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FONDAMENTI

DI
INGEGNERIA DEI
SISTEMI DI
TRASPORTO
Elementi di teoria del deflusso inninterrotto

Proff. Ingg. Fulvio Simonelli, Luigi Biggiero, Gennaro Nicola Bifulco

Anno Accademico 2019-2020









ELEMENTI DI TEORIA DEL DEFLUSSO
ININTERROTTO
Sommario
1 La teoria del deflusso ................................................................................................................... 1
1.1 Grandezze e relazioni fondamentali del deflusso ................................................................ 1
1.2 La capacità ........................................................................................................................... 3
2 La misurazione delle grandezze del deflusso ............................................................................... 6
2.1 Gli strumenti di misura delle grandezze del deflusso stradale ............................................ 6
2.1.1 Le spire a induzione ......................................................................................................... 6
2.1.2 Sistema di elaborazione delle immagini video (VIPS) .................................................... 8
2.1.3 Tubo pneumatico ............................................................................................................. 9
2.1.4 Ricevitore GNSS (Global Navigation Satellite System) ............................................... 10
2.1.5 Sensori acustici/ultrasonici e a microonde (radar)......................................................... 11
2.1.6 Immagini aeree/satellitari .............................................................................................. 12
2.1.7 Tecnologie di identificazione con radio frequenza ........................................................ 12
2.2 La classificazione degli strumenti di rilevamento del traffico........................................... 13
3 Le caratteristiche del deflusso stradale ....................................................................................... 13
3.1 Sensori mobili .................................................................................................................... 14
3.2 Sensori puntuali ................................................................................................................. 16
3.3 Sensori spaziali .................................................................................................................. 18
3.4 Relazioni tra le caratteristiche rilevate dai diversi sensori ................................................ 20
3.4.1 Flusso e headway ........................................................................................................... 20
3.4.2 Densità e distanziamento spaziale “spacing” ................................................................ 21
3.4.3 Equazione fondamentale del deflusso (caso non omotachico) ...................................... 21
3.4.4 Velocità media spaziale e velocità media temporale. .................................................... 23
4 I modelli di deflusso in regime stazionario ................................................................................ 25
4.1 Il modello di Greenshield .................................................................................................. 26

1
1 La teoria del deflusso
La teoria del deflusso si occupa di studiare il moto risultante dall’interazione tra più veicoli nel
percorrere un tronco infrastrutturale; sarà introdotta in queste pagine nelle sue componenti essenziali,
con riferimento a casi semplici. Per trattazioni più avanzate e complesse si faccia riferimento a
Daiheng Ni1 e Cascetta2.
Scopo della teoria che si intende descrivere è di modellizzare il transito di veicoli per un tronco di
strada (o ferrovia) sotto le ipotesi semplificate di:
• considerare condizioni di deflusso ininterrotto; il moto dei veicoli non è dunque
condizionato dalla presenza di elementi quali intersezioni, caselli, stazioni, ecc.; tali
elementi sono a distanza notevole dal tronco considerato e gli effetti della loro presenza
non si risentono; gli unici condizionamenti di cui il deflusso dei veicoli risente sono interni
al flusso stesso;
• considerare condizioni di deflusso monodirezionale; il moto avviene lungo la direzione
dell’ascissa curvilinea del tronco, non vi sono movimenti in direzione trasversale (i veicoli
non si sorpassano); effetto di tale ipotesi è che deve essere assicurato dal deflusso il rispetto
della regola FIFO (Firt-In-Firt-Off), cioè un veicolo che entra in un tronco stradale prima
di un altro non può uscirne dopo;
• considerare condizioni di deflusso omotachico, in cui cioè tutti i veicoli procedono alla
stessa velocità (come effetto secondario questo ipotesi conferma l’assenza di sorpassi, che
comunque deve essere considerata una ipotesi a se stante ed in ogni caso valida);
• considerare un deflusso omogeneo, cioè di veicoli tutti della stessa lunghezza e con
caratteristiche simili di performance di guida (o con differenze trascurabili);
• considerare condizioni stazionarie, tali per cui le principali grandezze del deflusso
(introdotte in seguito) si mantengono costanti nel tempo ed invarianti in tratte successive
dello stesso tronco.

1.1 Grandezze e relazioni fondamentali del deflusso


Sotto le condizioni semplificative sopra esposte, è agevole definire alcune grandezze caratteristiche
del deflusso e dimostrare alcune relazioni tra esse di valenza generale. A tale scopo si considerino in
prima istanza due veicoli che procedano in condizioni di moto stazionario, come descritto dalla
successiva figura.

s = sezione di osservazione
v
i i+1

d L
sp

I due veicoli vengono osservati ad un generico tempo t. Il veicolo successivo (i) è osservato, nella
sezione di osservazione s, procedere con una velocità v e la sua testa è osservata ad una distanza d

1
Daiheng Ni, “Traffic Flow Theory - Characteristics, Experimental Methods, and Numerical Techniques”, Butterworth-
Heinemann, 2015
2
Cascetta Ennio, “Modelli per i sistemi di trasporto. Teoria e applicazioni”, UTET, 2006

1
dalla coda del veicolo precedente (i+1). Il veicolo precedente ha una lunghezza L e quindi lo spacing
(distanza tra le due teste) dei veicoli è pari a sp (sp=d+L). Si definisce distanziamento temporale
(headway, h) tra i due veicoli il tempo che intercorre, a velocità costante pari a quella del tempo t,
perché la testa del veicolo successivo (i) si posizioni in corrispondenza della posizione occupata al
tempo t dalla testa del veicolo precedente (i+1).
h = sp / v = (d+L) / v (1)
Nella precedente formula l’headway si può misurare in secondi, lo spacing (e la lunghezza) in metri
e la velocità in metri al secondo; altre unità di misura sono ovviamente possibili adottando opportune
accortezze per la conversione e/o omogeneità delle grandezze.
In ossequio alla ipotesi di stazionarietà, la situazione rappresentata dai due veicoli in figura si ripete
identica nel tempo per tutti i veicoli che si presentano alla sezione di osservazione s, con una relazione
tra il veicolo i ed il veicolo ad esso successivo (i-1) pari a quella intercorrente tra i+1 ed i; nella
sezione s si osserverebbe passare un veicolo ogni intervallo di tempo h. Nell’ipotesi in cui l’headway
si misuri in ore, il numero di veicoli che si vedrebbero passare in un un’ora sarebbe quindi pari
all’inverso dell’headway, tale grandezza prende il nome di flusso (orario), indicato in genere con f o
q:
f = q = 1 / h = v / sp (2)
Sempre nelle ipotesi di stazionarietà, tutti i veicoli sono sempre distanziati spazialmente di una
quantità sp, ossia sulla tratta di infrastruttura considerata si incontrerebbe un veicolo ogni sp
(chilometri). Ne consegue che la densità veicolare (a chilometro) del tronco infrastrutturale è (numero
di veicoli presenti in un chilometro):
k = 1 / sp (3)
Sostituendo la precedente formula all’interno di quella ricavata per il flusso si ottiene:
q= k v (4)
È opportuno notare esplicitamente che la precedente relazione è stata ricavata in ipotesi molto
particolari, tra le quali quella di stazionarietà. La relazione prende il nome di equazione fondamentale
del deflusso; è di natura prevalentemente teorica e nella pratica può essere osservata solo in via
approssimata per valori medi nello spazio o nel tempo. Tuttavia essa è utile in quanto consente di
sviluppare efficaci analisi dei fenomeni di deflusso.
La rappresentazione delle grandezze e relazioni del deflusso può opportunamente avvenire
utilizzando il digramma spazio-tempo del deflusso, come mostrato nella figura seguente.

2
1.2 La capacità

La capacità di deflusso di un sistema è definita come il valore massimo di flusso che può passare in
una sezione di misura.
L’equazione 2 precedentemente introdotta permette alcune interessanti considerazioni, valide,
ovviamente, nelle ipotesi semplificative introdotte in precedenza. Da essa si vede che, fissato un
valore di velocità, il valore del flusso viene determinato dallo spacing (sp = d + L).
A velocità data, dunque, la capacità corrisponde al minimo spacing possibile e quindi, fissata la
lunghezza dei convogli, dal minimo intervallo spaziale (d) tra coda e testa di due veicoli successivi.
Il valore dello spacing minimo non può derogare dalle condizioni di sicurezza del deflusso e dovrà
essere, quindi, al più pari allo spazio di frenatura minimo dei veicoli. Si potrebbe, quindi, immaginare
che il minimo intervallo spaziale d possa essere determinato supponendo un blocco improvviso ed
istantaneo del veicolo che precede ed un conseguente arresto (a decelerazione ipotizzata uniforme)
del veicolo che segue. Il distanziamento deve essere tale per cui il fenomeno possa svilupparsi senza
che il veicolo seguente tamponi il precedente. In pratica, lo spacing minimo può essere considerato
composto da:
spmin = spr + sa + s0 + L (5)
dove:
• spr è lo spazio di percezione e reazione; esso in primissima approssimazione può essere
immaginato come determinato dal tempo (di percezione e reazione, tpr) necessario al
guidatore per accorgersi che il veicolo precedente si è arrestato e per iniziare a reagire a
tale circostanza; durante questo tempo il veicolo viaggia ancora alla velocità di regime v;
• sa è lo spazio di arresto vero e proprio; esso può essere calcolato in ipotesi di moto
uniformemente accelerato ed in funzione di una accelerazione negativa di arresto (am) nota
a priori.
Per come le distanze di percezione e reazione e di arresto sono definite, è evidente che le modalità
del loro calcolo sono:
spr = v tpr (6)
sa = 1/2 v2 / am (7)
Nella precedente espressione 7 si noti che la decelerazione (am) viene utilizzata in valore assoluto.
Applicando la equazione 2 al distanziamento minimo si ottiene una stima della capacità (a velocità
data):
%
𝐶𝑎𝑝 = + -,
(8)
%∙'() * ∙ 01
, ./
Se la velocità è espressa in chilometri all’ora, la decelerazione in chilometri all’ora al quadrato e tutte
le distanze sono espresse in chilometri, la precedente formula consegna la capacità in veicoli all’ora.
Ovviamente, diverse unità di misura sono possibili, con opportune accortezze nella conversione ed
omogeneità delle grandezze.
A scopo puramente esemplificativo, la figura seguente ipotizza che per il calcolo della potenzialità
sia applicata una decelerazione (tutt’altro che trascurabile) di 9.81 m/s2, un tempo di percezione e
reazione di 1 secondo, una lunghezza del veicolo di 4 metri; giacché la formula 8 permette di calcolare
la capacità a velocità data, la figura seguente mostra l’andamento della capacità come funzione della
velocità (espressa in km/h). La equazione 8 riporta la velocità a numeratore e, al quadrato, a
denominatore; è dunque spiegabile quanto si nota in figura dove in un primo tratto della curva
l’aumentare della velocità influenza positivamente la capacità, in accordo con la equazione 2 (prevale
il numeratore della equazione 8). Ben presto, però, mano a mano che la velocità aumenta
ulteriormente, questo effetto positivo viene più che controbilanciato dall’aumentare dello spacing
necessario a garantire la sicurezza di marcia dei veicoli, che cresce con il quadrato della velocità
stessa.

3
3000

2500

2000

Cap (veic/h)
1500

1000

500

0
0 50 100 150 200
v (km/h)

Nella ipotesi puramente teorica in cui fosse possibile imporre dall’esterno una velocità (omotachica),
converrebbe orientarsi su un valore attorno ai 30 km/h, giacché esso permetterebbe, almeno con i
valori dei parametri utilizzati, la più elevata delle capacità. È, però, evidente che ben difficilmente
una corrente veicolare accetterebbe (ove fosse possibile fissarla esogenamente) una velocità di 30
Km/h, giacché i tempi di spostamento sarebbero decisamente elevati e potrebbe essere adoperata solo
per brevi tratti. E’ il caso di alcuni ponti in grandi città degli Stati Uniti: la velocità di attraversamento
del ponte è fissata intorno ai 30Km/h ed è monitorata costantemente dagli organi di controllo.
Nelle formule e nelle figure precedenti si è ipotizzato che il veicolo che precede si arresti
istantaneamente e che questa sia l’evenienza alla quale deve reagire il veicolo che segue. Tale ipotesi
(estrema) potrebbe essere rilassata immaginando che la distanza di sicurezza sia quella che permette
al veicolo che segue di fermarsi applicando una accelerazione inferiore a quella applicata dal veicolo
che precede (ipotizzato in fase di brusca frenatura) e, questo, considerando un ritardo con il quale ci
si accorge dell’inizio di frenatura del veicolo precedente (percezione e reazione).
Si ponga, ad esempio:
• am (<0) il valore assoluto della decelerazione con la quale il veicolo che precede inizia a
frenare;
• α am l’accelerazione del veicolo che segue, con α Î[0,1] e tale da simulare la sicurezza
connessa con una minore decelerazione massima stimata per il veicolo seguente;
• tpr il tempo di percezione e reazione intercorrente tra il momento in cui il veicolo che
precede inizia a frenare ed il momento in cui inizia a farlo il veicolo che segue;
• v la velocità alla quale si ipotizzano viaggiare i veicoli (ammesso che la velocità possa
essere imposta dall’esterno);
• d l’intervallo spaziale (testa del veicolo seguente rispetto alla coda del veicolo precedente)
con il quale viaggiano i veicoli in condizioni di regime;
• L la lunghezza dei veicoli.
Nell’ipotesi che il primo veicolo si arresti con moto uniformemente decelerato, lo spazio che esso
percorre a partire dall’istante di inizio dell’arresto (spazio del leader) è pari a:

4 %,
𝑠1 = − 5 7
/
D’altra parte, il tempo che il veicolo leader impiega ad arrestarsi è pari a:
%
𝑡9 = − 7
/
Nello stesso periodo di tempo, muovendosi con velocità costante per il tempo di percezione e reazione
e poi con moto uniformemente decelerato con accelerazione α am per la restante parte del tempo, il
veicolo che segue percorre la distanza (spazio del follower, sF):
sF = spr + sa′
Dove spr è lo spazio percorso nel tempo di percezione e reazione:

4
spr = v tpr
Mentre sa′ è lo spazio percorso nel rimanente tempo prima dell’arresto del veicolo leader (t0-tpr) con
moto uniformemente decelerato con decelerazione α am:
4 5
s;< = v ∙ >t 9 − t @A B + 5 α ∙ aF ∙ >t 9 − t @A B
È evidente che lo spacing (spmin) deve essere tale che sommato allo spazio percorso dal leader nel
tempo di arresto (sL), al più eguaglia tutto lo spazio percorso dal follower (sF) più la lunghezza del
veicolo (L):

spmin + sL = sF + L → spmin = sF + L – sL
Ne risulta:
4 %, 4 %
𝑠𝑝GHI = − 5 7 + 5 𝛼 ∙ 𝑎G (7 + 𝑡KL )2+L
/ /

Il precedente valore può essere utilizzato per calcolare la capacità giacché rappresenta il
distanziamento spaziale minimo compatibile con la logica di sicurezza stradale proposta come
paradigma di guida:
%
𝐶𝑎𝑝 = + - + -,
(9)
M∙7/ ( + 'KL)2* +L
, ./ , ./

Nella figura seguente tale capacità è plottata (curva rossa) in funzione della variazione della velocità
(omotachica) di regime. Nella stessa figura è anche riportata (curva arancione) la capacità che si
calcolerebbe in funzione della distanza di arresto del veicolo seguente nell’ipotesi che il veicolo
precedente si arresti istantaneamente. I dati riportati sono basati su una decelerazione del veicolo
precedente di 9.81 m/s2 (tutt’altro che trascurabile), un coefficiente di riduzione per la decelerazione
del veicolo precedente (α) pari a 0.75, una lunghezza dei veicoli pari a 4 metri. Tutti i precedenti
valori dei parametri principali sono, ovviamente, puramente esemplificativi.

3000

2500

2000
Cap (veic/h)

Cap (v/h)
1500
Cap'(v/h)
1000

500

0
0 50 100 150 200
v (km/h)

5
2 La misurazione delle grandezze del deflusso
Le relazioni introdotte nel cap. 1, sono relative a condizioni di deflusso particolari derivanti dalle
ipotesi introdotte all’inizio del capitolo stesso. Nella realtà le condizioni del deflusso sono molto
variabili perché i veicoli non sono tutti uguali, non viaggiano sempre tutti alla stessa velocità e le
caratteristiche del deflusso non sono sempre costanti nel tempo. Ciononostante, come si vedrà nel
seguito, le relazioni teoriche del deflusso, opportunamente “adattate” a situazioni più vicine alla
realtà, continuano a mostrare la loro validità. Per adattare le relazioni del deflusso stradale alla realtà,
bisogna innanzitutto definire una diversa modalità di osservazione delle grandezze relative (portata,
densità, velocità). A tal fine può essere opportuno partire dalle modalità di misurazione delle
grandezze del deflusso stradale ossia dagli strumenti disponibili nella pratica operativa per la
misurazione, per poi arrivare alle relazioni tra le grandezze stesse. L’osservazione delle grandezze
del traffico, se effettuata con tecnologie che permettono la misura e l’utilizzo in tempo reale dei dati,
è il primo passo per realizzare sistemi in grado di adattarsi al traffico misurato e di reagire allo scopo
di ottimizzare il deflusso. Si tratta di realizzare una base cognitiva basata su sistemi tecnologici ed è,
quindi, alla base della diffusione dei cosiddetti sistemi ITS (Intelligent Transportation Systems).

2.1 Gli strumenti di misura delle grandezze del deflusso stradale


Nel seguito si mostreranno in termini generali e con alcuni esempi, gli strumenti e le modalità di
misura per l’osservazione delle caratteristiche del deflusso stradale. Per ciascuna modalità di
osservazione sarà descritta qual è la grandezza misurabile, il tipo di dato disponibile, i pregi e i difetti
di tale strumento.

2.1.1 Le spire a induzione


Rappresentano la metodologia più usata per i rilievi di traffico. La si trova spesso lungo le strade per
misurare il numero di veicoli che passa e in diversi casi anche la loro velocità e la tipologia/lunghezza.

Come funziona
Nella figura seguente (rif. Daiheng Ni “Traffic flow theory” Elsevier) si illustra lo schema di
funzionamento della spira a induzione magnetica.

6
Essa consiste in una spira composta da un filo elettrico annegata nel manto stradale. Se la spira è
percorsa da una corrente , essa produce un campo magnetico. Il sensore invia alle spire una corrente
alternata con una frequenza minore o uguale a quella di risonanza. La corrente inviata crea un campo
magnetico che a sua volta induce una proprietà elettrica detta induttanza. Il disturbo al campo
magnetico creato dal passaggio del veicolo (che essendo metallico ha proprietà trasmissive) provoca
una riduzione dell’induttanza la quale crea un’aumento della frequenza della corrente di risonanza. Il
sensore viene tarato su un valore soglia della frequenza di risonanza cosicchè quando questo viene
superato, il sensore si posiziona su “on”. Quando il veicolo esce dal campo magnetico, la frequenza
di risonanza si riporta a valori sotto la soglia e il sensore si posiziona su “off”.

Quali grandezze rileva


Le grandezze che possono essere rilevate da un sistema di spire sono relative solo ad una sezione
(ascissa) precisa della strada e sono:
Conteggi di traffico continui (ogni passaggio è registrato con l’istante di tempo in cui è
avvenuto);
Classificazione dei veicoli (in termini di lunghezza del veicolo stesso);
Velocità istantanea;
Headway;
Tempo di occupazione (stato “on”) della strada sopra la spira.

Vantaggi
Le spire magnetiche sono ottime per monitorare regolarmente il traffico su intervalli di tempo definiti
(es: giorno) e le misure ottenute sono robuste rispetto a condizioni meteo avverse e di scarsa

7
luminosità. Fanno parzialmente eccezione condizioni estreme di abbondante presenza di ghiaccio o
neve.

Svantaggi
Le spire a induzione devono essere installate negli strati più superficiali della pavimentazione. Il
rifacimento dello strato di usura della pavimentazione comporta l’asportazione delle spire e quindi
rende necessaria la re-installazione e ri-calibrazione delle stesse. Il costo della operazione non è
eccessivo, ma determina per l’ente gestore della strada la necessità di gestire un processo di fornitura
di servizi tecnologici insieme ad un servizio di realizzazione di opere civili.

2.1.2 Sistema di elaborazione delle immagini video (VIPS)


I sistemi di elaborazione delle immagini video (VIPS=video image processing system) si sono oramai
molto diffusi nel mondo.
Un VIPS è composto da:
1. un sistema di cattura delle immagini (es: telecamera montata in alto in direzione del flusso di
traffico);
2. un sistema di telecomunicazione necessario a trasmettere le immagini ad un elaboratore;
3. un sistema di elaborazione delle immagini (es: un computer che applica algoritmi di computer-
vision sui frame video, estraendo dati di traffico).
Nei sistemi di ultima generazione, basati su un approccio di “edge computing”, il sistema di
elaborazione delle immagini è in generale inglobato (embedded) della telecamera (si parla in questo
caso di smart-camera) e l’elaborazione avviene in locale prima della trasmissione. Tale approccio
permette si risparmiare occupazione di banda di traffico di comunicazione, necessitando della
trasmissione alla centrale di controllo del dato alfanumerico già elaborato e non dell’immagine (a
meno di ulteriori funzionalità di videosorveglianza).

Come funziona
Nelle figure seguenti sono riportati due esempi di VIPS (rif. Daiheng Ni “Traffic flow theory”
Elsevier): il primo è relativo al posizionamento della telecamera che deve essere sufficiente a seguire
un rilevante tratto di strada; il secondo rappresenta l’applicazione di algoritmi di computer-visione
per la osservazione dei dati di traffico.

Nella seconda figura sono visibili in giallo le zone di rilevamento: quando un veicolo entra in una
zona di rilevamento (i pixel della telecamera cambiano colore), il segnale si commuta su “on”;
all’uscita del veicolo dalla zona di rilevamento (i pixel tornano alla configurazione iniziale), il segnale
8
si commuta su “off”. Il caso illustrato in figura mostra una “stazione di rilievo” costituita da più zone
di rilevamento.

Quali grandezze rileva


Le grandezze che possono essere rilevate sono le stesse delle spire per cui vengono anche dette “spire
virtuali”:
Conteggi di traffico continui (ogni passaggio è registrato con l’istante di tempo in cui è
avvenuto);
Classificazione dei veicoli (in termini di lunghezza del veicolo stesso);
Velocità istantanea;
Headway;
Tempo di occupazione (stato “on”) della strada sopra la spira.

Vantaggi
Come le spire magnetiche, le VIPS sono ottime per monitorare regolarmente il traffico su intervalli
di tempo definiti (es: giorno). La loro istallazione non condiziona il traffico e hanno una grande
flessibilità nella definizione delle zone di rilevamento. Oltre ai conteggi, forniscono anche i filmati
delle correnti di traffico. Un utilizzo avanzato delle immagini provenienti da questo genere di sensori
può permettere di calibrare parametri caratteristici di modelli più complessi di quelli del solo deflusso
veicolare, generalmente direttamente riferiti al comportamento alla guida, per i quali è necessario
seguire ed interpretare intere traiettorie e non solo singoli passaggi.

Svantaggi
Le VIPS sono costose, soprattutto se del tipo “smart-camera” ed è costosa e delicata la loro
calibrazione. Inoltre sono soggette a particolari condizioni meteo, alle ombre (es: luce del sole all’alba
e al tramonto), alla bassa luminosità (oggi vi sono telecamere che rilevano anche in condizioni di
bassa luminosità, ma hanno costi maggiori), al vento forte e ad altri fenomeni che generano vibrazioni
delle telecamere.

2.1.3 Tubo pneumatico


E’ un dispositivo portatile di rilievo del traffico ed è ideale per rilievi di breve durata. E’ un tubo di
gomma cavo del diametro di circa 1 cm che viene steso sulla superficie della strada trasversalmente
al flusso.

Come funziona
Quando un veicolo passa sul tubo, le ruote del veicolo comprimono l’aria presente nel tubo
aumentandone la pressione. A un’estremita del tubo è posizionata una membrana elastica sulla quale
è poggiato un interruttore. Quando la ruota comprime il tubo, la membrana elastica attiva
l’interruttore su “on” per riposizionarlo su “off” al finire della sovrapressione.

Quali grandezze rileva


Il tubo pneumatico conta il momento del passaggio di un asse del veicolo. A partire da questo dato è
possibile ricavare, con opportune inferenze, una classificazione dei veicoli, i flussi di traffico, la
velocità istantanea dei veicoli, l’headway.

9
Vantaggi
Sono dispositivi portatili di costo moderato e possono essere riutilizzati in diverse sezioni stradali.
L’istallazione non è molto complicata e può essere fatta da una o due persone.

Svantaggi
Il tubo pneumatico può non coprire l’intera carreggiata stradale e non può essere adoperato per lunghi
periodi di conteggio perché potrebbe rompersi. Possono essere danneggiati dai veicoli o dalla cattiva
manutenzione stradale. Può influenzare il flusso di traffico.

2.1.4 Ricevitore GNSS (Global Navigation Satellite System)


I ricevitori GNSS sono oramai diffusissimi sia sui cellulari che sulle auto di ultima generazione e
sono, di conseguenza, sempre più adoperati negli studi di ingegneria del traffico. Il sistema si basa
sull’utilizzo di costellazioni di satelliti appositamente lanciati in orbita e che compiono orbite cicliche
ed estremante precise attorno alla Terra. I sistemi nascono a scopo militare (tranne quello Europeo),
ma sono tutti ampiamente utilizzati per scopi civili. La costellazione satellitare più diffusa per la
navigazione è il sistema statunitense GPS (Global Positionig System). Il sistema Russo prende il
nome di GLONASS e quello cinese di BEIDOU. L’Europa avrà pienamente attiva nel 2020 la propria
costellazione GALILEO.
Il sistema si basa su 24 satelliti che girano intorno alla terra (2 volte al giorno) seguento orbite
estremamente precise.

Come funziona
Il ricevitore satellitare calcola il tempo necessario al segnale per raggiungere il satellite e tornare
indietro ottenendo, così, la distanza dal satellite stesso. Ripetendo in contemporanea l’operazione su
almeno quattro satelliti, attraverso triangolazioni, il ricevitore calcola la sua posizione precisa sulla
superficie terrestre in un determinato istante di tempo.
Un veicolo (o un cellulare) attrezzato con un rilevatore GNNS può registrare a intervalli si tempo
regolari la posizione del veicolo e l’istante di tempo relativo. Si può registrare, cioè, la traiettoria
spazio-temporale del veicolo e si potrebbe, quindi, ricostruire il moto del veicolo. I dati ottenuti con
i rilevatori GNSS si riferiscono spesso come Floating-Car-Data (FCD) ed hanno una natura
intrinsecamente diversa da quella degli altri sistemi di osservazione e misura del traffico. Tutti i
sistemi, tranne i FCD, osservano un certo volume di controllo, cioè definiscono una porzione fisica
di spazio, all’interno della quale osservano presenza e passaggio dei veicoli. L’approccio FCD è
diverso, si fissa una certa massa di controllo (i veicoli che sono equipaggiati con ricevitore e con
sistema di registrazione ed osservazione delle posizioni) e la si segue nella propria traiettoria. In fisica
questi diversi approcci all’osservazione si definiscono, rispettivamente, euleriano e lagrangiano.

Quali grandezze rileva


Sono molte le grandezze che possono essere misurate avendo la traiettoria spazio temporale del
veicolo e tra queste: velocità istantanea e media (del veicolo, non della corrente), accelerazione media,
distanza percorsa, tempo di viaggio.

Vantaggi
I FCD basati su ricevitori GNSS sono diventata oramai una tecnologia a prezzo più che accessibile. I
ricevitori lavorano in tutte le condizioni meteo e di luce.

Svantaggi
Il ricevitore GNSS fornisce i dati relativi a un solo veicolo. Le informazioni sul traffico devono essere
ricavate da tutti i rilevatori presenti nela corrente di traffico supponendo che tutti i veicoli ne siano

10
dotati e li abbiano attivi, oppure utilizzando tecniche di estrapolazione dei dati osservati e di inferenza
statistica. Se i dispositivi non sono dedicati alla navigazione dei veicoli, occorre tenere conto che
potrebbero esservi più dispositivi in un solo veicolo (cellulari delle persone presenti), in questi caso
le molteplici osservazioni ricavate non possono certo essere considerati indipendenti tra loro. Infine,
il segnale può essere ostruito da alberi o edifici alti e riflesso dai vetri di edifici in una configurazione
stradale del tipo canyon (alto rapporto tra altezza degli edificie e larghezza della strada); si crea un
fenomeno così detto di Muti-path per cui il ricevitore registra lo stesso segnalo originario più volte,
tante quante solo le sue rifrazioni, ed ha difficoltà ad associare quella rispetto alla quale occorrerebbe
misurare la distanza dal satellite di origine del segnale.

2.1.5 Sensori acustici/ultrasonici e a microonde (radar)


Sono adoperati in maniera diversa a seconda che siano installati a bordo dei veicoli o bordo strada.
Nel primo caso possono essere utilizzati come radar di bordo dei veicoli e come assistenza al
parcheggio, nel secondo caso come rilevatori del passaggio di veicoli.

Come funziona
Sia i radar che i sensori acustici e ultrasonici emettono un raggio e misurano il tempo che impiega il
raggio riflesso contro un oggetto a tornare indietro. Conoscendo la velocità delle onde emesse, il
sensore calcola la distanza dall’oggetto. Nelle applicazioni di ingegneria del traffico viene adoperato
per il conteggio dei veicoli. Nelle applicazioni sulle auto, può essere adoperato per valutare la distanza
tra il veicolo e un ostacolo (sensori di prossimità) e avvertire il conducente del rischio di collisione.
In una corrente di veicoli attrezzati con questi sensori di bordo sarebbe possibile calcolare la distanza
interveicolare (spacing) e, in congiunzione con il rilevo e messa a sistema delle velocità dei singoli
veicoli rilevate dai sistemi di bordo e delle differenze di velocità tra veicoli, ricavate dai sensori in
questione, sarebbe possibile osservare le grandezze microscopiche (per ogni singolo veicolo) del
deflusso (spacing, headway, velocità, …) e attraverso queste identificare flussi e densità.

Quali grandezze rileva


Nella versione installata a bordo strada, i sensori rilevano il tempo di ritorno del raggio emesso e,
quindi, la distanza tra il veicolo e un oggetto esterno. Se la distanza tra il veicolo e il sensore è nota,
esso può misurare il numero di veicoli che passano (flusso) e la loro composizione (lunghezza dei
veicoli). Le versioni a bordo strada (o più spesso su portali sopra la strada) di sensori a microonde
stanno sostituendo negli ultimi anni le tecnologie a spire induttive, declinandole in modalità “above-
ground”. Nella figura seguente si riportano due sensori a microonde (radar), uno di tipo “abose-
ground” e l’altro di tipo “road-side”.

11
Vantaggi
Sono abbastanza economici. I sensori acustici e ultrasonici funzionano bene a basse velocità (es:
all’ingresso dei parcheggi per il conteggio dei veicoli).

Svantaggi
Quelli acustici e ultrasonici coprono solo brevi distanze ed hanno un tempo di risposta lento. Non
sono sempre accurati nella risposta e sono soggetti a imprecisioni dovute alle diverse superfici che
incontrano.

2.1.6 Immagini aeree/satellitari


Ci si basa su immagini di tratti di strada scattate da satelliti o più semplicemente da elicotteri con o
senza equipaggio o da droni.

Come funziona
Le immagini catturate da dispositivo vengono inviate a terra ad una workstation per l’analisi.
L’informazione è relativa a un tratto di trada possibilmente rettilineo (può anche essere curvilineo ma
richiede elaborazioni maggiori).

Quali grandezze rileva


Dalle foto scattate è possibile ottenere lo spacing tra i veicoli, il conteggio dei veicoli su una tratta e
quindi la densità veicolare (applicando la definizione di tale grandezza). L’analisi di una successione
di foto dà anche la possibilità di calcolare la velocità del singolo veicolo e la media della corrente di
traffico.

Vantaggi
Alta accuratezza e non disturba la corrente di traffico. Serve un software di elaborazione delle
immagini, a meno di non procedere manualmente per numeri ridotti di veicoli e in genere in
applicazioni di ricerca e innovazione.

Svantaggi
Gli elicotteri e i droni utili allo scopo sono piuttosto costosi e consumano risorse (carburante o
batterie) per il loro uso. Difficoltà nell’elaborazione automatica delle immagini, soprattutto se non
sono state prese dallo stesso punto e con la stessa angolazione.

2.1.7 Tecnologie di identificazione con radio frequenza

Le tecnologie di identificazione con radio frequenza (RFID=Radio Frequency IDenfication) si basano


sulla presenza sui veicoli di trasponder ossia di dispositivi di risposta radio che si attivano se sollecitati
da determinate frequenze. Possono essere adoperati per diversi scopi e il sistema necessita di un
emettitore di onde radio e di un ricevitore (generalmente è lo stesso oggetto) per la risposta del
transponder, di un sistema di trasmissione dei dati e di un elaboratore dell’informazione.

Come funziona
Quando il veicolo passa nel raggio di azione della fonte di emissione di onde alla determinata
frequenza, il transponder a bordo dello stesso si aziona ed emette un’onda “di risposta” codificata.
Ogni transponder corrisponde a un definito veicolo che viene automaticamente individuato
associando il codice del transponder con quello della base dati di riferimento. Questa associazione,
insieme a ulteriori elaborazioni, viene effettuata dal computer collegato. Ad esempio, il sistema di

12
pagamento automatico della tariffa autostradale (Telepass) individua il veicolo quando entra nel
sistema e quando ne esce.

Quali grandezze rileva


Se la base radio è istallata in un punto preciso della rete, viene registrato il momento (tempo) del
passaggio del veicolo dotato di transponder e il suo codice identificativo.

Vantaggi
La spesa è modesta e non interrompe ne influenza la corrente di traffico.

Svantaggi
Può rilevare solo i veicoli equipaggiati e solo in una specifica sezione stradale.

2.2 La classificazione degli strumenti di rilevamento del traffico

Sono diverse le classificazioni possibili degli strumenti di rilievo del traffico veicolare a seconda del
criterio considerato per la classificazione. Facendo riferimento, ad esempio, al loro principio di
funzionamento, una classificazione può essere:
Sensori mobili: presenti a bordo del veicolo e rilevano i dati relativi al solo veicolo di cui sono
dotazione come GNSS, smartphone.
Sensori puntuali: montati su un punto preciso della rete stradale come le spire a induzione,
VIPS, tubi pneumatici e RFID.
Sensori spaziali: posti a notevole altezza e capaci di osservare tratti di strada come il sistema
di rilievo con elicotteri/droni.
Facendo riferimento a quanto il sensore possa disturbare il flusso stradale, la classificazione può
essere:
Intrusivi: la loro istallazione richiede lavori stradali con conseguente interruzione del traffico
come le spire a induzione e i tubi pneumatici.
Non intrusivi: non richiedono interruzione del flusso stradale per la loro istallazione come ad
esempio i VIPS e gli RFID.
Fuori strada: se il sensore non è collocato sulla carreggiata stradale come, ad esempio, GNSS,
i sensori acustici, gli elicotteri/droni.
In genere i sistemi di monitoraggio del flusso stradale adoperano diverse fonti di rilevamento sia per
completare le informazioni di ciascuna fonte, sia per testarne i valori (qualora lo stesso dato possa
essere rilevato da più fonti) nonché per soddisfare la legislazione del settore. Ad esempio, più stazioni
VIPS istallate a distanza regolare da la possibilità di monitorare tutti i parametri del traffico e
verificare con immediatezza eventuali incidenti. I rilievi della velocità e del flusso effettuati con
questi sistemi, però, andrebbe integrata con sistemi come quelli a spire induttive che sono molto più
affidabili, ma adoperabili solo in pochi punti della rete.

3 Le caratteristiche del deflusso stradale


In questo capitolo, a partire dalle misure delle caratteristiche del deflusso stradale, si verificherà la
loro congruenza con la teoria illustrata nel capitolo 1. L’ipotesi di deflusso omotachico e stazionario
sarà abbandonata e un veicolo (una corrente) potrà avere un campo di moto variabile nel tempo, con
una velocità dei veicoli della corrente diversa per ognuno di essi.
Le misure dei sensori e la caratterizzazione delle grandezze del traffico in funzione delle osservazioni
che ne derivano sarà riferita alle tre principali tipologie di sensori: mobili, puntuali, spaziali.

13
3.1 Sensori mobili

Si pensi al sensore GNSS. Esso rileva la posizione del veicolo i determinati istanti di tempo secondo
una definita frequenza (es.: 1 Hz – frequenza permessa da un ricevitore di non basso costo). L’output
che ne deriva è un insieme di dati nel quale per ogni secondo sono noti le coordinate spaziali del
veicolo. Ponendo in un diagramma la distanza percorsa dal veicolo (asse verticale) e il tempo
intercorso (asse orizzontale) si ottengono diversi punti, uno per ogni secondo, che uniti definiscono
la traiettoria spazio-temporale del veicolo nella stessa tipologia di diagramma spazio-tempo che
abbiamo già introdotto in condizioni omotachiche, come illustrato nel diagramma seguente. In esso
si può definire l’ascissa xi del veicolo i in funzione del tempo e, di conseguenza, anche la velocità:
∆𝑥 𝑑𝑥
𝑥H = 𝑥H (𝑡) 𝑥Q̇ = lim =
∆'→9 ∆𝑡 𝑑𝑡

Il tempo di viaggio Γi del veicolo i tra i due punti A e B è la differenza delle due ascisse temporali tB
e tA .

14
Nella figura seguente sono illustrate una serie di traiettorie sull’asse spazio temporale alcune delle
quali realistiche e altre no.

La traiettoria a) è la classica traiettoria di un veicolo che aumenta la propria velocità nel tratto centrale
per poi diminuirla alla fine. Le traiettorie b), c) e j) sono non realistiche in quanto il veicolo dovrebbe
trovarsi in due posti diversi nello stesso istante. La d) rappresenta un veicolo che prima procede in
avanti e poi torna indietro nel punto di partenza. La e) è di un veicolo fermo mentre la f) è impossibile
perché prevede una velocità infinita come accade nel tratto finale della h) che altrimenti sarebbe
realistica. La g) e la i) sono veicoli che procedono a marcia indietro e il secondo si ferma. La k) e la
l) sono tipiche dell’interazione tra veicoli: la prima rappresenta un sorpasso in una strada a due corsie
(solo per un attimo abbiamo abbandonato l’ipotesi di flusso monodimensionale e regola FIFO, che
invece continueremo ad adottare anche in questo capitolo) mentre la seconda è tipica di un
allineamento di un veicolo più veloce a uno più lento su una strada a una corsia.

15
3.2 Sensori puntuali

Per capire cosa rileva un sensore puntuale, come le spire a induzione, è opportuno riferirsi alla figura
seguente nella quale sono riportate le traiettorie dei veicoli transitanti su una strada a una corsia

Se il sensore è posto nella sezione x, in un dato periodo di osservazione T, esso “conterà” il passaggio
di N veicoli ottenendo, così il flusso, in termini di veicoli/ora:
𝑁
𝑞 =
𝑇
L’headway tra due veicoli nella sezione x può essere facilmente definito come il distanziamento
temporale tra due veicoli che si seguono:
ℎH = 𝑡H − 𝑡H*4
Gli headway non saranno uguali per tutte le coppie di veicoli.
Se si trascurano gli errori dovuti ai due headway incompleti relativi al primo e all’ultimo veicolo che
attraversano la sezione x nel tempo T, sussiste la relazione:
^

𝑇 = ] ℎH
H_4
Dalla quale si ricava
𝑁 𝑁 1
𝑞 = = ^ =
𝑇 ∑H_4 ℎH ℎb

Avendo indicato l’headway medio della corrente veicolare come

∑^
H_4 ℎH
ℎb =
𝑁

16
In realtà, sia i veicoli che i sensori hanno una loro dimensione longitudinale tale che l’attivazione del
sensore (“on”) non dura solo un istante di tempo, ma un intervallo di tempo non trascurabile. Il
sensore, infatti, si attiva quando la parte anteriore del veicolo entra nella zona di rilievo e si spegne
quando la parte posteriore del veicolo ne esce. La figura che segue chiarisce il concetto.

Dunque, il numero N di veicoli passati è il numero di volte che il sensore si posiziona su “on”;
l’headway hi va definito facendo riferimento al momento di attivazione tON o di disattivazione tOFF
del sensore; l’intervallo temporale o “gap” tra due veicoli è la distanza temporale tra la disattivazione
del sensore da parte del veicolo che precede e l’attivazione del sensore da parte del veicolo che segue;
il tempo di attivazione del sensore “on time” ξi (era stata indicata con oi nel capitolo precedente
relativo alle condizioni omotachiche) è il tempo in cui il veicolo i mantiene attivato il sensore. Ne
seguono le relazioni:

𝑁
𝑞=
𝑇

ℎH = 𝑡Hc^ − 𝑡H*4
c^

𝑔𝑎𝑝H = 𝑡Hc^ − 𝑡H*4


cee

𝜉H = 𝑡Hc^ − 𝑡Hcee

Durante il tempo di attivazione il veicolo i di lunghezza li percorre una distanza pari a li+ls ove ls è
la dimensione longitudinale della spira. Ne consegue che la velocità istantanea del veicolo i rilevata
dalla spira avrà l’espressione:

𝑙H + 𝑙𝑠 𝑙H + 𝑙𝑠
𝑥̇ H = = cee
𝜉H 𝑡H − 𝑡Hc^

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Il tasso di occupazione o delle spire (“occupancy”) è la somma dei tempi di attivazione rapportata al
tempo di rilievo:

∑^
H_4 𝜉H
𝑜=
𝑇

Considerando le velocità di tutti i veicoli osservati nella sezione di rilievo durante il periodo T, si
ottiene una velocità media ricavata nel dominio temporale T e per questo detta “velocità media
temporale vt”:

∑^
H_4 𝑥̇ H
𝑣' =
𝑁

con N numero dei veicoli rilevati durante il periodo temporale T.

3.3 Sensori spaziali


Riportando nel diagramma spazio-temporale lo screenshot di un rilievo aereo (con elicottero o drone)
si ottiene quanto illustrato nella figura successiva.

Sull’asse spaziale è così possibile definire le grandezze di distanziamento spaziale si (spacing –


diverso per ogni coppia di veicoli) e densità della corrente di traffico k:

𝑠H = 𝑥H*4 − 𝑥H

𝑁
𝑘=
𝐿

dove N è il numero di veicoli rilevato nello spazio di osservazione di lunghezza L.


18
Se si trascurano gli errori dovuti ai due spacing incompleti relativi al primo e all’ultimo veicolo
presente nel tratto di osservazione, si ha:
^

𝐿 = ] 𝑠H
H_4
Dalla quale si ricava
𝑁 𝑁 1
𝑘 = = ^ =
𝐿 ∑H_4 𝑠H 𝑠𝑝
bbb

Avendo indicato lo spacing medio della corrente veicolare come

∑^
H_4 𝑠H
bbb
𝑠𝑝 =
𝑁

La velocità dei singoli veicoli e quella media non sono ricavabili da una singola fotografia, ma se si
posseggono due fotografie a due istanti di tempo t1 e t2, si può scrivere:

∆𝑥H = 𝑥H (𝑡5 ) − 𝑥H (𝑡4 )

∆𝑡 = 𝑡5 − 𝑡4

∆𝑥H
𝑥̇ H (𝑡) =
∆𝑡

Analogamente a quanto fatto nel dominio temporale, è possibile definire una velocità media spaziale,
ossia la media delle velocità dei veicoli rilevati attraverso due foto successive:

∑^
H_4 𝑥̇ H (𝑡)
𝑣l =
𝑁

19
3.4 Relazioni tra le caratteristiche rilevate dai diversi sensori

Le grandezze, dirette o meno, rilevate con le diverse famiglie di sensori fanno riferimento alla stessa
corrente di traffico ed è, quindi, necessario definire le relazioni tra di loro così da poterle adoperare
anche in contemporanea. Nella figura che segue si riportano nel diagramma spazio temporale le
misure ottenute con le diverse famiglie di sensori e nella tabella successiva sono rappresentate le
grandezze microscopiche e macroscopiche che si possono ottenere.

Grandezza Sensore Caratteristica Caratteristica


microscopica macroscopica
Mobile - -
Flusso Puntuale hi N, q
Spaziale - -
Mobile ẋi -
Velocità Puntuale ẋi vt
Spaziale ẋi vs
Mobile - -
Concentrazione Puntuale ξi O
Spaziale si N, k

3.4.1 Flusso e headway


Da quanto esposto in precedenza, si ha:
𝑁
𝑞=
𝑇
^

𝑇 = ] ℎH
H_4

20
𝑁 1 1
𝑞= = =
∑^
H_4 ℎH
1 ^
∑ ℎb
𝑁 H_4 ℎH

Ossia il flusso (o portata) q è il reciproco del distanziamento temporale medio ℎb tra i veicoli. Ad
esempio, a un flusso di 1200 veicoli per ora corrisponde un distanziamento temporale medio tra i
veicoli di 3 sec.

3.4.2 Densità e distanziamento spaziale “spacing”


Analogamente a quanto sopra:
𝑁
𝑘=
𝐿
^

𝐿 = ] 𝑠H
H_4
𝑁 1 1
𝑘= = =
∑^
H_4 𝑠H
1 ^ 𝑠̅

𝑁 H_4 𝑠H

ossia la densità è il reciproco del distanziamento spaziale (spacing) medio. Ad esempio, una densità
di 25 veicoli per chilometro corrisponde a uno spacing medio di 40 metri.

3.4.3 Equazione fondamentale del deflusso (caso non omotachico)


Entrambi i tipi di sensore introdotti in precedenza (puntuale e spaziale) determinano un dominio
spazio temporale all’interno del quale possono essere ricavate tutte le caratteristiche del deflusso. Dal
confronto dei due domini, si ricava la differenza tra la velocità temporale e spaziale e media, nonché
la legge fondamentale del deflusso.
Si noti, innanzitutto, che un sensore puntuale rileva un veicolo lungo un certo spazio ΔX che, di fatto,
è rappresentato dalla copertura del campo elettromagnetico creato dalla spira oppure dal tratto di
strada coperto dalla spira virtuale di una telecamera. Ne consegue il rilievo attraverso un sensore
puntuale durante il tempo di rilievo T individua dominio spazio temporale T x ΔX attraverso il quale
transitano le traiettorie dei veicoli. Sul diagramma della figura seguente, il dominio è rappresentato
dall’area AT.
Analogamente, un sensore spaziale che voglia rilevare anche le velocità dei veicoli deve scattare
almeno due fotografie a un intervallo ΔT individuando automaticamente un dominio spazio temporale
L x ΔT che contiene tutti i veicoli che compongono il fusso in esame. Sul diagramma della figura
seguente, il dominio è rappresentato dall’area AS.

21
A

Si noti che per chiarezza di interpretazione gli intervalli ΔX e ΔT sono di entità “visibile” ma nella
realtà sono sufficientemente piccoli da potere ritenere che le caratteristiche del moto dei veicoli siano
costanti nel loro interno.
Ricordando quanto esposto in precedenza, i sensori puntuali, che determinano l’area AT, rilevano la
portata 𝑞 = 𝑁⁄𝑇 mentre i sensori spaziali, che determinano l’area AS, rilevano la densità 𝑘 = 𝑁⁄𝐿.
Riferendosi a questi ultimi, moltiplicando a numeratore e denominatore per l’intervallo di tempo ΔT
necessario al rilievo, si ottiene:
𝑁∆𝑇 𝑇𝑡𝑜𝑡op
𝑘= =
𝐿∆𝑇 𝐴r

ossia la densità è pari al tempo totale speso dagli N veicoli presenti in L durante ΔT diviso l’area AS
del dominio spazio temporale interessato.
Analogamente può essere fatto per i sensori puntuali, moltiplicando e dividendo per ΔX:

𝑁∆𝑋 𝑆𝑡𝑜𝑡ou
𝑞= =
𝑇∆𝑋 𝐴v

ossia la portata passata durante il tempo di rilievo è il rapporto tra lo spazio totale percorso dai veicoli
che attraversano il dominio spazio temporale e la sua area AT.
Si noti che lo spazio totale percorso può facilmente essere ricavato anche nel dominio spazio
temporale di area AS perché se le velocità di ciascun veicolo rimane costante durante ΔT, lo spazio
percorso è il prodotto tra la velocità e ΔT. Ne consegue che la portata nel caso di sensori spaziali può
essere ricavata come:

∑^
H_4 𝑥̇ H ∆𝑇 ∑^
H_4 𝑥̇ H
𝑞= =
𝐿∆𝑇 𝐿

22
per cui la velocità spaziale media (riferita, cioè, ai sensori spaziali) può essere dedotta come il
rapporto tra la distanza totale percorsa e il tempo totale impiegato nel dominio spazio temporale di
area AS:

∑^
H_4 𝑥̇ H ∆𝑇 1 ^
𝑣l = = ] 𝑥̇ H
𝑁∆𝑇 𝑁 H_4

e di conseguenza
𝑞 = 𝑘𝑣l

l'equazione fondamentale del deflusso stradale.


Ripetendo le stesse considerazioni anche per il dominio spazio temporale di area AT si può calcolare
il tempo trascorso da ciascun veicolo nel passaggio del dominio come:

∆𝑋
𝑡H =
𝑥Q̇

e di conseguenza, lo spazio totale percorso dai veicoli che attraversano il dominio:


^
1
𝑇𝑡𝑜𝑡ou = ∆𝑋 ]
𝑥̇ H
H_4
da cui

^ 1
𝑇'w'ou ∆𝑋 ∑H_4 𝑥Q̇
^
1
𝑘= = = ] 𝑥̇ H
𝐴v 𝑇∆𝑋 𝑇
H_4

La velocità media temporale, riferita, cioè, ai sensori puntuali si può facilmente ricavare come il
rapporto tra lo spazio e il tempo totale percorso dai veicoli che transitano nel dominio spazio
temporale di area AT:

𝑁∆𝑋 1
𝑣' = =
𝑇𝑡𝑜𝑡ou 1 ∑^ 1
𝑁 H_4 𝑥̇ H

che è la media armonica delle velocità rilevate dai sensori puntuali.

3.4.4 Velocità media spaziale e velocità media temporale.


Le definizioni, già date, di velocità spaziale e temporale sono correlate al dominio di riferimento:
spaziale nel primo caso (sensori spaziali) e temporali nel secondo (sensori puntuali). Per quanto possa
sembrare la stessa misura, in realtà si è visto che le due velocità possono avere un diverso valore
anche se riferite alla stessa corrente di traffico.
Wardrop dimostrò che le due velocità sono correlate da una relazione sempre valida che è:
𝜎
𝑣' = 𝑣l +
𝑣l

23
essendo σ la varianza delle velocità temporali rilevate. Si noti che la velocità temporale è sempre
maggiore della velocità spaziale a meno che la sua varianza sia nulla, ossia che tutti i veicoli
procedano alla stessa velocità (caso omotachico – per il quale è evidente che esiste un solo valore di
velocità per tutti i veicoli e costante nel tempo). Wardrop ha anche dimostrato che la velocità spaziale
è una misura corretta (unbiased) della velocità mentre la velocità temporale no.

24
4 I modelli di deflusso in regime stazionario

Si considerino i dati rilevati da un sensore puntuale. Nella figura successiva è mostrata un’immagine
di tale sensore posizionato su un’autostrada in Georgia USA. Il sensore restituisce i dati di traffico
classificati (per classe di veicolo) aggregati su tutte le corsie ogni 20 secondi.

Come si è visto nel capitolo precedente, dai sensori puntuali è possibile ricavare le diverse
caratteristiche del deflusso. Nel caso specifico, vengono restituiti i valori di portata, velocità e densità
aggregati su 5 minuti per un intero anno di osservazione. Ponendo questi valori in diagrammi
cartesiani che hanno sugli assi due delle caratteristiche del deflusso, si determinano nuvole di punti,
come mostrato nella figura successiva.

25
Si noti, in particolare, che la velocità considerata è la temporale in quanto i sensori puntuali non
rilevano la velocità spaziale. Inoltre, i dati sono ricavati da una postazione fissa messa in un
determinato punto della strada; un’altra postazione messa in un altro punto potrebbe dare luogo a
diagrammi differenti da quelli mostrati in figura. Infine, non è possibile esplicitare alcuna relazione
tra le caratteristiche del deflusoo e il tempo per cui i diagrammi mostrati fanno riferimento ad una
situazione “stazionaria” o anche detta “di equilibrio”. Modelli che possano essere dedotti dai dati in
figura sono per questo detti modelli stazionari o di equilibrio perché indipendenti dal tempo come se,
cioè, le caratteristiche del deflusso rimanessero costanti nel tempo.
Ciò che evidente dai diagrammi è che tra le diverse grandezze del deflusso sembra esistere una
relazione e, soprattutto, esiste anche tra la densità e la velocità, le due grandezze “indipendenti”
dell’equazione fondamentale del deflusso. Nel diagramma densità-velocità si possono individuare
due intercette. Sull’asse delle velocità, l’intercetta rappresenta il caso in cui la densità tende a zero
per cui ciascun veicolo mantiene la massima velocità desiderata senza essere mai disturbato da
alcuno; la velocità media per densità tendenti a zero è la cosiddetta velocità a “flusso nullo” (free
flow speed). L’intercetta sull’asse della densità rappresenta la condizione in cui il traffico è talmente
congestionato che le velocità tendono a zero; il flusso di traffico procede con un continuo “stop and
go” e il valore di densità, che è il massimo valore raggiungibile, è detta densità di congestione (jam
density). Tra questi due punti, l’andamento della nuvola di punti è stato oggetto di diversi studi nel
tempo, dando luogo a una serie di modelli di deflusso stazionari o di equilibrio. Nel seguito se ne
riportano alcuni.

4.1 Il modello di Greenshield

E’ il modello più semplice nel quale la funzione proposta per descrivere la relazione tra densità e
velocutà è una relazione lineare. Noti i due punti (0,v0) e (kj, 0), la retta viene univocamente
determinata:

𝑘
𝑣 = 𝑣9 y1 − {
𝑘z

che inserita nell’equazione fondamentale del deflusso stradale la trasforma in:

𝑘5
𝑞 = 𝑣9 y𝑘 − {
𝑘z

Considerando la relazione inversa tra densità e velocità:

𝑣
𝑘 = 𝑘z |1 − }
𝑣9

si ottiene:

𝑣5
𝑞 = 𝑘z y𝑣 − {
𝑣9

Mentre la curva v(k) è una retta decrescente definita per kϵ]0,kj[ (ovvero vϵ]0,v0[ per la funzione
inversa), le curve q(v) e q(k) sono parabole convesse (“rivolte” verso il basso) come si può vedere

26
nella figura successiva nella quale sono riportati tutti i diagrammi tra le grandezze della relazione
fondamentale del deflusso.

Si noti che per k=0 si ha q=0 ossia sulla strada non transitano veicoli; per k=kj si ha ancora q=0
corrispondente al traffico completamente bloccato.
La portata raggiunge un valore massimo nel punto corrispondente alla densità ottimale kc (ovvero in
corrispondenza della velocità critica vc) e pari a:

𝑣9 𝑘z
𝑞G7~ =
4

v0
q = fv(v)
vc
v = v(k)
q k
Cap kc kjam

kc

q = fk(k)
kjam

e che, quindi, rappresenta la capacità.


Per valori della densità crescenti a partire dallo 0, i valori di flusso crescono anch’essi fino a
raggiungere la capacità alla densità ottimale; da questo punto in poi, l’aumentare della densità porta
a condizioni di moto sempre peggiori con interazioni sempre maggiori e più forti tra i veicoli che
compongono il flusso diminuendo, per questo, la velocità media del flusso stesso fino all’arresto per
la densità massima.
Analoghe considerazioni possono essere esplicitate per la relazione tra velocità e flusso.
Si noti che i valori di capacità vengono raggiunti per kc=½kj ovvero per vc=½v0 .
Il modello di Greenshield, per quanto semplice e chiaro, è poco accurato ed è una rappresentazione
approssimata dei fenomeni reali. Basti pensare che supponendo che i veicoli siano lunghi 6 metri
(USA), si può assumere kj = 1000/6 » 164 veh/Km la cui metà è km = 82 veh/Km contro le
osservazioni sperimentali che riportano valori minori della metà: km = 25÷40 veh/Km. La differenza
tra le nuvole di punti e le curve di Greenshield sono ben visibili nel diagramma successivo.

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