Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Dal termine influenza inizia l’attenzione nei confronti della comunicazione. Possiamo oggi
individuare due definizioni del concetto di comunicazione, individuate dalla disciplina
della sociologia:
3) Definizioni di comunicazione:
1) la comunicazione è un trasferimento di informazioni codificate che passano da un
soggetto all’altro,
2) la comunicazione è una relazione sociale nell’ambito della quale due o più
soggetti arrivano a condividere particolari significati
LE FUNZIONI DI JAKOBSON
La comunicazione può essere verbale (che usa le parole) o non verbale (che usa gesti,
espressioni, immagini, suoni, colori…). In entrambi i casi nella comunicazione ci sono
sempre 6 elementi fondamentali:
1. la funzione referenziale (il contesto) → esprime ciò di cui si parla, l’argomento della
comunicazione.
2. la funzione emotiva (il mittente) → il mittente esprime un suo punto di vista riguardo il
messaggio, il suo stato d’animo
5. la funzione poetica (il messaggio) → quando, orientandoci sul messaggio, si pone al centro
dell’attenzione l’aspetto fonico delle parole, la scelta dei vocaboli e della costruzione
formale.
6. la funzione metalinguistica (il codice)→ quando all’interno del messaggio sono presenti
elementi che definiscono o ridefiniscono il codice stesso, come chiedere e fornire
chiarimenti su termini, parole e grammatica di una lingua
Queste 6 funzioni non si trovano quasi mai da sole: nella stessa comunicazione se ne
trovano quasi sempre almeno due o tre assieme.
“società in cui le istituzioni relative ai diversi sottosistemi sociali sono organizzate in modo
da trattare con vasti insiemi di persone considerate come unità indifferenziate di un
aggregato o massa”.
Questa definizione di società mette in evidenza come gli individui sono definibili
all’interno di una unità indifferenziata. La società è quindi vista come un organismo in cui
le singole parti collaborano per il funzionamento, e per ben funzionare le singole parti
devono differenziare la loro funzione. In questa visione i processi garantiscono una certa
armonia ma producono anche una differenziazione → i legami tra le persone svaniscono,
i soggetti vivono all’interno di società in cui vengono meno le relazioni e i rapporti rispetto
ai gruppi di appartenenza, si vive all’interno di una società che ci coglie come oggetti
separati l’uno dall’altro.
Comunità → le persone vivono di un comune sentire, fondano i loro rapporti sui legami
interpersonali.
LA TEORIA IPODERMICA
Nei primi anni del 900 si sviluppa la teoria ipodermica (teoria dell’ago ipodermico) che
sostanzialmente afferma che ad ogni stimolo corrisponde una risposta. La teoria
behaviorista (campo della psicologia) studia la risposta delle persone, i comportamenti
dei soggetti, agli stimoli che ricevono e afferma che questi sono determinati quasi
interamente dai media. I messaggi veicolati dai media sono quindi potenti fattori di
persuasione, in grado di introdursi all’interno degli individui con le stesse modalità di un
ago ipodermico. Gli individui risultano totalmente indifesi di fronte al potere dei media.
FONTE DESTINAZIONE
TRASMITTENTE CANALE RICEVENTE
DELL’INFORMAZIONE DELL’INFORMAZIONE
FONTE
DEL RUMORE
Lasswell riprende gli attori coinvolti nel processo comunicativo (del modello matematico)
e crea per ognuno di questi un campo di studi privilegiato. Questo modello, è detto “le 5
W” e viene anche oggi utilizzato per creare una comunicazione corretta e d’effetto.
Il progetto di ricerca punta l’attenzione in particolare sui bambini e sulle loro reazioni alle
immagini sbagliate presenti nei film (uso di alcool, droghe, violenza) e nasce anche
grazie allo sviluppo dei metodi di ricerca empirica (verifiche sul campo che confermano
o inficiano le teorie).
I bambini diventano quindi vere e proprie cave da laboratorio per l’analisi di studiosi che
cercano di cogliere gli effetti del cinema sulle giovani generazioni.
QUANTITATIVA QUALITATIVA
Analizza gli effetti del cinema, e di questo Analizza il comportamento quotidiano della
genere di film, sugli atteggiamenti degli popolazione giovanile lavorando in profondità
individui. all’’interno di gruppi di bambini.
Come i bambini modificano la loro percezione Come i bambini modificano la loro modalità di
della realtà riguardo a tematiche come la gioco dopo aver visto una determinata
pena di morte? tipologia di film?
LE VARIABILI INTERVENIENTI
Negli anni in cui si sviluppano questo tipo di ricerche (anni 50/60) l’attenzione è sempre
concentrata su un unico tipo di effetto:
Ci si accorge che gli effetti così forti dei media non possono essere empiricamente
dimostrati e così nasce la necessità di introdurre dei fattori di mediazione che possono
facilitare o bloccare il flusso di comunicazione tra i messaggi mediali e i membri
dell’audience.
✓ Diviene chiaro che lo stesso messaggio può essere ricevuto in modo diverso dai
destinatari.
Gli effetti dei media non vengono più intesi come “onnipotenti” ma come effetti “lievi”
che non necessariamente si esercitano a breve tempo ma che al contrario possono
mostrarsi nel lungo periodo.
Lo studioso Hadley Cantril nel 1940 decise di approfondire la differenza di reazioni dei
radioascoltatori rispetto all’azione dei media tramite quella trasmissione radiofonica.
Una sua prima riflessione riguarda la veridicità del programma: tono realistico e
affidabilità della radio.
4. L’ultima parte di soggetti non effettua nessun tipo di controllo, scelsero di vivere la
radio e le sue comunicazioni come una pura verità (ci credono).
La ricerca di Cantrill mette in evidenza due tipi di fattori di mediazione che intervengono:
SOGGETTI
MASS MEDIA
PROSPETTIVA SUCCESSIVA:
MASS MEDIA
Gli opinion leader sono soggetti presenti all’interno dei gruppi sociali che fungono da
primo filtro per il messaggio dei mass media.
3. Leader d’opinione locale: una figura considerata di riferimento – leader polimorfico perché il
suo ruolo riguarda argomenti diversi (Merton 1949).
Se le ricerche degli anni 50/60, analizzando gli aspetti che determinano l’esposizione
selettiva, hanno sminuito la forza dei messaggi dei media sulla massa, più recentemente
invece, studiosi come Bennett e Iyengar hanno rimesso in discussione tutte queste teorie
sugli effetti limitati dei media chiedendosi:
“È nata una nuova era degli effetti limitati dei media?”
Una serie di importanti progressi infatti negli anni ha generato un cambiamento nello
scenario mediale nel quale noi ci muoviamo:
• Aumento dell’offerta informativa → si parla infatti di “information overload” = abbondanza
comunicativa, l’eccesso di informazioni che circolano ci obbliga a fare una selezione
personale, spontanea e più o meno competente rispetto alle piattaforme che abbiamo a
disposizione.
Nel contesto delle echo camber risuonano altri termini come “fake news”, informazioni
che circolano, che paiono vere e che ci condizionano anche se in realtà sono solo
fantasie, e “web divisivo” che fa riferimento alla caratteristica della rete di essere
costituita da gruppi che tendono a polarizzarsi così i soggetti che la pensano in un modo
si ritrovano da un lato e gli avversari dall’altra.
o difficoltà nel distinguere le fake news → nelle echo chamber si creano cascate
informative che portano propagare online determinati contenuti.
Soluzione: introdurre livelli di serendipity che facciano incontrare gli utenti con
informazioni e idee diverse e contrastanti dalle loro.
Ambienti del web da noi creati che ci Filtri creati dalle piattaforme del web
permettono un accesso costante a che permettono un necessario filtraggio
pensieri e idee di persone con dell’overload informativo che ci viene
credenze simili. sottoposto.
Il testo "Le Filter Buble” di Eli Pariser del 2011incentra la sua attenzione sulle filter buble
definendo che il processo centrifugo operato da filtri genera un contesto iper
personalizzato. La personalizzazione ci permette di recepire esclusivamente messaggi
simili alle nostre idee e ci divide quasi completamente dal resto del mondo. Questo
meccanismo porta a:
La logica dei filtri rappresenta un’opportunità utile per far fronte all’overload informativo
che ci viene sottoposto proprio perché rendono alcuni contenuti più visibili rispetto ad
altri ma rendono invisibili i principi sui quali si fondano. Diviene quindi importante capire
come vengono disegnati i filtri e soprattutto quale influenza ha la personalizzazione
rispetto all’esposizione mediale.
Osservando le sostanziali differenze tra l’ambiente digitale e quello dei media tradizionali
possiamo notare che entrambe le personalizzazioni presenti nel primo campo offrono più
margini di libertà rispetto alla scelta dei contenuti.
L’analisi dei media non riguarda più il potere che i media hanno e gestiscono rispetto alla
massa ma tutti gli usi abituali e quotidiani che la massa ne fa.
La teoria degli usi e delle gratificazioni nasce dal concetto dei due studiosi McQuail e
Gurevitch nel 1974 che afferma che il consumo mediale è un “comportamento che
soddisfa (o fallisce nel soddisfare) bisogni che hanno origine dall’interazione tra le
disposizioni psicologiche individuali e l’esperienza della situazione sociale”.
I consumatori, la massa, che inizialmente erano meri destinatari dei messaggi dei media,
ora assumono un ruolo centrale.
Questa teoria si basa su alcune funzioni principali che assolvono i media all’interno della
società:
“Gli individui, in base a determinati bisogni, si rivolgono ai media per trovare una
gratificazione, rovesciando così l’approccio che assegnava ai soggetti un ruolo passivo
rispetto al sistema mediale”.
FASE DELL’INFANZIA
Nasce a cavallo degli anni 40 e si concentra sulle CONTENT GRATIFICATION → come i
soggetti sviluppano un dato bisogno attraverso il consumo di uno specifico contenuto
mediale?
1. Le funzioni SEMPLICI: i contenuti dei media che offrono momenti di relax, di stimolazione
dell’immaginazione, di interazione sostitutiva (i media costruiscono una sorta di relazione
fittizia con i propri spettatori) e la possibilità di sviluppare contatti sociali grazie alla
condivisione di tematiche fornite dai media.
2. Le funzioni COMPLESSE: i contenuti dei media offrono distensione emotiva (i media colgono
il bisogno degli individui di ottenere un alleggerimento delle emozioni) e rappresentano
una scuola di vita (i media offrono stili di vita, comportamenti e modelli dai quali prendere
ispirazione).
I tratti distintivi e i punti di debolezza che poi hanno permesso il passaggio alla seconda
fase sono:
o Scarsa attenzione ai nessi → quali sono i nessi tra le gratificazioni cercate e le origini
psicologiche e sociali dei bisogni degli individui?
o Nessuno studio della rete di interazioni → i ricercatori non hanno potuto dare risposte
significative riguardo le funzioni specifiche dei diversi contenuti mediali e le relazioni tra
queste.
Anche in questa seconda fase però troviamo un importante vincolo poiché c’è bisogno
ancor di più di rendere evidente la connessione tra consumo mediale e contesto sociale.
Questa seconda fase infatti afferma che gli individui, per soddisfare il proprio bisogno
cognitivo, si rivolgono al mezzo e al prodotto che ritengono più adatto e che l’evidente
presenza di bisogni diversi è correlata all’esistenza di mezzi diversi che offrono
combinazioni di contenuti uniche.
Usi e gratificazioni, nella fase di maturità, rappresentano il ruolo dei media e il ruolo in cui
questi assolvono alle loro funzioni attraverso alcune caratteristiche:
Gli studiosi Katz, Blumler e Gurevitch nel 1974 fanno fare un salto in avanti alla fase della
maturità evidenziando appunto la connessione tra consumo mediale e contesto sociale
→ la situazione sociale diviene quindi il fattore che determina i bisogni.
In entrambi i casi riscontriamo che ai media viene attribuito un ruolo molto importante,
divengono una sorta di cuscinetto in grado di farci vivere meglio all’interno del contesto
sociale.
✓ l’audience è un soggetto attivo che non subisce il potere manipolatorio dei media
✓ il consumo mediale è orientato ad un obbiettivo, quindi il pubblico si muove perché a sua
volta ha degli scopi
✓ il consumo mediale consente un ampio ventaglio di gratificazioni quindi la relazione tra
società, individui e media è molto ricca
✓ le gratificazioni trovano origine nel contenuto mediale, nell’esposizione e nel contesto
sociale nel quale si colloca la stessa esposizione
Partendo dalla teoria degli usi e delle gratificazioni è stato poi possibile analizzare sempre
più in dettaglio come funziona di fatto la fruizione mediale:
Si parte dal concetto che le storie televisive sono “opere aperte” ovvero vengono
interpretate diversamente dai pubblici, in base alle competenze, all’esperienza e alle
risorse degli individui. Diversi pubblici quindi attribuiscono alle storie differenti funzioni
(funzioni = bisogni, valori e scopi che vengono ricercati all’interno della storia televisiva e
che ne definiscono l’uso). In questo studio vengono individuate diverse funzioni:
❖ funzione di DENUNCIA
❖ funzione ESCAPISTA
❖ funzione di RISPECCHIAMENTO SOCIALE
❖ funzione BARDICA
❖ funzione LUDICA
❖ funzione AFFABULATORIA
Gli studiosi Sundar e Limperos nel 2013 analizzano la centralità del rapporto tra le
affordance dei nuovi media e le gratificazioni ottenute dai soggetti.
La ricerca critica si pone quindi delle domande rispetto a quelli che sono gli effetti e le
conseguenze dei media all’interno della società.
La Teoria Critica nasce nella Scuola di Francoforte, un istituto dedicato alla ricerca
sociale chiamato Institute of Social Research, agli inizi degli anni 20 da alcuni sociologi,
filosofi ed economisti.
Costretti poi a fuggire in America a causa delle persecuzioni del periodo fascista, gli
obbiettivi degli studiosi che hanno elaborato la Teoria Critica sono:
❖ Studio della vita sociale contemporanea, in particolare denunciare i problemi legati alla
nascita della società di massa.
la comunicazione è quindi
intesa come processo sociale,
ha una natura socio-centrica
❖ Dare un nuovo spessore al ruolo dell’intellettuale, esso ha un compito politico ben preciso
= la critica intellettuale
Le istituzioni mediali divengono quindi parte di un più ampio contesto sociale a cui gli
studiosi devono dedicare la loro attenzione e in questa concezione viene anche
denunciata la capacità manipolativa della tecnologia nei confronti dell’uomo.
Gli studiosi scelgono di intitolare “Dialettica dell’Illuminismo”, del 1944, il loro testo in cui il
campo di studio diventa la società intesa nel suo complesso, così da poter indirizzare le
persone a ritrovare una modalità di vita più corretta che permette di superare i limiti
portati dai media. Diventa quindi di principale importanza analizzare le contraddizioni
interne alla società, le ingiustizie sociali e quindi, accanto ad ambiti di dominio
capitalistico come la tecnologia e la fabbrica, la cultura ha potere egemonico (un
potere distruttivo nei confronti delle persone).
L’INDUSTRIA CULTURALE
Il concetto di Industria Culturale è alla base della teoria critica e i termini che la
compongono indicano:
CULTURALE → patrimonio di conoscenza e sensibilità che è unico, sia che appartenga al singolo
che ad una comunità.
Industria Culturale diviene un ossimoro molto efficace proprio perché si mettono insieme
le caratteristiche della standardizzazione, tipiche del processo industriale, e le
caratteristiche dell’unicità, tipiche dei prodotti della cultura il cui obbiettivo è quello di
coltivare lo spirito dell’uomo.
Questo comporta:
La “fabbrica del consenso” ha infatti eliminato la funzione critica della cultura attraverso
la costruzione di un vero e proprio sistema dei media governato istituzionalmente.
Gli studiosi della Scuola di Francoforte colgono quindi il pericolo di conformismo alle
norme che i media veicolano attraverso il mondo dell’entertainment.
Anche qui troviamo un approccio fortemente pessimista rispetto alle merci prodotte
dall’industria culturale, proprio perché dominate da formule fisse e ripetitive.
STEREOTIPO → elementi stabili nel tempo per essere riconosciuti anche in futuro, la
creatività pare annullata.
MERCIFICAZIONE e INTERNAZIONALIZZAZIONE
A partire dagli anni 2000 studiosi e ricercatori criticano e mettono in discussione la forza
democratica della rete attraverso studi e riflessioni: -
Benjamin (Scuola di Francoforte) vede nelle forme tecnologiche dei media a lui
contemporanei (fotografia e cinema) uno strumento per l’emancipazione delle masse e
per una democratizzazione culturale. Per lui l’arte ha un’aura che non può essere
catturata in nessuna riproduzione, ma diventa accessibile attraverso la riproduzione
mediale di massa. È un rovesciamento tra qualità e quantità, poiché mentre svaluta il
valore culturale, produce una vicinanza attiva del pubblico.
TEORIA CULTUROLOGICA
Morin sostiene che la cultura di massa ci procura tutto ciò che non possiamo avere, per
cui la vita reale passa in secondo piano. Per la critica non considera le pratiche
dell’audience, però non si tratta di comprendere l’immaginario delle masse, ma le
logiche di produzione e di un immaginario noti a tutti e non per tutti.
o L’enfasi della teoria comportamentista del tipo stimolo-risposta, (l’aspetto centrale della
comunicazione non può esser ricondotto al mero passaggio di uno stimolo ad un
ricevente, la comunicazione è un processo molto più complesso).
o L’idea che i testi mediali siano portatori trasparenti di significato (i testi mediali sono
piuttosto un campo in cui si svolge una sorta di battaglia tra l’ideologia dominante e i
processi di decodifica dei pubblici).
o L’idea di ricezione passiva e indifferenziata dei pubblici (questi studi al contrario cercano
di restituire attività al pubblico ed evidenziare come questa attività si manifesta).
Il produttore (codificatore) crea il frame (codifica) del significato in un certo modo e chi
lo consuma (decodificatore) crea il proprio frame interpretativo (decodifica)
caratterizzato dal suo background personale e dalla sua condizione sociale.
La sua ricerca del 1980, denominata “The Nationwide Audience”, analizza il tipo di
interpretazione che davano alcuni partecipanti appartenenti a diverse condizioni
educative ed occupazionali.
LA SVOLTA ETNOGRAFICA
Dagli anni ’80 i Cultural Studies attivano la corrente degli Audience Studies, con la
caratteristica di fare uso e riferimento a ciò che si scopre e si indaga attraverso l’uso della
ricerca empirica sul campo.
Un metodo di ricerca è un percorso messo in atto dal ricercatore per analizzare l’oggetto
di ricerca e si compone di 4 elementi:
ANALISI FIELD → (si ha il contatto diretto con l’osservazione del pubblico in analisi)
interviste discorsive, focus group, diari di fruizione.
ANALISI DESK → analisi del contenuto, del discorso e della struttura, brand analysis e
online conversation analysis.
AUDIENCE STUDIES
Lo studioso Morley è autore della Audience Studies “Family Television” che ha
l’obbiettivo di analizzare il consumo televisivo. La ricerca evidenzia:
Una ricerca di Lull mette in evidenza quali sono le tipologie degli usi della TV da parte dei
componenti della famiglia, con l’obiettivo di sondare le concrete pratiche con cui i
media arredano la nostra vita quotidiana:
Gli Audience Studies analizzano principalmente la TV tra gli anni ’80 e 2000, ma dagli anni
2000 il media che viene analizzato è il mondo della rete e del web. Lo studioso Roger
Silverstone elabora quindi nel 1991 la “Consuming Technology”, una ricerca finalizzata a
comprendere le pratiche di fruizione delle tecnologie. I media infatti non sono
semplicemente il contenuto che noi interpretiamo ma anche espressione di una
componente tecnologica.
APPROPRIAZIONE OGGETTIVAZIONE
CONVERSIONE INCORPORAZIONE
Analizziamo ora l’importanza dei Cultural Studies e degli Audience Studies nella ricerca
mediale:
PARADIGMA SPECTACLE/PERFORMANCE
Nello studio delle audience troviamo due principali modelli di ricerca:
2. MASS AUDIENCE – il pubblico e la performance sono disgiunti nei ruoli e svincolati dalla
condivisione spazio-tempo (es. TV)
È possibile assumere posizioni differenti in funzione di quanto, come e con che intensità
fruiamo i media:
➢ FAN: più assidui nel consumo mediatico, con interessi per generi, contenuti e personaggi
mediali
Su piattaforme e contenuti
MOBILITA’ Pubblici multipiattaforma
(MEDIA-ORIENTED)
Lo studioso Gerbener, dal 1977, porta avanti una serie di ricerche che analizzano il ruolo
di centralità della televisione all’interno della società. La centralità della TV è
riconducibile alle funzioni:
La teoria della coltivazione sostiene che, vista la forza della TV, diventa interessante per
una teoria socioculturale capire come funzionano i collegamenti e le relazioni tra i media
e il modo in cui le persone pensano, quali sono i valori per loro più importanti.
A questo proposito nasce il progetto “Cultural Indicators Project” che inizia nel 1967
attraverso una serie di studi sulle cause e sulla prevenzione della violenza. A seguito di
numerosi disordini ed episodi di violenza diffusi in tutto il paese (es. assassinio di Kennedy e
di Martin Luther King) l’obiettivo diviene studiare la natura e le conseguenze della
violenza nel mezzo televisivo.
Viene prima di tutto data una definizione di violenza, che può essere:
1. I telespettatori forti (coloro che guardano molta televisione) sono portatori della visione del
mondo come un luogo triste e squallido.
2. Individuare l’esistenza del mainstreaming, cioè punti di vista comuni tra i telespettatori.
o non si diventa violenti perché si guarda violenza, ma si costruisce in noi la convinzione che
viviamo in un mondo molto più violento di quello che è realmente
o c’è una percezione esagerata del pericolo ed una visione distorta
o i consumatori forti hanno maggiori possibilità di essere coinvolti in episodi di violenza
o la rappresentazione della violenza riflette le inquietudini e produce risonanza
o le minoranze etniche e le donne straniere sono le realtà sociali che hanno maggiori
probabilità di subire violenze
In rete troviamo:
▪ storytelling targettizzati
▪ specifici fenomeni culturali che hanno propri ambienti simbolici (echo chamber e filter
bubble)
“Ciò che sappiamo della nostra società e del mondo in cui viviamo, lo apprendiamo dai mass
media”
Luhmann, 1996
Viene riconosciuto ai media un ruolo importate per la società poiché danno la possibilità
di vivere delle “Secondhand Experiences” (esperienze di seconda mano), ossia vivere
esperienze altrimenti impossibili (es. crollo delle Torri Gemelle).
Lo studioso Lipmann nel 1922 introduce il concetto di PUBLIC OPINION → i mass media
consentono ai cittadini di conoscere eventi e argomenti estranei alla loro realtà, e
l’opinione pubblica si crea proprio grazie al lavoro dei media che ci permettono di
costruire degli stereotipi.
✓ NATURA DEI TEMI (centralità dei temi) – Esistono temi “a soglia alta” (temi lontani dalla vita
quotidiana dei soggetti) e “a soglia bassa” (temi vicini ai soggetti o per esperienza diretta
o per la copertura mediatica).
✓ CARATTERISTICHE DEI MEDIA (ambiente mediale) - Oggi c’è molta ricchezza di offerta, si
parla di convergenza ed ibridazione mediale e c’è una diversificazione delle modalità di
consumo mediante numerosi dispositivi (processi di personalizzazione). L’agenda setting è
oggi caratterizzata dal risultato cumulativo delle selezioni che i pubblici fanno riguardo
piattaforme, canali e notizie che desiderano ascoltare.
TEMA E FRAME
Approfondiamo ancora come avviene l’influenza e la persuasione dei media
analizzando gli attributi che completano e articolano l’immagine di un messaggio
mediale permettendogli di divenire notizia e quindi di entrare nell’agenda del pubblico.
es. scegliamo di raccontare l’aspetto della violenza in rete e poi citiamo degli accadimenti, dei
temi centrali, che dimostrano l’esistenza di questo fenomeno.
FRAME = insieme organizzato di informazioni che danno senso agli eventi e alle cose, una cornice
che inquadra una data tematica, una strategia comunicativa.
Secondo il linguista Lakoff creare un frame efficace significa fare abile uso di elementi metaforici
e simbolici che orientino le emozioni degli ascoltatori-cittadini in maniera da predeterminare
l’accettazione o il rifiuto di un argomento prima ancora di un’analisi critica e razionale.
inquadramento e
contestualizzazione
ATTIVITA’ DI FRAMING → I media operano una attività di framing per dare forma ad un
tema stabilendo quali elementi vi siano inclusi e come siano interconnessi.
Attività fondamentale perché, non solo mette in risalto un tema, ma ci suggerisce come
approcciare a esso, mette in risalto alcune interconnessioni e ne cela altre. Questa
attività ci guida e ci fa da punto di riferimento per attribuire delle responsabilità rispetto
ad un fatto di cronaca, cerca di spiegarci un dato fenomeno scegliendo delle letture
preferenziali che i media ci suggeriscono a discapito di altre.
TIPOLOGIE DI FRAME
➢ CONFLITTO: il frame pone l’enfasi sul conflitto tra due individui, gruppi o istituzioni (il più
vincente)
➢ PERSONALIZZAZIONE: si focalizza su un individuo esemplare o enfatizza le emozioni (più si
personalizzano le notizie, più destano attenzione)
▪ 1° LIVELLO: i media sono in grado di influenzare l’agenda del pubblico selezionando alcuni
temi.
▪ 2° LIVELLO: capacità dei media di dirci anche come pensare attorno a quei temi grazie
all’uso di attributi riferiti ad essi.
NETWORKED AGEND SETTING: insieme delle relazioni che intercorrono tra gli elementi
dell’agenda dei media e l’agenda del pubblico.
• MEDIUM: la convergenza incide sulla definizione dei medium, sia come tecnologia volta
alla comunicazione, sia rispetto a protocolli e pratiche sociali e culturali che vengono
adottate dai soggetti quando fruiscono di un medium convergente.
➢ Mutazione fruitiva → oggi i modelli di consumo non sono più solo di uso domestico,
familiare o personale, ma sviluppano una serie di reti più complesse
Asse TESTO-ISTITUZIONE: la convergenza porta con sé anche un trattamento più complesso dei
contenuti attraverso la logica di brandizzazione → strategia di organizzazione e di gestione del
contenuto.
Asse TESTO-CONSUMO: ridefinizione della relazione tra le pratiche e le culture del consumo: la
partecipazione è diretta e c’è un coinvolgimento di pratiche professionalizzate (il pubblico
condivide e produce contenuti).
Il contenuto quindi subisce delle modifiche molto importanti, il prodotto audiovisivo oggi
viene infatti definito TESTO ESPANSO → il testo prende dimensioni nuove e ne aggiunge
alla propria portata.
Grazie alla convergenza infatti non si parla più di consumo attivo da parte dei pubblici
(AUDIENCE STUDIES = analizzare come gli individui interpretano i prodotti mediali in modi
differenti e li riempiono di significati) ma il concetto diviene “partecipazione” →
produzione di senso attorno ai prodotti mediali e come questi prodotti entrano nelle
nostre esistenze.
IL CONTRIBUTO DI HENRYJENKINS
Considerato il padre fondatore della riflessione sulla convergenza, lo studioso, nel suo
primo testo del 1992, si concentra sul tema della produzione, l’attività più evidente nel
mondo del fandom.
Jenkins mette in evidenza che → quando si attiva una cultura partecipativa si generano
delle importanti comunità di natura informale (non preordinate dalla società) nelle quali
è molto intenso lo scambio sociale. Il consumo quindi deve essere inteso anche con il
termine di partecipazione, termine che implica il riferimento ad altri soggetti e attraverso i
media entriamo in contatto e in relazione con altre comunità.
Centrale in questo ambito è anche il secondo testo di Jenkins, scritto nel 2006, che tratta
di “convergenza mediatica” intendendola come flusso dei contenuti su più piattaforme,
dando quindi importanza alla presenza del pubblico e a ciò che fa.
Jenkins, con il suo terzo testo “Media education for 21th century”, tenta di analizzare tutte
le REALTÀ ONLINE in cui si manifesta in modo evidente la cultura della partecipazione. Per
lo studioso è infatti fondamentale cogliere come le culture della partecipazione si
esprimono, quali sono le loro pratica e questo serve per dare alle audience le capacità e
le competenze necessarie per viverle (media education).
Ciò che oggi diviene interessante è quindi la conversazione che si sviluppa all’interno
dello scenario digitale. In questo scenario nascono gli “Hastag Studies” che analizzano:
➔ SOCIAL TELEVISION: produzioni di contenuti e opinioni che si generano intorno ad un
momento/evento della programmazione televisiva.
OPINIONE PUBBLICA → è un processo continuo tra i cittadini che si basa sulla natura
sociale umana, è un’opinione ricca di valori in determinate aree che può essere espressa
in pubblico senza aver paura di subire sanzioni.
Dalle riflessioni dello studioso McQuail, tra i fattori che esercitano un’influenza sulla
formazione dell’opinione pubblica troviamo:
La Teoria della Spirale del Silenzio nasce dallo studio del “last minute swing”, ossia l’effetto
conversione che prevede lo spostamento improvviso d’opinioni.
La studiosa che ha teorizzato questa idea della Spirale del Silenzio, Noelle-Newmann,
prende spunto da un fenomeno concreto di “last minute swing”, ossia dalle elezioni del
1972 quando vinse il partito social-democratico, cogliendo tutti di sorpresa.
▪ Gli individui temono l’isolamento sociale (preferiamo far parte di una minoranza silenziosa)
▪ Gli individui monitorano costantemente ciò che gli altri pensano attorno ai temi condivisi
▪ Gli individui analizzano il clima d’opinione dominante attingendo al coverage mediale e
all’esperienza personale
▪ Gli individui sviluppano una competenza quasi statistica per valutare se il proprio punto di
vista si colloca tra coloro che condividono una posizione maggioritaria o minoritaria
La ricerca empirica della teoria della Spirale del Silenzio viene sviluppata tramite alcune
tecniche come “Il test del treno”. La ricercatrice propone agli individui analizzati di
sostenere una propria idea sapendo che si sarebbero scontrati con l’idea sostenuta da
un’altra persona all’interno di un vagone del treno che ospita altre persone,
possibilmente concordi con loro o con l’avversario.
In questo rinnovato potere dei media sulla percezione selettiva vengono presi in
considerazione i fenomeni della:
Gli individui, rispetto al medium televisivo, vengono collocati in una “pluralistic ignorance”
→ gli individui credono di essere gli unici a pensare in un certo modo e preferiscono non
esprimerci e rimanere in silenzio.
➢ Capacità comunicative
➢ La mole di informazioni già possedute
➢ I contatti sociali
➢ L’esposizione selettiva
➢ Il tipo di media che diffonde l’informazione
La teoria evidenzia che i GAP mediali possono fungere da strumenti che aprono o
chiudono il processo di conoscenza degli individui, infatti:
Per questioni educative e socio-economiche non siamo tutti portatori dello stesso livello di
conoscenza e, in relazione a particolari temi, alcune persone potrebbero essere più
informate di altre.
Kwak riformula così la teoria: quando la diffusione di informazioni cresce, alcuni individui
sono più motivati ad acquisire tali informazioni e tenderanno a farlo ad un ritmo più
veloce rispetto a quelli non motivati, in tal caso il divario di conoscenza tra gruppi socio-
economico alto e basso diminuirà tra coloro che sono motivati.
In questa dinamica i media giocano un ruolo fondamentale: aprono o chiudono questi
gap aumentando la conoscenza degli individui o limitandola.
Dopo il Knowledge Gap diviene nota, negli anni 90, la teoria del DIGITAL DIVIDE.
Ipotesi → la diffusione di connettività e l’accesso alla società delle reti favorisce l’uguaglianza
sociale che consentirebbe risposte adeguate ad una società sempre più complessa e
globalizzata.
Questa teoria stabilisce che ci sono aree geografiche del mondo dove le reti
informatiche sono riuscite a svilupparsi, e realtà che rimangono oltre il divario digitale, in
quanto non riescono ad accedere all’autostrada dell’informazione.
La rete informatica non raggiunge equivalente tutti i territori nazionali e mondiali, e alle
problematiche di copertura si associano una scarsa capacità di tradursi in servizi effettivi
e i costi di accesso per gli utenti, monetari e culturali.
Inteso che i nuovi media sono caratterizzati da quanto sopra elencato possiamo
analizzare la comunicazione mediata dal computer, la CMC. Essa presenta insiemi di
elementi di comunicazione uno a uno, uno a molti e molti a molti, impone quindi una
revisione delle distinzioni tra “comunicazione interpersonale” e mass media ponendo
nuove domande di ricerca.
Queste nuove domande di ricerca nascono prima della massificazione della rete,
nascono infatti negli anni ’80, quando la CMC riguarda il mondo degli uffici e del lavoro,
proprio quando il processo di informatizzazione delle procedure inizia a prendere piede.
Negli anni 90 nasce una seconda teoria della CMC, definita socialmente ricca, che
incentra il suo focus non più sugli effetti della comunicazione mediata dal computer,
bensì sulla costruzione sociale degli ambienti e del loro senso.
- formazione dell’identità
- sistemi di ruolo
- acquisizione di linguaggio
- negoziazione sulle norme
Non si osserva quindi più l’efficacia del messaggio veicolato all’interno degli scambi di
posta elettronica ma le motivazioni e i modi in cui le persone arredano gli spazi della rete
in cui costruiscono dinamiche di conversazione. La teoria è definita socialmente ricca
proprio perché gli spazi di analisi sono decisamente più numerosi.
Le linee guida generali delle attuali ricerche, iniziate con gli anni 2000, sono:
1. attenzione alla dimensione rituale della comunicazione online (gli studiosi sono attenti a
cogliere come si sviluppa la comunicazione sul piano della dimensione relazionale, perde
d’importanza come il messaggio viene veicolato se compreso dal ricevente).
3. Interesse particolare per gli aspetti cognitivi delle norme, dei valori e degli schemi
interpretativi.
Negli studi sulle comunità online bisogna tener però presente che la costruzione della
nostra identità online può portare a scelte sbagliate→ deresponsabilizzazione.
SPAZIO VIRTUALE
Lo studioso Manuel Castells sostiene→ “Il virtuale introduce nuove forme di morfologia
sociale e di produzione della conoscenza”
Lo studioso De Kerckove sostiene → “Il virtuale produce forme di intelligenza collettiva”
L’elemento fondante di queste riflessioni sullo spazio virtuale è che in rete circolano le
informazioni.
La comunità, all’interno di un discorso più ampio come quello degli spazi digitali, è un
concetto centrale.
2. dialettica limitata → rispetto alle comunità tradizionali, quelle online tendono a limitare la
possibilità di dialettica (echo chambers – siamo all’interno di gruppi che la pensano come
noi perciò è più complesso produrre dialettica).
Le comunità virtuali sono sempre più integrate nelle socialitò offline e reali negli effetti:
costituiscono reticoli sociali costruiti intorno a scelte individuali. Ci accorgiamo delle
differenze, ma nella nostra vita quotidiana incrociamo le esperienze della vita online con
quelle offline e viceversa.
Una network society è una società collegata da un network il quale facilita il passaggio
dell’informazione. In questo primo approccio:
Secondo lo studioso Van Dijck → “le piattaforme non riflettono il sociale, ma producono
le strutture sociali nelle quali viviamo”.
▪ dalla condivisione di contenuti che appartengono alla nostra sfera privata, vissuti
nella prospettiva di diventare contenuti pubblici.
▪ nuove forme di socialità modellate dalle affordance (come interagire, relazionarsi,
condividere e produrre contenuti).
La famosa locuzione “Il medium è il messaggio” ci dice perciò che ogni medium va
studiato in base ai criteri strutturali in base ai quali organizza la comunicazione → è
proprio la particolare struttura comunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale,
perché essa suscita negli utenti-spettatori determinati comportamenti e modi di pensare
e porta alla formazione di una certa forma mentis.
C’è un principio base che distingue un medium “caldo” come la radio o il cinema, da
un medium “freddo” come il telefono o la TV.
MEDIUM CALDO → un medium che estende un unico senso fino a un’“alta definizione”,
fino allo stato, cioè, in cui si è abbondantemente colmi di dati; non richiedono al fruitore
di ristrutturare le immagini e i contenuti che trasmettono e dunque di partecipare
attivamente con la propria mente.
MEDIUM FREDDI → un medium che fornisce una scarsa quantità di informazioni, sono a
bassa definizione e implicano un alto grado di partecipazione o di completamento da
parte del pubblico, che deve assumere un ruolo attivo.
I media caldi non lasciano molto spazio che il pubblico debba colmare o completare e
comportano perciò una limitata partecipazione, mentre i media freddi implicano un alto
grado di partecipazione o di completamento da parte del pubblico. È naturale quindi
che un medium caldo come la radio abbia sull’utente effetti molto diversi da quelli di
un medium freddo come il telefono.
I legami deboli si dimostrano più utili, perché, mentre quelli forti sono più vicini a noi e
maggiormente ben disposti a fornirci un aiuto emotivo, in verità sono parte della nostra
stessa cerchia, in cui spesso i collegamenti sono gli stessi, quindi poco utili ad indicarci un
collegamento che non abbiamo già considerato. I legami deboli, non ci danno il
supporto emotivo ma possono ampliare la nostra rete e collegarci con numerose persone
fuori dal nostro giro, in modo da farci avere maggiori occasioni.
Il termine è stato coniato da Dell Hymes nel 1966, che affermava che una persona era
dotata di competenza comunicativa quando era capace di scegliere “quando parlare,
quando tacere, e riguardo a che cosa parlare, a chi, quando, dove, in che modo”.
Livelli di competenza:
SFERA PUBBLICA
Il concetto di sfera pubblica intesa come luogo democratico, accessibile a tutti, dove è
possibile comunicare pubblicamente e discutere di temi e regole di interesse collettivo fu
proposto dal sociologo e filosofo tedesco Jürgen Habermas, nell’opera Storia e critica
dell’opinione pubblica del 1971.
L’opinione pubblica consiste infatti nell’esito del processo per cui un pubblico si appropria
di un’opinione, costruita, appresa o acquisita, legittimata attraverso argomentazioni.
Negli ultimi decenni, diversi autori hanno identificato in Internet (e soprattutto nei forum,
nelle community e nei social network) un terzo spazio (third place) dove prendono vita e
si sviluppano interazioni prevalentemente informali tra cittadini, occasioni discorsive che
ruotano su temi diversi, tra cui la politica.
ECO
MODELLO SEMIOTICO-INFORMAZIONALE
Umberto Eco ha ideato il modello semiotico-informazionale contribuendo notevolmente
agli studi sull'approccio semiologico.
Tale modello sottolinea che emittente e destinatario considerano il messaggio sulla base
di codici propri e l'emittente può enunciare significati che il destinatario potrebbe non
cogliere.
LA DECODIFICA ABERRANTE
Il concetto proposto da Umberto Eco di Decodifica aberrante o lettura aberrante è
utilizzato per indicare come i messaggi possono essere interpretati in modo diverso da
quanto previsto dal loro mittente.