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Nel nuovo complesso voluto dal sovrano Guglielmo II, la mano del “maestro dei

putti” viene identificata in alcuni capitelli, i soli che peraltro ripetono la


stessa disposizione strutturale delle foglie di acanto a cui si è fatto
riferimento. Questo riconoscimento è avvenuto partendo dal capitello n. 13
dell’ala est (telamoni agli angoli e capriolo -nella foto a fianco, la storia di
Daniele nella fossa dei leoni negli altri lati).

Monreale_chiostro_capitello_17_nordLo stesso è avvenuto anche per il n. 17 del


colonnato nord – foto ad inizio di questo paragrafo, dove le 4 aquile agli angoli
non sono molto dissimili da quelle che già conosciamo a Cefalù, e anche la figura
umana al centro ha un qualcosa di familiare, simile al viso barbuto di uno
qualunque dei 6 acrobati che popolano l’omonimo capitello nostrano.

Prescindendo da ogni altra considerazione estetica e stilistica – anche nella


storia dell’arte ogni ipotesi è suscettibile di accettazione o rifiuto, la vicenda
artistica del “maestro dei putti”, scultore provenzale a servizio dei re normanni,
restituisce bene il clima culturale e sociale del XII secolo in Sicilia, uguale del
resto a quello dell’Europa continentale, almeno sotto questo profilo: l’esistenza
di grandi cantieri dove, agli ordini dei magister incaricati dalle varie
committenze di dare corpo a costruzioni conventuali o ecclesiali, agiscono
maestranze specializzate ed artisti che si muovono su tutto il territorio
continentale. Le radici dell’Europa sono cristiane, è bene ricordarlo, non per una
autoreferenziale pretesa ideologica ma in virtù della evidenza stessa delle tante
chiese-cattedrali-abbazie costruite a cavallo tra l’XI e il XIII secolo, testimoni
eminenti dell’ingegno e della fede di alcuni i cui nomi sono conosciuti ancora
oggi, mentre di tantissimi altri non ci resta altro che l’opera delle loro mani. E
anche questo non è poco, anzi!

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