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Capire la “Risposta alla domanda – Che

cos’è l’illuminismo” di Immanuel Kant

Giangiuseppe Pili
Ph.D. Filosofia e Scienze della mente
Dublin City University – School of Law and Government
Laboratorio di Intelligence – Università della Calabria
scuolafilosofica@gmail.com
www.scuolafilosofica.com

L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpe-
vole. Minorità è l'incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un
altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelli-
genza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere
guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelli-
genza! Questo dunque è il motto dell'illuminismo.

Immanuel Kant

1. Introduzione

Risposta alla domanda – Che cos’è l’illuminismo è un testo di Immanuel


Kant, pubblicato nel 1783, ovvero tra la pubblicazione della prima edizione
della prima critica (1781) e la pubblicazione della seconda edizione della stes-
sa (1787) di poco precedente rispetto al capolavoro della filosofia morale Fon-
dazione della metafisica dei costumi (1788). Che cos’è l’illuminismo è un testo
piuttosto agile, la cui lettura richiede meno di un’ora di studio. Tuttavia, essa
non è priva di una sua peculiare densità, interessanti spunti filosofici e sotti-
gliezze. Si tratta di un piccolo capolavoro della filosofia kantiana la quale, co-
me poche, esprime i valori dell’illuminismo europeo. Per questo Risposta alla
domanda – Che cos’è l’illuminismo è un testo particolare all’interno della ri-

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flessione di Kant ma anche della storia della filosofia Occidentale. Invito il let-
tore ad andare a leggere il testo personalmente, prima di procedere. La versio-
ne utilizzata in questo breve saggio di accompagnamento è la traduzione
dall'originale tedesco di Francesca Di Donato che si trova liberamente
(http://btfp.sp.unipi.it/dida/kant_7/ar01s04.xhtml)

2. Che cosa è l’illuminismo?

“L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso


è colpevole. Minorità è l'incapacità di servirsi della propria intelligenza senza
la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende
da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di
servirsi di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio
di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell'illumi-
nismo”. (Kant (1783)). Questo incipit è denso di concetti e, per essere compre-
so, va dipanato un poco. Esso contiene in nuce tutta la risposta successivamen-
te declinata.

Innanzi tutto il testo si rivolge all’umanità (europea) ma in realtà con “uo-


mo” sarebbe più proprio intendere “essere razionale”, così come Kant decline-
rà il concetto nella sua filosofia morale e, in particolare, nella Fondazione del-
la metafisica dei costumi. Data la natura del testo, che è davvero un pamphlet,
un “manifesto” della cultura dell’epoca, non sorprende che Kant si rivolga più
esplicitamente al suo pubblico. Tuttavia, il suo riferimento è appunto l’uomo in
quanto essere razionale e, dunque, non una porzione di umanità ma la sua to-
talità.

L’illuminismo non è un’epoca storica, secondo Kant. Non c’è alcun pas-
saggio nel testo in cui Kant si autodefinisca parte dell’illuminismo in quanto
vivente in un particolare momento storico definito “illuminismo”. Il filosofo
tedesco è chiaro riguardo a questo punto: l’illuminismo segna il momento di
uscita dallo stato di minorità, definita come “incapacità di servirsi della propria
intelligenza senza la guida di un altro”. Ovvero, l’illuminismo è una condizio-
ne di libertà del soggetto razionale (l’uomo) che è il frutto di una “emancipa-
zione” dalla tirannia (dipendenza) degli altri. Questi altri sono le varie forme di

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coercizione poste dall’esterno all’interno del pensiero: morali non razionali
(quindi la religione), costumi sociali irrazionali e consuetudinari, l’educazione
fondata su precetti e non sullo sviluppo del proprio talento, il potere coercitivo
dello stato. Per tutte queste ragioni, dunque, l’illuminismo è una condizione
non necessaria, mai definitiva e sempre incerta dell’umanità.

Kant imputa la minorità alla stessa umanità perché essa non dipende da
condizioni esterne alla mente umana stessa. Questa, infatti, è concepita come
sufficientemente potente da poter seguire le sue sole regole. Il principio di au-
tonomia del soggetto è uno dei cardini concettuali dell’intera concezione mo-
rale kantiana. Infatti, il soggetto razionale può formulare leggi di condotta pri-
ve di riferimento al proprio egoismo e alla propria disposizione sensibile. In
questo modo egli può raggiungere una formulazione dell’imperativo morale
fondata esclusivamente sull’uso delle categorie dell’intelletto. In parole pove-
re, il soggetto razionale, l’uomo, può essere e deve essere autonomo nel giudi-
zio. Il problema è, appunto, che sebbene si possa e si debba essere autonomi,
nella maggior parte dei casi i singoli esseri umani non lo sono. Kant infatti so-
stiene che le persone sono di volta in volta dominate da “altri padroni”, ovvero
da regole formulate in funzione di altri punti di vista che sono il suo principale
bersaglio polemico, ovvero principalmente la religione e la cultura
dell’obbedienza imposta dallo stato dispotico.

“Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è


il motto dell'illuminismo” è l’espressione che Kant conia per indicare un preci-
so dovere, il quale è razionale, a suo giudizio, in quanto fondato esclusivamen-
te sul proprio intelletto. In questa analisi, l’illuminismo non è proposto come
una condizione temporale dell’umanità tutta ma dei singoli individui. Tuttavia,
il filosofo tedesco, soprattutto nelle fasi intermedie e finali del saggio, in cui si
addentra nella critica delle forze resistenti, parla dell’illuminismo anche come
“momento storico”. Infatti, egli lascia intendere che l’illuminismo sia un mo-
mento di passaggio collettivo in cui alcuni riescono effettivamente ad emanci-
parsi e, così, partecipano appieno della propria ragione all’interno di una liber-
tà civile indispensabile. La libertà, quindi, è prerequisito ma anche conseguen-
za dell’illuminismo: è conseguenza in quanto la massima libertà umana, se-
condo Kant, dipende dall’uso della ragione, ma è anche prerequisito perché
senza libertà (civile e morale) la ragione è troppo vincolata dall’esterno per

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emergere. Per questo il filosofo si batte per un uso pubblico della ragione, ov-
vero sostiene che il potere politico ha il dovere di lasciar liberi gli individui di
impiegare pubblicamente la propria ragione. Infatti, l’uso privato della ragione
non è liberatorio, cioè non consegue ad un progresso universale. Per Kant, in-
fatti, il soggetto razionale gode della piena libertà solo nella duplice possibilità
di esercitarla (libertà da – pensata in termini di libertà civili) e di generarla (li-
bertà di – pensata in termini di attività della ragione). L’uso pubblico della ra-
gione consente così il pieno sviluppo non solo dell’individuo razionale ma an-
che di tutti gli altri, i quali sono così invitati a liberarsi a loro volta dalle iniqui-
tà delle spinte egoiste sensibili e dalle tirannie delle consuetudini malvagie.

All’epoca dell’illuminismo, così ormai concepita nella teca dei nostri pas-
sati, Kant dedica assai poco spazio perché, come si è visto, l’illuminismo è una
condizione relativa ai singoli, in quanto esseri razionali, e all’umanità, in quan-
to insieme di esseri razionali (a sua volta non concepita da Kant, per altro, co-
me soggetto razionale). Quindi, l’illuminismo in quanto epoca è qualcosa di
alieno alla concezione kantiana, la quale lascia aperta la porta a questa inter-
pretazione storica solamente in quanto sembra che gli intelletti si siano rischia-
rati solamente in tempi relativamente recenti a Kant. In realtà, appunto, in
quanto condizione generale atemporale, rispetto alla storia, l’interpretazione
kantiana dell’illuminismo non segna un’epoca storica quanto ad una generale
disposizione degli esseri razionali. In questo senso, Kant non limita
l’illuminismo al futuro, ma concede che il progresso dell’umanità (di cui per
altro non indica né una fine né un fine) è pensabile al futuro molto più che al
passato. Ma anche questo orizzonte escatologico è povero. Kant è molto più
interessato agli individui che alla storia dell’umanità in quanto gruppo e totali-
tà. Per tale ragione, ancora una volta, l’illuminismo è una conquista
dell’umanità che deve andare a progredire pur nella dimensione di uno svilup-
po pensato in termini di libertà individuale e coltivazione dei propri talenti e
non, piuttosto, una strana forma di autoliberazione assoluta dal regno terreno
dei mali. Niente di così grandioso, insomma.

3. Cosa rimane dell’illuminismo oggi

A distanza di oltre duecento anni dell’illuminismo rimane ben poco. Il ro-

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manticismo fu, paradossalmente, in gran parte in linea di continuità con il mo-
vimento di rischiaramento della ragione individuale. Ma dalla metà del XIX
secolo si assiste ad una curiosa scissione tra la ragione pubblica e privata in cui
la seconda è diventata molto più condiscendente con gli “spiriti animali” che
l’illuminismo aveva tentato di razionalizzare. E la ragione pubblica è sempre
più un vuoto chiacchiericcio per pochi eletti, la cui elezione dipende da tutto
tranne che dalla loro partecipazione al progresso generale il quale è, purtroppo,
difficile da condividere con poco sforzo ed è difficile da sposare senza
un’opportuna dedizione. Perché l’illuminismo non fu una negazione dei valori
umani, intesi nella loro inevitabile relazione con i sentimenti e con le emozioni
primordiali. Al contrario. Tuttavia, è pur vero che l’illuminismo e, in particola-
re Kant, riteneva un preciso dovere quello di essere liberi dalle passioni nella
misura del possibile, così da essere sempre al comando di quella fragile nave
che è il proprio corpo, in quella difficile rotta che è la via della vita. E tuttavia,
specialmente con l’imposizione della società di massa, in cui l’individuo non
può più contare soltanto sulle sue forze e su quelle dei vicini (pochi e fragili),
scopre una nuova potenza e, allo stesso tempo, una straordinaria insignifican-
za.

La potenza della società di massa in termini produttivi e organizzativi è im-


paragonabile con tutto quel che c’era di precedente. Ma allo stesso tempo, la
singola entità razionale ha allentato i legami con le regole rigide che lo legava-
no agli altri e, così, nel bene o nel male, non può più vivere in piccole comuni-
tà in cui si sanno i nomi degli altri, ma in vasti agglomerati in cui la potenza e
l’insignificanza si uniscono coerentemente. E il risultato della relativa debo-
lezza dell’isolamento nel pieno di umanità diventa una ambivalenza che si mo-
stra nella necessità ideologica e aggregativa e, allo stesso tempo, ad una inevi-
tabile superficialità tanto nei contenuti quanto nelle relazioni, inevitabilmente
moltiplicate per ragioni indipendenti dalle specifiche volontà.

Il risultato è stato il XX secolo, in cui si è vista la capacità umana di pro-


durre un’arma nucleare ma la sua impotenza nel concepire una immagine co-
mune della pace. Il XX secolo è stata una lotta all’illuminismo i cui morti sono
stati ora insigniti del ricordo degli altari di quelle Patrie che volentieri hanno
sposato le cause degli avversari. Da destra e da sinistra il motto di Kant “Abbi
il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!” è stato il vero e proprio

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bersaglio ideologico. Tutta la politica Occidentale è stata antilluminista, con la
sola eccezione del liberalismo che, infatti, è sempre stato ostracizzato in
quell’Europa la cui pace fu fondata da due potenze esterne. Infatti, i partiti
fondati su religioni non possono sposare la visione kantiana dello sviluppo
umano generale, già concepito come salvabile solamente dall’esterno. Le ideo-
logie di destra rivendicano l’imperioso uso della volontà arbitraria come ulti-
mo baluardo e ragione per non finire rinchiusi nelle leggi eterne della storia,
che era infatti il punto di vista della sinistra di stampo marxista. Quest’ultima,
più vicina ad alcuni principi dell’illuminismo, rivendicava comunque una
preminenza di alcuni eletti (il partito comunista e gli scienziati della rivoluzio-
ne a seconda dei casi). Il risultato è stato appunto semplice: relegare
l’illuminismo nel cimitero delle idee estinte da onorare come i caduti di una
grande guerra la quale, per mezzo dell’arbitrio della forza, ha stabilito il vinto
e il vincitore.

Kant ci ha mostrato che l’illuminismo è un’aspirazione alla libertà, alla


conquista della propria dignità per mezzo del nostro intelletto. L’illuminismo
non è morto, ma non dobbiamo noi esserlo. Noi, e solo noi, abbiamo il dovere
di essere cittadini attivi, fiduciosi nel futuro e laboriosi nella coltivazione dei
nostri talenti. Viviamo in tempo che si vanno rapidamente oscurando perché
quelle poche luci che rimanevano dall’epoca del rischiaramento si stanno len-
tamente disperdendo e spegnendo. E come anche all’epoca di Federico il gran-
de, la responsabilità è solamente di ognuno di noi. E allora, Sapere aude! Abbi
il coraggio di usare appieno la tua intelligenza!

Bibliografia

Cosio, Sonia; (2016), Il rispetto in Kant, AlboVersorio.

Kant, Immanuel; (1783), Risposta alla domanda – Che cosa è


l’illuminismo?, http://btfp.sp.unipi.it/dida/kant_7/ar01s04.xhtml

Kant, Immanuel; (1785), La fondazione della metafisica dei costumi, Mila-

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no: Rusconi.

Kant, Immanuel; (1787), Critica della ragion pura, Torino: Utet.

Kant, Immanuel; (1788), Critica della ragion pratica, Roma-Bari: Laterza.

Kuehn Manfred, (2001), Kant – Una biografia, Il Mulino, Bologna.

Pili, Giangiuseppe; (2016); “Libertà, volontà e legge morale: una posizione


causale neo-kantiana della moralità”, www.scuolafilosofica.com.

Pili, Giangiuseppe; (2017); “La dignità come proprietà morale formale e


sostanziale del soggetto morale”, www.scuolafilosofica.com

Pili, Giangiuseppe, (2018), “Capire la Fondazione della metafisica dei co-


stumi di Immanuel Kant”, www.scuolafilosofica.com

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