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Impianti antincendio

I danni provocati dall’insorgere di un incendio all’interno di uno stabilimento industriale sono notevolissimi, basti
considerare che ai danni diretti (distruzione dei macchinari, degli edifici etc) si vanno a sommare i danni indiretti
derivanti dalla mancata produzione che in molti casi risultano maggiori di quelli diretti.

Per tale motivo risulta indispensabile ridurre tali danni mediante l’adozione di mezzi di prevenzione e protezione.

I provvedimenti preventivi sono quelli che devono essere messi in atto per evitare l’insorgere dell’incendio, mentre
quelli di protezione (spegnimento e circoscrizione dell’incendio)sono quelli che intervengono quando l’incendio si è
sviluppato.

Tra i provvedimenti preventivi più noti a livello aziendale


ricordiamo:
l’impiego di strutture resistenti al fuoco;
rispetto delle distanze di protezione tra fabbricati e fra
impianti;
scelte progettuali sul lay-out dei reparti e dei magazzini
che forniscono la massima sicurezza;
realizzazione di adeguate ventilazioni naturali o
forzate;
rispetto delle normative nella realizzazione degli
impianti (impianti elettrici - messa a terra ecc.);

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La vigente normativa ai fini dei provvedimenti preventivi prevede che per tutti i luoghi di lavoro venga effettuata una
valutazione del rischio incendio con conseguente individuazione ed attuazione delle misure atte ad eliminare o a
ridurre il rischio incendio.

In particolare devono essere adottate le seguenti misure:

prevenzione degli incendi e loro propagazione;


controllo e manutenzione dei presidi antincendio;
procedure da attuare in caso di incendio;
informazione e formazione del personale;
simulazioni di situazioni antincendio.

I provvedimenti per lo spegnimento e la circoscrizione degli incendi sono classificabili in quattro categorie a seconda
che sono rivolti a:

garantire maggiore sicurezza delle persone (uscite di emergenza, protezioni individuali, compartimenti
antincendio);
frazionare il rischio, distanziando i locali più pericolosi, compartimentando con pareti tagliafuoco e barriere
d’acqua;
segnalare tempestivamente gli incendi con sistemi di rilevazione;
spegnere o contenere l’incendio mediante adeguati mezzi antincendio;

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Normativa di riferimento

D.M. 31 luglio 1934 ( e successive modifiche ed integrazioni ): riguardante gli stabilimenti per la lavorazione,
l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali;
D.P.R. 27 aprile 1955 n° 547 : norme per la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro che contiene solo
indicazioni molto particolari.
C.M. n° 68 del 25 novembre 1969 : norme di sicurezza per impianti termici a gas di rete
C.M. n° 73 del 29 luglio 1971 : disposizioni ai fini della prevenzione incendi nel settore degli impianti termici ad
olio combustibile ed a gasolio
Legge 6 dicembre 1971 n° 1083 : norme per la sicurezza dell’impiego del gas combustibile
D.M. 16 febbraio 1982 – C.M. n° 25 del 2 giugno 1982 – D.M. 27 marzo 1985 : che elencano le attività, le
industrie ed i depositi pericolosi i cui progetti devono essere approvati dai comandi provinciali dei vigili del fuoco
ed il cui esercizio è soggetto a visite di controllo periodiche successivamente al rilascio del certificato di
prevenzione incendi.
DPR n° 577 del 29 luglio 1982 – C.M. n° 46 del 7 ottobre 1982 : riguardanti l’espletamento dei servizi di
prevenzione e vigilanza antincendi
D.M. 16 novembre 1983 e modificazioni (D.M. 2/8/84-11/6/86-9/7/88-17/12/1991): riguardanti le attività soggette,
nel campo dei rischi di incidenti rilevanti, all’esame del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
D.M. 30 novembre 1983 : contenente termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi.
D.M. 24 novembre 1984 –D.M. 8 giugno 1993 : norme di sicurezza antincendio per il trasporto, la distribuzione,
l’accumulo e l’utilizzazione del gas naturale con densità superiore a 0,8

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D.M. 31 marzo 1984 – D.M. 13 ottobre 1994 : relativi alle norme di sicurezza per la progettazione, l’installazione
e l’esercizio dei depositi di gas di petrolio liquefatto con capacità complessiva superiore ed inferiore a 5 m³
DPR 17 maggio 1988 n° 175 : attuazione della direttiva CEE n° 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti
connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987 n° 182
D.Lgs 19 settembre 1994 n° 626 – CM 29 agosto 1995 – Dlgs 19 marzo 1996 n° 242 : adempimenti ai fini della
valutazione ed eliminazione di rischi di incendio nelle aziende.

I progetti degli impianti industriali devono essere preventivamente sottoposti all’approvazione del comando
provinciale dei vigili del fuoco interessato territorialmente.
Al comando provinciale compete sia il nulla osta per l’ottenimento della concessione edilizia, sia il rilascio ad impianto
ultimato del certificato di prevenzione incendi.

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Cinetica degli incendi e loro classificazione

Un incendio è un processo di ossidazione violenta di cui le fiamme rappresentano l’aspetto appariscente ed ultimo.
La combustione, in particolare, è una reazione chimica esotermica che comporta normalmente l’ossidazione di un
combustibile da parte dell’ossigeno presente nell’aria.

Affinché avvenga un incendio è necessario che siano presenti tre


elementi fondamentali (le "tre C" o triangolo del fuoco):
il combustibile: i materiali infiammabili sono classificati in base alla loro
reazione al fuoco in 7 classi da 0 (incombustibile) a 6
il comburente: ruolo svolto usualmente dall'ossigeno
il calore: è necessaria la presenza di un'adeguata temperatura affinché
avvenga l'innesco
Combustibile e comburente devono essere presenti in proporzioni
adeguate definite dal campo di infiammabilità.
Se non sono presenti uno o più dei tre elementi della combustione,
questa non può avvenire e - se l'incendio è già in atto - si determina
l'estinzione del fuoco.

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Relativamente al campo di infiammabilità teniamo conto che:
La temperatura di ignizione di una sostanza è la temperatura minima alla quale questa deve essere riscaldata affinché
venga innescata, da una fonte di energia esterna, una reazione di combustione in grado di autosostenersi.
La temperatura effettiva di ignizione dipende, oltre che dalla natura del materiale, dalla concentrazione ed umidità di
questo, dalla ventilazione, dalla rapidità del riscaldamento, dalla dimensione e dalla forma del materiale coinvolto,
dall’effetto catalitico o inibitore di altri materiali presenti.

La temperatura di autoaccensione è un valore al di sopra della temperatura di ignizione alla quale ogni combustibile, a
contatto con il comburente, inizia spontaneamente la combustione anche in assenza della fonte di innesco esterna.
La temperatura di autoaccensione per materiali come la carta, cartoni, cotone e lana è compresa tra i 200° ed i 260 °C.

grado di infiammabilità di un materiale è legato alla sua temperatura di ignizione, quanto più questa è vicina alla
temperatura ambiente tanto più elevato è il grado di infiammabilità.
La circostanza che la maggior parte del materiale combustibile presenti una temperatura di ignizione molto lontana
dalla temperatura ambiente non esclude il suo coinvolgimento in un incendio quando si verifica un aumento della
temperatura circostante.

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Il comitato europeo normalizzazione ( CEN) ha definito la seguente classificazione degli incendi, basata sulle sostanze
che li alimentano :

Classe A: incendi di materiali solidi combustibili che comportano la formazione di braci .Sono dovuti a
materiali quali carta, legname, tessuti, carboni, gomma, pelli

Classe B: incendi di liquidi infiammabili quali benzine, solventi, oli, vernici, resine,alcool

Classe C: incendi di gas infiammabili come metano, acetilene, idrogeno, gas di città

Classe D: incendi di sostanze chimiche e di metalli leggeri combustibili (sodio, potassio, calcio)

Classe E: incendi originati da materiale elettrico sotto tensione quali trasformatori, motori elettrici

Con particolare riferimento alla lotta contro gli incendi mediante estintori la norma UNI-EN 2 relativa alla
classificazione dei fuochi suddivide i fuochi in quattro categorie

Classe A: fuochi da materiali solidi la cui combustione comporta la formazione di braci .(carta, legname,
tessuti, carboni, gomma, pelli)

Classe B: fuochi da liquidi o solidi liquefattibili (alcoli, vernici, solventi, oli lubrificanti, benzine, petrolio)

Classe C: fuochi da gas (metano, acetilene, idrogeno, propano, etilene, propilene)

Classe D: fuochi da metalli (nitrati, nitriti, clorurati, sodio, potassio, alluminio etc..)

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Carico di incendio

Un incendio in pieno sviluppo è un fenomeno estremamente imprevedibile nella sua evoluzione, sia per la varietà delle
sostanze coinvolte sia per la complessità dei fenomeni fisici e chimici che intervengono.

Per tale motivo un incendio non sempre può essere inquadrato dal punto di vista teorico e quantitativo.

Comunque Una valutazione preliminare della pericolosità presente in un edificio contenente materiale combustibile
può essere fatta determinando il carico di incendio che misura la quantità di calore che si può sviluppare per unità di
area di un edificio in caso di incendio.

La normativa italiana sulla prevenzione incendi considera come carico di incendio il potenziale termico dei materiali
combustibili presenti nei locali, misurato in chilogrammi di legno equivalente.

Il carico di incendio riferito all’area lorda del locale è dato dalla relazione:

n
Σ gi Hi
q = i=1 (kg di legno/m²)
4.400 A

q = carico di incendio
gi = peso in kg della sostanza combustibile i tra le n presenti nel locale
Hi = potere calorifico superiore della sostanza combustibile i ( kcal/kg)
A = area totale del locale ( m²)
4400 = potere calorifico del legno standard ( kcal/kg)

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Indicativamente, nel settore industriale, si possono considerare tre livelli di rischio incendio in relazione al valore del
carico di incendio calcolato con la relazione precedente:

Rischio lieve: se il carico di incendio è inferiore a 35 kg/m²

Rischio medio: se il carico di incendio è compreso tra 35 e 75 kg/m²

Rischio grave: se il carico di incendio supera i 75 kg/m²

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Riduzione del rischio incendio

La pericolosità connessa allo scoppio di un incendio in un


stabilimento industriale non dipende unicamente dal carico di
incendio e quindi dalla natura e dalla quantità dei materiali
presenti.

Altri fattori influenzano l’evoluzione di un incendio, quali:

la concentrazione e la distribuzione dei materiali all’interno


dei reparti,
la dimensione e la dislocazione delle aperture e quindi la
ventilazione dei locali,
la temperatura ambiente.
tutti parametri che influenzano la velocità di combustione.
A titolo di esempio osserviamo il grafico della tavola 1, relativo
alla curva standard temperatura tempo al grafico cioè che
compendia l’andamento della maggior parte degli incendi reali,
dal quale si evidenzia che dopo circa 10 minuti i valori della
temperatura sono dell’ordine di 650 ° C valori ai quali l’acciaio
comincia a cedere, pertanto nel caso di attività che prevedono un
cospicuo carico di incendio certamente le strutture dovranno
essere realizzate in materiale diverso dall’acciaio.

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E’ opportuno pertanto per ridurre i rischi di incendio prevedere opportune azioni preventive quali ad esempio:

la compartimentazione dei locali;

locali con elevato carico di incendio distanziati o separati opportunamente dalle lavorazioni;

utilizzare strutture resistenti al fuoco.

Tali accorgimenti non sposano le necessità legate alla ottimizzazione del lay-out in funzione delle lavorazioni, occorre
pertanto trovare il giusto compromesso tra un lay-out funzionale ai fini delle lavorazioni e le necessità di una corretta
prevenzione incendi.

I valori del carico di incendio rappresentano un parametro da tenere in doverosa considerazione nella fase progettuale
di uno stabilimento e nella definizione del lay-out.

La necessità di effettuare la compartimentazione, prevedere cioè dei locali all’interno degli edifici delimitati e protetti da
elementi costruttivi aventi una determinata resistenza al fuoco, è necessaria non solo per evitare il propagarsi
dell’incendio ma anche per assicurare una protezione alle persone coinvolte in caso di incendio e di permettere la loro
evacuazione.

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Nell’ambito della compartimentazione citiamo infine
il cosiddetto filtro a prova di fumo, un particolare
disimpegno che svolge la funzione di evitare che il
fumo penetri in un locale compartimentato.

A lato vengono riportati tre tipi di filtri a prova di


fumo:

a) filtro aerato direttamente dall’esterno;

b) filtro dotato di camino sfociante con la


copertura dell’edificio;

c) filtro mantenuto in sovrappressione rispetto


all’ambiente circostante mediante ventilatore.

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Resistenza al fuoco

Tra le azioni preventive rientra anche l’utilizzo di strutture che presentano una idonea resistenza al fuoco in rapporto al
rischio incendio presente all’interno dei locali.

La propagazione di un incendio ai locali adiacenti può avvenire: per cedimento delle strutture, per infiltrazione dei gas
della combustione, per irraggiamento.

Le strutture devono essere in grado di conservare sotto l’azione del fuoco, per un tempo prestabilito :

la resistenza meccanica: R

l’ermeticità E cioè la tenuta nei confronti di fiamme vapori o gas caldi

l’isolamento termico I limitando la trasmissione del calore

Il tempo durante il quale una struttura conserva in tutto o in parte i requisiti anzidetti viene misurato in minuti, così , a
titolo di esempio una struttura avente una resistenza al fuoco REI 60 significa che quella struttura esposta al fuoco
mantiene la stabilità, la tenuta e l’isolamento per 60 minuti.

Si segnala infine che l’isolamento di una struttura viene definito come la capacità di mantenere il valore della
temperatura sulla faccia non esposta al fuoco al di sotto di 150°C per il tempo indicato, così nell’esempio precedente per
60 minuti la superficie della parete non esposta al fuoco non supererà i 150°C.

La regola generale da osservare è che la resistenza al fuoco delle strutture di un locale non deve essere inferiore al carico
di incendio determinato con la relazione precedente, cioè il carico di incendio in kg/m² di legna standard individua la
durata minima, in minuti primi, di resistenza al fuoco da richiedere alle strutture.

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Segnalazione degli incendi

Ai fini della sicurezza e della limitazione dei danni provocati da un incendio risulta importante la tempestiva
segnalazione di un principio di incendio.

I sistemi di rilevazione si basano sulle alterazioni fisiche e chimiche che un incendio provoca nell’ambiente in cui si
sviluppa.

di fumo La scelta deve essere fatta considerando il fenomeno


che si vuole controllare e quindi in funzione del
materiale e del processo da controllare.
di fiamma Ad esempio:
Rilevatori per i materiali con innesco lento e produzione di
di calore fumi risultano più idonei i rilevatori di fumo;

per materiali facilmente infiammabili con forte


sviluppo di calore la scelta andrà su quelli di
di gas calore.

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A lato si riporta lo schema di massima di un impianto di
rilevazione.

Il sistema di rilevazione può anche essere collegato


direttamente ad un impianto di spegnimento nel qual caso
occorre che il sistema di rilevazione risulti meno sensibile al
fine di evitare inutili interventi dell’impianto antincendio con
eventuali danni legati al tipo di mezzo estinguente utilizzato

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Rilevatori di fumo

Rilevatori ottici: Rilevatori ionici:

Sono composti da una camera di analisi, dove sono presenti Sono adatti sia per fumi visibili che per fumi invisibili.
un diodo emettitore di luce ed un fotodiodo rilevatore, e da
un circuito elettronico di amplificazione. Una piccola quantità di materiale radioattivo presente nella
camera di analisi ionizza l’aria presente tra due armature
Quando nella camera entrano delle particelle di fumo queste permettendo il passaggio di una piccola corrente.
producono un aumento della luminosità, tale aumento viene
convertito dal fotodiodo in variazione di corrente elettrica Quando delle particelle di fumo entrano nella camera di
che, attraverso l’amplificatore viene rilevata ed inviata alle rilevazione, la ionizzazione presente viene alterata ed il
apparecchiature di segnalazione. passaggio di corrente si riduce.Questa variazione di
potenziale viene rilevata, amplificata ed inviata ai segnalatori

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Rilevatori di fiamma

Rilevatori ottici:

Nella rivelazione ottica delle fiamme si utilizzano le


radiazioni elettromagnetiche emesse dalle fiamme.

Possono essere ad infrarossi o ad ultravioletti.

Il tipo ad infrarossi è capace di captare anche piccole scintille


ma può essere influenzato da sorgenti infrarosse presenti
nell’ambiente (corpi riscaldanti, lampade, ecc.).

Il tipo ad ultravioletti può essere installato in qualsiasi


ambiente in quanto è capace di discriminare i raggi
ultravioletti emessi da una fiamma da quelli emessi da altre
fonti evitando falsi allarmi.

La presenza di radiazioni ultraviolette viene letta e


trasformata in segnale elettrico che attraverso l’amplificatore
viene inviato al sistema di rilevazione.

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Rilevatori termici

Rilevatori termici a massima: Rilevatori termici differenziali:

E’ costituito da una lamina bimetallica che in condizioni E’ basato sullo stesso principio di quello a massima, è
normali chiude un contatto permettendo il passaggio di una costruito però in modo da non essere influenzato da un
corrente di riposo nel circuito elettrico cui è collegata. incremento lento della temperatura, ma solo da bruschi
aumenti.
All’aumentare della temperatura la lamina si inflette in
considerazione del fatto che i due metalli che la costituiscono Una delle due lamine metalliche è isolata rispetto
presentano un diverso coefficiente di dilatazione termica. all’ambiente per cui quella libera raggiunge più rapidamente
la temperatura circostante nel caso di incrementi bruschi di
In queste condizioni viene interrotto il passaggio della temperatura e si flette prima, aprendo il contatto.
corrente elettrica nel circuito che invia un segnale di allarme.

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Rilevatori termici a fusibile:

E’ formato da due lamine che in condizioni normali sono


tenute insieme ad una estremità da una sostanza che fonde ad
una prestabilita temperatura e chiudono un circuito elettrico
cui sono collegate.

In caso di incremento della temperatura oltre il valore di


taratura della sostanza, questa fonde consentendo alle due
lamine di allontanarsi e di interrompere il circuito elettrico,
che provvede ad inviare un segnale di allarme.

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