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SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE

LA COMUNICAZIONE = trasmissione, informazione, influenza, comprensione, relazione..

La parola comunicazione è un termine ombrello che comprende diverse accezioni


proprio perché nell’ecosistema mediale contemporaneo siamo immersi in tipi di
comunicazione molto diversi tra loro. es. fluidità = termine sinonimo di comunicazione
perfetto per la comunicazione nella società digitale.

Dal termine influenza inizia l’attenzione nei confronti della comunicazione. Possiamo oggi
individuare due definizioni del concetto di comunicazione, individuate dalla disciplina
della sociologia:

1) La sociologia analizza l’influenza che i processi di comunicazione hanno sul


comportamento di collettività di ogni genere dal piccolo gruppo alla società.

Ritroviamo qui il termine “influenza” e il termine “comportamento”. La comunicazione è


nata all’inizio del ventesimo secolo come campo disciplinare per indagare quali
potessero essere gli effetti dei media sulle persone (influenza dei media sulla massa).

2) La sociologia analizza il modo in cui i processi comunicativi si strutturano, si


evolvono e si differenziano al mutare della società.

Qui vogliamo sottolineare l’aspetto del mutamento sociale: come la comunicazione


supporta e collabora nel trasformare la società, a partire da come si strutturano i processi
relazionali tra le persone oltre che hai più vasti cambiamenti di natura tecnologica o
economica che influenzano i media.

Comunicare significa quindi:

1) Trasferire delle informazioni: colmare un disallineamento di informazione attraverso la


messa in forma di certi contenuti (emittente, messaggio e ricevente – il messaggio può
influenzare e modificare il ricevente).

2) Condivisione dei significati:

- attraverso la comunicazione le persone mettono in comune dei significati sociali.


Comunicare = communis = mettere in comune → comunità.

- partecipare ad un processo di costruzione di senso condiviso: noi all’interno della


società, grazie ai media, condividiamo una stessa visione del mondo, costruiamo un
senso comune che caratterizza tutti.

- impegnarsi in pratiche di comunicazione che generano risorse che altre persone


fanno proprie (importanza della comunicazione per utti i processi che permettono di
tramandare le tradizioni, norme, valori).

3) Definizioni di comunicazione:
1) la comunicazione è un trasferimento di informazioni codificate che passano da un
soggetto all’altro,
2) la comunicazione è una relazione sociale nell’ambito della quale due o più
soggetti arrivano a condividere particolari significati

LE FUNZIONI DI JAKOBSON

La comunicazione può essere verbale (che usa le parole) o non verbale (che usa gesti,
espressioni, immagini, suoni, colori…). In entrambi i casi nella comunicazione ci sono
sempre 6 elementi fondamentali:

1. MITTENTE → chi invia un messaggio


2. DESTINATARIO → (o interlocutore, o ricevente) del messaggio
3. CONTESTO → cioè la situazione in cui il messaggio viene inviato
4. CODICE → ossia la forma del messaggio
5. CANALE → che consente di stabilire la comunicazione e di mantenerla
6. MESSAGGIO → che è il contenuto della comunicazione, quello che viene espresso e
recepito

Secondo Jakobson, ai 6 elementi della comunicazione corrispondono altrettante funzioni:

1. la funzione referenziale (il contesto) → esprime ciò di cui si parla, l’argomento della
comunicazione.

2. la funzione emotiva (il mittente) → il mittente esprime un suo punto di vista riguardo il
messaggio, il suo stato d’animo

3. la funzione conativa (il destinatario) → il mittente cerca di convincere il destinatario usando


particolari espressioni (nel caso linguaggio) o tecniche.

4. la funzione fàtica (il contatto) → serve ad introdurre il messaggio, a richiamare l'attenzione


dell'ascoltatore sul canale comunicativo.

5. la funzione poetica (il messaggio) → quando, orientandoci sul messaggio, si pone al centro
dell’attenzione l’aspetto fonico delle parole, la scelta dei vocaboli e della costruzione
formale.

6. la funzione metalinguistica (il codice)→ quando all’interno del messaggio sono presenti
elementi che definiscono o ridefiniscono il codice stesso, come chiedere e fornire
chiarimenti su termini, parole e grammatica di una lingua

Queste 6 funzioni non si trovano quasi mai da sole: nella stessa comunicazione se ne
trovano quasi sempre almeno due o tre assieme.

LA SOCIETÀ E L’INDIVIDUO DI MASSA


Per definire il nesso tra il concetto di comunicazione e quello di massa dobbiamo
ripercorrere la storia che, all’interno della sociologia, ha portato alla definizione di società
di massa per poi capire la sua accezione rispetto alla comunicazione.

“società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo
da trattare con vasti insiemi di persone considerate come unità indifferenziate di un
aggregato o massa”.

Questa definizione di società mette in evidenza come gli individui sono definibili
all’interno di una unità indifferenziata. La società è quindi vista come un organismo in cui
le singole parti collaborano per il funzionamento, e per ben funzionare le singole parti
devono differenziare la loro funzione. In questa visione i processi garantiscono una certa
armonia ma producono anche una differenziazione → i legami tra le persone svaniscono,
i soggetti vivono all’interno di società in cui vengono meno le relazioni e i rapporti rispetto
ai gruppi di appartenenza, si vive all’interno di una società che ci coglie come oggetti
separati l’uno dall’altro.

Frederick Turnis dice:

Comunità → le persone vivono di un comune sentire, fondano i loro rapporti sui legami
interpersonali.

Società →i rapporti sono strutturali a dei contratti funzionali a dei servizi.

POSTULATI DELLA TEORIA DELLA SOCIETÀ DI MASSA

✓ Nella società contemporanea si è verificata la scomparsa dei gruppi primari.


✓ Gli individui sono isolati.
✓ Gli individui annullano l’esaltazione dei tratti personali per lasciar spazio a quelli
impersonali della massa.

Il pubblico delle comunicazioni di massa diventa quindi un pubblico atomizzato ed


altamente manipolabile dai media. Chi controlla i media diventa onnipotente e in grado
di controllare gli individui.

LA TEORIA IPODERMICA
Nei primi anni del 900 si sviluppa la teoria ipodermica (teoria dell’ago ipodermico) che
sostanzialmente afferma che ad ogni stimolo corrisponde una risposta. La teoria
behaviorista (campo della psicologia) studia la risposta delle persone, i comportamenti
dei soggetti, agli stimoli che ricevono e afferma che questi sono determinati quasi
interamente dai media. I messaggi veicolati dai media sono quindi potenti fattori di
persuasione, in grado di introdursi all’interno degli individui con le stesse modalità di un
ago ipodermico. Gli individui risultano totalmente indifesi di fronte al potere dei media.

I LIMITI DELLA TEORIA IPODERMICA


• Individui collocati in una sorta di vuoto sociale, soli, esposti agli stimoli esercitati dai
media.
• Semplificazione del rapporto comunicativo che viene ridotto a mero automatismo
• Negazione di qualsiasi azione interpretativa dei messaggi ricevuti.

LA TEORIA MATEMATICA DELLA COMUNICAZIONE


La teoria matematica della comunicazione è stata inventata a metà del 1900 dai due
ingegneri Shannon e Weaver.

FONTE DESTINAZIONE
TRASMITTENTE CANALE RICEVENTE
DELL’INFORMAZIONE DELL’INFORMAZIONE

FONTE
DEL RUMORE

La teoria matematica della comunicazione studia il canale attraverso cui passa il


messaggio e i fattori di disturbo che sono presenti in esso, tutti quei fattori che possono
modificare il messaggio prima che il ricevente lo capti.

Su questa teoria si fonda il modello di HAROLD LASSWELL:

comunicatore messaggio mezzo ricevente effetti


WHO SAYS WHAT IN WHICH CHANNEL TO WHOM WITH WHAT EFFECT
studi sul controllo analisi del contenuto analisi dei media analisi dell’audience analisi degli effetti

Lasswell riprende gli attori coinvolti nel processo comunicativo (del modello matematico)
e crea per ognuno di questi un campo di studi privilegiato. Questo modello, è detto “le 5
W” e viene anche oggi utilizzato per creare una comunicazione corretta e d’effetto.

MANIPOLAZIONE E COMUNICAZIONE PERSUASORIA (lez 2)


PAYNE FUND STUDIES 1929 - 1932
Questi studi nascono in America intorno agli anni 20 quando l’allarme per gli effetti dei
media trova nel cinema e nel suo grande successo un valido esempio e un terreno di
studi interessante per verificare gli effetti dei media.

Il progetto di ricerca punta l’attenzione in particolare sui bambini e sulle loro reazioni alle
immagini sbagliate presenti nei film (uso di alcool, droghe, violenza) e nasce anche
grazie allo sviluppo dei metodi di ricerca empirica (verifiche sul campo che confermano
o inficiano le teorie).

Le 13 ricerche che costituiscono i “payne fund studies” concentrano la loro attenzione su


alcuni generi:

➢ Crimine Ben il 75% dell’interesse della popolazione si


➢ Sesso rivolge ai primi tre generi e questa
➢ Amore caratteristica genera molta preoccupazione in
ambito di effetti dei media sulla massa.
➢ Mistero
➢ Guerra
➢ Infanzia
➢ Storia
➢ Avventura
➢ Commedia
➢ Questioni sociali

I bambini diventano quindi vere e proprie cave da laboratorio per l’analisi di studiosi che
cercano di cogliere gli effetti del cinema sulle giovani generazioni.

Si sviluppano due filoni di ricerca:

QUANTITATIVA QUALITATIVA

Analizza gli effetti del cinema, e di questo Analizza il comportamento quotidiano della
genere di film, sugli atteggiamenti degli popolazione giovanile lavorando in profondità
individui. all’’interno di gruppi di bambini.

Come i bambini modificano la loro percezione Come i bambini modificano la loro modalità di
della realtà riguardo a tematiche come la gioco dopo aver visto una determinata
pena di morte? tipologia di film?

CONCLUSIONE → I media sono in grado di CONCLUSIONE → I media sono in grado di


modificare le visioni della realtà che i bambini influenzare e modellano i comportamenti della
hanno. società.

LE VARIABILI INTERVENIENTI
Negli anni in cui si sviluppano questo tipo di ricerche (anni 50/60) l’attenzione è sempre
concentrata su un unico tipo di effetto:

✓ I media vengono analizzati per cogliere se, a seguito dell’esposizione ad un


messaggio, riescono ad agire con un cambiamento di opinioni e di atteggiamenti
nelle persone.
Questo tipo di ricerco si concentra in particolare su due ambiti:

RICERCA SCIENTIFICA: i media provocano un cambiamento di opinione politica nella


popolazione.

RICERCA EMPIRICA: i media, attraverso la pubblicità, portano le persone a comprare un


determinato prodotto modificando le loro abitudini di acquisto.

Ci si accorge che gli effetti così forti dei media non possono essere empiricamente
dimostrati e così nasce la necessità di introdurre dei fattori di mediazione che possono
facilitare o bloccare il flusso di comunicazione tra i messaggi mediali e i membri
dell’audience.

✓ Diviene chiaro che lo stesso messaggio può essere ricevuto in modo diverso dai
destinatari.

Gli effetti dei media non vengono più intesi come “onnipotenti” ma come effetti “lievi”
che non necessariamente si esercitano a breve tempo ma che al contrario possono
mostrarsi nel lungo periodo.

Es. Il caso de “La guerra dei mondi”:

Nel 1938, in America, la radio ha un ruolo fondamentale per la comunicazione e ogni


sera va in onda una trasmissione radiofonica nella quale viene ospitato il radiodramma
“La guerra dei mondi” di Orson Welles e che trae spunto dall’opera letteraria di Edward
Wells che racconta l’arrivo dei marziani sulla terra. Un milione di radioascoltatori su un
totale di 6 milioni all’ascolto da quel momento impazzì credendo veritiere le parole di
Orson Welles.

Lo studioso Hadley Cantril nel 1940 decise di approfondire la differenza di reazioni dei
radioascoltatori rispetto all’azione dei media tramite quella trasmissione radiofonica.
Una sua prima riflessione riguarda la veridicità del programma: tono realistico e
affidabilità della radio.

1. Un primo gruppo di radioascoltatori dimostra di essere in grado di controllare la


coerenza interna del programma (non ci credono).

2. Un secondo gruppo decise di procedere a controlli esterni (non ci credono).

Questa parte di popolazione ha espresso una certa abilità critica (analizzano il


programma e colgono la sua dimensione di finzione).
3. Una terza tipologia di soggetti tenta di fare controlli esterni senza successo (ci
credono).

4. L’ultima parte di soggetti non effettua nessun tipo di controllo, scelsero di vivere la
radio e le sue comunicazioni come una pura verità (ci credono).

La ricerca di Cantrill mette in evidenza due tipi di fattori di mediazione che intervengono:

Relativi al PUBBLICO Relativi al MESSAGGIO

Le variabili intervenienti favoriscono o Il tipo di contenuto e le modalità di


ostacolano l’esposizione a determinati presentazione del messaggio influiscono sulle
dinamiche di persuasione.
messaggi.

Perché spesso le campagne Gli aspetti che determinano se il


pubblicitarie non raggiungono i loro messaggio può essere interessante
obbiettivi? per chi lo riceve:

➔ ATTENZIONE SELETTIVA ➔ CREDIBILITÀ DELLA FONTE


➔ PERCEZIONE SELETTIVA ➔ ORDINE E COMPLETEZZA DELLE
➔ MEMORIZZAZIONE SELETTIVA ARGOMENTAZIONI
➔ AZIONE SELETTIVA ➔ ESPLICITAZIONE DELLE CONCLUSIONI

La comunicazione di massa Se il messaggio rispetta questi tre


persuasoria agisce più come causa di punti diminuiscono i fattori di
rafforzamento che non di mediazione e il messaggio arriva a
modificazione. più soggetti.

IL RUOLO DELL’INFLUENZA PERSONALE


Posto che i media non hanno effetto così forte sulla massa, diviene centrale l’effetto
dell’influenza personale, ovvero la comunicazione interpersonale che è:

➢ Casuale e non intenzionale


➢ Flessibile
➢ Genera gratificazione personale
➢ Restituisce all’interlocutore prestigio e autorevolezza

Data l’importanza della comunicazione interpersonale c’è un cambio di prospettiva e si


parla di “flusso di comunicazione a due fasi” o “teoria dell’opinion leader”.
LEGGENDA:
PROSPETTIVA PRECEDENTE:
OPINION LEADER

SOGGETTI
MASS MEDIA

PROSPETTIVA SUCCESSIVA:

MASS MEDIA

Gli opinion leader sono soggetti presenti all’interno dei gruppi sociali che fungono da
primo filtro per il messaggio dei mass media.

Caratteristiche degli opinion leader e del flusso di comunicazione a due stadi:

• Gli individui non sono isolati socialmente.


• Esistono reti di rapporti sociali all’interno delle quali spicca una figura filtro (opinion leader)
dei messaggi mediali.

L’opinion leader è quindi maggiormente esposto ai flussi mediali primari: riceve il


messaggio, lo rielabora e lo trasmette mediante colloqui informali ad altri soggetti della
comunità → l’opinion leader diviene il comunicatore da seguire.

Esistono diversi tipi di opinion leader:

1. Leadership orizzontale d’opinione: in un gruppo ogni soggetto possiede un suo campo di


conoscenza, il leader cambia a seconda del messaggio e dell’argomento trattato (Katz e
Razarfell 1955).

2. Leadership verticale d’opinione: un soggetto viene considerato un punto di riferimento (Katz e


Razarfell 1955).

3. Leader d’opinione locale: una figura considerata di riferimento – leader polimorfico perché il
suo ruolo riguarda argomenti diversi (Merton 1949).

4. Leader d’opinione cosmopolita: figure di riferimento in un settore ben definito – leader


monomorfici (Merton 1949).
Vista la diversità di caratteristiche e di tipologie di leader si passa quindi da una prospettiva di
FLUSSO DI COMUNICAZIONE A DUE FASI a una COMUNICAZIONE RETICOLARE o “Modello
reticolare multi-step flow:

GLI EFFETTI LIMITATI DEI MEDIA (lez 3)


L’ESPOSIZIONE SELETTIVA
La presenza di tutte le variabili intervenienti sopra elencate permette la creazione di una
sorta di barriera tra il messaggio inviato dai media e il pubblico che sta per riceverlo,
questa barriera permette una “esposizione selettiva”. Questa teoria permise ancor di più
di dimostrare che gli effetti dei media sulla massa non fossero poi così forti, proprio perché
mediati.

Aspetti che determinano l’esposizione selettiva:


1. Riduzione della dissonanza cognitiva (scelgo di guardare un programma perché cerco di
preservare quello che già penso, evitando pareri che metterebbero in difficoltà le mie
credenze);
2. Ricerca del sostegno informativo (selezioneremo quindi messaggi che sono in accordo con
le mie credenze);
3. Riduzione del costo dell’elaborazione delle informazioni (l’essere umano è pigro e cerca
scorciatoie cognitive, non è in grado di elaborare tutti i messaggi che lo circondano);
4. Attribuzione di un giudizio di qualità ad alcuni media (l’uomo sceglie di aderire alla filosofia
di alcuni brand o programmi televisivi come se l’adesione a questi raccontasse qualcosa
di lui, l’uomo fa suoi i valori che ha associato a quel dato media);
5. Ricerca di una consonanza con l’audience (l’uomo cerca per natura un sostegno nella
società a cui appartiene quindi evita una possibile discordanza di pareri con gli altri).

Se le ricerche degli anni 50/60, analizzando gli aspetti che determinano l’esposizione
selettiva, hanno sminuito la forza dei messaggi dei media sulla massa, più recentemente
invece, studiosi come Bennett e Iyengar hanno rimesso in discussione tutte queste teorie
sugli effetti limitati dei media chiedendosi:
“È nata una nuova era degli effetti limitati dei media?”

Una serie di importanti progressi infatti negli anni ha generato un cambiamento nello
scenario mediale nel quale noi ci muoviamo:
• Aumento dell’offerta informativa → si parla infatti di “information overload” = abbondanza
comunicativa, l’eccesso di informazioni che circolano ci obbliga a fare una selezione
personale, spontanea e più o meno competente rispetto alle piattaforme che abbiamo a
disposizione.

• Frammentazione dell’audience → questa avviene in relazione alla fonte (anziani guardano


la tv e i giovani si dedicano alla rete) e al contenuto (i soggetti scelgono quali contenuti
sono di loro interesse, i temi scelti si ripeteranno quotidianamente poiché non esiste la
possibilità di fruire di molti programmi).

• Fine dell’esposizione causale grazie alla personalizzazione → punto fondamentale di questi


nuovi studi e periodo definito “Postbroadcast democracy” ovvero la fase in cui l’individuo
disinteressato al tema politico riesce ad evitare informazioni e messaggi a questo relative.
Questo tema viene però messo in discussione dalla progressiva ibridazione tra generi
infatti, all’interno di trasmissioni/cartoni dediti apparentemente all’intrattenimento puro
troviamo messaggi e riferimenti alla situazione politica. È molto difficile trovare un genere
puro perché questi tendono a mischiarsi (es. ibridazione tra comunicazione politica e il
mondo dell’entertainment).

• Autonomia del soggetto di esporsi ad un determinato messaggio dei media → l’individuo


tende a cercare informazioni pertinenti alle sue attitudini preesistenti, i media infatti hanno
un potere rafforzativo delle nostre idee, non cercano di modificarle.

Analizzando i nuovi cambiamenti gli studiosi capiscono che, nell’era contemporanea,


questi non appaiono più come un’arma di difesa da parte del pubblico contro la
potenza dei media ma assumono un valore predittivo rispetto a quello che le persone
faranno.

ECHO CHAMBER E FILTER BUBLE (pronuncia → eco cember e filter babol)


La teoria degli effetti limitati dei media trova in questi due termini un nuovo modo di
esprimersi. “Echo chamber” può esser tradotto come “stanza dell’eco” e sta ad indicare
quello spazio del web in cui l’individuo è presente e che si è creato in cui si sente nella
sua confort-zone poiché trova conferme alle sue idee.

Nel contesto delle echo camber risuonano altri termini come “fake news”, informazioni
che circolano, che paiono vere e che ci condizionano anche se in realtà sono solo
fantasie, e “web divisivo” che fa riferimento alla caratteristica della rete di essere
costituita da gruppi che tendono a polarizzarsi così i soggetti che la pensano in un modo
si ritrovano da un lato e gli avversari dall’altra.

La rete consente la presa di parola di tutti i soggetti intenzionati a prenderla, chiunque in


rete può fare comunicazione, e questo porta a:
➢ diffusione di massa indistinta di informazioni → con criteri assolutamente personali
l’individuo sceglie quali soggetti seguire.
➢ forme di disintermediazione dei media tradizionali e delle strutture informative → noi oggi
non ci relazioniamo più all’informazione attraverso quei media che come istituzioni sono
deputati a fornirci le informazioni ma grazie al mondo della rete ci ritroviamo in reti
informali capaci di influenzarci.
➢ problemi relativi alla distinzione tra notizie vere e false → le fake news rendono evidente
che l’idea con cui la rete è nata di un mondo in cui l’informazione è completamente
libera e non manipolata, sia solamente un’utopia.

Conseguenze della diffusione dell’Echo chamber:


o rischio di estremismo violento → gruppi di persone concordi tra loro possono esaltarsi a
vicenda e promuovere campagne d’odio comunicative (cybercascades) nei confronti
degli avversari.

o problemi per la governance → l’appartenenza a schieramenti politici diversi può tradursi in


un’autosegregazione dei votanti in piccoli gruppi in cui si condividono le stesse idee, e
questo rende difficile arrivare a soluzioni politiche ragionevoli.

o mutazioni nelle forme di consenso → la comunicazione politica si sviluppa utilizzando degli


spazi informali (twitter o dirette video sui social).

o visibilità ed esaltazione dei meccanismi di partisanship → le convinzioni politiche incidono


sempre di più su scelte individuali (assunzioni, matrimonio..).

o convinzioni visibili aumentano la contrapposizione → l’abitudine di voler comunicare le


proprie posizioni non può che generare un rafforzamento dell’echo chamber e della
contrapposizione tra le parti.

o difficoltà nel distinguere le fake news → nelle echo chamber si creano cascate
informative che portano propagare online determinati contenuti.

o rischio di un indebolimento per la democrazia → secondo lo studioso Sunstein le echo


chamber sono degli ambienti ad alto rischio di propaganda e manipolazione politica.

Soluzione: introdurre livelli di serendipity che facciano incontrare gli utenti con
informazioni e idee diverse e contrastanti dalle loro.

Nasce quindi la paura che la comunicazione mediale potrebbe mettere a rischio il


concetto di democrazia e come questa può essere veicolata attraverso nuovi canali di
comunicazione.

“Echo Chamber” “Filter Buble”


(espressioni di uno stesso problema)

Ambienti del web da noi creati che ci Filtri creati dalle piattaforme del web
permettono un accesso costante a che permettono un necessario filtraggio
pensieri e idee di persone con dell’overload informativo che ci viene
credenze simili. sottoposto.

Il testo "Le Filter Buble” di Eli Pariser del 2011incentra la sua attenzione sulle filter buble
definendo che il processo centrifugo operato da filtri genera un contesto iper
personalizzato. La personalizzazione ci permette di recepire esclusivamente messaggi
simili alle nostre idee e ci divide quasi completamente dal resto del mondo. Questo
meccanismo porta a:

❖ invisibilità selettiva → l’utente ignora completamente le motivazioni per cui ha visualizzato


alcuni risultati rispetto ad altri perché la rete non ha criteri trasparenti.

❖ Ingresso passivo nella bolla → ci troviamo passivamente all’interno di un contesto


determinato dalle logiche di filtraggio e non da nostre scelte consapevoli.

La logica dei filtri rappresenta un’opportunità utile per far fronte all’overload informativo
che ci viene sottoposto proprio perché rendono alcuni contenuti più visibili rispetto ad
altri ma rendono invisibili i principi sui quali si fondano. Diviene quindi importante capire
come vengono disegnati i filtri e soprattutto quale influenza ha la personalizzazione
rispetto all’esposizione mediale.

A queste domande tenta di rispondere la ricerca di Borgesius che differenzia la


personalizzazione in:

1. Personalizzazione autoselezionata → ha a che fare con il concetto di esposizione selettiva ed


evidenzia come le persone tendano sempre a ricercare opinioni coerenti.

2. Personalizzazione preselezionata → viene guidata dalle piattaforme, dai motori di ricerca e


dai siti web, le persone non scelgono sempre consapevolmente a quali opinioni accedere.

Osservando le sostanziali differenze tra l’ambiente digitale e quello dei media tradizionali
possiamo notare che entrambe le personalizzazioni presenti nel primo campo offrono più
margini di libertà rispetto alla scelta dei contenuti.

In sostanza lo studio di Borgesius afferma che:

“Non ci sono controprove empiriche relative al fatto che la personalizzazione produca un


effetto di chiusura del tipo filter buble e i due tipi di personalizzazione tendono ad agire
contemporaneamente producendo contro bilanciamenti tra esposizioni a pensieri diversi
e orientamenti a opinioni congruenti con le proprie.”

USI E GRATIFICAZIONI (lez 4)


USI E GRATIFICAZIONI
Questa nuovo approccio degli usi e gratificazioni fonda una nuova teoria nello studio
della comunicazione di massa. All’origine di questo nuovo approccio c’è una domanda
che ribalta tutti gli studi fatti in precedenza, si passa infatti dal chiedersi “Cosa fanno i
media alle persone?” a → “Cosa fanno le persone con i media?”

L’analisi dei media non riguarda più il potere che i media hanno e gestiscono rispetto alla
massa ma tutti gli usi abituali e quotidiani che la massa ne fa.
La teoria degli usi e delle gratificazioni nasce dal concetto dei due studiosi McQuail e
Gurevitch nel 1974 che afferma che il consumo mediale è un “comportamento che
soddisfa (o fallisce nel soddisfare) bisogni che hanno origine dall’interazione tra le
disposizioni psicologiche individuali e l’esperienza della situazione sociale”.

I consumatori, la massa, che inizialmente erano meri destinatari dei messaggi dei media,
ora assumono un ruolo centrale.

Questa teoria si basa su alcune funzioni principali che assolvono i media all’interno della
società:

• Funzione di ALLERTAMENTO → possibilità di allertare i cittadini di pericoli improvvisi


• Funzione STRUMENTALE → necessità di alcune attività quotidiane di essere rese note
• Funzione di CONTROLLO SULL’AMBIENTE SOCIALE
• Funzione di RAFFORZAMENTO DEL PRESTIGIO PER I CITTADINI BEN INFORMATI
• Funzione di ATTRIBUZIONE DI STATUS ALLE PERSONE
• Funzione di MORALIZZAZIONE/NORMATIVA → attraverso i media vengono rinforzate delle
norme sociali

La teoria di usi e gratificazioni quindi afferma:

“Gli individui, in base a determinati bisogni, si rivolgono ai media per trovare una
gratificazione, rovesciando così l’approccio che assegnava ai soggetti un ruolo passivo
rispetto al sistema mediale”.

In questo studio possiamo riconoscere due fasi:

FASE DELL’INFANZIA
Nasce a cavallo degli anni 40 e si concentra sulle CONTENT GRATIFICATION → come i
soggetti sviluppano un dato bisogno attraverso il consumo di uno specifico contenuto
mediale?

In questa fase Klapper individua due tipi di funzioni:

1. Le funzioni SEMPLICI: i contenuti dei media che offrono momenti di relax, di stimolazione
dell’immaginazione, di interazione sostitutiva (i media costruiscono una sorta di relazione
fittizia con i propri spettatori) e la possibilità di sviluppare contatti sociali grazie alla
condivisione di tematiche fornite dai media.

2. Le funzioni COMPLESSE: i contenuti dei media offrono distensione emotiva (i media colgono
il bisogno degli individui di ottenere un alleggerimento delle emozioni) e rappresentano
una scuola di vita (i media offrono stili di vita, comportamenti e modelli dai quali prendere
ispirazione).
I tratti distintivi e i punti di debolezza che poi hanno permesso il passaggio alla seconda
fase sono:

o Approccio metodologico esclusivamente qualitativo → non ha permesso una ricerca più


amplia per andare a constatare ad esempio anche le frequenze in cui i bisogni degli
individui siano stati soddisfatti dai contenuti mediali.

o Scarsa attenzione ai nessi → quali sono i nessi tra le gratificazioni cercate e le origini
psicologiche e sociali dei bisogni degli individui?

o Nessuno studio della rete di interazioni → i ricercatori non hanno potuto dare risposte
significative riguardo le funzioni specifiche dei diversi contenuti mediali e le relazioni tra
queste.

FASE DELLA MATURITA’ o del PERIODO MODERNO


Nasce negli anni 60 e si concentra sul PROCESS GRATIFICATION → si analizzano i bisogni
dei soggetti, i media e il contesto sociale in cui questi sono inseriti.

Un primo passo in avanti in questa fase è stato quello di cercare di classificare e


mappare delle classi di bisogni e di consumi mediali – la società diviene quindi
imprescindibile per comprendere l’efficacia di usi e gratificazioni.

Katz identifica le seguenti classi:

➢ Bisogni COGNITIVI → l’approccio razionale con cui le persone scelgono e fruiscono i


media.
➢ Bisogno AFFETTIVO - ESTETICO → esiste un bisogno che esprime la nostra ricerca di un
legame con la dimensione affettiva ed estetica di alcuni racconti mediali.
➢ Bisogno INTEGRATIVO A LIVELLO DELLA PERSONALITA’ → l’individuo ha il bisogno di seguire
dei modelli e degli stili di comportamento, che diventano infatti dei punti di riferimento,
proposti dai media.
➢ Bisogni INTEGRATIVI A LIVELLO SOCIALE → bisogno che ci permette di creare un collante
sociale per rafforzare il nostro sistema sociale.
➢ Bisogno di EVASIONE → necessità di allontanarsi dalla propria vita per allentare la tensione
evadendo nei racconti dei media.

Anche in questa seconda fase però troviamo un importante vincolo poiché c’è bisogno
ancor di più di rendere evidente la connessione tra consumo mediale e contesto sociale.
Questa seconda fase infatti afferma che gli individui, per soddisfare il proprio bisogno
cognitivo, si rivolgono al mezzo e al prodotto che ritengono più adatto e che l’evidente
presenza di bisogni diversi è correlata all’esistenza di mezzi diversi che offrono
combinazioni di contenuti uniche.
Usi e gratificazioni, nella fase di maturità, rappresentano il ruolo dei media e il ruolo in cui
questi assolvono alle loro funzioni attraverso alcune caratteristiche:

➢ ogni mezzo ha un proprio contenuto caratteristico


➢ attributi tipici (ogni mezzo ha un proprio linguaggio e obbiettivo)
➢ ogni mezzo prevede una modalità di fruizione (luogo, tempo, luogo sociale..)

Gli studiosi Katz, Blumler e Gurevitch nel 1974 fanno fare un salto in avanti alla fase della
maturità evidenziando appunto la connessione tra consumo mediale e contesto sociale
→ la situazione sociale diviene quindi il fattore che determina i bisogni.

Gli studiosi affermano che la società sociale crea:

▪ tensioni e conflitti che si allentano tramite il consumo mediale


▪ consapevolezza circa l’esistenza dei problemi riguardo ai quali possono essere acquisite
informazioni grazie ai media

In entrambi i casi riscontriamo che ai media viene attribuito un ruolo molto importante,
divengono una sorta di cuscinetto in grado di farci vivere meglio all’interno del contesto
sociale.

▪ campi di aspettative e familiarità rispetto a certi materiali mediali che sostengono


l’appartenenza a gruppi sociali di riferimento (compri apple o xiami?)

Tratti distintivi dell’approccio degli usi e delle gratificazioni:

✓ l’audience è un soggetto attivo che non subisce il potere manipolatorio dei media
✓ il consumo mediale è orientato ad un obbiettivo, quindi il pubblico si muove perché a sua
volta ha degli scopi
✓ il consumo mediale consente un ampio ventaglio di gratificazioni quindi la relazione tra
società, individui e media è molto ricca
✓ le gratificazioni trovano origine nel contenuto mediale, nell’esposizione e nel contesto
sociale nel quale si colloca la stessa esposizione

Partendo dalla teoria degli usi e delle gratificazioni è stato poi possibile analizzare sempre
più in dettaglio come funziona di fatto la fruizione mediale:

STUDIO DI UNA STORIA TELEVISIVA

Si parte dal concetto che le storie televisive sono “opere aperte” ovvero vengono
interpretate diversamente dai pubblici, in base alle competenze, all’esperienza e alle
risorse degli individui. Diversi pubblici quindi attribuiscono alle storie differenti funzioni
(funzioni = bisogni, valori e scopi che vengono ricercati all’interno della storia televisiva e
che ne definiscono l’uso). In questo studio vengono individuate diverse funzioni:

❖ funzione di DENUNCIA
❖ funzione ESCAPISTA
❖ funzione di RISPECCHIAMENTO SOCIALE
❖ funzione BARDICA
❖ funzione LUDICA
❖ funzione AFFABULATORIA

A seconda delle generazioni di riferimento (i diversi pubblici) queste funzioni assumono


una diversa importanza.

NUOVI USI E GRATIFICAZIONI?


Oggi nel nuovo ecosistema mediale, dove governa la convergenza e non esistono più
media intesi come fonti monolitiche, esiste ancora il concetto di usi e gratificazioni e si
sono aggiunti ulteriori attributi che sono assenti nei media tradizionali, come interattività,
multimedialità ed ipertestualità.

Gli studiosi Sundar e Limperos nel 2013 analizzano la centralità del rapporto tra le
affordance dei nuovi media e le gratificazioni ottenute dai soggetti.

Le affordance prese in considerazione sono:

➢ MODALITY – ricerca di realismo attraverso la rete, si suggerisce che le gratificazioni


sono stimolate e soddisfatte dalle nuove tecnologie e non dalle situazioni sociali.

➢ AGENCY – aumento di opportunità di creare contatti, relazioni e comunità in rete,


filtraggio e targhettizzazione, modalità che diventano un bisogno gratificato da come
la rete si propone e richiede di essere navigata.

➢ INTERACTIVITY – in rete troviamo soddisfatto il nostro bisogno di interazione.

➢ NAVIGABILITY – le affordance in rete sono un aiuto per una buona navigazione e


offrono divertimento e gioco, si tratta di un bisogno che abbiamo necessità di trovare
ben espresso per esserne gratificati.

TEORIA CRITICA E INDUSTRIA CULTURALE (lez 5)


LA TEORIA CRITICA
Per discutere e affrontare la Teoria Critica bisogna prima definire le differenze tra:

RICERCA CRITICA RICERCA AMMINISTRATIVA


analizza i media all’interno dei contesti si mette al servizio delle organizzazioni
sociali mediali e dei suoi dirigenti
Queste due differenti tipologie di ricerca si pongono infatti domande molto diverse:

➔ Chi sono le persone esposte ai diversi ➔ Come sono organizzati e controllati i


media? media?

➔ Le loro preferenze specifiche? ➔ In che modo si manifesta la


standardizzazione?
➔ Quali sono gli effetti dei diversi
messaggi? ➔ In che forma stanno minacciando i
valori umani?

La ricerca critica si pone quindi delle domande rispetto a quelli che sono gli effetti e le
conseguenze dei media all’interno della società.

La Teoria Critica nasce nella Scuola di Francoforte, un istituto dedicato alla ricerca
sociale chiamato Institute of Social Research, agli inizi degli anni 20 da alcuni sociologi,
filosofi ed economisti.

Costretti poi a fuggire in America a causa delle persecuzioni del periodo fascista, gli
obbiettivi degli studiosi che hanno elaborato la Teoria Critica sono:

❖ Studio della vita sociale contemporanea, in particolare denunciare i problemi legati alla
nascita della società di massa.

la comunicazione è quindi
intesa come processo sociale,
ha una natura socio-centrica

❖ Dare un nuovo spessore al ruolo dell’intellettuale, esso ha un compito politico ben preciso
= la critica intellettuale

Le istituzioni mediali divengono quindi parte di un più ampio contesto sociale a cui gli
studiosi devono dedicare la loro attenzione e in questa concezione viene anche
denunciata la capacità manipolativa della tecnologia nei confronti dell’uomo.

L’approccio della Teoria Critica è decisamente pessimistico, infatti la profonda critica


che viene fatta riguarda il tradimento della promessa del dominio della ragione,
dell’emancipazione dal bisogno e dalla povertà, della liberazione delle masse → IL
DOMINIO DELLA RAGIONE NON HA LIBERATO L’UOMO, BENSÌ HA CREATO NUOVE FORME
DI SCHIAVITÙ.

Gli studiosi scelgono di intitolare “Dialettica dell’Illuminismo”, del 1944, il loro testo in cui il
campo di studio diventa la società intesa nel suo complesso, così da poter indirizzare le
persone a ritrovare una modalità di vita più corretta che permette di superare i limiti
portati dai media. Diventa quindi di principale importanza analizzare le contraddizioni
interne alla società, le ingiustizie sociali e quindi, accanto ad ambiti di dominio
capitalistico come la tecnologia e la fabbrica, la cultura ha potere egemonico (un
potere distruttivo nei confronti delle persone).

L’INDUSTRIA CULTURALE
Il concetto di Industria Culturale è alla base della teoria critica e i termini che la
compongono indicano:

INDUSTRIA → il processo organizzativo di trasformazione di materie prime in merci

CULTURALE → patrimonio di conoscenza e sensibilità che è unico, sia che appartenga al singolo
che ad una comunità.

Industria Culturale diviene un ossimoro molto efficace proprio perché si mettono insieme
le caratteristiche della standardizzazione, tipiche del processo industriale, e le
caratteristiche dell’unicità, tipiche dei prodotti della cultura il cui obbiettivo è quello di
coltivare lo spirito dell’uomo.

Il termine INDUSTRIA CULTURALE è utilizzato dalla Scuola di Francoforte per spiegare la


progressiva mercificazione e standardizzazione della sfera culturale.

Questo comporta:

✓ l’applicazione delle tecnologie e delle procedure di lavorazione e di distribuzione passa


dai beni materiali ai beni immateriali
✓ i singoli sono trasformati in una massa di consumatori passivi, sia di beni materiali che di
beni simbolici, in questo modo si perde l’unicità

Con la prima industrializzazione (700’’/800’’) si arriva ad una prima importante


trasformazione della società moderna, con la produzione di merci materiali, mentre con
la seconda industrializzazione (800’/inizio 900’) vengono industrializzate immagini e sogni.

l’arte è sostituita dalla cultura di massa che fa


circolare, non più cultura ma prodotti e merci

ne consegue la colonizzazione del tempo libero, con il consumo


delle merci culturali

(Marcuse – “Uomo a una dimensione” – l’uomo viene ridotto ad essere


un consumatore e quindi un meccanismo necessario al
completamento dell’industrializzazione della cultura e della società di
massa.
La Scuola di Francoforte muove poi una forte critica alla cosiddetta “FABBRICA DEL
CONSENSO”, ossia la trasformazione tecnologica della cultura nelle forme folcloristiche e
totalitarie del nazismo e in quelle commerciali e di omologazione delle masse degli USA.

La “fabbrica del consenso” ha infatti eliminato la funzione critica della cultura attraverso
la costruzione di un vero e proprio sistema dei media governato istituzionalmente.

Gli studiosi della Scuola di Francoforte colgono quindi il pericolo di conformismo alle
norme che i media veicolano attraverso il mondo dell’entertainment.

Anche qui troviamo un approccio fortemente pessimista rispetto alle merci prodotte
dall’industria culturale, proprio perché dominate da formule fisse e ripetitive.

Vengono quindi introdotti i concetti di:

STEREOTIPO → elementi stabili nel tempo per essere riconosciuti anche in futuro, la
creatività pare annullata.

GENERI → meccanismi che rendono i prodotti mediali riconoscibili al pubblico e che


generano un modello stabilito di aspettative fin dalla prima fruizione.

LA TEORIA CRITICA E INTERNET


Applicando la Teoria Critica al contesto contemporaneo dello sviluppo della rete,
emerge che all’interno della READ-WRITE CULTURE (una cultura nella quale noi, all’interno
della rete, leggiamo i contenuti e partecipiamo alla loro creazione), ci sono 2 aspetti
importanti che segnano l’evoluzione all’interno della rete:

MERCIFICAZIONE e INTERNAZIONALIZZAZIONE

A partire dagli anni 2000 studiosi e ricercatori criticano e mettono in discussione la forza
democratica della rete attraverso studi e riflessioni: -

➢ L’uso di internet avviene per motivi di intrattenimento


➢ Per Morozov l’attivismo da tastiera si trasforma in SLAKACTIVISM (attivismo per
fannulloni) e internet funziona così come strumento di distrazione di massa
➢ Tra le domande degli utenti sono rare quelle di carattere esistenziale
➢ Internet è assoggettato alle forme istituzionali dei governi (personalizzazione della
censura come in Cina)
➢ Lovink introduce l’ideologia del FREE, dell’OPEN e della PARTECIPAZIONE
(produzione non intenzionale di informazioni che alimentano frustrazione e odio
online)
➢ Produce narcisismo digitale e dittatura del dilettante (non c’è più la distinzione tra
esperto/intellettuale e persona comune)
MUTAMENTO DELLA CULTURA DI MASSA

Benjamin (Scuola di Francoforte) vede nelle forme tecnologiche dei media a lui
contemporanei (fotografia e cinema) uno strumento per l’emancipazione delle masse e
per una democratizzazione culturale. Per lui l’arte ha un’aura che non può essere
catturata in nessuna riproduzione, ma diventa accessibile attraverso la riproduzione
mediale di massa. È un rovesciamento tra qualità e quantità, poiché mentre svaluta il
valore culturale, produce una vicinanza attiva del pubblico.

TEORIA CULTUROLOGICA

Morin individua la CULTURA DI MASSA, i cui meccanismi devono superare le


contraddizioni tra le strutture burocratiche e l’originalità che il prodotto deve fornire. I
contributi per raggiungere l’obiettivo sono:

▪ STANDARDIZZAZIONE: rappresenta la formulazione di regole che però consentano


variazioni creative
▪ SINCRETISMO CULTURALE: tendenza ad omogenizzare sotto un comune denominatore
contenuti diversi

Meccanismi attraverso cui opera:

▪ PROIEZIONE: funzione evasiva


▪ IDENTIFICAZIONE: funzione integrativa

Morin sostiene che la cultura di massa ci procura tutto ciò che non possiamo avere, per
cui la vita reale passa in secondo piano. Per la critica non considera le pratiche
dell’audience, però non si tratta di comprendere l’immaginario delle masse, ma le
logiche di produzione e di un immaginario noti a tutti e non per tutti.

CULTURAL STUDIES & AUDIENCE STUDIES (lez 6 e 7)


IL CONTESTO E LA NASCITA
Un gruppo di studiosi si incontra e costituisce il “Centre for Contemporary Cultural Studies”
in Inghilterra alla fine degli anni 50, in un periodo in cui questo paese è attraversato da
importanti e profonde trasformazioni come lo sviluppo industriale e l’americanizzazione
della cultura
Il Center for Contemporary Cultural Studies viene fondato nel 1964 presso l’università di
Bimingham in Inghilterra, diretto dal Hoggart al quale nel 1969 subentra Stuart Hall,
inventore del processo di encoding-decoding.

OBIETTIVO → osservare e analizzare le dinamiche di potere delle società, ossia i fenomeni


socioculturali, i testi mediali e la comunicazione, attraverso un lavoro etnografico (studio
all’interno del contesto naturale di fruizione) svolto sul campo come interviste analisi,
testuali e discorsive.

Questi studi propongono un percorso di rottura con le ricerche e le teorie della


comunicazione precedenti come:

o L’enfasi della teoria comportamentista del tipo stimolo-risposta, (l’aspetto centrale della
comunicazione non può esser ricondotto al mero passaggio di uno stimolo ad un
ricevente, la comunicazione è un processo molto più complesso).

o L’idea che i testi mediali siano portatori trasparenti di significato (i testi mediali sono
piuttosto un campo in cui si svolge una sorta di battaglia tra l’ideologia dominante e i
processi di decodifica dei pubblici).

o L’idea di ricezione passiva e indifferenziata dei pubblici (questi studi al contrario cercano
di restituire attività al pubblico ed evidenziare come questa attività si manifesta).

o L’idea di cultura di massa come fenomeno unitario.

Stuart Hall propone quindi il processo ENCODING-DECODING secondo il quale i media


sono funzionali al mantenimento dell’ordine sociale egemonico. HALL utilizza quindi un
approccio multidisciplinare e specifica che per avere un effetto sul pubblico, un
messaggio deve essere percepito come dotato di senso, quindi alla codifica di
contrappone una decodifica da parte dell’audience.

Il produttore (codificatore) crea il frame (codifica) del significato in un certo modo e chi
lo consuma (decodificatore) crea il proprio frame interpretativo (decodifica)
caratterizzato dal suo background personale e dalla sua condizione sociale.

David Morley ha invece il compito di mettere in pratica la teoria e di verificarla attraverso


la ricerca empirica per confermarla o mostrare l’inefficacia dell’ipotesi teorica.

La sua ricerca del 1980, denominata “The Nationwide Audience”, analizza il tipo di
interpretazione che davano alcuni partecipanti appartenenti a diverse condizioni
educative ed occupazionali.

La ricerca di Morley prende in analisi un programma televisivo di approfondimento


informativo e i suoi telespettatori. Vengono creati dei gruppi di telespettatori a seconda
del background culturale e dell’identità sociale del singolo individuo.

Obiettivo → è confermare che a seconda del frame di appartenenza, la decodifica avrà


delle caratteristiche specifiche.
Risultati:

✓ POSIZIONE EGEMONICA: Un primo gruppo decodifica il messaggio utilizzando lo stesso


codice con il quale esso è stato costituito, l’individuo quindi accetta strutture e significato e
si conforma ad essi → gruppo dei MANAGER

✓ POSIZIONE NEGOZIATA: Un secondo gruppo invece elabora definizioni alternative a partire


dalla specificità della situazione in cui si trovano, comprendono il noi esplicitato dal
programma televisivo ma non sono in accordo su alcune specifiche → gruppo dei
SINDACALISTI

✓ POSIZIONE DI OPPOSIZIONE: c’è piena comprensione del codice dominante, ma esso


viene decodificato attraverso il proprio frame di riferimento → gruppo degli
STUDENTI NERI e dei COMMESSI.

LA SVOLTA ETNOGRAFICA
Dagli anni ’80 i Cultural Studies attivano la corrente degli Audience Studies, con la
caratteristica di fare uso e riferimento a ciò che si scopre e si indaga attraverso l’uso della
ricerca empirica sul campo.

Obiettivo → indagare il pubblico non come un soggetto unitario ma come un insieme di


pratiche quotidiane, all’interno di specifici contesti da cui sono prodotti specifici
significati.

All’interno degli Audience Studies si riscontrano 3 possibili percorsi di ricerca:

STRUTTURALE COMPORTAMENTALE SOCIO-CULTURALE

Descrivere e quantificare Capire il significato del


Spiegare e predire scelte, reazioni
FINI la composizione del contenuto e l’uso in contesti
ed effetti del consumo mediatico
pubblico specifici di fruizione

I dati sono di natura


I dati focalizzano l’attenzione su
socio-demografica, si I dati ricercano la percezione
una analisi delle motivazioni e
DATI quantifica l’uso dei media del significato all’interno di un
delle reazioni che le persone
rispetto alla variabile contesto specifico
hanno al consumo mediatico
temporale

Ha come metodo di Ha come metodo di ricerca il Utilizzo di tecniche qualitative


METODI ricerca l’inchiesta, ossia sondaggio, l’esperimento e la per la comprensione dei
l’analisi statistica misurazione meccanismi di fruizione

Un metodo di ricerca è un percorso messo in atto dal ricercatore per analizzare l’oggetto
di ricerca e si compone di 4 elementi:

1. Il ricercatore sceglie una modalità cognitiva prevalente


2. Il ricercatore deve scegliere e affidarsi ad una teoria della conoscenza scientifica (serie di
precomprensioni).
3. Le precomprensioni si esprimono tramite le tecniche di ricerca: qualitativa 0 quantitativa.
4. Il ricercatore deve adottare una sequenza di procedure che saranno messe in atto dopo
aver scelto una modalità cognitiva prevalente.

Il ricercatore ha, come precedentemente accennato, due modi di valutare e affrontare


la complessità dei fenomeni sociali:

o Semplificazione dell’oggetto → RICERCA QUANTITATIVA


o Riduzione dell’estensione del dominio osservato → RICERCA QUALITATIVA

La RICERCA QUANTITATIVA prevede:

➢ la costruzione di una matrice dati


➢ definizioni operative per la costruzione di variabili
➢ rilevazione attraverso tecniche di indagine strutturate (es. ricerche telefoniche)
➢ analisi statistica dei dati

La RICERCA QUALITATIVA prevede:

➢ Osservazione diretta dell’oggetto di ricerca


➢ L’oggetto detta le condizioni di osservazione
➢ Tecniche non standard con obiettivi esplorativi
➢ Ripercorribilità cognitiva dell’itinerario di ricerca (rispettare il metodo di ricerca dà la sua
valenza scientifica)

AMBITI di applicazione della ricerca QUALITATIVA:

- RICERCHE DI SCENARIO → cambiamenti nel sistema mediale ed evoluzioni nelle abitudini di


consumo.

- RICERCHE DI PRODOTTO → si analizzano le caratteristiche linguistiche e testuali, gli elementi di


successo, soglie di ingresso e di uscita di un prodotto mediale.

- BRAND EQUITY → ad esempio valutazioni di quanto un prodotto mediatico sia conosciuto


all’interno della società.

Principali tecniche di ANALISI:

ANALISI FIELD → (si ha il contatto diretto con l’osservazione del pubblico in analisi)
interviste discorsive, focus group, diari di fruizione.

ANALISI DESK → analisi del contenuto, del discorso e della struttura, brand analysis e
online conversation analysis.
AUDIENCE STUDIES
Lo studioso Morley è autore della Audience Studies “Family Television” che ha
l’obbiettivo di analizzare il consumo televisivo. La ricerca evidenzia:

1. il diversificato impegno connesso all’esposizione televisiva rimanda ad una trasformazione


del concetto di audience verso una sua segmentazione.

2. l’uso della televisione entra nelle pratiche della vita quotidiana.

Una ricerca di Lull mette in evidenza quali sono le tipologie degli usi della TV da parte dei
componenti della famiglia, con l’obiettivo di sondare le concrete pratiche con cui i
media arredano la nostra vita quotidiana:

USI DI NATURA STRUTTURALE USI DI NATURA RELAZIONALE

uso ambientale – come i media


arredano le nostre case
occasioni di comunicazione
uso regolativo – i mezzi di
comunicazione strutturano i nostri apprendimento sociale di modelli e
tempi quotidiani valori

uso sociale – incide sui percorsi di competenza e dominio


conversazione

Gli Audience Studies analizzano principalmente la TV tra gli anni ’80 e 2000, ma dagli anni
2000 il media che viene analizzato è il mondo della rete e del web. Lo studioso Roger
Silverstone elabora quindi nel 1991 la “Consuming Technology”, una ricerca finalizzata a
comprendere le pratiche di fruizione delle tecnologie. I media infatti non sono
semplicemente il contenuto che noi interpretiamo ma anche espressione di una
componente tecnologica.

Silverstone formula il concetto de “domestication” → processo con cui le tecnologie


dell’informazione e della comunicazione vengono portate e integrate all’interno
dell’ambiente domestico, considerando che ogni famiglia attribuisce uno specifico
significato alle tecnologie che porta all’interno della propria sfera domestica → economia
morare della famiglia.

Il processo di domestication si compone delle seguenti tappe:

o MERCIFICAZIONE (media come oggetto) – nel contesto produttivo vengono attribuiti ai


prodotti dei valori economici e simbolici e vengono poste le condizioni d’uso di ogni
prodotto.

o IMMAGINAZIONE (media come mezzo) – quei valori economici e simbolici vengono


tradotti in strategie comunicative e in DESIDERABILITÀ: fase in cui aumenta il desiderio di
possedere e incorporare queste nuove tecnologie nella nostra vita quotidiana.
Fasi della DOMESTICATION theory:

APPROPRIAZIONE OGGETTIVAZIONE

La tecnologia lascia il mondo delle Collocazione spaziale dell’oggetto-


merci ed entra nell’ambito domestico medium e alla sua esibizione

CONVERSIONE INCORPORAZIONE

Relazione fra l’ambito familiare e il I modi in cui gli oggetti mediali si


mondo esterno inseriscono nei ritmi temporali domestici

Analizziamo ora l’importanza dei Cultural Studies e degli Audience Studies nella ricerca
mediale:

• Importante cambiamento di TEMI: è centrale il rapporto tra le audience attive e i significati


mediali, è importante il contesto di fruizione e come si attivano certi significati e pratiche
d’uso all’interno di esso.

• SVOLTE: passaggio dalla focalizzazione sull’interpretazione a una focalizzazione sulle


concrete pratiche di consumo che accompagnano il rapporto con i media, dove i media
sono analizzati come contenuti, come tecnologia e oggi anche come ambiente.

• STRUMENTI a disposizione della ricerca: le etnografie del consumo mediale danno


importanza a strumenti di ricerca come interviste, questionari ed osservazione dei
partecipanti.

PARADIGMA SPECTACLE/PERFORMANCE
Nello studio delle audience troviamo due principali modelli di ricerca:

- INCORPORATION/RESISTANCE → le audiences vengono lette come soggetti che possono essere


incorporati nelle rappresentazioni sociali dei media, oppure possono opporsi producendo una
sorta di resistenza (simile al concetto codifica e decodifica di Stuart Hall – Cultural Studies).

- SPECTACLE/PERFORMANCE → il soggetto è più intimo ed empatico con il contenuto mediatico.


Si tratta di una incorporazione dei media che arredano la nostra esistenza e costituiscono
l’ambiente eco-mediatico nel quale viviamo.

Il paradigma spectacle/performance nasce con il testo “Audiences” di Abercrombic e


Longhurst i quali pensano alle audience come soggetto performativo capace di definire
la propria identità nell’ambito delle relazioni che costruiscono con i media.
I due studiosi distinguono 3 tipologie di audience:

1. SIMPLE AUDIENCE – spettatori che assistono ad una performance attraverso una


separazione netta tra sé stessi e la performance ma nello stesso spazio-tempo (es. Teatro)

2. MASS AUDIENCE – il pubblico e la performance sono disgiunti nei ruoli e svincolati dalla
condivisione spazio-tempo (es. TV)

3. DIFFUSED AUDIENCE – la pervasività dei media ha portato il pubblico ad essere sempre in


rapporto con essi, noi siamo perennemente audience di una performance.

Tratti dell’audience diffusa: SPETTACOLO E NARCISISMO

✓ Le persone trascorrono molto tempo nel


consumo di mass media in casa e in pubblico
AUDIENCE DIFFUSA
✓ I media sono costitutivi della vita quotidiana
✓ Qualsiasi evento può esser trasformato in
performance e chi vi partecipa vede se stesso
come performer

Il paradigma spectacle/performance evidenzia la sovrapponibilità tra performer e


audience e la natura mutevole dell’audience, poiché possiamo trovare diversi tipi di
pubblico in base all’intensità dei modelli di consumo.

È possibile assumere posizioni differenti in funzione di quanto, come e con che intensità
fruiamo i media:

➢ CONSUMATORI: usano i media in modo generalizzato e non focalizzato

➢ FAN: più assidui nel consumo mediatico, con interessi per generi, contenuti e personaggi
mediali

➢ ADEPTI: costruiscono reti informali di comunicazione in cui consumano, produco e mettono


in circolazione prodotti simili a quelli dei fan (competenza dell’audience)

➢ APPASSIONATI: pubblico che consuma, produce e condivide prodotti mediali amatoriali

➢ PICCOLI PRODUTTORI: forme semi-professionali o professionali di produzioni organizzate


attraverso il mercato o tramite gruppi di appassionati
Come oggi dobbiamo analizzare i pubblici:

Nodo esperienziale Focalizzazione delle pratiche Immagine di spettatore

Sul soggetto individuale


INDENTITA’ Pubblici performer
(SOCIAL-ORIENTED)
Sul contenuto
APPARTENENZA Pubblici fan
(MEDIA-ORIENTED)

Su piattaforme e contenuti
MOBILITA’ Pubblici multipiattaforma
(MEDIA-ORIENTED)

Sul soggetto collettivo


PARTECIPAZIONE Pubblici partecipanti
(SOCIAL-ORIENTED)

LA TEORIA DELLA COLTIVAZIONE (lez 8)


TV E TEORIA DELLA COLTIVAZIONE
Questa teoria mira ad analizzare il nesso tra media e società e riconosce ai media il
potere di contribuire alla costruzione sociale della realtà.

Viene riconosciuta alla televisione la vocazione di storytelling in quanto è desiderio di tutti


noi ascoltare storie televisive → la tv diventa un potentissimo media inserito nei contesti
domestici.

Lo studioso Gerbener, dal 1977, porta avanti una serie di ricerche che analizzano il ruolo
di centralità della televisione all’interno della società. La centralità della TV è
riconducibile alle funzioni:

• affabulatoria → la TV ci dispensa delle storie nelle quali possiamo evadere, soddisfa la


nostra intelligenza narrativa poiché di fronte all’evoluzione di alcuni personaggi amiamo
provare a capire quali saranno gli esiti della storia (coltivazione televisiva – coltivare sviluppi
narrativi)
• bardica → la TV diventa uno storyteller e costruisce un linguaggio comune che diventa il
linguaggio con cui osserviamo le cose e con cui ci esprimiamo.

Fiske e Hartley individuano altre funzioni:

• La TV ha il compito di essere un codificatore della realtà e ci propone proprie norme e


propri punti di vista.
• La TV ha il compito di involgere i singoli membri nel suo sistema di valori dominanti pe
rafforzare l’ideologia sottesa.
• La TV ha il compito di decodificare ciò che la TV propone al pubblico.
• La TV ha il compito di convincere i membri dell’audience che il loro status e la loro identità
sono garantiti dalla cultura stessa.
• La TV ha il compito di trasmettere un senso di appartenenza culturale.
Gerbner illustra i punti fondamentali della teoria della coltivazione:

1. La TV è conveniente e alla portata di tutti, non serve una specifica educazione o


competenza per poterne fruire.

2. La TV costruisce il MAINSTREAM, cioè un senso comune all’interno del quale troviamo


espresse le visioni e le posizioni dominanti della società.

La teoria della coltivazione sostiene che, vista la forza della TV, diventa interessante per
una teoria socioculturale capire come funzionano i collegamenti e le relazioni tra i media
e il modo in cui le persone pensano, quali sono i valori per loro più importanti.

A questo proposito nasce il progetto “Cultural Indicators Project” che inizia nel 1967
attraverso una serie di studi sulle cause e sulla prevenzione della violenza. A seguito di
numerosi disordini ed episodi di violenza diffusi in tutto il paese (es. assassinio di Kennedy e
di Martin Luther King) l’obiettivo diviene studiare la natura e le conseguenze della
violenza nel mezzo televisivo.

Viene prima di tutto data una definizione di violenza, che può essere:

➔ espressione di forza fisica verso sé stessi o altri


➔ forme accidentali di violenza o catastrofi naturali
➔ ogni atto che può provocare effetti gravi pur se collocato in contesti fantastici

Le ipotesi di ricerca dei Cultural Indicators Project sono 2:

1. I telespettatori forti (coloro che guardano molta televisione) sono portatori della visione del
mondo come un luogo triste e squallido.
2. Individuare l’esistenza del mainstreaming, cioè punti di vista comuni tra i telespettatori.

La ricerca viene organizzata attraverso un doppio binario metodologico:

da un lato viene analizzato il sistema da un altro viene svolta una surveys


dei messaggi veicolati dalla TV (sondaggi - ricerca quantitativa) sul pubblico

(per la costruzione del campione vengono scelto


(per il tema della violenza vengono
le variabili demografiche e il tipo di esposizione
osservate in particolare oltre 2.000
televisiva, telespettatori deboli medi e forti)
programmi e 6.000 protagonisti)

La ricerca vuole dimostrare che esiste la costruzione di un mainstream ed emerge che i


telespettatori forti ritenevano di avere maggiori probabilità di essere coinvolti in episodi di
violenza.
RISULTATI →

o non si diventa violenti perché si guarda violenza, ma si costruisce in noi la convinzione che
viviamo in un mondo molto più violento di quello che è realmente
o c’è una percezione esagerata del pericolo ed una visione distorta
o i consumatori forti hanno maggiori possibilità di essere coinvolti in episodi di violenza
o la rappresentazione della violenza riflette le inquietudini e produce risonanza
o le minoranze etniche e le donne straniere sono le realtà sociali che hanno maggiori
probabilità di subire violenze

EFFETTI DELLA COLTIVAZIONE → I consumatori forti elaborano risposte televisive, ovvero


una sovrapposizione tra realtà televisiva e mondo reale.

COLTIVAZIONE E NUOVO SISTEMA MEDIALE


Lo scenario contemporaneo è caratterizzato da un’offerta su strade diverse (cavo,
satellite, internet), gestita da più piattaforme differenti (es. Netflix, Amazon, YouTube) e si
specializza rispetto ai contenuti proposti e l’accesso in demand. Oggi tra le modalità di
consumo troviamo ad esempio le smart TV, computer e smartphone. Essendo le vie così
diversificate, è difficile sostenere che la TV sia ancora lo storyteller per eccellenza.

Inizialmente la teoria della coltivazione prevedeva un approccio macrosistemico,


analizzava infatti le istituzioni mediali, i messaggi e gli effetti sulle persone, ma con il
tempo questo approccio è pian piano scomparso e le nuove indagini si concentravano
sempre di più su:

❖ messaggi (content analysis)


❖ singoli generi televisivi (talk show, serie mediche), non si occupa più di tutta la cultura
raccontata dalla televisione
❖ capacità mnemonica delle persone di ricordare cosa avevano visto e che peso questo
aveva dato alla loro visione rispetto al mondo

La teoria della coltivazione all’interno del nuovo sistema mediale contemporaneo ha


necessità quindi di essere rivista poiché ha difficoltà ad:

✓ analizzare il contenuto dei messaggi che si sono moltiplicati in modo esponenziale


✓ misurare l’esposizione al mezzo televisivo, oggi distribuito su più dispositivi e in momenti
diversi della giornata

LA TEORIA DELLA COLTIVAZIONE IN RETE

In rete troviamo:

▪ storytelling targettizzati
▪ specifici fenomeni culturali che hanno propri ambienti simbolici (echo chamber e filter
bubble)

La coltivazione in rete è quindi mirata attraverso echo chamber e filter bubble.


LA COSTRUZIONE SOCIALE DELLA REALTÀ (lez 9)
AGENDA SETTING
E’ una teoria con l’obiettivo di capire come avviene la relazione tra media e società e
come i media collaborano alla costruzione sociale della realtà.

“Ciò che sappiamo della nostra società e del mondo in cui viviamo, lo apprendiamo dai mass
media”

Luhmann, 1996

Viene riconosciuto ai media un ruolo importate per la società poiché danno la possibilità
di vivere delle “Secondhand Experiences” (esperienze di seconda mano), ossia vivere
esperienze altrimenti impossibili (es. crollo delle Torri Gemelle).

Lo studioso Lipmann nel 1922 introduce il concetto di PUBLIC OPINION → i mass media
consentono ai cittadini di conoscere eventi e argomenti estranei alla loro realtà, e
l’opinione pubblica si crea proprio grazie al lavoro dei media che ci permettono di
costruire degli stereotipi.

TEORIA DELL’AGENDA SETTING → capacità dei media di formare l’opinione pubblica


grazie all’influenza dei temi che ci propongono nell’agenda pubblica. I media hanno il
potere di determinare e ordinare gerarchicamente la presenza dei temi in agenda. Non
ci dicono cosa pensare, ma attorno a quali temi pensare.

1° LIVELLO AGENDA SETTING: dall’agenda dei media all’agenda del pubblico

ELEMENTI CENTRALI DELLA TEORIA

Natura dei temi Natura dell’agenda

Caratteristiche dei media Caratteristiche del pubblico

La costruzione dell’agenda del pubblico è una conseguenza dell’agenda dei media,


inseriamo nella nostra agenda ciò che i media ci fanno vedere, e tralasciamo ciò che
non abbiamo visto.
Gli elementi centrali della teoria sono:

✓ NATURA DEI TEMI (centralità dei temi) – Esistono temi “a soglia alta” (temi lontani dalla vita
quotidiana dei soggetti) e “a soglia bassa” (temi vicini ai soggetti o per esperienza diretta
o per la copertura mediatica).

✓ CARATTERISTICHE DEI MEDIA (ambiente mediale) - Oggi c’è molta ricchezza di offerta, si
parla di convergenza ed ibridazione mediale e c’è una diversificazione delle modalità di
consumo mediante numerosi dispositivi (processi di personalizzazione). L’agenda setting è
oggi caratterizzata dal risultato cumulativo delle selezioni che i pubblici fanno riguardo
piattaforme, canali e notizie che desiderano ascoltare.

✓ CARATTERISTICHE DEL PUBBLICO (scelta del pubblico) – Esistono fattori di omogeneità o


differenziazione rispetto alle scelte del pubblico sono:
- Grado di interesse
- Conversazioni intorno ad argomenti presenti nei media
- Coerenza con interessi e predisposizioni personali
- Bisogno di orientamento

✓ NATURA DELL’AGENDA – Moltiplicazione delle agende:


- PRIORITIZED AGENDA → si costruisce grazie ai media verticali ed è frutto e sintesi di ciò che le
persone trovano nelle news e valutano come tempi più importanti.
- AGENDA MELDING → fusione delle agende verticali e orizzontali che mettono in relazione i temi a
partire dagli interessi degli individui e/o dal loro network di appartenenza.
- AGENDA BUILDING → costruita attraverso un processo collettivo con un certo grado di reciprocità
ed è costante la competizione tra realtà esterna, costruzione di un tema, logica che governa la
costruzione delle notizie e rapporti di potere tra media e fonti.

TEMA E FRAME
Approfondiamo ancora come avviene l’influenza e la persuasione dei media
analizzando gli attributi che completano e articolano l’immagine di un messaggio
mediale permettendogli di divenire notizia e quindi di entrare nell’agenda del pubblico.

Ciascun oggetto quindi ha un numero di attributi, ha delle connotazioni specifiche e


parole chiave che articolano la sua immagine, all’interno della quale si possono trovare:

❖ aspetti → categoria generale di attributi


❖ temi centrali → categoria specifica di attributi che definiscono la prospettiva dominante
sull’oggetto

es. scegliamo di raccontare l’aspetto della violenza in rete e poi citiamo degli accadimenti, dei
temi centrali, che dimostrano l’esistenza di questo fenomeno.

RUOLO DEI MEDIA NELL’IMMAGINARIO CONTEMPORANEO → I media sono cornici


interpretative e risorse simboliche con la capacità di inquadrare una data tematica e
aggiungere risorse che diventano uno spunto di riflessione che permette di costruire un
significato intorno a quel tema che i media hanno evidenziato in quel frame.

FRAME = insieme organizzato di informazioni che danno senso agli eventi e alle cose, una cornice
che inquadra una data tematica, una strategia comunicativa.
Secondo il linguista Lakoff creare un frame efficace significa fare abile uso di elementi metaforici
e simbolici che orientino le emozioni degli ascoltatori-cittadini in maniera da predeterminare
l’accettazione o il rifiuto di un argomento prima ancora di un’analisi critica e razionale.

Le immagini mediali sono rappresentazioni sociali dotate di oggettività, capaci di


produrre e riprodurre un “senso comune” su cui si basa la capacità delle persone di
interagire con gli altri membri del gruppo. I media infatti definiscono gli aspetti culturali,
sociali e di rappresentazione che entrano a far parte della nostra prospettiva di sguardo.

In questo senso di parla di FRAMING e NARRAZIONI

inquadramento e
contestualizzazione

ATTIVITA’ DI FRAMING → I media operano una attività di framing per dare forma ad un
tema stabilendo quali elementi vi siano inclusi e come siano interconnessi.

Attività fondamentale perché, non solo mette in risalto un tema, ma ci suggerisce come
approcciare a esso, mette in risalto alcune interconnessioni e ne cela altre. Questa
attività ci guida e ci fa da punto di riferimento per attribuire delle responsabilità rispetto
ad un fatto di cronaca, cerca di spiegarci un dato fenomeno scegliendo delle letture
preferenziali che i media ci suggeriscono a discapito di altre.

Infatti, in assenza di esperienza diretta, le rappresentazioni mediali possono costruire


frame di lettura della realtà con diverse implicazioni:

➔ I media definiscono un frame interpretativo entro cui cogliere, interpretare e spiegarci un


dato fenomeno
➔ Il fenomeno è rafforzato e mai problematizzato dal senso comune
➔ I media tendono a legittimare solo ciò che è visibile (il tema non notiziabile tende a sparire)

TIPOLOGIE DI FRAME

Ci sono diversi modi per costruire un frame:

➢ CONFLITTO: il frame pone l’enfasi sul conflitto tra due individui, gruppi o istituzioni (il più
vincente)
➢ PERSONALIZZAZIONE: si focalizza su un individuo esemplare o enfatizza le emozioni (più si
personalizzano le notizie, più destano attenzione)

➢ CONSEGUINZE PREVISTE/IPOTIZZABILI: il tema è presentato dal punto di vista delle


conseguenze possibili o che possiamo ipotizzare

➢ INCORNICIAMENTO MORALE/MORALISTICO: tema presentato a partire da una valutazione


(i fatti narrati hanno già un taglio specifico)

➢ RESPONSABILITÀ: il tema è presentato a partire dall’indicazione della responsabilità del


problema e dunque del soggetto che lo deve risolvere

Possiamo quindi individuare 3 LIVELLI DI AGENDA SETTING:

▪ 1° LIVELLO: i media sono in grado di influenzare l’agenda del pubblico selezionando alcuni
temi.

▪ 2° LIVELLO: capacità dei media di dirci anche come pensare attorno a quei temi grazie
all’uso di attributi riferiti ad essi.

▪ 3° LIVELLO: si tratta di ritrovare coerenze di scrittura e di framing tra un articolo e l’altro


quando parlano dello stesso tema o notizia.

NETWORKED AGEND SETTING: insieme delle relazioni che intercorrono tra gli elementi
dell’agenda dei media e l’agenda del pubblico.

LA CONVERGENZA MEDIALE (lez 10)


CULTURA CONVERGENTE
Esistono 3 livelli per definizione la convergenza in relazione alla tv:

• TECNOLOGIA: attraverso il processo di convergenza cambiano i sistemi distributivi e fruitivi

• CONTENUTI: attraverso il processo di convergenza vengono ridefinite le forme testuali

• MEDIUM: la convergenza incide sulla definizione dei medium, sia come tecnologia volta
alla comunicazione, sia rispetto a protocolli e pratiche sociali e culturali che vengono
adottate dai soggetti quando fruiscono di un medium convergente.

La convergenza opera durante l’evoluzione di un medium, ed un chiaro esempio è la Tv.


Osservando l’evoluzione del mezzo televisivo infatti cogliamo:

➢ Processo continuativo di innovazione tecnologica


➢ Trasformazione di tipo istituzionale che riguarda i modelli di mercato e di business

➢ Evoluzione testuale → la TV attraverso la convergenza ha mutato i propri generi e formati

➢ Mutazione fruitiva → oggi i modelli di consumo non sono più solo di uso domestico,
familiare o personale, ma sviluppano una serie di reti più complesse

Assi fondamentali con cui analizzare la convergenza tecnologica:

Asse TESTO-TECNOLOGIA: definizione, attraverso la convergenza, di contenuti multipiattaforma →


la circolazione del contenuto si sviluppa all’interno di device differenti e questo ridefinisce le
condizioni dell’esperienza televisiva e determina un cambiamento secondo il tempo, lo spazio e
l’uso.

Asse TESTO-ISTITUZIONE: la convergenza porta con sé anche un trattamento più complesso dei
contenuti attraverso la logica di brandizzazione → strategia di organizzazione e di gestione del
contenuto.

Asse TESTO-CONSUMO: ridefinizione della relazione tra le pratiche e le culture del consumo: la
partecipazione è diretta e c’è un coinvolgimento di pratiche professionalizzate (il pubblico
condivide e produce contenuti).

Il contenuto quindi subisce delle modifiche molto importanti, il prodotto audiovisivo oggi
viene infatti definito TESTO ESPANSO → il testo prende dimensioni nuove e ne aggiunge
alla propria portata.

Si parla di touchpoints del testo televisivo


(punti di contatto - territori di contatto)
I touchpoints ci permettono di entrare in
relazione con il prodotto audiovisivo
attraverso:

❖ EXPANDED ACCESS (dvd, internet, smartphone)


❖ REPACKAGED CONTENT (episodi guida o plot summaries)
❖ ANCILLARY CONTENT (mobisodes = puntate fruibili solo dall’interno di app / webisodes =
episodi legati al sito web della serie TV)
❖ BRANDED PRODUCTS (prodotti di merchandising)
❖ RELATED ACTVITIES (videogames del programma)
❖ SOCIAL INTERACTION (second screen)
❖ INTERACTIVITY (modalità di interazione legate alla digitalizzazione)

Da questa forma di consumo mediale diviene importante il concetto di audience intese


come soggetti protagonisti di culture partecipative.

Grazie alla convergenza infatti non si parla più di consumo attivo da parte dei pubblici
(AUDIENCE STUDIES = analizzare come gli individui interpretano i prodotti mediali in modi
differenti e li riempiono di significati) ma il concetto diviene “partecipazione” →
produzione di senso attorno ai prodotti mediali e come questi prodotti entrano nelle
nostre esistenze.

IL CONTRIBUTO DI HENRYJENKINS

Considerato il padre fondatore della riflessione sulla convergenza, lo studioso, nel suo
primo testo del 1992, si concentra sul tema della produzione, l’attività più evidente nel
mondo del fandom.

Jenkins mette in evidenza che → quando si attiva una cultura partecipativa si generano
delle importanti comunità di natura informale (non preordinate dalla società) nelle quali
è molto intenso lo scambio sociale. Il consumo quindi deve essere inteso anche con il
termine di partecipazione, termine che implica il riferimento ad altri soggetti e attraverso i
media entriamo in contatto e in relazione con altre comunità.

Centrale in questo ambito è anche il secondo testo di Jenkins, scritto nel 2006, che tratta
di “convergenza mediatica” intendendola come flusso dei contenuti su più piattaforme,
dando quindi importanza alla presenza del pubblico e a ciò che fa.

PARADIGMA DELLA CONVERGENZA

La convergenza non porta quindi solo ad un cambiamento di natura tecnologica (un


contenuto per molte piattaforme o un medium per molti contenuti) ma considera
l’interdipendenza di 4 aree di convergenza:

1. DIMENSIONE TECNOLOGICA: la tecnologia ha permesso l’attivarsi del processo di


convergenza.
2. DIMENSIONE ISTITUZIONALE: cambiamenti del mercato e costituzione di nuovi aggregati e
attori nel campo dei media.
3. DIMENSIONE ESTETICO-STILISTCA: considerazioni del testo espanso.
4. DIMENSIONE SOCIO-CULTURALE: modalità con cui il consumo sia diventato una forma
importante di partecipazione.

Jenkins, con il suo terzo testo “Media education for 21th century”, tenta di analizzare tutte
le REALTÀ ONLINE in cui si manifesta in modo evidente la cultura della partecipazione. Per
lo studioso è infatti fondamentale cogliere come le culture della partecipazione si
esprimono, quali sono le loro pratica e questo serve per dare alle audience le capacità e
le competenze necessarie per viverle (media education).

Le analisi della comunità online rilevano:

✓ Basse barriere per l’espressione artistica e il coinvolgimento


✓ Forte supporto per creare e condividere le proprie creazioni con gli altri
✓ MENTORSHIP → ciò che è conosciuto dai più esperti viene trasmesso ai novizi
✓ I membri credono che i loro contenuti contino
✓ I membri posseggono un qualche grado di connessione sociale con gli altri membri
(sempre attenti ad avere follower e like)

PRODUSAGE E NETWORKED PUBLICS


Il termine produsage ha alla base la parola prosumer = deriva dalla fusione tra producer
e consumer. Il pubblico quindi assume il ruolo di prosumer sia in ruolo attivo (produce
contenuti) che in ruolo passivo (comportamenti online).

Le PRODUSAGE sono comunità che sviluppano dinamiche collaborative, condividono


informazioni e conoscenze. Ognuno è necessariamente sia produttore sia consumatore
(“avere del pubblico” ed “essere parte di un pubblico).

La NETWORKED PUBLICS è una nuova specifica condizione di connessione digitale tra


pratiche culturali, relazioni sociali e sviluppo delle tecnologie mediali. I pubblici possono
quindi rifare e ridistribuire partecipando così alla condivisione di cultura e conoscenza.

Un argomento centrale della ricerca sui media contemporanei è analizzare i social


media come Networked Publics. Per farlo dobbiamo tener conto di come le affordance
delle piattaforme (modalità con cui sono costruite le piattaforme) modellano la maggior
parte degli ambienti di connessione generati dai social media.

Dobbiamo quindi analizzare le dimensioni della:

• PERSISTENZA – i contenuti prodotti e condivisi in rete non spariscono


• DIFFONDIBILITÀ – i contenuti possono essere diffusi nel web
• VISIBILITÀ – i contenuti sono sempre visibili tramite i motori di ricerca
• RICERCABILITÀ – utilizzando i motori di ricerca

E ci sono 3 caratteristiche che determinano la loro dinamica:

AUDIENCE INVISIBILI COLLASSO DEI CONTESTI CONFINI SFUMATI TRA PUBBLICO E


ci domandiamo se foto o PRIVATO
audience che contenuti delle nostre pag social è oggi difficile cos’è la privacy dal
osservano ma non possono comprometterci momento in cui condividiamo tutto con
I
partecipano gli altri sul web
pu
bblici quindi:

o Sono connessi gli uni agli altri


o Sperimentano una doppia condizione → hanno un pubblico e fanno parte di un pubblico
o Esplicitano in pubblico le loro reazioni ai contenuti
o Esercitano la propria riflessività

Ciò che oggi diviene interessante è quindi la conversazione che si sviluppa all’interno
dello scenario digitale. In questo scenario nascono gli “Hastag Studies” che analizzano:
➔ SOCIAL TELEVISION: produzioni di contenuti e opinioni che si generano intorno ad un
momento/evento della programmazione televisiva.

➔ SOCIAL MEDIA E POLITICA: conversazioni relative ad un determinato evento politico o ad


una tendenza sociale.

LA SPIRALE DEL SILENZIO (lez 11)


L’OPINIONE PUBBLICA
Quando parliamo di Teoria della Spirale del Silenzio facciamo riferimento ad una delle
diverse teorie elaborate a seguito di un lungo periodo di ricerche sugli effetti limitati dei
media e che dagli anni 60 in poi si sono concentrate sulla relazione tra media e società
(teoria della coltivazione e le teorie legate alla costruzione sociale della realtà).

OPINIONE PUBBLICA → è un processo continuo tra i cittadini che si basa sulla natura
sociale umana, è un’opinione ricca di valori in determinate aree che può essere espressa
in pubblico senza aver paura di subire sanzioni.

Dalle riflessioni dello studioso McQuail, tra i fattori che esercitano un’influenza sulla
formazione dell’opinione pubblica troviamo:

o I mezzi di comunicazione di massa


o La comunicazione interpersonale e i rapporti sociali (leader d’opinione)
o La percezione che gli individui hanno dei “climi d’opinione” (ascoltiamo media, leader e
opinioni comuni degli altri intorno a certe tematiche)
o Le manifestazioni individuali d’opinione

La Teoria della Spirale del Silenzio nasce dallo studio del “last minute swing”, ossia l’effetto
conversione che prevede lo spostamento improvviso d’opinioni.

La studiosa che ha teorizzato questa idea della Spirale del Silenzio, Noelle-Newmann,
prende spunto da un fenomeno concreto di “last minute swing”, ossia dalle elezioni del
1972 quando vinse il partito social-democratico, cogliendo tutti di sorpresa.

Il partito in precedenza era riuscito ad esprimere la propria contentezza, facendola


diventare un’opinione pubblica condivisa, per la ripresa delle relazioni con la Germania
dell’est al contrario invece degli oppositori che rimasero in silenzio.

Gli elementi costitutivi della teoria sono:

▪ Gli individui temono l’isolamento sociale (preferiamo far parte di una minoranza silenziosa)
▪ Gli individui monitorano costantemente ciò che gli altri pensano attorno ai temi condivisi
▪ Gli individui analizzano il clima d’opinione dominante attingendo al coverage mediale e
all’esperienza personale
▪ Gli individui sviluppano una competenza quasi statistica per valutare se il proprio punto di
vista si colloca tra coloro che condividono una posizione maggioritaria o minoritaria

Gli individui di una posizione minoritaria hanno 2 opzioni, abbracciare la posizione


maggioritaria oppure tacere.

La scelta di tacere le proprie opinioni, secondo la studiosa, attiva un processo a spirale


che produce la scomparsa di un gruppo dalla sfera pubblica e la netta prevalenza
dell’altro → spirale del silenzio.

I risultati di questo processo influenzano il comportamento pubblico ed in particolare la


disponibilità a manifestare liberamente le opinioni.

La Spirale del Silenzio comporta infatti:

➢ Conseguenze individuali → se si ritiene di essere in minoranza si dissimulano le opinioni, le si


manifestano solo se si ritiene che siano conformi a quelle della maggioranza.

➢ Conseguenze sociali → le idee considerate dominanti si diffondono sempre più con un


effetto a spirale, a scapito di quelle considerate in minoranza.

La ricerca empirica della teoria della Spirale del Silenzio viene sviluppata tramite alcune
tecniche come “Il test del treno”. La ricercatrice propone agli individui analizzati di
sostenere una propria idea sapendo che si sarebbero scontrati con l’idea sostenuta da
un’altra persona all’interno di un vagone del treno che ospita altre persone,
possibilmente concordi con loro o con l’avversario.

Fondamentale in questa situazione è il ruolo dei media perché forniscono la pressione


ambientale stabilendo le coordinate del clima d’opinione in cui gli individui si orientano
(affermando ciò la studiosa riporta in vigore la centralità del mezzo televisivo).

In questo rinnovato potere dei media sulla percezione selettiva vengono presi in
considerazione i fenomeni della:

➔ CONSONANZA: la presenza di argomentazioni molto simili all’interno dell’intera


programmazione televisiva

➔ CUMULATIVITA’: apparizione periodica di alcune argomentazioni

Gli individui, rispetto al medium televisivo, vengono collocati in una “pluralistic ignorance”
→ gli individui credono di essere gli unici a pensare in un certo modo e preferiscono non
esprimerci e rimanere in silenzio.

Se analizziamo il ruolo della Spirale del Silenzio nella contemporaneità (completamente


cambiata) notiamo che gli individui, cittadini della “network society” appartengono ad
una pluralità di reference group che sono individuati e scelti a seconda della
condivisione di interessi e possono essere revisionati e rinegoziati nel tempo.
Oggi infatti l’opinione si esprime attraverso 3 modalità:

1. Gradimento tramite like


2. Condivisione di un post
3. Pubblicazione di un commento

All’interno della rete non troviamo un’opinione dominante, ma tante e diversificate


(diverse spirali del silenzio). Siamo noi che decidiamo un ordine di priorità e importanza di
quali sono i soggetti che utilizziamo per misurare il clima di opinione che riteniamo per noi
più importante.

TEORIA DEL KNOWLEDGE GAP


La teoria analizza le disuguaglianze mediali studiando il rapporto tra la crescita di
diffusione di informazioni nella società di massa e l’effettivo livello conoscitivo delle
persone e sostiene che il divario di conoscenza è determinato dalla condizione socio-
economica di appartenenza.

La Teoria del Knowledge Gap quindi inizialmente dà molta importanza all’appartenenza


socio economica delle persone ma poi subentra la variabile dell’educazione. Nella
produzione di un knowledge Gap la relazione tra dimensione educativa e diffusione
dell’informazione è spiegata da un insieme di fattori:

➢ Capacità comunicative
➢ La mole di informazioni già possedute
➢ I contatti sociali
➢ L’esposizione selettiva
➢ Il tipo di media che diffonde l’informazione

La teoria evidenzia che i GAP mediali possono fungere da strumenti che aprono o
chiudono il processo di conoscenza degli individui, infatti:

- La conoscenza è distribuita tra le classi sociali e al loro interno in modo differente


- In relazione ad alcuni temi alcuni potrebbero essere più informati rispetto ad altri

Per questioni educative e socio-economiche non siamo tutti portatori dello stesso livello di
conoscenza e, in relazione a particolari temi, alcune persone potrebbero essere più
informate di altre.

Kwak riformula così la teoria: quando la diffusione di informazioni cresce, alcuni individui
sono più motivati ad acquisire tali informazioni e tenderanno a farlo ad un ritmo più
veloce rispetto a quelli non motivati, in tal caso il divario di conoscenza tra gruppi socio-
economico alto e basso diminuirà tra coloro che sono motivati.
In questa dinamica i media giocano un ruolo fondamentale: aprono o chiudono questi
gap aumentando la conoscenza degli individui o limitandola.

Dopo il Knowledge Gap diviene nota, negli anni 90, la teoria del DIGITAL DIVIDE.

Ipotesi → la diffusione di connettività e l’accesso alla società delle reti favorisce l’uguaglianza
sociale che consentirebbe risposte adeguate ad una società sempre più complessa e
globalizzata.

Questa teoria stabilisce che ci sono aree geografiche del mondo dove le reti
informatiche sono riuscite a svilupparsi, e realtà che rimangono oltre il divario digitale, in
quanto non riescono ad accedere all’autostrada dell’informazione.

La rete informatica non raggiunge equivalente tutti i territori nazionali e mondiali, e alle
problematiche di copertura si associano una scarsa capacità di tradursi in servizi effettivi
e i costi di accesso per gli utenti, monetari e culturali.

Subentra recentemente la riflessione sulla DIGITAL INEQUALITY che si concentra sulle


differenze d’uso e accesso all’informazione mediale, anche in base alle motivazioni degli
utenti.

Individuiamo 3 dimensioni attraverso cui analizzare le disuguaglianze prodotte dal


mondo digitale:

1. ACCESSO → qualità e autonomia della connessione


2. COMPETENZE → operative, informazionali e strategiche, che permettono di accedere ed
utilizzare in modo corretto la rete
3. USO → motivazioni e modi diversi con cui entriamo nel mondo connesso

SOCIETA’ E MEDIA DIGITALI (lez 12)


NUOVI MEDIA E CMC
È necessario inizialmente capire e distinguere i media più tradizionali dai i new media e
per farlo esistono dei concetti chiave:

➢ CODIFICA DIGITALE → grazie alla digitalizzazione i file sono trasportabili, modificabili e


archiviabili.
➢ MULTIMEDIALITÀ → un prodotto mediale può avere in sé codici diversi (grafico, testuale,
audio, video).
➢ INTEREATTIVITÀ → un medium permette all’utente di modificare i proprio contenuti.
➢ IPERTESTUALITÀ → l’utente può navigare all’interno di un testo seguendo dei rimandi di
natura logica.

Inteso che i nuovi media sono caratterizzati da quanto sopra elencato possiamo
analizzare la comunicazione mediata dal computer, la CMC. Essa presenta insiemi di
elementi di comunicazione uno a uno, uno a molti e molti a molti, impone quindi una
revisione delle distinzioni tra “comunicazione interpersonale” e mass media ponendo
nuove domande di ricerca.

Queste nuove domande di ricerca nascono prima della massificazione della rete,
nascono infatti negli anni ’80, quando la CMC riguarda il mondo degli uffici e del lavoro,
proprio quando il processo di informatizzazione delle procedure inizia a prendere piede.

Prima teoria → La teoria della CMC socialmente povera

Queste teorie si concentrano su:

• gli effetti del CMC in ambito organizzativo,


• la scarsità di informazioni sul contesto sociale e la mancanza di norme condivise.

Le ricerche sull’informatizzazione nel campo del lavoro fanno sostanzialmente riferimento


all’uso delle email. Le riflessioni di queste ricerche individuano nella posta elettronica uno
strumento di comunicazione decisamente più povero rispetto al precedente proprio
perché in esso evidenziano effetti contrastanti:

- la CMC incentiva la partecipazione orizzontale, ovvero modifica l’impostazione della


comunicazione complementare (tono diverso rispetto al mittente) mettendo i suoi criteri in
discussione.
- questo porta però ad una deresponsabilizzazione rispetto alle norme e alle abitudini che
caratterizzano l’ambiente lavorativo.

Seconda teoria → La teoria della CMC socialmente ricca

Negli anni 90 nasce una seconda teoria della CMC, definita socialmente ricca, che
incentra il suo focus non più sugli effetti della comunicazione mediata dal computer,
bensì sulla costruzione sociale degli ambienti e del loro senso.

Ci si rende quindi conto di dover analizzare questa nuova forma di comunicazione


distinguendo quali sono i contesti e di utilizzo e le loro caratteristiche.

I temi trattati da queste ricerche sono infatti:

- formazione dell’identità
- sistemi di ruolo
- acquisizione di linguaggio
- negoziazione sulle norme

Non si osserva quindi più l’efficacia del messaggio veicolato all’interno degli scambi di
posta elettronica ma le motivazioni e i modi in cui le persone arredano gli spazi della rete
in cui costruiscono dinamiche di conversazione. La teoria è definita socialmente ricca
proprio perché gli spazi di analisi sono decisamente più numerosi.

Terza teoria → La teoria della CMC come dimensione quotidiana

Le linee guida generali delle attuali ricerche, iniziate con gli anni 2000, sono:

1. attenzione alla dimensione rituale della comunicazione online (gli studiosi sono attenti a
cogliere come si sviluppa la comunicazione sul piano della dimensione relazionale, perde
d’importanza come il messaggio viene veicolato se compreso dal ricevente).

2. la tematizzazione dei processi di costruzione, gestione e controllo dell’informazione sociale.

3. Interesse particolare per gli aspetti cognitivi delle norme, dei valori e degli schemi
interpretativi.

La comprensione delle CMC è utile e necessaria per capire la società dell’informazione, ci si


interroga su come la dimensione sociale sia stata conquistata dal mondo online.

COSTRUZIONE DELLE COMUNITA’ ONLINE


La comunicazione mediata dal computer diventa interessante perché garantisce libertà
rispetto ai giochi d’identità, dà la possibilità di costruire un’identità per ogni contesto
digitale (identità a finestre).

Le ricerche evidenziano che l’intreccio tra online e offline suggerisce integrazione


dell’identità e gli spazi di rete divengono spazi di sperimentazione dove gli individui
giocano con le regole, sospesi tra partecipazione e disimpegno → gli individui possono
raccontare la versione migliore di sé stessi.

Negli studi sulle comunità online bisogna tener però presente che la costruzione della
nostra identità online può portare a scelte sbagliate→ deresponsabilizzazione.

SPAZIO VIRTUALE

Lo studioso Manuel Castells sostiene→ “Il virtuale introduce nuove forme di morfologia
sociale e di produzione della conoscenza”
Lo studioso De Kerckove sostiene → “Il virtuale produce forme di intelligenza collettiva”

L’elemento fondante di queste riflessioni sullo spazio virtuale è che in rete circolano le
informazioni.

La comunità, all’interno di un discorso più ampio come quello degli spazi digitali, è un
concetto centrale.

Comunità → tipo di collettività i cui membri condividono un’area territoriale.

Nell’era digitale il concetto è stato radicalmente modificato, si parla infatti di COMUNITÀ


VIRTUALI e per definirne il concetto troviamo due equivoci terminologici:

1. le comunità sono scambiate per aggregazioni sociali generiche


2. virtuale è usato spesso come sinonimo di ingannevole e opposto al reale.

Ci sono 3 aspetti utili a cogliere la differenza tra comunità e comunità online:

1. permeabilità → capacità di un soggetto di entrare a far parte di un gruppo o capacità di


reciproca penetrazione tra le comunità online.

2. dialettica limitata → rispetto alle comunità tradizionali, quelle online tendono a limitare la
possibilità di dialettica (echo chambers – siamo all’interno di gruppi che la pensano come
noi perciò è più complesso produrre dialettica).

3. cyberbalcanizzazione → utenti isolati (come nelle echo chambers).

Le comunità virtuali sono sempre più integrate nelle socialitò offline e reali negli effetti:
costituiscono reticoli sociali costruiti intorno a scelte individuali. Ci accorgiamo delle
differenze, ma nella nostra vita quotidiana incrociamo le esperienze della vita online con
quelle offline e viceversa.

APPROCCI ALLA SOCIETÀ DEI MEDIA DIGITALI


Approcci che hanno cercato di spiegare o di interpretare come si stanno costituendo le
società di fronte alla sfida digitale.

Le domande alla base dei 3 approcci sono:

❖ quale forma assume la società contemporanea sollecitata dalla trasformazione


tecnologica?
❖ Come cambia il rapporto degli individui con la comunicazione?

1° Approccio → NETWORK SOCIETY (Castells)

Una network society è una società collegata da un network il quale facilita il passaggio
dell’informazione. In questo primo approccio:

✓ La centralità dell’informazione è considerata l’infrastruttura della nuova società.


✓ C’è una diffusione pervasiva degli effetti delle tecnologie sulle dinamiche esistenziali (la
società è stata ristrutturata e si è conformata all’immagine del network).
✓ Lo sviluppo della logica della rete ha invaso ogni sistema (produttivo, distributivo e fruitivo).
✓ Esiste una convergenza delle tecnologie, che permette un ampliamento delle risorse che
circolano in rete.

2° Approccio → CONNECTIVE SOCIETY

Il secondo approccio, definito Connective Society, deriva da 3 processi:

1. INTERNET REVOLUTION: arrivo della rete


2. MOBILE REVOLUTION: siamo perennemente connessi grazie al mobile
3. SOCIAL NETWORK REVOLUTION: grazie alle prime due, si innesca una società fondata sul
modello dei social network.

Secondo Boccia Altieri la conseguenza di questa realtà è l’attitudine al “farsi media”,


ossia ognuno di noi ha la possibilità di fare media, ma è anche diventato molto bravo ad
essere media.

La nascita dei social media ha permesso la costruzione di nuovi spazi pubblici di


comunicazione in cui la socialità è modellata dalle architetture e dalle affordances delle
piattaforme e in cui l’individuo gestisce sé stesso. Si arriva per questo al terzo approccio.

3° Approccio → PLATFORM SOCIETY

Platform Society è un termine che enfatizza l’inestricabile relazione tra le piattaforme


online e le strutture sociali.

Secondo lo studioso Van Dijck → “le piattaforme non riflettono il sociale, ma producono
le strutture sociali nelle quali viviamo”.

La socialità all’interno delle piattaforme è infatti caratterizzata da:

▪ dalla condivisione di contenuti che appartengono alla nostra sfera privata, vissuti
nella prospettiva di diventare contenuti pubblici.
▪ nuove forme di socialità modellate dalle affordance (come interagire, relazionarsi,
condividere e produrre contenuti).

MEDIUM, MEDIA CALDI E MEDIA FREDDI


MEDIUM – McLuhan
Marshall McLuhan, uno dei più noti teorici dei mezzi di comunicazione di massa, sostiene
la necessità di studiare i media non soltanto per quanto riguarda i contenuti che
trasmettono, ma anche dal punto di vista delle modalità attraverso cui trasmettono
messaggi.

La famosa locuzione “Il medium è il messaggio” ci dice perciò che ogni medium va
studiato in base ai criteri strutturali in base ai quali organizza la comunicazione → è
proprio la particolare struttura comunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale,
perché essa suscita negli utenti-spettatori determinati comportamenti e modi di pensare
e porta alla formazione di una certa forma mentis.

MEDIA CALDI E FREDDI


McLuhan afferma che esistono due diverse tipologie di media: i Media caldi, che
comportano un basso grado di partecipazione del pubblico, e quelli freddi, che invece lo
coinvolgono molto di più.

C’è un principio base che distingue un medium “caldo” come la radio o il cinema, da
un medium “freddo” come il telefono o la TV.

MEDIUM CALDO → un medium che estende un unico senso fino a un’“alta definizione”,
fino allo stato, cioè, in cui si è abbondantemente colmi di dati; non richiedono al fruitore
di ristrutturare le immagini e i contenuti che trasmettono e dunque di partecipare
attivamente con la propria mente.

MEDIUM FREDDI → un medium che fornisce una scarsa quantità di informazioni, sono a
bassa definizione e implicano un alto grado di partecipazione o di completamento da
parte del pubblico, che deve assumere un ruolo attivo.

I media caldi non lasciano molto spazio che il pubblico debba colmare o completare e
comportano perciò una limitata partecipazione, mentre i media freddi implicano un alto
grado di partecipazione o di completamento da parte del pubblico. È naturale quindi
che un medium caldo come la radio abbia sull’utente effetti molto diversi da quelli di
un medium freddo come il telefono.

LA FORZA DEI LEGAMI DEBOLI


Il sociologo Mark Granovetter descrive le tipologie di legami instaurati nelle relazioni tra
individui, ordinandole secondo la frequenza con cui avvengono i contatti:

➔ spesso (almeno due volte alla settimana)


➔ occasionalmente (più di una volta l’anno ma meno di due volte a settimana)
➔ raramente (una volta l’anno o meno)

Secondo lo studioso Mark Granovetter quindi esistono 3 tipi di legami:


1. LEGAMI FORTI (gli amici più cari, i famigliari, colleghi di lavoro molto vicini) caratterizzati da
incontri frequenti e regolari.
2. LEGAMI DEBOLI (conoscenti, followers e persone che incontriamo occasionalmente)
caratterizzati da rapporti non frequenti o ravvicinati.
3. LEGAMI ASSENTI O TEMPORANEI (es. la bigliettaia del cinema o il negoziante).

I legami deboli si dimostrano più utili, perché, mentre quelli forti sono più vicini a noi e
maggiormente ben disposti a fornirci un aiuto emotivo, in verità sono parte della nostra
stessa cerchia, in cui spesso i collegamenti sono gli stessi, quindi poco utili ad indicarci un
collegamento che non abbiamo già considerato. I legami deboli, non ci danno il
supporto emotivo ma possono ampliare la nostra rete e collegarci con numerose persone
fuori dal nostro giro, in modo da farci avere maggiori occasioni.

COMPETENZA COMUNICATIVA E LINGUISTICA


La competenza comunicativa è un termine linguistico collegato non solo all'abilità di
applicare le regole grammaticali di una lingua per formare enunciati corretti, ma anche
di sapere quando usare correttamente questi enunciati.

Il termine è stato coniato da Dell Hymes nel 1966, che affermava che una persona era
dotata di competenza comunicativa quando era capace di scegliere “quando parlare,
quando tacere, e riguardo a che cosa parlare, a chi, quando, dove, in che modo”.

Competenza comunicativa → insieme di precondizioni, conoscenze e regole che


consentono di comunicare, potenzialità inscritta negli individui che va però sviluppata.

La competenza linguistica è un fatto sociale, è la capacità di un individuo di conoscere


l’insieme dei segni usati dai membri di una medesima comunità linguistica riuscendo così
a comprendere e creare frasi.

Secondo Chomsky la competenza linguistica è un fattore individuale, poiché innata e


dipendente da un meccanismo celebrale definito dallo studioso “Language Acquisition
Devide” o LAD.

Livelli di competenza:

1. Competenze contenutistiche e tematiche


2. Competenze semiotiche
3. Competenze situazionali
4. Competenze socio culturali
5. Competenze mediali
RUMORI FISICI E SEMANTICI
Fisici → riguardano e colpiscono il canale, possono interessare l’ambiente, i canali
sensoriali, le tecnologie comunicative e i media. Tecnologie comunicative tolgono e
aggiungono rumore.

Semantici → riguardano i significati prodotti e recepiti dagli interlocutori. Interessano la


semiotica, la linguistica, la psicologia e la sociologia. Il rumore può già essere presente
nella mente di chi comunica, non sempre ciò che diciamo corrisponde a ciò che
vogliamo dire.

SFERA PUBBLICA
Il concetto di sfera pubblica intesa come luogo democratico, accessibile a tutti, dove è
possibile comunicare pubblicamente e discutere di temi e regole di interesse collettivo fu
proposto dal sociologo e filosofo tedesco Jürgen Habermas, nell’opera Storia e critica
dell’opinione pubblica del 1971.

Nell’ipotesi habermasiana, infatti, la sfera pubblica è un concetto legato allo spazio


sociale generato dall’agire comunicativo, spazio in cui i cittadini discutono di ciò che
concerne la vita di tutti i giorni.

Un contesto informale quindi, al di fuori dell’ambiente domestico e lavorativo, dove è


possibile conversare, scambiare opinioni, fare battute, raccontare storie e avventure
personali, un luogo, seppur virtuale, dove si respira un’aria di informalità e famigliarità e
dove ci si incontra, ci si costruisce un’identità e si dà vita a discorsi e a visioni del mondo
proprio come avviene nei tradizionali luoghi di socializzazione politica.

La sfera pubblica è attualmente intesa come un insieme di pratiche discorsive


pubblicamente accessibili in uno spazio, in cui si discute di questioni di interesse generale,
uno spazio dove è possibile far sentire la propria voce, producendo nuove interazioni
discorsive che contribuiranno poi a dare origine a delle opinioni (pubbliche).

L’opinione pubblica consiste infatti nell’esito del processo per cui un pubblico si appropria
di un’opinione, costruita, appresa o acquisita, legittimata attraverso argomentazioni.

Negli ultimi decenni, diversi autori hanno identificato in Internet (e soprattutto nei forum,
nelle community e nei social network) un terzo spazio (third place) dove prendono vita e
si sviluppano interazioni prevalentemente informali tra cittadini, occasioni discorsive che
ruotano su temi diversi, tra cui la politica.
ECO
MODELLO SEMIOTICO-INFORMAZIONALE
Umberto Eco ha ideato il modello semiotico-informazionale contribuendo notevolmente
agli studi sull'approccio semiologico.

Il modello semiotico-informazionale prevede che un emittente, che risponde a


determinati codici, sottocodici e ideologie, invia, attraverso un canale,
un messaggio emesso come significante che veicola un significato; tale messaggio viene
colto da un destinatario sotto forma di significante e viene interpretato come significato
sulla base dei codici, sottocodici e ideologie del destinatario.

Tale modello sottolinea che emittente e destinatario considerano il messaggio sulla base
di codici propri e l'emittente può enunciare significati che il destinatario potrebbe non
cogliere.

LA DECODIFICA ABERRANTE
Il concetto proposto da Umberto Eco di Decodifica aberrante o lettura aberrante è
utilizzato per indicare come i messaggi possono essere interpretati in modo diverso da
quanto previsto dal loro mittente.

L’identificazione del segnale emanato dall’emittente non implica automaticamente la


corretta interpretazione del messaggio da parte del ricevente. La “decodifica aberrante”
è quindi conseguenza della mancata conoscenza di codici (o sottocodici) che può
derivare a sua volta da:

➔ incomprensione o rifiuto del messaggio per assenza di codice (il messaggio è un


segnale fisico non decodificato o “rumore”)
➔ incomprensione per disparità dei codici (il codice dell’emittente non è ben
compreso dal destinatario)
➔ incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali

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