l'esclusione dalle transazioni di mercato. Diversi
studi,ad esempio, mostrano l'effetto degli standard privati sull'esclusione dal mercato
internazionale dei produttori dei paesi terzi in via di sviluppo (Hammoudi et al.2010).

LEZIONE 9:SICUREZZA ED
ETICHETTATURA DEI PRODOTTI
AGROALIMENTARI
L'esigenza di sicurezza e di etichettatura dei prodotti alimentari nascono dal fatto che un
tempo la popolazione si alimentava con prodotti ottenuti in casa oppure acquistati in mercati
di prossimità , ad esempio dai contadini. Oggi invece gli alimenti vengono acquistati in
negozi e supermercati con molti passaggi intermedi dal produttore al consumatore finale
rendono così difficile risalire all'origine del prodotto.
La sicurezza alimentare è una responsabilità che può essere assicurata soprattutto attraverso
gli sforzi combinati di tutte le figure coinvolte nella filiera agroalimentare. Infatti poiché i
pericoli della salute umana derivanti dal consumo di alimenti possono essere introdotti ad
ogni livello della filiera è indispensabile il controllo di ogni stadio. Negli ultimi decenni
sotto la spinta di alcune emergenze tra cui la ABCE, le diossine nei mangimi,si è assistita ad
una notevole evoluzione e proliferazione nella legislazione alimentare e in particolare della
normativa vigente in materia di autocontrollo. La direttiva comunitaria 93/43 ha coinvolto le
aziende con i manuali di autocontrollo più conosciuti come l'HACCP.
Nel 2000 è stato pubblicato il LIBRO BIANCO e nel 2002 il Regolamento 178/02 che
stabilisce i principi e i requisiti della legislazione alimentare e rende obbligatoria la
rintracciabilità. Infine nel 2006 è entrato in vigore il cosiddetto Pacchetto Igiene.
La norma ISO 22000 è particolarmente importante, si tratta di una norma internazionale dal
titolo " food safety management system requirements for any organization in the food
chain " e definisce i requisiti per la progettazione e l'applicazione di un sistema di gestione
della sicurezza alimentare in ogni azienda delle filiere agroalimentari. Questa norma ha lo
scopo di armonizzare a livello internazionale i diversi standard volontari , sviluppati in
ambiti nazionali per lo sviluppo e la gestione della sicurezza alimentare basandosi sul
metodo HACCP.
Sempre in materia di sicurezza degli alimenti una tematica fondamentale è quella della
etichettatura degli alimenti. IL D.lgs 109/1992 definisce l'etichetta di un alimento come
l'insieme delle menzioni,delle indicazioni, delle immagini,dei simboli che si riferiscono al
prodotto alimentare e che figurano direttamente sull'imballaggio o sull'etichetta oppure sul
dispositivo di chiusura oppure su cartelli,anelli o fascette legati al prodotto medesimo.

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Le finalità dell'etichettatura sono essenzialmente tre :


- Garantire la correttezza delle operazioni commerciali, nonché la libera circolazione dei
prodotti alimentari sui mercati comunitari e internazionali,
- leva di marketing , quindi promuovere commercialmente il prodotto ,
- corretta informazione, cioè fornire al consumatore una corretta informazione sulle
caratteristiche del prodotto e quindi ha anche una funzione legata alla good safety quindi
alla sicurezza alimentare.
In etichetta vanno riportati:
- la denominazione di vendita : si tratta del nome dell'alimento, che può corrispondere
all'alimento stesso per esempio latte e in tal caso è seguito dal tipo di trattamento
tecnologico che è stato eseguito per esempio : pastorizzato, in polvere...intero o altro oppure
essere un nome di fantasia,
- gli ingredienti : si tratta di tutte le sostanze utilizzate durante la preparazione dell'alimento
in ordine decrescente dal punto di vista delle quantità,
- il peso netto,
- il nome e la sede del produttore,
- dove è necessario, va anche indicato il termine minimo di conservazione o , ovvero la data
entro la quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di
conservazione ma può ancora essere conservato, o la data di scadenza ovvero la data entro
la quale va consumata perché altrimenti il prodotto può diventare pericoloso,
- dove necessario, vanno riportate le modalità di conservazione del prodotto,come per i
prodotti altamente deperibili che devono essere conservati in frigo ad adeguate temperature,
- va anche riportato in etichetta il numero delle singole unita contenute in una confezione se
questo non risulta evidente dalla confezione esterna.
Per quanto riguarda la lingua dell'etichetta,occorre utilizzare la lingua ufficiale del paese
dove il prodotto è venduto. Altre lingue ufficiali possono essere riportate,ma in aggiunta e
non in sostituzione. E' consentito l'utilizzo di altre lingue solo se il termine è diventato di
uso talmente corrente e generalizzato da non richiedere traduzioni ,ad esempio :
CROISSANT. Le menzioni originali non hanno corrispondenti nei termini italiani , es:
BRANDY. Nei casi in cui i prodotti alimentari siano destinati al mercato italiano ma non al
consumatore finale non vi è l'obbligo di utilizzo della lingua italiana. (ristoranti,catering....)
Un problema particolare è riservato alla questione delle etichette ingannevoli.
L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari non possono essere
tali da indurre l'acquirente in errore sulle caratteristiche o sugli effetti di tali prodotti
alimentari e attribuire ad un prodotto alimentari delle proprietà di prevenzione , di
trattamento e di cura di una malattia umana. Ad esempio possiamo osservare dall'etichetta
delle dichiarazioni fatte ritenute ingannevoli : ad esempio negli omogeneizzati è stato
riportato FRUTTA AL 100% e quindi lascia intendere che sia costituito solo da frutta ma in
realtà ci sono altre sostante tra cui lo zucchero.
L'etichette sono soggette a controlli ed anche a regimi sanzionatori. Infatti il Consiglio dei
Ministri ha approvato ha approvato lo schema del decreto legislativo che stabilisce le

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sanzioni per le violazione al regolamento CE n.1924/06 concernente le indicazioni


nutrizionali e salutistiche dei prodotti alimentari. L'effettuazione dei controlli e le
conseguenti erogazioni di sanzioni sono affidate alla competenza del Ministero della Salute
delle Regioni e delle ASL territoriali. Il Regolamento del 1169/2011 in materia di
informazione al consumatore dei prodotti alimentari ha poi confermato la responsabilità
degli Stati membri in relazione ai controlli sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute. In
tale quadro normativo i consumatori potranno segnalare agli enti preposti ai controlli
eventuali sospetti e non conformità presenti nelle etichette,nelle pubblicità e web.

LEZIONE 10:LE FRODI ALIMENTARI


Per frodi alimentari intendiamo qualunque modifica riportata intenzionalmente dai prodotti
alimentari per ricavarne illeciti guadagni quasi sempre senza alcun riguardo alla salute del
consumatore. Le frodi alimentari si suddividono in due grandi categorie :
- FRODI COMMERCIALI : producono essenzialmente danni economici in quanto vengono
venduti alimenti di valore commerciale inferiore a quello reale. Le frodi commerciali si
dividono essenzialmente in : contraffazioni e falsificazioni. Le contraffazioni consistono
essenzialmente nel conferire al prodotto alimentare una denominazione diversa da quella
reale solitamente di un prodotto più pregiato,ovvero di fornire un alimento apparentemente
genuino con sostanze diverse da quelle di cui normalmente è composto. Le falsificazioni
invece consistono nella sostituzione di un alimento,con un altro come ad esempio la
margarina al posto del burro.
- FRODI SANITARIE : invece possono avere delle conseguenze sulla salute contenendo
prodotti di degradazione,sostante chimiche esogene oppure contaminanti microbici
potenzialmente dannosi per la salute per chi le ingerisce. Le frodi sanitarie possono avvenire
sotto forma di sofisticazioni , adulterazioni o alterazioni. Le sofisticazioni consistono nel
modificare un alimento scadente per un prodotto di ottima qualità mediante l'aggiunta di
sostanze estranee o mediante l'aggiunta di sostanze chimiche non consentite dalla legge. Le
adulterazioni modificano anche in modo significativo la composizione originale di un
alimento con la conseguenza che tanto il suo valore nutrizionale quanto le sue caratteristiche
igienico-sanitarie possono subire delle variazioni. Le alterazioni consistono nello spacciare
come regolari prodotti che hanno comunque subito delle modificazioni nei componenti
oppure nei nutrienti.
Alcuni prodotti alimentari sono più soggetti a frodi alimentari , come nel caso del vino,latte
e formaggi e carne. Per quanto riguarda il vino si tratta generalmente di vini ottenuti dalla
fermentazione di zuccheri di natura diversa di quelli dell'uva e questa è una pratica vietata in
Italia. Oppure riguarda l'aggiunta di sostanze vietate tipo alcool, anti fermentativi,
aromatizzanti o coloranti. Ricordiamo ad esempio lo scandalo del 1986 di vino contenente
metanolo . Molto spesso invece il vino mostra una qualità inferiore a quella dichiarata

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dall'etichetta ed anche in questo caso parliamo di frode, oppure un eccesso di anidride


solforosa o una gradazione alcolica inferiore a quella prevista. Per quanto riguarda i
formaggi si tratta in genere di formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito consentito
in altri paesi ma non in Italia. Per quanto riguarda il formaggio pecorino spesso questo
contiene percentuali più o meno elevate di latte vaccino o attribuzioni della designazione di
formaggi doc a formaggi invece comuni. Nel settore delle carni la frode più diffusa riguarda
la vendita di carni proveniente da animali ingrassati con sostanze non consentite tipo gli
ormoni oppure vendita di carne contenenti residui di medicinali. Anche il comparto del latte
presenta numerose frodi come ad esempio l'aggiunta di acqua o latte in polvere. Molteplici
cause concorrono alla realizzazione di frodi alimentari :
- la prima è la globalizzazione dei mercati che rende più libera la circolazione di prodotti,
-la difficoltà di reperimento delle materie prime idonee che spesso spinge ad utilizzare
materie inadatte,
- l'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, che dovrebbero aiutare ad
innalzare il livello di qualità ma spesso facilitano i produttori disonesti nell'ottenimento di
prodotti non idonei,
- pubblicizzazione e diffusione dei prodotti tradizionali,
- la complessità della normativa alimentare che rende spesso difficile rispettare tutti i
requisiti.
Tutti questi fattori concorrono a stabilire una motivazione di fondo che è quella del realizzo
di un rapido profitto in maniera incurante della lealtà della concorrenza rispetto a chi invece
opera avendo costi più elevanti e quindi senza intervenire attraverso frodi ed anche alla
salute del consumatore.
Il fenomeno dell'Agopirateria riguarda la contraffazione di un prodotto alimentare attuata
sfruttando la posizione e la notorietà, imitando nomi,marchi,aspetti e caratteristiche.
Consiste in una illegale falsificazione delle indicazioni geografiche tutelate e delle
denominazioni protette , tipicamente riguarda i prodotti DOC e IGP. In questo caso si
configura da un lato un inganno per il consumatore dall'altro un danno economico per le
aziende concorrenti. L'Italia è una delle nazioni che possiede il più ricco patrimonio
agroalimentare ,infatti è al secondo posto dopo il settore metalmeccanico e contribuisce per
il 13% alla contribuzione agricola totale dell'Europa. La quota di esportazione
agroalimentare italiano sul commercio mondiale si attesta da diversi anni ad una cifra
superiore del 3,5% , questi dati ci servono per comprendere che l'agroalimentare è un settore
strategico.
LEGGE 23 LUGLIIO DEL 2009 n.99 in particolare l' Art.15 riguardo la tutela penale di
diritti di proprietà industriale stabilisce che chiunque operi contraffazione o comunque alteri
indicazioni geografiche o denominazioni d'origine di prodotti agroalimentari sia punito con
la reclusione fino a 2 anni e con una multa fino a 20 mila EURO. Alla stessa pena soggiace
chi al fine di trarne profitto introduce nel territorio dello Stato i medesimi prodotti con le
indicazioni o denominazioni contraffatte. Inoltre vi sono delle circostanze che facilitano il
diffondersi del fenomeno dell'Agopirateria come ad esempio la delocalizzazione delle

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industrie italiane in paesi con manodopera e materie prima che hanno costi inferiori, ma
anche la grande distribuzione che mette in risalto la convenienza economica dei prodotti
pirata.
Un altro modo di frode è rappresentato dall' ITALIAN SOUNDING che va ad indicare quei
prodotti alimentari che suonano in italiano nel senso che presentano un mix di nomi
italiani,immagini, loghi, riconducibili all' Italia pur non avendo affatto un origine italiana.
Molto spesso si tratta di imitazioni o di copie low-cost ottenute con un processo produttivo
assai meno impegnativo rispetto ai corrispettivi di elevata qualità. C'è da dire che i prodotti
con la caratteristica dell'ITALIAN SOUNDING sono prodotti che in generale hanno buone
proprietà organolettiche quindi dal punto di vista della qualità percepita dal consumatore
sono spesso indistinguibili dai prodotti originali. Hanno anche buone capacità nutrizionali
quindi in sintesi una qualità comparabile ai prodotti italiani, il problema è comunque la
questione del danno commerciale nei confronti dei produttori che invece impiegano risorse
per ottenere prodotti di elevata qualità e certificati. Ovviamente sono state proposte tutte una
serie di misure atte a contrastare il fenomeno dell'ITALIAN SOUNDING. La prima è
l'istituzione di una task force in ambito europeo,in questo senso dovrebbero essere previste
delle sanzioni più severe sempre nell'ambito dell'UE. Il tutto passa per una migliore tutela
dei prodotti italiani. I consumatori inoltre dovrebbero ricevere una migliore informazione
attraverso la promozione di campagne di sensibilizzazione che comunichino i danni e i
rischi derivanti dalla contraffazione.
Nonostante abbiamo accennato al fatto che spesso questi prodotti contraffatti hanno una
qualità percepita comparabile a quella dei prodotti originali , tuttavia in alcuni casi esistono
dei rischi consistenti per la salute del consumatore ed è questo il caso in cui si parla di
contaminazione degli alimenti. La contaminazione può essere di tipi :
- fisico ( presenza di schegge,sassolini,vetri,pezzi metallici all'interno degli alimenti e
l'effetto potenziale sulla salute potrebbe essere quello di provocare danni al cavo
orale,ferite,soffocamento..)
- chimico (presenza di metalli pesanti,pesticidi , ormoni che potrebbero causare
intossicazioni dovute all'ingestione di agenti chimici contenuti nell'alimento)
- biologico o macrobiologico (presenza di insetti,larve,escrementi,batteri,virus,parassiti che
potrebbero provocare infezioni e intossicazioni alimentari.
FRODI ALIMENTARI : OLIO D'OLIVA - L'olio d'oliva è uno dei capisaldi della cucina
italiana . Esistono 3 tipi di olio :
- EXTRAVERGINE è il più pregiato e che deriva da un processo di lavorazione più
costoso,
- VERGINE
- LAMPANTE invece viene mescolato con altri oli e viene spacciato per olio di qualità e in
questo si configura una frode.
Forse l'olio extravergine d'oliva è il prodotto più contraffatto in quanto spesso viene
ripulito , miscelato e messo sul mercato come extravergine oppure viene colorato con
clorofilla e betacarotene per renderlo più simile ad un extra vergine pregiato. Spesso

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subisce l'aggiunta di olio di nocciola proveniente da altri paesi. Ed ovviamente essendo un


prodotto molto soggetto alla contraffazione è uno di quei casi in cui il danno commerciale è
maggiore per l'economia italiana.

LEZIONE 11:LA RINTRACCIABILITA’


Il Regolamento CE n.178/2002 del 28 Gennaio 2002 introduce l'obbligo della
rintracciabilità degli alimenti in tutte le fasi della distribuzione,trasformazione e della
distribuzione. La definisce come la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un
alimento, di un mangime,di un animale destinato alla produzione alimentare, o di una
sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte
le fasi della produzione,della trasformazione e della distribuzione.
DIFFERENZA TRA TRACCIABILITA' E RINTRACCIABILITA' - Rintracciabilità
interna è la possibilità di rintracciare lungo tutto il processo produttivo interno all'azienda
tutte le componenti che hanno influito sul prodotto. Essa ha luogo indipendentemente dai
partner commerciali e si concretizza in una serie di procedure interne che consentono di
risalire alla provenienza dei materiali, al loro utilizzo e alla destinazione dei prodotti. La
rintracciabilità di filiera invece è un processo interaziendale che risulta dalla combinazione
dei processi interni a ciascun operatore della filiera un utile efficiente flussi di
comunicazione. La rintracciabilità di filiera è un processo non governabile dal singolo
soggetto ma basato sulle relazioni tra gli operatori . Per questo motivo necessita del
coinvolgimento di ogni soggetto che ha contribuito alla formazione del prodotto ed è più
complessa e di difficile realizzazione. Di conseguenza la rintracciabilità è fortemente
connessa con la tracciabilità. Potremmo definire la tracciabilità come quel processo che
segue il prodotto da monte fino a valle della filiera e fa in modo che ogni stadio attraverso
cui passa vengano rilasciate opportune tracce ed informazioni. Il compito principale quindi
è quello di stabilire quali elementi e quali informazioni debbano essere tracciate . Inoltre una
importante distinzione riguarda la differenza tra rintracciabilità ascendente e
rintracciabilità discendente . La rintracciabilità ascendente permette ad ogni stadio a partire
da un lotto di prodotto finito di ritrovare la storia e l'origine di un lotto, invece la
rintracciabilità discendente consiste nel ritrovare la destinazione industriale o commerciale
di un lotto di prodotto.
L'obiettivo dei processi di rintracciabilità è duplice. Per quanto concerne il consumatore
questo attiene alla sua sicurezza attraverso il ritiro dal mercato dei prodotti che non
soddisfano i requisiti di sicurezza. Per quanto riguarda invece il sistema delle imprese la
rintracciabilità consente agli operatori e alle autorità di controllo di attivare e gestire i
sistemi di allarme qualora sorgano eventuali problemi di sicurezza alimentare. Le pratiche di
rintracciabilità presentano numerosi vantaggi ed alcuni svantaggi, tra i vantaggi questo
consente di migliorare l'efficienza dei diversi controlli di qualità , permette e facilita il ritiro

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o il richiamo di prodotti all'occorrenza qualora questi presentano un rischio per la salute dei
consumatori, facilita la trasparenza tra tutti gli anelli di una filiera ottimizzando lo schema
logistico, partecipando alla lealtà delle transazioni e alla loro trasparenza, determinando le
rispettive responsabilità e creando una più forte coesione tra i diversi anelli della filiera. In
questo modo consente anche un rafforzamento del rapporto tra cliente e fornitore e in
qualche modo anche la fidelizzazione del cliente. Inoltre l'utilizzo delle pratiche di
rintracciabilità consente una razionalizzazione della logistica . Lo sviluppo di sistemi
avanzati di rintracciabilità pur richiedendo impegni e investimenti considerevoli può
contribuire alla crescita di un'azienda sotto diversi punti di vista: maggiore facilità di risalire
alle cause del problema e messa in atto di opportune azioni correttive,limitazione dei costi e
dei danni derivanti da azioni correttive.
Tuttavia il sistema di rintracciabilità presenta anche numerosi limiti : il principale sta nel
fatto che alcune realtà produttive non consentono lo sviluppo in dettaglio di sistemi avanzati
di rintracciabilità, sia per cause connesse alla natura della materia prima sia per problemi di
stoccaccio sia per la necessità operativa di miscelare materiali o lotti di diversa provenienza.
In tali casi si rende problematica l'identificazione con esattezza delle singole forniture o
singoli lotti.
I motivi per cui si parla tanto di rintracciabilità e perché la rintracciabilità è diventata cosi
importante nei sistemi agroalimentari discendono da una serie di concause. Innanzitutto
l’abbondanza dell’offerta e la varietà delle produzioni agroalimentari sui mercati, alle quali
si collega il contesto di crescente globalizzazione degli scambi. Le conseguenze di questi
due fattori si possono rinvenire nella modifica delle abitudini alimentari verso prodotti dalle
caratteristiche nutrizionali organolettiche particolari. Inoltre, in questi ultimi anni, il sistema
agroalimentare è stato investito da una serie di crisi che hanno minato la fiducia dei
consumatori nei confronti delle imprese di produzione e commercializzazione. Di
conseguenza sono cresciute le preoccupazioni del consumatore che lo hanno indotto ad
informarsi sui prodotti in termini di origine e provenienza.
Le motivazioni appena viste hanno fatto si che la rintracciabilità sia diventata negli anni
oggetto di una legislazione sempre più stringente, sia a livello comunitario che a livello
nazionale, e sia a livello obbligatorio che a livello volontario.
La produzione normativa comunitaria in materia di rintracciabilità parte l’uscita del Libro
Bianco sulla sicurezza alimentare nel Gennaio del 2000 e si concretizza nel Regolamento
comunitario numero 178 del 2002. L’obiettivo del Libro Bianco è stato quello di descrivere
un insieme di azioni necessarie a completare e rimodernare la legislazione dell’Unione
Europea in materia di sicurezza alimentare. In particolare, il Libro Bianco: introduce la
necessità di istituire l’autorità alimentare europea, fornisce un quadro giuridico che copra
tutti gli aspetti connessi con i prodotti alimentari dai campi alla tavola, armonizza i sistemi
di controllo a livello nazionale e auspica un maggior dialogo tra consumatore e le altre parti
coinvolte. I principi su cui si basa il Libro Bianco sono quelli di una strategia globale
integrata, il concetto di responsabilità condivisa tra tutti i partecipanti alla catena alimentare,
il concetto di rintracciabilità degli alimenti, l’analisi dei rischi connessi al passaggio dei

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prodotti alimentari lungo le filiere, il principio di trasparenza, il principio di precauzione.


Il regolamento 178 del 2002 è il primo regolamento che stabilisce i requisiti cogenti della
rintracciabilità di tutti i prodotti, mangimi e animali destinati alla produzione alimentare. Lo
scopo principale è anche quello di armonizzare le legislazioni alimentari di tutti i paesi
membri. Il regolamento afferma che per garantire la sicurezza degli alimenti occorre
considerare tutti gli aspetti della catena alimentare come un unico processo, a partire dalla
produzione primaria, passando per la produzione di mangimi, fino alla vendita o erogazione
di alimenti al consumatore, in quanto ogni elemento di essa presenta un potenziale impatto
sulla sicurezza alimentare.
L’articolo 1 del regolamento si occupa del principio della tutela della salute umana;
l’articolo 8 approfondisce l’argomento parlando di tutela degli interessi del consumatore.
L’articolo 18 è quello più importante perché definisce in maniera chiara cosa si intende per
pratiche di rintracciabilità. L’articolo 19, infine, descrive gli obblighi degli operatori del
settore agroalimentare.
Per quanto riguarda invece la normativa italiana, sono due i decreti principali: il decreto
legislativo numero 155 del 1997 e il decreto 228 del 2001. Ma in particolar modo è
interessante il decreto 155, perché attua le direttive comunitarie del 93 soprattutto la numero
43 che stabilisce le norme generali di igiene dei prodotti alimentari e le modalità di verifica
dell’osservanza di tali norme, e soprattutto rende obbligatoria l’applicazione dei principi
dell’HACCP.
Il responsabile dell’industria alimentare deve individuare nella propria attività ogni fase che
potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano
individuate, applicate e aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei
principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e dei punti critici, appunto il sistema
HACCP. Il decreto legislativo 155 stabilisce inoltre le misure di autocontrollo e le azioni da
intraprendere nel caso in cui il responsabile dell’industria alimentare si accorga che i
prodotti possono presentare un rischio immediato per la salute.
Il regolamento 178 stabilisce l’obbligo di applicare la rintracciabilità per il settore
agroalimentare. Parallelamente esiste però una normativa volontaria; in questo caso la
norma è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività
normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non sia obbligatoria e che
appartenga ad una delle seguenti categorie:
- a livello internazionale l’ISO
- a livello europeo, l’EN
- a livello nazionale, l’UNI
La norma UNI 10939 del 2001 definisce i principi e specifica i requisiti per la progettazione
e l’attuazione di sistemi di rintracciabilità nelle filiere agroalimentari (seguendo quindi il
prodotto dal produttore, al trasformatore, al deposito, al trasportatore, al distributore e in
infine al consumatore).
La norma UNI 11020 del 2002, invece, riguarda la possibilità di rintracciare lungo tutto il
processo produttivo interno all’azienda tutte le componenti che hanno influito sul prodotto.

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Essa ha luogo indipendentemente dai partner commerciali e si concretizza in una serie di


procedure interne, specifiche di ciascuna azienda, che consentono di risalire alla
provenienza dei materiali, al loro utilizzo e alla destinazione dei prodotti.
Esistono una serie di metodi e strumenti per l’applicazione della rintracciabilità nelle filiere
agroalimentari. Per comprenderli abbiamo necessità di spiegare cosa si intende per catena
logistica nell’agroalimentare e in particolar modo evidenziare come in questa il flusso fisico
dei materiali che partono dal produttore agricolo, che passano per l’industria di
trasformazione, per il magazzino, per il trasportatore, il distributore e infine al punto
vendita, vengono sempre accompagnati in senso bidirezionale da un flusso informativo, nel
quale si incarna il concetto di rintracciabilità.
La gestione dei flussi di informazione è pertanto strategica all’interno dei canali
agroalimentari, soprattutto per l’efficienza della logistica e per l’applicazione della
rintracciabilità. In che modo questi flussi di informazione possono essere gestiti è una scelta
dell’operatore. In particolare è possibile gestirli in modo cartaceo o attraverso strumenti
informatizzati.
Con il metodo cartaceo, i documenti possono essere legati al prodotto, per esempio le
etichette oppure gli imballaggi; o anche accompagnarlo fisicamente, per esempio fatture,
cartelle di accompagnamento, bollo di consegna. Naturalmente il metodo cartaceo presenta
degli svantaggi e anche alcuni vantaggi.
Per quanto riguarda invece gli strumenti informatizzati, ogni tappa del flusso fisico è
accompagnata da una tappa di flusso informatico che comporta un’operazione effettuata su
supporto. Anche in questo caso esistono dei vantaggi e degli svantaggi.
Per quanto attiene il metodo cartaceo, i principali vantaggi riguardano i costi che sono
limitati e la facilità di attuazione. Tuttavia esiste un notevole rischio di errori durante la
registrazione nonché di perdita dei documenti, e ovviamente quanto maggiore è la mole di
dati da inserire, tanto più lunghi saranno i tempi di inserimento e tanto maggiore sarà la
probabilità di incorrere in errori.
I sistemi informatizzati, invece, hanno come vantaggio principale un impiego semplice e
rapido e la riduzione parallela degli errori di trascrizione, ma purtroppo necessitano di un
consistente investimento iniziale.
I sistemi informatizzati utilizzano principalmente i codici a barre e i meccanismi di radio
frequenza. Il codice a barre è un sistema di codifica dell’informazione rappresentato da una
successione di barre e spazi di differente lunghezza, la cui giusta apposizione rappresenta
dei dati numerici o alfanumerici. Il sistema di radiofrequenza, invece, è un sistema di
identificazione automatico nel quale la comunicazione e il trasferimento dei dati sono
realizzati utilizzando l’energia elettromagnetica di frequenza induttiva (radio o microonde).
Si compone di un tag, di un dispositivo di lettura o scrittura e di un software per convertire
le informazioni.
Quindi a questo punto possiamo affermare che il processo di rintracciabilità è un processo
inter-aziendale e quindi dobbiamo chiederci in che modo si può garantire la continuità dei
flussi informativi tra aziende che adottano linguaggi e metodi differenti. La soluzione sta

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nell’adozione di standard condivisi. Innanzitutto l’EAN/UCC e l’EDI (Electronic Data


Interchange). L’EAN è uno standard di identificazione globale preciso e inequivocabile dei
partner commerciali, dei prodotti e delle unità logistiche. Invece l’EDI è un sistema che
consente lo scambio elettronico di dati e di informazioni standardizzate che facilitano la
collaborazione e l’instaurazione di relazioni commerciali tramite l’ausilio di reti internet e
VAN. Questi sistemi consentono a imprese che utilizzano anche sistemi informativi
differenti di comunicare tra di loro e di scambiare i dati, al fine di conseguire gli obiettivi di
efficienza, trasparenza e collaborazione insiti nell’adozione dei sistemi di rintracciabilità.

LEZIONE 12: QUALITA’ AGROALIMENTARE


E LOGISTICA
Secondo la definizione del Counsil of Logistic Management, la logistica può essere definita
come processo di pianificazione, implementazione e controllo dell’efficiente ed efficace
flusso e stoccaggio delle materie prime, semilavorati e prodotti finiti, nonché delle relative
informazioni dal punto di origine al punto di consumo con lo scopo di soddisfare le esigenze
dei clienti. Questa è una delle definizioni, ovviamente non l’unica, ma si presta bene ai
nostri scopi che sono quelli di mettere in relazione lo strumento della logistica con la qualità
nel sistema agroalimentare. Nel settore agroalimentare la logistica svolge un ruolo di
notevole rilevanza divenendo oggetto di analisi approfondite per la sua ottimizzazione. La
sua importanza deriva da una serie di fattori. In primis un elevato potenziale di riduzione dei
costi, e inoltre il fenomeno dell’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari. Per
l’ottimizzazione della logistica nel sistema agroalimentare è richiesto un approccio analitico
che è quello della supply chain. È infatti possibile contestualizzare le fasi che caratterizzano
la vita di un prodotto raggruppandole in due momenti principali:
- filiera di produzione, che rappresenta il percorso all’interno del quale gli operatori di
competenza pongono in essere attività volte alla creazione dalla formazione di un prodotto
fino al suo stadio finale di consumo;
- canale di distribuzione, che è la sequenza di operatori economici che si preoccupano della
commercializzazione del prodotto, intervenendo dal momento in cui esso lascia il settore
della produzione fino al suo consumo finale da parte del consumatore.
L’insieme di filiera di produzione e canale di distribuzione rappresentano la supply chain.
La supply chain quindi identifica una rete di entità di business autonome o semiautonome,
che danno luogo ad un insieme di operazioni che da monte a valle accompagnano il prodotto
nelle diverse fasi di produzione e di commercializzazione.
La gestione della supply chain si concretizza nella supply chain management, che è un
processo integrato e orientato al processo per l’approvvigionamento, la produzione e la
consegna di prodotti e servizi ai clienti. La supply chain management gestisce le operazioni

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interne, gli intermediari, i distributori e il cliente finale. Comprende la gestione delle materie
prime, dei semilavorati e dei prodotti finali, nonché dei flussi informativi ed economici.
La pianificazione logistica, svolta mediante l’adozione del modello supply chain
management, ha alla base i seguenti obiettivi:
- flessibilità
- riduzione lead time
- ottimizzazione delle scorte
- affidabilità
Insieme questi obiettivi concorrono a migliorare l’efficienza della gestione logistica
nell’agroalimentare.
Parlando di riorganizzazione della logistica nell’agroalimentare, si intende un’integrazione
organizzativa tra produttore, distributore e trasportatore, con gli obiettivi di ridurre i costi e
incrementare la qualità del servizio.
In questo senso, la riorganizzazione della logistica rappresenta un importante strategia di
costo, quale strumento per migliorare la soddisfazione del consumatore e incrementare
l’efficienza della catena di fornitura nel suo complesso.
Strumenti importantissimi nella riorganizzazione della logistica sono la piattaforma logistica
e i centri di distribuzione. La piattaforma logistica si identifica nel luogo fisico, cioè nelle
superfici sulle quali transitano le merci e sulle quali queste vengono organizzate per la
consegna finale; infatti sulla piattaforma gli operatori di competenza modificano il vettore di
trasporto, le dimensioni dell’unità di scambio e aggiungono servizi materiali ed immateriali.

I centri di distribuzione raggruppano la merce proveniente dalle imprese di produzione in


due modi: secondo un criterio monocliente multifornitore oppure multicliente
monofornitore. I vantaggi che derivano dall’azione dei centri di distribuzione sono connessi
innanzitutto con le economie di scala, ma anche con la riduzione del lead time e in generale
con la riduzione dei costi per le imprese di produzione. In questo caso, la gestione integrata
della logistica nell’agroalimentare si perviene ad una collaborazione tra imprese di
produzione e centri di distribuzione con lo scopo finale di incrementare la qualità.
L'organizzazione della logistica nell'agroalimentare passa attraverso lo sviluppo dei provider
logistici . Attraverso il fenomeno dell'outsourcing logistico si realizza quel processo
attraverso cui le aziende assegnano a fornitori esterni per un periodo contrattualmente
stabilito la gestione operativa di una o più funzioni logistiche : dal trasporto primario alla
distribuzione finale, lo stoccaggio, la gestione degli ordini o di insieme di attività logistiche
concatenate negli interi processi aziendali , a cui sono aggregate altre attività prossime alla
logistica. I vantaggi che ne conseguono riguardano la riduzione dei costi,un aumento di
produttività ed efficienza, miglioramento dello standard di servizio.
In una gestione efficiente della logistica agroalimentare un ruolo fondamentale ha la catena
del freddo. Il termine catena del freddo indica la continuità di mezzi impiegati in sequenza
per assicurare la conservazione a bassa temperatura dei prodotti deperibili dalla fase di
produzione al consumo finale. La catena del freddo indica pertanto il percorso obbligato che

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determinate tipologie di prodotti alimentari devono compiere affinché possono aggiungere


al consumo finale mantenendo lo standard qualitativo iniziale. Il settore degli alimenti
refrigerati e congelati ha registrato nell'ultimo decennio un crescente successo riconducibile
essenzialmente all'applicazione della cosiddetta catena del freddo,in tutte le sue fase che
vanno dalla produzione alla distribuzione e conservazione fino alla vendita. Il controllo
della temperatura in queste fasi è infatti requisito essenziale per garantire la sicurezza e la
qualità degli alimenti refrigerati e congelati nel rispetto delle direttive di legge e delle norme
di produzione . Attualmente le norme da osservare per il mantenimento della catena del
freddo sono stabilite da uno specifico decreto legislativo, cui i produttori,i distributori e i
venditori degli alimenti refrigerati e congelati devono attenersi. Al fine di assicurare elevati
standard qualitativi occorre mantenere rigorosamente controllata la temperatura di
refrigerazione o di congelamento durante tutte le fasi che vanno dalla conservazione alla
distribuzione. E' molto importante che il trasferimento dei prodotti refrigerati o congelati
avvenga senza "interruzioni" della catena del freddo, soprattutto nei camion per la
distribuzione,nelle celle frigorifero dei locali di vendita e nelle celle frigorifero dei banchi di
vendita. Attualmente l'accordo internazionale sul trasporto delle merce deperibili
ACCORDO ATP indica le seguenti temperature massime per il trasporto +7° per le carni,
+6° per i prodotti a base di carne e burro, +4° per il pollame e +4° per il latte e prodotti
caseari, infine +2° per il pesce. Il rispetto di tali paramenti è molto importante e rende
critiche le fasi di trasferimento dei prodotti dall'azienda alle celle frigorifero dei punti
vendita e poi da quest'ultima al congelatore domestico. Un sistema utile per il controllo di
queste fasi è rappresentato dalla cosiddetta staffetta dove il testimone cioè il prodotto
alimentare viene trasferito da un responsabile ad un altro e dove tutte le informazioni sulla
temperatura del prodotto, sulla sua storia vengono documentare per iscritto. In questo modo
la corretta applicazione della catena del freddo si basa sul corretto monitoraggio e
registrazione della temperatura del prodotto. La misurazione delle temperature avviene
direttamente se vi è contatto con l'alimento o indirettamente attraverso la rilevazione della
temperatura dell'ambiente circostante e la temperatura tra le due confezioni. Tra le varie
regolamentazioni emanate vi sono delle normative imposte dall'UE al fine di garantire il
rispetto degli standard qualitativi dei prodotti refrigerati e congelati. Alcune delle quali
impattano direttamente sulla logistica distributiva dei prodotti . Queste normative
riguardano essenzialmente le celle di stoccaggio, i mezzi di trasporto e i mezzi di trasporto
adibiti alla distribuzione locale. L'insieme di tutte queste norme rende il mantenimento di
una corretta catena del freddo una fonte rilevante di costi sia in termini economici che
temporali, che impattano negativamente sul valore creato dall'azienda attraverso il
collocamento dei prodotti sul mercato. Per tali motivi molte aziende sopratutto se sono di
medie- piccole dimensioni delegano la gestione della logistica della catena del freddo ad
appositi operatori specializzati che disponendo di strumentazioni specializzate nel
mantenimento di determinate temperature offrono un servizio in grado di garantire le
migliori condizioni per la sicurezza e la qualità dei prodotti trasportati.

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